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Giovedì 08 Agosto 2013 ore 14:00
Seduta di assemblea numero 68 della XVII legislatura
Resoconto stenografico
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Seduta di assemblea numero 68 della XVII legislatura del 08/08/2013
XVII LEGISLATURA
68^ SEDUTA PUBBLICA
Giovedì 8 agosto 2013 - Ore 14
1. Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Tribunale di Firenze, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 129 del 2013.
2. Dimissioni della deputata Marta Leonori.
3. Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 1248-B)
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- Lettura Verbale
- Missioni
- Preavviso di votazioni elettroniche
- Disegno di legge di conversione (Trasmissione dal Senato e sua assegnazione a Commissioni in sede referente)
- Per richiami al Regolamento
- Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Tribunale di Firenze
- Dimissioni della deputata Marta Leonori
- Proclamazione di un deputato subentrante
- Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1248-B)
- Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 1248-B)
- Discussione sulle linee generali - A.C. 1248-B
- presidente GIACHETTI Roberto
- Relatore per la V Commissione BOCCIA Francesco
- Vice Presidente GIACHETTI ROBERTO
- Relatore per la I Commissione SISTO Francesco Paolo
- Sottosegretario per l'economia e le finanze BARETTA Pier Paolo
- PAGLIA Giovanni (SEL)
- GIULIETTI Giampiero (PD)
- CASTELLI Laura (M5S)
- LAURICELLA Giuseppe (PD)
- Replica del Governo sulla discussione delle linee generali - A.C. 1248-B
- Sull'ordine dei lavori - A.C. 1248-B
- Discussione sulle linee generali - A.C. 1248-B
- Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 1248-B)
- Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo
- presidente GIACHETTI Roberto
- LUPO Loredana (M5S)
- Vice Presidente GIACHETTI ROBERTO
- PES Caterina (PD)
- CICU Salvatore (PdL)
- Vice Presidente GIACHETTI ROBERTO
- BUSTO Mirko (M5S)
- BIANCHI Nicola (M5S)
- PIRAS Michele (SEL)
- NISSOLI Fucsia (SCpI)
- Vice Presidente GIACHETTI ROBERTO
- FARINA Gianni (PD)
- SPADONI Maria Edera (M5S)
- AMODDIO Sofia (PD)
- VIGNAROLI Stefano (M5S)
- ZOLEZZI Alberto (M5S)
- DAGA Federica (M5S)
- SARRO Carlo (PdL)
- FIANO Emanuele (PD)
- Vice Presidente GIACHETTI ROBERTO
- BOCCUZZI Antonio (PD)
- CERA Angelo (SCpI)
- Ripresa discussione - A.C. 1248-B
- Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 1248-B)
- Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare
- Ripresa discussione - A.C. 1248-B
- Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 1248-B)
- Ripresa esame articolo unico - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Votazione Emendamento - A.C. 1248-B
- Esame emendamento - A.C. 1248-B
- Esame ordini del giorno - A.C. 1248-B
- presidente DI MAIO Luigi
- Deputato GUIDESI GUIDO (LEGA NORD E AUTONOMIE)
- Sottosegretario per l'economia e le finanze GIORGETTI Alberto
- Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri AMICI Sesa
- Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri AMICI Sesa
- presidente DI MAIO Luigi
- ROSATO Ettore (PD)
- Vice Presidente DI MAIO LUIGI
- MOLTENI Nicola (LNA)
- ZOLEZZI Alberto (M5S)
- DI GIOIA Lello (Misto-PSI-PLI)
- VERINI Walter (PD)
- COSTA Enrico (PdL)
- Votazione O.d.g. - A.C. 1248-B
- Esame ordini del giorno - A.C. 1248-B
- Votazione O.d.g. - A.C. 1248-B
- Esame ordini del giorno - A.C. 1248-B
- Vice Presidente DI MAIO LUIGI
- GUERRA Mauro (PD)
- Sottosegretario per l'economia e le finanze GIORGETTI Alberto
- presidente DI MAIO Luigi
- FIANO Emanuele (PD)
- Sottosegretario per l'economia e le finanze GIORGETTI Alberto
- Deputato SORIAL GIRGIS GIORGIO (MOVIMENTO 5 STELLE)
- VERINI Walter (PD)
- Sottosegretario per la giustizia FERRI Cosimo Maria
- Deputato VERINI WALTER (PARTITO DEMOCRATICO)
- Votazione O.d.g. - A.C. 1248-B
- Esame ordini del giorno - A.C. 1248-B
- FERRANTI Donatella (PD)
- Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri AMICI Sesa
- Deputato FERRANTI DONATELLA (PARTITO DEMOCRATICO)
- MALISANI Gianna (PD)
- Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri AMICI Sesa
- presidente DI MAIO Luigi
- RUBINATO Simonetta (PD)
- Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri AMICI Sesa
- BRAGA Chiara (PD)
- Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri AMICI Sesa
- BALDUZZI Renato (SCpI)
- Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio AMICI SESA
- presidente DI MAIO Luigi
- Sull'ordine dei lavori - A.C. 1248-B
- Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 1248-B)
- Sull'ordine dei lavori
- presidente DI MAIO Luigi
- MANNINO Claudia (M5S)
- presidente DI MAIO Luigi
- BALDELLI Simone (PdL)
- Deputato MANNINO CLAUDIA (MOVIMENTO 5 STELLE)
- SORIAL Girgis Giorgio (M5S)
- DI GIOIA Lello (Misto-PSI-PLI)
- Vice Presidente DI MAIO LUIGI
- Deputato DI GIOIA LELLO (MISTO)
- Vice Presidente DI MAIO LUIGI
- ZANIN Giorgio (PD)
- BOCCUZZI Antonio (PD)
- ROSATO Ettore (PD)
- Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo
- Ordine del giorno della seduta di domani
ANNALISA PANNARALE, legge il processo verbale della seduta del 17 luglio 2013.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Abrignani, Alfreider, Boccia, Bonavitacola, Bonifazi, Michele Bordo, Bueno, Caparini, Carbone, Caruso, Dambruoso, Dellai, Ferranti, Fico, Fitzgerald Nissoli, Gregorio Fontana, Fontanelli, Garavini, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Greco, La Russa, Leva, Migliore, Porta, Rostan, Speranza, Tacconi, Venittelli e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e V (Bilancio):
MASSIMO ENRICO CORSARO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Se le posso chiedere anche l'articolo del Regolamento, grazie.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, sostanzialmente a un numero di articoli molteplice, per cominciare gli articoli 86 e 90 del Regolamento...
PRESIDENTE. Bene, grazie.
MASSIMO ENRICO CORSARO. ... perché, in realtà, il nostro intervento è volto a denunciare quella che, a nostro avviso, è una grave irregolarità che si è svolta ieri sera in Aula in fase di approvazione del decreto che era discussione e, parallelamente, annunciare pubblicamente quelli che saranno gli atti conseguenti che Fratelli d'Italia intende assumere.
Per ricordare gli accadimenti, signor Presidente, ieri sera, per la precisione alle 21,24, quando era sostanzialmente indetta la votazione finale del disegno di legge di conversione del decreto-legge sull'IVA, il Presidente di turno ha annunciato di avere ricevuto una comunicazione dal Presidente del Senato che comunicava come il testo che era stato trasmesso dal Senato alla Camera e sul quale, conseguentemente, i colleghi deputati tutti si erano trovati ad operare, tanto nelle Commissioni quanto in Aula, era differente da quello che era stato votato e validato dall'altro ramo del Parlamento. Segnatamente, signor Presidente, la parte che ci è stata indicata essere esclusa dal testo approvato dal Senato e sul quale, viceversa, aveva lavorato la Camera dei deputati è al comma 16- dell'articolo 9 del provvedimento che era in approvazione, sulle parole che includono, tra le persone che hanno diritto ad avere il mantenimento della tutela del loro posto di lavoro, coloro che sono stati assunti dagli enti di ricerca, dall'Istituto superiore di sanità, dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, dall'Agenzia italiana del farmaco, dall'Agenzia spaziale italiana, dall'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, dall'Agenzia per l'Italia digitale, insomma assunti da queste agenzie per progetti finalizzati al miglioramento di servizi, anche didattici per gli studenti.
Io non conosco, evidentemente, allo stato, il dimensionamento della platea di cui stiamo parlando, ma, certamente, vi è un numero considerevole di persone che sono state assunte da queste agenzie e che vedono dalla espunzione di questa norma di salvaguardia prevista dal testo sul quale ha lavorato la Camera dei deputati, evidentemente, un pericolo di perdita del posto di lavoro.
Al di là di questo, che sarà un elemento di discussione successiva, anche in ordine agli innumerevoli e inevitabili contenziosi che da questa determinazione trarranno spunto, il tema che mi preme, e che ci preme, in questa sede sottolineare è che, di tutta evidenza, questo pezzo di testo che è stato espunto dal Senato – ma che, invece, era, a coscienza di tutti i deputati, parte integrante del provvedimento sul quale abbiamo lavorato e sul quale eravamo in quel momento chiamati ad apporre la votazione finale – non può essere considerato alla stregua di un mero coordinamento formale del testo; elemento che lei, signor Presidente, sa benissimo essere l'unico riferimento previsto dall'articolo 90 del Regolamento, perché, in sede di votazione finale, alla Presidenza sia consentito modificare letteralmente la proposizione del testo sul quale l'Aula ha lavorato. Si tratta, viceversa, di un tema sostanziale, che coinvolge diritti acquisiti.
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Corsaro, siccome l'argomento è un argomento delicato, che ci ha anche appassionato tutta la giornata di ieri, pregherei chi non è interessato alla discussione o ad uscire, o a stare in silenzio, perché è utile che ascoltiamo i colleghi che vogliano intervenire su questo tema. Ha ancora un minuto, onorevole Corsaro. Prego.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, noi abbiamo chiesto ripetutamente che, in ragione di questo, il provvedimento venisse rinviato nelle Commissioni o che, alla peggio, venisse dato tempo alle forze politiche per prendere contezza di quello che era successo.
È stato comunque, nonostante la nostra richiesta, deciso di riunire il Comitato dei diciotto, al di là della propria competenza, perché il Comitato dei nove, all'articolo 86, comma 3, del Regolamento, ha tra le sue competenze l'esame di nuovi emendamenti e di articoli aggiuntivi: cosa che non poteva essere considerata tale, atteso che, se di questo si fosse trattato, il provvedimento necessiterebbe di una terza lettura presso l'altro ramo del Parlamento.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Il tema che vogliamo evidenziare, signor Presidente, è che sulla parte espunta – quindi, quella sulla quale la Camera ha lavorato – non era stato presentato alcun emendamento; il che significa che, per tutto l'emiciclo, quel testo era considerato non solo una parte integrante del provvedimento complessivo, ma anche una parte sulla quale non c'era nulla da eccepire.
Viceversa, con la decisione che è stata assunta, non è stato possibile a nessuno trattare e discutere, nelle Commissioni o in Aula, emendamenti in materia che, eventualmente, potessero ricostituire quei diritti che venivano espunti alla luce della segnalazione che ci era stata fatta dal Presidente del Senato.
PRESIDENTE. Deve concludere.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Camera e Senato hanno, quindi, lavorato su testi difformi: in ragione di questo, signor Presidente, noi annunciamo la nostra formale richiesta, che presenteremo al Presidente della Repubblica, perché non apponga la sua firma sul decreto di conversione in legge del provvedimento sul quale abbiamo lavorato, perché Camera e Senato hanno lavorato su testi difformi. E, quindi, su questo chiediamo che il Presidente della Repubblica voglia e possa essere garante della ricostituzione della parità di diritti, di dignità, di intervento e di valutazione tra i due rami del Parlamento
PRESIDENTE. Hanno chiesto di parlare l'onorevole Chimienti ed anche l'onorevole Guidesi, presumo sullo stesso argomento. Pregherei i colleghi degli altri gruppi che volessero intervenire su questo argomento di iscriversi, in maniera che, poi, la Presidenza, ovviamente, possa rispondere alle considerazioni dell'onorevole Corsaro e di tutti coloro che hanno affrontato questo argomento. Prego, onorevole Chimienti.
SILVIA CHIMIENTI. Signor Presidente, riteniamo che ieri sera si sia infranto il Regolamento, dal momento che la correzione che è stata trasmessa dal Senato prima del voto finale contiene una modifica sostanziale del decreto, e non una meramente formale.
Il testo su cui abbiamo lavorato fino a ieri sera non è quello che è stato approvato e differisce su una questione per noi rilevantissima, quali i fondi per il funzionamento dell'università pubblica.
È stata espunta una frase dall'articolo 9, comma 16-, che salvava dai tagli le assunzioni a tempo determinato di personale impiegato per realizzare progetti finalizzati al miglioramento dei servizi didattici per gli studenti. Nulla di più sostanziale dell'ennesimo intervento di riduzione delle risorse per l'istruzione pubblica, questa volta con ricadute dirette anche sugli studenti.
Se ci fosse pervenuto un testo dal Senato già espunto di questa frase, avremmo sicuramente presentato un emendamento per reinserirla e poco importa che il Governo ci venga a dire che per la Ragioneria dello Stato la mancanza di questa frase sia la manna dal cielo, perché alleggerisce ulteriormente l'articolo in questione e la portata dei finanziamenti destinati ai lavoratori e alla scuola. Siamo consci che si sarebbe creato un precedente, ma, come dice il Regolamento, sarebbe stata la Camera a doversi esprimere su questa modifica così sostanziale e non il Comitato dei diciotto, peraltro presieduto in maniera autoritaria, prepotente ed arrogante dalla deputata Polverini che ha condotto i lavori in maniera sbrigativa e, dopo aver detto che lei non sarebbe uscita dall'Aula se non dopo aver votato il provvedimento, perché non se la sarebbe sentita di andare fuori e dire agli «sfigati disoccupati» che non avremmo dato loro neppure quei quattro soldi stanziati dal decreto-legge, si è permessa di rivolgersi più volte ad un nostro collega, Alessio Villarosa, cacciandolo in malo modo fuori da un'aula, in cui peraltro era autorizzato a stare, e dimostrando, non soltanto un totale disprezzo dei Regolamenti, ma anche dell'educazione e del vivere civile .
Chiediamo che la Presidenza intervenga, sanzionando questo comportamento con provvedimenti disciplinari .
GUIDO GUIDESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, sul medesimo argomento presumo.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, sì, l'argomento è il medesimo, condividendo tutto quanto ha detto il collega, onorevole Corsaro, vorrei aggiungere una considerazione che mi sembra alquanto importante e che deve far riflettere, soprattutto i colleghi e l'Aula, anche su quanto sta succedendo ed è successo oggi rispetto al fatto che la correzione di ieri, rispetto al testo di ieri, non solo riguardava una frase che poteva essere a quel punto emendabile, escludendo un settore particolare di una categoria particolare, ma riguardava, soprattutto, lo stesso identico testo e lo stesso identico comma dove la Ragioneria dello Stato aveva espresso un parere di non copertura. La relazione tecnica della Ragioneria dello Stato stabiliva che quel comma, che è quello soggetto a correzione, non aveva la copertura. Proprio per questo sarebbe stato opportuno, richiamando i precedenti, e come avvenuto nei casi precedenti, tornare nelle Commissioni dovute e fare tutte le valutazioni del caso.
Aggiungo che oggi ci troviamo in una situazione dove il ritorno del decreto «del fare» dall'Aula del Senato non ha avuto correzioni piccole o correzioni sintetiche o correzioni poco valutabili, ha avuto correzioni importanti, inserendo addirittura dei commi nuovi. Queste correzioni importanti hanno portato, oggi, stamane, la Commissione bilancio e la Commissione affari costituzionali a non avere il tempo di valutarle e a non avere il tempo di fare i dovuti emendamenti, ma soprattutto, visto l'ovvio parere contrario dei relatori di maggioranza e del Governo, non hanno avuto nemmeno il tempo di valutare e discutere i singoli emendamenti presentati.
Noi, è un mese che ci troviamo di fronte alla continua litania del bicameralismo perfetto e, non solo, ma, anche, al fatto che il Senato utilizza tempi e modi – qualcuno dice – senza rispettare il lavoro della Camera dei deputati; il decreto-legge oggi rivisto dal Senato, il decreto «del fare» che viene in Aula, è stato oggetto di discussione giorni e notti interi da parte delle Commissioni bilancio e affari costituzionali. Alle Commissioni hanno partecipato i deputati di maggioranza e i deputati dell'opposizione e mi sembra ci sia stato un impegno da parte di tutti rispetto a questo. Oggi, ci troviamo in una situazione nella quale quel lavoro fatto viene, praticamente, azzerato da un colpo di spugna da parte del Senato. Lo dico con tutto il rispetto e la stima nei suoi confronti, Presidente, ma mi spiace che oggi non ci sia la Presidente della Camera.
Perché io penso che la Presidenza debba oggi essere investita – e abbiamo chiesto la stessa cosa ai due presidenti di commissione – del fatto che spetta alla Presidenza della Camera tutelare la dignità e il lavoro dei deputati. Tra ieri e oggi questa dignità non è stata tutelata, e noi pensiamo che forse qualche giro di meno in tutto il Paese a tagliare dei nastri e un po’ più di impegno rispetto alla tutela dei deputati sia opportuna .
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, mi consenta prima di tutto di dire che, a nostro giudizio, la presenza oggi della Presidente Boldrini alla commemorazione a Marcinelle sia una presenza opportuna, giusta, che testimonia la vicinanza delle istituzioni a un fatto significativo, e quindi la ringraziamo per essere andata a rappresentanza di tutta l'Aula .
Nel merito dei fatti accaduti ieri, io ritengo che quest'Aula si sia comportata in maniera corretta. Qui non voglio dire che le osservazioni e le giuste preoccupazioni che i gruppi di opposizione hanno manifestato nel momento in cui è arrivato il messaggio del Presidente Grasso non dovessero avere tutta l'attenzione che pur hanno avuto, ma penso che la riunione del Comitato dei nove, o dei diciotto, si sia svolta con modalità e in un clima, che è giustificabile dalla tensione di un lungo provvedimento e dell’ che ha avuto. Credo che la discussione che c’è stata è la dimostrazione che il testo che è stato trasmesso dal Senato, con una comunicazione di correzione di tipo assolutamente grafico, come è stato dimostrato dalla lettera del Presidente Grasso, non ha inficiato affatto i lavori, prima delle Commissioni e poi di quest'Aula.
Io penso che il percorso che è stato fatto sia stato un percorso lineare e che la disponibilità di dare a tutti i gruppi la possibilità di entrare nel merito sia stata manifestata dalla maggioranza con grande serietà in tutte le sedi, quelle formali e quelle informali, e quindi mi auguro che da una questione che non ha nulla a che vedere con la validità e la credibilità del testo approvato del decreto non ne derivi una polemica inutile. Aggiungo – è sul merito, ma il merito in questo caso è sostanza – che stiamo parlando comunque di un decreto importante, di un decreto su cui ci possono essere anche valutazioni diverse, ma su cui tutti i gruppi hanno seriamente lavorato per apportarvi tutti i miglioramenti possibili, al Senato in particolare, in questo caso. Credo che sia interesse di tutti che questo provvedimento diventi efficace senza nessun problema, perché nessun problema sulla sua efficacia c’è.
SERGIO PIZZOLANTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, intervengo per necessità di fare chiarezza rispetto ad accuse gratuite che sono arrivate sulle agenzie nelle passate ore e qui, ancora più grave, in quest'Aula, nei confronti del comportamento del presidente Polverini nella difficile riunione di ieri sera, sia in Aula, che nel Comitato dei diciotto. La presidente Polverini, dopo che il Presidente della Camera ha invitato il Comitato dei diciotto a riunirsi, ha presieduto il Comitato dei diciotto come da fare, con correttezza. Ha messo in evidenza, visto il momento, molto difficile, e anche l'ora, che al Comitato dei diciotto poteva partecipare soltanto chi aveva diritto di partecipare al Comitato dei diciotto. Non era un'assemblea aperta a tutti, e non tutti avevano il diritto di venire lì a disturbare il corretto lavoro del Comitato dei diciotto, come hanno fatto alcuni parlamentari del MoVimento 5 Stelle.
Non ha usato espressioni ingiuriose, come è stato detto impropriamente, nei confronti di nessuno: ha soltanto richiamato tutti, e in particolar modo il MoVimento 5 Stelle, ad avere un atteggiamento responsabile. Perché responsabilità vuole che di fronte ad una situazione di questo tipo prevalga l'interesse del Paese e dei cittadini, che aspettano e aspettavano un provvedimento come quello che abbiamo ieri licenziato in Aula, che dà delle opportunità di lavoro in più ai lavoratori e che mette le imprese nelle condizioni di funzionare meglio, di creare nuovo lavoro; anziché attaccarsi ad una questione assolutamente strumentale per creare una situazione di disagio, di difficoltà all'Aula e al lavoro parlamentare: un'occasione qualsiasi per strumentalizzare tutto e per produrre il nulla.
Credo allora che bisogna soltanto ringraziare il presidente Polverini per come ha condotto ieri la riunione del Comitato dei nove e i lavori dell'Aula, per quanto le competevano .
TITTI DI SALVO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TITTI DI SALVO. Signor Presidente, si stanno incrociando più discorsi, più ragionamenti, più piani. Vorrei ribadire a nome del mio gruppo quanto abbiamo già detto ieri sull'argomento: quello che è successo è un fatto grave, che non va naturalmente sminuito. Ieri si è scelta una strada per affrontare il problema che si è verificato, e che abbiamo appreso in corso d'opera. Abbiamo già detto ieri sera che noi abbiamo preso atto di quello che era successo; avremmo voluto rimandare ad oggi il voto, perché l'approfondimento anche sulla congruenza del testo rispetto al quale la Ragioneria aveva dato il suo parere, fosse più seria. Detto questo, la strada scelta è stata un'altra: abbiamo votato; noi consideriamo chiuso l'argomento.
PRESIDENTE. A questo punto, credo che sia doveroso per la Presidenza esprimere alcune considerazioni, che tengono conto – lo dico all'onorevole Corsaro e a tutti i colleghi che sono intervenuti – della situazione nella quale ci siamo trovati ieri, che va indubbiamente analizzata con la serietà del caso. La Presidenza non ha ovviamente colto alcuna strumentalità nelle dichiarazioni e nelle parole che sono state rivolte da tutti i deputati che sono intervenuti, perché ieri ci siamo trovati obiettivamente in una situazione difficile, che è maturata per le ragioni che sono state un po’ da tutti ricostruite.
Indubbiamente facciamo quindi riferimento ad una situazione difficile, che ci ha visti tutti coinvolti. Siamo andati avanti col proseguimento della seduta fino ad ora tarda, e questo non perché ci trovavamo in una situazione normale: perché ci siamo trovati obbiettivamente in una situazione difficile.
In relazione alla questione come è stata posta, anche circa la irregolarità che deriverebbe dalla correzione del messaggio riferita all'articolo 9, comma 16- del provvedimento, trasmessa ieri dal Senato e della quale è stata data tempestiva comunicazione all'Assemblea, occorre inevitabilmente fare delle precisazioni.
Al riguardo, come è già stato rilevato dalla Presidenza nella seduta di ieri, anche tenuto conto dei precedenti, preciso che la correzione trasmessa, riguardando atti interni all'altro ramo del Parlamento, è insindacabile da parte della Camera, la quale non ha potuto che prenderne atto. Del resto, proprio per consentire un'adeguata conoscenza del nuovo testo, la Presidenza ha disposto una sospensione per consentire che della modifica prendesse atto il Comitato dei nove, integrato dai gruppi che in esso non erano rappresentati. Infine, la Presidenza ha proceduto ad indire la votazione finale del testo, che ovviamente teneva conto della correzione trasmessa dal Senato.
Non sussistono quindi, alla luce dei principi costituzionali in materia di bicameralismo e delle norme del Regolamento, profili di irregolarità nella votazione e non sussistono quindi i presupposti per considerarla in qualche modo irregolare, al netto di tutte le considerazioni politiche e di tutte le valutazioni che sono state fatte e che ovviamente sono agli atti della Camera, sono la realtà con la quale ci siamo misurati, e certo sono una cosa rispetto alla quale non abbiamo né potere né alcun diritto di negarla.
Quindi ci siamo trovati in una condizione difficile, posso solo – e devo, come Presidenza – garantire tutti che la procedura di votazione è stata regolare e che ci siamo attenuti anche a quanto previsto dai precedenti dei quali – non noi direttamente, ma magari i nostri colleghi – siamo stati investiti per questioni analoghe in passato. Con questo chiudiamo questo argomento.
PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 6 agosto 2013, preso atto dell'orientamento espresso dalla Giunta per le autorizzazioni nella seduta del 31 luglio 2013, ha deliberato di proporre alla Camera la costituzione in giudizio dinnanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953, per resistere al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal tribunale di Firenze di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 129 del 2013, in relazione alla deliberazione della Camera del 9 maggio 2012, con la quale è stata dichiarata, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, l'insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Lucio Barani nei confronti del dottor Enrico Rossi.
Se non vi sono obiezioni, tale deliberazione si intende adottata dall'Assemblea.
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PRESIDENTE. Comunico che in data 18 luglio 2013 è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera dell'onorevole Marta Leonori: «Illustrissima Presidente, con la presente intendo comunicarLe la mia intenzione di rassegnare le dimissioni da deputato della Repubblica, avendo deciso di impegnarmi nell'amministrazione di Roma Capitale come assessore comunale a “Roma produttiva”. Non potendo assicurare l'assiduità di impegno che la Camera dei deputati merita, ritengo giusto e corretto rassegnare le mie dimissioni dalla carica di parlamentare. La ringrazio anticipatamente per l'attenzione che destinerà a questa mia missiva. Con stima sincera, Marta Leonori» .
Avverto che, ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del Regolamento, la votazione sull'accettazione delle dimissioni della deputata Leonori avrà luogo a scrutinio segreto mediante procedimento elettrico. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, volevamo ribadire – l'ha già fatto il capogruppo Speranza a nome di tutti noi – a Marta Leonori il nostro ringraziamento per il lavoro che lei ha svolto in questi, seppur pochi, mesi in quest'Aula, ma impegnandosi seriamente sulle materie di sua stretta competenza, in particolare su tutto quanto attiene i temi della Commissione cultura, dove ha in particolare una competenza specifica.
Volevamo informare l'Aula che le sue dimissioni sono un gesto volontario di disponibilità e di senso del dovere relativo alla volontà di svolgere, nella pienezza del suo mandato, il ruolo di assessore al quale è stata chiamata dal sindaco Marino.
Quindi io credo che, rispetto a un segno di così grande rispetto delle regole, anche di incompatibilità dei due ruoli dal punto di vista formale e pratico, sia opportuno che quest'Aula valuti positivamente le sue dimissioni. Accompagno questo al senso di grande gratitudine per lei, per il suo lavoro, per il suo impegno politico, anche svolto sempre nella città di Roma e nel Partito Democratico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.
ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, solo per specificare che noi del Movimento 5 Stelle, in merito alle dimissioni, potremmo magari votare come ha votato il Senato su delle identiche dimissioni presentate da una senatrice del MoVimento 5 Stelle. Ma noi siamo molto diversi da coloro che hanno votato contro quelle dimissioni, non abbiamo questa ipocrisia e, quindi, voteremo – visto che questa è la volontà della deputata Eleonori – a favore delle dimissioni, ovviamente, perché la volontà delle persone deve essere sempre accettata. Ci piacerebbe, però, che questa volontà fosse accettata, non solo quando appartiene a un membro della maggioranza, ma quando appartiene a qualsiasi deputato, o senatore della Repubblica .
GIROLAMO PISANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Pisano, per prassi, sulle dimissioni, parla un oratore per gruppo, quindi purtroppo non posso darle la parola.
Passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'accettazione delle dimissioni della deputata Marta Leonori.
Dichiaro aperta la votazione.
GIRGIS GIORGIO SORIAL. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, era solo per controllare che la votazione fosse corretta perché a noi risultava, purtroppo, che la deputata Marta Leonori fosse in Commissione finanze, mentre invece è stata indicata la Commissione cultura: lei è stata ringraziata per il lavoro svolto in Commissione cultura.
Era solo per verificare che stessimo parlando della stessa persona.
PRESIDENTE. La deputata Leonori può decidere di andare in una Commissione, alla quale poi il gruppo la assegna.
Francamente, adesso non so quale sia, ma stiamo sicuramente parlando della deputata Marta Leonori.
PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato, a seguito dell'accettazione delle dimissioni del mandato parlamentare della deputata Marta Leonori, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato, nella seduta del 1o agosto 2013 – ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati (decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957) – che il candidato che, nell'ordine progressivo della lista n. 17 – Partito Democratico nella XV Circoscrizione Lazio 1, segue immediatamente l'ultimo degli eletti risulta essere Marco Di Stefano.
Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputato, a norma dell'articolo 17-, comma 3, del Regolamento, per la XV Circoscrizione Lazio 1, Marco Di Stefano.
Si intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi .
GIROLAMO PISANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Per che cosa, onorevole Pisano ?
GIROLAMO PISANO. Signor Presidente, chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 8 del Regolamento.
PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.
GIROLAMO PISANO. Signor Presidente, io intervengo per riferire, alla Presidenza e all'Aula, in merito a un indegno e increscioso episodio che si è consumato ieri, di fronte agli occhi dei colleghi e dei funzionari della Camera, nel corso della riunione del Comitato dei nove.
PRESIDENTE. Onorevole Pisano, le chiedo scusa. Le chiedo solo di venire incontro alla Presidenza, nel senso che noi abbiamo già fatto questa discussione ed è intervenuto un deputato per gruppo e per il suo gruppo è intervenuta una sua collega.
Lei sta facendo un richiamo che più che all'articolo 8 credo abbia un valore di richiamo per fatto personale. Le chiedo, sia perché è previsto dal Regolamento sia perché così intanto potremmo andare avanti con l'ordine dei lavori, se lei questo intervento lo potesse fare alla fine della seduta, nel momento in cui il Regolamento prevede che ci sia il richiamo per fatto personale.
GIROLAMO PISANO. No, Presidente, perché io l'ho già fatto. Il problema è che alla fine della seduta non ci sono i deputati, i colleghi, che ascoltano e questo perché è importante ...
PRESIDENTE. Ho capito. Onorevole, l'articolo 8 fa riferimento a quello che accade in Aula e al ruolo del Presidente in Aula. Lei si sta riferendo a quello che è accaduto in Commissione ...
GIROLAMO PISANO. Purtroppo, non è accaduto in Aula.
PRESIDENTE. ... ed è stato già affrontato e detto dalla sua collega. Ora, le dovrei dire che, avendo già parlato la sua collega, l'argomento è chiuso, anche con lo della Presidenza. La sto solo pregando di fare in modo che l'argomento, atteso che comunque abbiamo un pomeriggio abbastanza lungo, lo si fa alla fine della seduta, nel momento in cui il Regolamento prevede che io possa darle la parola per fatto personale. Le sto solamente chiedendo ...
GIROLAMO PISANO. Ma perché è un fatto personale se ...
PRESIDENTE. Perché le sto spiegando che lei fa riferimento all'articolo 8, che non è materia della quale possiamo disporre, perché fa riferimento a una questione che è avvenuta in Commissione.
GIROLAMO PISANO. Insomma, praticamente mi sta vietando di esporre i fatti accaduti ieri sera in Commissione, quando sappiamo che ieri notte sono andati via tutti. Io posso citare anche l'articolo 58 del Regolamento. Va bene per la Presidenza ?
PRESIDENTE. Allora, le sto dicendo che l'argomento è stato già trattato dalla sua collega precedentemente, che ha posto esattamente il tema che lei sta ponendo.
GIROLAMO PISANO. Ma sono tre minuti. Avevo già finito, Presidente.
