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Lunedì 14 Novembre 2016 ore 10:00
AULA, Seduta 705 - Decreto fiscale, svolta la discussione generale
Resoconto stenografico
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Nella seduta odierna si è svolta la discussione sulle linee generali del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili (C. 4110-A). Il seguito dell’esame del provvedimento è rinviato alla seduta di domani.
XVII LEGISLATURA
705^ SEDUTA PUBBLICA
Lunedì 14 novembre 2016 - Ore 10
Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili. (C. 4110-A)
Relatori: TANCREDI (per la V Commissione) e SANGA (per la VI Commissione), per la maggioranza; LAFFRANCO, PESCO e BUSIN (per la VI Commissione), di minoranza.
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- Lettura Verbale
- Missioni
- Gruppo parlamentare (Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza)
- Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili (A.C. 4110-A)
- Conversione in legge del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili. (C. 4110-A)
- Discussione sulle linee generali - A.C. 4110-A
- Vice Presidente GIACHETTI ROBERTO
- Deputato SANGA GIOVANNI (PARTITO DEMOCRATICO)
- Deputato TANCREDI PAOLO (AREA POPOLARE (NCD-UDC))
- Deputato LAFFRANCO PIETRO (FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE)
- Deputato PESCO DANIELE (MOVIMENTO 5 STELLE)
- Vice Presidente GIACHETTI ROBERTO
- Viceministro dell'economia e delle finanze CASERO LUIGI
- Deputato FANUCCI EDOARDO (PARTITO DEMOCRATICO)
- Vice Presidente GIACHETTI ROBERTO
- Deputato VIGNALI RAFFAELLO (AREA POPOLARE (NCD-UDC))
- Deputato BARBANTI SEBASTIANO (PARTITO DEMOCRATICO)
- Deputato ABRIGNANI IGNAZIO (SCELTA CIVICA VERSO CITTADINI PER L'ITALIA-MAIE)
- Deputato PAGLIA GIOVANNI (SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA')
- Deputata MILANATO LORENA (FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE)
- Deputato PILI MAURO (MISTO)
- Vice Presidente BALDELLI SIMONE
- Repliche - A.C. 4110-A
- Discussione sulle linee generali - A.C. 4110-A
- Conversione in legge del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili. (C. 4110-A)
- Ordine del giorno della seduta di domani
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
RAFFAELLO VIGNALI, legge il processo verbale della seduta dell'8 novembre 2016.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Attaguile, Baretta, Battelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borghi, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Antimo Cesaro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, De Rosa, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Epifani, Fava, Fedriga, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grillo, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Meta, Migliore, Miotto, Orlando, Pisicchio, Polverini, Portas, Rampelli, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Sarti, Scalfarotto, Scanu, Tabacci, Valeria Valente, Velo e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente ottantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna allegato A.
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 11 novembre 2016, il deputato Francesco Saverio Romano ha reso noto che l'assemblea del gruppo parlamentare Scelta Civica verso Cittadini per l'Italia–MAIE ha proceduto in data 10 novembre 2016 alla sua elezione a presidente del gruppo in sostituzione del deputato Giulio Cesare Sottanelli, dimissionario.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 4101-A: Conversione in legge del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili.
Ricordo che nella seduta del 2 novembre sono state respinte le questioni pregiudiziali Paglia ed altri n. 1, Pesco ed altri n. 2, Guidesi ed altri n. 3, Brunetta ed altri n. 4 e Artini ed altri n. 5.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni V (Bilancio) e VI (Finanze) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la Commissione finanze, deputato Giovanni Sanga.
GIOVANNI SANGA, Grazie Presidente. Il decreto-legge prevede una serie di misure a favore dei contribuenti e dei cittadini che, come vedremo meglio in seguito, sono state potenziate in modo significativo nel corso dell'esame parlamentare. Colgo qui l'occasione per ringraziare tutte le parti politiche di aver partecipato attivamente alla discussione e di aver consentito l'approfondimento nel merito delle questioni, con l'obiettivo comune di migliorare il provvedimento.
Lascio agli atti una relazione articolata, che tiene conto dei cambiamenti puntuali che sono stati apportati; mi limito in questa sede ad alcune considerazioni. Anzitutto, il decreto al nostro esame contribuisce in modo consistente alla manovra di bilancio in corso di attuazione, portando una dote iniziale di ben 4 miliardi 260 milioni di euro per l'anno 2017. Tale dote, nel corso dell'esame parlamentare, è stata incrementata di 300 milioni di euro, sempre per il 2017, e di un miliardo 100 milioni di euro per l'anno 2018. Le maggiori entrate derivano da misure finalizzate a migliorare il rapporto tra lo Stato e il contribuente, attraverso un ruolo attribuito all'amministrazione fiscale che si sta evolvendo da mero ricevitore passivo di dichiarazioni fiscali, sottoposte a controlli successivi, a promotore della dei contribuenti mediante l'acquisizione e la processabilità, in tempo reale, delle informazioni riguardanti le transazioni commerciali e i connessi pagamenti operati dalle aziende. Tale approccio, avviato con la dichiarazione precompilata introdotta lo scorso anno, si arricchisce ora con l'acquisizione periodica dei dati delle fatture, volta a consentire un'azione di confronto pre-dichiarativo improntato alla trasparenza e con il nutrito pacchetto di semplificazioni fiscali, introdotto nel corso dell'esame parlamentare, che intende proprio promuovere una nuova stagione del rapporto con il fisco.
Queste risorse quindi, insieme a quelle derivanti per il solo anno 2017 dalla pari a 1 miliardo e 600 milioni di euro, sono destinate, nella manovra di bilancio, al finanziamento dei provvedimenti a sostegno della competitività delle imprese e della crescita economica, intervenendo, tra l'altro, con la proroga e il rafforzamento della maggiorazione della deduzione dagli ammortamenti, in particolare per gli investimenti in nuovi beni strumentali ad alto contenuto tecnologico, l'introduzione di una nuova imposta sul reddito imprenditoriale finalizzata a favorire anche la capitalizzazione delle imprese, la proroga e l'introduzione di detrazioni fiscali per le spese relative a interventi di ristrutturazioni edilizie, di riqualificazione energetica, nonché per interventi antisismici, e di un ampio pacchetto di ulteriori misure fiscali volte a favorire la crescita, che analizzeremo meglio nella discussione dalla manovra stessa.
Un capitolo che deve essere segnalato è quello che riguarda Equitalia. È indubbio che il decreto sia una consistente spinta alla riorganizzazione del settore della riscossione e questo guardando anche ai principali Paesi europei, dove si realizza un tra i soggetti incaricati della riscossione e il soggetto titolare del credito. Gli stessi rapporti OCSE e Fondo monetario internazionale, sull'amministrazione fiscale italiana, suggeriscono questa linea; cito testualmente: «un unico ente con un insieme di responsabilità dell'intero processo, in termini di assistenza, accertamento fiscale, controlli e riscossione coattiva è ottimale, per favorire una gamma completa di approcci coordinati, per la gestione dalla e degli obblighi fiscali». E poi si supera Equitalia nella forma di società per azioni, un modello non sostenibile già nel medio periodo, anche per l'ammontare di crediti di difficile riscossione che sono nel portafoglio della società stessa e ne pregiudicano l'equilibrio di bilancio. Riprendo solo un elemento, nel corso di un'audizione al Senato il 9 febbraio 2016, l'amministratore delegato di Equitalia ha diffuso i dati relativi al carico di crediti non riscossi affidati a Equitalia negli ultimi quindici anni: il carico totale lordo ammonta a circa 1000 miliardi, il 20 per cento di tale ammontare è stato annullato dagli stessi enti creditori, in quanto in debito, dei restanti 841 miliardi di euro oltre un terzo sono difficilmente recuperabili, in quanto si riferiscono a debitori falliti, deceduti o nullatenenti; residuano 506 miliardi di euro di cui oltre il 60 per cento, cioè 314 miliardi, corrispondono a posizioni per cui si sono tentate invano azioni esecutive. L'articolo 6, Presidente, si occupa della cosiddetta rottamazione delle cartelle esattoriali, consente la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2015. Aderendo alla procedura, il contribuente può pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale; non sono dovute, dunque, le sanzioni e gli interessi di mora, il pagamento può avvenire in un'unica rata o in un massimo di quattro rate; si estende la procedura ai carichi affidati agli agenti della riscossione fino al 2016, viene stabilito che il pagamento sia in ogni caso dilazionato in rate; il 70 per cento dalle somme complessivamente dovute deve essere versato nell'anno 2017 e il restante 30 per cento nell'anno 2018; è prorogato il termine per presentare la dichiarazione che consente di accedere all'agevolazione ed è fissato nel 31 marzo 2017, si fissa al 31 maggio 2017 il termine entro cui l'agente della riscossione comunica ai debitori l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, il numero e la scadenza delle rate. La domanda di definizione agevolata consente di sospendere fino alla scadenza della prima o dell'unica rata gli obblighi di pagamento derivanti dalle precedenti dilazioni. La discussione in Commissione ha consentito di migliorare il testo del decreto su questo punto, allungando il termine per la dilazione e anche gli importi. È una scelta doverosa, questa della cosiddetta rottamazione, che consente di venire incontro a tanti cittadini e imprenditori che hanno sofferto il peso della crisi e della difficoltà economica di questi anni. Basterebbe prendere in mano una cartella esattoriale per rendersi conto che, mediamente, si paga meno della metà di quanto è scritto sulla cartella, prima dell'entrata in vigore di questa norma. Le sanzioni vengono azzerate in un sistema che arriva a prevedere anche oltre il 300 per cento di sanzioni, inflitte peraltro a soggetti che non sono in grado di pagare probabilmente nemmeno l'importo dovuto. Sul tema delle sanzioni, Presidente, ritengo sia indispensabile intervenire, lo dico con nettezza lo ribadisco con convinzione anche alla luce dell'analisi fatta in precedenza sui crediti non riscossi di Equitalia, occorre intervenite, ripeto, ottenendo come base il dato europeo che è certamente inferiore al nostro ed è anche molto più razionale. Studi di settore, dopo anni di dibattiti, di confronto in sede parlamentare, mi piacerebbe qui riprendere il numero delle mozioni che sono state discusse in quest'Aula, i tanti interventi di tutte le forze politiche, finalmente è stata operata una scelta chiara: gli studi di settore sono aboliti. Quante discussioni nelle assemblee, con le associazioni rappresentative degli imprenditori, artigiani e commercianti in particolare, ma anche con i professionisti. Gli studi di settore sono aboliti dicevo e sostituiti da indici di affidabilità fiscale cui sono collegati livelli di premialità per i contribuenti più affidabili ma anche e soprattutto per esclusione e riduzione dei termini di accertamento. E questo per stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari e il rafforzamento della collaborazione tra amministrazione finanziaria e contribuenti stessi. Potremmo soffermarci a lungo su questo tema anche per dire che gli studi hanno svolto una loro funzione, si sono evoluti nel tempo, sono stati perfezionati, ma hanno anche mantenuto alcune storture che non riuscivano più ad essere contemplate e quindi bisognava rimediare. Oggi finalmente possiamo dire che abbiamo voltato pagina. Trasmissioni telematiche: mi voglio soffermare anche su questo punto, sui nuovi obblighi telematici, sono consapevole che si tratta di ulteriori adempimenti richiesti ai contribuenti anche a fronte tuttavia di approvazione di adempimenti che gravano oggi. Nel confronto in Commissione abbiamo facilitato questi impegni e ridotto alcune procedure. Vorrei tuttavia riprendere la questione in oggetto e collegarla con il dibattito ricco e articolato che si è svolto nell'approvazione e nell'attuazione della legge di delega fiscale. L'obiettivo che abbiamo davanti è quello di rendere telematiche tutte le procedure, soprattutto quelle fiscali, in modo da favorire la trasparenza, di limitare l'evasione, di promuovere un dialogo continuo tra cittadino e fisco anche per correggere errori leggeri o omissioni rilevanti ma poi anche per semplificare l'intera procedura stessa. In altre parole quando l'uso della fatturazione elettronica e le relative registrazioni andrà pienamente a regime, in automatico verranno trasmessi i dati con un effetto semplificatorio straordinario, addirittura possiamo ipotizzare a quel punto la revisione dei metodi contabili anche perché non serviranno più: basteranno alcuni collegamenti telematici molto semplici per ottenere risultati che oggi per essere conseguiti necessitano di tempo, di soldi perché si tratta di procedure costose oltre che di un dispendio di energia.
In sintesi l'articolo 4 abolisce lo spesometro, introduce una serie di misure per il recupero dell'evasione, a partire dalla comunicazione analitica dei dati riguardanti le fatture emesse e ricevute e le liquidazioni periodiche IVA. Nel corso dell'esame parlamentare sono stati in primo luogo corretti i termini per la trasmissione delle comunicazioni dei dati delle fatture, quella relativa al secondo trimestre è effettuata entro il 16 settembre, in luogo del 31 agosto, e quella relativa all'ultimo trimestre entro il mese di febbraio. Per il primo anno di applicazione si prevede che la comunicazione relativa al primo semestre è effettuata entro il 25 luglio 2017. Si anticipa di un anno la soppressione dell'adempimento relativo alla comunicazione delle operazioni intercorse con operatori economici situati in Paesi cosiddetti . Si introduce un credito di imposta di 100 euro per l'adeguamento tecnologico finalizzato all'effettuazione delle comunicazioni dei dati delle fatture delle comunicazioni IVA periodiche che viene incrementato di 50 euro per coloro che hanno esercitato l'opzione per la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri, il credito è poi ulteriormente incrementato.
Sono ridotte le sanzioni amministrative applicabili in caso di violazione delle norme in materia di comunicazione dei dati delle fatture e dei dati delle liquidazioni. I termini di decadenza per gli accertamenti in tema di imposta sui redditi e di IVA sono ridotti di due anni in luogo di un anno in caso di trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati e dei corrispettivi. La : l'articolo 7 riapre i termini per esperire la procedura di voluntary disclosure in una finestra temporale che va dal 24 ottobre 2016, data di entrata in vigore del provvedimento in esame, al 31 luglio 2017. Essa trova applicazione sia per la emersione di attività estere sia per le violazioni dichiarative relative a imposte erariali. Le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016. Come più volte abbiamo sostenuto, la non è un condono non è uno scudo; il contribuente riconosce di non aver saldato i suoi debiti con il fisco e quindi versa il dovuto. È una procedura riconosciuta e sollecitata dall'OCSE e dagli organismi internazionali. Nella prima versione la ha fatto emergere 60 miliardi di imponibile, recuperando circa 4 miliardi di gettito, le istanze presentate sono state intorno ai 130.000. La ha spinto l'approvazione di accordi decisivi con la Confederazione elvetica, il Principato di Monaco, il Liechtenstein dando un colpo mortale al segreto bancario che ha segnato un'epoca. Vorrei inoltre ricordare che la riapertura della si colloca nella fase attuativa del così detto CRS, cioè che porterà nel giro dei prossimi due anni allo scambio automatico di informazione tra più di cento Paesi nel mondo. Insomma una nuova stagione per il fisco, la trasparenza e le relazioni finanziarie. Le semplificazioni: l'articolo 7- prevede un consistente pacchetto di semplificazioni fiscali, un emendamento molto articolato del collega Pelillo e poi sostenuto dal collega Lupi, intervenendo in ambiti molto diversi con puntuali e mirati meccanismi di riduzione di adempimenti, risparmio in termini di tempo, riduzione di oneri e costi a carico del contribuente. Voglio allegare a questo testo l'elenco proprio dell'emendamento perché da ragione dello sforzo che è stato fatto in modo puntuale e preciso e rigoroso. È un lavoro complicato che è stato svolto in modo molto impegnativo ma un lavoro anche molto utile che dobbiamo riprendere ancora nel tempo al fine di smantellare la montagna di prestazioni inutili che il cittadino e le imprese devono assolvere.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la Commissione bilancio, onorevole Tancredi. Nel frattempo l'onorevole Sanga è autorizzato a consegnare il resto del testo della sua relazione.
PAOLO TANCREDI, . Grazie Presidente, per pochi minuti intratterrò l'Aula per raccontare il lavoro delle Commissioni riunite sulla parte che va dall'articolo 8 all'articolo 15 del decreto, sicuramente meno importante, meno corposa diciamo, del decreto e del testo che abbiamo analizzato in questi giorni ma anche essa oggetto di importanti modifiche da parte delle Commissioni riunite che vorrei appunto in questi pochi minuti sintetizzare. All'articolo 8, per esempio, c’è una di quelle esigenze indifferibili e urgenti che davano proprio titolo alla seconda parte del decreto e che sono state appunto oggetto per la parte del bilancio del testo che è il rifinanziamento del Fondo dell'occupazione con il recupero di importanti risorse, circa 600 milioni, che vengono dalla annualità 2016 e sono state riportare nel 2017; nel corso dei lavori delle Commissioni riunite si sono reperiti ulteriori 19 milioni, che vanno a finanziare appunto le esigenze del Fondo dell'occupazione sul 2017. L'articolo 9 non è stato modificato dalle Commissioni riunite: si tratta come è noto del finanziamento, anche questo urgente e indifferibile della missione in Libia per quanto riguarda i progetti Ippocrate e Unsmil legato alle Nazioni Unite.
All'articolo 10, invece, c’è un finanziamento di ulteriori investimenti per il piano di Ferrovie dello Stato per le reti su ferro, per 320 milioni di euro sul 2016 e 400 milioni di euro sul 2018 del contratto di programma. Le Commissioni riunite hanno qui inserito una particolare attenzione che deve esserci, da parte del Ministero, rispetto all'utilizzo di queste risorse sui presidi per la sicurezza. Questa parte, forse, qualcuno potrebbe considerarla ridondante, in quanto già nel contratto di programma, che appunto si finanzia, c’è una particolare attenzione agli aspetti legati alla sicurezza e alle infrastrutture legate alla sicurezza, ma il testo inserito all'interno del decreto enfatizza, appunto, questo aspetto che sappiamo essere delicatissimo, anche alla luce degli incidenti avvenuti di recente.
L'articolo 10-, inserito nel lavoro in Commissione, va a finanziare un'infrastruttura importante, la Saronno-Milano, anche essa un'infrastruttura ferroviaria, e all'articolo 11 c’è il molto discusso testo sul finanziamento, sull'aiuto di 600 milioni di euro alla regione Campania per il pagamento di debiti verso la società controllata EAV. Da questo punto di vista, la Commissione bilancio ha inserito l'obbligo per il MIT di una relazione annuale, questa è una novità; noi sappiamo che il contratto di programma con le Ferrovie è oggetto di parere delle Commissioni di Camera e Senato, ma si è voluto, con questa iniziativa, inserire una relazione del Ministero delle infrastrutture concentrata sulla criticità finanziaria delle società esercenti il trasporto pubblico locale, una criticità che non è solo della regione Campania e delle società della regione Campania, è una criticità che esiste sia nel settore ferro che nel settore gomma ed è assolutamente uno scoglio per una buona gestione delle risorse dedicate al trasporto pubblico locale, ma anche per l'auspicabile futuro ingresso nel mondo delle gare e della competitività del nostro settore trasporti. La Commissione ha anche inserito un testo in cui invita il MEF a fare attenzione alla localizzazione territoriale; parliamo, Presidente, di risorse che insistono sul Fondo di sviluppo e coesione e sappiamo che il Fondo di sviluppo e coesione, per come si è formato, ha dei vincoli, è una cornice di impiego territoriale che, appunto, nel testo del decreto, all'esito del lavoro delle Commissioni riunite, risulta enfatizzato rispetto agli impegni del Ministero. L'articolo 12, per me, è molto importante, introduce anche un regime nuovo del rapporto tra lo Stato e i comuni e premia con 500 euro a migrante quei comuni che hanno fatto nell'anno 2016 accoglienza. È un riconoscimento della disponibilità verso lo Stato, in un'emergenza in cui si trovano in questo momento lo Stato e il Paese, a comuni che si sono sacrificati per accogliere i migranti. A questi comuni, appunto, andrà un contributo che potrà essere utilizzato anche come spesa corrente di 500 euro per migrante accolto. Le Commissioni hanno introdotto anche delle specifiche deroghe al Patto di stabilità e ai vincoli finanziari a questi comuni, in particolare le stesse elasticità che vengono garantite ai comuni che si accorpano in unioni.
