ENRICO GASBARRA, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Antezza, Michele Bordo, Brambilla, Antimo Cesaro, D'Incecco, Fico, Silvia Giordano, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Leone, Giorgia Meloni, Migliore, Nicchi, Nicoletti, Pes, Petrenga, Pisicchio, Santerini, Sorial, Speranza, Venittelli, Vito e Zampa sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Presidente del Consiglio dei ministri sulla questione del cosiddetto Datagate.
Dopo l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta.
ENRICO LETTA, . Presidente, onorevoli colleghi, le notizie relative alle intercettazioni su vasta scala di comunicazioni in voce e dati, il cosiddetto Datagate, hanno avviato un ampio dibattito sugli organismi di e sull'evoluzione delle relazioni internazionali. È una riflessione ancora in corso, ma le sue implicazioni sulla tutela delle libertà individuali e di sicurezza nazionale, mi conducono oggi a riferire alla Camera, dopo averlo fatto la scorsa settimana al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
Mi presento qui dopo una collaborazione intensa in questi sei mesi e mezzo, in questi sette mesi, con il Copasir, al quale abbiamo fornito e forniremo tutti gli elementi per svolgere al meglio le sue funzioni di controllo e garanzia nei settori previsti dalla legge.
I fatti sono largamente noti, mi limito a fornirne una sintesi. Secondo le rivelazioni di Edward Snowden, l'informatico, ex collaboratore dell’ negli Stati Uniti, la National Security Agency disporrebbe di un programma, Prism, in grado di monitorare, con il consenso dei americani, il flusso di metadati sulle comunicazioni, vale a dire i dati identificativi delle comunicazioni stesse. La stessa Agenzia svolgerebbe, inoltre, attività di sorveglianza sulle sedi diplomatiche straniere negli Stati Uniti, mentre unità miste NSA-CIA, una delle quali a Roma, secondo indiscrezioni, intercetterebbero le comunicazioni telefoniche di Capi di Stato e di Governo di Paesi alleati, tra cui è stata citata la Cancelliera Angela Merkel.
Un diverso programma, Tempora, sarebbe invece usato per accedere alle comunicazioni internazionali, veicolate su cavi sottomarini in fibra ottica dal britannico Government Communications Headquarters, che secondo avrebbe sviluppato cinque anni fa un programma di intercettazioni, di intesa con i servizi di alcuni Paesi europei. L'Italia non vi ha preso parte perché i suoi organismi non sono stati disponibili ad andare al di là di quanto previsto dall'ordinamento interno italiano.
Desidero innanzitutto dire che, ad oggi, in base all'analisi della nostra e dei contatti internazionali, non risultano compromissioni della sicurezza delle comunicazioni, né dei vertici di Governo, né delle nostre ambasciate, né risulta che la dei cittadini italiani sia stata violata da organismi informativi nazionali o in collaborazione con i servizi di stranieri.
Fino a questo luglio, negli incontri di vertice delle delegazioni tecniche, le autorità statunitensi hanno assicurato che i loro organismi informativi non hanno rivolto in via sistematica i propri strumenti di ricerca contro il nostro Paese.
Ci tengo soprattutto a ribadire che i nostri servizi non effettuano intercettazioni di dati in maniera difforme da quanto previsto dal nostro ordinamento e che l'attività svolta, in collaborazione con l’ straniera, non è mai rivolta verso obiettivi italiani. Escludo sia uno scambio massivo di dati di cittadini italiani, sia l'esistenza di accordi per l'acquisizione da parte di terzi di dati relativi alle comunicazioni nazionali.
Voglio qui confermare perciò che i servizi italiani non hanno partecipato a Prism e Tempora né hanno mai ricevuto richiesta di parteciparvi. Hanno ricevuto una proposta di collaborazione sulla condivisione di dati non riguardanti i cittadini italiani sul progetto Tempora e l'hanno declinata perché incompatibile con il quadro di regole della nostra democrazia.
Del resto i programmi Prism e Tempora, da quanto sta emergendo, erano il fulcro di attività del Datagate ed erano ignoti non solo a noi, ma anche agli altri alleati. Secondo l’ statunitense il perimetro delle informazioni di cui può essere in possesso Snowden non è ancora definito, ma è ragionevole pensare che l'eventuale pubblicazione di altro materiale non sarà in contraddizione con il quadro attuale. In ogni caso, vi garantisco che continueremo a seguire con la massima attenzione l'evoluzione del Datagate.
Questa breve sintesi rende evidente le insidie per la tutela delle comunicazioni che caratterizzano la grande partita tra spionaggio e controspionaggio. È una partita in continua evoluzione con minacce asimmetriche che richiedono strategie efficaci ed una schietta consapevolezza del ruolo dell'Italia. Infatti, proprio la centralità geopolitica che l'Italia ha ritrovato nella gestione delle crisi internazionali impone un'attenzione vigile ed una sempre più viva percezione delle esigenze della sicurezza nazionale. Penso, in particolare, alla fragilità dell'area mediterranea, alle minacce del terrorismo, a fenomeni abietti come il traffico di esseri umani.
Dobbiamo essere all'altezza di queste situazioni esercitando fino in fondo la responsabilità della stabilità per l'Italia e per l'Europa intera e occorre navigare in questa fase delicata delle relazioni internazionali mantenendo salda la bussola transatlantica ed europea della nostra politica estera.
Veniamo quindi ai rapporti con gli Stati Uniti. Nel corso del mio incontro con il Segretario di Stato John Kerry, ho sottolineato la grande attenzione del Governo italiano sul Datagate e il mio interlocutore mi ha confermato la volontà del Presidente Obama, oltre che sua personale, di non mettere in opera azioni di sorveglianza generalizzata sulle comunicazioni di istituzioni e cittadini dei Paesi alleati, anche nel quadro della revisione delle priorità e modalità operative dell’ degli Stati Uniti definite dopo l'11 settembre del 2001.
In ambito Unione europea il Datagate è stato affrontato, come è noto, nella discussione sull'economia digitale e sulla protezione dei dati nel Consiglio europeo del 24 e 25 di ottobre. L’ della nuova normativa UE sul trattamento dei dati deve affrontare il freno di alcuni Stati membri, cosa che ha comportato un rinvio al 2015. In ogni caso, gli scambi in ambito europeo ci hanno consentito di integrare al meglio i dati emersi dai contatti con le autorità statunitensi.