PRESIDENTE. Ma non è un problema di minuti. Lei lo capisce che non è un problema di minuti ? Più chiaro di così che devo fare ? Sia gentile !
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.
Avverto che il testo, con un trasmesso dal Senato, di cui le Commissioni hanno già preso atto nel corso dell'esame in sede referente, è in distribuzione.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) e la V Commissione (Bilancio) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la V Commissione e presidente della Commissione medesima, onorevole Boccia.
FRANCESCO BOCCIA, . Signor Presidente, ricordo che il disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, già approvato dalla Camera il 26 luglio scorso, è stato approvato anche dal Senato, che vi ha apportato numerose modifiche e integrazioni fino alla giornata di ieri, che è stata la giornata del voto finale in Aula.
Il provvedimento, Presidente, è ora all'esame della Camera in seconda lettura. Io depositerei il testo della mia relazione che fa riferimento esclusivamente alle modifiche avvenute al Senato. Signor Presidente, Presidente ...
PRESIDENTE. Sì, presidente, mi scusi.
FRANCESCO BOCCIA, . ... il mio era un intervento breve e molto intenso, quindi se lei ...
PRESIDENTE. Stavo cercando di occuparmi anche di un'altra cosa. Le chiedo scusa. Non stavo ascoltando la sua relazione.
FRANCESCO BOCCIA, . Chiedo la sua attenzione. Le dicevo che deposito il mio intervento relativo alle valutazioni fatte, appunto, nella qualità di relatore sugli articoli modificati al Senato, così sarà più facile, in qualche modo, dopo prendere visione delle valutazioni fatte dal relatore.
Richiamo l'attenzione della Presidenza su una valutazione che con il presidente Sisto abbiamo fatto e che ci ha portato a stigmatizzare alcune scelte che hanno violato una prassi consolidata, cioè la modifica di alcuni passaggi che erano stati oggetto di confronti molto approfonditi qui alla Camera in prima lettura, che avevano portato ad alcuni contributi emendativi rispetto al testo originario del Governo. Lo dico perché, come lei sa, mai – o comunque raramente, e quando è avvenuto è accaduto solo davanti ad una valutazione collettiva fatta dai gruppi – erano state modificate cose sulle quali era intervenuto l'altro ramo del Parlamento. Ora siccome né io né il presidente Sisto intendiamo perdere un minuto in più, perché questo decreto-legge è un provvedimento di cui ha bisogno il Paese – sono in attesa i lavoratori rispetto agli interventi sul mondo del lavoro, sono in attesa molte imprese rispetto al Fondo di garanzia ed è in attesa più in generale il mondo dell'economia italiana – non ha senso rimpallare questo provvedimento tra i due rami del Parlamento solo per modifiche avvenute che sono marginali, ma che modificano una prassi consolidata. Quindi, io le anticipo una lettera che scriverò con il presidente Sisto alla Presidente Boldrini, che rinnova una valutazione già fatta in sede di approvazione del decreto sui debiti della pubblica amministrazione. Per quella valutazione la Presidente Boldrini aveva già scritto al Presidente del Senato Grasso. Questa volta, signor Presidente, noi riteniamo che per una serie di ragioni siano stati superati i limiti. Ritengo che, se le nostre Commissioni avessero utilizzato lo stesso meccanismo utilizzato dal Senato, questo avrebbe provocato evidentemente una impasse dalla quale non saremmo usciti più. Pertanto, le due Commissioni congiunte hanno votato il mandato, e la valutazione che ne viene fuori è una valutazione ovviamente molto positiva sull'impianto generale. Ci sono alcune vicende ovviamente, sottolineate nel testo che personalmente allego, che non potranno non essere oggetto di valutazione da parte del Presidente della Camera.
Signor Presidente, chiedo quindi che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, ovviamente l'annuncio che i presidenti delle Commissioni invieranno una lettera alla Presidente Boldrini, mi esime dal trasferire alla Presidente Boldrini il senso delle sue affermazioni, che ovviamente rimangono agli atti dell'Aula.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la I Commissione (Affari costituzionali), Francesco Paolo Sisto.
FRANCESCO PAOLO SISTO, Signor Presidente, solo per confermare quanto ha detto l'onorevole Francesco Boccia riguardo alla gravità di norme che sono state discusse giorno e notte nelle Commissioni congiunte e che, ed è la cosa più grave, sono state sottoposte alla fiducia della Camera. Il vero problema è che, quando una norma è discussa e poi il Governo la sottopone alla fiducia di un'Aula, è evidente che non può essere il Governo a chiedere la modifica di quella norma all'altro ramo del Parlamento, soprattutto per problemi di bollinatura, laddove è evidente che, se una norma è sottoposta alla fiducia di un ramo del Parlamento, non può che essere bollinata. Quindi il cambio di bollinatura nel corridoio che divide la Camera dal Senato si commenta da sé. È un modo di esercitare l'attività istruttoria dei provvedimenti e procedimentale che io definisco screanzato nei confronti di chi ha impegnato ore, giorno e notte, per approfondire temi, di un ramo del Parlamento che ha dato la fiducia a queste norme. Perché, sia chiaro, Presidente, nessuno pensi neanche per un attimo che la Camera dei deputati sia una Camera minore rispetto ad altri rami del Parlamento. È evidente che noi rivendichiamo la nostra autonomia e il rispetto, sia pure nei numeri, di un approfondimento che scaturisce anche dal grande ruolo che l'opposizione ha avuto in questo dibattito.
Analogamente a quanto fatto dal presidente Boccia, Presidente, io depositerò la mia relazione con gli approfondimenti e rinvio per tutte le valutazioni critiche, fatte proprie per la verità da tutti i gruppi nell'ambito delle Commissioni riunite, a quanto risulta dal resoconto, sia pure sintetico, del dibattito in Commissione.
Signor Presidente, chiedo quindi che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione, in cui vengono approfonditi, ovviamente, esclusivamente gli aspetti oggetto di modifica da parte del Senato, chiarendo gli elementi discretivi tra quello che la Camera aveva, ahimè, faticosamente statuito, e quanto il Senato, poi, con tanta disinvoltura, ha modificato .
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.
PIER PAOLO BARETTA, . Signor Presidente, intervengo solo su un punto, riservandomi poi, alla fine del dibattito, di rispondere alla discussione più generale, relativo ad un passaggio che è stato fatto e sul quale è opportuno fare almeno due chiarimenti, che possono aiutare nei prossimi giorni, anche a fronte dell'annunciata presa di posizione dei presidenti di Commissione.
La prima è che è prassi consolidata, confermata in questa legislatura, che il Governo metta la fiducia sui testi usciti dalla Commissione, anche laddove vi fosse stato un voto discordante dalle opinioni del Governo stesso, ed è quanto è avvenuto, anche alla Camera, per quanto riguarda il decreto del «fare». Vi era stato anche un dibattito su molte cose, ma il voto della Commissione è stato rispettato dal Governo e la questione di fiducia è stata posta su quel testo.
La seconda questione, più delicata, che, però, è bene che venga discussa, riguarda una riflessione sulla bollinatura. Io considero una garanzia per il Parlamento e per il Governo, che vi sia un organo che, per quanto direttamente collegato al Governo, abbia una sua propria autorevolezza ed autonomia, che è la Ragioneria generale dello Stato, la quale segnala costantemente i punti di discordanza dalle linee generali di finanza pubblica, così come definite nei tendenziali.
Può succedere, ed è successo questa volta, che alcune osservazioni relative alla bollinatura, ahimè, avvengano successivamente al voto finale, anche in relazione a come, peraltro in molte situazioni, compresa questa, nella parte conclusiva, si è proceduto ad una serie di modifiche assolutamente rilevanti.
Nella relazione di passaggio tra Camera e Senato, la Ragioneria generale dello Stato ha segnalato alcune, poche, modifiche necessarie per rendere compatibile il testo con la bollinatura. Noi abbiamo presentato questa relazione al Senato e abbiamo anche proposto le relative modifiche, necessarie per poter compatibilizzare i testi. Questo è quanto è avvenuto; il resto, quello che è successo dopo, attiene alla libera facoltà del Senato, come a quella della Camera, di decidere nel merito anche indipendentemente, talvolta, come è successo ieri pomeriggio, dalle opinioni espresse dal Governo.
Come ricordate, ad esempio, su due emendamenti, ieri pomeriggio, il Governo è andato sotto perché l'Aula del Senato ha ritenuto di prendere diverse valutazioni. In ogni caso, il Parlamento, nei due rami, resta sovrano e il Governo tiene conto dei risultati del dibattito parlamentare. Per il resto, mi riservo di intervenire alla fine della discussione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.
GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, io credo che sul decreto cosiddetto del «fare», battezzato anche del «disfare» o del «rifare», abbiamo già detto tutto, e lo abbiamo fatto pochi giorni fa, in quest'Aula.
Abbiamo già detto della sua totale e assoluta incapacità di affrontare i nodi reali dell'economia italiana, che soffre, evidentemente, di un ormai cronico crollo degli investimenti pubblici e privati e soffre, soprattutto, di una contrazione della domanda interna dovuta alle dinamiche salariali negative, alla precarietà divenuta condizione di vita per intere generazioni – non è più solo una: eravamo abituati a dire una generazione condannata alla precarietà e siamo costretti, ormai, al plurale –, ad una disoccupazione dilagante, che diventa drammatica quando si parla di quella giovanile.
Abbiamo già detto di come ci si affidi ancora una volta all'idea sbagliata che si possa affidare ad una manciata di semplificazioni burocratiche, che spesso peraltro diventano minori tutele per i lavoratori e per l'ambiente, la soluzione della carenza di sviluppo, anziché, come sarebbe opportuno, ad un rilancio della programmazione e della capacità del pubblico di riattivare investimenti. In altre parole, ci si rifiuta di uscire dal neoliberismo che tanti danni ha fatto a questo Paese, all'Europa e al mondo.
Abbiamo già detto di come questo sia un decreto quasi ai limiti della legalità costituzionale, nella sua volontà di riproporre, a modo di provvedimenti già varati da Governi precedenti – e questa evidentemente è una aggravante, data la qualità di quei Governi – anziché proporre un nuovo indirizzo all'altezza della drammatica situazione che sta vivendo l'Italia.
Abbiamo già detto tutto, e non ci sarebbe ragione di motivare ulteriormente, ora che il Senato ci restituisce a distanza di una settimana il decreto epurandolo, peraltro, di una previsione – mi riferisco al DURT – che probabilmente, nonostante i suoi evidenti limiti, avrebbe meritato miglior sorte di quella che gli è toccato, disconosciuto dallo stesso gruppo che lo aveva proposto, il MoVimento 5 Stelle, e quindi cassato senza possibilità di discussione (questa probabilmente è una novità storica, quella di un gruppo che si fa vanto di un provvedimento alla Camera e si fa vanto di averlo abolito al Senato).
Siamo quindi ad un provvedimento la cui unica utilità è permettere ad un Governo, in permanente crisi di identità e di consenso, di rivendicare il suo fare qualcosa – forse in questo senso è il decreto del fare – quando invece è evidente che la sua unica attività è l'inerte sopravvivenza, in attesa che qualche evento esterno arrivi a portare una buona o una cattiva novella. Lo dico, nonostante l'incredibile annuncio del Ministro Saccomanni di avere raggiunto la fine della recessione, incurante di quanto male simili affermazioni abbiano fatto negli ultimi anni ai tanti sventurati che le hanno pronunciate, mentre giorno dopo giorno tutti gli indicatori economici avevano un segno negativo. Non abbiamo ancora visto segni positivi, per la verità.
Ci sono tuttavia due spunti che voglio cogliere, perché ci permettono di dire qualcosa su questo Paese. Il primo è il tetto, introdotto, ai compensi dei delle società quotate a partecipazione pubblica, che dovrebbero ricevere, se nei prossimi mesi non interverrà una mano amica, un taglio degli stipendi comunque intesi del 25 per cento, a partire dal prossimo esercizio. Norma giusta, che va incontro ad una richiesta di equità che sale dal Paese, ma insufficiente e che rischia anzi di rimanere l'ennesima foglia di fico sulla vergogna dell'ineguaglianza, che in Italia, più che nel resto d'Europa, hanno raggiunto i livelli retributivi dei rispetto a quelli dei lavoratori. Ora, voi non potete non sapere che l'aumento vertiginoso delle disuguaglianze nel trentennio del neoliberismo rappresenta una delle cause conclamate, dichiarate, universalmente riconosciute della crisi globale e nazionale che stiamo attraversando. Questo è vero per almeno due ragioni. La prima è che se alla crescita incredibile dei compensi dei si accompagna la riduzione del salario reale dei lavoratori, questo ha un evidente effetto depressivo sulla domanda interna. La seconda ragione è che quando si separa completamente il destino, anche retributivo, delle direzioni aziendali da quello dei lavoratori, in termine di stipendi, diritti e livelli occupazionali, si va a mettere la parola «fine» a qualsiasi idea di responsabilità sociale delle imprese. Noi, voi, abbiamo consentito la nascita di una superclasse, anche in Italia, la cui prospettiva è completamente distaccata da quella del Paese, i cui obiettivi individuali nulla hanno a che fare con qualsiasi ragionamento di benessere collettivo, la cui unica motivazione è l'acquisizione di quote sempre crescenti di reddito e di privilegi. Questo vale per l'Italia, ma è un problema globale, al punto che in Svizzera – Paese notoriamente alieno da qualsiasi propensione socialista – un ha recentemente introdotto un limite alla retribuzione di tutti i delle società. Ora, il Governo si limita a fare quello che il buonsenso avrebbe consigliato di fare molti anni fa, introducendo, appunto, limiti alle retribuzioni di quei la cui retribuzione è determinata da consigli di amministrazione, che – dobbiamo ricordare – sono controllati dal Tesoro. Io voglio dire che non ci può bastare e che deve essere invece molto chiaro che, se questo è un punto di partenza per arrivare a una norma di carattere generale, allora il giudizio non può che essere positivo, ma se riteniamo che serva a dire che si è fatto ciò che si può e che i 42 milioni di euro guadagnati da Marchionne sono un problema privato fra lui e la proprietà, allora il nostro giudizio non può che cambiare. Perché il problema delle distanze retributive c’è ovunque, c’è ovunque in questo Paese e – ripeto – porta con sé problemi di equità, porta con sé problemi di uguaglianza, porta con sé, alla fine, problemi di crescita.
Quello che dobbiamo fare noi, infatti, è pensare al Paese, agli effetti prodotti da livelli improponibili di disuguaglianza; non dovremmo mai invece lanciare ossi propagandistici pensando di aver risolto così i problemi che invece si aggraveranno.
Il secondo tema che vorrei mettere in evidenza è la spinta che si dà da un lato alla dismissione degli immobili pubblici e dall'altro alla deregolamentazione degli interventi di edilizia privata. Entrambi gli aspetti sono figli dell'idea che, ancora una volta, dalla crisi si possa uscire attraverso la leva immobiliare, sia essa utilizzata per valorizzare il patrimonio pubblico o per sbloccare capitali privati. Io credo che non sia così, ma che al contrario questa volta il settore edilizio si risolleverà solo quando si invertirà il ciclo economico. Esso infatti non è bloccato da vincoli normativi, è bloccato dalla difficoltà di accesso al credito per famiglie avvolte nella precarietà, è bloccato dall'impoverimento diffuso, è bloccato da una disoccupazione a due cifre. È questo che fa sì che non si costruiscano e non si vendano più case in questo Paese, non l'eccesso di regole. Pensare, quindi, che in un simile quadro la leva immobiliare possa essere riattivata dall'annullamento di limiti, come quello al mantenimento della facciata, o dalla facilitazione nel rilascio di permessi edilizi è una pura illusione che rischia invece di consegnare la ricchezza ambientale e paesaggistica del nostro Paese, che dovrebbe essere conservata come un tesoro anche in tempo di crisi, alle peggiori tendenze speculative.
Questo è un tema generale: in tempo di crisi nessun Paese permette di svalutare le sue ricchezze, perché è più saggio conservarle invece che affidarle alla speculazione. Io mi chiedo se sia di questo che abbiamo bisogno, di svendere un bene collettivo come la bellezza delle nostre città per un piatto di lenticchie, di sperare di fare cassa svendendo immobili pubblici che non hanno mercato, perché la loro acquisizione e ristrutturazione richiederebbe capitali che oggi il mercato non investe. E sapete perché non investe ? Perché questo Paese è in evidente crisi di prospettiva e di vocazione e non riesce ad uscirne. Non riuscirà di certo ad uscirne con decreti-legge come quello di oggi o come quello che abbiamo approvato ieri, che sono provvedimenti che non hanno nulla di risolutivo.
Infine, signori del Governo, è molto facile accettare l'idea che una politica incapace di pensare al futuro, di essere dal principio e fino in fondo classe dirigente, non possa fare altro che togliere presunti vincoli, cancellare regole, mettere spiccioli come incentivo alla impresa privata. È facile agire in questo modo, perché ci toglie qualsiasi responsabilità, ci lascia solo quella di essere custodi inflessibili di vincoli di bilancio accettati come dogmi irrevocabili. Io credo, invece, che l'Italia e l'Europa avrebbero bisogno, e abbiano bisogno, di più politica, di buona politica, di quella politica che è intesa come capacità di indirizzo, di programmazione, di sguardo lungo sulle sfide di oggi e di domani.
Avremmo bisogno non di un Governo purchessia, ma di Governo, con la lettera maiuscola, che significa capacità di pensare e di avviare processi di cambiamento e di sviluppo. Abbiamo bisogno di una politica che sappia, ma soprattutto voglia, essere protagonista di una nuova stagione sociale ed economica. Se questo Governo vuole solo essere comprimario o comparsa, e mai protagonista, se vuole essere un elastico teso tra idee e interessi divergenti che lo bloccano, allora io credo che non abbia che da fare una cosa, e farla anche rapidamente: togliere il disturbo .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giampiero Giulietti. Ne ha facoltà.
GIAMPIERO GIULIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, ci troviamo oggi in questa sede a discutere in terza lettura il testo di conversione in legge del decreto-legge n. 69 del 2013, cosiddetto «decreto del fare», approvato nella giornata di ieri dal Senato della Repubblica. La Camera dei deputati ha approvato la conversione in legge di questo decreto tramite voto di fiducia e le Commissioni permanenti hanno lavorato per diversi giorni e notti nell'esaminare accuratamente il testo del decreto e le relative proposte emendative. Ne era uscito un testo migliorato, anche se nelle dichiarazioni sulla fiducia molti interventi avevano sottolineato la necessità di pochi ma significativi cambiamenti. Quei cambiamenti ci sono stati, ma ce ne sono stati molti altri che francamente ci fanno osservare come sia mancato un minimo di raccordo istituzionale tra i due rami del Parlamento e che spesso il nostro lavoro e il nostro impegno – vi ricorderete, anche a fronte di una manovra ostruzionistica – vengano mortificati.
A tal riguardo sarebbe necessario, sui prossimi provvedimenti, un raccordo più stringente e fattivo, che valorizzi il lavoro che si svolge, che non mortifichi il lavoro di una Camera, troppo spesso della Camera dei deputati.
La necessità di giungere quanto prima all'approvazione di queste misure urgenti per l'economia ci impone responsabilità e senso delle istituzioni, parole spesso abusate e alle quali si dà purtroppo poco seguito.
Il provvedimento resta, comunque, un provvedimento importante per il Paese per la necessità di dare risposte ai tanti cittadini, alle imprese, agli studenti e al mondo del lavoro. Per questo le Commissioni bilancio e affari costituzionali hanno lavorato in prima lettura e ora con serietà e scrupolo, garantendo presenza costante ed evitando che qualcuno possa parlare di sciocchezze sulle presenze in Commissione o sulle mani alzate, perché qualche volta queste pretestuose affermazioni testimoniano l'incapacità di svolgere appieno il proprio ruolo istituzionale.
Comunque, il provvedimento in esame mette in evidenza il lavoro svolto dal Governo e dal Parlamento fino ad oggi con le iniziative e le misure messe in atto per affrontare la straordinaria crisi che vive il Paese: dal decreto sui pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese al decreto-legge sulla sospensione dell'IMU, in attesa di una riforma che avverrà entro questo mese di agosto; dal decreto-legge sulle detrazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di efficienza energetica degli edifici al decreto sull'ILVA; dal decreto per l'occupazione e per non far scattare il punto di IVA, approvato ieri in tarda serata, alla legge di delegazione e la legge europea 2013.
Insomma, questo provvedimento si inserisce nella scia dei provvedimenti sin qui approvati e forse, anche con maggior forza, delinea l'impegno del Governo nel prendere le misure opportune per far uscire questo Paese dalla crisi. Tra tanti che danno ricette, tra chi invita a fare e non durare e chi vuol durare e fare poco, io credo che l'azione del Governo sia coerente con gli impegni presi all'inizio della legislatura nel discorso programmatico del Presidente del Consiglio. Il nostro impegno deve essere quello di migliorare i testi di iniziativa del Governo, ma anche recuperare una sana iniziativa parlamentare che rimetta il lavoro dell'Aula al centro dell'iniziativa legislativa.
Voglio sottolineare ancora una volta le misure contenute in questo testo di legge: le misure per la crescita, il sostegno alle imprese, il miglioramento dell'accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, il migliore utilizzo delle risorse pubbliche, utilizzando al meglio quelle già stanziate per opere immediatamente cantierabili e immettendo risorse nuove, soprattutto per l'edilizia scolastica pubblica e per i piccoli comuni. Sono significativi alcuni cambiamenti apportati dal Senato, e penso a tre questioni principalmente. In primo luogo, il taglio del 25 per cento agli stipendi dei pubblici. Con il cambiamento apportato dal Senato saranno decurtati del 25 per cento i compensi complessivi a qualunque titolo determinati per tutti i pubblici che non rientrano nel tetto previsto dal decreto «salva Italia», che stabilisce tale compenso non possa essere superiore al trattamento economico del primo presidente di Corte di Cassazione, pari a circa 300 mila euro.
Inoltre, è stato giustamente eliminato il DURT, il documento unico di regolarità tributaria, nella responsabilità solidale negli appalti. La disposizione prevedeva l'esclusione della responsabilità solidale dell'appaltatore nei confronti del subappaltatore, qualora acquisisse da quest'ultimo il DURT. Conseguenza diretta di questa disposizione è il fatto che l'appaltatore fino all'acquisizione del DURT poteva sospendere il pagamento del corrispettivo.
Si torna al testo originario del Governo in tema di responsabilità solidale fiscale negli appalti. Con l'eliminazione del DURT si eliminano ulteriori aggravi burocratici a carico delle nostre imprese.
Terzo, il testo approvato dalla Camera riguarda la mobilità degli studenti universitari. È stato opportunamente modificato, includendo, in particolare, la previsione di un Piano nazionale per il merito e la mobilità degli studenti universitari capaci, meritevoli e privi di mezzi, adottato in accordo annualmente tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Conferenza Stato-regioni e province autonome. Punti da migliorare, già messi in evidenza nelle nostre dichiarazioni di voto al momento della fiducia, che accolgono le esigenze delle imprese, delle regioni, degli studenti, dell'opinione pubblica. Ma soprattutto testimoniano nel suo complesso anche l'attenzione a definire scelte fondamentali che mettono in sintonia questo Parlamento con il Paese. Certo, occorre fare di più: penso ai comuni, alla revisione del Patto di stabilità, facendo ripartire tante opportunità e iniziative nei nostri territori. Occorre fare di più per le tante autonomie che rappresentano la ricchezza e la forza del nostro Paese. Il decreto-legge «del fare» che ci accingiamo a votare per la seconda volta è un segnale positivo per il Paese, per far ripartire gli investimenti dando anche un chiaro segnale circa il contenimento dei costi della pubblica amministrazione. È un decreto-legge importante che in tanti si aspettano per ridare fiato all'economia e per invertire la rotta della recessione. Possiamo farcela e il Paese può farcela se le istituzioni parlamentari lavorano seriamente, se il Governo riesce ad imprimere un'accelerazione ai provvedimenti di natura economica, se la politica riesce a parlare la lingua della responsabilità ed è rispettosa verso gli italiani. Già, la politica, parola bistrattata e desueta, usata nel linguaggio corrente quasi fosse un'offesa, la politica intesa come servizio, come impegno, come capacità di cambiare e migliorare le cose. La politica che non è protesta sterile, ostruzionismo e incapacità di vedere i bisogni del Paese magari condizionati da varie o da qualche . La politica è impegno comune e capacità di agire e fare per il bene di tutti. Approviamo un decreto-legge importante, realizziamo un pezzo di strada per uscire da una crisi ormai lunga ma soprattutto dovremmo gettare le basi per costruire un percorso di riforme, strutturali e organiche che devono farci divenire un Paese più moderno e competitivo in grado di svolgere un'azione propositiva in Europa, rivendicando il nostro ruolo con orgoglio e forza. Il Paese viene prima di tutto per il Partito Democratico, per questo abbiamo bisogno di fare, di dare una svolta alla nostra azione riformatrice. Abbiamo bisogno di recuperare un po’ di senso delle istituzioni nella solidarietà, nella legalità e nel rispetto reciproco. Con la conversione di questo decreto-legge facciamo un passo avanti importante, continuiamo a fare e a costruire un Paese più forte
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Castelli. Ne ha facoltà.
LAURA CASTELLI. Signor Presidente, intanto ricordiamo che stiamo svolgendo una discussione sulle linee generali con riferimento ad un decreto-legge che è passato prima di tutto da quest'Aula e che si è concluso in uno dei modi più particolari, il metodo della fiducia. Pertanto, faremo una discussione generale che riguarda ciò che è accaduto da quel momento in poi. Questo perché ormai tutti sappiamo e soprattutto i cittadini a casa sanno che cosa è davvero questo decreto-legge. E allora a chi l'ha chiamato decreto «del fare», pensando che potesse essere utile convincere i cittadini che dentro questo decreto ci sia davvero il modo attraverso il quale fare economia e fare la giusta politica, partendo proprio dal nome, vorremmo ricordare che, ancora una volta, né al Senato né in questi giorni alla Camera si parla di quello che davvero bisogna fare per questo Paese. Continuiamo a non parlare mai di piani industriali, di piani energetici.
E noi, sinceramente, Presidente, non capiamo se è la sordità il problema di questo Governo o l'impossibilità di gestire delle maggioranze così particolari. Perché dico questo ? Perché quello che è successo al Senato e che è successo oggi nelle nostre Commissioni è proprio questo. E ve lo assicuro, lo scenario è abbastanza raccapricciante. Il Senato, composto dalla maggioranza che tutti noi conosciamo, ha affrontato un testo come se mai fosse passato dalla Camera. Quindi, in piena libertà, lo ha lavorato, lo ha modificato e lo ha licenziato. È chiaro che poi uno si chiede quanto il Governo in questa lavorazione ci è entrato. E noi ce lo siamo chiesto perché abbiamo fatto le notti, abbiamo speso chiaramente il nostro dovuto sudore per questo decreto-legge. Pertanto, quando abbiamo visto questa mattina le modifiche al decreto-legge, ci siamo chiesti se questo Governo, che noi conoscevamo alla Camera, fosse lo stesso che al Senato si è seduto e ha dato dei pareri per quelle modifiche. Chiaro, ricordiamo che su un paio di emendamenti il Governo è andato sotto, come dite voi, ma ciò rimane. Rimane il fatto che questo Governo e questo Parlamento probabilmente hanno dei problemi che devono affrontare e devono risolvere.
Mai ci saremmo immaginati di sentire i due presidenti di Commissione e anche relatori molto arrabbiati. Mi permetto di aprire una parentesi rispetto alla carica che si sovrappone. Non per qualche cosa, certo tutti lo possono fare. Ci chiediamo, però, come possa il presidente di una Commissione che deve garantire l'equità delle parti fare esso stesso da relatore e, quindi, fare il ponte al Governo. Ma a prescindere da questo, ci siamo trovati due relatori e presidenti di Commissione molto arrabbiati. Arrabbiati perché, probabilmente, gli sforzi che si sono fatti in Commissione sono stati poi vanificati al Senato perché il testo che è stato licenziato e che oggi andiamo ad esaminare ha avuto delle modifiche particolari perché si sono aggiunte delle questioni del tutto aggiuntive, nel senso che non era necessario aggiungerle in questo momento con un decreto-legge che dovrebbe essere fatto per emergenza.
È curioso perché, su alcuni punti, su cui il Governo si era dimostrato molto fermo con noi, tanto da passare delle ore a discutere su quale posizione poteva essere presa in comune, proprio su quelle posizioni, non si capisce per quale ragione, è tornato indietro. Certamente, possiamo essere sollevati da alcune posizioni su cui si è tornati indietro, per esempio le questioni riguardo all'Expo 2015. Possiamo dirvi con tutta gioia che siamo felici di una delle modifiche che è stata fatta rispetto all'Expo 2015. Di certo, su altre possiamo stare a parlarne. Ricordo l'articolo 30 su cui lo stesso Ministro Lupi in Commissione si era dichiarato assolutamente fermo tanto da dire: se voi lo modificate io lo ritiro. E poi assistiamo a questi lavori al Senato che producono il testo che oggi abbiamo.
Pertanto, ripartirei dal parere del Comitato per la legislazione, sulla questione che la Commissione dovrebbe essere più garante del fatto che queste Camere stiano lavorando bene. Il Comitato per la legislazione, ancora una volta, così come aveva già fatto quando il decreto-legge era arrivato alla Camera, sottolinea l'omogeneità. Io ora capisco che per voi l'omogeneità non sia argomento di interesse. Lo capisco, però è il secondo parere che viene fatto in questo modo. E lo stesso sottosegretario questa mattina ha dovuto fare un sospiro rispetto a questa metodologia perché è chiaro che, se si discute un decreto-legge con così tante materie, poi da qualche parte ci si va ad incastrare. Allora, proprio il Comitato per la legislazione ricorda che le disposizioni sono passate da 86 a 123, che è un numero insomma considerevole per un decreto-legge .
Poi, non possiamo far altro che vedere, così come avevamo già visto nelle Commissioni qui alla Camera, che gli emendamenti che portano nome e cognome, come abbiamo già detto, si verificano e si presentano anche al Senato, anche lì c’è questa moda. Peccato che, questa volta, la moda usata dal Senato tocchi cose che davvero non si capiscono. Ne cito una, perché è una delle cose più eclatanti che è successa: quella di chiedere che l'Autorità dei trasporti passi dalla città di Roma alla città di Torino. Ora, non perché io sia torinese e perché mi senta toccata nel vivo, ma questi emendamenti, che portano nome e cognome, non solo portano nome e cognome, ma portano quegli atteggiamenti per cui, se si definisce un Parlamento democratico e un Parlamento che rispetta il popolo, i cittadini, la volontà popolare, allora, ci si deve interrogare sulla necessità di fare questi emendamenti; ovviamente, stiamo parlando di un emendamento che è diventato parte dell'articolato.
E, allora, quando si hanno non solo nomi e cognomi, ma promesse e promesse, probabilmente, per i prossimi dieci, vent'anni, della vita personale di un politico, allora, ci si interroga su quale connivenza ci sia nell'approvare questi emendamenti . Chiaramente, saranno oggetto di nostri emendamenti e, quindi, magari vi spiegheremo meglio, per chi non appartiene a questo territorio, che cosa vuol dire fare un emendamento di questo tipo.
Ma come questi ce ne sono tanti altri. Noi – vorremmo ricordarlo ancora – abbiamo visto tutte le facce dei portatori di interessi fuori dalle Commissioni, che – io qui lo dico e lo sottolineo – conoscono gli emendamenti prima di noi: allora, delle volte, mi viene quasi di chiederli a loro piuttosto che chiederli agli uffici legislativi. E questo, a parer nostro, è abbastanza allarmante. Comunque, li abbiamo visti anche questa mattina, quando c'era, ormai, più niente da fare, ma, chiaramente, i portatori di interessi non smettono mai, fino alla fine, di sperare, nel proprio interesse.