Infine, molto brevemente, all'articolo 13 c’è un altro impegno forte del Governo che costituisce uno dei punti forti del programma portato avanti in questi tre anni: il potenziamento – 900 milioni di euro – per il Fondo di garanzia per le imprese, uno strumento che ha funzionato moltissimo. C'era anche, da parte di tutte le forze politiche, una forte proposta emendativa, c'erano molte proposte emendative sulla modifica della struttura del Fondo di garanzia e sul suo di intervento. Si è preferito, in questa fase di approvazione del decreto, non andare a modificare un aspetto così delicato; non è detto che su questo, Presidente, non si possa tornare anche in legge di bilancio o nelle successive norme, però è chiaro che va fatto un ragionamento più strutturato per andare a modificare uno strumento che, oggi, di fatto, è riconosciuto, da tutte le associazioni di categoria e da tutte le imprese, come uno strumento che funziona molto a favore delle piccole e medie imprese nell'aspetto difficile e delicato dell'accesso al credito. In questo stesso articolo è stato approvato un emendamento che assegna più risorse e presìdi, soprattutto tecnici e di personale, all'Ente nazionale per il microcredito, che svolge un lavoro importante, appunto, per le partite di credito delle piccole e medie imprese e delle famiglie. Tra l'altro si introduce anche un rapporto organico con Banca d'Italia, con scambio di informazioni e anche di consulenze e di controllo da parte di Banca d'Italia sull'Ente nazionale per il microcredito. Infine, all'articolo 14 si va a potenziare un altro strumento della politica culturale che è quello del che ha funzionato benissimo; rispetto ai 30 milioni che erano previsti nel testo del decreto iniziale, le Commissioni riunite hanno raddoppiato questo aumento di dotazione a 60 milioni di euro.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la VI Commissione, onorevole Laffranco.
PIETRO LAFFRANCO, . Presidente, onorevoli, molti, colleghi, ci accingiamo ad affrontare in quest'Aula, dopo il lungo lavoro svolto in Commissione – e prendo l'occasione per ringraziare, se non altro della loro disponibilità e del loro impegno, i relatori per la maggioranza, oltre che i colleghi con cui abbiamo tentato di far notare le pecche, numerose, di questo decreto, che siedono all'opposizione –, l'ennesimo decreto che non avrebbe dovuto essere tale, che non avrebbe dovuto essere tale perché non ha in sé i requisiti di necessità e urgenza richiesti dalla Costituzione per l'emanazione di questo tipo di provvedimento. La verità è che il Governo, per non affrontare l'Aula parlamentare, ormai, utilizza solo lo strumento del decreto-legge e, poi, successivamente, immagino, lo vedremo, quello dell'apposizione della questione di fiducia. Si strozza il dibattito in Aula, perché si ha timore che le questioni vengano chiaramente alla luce, con i cittadini italiani di cui ormai si fa assai volentieri a meno, perché non si chiamano più al voto e non si chiamano più alle forme di partecipazione popolare – siamo ormai al terzo Presidente del Consiglio in carica non eletto da nessuno, neppure indirettamente, come prevede ormai la prassi costituzionale italiana – e, quindi, si utilizza questo strumento. Pazienza, io, fossi stato in chi di dovere, non lo avrei firmato, ma pazienza. Pazienza, però, non c’è nell'analizzare i contenuti del decreto, perché questo decreto, che essenzialmente contiene questioni di natura fiscale, ma poi ne contiene delle altre che rendono il provvedimento certamente né organico né omogeneo, ha ormai, come accade in questi ultimi mesi in maniera costante, un'unica finalità, da parte del Governo, anzi, chiedo scusa al Vice Ministro Casero qui presente, da parte del Presidente del Consiglio, il quale Presidente del Consiglio ha soltanto un obiettivo, quello di vincere il referendum del 4 dicembre e, quindi, ogni provvedimento che porta con sé discussioni, complicanze e quant'altro viene eliminato dall'agenda parlamentare; viceversa, vengono portate all'attenzione del Parlamento – anzi, vengono prima annunciate ai cittadini e, poi, portate all'attenzione del Parlamento – tutte quelle misure che ad avviso, secondo noi sbagliato, del Presidente del Consiglio potrebbero consentirgli di ottenere qualche consenso in più. Questo decreto non fa alcuna eccezione.
Non si spiegherebbero diversamente, ad esempio, le misure contenute in un decreto fiscale – non si capisce che cosa c'entrino – a favore dei comuni alle prese con l'accoglienza dei migranti. A tal proposito, mi permetto di dire che, quando si fa propaganda per il referendum parlando della riduzione delle spese, sarebbe, certamente, più intelligente risparmiare su questo capitolo di bilancio, che ai cittadini italiani costa appena 4 – dico 4 – miliardi l'anno: parlo dell'accoglienza degli immigrati in Italia. Basterebbe rimandarne a casa qualcuno in più e hai voglia a risparmiare 48 milioni, come pare si risparmi da questa riforma, che tanto non entrerà in vigore. Si occupa, poi, del fondo di occupazione, del trasporto regionale, degli investimenti di Ferrovie dello Stato. Abbiamo visto anche degli strani emendamenti approvati su una strana tratta al nord delle Ferrovie, mi pare Milano-Saronno, una cosa del genere. Onestamente, non si capisce come sia stato possibile che la Milano-Saronno o qualcosa di questo genere rientrasse nel decreto fiscale: 16 milioni di «marchetta». Poi, qualcuno ce le dovrà spiegare queste cose, perché qua non funziona così.
Dunque, la nostra contrarietà, la contrarietà del gruppo di Forza Italia, è stata innanzitutto una contrarietà all'impianto di questo decreto, che non doveva essere un decreto, che contiene norme di tutti i tipi e che ha l'unica finalità, come dicevo poc'anzi, di tentare di far guadagnare al Presidente del Consiglio qualche voto, cosa che, come dicevo prima, non avviene ormai più perché al Presidente del Consiglio non crede più nessuno. Questo decreto dovrebbe impiantare una sorta di riforma della riscossione, una sorta di rottamazione delle cartelle esattoriali, per cui si cerca di spiegare ai cittadini: guardate che noi vi facciamo pagare meno tasse, sostanzialmente, vi facciamo risparmiare (dopo averli massacrati). In realtà, la riforma della riscossione – scopriremo nel corso di questo intervento, almeno noi cercheremo di farlo scoprire ai colleghi che hanno la pazienza di ascoltarci, ma, soprattutto, a chi ha la pazienza di seguirci da casa – serve soltanto a far cassa. Cioè, va dato atto al Presidente del Consiglio che il suo è un imbroglio sottile: si fa credere che si diminuiscono le tasse, che si rottamano le cartelle, che si abolisce Equitalia, strizzando l'occhio agli elettori moderati, perché era un'antica proposta del centrodestra l'abolizione di Equitalia; in realtà, si istituisce un'agenzia per la riscossione che fa capo, addirittura, alla Presidenza del Consiglio, la quale Presidenza ogni anno darà gli indirizzi. Praticamente, Renzi pensa di stabilire addirittura le linee guida della riscossione in Italia: ormai, basta che stabilisca anche chi sono gli arbitri delle partite di calcio e ha stabilito tutto. Quindi, in realtà, non solo si cerca di fare cassa, ma si istituisce un sistema ancora più pervasivo, invasivo, penetrante nei confronti dei contribuenti italiani. Quindi, è un imbroglio sottile: dobbiamo dire che il Presidente del Consiglio è diventato, politicamente, un raffinato imbroglione. Ma ci siamo qua noi apposta per smascherare l'imbroglio. Agenzia per la riscossione con dei poteri formidabili, con dei poteri da «Grande fratello fiscale», con non soltanto dei meccanismi che, poi, noi metteremo in evidenza, ma anche con dei dati, da tabelle: dall'aumento dei pignoramenti si stimano 483 milioni di euro di maggiori entrate.
Significa che si pensa non solo di fare cassa, ma che questo nuovo sistema consenta di farla, ovvero si immagina, senza dirlo, anzi dicendo il contrario, di poter massacrare impunemente ancora di più il contribuente italiano, tanto i grandi evasori stanno al riparo. Pensate che una delle semplificazioni è l'abolizione della comunicazione di alcuni passaggi con i Paesi Cioè, quelli vengono cancellati – quella è la semplificazione –, però viene istituita la comunicazione trimestrale delle fatture: come dire, mandiamo al manicomio commercialisti, imprenditori, partite IVA, liberi professionisti; mandati al manicomio, completamente al manicomio. Quindi, maggiori poteri, poteri da «Grande fratello fiscale», finta abolizione di Equitalia, tentativo di strizzare l'occhio agli elettori moderati, che non ci cadranno, perché non sono fessi, perché, poi, ormai, per fortuna, ci sono i Con i ha vinto anche Trump, collega Occhiuto: i hanno la possibilità di trasmettere le notizie in tempo reale e arrivare ovunque. Alcune cose di questo decreto le ho scoperte sui perché per leggere tutta quella valanga di cose c'era un tempo limitato: la possibilità di procedere con una semplice PEC al pignoramento dello stipendio del lavoratore che ha un problema con la nuova Agenzia della riscossione dal 1o di luglio 2017. Onorevole Casero, lei, che qui rappresenta il Governo, avete fatto una roba, francamente, che non potete che pagare politicamente, perché è veramente una cosa folle. Io penso anche ai dipendenti di Equitalia, che mi pare oggi scioperino, è un'altra presa in giro: vengono assunti senza soluzione di continuità – dice un emendamento approvato in Commissione – ed entrano nei ruoli del pubblico impiego. Ma c’è un dettaglio. Il primo che si sveglia e fa un ricorso trova soddisfazione, perché è normale che si applichi ancora la vecchia Costituzione, tra l'altro, in quell'articolo non toccata, per cui al pubblico impiego si accede con pubblico concorso: articoli 3 e 97 della Costituzione. Capisco che la Costituzione, ormai, è solo quella di Renzi, Renzi decide tutto, Renzi fa tutto e Renzi pontifica su tutto, ma, finché non li avrà cancellati, l'articolo 3 e l'articolo 97 ci sono ancora: non è che si pigliano migliaia di persone e le si mettono così. Per cui, anche qui, si prendono in giro, gli si dice: non farete neanche la selezione, tranquilli, entrerete, avrete il posto, avrete la posizione, avrete tutto quello che vi pare, poi, succederà che qualcuno ricorrerà alla magistratura, che non potrà non trovare una situazione di palese incostituzionalità in questo meccanismo.
Altre perplessità – i colleghi mi guardano, capisco che debbano sostenere le ragioni della maggioranza e del Governo: sono convintissimo che i dubbi abbiano assalito anche le loro coscienze, ma, soprattutto, le loro intelligenze – riguardano la riscossione delle entrate degli enti locali. Anche qui, doppio regime: da una parte, le gare e, dall'altra, la possibilità di scegliere in via diretta questo nuovo soggetto della riscossione. Quindi, si mettono in mezzo alla strada altre centinaia e centinaia di persone che lavorano per queste società private.
Noi pensavamo che la riforma della riscossione andasse affrontata con un disegno di legge ordinario, e per questo volevamo lo stralcio, ma queste norme, che sono state fatte, sostanzialmente, solo per far cassa, hanno suscitato una reazione ovvia da parte dei contribuenti, per cui c’è un ammanco nelle casse dello Stato in queste ultime settimane. Perché è chiaro, si parla di rottamazione, Renzi annuncia la rottamazione, ma, scusate, fatemi capire: in queste settimane, chi è che andava a pagare le rate di Equitalia ? Nessuno, no ? Mi sembra evidente. Dall'altra parte, il provvedimento, in realtà, era una sorta di strozzinaggio: quattro mere rate entro il 15 marzo 2018, con ben due terzi della somma complessiva da saldare entro il dicembre 2017; poi, va detto che i relatori, che hanno provato a fare quello che era umanamente possibile fare, cioè correggere una cosa incorreggibile, hanno portato a tre le rate per il prossimo anno, a due per quello successivo. Ma, insomma, se io ho, facendo il conto «della serva», circa il 70 per cento di quello che devo pagare, ma l'avevo già pagato prima. Ci voleva un numero di rate non dico pari a quello oggi previsto al massimo per Equitalia (120) ma almeno di 72, che noi abbiamo proposto con le nostre proposte emendative. Infatti, mi pare evidente che la crisi è ancora forte, che tanti contribuenti hanno grandi difficoltà: immaginare che paghino in quattro o addirittura, oggi, in cinque rate entro il prossimo anno significa che li avevano nascosti da qualche parte i soldi. Noi avevamo anche presentato degli emendamenti per permettere al contribuente che ottiene una sentenza favorevole dal giudice tributario di accedere alla definizione agevolata con una cartella meno onerosa, per avere un riequilibrio, dando soddisfazione anche agli stessi che hanno agito in giudizio ottenendo riconoscimento della loro azione. Ma, come dicevo, la chiara vocazione vessatoria di questo provvedimento è negli adempimenti, perché, da un lato, ci sono alcune semplificazioni, per esempio l'abrogazione dello spesometro, ma gli altri due adempimenti, ad uno dei quali facevo riferimento prima, saranno degli adempimenti tremendi per le partite IVA, per i professionisti: la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute; la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA, con delle sanzioni, che adesso sono state un po’ ridotte (2 euro a fattura sbagliata, non comunicata, fino a un massimo di mille euro e ridotti a 500), d'accordo, ma non doveva essere un Paese a burocrazia zero, secondo il Presidente del Consiglio, questa nostra Italia ? E noi chiediamo la comunicazione trimestrale delle fatture ! Chiediamo la comunicazione giornaliera, facciamo così. Facciamo che comunichiamo anche quando respiriamo, sì, perché secondo me lo Stato deve sapere anche quando respiriamo: io respiro tutto il giorno, quindi comunicherò per tutta la giornata.
L'altra vicenda su cui mi soffermavo inizialmente è quella relativa all'articolo 3. Questo è un articolo decisivo che gli italiani debbono conoscere. Noi ci faremo carico di farlo conoscere non solo in quest'Aula, ma anche fuori. È quello che consente – bisogna essere puntuali in questo, perché siamo nell'ambito di una cosa pazzesca – all'Agenzia della riscossione, cioè quell'affare di ente pubblico strumentale che entra in funzione il 1o luglio al posto di Equitalia, che quindi viene abolita per modo di dire, di acquisire le informazioni relative a rapporti di lavoro e di impiego presenti nelle banche dati dell'INPS per l'attivazione mirata delle norme relative al pignoramento di stipendi e salari ed altre indennità, che è quello che vi dicevo prima, cioè la possibilità di andare a colpire in maniera feroce, sulle loro fonti di sostentamento, i contribuenti italiani. Io purtroppo mi impegno in politica da un sacco di anni, e una volta non ricordo chi, ma credo l'allora mio partito, Alleanza Nazionale, fece un magnifico manifesto dove si ritraeva Romano Prodi sotto le mentite spoglie di una sorta di Dracula che si recava all'AVIS – e l'AVIS erano i contribuenti italiani, erano le tasche dei contribuenti italiani – e ovviamente immaginate come finiva. Ecco, Renzi è persino peggio di Romano Prodi, quasi quasi rimpiangiamo Romano Prodi. Il Grande fratello fiscale lo ha istituito Matteo Renzi con questa nuova Agenzia, che io non esito a chiamare super Equitalia, altro che Equitalia ! Ha abolito Equitalia, sì: ha abolito Equitalia, ma ha fatto una cosa peggiore di Equitalia. Questa super Equitalia praticamente potrà accedere alle stesse informazioni a cui si può accedere durante l'attività di riscossione, cioè una roba dell'altro mondo.
Noi ovviamente avevamo presentato le nostre proposte emendative, con il collega Occhiuto, i capigruppo nelle Commissioni finanze e bilancio, Savino e Giorgetti, e gli altri colleghi del gruppo, ma purtroppo non sono state prese in considerazione, perché sarebbe stata una norma che avrebbe semplificato la vita dei cittadini, avrebbe creato un miglior rapporto tra fisco e contribuenti, avrebbe reso più umano il rapporto tra fisco e contribuenti, mentre Matteo Renzi vuole fare cassa, perché ha bisogno di denari da spendere in mance elettorali; e le vedremo tutte nella legge di bilancio, anche se in verità le abbiamo viste anche nel decreto fiscale. Ma come si fa a inserire in un decreto sulla riscossione il tentativo di regalare – regalare ! – 97...
PRESIDENTE. Concluda.
PIETRO LAFFRANCO, . Ho terminato il tempo, Presidente ?
PRESIDENTE. Ha due minuti. Siccome la vedo particolarmente appassionato, le ho ricordato...
PIETRO LAFFRANCO, . Ha fatto bene, perché questo mi costringerà a depositare; comunque – questa è una cosa che va detta – il Governo, cioè Matteo Renzi, voleva regalare 97 milioni di euro, in un'epoca in cui mancano le risorse anche per il terremoto, a una manifestazione di golf ! Il golf è naturalmente uno sport per ricchi, li avranno da soli 97 milioni di euro per farsi la manifestazione ! Si rinunzia alle Olimpiadi, da una parte, si rinunzia ai Mondiali, dall'altra, però si vogliono dare 97 milioni di euro al golf, perché magari in quel consiglio siedono amici degli amici. Insomma, non ci siamo proprio. Allora, vado verso la fine, perché mi è stato detto che ho terminato il tempo, anche se immagino che poi i colleghi si soffermeranno su un'altra serie di vicende, come la vicenda delle coperture, la vicenda delle risorse FISPE, la vicenda delle risorse assegnate al Mezzogiorno, che poi è un'altra truffa di Renzi: si assegnano al Mezzogiorno risorse che sono già del Mezzogiorno, quindi non gli si assegna assolutamente nulla di nuovo. Allora mi permetto di andare verso la conclusione, onorevole Presidente, dicendo questo: Renzi pensa di portare in giro gli italiani con dei provvedimenti ma non comprende che liberi professionisti, popolo delle partite IVA e contribuenti più in generale non hanno più l'anello al naso: sapranno, anche con il nostro modesto contributo, rendersi perfettamente conto dell'ennesimo grande imbroglio di Renzi, e lo sanciranno in maniera plastica il 4 dicembre .
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la VI Commissione, onorevole Daniele Pesco.