Ci tengo a ribadire che ritrovare un quadro di stabilità del rapporto euroatlantico è una premessa essenziale per la sicurezza delle democrazie occidentali. In una fase così delicata non possiamo dimenticare che la fiducia reciproca è indispensabile per contrastare insieme con efficacia il nemico del terrorismo e la sua nuova incarnazione del cyberterrorismo.
Nel Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre è stata presentata un'iniziativa della Francia e della Germania per ottenere colloqui bilaterali con gli Stati Uniti e giungere, entro la fine dell'anno, a un'intesa sulle relazioni reciproche. I Capi di Stato e di Governo hanno ritenuto che altri Paesi dell'Unione possano aderire a quest'azione e hanno chiesto progressi rapidi e costruttivi al gruppo di lavoro Stati Uniti-Unione europea sulla protezione dei dati.
Il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, da me presieduto, nella riunione del 31 ottobre, ha espresso pieno sostegno alle deliberazioni del Consiglio europeo e alle iniziative conseguenti, sempre nella convinzione che sia necessaria la massima chiarezza con gli Stati Uniti e che, nel contempo, occorra lavorare tra europei e con gli Stati Uniti per un futuro di rapporti basati su piena fiducia e sincera cooperazione.
Il CISR ha dato mandato all'autorità delegata e ai responsabili del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica di contribuire all'elaborazione di una nuova cornice di collaborazione tra servizi di attraverso le iniziative idonee per intensificare i contatti con gli organismi statunitensi ed europei, a partire dai confronti in corso con Francia e Germania.
Per quanto riguarda, più in generale, l'attività degli organismi informativi sulla sicurezza cibernetica, lo stesso CISR ha confermato la necessità di proseguire l'attività di verifica e di tutela già avviata dalle nostre due agenzie operative, per escludere, con sempre maggiore certezza, che si siano verificati episodi di violazione della riservatezza delle comunicazioni istituzionali e dei cittadini o danni all'integrità del sistema Paese.
A poche settimane dall'insediamento del Governo, nell'emanare la direttiva con cui vengono annualmente indicati ai servizi gli obiettivi della loro attività di ricerca, ho collocato la minaccia cibernetica in cima all'elenco delle priorità, insieme alle minacce alla sicurezza economico-finanziaria del nostro Paese. In conformità alla mia direttiva, gli organismi di informazione per la sicurezza stanno ora lavorando in tre direzioni: l'intensificazione della collaborazione internazionale, sia multilaterale che bilaterale, il raccordo con le amministrazioni pubbliche e lo scambio di informazioni con i privati.
Queste attività rientrano nel percorso avviato dal Governo per attuare le norme introdotte in materia di protezione cibernetica e sicurezza informatica dalla legge n. 133 del 2012, con cui, sulla base del consenso, che allora fu unanime, dei due rami del Parlamento, la legge di riforma dell’, approvata nel 2007, è stata, come noto, completata e aggiornata. Nel gennaio di quest'anno è stata emanata la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri che definisce l'architettura istituzionale del settore e costituisce l'atto preliminare di una strategia nazionale di sicurezza cibernetica.
Sono ora in via di definizione, in linea con gli accordi e gli indirizzi strategici della NATO e dell'Unione europea, il Quadro strategico nazionale e il Piano nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico. Alla stesura dei due documenti hanno contribuito i Ministeri presenti nel CISR, l'Agenzia per l'Italia digitale e il Nucleo per la sicurezza cibernetica. Dopo l'esame da parte del CISR, gli atti saranno pronti per essere da me firmati entro la fine di quest'anno.
Volevo, inoltre, richiamare l'attenzione della Camera sul protocollo di intenti siglato la settimana scorsa, molto importante, firmato dal Garante per la protezione dei dati personali, il Garante della e dal direttore generale del DIS, frutto dei contatti avviati a luglio in occasione dell'audizione dello stesso Garante della davanti al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica proprio sulla vicenda Snowden.
Il protocollo tra il Garante della e i nostri servizi realizza una preziosa collaborazione istituzionale tra controllore e controllati. Il controllore ne trae strumenti per un più efficace esercizio delle sue funzioni. Al Garante sarà, infatti, comunicato il piano ricognitivo degli archivi cui hanno accesso le due agenzie operative, che dovranno riferire anche le acquisizioni di dati da operatori privati che gestiscono reti pubbliche. I controllati, gli organismi informativi, si muovono in una cornice di più compiuta legittimità per l'utilizzo dei dati personali.
Questa nostra scelta, convinta e consapevole, si inserisce in un quadro normativo ben più rigoroso rispetto a quello di altri ordinamenti sull'uso delle nuove potenzialità tecnologiche da parte dell’. È una linea di rigore, di cui noi italiani dobbiamo essere orgogliosi, perché esprime l'equilibrio di due valori costituzionali di fondo che circoscrivono l'attività di : da una parte la tutela della sicurezza della Repubblica, dall'altra parte la protezione dei diritti di libertà costituzionalmente garantiti per i cittadini.
Su questo equilibrio, onorevoli colleghi, occorre radicare una nuova cultura della sicurezza nazionale, coinvolgendo le università, il mondo della ricerca e le imprese e creando spazi per una trasparente collaborazione tra pubblico e privato, fondamento di una sicurezza condivisa che metta il Paese in condizione di affrontare le sfide della sicurezza cibernetica, garantendo, nel contempo, i diritti dei cittadini.
Concludendo, l'equilibrio tra la tutela della sicurezza nazionale e la protezione delle libertà personali non è una debolezza: è un punto di forza della nostra democrazia, è la stella polare che ci ha guidato e ci guiderà nella vicenda del Datagate, che continueremo a seguire con la massima attenzione, in rapporto, come sempre, di stretta e fattiva collaborazione con il Parlamento. Grazie .
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare la deputata Rosa Maria Villecco Calipari. Ne ha facoltà.
ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, vorrei innanzitutto esprimere un sincero apprezzamento per la disponibilità e la chiarezza con la quale lei ha informato prima il Copasir e oggi quest'Aula su quanto il Governo abbia messo in atto per verificare prontamente come e quanto i nostri servizi di abbiano operato con lealtà e correttezza, nel rispetto dei dettami costituzionali e delle leggi, sul piano internazionale e nel rapporto con gli Stati Uniti.