Bene, secondo noi, tutto questo modo di gestire questo lavoro, con riferimento ad un provvedimento, che – ripeto – pesa pochissimi milioni di euro, è scellerato, è malsano e fa parte della vecchia politica. Noi abbiamo provato a spiegarvi come si fa a rovesciare questo modo di lavorare: lo abbiamo fatto prima, presentando parecchi emendamenti, lavorandoli con voi, con tutti voi, con la serietà che si confà a centosei deputati neoeletti alla prima legislatura, con un'età inferiore ai quarant'anni e con la consapevolezza che, dall'altra parte, non ci sarebbe stato lo stesso impegno; tant’è, l'abbiamo fatto lo stesso.
Ma abbiamo fatto di più: abbiamo aspettato i pareri che, durante il primo esame del provvedimento, erano già arrivati dalle Commissioni. Durante il primo esame, questi erano quasi considerati vincolanti – anche se così, chiaramente, non erano –, proprio per la volontà da parte dei presidenti e dei relatori di lavorare insieme ad un disegno che potesse andar bene per tutti e che fosse il meglio. Anche quest'oggi abbiamo aspettato i pareri e, a differenza della volta scorsa, non possiamo dire la stessa cosa. Per esempio, la Commissione giustizia ha dato un parere favorevole, ma con una condizione, che riguarda, in particolare, gli articoli 12 e 12-. Che dire, le Commissioni non li hanno neanche presi in esame, non si è voluto fare dibattito.
Ci sono altre Commissioni che hanno dato pareri in cui si chiedeva alle Commissioni in sede referente di continuare a ragionare. L'VIII Commissione chiede la valutazione da parte delle Commissioni di merito dell'opportunità di sopprimere alcune modifiche, ma modifiche sostanziali: parliamo dell'articolo 26- e di alcuni altri articoli, come dell'articolo 30 stesso. Questa volta, non c’è solo la sordità di un Governo, che, delle volte, veramente, fa anche tenerezza, non si capisce da che parte è tirato.
Non si capisce se al Senato si può permettere la stessa fermezza che si permette qua alla Camera perché, vedete, l'impressione è che, oltre a questa lotta politica del tutto estranea a quest'Aula, o che dovrebbe essere del tutto estranea, ci sia una confusione tra i ruoli. Non si capisce più se la Ragioneria dello Stato deve rispondere al Governo o se deve rispondere ai relatori che giornalmente gli cambiano le urgenze di questo Paese. Giustamente, quest'oggi, qualcuno si lamentava perché alcuni dei punti di questo decreto-legge sono arrivati senza bollinatura che ricordiamo essere una delle condizioni necessarie per poter portare avanti un decreto-legge che ha sopra dei soldi. Mentre noi eravamo stupiti del fatto che la Ragioneria fosse in difficoltà e continuavamo a chiedere a gran voce un incontro stretto, chiarificatore, rispetto alle condizioni della Ragioneria dello Stato, dall'altra parte, PD e PdL erano, invece, stupiti di quanto ci siano state, forse, delle agevolazioni per alcune coperture e non per altre. Noi davanti a Franceschini l'abbiamo chiamato «mercato delle vacche». Beh, questo decreto-legge continua a essere il decreto del «mercato delle vacche», non è cambiato nulla, anzi è peggiorato.
Per cui noi affronteremo, ancora una volta, i temi che ci sono cari, attraverso gli emendamenti che abbiamo presentato, e vorremmo farlo, come abbiamo sempre fatto, spiegando, davvero, quali sono i motivi per cui un decreto-legge così si deve cambiare. Non è una questione di scadenza, di limiti di tempo, perché c’è ancora del tempo per modificare questo decreto-legge, ma non può essere neanche solo più una lotta tra partiti, tra il PD, tra una fazione e l'altra del PD, tra il PdL e il PD, noi siamo stanchi. Non è questo il modo in cui, né noi, né voi, abbiamo spiegato ai nostri cittadini che dovevano mettere una croce su una scheda elettorale.
In ogni caso una cosa dobbiamo sottolinearla, noi ci aspettiamo e speriamo che quest'oggi ci sia un sussulto di coscienza; quando vi troverete a votare degli emendamenti, a votare «contrario» magari perché non c’è il tempo e non c’è la possibilità di farlo tornare al Senato quando in realtà su quell'emendamento voi siete favorevoli, mettetevi una mano sulla coscienza e pensate qual è il meglio per i cittadini. Lo so, ci rendiamo conto, voi fate fatica a farlo delle volte, perché, ormai, la politica è maggiore rispetto al bene dei cittadini, ma noi non possiamo continuare a ragionare in questo modo e non lo faremo mai. Per cui, davvero, il tempo c’è; invece di andare a mettere i piedi a mollo e andare in vacanza, state qua con noi e miglioriamo questo testo che, di per sé, è diventato peggio di quel peggio che ci avete propinato. Grazie, Governo .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lauricella. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE LAURICELLA. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, con l'approvazione del decreto «del fare», il Governo e la maggioranza, dopo altri provvedimenti che già hanno offerto i primi segni in favore dei cittadini, delle imprese e delle famiglie, tornano a proporre un nuovo intervento che da domani darà nuove ed efficaci opportunità. Opportunità per un'economia che deve uscire da una fase che obbliga a sacrifici, e a volte alla disperazione, i giovani, le famiglie, le imprese e il mondo del lavoro in generale. Si introducono misure significative, per esempio per deflazionare il rito civile che rappresenta un ostacolo anche per l'economia, per la nostra economia; in fase emendativa abbiamo corretto anche alcune norme che non aiutavano, in questo senso, la partecipazione degli utenti e dei cittadini nel percorso del processo civile, sia dal punto di vista della conciliazione che dal punto di vista della mediazione.
Il decreto introduce anche misure per alleggerire e semplificare l'attività della pubblica amministrazione, in favore di ogni cittadino che non può più sopportare le lungaggini e gli ostacoli burocratici. Noi, fin dal 1990, nel nostro ordinamento abbiamo inserito norme come la legge n. 241 che avevano e hanno rappresentato un cambio di modello anche nel rapporto tra amministrazione e cittadino, ma anche quella non è stata sufficiente. Quindi, oggi questo decreto interviene a dare ancora più forza a quella che è la responsabilità di chi ha la titolarità dell'azione amministrativa, anche dal punto di vista disciplinare.
A ciò si legano anche le norme che tendono ad incoraggiare l'edilizia, per rilanciare un settore fondamentale sia in termini occupazionali sia di miglioramento urbanistico, senza con questo violare l'ambiente, chiaramente. La cultura e l'università trovano il loro sostegno in senso di opportunità occupazionali all'interno delle università stesse, ma anche in senso di possibilità di sostegno a quei giovani che vogliono impegnarsi negli studi attraverso la previsione di misure a sostegno. È stato ristabilito un opportuno limite agli stipendi dei cosa è che stranamente sfuggita alle rivendicazioni di quelle forze politiche qui presenti che vogliono dimostrare il loro spirito di moralizzazione. Vi sono anche interventi in forza e in favore dell'agricoltura, in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, a favore del settore della nautica; insomma, è un provvedimento per investire 3 miliardi di euro in infrastrutture, fondi per l'università e per un fisco meno aggressivo. Dunque, al di là degli effetti concreti che la legge avrà nell'economia e dunque sull'occupazione e sul lavoro, quel che appare a mio avviso significativo è che è iniziato un cambio di tendenza politico-economica in favore di un percorso diverso che, pur con la dovuta attenzione ai conti pubblici, guarda alla spesa pubblica produttiva per il lavoro, le imprese e le famiglie, come una scelta fondamentale per un Governo e una maggioranza che vogliono far ripartire l'economia e ridare fiducia ai cittadini e ai giovani.
Non più rigore, ma al contrario una nuova politica per creare reddito e capacità di consumo, altrimenti continueremo nella crisi e nella disoccupazione. Si tratta di un cambio culturale fondamentale, che non può fermarsi a questo provvedimento del fare, un provvedimento che voteremo con convinzione e che sappiamo non essere perfetto, ma è una nuova opportunità, una speranza, per molti giovani soprattutto. Non si comprende, infatti, quali siano state le ragioni dell'ostruzionismo cui abbiamo assistito qui alla Camera, quasi che l'esigenza di essere contrari al Governo fosse prevalente rispetto all'interesse e al benessere di ogni cittadino. Il cambio di marcia dovrà continuare e guardare anche al sistema fiscale. Dobbiamo costruire un sistema che alla presunzione di evasione sostituisca un rapporto di fiducia tra l'amministrazione e il cittadino, ma ciò potrà avvenire ad una condizione, che ogni cittadino arrivi a percepire come giusto quello che è chiamato a versare come contributo allo Stato. Insomma, voteremo con coscienza e convinzione il provvedimento, certi di contribuire all'avvio di un nuovo percorso, nell'interesse di ogni uomo e donna che vive in uno stato di difficoltà e di sfiducia.
Credo che abbiamo iniziato un corretto cammino, e nessun motivo può essere prevalente all'interesse al benessere di ciascun uomo. Io personalmente e molti di noi, noi tutti della mia parte politica, apparteniamo a quella cultura politica che vede nell'uomo, nella sua dignità, nella sua libertà il fine, al contrario di chi concepisce come fine il profitto, e in nome del profitto è pronto a sacrificare ogni diritto, ogni libertà e la dignità dell'uomo. Credo che questo sia il senso che dobbiamo dare alla nostra azione e alle nostre scelte .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori rinunziano alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
PIER PAOLO BARETTA, . Signor Presidente, intervengo brevemente su alcune delle questioni procedurali. Ho già fatto prima delle considerazioni; mi sembra però che dal dibattito emergano alcune considerazioni che è opportuno che riprendiamo, e che attengono all'insieme del nostro modo di lavorare.
Devo dire, se mi è consentito iniziare così, che dovremmo evitare tutti – ovviamente a partire anche dal Governo – un atteggiamento del tipo che ciascuno è in grado di scagliare la famosa pietra. Che ci siano delle differenze sulla misura della pietra è fuori discussione, ma che ci sia qualcuno che può dire: io non ho responsabilità di questa situazione... Forse sarebbe più opportuno che ci mettessimo tutti in un'ottica propositiva, per affrontare quello che è un rischio evidente. E che voglio dire con molta semplicità, perché di fronte ad un dibattito politico di questa portata non dobbiamo fare soltanto il gioco delle parti.
C’è certo il rischio che vi sia un peggioramento della qualità del lavoro parlamentare e governativo, e quindi che ci sia un peggioramento della qualità della produzione legislativa. Questo è un rischio di cui ci dobbiamo tutti far carico per combatterlo, discutendo insieme come lo si affronta; se poi si vuole invece affidarlo esclusivamente ai rapporti di forza o alla maggioranze e minoranze, mi pare molto limitativo. Io assumo questo rischio come un problema vero, al quale dare risposta. E siccome bisogna dare risposte oneste, indico tre percorsi sui quali questo rischio può essere affrontato insieme e, se è possibile, evitato.
Il primo, non c’è dubbio, la tipologia della proposta dei decreti-legge. Questo era il primo provvedimento del Governo, rispondeva ad una necessità di far fronte a molte domande, anche per i ritardi che la fase elettorale aveva comportato, a favore del rilancio dell'economia: e infatti il giudizio degli operatori economici è un giudizio sostanzialmente positivo; ma non faccio fatica ad ammettere, come è stato rilevato, che un decreto-legge che assommi tutte le materie possibili finisce per prestarsi ad una discussione parlamentare affaticata. Penso quindi che la prima considerazione da fare è chiedere a noi stessi, a partire ovviamente dal Governo, una produzione legislativa mirata, che consenta anche alle singole Commissioni di merito di poter essere protagoniste delle discussioni specifiche.
Faccio un esempio molto concreto: questo decreto-legge è stato affidato, comprensibilmente, alla I e alla V Commissione; ci sono però almeno sette o otto articoli che sono legati al problema della giustizia. Ammetto quindi questo punto di partenza, che ho giustificato e spiegato, essendo il primo provvedimento; ma siccome guardiamo oltre, penso che dovremo darci una «taratura».
Il secondo è un vecchio problema, che non è stato risolto e del quale si sente il peso: le eccessive differenze dei Regolamenti parlamentari tra Camera e Senato. So che questo è un tema molto caro ai deputati e ai senatori. Faccio solo due esempi specifici: il primo, le ammissibilità degli emendamenti.
Non pensiate che questo per il Governo non sia un problema: il fatto che ci siano due regimi di ammissibilità sugli emendamenti, molto rigido alla Camera e più disponibile al Senato, comporta anche per il Governo delle complicazione nella scelta della tipologia di risposte da dare e nella costruzione di un percorso itinerante.
Il secondo, altrettanto delicato, è la possibilità diversa tra Camera e Senato di introdurre in corso d'esame dei provvedimenti nuove materie, è evidente che se una Camera può introdurre nuove materie a tre quarti di un percorso, quando il provvedimento ritorna emergono delle complicazioni e anche delle valutazioni di quadro, quindi io auspico che il più presto possibile si affronti il tema dei Regolamenti parlamentari, come da tempo richiesto, e credo che questo sia un bene che riguarda non solo il Parlamento ma anche lo stesso Governo.
Il terzo, in questo clima di onesta chiarezza nel quale ci parliamo, riguarda non soltanto le differenze tra Camera e Senato ma anche il fatto che se l'autonomia delle singole Camere, che è un bene prezioso in questo regime parlamentare, addirittura supera le indicazioni politiche delle singole forze politiche di maggioranza o di opposizione, il problema va oltre l'autonomia delle singole Camere. Quello che è avvenuto in questo decreto ha dimostrato che il dibattito di merito è molto più complesso che non semplicemente la dialettica tra le due Istituzioni.
Credo che questi punti siano un terreno su cui conviene assolutamente approfondire e in questo senso io penso che sia opportuna l'osservazione che veniva fatta da alcuni colleghi, l'onorevole Castelli ed altri, sul fatto di approfondire insieme ulteriormente anche la questione generale – io le chiamo così – delle coperture con le quali si realizzano gli investimenti. Non nascondiamoci, è un po’ di tempo che giriamo tutti attorno alle stesse coperture e vediamo che invece c’è bisogno di una riflessione più approfondita.
Ho fatto questo intervento per mettere uno spirito collaborativo e raccogliere le osservazioni che vengono fatte in una chiave che renda più efficaci il lavoro del Parlamento ma anche il lavoro del Governo, il quale ha bisogno di avere di fronte a sé non solo un'interlocuzione politica di maggioranza, istituzionale molto certa, ma ha bisogno anche per se stesso di un sistema organizzativo che gli è consentito dal superamento di queste cose.
Con questo spirito io penso che si possa dare una conclusione a questa fase e il giudizio che ovviamente noi diamo sul decreto è un giudizio, come risultato, positivo, con tutte le fatiche che ci sono state in Parlamento, nei due rami, e ciò ha progressivamente migliorato il quadro di partenza dal quale noi ci eravamo mossi e credo che questo sia di buon auspicio per un miglioramento collettivo del lavoro comune.
PRESIDENTE. Prima di andare oltre, colleghi del MoVimento 5 Stelle, Vicepresidente Di Maio, mi dispiace ma è a me che tocca il piacevole compito di annunciare che è nata Miriam, la figlia di Massimiliano Bernini ; quindi, per la terza volta, in pochi giorni, ovviamente non possiamo che fare tanti auguri a tutti e anche alla mamma. Si è spaventato, onorevole Di Maio ?
Bene, dovremmo ora passare all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge, tuttavia, essendo scaduto alle 15,30 il termine per la presentazione degli emendamenti, occorre disporre di un tempo adeguato affinché sia predisposto il fascicolo degli emendamenti e affinché possa esprimersi il Comitato dei diciotto. A tal fine, sospendo l'esame del provvedimento fino alle 16,30; al momento prevediamo la ripresa dell'esame del provvedimento per quell'ora, se la Commissione ha terminato – perché deve fare il suo lavoro – riprendiamo alle 16,30, diversamente alle 16,30 comunicheremo se è necessario prevedere un'ulteriore sospensione. Quindi noi ci aggiorniamo con questo provvedimento alle 16.30.
Ne approfittiamo però, quindi non sospendo la seduta, perché ci sono alcune richieste di interventi sull'ordine dei lavori che, intanto, possono essere svolti mentre le Commissioni lavorano sul provvedimento.
LOREDANA LUPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LOREDANA LUPO. Signor Presidente, colleghi, intervengo sull'ordine dei lavori. Oggi si è verificato l'ennesimo, increscioso incidente nell'ambito degli sbarchi degli immigrati. Io capisco che, purtroppo, dopo tanti anni di osservazione di questo fenomeno, il nostro cuore sia un pochino, un pochino congelato da questo punto di vista, però vorrei dirvi che, dopo ore di intenso negoziato, il nostro Paese ha dato il via libera allo sbarco di uomini, donne e bambini, ai quali La Valletta, Malta, ha rifiutato l'ingresso per tre giorni – tre giorni ! – lasciandoli a 25 miglia dalla costa. Un bambino di sette anni è morto e un bambino di cinque mesi è arrivato quasi in fin di vita.
Al di là di quello che può essere il nostro colore politico, al di là di come possiamo pensarla sull'immigrazione, un fenomeno sicuramente difficile da gestire, determinati Paesi all'interno dell'Unione europea non si possono permettere di avere un atteggiamento di questo tipo.
Quindi, chiedo a questo Parlamento che, con tutta la sua forza, sia in grado di attuare un'iniziativa unitaria a livello del Parlamento europeo perché vengano ascoltate queste persone e perché una situazione del genere non si ripeta. Tre giorni sotto il sole, signori, a disidratarsi, a morire . Vi prego: dobbiamo fare qualcosa, facciamola insieme ! Malta non può continuare così: andiamo in delegazione, facciamo una mozione unitaria ora. Scegliamo quale può essere l'iniziativa migliore, ma il Governo si deve impegnare e ci deve aiutare. Facciamo sentire la nostra voce: vi prego !
PRESIDENTE. Onorevole Lupo, penso che la risposta dell'Aula sia anche una risposta alle sue considerazioni.
CATERINA PES. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CATERINA PES. Signor Presidente, mi rivolgo al Governo affinché si attivi in questi momenti drammatici per favorire alla mia regione, devastata dal fuoco, tutti i supporti di mezzi e di uomini necessari. In questi giorni, in queste ore, il fronte degli incendi ha raggiunto in Sardegna proporzioni grandissime. Ci sono quattro feriti, di cui uno molto grave. Si tratta di un allevatore di Ghilarza, che ieri sera è stato raggiunto dalle fiamme mentre tentava di portare in salvo il suo bestiame. La situazione più grave è a Laconi, dove in queste ore si stanno evacuando le abitazioni.
Ieri, è stato interrotto il traffico ferroviario con il nord Sardegna ed è rimasta chiusa per ore la principale arteria isolana, l'unica che abbiamo che collega Sassari con Cagliari. I roghi interessano numerosissime zone dell'isola: l'oristanese, la zona di Laconi, Ghilarza, il cagliaritano, Isili e Nurallao.
Già un mese e mezzo fa abbiamo presentato un'interrogazione per chiedere più mezzi aerei per la nostra regione che ogni anno fa i conti con questa piaga. Tre sono, senza dubbio, insufficienti per fronteggiare un attacco di simili dimensioni.
E, allora, ne approfitto per ringraziare con tutto il cuore le migliaia di persone che oggi stanno combattendo sul fronte delle fiamme: professionisti e volontari dei Vigili del fuoco, la Protezione civile, il Corpo forestale, l'Ente foreste, ma voglio anche ribellarmi – se me lo permettete – ad una parola che si sente ripetere continuamente in queste ore, ed è la parola «emergenza» perché – guardate – definire emergenza quella degli incendi, in gran parte di natura dolosa, in Italia ed in particolare in Sardegna, è un'ipocrisia che non si può più accettare.
La nostra storia da decenni ci ha dimostrato che la piaga degli incendi, in questo Paese e in questa regione, non è un'emergenza e, anzi, non è solo un'emergenza, non è un evento imprevedibile e straordinario, ma è una tragica normalità, assolutamente preventivabile. In Italia si contano, ogni anno, 300 milioni di danni causati dal fuoco. L'anno scorso piangemmo 5 morti e 15 feriti. Le autorità raccolsero ben 400 denunce. La media estiva fu di 1.000 roghi alla settimana, gli incendi in Italia aumentarono del 79 per cento rispetto al 2011 e del 140 per cento se ci riferiamo alla superficie interessata. Allora, io mi chiedo e vi chiedo: come si fa a parlare di emergenza ? Come si fa a parlare di emergenza per la Sardegna, dove nel 2012 sono bruciati 14 mila ettari e contati 2.426 incendi ? È vero che rispetto alla stagione precedente si registra una diminuzione dei roghi, ma è altrettanto vero che l'anno scorso vi furono ben 6 grandi incendi, quelli definiti tali perché superiori a 500 ettari.
Come si fa a parlare ancora di emergenza, quando la stagione delle fiamme è iniziata a giugno e da allora non si fanno che moltiplicare gli allarmi e le richieste di attenzione alle autorità centrali ? Come si fa, ancora, a parlare di emergenza, quando da anni si invoca la necessità di un numero adeguato di mezzi adatti a contrastare le fiamme e il risultato è che, rispetto all'anno scorso, la disponibilità dei di stanza in Gallura è scesa da tre a due, due dal 1o luglio scorso perché prima ce n'era solo uno.
Il fenomeno italiano, così antico e noto per la polizia forestale, definisce il profilo criminale del piromane come reazionario rurale, solitamente un pastore solitario ed ignorante che per rapidità ed economicità ricorre al fuoco per liberare pascoli e stanare selvaggina, provocando danni incalcolabili alle persone e all'ambiente. A questi si aggiungono il vandalismo e la criminalità rurale. Costa soltanto 50 euro l'ingaggio di un armato di accendino. Sappiamo tutto questo, ma l'attività di prevenzione dove è ? Ancora paralizzata dalla mancanza di risorse e dalla burocrazia. È tempo che si avvii immediatamente un indagine conoscitiva, questo chiediamo, un'indagine seria e che finalmente si appronti, una buona volta, un piano straordinario vero, perché anche l'anno prossimo non si torni qui di nuovo a parlare di emergenza, prendendo in giro migliaia di cittadini vittime non delle fiamme, ma della superficialità colpevole di chi li governa .
SALVATORE CICU. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SALVATORE CICU. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, si aggrava il bilancio degli incendi in Sardegna. Si aggrava con feriti e con un danno ambientale incalcolabile. Dal nord al sud al centro, da Sinnai a Laconi, da Laconi a Serrenti, Burgos, centinaia e centinaia di ettari che sono devastati, anche in queste ore, dall'incendio, senza che ci sia un fronte, che parta dalle istituzioni, che consenta di ottenere una minima tenuta.
Io credo che sia arrivato il momento di dire basta. Io credo che sia arrivato il momento che su questi temi lo Stato, il Governo e le istituzioni non possano esimersi e non devono sentirsi tutelati dal fatto che le risorse sono scarse. Ci sono delle priorità a cui non si può dire che le risorse sono scarse. Ci sono delle priorità che non tollerano ritardi. Noi non possiamo più pensare di aspettare dei che arrivano da Catania. Non possiamo più pensare che il danno ambientale prodotto non abbia la possibilità di essere limitato e fronteggiato immediatamente.
Noi crediamo che la storia raccontata dalla collega Pes sia condivisibile e crediamo che in tema di sicurezza ambientale e in tema di fronte rispetto agli incendi ci deve essere sicuramente un fronte comune, un fronte che va al di là dei partiti, che va al di là dei simboli, che va al di là delle bandiere.
Il nostro territorio è di tutti e noi abbiamo il dovere, con grande consapevolezza e responsabilità in questa Aula, di denunciare e richiamare l'attenzione del Dipartimento della Protezione civile, ma ancora di più del Governo, affinché in questi minuti ci sia una dedizione e un impegno che sia immediato. Non è possibile tollerare alcun ritardo e credo che sia importante superare il fatto che siano state presentate interrogazioni e interpellanze, anche da parte anche del mio gruppo, qualche mese fa, sperando che ci fosse un'attenzione e una dedizione diversa, sperando che si potesse pensare ad una prevenzione, sperando che si potesse pensare ad una attenzione che garantisse e tutelasse un territorio che dell'ambiente ha fatto una priorità e una centralità rispetto alla propria politica, quello della Sardegna.
Per cui il gruppo del PdL, ma i parlamentari sardi, in maniera particolare del gruppo del PdL, signor Presidente, chiedono che il Governo venga attivato e la Protezione civile venga attivata in queste ore perché il fronte contro gli incendi sia e diventi una cosa seria, con una dedizione di uomini e di risorse che non sia lesinata e che si copra rispetto ad una motivazione di mancanza di risorse.
PRESIDENTE. Colleghi, solo per informazione, e non per altro. Siccome sono tredici al momento i colleghi che vogliano intervenire, è evidente che, non appena le Commissioni sono pronte sul provvedimento per entrare in Aula, noi sospendiamo – dove siamo arrivati, – gli interventi sull'ordine dei lavori e riprendiamo l'esame del provvedimento, perché ho la sensazione che arriverà prima il provvedimento di quando noi termineremo questi numerosi interventi. Però, proseguiamo volentieri e diamo la parola all'onorevole Mirko Busto.
MIRKO BUSTO. Signor Presidente, io sono abbastanza infastidito dai discorsi che sento in quest'Aula proprio ora, rispetto agli incendi in Sardegna. Io non sono sardo, mia mamma lo è, sono cresciuto in Sardegna e vi ho passato molto tempo. Ho visto spesso gli incendi davanti e li ho visti tutte le estati, li ho visti tantissime volte. Quello che mi dà proprio fastidio è guardare i dati e vedere che l'anno scorso gli incendi sono saliti del 98 per cento. Sappiamo tutti, sappiamo tutti gli anni che questo è il periodo critico, e tutti gli anni si ripete. Sentiamo dire adesso: dobbiamo stare attenti, dovevamo stare attenti, portiamo più ... lo sappiamo benissimo, però i tagli ci sono stati. Gli aerei sono rotti, i soldi sono stati spesi per comprare altre cose. Allora, diciamolo, diciamolo pure all'onorevole Boccia: perché non sono arrivati gli a spegnere gli incendi ?
NICOLA BIANCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICOLA BIANCHI. Signor Presidente, gentili colleghi, bastano poche giornate calde e ventose, e la Sardegna si trasforma in un inferno. Quelle che stiamo vivendo ora sono giornate drammatiche sul fronte degli incendi. Fiamme in tutta l'isola alimentate da un forte vento di scirocco. Il risultato: migliaia di ettari di macchia mediterranea inceneriti, decine di case evacuate, feriti, come l'allevatore di Ghilarza rimasto gravemente ustionato e tantissimi animali arsi vivi. Le fiamme hanno distrutto centinaia di ettari nelle campagne di Nurallao, Ghilarza, Abbasanta e anche a Sassari hanno lambito alcune abitazioni, fiamme anche a Isili, Pattada, Burgos e danni ingentissimi anche a Laconi.
Come ogni anno, assistiamo allo stesso vergognoso e violento film. Il lavoro ininterrotto della Protezione civile, dei Vigili del fuoco, del Corpo forestale e dei volontari non è sufficiente a placare la furia devastante del fuoco. Per una superficie di 24.090 chilometri quadrati sono disponibili soltanto tre . Si è risparmiato, mentre non lo si è fatto di certo per gli per gli aerei da guerra non si bada mai a spese. In Sardegna, ed in molte altre regioni d'Italia, durante l'estate si combatte una guerra, sì quella la si può chiamare guerra, contro la devastazione dei boschi, dei campi e contro la distruzione del lavoro di tantissime persone.
E i sono aerei di pace, quelli sì che lo sono veramente ! Ma in Sardegna ve ne sono soltanto tre disponibili, evidentemente insufficienti a garantire un pronto controllo sulle fiamme che, per l'ennesima volta, stanno distruggendo tutto.
Leggo dai quotidiani locali che sarebbero stati allertati, addirittura, i francesi, vista l'insufficienza delle risorse aeree a disposizione della regione. Ma l'Italia dov’è ? Dov’è in questo momento ? Dov’è il Governo ?
PRESIDENTE. Il Governo è presente ai banchi del Governo.
NICOLA BIANCHI. Come sempre, interverrà domani, a danni fatti ? Interverrà dicendo che non è tollerabile una situazione come quella che si sta verificando in queste ore in Sardegna ? Interverrà dicendo che i piromani andranno puniti senza se e senza ma ?
Giustificate ora la spesa degli giustificate ora i tagli dei ! La Sardegna brucia per l'ennesima volta, e per l'ennesima volta è dimostrata l'assenza del Governo !
PRESIDENTE. Onorevole Bianchi, le devo chiedere scusa. Io pensavo che lei si stesse lamentando che non vi fosse nessuno ai banchi del Governo. Per questo le ho detto che il Governo era presente. Le assicuro che è così !
MICHELE PIRAS. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELE PIRAS. Signor Presidente, onorevoli colleghi, approfitto anche della presenza del Governo: credo che la domanda corretta per ciò che accade in Sardegna in queste ore, per ciò che si è ripetuto, quando si ripete ogni anno, sia: dov’è lo Stato ? Lo Stato nella mia terra non vi è più, lo Stato ha battuto in ritirata.
Sono passati esattamente trenta anni dal 28 luglio del 1983, dalla strage di Curraggia, a Tempio Pausania, che causò 9 morti e 15 feriti, e nella mia terra non è cambiato nulla ! Onorevole Cicu, la lotta agli incendi non ha bandiere; certamente, non ha la bandiera della perché il taglio della flotta dei in questo Paese si è prodotto con un provvedimento preso dal Governo Monti. Io non sostenevo il Governo Monti, lo sostenevano altri ! Infatti, due in una terra come la Sardegna, con le distanze che vi sono in Sardegna, con i territori abbandonati ed incolti che vi sono in Sardegna, con gli interessi speculativi ed edilizi che vi sono in Sardegna, due sono un'offesa, due sono la ritirata dello Stato. Due su diciannove ! Noi, in questo Paese, quando ogni anno brucia la Sardegna, brucia la Calabria, brucia la Sicilia, brucia la Campania, abbiamo 19 e 90 90 ! Ne basterebbe uno di per acquistarne altri sei di : una miseria per la lotta agli incendi, un investimento enorme per le politiche della guerra !
Dov’è lo Stato ? Dov’è lo Stato, se muoiono le persone, se migliaia e migliaia di ettari vanno in fumo, se la dorsale principale di una terra che non ha autostrade è bloccata per ore, se la ferrovia è bloccata per ore, se bruciano le città, se il fuoco arriva nelle città, se vengono evacuati paesi ? «Dov’è lo Stato ?» è la domanda corretta.
Neanche un mese fa io portai in quest'Aula un'interrogazione e mi reputai anche soddisfatto della risposta del Governo, che mi disse: «cercheremo più fondi per la lotta agli incendi in Sardegna e in tutto il resto del Paese». Stiamo ancora aspettando ! È successo quello che doveva accadere: è salita la temperatura, si è levato un po’ di vento e ci siamo ritrovati come a Curraggia nel 1983, a mani nude a combattere gli incendi.
E quale sarebbe stata la sorte della mia terra, se ieri gli incendi non fossero stati solamente in Sardegna, se ieri si fosse sviluppato anche un solo rogo in Calabria, in Campania, in Sicilia ? Quei che ci hanno prestato, stazionati in altre regioni, non sarebbero potuti intervenire in Sardegna. Quale sarebbe stato il destino della mia terra ? Dov’è lo Stato ?
FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Signor Presidente, oggi, 8 agosto, ricorre la Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, istituita per ricordare il sacrificio dei connazionali lavoratori all'estero e favorire l'informazione e la valorizzazione del contributo sociale, culturale ed economico recato con il proprio impegno, dai lavoratori italiani nel mondo. Nel rappresentare l'elevato valore morale e civile della ricorrenza, chiedo che si osservi un minuto di silenzio e raccoglimento in memoria delle vittime di Marcinelle. Grazie .
PRESIDENTE. La ringrazio. Consideriamo il suo intervento, ovviamente, come un contributo, oggi, in questa giornata, però il minuto di silenzio ha un'altra caratteristica rispetto ai lavori della Camera. La ringrazio, onorevole.
GIANNI FARINA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNI FARINA. Signor Presidente, sì, la celebriamo oggi, giovedì 8 agosto, la Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. Migliaia, come ogni anno, sono a Marcinelle insieme al Presidente della Camera Laura Boldrini La vorrei ringraziare per la sensibilità con cui sta onorando l'alto scranno del Parlamento repubblicano, andando sul luogo ove è stata scritta la pagina più dolorosa del lavoro italiano nella terra dei belgi e dei valloni. Sì, a Marcinelle, a ricordare i caduti del 1956 al Bois du Cazier, a rinnovare, 57 anni dopo, l'affetto e la riconoscenza, a rinsaldare la memoria su una tra le più drammatiche vicende dell'emigrazione italiana nel mondo. Marcinelle ci indica il cammino, partendo da quel fatale rintocco della campanella che annunciò il sacrificio dei vinti.
L'immigrazione esiste dagli albori dell'umanità. Siamo i popoli della terra ed è nella nostra natura scoprirla, conoscerla, arrestarsi là, ove pensiamo di aver trovato un approdo sicuro per dare risposte ad una speranza. Come per tanti popoli, i figli della terra italiana sono partiti non tanto per scoprire il mondo, per arricchirsi, ma per carpire la speranza di un avvenire più giusto e più umano. È storia italiana, di una patria antica che cercava la via maestra dell'unità dei suoi popoli. Ed è la sua storia moderna, in quel dopoguerra, in cui l'Italia, riscattato il tricolore dalla vergogna totalitaria, cercava la via del riscatto nel contesto dei popoli e delle nazioni. È fissato nella nostra memoria l'esodo di massa, la diaspora di un popolo in viaggio sui mari e dentro quei treni affollati da una umanità disperata e sconfitta, oltre le Alpi verso una meta, per arrestarsi nella confederazione degli Elvezi, i soli miracolati dalla tragedia della guerra, nella terra dei Germani e dei Galli, o più su, in Vallonia, a scavare il nel profondo della terra per qualche chilo di carbone, la linfa vitale alla ricostruzione della nazione. Un lavoro massacrante, inumano, in cui il diritto era racchiuso in una sola speranza: poter ogni giorno risalire, cercando tra il grigiore del nord un debole raggio di sole che lo riallacciasse per un attimo alla sua terra, ove era solito salire sulla vetta della montagna d'Abruzzo, per scrutare all'orizzonte i due mari.
Raccontava un sopravvissuto alla morte nel fondo del pozzo infernale, un vecchio, di aver vissuto da allora, dal 1956, con un senso di colpa verso i 262 minatori di ogni credo e nazionalità periti laggiù, tra i quali 136 italiani, ventidue dei quali di Manoppello, un povero villaggio abruzzese, il villaggio che pagò il sacrificio più grande. E nessuno ha mai raccontato la sorte dei cavalli portati nel fondo del pozzo a trainare il grisù per non più risalire.
Eravamo isolati, offesi, umiliati nella nostra dignità: braccia di lavoro e nulla più, come affermò il grande intellettuale svizzero Max Frisch. Da quella tragedia qualcosa migliorò, maggiore attenzione alla sicurezza, turni meno massacranti di lavoro, migliore protezione contro la polvere sottile che accerchiava i polmoni in un abbraccio mortale, e la diaspora italiana iniziò, da allora, il lungo cammino sulla strada della convivenza e della solidarietà tra i diversi.
PRESIDENTE. Onorevole Farina, concluda.
GIANNI FARINA. Concludo, Presidente, chiedendo che il testo integrale del mio intervento sia pubblicato in calce al resoconto, visto il poco tempo a disposizione.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
GIANNI FARINA. Vorrei terminare solo con alcune frasi. II Mahatma Gandhi, l'apostolo della non violenza, affermava che la «regola d'oro della condotta di ognuno è la tolleranza reciproca», ci permette di vedere l'insieme della verità e ci fa tutti più ricchi e umani. Il sindaco di La Louvière mi disse: senza di voi non resterebbe che la pioggia. Noi siamo rimasti per rendere onore alle vittime di Marcinelle e perché il loro sacrificio non sia stato vano .
MARIA EDERA SPADONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, anch'io volevo ricordare Marcinelle. È già stato detto molto, io vorrei ricordare soltanto i numeri della tragedia: 262 minatori su 274 presenti, 136 italiani, 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 5 francesi, 3 ungheresi, 1 inglese, 1 olandese, 1 russo e 1 ucraino.
Vorrei anche ricordare le condizioni lavorative di questi minatori, che da Bruxelles venivano direttamente smistati nelle varie miniere e poi venivano portati nelle cantine, negli hangar, con condizioni assolutamente degradanti. Vorrei anche ricordare che molto spesso nelle case vicino alle miniere c'erano anche dei cartelli in cui si diceva «né animali, né stranieri», questo perché l'integrazione non era considerata in quegli anni. Ricordo anche che tra il 1946 e il 1955 ci sono stati 500 operai italiani che hanno trovato la morte nelle miniere belghe, quindi la tragedia non si è consumata solo in questa data, ma purtroppo anche nel corso degli anni.
Spero vivamente che quest'oggi, per chi sta ascoltando, si possa fare una riflessione sul tema delle morti bianche, sulle persone che muoiono lavorando, e che si possa fare una riflessione, ripeto per quelli che stanno ascoltando, anche sul concetto di integrazione che dovrebbe essere veramente riconsiderato anche ai giorni nostri .
SOFIA AMODDIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SOFIA AMODDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, domenica 4 agosto il cargo liberiano «Salamis» accoglie a bordo 102 migranti, tra cui eritrei, sudanesi e ciadiani, finiti alla deriva di un vecchio barcone al largo delle coste libiche. Il comandante del cargo fa rotta verso Malta per sbarcare i migranti ma Malta rifiuta lo sbarco. Tra questi quattro donne incinta e un bambino, Sam, di cinque mesi.
Le autorità dell'isola negano l'attracco e chiedono al comandante di tornare indietro e di fare rotta verso la Libia. È così cominciato l'odissea di 102 migranti che per tre giorni sono rimasti a bordo del cargo liberiano e che si è risolta solo nella notte tra martedì 7 agosto e ieri, 8 agosto, grazie all'intervento del Presidente Letta che ha autorizzato lo sbarco nel porto della mia città Siracusa.
Grazie all'intervento del l'Italia riesce a bloccare il braccio di ferro tra l'Unione europea e Malta e incassa gli attestati di stima di Bruxelles, dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Con mio grande stupore registro ancora una volta le critiche da parte della Lega Nord. Io mi trovo per la prima volta in questa grande istituzione e luogo di democrazia, dove sono stati presenti e uomini e donne – e lo sono ancora presenti – di grande spessore culturale, politico ed umano, e le espressioni che leggo sui giornali dimostrano una totale mancanza di sensibilità, espressione di un gruppo politico che si esprime anche con i continui attacchi al Ministro Kyenge, della quale io, come donna e come parlamentare, sono fiera che ci rappresenti. Sono fiera per le sue composte e sagge risposte, che non sono mai di reazione alle offese ricevute.
Cosa intende fare il Governo italiano per gestire la situazione degli sbarchi ? La Sicilia per la posizione geografica è la meta di tantissimi viaggi della speranza. Basti pensare che dall'inizio dell'anno ben 45 sbarchi sono avvenuti nella provincia sola di Siracusa. Personalmente ho presentato un'interrogazione parlamentare – sulla quale attendo risposta – sull'immigrazione a Siracusa. La situazione a Siracusa è diventata gravissima, i centri di accoglienza sono saturi, le condizioni igienico-sanitarie non garantiscono standard di un Paese civile. L'organizzazione Emergency ha stipulato un accordo, un protocollo con la prefettura, con il comune e con l'azienda sanitaria al fine di garantire nell'emergenza l'assistenza ai migranti.
Trattare le persone con umanità distingue la barbarie dalla civiltà. Secoli di sacrifici, costati moltissimo in termini di sforzi intellettuali culturali e di vite umane, hanno fatto sì che potessimo vivere in maniera civile, adulta e pacifica, altrimenti risolveremmo ancora le questioni a colpi di clava. Quindi, trattare le persone con umanità significa mettersi dal loro punto di vista per trovare una sintesi dignitosa. Allora, spetta alla politica seria e matura affrontare con saggezza questo problema trovando la soluzione.
Sto chiudendo, Presidente. Le istituzioni in questa occasione hanno dimostrato una grande dignità e intelligenza, che comprende e accoglie, ma occorre fare molto, ma molto di più. Io ritengo che questo Governo, anche durante il suo futuro semestre in Europa, possa attuare un piano per risolvere questo grande ed emergente problema. C’è bisogno di operare una pianificazione e un intervento più idoneo. Siracusa, Lampedusa e la Sicilia intera invocano questo intervento immediato.
STEFANO VIGNAROLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANO VIGNAROLI. Signor Presidente, il 29 giugno scorso il Presidente russo Putin ha firmato la legge contro la propaganda omosessuale, che colpisce la diffusione di qualsiasi tipo di informazione sulla sessualità non tradizionale con pesanti multe. Questa norma prevede anche l'arresto fino a 15 giorni, multe ed espulsioni per i cittadini stranieri che violino la norma e mette potenzialmente a rischio i visitatori stranieri, gli atleti e gli spettatori che volessero seguire le grandi manifestazioni sportive, come i mondiali di atletica al via sabato o le prossime Olimpiadi invernali del 2014.
L'atteggiamento e le intenzioni delle autorità russe sono apparse chiare già in occasione dell'approvazione della legge da parte della Duma, lo scorso 11 giugno, quando una ventina di attivisti che manifestavano in uno sparuto drappello contro l'approvazione della legge sono stati aggrediti da estremisti ortodossi e di destra senza essere difesi dalle forze dell'ordine e sono stati, quindi, arrestati lasciando indisturbati, invece, gli aggressori.
La legge è stata fortemente voluta dal presidente Putin e dalla chiesa ortodossa per impedire qualsiasi manifestazione in favore dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e trans, rendendole ancora più facili prede dei feroci gruppi neonazisti e integralisti che si esercitano in una tragica e sadica caccia persecutoria, in particolare nei confronti degli adolescenti gay. Questi sono spesso attratti in vere e proprie trappole o agguati, torturati, seviziati in ogni modo, ricattati con video umilianti e persino uccisi nella più completa impunità.
L'arroganza di questi gruppi giunge al punto di postare cruenti video in cui, completamente a volto scoperto perché sicuri di restare impuniti, mostrano la loro vittime come trofei. Proprio in questi giorni è giunta la notizia della tragica morte di un giovane gay la cui immagine sanguinante tra le mani dei suoi aguzzini ha fatto il giro del mondo diventando il tragico simbolo di quanto sta accadendo in Russia. Il ragazzo non è sopravvissuto alle torture ed è morto dopo un'agonia. Una pesantissima violazione dei diritti umani che si va ad aggiungere alla legge che già dallo scorso anno impediva di operare in libertà alle ONG che ricevono aiuti finanziari dall'estero. Nelle scorse settimane si sono attivati in Italia e nel mondo diverse iniziative di sensibilizzazione ad opera soprattutto delle associazioni LGBT e di difesa dei diritti umani. Alcune associazioni LGBT italiane hanno avviato anche la campagna SOS Russia per raccogliere dei fondi in supporto di organizzazioni russe per la difesa dei diritti LGBT che sono state colpite da queste norme liberticide con pesanti multe. Il tutto senza scalfire l'opinione pubblica del nostro Paese e senza provocare la giusta reazione dei Governi, del Governo italiano e dell'Unione europea. Lo scorso martedì i Ministri degli esteri e della difesa italiana e russi si sono incontrati a Roma. Non si ha notizia se, nonostante le sollecitazioni di alcune organizzazioni per la difesa dei diritti, la questione del rispetto dei diritti umani in Russia, della sicurezza delle persone LGBT e della legge sulla propaganda omosessuale sia stata sollevata. Riteniamo che il Parlamento e il Governo italiano debbano intervenire al più presto a tutti i livelli per garantire il rispetto dei diritti umani in un Paese come la Russia, con cui le relazioni economiche e diplomatiche sono così strette. Intendiamo sottolineare, inoltre, il dovere di garantire la massima sicurezza e di tutela dei diritti per le atlete e gli atleti e tutti gli spettatori del nostro Paese che saranno presenti in Russia per i mondiali di atletica e alle Olimpiadi invernali
ALBERTO ZOLEZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, negli ultimi giorni si sono verificati, a distanza di poche ore, due incidenti in altrettante centrali a biogas e biomasse, uno a Sciaves in provincia di Bolzano, un grave incendio con l'intervento di più di sessanta vigili del fuoco, un incendio abbastanza vicino alle abitazioni; l'altro nella zona di Civitanova Marche dove c’è stato uno sversamento dei reflui della centrale del digestato in mare e, addirittura, è stato dichiarato il divieto di balneazione con gravi danni nella stagione turistica.
Nel caso della provincia di Bolzano è legge che questo tipo di centrali non abbiano neppure la guardia notturna, quindi sono incidenti abbastanza pericolosi. Nel caso del digestato si nota anche qui che la legislazione è ancora carente in questo senso. Auspichiamo che sia calendarizzata a breve la nostra mozione n. 1-00096 che vuole in qualche modo regolamentare l'autorizzazione di questi impianti che sono assolutamente lobbistici: circa 10 miliardi di euro all'anno vengono spesi in Italia per gli impianti e per pagare la scarsissima energia prodotta. Vogliamo regolamentare la potenza degli impianti da autorizzare, la filiera di approvvigionamento e la vicinanza alle abitazioni di questi impianti che non solo né biologici né tanto meno sicuri.
FEDERICA DAGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDERICA DAGA. Signor Presidente, vorrei sollecitare la risposta a un'interrogazione scritta da parte del Ministero dello sviluppo economico, la n. 4-01028 depositata lo scorso 26 giugno. Tale interrogazione riguarda il caso della possibile costruzione di un inceneritore nella zona dei Castelli Romani, ad Albano, da parte del Co.E.Ma. In particolare si chiede al Ministero dello sviluppo economico come intenda dar seguito ad una lettera ricevuta dal GSE in data 19 aprile 2013 sulla proroga richiesta dallo stesso Co.E.Ma per ottenere fondi pubblici chiamati CIP6. Presidente, io sono sarda, sono figlia di un'emigrazione che non ha mai fine.
Vorrei leggere le parole di un sindaco dell'alto oristanese. Dice: «Ci hanno mandato un canadair, ma si è guastato quasi subito. Il secondo è arrivato poco prima delle 20 ed è dovuto tornare alla base perché stava già calando il buio. È impossibile vincere la guerra contro gli incendi avendo a disposizione solo due aerei in una giornata come questa». In quella giornata c'erano qualcosa come 42 gradi di temperatura.
Credo che lo Stato abbia il dovere di difendere il territorio dagli incendi, non dagli attacchi dei saraceni. Quindi, per favore, finiamola di giocare alla guerra stile risiko comprando F35 e investiamo fondi pubblici facendo spese di buonsenso a difesa di un territorio, il nostro, quello mediterraneo, che rischiamo di perdere per negligenza o disattenzione .
PRESIDENTE. Onorevole Daga, mi dispiace, se lei mi avesse detto che era sul tema della Sardegna, l'avrei inserita negli interventi di prima. Non avevo capito che era su questo.
CARLO SARRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLO SARRO. Signor Presidente, per richiamare l'attenzione del Governo e dell'Aula a nome mio personale, ma anche della delegazione campana del PdL, in particolare dei colleghi Luigi Cesaro, Paolo Russo, Pina Castiello e Raffaele Calabrò, su una vicenda paradossale che sta investendo uno dei pochi settori ancora attivi dell'economia campana, quello del turismo, e, in particolar modo, quello degli operatori del settore balneare, vittime di una vicenda che è tra il paradossale e al tempo stesso il drammatico. Parlo del tema del rinnovo delle concessioni demaniali e degli interventi che sono stati posti in essere dalla magistratura partendo dal decreto-legge n. 400 del 1993 che prevedeva che le concessioni avessero una durata di sei anni con una possibilità di rinnovo automatico alla scadenza.
In seguito all'entrata in vigore della direttiva Bolkestein sulla regolamentazione dei servizi, è stato emanato l'altro provvedimento, il decreto-legge n. 194 del 2009, che manteneva comunque una posizione di salvaguardia per questi operatori, concedendo una proroga automatica fino al 2015, successivamente rinnovata al 2020. Sulla scorta di questi dati, gli operatori del settore hanno effettuato una serie di importanti investimenti e hanno ovviamente assunto delle significative ed impegnative esposizioni finanziarie, soprattutto in un momento di crisi quale quello che stiamo attraversando. Il 9 agosto, a stagione balneare avviata e quando i flussi turistici e, soprattutto, i contratti di prenotazione sono stati perfezionati e anche il personale assunto, un intervento della magistratura ha disposto il sequestro di questi stabilimenti e dei relativi impianti, assumendo come interpretazione della norma intervenuta successivamente, una portata retroattiva dell'effetto modificativo e, conseguentemente, disconoscendo agli atti amministrativi in base ai quali erano state disposte le proroghe, validità ed efficacia e qualificando questi operatori come abusivi.
Si tratta di una vicenda davvero paradossale, una sorta di gioco dell'oca che ha portato questi operatori addirittura a trovarsi in una situazione di responsabilità penale, almeno contestata allo stato, con un'esposizione dal punto di vista economico e finanziario significativa. Vi è, quindi, la necessità e l'esigenza a questo punto – proprio per smontare questa soluzione ermeneutica che addirittura spinge a dieci anni indietro la portata di una norma modificativa che fa saltare anche la validità di atti amministrativi con i quali, nel corso di questo decennio, sono state confermate le concessioni, e dagli operatori, naturalmente, sono stati versati i relativi canoni – che da parte del Governo ci sia un intervento quanto più tempestivo possibile dal punto di vista interpretativo, fermo restando che, come parlamentari e in quanto titolari dell'iniziativa legislativa, noi ci faremo carico di proporre anche un disegno di legge di interpretazione autentica per dissipare definitivamente ogni dubbio e ogni incertezza.
Sta di fatto che noi sentiamo il dovere in questo momento di esprimere ai lavoratori del settore e alle loro famiglie, che improvvisamente si sono trovati privi del lavoro e dell'occupazione, la nostra piena, convinta e mi auguro operativa solidarietà .
EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, vorrei dire alla collega del MoVimento 5 Stelle che, all'inizio di questi interventi sull'ordine dei lavori, ha citato l'ennesimo, terribile, io vorrei chiamarlo, omicidio di questa notte di un bambino e di un adulto su una barca della salvezza, tenuta ferma per oltre due giorni al largo di Malta, che condivido tutte le sue parole, che condividiamo tutte le sue parole.
In quel mare, come ha ricordato pochi giorni fa il Pontefice, giacciono migliaia di morti senza bara e senza nome, e nessuno sembra essere in grado, in questo mondo, in questa Europa, di interrompere questa carneficina. E quando la morte coglie un bambino, e la notizia diviene così ancora più drammatica per ognuno di noi, io penso – perlomeno questo è il mio sentimento – che si faccia più acuto in noi il senso di colpa per quello che non abbiamo fatto; lo dico personalmente, per me personalmente.
Conosco una sola medicina, totalmente insufficiente, e per questo la ringrazio delle sue parole, per avermi preceduto, collega, mi scuso di non ricordare il suo nome; conosco una sola medicina, quando, invece, le vie della politica, dell'Europa, dell'Italia, delle istituzioni, delle nazioni, sembrano non essere in grado di porre una fine a questa carneficina. Perlomeno, bisogna combattere l'indifferenza, come lei ha fatto qui oggi e come io anche cerco di fare.
Per questo, questa mattina, quando ho appreso quella notizia, come spesso faccio, ho parlato, perché perlomeno serve – così come molto, molto, molto più autorevolmente di noi ha fatto il Sommo Pontefice – che le nostre voci non tacciano di fronte a delle morti così terribili, a delle morti di persone senza volto e senza nome, a queste migliaia di morti, la cui unica colpa era quella di scappare dalla povertà, dal dramma, dalla tragedia e di cercare rifugio nel continente più ricco. Perlomeno, come lei ha fatto oggi – e mi unisco al suo appello –, non stiamo zitti; forse, insieme, come lei ha chiesto – e io sono disponibile –, forse insieme, se faremo sempre sentire le nostre voci di fronte a questi morti senza nome nel Mediterraneo, forse, qualcosa potremo cambiare. La ringrazio e vi ringrazio
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fiano.
Vorrei rivolgermi agli onorevoli Boccuzzi, Di Gioia, Cera e Argentin: le Commissioni hanno terminato, se ce la facciamo a stare in un minuto, concludiamo e diamo la parola ai relatori e passiamo alla fase successiva, altrimenti, mettiamo in coda, come avevo già annunciato all'inizio della seduta, questi ultimi quattro interventi. Quindi, ditemi voi, se siete in grado di stare in un minuto, andiamo avanti, altrimenti, li mettiamo in coda.
Onorevole Boccuzzi ? Va bene adesso ? Però, ha un minuto. Prego.
ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, io volevo condividere con voi, brevemente, una lettera aperta di una mamma che ha perso il proprio ragazzo sul lavoro, una lettera scritta al sindaco di Monte San Giusto, in provincia di Macerata: «Egregio signor sindaco, sono Graziella Marota di Porto Sant'Elpidio e sono la mamma di Andrea Gagliardoni, morto a soli 23 anni con il cranio schiacciato da una macchina tampografica nella ditta Asoplast di Ortezzano. Mi rivolgo a lei perché ho visto una foto scattata qualche giorno fa nel nostro paese, che mi ha indignata, addolorata e mi ha fatto comprendere che il rispetto per i caduti sul lavoro non esiste. Credo fermamente che quel cartello poteva apposto in qualsiasi altro luogo, ma non lì dov’è stato affisso (...)».
C’è una foto con una lapide dedicata a tutti i caduti sul lavoro, e sotto un cartello attaccato, che dice: «Pesce, panini, piadine e patatine fritte». Questo non credo che sia rispetto, credo che sia una questione gravissima nei confronti di chi ha commesso un solo peccato: essere nato con l'esigenza di lavorare e, peggio ancora, aver perso la vita lavorando .
PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia ?
LELLO DI GIOIA. Interverrò dopo, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene.
Onorevole Cera, mi dica anche lei se ce la fa in un minuto. Prego.
ANGELO CERA. Signor Presidente, solidarietà assoluta alla Sardegna, ma il problema degli incendi è un problema che riguarda tutta l'Italia. Non dobbiamo dimenticare ciò che avvenne sul Gargano sette o otto anni fa quando l'intero Gargano, l'intero promontorio, venne incendiato. Lo scirocco da quelle parti si chiama «carabina» e, quando arriva la «carabina», di questo periodo, la gente trema. La verità è che il problema dei Canadair è un problema che riguarda tutte le regioni d'Italia e solitamente gli incendi, quando arrivano, non arrivano solo in una regione; contestualmente in questo periodo arrivano quasi in tutte le regioni. Come solitamente avviene, il delinquente, mi riferisco all'episodio del Gargano, quando appiccò gli incendi, lo fece in dieci zone diverse, per cui l'intervento umano, anche con il Canadair e anche l'intervento più preciso, arriva solo in due o tre zone, e nel frattempo gli altri incendi fanno il danno.
PRESIDENTE. Onorevole Cera, concluda.
ANGELO CERA. Ho finito Presidente.
Nel caso di Peschici morirono quattro persone.
PRESIDENTE. I restanti interventi saranno svolti, dopo la conclusione dell'esame del provvedimento.
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione approvato dalla Camera nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato .
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato .
Avverto che non sono pubblicati nel fascicolo, a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, gli emendamenti presentati direttamente in Assemblea non riferiti a parti modificate dal Senato.
Ha chiesto di intervenire sul complesso degli emendamenti l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, questo provvedimento torna a noi dal Senato e, benché io sia un sostenitore direi entusiasta di questo Governo, tuttavia, devo dire che sarebbe una menzogna dire che torna migliorato. L'impressione che dà è che, piuttosto, alcune difficoltà già presenti, difficoltà di dispersione, difficoltà di costruire un'architettura, siano piuttosto aggravate da quello che è avvenuto al Senato, che non diminuite.
Tuttavia è un provvedimento che va approvato, va approvato perché sta dentro una strategia che complessivamente è una strategia positiva per il Paese. Considerando anche gli emendamenti, vorrei rispondere ad alcune critiche che ho sentito e che mi sembrano, francamente, ingenerose o, qualche volta, forse, motivate dalla volontà di non capire. Questo provvedimento è un esempio del modo in cui si fa politica, e politica economica, all'interno di costrizioni di sistema le quali sono inevitabili ed imprescindibili. Noi possiamo condurre una politica economica dell'immaginario, immaginando che il mondo sia diverso da quello che è, oppure possiamo fare i conti con la realtà. Il primo pregio di questo provvedimento è che è un provvedimento che sta all'interno della realtà. Anche il non fare alcune cose è segno di coraggio. Il non fare quello che non si è in grado di fare, il non entrare dentro un processo che riapre il cammino della spesa pubblica facendoci perdere i vantaggi acquisiti con i durissimi sacrifici che ha fatto il popolo italiano, il coraggio di dire di no a misure demagogiche, in questo momento è forse la virtù di cui più c’è bisogno in politica. Questo ha una dimensione economica, una dimensione politica ed anche una dimensione etica, lasciatemi dire: anche una dimensione etica. Dobbiamo tornare all'idea che il progresso, la crescita economica sono il risultato del lavoro. Non esistono bacchette magiche le quali consentano di saltare la fatica, la fatica del lavoro, la fatica dell'impresa; avere idee innovative, su queste idee innovative rischiare dei denari, avere dei risparmi che si mobilitano attraverso la scelta di un investimento, produrre qualcosa che il mercato compra e che il mercato compra ad un prezzo che è superiore al costo dei fattori di produzione.
Questo è il nodo fondamentale dal quale dipende la ripresa. Oggi c’è un accenno di ripresa in questo Paese, un accenno che io non voglio enfatizzare, ma che sarebbe del tutto sbagliato sottovalutare. Vorrei ricordare, tra l'altro, che ieri, uno dei due più importanti giornali tedeschi, ha dedicato all'Italia un grande servizio positivo, per la prima volta dopo anni, forse decenni, in cui dice che l'Italia, se posso tradurre in dialetto romanesco, «ha svortato» (mi perdoni l'onorevole e amico Bossi). L'Italia ha superato il punto più basso della china ed è in ripresa. Se oggi noi possiamo leggere titoli così, e sentiamo anche un'atmosfera attorno a noi cautamente positiva, è perché a suo tempo abbiamo preso misure coraggiose e difficili, che molti in quest'Aula hanno votato e delle quali poi molti hanno negato la propria paternità, hanno cercato di defilarsi, perché erano misure impopolari. Noi abbiamo bisogno di Governi che abbiano il coraggio dell'impopolarità, quando l'impopolarità serve al bene del Paese. Questo Governo ha il coraggio dell'impopolarità.
Vorrei dire a qualche amico di SEL, che le costrizioni dentro le quali ci troviamo – e vorrei dirlo anche a qualche amico del PD, magari qualche amico che ha posizioni di alta responsabilità nel PD – non sono costrizioni dell'Europa. La disciplina di bilancio non è un'invenzione dell'Europa. L'Europa ci ricorda semplicemente che i debiti si pagano, che non si può vivere a credito e che la base prima di uno sviluppo vero sono una moneta solida e dei bilanci in ordine. Se non ce lo ricordasse l'Europa ce lo dovremmo ricordare da soli.
E anche il rifiuto di risolvere i problemi stampando moneta, non è una costrizione che ci viene imposta dall'Europa, o almeno non è solo una costrizione dell'Europa. Voglio ricordare, agli amici del PD soprattutto, che la decisione di separare il Ministero del tesoro dalla Banca d'Italia, la decisione di costringere lo Stato a cercare credito sul mercato senza contare sul fatto che automaticamente qualcuno comprasse i suoi titoli di debito pubblico, cioè senza stampare moneta, l'ha presa Nino Andreatta, che è un uomo che, si io fossi del PD, mi vanterei di poter contare, in un modo o nell'altro, magari non al 100 per cento, fra quelli che hanno generato il progetto politico del PD, perché è una scelta di onestà verso i risparmiatori e verso i lavoratori. È la scelta di un'economia fondata sulla verità e non sulla manipolazione, cioè sull'imbroglio sistematico. L'Europa ha fatto una scelta analoga: non si esce dalle difficoltà stampando moneta, creando inflazione e poi ridistribuendola fra tutti gli Stati membri.
Qualcuno dice: ma perché la Banca centrale europea non fa come la Federal Reserve ? Perché negli Stati Uniti ci sono gli Stati Uniti d'America: la Federal Reserve compra i titoli di Stato degli Stati Uniti d'America, non quelli della California o quelli del Maine. Possiamo noi dire che la Banca centrale europea compra i titoli della Grecia, del Portogallo, di tutti i Paesi, cioè che i Paesi producono titoli, generano inflazione e la Banca centrale compra e distribuisce inflazione su tutto il territorio europeo ? È evidente che non è possibile. Quando avremo – presto, spero – un'unione politica dell'Europa allora avremo anche un debito pubblico europeo, e allora si potrà discutere – io sarò contrario – dell'opportunità di creare tra la Banca centrale europea e il Governo europeo lo stesso rapporto che c’è tra la Federal Reserve e il Governo americano. La Commissione europea oggi purtroppo non è un Governo europeo.
Allora, queste costrizioni, nel tempo presente, sono insuperabili, ed è vano il parlare come se il mondo fosse diverso da quello che è. Noi abbiamo due problemi nelle discussioni di questo tipo: uno sono i colleghi che rifiutano di prendere atto della realtà, forse perché hanno qualche ostilità verso l'economia, che è una scienza triste, perché è una scienza che ci ricorda che le risorse sono limitate.
Un altro problema che abbiamo, invece, sono i nostri grandi economisti, quelli che hanno studiato negli Stati Uniti, e che pensano che le ricerche che funzionano negli Stati Uniti debbano automaticamente essere riproposte in Europa, e magari lo scrivono ripetutamente sulle prime pagine di importanti quotidiani nazionali e milanesi. Ma anche loro sbagliano, perché il contesto europeo è fondato su costrizioni sistemiche diverse da quelle americane: l'Europa non è l'America – se non altro appunto perché in America ci sono gli Stati Uniti d'America, e gli Stati Uniti d'Europa ancora non ci sono, e questo ci costringe ad una sistema che è diverso da quello americano.