DANIELE PESCO, . Presidente, ci troviamo a discutere l'ennesimo decreto «macedonia» della maggioranza e del Governo. Dico della maggioranza perché sappiamo benissimo che le cose che arrivano dal Governo sono praticamente fatte in piena simbiosi con la maggioranza che sostiene questo Governo. Si tratta di un decreto incostituzionale, perché tratta argomenti diversissimi tra loro, e incostituzionale soprattutto perché, per l'ennesima volta, non viene rispettato l'articolo 3 della Costituzione, quello che sancisce che tutti i cittadini sono uguali. Perché ? Alla fine, anche in questo decreto, vi è disparità. E ve lo dico subito, lo si può citare tranquillamente sulla base di due articoli in discussione in questo decreto: uno è quello sulla che viene praticamente rieditata e si dà la possibilità, anche a chi ne ha fatto uso l'anno scorso, di poter fare emergere i propri capitali, pagando un pochino meno sanzioni e soprattutto non incappando nei reati penali per aver portato all'estero o aver imboscato in Italia dei patrimoni. Ebbene, queste persone potranno continuare a farlo come hanno fatto, continueranno a farlo per sempre, perché tanto sanno che, prima o poi, arriverà il classico condono – chiamiamolo così – col quale potranno mettere apposto tutti i loro comportamenti scorretti nei confronti del fisco e degli altri cittadini italiani. Ma questo decreto è incostituzionale anche per un altro articolo, che crea molta differenza tra i vari cittadini, tra quelli che hanno avuto la possibilità di pagare le tasse e l'hanno fatto onestamente e coloro i quali invece le tasse non le hanno ancora pagate e si trovano quindi ad aver problemi con le cartelle di Equitalia. Sappiamo benissimo che in questo momento ci sono tantissime famiglie che purtroppo in questa situazione economica generale del Paese non hanno risorse per poter adempiere a questi obblighi, a questi doveri, però vi sono anche tantissime persone che magari l'hanno fatto di loro spontanea volontà, il fatto di non pagare tasse, quindi si trovano a dover pagare cartelle che, guarda caso, con questo decreto del Governo potranno essere alleggerite di una bella fetta riferita alle sanzioni e alle more. Insomma, è un bel favore fatto dal Governo italiano, in questo momento, a poche settimane dal voto di una importante riforma costituzionale, che vedrà ridotti i diritti elettorali democratici dei cittadini italiani. Ebbene, per far votare «sì» a questa riforma il Governo e il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi che cosa propongono ? Un bel condono per far felici tutti i cittadini italiani. Bene, siamo molto contenti di questo, ma, soprattutto, speriamo che, invece, i cittadini abbiano l'accortezza di andarsi a leggere la riforma costituzionale per capire le obbrobriosità che sono comprese in questa riforma. Ma andiamo avanti, perché non siamo qui a parlare del referendum costituzionale, ma di questo decreto. Si tratta di un decreto che era già articolato in diversi, molti articoli, che riguardavano molti argomenti diversi tra loro, ed è stato rimpinguato durante l'analisi in Commissione. Ad esempio, abbiamo trovato il testo di un emendamento, che è stato approvato, concernente procedure riferite alle tasse, in particolare sulle accise, e, se andate a leggerlo sul testo, è composto da dieci pagine di articolo, approvato come emendamento. Quindi, è una procedura abbastanza articolata, rispetto alla quale, magari, si sarebbe potuto discutere un pochino anche in Commissione finanze. In realtà, viene praticamente inserito all'interno del testo di questo decreto. Insomma, non c’è sembrato abbastanza rispettoso nei confronti dei colleghi, che magari avrebbero voluto proporre alternative rispetto a questo problema. Ma andiamo avanti, veniamo alle cose più interessanti di questo decreto. Questa graditissima maggioranza che cosa fa ? Sempre per acquisire consenso elettorale, propone dei temi già portati avanti dalla minoranza e dal MoVimento 5 Stelle. Ebbene, uno di questi temi è proprio l'abolizione di Equitalia. Dobbiamo un pochino tornare al passato per parlare in modo completo di questo argomento, in quanto, ben più di due anni fa, il MoVimento 5 Stelle portò una proposta di legge in Aula per discutere proprio l'abolizione di Equitalia e l'internalizzazione del processo di riscossione nell'Agenzia delle entrate. Ebbene, l'arrogante supponenza della maggioranza fece in modo di bocciare con un solo emendamento tutto l'articolato di quella proposta di legge, come per dire: «A noi questa cosa non interessa; vi facciamo vedere quanto siamo spocchiosi e ve la bocciamo con un solo emendamento». Ci ricordiamo benissimo quei giorni perché per noi è stato un giorno tristissimo. Infatti, noi abbiamo portato la nostra proposta, volevamo condividerla con tutta l'Aula, volevamo che l'Aula la modificasse per arricchirla e, invece, quest'Aula, grazie a questa maggioranza così arrogante e spocchiosa, l'ha bocciata con un solo emendamento. Noi volevamo farlo per fare giustizia, per dare la possibilità agli italiani di avere un interlocutore onesto per la riscossione, ma soprattutto un ente pubblico, l'Agenzia delle entrate, ossia l'ente che decide sulle tasse dei cittadini. Ebbene, questa maggioranza e questo Governo fanno il contrario di quello che facciamo noi: al posto di internalizzare, quindi di creare un unico vero ente che possa fare l'accertamento e la riscossione, fa finta di abolire Equitalia, gli cambia il nome e la natura giuridica e crea un altro ente. Poi dovremo capire bene se è ente pubblico o non pubblico, perché è un ente pubblico economico e sappiamo bene che ha molte particolarità che lo avvicinano molto a un ente privato. Ebbene, questo ente è un ente strumentale dell'Agenzia delle entrate, ma, comunque, è separato dall'Agenzia delle entrate. Equitalia, quindi, rimarrà come prima e, in più, la riscossione verrà gestita come prima. Vi sono 700 miliardi di non riscosso: sono le cartelle non riscosse da Equitalia. Questo cosa vuol dire ? Che fino a oggi la riscossione è stata svolta male e attuata male. Chi ci ha rimesso sono stati solo i poveri cittadini, quelli che hanno pochi soldi e poche risorse per difendersi e hanno dovuto vedersi pignorare la casa o l'auto senza poter intervenire. Logicamente 700 miliardi di non riscosso hanno un nome e un cognome: il nome è «grandi» e il cognome è «evasori». I grandi evasori sono stati lasciati in pace da Equitalia e dall'Agenzia delle entrate. Invece, i piccoli hanno dovuto soccombere, come al solito, rimettendoci le proprie risorse perché non sono economicamente in grado di difendersi e questa è veramente una gravissima vergogna. Questa situazione continuerà ancora, perché Equitalia non cambia, cambierà solo nome e praticamente – lo ripeto – la forma giuridica, ma tutto resterà come prima, a partire dal personale.
Quando abbiamo fatto la nostra proposta noi ci siamo presi la responsabilità e abbiamo detto che se fosse diventato un ente pubblico, bisognava entrare tramite concorso. L'abbiamo detto e abbiamo detto di fare un concorso, con almeno il 50 per cento dei posti lasciati a disposizione dei dipendenti ex Equitalia. Però, un concorso va fatto, una prova va fatta. Ebbene, in questo modo si vuol dar prova di capacità legislativa, ma, in realtà, la maggioranza non riesce a fare quello che intende fare, perché, alla fine, i due enti saranno separati e, alla fine, sarà un ente privato perché si legittima il fatto che un ente pubblico economico potrà assumere senza concorso, tant’è che la selezione di cui si parla, le prove attitudinali – uso dei sinonimi – di cui si parla all'interno di questo testo serviranno solo ad allocare, nel migliore dei modi, le risorse già presenti in Equitalia, quindi non vi sarà nessuna distinzione. Certo, fa piacere a tutti i lavoratori di Equitalia, però noi la nostra responsabilità ce la siamo presa. Infatti, se ente pubblico deve diventare, per accedere bisogna fare un concorso.
Poi, se parliamo di concorsi, non possiamo non parlare dell'articolo che è stato aggiunto a questo decreto, che già era abbastanza articolato. Ebbene, è stato fatto un articolo apposta – per fare cosa ? – per prorogare l'incarico ai dirigenti incaricati dell'Agenzia delle entrate. Non so se ricordate, negli ultimi tempi è stato presentato anche un decreto, approvato da questa Camera, con il quale l'Agenzia delle entrate veniva obbligata a fare un concorso entro il 2016. Dovevamo avere tutti i dirigenti dell'Agenzia delle entrate assunti tramite concorso. Questo non è stato possibile. Perché non è stato possibile ? Perché l'Agenzia delle entrate non è capace di fare i concorsi, così come l'Agenzia delle dogane, dove i concorsi vengono truccati, grazie a gazzette ufficiali truccate, con, all'interno, i temi d'esame. Ebbene, questa è la nostra pubblica amministrazione: le nostre agenzie fiscali e dei monopoli non sono in grado di fare i concorsi. Quotidianamente, vengono, logicamente, presentati dei ricorsi da persone che manifestano i loro diritti perché il concorso non viene fatto bene. Questa è una vera vergogna del nostro Paese: il fatto che degli enti pubblici così importanti, come quello titolato a riscuotere le tasse, non sono in grado di fare i concorsi. È una vera vergogna.
Ma andiamo avanti. Quindi, vi è una maggioranza spocchiosa che riporta in Aula i nostri temi e lo fa male. Ma, andando avanti, un altro tema fondamentale – fondamentale dal punto di vista dello scandalo – è la . Se n’è parlato tanto l'anno scorso. È passata in Commissione, poi è passata qua in Aula. Insomma, ci siamo impegnati molto l'anno scorso a cercare di contrastare questo nuovo condono. Ebbene, quest'anno viene riproposto, dando persino la possibilità a chi ne aveva usufruito l'anno scorso di usufruirne anche quest'anno. Quindi, praticamente è un meccanismo diseducativo globale, che permetterà al cittadino di non comprendere qual è il valore di pagare le tasse. Continuerà a non pagarle, perché, se alla fine continuerà a godere di condoni o di o di altre cose simili, è logico che nessuno pagherà più le tasse.
Bene, continuiamo ad andare avanti così. Arriviamo al condono. Ebbene, il condono fiscale – lo abbiamo detto – comporta l'azzeramento delle sanzioni, che sono una parte molto rilevante delle cartelle Equitalia. Ma sono state fatte anche delle innovazioni. Noi lo abbiamo detto spesso, siamo contrari ai condoni, ma non ci piace il fatto che venga creata grandissima disparità – tra chi e chi ? – tra le persone che hanno possibilità di accedere al condono e le persone che non hanno possibilità di accedere al condono. Infatti, alla fine, se una persona ha tanti soldi, ha evaso tante tasse, quindi i soldi da parte ce li ha, questa persona avrà anche la facilità di accedere al condono e pagare – quanto ? – le cinque rate che sono state previste. Prima erano un pochino meno, adesso hanno aumentato le rate. Si era chiesto di aumentarle in modo da dare la possibilità di accedervi a tutti i cittadini. Se create una norma, è giusto che, alla fine, tutti i cittadini possano aderire. In realtà non è così, avete creato una norma alla quale potranno accedere solo i ricchi. Infatti, i ricchi avranno la possibilità di dividere, al massimo, in cinque rate, di pagare il 70 per cento entro 2017, così come è scritto, e lasciare il 30 per cento per le altre rate, ma chi non ha i soldi non potrà aderire. Quindi, come al solito, avete adottato una misura solo per qualcuno e a noi questa cosa non piace, pur essendo contrari – ripetiamolo – ai condoni.
Ma andiamo avanti. Un altro articolo che ci ha appassionato molto, ad esempio, è quello sul Fondo per le piccole e medie imprese. Anche durante la discussione in Commissione, durante, mi sembra, la fase dell'ammissibilità degli emendamenti, si era detto: «Va bene, interveniamo sul Fondo per le piccole e medie imprese perché va rifinanziato. Siamo tutti d'accordo. Però cerchiamo di fare in modo di non entrare nel merito». Ebbene, è stato dichiarato, inaspettatamente, ammissibile un emendamento riferito alle ditte che lavorano nella geotermia, le quali avranno un trattamento particolare, diciamo così, all'interno del fondo per le piccole e medie imprese; ebbene, questo emendamento sbadatamente reso ammissibile, è anche passato: quindi, all'interno del Fondo per le piccole e medie imprese avremo delle aziende che lavoreranno nella geotermia. Tra l'altro, il MoVimento 5 Stelle è a favore delle energie rinnovabili, quindi ben venga la geotermia: ma perché prevedere una tutela in più, quando si era detto che invece non bisognava entrare nel merito ? Una cosa che assolutamente non è piaciuta al MoVimento 5 Stelle.
Ma andiamo avanti: parliamo invece di quello che avevamo proposto noi. I temi principali di questo decreto-legge sono Equitalia e la riscossione. Purtroppo sulla riscossione si è previsto solo il condono; invece noi avevamo previsto molte cose, in una proposta di legge a prima firma Carlo Sibilia depositata quest'anno.
Ma parliamo di Equitalia. Noi Equitalia volevamo internalizzarla all'interno dell'Agenzia delle entrate: l'ho già detto prima ma lo ripeto, perché è giusto che l'accertamento e la riscossione vengano gestiti allo stesso modo. Poi avevamo previsto un concorso unico con la quota del 50 per cento per i dipendenti Equitalia, ed avevamo previsto praticamente la continuità degli atti da Equitalia al nuovo ente: una cosa molto, molto semplice. In realtà questo non è stato fatto !
Ma andiamo avanti. Per ciò che riguarda la riscossione, nella proposta di legge Sibilia, che abbiamo tradotto in molteplici emendamenti all'interno di questo decreto-legge, vi erano cose basilari, e noi non capiamo come mai questo Governo e questa maggioranza non abbiano voluto accettarle: partendo, ad esempio, dalla completezza e dalla chiarezza delle cartelle di Equitalia, dalle cartelle riferite a ruoli. Abbiamo scritto che la cartella deve contenere con chiarezza tutti i dati identificativi della cartella, del contribuente, il codice fiscale, tutte le spese vanno elencate in modo analitico, preciso; purtroppo, anche questa misura così semplice non avete voluto accettarla, una norma che fa solo chiarezza !
Poi abbiamo chiesto sugli interessi: abbiamo chiesto anche in questo caso una chiarezza particolare, andando a modificare il decreto n. 602 del 1973. Con la modifica chiedevamo di fare in modo che gli interessi venissero calcolati in modo analitico e chiaro, di modo che il contribuente abbia la possibilità di capire qual è e come viene a formarsi il carico degli interessi; anche questa norma non avete voluto accettarla.
L'iscrizione a ruolo: siamo ancora fermi al limite di 20.000 lire, cioè sotto le 20.000 lire fortunatamente non si può scrivere nulla a ruolo; ma capite come questa cifra sia così esigua da dover essere aggiornata ! Quindi, noi abbiamo detto: portiamo queste 20.000 lire quantomeno al triplo del valore delle tasse che si pagano quando si va in tribunale per portare avanti una causa. Ebbene, anche questo non avete voluto apprezzarlo ed accettarlo.
Andiamo avanti: la rateizzazione. Oggigiorno moltissimi contribuenti sono in difficoltà perché arriva loro la cartella Equitalia, non sanno cosa fare e l'unica possibilità che hanno è rateizzare, perché non ha la possibilità di dimostrare che magari quella cartella non è dovuta, che quell'imposta non è dovuta. Qui cosa fanno ? Rateizzano. Male, perché se rateizzano cosa succede ? Che accettano quel debito, quindi sono costretti a pagare tutte le rate anche se quel debito non è dovuto; e questa è una cosa vergognosa, che va eliminata ! Quindi, chiediamo quantomeno che la rateizzazione non sia identica all'accettazione del debito. Una cosa veramente vergognosa ! L'abbiamo proposta, ne abbiamo parlato in Commissione, e anche questa ce l'avete bocciata. Grazie, i cittadini ringraziano !
Poi, per la rateizzazione: sappiamo che è uno strumento che funziona bene, perché sia Equitalia che Agenzia delle entrate ce l'hanno detto; la rateizzazione funziona, entrano molti soldi. Chiediamo di fare il possibile per facilitare la rateizzazione: se un contribuente non ce la fa e salda qualche rata, non facciamogli decadere del tutto la possibilità di rateizzare. Abbiamo quindi cambiato: dal totale delle rate pagate siamo passati quantomeno ad un terzo, dimodoché se dovesse non pagare qualche rata, ha comunque la possibilità di riaccedere ad una nuova rateizzazione. Ma anche questa ce l'avete bocciata !
Sui costi della notifica pensavamo: almeno questa modifica ! Sui costi della notifica, nel caso in cui venisse usata o la posta elettronica certificata o altri sistemi diversi dalla raccomandata, abbiamo detto: va bene, almeno questa ce la faranno passare, dimodoché il contribuente non sia gravato da questa inutile spesa. E invece no: ci avete bocciato anche questa. Grazie Presidente, grazie a tutti, veramente un impegno decisivo e determinante della maggioranza contro le proposte del MoVimento 5 Stelle.
Ma andiamo avanti: arriviamo all'autotutela, cioè a quella legge che permette ai cittadini di farsi giustizia da soli, senza dover ricorrere per forza a degli avvocati.
Ebbene, la legge che descrive questa operatività è la legge n. 228 del 2012. Purtroppo però questa norma non è completa. Perché ? Perché una volta vi era anche la possibilità di ricorrere per motivi non compresi tra quelli indicati dalla norma: per qualsiasi causa riferita alla decadenza del ruolo si poteva fare un ricorso in autotutela. Ebbene, la famosa lettera che indicava questo preciso scopo è stata tolta pochi mesi fa. Noi abbiamo chiesto di reintrodurla, perché dà la possibilità a moltissimi cittadini di andare presso Equitalia e dire: guarda, questa cosa io non te la devo, per questo motivo o per quest'altro motivo; ti prego quindi, fammi fare questo ricorso, perché probabilmente riesco a non pagare. Ebbene, questa lettera è stata tolta: la lettera che ha permesso a molti cittadini, rivolgendosi anche ai centri SOS anti-Equitalia del MoVimento 5 Stelle, di risparmiare svariati milioni... Perché questa è la cifra che siamo riusciti a raggiungere grazie all'impegno di volontari, cittadini che hanno messo le proprie capacità a disposizione di altri cittadini nel comprendere le cartelle di Equitalia. Siamo arrivati infatti a questo preciso momento, in cui i cittadini purtroppo non sono capaci di capire e leggere le cartelle Equitalia perché sono scritte male. Il MoVimento 5 Stelle si è impegnato, è riuscito ad aprire 11 centri anti-Equitalia, ed è riuscito ad ottenere risultati splendidi; e la lettera permetteva di ottenere dei risultati ancora migliori, ma essa pochi mesi fa è stata tolta. Abbiamo chiesto di ripristinarla, e non ci è stato consentito.
Andiamo avanti. Oltre alla decadenza del termine, decadenza di prescrizione senza che siano intercorsi atti interruttivi: chiediamo a gran voce che le cartelle che sono state notificate oltre il termine di decadenza siano dichiarate nulle subito, senza bisogno di fare alcun tipo di ricorso; è una cosa elementare, semplice, di cui tutti i cittadini italiani hanno bisogno, perché cartelle pazze continuano a riceverne. Ebbene, anche questa cosa non avete voluto approvarcela !
Presidente, abbiamo proposto anche altre cose. Sulla trasparenza della riscossione, visto che i famosi 700 miliardi sono riferiti ai grandi evasori, abbiamo chiesto una cosa molto semplice: quantomeno le cartelle grosse, quelle di importo sostenuto – e ci siamo riferiti mi sembra agli importi dai 100.000 euro in su –, almeno su queste cartelle facciamo vedere che cosa sta facendo Equitalia, o per meglio dire la nuova Agenzia delle entrate-riscossione. Tiriamo via il codice fiscale, tiriamo via il nome, creiamo un codice unico comunque per identificarla a livello visivo, per capire di che cosa si tratta e poterla riconoscere anche nel tempo, e lo pubblichiamo: in modo da far vedere se Equitalia su quel ruolo sta agendo o non sta agendo, e neanche questo avete voluto portare avanti !
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Pesco.
DANIELE PESCO, . Una norma veramente di trasparenza ! Ebbene, Presidente, altre norme di trasparenza le abbiamo proposte in questa sede, in Commissione e anche in altre sedi: questa maggioranza non ci vuole ascoltare .
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.
LUIGI CASERO, . Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fanucci. Ne ha facoltà.