Non sono in pochi a sostenere che il cosiddetto Datagate rappresenti il terremoto più violento che abbia mai scosso i servizi segreti internazionali. A differenza di quanto accadeva durante la Guerra fredda, dove i cosiddetti blocchi contrapposti rappresentavano i confini e il principale campo di manovra dentro il quale ogni Stato operava, oggi ci troviamo di fronte a un sistema incredibilmente più complesso, senza quasi più confini, in un contesto tecnologicamente avanzato dentro il quale non sempre sono chiaramente identificabili schieramenti e singoli interessi nazionali.
La crisi generata dalla rivelazione del programma Prism rappresenta una delle sfide più difficili e complesse che dovremo affrontare. Una parte rilevante del problema riguarda l’ più potente al mondo, quella americana, e sicuramente quanto è avvenuto imporrà agli Stati Uniti di ridisegnarne assetti e regole.
Tuttavia, un'altra parte, quella che anche lei ha ricordato nel suo intervento, nella sua informativa, è il rapporto tra Stati Uniti e Unione europea. I prossimi mesi vedranno il nostro Paese protagonista di due momenti importanti: il primo, in apertura del semestre italiano, nel quale verrà presentata la relazione sull'Agenda digitale e su ciò che l'Unione europea dovrebbe fare per raggiungere obiettivi di integrazione; il secondo sarà il proseguimento delle trattative e forse la firma dell'importante accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, all'interno del quale si toccherà anche la complessa questione del trasferimento dei dati. Qui si inserisce il cuore del problema e del dibattito: non ci può essere libero scambio senza sicurezza e non ci può essere sicurezza senza libertà. Sappiamo che ci sono Paesi che fanno esattamente questo, ma noi non possiamo accettarlo come parametro obiettivo e destino delle nostre democrazie, per quanto insidiate e imperfette.
Limitare la questione a una intimistica è riduttivo, fuorviante e pericoloso, perché si tratta in realtà dell'equilibrio indispensabile e dinamico tra libertà individuale e collettiva, tanto nel mondo reale, quanto in quello digitale.
Relazioni inconciliabili, nel senso che per avere e garantire maggiore sicurezza è necessario per forza comprimere la libertà ? Non c’è dubbio che ci sono quelli che lo pensano, lo hanno pensato, lo hanno teorizzato, praticato e svolto come azione di Governo. Oggi sappiamo, a riconferma di ripetute esperienze storiche, che si tratta di una pericolosa illusione autoritaria ed imperiale, destinata prima o poi al fallimento.
Noi crediamo che i due diritti, che comunque rimangono inscindibili nelle democrazie, debbano e possano essere conciliati e che, in definitiva, sia possibile garantire sicurezza e libertà senza che esse vengano contrapposte o che una prevalga sull'altra.
Ed è appunto l'impianto normativo che lei ha ricordato poco fa, che regola il nostro sistema di che ha garantito proprio nel nostro Paese quell'equilibrio tra sicurezza e libertà, quelle regole che il capo della nostra l'ambasciatore Massolo, ha definito «draconiane», quelle che, per esempio, non consentono, come è accaduto negli Stati Uniti, di fare intercettazioni preventive senza l'autorizzazione del procuratore generale presso la corte d'appello, quelle per cui, quando l'operazione è conclusa, viene informato il Copasir, cioè il controllore politico, quelle per cui non si possono neanche acquisire i tabulati senza il meccanismo che ho appena descritto.
Siamo quindi lieti, signor Presidente, di sentire dalle sue parole che questo impianto di norme, forse draconiane, non solo non ha provocato una riduzione della capacità operativa della nostra ma soprattutto è stato l'elemento di tutela che ha garantito i nostri cittadini.
Ed è bene ricordare che l'Italia non passa burocraticamente le informazioni agli Stati Uniti, ma collabora rispetto agli accordi internazionalmente negoziati.
E allora, Signor Presidente, voglio concludere, dicendo che è bene il protocollo firmato con l’ per la ; bene perché è un nel mondo. Ma abbiamo ancora il dovere di rassicurare i nostri cittadini e l'opinione pubblica che avvertono con crescente disagio la sensazione di una costante perdita di e, quindi, di libertà.
Abbiamo ancora il dovere di continuare a verificare costantemente che il nostro servizio di operi nel rispetto della Costituzione e delle leggi, ma che, nello stesso tempo, sia messo in grado di poter esercitare nella maniera più efficace possibile i propri compiti istituzionali nell'interesse del Paese.
Abbiamo ancora un impegno, quello che lei ha citato in sede europea e concludo signor Presidente: la necessità di un'azione comune e anche di rafforzare accordi bilaterali e, nel caso, per giungere ad una cornice di piena reciproca collaborazione tra servizi, riverificando spirito e prassi di accordi esistenti. Infine, mi perdoni l'ultima cosa, l'applicazione di discipline cogenti ed efficaci nell'uso dei mezzi di telecomunicazione tra le personalità chiave del Paese nel pubblico e nel privato. Su questo, Signor Presidente, ha il nostro pieno e convinto appoggio .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Angelo Tofalo. Ne ha facoltà.
ANGELO TOFALO. Signor Presidente, chiarisco da subito a quest'Aula una cosa: da sempre chi gestisce le informazioni ha il controllo dei processi e, quindi, ha il potere. Avevo chiesto al Copasir, entro la giornata di ieri, l'audizione di due tecnici di AISI e AISE, due analisti e non politici – con tutto il rispetto per il senatore Minniti – o generali, perché erano gli unici che potevano farci capire. Quindi, lei oggi, Presidente Letta, – non ci prendiamo in giro – è venuto a dire il nulla e lo sa benissimo.
La vicenda Datagate è semplicemente la vetta momentanea di un'immensa montagna di letame e, mentre tutti sono distratti dalla depravazione che abbiamo raggiunto ormai qui con la politica nazionale, lei, Presidente Letta, sta facendo scappare dal retrobottega le «grandi orecchie americane»: complimenti ! Già, perché proprio gli Stati Uniti sono il timone della NATO. La domanda è: fino a che punto allora i servizi informativi europei possono spingersi nella collaborazione con quelli americani, rispettando i singoli interessi nazionali ? È proprio qui che sorge il problema della doppia lealtà della quale nessuno parla e sulla quale in quest'Aula oggi ci saremmo aspettati da lei dei chiarimenti.