Molti, in questa discussione, introducono prospettive le quali, in un modo o nell'altro, si rifanno ad una visione keynesiana dell'economia. Non funziona più ! Una volta funzionava: deficit di Stato per tenere alta la domanda. Oggi non funziona più. Non funziona più perché in un'economia globalizzata il deficit, per tenere alta la domanda, non genera posti di lavoro in Italia: genera posti di lavoro magari in Cina, magari in Vietnam, lì dove si producono le merci che gli italiani comprano. Ma gli italiani comprano merci che non si producono solo in Italia; e allora il cosiddetto moltiplicatore keynesiano non funziona più ! Questo è il motivo per cui tutti, quasi tutti gli Stati avanzati hanno abbandonato le politiche keynesiane; tranne gli Stati Uniti, che hanno il grande vantaggio di non doversi preoccupare di vincoli di bilancia dei pagamenti, perché – fortunati loro – i loro dollari in eccesso li assorbono i cinesi, li assorbono anche gli europei, entrano nelle riserve dei diversi Paesi europei. Ma noi non siamo gli Stati Uniti d'America, e le ricette proposte per gli Stati Uniti d'America in Europa non vanno bene !
Se si capiscono queste cose, si capisce che il Governo Letta ha un sentiero di politica economica che è obbligato. Da questo sentiero non ci si può muovere più che tanto, né da una parte né dall'altra: è il sentiero del risanamento. Certo, il risanamento è la continuazione delle politiche del Governo Monti; e io rivendico questa continuità, e credo che anche il Partito Democratico e Il Popolo della Libertà dovrebbero essere orgogliosi dei voti che hanno dato per permettere questo risanamento: doloroso ma reale, che ci riporta alla laboriosità, alla inventività, alla competitività. E questo provvedimento, che oggi noi discutiamo, è un tentativo, senza disporre di grandi mezzi finanziari, di intervenire per incoraggiare queste virtù.
Per questo dicevo che la politica, vista così, ha anche una dimensione etica: ogni uomo è autore del proprio destino. È il principio di prestazione, il principio per cui ognuno dev'essere premiato o punito secondo l'apporto che dà al bene comune: è un principio economico, ma è anche un principio etico. È il principio del merito, che non mi piace chiamare «meritocrazia»: un principio che sta alla base delle comuni politiche europee, sta alla base anche delle politiche di questo Governo.
Certo, l'economia keynesiana potrebbe funzionare; e credo che questo Governo abbia anche un compito di politica europea: ricreare le condizioni in cui un'economia keynesiana possa funzionare. Ma queste condizioni sono che misure di stimolo alla domanda siano misure che vengono applicate contemporaneamente quanto meno in tutta l'Europa. Certo, se in tutta l'Europa tutti i Paesi facessero politiche concordate di disavanzo mirato a sostenere la domanda, allora forse, probabilmente, queste politiche genererebbero posti di lavoro in Europa. Finché non c’è questo consenso, sarebbe suicida, sarebbe stato e sarebbe suicida per l'Italia avviarsi lungo questo sentiero.
Dobbiamo chiedere una politica economica europea, questo sì ! E dentro una comune politica economica europea, possiamo anche rivisitare politiche keynesiane; ma fin quando questo non sia avvenuto, non possiamo immaginarci di vivere in un mondo diverso da quello duro, ma anche appassionante nel quale ci troviamo.
E allora da dove deve venire la ripresa ? Non può venire dalla ripresa della domanda interna, che abbiamo compresso con le misure che abbiamo adottato per ripristinare l'equilibrio di bilancio. L'unico modo di ottenere una ripresa dell'economia italiana è costituito dal puntare sulla competitività, e puntare su di una ripresa trainata dalle esportazioni.
È quello che sta succedendo, le esportazioni italiane sono cresciute, le aziende italiane, messe nella costrizione di dover esportare di più, hanno esportato di più, ed segnali di ripresa che noi vediamo oggi davanti a noi sono i segnali di una ripresa trainata dalle esportazioni. Questo è il sentiero, l'unico che c’è, ed è ingeneroso criticare questo Governo perché rifiuta di adottare misure che sarebbero rovinose per il Paese e ci richiama alla sobria, dura concretezza dei fatti, ma questo poi alla fine paga.
Se volessimo indicare tutto ciò con una formula, la formula di questo Governo mi sembra, e anche la formula di questi provvedimenti, sia quella di un'economia sociale di mercato altamente competitiva ed ecologicamente responsabile. Lasciate che io rivendichi il fatto che questa è la formula del Partito popolare europeo, è diventata progressivamente la formula dell'Europa e quindi anche di questo Governo, ma originariamente è la formula del Partito popolare europeo. Economia di mercato, fiducia nella capacità del mercato di produrre ricchezza, fiducia nel fatto che il mercato è lo strumento migliore per allocare le risorse in modo da ottenere un risultato produttivo efficace ed efficiente. Economia sociale di mercato, perché il mercato da solo non basta, il mercato genera anche insufficienze e ingiustizie; occorrono politiche capaci di rimediare alle deficienze del mercato. In questo momento, economia sociale di mercato altamente competitiva; il nostro futuro dipende dalla capacità di rimboccarci le maniche, di lavorare meglio, di lavorare di più, di investire nella ricerca, nella formazione, nello sviluppo, nell'università di qualità, nella scuola, perché non c’è altro fattore di produzione, altra risorsa a cui fare ricorso, che non sia l'uomo stesso, la sua capacità di lavorare, la sua capacità di lavorare in modo disciplinato insieme con altri, e per questo la questione economica del Paese è al tempo stesso una questione morale.
Noi voteremo questi provvedimenti perché rientrano dentro questo grande sforzo di restituire al Paese una spina dorsale e morale di cui il Paese ha bisogno .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, onorevoli componenti del Governo, onorevoli colleghi, ci è ritornato il famoso decreto «del fare», il famoso «fare marchette» che abbiamo ricordato l'altra volta. A parte l'assurdità che il Governo abbia messo la fiducia su un testo in quest'Aula per dopo mandarlo al Senato e modificarlo in moltissimi punti. Intanto preliminarmente vorrei chiedere, come ho già chiesto in Commissione, che il testo che adesso andremo a votare mandiamolo proprio in modo fisico al Senato perché ce lo leggano bene e ci mettano un bel bollino per dire che è quello che loro hanno approvato. Questo ragionamento l'ho fatto stamattina e neanche dopo 45 minuti è arrivato il primo fax per dire che si erano sbagliati e c'era un'altra modifica da fare; non vorrei che tra un po’ ne arrivassero altri di fax, anche perché questo decreto prevede che i fax non sono più validi come comunicazione tra gli enti pubblici. È vero che questo decreto per queste parti modificate non è ancora in vigore, però non vorrei che andiamo...Dunque vorrei veramente che ci fosse questo bollino perché altrimenti sembra quasi una presa in giro della Camera e del Senato su questi testi, anche perché mi sembra veramente una cosa surreale e grave, perché è giusto scherzare ma è molto grave.
Ogni volta che noi andiamo a modificare un testo dobbiamo rimandarlo all'altra Camera, se a noi ci arriva un testo lo affrontiamo, lo valutiamo, facciamo tutti i passaggi in Commissione, facciamo tutti passaggi emendativi e dopo ci dicono che quello non era il testo che è uscito dal Senato forse c’è qualche problema di interpretazione. Per fortuna stamattina ci è arrivato in Commissione ancora prima che cominciassimo la discussione, dunque quella parte l'abbiamo superata, però se ci arriva adesso il fax sarebbe un po’... speriamo che non succeda mai più.
Dunque un decreto che va a creare moltissime problematiche a mio avviso, non va a risolvere dei problemi.
Sì, c’è qualcosina che si vorrebbe risolvere: vedevo, tra gli emendamenti che abbiamo presentato, ad esempio, la sospensione dei pagamenti dei canoni demaniali che, al Senato, è stata prevista solo fino al 15 settembre, ma forse era più logico prevederla – noi abbiamo proposto fino al 15 dicembre – almeno fino alla fine di novembre. Questo perché il 15 settembre siamo ancora in piena stagione turistica: se si è disposta la proroga, poiché si è in piena stagione turistica, quindi lasciamoli lavorare e le incombenze burocratiche facciamogliele fare dopo, si spera che a settembre sia ancora una buona stagione turistica – me lo auguro per tutti gli operatori –, quindi proroghiamo fino al 15 dicembre, così siamo tranquilli.
Oppure, per quanto riguarda la «furbata» che ha fatto il Governo sullo stipendio dei pubblici: in quest'Aula, di notte, sono riusciti a far passare una norma che, praticamente, cancellava il tetto per gli stipendi dei pubblici delle società controllate dallo Stato, ma non quotate; dopo, ci hanno detto che si sono sbagliati, hanno visto che c’è stata una sollevazione di tantissimi giornali e tantissimi cittadini e, allora, al Senato hanno abrogato quella parte, grazie a degli emendamenti presentati dai gruppi parlamentari, ma hanno inserito un altro comma in cui, in modo sottile, l'hanno reintrodotta: hanno tolto nuovamente il tetto massimo, ma sono stati così bravi, dal punto di vista mediatico, che l'hanno «venduto» come se avessero diminuito del 25 per cento il compenso dei e dei dipendenti pubblici. Ed è vero in rapporto a quello che percepiscono adesso, ma non in rapporto al tetto dei 305 mila euro.
Dunque, noi abbiamo presentato un emendamento in cui si dice che va benissimo la riduzione del 25 per cento, ma, tenendo fermo il tetto massimo dei 302 mila euro, che, da gennaio – se non ricordo male – sono già diventati 306 mila euro perché hanno già fatto l'adeguamento. Anche perché questa tematica è una tematica un po’ surreale perché è stata introdotta nel decreto «Salva Italia» dai parlamentari contro il parere, o la volontà del Governo Monti, ma, dopo il primo decreto «Milleproroghe», sono stati prorogati i termini per attuarla verso le società e non se ne è più sentito parlare. Dunque, noi stiamo parlando di un tetto che deve essere ancora veramente utilizzato e veramente inserito per i vari dirigenti e i vari .
E – cosa ancora più assurda – non è stato previsto neanche per tutti i dipendenti pubblici dello Stato che prendono una cifra maggiore di 305 mila euro. Ciò non perché si era prevista una proroga, ma semplicemente... Mi piacerebbe che il sottosegretario potesse ascoltare e non essere disturbato da un collega, perché questa è un'Aula dove si parla tutti insieme, non in cui ognuno parla in modo singolare con i sottosegretari.
Presidente, se può interrompere il tempo... così posso recuperarlo.
PRESIDENTE. Onorevole Capodicasa, l'onorevole Bragantini sta parlando.
MATTEO BRAGANTINI. Dicevo che l'allora Ministro, ancora al Governo, Patroni Griffi, ci è venuto a dire in Commissione che il tetto agli stipendi non è ancora stato applicato perché hanno inviato un formulario a tutti i dipendenti pubblici e funzionari dello Stato, ma questi devono ancora risponderci. Dunque, non sappiamo ancora quali sono i dipendenti pubblici che prendono più di 305 mila euro. Abbiamo solo delle notizie ufficiose sul fatto che c’è qualcuno che ha lo stipendio da 500 mila, altri da 600 mila, più e via dicendo. Alla mia domanda con la quale ho chiesto, dato che abbiamo l'Agenzia delle entrate, di guardare la dichiarazione dei redditi – non penso che lo Stato paghi in nero, quindi vediamo immediatamente se qualcuno prende più di 305 mila euro – mi è stato risposto che c’è un problema di e che, dunque, noi – come Stato – non possiamo sapere quanto paghiamo i nostri dipendenti.
Allora, chiedo veramente al sottosegretario Giorgetti – ci conosciamo perché siamo della stessa provincia – di farmi un esempio, non di un altro Stato che non conosce quanto paga i suoi dipendenti, ma di quale datore di lavoro al mondo non sappia quanto paga i propri dipendenti.
Mi sembra veramente una cosa surreale, una cosa strana. E, dunque, noi abbiamo presentato questo emendamento perché in questo modo almeno riduciamo i compensi ma, in ogni caso, li mettiamo sotto questa soglia di 305 mila euro.
Qualcuno ha detto che non si può, perché se cambiamo il provvedimento dopo deve fare un ulteriore passaggio al Senato. Non mi sembra un problema. È successo tante volte che il provvedimento veniva trasmesso al Senato. Il Senato vede delle belle modifiche da fare, dei miglioramenti, e ce lo ha rimandato sempre nel periodo di agosto, sempre nel periodo di Natale. Sono qui da pochi anni, da 6 anni, però ogni anno, ad agosto e nel periodo di Natale, ci ritornava un provvedimento dal Senato con delle piccole modifiche. Dunque, questa volta, se vediamo che ci sono delle modifiche, rimandiamolo al Senato. Non c’è nessun problema e penso che, in un paio d'ore, riescono a risolvere queste problematiche.
Ciò anche perché in questo provvedimento ci sono anche altre tematiche che abbiamo sollevato e si tratta di tematiche importanti. Altre non le abbiamo sollevate perché non potevano essere accolte. Ma, sempre per quanto riguarda una riforma che era stata fatta dal Governo Prodi, si diceva ...
PRESIDENTE. Per favore, dobbiamo lasciare liberi i banchi del Governo. Grazie.
MATTEO BRAGANTINI. ... che, per quanto riguarda i componenti dei CdA delle società pubbliche e, dunque, anche degli enti locali, se il CdA è composto da tre componenti due componenti devono essere scelti tra i dipendenti dell'ente pubblico che fa la nomina oppure, se è una subsocietà, dalla società che effettua la nomina. In più, nella norma di Monti c'era la «frasetta» che dice che questi dipendenti non possono ricevere il compenso da componenti del CdA, ma la quota di compenso del CdA va all'ente che li ha nominati. Uno pensa che sia un risparmio per lo Stato. No, perché semplicemente succede che questi compensi vanno sì, ad esempio, al Ministero del tesoro, ma vanno in un fondo, almeno a quello che mi dicono, che dopo viene suddiviso tra i dipendenti che hanno anche le nomine nei CdA, come compenso perché vanno a ricoprire alcuni ruoli nel CdA.
Dunque, semplicemente con quella norma il Governo Monti cosa ha fatto ? Si è sistemato un'altra volta e ha reso obbligatorio nei confronti di chi è già dipendente pubblico – e già dovrebbe avere un lavoro e già dovrebbe avere poco tempo per fare qualcos'altro – la possibilità di andare a ricoprire ulteriori incarichi pubblici, o a spese del pubblico, aumentandosi così lo stipendio. Forse capiamo, allora, perché servono così tanti dipendenti pubblici o perché ci sono dei dipendenti pubblici che riescono a sommare, oltre allo stipendio, tanti altri incarichi, come i magistrati. In questo decreto il Governo voleva togliere una piccola parte – e al riguardo, Presidente Giachetti, abbiamo fatto una bella battaglia la volta scorsa per evitare i fuori ruolo – per quanto riguarda tutti i magistrati che andavano a ricoprire incarichi extragiudiziari e, dunque, andavano a ricoprire incarichi presso il Governo, a svolgere delle consulenze, a fare studi e via dicendo. La volta scorsa non ci siamo riusciti. Il Governo, però, questa volta voleva togliere il limite anche per quei pochi che hanno questo limite, cioè una cosa veramente indecorosa.
C'eravamo quasi riusciti ma adesso si ritorna indietro, perché se il problema è che bisogna snellire la giustizia e ci sono troppi processi questo provvedimento tenta di dare delle soluzioni perché ci sono troppi processi in sospeso. Ma, cosa facciamo ? Diamo la possibilità ai magistrati di andare a ricoprire ulteriori incarichi e, dunque, di non fare il magistrato. La cosa più logica è dire che uno fa il magistrato e lo fa a tempo pieno. Non penso che sia uno stipendio basso lo stipendio da magistrato, anche perché dovrebbe essere equiparato, per certi versi, a quello nostro. Il nostro è straricco, secondo i cittadini, e noi l'abbiamo ridotto mentre i magistrati non lo hanno fatto. Questo vuol dire che stanno bene e dovrebbero fare i magistrati. Il Governo, invece, va ancora a seguire i boiardi di Stato.
Un po’ di sussulto: questo dovrebbe essere non più un Governo tecnico. Dovrebbe essere un Governo politico. Dunque, un po’ di sussulto da parte dei politici veri, che ci sono in tutti i partiti.
Qua vedo tantissime persone, ho conosciuto e ho avuto modo di conoscere tante persone di tanti partiti e qui ci sono tantissimi che fanno politica per passione, per credo, anche se magari, anzi molto spesso, ci scontriamo per posizioni differenti, ma siamo qua perché abbiamo una missione interiore. Molti di voi mi capiscono, perché quando si comincia a far politica è una passione così grande che ti continua a portare avanti, ad essere sul territorio, a stare con la gente, a fare sacrifici, certe volte, anzi molto spesso, a prendersi delle parole ingiuste. Però noi continuiamo ad essere visti male solo perché abbiamo una passione e vogliamo fare un servizio ai cittadini.
Altre persone che lo fanno di lavoro vengono strapagate, non sono mai sotto l'occhio dell'opinione pubblica, continuano a prendere troppi soldi e magari a lavorare male e nessuno mai dice niente. E noi dovremmo avere un sussulto di orgoglio e dire che è giusto che bisogna fare sacrifici e noi siamo disponibili a fare sacrifici, bisogna dare il buon esempio, ma devono darlo anche i magistrati, devono darlo anche i grandi boiardi di Stato, i grandi funzionari, i presidenti di enti che arrivano a prendere un milione 200 mila euro di soldi pubblici come stipendio all'anno. E invece stiamo sempre zitti. Noi ci prendiamo il fango e qualcuno continua invece a prendersi solo la parte buona. Dunque, noi abbiamo presentato pochi emendamenti, emendamenti costruttivi, si può, se si vuole, fare queste modifiche. C’è tutto il tempo per farlo, c’è ancora un giorno di lavoro per quanto riguarda il Senato, se si vuole. Soprattutto io chiedo, a parte questo provvedimento, che come cittadini che stanno facendo politica con il cuore e con l'impegno ricomincino tutti insieme ad avere l'orgoglio di difendere il nostro lavoro, perché molto spesso fare politica, se fatta bene, anche con idee diverse, è un'arte nobile e soprattutto è un'arte che merita rispetto e non solo fango, che sempre e troppo spesso ci stanno buttando addosso
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pilozzi. Ne ha facoltà.
NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, Governo, colleghi, torniamo oggi in seconda lettura sul decreto-legge «del fare». Io credo che noi, come Sinistra Ecologia Libertà, quando abbiamo votato qualche settimana fa sul decreto del fare, abbiamo spiegato bene il perché. Questo decreto è un decreto che in realtà è stato ribattezzato in tanti modi, decreto del disfare, decreto del nulla, proprio perché è un decreto che è servito esclusivamente a far fare un po’ di pubblicità al Governo e soprattutto ad inserire sia alla Camera in prima lettura, ma soprattutto adesso al Senato, alcune norme che – spiegherò nel dettaglio – servono più a fare gli interessi di qualcuno che non a fare il bene del nostro Paese. Ma prima di entrare nel merito di questa discussione e delle nostre proposte emendative, anche noi come Sinistra Ecologia Libertà abbiamo presentato pochi emendamenti e abbiamo tentato di stare nel merito della discussione. Infatti, come abbiamo visto oggi in Commissioni riunite affari costituzionali e bilancio, alla fine tutti i gruppi hanno deciso di non proseguire in una discussione stucchevole in cui in realtà non si voleva entrare nel merito del provvedimento. E quindi anche i gruppi di maggioranza hanno detto: rimettiamoci all'Aula. Noi abbiamo ripresentato in Aula alcuni emendamenti che riteniamo quantomeno necessari a mitigare quelle cose che sono state inserite nell’ legislativo di questo decreto e che in realtà vanno a sistemare gli interessi di qualcuno.
Ma io ricordo – su questo vorrei che il Governo facesse un po’ di attenzione – il Ministro Franceschini, quando il decreto è arrivato in Aula, che ci ha detto, in pompa magna, mettendoci il petto: guardate, noi non metteremo mai la fiducia su un maxiemendamento che va a cambiare quello che è il risultato della Commissione e di tutti gli emendamenti presentati. Non metteremo mai la fiducia su un testo diverso da quello presentato dalle Commissioni all'Aula.
Quanto è durata questa promessa del Ministro Franceschini ? Che cosa è avvenuto, in realtà ? Che si è utilizzato il Senato per cambiare quel testo e per proporre o far proporre od aiutare il Senato ad inserire norme diverse da quelle su cui era stata messa la fiducia alla Camera.
Questa è una mancanza di rispetto per tutti noi, soprattutto per le Commissioni e per quei colleghi che vi hanno lavorato. Bene, poi sentiamo qui che ci si dice che il problema è il bicameralismo, il problema sono i Regolamenti parlamentari. Io capisco che siamo in una fase in cui vogliamo cambiare le istituzioni repubblicane, magari pensiamo ad un altro assetto della nostra Repubblica...
PRESIDENTE. I banchi del Governo devono sempre essere lasciati liberi.
NAZZARENO PILOZZI. ... ma qui c'entra poco l'assetto istituzionale, c'entra poco il parlamentarismo, c'entra poco il bicameralismo. Qui c'entra un modo di comportarsi assolutamente non rispettoso delle istituzioni, ed è grave che, dopo tante nottate passate in Commissione e tante ore passate in quest'Aula a discutere degli emendamenti e del decreto «del fare», qualcuno, approfittando dell'altro ramo del Parlamento, abbia modificato alcuni aspetti importanti che erano stati già sviscerati e decisi precedentemente.
I nostri emendamenti su cosa vanno ad incidere ? Su qualche punto fondamentale. Noi avevamo discusso in prima lettura riguardo a quell'anticipo del 10 per cento che si vuole dare alle imprese quando queste vincono una gara di appalto. In un Paese in cui vi sono imprese che aspettano da due anni di riscuotere, si dà la possibilità a chi solo vince una gara di appalto di potere riscuotere il 10 per cento.
Noi, a forza di discutere, avevamo previsto due cose in un articolo del provvedimento: avevamo previsto che, intanto, questo 10 per cento dovesse essere scritto nel bando di gara, in modo da non lasciare troppa discrezionalità alle stazioni appaltanti, e avevamo scritto che questa decisione dovesse essere facoltativa.
Oggi, per fortuna, resta almeno il fatto della previsione nel bando della gara d'appalto, ma da facoltativa viene resa obbligatoria. Quindi, che cosa accadrà ? Che tutti quei comuni, quelle stazioni appaltanti, quegli enti amministrativi che non hanno non hanno in cassa quel 10 per cento, non potranno fare le gare di appalto ! Magari avranno il 5 per cento da poter anticipare alle aziende, non il 10 per cento, e quindi noi chiudiamo gli appalti pubblici in questo Paese.
Andate a vedere come stanno i comuni, come stanno le regioni, come stanno gli enti pubblici in questo Paese: vedrete che questa è una norma che, magari, vi fa fare bella figura con qualche amico, con qualche azienda, con qualche associazione, ma poi, in realtà, servirà solamente a bloccare, rischia di bloccare gli appalti pubblici nel nostro Paese.
E poi, che cosa è avvenuto ? Noi avevamo discusso in Commissione sulla questione delle incompatibilità e del decreto legislativo n. 39 del 2013, un decreto che avete voluto voi. Pochi giorni prima delle elezioni, avete voluto questo decreto n. 39 per potervi aprire a una campagna elettorale sulla moralizzazione del Paese.
Passate le elezioni, in questo decreto si prevede che, per quanto riguarda le incompatibilità precedenti al decreto n. 39, quelle, diciamo così, sopravvenute, esse non valgono. Quindi, praticamente, noi, per tutti quegli amministratori di enti pubblici che sono in regime di incompatibilità, facciamo una sanatoria e diciamo che, fino al prossimo rinnovo, e quindi, probabilmente, fino al prossimo decreto, il decreto n. 39 non vale.
Questo stiamo facendo, questo stiamo votando. Io credo che sia il caso che noi queste cose ce le diciamo. Poi c’è la questione dell'articolo 30, che riguarda, appunto, una rinormazione dell'urbanistica in questo Paese, che tanto ci ha fatto discutere, che ha visto i colleghi del Partito Democratico molto attivi nelle Commissioni competenti, ma anche nella Commissione ambiente. Ebbene, ora all'articolo 30 si fanno nuove modifiche, si interviene addirittura sulle distanze dei fabbricati, una legge del 1968. Perché si interviene sulle distanze dei fabbricati ? Forse perché qualche importante regione del Nord nel suo piano casa aveva ammesso la possibilità di derogare alle distanze tra fabbricati. In un Paese in cui il rischio sismico è quello che è, noi andiamo a derogare anche alle distanze fra i fabbricati. Io credo che veramente abbiamo bisogno, forse, di riconnetterci, ma non tanto con il nostro Paese, quanto con il buonsenso, perché oggettivamente noi siamo fuori da qualsiasi regola di buonsenso. Ebbene, andiamo a derogare. Noi presentiamo un emendamento semplice con il quale abroghiamo la lettera del comma 1 dell'articolo 30 che deroga, appunto, alla distanza tra fabbricati e che dice che i comuni, le regioni e le province (a seconda di come poi si declina l'urbanistica nel nostro Paese come è stata pensata negli ultimi trent'anni) possono derogare al decreto del 1968.
In questo articolo 30, diciamo pure che, così, con un decreto approvato nottetempo, tutte le lottizzazioni in scadenza sono prorogate di tre anni. Quindi, chi stava facendo delle opere di urbanizzazione (magari aveva già costruito gli appartamenti, ma doveva solo finire le opere di urbanizzazione), siccome noi nel decreto avevamo già previsto la possibilità di fare i collaudi parziali di quelle palazzine, quel lottizzatore potrà vendere anche gli appartamenti finiti di palazzine ancora in corso di costruzione, a questo punto, anche senza opere di urbanizzazione. Con un salto solo torniamo indietro di cinquant'anni, in questo Paese. È questo quello che stiamo facendo. Ma questo poi incide – come sanno bene anche altri colleghi – anche sui soldi, sulle casse degli enti locali, i quali magari avevano fatto dei conti per quelle lottizzazioni, magari per lo scorporo, e adesso si trovano calato sulla testa un decreto che rilancia per tre anni e stabilisce una proroga su tutti quei contratti firmati.
Abbiamo poi un'altra questione – ne hanno parlato diversi colleghi – assolutamente poco comprensibile, quella degli stipendi per i delle aziende pubbliche, che noi dividiamo tra aziende quotate, aziende non quotate, tra quello che debbono fare le une, le altre. Però, c’è un punto e io credo che dobbiamo dircelo fra di noi e semplificare anche la discussione: noi diciamo che ci sarà una decurtazione del 25 per cento delle retribuzioni precedenti, senza però parlare dei che noi sappiamo essere un aspetto fondamentale di quei contratti. Io, da sindaco di un piccolo comune, mi sono trovato a votare contro un contratto di una azienda partecipata, in cui il mio comune aveva una partecipazione irrisoria, nel quale si prevedeva per quel una macchina del valore di una Audi A6 o equipollente, il telefonino aperto per sé e per i membri della sua famiglia, una macchina che accompagnasse i figli a scuola, piuttosto che una assicurazione sulla vita. Tutto questo ovviamente è fuori dalle retribuzioni, che noi non consideriamo onnicomprensive. Noi diciamo che quei possono prendere una retribuzione diminuita del 25 per cento, ma a questa poi aggiungerci una marea di . Io credo che noi dobbiamo essere onesti e dire chiaramente ai cittadini quanto e come dobbiamo pagare quei e quanto e come quei se magari si sentono sottopagati dall'azienda di Stato, possono mettersi sul mercato e andarsi a prendere stipendi più alti magari da qualche azienda privata. Ma io, di pubblici che fanno queste scelte coraggiose, diciamo così, non è che ne ho visti molti negli ultimi anni.
Chiudo questo mio intervento chiedendo all'Aula, ai relatori e a tutti coloro che hanno seguito la discussione anche questa mattina per lungo tempo in Commissione, di ragionare bene e di evitare che oggi, anche senza la fiducia, ci ritroviamo quella sorta di fiducia fantasma che ormai aleggia dentro quest'Aula e che non ci fa approvare nessun emendamento, perché non si discute più nel merito degli emendamenti, ma per scelte pregresse si decide che il testo uscito dal Senato non può essere assolutamente modificato.
C’è tempo, il decreto scade il 20 agosto, e credo che un'opera di manutenzione sulle poche cose che ho detto, ma ce ne sono altre, dobbiamo avere non solo il coraggio ma anche la forza di farla. Dobbiamo dire a questo Paese che noi siamo in grado, anche a ridosso di Ferragosto, di mitigare una legge già partita con il piede sbagliato e che oggi a noi di Sinistra Ecologia e Libertà sembra sempre più un «decreto del fare favori» piuttosto che un «decreto del fare per l'Italia e per il nostro Paese» .
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito i relatori e il rappresentante del Governo ad esprimere i rispettivi pareri.
FRANCESCO PAOLO SISTO, . Signor Presidente, prima di esprimere formalmente i pareri, come sono stati esaminati dal Comitato dei diciotto, rappresento brevemente all'Assemblea l’ che ci ha condotto all'esame degli emendamenti e come siamo giunti all'Aula. Dopo che il Senato ci ha inviato in data di ieri gli atti, l'esame è iniziato alle 9,30 di oggi, il termine è stato fissato alle 10,30. Gli emendamenti presentati in Commissione erano 40 più 7 irricevibili, perché riferiti a parti non modificate dal Senato. Al termine della discussione generale vi è stata la sospensione della seduta per esaminare i profili di ammissibilità degli emendamenti. Alla ripresa è stato comunicato che il Senato ha inviato una correzione al messaggio inviato alla Camera nel quale non risultava la soppressione della comma 12 dell'articolo 73. Alla luce di tale correzione è stato quindi dato un tempo ulteriore per presentare emendamenti ripristinatori del comma soppresso al Senato; sono stati presentati due identici emendamenti.
Sono quindi iniziate le votazioni sugli emendamenti che si sono svolte regolarmente. Riguardo all'emendamento Crippa 5.1, in qualità di presidente ho provveduto a ripetere la votazione per verificarne l'esito. Sono state scrupolosamente controllate le sostituzioni presentate dai rappresentati di gruppo. Nel corso della votazione ho ritenuto, rifacendomi a una prassi consolidata di cui darò testimonianza di qui ad un attimo, di dover esprimere il mio voto contrario all'emendamento. Sottolineo che il mio voto non è stato determinante ai fini del risultato della votazione. Analogo atteggiamento è stato tenuto dal presidente Boccia in altra votazione.
Voglio sottolineare, Presidente, perché sia ben chiaro, che la prassi del voto del presidente relatore della Commissione, anche non relatore, è riconosciuta dalla Camera dei deputati in più episodi. Segnalo in particolare quanto realizzato dal presidente Castagnetti nella Giunta delle autorizzazioni a procedere nella XVI legislatura, di cui era presidente, ma soprattutto quanto riportato dal Presidente Bertinotti in una nota del 25 luglio 2006 di cui do lettura rapida: «Quanto al fatto che il presidente della Commissione intervenga nel merito dei dibattiti come esponente del gruppo di appartenenza, pur mantenendo la presidenza della seduta, devo osservare che non sussiste per i presidenti delle Commissioni alcun divieto, né sul piano regolamentare né in via di prassi, di partecipare alle votazioni ed ai dibattiti delle Commissioni medesime. Richiamo, a questo proposito, i principi enunciati in una lettera del Presidente della Camera del 14 novembre 1973 nella quale si afferma espressamente che è pienamente consentito ai presidenti di Commissione partecipare attivamente ai lavori legislativi esprimendo la propria opinione e il proprio voto. Se così non fosse potrebbero derivarne rilevanti alterazioni al principio di proporzionale rappresentanza dei gruppi nelle Commissioni. Questa conclusione» – prosegue il Presidente Bertinotti – «appare tra l'altro pienamente coerente con il frequente esercizio da parte dei presidenti delle Commissioni della funzione di relatore sui progetti di legge, ai sensi dell'articolo 79, comma 3, del Regolamento, il che manifestamente comporta la necessità di pronunciarsi sul merito dei provvedimenti in esame».