EDOARDO FANUCCI. Presidente, in realtà avevo preparato una relazione di cui non farò menzione né riferimento: ritengo questa l'occasione per replicare ai colleghi di minoranza. Lascio le mie parole perché sarebbero non necessarie, vista la relazione da parte dei relatori di maggioranza a cui mi rifaccio: una esplicita relazione che fa menzione di tutti i vantaggi che porta questo decreto-legge.
Tengo ad utilizzare i minuti che ho a disposizione, dicevo, per replicare a quanto esposto dai relatori di minoranza. In particolar modo voglio cominciare da Laffranco, quando attacca con forza e veemenza l'utilizzo del decreto-legge per trattare di materie che a suo avviso sarebbero estranee. Bene, voglio dirlo a Laffranco ma lo dico anche a Pesco, che ha utilizzato tale argomento nel suo intervento: c’è solo uno strumento per evitare questo tipo di interventi. È uno strumento che noi avremo tra pochi giorni ormai, la possibilità di intervenire con questo strumento, che è la riforma costituzionale: il 4 dicembre avremo l'occasione per dare una nuova centralità al Parlamento, un nuovo spazio anche per i provvedimenti di legge che questo Parlamento potrà affrontare con maggior certezza nei tempi e nelle modalità. L'abuso dei decreti-legge è una pratica che risale nel tempo: tutti i Governi hanno utilizzato questa tecnica, perché è il sistema istituzionale che lo determina. Noi abbiamo una possibilità per superarlo e la possibilità è data ai cittadini, con il 4 dicembre la riforma costituzionale ci consentirà di fare grandi passi in avanti in questo tempo e lo dico non perché qui, in questo decreto, utilizziamo strade diverse rispetto a quella che dobbiamo percorrere, ma perché Laffranco e Pesco hanno utilizzato il loro intervento per strumentalizzare il referendum costituzionale. In una occasione come questa, dove dobbiamo parlare del merito del provvedimento, lo ritengo inaccettabile e meritava quindi una risposta.
Con riferimento ad altri interventi, ci sono state anche delle offese pesanti, in particolar modo nel primo di Laffranco, dove parla del Presidente del Consiglio come «un raffinato imbroglione», certamente non parole consoni a quest'Aula, dove dovremmo attenerci al merito delle questioni, alle polemiche – anche dure –, ma sui contenuti e non sulle barbare offese alle persone che non sono nemmeno qui in Aula per difendersi. Allora lo faccio io, utilizzando quello che in effetti ci è più consono, ovvero la forza della ragione, la forza delle semplificazioni contenute in questo decreto, a partire dall'abolizione degli studi di settore, l'abolizione dello spesometro, il superamento di Equitalia così come la conosciamo oggi, la rottamazione vera delle cartelle. Per replicare sia a Pesco che a Laffranco, mentre noi oggi discutiamo della bontà di questo provvedimento, in queste ore, in questi momenti, di fronte alle varie agenzie di Equitalia in giro per l'Italia, c’è la fila di persone che in assoluta buona fede si stanno informando, per poi ricorrere a questa procedura che oggi è aperta e che terminerà, il contribuente avrà la possibilità di accedervi fino al 23 gennaio 2017. Quelle istanze sono già e i cittadini vogliono poter usufruire di questa facoltà – non un obbligo, ma una facoltà –, che oggi c’è. In questi anni ne abbiamo sentito parlare, l'abbiamo sentita richiedere, e oggi questa possibilità è diventata realtà. In questo contesto, come si fa a parlar male di un provvedimento che consente di rottamare non il dovuto, perché il dovuto noi lo continuiamo a richiedere al contribuente, ma rottamare le sanzioni, rottamare gli interessi di mora. Abbiamo trasformato – lo abbiamo detto più volte – quelle cartelle in mostri; noi rendiamo più civili quelle cartelle, torniamo a valutare la buona fede del contribuente e lo facciamo partendo anche dall'umanità di chi vuole affrontare il fisco con un atteggiamento diverso, rispettando quello che nello Statuto del contribuente è già oggi previsto, la buona fede del contribuente, il rispetto anche delle parti, l'idea che ci possa essere un fisco davvero amico. Così come abbiamo fatto con le dichiarazioni precompilate, oggi ci sarà la possibilità di un dialogo costruttivo tra fisco e contribuente, dove vi sarà addirittura l'invio di una di un per ricordare di pagare le imposte; quindi non soltanto un intervento successivo, ma un intervento preventivo, tipico di chi vuole affrontare le questioni dal basso, per capire anche le ragioni delle difficoltà di chi, di fronte a una crisi come quella che abbiamo vissuto – in realtà non abbiamo ancora finito di vivere –, è stato costretto – costretto ! –, in alcuni casi, a non poter pagare. E oggi noi troviamo l'opportunità per rimetterlo in carreggiata e lo facciamo anche con la serenità di chi – approfitto di questa possibilità – ha sottoscritto e ha depositato in Parlamento una proposta di legge per aggiornare la legge «salva suicidi», per le vittime di questo sistema. Noi, da un lato, interveniamo con una legge, già oggi in vigore, che si definisce «salva suicidi», noi depositiamo una legge per favorire l'implementazione di questa norma, gli effetti dilatori di questa norma, e in alcuni casi remissoria, gli effetti che ci consentirebbero di vedere anche una parte di questo debito rimesso, e al tempo stesso attuiamo dei procedimenti concreti per favorire il contribuente. Lo facciamo, ad esempio, anche migliorando il testo in Commissione.
Ci era stato detto che le rate erano poche, i tempi erano stretti, noi abbiamo migliorato quello che ci era stato chiesto in Commissione. Ma dico io – rivolgendomi soprattutto a Laffranco e Pesco, che sono intervenuti – è possibile che in questo provvedimento non ci sia niente di buono ? Che tipo di opposizione è l'opposizione che non va a rimarcare quello di buono che c’è in questo provvedimento ? Benissimo, ci sarà qualcosa di cui lamentarsi, è la democrazia, bellezza, ma ci sarà anche qualcosa di buono. Non abbiamo sentito una parola sulla bontà di questo provvedimento o alcune parti di questo provvedimento; va tutto rottamato, così come esiste l'opposizione in questo Parlamento, non esiste una minoranza, esiste un'opposizione, fine a se stessa, del «tutto sbagliato».
Noi abbiamo un atteggiamento diverso. In Commissione abbiamo migliorato il provvedimento, lo abbiamo arricchito, abbiamo ascoltato e siamo intervenuti nel migliorare quello che potevamo fare, alle condizioni date. C’è da dire che, per quanto riguarda l'atteggiamento che va rimarcato, è un atteggiamento che cerca di incentivare le buone pratiche del contribuente. Guardate, anche da commercialista, ho subito pesanti critiche da colleghi per quanto riguarda le comunicazioni telematiche. Noi abbiamo provato a fare un ragionamento diverso: le comunicazioni telematiche sono importanti, così come sono importanti le fatturazioni elettroniche, perché sono la nuova frontiera, non sono solo il futuro, onorevoli colleghi, sono il presente. Però, consapevoli delle difficoltà che la burocrazia e l'implementazione tecnologica può portare a chi di mestiere fa il proprio lavoro, quindi cerca di far rispettare le regole, abbiamo messo, per la prima volta forse, la luce sugli incentivi per chi si vuole mettere al passo con i tempi: credito d'imposta, incentivi in termini di tempistica, misure di nei confronti di chi cerca di mettersi al passo con i tempi. Quindi, vedete, non soltanto bastoni, ma anche carota, in un atteggiamento che merita di essere sottolineato, condiviso e anzi promosso, per il futuro, per la futura azione che il Governo dovrà portare avanti nei prossimi anni.
Per quanto riguarda il Fondo garanzie delle piccole imprese, anche qui, mi sarei aspettato una parola positiva nei confronti di questo provvedimento, che ci veniva richiesto da tutto il Parlamento e non solo da qui. No, si va a prendere le virgole e le parentesi di un articolo che non trova piena soddisfazione nell'esercizio del Governo e nell'esercizio di quello che ha fatto la Commissione; ma noi come rispondiamo a quelle piccole e medie imprese che ci chiedevano maggior spazio per una garanzia che non era sufficiente per le loro esigenze, per uno spazio del credito che è sempre limato, per l'opportunità di tornare a effettuare investimenti, di cui il nostro Paese ha grande bisogno, non soltanto pubblici, ma investimenti privati, che possono essere effettuati anche grazie al Fondo di garanzia che questo provvedimento reintroduce con forza e va a incrementare ?
Per quanto riguarda la lotta all'evasione, questo Governo e questa maggioranza sulla lotta all'evasione non prendono lezione da nessuno, da nessuno ! Noi siamo il Governo e la maggioranza che ha messo in piedi la legge sul falso in bilancio, che l'ha reintrodotta, sull'autoriciclaggio, ha inasprito le pene sull'anticorruzione, ha fatto accordi internazionali che hanno consentito, oggi, di avere delle entrate, dall'Agenzia delle entrate, rispetto agli anni precedenti. Cito Orlandi, quando parla di quanto è entrato nel 2015 e nel 2014, somme per 14,9 miliardi di euro e per 14,2 miliardi nell'anno precedente. A queste somme si è potuti arrivare grazie agli accordi internazionali, grazie alla nuova politica repressiva nei confronti dell'evasione che il Governo sta portando avanti e la maggioranza sostiene; ma, insieme a questo, abbiamo dato l'opportunità a chi si vuole mettere in regola di farlo. Gli accordi internazionali con il Vaticano, con la Svizzera, con San Marino, con Panama, hanno consentito di avere un alla e oggi questo è rinnovato anche nel 2016, grazie a questo intervento che non va a condonare un bel niente, perché noi il dovuto lo prendiamo e lo prendiamo da chi diversamente non riusciremo a prenderlo in questo senso si tratta di un provvedimento di buonsenso, un provvedimento di civiltà, che consentirà anche di reintrodurre questi capitali nell'economia reale normale e di riattivare percorsi positivi di investimenti nel nostro Paese, bastone e carota, dicevo, questo è l'atteggiamento giusto e l'atteggiamento che dobbiamo continuare a sostenere. Non basta, si può sempre fare meglio, certo questo è lo spirito di chi si vuole migliorare e di chi vuol far crescere questo Paese e noi ci aspetteremmo questo atteggiamento anche nelle minoranze, quando spesso ci troviamo a dover far fronte a più parti in commedia: da una parte si vuole abolire definitivamente Equitalia, dall'altra si vuole difenderne i dipendenti, parlo del collega Laffranco; poi c’è chi invece i dipendenti fa finta che non esistano ma andiamo ad aumentare la disoccupazione in Italia rinunciando anche ai dipendenti di Equitalia, mi riferisco a Pesco e a quello che ha proposto nel suo intervento. Noi abbiamo fatto una norma di buonsenso, abbiamo cambiato il sistema, non abbiamo soltanto cambiato il nome ma l'atteggiamento del fisco nei confronti del contribuente così come ho spiegato. Contestualmente riteniamo che le persone, soprattutto quelle che fanno il loro lavoro, devono essere rispettate e ringraziate; quelle stesse persone che sono state vittime di attentati, di minacce, mi riferisco ai dipendenti di Equitalia, che fanno semplicemente il loro lavoro, e noi dobbiamo tutelarli e difenderli. Non possiamo strumentalizzarle; tutelarle e difenderle è quello che facciamo con questo provvedimento, un'altra strada non è possibile. Quella è la demagogia, è un attacco populista e mai non ci stiamo, così come sull'emigrazione, e davvero concludo, questo provvedimento dà uno spazio di civiltà rispetto agli enti locali che si sono fatti carico del problema immigrati e anche qui quando Laffranco parla degli immigrati come numeri o come persone che vogliono approfittare del nostro Paese, io li vedo come persone che scappano dalla guerra, che mettono in discussione la propria vita, la propria esistenza, nel mare Mediterraneo, bambini, donne che scappano da deportazioni, persecuzioni, guerre e noi diamo delle risposte; non so se avranno un peso elettorale queste risposte ma sono la cosa giusta, e la politica deve fare la cosa giusta, non sempre quella che dà l'attenzione al voto. Per questo voglio ringraziare il Governo per questo provvedimento, voglio ringraziare i colleghi in Commissione che hanno contribuito a migliorarlo, e voglio esprimere un forte intendimento perché questo Parlamento possa andare in questa direzione.
PRESIDENTE. Onorevole Fanucci, le devo una precisazione: chi presiede normalmente si trova nella difficile situazione di dover valutare se degli interventi e delle frasi che vengono pronunciate eccedono da un diritto che deve essere garantito a ciascuno, cioè di esprimere liberamente il proprio pensiero; nella fattispecie, il Presidente non è intervenuto sulla frase, a cui lei fa riferimento, dell'onorevole Laffranco perché era tutta dentro un ragionamento politico e «il raffinato imbroglione» che, diversamente sarebbe stata un'accusa personale nei confronti del Presidente del Consiglio, la Presidenza l'ha interpretata come una accusa politica dentro un ragionamento politico che riguardava una parte del provvedimento e non un'accusa personale. Diversamente, la Presidenza sarebbe intervenuta.
È iscritto a parlare l'onorevole Pagano, che però non vedo in aula, quindi si intende che vi abbia rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Vignali ne ha facoltà.
RAFFAELLO VIGNALI. Grazie Presidente, come Area popolare diamo un giudizio molto positivo sia sul decreto n. 193 emanato dal Governo che sul lavoro fatto nelle Commissioni bilancio e finanze e ringraziamo per l'importante lavoro fatto i relatori Tancredi e Sanga e i vice ministri Casero, Morando e Zanetti che hanno seguito il provvedimento per il Governo.
È già stato detto molto bene dai relatori quello che il provvedimento contiene, la rottamazione delle cartelle, lo scioglimento di Equitalia, il potenziamento della riscossione, le misure per il recupero dell'evasione attraverso una semplificazione con la comunicazione telematica e l'abolizione dell'odiato spesometro, la collaborazione volontaria, che non riguarda solo l'estero ma anche le violazioni dichiarative, che può consentire anche a molte risorse di tornare in un circolo positivo e sano dell'economia. Il finanziamento consistente del Fondo di occupazione anche per gli ammortizzatori sociali in deroga, che coglie un bisogno reale, i fondi per gli investimenti delle Ferrovie dello Stato e le misure per il trasporto regionale che in particolare ci auguriamo vadano a beneficio dei pendolari che sono quelli che utilizzano di più per necessità, non per piacere, questi mezzi, così come le misure per i comuni in materia di accoglienza, che sono un sistema che premia chi condivide lo sforzo dell'Italia per accogliere coloro che altrimenti perderebbero la vita in mare, così come le misure per l'accesso al credito delle imprese agricole e della pesca.
Io vorrei soffermarmi brevemente su alcune delle proposte che abbiamo fatto come Area popolare e che sono state accolte dalle Commissioni, sono diverse, ma vorrei soffermarmi in particolare su tre di queste: la prima, è già stata ricordata, è l'abolizione degli studi di settore e la loro sostituzione con indici di affidabilità fiscale ai quali sono collegati anche livelli di premialità in termini di esclusione o di riduzione dei termini per gli accertamenti. Crediamo che sia un provvedimento non simbolico ma sostanziale che vada verso un fisco più amico delle imprese, gli studi di settore erano nati con altro intento, erano nati come una effettiva misura di semplificazione ma, soprattutto per i comportamenti da parte di chi è addetto ai controlli e alla riscossione, sono diventati odiosi e quindi ci sembrava opportuno sostituire questi studi con altri sistemi che sono legati appunto a questi indici di affidabilità fiscale che troviamo molto più oggettivi e che consentano meno interpretazioni da parte del fisco.
Il secondo, è l'obbligo per l'ente che sostituirà Equitalia di conformarsi ai principi dello Statuto dei diritti del contribuente. Noi riteniamo questa una norma di civiltà, lo Statuto del contribuente purtroppo è stato troppo spesso derogato sia a livello normativo che anche, soprattutto, nei comportamenti degli organi preposti ai controlli o alla riscossione. In particolare la nuova struttura, prevediamo che in base ai principi dello Statuto del contribuente, debba conformarsi a principi di trasparenza, di leale collaborazione e della tutela di affidamento e di buona fede. E noi crediamo che questo richiamo esplicito allo statuto del contribuente, l'abbiamo fatto perché non sempre appunto le norme di principio poi dalle singole norme vengono rispettate, sia decisivo per evitare nel futuro comportamenti distorti da parte dello Stato nei confronti del cittadino contribuente.
La terza misura, di cui siamo molto orgogliosi, riguarda alcune modifiche al regime dei minimi, dei contribuenti minimi, in particolare sono due le modifiche che abbiamo proposto: la prima è l'eliminazione del divieto totale o parziale di vendita extra UE. Oggi in assenza di questa previsione per alcune categorie tale regime risulta inapplicabile e questo in particolare per alcuni settori produttivi, penso in particolare all'artigianato artistico, il il di grande qualità, che evidentemente ha sbocchi prevalentemente in mercati extra europei, può avere sbocchi. Ora questo divieto preclude di fatto a tanti giovani, perché prevalentemente coloro che rientrano in questo regime sono giovani, di poter avviare un'attività potendo avvalersi di questo regime che è assolutamente positivo, che abbiamo voluto e modificato anche in questi anni e su questo devo ringraziare per il grande impegno il Viceministro Casero. Il secondo elemento, oltre la possibilità di vendere extra UE, la possibilità di sforare la soglia fissata da regimi, per i singoli settori di attività, i codici ATECO, di 15.000 euro per due anni non consecutivi, nel quinquennio, pagando sull'eccedenza un'aliquota del 27 per cento. Noi crediamo che se si valuta complessivamente l'impatto, anche economico, sul bilancio di questa misura vi sia assolutamente un beneficio per i conti dello Stato; certamente vi è una minore entrata, ma siamo convinti che l'effetto complessivo sia assolutamente positivo per i conti pubblici, oltre che per coloro che in questo regime si collocano e che, lo ripeto, sono, in particolare, i giovani. Questa è una norma che riduce moltissimo la sacca dell'evasione, perché è evidente che un giovane o non giovane che sia in questo regime, quando si trova vicino alla soglia limite, per non uscire dal regime, si avvalga di strumenti di economia non formale, non ufficiale, di sommerso. Quindi, questa previsione, in realtà, farà emergere molto di quello che oggi è sommerso e per questo noi la riteniamo importante, anche perché, a oggi, chi dovesse cambiare il regime nell'anno tra la differente tassazione o gli acconti che deve pagare, praticamente per quell'anno non guadagna nulla, perché va tutto al fisco.
Queste sono misure che noi riteniamo fondamentali, riteniamo assolutamente necessarie per il sistema Italia e anch'io mi unisco alle parole che ha detto il collega Fanucci rispetto alle opposizioni, anch'io mi auguro che prima o poi l'Italia diventi un Paese in cui si ragiona sul merito dei provvedimenti che servono ai cittadini e alle imprese e non si sia contro per principio. Non posso che concordare con lui quando diceva: possibile che non ci sia niente di buono ? Noi crediamo che di buono in questo decreto ci sia veramente tanto, così, trovo anche quantomeno curioso che quelle che accusano il Governo dell'abuso dei decreti-legge siano anche quelle parti che, in occasione del referendum, si schierano contro una riforma che, tra le altre cose, risolve anche questo problema che, sicuramente, è un'anomalia italiana, ma, oggi, è un'anomalia che, a Costituzione vigente, è necessaria.