Gli americani hanno accettato spese ed imprese militari della NATO e non certo per avvantaggiare gli europei. Infatti, l'euro non ha minimamente indebolito la posizione politica del dollaro. È in questo quadro che va inserito il costante spionaggio americano sulle attività di governo degli alleati: una forma di guerra economica accettata passivamente e supinamente dalle vittime. Questo era il conto da pagare ed oggi è chiaro a tutti, non ci prendiamo in giro.
Presidente, se ne faccia una ragione: l'Europa non esiste. In nome di un evidente «aborto politico», lei sta conducendo l'Italia sulla stessa strada della Grecia, lasciata morire dai fratelli europei, sacrificata sull'altare delle banche tedesche e francesi che volevano indietro la loro libbra di carne . «Solidarietà» doveva essere la prima parola, il primo mattone della costruzione europea. Non è stato così, non è così.
Chi sono i veri responsabili di questo fallimento ? Chi ha tradito il popolo sovrano ? Proprio lei, che si vanta nella sua Europa di avere «palle d'acciaio» e che, invece, se girasse per le strade italiane, magari senza scorta, sentirebbe le voci di chi questi attributi proprio non li riesce a vedere in lei.
Tutti sanno che l'Europa post 1945 antigermanica è un'operazione di contenimento del gigante, ma pochi sono consapevoli che il vero collo di bottiglia della politica comunitaria è la : la potenza nucleare francese usata come dissuasione. Lei Presidente, che è uomo di mondo, che parla bene il francese, che ha studiato a Strasburgo, sa bene che cinquant'anni fa per mano loro, dei francesi, fallì il progetto della CED (Comunità europea della difesa).
Oggi, invece, succede che la NSA lavora autonomamente su una quantità di dati praticamente infinita: in un solo giorno mezzo milione di contatti, il caso Petrobras, i Governi brasiliani e messicani violati, 70,3 milioni di telefonate in trenta giorni in Francia. Queste sono solo alcune delle cose trapelate da Snowden.
E l'Italia ? Tranquilli, tutto ok, gli americani ci difendono. Pesano come macigni le dichiarazioni dell'ex capo della CIA per l'Italia Vincent Cannistraro, che ci accusa di avere sistemi analoghi ai loro e di venderli a terzi. Mi chiedo: ma il Governo cosa ha risposto a queste accuse gravissime ?
Tanti di voi non hanno ben chiara la differenza tra sicurezza e condivisione e controllo, tra metadati e contenuti degli stessi, tra un cavo LAN e il tubo di scarico della mia automobile .
Non si domandi cosa è meglio per lei, ma cosa è meglio per milioni di italiani a cui, rubato il futuro, svendete senza vergogna anche l'identità. Spiate, spiate. Troverete la disperazione di un popolo che non riesce a liberarsi da un manipolo di affaristi senza scrupoli. Troverete tanti insulti rivolti a voi e, andando ancor più in profondità, scoprirete che gli indirizzi IP di provenienza non appartengono solo a disperati, classi disagiate, esodati, cassintegrati, lavoratori e pensionati: dentro ci troverete una media borghesia distrutta dal vostro colpevole immobilismo pagato dalle .
Intanto, grazie alle follie che avete firmato alle nostre spalle con gli altri Stati, cercate di svendere spiaggia, suolo, terreni agricoli, mentre gli avvoltoi stranieri volano alti, continuando a prendere informazioni di mercato per capire come smembrare al meglio i nostri economici e commerciali. Siete ormai totalmente compromessi con il mondo della finanza internazionale e lei, Presidente Letta, indossa una maschera di cera regalatale dagli eurocrati che la tengono in vita, su quella sedia, per farle eseguire solo ordini, come un bravo burattino .
Ma di questo e di tanto altro parleremo fra qualche mese nel Parlamento europeo: sarà un vero piacere .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cicu. Ne ha facoltà.
SALVATORE CICU. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio e onorevoli colleghi, per dare un giudizio sui fatti relativi al occorre innanzitutto rendersi conto di che cosa si sta parlando. Stiamo parlando della possibilità totale e incontrollabile, ai livelli di possibilità tecnologica del nostro Paese e in generale dell'Europa, di impedire con qualsiasi scudo la penetrazione della spada tecnologica nelle conversazioni e anzi nell'intimità di chicchessia. Dunque non servono a nulla, salvo alla retorica, i giudizi moralistici. Sono veri, sono giusti i comandamenti etici e di legge secondo cui non si deve, non bisogna ascoltare e violare le comunicazioni private. Lo stabilisce l'articolo 15 della nostra Costituzione ed esso ha ragione mille volte, ma esso, oltre che violato tranquillamente per indagini giudiziarie ordinarie o per indagini che qualche volta hanno scopi politici, e quindi ci sono anche situazioni che configurano risvolti inquietanti, è tranquillamente reso obsoleto dalle tecnologie che oggi dominano il mondo e attraversano i confini degli Stati, senza possibilità di essere fermati.
Il fatto è che tutto è diventato intercettabile e per l'imperativo tecnologico dominante nei rapporti tra gli Stati vale l'imperativo tecnologico, per cui ciò che è possibile alla fine si fa. Se è intercettabile si intercetta. Ed esistono sempre ragioni validissime di interesse nazionale e sovranazionale per farlo e per dare alibi a se stessi e agli altri: è la lotta al terrorismo, la scoperta di sistemi d'arma, l'individuazione di malattie in nemici o persino alleati per capire come tutelare meglio la sicurezza e così via.
Qualcuno ridicolizza la differenza di efficienza in questo campo tra i servizi italiani e quelli americani e degli altri Paesi. Queste sono offese tipiche degli ignoranti: non si tratta di essere più furbi o più agili mentalmente di altri, così da avere la manualità in maniera più specifica per piazzare cimici o scoprire cimici. Questa roba è da preistoria. Oggi la questione vera è il disallineamento tecnologico – ripeto questa formula: disallineamento tecnologico –, una differenza tale che noi non sappiamo neanche che cosa possa essere in azione sopra di noi per captare che cosa non sappiamo. Il disallineamento tecnologico è tale che ci mancano persino i parametri di riferimento. Non abbiamo un metro di misura. Qualunque esperto ci potrebbe dire che l'America è avanti 30 anni rispetto all'Italia in queste ricerche e nella loro applicazione all’ – chiamiamolo pure spionaggio –, 10 sulla Cina, sull'India e sulla Russia, un po’ di più verso i Paesi dell'Europa. La conoscenza attraverso strumenti tecnologici del genere dei droni e dei satelliti non è un fatto marginale.