Pertanto, mi sembra che le critiche che vengono mosse ai presidenti delle Commissioni vadano respinte al mittente, segnalando – Presidente, ho terminato prima di passare al parere sugli emendamenti – che il Presidente Francesco Crispi, anziché il 23 novembre 1976, ha pronunciato quel discorso qualche anno prima, esattamente cento.
Passo quindi al parere sugli emendamenti. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, su tutti gli emendamenti presentati in Aula.
PRESIDENTE. Il Governo ?
ALBERTO GIORGETTI, . Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Avverto che gli emendamenti Pilozzi 14.1 e 14.2 nonché l'emendamento Bragantini 84-.2 sono stati ritirati dai presentatori.
PRESIDENTE. Comunico che il deputato Marco Di Stefano, proclamato in data odierna, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Partito Democratico.
PRESIDENTE. Siccome abbiamo un problema tecnico da risolvere rapidamente per l'inserimento nelle votazioni dell'onorevole Di Stefano, che ha testé aderito al gruppo, ove vi fosse anche una breve dichiarazione di voto sul primo emendamento eviteremmo di sospendere i lavori per qualche minuto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Crippa 5.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Io esprimo parere conforme a quanto già espresso dai relatori. Potrei dire, con una battuta, che noi, al contrario di altro ramo del Parlamento, confermeremo il testo così come ci è pervenuto, anche se, in occasione della discussione generale e sul complesso degli emendamenti, avrei voluto dire qual era il mio pensiero con riferimento ad un altro argomento, che è quello riguardante le modifiche intervenute all'articolo 46, comma 1-, che riguarda interventi a favore dell'utilizzo dei fondi derivanti dalla tassa di soggiorno per il comune di Milano e i comuni della provincia di Milano, riguardanti la possibilità di utilizzare, al di fuori del Patto di stabilità, quei fondi per la realizzazione di Expo 2015.
Uso questo esempio per dire che, nel rispetto del senso politico e istituzionale di approvare così come ci è pervenuto il testo dal Senato, insieme a moltissimi altri colleghi parlamentari, ho trasformato la necessità che avrei visto di presentare un emendamento al testo, per provvedere a quanto soppresso dal Senato – cioè quella possibilità che prima ho citato –, presentando invece insieme a moltissimi colleghi, come dicevo, un ordine del giorno.
Anche per questa ragione, cioè per il senso politico e istituzionale che noi diamo al fatto di dover confermare il testo così come ci è pervenuto, pur sapendo e conoscendo, e anche in parte condividendo, alcune delle critiche che ho sentito in discussione generale o negli interventi sul complesso degli emendamenti, critiche al fatto che un testo qui approvato, in questa Camera dei deputati, con un voto di fiducia al Governo venga poi modificato da altro ramo del Parlamento dopo il voto di fiducia, anche condividendo in parte critiche di principio, devo dire che le modifiche intervenute al Senato in alcuni casi hanno portato dei miglioramenti.
E questa è anche la ragione per la quale noi condividiamo il parere negativo su questo emendamento 5.1 a prima firma Crippa, così come confermiamo il parere conforme a quello già espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crippa. Ne ha facoltà.
DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, le motivazioni dell'onorevole Fiano ovviamente non fanno altro che farci proseguire nella nostra intenzione di porre all'attenzione dell'Aula questo emendamento in maniera chiara.
Questa è l'ultima spiaggia, l'ultima spiaggia per far sì che la riduzione dell'incentivo dei CIP 6 sia estesa anche ai termovalorizzatori, dopo anni per evitare gli ennesimi favori ai proprietari di questi impianti che per anni hanno goduto e godono di sistemi di incentivazione degli inceneritori, che nulla hanno a che fare con il sistema di incentivazione da rinnovabili. Però, casualmente, tali incentivi vengono caricati sulla componente tariffaria A3 che riguarda le componenti «rinnovabili» della bolletta.
Qui non si tratta di cancellare, come qualcuno ha detto, l'incentivo del CIP 6 – purtroppo, noi aggiungiamo – ma di diminuire significativamente il suo valore portandolo a quello che è un paniere del gas su cui da anni, da anni e da anni chi gestisce questi impianti ha lucrato soprattutto grazie al fatto che, da anni, rimane basato sul paniere del petrolio. Oggi, invece, assistiamo finalmente a un cambio e di questo dobbiamo dare un leggerissimo merito finalmente al Governo di essersi accorto che da dieci anni il paniere del gas è più favorevole di quello del petrolio, però non capiamo a chi state facendo un piacere o, meglio, lo sappiamo benissimo. A questo punto, chi state difendendo ?
Infatti vorrei citare alcuni commenti di alcuni esponenti di questa – diciamo – maggioranza trasversale. Cito, 3 dicembre 2009, l'onorevole Realacci, presidente della Commissione ambiente, affermava: «Bene, fine incentivi CIP 6, un trucco pagato in bolletta dai cittadini». Quindi, ci aspettiamo che sicuramente il PD in qualche modo tenda a supportare la tesi del proprio presidente di Commissione ambiente, perché evidentemente, altrimenti, si pone una questione di incoerenza che probabilmente vorremmo magari non vedere oggi
L'altra faccenda, vi cito l'onorevole Tabacci, che ha spesso combattuto contro gli incentivi CIP 6. E vi cito un episodio del giugno 2008, direttamente dal suo : «Poco fa sono intervento in Aula alla Camera per denunciare la decisione del Governo e della maggioranza di utilizzare la scandalosa deriva dei CIP 6 anche per gli impianti di termovalorizzazione che si stanno costruendo in Campania». A questo punto, oggi noi chiediamo, stiamo chiedendo di diminuire l'incentivazione dei CIP 6 anche per i termovalorizzatori. Allora, a questo punto ci chiediamo come mai visto che, ribadisco, sempre d'accordo con l'onorevole Tabacci, era espresso, sempre in quel momento, «il sostegno a tali impianti dunque non va a carico della fiscalità generale ma direttamente della bolletta a carico delle famiglie». Ci ritroviamo perfettamente in queste sue affermazioni. Allora, concludendo riportava, inoltre, una questione: «Allora non solo gli si dà i soldi per gli impianti, ma gli si garantisce una rendita a prescindere dalla qualità dell'energia che si produce negli impianti di termovalorizzazione».
DAVIDE CRIPPA. Ci troviamo perfettamente d'accordo con l'onorevole Tabacci e per questo noi oggi ci aspettiamo che una parte consistente della maggioranza, in qualche modo, accetti questa limitazione dei termovalorizzatori perché, altrimenti, veramente la coerenza non esiste e non c’è la scusa che il Senato può lavorare: il decreto scade dopo il 20 .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Marchi. Ne ha facoltà.
MAINO MARCHI. Signor Presidente, credo che questa sia stata un'occasione persa per il MoVimento 5 Stelle. Abbiamo profondamente cambiato questa parte del decreto. Partendo anche dalle loro osservazioni, abbiamo introdotto delle gradualità, diversificate anche a seconda del fatto che gli inceneritori servano effettivamente per situazioni di emergenza oppure no. E credo che questo emendamento, a questo punto, invece vuol dire azzerare completamente queste gradualità. Quindi, il segno del cambiamento rispetto a com'era originariamente il decreto-legge l'abbiamo già dato.
Il Senato ha ulteriormente migliorato e, quindi, credo che su questo punto il merito ci sia, nel senso che concordiamo fino in fondo con quello che è scritto nel decreto-legge come è uscito dal Senato .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Crippa 5.1, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
LUIGI GALLO. Signor Presidente, Governo, colleghi, in questo emendamento si parla di priorità. Il MoVimento 5 Stelle ha chiaro quali sono le priorità per il Paese. Noi vogliamo il reddito di cittadinanza, sostegno alle piccole e medie imprese, sostegno alla scuola e alla sanità. Il Governo, però, non ha chiaro quali sono le sue priorità, e neanche la maggioranza. Tira un po’ a campare, cerca di superare questo momento di difficoltà, questo scossone che ha ricevuto, dalle elezioni in poi, dal MoVimento 5 Stelle e da tutti i cittadini italiani.
Anche qui è una questione di priorità. Abbiamo pochissimi soldi, 350 milioni di euro da spendere nel mondo dell'edilizia scolastica. Cosa facciamo ? Li spendiamo per garantire la sicurezza degli edifici esistenti, sicurezza messa a rischio, che mette a rischio i nostri ragazzi che frequentano le scuole ?
O decidiamo di costruire nuovi edifici scolastici, di investire questi soldi in nuovi edifici scolastici, quando c’è bisogno di edifici scolastici che prevedano anche strutture che si adeguino ad una nuova didattica, una didattica innovativa, una didattica che non chiuda i nostri ragazzi in celle, in banchi e con modalità di apprendimento che non sono più adeguate ? Ma è una questione di priorità: con questi pochi fondi, il MoVimento 5 Stelle sceglierebbe di investire in sicurezza e salvare da pericoli i nostri ragazzi .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Luigi Gallo 18.50, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, con questo emendamento, che sicuramente consideriamo favorevole o, comunque, a vantaggio soprattutto di esercenti commerciali e concessionari di aree demaniali marittime – quindi, va sicuramente a loro vantaggio – riteniamo, però, che si possa compiere un ulteriore passo per permettere la sospensione della riscossione dei tributi: spostarla dal 15 settembre in avanti di tre mesi e, quindi, arrivare al 15 dicembre 2013. Questo per andare incontro, appunto, alle esigenze degli esercenti, che sicuramente, come tutte le categorie produttive, in questo momento, accusano i duri colpi della crisi finanziaria.
È un emendamento, pertanto, che sposta soltanto di tre mesi questa sospensione – quindi, al 15 settembre –, nella speranza che il tempo regga e che la stagione turistica, magari, possa spostarsi un po’ più in là e dare, quindi, a loro la possibilità di concentrarsi sulla propria attività e rimandare a distanza di tre mesi la sistemazione di quelle incombenze burocratiche e di pagamento delle tasse.
Quindi, non è un emendamento che stravolge particolarmente la norma, che va, anzi, nella direzione che il legislatore ha voluto dare a questo articolo. Quindi, mi sembra che possa essere accolto come segnale, innanzitutto, di buona disponibilità nei confronti di questi esercenti e di attenzione alle loro esigenze.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 19.1, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MICHELE DELL'ORCO. Signor Presidente, nel cosiddetto decreto «del fare» ne abbiamo già viste di tutti i colori. L'ultima marchetta del giorno, proveniente dal Senato, è lo spostamento della sede dell'Autorità dei trasporti da Roma a Torino. Un'operazione vergognosa che va fermata ! Innanzitutto perché sembra solo un'operazione di quasi architettata da Confindustria che ha addirittura offerto le proprie sedi. Ci sembra un po’ troppo. Confindustria Piemonte ha poi apertamente dichiarato di aver lavorato per questo obiettivo per tre anni, cioè da quando si è iniziato a parlare dell'istituzione dell’. Tanta fatica per cosa ? Per essere controllati forse meglio dall'occhio vigile e attento dell'Autorità dei trasporti o forse per controllarla meglio ? Se l'Autorità deve essere indipendente, non deve esserlo solo dal potere politico, dai partiti, ma anche dalle aziende stesse che andrà a controllare . Questa operazione, tra l'altro, è riuscita, facendo gioco politicamente su due leve che niente hanno a che vedere con il buon funzionamento dell'organo. Si è fatta leva, infatti, sul campanilismo che regna spesso in Parlamento e in molti rappresentanti delle istituzioni che svolgono il loro ruolo a vantaggio esclusivo dei propri territori, anche se questo vantaggio deve essere pagato dall'intero Paese. Prova ne è la cordata di senatori piemontesi che ha presentato questo emendamento di pura facciata, ma non solo, si è fatto leva sullo scontro Nord e Sud. Tanto per cambiare si è scatenata la Lega che vuole in Piemonte questo cosiddetto centro di potere e su queste basi si è creato un asse PD – Lega tra il sindaco di Torino e il governatore della regione che, tra l'altro, questo è interessante, stando alle indiscrezioni, a ciò che è stato detto dalla stampa, starebbe già pregustando un bell'incarico, soprattutto ben remunerato per il dopo, magari con l'appoggio della FIAT, nell’ stessa. Se queste notizie di stampa su Cota venissero confermate, sarebbe uno scandalo È questa la supposta indipendenza che si sta preparando per l'Autorità ?
Dopo la triade di nomi alla guida, che altro non è se non la classica spartizione partitica, fatta di scarsa competenza tecnica, prosegue l'opera per mettere una altro laccio all'Autorità, questa volta da parte delle imprese. Praticamente si sta architettando un organismo che sarà solo apparenza ma che non deve cambiare nulla di fatto. La cosa più scandalosa è che con un emendamento promosso da un piccolo manipolo di senatori, si sta permettendo di invalidare un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri che aveva già individuato Roma come la sede migliore.
Roma, in sostanza, non era stata scelta di ma dopo un'analisi obiettiva e una valutazione di più possibilità che l'hanno vista preferire per la sua posizione geograficamente e istituzionalmente centrale, ma nel rispetto comunque di un'equilibrata distribuzione sul territorio italiano delle Autorità di regolazione dei servizi pubblici di pubblica utilità, dato che la sede dell'Autorità dell'energia elettrica e il gas è a Milano e la sede dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è stata assegnata a Napoli. Inoltre, era già stata valutata l'idoneità degli immobili individuati quali sede e, soprattutto, la scelta era stata fatta in funzione di un principio di razionalizzazione delle spese delle pubbliche amministrazioni, che in questo modo verrebbe a saltare. La scelta, infatti, era orientata da un principio di risparmio: si era inteso limitare le spese di rappresentanza a Roma, quindi trasferte, spostamenti e missioni del personale, che come hanno già dimostrato l'esperienza delle di Milano e Napoli non sono certo costi indifferenti. Ritengo, inoltre, che la scelta di Torino sia una scelta politica simbolicamente irrilevante, in quanto, innanzitutto, considerato il clima politico in cui è stata fatta la scelta, significa avallare il criterio di spartizione di potere Nord-Sud nelle scelte politiche, ma soprattutto si avalla il legame tra e TAV, andando ad acuire il già delicato dibattito sull'opera pubblica. Capiamo l'ansia di prestazione che il Ministro Lupi ha nei confronti della TAV e nei confronti di altri inutili e costosi cantieri da sbloccare, ma forse sta un po’ esagerando .
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
MICHELE DELL'ORCO. L'inconsistenza politica del Governo è evidente e pericolosa, spesso. Quest'Aula, con molta dignità, speriamo possa rimette le cose a posto, senza cadere nel trabocchetto della scadenza dei tempi del decreto. Il decreto scade il 20 agosto: quindi, se vogliamo fare qualcosa di veramente sensato per il Paese, le vacanze forse possono aspettare ancora un paio di giorni .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in merito all'emendamento soppressivo dell'articolo 25-, che è stato introdotto al Senato, intervengo per far chiarezza, perché si è sentito in queste settimane tanto questionare sull’. Innanzitutto bisogna ribadire il concetto che l'emendamento non prevede la soppressione dell’ e perciò ribadisco la contrarietà a questo emendamento, anche perché la falsità sull'aumento di spesa è un indice che dovrebbe riguardare l'intera . Come torinesi abbiamo visto politicamente, negli anni passati, negli ultimi vent'anni, passarci davanti di ogni specie. L’ dei trasporti è un’ richiesta dal mercato e dagli utenti, anche perché ha compiti ben precisi. Andare a mettere con TAV è drammaticamente una falsità e significa mettere ulteriore benzina sul fuoco del dibattito acceso che i «NO TAV», alcuni movimenti e partiti politici stanno portando avanti in modo anche fazioso e alle volte anche violento. Abbiamo visto gli ultimi episodi, purtroppo, come quello di ieri, quando il movimento «NO TAV» ha lasciato dei chiodi sull'autostrada creando gravi danni ai passanti. Ma, chiudendo velocemente e cercando di ristabilire senso al decreto e all'emendamento, abbiamo una contrarietà ulteriore, perché dobbiamo chiarire che la fantapolitica la fa soprattutto chi ha tanta fantasia e poco da fare. Questo emendamento mi sembra ulteriormente enfatizzare che tutto quello che viene decentrato non si può fare. Tante sono fuori dall'ambito romano, fuori dalla città di Roma.
Abbiamo visto depredare la città di Torino della possibilità di avere l’ delle telecomunicazioni anni fa a favore di Napoli, e siamo stati ben felici e contenti che fosse inserita nel contesto di Napoli, perché il dibattito allora richiedeva che Napoli avesse un ulteriore vantaggio; successivamente sull’ della sicurezza alimentare, favorendo Parma. Perciò chiediamo all'Aula il voto, chiediamo che sia un voto contrario, facendo in modo tale che il dibattito sia ristabilito in ambiti democratici e ci possa essere la possibilità di continuare un percorso, e dare possibilità agli utenti dei trasporti di maggior sicurezza e garanzia con l’.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Liuzzi. Ne ha facoltà.
MIRELLA LIUZZI. Signor Presidente, voglio semplicemente leggere due parole all'Aula; poi dirò di chi sono.
«Nei giorni scorsi – spiegano i deputati – proprio il aveva ricordato su che le sedi fuori Roma non sono state esperienze felici: non sono mancati infatti in passato casi di sprechi e spese raddoppiate per affitti, noleggi, diarie, trasferimenti, tenendo conto che i principali interlocutori istituzionali dell'Autorità sono nella Capitale (infatti verranno spesso nella Commissione trasporti, dove ci sono anch'io). In tempi di – proseguono i parlamentari – con la necessità di tagliare le spese improduttive ed evitare sperperi, la sede decentrata dell’ dei trasporti, più che un omaggio al federalismo, sembra richiamare l'esperienza penosa dei Ministeri del Nord voluti dalla Lega».
Queste non sono parole del MoVimento 5 Stelle: queste sono parole di deputati del PD in quest'Aula, lo stesso partito che poi al Senato ha posto questo problema e ha spostato l'Autorità dei trasporti da Roma a Torino. È bene riflettere su questo !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato De Lorenzis. Ne ha facoltà.
DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, qui siamo di fronte all'ennesimo scempio, e io non posso fare altro che denunciare questo modo di spartirsi i soldi pubblici, soldi dei cittadini. E lo dico con forza in Aula, perché sebbene non ci siano certezze che l'Autorità funzionerà male, questa logica di certe nomine e di spostare la sede da Roma a Torino evidentemente non risponde certo ai canoni della ; i canoni anche dell’ per cui alcune altre città si erano candidate ad ospitare l'Autorità, come Verona, Bologna, e oggi con un emendamento, con un colpo di spugna al Senato il PD, che ieri inveiva contro la Lega sulla differenza tra Nord e Sud...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
DIEGO DE LORENZIS. ... con un colpo di spugna appunto banalizza tutto il lavoro fatto nelle Commissioni. Forse ci viene il sospetto che degli 80 addetti che verranno assunti – e concludo, Presidente...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
DIEGO DE LORENZIS. Forse, dato che 50 verranno assunti c’è la possibilità che ci sia un nuovo stipendificio e una nuova base di consenso elettorale su questo .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Castelli. Ne ha facoltà.
LAURA CASTELLI. Signor Presidente, mi rendo conto che potrebbe essere noioso fare questi interventi, ma forse non abbiamo capito la gravità della questione. Forse non abbiamo capito che il firmatario al Senato di questo emendamento sarà l'unica persona che avrà dei vantaggi diretti da questo emendamento inserito nel decreto-legge.
Inoltre vorrei chiedervi, così come oggi ho chiesto al Governo senza alcuna risposta: chi ci pensa alla gente che lavora adesso a Roma, e che dovrà fare le valigie e andare a Torino (ammesso che non venga lasciata a casa, chiaramente) ? E questo non riguarda coperture ? E tutto questo va bene perché il Signor X ha bisogno di avere questa a casa sua ? Facciamo una scommessa: quanto tempo ci metterà a prendere un incarico all’ dei trasporti ?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Crippa. Ne ha facoltà.
DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, in questo minuto volevo fare un «A.A.A. Cercasi coerenza», in quanto quando qualche tempo fa la Lega aveva espresso l'intenzione di spostare i Ministeri al Nord, esponenti del PD così recitavano. Onorevole Bindi: «Ministeri al Nord ? come Totò, che vende la Fontana di Trevi».
«È il fallimento del nuovo federalismo – diceva Enrico Letta – non è una proposta seria, è solo una trovata elettoralistica che dimostra innanzitutto l'incapacità del centrodestra di cambiare rotta nella loro campagna elettorale, fatta di aggressività, ossimori ed estremismo». Questo era Enrico Letta.
Oggi stiamo spostando una sede da Roma a Torino, quando lo fece ai tempi la Lega con il Governo Berlusconi non sono riusciti ad essere coerenti e hanno approvato al Senato questa magnifica «marchetta» per la città di Torino.
Allora, a questo punto mi chiedo: eravate voi che facevate queste dichiarazioni, perché sono sui vostri profili e sono sotto le vostre agenzie di stampa .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bobba. Ne ha facoltà.
LUIGI BOBBA. Signor Presidente, è davvero singolare che i cantori della Rete, del potere distribuito, diventino invece i sacerdoti della burocrazia ministeriale e centralista ). È davvero singolare che c’è il MoVimento 5 Stelle non si ricordi che ci sono già almeno altre tre che sono presenti sul territorio a Parma, a Milano e a Napoli, e proprio in forza di questa visione policentrica e reticolare del potere amministrativo, in un'epoca in cui grazie alla Rete è possibile lavorare anche a distanza, forse ve ne siete dimenticati ?
Per di più penso che Torino e il Piemonte, dalle ferrovie all'automobile, qualcosa di trasporti sappiano, e voglio dire alla deputata Castelli e al Presidente...
PRESIDENTE. Soprattutto al Presidente, si rivolga alla Presidenza.
LUIGI BOBBA. ... che forse andrebbe richiamata la deputata, che non ha nominato il senatore, ma siccome sono atti pubblici e si sa chi è, il senatore Esposito, forse poco simpatico al MoVimento 5 Stelle perché il senatore Esposito ha dovuto essere scortato grazie alle minacce che i movimenti NO-TAV hanno fatto contro di lui proprio per le sue posizioni chiare su questo tema. Non sarà simpatico a loro ma è coerente nelle sue posizioni.
Credo che proprio per questo la scelta di Torino possa essere una scelta che va nella direzione di una distribuzione del potere degli organi amministrativi del nostro Stato e dall'altro lato una valorizzazione di competenze, di un che viene da lontano e che credo Torino e il Piemonte possano esprimere .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fico. Ne ha facoltà.
ROBERTO FICO. Signor Presidente, giusto per fare una precisazione, sarò velocissimo, rispetto a quello che ha detto il deputato Bobba, ovvero che secondo me, signor Presidente, confonde la rete dei palazzi con la rete Internet, che è proprio un'altra cosa .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cera. Ne ha facoltà.
ANGELO CERA. Signor Presidente, l'importante però è che il Parlamento non si scordi che Foggia è stata fatta già da molto tempo come sede dell'Autorità per l'agroalimentare. Siccome la memoria non deve essere corta – il lenzuolino si allunga al secondo – ricordiamoci, è fondamentale, Foggia. Già rivotato con tre ordini del giorno, con una legge dello Stato, ha bisogno solo, per essere efficiente, di un decreto attuativo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dell'Orco 25.1, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
SERGIO BOCCADUTRI. Signor Presidente, davvero non comprendiamo come il Governo abbia dato parere favorevole al Senato rispetto ad un decreto legislativo di pochissimo tempo fa, che era un decreto legislativo di buona politica, che cioè prevedeva sostanzialmente l'incompatibilità tra gli incarichi nelle pubbliche amministrazioni e gli enti privati di controllo pubblico. Poi, si capisce perché effettivamente in questo senso si interviene per rinviare al futuro – ormai questo è il Governo del rinvio – l'applicazione della norma, ma è davvero incomprensibile, invece, che una norma di buona politica possa essere cancellata da quello che dovrebbe essere invece il «decreto del fare».
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fraccaro. Ne ha facoltà.
RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, colleghi, è una cosa evidente: ormai questo decreto è diventato un vero e proprio essere mitologico, per metà, fatto di norme inutili, per l'altra metà, di compromessi al ribasso; un essere che vi palleggiate ormai tra Camera e Senato, facendovi anche dei dispetti reciproci, come se foste dei bambini arrabbiati...
PRESIDENTE. Fraccaro, si rivolga alla Presidenza.
RICCARDO FRACCARO. Sì, Presidente. Si tratta di un essere che loro si palleggiano tra Camera e Senato, come se fossero dei bambini arrabbiati. Tra le tante schifezze che ci sono dentro questo decreto-legge, tra l'altro, ce n’è una che va ad incidere in maniera negativa sull'incompatibilità e sulla trasparenza negli incarichi della pubblica amministrazione. Mi riferisco all'articolo 29- del «decreto del far melina». L'articolo 29- stabilisce che gli incarichi assunti prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 39 del 2013, che è quello che dà attuazione alle norme anticorruzione, gli incarichi che sono stati assunti prima – anche se in contrasto con la normativa anticorruzione – rimangono in vigore e hanno validità.
Il decreto n. 39 del 2013, ha tentato di evitare le innumerevoli situazioni di incompatibilità, di opacità e di conflitto di interessi – anche se non è perfetto e ha delle lacune, comunque ci ha provato – e voi cercate adesso, in questo momento, di porre un argine a questa deriva contro l'anticorruzione.
Il Governo da una parte riconosce, infatti, che queste situazioni siano causa di criticità nel funzionamento della pubblica amministrazione ma, al contempo, introduce un'amnistia di fatto, una sanatoria. Con questo decreto, chi ha un incarico pubblico che comporta potere di vigilanza su un ente di diritto privato finanziato dalla stessa amministrazione, può avere, al contempo, un incarico in quell'ente o svolgere attività professionali in suo favore. Il controllore e il controllato continuano a coincidere. È questa la dell'emendamento in esame. Con la disposizione transitoria introdotta, gli incarichi dirigenziali attualmente in essere, Presidente, nelle ASL regionali, continuano ad essere compatibili con le cariche in enti finanziati dal Servizio sanitario o con lo svolgimento di attività professionali, addirittura per i coniugi e i parenti. Quindi, una cosa non si può negare: sicuramente questo Governo pensa alla famiglia, questo è chiaro .
Gli incarichi nelle amministrazioni statali, negli enti pubblici, nelle istituzioni locali, continuano ad essere serenamente compatibili con cariche di Governo e con il ruolo di parlamentare. Un consigliere regionale può, quindi, sedere anche nel CdA di un ente pubblico locale, un amministratore delegato di una società a partecipazione statale può occupare la poltrona di Ministro e un deputato può essere presidente di un ente di diritto privato a controllo pubblico.
Ora, noi pensavamo che questo decreto non avesse il requisito, Presidente, della necessità e dell'urgenza. Però, ci sbagliavamo. Ha sicuramente la necessità e l'urgenza: quella di sanare le scandalose incompatibilità che caratterizzano, in maniera patologica, il rapporto tra pubblico e privato; la necessità e l'urgenza di fare gli interessi della casta, salvaguardando le commistioni malsane tra interessi... Quanto mi rimane, Presidente ?
PRESIDENTE. Un minuto.
RICCARDO FRACCARO. Allora, vado a concludere. Si tratta, insomma, di una norma «ad castam», questo è evidente. Il Governo e la maggioranza hanno avuto il coraggio, Presidente, di introdurre questa norma mentre la disoccupazione giovanile è al 40 per cento. Ci sono 4 milioni di precari. Gli italiani hanno stipendi tra i più bassi d'Europa. Questa norma contribuisce ad aumentare la disparità, la forbice tra i ricchi e i poveri. Ci troviamo di fronte alla situazione di persone che hanno due, tre incarichi, pagati con i soldi dei cittadini, e con cittadini, sempre più numerosi, che non arrivano a fine mese.
Ora, noi chiediamo che questa norma impresentabile venga tolta dal presente decreto, anche perché la situazione sociale sta esplodendo, e il MoVimento 5 Stelle non riuscirà ad arginarla per sempre.
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
RICCARDO FRACCARO. Iniziate a prendervi anche voi le vostre responsabilità .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Pilozzi 29-.1 e Fraccaro 29-.3, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, siamo davvero stupiti della modifica apportata dal Senato su questo punto, che prevede di consentire alle regioni di derogare a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968. Lo stupore nasce da quanto previsto dal decreto ministeriale, che dice testualmente: «Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati».
Ora, che in Italia si continui a pensare che lo sviluppo passi attraverso il fatto che si possa derogare a tutte le norme che ci sono, io credo che sia sbagliato, assolutamente sbagliato, e i fatti lo dimostrano; ma che addirittura si possa derogare a quelli che vengono definiti limiti inderogabili, suona assolutamente paradossale. Anche perché io vorrei ricordare che questi limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di distanza tra fabbricati, sono un elemento di grande civiltà; si tratta cioè di quello che prevede che nell'assetto urbanistico delle città ci siano quegli spazi necessari ad assicurare la salubrità del vivere e che possa anche garantire la qualità del nostro tessuto urbano. Ora, se il Governo pensa di poter continuare in materia di pianificazione urbanistica e in materia edilizia, a dare deroghe essenzialmente e fondamentalmente a tutti, io penso che sia una cosa assolutamente sbagliata. Io ritengo che questa norma introdotta dal Senato sia una norma assolutamente incivile, una norma assolutamente sbagliata nel merito e nella sostanza, che può cambiare i nostri centri storici, ne può cambiare l'urbanistica, ne può cambiare la prospettiva, ma soprattutto cambia, e in peggio, la qualità di vita delle persone che devono vivere i nostri centri storici. Per questo io penso che il Governo e la maggioranza farebbero bene a ritornare indietro su questa norma così inopinata, che è stata introdotta al Senato. Sarebbe un segnale di grande intelligenza, sarebbe un grande segnale di civiltà che io mi aspetto da questa Camera
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato De Rosa. Ne ha facoltà.
MASSIMO FELICE DE ROSA. Signor Presidente, mi auguro che si possa efficacemente tornare sulla soppressione dell'articolo 30 del testo, quello che introduce nuove norme edilizie che consentono la demolizione e la ricostruzione con SCIA anche modificando la sagoma degli edifici. La questione non è tecnica, ma di grande rilievo politico. Con quelle norme si abbraccia in modo estremistico una visione della trasformazione urbana puntuale e senza alcuna idea di insieme del risanamento e della cosiddetta rigenerazione urbana. Un'idea di presunto recupero nella quale la pura edilizia uccide l'urbanistica o meglio il puro profitto uccide la prerogativa pubblica di pianificare la trasformazione urbana equilibrando vantaggi privati e benefici pubblici. Con questo tipo di misure si producono diverse conseguenze negative: si stravolge la normativa edilizia in modo puntiforme e senza organicità, producendo confusione e non semplificazione, così com’è accaduto con i vari piani casa; si riduce la possibilità di entrate finanziarie per i comuni.
Vale la pena ricordare che questa stessa norma, inserita lo scorso anno nella legge urbanistica regionale della Lombardia, era stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale, per cui si è ritenuto che modificando la normativa nazionale del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 tutto potesse essere risolto. Falso ! Queste norme sono rozze, sono semplicistiche e tutt'altro che semplificatorie, e chi le sostiene deve ritenere evidentemente che le nostre città possano essere trattate come le megalopoli asiatiche o sudamericane, che spinte da un turbocapitalismo senza civiltà debbono trasformarsi nel giro di pochi anni per recuperare secoli di arretratezza e miseria. Allora, tutto questo – mi rivolgo ai colleghi del PD, i colleghi di SEL so già che sono d'accordo – non lo dice un grillino, uno che non è preparato, per non dire poi le offese che ci ha rivolto l'onorevole Polverini l'altro giorno, questo lo dice Roberto Morassut, responsabile per l'urbanistica del Partito Democratico in una nota di qualche giorno fa Adesso mi chiedo: abbiamo parlato ampiamente in Commissione di queste tematiche con un parere che non valeva niente sul «decreto del fare», perché non abbiano potuto affrontarle approfonditamente in Commissione. In Commissione io ho avuto dei buoni rapporti con i colleghi del PD, con gli onorevoli Braga, Realacci, anche parlando ogni tanto con Civati, Catania, Zan, e tutti sono d'accordo che l'articolo 30 era – non vorrei citare Fantozzi – una stupidaggine pazzesca. Tutti condividevano il fatto di doverlo abrogare o di doverlo cambiare, questo articolo 30, ma nessuno poi ha votato contro. Adesso mi chiedo: voi parlate tanto di Casaleggio o Grillo, ma chi è il burattinaio che vi muove ?
PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza.
MASSIMO FELICE DE ROSA. Io chiedo semplicemente coerenza. Calcolate che i miei colleghi mi considerano quello moderato, però vi è un limite a tutto. Per citare un titolo di un libro, anche le formiche, nel loro piccolo, si incazzano !
Io oggi qui non sono nella posizione di poter fare altro se non denunciare la cosa, mettervela ancora di fronte, sapendo che molti di voi la condividono. Che altro posso fare ? Semplicemente, votate, votate secondo coscienza, oppure andate avanti a scavarvi la fossa !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Schullian. Ne ha facoltà.
MANFRED SCHULLIAN. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che l'articolo 2- del testo unico in materia edilizia, che è stato inserito, sta per essere inserito, nell'articolo 30 con un emendamento approvato dal Senato, assolve la funzione di correre ai ripari di una giurisprudenza che ha cambiato il carattere di una norma.
Il decreto ministeriale n. 1444 è nato come norma urbanistica ed è stato trasformato, soprattutto all'articolo 9, che prevede le distanze, in norma integrativa del diritto civile. È questo che non funziona, che non ha funzionato e che, sostanzialmente, ha comportato il blocco dell'attività edilizia nella provincia di Bolzano.
È giusto che si corra ai ripari di fronte a una giurisprudenza che, inspiegabilmente, ha cambiato il carattere di una norma .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pesco. Ne ha facoltà.
DANIELE PESCO. Signor Presidente, mi sono chiesto: ma questo è un decreto-legge del Governo e diventerà una legge del Parlamento, e quindi dello Stato, o è un decreto di Confindustria e di ANCE ? Sì, perché qui la firma ormai è palese ! Abbiamo articoli che liberalizzano l'edilizia, la liberalizzano in modo deprecabile, e, invece che riuscire a migliorare, a contenere queste misure, come speravamo stesse succedendo al Senato, ebbene no, viene rincarata la dose.
Viene rincarata la dose in modo subdolo, perché leggo il titolo della lettera dell'articolo 30, che recita «Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati», che va a rendere ormai inutile...
PRESIDENTE. Deve concludere.
DANIELE PESCO. ... un decreto ministeriale che non solo imponeva delle distanze minime tra i fabbricati, ma dava molte altre informazioni, tipo quelle riferite alle superfici da rispettare nella redazione dei piani regolatori ...
PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo. La ringrazio.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Zaratti 30.1 e De Rosa 30.5, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MASSIMO FELICE DE ROSA. Signor Presidente, anche qui, come diceva il mio collega Pesco, vengono fuori gli interessi, probabilmente, di una parte. Io non ce l'ho con l'ANCE, ma mi chiedo cosa ci faccia in Commissione ambiente un presidente dell'ANCE della Puglia per l'edilizia sostenibile (così dice sul suo profilo .
Probabilmente, ormai è talmente palese che si portino gli interessi di una parte degli italiani all'interno delle Commissioni, all'interno delle istituzioni, che non ci si vergogna più neanche di queste cose. Non si lasciano neanche gli incarichi da parte per evitare qualunque polemica.
Con questo emendamento noi vorremmo semplicemente che si facesse una perimetrazione, una perimetrazione delle zone dove non si può modificare la sagoma, e che questa perimetrazione non fosse vincolata solo alle zone omogenee A ma a tutto il territorio e, soprattutto, che la perimetrazione possa essere una possibilità per il comune che, se non la esegue, tuteli tutta l'area comunale. Invece adesso il contrario: se il comune non la esegue dovrebbe subentrare un commissario (adesso non è ben definito, perché è una modifica del Senato che rende quasi impossibile la norma, vorrei vedere come potranno applicarla). È un emendamento di buonsenso in un decreto di nonsenso. Votiamo anche su questo. Vediamo cosa ne pensano i nostri amici del PD. Al PdL non mi rivolgo neanche, ma al PD. Mi aspetto che qualcuno...
PRESIDENTE. Lei si rivolge alla Presidenza.
MASSIMO FELICE DE ROSA. Presidente, mi aspetto che qualcuno del PD possa condividere la tutela del territorio, dei piccoli comuni e dei centri storici
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire per dichiarazione di voto il deputato Marchi. Ne ha facoltà.
MAINO MARCHI. Signor Presidente, intervengo solo per dire una cosa. C’è un aspetto strano. Noi abbiamo assistito a dichiarazioni su due emendamenti in cui si parla, qui, di sagome, ma nessuno dei due emendamenti interviene sulle sagome. Il primo emendamento interveniva infatti sulle deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati e quest'ultimo riguarda i termini di validità nonché i termini di inizio e fine lavoro nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui a leggi precedenti. Quindi, la parte che riguardava le sagome, che è stata modificata al Senato, non ha visto emendamenti e qui si parla invece di sagome, ma non è l'oggetto degli emendamenti. E sulle sagome noi abbiamo raggiunto, comunque, un accordo che sostanzialmente è stato confermato nel testo che è stato approvato al Senato, un accordo rispetto al contenuto di questa questione, così come l'avevamo approvata qui alla Camera.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento De Rosa 30.6, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo di abrogare il comma 3- dell'articolo 30, che sostanzialmente dà una proroga di un totale di ulteriori sei anni alle concessioni rilasciate per le lottizzazioni. Chiediamo di abrogarlo perché questo è in contrapposizione, per non dire in contraddizione, con quel poco che si sta facendo in questo Parlamento. Noi abbiamo infatti una proposta di salvaguardia del suolo in Commissione agricoltura a firma Catania, una proposta di salvaguardia del suolo a firma Realacci, PD, in Commissione ambiente, un'altra proposta di salvaguardia del suolo, in particolare dei suoli agricoli, in Commissione ambiente a firma del MoVimento 5 Stelle.
Questo emendamento praticamente va a dire alle del cemento – un omonimo libro che vi invito a leggere – che le lottizzazioni, che già hanno una concessione valida per dieci anni, possono avere una proroga di primi tre anni da quando iniziano i lavori e la conclusione lavori la possono fare anche altri tre anni dopo. Quindi, allunghiamo notevolmente uno scempio ambientale, che porta a lottizzazioni non finite, sia in termini di costruzioni, ma anche di oneri di urbanizzazione di opere primarie e secondarie, ad ulteriori sei anni. Si prendano la responsabilità di questa devastazione paesaggistica, anche perché agiamo prevalentemente nella totalità dei casi in suoli agricoli .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mannino 30.8, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, ritiro l'emendamento 42-.1 da me sottoscritto, ma data la delicatezza e l'importanza del tema lo trasfonderò in un ordine del giorno.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Castelli 46-.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Caso. Ne ha facoltà.
VINCENZO CASO. Signor Presidente, con questo emendamento vogliamo sopprimere tutte queste nuove disposizioni introdotte dal Senato a favore dell'Expo. Penso che conosciate tutti il parere contrario del MoVimento 5 Stelle sull'Expo, ma anche chi è a favore di questo evento dovrebbe chiedersi il motivo di questa aggiunta al Senato. Infatti questo denota la vostra incapacità, la vostra incapacità di legiferare e anche soltanto nell'organizzare questi eventi. Infatti non si capisce perché per un evento, che vi ricordo che è un evento programmato, si debba sempre intervenire con decretazione d'urgenza. Negli scorsi decreti-legge, tutti i decreti che abbiamo votato fino adesso contenevano disposizioni urgenti per l'Expo e non si capisce perché bisogna creare per un evento che, ripeto, è un evento programmato, anche un commissario, come abbiamo fatto nello scorso decreto, e perché bisogna derogare alle norme che nello stesso Parlamento vengono create. Immagino quanti cittadini vogliano in questo momento delle deroghe e, invece, le deroghe vengono create solo per i casi che vi fanno comodo. In particolare, in questo caso addirittura diamo una deroga anche all'IVA che verrà applicata per quanto riguarda l'Expo . Da un lato, abbiamo fatto tanta fatica a rimandare il provvedimento di aumento dell'IVA e, invece, per l'Expo è tutto facile e l'abbassiamo al 10 per cento. Per questo dico: come è possibile ancora una volta – vi ripeto – per un evento programmato dover derogare a delle norme, come abbiamo fatto precedentemente, quando abbiamo derogato a norme in materia ambientale o a norme in materia energetica. Allora, se siete incapaci con le leggi attuali di creare questo evento, diciamolo prima: non lo facciamo questo evento .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Castelli 46-.2, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, intervengo sia su questo emendamento che su quello dopo facendo presente, innanzitutto, che noi, ovviamente, siamo d'accordo sull'evento dell'Expo 2015 e che quindi accogliamo favorevolmente ciò che è stato prodotto dal Senato, ma ci siamo trovati, come ricordava anche il collega Fiano precedentemente, la pessima sorpresa della cancellazione di alcune agevolazioni che vi erano all'interno del Patto di stabilità per gli enti che organizzano l'Expo 2015.
Noi riteniamo siano fondamentali quelle agevolazioni e riteniamo che si debba comunque procedere ad affrontare quella situazione, altrimenti i limiti del Patto di stabilità in una situazione ordinaria per gli enti locali rischiano di bloccare o di limitare l'organizzazione dell'evento.
Con questi due emendamenti cerchiamo di allungare alcune agevolazioni che sono state previste e sono rimaste nel testo arrivato dal Senato e di cercare pertanto di venire incontro alle esigenze dell'evento, degli enti locali e anche dell'indotto che si creerà.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 46-.1, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, sarò velocissimo. Presidente, oggi, stiamo assistendo all'ennesima pagina, all'ennesima brutta storia di questo Parlamento e volevo rassicurare i colleghi del PD, visto che prima parlavano sulla questione dell'emendamento che sposta, di fatto, da Roma a Torino tutto quel bel po’ di roba che abbiamo denunciato, che, nel momento in cui si parla nel MoVimento 5 Stelle di Rete e, quindi, di utilizzo della Rete, a questo punto, vista anche la blindatura di fatto di questo testo con cui è arrivato qui per l'ennesima volta alla Camera, potremmo anche pensare di trasferire il Parlamento da Roma a casa nostra, perché tanto, alla fine, pigiare i tasti lo si può fare tranquillamente da casa anche tramite Internet ! Quindi, questo non è assolutamente un problema e, probabilmente, andremo anche a risparmiare sui costi della Camera che, tante volte, ci vengono rimproverati, visto che noi vogliamo allungare, invece, i lavori della Camera stessa.
In merito alla questione dell'emendamento in esame, Presidente, questo emendamento parla della Civit, che è quella commissione che va a tutelare la trasparenza e il funzionamento degli enti. Quindi, da questo punto di vista, semplicemente, si chiedeva nell'emendamento non solo di rendere quelli che erano i pareri della Civit obbligatori, ma anche, e soprattutto, vincolanti. Ma, alla fine, Presidente, anche in questo senso, sappiamo che ci scontreremo contro l'ennesimo muro fatto da questa maggioranza relativamente a questo emendamento.
E per questo, allora, voglio dire che, probabilmente, la rappresentazione vera di quello che stiamo facendo in quest'Aula è quello che è accaduto questa mattina nelle Commissioni affari costituzionali e bilancio riunite, dove, ad un certo punto, nella votazione di un emendamento, si è assistito a tutta una serie di facce – che erano quelle della maggioranza – poche, spaventate, terrorizzate, perché, in un emendamento stavano di fatto perdendo e stavano andando sotto rispetto a quella che era la minoranza. Cioè, la maggioranza stava, di fatto, perdendo la blindatura di un atto, che, a quel punto, sarebbe stato costretto a tornare, di fatto, al Senato.
E, allora, io, in barba a quello che ogni giorno questa maggioranza fa nei confronti delle opposizioni per un discorso democratico, voglio loro rivolgere un saluto, un accoglimento nei loro confronti, che stamattina, di fatto, mi è venuto spontaneo nel momento in cui guardavo la loro faccia. È quello di un noto conduttore televisivo che, quando parla di gialli, si gira nei confronti di quelli che sono i telespettatori. E io mi giro nei confronti di questa maggioranza e rivolgo questo invito: paura, eh ?
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Ambrosio 54-.1, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, l'emendamento in questione vuole ripristinare la norma così com'era stata approvata alla Camera all'articolo 73. Chiariamo subito che la modifica apportata al Senato chiude il cerchio di una norma che non solo è illogica e, da un punto di vista giuridico, altamente censurabile, ma è una norma assolutamente immorale e vado a spiegare perché, perché oggi, qui, ci dobbiamo prendere la responsabilità di quello che stiamo approvando con questa norma. Facciamo il punto dell'articolo 73. Praticamente, il Governo si trova di fronte ad una situazione di eccessivo carico di giudizi nei tribunali. Ovviamente cosa fa ? Cerca di acquisire nuovo personale tramite concorso come si farebbe in qualsiasi Stato normale ? Assolutamente no, consapevole della situazione di disoccupazione giovanile, consapevole del fatto che i giovani in questo Paese non hanno più una prospettiva, il Governo decide di assumere giovani a costo zero. Praticamente la logica è questa: io chiamo i giovani, per 18 mesi li faccio lavorare nei tribunali, cerco di farmi aiutare a smaltire il carico dei contenziosi e non li pago. Per 18 mesi ! Io mi chiedo con quale faccia questo Parlamento può andare a censurare un datore di lavoro che per 18 mesi sfrutta manodopera giovanile sottopagandola, oppure pagandola a nero quando poi noi facciamo la stessa cosa per smaltire i contenziosi del tribunale !
Abbiamo ovviamente proposto che venisse inserita una borsa di studio e ci è stato posto un «no» chiaro. Abbiamo proposto un'indennità, abbiamo proposto una forma di assicurazione, assolutamente nulla; come al solito si è alzato un muro che non è più, nemmeno, un muro di gomma, ormai è un muro di cemento armato contro cui si scontrano tutti i sogni delle nuove generazioni in Italia e di questo muro siete voi i costruttori ! Perché dopo che le nostre proposte sulla possibilità di pagare e di dare almeno un rimborso spese a questi giovani, dopo che queste proposte erano state ovviamente non accettate e rigettate al mittente, la norma va al Senato. Al Senato cosa succede ?
Succede che l'unico vantaggio che avevano questi giovani era quello di poter accedere al concorso in magistratura dopo aver fatto questo di tirocinio. Adesso, dopo la modifica apportata dal Senato, i giovani, dopo aver fatto diciotto mesi di devono fare un anno di scuola di specializzazione per accedere al concorso in magistratura. Ovviamente qual è la motivazione ? Lo sappiamo tutti: le scuole di specializzazione, nel passaggio dalla Camera al Senato, hanno pressato le forze politiche perché inserissero questa modifica, perché è ovvio che a quel punto tutti i ragazzi sarebbero andati nei tribunali e non sarebbero andati più a pagare soldi nelle scuole di specializzazione . Ma noi no ! Figuriamoci ! E abbiamo introdotto questa norma. A parte che, ovviamente, in Commissione siamo tutti d'accordo sul fatto che questa modifica non doveva essere approvata, ma vorrei capire, da chi sta in Parlamento da tanto tempo, perché – se il MoVimento 5 Stelle, il PD, il PdL e anche il Governo su questo emendamento sono d'accordo, cioè sul fatto che la modifica al Senato non dovesse essere approvata – il tabellone dell'emiciclo si colorerà di due colori diversi e non sarà tutto di un unico colore. Non lo capisco, spero un giorno di capirlo . Poiché il rischio, quando si entra qua dentro, è di rimanere alienati da una realtà che poi non si può più migliorare – perché dal monte Olimpo non si può più migliorare la realtà – vi chiedo per un attimo di immaginare un ragazzo di ventiquattr'anni che finisce gli studi, che è neo-laureato, che non ha nessuna prospettiva, ma che ama questo Paese, vuole rimanere a lavorare e decide di andare in tribunale, decide di passare diciotto mesi della sua vita senza nessuna garanzia per aiutare i tribunali nello smaltimento del lavoro e che dopo diciotto mesi deve fare un anno di scuola di specializzazione pagando per poter accedere al concorso in magistratura, a questo punto, dopo che avete immaginato quel ragazzo, immaginate per un solo istante che sia vostro figlio e poi votate .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bonafede 73.50, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati .
GUIDO GUIDESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, intervengo solo per dirle che sarebbe opportuno avere i testi...
PRESIDENTE. I testi sono in distribuzione.
Qual è il parere del Governo ?
Chiedo di liberare i banchi del Governo, per favore. Prego.
ALBERTO GIORGETTI, . Signor Presidente, per l'ordine del giorno Rostan n. 9/1248-B/1, vorrei proporre una riformulazione: «impegna il Governo ad assumere tutte le iniziative che garantiscano l'attuazione di una complessiva strategia di contrasto al fenomeno», eccetera eccetera. Se così riformulato, il parere è favorevole. L'ordine del giorno Laffranco n. 9/1248-B/2 è accolto come raccomandazione. L'ordine del giorno Coppola n. 9/1248-B/3 viene accettato.
Sull'ordine del giorno Prataviera n. 9/1248-B/4 propongo la seguente riformulazione: «a prevedere, nell'ambito del disegno di legge delega di riforma fiscale, regimi agevolati per l'acquisto di carburanti impiegati per l'alimentazione di macchine utilizzate», e così via. Se così riformulato, il parere è favorevole, viene accolto. Sull'ordine del giorno Molteni n. 9/1248-B/5 propongo la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare l'adozione di un provvedimento normativo correttivo», e così via. Se così riformulato, il parere è favorevole, viene accolto. Gli ordini del giorno Carrescia n. 9/1248-B/6, Dal Moro n. 9/1248-B/7 e Centemero n. 9/1248-B/8 sono accettati.
Sull'ordine del giorno Biasotti n. 9/1248-B/9 propongo la seguente riformulazione: «impegna il Governo ad individuare indirizzi operativi che impegnino le autorità portuali», e così avanti fino alla fine. Se così riformulato, viene accolto. Sull'ordine del giorno Marotta n. 9/1248-B/10 propongo la seguente riformulazione: «impegna il Governo a reperire le risorse per il contributo pubblico necessario alla realizzazione degli impianti di trasporto e distribuzione del gas naturale nel parco del Cilento». Se così riformulato, il parere è favorevole. Per quanto riguarda l'ordine del giorno Pagano n. 9/1248-B/11 dal dispositivo, il Governo propone di espungere «a verificare l'esattezza di quanto esposto in premessa». Tolta questa parte, il parere è favorevole. Sugli ordini del giorno Squeri n. 9/1248-B/12 e Palmieri n. 9/1248-B/13 il parere è favorevole. Sull'ordine del giorno Di Gioia n. 9/1248-B/14 propongo la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare l'adozione di opportune iniziative volte a chiarire», eccetera. Se così riformulato, il parere è favorevole.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Lenzi n. 9/1248-B/15, mentre accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Quartapelle Procopio n. 9/1248-B/16. Il Governo propone per l'ordine del giorno De Menech n. 9/1248-B/17 la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare la possibilità che, nell'ambito della complessiva riforma della disciplina dell'imposizione fiscale (...)». Se così riformulato, il parere è favorevole. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Mauro Guerra n. 9/1248-B/18, purché così riformulato: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di definire modalità e criteri per garantire (...)». Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Bruno Bossio n. 9/1248-B/19, Tullo n. 9/1248-B/20 e Boccuzzi n. 9/1248-B/21, mentre accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Mongiello n. 9/1248-B/22. Il Governo propone la seguente riformulazione per l'ordine del giorno Garofani n. 9/1248-B/23: togliere dal dispositivo le parole «e limitare» e sostituirle con «razionalizzando». Se così riformulato, il parere è favorevole. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Oliaro n. 9/1248-B/24 e accetta l'ordine del giorno Gitti n. 9/1248-B/25. Il Governo propone per l'ordine del giorno Fiano n. 9/1248-B/26 la seguente riformulazione del dispositivo: «a valutare gli effetti della disposizione richiamata in premessa, al fine di prevedere con apposita norma l'eventuale esclusione dal Patto di stabilità delle spese realizzate dal comune di Milano». Se così riformulato, il parere è favorevole. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Capodicasa n. 9/1248-B/27 se così riformulato: «impegna il Governo a valutare la predisposizione di un nuovo atto normativo, in considerazione del permanere dello stato di proroga dei termini di sospensione». Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Iacono n. 9/1248-B/28 se così riformulato: «impegna il Governo a valutare l'emanazione di normative» e così via. Il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Verini n. 9/1248-B/29 e Chiarelli n. 9/1248-B/30.
Ora prosegue la mia collega.
PRESIDENTE. Prego. Deputati, io vi invito a tenere un po’ di silenzio in Aula e soprattutto a liberare i banchi del Governo, tra l'altro non riusciamo neanche a sentire i pareri per il rumore che si sta facendo. Prego.
SESA AMICI, Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Ferranti n. 9/1248-B/31 con questa riformulazione: nel dispositivo, dopo le parole «presso l'Avvocatura dello Stato», aggiungere le parole «e quella forense». Con questa riformulazione sarebbe accolto. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Gregori n. 9/1248-B/32 e accetta gli ordini del giorno Di Salvo n. 9/1248-B/33 e Bratti n. 9/1248-B/34, mentre accoglie, con la seguente riformulazione, l'ordine del giorno Mariani n. 9/1248-B/35: «senza spese a carico dello Stato». Il Governo esprime un invito al ritiro sull'ordine del giorno Malisani n. 9/1248-B/36, altrimenti il parere è contrario, mentre accoglie l'ordine del giorno Pellegrino n. 9/1248-B/37 purché così riformulato: «a valutare la possibilità, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio». Il Governo accetta l'ordine del giorno Brandolin n. 9/1248-B/38, con la seguente riformulazione: «a valutare la possibilità, con un proprio intervento normativo», e accoglie l'ordine del giorno Piccoli Nardelli n. 9/1248-B/39, come raccomandazione se nella formulazione: dopo la parola «il rilancio» seguono le parole «delle infrastrutture culturali».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Zanetti n. 9/1248-B/40 con la seguente riformulazione del dispositivo: «impegna il Governo a valutare la possibilità di (...)» e così via. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Ferro n. 9/1248-B/41. Il Governo accetta l'ordine del giorno Palese n. 9/1248-B/42, con la seguente riformulazione del dispositivo: «impegna il Governo a valutare la possibilità dopo il decreto-legge di applicare i piani di azionariato diffuso». Il Governo accetta l'ordine del giorno Sisto n. 9/1248-B/43. Il Governo accetta l'ordine del giorno Boccia n. 9/1248-B/44, con la seguente riformulazione del dispositivo: «impegna il Governo a valutare la possibilità all'avvocato (...)».
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno D'Incecco n. 9/1248-B/45.
Il Governo invita i presentatori al ritiro dell'ordine del giorno Rubinato n. 9/1248-B/46, altrimenti il parere è contrario. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Braga n. 9/1248-B/47. Il Governo accetta l'ordine del giorno Pizzolante n. 9/1248-B/48, con la seguente riformulazione del dispositivo: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di (...)». Il Governo accetta l'ordine del giorno Balduzzi n. 9/1248-B/49, con la seguente riformulazione del dispositivo: «impegna il Governo con ulteriori provvedimenti a valutare gli effetti, derivanti dall'applicazione della disposizione introdotta dall'articolo 42-, e a verificare se si dovessero rendere necessari ulteriori provvedimenti».
PRESIDENTE. Un'unica osservazione: la riformulazione dell'ordine del giorno Pizzolante n. 9/1248-B/48 è già contenuta nel testo. Quindi, l'ordine del giorno Pizzolante si considera accettato ?
SESA AMICI, Sì, signor Presidente.
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, per dire che, salvo casi eccezionali che le verranno segnalati, noi accettiamo le riformulazioni, le raccomandazioni e non chiediamo la votazione dei nostri ordini del giorno che non hanno pareri difformi da quanto detto.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Rostan n. 9/1248-B/1, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Laffranco n. 9/1248-B/2, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Coppola n. 9/1248-B/3, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Prataviera n. 9/1248-B/4, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Molteni n. 9/1248-B/5, accettato dal Governo, purché riformulato. Deputati, vi invito ad abbassare il tono della voce.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, non accetto la riformulazione proposta dal Governo perché, con questo ordine del giorno, noi chiediamo, da un lato, la riforma della geografia giudiziaria, tanto per intenderci la soppressione di circa mille uffici giudiziari...
PRESIDENTE. Deputato, mi scusi un attimo. Siccome il problema è stato manifestato anche dal Governo: bisogna liberare i banchi del Governo. Per favore, colleghi, bisogna liberare i banchi del Governo ! Malisani, per favore ! Prego, collega Molteni.
NICOLA MOLTENI. Grazie Presidente, continuo, dicendo che, con questo ordine del giorno, noi chiediamo, da un lato, che venga corretta la riforma della geografia giudiziaria, tanto per intenderci quella riforma che sopprime e cancella 31 tribunali e, complessivamente, mille uffici giudiziari.
Noi chiediamo un decreto correttivo e chiediamo anche la proroga di un anno della riforma medesima, che entra in vigore il 13 settembre del 2013, cioè tra un mese. Voglio ricordare che un ordine del giorno analogo è stato approvato da tutte le forze politiche che siedono in Senato.
Quindi, chiedo, o che il Governo modifichi la riformulazione – perché altrimenti abbiamo un Governo che dice una cosa alla Camera e una cosa al Senato – o che comunque accetti anche la proroga.
Siccome su questo tema si sta discutendo da molto tempo, io credo che questa sia l'occasione migliore per poter dimostrare che alle parole, ovvero alla volontà manifestata da tutte le forze politiche di chiedere al Ministro Cancellieri la proroga di un anno dell'entrata in vigore delle riforma, seguano anche dei fatti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zolezzi. Ne ha facoltà.
Chiedo al deputato Fiano di allontanarsi dai banchi del Governo. Collega Fiano...Prego, deputato Zolezzi.
ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, volevo solo, se possibile, sottoscrivere questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, anch'io vorrei sottoscrivere l'ordine del giorno riconfermando, appunto, che al Senato è stato approvato un ordine del giorno di questa natura e noi siamo profondamente convinti che la riforma che si sta attuando è una riforma sbagliata, inorganica e, quindi, vi è la necessità di avere un tempo necessario per riformulare e riguardare meglio la riforma.
Pertanto, gradirei apporre la firma a questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Verini. Ne ha facoltà.
WALTER VERINI. Signor Presidente, noi non siamo d'accordo con questo ordine del giorno e abbiamo sottoscritto e presentato, assieme ai capigruppo in Commissione giustizia di PdL e Scelta Civica – e si aggiunta anche la firma del collega Sannicandro di SEL –, un ordine del giorno che noi riteniamo più completo, più efficace, perché invita il Governo ad andare avanti sulla strada delle riforma, che noi consideriamo comunque necessaria, tuttavia con delle correzioni che, ove accolte, certamente potranno contribuire a riformare la geografia giudiziaria, a non rallentarla, ma a correggerne gli errori in essa contenuti.
Per questo esprimiamo voto contrario, con queste motivazioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Costa. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA. Signor Presidente, io ho letto con attenzione questo ordine del giorno e, anche per coerenza, voterò a favore. Io ho sottoscritto una proposta di legge, già presentata da tempo, che prevede la proroga di un anno della normativa legata alla soppressione dei tribunali. Perché abbiamo chiesto la proroga ? L'abbiamo chiesta perché ci siamo resi conto che in moltissime strutture giudiziarie cosiddette accorpanti non c'erano le condizioni per accorpare alcunché. In buona sostanza, si era previsto l'accorpamento, ma mancavano le stanze, mancavano le ubicazioni per i magistrati, mancavano le sale per le udienze. Questo non è ancora stato realizzato perché, benché questa riforma sia prevista come un risparmio di risorse, è una riforma che necessita di tantissime strutture e, quindi, di tantissime somme da destinare a queste strutture.
Io chiederei al sottosegretario, se possibile, di tornare indietro sulla sua valutazione e prevedere l'accoglimento di questo ordine del giorno. Sarà, poi, il Governo a fare le sue valutazioni successivamente.
PRESIDENTE. Quindi, deputato Molteni, da quanto ho capito non accetta la riformulazione e insiste per la votazione ? Il Governo non interviene. Bene, prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Molteni n. 9/1248-B/5.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Molteni n. 9/1248-B/5, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, mi sembra strano che il Governo proponga la riformulazione, per il semplice motivo che l'ordine del giorno che abbiamo presentato esplicita in modo – credo – chiarissimo quello che poi è stato determinato al Senato con l'articolo 29-, dove si dice chiaramente che le disposizioni di cui ai capi 5 e 6 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, ossia gli incarichi conferiti e i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto, verranno ad essere prorogati. Allora, se questo è, significa in buona sostanza che tutti i dirigenti pubblici che sono previsti nell'articolo 12 e nell'articolo 13 dello stesso decreto n. 39 del 2013, in cui sono stati inseriti anche i cosiddetti responsabili di strutture complesse delle ASL, secondo la delibera del Civit, sono automaticamente esclusi dalla incompatibilità. Allora, chiederei al Governo di riguardarsi un attimo la norma e di non proporre la riformulazione, perché questa è una chiara espressione di fare in modo che vi sia chiarezza nell'esposizione e nell'articolato dello stesso articolo 29. Quindi, chiederei al Governo di poter riverificare appunto quella riformulazione.
PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, il Governo non interviene, quindi le chiedo se accetti la riformulazione o insista per la votazione.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, mi sembra quanto mai strano che un provvedimento del Governo...
PRESIDENTE. Colleghi, per favore. Dal momento che il Governo non interviene, io le chiedo se accetta la riformulazione o insiste per la votazione.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, insisto per la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Gioia n. 9/1248-B/14, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MAURO GUERRA. Signor Presidente, si tratta di un ordine del giorno con il quale si impegna il Governo a dare continuità, a valere sui fondi del prossimo programma di coesione, sui fondi strutturali europei del prossimo programma di coesione, al programma, che è definito annuale da questo provvedimento, «6.000 Campanili», di investimenti e di finanziamenti nei piccoli comuni italiani, 100 milioni.
Devo dire che insisto per una ragione anche di metodo. Abbiamo fatto una lunga discussione, questa mattina, in Commissione bilancio su come ci siamo trovati a riesaminare questo provvedimento di ritorno dal Senato, con una serie di interventi che hanno modificato pesantemente punti sui quali si era raggiunta una convergenza importante nell'esame della Commissione e sui quali era stata posta la fiducia dal Governo.
Questo ordine del giorno richiama un emendamento che aveva ricevuto in Commissione bilancio, alla Camera, il parere favorevole del Governo e che era entrato nel testo sul quale è stata posta la fiducia. Ora, non trovo ragionevole che, davanti a questa situazione, il Governo ora chieda di riformulare l'ordine del giorno con la formula «valutare l'opportunità di dare continuità al programma 6.000 Campanili».
L'ordine del giorno è un atto di indirizzo: o si dice di sì o si dice di no, a questo punto.
PRESIDENTE. Bisogna liberare i banchi del Governo.