Concludo, Presidente. Siamo convinti che esca dal lavoro della Camera un testo già positivo e ulteriormente migliorato; migliorato, innanzitutto, in termini di civiltà fiscale, di semplificazione e di migliori condizioni operative per le micro e piccole imprese e per tutti i cittadini che con il loro lavoro contribuiscono, ogni giorno, a far crescere il nostro Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbanti. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO BARBANTI. Grazie, Presidente. Io penso che in quest'Aula si debba cercare di alzare sempre l'asticella della dialettica politica; lo dobbiamo, ovviamente, ai cittadini e lo dobbiamo alle classi che ci seguivano poco fa sulle tribune; l'ultima cosa che dobbiamo offrirgli è uno spettacolo per cui vengono, in questo caso dalle opposizioni, raccontate una serie di inesattezze, di bugie che ledono l'intelligenza degli italiani, sono una vera offesa all'intelligenza degli italiani e, in alcuni casi, io ritengo che le opposizioni non abbiano neanche letto il provvedimento. Se l'abolizione di Equitalia era un cavallo di battaglia di tutte le opposizioni, allora perché votare «no» ora che lo facciamo ? All'uscita del decreto-legge si gridò allo scandalo perché si paventava un condono delle cartelle esattoriali, una volta capito che non era un condono ma era il pagamento di ciò che era giusto e di ciò che era dovuto, immediatamente, le opposizioni hanno gridato alla truffa. Ma, ditemi, i tempi del condono sono finiti, erano altri i partiti politici che facevano condoni e che, ovviamente, favorivano la logica dei furbetti. Il tempo dei furbetti è finito, è finito il tempo di coloro che non pagavano e attendevano amnistie o condoni.
È chiaro che le opposizioni vogliono dividere il mondo in due: i furbetti, che ovviamente, non pagando quanto dovuto, scaricano sulle spalle dei pochi contribuenti onesti, che sono l'altra parte del mondo, il carico fiscale e, dall'altra parte, ovviamente, i cittadini onesti che, invece, vorrebbero, ovviamente, che tutti pagassero per pagare anche meno. Si è parlato della famosa legge sull'abolizione di Equitalia; quello che non dicono le opposizioni è che, innanzitutto, la riforma totale del sistema fiscale era oggetto ed è oggetto, è stata oggetto, adesso ci sono le applicazioni, della cosiddetta delega fiscale, quindi, una determinata legge per l'abolizione di Equitalia si innestava su un percorso, all'interno di un percorso che è attualmente in fase di divenire e di ragionamento. Soprattutto, era la forma giuridica che non convinceva; adesso, invece, abbiamo trovato una forma giuridica che sottopone, non all'Agenzia delle entrate, la vigilanza su questa nuova agenzia della riscossione, ma al MEF, garantendo maggiori presidi anche di sicurezza. Alcune opposizioni che gridano al condono scordano, evidentemente, che nella loro proposta di legge, lì sì, c'era un condono, perché si eliminavano molte più cose di quelle che, invece, adesso, e son poche, si eliminano. Soprattutto, l'ha ricordato bene il mio collega Fanucci, in un'altra proposta di legge i dipendenti di Equitalia, dipendenti che in alcuni casi, abbiamo visto, sono stati anche, alcune volte, oggetto di minacce o di violenze solo per aver fatto con grande spirito di abnegazione il proprio lavoro, ebbene, metà di quei dipendenti venivano mandati a casa...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Barbanti... Onorevole Vignali...
SEBASTIANO BARBANTI. Invece, noi abbiamo fatto di tutto per salvaguardare e per riconoscere il lavoro che loro hanno effettuato.
È un provvedimento che prosegue il cammino delle riforme intraprese da questo Governo e, senza timore di smentita, posso dire che alcuni di questi provvedimenti sono del tutto epocali. C’è stata una lunga discussione in Commissione che ha visto oltre 1100 emendamenti e nove soggetti auditi, eppure, si continua a non argomentare nel merito, ma a fare delle congetture basate su nessun numero; quando si parla di grandi evasori non c’è una statistica sotto, c’è soltanto una voce che circola; quando si parla di milioni di euro salvati grazie a fantomatici sportelli con avvocati, sono dichiarazioni che non trovano nessun fondamento di riferimento; è una cosa che chiunque di noi potrebbe alzarsi la mattina e dire. Io sono abituato ad argomentare le cose, a parlare su dati, su statistiche, su numeri che, per quanto riguarda le opposizioni, io non vedo da nessuna parte e, come si dice da me, le chiacchiere in questo caso stanno a zero, anche perché non siamo in un mondo di serve tantissimo il, figuriamoci, ma purtroppo nel, molte volte, girano spesso molte, troppe fandonie, molte bufale.
Allora, parlavamo della soppressione di Equitalia. Finalmente dal 1o luglio Equitalia non esisterà più, ovviamente al suo posto ci sarà un'Agenzia delle entrate e riscossioni, come dicevamo, sottoposta alla vigilanza del MEF. E che cos’è che non dicono le opposizioni ? Che all'interno della convenzione sottoscritta tra il nuovo ente e il MEF verrà scritto, verrà ben delineato cosa viene messo in primo piano; in questo caso, la soddisfazione dei clienti, cioè l'Agenzia delle entrate, all'interno anche di questa convenzione dovrà normare per bene quella che sarà la soddisfazione, la rilevazione della soddisfazione dei clienti, così come sempre nello Statuto, e questo non viene detto dalle opposizioni, saranno disciplinate procedure, anche telematiche, di consultazione pubblica sugli atti di rilevanza generale e la partecipazione dei soggetti interessati, stiamo andando incontro a un fisco che è più amico. Ma d'altronde, mi viene anche un po’ da ridere pensando che l'astio delle opposizioni non ha contemplato il fatto che le stesse opposizioni abbiano sottoscritto un numero rilevante di emendamenti; per cui in Commissione si è d'accordo, in Aula, per mera propaganda, si è contrari. Ma sa, Presidente, è vero, la nuova Agenzia delle entrate e riscossioni sarà un'agenzia più efficace, più efficiente nelle sue funzioni di riscossione nazionale, ma una più efficiente capacità di controllo significa rispetto nei confronti di chi paga le tasse: è un fisco più equo e più umano, è una garanzia verso chi per difficoltà economiche, ma anche per semplice dimenticanza, non si trova in regola con i pagamenti; e sarà avvisato, come ben ricordava anche il mio collega Fanucci, attraverso attraverso Quindi, sicuramente, è una agenzia più umana.
Per quanto riguarda, invece, la famosa rottamazione delle cartelle di Equitalia, anche qui, sostanzialmente, le tasse si pagano: aderendo alla procedura che è stata chiamata «a definizione agevolata», si può pagare le somme iscritte a ruolo a titolo di capitali, di interessi legali, di remunerazione del servizio di riscossione; non sono dovute soltanto le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e le somme aggiuntive gravanti sui crediti previdenziali. In altre parole, evitiamo che queste cartelle debbano essere triplicate, se non di più, nel loro costo e, ovviamente, rese anche più difficili nel pagamenti, facciamo pagare, però, quello che è dovuto, quello che si deve pagare.
Ovviamente, il pagamento può avvenire, come già detto, in un'unica rata o in cinque rate: quindi, anche qui, agevoliamo il percorso di pagamento. Si calcola che questi risparmi possono, in alcuni casi, per determinate cartelle, anche arrivare al 50 per cento, ripeto, ben bloccando quella che è la tassa da pagare, il da pagare.
Dicevamo di alcuni interventi che sono epocali: ebbene, perché le opposizioni non parlano finalmente di questa abolizione degli studi di settore, anzi, di una loro trasformazione, meglio, perché diventano degli indici di affidabilità fiscale, a cui, addirittura, sono collegati livelli di premialità per i contribuenti più affidabili ? Questo se lo scordano le opposizioni e vogliono buttare il bambino con tutta l'acqua sporca.
Abbiamo anche previsto, all'interno di un pacchetto di semplificazioni più allargato, anche una divisione delle scadenze fiscali: 16 giugno si pagano IMU e TASI, il 30 si pagano IRPEF, IRES e IRAP.
Sempre in tema di «fisco amico», ricordiamo che, in tutto agosto, si congela tutto, si va tutti al mare, anche l'Agenzia delle entrate, perché abbiamo sospeso i termini di pagamento per rispondere alle richieste di chiarimenti, appunto, delle agenzie delle entrate. Nello stesso periodo, non si applicherà il periodo dei 30 giorni per il pagamento delle somme dovute a seguito dei controlli automatici e formali. Ricordiamo, l'ho anche detto prima in questo caso, viene spostata in avanti, fino al 23 luglio, la dichiarazione autocompilata e, soprattutto, entreranno in vigore le notifiche dell'Agenzia via PEC.
Un altro provvedimento epocale potremmo dire che è finalmente la soppressione dello «spesometro». Andiamo incontro ad una nuova forma anche di quello che è il contrasto all'evasione: al suo posto verrà prevista una comunicazione telematica periodica, trimestrale in questo caso, dei dati delle fatture emesse e di quelle ricevute e registrate. Questo significa meno burocrazia: in un momento in cui le imprese lamentano che impiegano sino a cinque giorni al mese per adempiere alla burocrazia, questo significa snellimento dei processi e, soprattutto, vuol dire anche una possibilità grazie anche all'altro adempimento che in maniera telematica può essere fatto. Mi riferisco alle comunicazioni IVA periodiche per consentire il monitoraggio dell'entità del credito e del pagamento del debito IVA, cosa che, ovviamente, ha richiesto sia il Fondo monetario internazionale sia l'OCSE per verificare in tempi più brevi quali sono gli adempimenti che dalle imprese vengono fatti ed anche un livello di maggiore per quanto riguarda i pagamenti. Anche questi vengono fatti in maniera telematica.
Anche qui, sempre nell'ottica del famoso «fisco amico», queste comunicazioni, oltre ad essere telematiche, aggiornate ed immediate, consentono anche una serie di controlli incrociati, che vengono messi a disposizione del contribuente e vengono comunicati al contribuente, tanto più che, nel caso in cui ci siano delle discordanze, lo stesso contribuente può fornire delle documentazioni aggiuntive all'Agenzia, alla nuova Agenzia, oppure può versare le somme dovute, se effettivamente l'errore è chiaro.
In un mondo verso cui stiamo andando, verso un sistema industriale che mira all'industria 4.0, alla tecnologia e all'innovazione, anche qui, il Governo non si è dimenticato di favorire l'aggiornamento di queste tecnologie, tanto più che per le piccole imprese, che devono adeguare i loro sistemi informativi e tecnologici per queste nuove comunicazioni, abbiamo previsto un credito di imposta fino a 150 euro.
Sempre in tema di «fisco amico», abbiamo inserito anche le dichiarazioni integrative a favore. Quindi, in questo caso, un contribuente che sbaglia in peggio, che a suo sfavore dichiara un reddito maggiore o dichiara meno detrazioni d'imposta, può segnalarlo, correggerlo e, quindi, portare in compensazione o vedersi liquidato quanto gli spetta.
Altra cosa importante – non lo dico io, lo dice il PM Greco – riguarda la la riapertura dei termini di . Questo le opposizioni scordano anche di dirlo: è una misura che, negli anni passati, ha portato un'emersione di 65 miliardi di euro. Per quasi 130 mila contribuenti è una riscossione, che è ancora in corso di stima, attualmente, di circa 3,9 miliardi di euro per imposte, ritenute, interessi, sanzioni e contributi. Perché, ricordiamolo, la non è un condono, non è uno scudo fiscale: la è il pagamento di quanto dovuto in termini di sanzioni, contributi, interessi e quant'altro, con la dimostrazione della loro provenienza a carico di chi fa emergere questi capitali: se sono provenienze illecite, in alcuni casi, ne rispondono anche penalmente.
Mi avvio alla conclusione. Abbiamo anche alcune norme sul finanziamento all'occupazione, altri 600 milioni di euro per quanto riguarda il finanziamento degli ammortizzatori in deroga.
Mi vorrei particolarmente soffermare sull'accoglienza dei migranti, perché, mentre in altri Stati, e altri partiti politici, si pensa ad alzare muri di mattone, noi erigiamo ponti di solidarietà verso coloro che, non per diletto, ma spinti dall'orrore e dalla disperazione, rischiano la vita per dare una speranza di sopravvivenza ai loro figli e alle proprie mogli. Ecco perché abbiamo incrementato di 100 milioni di euro il fondo per l'accoglienza dei migranti da dare ai comuni che ospitano questi migranti, fino ad un limite massimo di 500 euro per ciascun richiedente protezione ospitato.
Il fondo di garanzia delle PMI – ne ha parlato bene il mio collega prima di me –, in un momento in cui il credito sta ripartendo lentamente, in cui l'economia ovviamente viaggia di pari passo con il credito: abbiamo rimpinguato il fondo, abbiamo rifinanziato un fondo che è stato fondamentale, che è quello delle garanzie delle PMI, soprattutto per le imprese agricole. In questo caso, abbiamo consentito che le aziende agricole che intendono accedere alle garanzie a prima richiesta rilasciate dall'ISMEA potranno farlo senza costi fino ad un limite di 15 mila euro.
In ultimo, il potenziamento del perché, nelle more in cui mettiamo un euro in sicurezza e un euro in cultura, anche lo sviluppo del nostro sistema cinematografico è cultura che si crea.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Abrignani. Ne ha facoltà.
IGNAZIO ABRIGNANI. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, membri del Governo, il decreto-legge in esame introduce nuove disposizioni in materia fiscale con l'obiettivo di semplificare le norme già esistenti, facilitando il rapporto tra fisco e contribuente. Questo decreto-legge, secondo noi, costituisce un passo avanti verso una più equa compartecipazione al sistema tributario da parte dei cittadini e, aggiungo, contribuisce alla modernizzazione del Paese.
Prendo atto anche che il lavoro svolto dalle Commissioni è stato importante: un lavoro proficuo, che mi è parso serio, non solo perché impegnato ad affrontare temi particolarmente complessi e delicati, ma anche per la qualità di questo lavoro, che ha dimostrato la competenza delle Commissioni riunite bilancio e finanze della Camera, impegnate su questo testo di semplificazione fiscale e tributaria. Rendo, pertanto, anche onore al lavoro svolto dai due relatori, aiutati dai sottosegretari presenti del Governo. Un lavoro che è andato ben oltre il tema della semplificazione, entrando nel merito dei contenuti veri e propri degli argomenti posti all'attenzione dell'Aula dal decreto del Governo.
Il provvedimento giunto in Aula è stato, dunque, in parte modificato e uscirà migliorato da questo ramo del Parlamento al momento dell'approvazione finale. Il carattere del testo che è stato presentato dal Governo è rimasto, a mio giudizio, lo stesso, vale a dire quello di un provvedimento di manutenzione di alcune norme fiscali, di semplificazione di alcuni adempimenti fiscali e, vorrei ricordare, anche di potenziamento della lotta all'evasione fiscale. L'obiettivo del lavoro in Commissione consisteva nel valutare, all'interno della cornice del provvedimento, i possibili miglioramenti. Credo di poter dire che ve ne siano stati, grazie anche al contributo di tutti i colleghi, anche dell'opposizione.
Un provvedimento, questo, che consentirà di liberare risorse, e quindi di procedere a ridurre il carico fiscale, non solo ai cittadini, ma anche alle imprese. Queste non sono questioni a mio parere di interesse della maggioranza o della minoranza parlamentare, ma della maggioranza dei cittadini italiani, di quei 60 milioni di cittadini che stanno vivendo ancora oggi una congiuntura economica non certo positiva, che si protrae ormai da molto tempo e che speriamo, anche attraverso l'approvazione di norme di riforma come queste, possa essere superata rapidamente.
Su questo è bene aver presente che la responsabilità di non fermarsi nell'azione riformatrice del Paese deve essere di maggioranza, di opposizione, del Governo e del Parlamento intero. Più che ai riflessi mass mediatici di questi bisogna essere affezionati al concreto lavoro che si svolge e alle norme che si elaborano, quindi essere attenti alle questioni che interessano veramente i cittadini. Si sa bene che, al di là di tutto, ciò che resta sono le norme scritte, dal momento in cui il Parlamento le approva, il Presidente della Repubblica le promulga e la le pubblica. Sono queste le leggi con le quali i cittadini hanno a che fare tutti i giorni. Pertanto, bisogna dar via le strumentalizzazioni presenti e passare alla produzione legislativa, anche su provvedimenti come questi.
Il segnale che abbiamo colto dal Governo ci è sembrato andare nella giusta direzione, ovvero quello di recuperare un rapporto di trasparenza, di giustizia e di responsabilità tra cittadino e fisco. Oggi questo rapporto è inficiato, e lo è sicuramente per una pressione fiscale che per troppi anni è stata in costante crescita, per una altrettanto crescente e costante sfiducia del cittadino verso lo Stato e anche per un atteggiamento di non correttezza da parte di alcuni cittadini italiani.
Quando dico pressione fiscale non intendo soltanto quante tasse si pagano, ma anche i numerosi e continui adempimenti mensili che i cittadini e le imprese devono portare avanti. Ci sono tre elementi essenziali in questi problemi, e questo provvedimento certo non risolve tutti i problemi, ma si inserisce all'interno di questo schema, ossia il rapporto tra cittadino e fisco, che è difficile, forse in assoluto il più difficile all'interno di un sistema democratico. Ricordo le due grandi riforme fiscali che sono state fatte all'interno del nostro Paese, quella Vanoni e Visentini, che hanno proposto un rinnovamento del sistema fiscale nell'intento di definire con assoluta certezza l'area contributiva nazionale e gli indici di capacità contributiva dei singoli soggetti, cercando di dare un volto moderno, e quindi dinamico, all'edificio fiscale italiano. Un edificio fiscale, però – bisogna darne atto –, che oggi appare quanto mai obsoleto e necessitante di una revisione. Quindi, il decreto sul quale oggi stiamo dibattendo risponde a un'urgenza che non è più rinviabile. Ed è apprezzabile – e questa è sicuramente una considerazione importante – che il Governo voglia recuperare un rapporto di credibilità tra cittadino, Stato e fisco. La gravità dell'attuale momento storico è in fondo sotto gli occhi di tutti e noi dobbiamo cercare di farvi fronte, anche cercando di fermare chi, strumentalizzando, vuole approfittarsi anche di questa problematica.
Il Governo aveva l'obbligo di rispondere a tre tipologie di soggetti: il cittadino, inteso come singolo contribuente, le famiglie e le imprese. Noi di Scelta Civica auspicavamo un intervento di questo tipo: promuovere un fisco più certo e contemporaneamente più semplice, che consente di alleggerire gli adempimenti formali per cittadini ed imprese per aiutare a recuperare un rapporto di fiducia, di trasparenza e di giustizia. Ciò perché, come dicevo, non sta solo nel peso eccessivo del fisco il problema: i problemi dei sistemi fiscali si annidano anche nella loro farraginosità, complessità ed opacità.
Le modalità con cui la società Equitalia Spa effettua la riscossione si sono rivelate alla fine strumenti vessatori nei confronti di imprese, artigiani, commercianti e famiglie. La società, infatti, fa lievitare considerevolmente il livello effettivo di tassazione, in quanto ai tributi pregressi, come sappiamo, sono aggiunti aggi, spese di riscossione, penali e interessi, che sommati tutti insieme arriverebbero a toccare quasi il tasso di usura. Il risultato è stato l'ulteriore inasprimento della pressione fiscale. Questi poteri e le modalità con i quali sono stati affidati non hanno certo portato i risultati sperati in termini di lotta all'evasione e di riscossione dei crediti, ma hanno anzi addirittura aumentato la distanza fra il cittadino e le istituzioni. L'attività di Equitalia ha dimostrato e dimostra i suoi limiti, giacché si sono utilizzati strumenti normativi e amministrativi spesso criticabili per la loro rigidità ed inadeguatezza rispetto ai debitori e più in generale dell'economia reale.