È parte costitutiva del sistema delle potenze e delle superpotenze. Esse sono tali proprio perché hanno questi strumenti che sempre di più coincidono con strumenti di guerra. Una volta lo spionaggio aveva strumenti per avvantaggiare un Paese in guerra. Adesso lo strumento di conoscenza penetrante e quello di attacco coincidono. La guerra ha questi strumenti. Non c’è da scandalizzarsi. Tutti hanno sempre spiato tutti. Mai prima d'ora, però, c’è una sproporzione tra la potenza di di un Paese rispetto ad un altro. Ora, non si spiano tutti, ma tutto di tutti, soltanto che se lo possono permettere solo alcuni.
Dinanzi a questo, come diceva una grande spia inglese e grande scrittore, Graham Greene, l'unica possibile difesa è saperlo ed esserne consapevoli. Ma credo che l'aspetto importante sia quello di capire che il nostro Paese ha saputo coltivare, più di americani e russi, nello scacchiere mediorientale che è diventata la nostra ricchezza umana e dove è spinto al massimo il disallineamento tecnologico, le carte per cui essere rispettati e avere un ruolo decisivo per la pace, quelle dell'essere, il fattore umano, di congiunzione tra est ed ovest, quello che riuscì a Silvio Berlusconi, portando Putin e Bush a Pratica di Mare il 28 gennaio del 2002 .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vitelli. Ne ha facoltà.
PAOLO VITELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, la ringrazio per l'esposizione dei fatti trasparente e diretta. Il gruppo Scelta Civica per l'Italia aveva sollevato il tema quando il problema era appena agli inizi, perché avevamo capito la pericolosità e le conseguenze per i cittadini italiani per quanto riguarda la protezione dei dati personali e aziendali. Seppure motivato da necessità riguardanti la sicurezza e la lotta al terrorismo, il controllo del traffico telematico e telefonico ha destato polemiche e proteste dovute a due ordini di ragioni. In primo luogo, la sproporzione massiva, a detta di molti, dei controlli generalizzati. In secondo luogo, la sottoposizione a controllo di soggetti anche al di fuori degli Stati Uniti d'America.
Sono passati cinque mesi dall'esplosione del . Era, infatti, il giugno del 2013 quando a Hong Kong il signor Snowden improvvisò una specie di conferenza stampa e dichiarò di voler avviare in tutto il mondo un dibattito sulla sorveglianza di massa. Sembra ci sia proprio riuscito. I due principali ingredienti di questa sorveglianza di massa dovrebbero essere la paura del terrorismo e la rivoluzione digitale. Il nostro compito è di accertare se la rivoluzione digitale serva solo per combattere il terrorismo e non invece abbia altri obiettivi. Ad oggi questa certezza non l'abbiamo ancora raggiunta, anzi sembra proprio che l'iniziativa e le dichiarazioni di Snowden tendessero a togliere il coperchio di una pentola in ebollizione.
Riassumiamo che cosa abbiamo accertato in questi cinque mesi e cosa a mio avviso ci sia ancora da capire. Una cosa sicuramente è chiara, come lei, signor Presidente ha confermato, ossia che i servizi segreti italiani intrattengono una stretta collaborazione con l’ USA da molti anni. Altra cosa che appare chiara e confermata e, quindi, quasi certa è che questa collaborazione non ha rivelato all’ italiana il programma «Prism», cioè quello della raccolta massiccia dei dati. Infine, sembrerebbe anche chiaro ed accertato che nell'ambito della raccolta massiccia di dati non ci fosse anche la sorveglianza delle massime autorità dello Stato italiano come è capitato per altri Paesi europei. Questa chiarezza per contro ci apre il primo di tre interrogativi che sento la necessità di porre e che probabilmente anche il Governo dovrebbe porsi. Perché gli americani e gli inglesi lavorando congiuntamente hanno allargato la sorveglianza ai vertici della Repubblica e del Governo francesi e tedeschi e non già a quelli italiani ? Da un lato, mi sento un privilegiato, dall'altro mi viene un dubbio: non ci hanno scartati perché non interessiamo ? La seconda domanda che mi viene spontanea è perché viene utilizzato l'ascolto di massa. Sembrerebbe acclarato, da autorevoli fonti italiane, che la sorveglianza pervicace per prevenire il terrorismo sia la raccolta motivata e mirata ai singoli individui sospetti.
Allora, perché gli americani e gli inglesi hanno adottato un sistema poco efficace, appunto un controllo di massa ? Ci sono forse altri fini ? E, se «sì», quali sono questi fini ?
La terza domanda che mi pongo riguarda i confini: il Governo americano avrebbe dichiarato di non avere l'esatta conoscenza di quali sono i confini delle informazioni raccolte da Snowden, ma sembrerebbe che le autorità americane non abbiano neppure l'esatta conoscenza del perimetro della sorveglianza effettuato nell'ambito del programma . Quindi ? Il Governo americano non controlla i propri servizi segreti ? Questa, fra tutte le domande, è quella che mi desta più preoccupazioni .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Claudio Fava. Ne ha facoltà.
CLAUDIO FAVA. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, noi abbiamo apprezzato in passato l'attenzione con cui lei ha trattato questo tema e le preoccupazioni che ha anche manifestato. Per questo ci sentiamo delusi dal suo intervento di oggi, perché è un intervento che su alcuni aspetti tace, per molti altri omette e non chiarisce.
Lei ha detto che non risulta violata la dei cittadini italiani. È un'espressione che richiama il «non ci sono evidenze», che è stato ammannito al Copasir, al Parlamento per molti mesi dai vertici delle nostre agenzie di sicurezza e che è un'espressione pudica, ma assolutamente inappropriata e soprattutto molto lontana dalla verità.