MAURO GUERRA. La valutazione di questa opportunità è sempre nella disponibilità del Governo. Per cui, se l'ordine del giorno sarà respinto, non vi è problema. Credo che il Governo dovrà comunque valutare l'opportunità di dare continuità a quel programma e vi è un'indicazione precisa.
Se sarà votato dall'Aula, credo che il Governo continuerà nell'impegno che era stato già votato da quest'Aula in occasione del passaggio dell'esame in questo ramo del Parlamento del decreto che stiamo esaminando.
ALBERTO GIORGETTI, Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI, . Signor Presidente, intervengo solo per una questione di precisione. Il motivo per cui si è intervenuti al Senato sull'argomento non è stato un motivo, ovviamente, politico, di navetta, come può essere capitato su altre norme, ma sappiamo che su questo vi è stato un intervento preciso da parte della Ragioneria generale dello Stato di revisione della valutazione, che ci ha portato a dover fare un intervento che ha espunto il testo.
È proprio per questo che il Governo ha presentato in questa sede rispetto a un ordine del giorno l'intervento di valutazione, e quindi una riformulazione nel senso di «valutare l'opportunità di». Posso riformulare, al massimo, l'ordine del giorno, comprendendo la rilevanza politica dell'intervento, prevedendo di riformulare il dispositivo nel seguente modo: «compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica a definire modalità e criteri per garantire la continuità (...)».
Almeno questo, perché significa essere rispettosi delle valutazioni della Ragioneria, fatte in quella sede e non in questa.
PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se accetti l'ulteriore riformulazione dell'ordine del giorno Guerra n. 9/1248-B/18.
MAURO GUERRA. Signor Presidente, accetto la riformulazione.
PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Bruno Bossio n. 9/1248-B/19, Tullo n. 9/1248-B/20 e Boccuzzi n. 9/1248-B/21, accettati dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Mongiello n. 9/1248-B/22, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Garofani n. 9/1248-B/23, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Oliaro n. 9/1248-B/24, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Gitti n. 9/1248-B/25, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Fiano n. 9/1248-B/26, accettato dal Governo, purché riformulato.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, suggerisco una modifica alla proposta di riformulazione che è stata fatta dal Governo. La leggo. L'impegno del Governo sarebbe: «a valutare gli effetti della disposizione richiamata in premessa, al fine di prevedere che con apposita norma, necessariamente urgente e compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, sia prevista l'esclusione dal Patto di stabilità delle spese realizzate dal comune di Milano e dai comuni della provincia di Milano e successivamente ricompresi nell'istituenda area metropolitana per la realizzazione di Expo 2015, finanziate con le entrate derivanti dall'imposta di soggiorno».
ALBERTO GIORGETTI, Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI, . Signor Presidente, con il rispetto degli equilibri di finanza lo accettiamo, perché si tratta dello stesso problema che ho evidenziato rispetto all'ordine del giorno di prima. Quindi, l'obiettivo della riformulazione «a valutare l'opportunità di» era in tal senso. Se prevediamo l'inciso «rispettando gli equilibri di finanza pubblica», rispettiamo anche la valutazione della Ragioneria.
PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accettino l'ulteriore riformulazione dell'ordine del giorno Fiano n. 9/1248-B/26.
EMANUELE FIANO. Sì, signor Presidente.
GIRGIS GIORGIO SORIAL. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà
GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, intervengo per evidenziare come sia ancora più strano su un decreto del genere...
PRESIDENTE. Allora, scusi Sorial. Ho sbagliato...
GIRGIS GIORGIO SORIAL. Intervengo sull'ordine del giorno, Presidente.
PRESIDENTE. Si. Lo so. Siccome non c’è votazione, non c’è neanche la possibilità di una sua dichiarazione di voto in questo caso, quindi non posso darle la parola.
GIRGIS GIORGIO SORIAL. La ringrazio, Presidente.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Capodicasa n. 9/1248-B/27, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Iacono n. 9/1248-B/28, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Verini n. 9/1248-B/29, accolto dal Governo come raccomandazione.
WALTER VERINI. Signor Presidente, invito il Governo a rivedere questo accoglimento come raccomandazione. Noi chiediamo che il Governo accolga pienamente l'ordine del giorno. In caso contrario chiederemmo di metterlo ai voti.
PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo chiede di intervenire. Ne ha facoltà.
COSIMO MARIA FERRI, . Signor Presidente, devo dire che l'ordine del giorno presentato e illustrato dall'onorevole Verini riprende in parte argomenti già contenuti in un ordine del giorno presentato ieri al Senato dai senatori Lumia e Caliendo. Su quell'ordine del giorno al Senato il Governo ha dato parere favorevole. Quindi, in considerazione dell'invito dell'onorevole Verini, devo dire però che per mantenerlo come ordine del giorno e dare il parere favorevole del Governo, come è stato fatto ieri al Senato, occorre secondo me in parte riformularlo, laddove si suggerisce un'ipotesi come correzione, che è quella di istituire, al posto dei tribunali, delle sezioni distaccate in modo automatico. Io ritengo che sia corretto, anche in linea con l'ordine del giorno di ieri del Senato, che si stimoli l'impegno del Governo «ad emanare un decreto correttivo del decreto legislativo n. 156, oppure, nell'ambito delle sue prerogative, un apposito atto che preveda tra gli altri, correttivi indicati dalle commissioni di merito.». Non dimentichiamoci che abbiamo due pareri delle Commissioni della Camera e del Senato su cui lavorare o, comunque, anche altre proposte che possono provenire, ma questa vincola e prevede una sola soluzione e, quindi, mi sembra che su questo occorra certamente fare una riformulazione, perché qui si ipotizza solo, e si prevede, di far diventare i tribunali soppressi sezioni distaccate. Quindi invito chi ha sottoscritto l'ordine del giorno a riformularlo togliendo l'ultima parte e facendo terminare il dispositivo con l'espressione «Commissioni di merito».
PRESIDENTE. Onorevole Verini, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1248-B/29, accettato dal Governo, purché riformulato ?
Deputato Di Gioia, le chiedo, se possibile, di liberare i banchi del Governo.
WALTER VERINI. Signor Presidente, apprezzo molto lo sforzo del sottosegretario che peraltro è sempre presente in Commissione e ci assiste nei lavori. Tuttavia, per un elemento di sana chiarezza e di collaborazione sia tra i rami dei Parlamento che con il Governo credo che sia utile metterlo ai voti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Verini n. 9/1248-B/29, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
DONATELLA FERRANTI. Vorrei avere conferma della riformulazione.
SESA AMICI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SESA AMICI, Nella parte del dispositivo al quarto rigo, dove si dice: «prevede che l'esito positivo del tirocinio presso gli uffici giudiziari e presso l'Avvocatura dello Stato e quella forense». Si tratta di aggiungere solo le parole: «e quella forense».
PRESIDENTE. Onorevole Ferranti, insiste per la votazione ?
DONATELLA FERRANTI. No, non insisto, insisto invece sul fatto che il Governo cerchi di rimediare, attraverso questo impegno che ha preso a breve, con riferimento a questa soppressione che c’è stata al Senato del comma 12, una soppressione a cui non si opposta nessuna forza politica. Lo dico ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, che oggi hanno ripresentato l'emendamento Buonafede 73.50, io non ho votato, non ho partecipato al voto, solo per senso di responsabilità, ma questo è stato il dispositivo oggi...
PRESIDENTE. La ringrazio. Siccome non si vota lei dovrebbe dire solo se accoglie la riformulazione.
DONATELLA FERRANTI. Vorrei anche finire il mio pensiero, signor Presidente.
PRESIDENTE. Se ci fosse stata una votazione avrebbe potuto fare la dichiarazione di voto.
DONATELLA FERRANTI. Allora, chiedo che si metta ai voti.
PRESIDENTE. Chiede che sia messo ai voti ?
DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, visto che non ho parlato prima, è una cosa rilevante...
PRESIDENTE. Questa è una regola che abbiamo applicato per tutte quante le forze politiche, può chiedere a chi vuole, quindi se vogliamo mettere ai voti l'ordine del giorno così come riformulato... mi faccia capire cosa vuole fare.
DONATELLA FERRANTI. Volevo solo garantirmi che questo impegno sia assoluto...
PRESIDENTE. Ma è chiaro, è chiaro. Lei accoglie la riformulazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Gregori n. 9/1248-B/32, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Salvo n. 9/1248-B/33, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Bratti n. 9/1248-B/34, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Mariani n. 9/1248-B/35, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Malisani n. 9/1248-B/36 formulato dal Governo.
GIANNA MALISANI. Signor Presidente, chiedo al Governo, al sottosegretario se può rivedere il parere su questo ordine del giorno, che noi consideravamo come atto di indirizzo al Governo, in quanto non mette in discussione il contenuto dell'articolo 30, su cui secondo me è stata fatta molta confusione e su cui la Camera e il Senato hanno lavorato in modo egregio, anche arrivando a un testo condivisibile. È semplicemente un atto di indirizzo, dove diciamo che gli interventi previsti che naturalmente si possono fare siano fatti nel rispetto del contesto architettonico dei centri storici. Quindi, chiedo di rivedere il parere.
SESA AMICI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SESA AMICI, Se la collega accetta che nel dispositivo ci si fermi al terzo riga, ossia: «che la norma non si traduca in un'ulteriore ferita per il patrimonio architettonico dei centri storici e per il patrimonio paesaggistico del Paese.», verrà accolto come raccomandazione.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Malisani n. 9/1248-B/36, accolto dal Governo come raccomandazione. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Pellegrino n. 9/1248-B/37, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Brandolin n. 9/1248-B/38, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Piccoli Nardelli n. 9/1248-B/39, accolto dal Governo come raccomandazione.
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Zanetti n. 9/1248-B/40, accettato dal Governo, purché riformulato.
SESA AMICI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SESA AMICI, Rivedendo l'ordine del giorno, credo che si possa accogliere senza alcuna riformulazione.
PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Zanetti n. 9/1248-B/40, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Ferro n. 9/1248-B/41, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Palese n. 9/1248-B/42, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Sisto n. 9/1248-B/43, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Boccia n. 9/1248-B/44, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno D'Incecco n. 9/1248-B/45, accolto dal Governo come raccomandazione.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Rubinato n. 9/1248-B/46 formulato dal Governo.
SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, intervengo e devo rubare due minuti all'Aula perché, a mio parere, questa norma di cui l'ordine del giorno in esame chiede al Governo, nel primo provvedimento utile, di assumere una chiarificazione interpretativa è il comma 3- dell'articolo 30, aggiunto al Senato che non era passato qui alla Camera e che impone automaticamente una proroga al termine di validità delle lottizzazioni e degli accordi urbanistici. Si tratta di una norma politicamente, insopportabilmente neocentralista. Sul piano poi più concreto, presenta profili di incostituzionalità perché viola la competenza urbanistica delle regioni in materia di accordi urbanistici.
Dopodiché ancora interviene su accordi tra privati proponenti ed enti locali già approvati dai consigli comunali e sottoscritti dalle parti. Questi accordi molto spesso si tratta di accordi a fronte di trasformazioni urbanistiche che comportano riqualificazioni di aree urbane e opere pubbliche a vantaggio delle comunità locali.
PRESIDENTE. Deputata, scusi se la interrompo. Siccome si è creato questo uso di interventi atipici di appello al Governo per le modifiche. Però non vorrei che si trasformassero in una dichiarazione di voto. Quindi, magari...
SIMONETTA RUBINATO. Mi scusi, vorrei che la Camera, siccome le chiedo la votazione, vorrei sapesse che cosa sta votando...
PRESIDENTE. Non me l'ha detto. Allora lei insiste per la votazione ? Mi scusi...
SIMONETTA RUBINATO. Ha ragione, Dunque, il tema è davvero delicato e sarà fonte di problemi per i comuni, perché molti dei piani triennali delle opere pubbliche, oggi, con il taglio dei trasferimenti e i vincoli del Patto di stabilità, si reggono sui benefici pubblici di questi accordi. Sarà fonte di contenzioso giuridico perché i privati chiederanno automatiche proroghe e i comuni non potranno contrattare, nell'ambito della proroga, altre modalità attuative dei benefici pubblici. Allora, questo comporterà e mi stupisce che il Governo ...
SESA AMICI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SESA AMICI, Signor Presidente, l'invito al ritiro era dettato fondamentalmente da un giudizio di incostituzionalità su una norma approvata dal Senato che, ovviamente, essendo una competenza concorrente con le regioni, spetterà poi alle regioni valutare. Se la collega accetta che si salvaguardino i due primi capoversi delle premesse e che il dispositivo termini con le parole «ad elaborare ed inserire nel primo provvedimento utile una norma che chiarisca l'interpretazione del comma 3- dell'articolo 30» il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Rubinato n. 9/1248-B/46.
PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Rubinato n. 9/1248-B/46.
SIMONETTA RUBINATO. Dove termina la riformulazione ?
PRESIDENTE. La deputata Rubinato chiede un chiarimento.
SESA AMICI, Rimangono i capoversi della premessa, quindi, espungendo tutti giudizi, e il dispositivo termina a «impegna il Governo di inserire nel primo provvedimento utile una norma che chiarisca l'interpretazione del comma 3- dell'articolo 30».
PRESIDENTE. Deputati, cortesemente.
SIMONETTA RUBINATO. E viene accolto non come raccomandazione, ma è accettato come ordine del giorno ?
PRESIDENTE. No, fermatevi un attimo, deputati...non si può trasformare in una contrattazione...
SESA AMICI, Il Governo accetta l'ordine del giorno Rubinato n. 9/1248-B/46, riformulato.
PRESIDENTE. Prendo dunque atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Rubinato n. 9/1248-B/46, accettato dal Governo nel testo riformulato.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Braga n. 9/1248-B/47, accolto dal Governo come raccomandazione.
Deputati però vi invito a non urlare, altrimenti...
CHIARA BRAGA. Chiedo conferma al sottosegretario Sesa Amici, perché mi sembrava di aver capito che l'ordine del giorno n. 9/1248-B/47 fosse accettato dal Governo, e non accolto come raccomandazione.
SESA AMICI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SESA AMICI, Signor Presidente, ha ragione l'onorevole Braga. L'ordine del giorno n. 9/1248-B/47 è accettato dal Governo.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Braga n. 9/1248- B/47, accettato dal Governo.
GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo vuole parlare ?
GIANLUCA BUONANNO. Su quello che è il provvedimento.
PRESIDENTE. No, aspetti, se non c’è votazione, non c’è dichiarazione di voto. Un attimo solo. Ordine del giorno Pizzolante n. 9/1248-B/48: accettato dal Governo. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione.
Ordine del giorno Balduzzi n. 9/1248-B/49: parere favorevole del Governo con riformulazione. Onorevole Balduzzi, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1248-B/49, accettato dal Governo, purché riformulato ?
RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, vorrei riascoltare la riformulazione.
SESA AMICI, . Signor Presidente, impegna il Governo a valutare gli effetti derivanti dall'applicazione della disposizione introdotta dall'articolo 42- e a verificare se si dovessero rendere necessari ulteriori provvedimenti.
PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Balduzzi n. 9/1248-B/49, accettato dal Governo, purché riformulato.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Come già preannunciato, il seguito dell'esame del provvedimento per lo svolgimento, con ripresa televisiva diretta, delle dichiarazioni di voto finale e, successivamente, la votazione finale è rinviato alla seduta di domani a partire dalle ore 9,30.
GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, volevo solo dire ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, che in questa giornata sono intervenuti tante volte, che io li capisco quando si lamentano che si vota in una maniera o nell'altra, ma, in realtà, loro hanno un grande vantaggio perché fuori di qua non li conosce nessuno, sul territorio non ci devono andare mai perché sono dei fantasmi . È evidente, quindi...
PRESIDENTE. No, deputato, non le consento...
GIANLUCA BUONANNO. ...che loro hanno un vantaggio rispetto agli altri. Noi andiamo sul territorio e dobbiamo fare le cose; loro non li conosce nessuno e, quindi, sono avvantaggiati .
PRESIDENTE. Deputato, io la invito a rivolgersi con rispetto alle altre forze politiche, cortesemente.
CLAUDIA MANNINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, solo un chiarimento per la prassi dell'Aula. Nel momento in cui si presentano gli ordini del giorno, la spiegazione degli ordini del giorno è prassi farla prima del parere del Governo, non dopo per poi convincere la platea. Posso capire trenta secondi o un minuto di spiegazione dell'ordine del giorno, ma se ci mettiamo a spiegare l'ordine del giorno che vogliamo mettere in votazione dopo che abbiamo il parere del Governo, o stiamo cambiando la prassi o la regola non viene applicata sempre nella stessa maniera .
PRESIDENTE. È chiaro che, come ha visto, quando si eccede in questa forma atipica di appello al Governo con una vera e propria dichiarazione di voto, io ho interrotto i deputati. È vero anche che oggi abbiamo assistito pure ad una prassi che è quella che i deputati rivolgono un appello al Governo e il Governo cambia idea e cambia il parere.
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, semplicemente per dire alla Presidenza e all'Assemblea, anche alla luce delle considerazioni svolte dagli ultimi due colleghi e di ciò a cui abbiamo assistito, non solo nella giornata di oggi, ma negli ultimi tempi, circa le fasi della discussione degli ordini del giorno, che io credo si debba fare una riflessione seria e profonda sul significato del dibattito che ogni volta in quest'Aula avviene sugli ordini del giorno. Infatti, è di tutta evidenza che questa fase si trasforma in un dibattito che, per alcuni versi, diventa eterogeneo, onnicomprensivo di qualunque materia, e, per altri versi, diventa una contrattazione costante e continua con il Governo sui singoli ordini del giorno. Credo che in una riforma complessiva del nostro Regolamento questo elemento sia uno di quelli che necessariamente vada superato.
PRESIDENTE. Voglio chiarire che di questa questione si sta parlando anche in Giunta per il Regolamento per quanto mi risulta.
CLAUDIA MANNINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, la deputata poco fa ha dichiarato di voler spiegare ai colleghi l'ordine del giorno che voleva mettere in votazione. La fase di spiegazione dell'ordine del giorno avviene prima. Posso capire un attimino di interlocuzione con il Governo, però ha dichiarato palesemente di voler spiegare l'ordine del giorno per poterlo mettere in votazione.
PRESIDENTE. Ed è stato in quel momento che io ho capito che lo voleva spiegare e l'ho interrotta. Io non so che altro dirle su questo.
GIRGIS GIORGIO SORIAL. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, sposterò leggermente l'attenzione dalla riflessione a cui ci voleva portare l'onorevole Baldelli, ma la questione fondamentale, e soprattutto critica e vergognosa, è il fatto che questa discussione avvenga tra le stesse anime della maggioranza stessa di Governo, che sono le prime che dovrebbero comunicare tra loro. E, quindi, noi ci ritroviamo qua a parlare, ad assistere ad una discussione tra la maggioranza, che cerca, dopo aver fatto passare i propri emendamenti, di ottenere dei vincoli, di ottenere degli impegni dal Governo: è vergognoso, perché dovrebbe accadere solo con le opposizioni.
Anzi, ricordo che, negli scorsi giorni e con i decreti-legge precedentemente approvati – come ha già detto anche la mia collega Mannino –, la prassi e il Regolamento erano stati applicati in maniera differente, per l'appunto, alla discussione degli ordini del giorno: praticamente, c'era solo il MoVimento 5 Stelle che voleva discutere gli ordini del giorno; ma, in questo momento, dato che erano ordini del giorno della maggioranza, naturalmente, la maggioranza si è permessa di discuterli con il Governo .
LELLO DI GIOIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, mi dispiace di dover rivolgere delle considerazioni alla sua persona, ma credo che ci sia stato da parte sua un comportamento scorretto, e le spiego il perché. Noi avevamo aggiornato alle 16,30, con il ritorno in Aula del Governo e del Comitato dei diciotto, le nostre dichiarazioni per quanto riguardava alcuni problemi che avevamo sottoposto. Il Presidente che ha presieduto la seduta prima di lei, ci aveva detto che subito dopo la chiusura ci avrebbe dato la parola. Lei, invece, ha fatto parlare tutti prima di darci la parola. Credo che questo sia un atto di scorrettezza nei nostri riguardi e per coloro i quali, con grande gentilezza, hanno ritenuto di non intervenire, perché era l'accordo assunto con il presidente di turno.
Detto questo, io vorrei narrare qui una storia di una regione, che è stata martoriata nel tempo, è stata rapinata, è stata in buona sostanza sfruttata da grandi gruppi industriali ed è stata anche sede di situazioni di difficoltà e di basi militari. Quella realtà sta vivendo problemi drammatici da un punto di vista occupazionale, da un punto di vista sociale e, giorno dopo giorno...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
LELLO DI GIOIA. No, io non concludo, perché lei è stato scorretto con me. Se, gentilmente, mi dà un attimo per la discussione.
PRESIDENTE. Allora, cortesemente, deputato Di Gioia, lei ha dei tempi per gli interventi di fine seduta: adesso, ha avuto trentacinque secondi in più rispetto al tempo che le spetta. Le questioni di scorrettezza le può benissimo porre all'Ufficio di Presidenza, può scrivere a chi vuole, però, io non le ho ancora risposto sull'accusa che mi ha rivolto. Quindi, cortesemente, se vuole concludere il suo intervento, le do altri venti secondi, quindi un minuto in più rispetto a quello che aveva. Prego.
LELLO DI GIOIA. La pongo a lei, perché lei è stato quello che non ha dato la parola e, quindi, è lei il responsabile di quello che è accaduto.
Come le dicevo, siccome credo che sia un problema serio, un problema che tanti colleghi qui hanno affrontato: mi riferisco agli incendi che, in questi giorni, stanno devastando la regione Sardegna.
Incendi che hanno visto, ovviamente, difficoltà di operatività di alcune forze, ma va comunque, da parte nostra, un grande ringraziamento ai vigili del fuoco e ai tanti volontari che si sono adoperati per fare in modo che si potessero salvare delle vite umane. Noi chiediamo con forza e con determinazione che sia ridata nel prossimo futuro, nell'immediato futuro, dignità e siano eseguiti, anche, quegli interventi necessari per fare modo che quella realtà devastata, depredata possa avere uno sviluppo corretto dopo questo ulteriore danno dovuto, appunto, agli incendi che si sono verificati.
Concludo nel dire che vi debba essere, da parte delle forze dell'ordine, l'impegno di fare luce su coloro i quali, probabilmente, volontariamente, hanno potuto fare degli atti vandalici. Però, crediamo che il Governo si debba impegnare con determinazione nei riguardi di quella regione che oggi vive momenti di grande drammaticità.
PRESIDENTE. Vorrei solo precisare che gli interventi che ho consentito di svolgere dopo la conclusione dell'esame del decreto-legge erano direttamente collegati alla fase degli ordini del giorno. Solo per questo, non si trattava di volerle fare nessuna scorrettezza.
GIORGIO ZANIN. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIORGIO ZANIN. Signor Presidente, «se l'Occidente cerca il dialogo, deve essere un dialogo alla pari», sono queste le parole battute dalle agenzie, nel giorno del giuramento del neo Presidente iraniano Hassan Rohani, che si è rivolto ai Paesi occidentali dichiarando che la politica delle sanzioni non è quella giusta per fugare il grande sospetto che grava su Teheran, cioè quello che si fabbrichi segretamente la bomba atomica. «Lo dico apertamente: se cercate di ottenere risposte appropriate, parlate all'Iran con il linguaggio del rispetto, non con quello delle sanzioni» ha detto Rohani in Parlamento. E ancora: «La trasparenza è la chiave della fiducia, ma non può essere a senso unico. La distensione, la fiducia reciproca e costruttiva devono determinare il nostro cammino». Sono tutte parole che ci auguriamo rappresentino una svolta rispetto all'era Ahmadinejad e che dunque si rivolgono direttamente alla comunità internazionale.
Ora, però, proprio in ordine alla trasparenza, direi che la questione nucleare non deve nascondere altre preoccupazioni che devono accompagnare le relazioni con l'Iran, con particolare riguardo alle violazioni nel campo dei diritti civili. Fonti autorevoli, infatti, come, ad esempio, l'International Committee against Execution, documentano nel Paese una situazione assai grave, con un numero veramente imponente di esecuzioni: 102, Presidente, in soli 22 giorni, dal 19 giugno al 10 luglio ultimo scorso. In questi ultimi giorni attraverso le relazioni intercorse con l'associazione Neda Day – i cui referenti sono noti alla cronaca tra l'altro per aver portato all'attenzione dell'opinione pubblica europea il caso Sakineh, la donna iraniana condannata alla lapidazione per adulterio – ho assunto nuove informazioni sulla situazione dei diritti umani in Iran proprio accompagnando i membri dell'associazione Neda Day presso il Ministro Kyenge per un'informativa sul tema e, veramente, la situazione mi pare decisamente grave.
PRESIDENTE. Deputato Zanin, concluda.
GIORGIO ZANIN. Ci sono altri casi di imputati che sono stati in qualche maniera condannati per reati di opinione e credo che tutte queste azioni e queste condizioni ci debbano portare ad assumere, nelle relazioni con l'Iran, delle posizioni, come Paese, in linea con l'alto profilo del rispetto dei diritti umani che il nostro Paese cerca di salvaguardare.
PRESIDENTE. Aveva chiesto di intervenire il deputato De Lorenzis, ma è assente.
ANTONIO BOCCUZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, ho enorme rispetto per il ruolo, per gli interventi e per il lavoro delle opposizioni. Il principio della democrazia passa per il rispetto delle opinioni di ciascuno e sarebbe buon costume che tale rispetto potesse sempre essere reciproco. Ritengo altrettanto che intervenire non per muovere una critica, ma per fare allusioni gravi, assolutamente immotivate, sull'operato dei colleghi dell'altro ramo del Parlamento sia non solo sconveniente ma estremamente scorretto.
Mi riferisco nello specifico al più volte richiamato emendamento approvato al Senato che prevede lo spostamento dell’ per i trasporti a Torino. Chi è intervenuto in sede di discussione sulle linee generali ha volgarmente definito come interessi estranei il risultato raggiunto al Senato. Cari colleghi, gli interessi legati al territorio, che rappresentano ovviamente interesse nazionale, sono, oltre che di tutti i deputati e senatori di quel territorio, soprattutto di tutti i cittadini che ognuno di noi è chiamato a rappresentare. Infine, Presidente – e concludo –, rinnovo ancora una volta tutta la mia solidarietà, e quella di tutti i miei colleghi, e la mia vicinanza al senatore e caro amico Stefano Esposito, che, nel corso di queste settimane, è stato più volte vittima di miserevoli quanto gravi, gravissime minacce da parte di qualche gruppo di esagitati, che, con il pretesto della TAV, si è reso protagonista di squallidi attentati ai danni di lavoratori e imprenditori.
Durante la distribuzione dell'intelletto evidentemente si sono presentati, rispondendo «assente» .
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, approfitto per un richiamo al Regolamento, come fatto anche dai colleghi Baldelli e dal gruppo del MoVimento 5 Stelle, in relazione allo svolgimento degli ordini del giorno. Vorrei prima precisare – perché penso che le cose vadano riconosciute – il fatto che, pur essendoci stato qualche malinteso con qualche collega, anche con il collega Di Gioia, e mi dispiace, la sua Presidenza e le Presidenze di questi giorni hanno consentito di portare a termine provvedimenti delicati in un clima difficile. Io credo sia interesse del Parlamento riconoscere il lavoro svolto dalle Presidenze che si sono alternate. Penso che questo vada riconosciuto e che sia nell'interesse di tutti.
La seconda questione riguarda gli ordini del giorno e la facoltà di questo Parlamento di lavorare. A me dispiace quando sento riferimenti a quest'Aula in merito al fatto che la maggioranza o l'opposizione abbiano compito di fare o non fare gli ordini del giorno. Io credo che gli ordini del giorno – lo dicevo al collega Baldelli – sia giusto che vengano rivisti nella loro dimensione e nel senso, perché poi, nel nostro rapporto con il Governo, con tutti i Governi, lo ripeto, c’è sempre la seconda fase, cioè quella di dare attuazione agli ordini del giorno, di cui non ci occupiamo mai. Ci interessiamo che vengano accolti, ma quello dell'attuazione è un tema che non entra mai nelle agende, purtroppo.
Io penso che, invece, sia compito della maggioranza aiutare. La collega Rubinato, che è stata anche citata in merito, ha fatto semplicemente questo: ha fatto il suo dovere di parlamentare di indirizzare il Governo. Penso che, visto che c’è una regola di democrazia e di alternanza in questo Paese e in questo Parlamento, non sia interesse di nessuno denigrare gli strumenti e i modi di lavorare e di indirizzare il Governo. Quindi, penso che forse su questo dobbiamo fare un lavoro di amalgama istituzionale un po’ più ampio, anche con i colleghi del MoVimento 5 Stelle, che legittimamente pongono questioni di merito alle quali io posso anche non essere d'accordo, come loro non sono d'accordo con me, e penso che questo sia normale e giusto, ma penso che sulle procedure e sui metodi di lavoro, soprattutto sui metodi di esercizio della democrazia, vada fatto uno sforzo per trovare intese. Credo che anche su questo l'Ufficio di Presidenza debba aiutare questo Parlamento a fare un passo in avanti.
PAOLO PARENTELA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO PARENTELA. Signor Presidente, volevo segnalarle un'interrogazione a risposta scritta, la n. 4-00950, presentata il 20 giugno scorso, relativa alla bonifica dell'ex area industriale di Crotone.
L'interrogazione chiedeva chiarimenti relativi al Piano operativo di bonifica dell'area ex industriale di Crotone, circa 80 ettari di terreno contaminati da arsenico, piombo ed altri metalli pesanti. Senza entrare troppo nei dettagli tecnici dell'interrogazione da me presentata, sembrerebbe che le tecniche di bonifica adottate siano insufficienti a garantire un recupero definitivo del territorio, impedendo non solo il recupero dal punto di vista ambientale, che migliorerebbe la qualità di vita dei cittadini, ma di fatto anche la restituzione di zone importanti della città da destinare allo sviluppo economico.
L'ex area industriale di Crotone, infatti, è a due passi da uno dei mari più belli d'Italia ed a poche centinaia di metri da un'area archeologica che dovrebbe rivestire importanza internazionale, visto che contiene i resti di uno dei maggiori centri dell'antica .
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PAOLO PARENTELA. Il progetto operativo di bonifica è stato affidato ad un'azienda, la Syndial, la quale è stata condannata in primo grado dal tribunale di Milano a risarcire il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la cifra di 56 milioni di euro. Evidentemente, però, poco importa di una semplice interrogazione di un parlamentare che vuole far luce sul recupero di una fetta importantissima di territorio ricadente in una regione, la Calabria, che soffre sempre più dell'indifferenza di quest'Aula e di ogni organo istituzionale.
Il sud, ed in particolare la Calabria, non rappresentano, evidentemente, una fetta di territorio meritevole della presenza dello Stato. Un'interrogazione parlamentare che vuole far luce e trovare una soluzione ad un problema serio, che si ripercuote sulla salute dei cittadini, non rappresenta evidentemente un interesse meritevole di tutela da parte del Governo e di quest'Aula.
Tra l'VIII ed il IX secolo a.C....
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
PAOLO PARENTELA. La Calabria era considerata la Magna Grecia, in quanto i greci fondarono fiorenti colonie, così magnificenti e così importanti da superare, in alcuni casi, anche la stessa madrepatria. Era quindi considerata come un paradiso terrestre. Ora, nel 2013, i cittadini calabresi che muoiono di tumori da troppo tempo (e chissà quanti ancora ne moriranno) hanno invece la sventura di essere nati in un territorio deturpato dagli interessi economici delle mafie e dalla malapolitica.
Confido dunque in una celere risposta all'interrogazione scritta in questione, nonché ad una presa di coscienza dell'importanza rivestita da ogni genere di interrogazione .
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.