Sono problemi che gli stessi dirigenti di Equitalia hanno più volte lamentato. Da più parti, pertanto – e mi avvio a concludere – si è sostenuto che le norme di settore e la dell'ente dovrebbero essere modificate, prevedendo disposizioni e percorsi che premiano i contribuenti virtuosi, identificano strumenti di sostegno dei contribuenti in difficoltà, eliminano sanzioni derivanti dalla commissione di meri errori formali e favoriscano la rateizzazione limitando le azioni forzose. Questa è l'occasione giusta per farlo, e noi di Scelta Civica verso i cittadini per l'Italia non ci sottrarremo a questa responsabilità.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maietta, che però non vedo in Aula, quindi si intende che vi abbia rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.
GIOVANNI PAGLIA. Presidente, questo decreto affronta per l'ennesima volta temi delicati per questo Paese, come sempre accade quando si mettono le mani attorno ai temi del fisco, dell'evasione fiscale, della riscossione, perché parliamo evidentemente di questioni che, in un'Italia che ha un'evasione fiscale stimata fra i 100 e i 200 miliardi di euro l'anno, in cui la riscossione o meglio la possibilità di riscossione ha dimostrato negli anni tutti i suoi limiti, al punto da avere percentuali molto ridotte nella capacità di incassare ciò che eventualmente si sia accertato, è chiaro che metterci le mani determina appunto scelte politiche importanti. Scelte politiche che, soprattutto per la prima parte di questo decreto, cioè quella che attiene alla soppressione di Equitalia, noi avremmo ritenuto più corretto fare attraverso un percorso parlamentare, attraverso un percorso che desse all'Aula e al Parlamento – soprattutto e prima alle Commissioni – tutte le possibilità di discutere nel merito, e di discutere non solo e non tanto se in questo Paese debba esistere un ente per la riscossione chiamato Equitalia o un ente per la riscossione chiamato in un altro modo, ma si discutesse soprattutto di quelli che sono gli strumenti e le modalità con cui lo Stato si rapporta con quei cittadini che evidentemente non hanno fatto il proprio dovere fino in fondo con il fisco.
È chiaro, infatti, che pagare le tasse non piace a nessuno, non piace nemmeno a chi, come me, per esempio, ordinariamente, al di là di questo preciso momento della mia vita, in una famiglia monoreddito pago un'aliquota marginale vicino al 40 per cento sui propri redditi. Cioè, per 1.000 o 2.000 euro di guadagno significa che un certo pezzo, 400 euro, possono andare allo Stato, e non parliamo evidentemente di redditi alti. Eppure, ogni volta che parliamo di fisco in questo Paese dovremmo ricordarci che ci sono milioni di persone – penso ai lavoratori dipendenti e ai pensionati – che pagano sempre, pagano fino all'ultimo centesimo, e pagano, loro sì, sempre in modo progressivo. Cioè, in un Paese in cui si continuano ad inserire, anche nella prossima legge di bilancio, norme per cui ci sono sempre più tasse che vengono pagate in modo forfettario, sempre più tasse che vengono pagate con cedolari fisse, il lavoro dipendente continua a pagare in modo assurdamente progressivo sotto molti aspetti, cioè con aliquote molto alte anche sui redditi molto bassi, e senza avere nulla in cambio in termini di servizi, perché i servizi calano mese dopo mese, anno dopo anno, legge di bilancio dopo legge di bilancio e l'età di pensionamento, per stare a quello che era l'altro grande pezzo di del mondo del lavoro di questo Paese, si allontana.
Quindi, siamo in questo quadro, e devo dire che da questo punto di vista non si fa assolutamente nulla, mentre si va, anche con questo decreto, per l'ennesima volta a strizzare l'occhio a chi ha evaso le tasse, perché in questo decreto abbiamo più di un condono: abbiamo la che condona di fatto chi ha portato i soldi all'estero o li ha nascosti come contante o valori al portatore, e abbiamo l'eliminazione delle sanzioni e degli interessi di mora per tutti quelli che le tasse non le hanno pagate proprio e poi sono stati accertati come evasori o hanno avuto qualche problema. Ma vedremo dopo.
Partiamo dall'articolo 1: l'abolizione di Equitalia. Anche qui non si può non partire da un passaggio: ci sono 8 mila persone in Italia che fanno il più brutto lavoro del mondo, perché essere l'agente della riscossione è il più brutto lavoro del mondo, cioè dover andare da persone che sono state, per diverse ragioni, intimate di pagamento e che si ritrovano, talvolta, anche in condizione di difficoltà e pretendere che quel pagamento venga effettuato non è un mestiere che piacerebbe fare a tutti: è difficile, crea problemi, anche per la sicurezza personale talvolta, e a questi lavoratori non si dice mai grazie. Anzi, una politica in odore di populismo, sia di maggioranza e, a questo punto, anche di Governo, altro non fa che quotidianamente addebitare ad Equitalia, in questo caso, e comunque alla riscossione del dovuto, problemi che sono da tutt'altra parte. Infatti, è evidente che persino quando arrivano cartelle che non dovrebbero arrivare non è certo Equitalia la responsabile, ma piuttosto chi le cartelle gli passa. Eppure la cosa più semplice, la cosa che fa incassare più immediato consenso e la cosa che evita di affrontare le cose per quello che sono e mettere le mani dove andrebbero messe è quella di scaricare la responsabilità sull'ultimo anello della catena. Questo si è scelto di fare anche questa volta e credo che questo sia particolarmente grave perché è stato il Governo a farlo. Lo ha fatto per una ragione esclusivamente elettoralistica: prima del referendum costituzionale bisognava andare da chi deve dei soldi allo Stato e ha cartelle nelle mani a dire che Equitalia viene abolita. Dopodiché, ovviamente Equitalia non viene abolita; Equitalia cambia la sua ragion d'essere ed Equitalia cambia nome: non sarà più una Spa, ma sarà un ente pubblico economico, non si chiamerà più Equitalia ma, presumibilmente, Agenzia della riscossione. Tutto qui, continuerà a fare esattamente il mestiere di prima perché, fuor di ogni demagogia, quel mestiere serve, è indispensabile ad un Paese che ha l'evasione fiscale con i livelli che ho detto prima e che proverebbe ogni tanto a voler recuperare qualche risorsa, anche per chi tutti i giorni paga – e non può farne a meno – tutte le tasse fino all'ultimo centesimo.
Equitalia diventa un ente pubblico non economico per la stravagante – sotto molti aspetti – motivazione, così come ha detto il Presidente del Consiglio, che chi riscuote crediti per conto dello Stato non può fare profitti su questa attività. Noi su questo principio, peraltro, siamo assolutamente d'accordo: chi fa servizi per ordine dello Stato e, quindi, per conto della comunità, in ultima istanza, non dovrebbe percepire profitti da quell'attività. È curioso che di questa cosa il Governo e la maggioranza si rendano conto solo ed esclusivamente quando c’è Equitalia di mezzo, dopo aver imposto e imponendo tutti i giorni in questo Paese che sull'energia elettrica, sui trasporti pubblici, sull'acqua, su qualsiasi servizio di cui hanno bisogno i cittadini, sempre di più, c’è un margine di guadagno che viene riconosciuto a chi lo svolge, mentre, invece, questo deve sparire sulla riscossione dei crediti. Ma questo – ripeto – lo prendiamo come un primo passo in avanti rispetto ad una uscita dalla logica del profitto sui servizi pubblici e in ordine ad una logica di servizio. Quello su cui, però, francamente non saremo e non saremo mai d'accordo – su cui, anche in questo caso, colpevolmente e sempre in modo populista e demagogico il Governo si spende – è la questione dell'aggio. Con un emendamento si apre la possibilità – per fortuna, solamente la possibilità per il momento – che l'aggio, cioè il costo vivo di quella riscossione, oggi previsto al 6 per cento, cioè in una percentuale che la stessa direttrice dell'Agenzia delle entrate ci dice insufficiente a coprire i costi della riscossione, sia abbassato ancora. Ed è bene che si sappia che, quando l'aggio si abbassa, evidentemente, quei costi della riscossione, che invece non spariscono, semplicemente si trasferiscono – questi sì – anche sulle tasche di qualcun altro, cioè dei contribuenti onesti e corretti, che si troverebbero così a dover pagare anche il costo della riscossione di ciò che viene effettivamente incassato e anche di ciò che non lo è, con la presa in giro di dover pagare due volte: pagare le tasse e pagare le spese di recupero. Credo che questo sia inaccettabile e non si può essere demagoghi fino a questo punto, cioè fino all'idea che, per cancellare una spesa da una parte, non si ha, poi, il coraggio ovviamente di dire che quella spesa finirà da un'altra. Infatti, si lavora come dei maghi da quattro soldi ormai in questo Paese, facendo sparire le cose e facendo sempre finta che queste puntualmente non debbano necessariamente ricomparire altrove quando si parla di costi, perché i costi non spariscono, al massimo si trasferiscono fino a che il servizio è in piedi.
Questo decreto è stato talmente frettoloso che ci mette davanti anche ad un altro problema, sempre restando ad Equitalia.
L'Agenzia delle entrate dovrà acquisire queste quote, dovrà pagare il dovuto, a quanto pare, all'INPS, cioè all'altro socio. Poi dovrà annullare queste azioni, visto che di una Spa si trattava, avendone presumibilmente un danno patrimoniale di cui nessuno si preoccupa. Anche in questo caso, non succede spesso che una società, in virtù di una legge, sia costretta ad acquistare cose che non valgono nulla, andando a violare anche quelli che, dal mio punto di vista, sono i principi di fatto del codice civile.
Infine, con un emendamento voluto dalla maggioranza e infilato all'ultimo momento, si apre un problema di cui io credo il Governo dovrà farsi carico e dovrà farsene carico anche il Parlamento, io mi auguro il Senato. Il problema è quello del fondo di previdenza complementare che avevano i dipendenti di Equitalia, cioè un fondo presso l'INPS, alimentato dai lavoratori negli anni con versamenti obbligatori, che adesso dovrà essere ridestinato con decreto del Ministero. Cosa significa l'espressione «ridestinato con decreto del Ministero» ad oggi nessuno sa niente. Ovviamente, la ridestinazione può essere positiva per i lavoratori o può essere anche negativa; tutto sta alla direzione in cui si vuole andare. Su questo noi proveremo a fare chiarezza, già anche con un ordine del giorno, prima di passare al Senato, perché credo che i lavoratori abbiano il diritto e il Governo abbia il dovere, gli uni, di sapere e, l'altro, di far sapere dove finiscono soldi che non sono dello Stato, ma sono di chi ha lavorato e in quel fondo ha versato, anche in questo caso per obbligo e non volontariamente, risorse mese dopo mese.
Un secondo tema è il seguente. C'era un provvedimento all'interno di questo decreto che noi condividevamo. Non solo lo condividevamo, ma l'avevamo proposto altre volte con emendamenti, non ultimo all'interno dei decreti legislativi che hanno seguito la delega fiscale e che hanno introdotto poi la fatturazione elettronica. È il tema della trasmissione trimestrale dei dati delle fatture di tutte le imprese, delle fatture emesse e delle fatture ricevute. Questo ci soddisfaceva e ritenevamo... Peraltro, lo ritengono tutti, lo ritiene anche il Governo, che infatti aveva previsto di incassare maggiori introiti nella lotta all'evasione fiscale grazie a questo provvedimento. Avremmo voluto, con emendamenti che non sono passati (vedevamo dei limiti), che tutte le fatture fossero trasmesse, non con i limiti che il decreto prevedeva, a partire da quelle ricevute, che passavano solo per le registrate, e avremmo voluto che le sanzioni fossero meglio specificate e innalzate. Infatti, ritenevamo che 25 euro a fattura fossero potenzialmente troppo bassi. Ora cosa ha fatto il Governo, accogliendo un emendamento del MoVimento 5 Stelle, a dimostrazione che le pessime idee vengono sempre in coppia ? Ha ridotto queste sanzioni. Le ha ridotte a 2 euro per fattura, con un massimo di mille euro per trimestre. Ma, qualora uno non presenti queste fatture, ma, una volta «beccato» a non averle presentate, le depositi entro quindici giorni, la sanzione è di un euro per fattura, con un massimo di 500 euro per trimestre. Deve essere chiaro che, facendo un conto neanche particolarmente difficile, un euro per fattura significa che la sanzione, di fatto, è inferiore al costo che le imprese hanno eventualmente per la trasmissione di queste fatture. Quindi, con una sanzione ridotta a questi livelli, quella che era una misura antievasione, attesa da anni e che finalmente il Governo aveva deciso di introdurre nell'ordinamento, di fatto, scompare. Anche questo non è modo di governare: introdurre misure buone, positive, che vanno ad intervenire su una delle difficoltà storiche, attuali e grandi di questo Paese, cioè l'evasione fiscale, andare a farsi fare i titoli sui giornali per un paio di giorni e, poi, in sede di emendamenti, accogliendo magari il peggiore fra quelli presentati dall'opposizione, smontare completamente la norma nella sua applicabilità è un metodo di governo di cui, sotto molti aspetti, ci si dovrebbe vergognare. Infatti, se non si ha il coraggio e la volontà di fare un'iniziativa legislativa, non la si faccia. Ma farla e smontarla è un atto non degno di un Governo che vuole avere un rapporto reale con le opposizioni, ma soprattutto con il Paese.
Fra le altre cose – qui andiamo verso i condoni propriamente detti –, avete messo, sempre con un emendamento, un bel condono specifico per le controversie in materia di accisa. Chissà mai che anche in quel caso non si dovesse venire incontro a chi ha un contenzioso aperto con lo Stato, che, a questo punto, può sanare liberamente, pagando il 20 per cento di quello che avrebbe dovuto pagare e chiudere il contenzioso, quindi, con una cifra forfettaria molto bassa e la chiudiamo qui. Ma non è quello il problema. Il problema vero, invece, è il condono vero, quello aperto a tutti, quello per chiunque abbia nelle mani cartelle da rottamare 2000-2015 in prima battuta, ma visto che si sembrava non abbastanza generosi andiamo anche oltre, 2000-2016; si poteva scrivere anche 2018, così forse ci si evitava la fatica di dover ripetere nei prossimi due anni dei decreti-legge analoghi, ma ci fermiamo per il momento al 2016, anche se l'anno non è ancora scaduto. Su queste cartelle la rottamazione evita interessi di mora, evita sanzioni; riduce quindi complessivamente, soprattutto per grandi importi e soprattutto per importi di vecchia data, quello che dovrebbe essere il dovuto.
Noi non siamo mai d'accordo con i condoni e non lo siamo tantomeno su questo. Avremmo voluto una norma molto diversa: una norma che prendesse atto che negli ultimi dieci anni di fatto questo Paese ha dovuto affrontare una guerra economica; questo ci dicono i livelli di crollo del PIL, questo ci dicono i livelli di crollo della produzione industriale, questo ci dice la conoscenza minima delle condizioni del Paese reale, dei lavoratori, delle imprese. C’è stato chi ha avuto effettive difficoltà in questi anni, che ha avuto difficoltà al punto tale che anche dopo aver dichiarato correttamente quanto doveva in termini fiscali, non è stato nelle condizioni di versarlo. Qualcuno parla di evasione di necessità: è un termine che non apprezzo molto, e tuttavia noi saremmo stati d'accordo a limitare molto il campo sia in termini di importi massimi, sia in termini di prevalenza rispetto al mancato versamento anziché sui crediti derivanti da accertamento; avremmo voluto andare incontro a chi ha vissuto realmente in difficoltà. Dopodiché invece qui c’è un problema: che non lo si è fatto, si è reso il condono aperto a tutti; ma è bene sapere che l'ordinamento italiano, con norme che anche noi abbiamo appoggiato, ha riconosciuto in questi anni, proprio come categoria, le imprese o persone fisiche che fanno attività d'impresa che versano in temporanea oggettiva grande condizione di difficoltà; lo abbiamo riconosciuto per legge. Tant’è che a questi abbiamo riconosciuto la possibilità di fare rateizzazioni molto lunghe, di arrivare fino a 120 rate rispetto al pagamento di ciò che devono allo Stato: riconoscendo che quando uno è in grave difficoltà andargli a chiedere anche immediatamente il versamento di grandi cifre, persino se evase, può produrre il risultato contrario a quello che si vuole, cioè anziché incassare quelle cifre, di far fallire un'impresa. Questi sono evidentemente i più meritevoli, quelli che più di tutti dovrebbero essere aiutati ad essere messi in carreggiata.
A questi, cosa si dice con questo condono ? Che loro possono anche escludere le sanzioni, escludere gli interessi di mora, ma dalle 120 rate devono passare a 5, e di fatto pagare subito. Quindi chi è in seria difficoltà non potrà accedere a questo condono, perché non è minimamente messo nelle condizioni di pagare in 5 rate ciò che prima pagava in 120, a meno che non abbia dichiarato il falso, ed evidentemente lo Stato non abbia accettato una falsa dichiarazione. Salvo andare dalle banche, a chiedere di fatto di pagare in interessi quello che sarebbe dovuto allo Stato, di condono, in sanzioni ed in interessi di mora, perché gli interessi bancari sono più alti degli interessi di mora: è di questo che parla il Governo ? A questi non si dà alcuna risposta: si dice di fatto «tenetevi le sanzioni, tenete gli interessi di mora, e pagate se siete in grado nelle rate lunghe». A quelli che invece non hanno probabilmente alcuna difficoltà, magari visto l'altro pezzo di provvedimento di cui parliamo subito, cioè la magari perché hanno soldi nascosti all'estero, che possono riportare in Italia, pagando sanzioni talvolta ridicole, se sono lì da più di cinque anni; magari con quelli si va invece ad approfittare del condono, quindi approfittando due volte: approfittando del rientro ed approfittando del fatto che lo Stato è disposto per l'ennesima volta a condonare le sanzioni agli evasori fiscali, in questo Paese.
Secondo noi non si sta facendo giustizia ! Si usa la retorica dell'aiuto alle imprese che sono entrate in difficoltà nella crisi, e peraltro già il fatto che si vada fino al 2000 dimostra evidentemente che non è così, perché il 2000 non era certo fase di crisi, e nemmeno il 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006; ma utilizzando quella retorica non si aiuta chi è andato in difficoltà, ed invece la si usa per andare incontro a chi ha rubato: perché quando si parla di evasione fiscale evidentemente – usiamo i termini per quello che sono – si parla di furto ai danni della collettività.
E fra questi i peggiori sono evidentemente quelli che quei soldi li hanno presi e addirittura portati all'estero, per cui già lo scorso anno il Governo aveva previsto una specie di sanatoria; sanatorie che qualcuno ha anche difeso, ma che aveva un punto fondamentale in chi la difendeva: la facciamo quest'anno e non la faremo più. E puntualmente l'anno successivo la rifanno ! Con questo andando a dare un messaggio sbagliato, che è quello che tanto si può sempre credere che, ad un termine, che viene posto in una data, si può non corrispondere, perché il termine verrà sempre spostato in avanti. E questo è un messaggio sbagliato !
Con un emendamento si è anche permesso a chi già aveva aderito l'anno scorso, ufficialmente dichiarando di aver fatto emergere tutto, in caso di contante, di rifarlo emergere quest'anno, dichiarando che forse l'anno scorso aveva mentito, perché, in effetti, non aveva fatto emergere tutto, ma che è pronto a fare emergere anche altro: magari quello che nel frattempo è emerso ed è andato in prescrizione, su cui quindi con un 3-4 per cento di media, a quanto pare, si risolve la questione dell'emersione. Dico ciò perché l'anno scorso, dai dati che abbiamo, non è emerso nulla di ciò su cui si prendevano entrate rilevanti: la famosa frase «non è una sanatoria perché dovranno pagare fino all'ultimo centesimo», di quelli che dovevano pagare fino all'ultimo centesimo ne abbiamo visti pochi. Ne abbiamo visti molti di altri, di quelli che ormai erano andati fuori dai limiti per l'accertamento, anche perché nel frattempo era stato cancellato il raddoppio dei termini, e quindi potevano tranquillamente far emergere questi capitali con un versamento assolutamente irrisorio.