Le farò dono di una copia di uno che è un documento non classificato, quindi reperibile, e che riguarda l'audizione del generale Clapper e del generale Alexander, rispettivamente (DNI) e Capo della (NSA), presso il Senato degli Stati Uniti d'America: dodici pagine la cui introduzione dice che nel programma di che riguarda ossia cittadini non americani, il Governo americano ha l'autorità di cui ha bisogno per poter difendere in ogni caso la sovranità del Paese e la sicurezza contro il terrorismo. È l'anticipazione di un programma che viene spiegato in modo dettagliato e che ha come obiettivo conclamato, affermato e rivendicato, anche con la franchezza con cui gli americani sono soliti trattare questo tema, la di coloro che non sono cittadini americani.
Avremmo voluto un punto di verità anche su questa pratica, sui risultati e l'efficacia di questa pratica, questa raccolta compulsiva di dati. Noi un punto di verità e di valutazione molto preoccupato lo abbiamo ricevuto dal sostituto procuratore della Repubblica, Armando Spataro, che aveva raccolto l'opinione di tutti i procuratori della Repubblica delle più importanti procure italiane e che ci diceva che sostanzialmente questo programma nella lotta al terrorismo è totalmente innocuo e l'unica efficacia che produce è quella di una manifesta violazione della .
Abbiamo ricavato anche un'altra sensazione, un'altra preoccupazione, ossia che questo programma sia utilizzato in minima parte nella lotta contro il terrorismo, ma che si presti a molti eccessi e a molte derive. Che possa tracimare in altre direzioni lo testimonia – e pensiamo che siano notizie vere – l'attività compulsiva di spionaggio che è stata fatta dall'ambasciata americana in occasione della crisi del Governo Monti ai danni delle istituzioni italiane. Credo che i giorni della crisi di quel Governo, nel dicembre del 2012, non rappresentassero un momento particolarmente caldo nella lotta contro il terrorismo.
Lei dice – e fa bene, dice il vero – che i nostri servizi non hanno partecipato al programma di spionaggio e hanno declinato un'offerta che era stata presentata dai loro alleati britannici. Non dice ciò che, invece, ci è stato detto dai vertici dei servizi di sicurezza, mentendo, e cioè che loro non sapevano: hanno saputo, hanno ricevuto un'offerta, l'hanno declinata, non hanno riferito – quando su questo sono stati richiesti di fornire informazioni al Parlamento – del fatto che esisteva un programma di spionaggio massiccio, sul quale c'era un'esplicita richiesta di collaborazione ai servizi italiani.
Ci sembra che l'atteggiamento del suo Governo in questa occasione sia stato prima distratto e poi tiepido. Noi abbiamo avuto, probabilmente, ambasciate spiate all'estero. Sappiamo di due centri di spionaggio che sono stati organizzati e collocati stabilmente nel consolato americano a Milano e nell'ambasciata americana a Roma: centrali di ascolto che rappresentano una manifesta violazione, nelle loro intenzioni, in ciò che producono, all'articolo 617 del codice penale, e la procura di Milano ha aperto un'inchiesta.
Ci saremmo aspettati dal Governo qualcosa di più efficace, di più netto, di più chiaro delle rassicurazioni di rito che sono state ricevute e archiviate da parte del Segretario di Stato americano.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
CLAUDIO FAVA. Io mi rendo conto, ci rendiamo conto, signor Presidente, che è sempre difficile trovare un punto di equilibrio tra tutela della e sicurezza nazionale e internazionale. Ci piacerebbe – e in questo sentiamo che il Governo è stato all'altezza – che questo punto di equilibrio venisse affidato al rispetto della Costituzione, non ai desideri degli alleati americani .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vignali. Ne ha facoltà.
RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, ringrazio il Presidente Letta per l'informativa che ha reso al Parlamento e al Paese: la ringraziamo, perché su questa vicenda dobbiamo acquisire tutta la verità e dire tutta la verità ai nostri cittadini. È una vicenda, come lei ha sottolineato, di grande delicatezza, e lo è su più fronti: innanzitutto, riguarda i rapporti con i nostri alleati.
Noi abbiamo apprezzato il suo riferimento alla conferma dell'Alleanza atlantica e la condividiamo pienamente, così come abbiamo apprezzato la posizione chiara e decisa sua, del Ministro Alfano e di tutti i Ministri sia in Europa che con gli alleati statunitensi. Non mi è sembrata, francamente – e mi riferisco agli interventi che abbiamo sentito – una posizione distratta, non abbiamo visto un Governo distratto, abbiamo visto un Governo attivo. Ma crediamo anche che, nell'epoca del cyberspazio e dell'evoluzione della NATO verso una frontiera di sicurezza, quindi non solo militare come nel passato, sia indispensabile, ancor più di prima, e decisiva la fiducia. La fiducia reciproca è la base che non può essere minata, se vogliamo garantire effettivamente sicurezza.
Da questo punto di vista, ci auguriamo che l'iniziativa europea sul trattamento dei dati giunga pienamente a conclusione, ma è fondamentale che sia condivisa anche con gli altri alleati al di là dell'Atlantico. È fondamentale, infatti, su queste cose, comunque, e dell'altro fronte, coniugare, trovare un equilibrio forte tra sicurezza e riservatezza, perché una sicurezza che violi in continuazione la riservatezza è l'anticamera del totalitarismo: questo noi dovremmo ricordarlo sempre. Dobbiamo tutelare i dati sensibili dei cittadini, ma dobbiamo tutelare anche le comunicazioni riservate degli organi della Repubblica, perché, francamente, tante notizie uscite, che riguardano non soltanto noi, ma anche gli altri europei, sono inaccettabili.
Ma –, mi consenta – credo che questo valga anche per il sistema nostrano, interno, delle intercettazioni. I «saggi», nel loro documento, hanno proposto di limitarne l'uso per garantire il diritto costituzionale dei cittadini alla sicurezza dello Stato. Dobbiamo da questo punto di vista, anche qui, però, evitare abusi, ma garantendo strumenti efficaci di indagine alla magistratura. Ma non possiamo lasciare cadere nel vuoto l'appello dei «saggi»: dobbiamo, io credo, affrontarlo senza pregiudizi, con serenità, in modo aperto, avendo come stella polare il dettato costituzionale.