Quest'anno è ancora peggio: non si fa nemmeno più la farsa, perché mentre l'anno scorso si diceva «almeno fate emergere i documenti in contraddittorio con l'Agenzia delle entrate, e poi si vede quanto dovete versare», quest'anno si dice: fatevi due conti, versate quello che dovete, poi eventualmente forse l'Agenzia delle entrate, se riuscirà prima o poi a superare il sovraccarico di impegni che le sono stati messi sul collo (quest'anno arriva anche la fusione con Equitalia), forse riuscirà anche a guardare se effettivamente quello che avete dichiarato di dover dare è ciò che era vero o meno; tutto lascia supporre che forse non saranno fatte con così grande attenzione, ma comprensibilmente, vista la mole di lavoro che si carica: siamo ancora ad oltre il 36 per cento delle pratiche dello scorso anno da processare, e ne stanno per arrivare delle altre, in un quadro oggettivo di indebolimento della struttura, perché il sovraccarico di lavoro significa indirettamente indebolimento.
Per non parlare della questione del contante, che noi abbiamo posto con forza anche in Commissione, e che vogliamo riportare anche qui. In prima battuta, lo sanno tutti, all'interno di questo decreto-legge il Governo aveva voluto che con il 35 per cento di versamento forfettario chi avesse cifre di contante o altri valori al portatore nascosti in cassette di sicurezza, materassi, intercapedini nei muri, ognuno dove crede, potesse farle emergere. C'era stato un dibattito, ovviamente più sui giornali che qui dentro, preventivo: ormai con il Governo è più forte la levata di scudi preventiva, si riesce ad ottenere di più con quel mezzo che con la discussione all'interno delle Aule parlamentari o delle Commissioni. E comunque, prima ancora di arrivare al Parlamento, quel 35 per cento col pagamento forfettario era scomparso. Era rimasta la possibilità di versare i contanti o altri valori nascosti, ma di farlo nell'incertezza: cosa che aveva prodotto che l'anno scorso nessuno li avesse fatti emergere, di fatto. Era una sorta di resistenza passiva, quella che la norma opponeva di fronte ad una cosa pessima come la legalizzazione del riciclaggio, di fatto anche se in un arco di tempo limitato.
Si è preso l'emendamento apparentemente innocuo, cioè quello che dice che qualsiasi cifra uno faccia emergere, questa cifra verrà divisa negli ultimi cinque anni fiscali e lì imputata. Il che vuol dire sostanzialmente che chiunque la imputi, anche senza arrivare al riciclaggio vero e proprio (che pure c’è, e poi dirò), al familiare a reddito zero, l'aliquota per farlo emergere è attorno al 23-24 per cento su 100.000 euro. Questa è la verità: più bassa di prima ! Non c’è bisogno di andare ai prestanome di professione, che pure esistono; e anche qui è ipocrita fare finta che non esistano, è ipocrita far finta di non sapere che la grande massa del denaro contante in Italia non deriva da evasione fiscale: la grande massa di denaro contante in Italia deriva dalle attività criminali vere e proprie. È per questo che in Italia c’è oltre l'80 per cento delle banconote da 500 euro complessivamente circolanti nell'Unione europea. È per questo che abbiamo una mole di contanti che qualcuno stima in 200 miliardi di euro, per il motivo che abbiamo almeno l'1 per cento di PIL prodotto da attività criminale, cioè quell'attività che gira solo in contanti. Il Governo si sta rivolgendo a questi soggetti e lo fa consapevolmente e lo fa con talmente tanta forza che, dopo essere stato costretto a togliere la norma, appunto, in prima battuta, l'ha rinfilata surrettiziamente in seconda e anche con lo sconto.
Ma si affida alla forza dell'autodichiarazione, con cui la persona dice che quel denaro deriva solo da evasione fiscale e non da attività criminali. Il contante non permette di provare in alcun modo questo. Io posso dichiarare che un orologio del valore di 30 mila euro l'ho persino trovato per la strada. Venitemi a dimostrare il contrario, venitemi a dimostrare il contrario ! O, quando io dichiarerò che quei 100 mila o 200 mila euro derivano dall'aver svolto un'attività artigiana in nero per dieci anni – e magari l'ho fatta veramente, indipendentemente da chi siano i proprietari veri di quel denaro –, venitemi a dimostrare il contrario. E ricordatevi che chi ha bisogno di fare emergere capitali, da sempre, molto più che gli evasori, è la criminalità organizzata: molto più che gli evasori, è la criminalità organizzata ad aver bisogno di fare emergere il contante. Tant’è che il riciclaggio, il grande riciclaggio, non è appannaggio degli evasori fiscali: è un'attività connessa soprattutto all'attività criminale, non a caso.
Noi abbiamo parlato e continuiamo a farlo di riciclaggio di Stato, nella speranza che, prima o poi, prenda parola anche chi in prima battuta, appunto, si era sollevato contro la prima ipotesi del Governo e che lo faccia al Senato. Infatti, per fortuna, ancora – e speriamo a lungo –, abbiamo un bicameralismo in questo Paese, che ci consente di porre rimedio ai danni che fa una delle Camere.
Non c’è bisogno di dire nient'altro su questo decreto-legge. Il resto sono norme microsettoriali, il resto è l'intervento che va sull'ente regionale dei trasporti della Campania, corretto, ma senza, anche lì, che venga imputata alcun tipo di responsabilità a chi ha creato buchi in quell'azienda. E lo si è fatto, peraltro, in Commissione con la peggiore delle argomentazioni da parte di qualcuno della maggioranza, cioè con la chiamata in correo, come a dire: siamo responsabili tutti se c’è quel buco e, quindi, tutti dobbiamo farci carico, perché abbiamo governato tutti. Questa è la cosa peggiore che una classe politica può fare: creare buchi, farlo in modo eventualmente chiamarsi in corresponsabilità e insieme, diciamo, sanarli.
Noi avremmo voluto sanarlo quel buco, ma avremmo voluto, molto banalmente, che quell'ente venisse commissariato contestualmente. Deve essere chiaro che, nel momento in cui con denaro pubblico vai a porre soluzione ad un problema che si è creato, vai anche a imporre di fatto una sanzione e a imputare una responsabilità e a creare le condizioni per cui non succeda più. Vai anche a capire perché quel buco si è creato. Infatti, per esempio, nel trasporto pubblico potrebbe persino essere un atto di resistenza in questi anni aver creato buchi nei bilanci, visti i tagli che il Governo centrale ha sempre e sistematicamente imposto a regioni, province ed enti locali rispetto alla gestione dei servizi.
Mi avvio alla conclusione su una cosa piccola. Si è andati a intervenire di nuovo sull'ente nazionale per il microcredito. In questo Paese di microcredito ce n’è poco, in compenso abbiamo un ente, che serve solo, per così dire, a pagare stipendi, a partire da quello del Presidente, e mi risulta anche piuttosto elevati, ma su questo interverremo anche con interrogazioni nelle prossime settimane. È tipico dell'Italia fare norme che hanno dei bei nomi, ma che, anziché favorire nuove esperienze anche nel credito, servono solo ed esclusivamente a generare incarichi per amici o ex amici di Governo. È una brutta prassi contro cui noi non ci stancheremo mai di parlare e, nel possibile, anche di combattere
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Milanato. Ne ha facoltà.
LORENA MILANATO. Presidente e colleghi, il provvedimento al nostro esame oggi è solo l'ennesimo e direi anche, purtroppo, molto triste esempio di scollamento tra le politiche annunciate dal Governo e la realtà concreta dei fatti.
Agli annunci trionfanti in merito alla rivoluzione fiscale in atto e alla soppressione di Equitalia ha fatto seguito un testo privo di qualsiasi visione riformatrice, utile per fare cassa e per piazzare qualche norma in grado di fare il gioco del Governo, in questo particolare momento di campagna referendaria in atto. Il risultato dell'operazione sarà, infatti, ben diverso da quello illustrato dalla propaganda del Premier. La montagna renziana ancora una volta ha partorito un topolino, trincerandosi dietro lo strumento della decretazione d'urgenza per dare l'impressione di fare tutto e subito.
Le abnormità e le anomalie in questa vicenda sono più d'una. Partiamo da quella più evidente: non si era mai visto, infatti, un decreto-legge collegato addirittura a una manovra di bilancio triennale, che ancora deve essere approvata. Non si era mai visto poi un Governo talmente arrogante, da tentare di inserire in questo testo – che, come ricordavo, è stato dichiarato collegato alla manovra finanziaria e che, quindi, risponde agli stessi criteri di ammissibilità – delle disposizioni, poi già stralciate dal disegno di legge di bilancio. In particolar modo, mi riferisco alle misure per il settore bancario e a quelle relative al progetto Ryder Cup. Pensate, 97 milioni di euro per il golf.
Il Governo ha cercato di far rientrare dalla finestra quello che era già uscito dalla porta della stessa Commissione bilancio qualche giorno prima, perché aveva giudicato quelle stesse norme fuori dal contenuto della manovra finanziaria. A cosa si deve pensare, quindi ? A mala fede ? A presa in giro ? Direi, in questa fase, solamente a dei comportamenti non propriamente legittimi e tantomeno corretti da parte del Governo.
Ecco, noi non ci stiamo e abbiamo denunciato con forza quella che è una vera e propria truffa ai danni del Parlamento. Ma soprattutto, se oggi il Parlamento non sta vivendo un momento felice evidentemente, è una vera e propria truffa all'intero Paese, a tutto il Paese intero.
Il testo che abbiamo davanti è un provvedimento disomogeneo, chiaramente focalizzato a ottenere consenso da parte dei cittadini e da parte di diverse categorie. Ecco perché, dai contenuti legati a questioni fiscali, sbucano poi interventi che rispondono a necessità di governo e alcune misure che hanno l'amaro sapore di elettorali, utili, come dicevo, per la campagna referendaria che caratterizza questo periodo e che si chiuderà con l'appuntamento del prossimo 4 dicembre.
È proprio per racimolare consenso che vengono introdotte norme per assicurare qualche euro in più ai comuni alle prese con l'accoglienza dei migranti – ai quali va però la nostra solidarietà, vista la sciagurata politica in materia di immigrazione portata avanti dal Governo – piuttosto che al fondo di occupazione, al trasporto regionale, fino a investimenti per le Ferrovie dello Stato o al finanziamento della linea Milano-Saronno o alla per il cinema.
Come abbiamo avuto modo già di argomentare anche nella relazione di minoranza del collega Laffranco, la contrarietà di Forza Italia è, quindi, innanzitutto rispetto all'impianto filosofico del testo, che non ha una trama, se non quella, da una parte, di spendere per guadagnare consenso e, dall'altra, di impiantare una pseudo riforma della riscossione, accanto a una sorta di rottamazione delle cartelle esattoriali, con l'unico scopo di fare cassa e tentare così di far quadrare i conti, che purtroppo, però, non tornano.
Equitalia, in realtà, cambia solo nome. Lo Stato con decreto-legge si è preso il diritto di disporre di una società privata, di cambiarle natura giuridica e di creare un ente pubblico economico di riscossione, sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze. Tutto questo senza un'approfondita discussione in Parlamento in merito alle procedure, alle modalità di riscossione, senza un'analisi specifica dei risultati, dell'impatto e delle problematiche riscontrate in questi anni di attività di Equitalia. Semplicemente si decide che quella società deve cessare di essere una società per azioni, diventando un ente pubblico economico.
Oltre ai numerosi dubbi interpretativi e applicativi del nuovo testo e ai vistosi e grossolani errori a cui il Governo ha cercato di porre rimedio nel corso dell'esame in Commissione, questo intervento normativo appare, in questo momento, inopportuno e privo di qualsiasi visione, se non quello dell'annuncio al telegiornale della sera in merito alla fantomatica soppressione di Equitalia.
Noi avremmo preferito approfondire, ragionare, partire dai dati concreti in merito a quello che non ha funzionato in questi anni e, per questo, avevamo presentato una richiesta di stralcio di questa norma, con la preghiera di proseguire l'esame seguendo il normale iter parlamentare. Di sicuro le prospettive future della riscossione, così come impostata, risultano schiacciate da una politica opaca e assolutamente inadeguata ad affrontare quella che è una sfida di straordinaria importanza per lo sviluppo del nostro Paese.
Anche gli annunci relativi alla rottamazione delle cartelle esattoriali si sono rivelati, nei fatti, vuoti e soprattutto ingannevoli, perché si tratta di misure che hanno il solo obiettivo di fare cassa; anche in questo caso, quindi, il risultato è diverso da quello propagandato. Il testo iniziale del provvedimento prevedeva un pagamento dilazionato in un massimo di quattro rate entro il 15 marzo 2018, con ben due terzi della somma complessiva da saldare entro il 15 dicembre 2017. Per questo, molti emendamenti di Forza Italia miravano a prevedere un numero maggiore di rate e una dilazione nel tempo, in modo da permettere ai contribuenti con più difficoltà di aderire alla procedura. I relatori hanno accolto quanto proposto solo in parte, definendo il pagamento di tre rate per il prossimo anno e di due per quello successivo, con l'estensione dell'efficacia della definizione agevolata per i ruoli ammessi fino al 2016 e lo slittamento del termine per l'adesione fino a dicembre 2018. In altre parole – è già stato detto – chi non ha problemi di liquidità ne approfitterà, mentre gli altri si terranno la cartella esattoriale così come già hanno deciso, optando per la rateizzazione lunga, avendo come unica alternativa quella di un finanziamento bancario, sicuramente meno conveniente. Forza Italia aveva anche chiesto di intervenire proprio su quei contribuenti, su quelle imprese in crisi, che già avevano avuto accesso al piano di lunga rateizzazione, ma non siamo stati ascoltati. Il Governo ha dimostrato così la vera natura di questa misura, che non ha niente a che vedere con qualcosa di favorevole nei confronti del contribuente.
Altro critico del provvedimento, a chiara vocazione vessatoria, è la parte relativa ai nuovi adempimenti dei contribuenti. Se, da una parte, si stabilisce, a decorrere dal primo gennaio 2017, per i soggetti passivi IVA, l'abrogazione della comunicazione dell'elenco clienti e fornitori, dall'altra il testo introduce due nuovi adempimenti da effettuare telematicamente ogni tre mesi: la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute, la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA. Anche in questo caso il Governo stima che dalle nuove disposizioni si dovrebbero recuperare, per il solo 2017, ben 2 miliardi di euro e oltre 4 miliardi nel 2018, una vera e propria beffa per i contribuenti, tra l'altro in palese contrasto con la semplificazione tante volte sbandierata proprio da questo Governo, a cui Forza Italia aveva cercato di porre rimedio proponendo una serie di emendamenti che prevedevano la soppressione di tutti gli aggravi burocratici in merito alle comunicazioni trimestrali, eliminando anche sanzioni per eventuali errori formali nella trasmissione.
Un ultimo passaggio, ma sicuramente doveroso, sul «grande fratello» che si è scatenato nei confronti del contribuente: l'articolo 3 del testo consente all'Agenzia delle entrate di utilizzare le banche dati e le informazioni alle quali è autorizzata ad accedere anche ai fini dell'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale, nonché di acquisire le informazioni relative ai rapporti di lavoro e di impiego presenti nelle banche dati dell'INPS, per l'attivazione mirata delle norme relative al pignoramento di stipendi, salari o altre indennità. Inoltre, si consente al nuovo ente Agenzia delle entrate riscossione di accedere alle medesime informazioni per le attività di riscossione.
Gli emendamenti di Forza Italia miravano invece ad eliminare questa disposizione, nonché altre misure simili già previste dalla legislazione vigente, che permettono all'Agenzia delle entrate di poter entrare in possesso e incrociare banche dati, mettendo a sistema informazioni con riferimento anche al valore medio di giacenza dei depositi e dei conti correnti postali: una sorta di «grande fratello» fiscale, che dal 1o luglio 2017 potrà controllare i beni, gli stipendi e gli investimenti dei contribuenti, a cui noi gruppo di Forza Italia diciamo convintamente no .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.
MAURO PILI. Grazie Presidente, onorevoli colleghi. Non mi soffermerò nemmeno un attimo sull'annosa vicenda di decreti-legge disomogenei, privi della urgenza e della straordinarietà. È una regola costituzionale, sacrosanta, che viene sistematicamente violata dal Capo dello Stato e dal Governo, che propone, e il Capo dello Stato, che ratifica. Si tratta di un provvedimento totalmente disomogeneo, che non tiene conto di nessun tipo di urgenza.
Voglio però soffermarmi sulla credibilità di questo decreto, la credibilità che è alla base di ogni provvedimento che un Governo deve proporre sia al Parlamento che ai cittadini. Questo decreto è privo di qualsiasi credibilità istituzionale, politica e sostanziale. Voglio citare soltanto due elementi, per aggiungerne poi un terzo. I primi due elementi sono evidenti: mancano venti giorni alla scadenza referendaria e quindi vi è un tentativo palese, pacchiano, da parte del Governo, di accaparrarsi qualche voto con un decreto che, nella sostanza, non solo non interviene sulle questioni concrete e sostanziali, ma che, anzi, in molti casi le inasprisce in maniera pesante. Il secondo elemento è che questo decreto dice, con estrema chiarezza, che Equitalia esiste e continuerà a esistere con struttura analoga rispetto a quella precedente, non cambieranno nemmeno gli uffici, non cambieranno i funzionari e soprattutto non cambieranno le regole della riscossione. Basterebbero questi elementi, onorevole Presidente, per derubricare questo decreto nell'alveo delle barzellette di questo Governo, barzellette da quattro soldi, che vengono dispiegate nel vano tentativo di recuperare qualche voto visto che i sondaggi dichiarano ormai apertamente il fallimentare apporto di questa riforma costituzionale. Del resto, se non fosse un'estrema propaganda elettorale, per quale motivo si propone questo decreto in quest'Aula a venti giorni dalla scadenza elettorale ? Se fosse stato questo un punto nevralgico, come oggi da una parte e dall'altra si sostiene, delle azioni di Governo, perché lo si fa dopo due anni e mezzo dall'insediamento di questo Governo ? È evidente che, se questa fosse stata un'azione dirimente delle scelte di governo, bene avrebbe fatto il Governo a presentarla due anni e mezzo fa e non alla vigilia di una consultazione referendaria. È evidente, lo sanno tutti, Renzi si accompagna con sondaggisti di varia natura, alcuni americani che, come si è visto, sbagliano tutte le previsioni, che gli hanno detto però un dato emblematico: se non si fanno azioni di imbroglio dell'opinione pubblica, non c’è possibilità di tentare di ribaltare il risultato e quindi nasce il decreto con decine di argomenti totalmente disomogenei, ma con il titolo che è quello di cancellare Equitalia. Ecco, l'affermazione «cancellare Equitalia», che è nel titolo di questo provvedimento, è totalmente destituita di fondamento, mi permetterà il Presidente di definirla del tutto falsa. Qui è il diversivo che viene proposto con uno sistematico: quattro slide, a catena, le TV di Stato piegate e sottoposte, sottomesse al regime di Palazzo Chigi, che devono imporre nella tabella quotidiana dei propri TG appunto la notizia «Equitalia viene cancellata», perché è il tema su cui i Governi più tribali pensano di poter recuperare del consenso e in questo caso senza affrontare invece la partita più seria che è quella non della sola riscossione che è essa stessa un tema rilevante ma quella della pressione fiscale, che non solo non viene abbassata, ma che sistematicamente da una parte o dall'altra viene incrementata. Bisogna, da questo punto di vista, leggere attentamente il decreto e partire dal presupposto che il 4 dicembre che vinca o che perda nasce Equitalia con poteri aggiuntivi e ancora più oppressivi di quanto non avesse la precedente Equitalia. Ovvero sempre rapina a mano armata, e cercherò di spiegare perché questa rapina a mano armata ha soltanto il cambio del cappuccio del rapinatore, che utilizzerà strumenti da spionaggio, da Gestapo, atteggiamenti che consentiranno di entrare nelle banche, nelle case e nelle aziende come un «grande fratello» che davvero metterà ancora di più questo tema della riscossione, ma soprattutto con la pressione fiscale, come elemento oppressivo dello Stato nei confronti delle famiglie e nei confronti di chi fa impresa.
E non si distingue ancora tra chi evade e chi invece è costretto a sopportare la pressione fiscale indebita e ingiusta, che non è in nessun modo equa rispetto ai fondamenti che la Costituzione, quella vigente, impone. Ora hanno scelto un'altra strada: prima ti sfondavano la porta a calci, ora ti entrano dentro la vita con spionaggio di vecchia memoria. Ti incrociano qualsiasi tuo movimento della vita e mettono a rischio anche la più elementare delle famiglie. Ebbene, va detto con estrema chiarezza, l'articolo 1 dice con estrema limpidità che l'amministratore delegato di Equitalia è nominato commissario straordinario per l'adozione dello statuto e gestione della fase transitoria. Quindi vuol dire che chi ha governato sino ad oggi, e governa sino ad oggi Equitalia, da domani sarà ugualmente a capo di Equitalia; cioè non cambia nemmeno il rappresentate, sarebbe stato più logico trovare una terza persona che fa la transizione, in realtà si prende colui che ha governato, colui che ha armato l'utilizzo della riscossione e lo si nomina. Ma soprattutto si dice che tutto questo avverrà in continuità, è scritto nell'articolo 1, e si ribadisce con estrema chiarezza, che al fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione è istituito un ente pubblico economico: cioè le parole sono chiare, nel testo di legge, a differenza di quello che si rappresenta all'esterno. «Si deve garantire la continuità e la funzionalità dell'attività di riscossione», è istituito un ente pubblico, cioè si cambia il nome, si cambia fintamente la ragione giuridica ma si tengono in piedi tutti quelli che erano i funzionari di Stato messi dentro l'agenzia, dentro Equitalia e si trasferiscono all'Agenzia di Stato, anch'essa per proseguire nell'operazione di rapina.
È evidente che da questo punto di vista emergono elementi nevralgici, e il primo è quello richiamato al comma 5 sul quale pochi si sono soffermati, ma mi permetterà il Presidente di fare su questo un appunto: al comma 5 c’è scritto che viene stabilito un nuovo modello di remunerazione dell'agente di riscossione e che il Presidente del Consiglio stabilisce quali sono le norme e le regole per pagare coloro che devono riscuotere; cioè questa Agenzia sarà remunerata in base a un regolamento che stabilirà il Presidente del Consiglio dei ministri. Mi domando, se questa norma che è stata puntualmente riprodotta tenga conto per esempio della sentenza della Corte Costituzionale del 2010, che ha detto che bisogna assolutamente equiparare il costo della riscossione al costo del servizio.
MAURO PILI. E c’è qui una prima importante verifica che va fatta rispetto a quello che ha detto la Corte costituzionale, ed è per questo che io mi permetto di affermare in quest'Aula che questo decreto è nella sostanza incostituzionale, perché ripropone il termine diverso di aggio ma nella sostanza l'aggio ha il 6 per cento, quando la Corte costituzionale nell'esame della sentenza del 17 giugno 2010 ha detto in maniera puntuale che il costo della riscossione deve essere parametrato al reale costo del servizio e ha stabilito, con i calcoli che ha fatto la Corte, che quell'onere non doveva superare il 2 per cento, e quindi c’è ancora oggi un 4 per cento in più di rapina a mano armata nell'aggio, cioè nel fondamento della riscossione, di cui non si tiene assolutamente conto.
La Corte costituzionale su questo è stata, non chiara, ma chiarissima perché ha posto tutte le analisi puntuali di tutti gli elementi che dovevano in qualche modo portarci a una valutazione di quanto dovesse guadagnare appunto il soggetto della riscossione, e di tutto questo non si tiene conto, quindi si apre un capitolo, quel capitolo dell'imbroglio che deve essere ancora definito, perché ad oggi non si è specificato in maniera molto chiara: si è detto che questo margine lo decide il Presidente del consiglio dei ministri, è lo deciderà in base ai costi, i costi sono parametrati a quello che è successo sino ad oggi e quindi se non viene riportato il limite di costo a quello che dice la Corte costituzionale è evidente che si avrà un carico di oneri pari a quello precedente, quindi non cambierà niente nemmeno sull'analisi dei costi che invece la Corte costituzionale ha detto «vanno modificati radicalmente e sostanzialmente». Quindi da questo punto di vista emerge con estrema chiarezza la continuità: all'articolo 1- si parla di proroga di termini in materia di deleghe e funzioni dirigenziali nelle agenzie fiscali per tutto l'anno successivo, quindi è evidente che coloro che hanno diretto anche gli uffici periferici, pur non avendone qualche volta titolo, vengono reiterati e vengono prorogati. La continuità viene garantita successivamente all'articolo 2 – disposizioni in materia di riscossione locale – e già dal 2012 questo Parlamento aveva deciso di chiudere il rapporto violento tra i comuni e Equitalia che scaricava una aggressione ai cittadini, ebbene oggi si fa una ulteriore reiterazione di questa proroga sino al 30 giugno 2017 e a scadenza ci sarà evidentemente un'altra proroga. Quindi ci sono tutti gli elementi cogenti all'interno del decreto che dichiarano, che sostengono che questa Equitalia non solo non muore ma rinasce e riprende forma in maniera più oppressiva, più dura e più violenta di quanto non lo sia stata sino ad oggi. E lo ha detto qualche altro collega. Renzi ha detto «manderemo un messaggino, un sms», in realtà all'articolo 4 è scritto con estrema chiarezza che la comunicazione analitica dei dati e delle fatture emesse deve avvenire puntualmente su tutto l'intero comparto della comunicazione delle fatture, quindi vi è un aggravio ulteriore di oneri che riguardano certamente i commercialisti ma che ricadranno obbligatoriamente sulle imprese, costrette a pagare ulteriori oneri per una burocrazia sempre più asfissiante e che continua a vessare coloro che le tasse le pagano e invece a fare evadere coloro che le hanno sempre evase.
E quindi è evidente che siamo di fronte a un'azione più violenta, perché all'articolo 3 c’è scritto che l'Agenzia delle Entrate potrà utilizzare le banche dati e le informazioni relative all'obiettivo di attivazione delle norme relative al pignoramento. Cioè si dice, con estrema chiarezza, che questi dati, queste analisi vengono fatte con l'obiettivo di pignorare, di pignorare ancora quelle aziende che sono in difficoltà, cercherò poi di vedere la partita degli studi di settore, che vengono anche in quel caso modificati soltanto per nome, cioè si aggrediscono sempre coloro che hanno dovuto sopportare oneri fiscali indebiti, per molti versi indebiti, e qualche volta, perché la crisi economica non è stata all'altezza, ha creato condizioni tali per cui non si riuscisse a soddisfare le esigenze. E vengo alla partita degli studi di settore, studi di settore che nascono tempo addietro, poco prima del Governo Amato, col Governo Ciampi e poi si sono appesantiti negli anni. Sostanzialmente, su questa partita, c'erano alcune questioni in ballo e che la Corte costituzionale, in alcuni casi, ha provveduto a richiamare, c'erano alcuni limiti che io voglio qui richiamare perché sono una discriminazione verso i contribuenti con redditi inferiori ad una certa dimensione reddituale, cioè si dice: tu devi per forza guadagnare molto o, comunque, devi guadagnare secondo il tuo settore: in Sardegna capitava che il calzolaio di un piccolo paese fosse equiparato al calzolaio della principale via commerciale di Milano. Quindi, se tu non guadagni quanto il calzolaio di Milano, paghi lo stesso sul piano della tassazione; cioè si impone una tassazione sui redditi anche se non realmente conseguiti e questo nonostante la stessa Costituzione dica con estrema chiarezza – e questo è un passaggio che riprenderò più volte nel mio intervento – all'articolo 53: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Quindi, sono state cancellate le parole: «studi di settore», ed è stata introdotta un'espressione da chiromanti, da zingari come: «indici sintetici di affidabilità fiscale»; l'affidabilità, questo termine così aleatorio e sostanzialmente soggettivo, chi è che la deve definire ? È codificata o non è codificata l'affidabilità – così come dite voi – fiscale ? Questo è un passaggio chiave; se gli studi di settore erano negativi perché equiparavano comunque a livelli certi, questi indici sintetici di affidabilità fiscale sono totalmente aleatori, privi di qualsiasi consistenza giuridica, tecnica e finanziaria che possa, appunto, equiparare, rispondere a quella norma della Costituzione che dice che devono rispondere alle ragioni della capacità contributiva.
Ebbene, questo passaggio è emblematico, perché non si tratta di proporre un condono, come qualcuno ha detto; chi ha rievocato il condono non ha capito la sostanza del problema. Stiamo parlando di quella norma che, invece, andava affrontata, quella, sì, con urgenza, della incostituzionalità del sistema contributivo, del sistema fiscale del Paese, dove, appunto, si evince che ci sono realtà che pagano molto alla pari di quelle che guadagnano molto, pur avendo, per esempio, realtà – e richiamo ancora una volta la Sardegna – decisamente più basse sul piano del PIL, sul piano dello sviluppo economico e – aggiungo – con fattori della produzione, cito per tutti l'energia e i trasporti, che hanno un costo del 40 per cento in più ognuno, e che rendono l'impresa in una regione insulare molto più onerosa; quindi, la violazione dell'articolo 53 della Costituzione è in questa fattispecie molto più elevata. Non tener conto di queste discriminanti significa che alla radice c’è un tentativo che qui si sta reiterando e riproponendo in tutta la sua violenza, e cioè quello di aggredire in maniera univoca, senza tener conto dei divari sociali ed economici dei territori, tutte le attività economiche per arrivare alle famiglie. Siamo di fronte a un provvedimento che alla radice di questa soppressione degli studi di settore ha l'introduzione degli indici sintetici di affidabilità fiscale del tutto illegali, incostituzionali e iniqui nei presupposti che vengono posti alla base delle azioni che vengono avviate con questo processo.
È quindi un decreto elettorale, perché questo decreto elettorale non affronta il carico fiscale asfissiante e oppressivo, ma lo reitera non ponendosi il problema che il debito capitale è costituito su presupposti errati, perché se voi avete introdotto, oggi, in questo decreto l'affidabilità fiscale, questa aleatoria definizione, o dite con chiarezza che si paga meno di quanto si pagava prima, oppure è la stessa cosa, ma se dite che si paga meno, vuol dire che prima c’è stato un maltolto che era illegale e che era illegittimo rispetto a chi ha pagato a fronte di redditi che non ha avuto e che non ha riscosso. Quindi, c’è un maltolto precedente che non riguarda una partita di condono, ma si tratta di una restituzione del maltolto, cioè di chi ha oneri o carichi fiscali aggiuntivi, a partire dal debito capitale per arrivare a tutto quello che si è sommato negli anni, che sono del tutto illegittimi anche sul piano costituzionale.
In questo passaggio, che si affida ai chiromanti, non sarà forse il caso di richiamare quell'ulteriore contributo che date per le comunità zingare in Italia di 100 milioni ? Con questo decreto, evidentemente, volete utilizzarli per studiare, appunto, i criteri di affidabilità fiscale dei cittadini e delle imprese. Ma detto questo, come si può pensare che si passi da un potenziale di 120 rate per pagare l'eventuale debito pregresso – e io aggiungo illegittimo e molto spesso incostituzionale, irragionevole e totalmente contrario a quello che dice la norma – a che cosa ? A 5 rate. Se tu sei solvente, se hai la possibilità di assolvere ai tuoi obblighi fiscali in cinque rate ti liquidi tutto. Ma vi pare che uno che ha fatto 120 rate per pagare i debiti, possa oggi chiudere in cinque rate ? La realtà è che questo provvedimento è funzionale a chi i soldi li aveva anche prima e, oggi, invece, questo, sì, è un condono che consentite a coloro che vogliono evidentemente utilizzare le risorse finanziarie per fare dell'altro. Quindi, non c’è una partita che riguarda un condono, c’è una partita che riguarda la gestione del sistema Paese, dove Renzi e compagni tentano la furbata, l'imbroglio di pre-campagna elettorale, pre-campagna referendaria per dire ai cittadini italiani: guardate che vi cancelliamo Equitalia. Non solo non c’è la cancellazione di Equitalia, ma continua a esserci la più alta pressione fiscale europea; vi è una discriminazione, cioè, chi poco guadagna, paga molto, e chi guadagna molto, continua a pagare di meno e, anzi, viene favorito nell'evasione fiscale, viene favorito anche da un condono sotterraneo. A questo si aggiungono altri capitoli che vengono introdotti, non so con quale criterio, dentro questo provvedimento; c’è, per esempio, uno stanziamento di 600 milioni di euro che riguarda i centri di accoglienza, l'attivazione, la locazione e la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri. Ma non è un caso che, per esempio, come capita in Sardegna, questi seicento milioni andranno a finire alle cooperative di «mafia capitale», perché dalla prefettura di Sassari per arrivare a quella di Cagliari le cooperative che stanno vincendo l'affidamento dei servizi per gli immigrati sono le cooperative di «mafia capitale» perché hanno acquisito a Roma il punteggio di quantità finanziaria e gestionale che poi fanno valere nelle periferie. Quindi, questa rete mafiosa si sta allargando e sta diventando un grande business per il quale voi stanziate seicento milioni. Chi glielo dice alla povera famiglia di Villacidro, che la settimana prossima sarà senza casa, che avete stanziato seicento milioni di euro per continuare in questa logica che non è funzionale ai poveri migranti che arrivano in Italia o che andate a prendere in Libia per portarli in Italia, ma è funzionale a quelle cooperative che con questi seicento milioni continueranno a lucrare sulla povera gente e su quei poveri migranti ? Questa è la drammatica realtà. Promuovete Equitalia, la trasformate e nel contempo, per nascondere questa vergogna, stanziate altri seicento milioni per finanziare, appunto, le cooperative di «mafia capitale». Va detto con estrema chiarezza: si tratta di cooperative che partono da Roma, passando per la prefettura di Sassari, la prefettura di Cagliari, facendo azioni che sono violente sul territorio, cancellando la dignità dei comuni, dei sindaci, imponendo senza regole tutto quello che viene imposto su quella partita.
E, poi, che dire di questo provvedimento omnibus ? Avete introdotto la missione in Libia, vi state avvicinando a quelle parole fuori di senno, ma poi concrete negli obiettivi, della Ministra Pinotti che ha tempo fa dichiarato che avrebbe portato 5000 militari in Libia. Ci stiamo avvicinando, portiamo adesso il campo sanitario, poi, bisognerà, come abbiamo fatto con Mosul, avvicinare anche, alla struttura sanitaria in Libia, il personale e, quindi, si sta iniziando quell'operazione per spendere ancora ulteriori risorse in Libia e questo è un passaggio contenuto in questo decreto, nel «decreto Equitalia». Ma c’è un ulteriore investimento che riguarda, guarda caso, la linea Milano-Saronno. Ma come ? Nella regione più forte d'Italia, economicamente più solida, c’è un ulteriore stanziamento che riguarda anche la connessione ferroviaria di Milano-Saronno e ci sono investimenti per Ferrovie dello Stato senza ancora il criterio del riequilibrio ? Ma come è possibile ? Se la base, se l'indice infrastrutturale ferroviario del nostro Paese è cento e la Sardegna ha quindici, la logica sarebbe stata quella del riequilibrio, non di continuare a dare a chi ha molto; era di riequilibrare e di portare quello che ha quindici a cento. In realtà, si vuole portare chi ha cento a centoventi e continuare a tenere chi ha quindici a quella base di calcolo del tutto infondata. Poi, per il trasporto regionale, ovviamente, soldi alla Campania o soldi ad altre regioni, fuorché a quelle che hanno il diritto-dovere di questo riequilibrio che non viene mantenuto.
Quindi, da questo punto di vista, questo decreto conferma: Equitalia non viene abolita, viene rafforzata e viene, sostanzialmente, incrementata di poteri che sono coercitivi più di quanto non fosse l'attuale Equitalia; le vessazioni aumentano; si fanno condoni a favore dei più ricchi a scapito di coloro che avevano scelto di fare 120 rate, che continueranno a pagare tutto ciò che è in debito in quella tassazione, cioè il debito capitale, gli interessi e quant'altro è previsto, perché non potranno accedere a questa sottospecie di condono che voi proponente. In realtà, il Governo ha solo provveduto ad un cambio di nomi, ha utilizzato il vocabolario dei sinonimi per fare un'operazione di . Il tentativo è maldestro: è quello di imbrogliare i cittadini italiani da qui al referendum.
Così come spesso è capitato quando si esagera, quando si colma il bicchiere, poi, alla fine, l'acqua va fuori e Renzi, sostanzialmente, proprio anche per la sua indole riesce a fare questo in maniera molto puntuale, cioè ha esagerato: la sua credibilità politica ed istituzionale con questo decreto scende ulteriormente e gli italiani capiranno che il 4 dicembre bisogna scegliere per una strategia di sviluppo, per una strategia che non sia centralista, che non sia in mano ai poteri forti, alle banche – anche in questo caso, vengono riproposte come centrali nel sistema Paese –, ma che ritorni a quella opera puntuale che la Costituzione, quella vigente, ha saputo sino ad oggi, in qualche modo, garantire, anche e nonostante quei tentativi di imbroglio ai danni dei cittadini e del Paese.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Hanno facoltà di replicare i relatori di minoranza, ma, non vedendoli, a questo punto, evito di chiamarli.
Prendo atto che il relatore per la maggioranza per la VI Commissione (Finanze), onorevole Sanga, il relatore per la maggioranza per la V Commissione (Bilancio), onorevole Tancredi, ed il rappresentante del Governo non intendono replicare.
GIOVANNI SANGA, . Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANNI SANGA, . Grazie, Presidente. Sono emersi alcuni aspetti problematici, soprattutto, limitatamente ad alcuni punti del testo all'esame dell'Assemblea che richiedono il rinvio nelle Commissioni del provvedimento, limitatamente a quei punti.
Si tratta, in particolare, degli articoli 2- e 7-, nonché della formulazione del comma 13-bis dall'articolo 1. Propongo, quindi, che ci possa essere un rinvio nelle Commissioni, rinvio circoscritto ai profili di copertura degli articoli 2- e 7-, nonché alla correzione di un errore materiale concernente il riferimento normativo contenuto nel comma 13- dell'articolo 1, che deve essere sostituito con il rinvio al comma 13 del medesimo articolo 1. A tal fine, penso che le Commissioni avranno bisogno di un'ora di tempo di lavoro.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole relatore. Riepilogando, il relatore ha proposto il rinvio del provvedimento nelle Commissioni, limitatamente agli articoli 2- e 7-, nonché alla correzione di un errore materiale concernente un rinvio normativo di cui all'articolo 1, comma 13-.
Alla votazione di tale proposta si potrebbe procedere anche nell'odierna seduta, tuttavia, alla Presidenza risulta che tra i gruppi vi sia stata un'intesa nel senso di non procedere ad alcuna votazione nella giornata di oggi.
A questo punto, quindi, il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla seduta di domani, martedì 15 novembre, alle ore 10,30, al fine di procedere in primo luogo al voto della proposta di rinvio nelle Commissioni, limitata alle parti di cui sopra, per poi proseguire l'esame. Quindi, a questo punto, aggiorneremo la seduta a domattina.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.