Concludo, perché questa non è soltanto una questione di come dicevo prima: è una questione di libertà – queste sono parole che ha detto anche il sottosegretario Minniti in questi giorni –, perché la libertà è il primo bene. Noi siamo un Paese adulto, siamo un Paese maturo, non possiamo contrapporre, come a volte facciamo e abbiamo sentito anche in qualche intervento, sicurezza e libertà. Dobbiamo saperle coniugare, perché sono entrambe pilastri fondamentali della nostra esistenza civile, della nostra esistenza democratica, di un Paese che sia veramente un Paese del terzo millennio .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, lo scopo di questo dibattito sarebbe, perlomeno nelle intenzioni, quello di confrontarci su di un tema che ha monopolizzato l'opinione pubblica dalla scorsa estate fino ad oggi.
Prima di analizzare la situazione e di parlare del tema, mi permetta, però, di ringraziare il Copasir, ma anche il Governo, in qualche modo, per aver svolto, nell'attesa di questo dibattito, un ruolo importante e delicato al fine di sottrarre alla polemica politica contingente un dato delicatissimo come quello dei rapporti internazionali legati alla gestione e alla raccolta di quelli che dovrebbero essere i metadati, poi parliamo magari del resto.
Il ringraziamento del Copasir è ancora più doveroso, come dicevo, alla luce delle ennesime e stanche liturgie parlamentari che, ancora una volta, stanno spostando in maniera ipocrita l'indignazione verso la scoperta dell'acqua calda, ossia che gli Stati si spiano, si spiano tra di loro e lo fanno da sempre. Lo dico ai colleghi che ogni tanto, quando sento parlare di indignazione su questi temi, mi sembra che vivano sulla luna. Di più: gli Stati si spiano fra di loro – lo sappiamo – e lo fanno anche con molta disinvoltura persino quando sono alleati. Facciamo qualche esempio: l'ampiezza del programma di intercettazioni della NSA e dei servizi anglosassoni associati del cosiddetto era da tempo nota; fra l'altro questi due programmi, questi due progetti sono oggetto di inchieste condotte dal Parlamento europeo sin dagli anni Novanta del secolo scorso.
La stessa Amministrazione americana, sotto la pressione della propria opinione pubblica, non nega più l'accaduto, ma lo giustifica e spiega chiamando in causa le esigenze imposte dalla lotta all'antiterrorismo, che assolutamente condividiamo. È probabile che la ricerca di informazioni, con l'ampia dotazione di mezzi e tecnologie accessibili all'America, si sia estesa anche ad altri ambiti sensibili, ma non è possibile scandalizzarsi più di tanto.
Il BND tedesco, ad esempio, che pure è oggi sotto accusa per non avere difeso adeguatamente la riservatezza delle comunicazioni della Cancelliera Merkel, mantiene un intero dedicato al nostro Paese: magari su questo sarebbe stato utile sentire qualche parola in più da parte sua.
I vertici dei servizi francesi si sono a loro volta vantati delle attività informative offensive condotte sul suolo americano proprio all'indomani dell'ultima tornata di rivelazioni ed è del resto noto come lo Stato francese mantenga una scuola di guerra economica che collabora intensamente con l’ di Parigi.
Di tanto in tanto, inoltre, il Dipartimento di Stato americano espelle agenti della DGSE transalpina, beccati con le dita nella marmellata oltreoceano. Con più discrezione si allontanano dall'America addirittura operativi israeliani: è raro, ma succede e continuerà a succedere.
Pertanto, noi non ci leghiamo alla schiera degli indignati a orologeria o a senso unico, soprattutto se questo tipo di serve a garantire, a trecentosessanta gradi, la sicurezza dei cittadini.
Il vero tema a nostro avviso, oggi, è un altro. La riservatezza delle comunicazioni in Europa non è soltanto minacciata dalle intercettazioni più o meno automatiche realizzate dalla NSA americana o dalle strutture equivalenti in possesso di altri Paesi, come la Gran Bretagna, ma lo è anche ad opera di aziende private, come quelle che gestiscono Google, Yahoo, WathsApp, e qualsiasi altro tipo di servizio informatico, nelle cui mani si trovano, ormai, enormi quantità di dati e di metadati – lo ripeto: di dati e di metadati – in grado di permettere una profilatura istantanea di milioni di persone.
Il progresso in questo campo, se così lo si può chiamare, è incessante e impressionante. Microsoft ha appena brevettato un che permetterà di associare i movimenti degli occhi alle emozioni che gli individui provano al cospetto delle immagini che vedono sul loro il tutto ha, per ora, scopi esclusivamente commerciali, ma un domani ? Chi può escludere che i privati non usino tutto questo potere per alterare il processo politico in atto in qualche Paese di loro interesse ?
In Italia si è fatto per decenni tanto baccano sul potere delle televisioni, che ormai è il passato; la vergogna è che si taccia rispetto a questo inquietante, nuovo fenomeno. La nostra sicurezza non è minacciata soltanto occasionalmente da iniziative intraprese più o meno autonomamente da questo o quel servizio del tale o del talaltro Stato. La sua compromissione, più o meno estesa, è invece costante, parte della fisiologia del nostro modo di vita, con riflessi significativi sulla competitività delle imprese che possono essere già danneggiate ben prima che venga registrato un attacco informatico da parte di criminali del o concorrenti sleali.
Siamo, quindi, in presenza di un fenomeno più vasto, che dovrebbe obbligarci tutti ad investire maggiormente nella protezione della nostra infrastruttura comunicativa.
In ultimo – e chiudo – sarebbe sbagliato sul piano geopolitico reagire alterando l'assetto delle alleanze internazionali del nostro Paese, come qualcuno forse vorrebbe oggi fare. Una risposta scomposta potrebbe a questo punto soltanto danneggiarci, tagliandoci fuori da un circuito informativo che è per noi di grande importanza...
PRESIDENTE. Deve concludere.
GIANLUCA PINI. Ho finito... dovendo fronteggiare sfide complesse in connessione con le turbolenze che sconvolgono le regioni geopolitiche adiacenti, in primo luogo Mediterraneo e Medio Oriente, da dove partono ingenti flussi di clandestini e il jihadismo è endemico. Ci auguriamo quindi che non ci siano ulteriori problemi relazionali...
PRESIDENTE. Concluda. Ha esaurito il suo tempo da un minuto.
GIANLUCA PINI. ... con i nostri atlantici e questa crisi venga velocemente superata. Dobbiamo metterci questa storia finalmente alle spalle
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Edmondo Cirielli. Ne ha facoltà.
EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, signor Presidente del Consiglio, signori ministri. La vicenda del riporta una tragica o una grave realtà che sembra che noi dimentichiamo. L'Italia è un Paese a sovranità limitata ed è un Paese a sovranità limitata perché ha deciso consapevolmente – non so se in maniera giusta o sbagliata – di dedicare una cifra irrisoria di risorse finanziarie alla propria difesa e alla propria sicurezza nazionale. Noi abbiamo delegato per questi settant'anni – e tutto sommato ci è andata anche bene – agli Stati Uniti e ai Paesi della NATO, segnatamente quelli che oggi ci spiano, la nostra sicurezza e la nostra difesa. È una realtà che è inutile negare.
Allora, io credo che un Paese serio, più che indignarsi, debba cercare di porre rimedio a questa arretratezza, investendo in tecnologia, cercando di garantirci la sicurezza, facendo in modo che i nostri servizi segreti non dipendano dagli Stati Uniti d'America, ma abbiano una loro autonomia nella capacità di garantire la nostra sicurezza; dobbiamo essere leali e corretti con gli americani, che mantengono in piedi un apparato militare anche in Italia per difendere noi e, ovviamente, i loro interessi, ma guardarci anche i fatti nostri. Mi sembra una cosa del tutto legittima. Non si possono, diciamo, «fare le nozze con i fichi secchi»: se non spendiamo in sicurezza e in difesa, non ci possiamo lamentare che altri nella spesa considerino anche attività di spionaggio, a volte anche nei confronti degli alleati.
Non è che io li voglio giustificare, ma comprendo; d'altro canto, noi dobbiamo ricordare nella gestione della vicenda del generale Dozier – alcuni più anziani la ricordano – come il nostro Stato abbia avuto un atteggiamento compiacente con un'organizzazione terroristica, le Brigate Rosse, che erano finanziate dall'Unione Sovietica. Così come con la vicenda Gladio: noi abbiamo processato la rete di persone che avrebbero dovuto difendere la democrazia in Italia da un'invasione sovietica e invece non abbiamo processato la Gladio rossa, cioè coloro che, al servizio dell'Unione Sovietica, spiavano l'Italia, anzi alcuni che hanno fatto corsi di addestramento in Unione Sovietica hanno avuto anche incarichi governativi. Poi ci stupiamo. Possiamo parlare dell'ultima vicenda di Abu Omar. Come gli alleati si possono fidare dell'Italia ?
Allora, io credo che dobbiamo essere più coerenti, più seri, dobbiamo essere più che persone che si indignano, persone che fanno cose concrete per guardarci la nostra sovranità, anche nei confronti degli alleati, che probabilmente non ci considerano e non ci stimano.
Allora, cerchiamo di essere seri, cerchiamo di difendere la nostra sovranità non delegando tutto agli altri, ma delegando innanzitutto le nostre risorse e la nostra capacità ai nostri scienziati, ai nostri servizi, ai nostri apparati militari, che devono avere fiducia da parte dello Stato, cosa che sinora non è accaduto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, è indubbio che è in evoluzione il punto di equilibrio tra nuove tecnologie dell'informazione e della cibernetica e difesa delle ragioni della sicurezza e della stabilità dell'area italiana e europea. Si potrebbe dire: è la nuova tecnologia... «bellezza», non si può restare indietro e poi lamentarsi. La tecnologia cibernetica potrebbe essere interpretata come la guerra del futuro, e allora ?
Il PIL cinese può superare quello americano, ma il divario tecnologico resta in campo per i prossimi decenni. Il punto è: l'Europa ha presente questa situazione e intende fare qualcosa ? Ma il dibattito di oggi ha suggerito anche un'interpretazione che rasenta l'umorismo; io ho molto apprezzato lo stile istituzionale e l'equilibrio della sua posizione, Presidente Letta, mi tranquillizza molto di più dell'avventurismo. Oggi si è appreso che Grillo avrebbe una posizione ferma contro gli Stati Uniti, anzi finora traspariva una certa intesa maliziosa. Mi auguro che l'ambasciata americana abbia sentito la posizione in Aula dei rappresentanti del MoVimento 5 Stelle, dopo avergli dedicato così grande attenzione. Era accaduto anche con Di Pietro, ma si sa, gli americani capiscono poco della politica italiana, malgrado tutte le informazioni di cui dispongono e tutte le intercettazioni che fanno .
Per questo, signor Presidente, le politiche europee sul tema della difesa – ecco qui il punto – devono fare un salto di qualità, non è che i francesi pensano di fare da soli, i tedeschi da soli. Tutela della sicurezza e promozione dei diritti di libertà personali da non confondersi con la non mettiamo sullo stesso piano la difesa delle libertà personali con la che è un concetto assolutamente riduttivo, richiede un nuovo punto di equilibrio. Certo non possiamo appaltare agli americani, se l'idea è che appaltiamo questi servizi agli americani e poi ci lamentiamo che essi ne facciano un uso, vuol dire che siamo proprio indietro, abbiamo capito poco.
Quindi, Presidente, lei che in Europa è ascoltato e stimato, batta un colpo e richiami gli europei alle loro responsabilità .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marco Di Lello. Ne ha facoltà.
MARCO DI LELLO. Onorevole Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, le sue parole ci rassicurano sia in ordine al mancato coinvolgimento dei nostri Servizi in attività illegali, sia in riferimento alla sicurezza – me lo auguro – delle conversazioni sue e dei vertici istituzionali, ma su questa premessa noi socialisti riteniamo che tale vicenda imponga una duplice riflessione: da un lato, come lei ha detto, nell'individuazione del punto di equilibrio tra sicurezza nazionale e diritto alla rapporti tra Paesi alleati ed equilibri politici internazionali. È un tema non di oggi, ieri lo scandalo si chiamava Echelon, oggi è Prisma; ma dall'altro, una riflessione è doverosa anche sulla vulnerabilità del nostro sistema di telecomunicazioni.
Dopo aver consegnato la maggioranza dei gestori telefonici in mani straniere, ora abbiamo consentito che anche la rete telefonica sia in mani straniere. Ogni giorno, come lei sa, onorevole Presidente, i nostri dati telefonici, e internet possono agevolmente essere letti e conservati in Cina, a Mosca, a Newbury, a Madrid ma anche a Mountain View e in tanti altri Paesi stranieri.
Torna oggi l'onda delle privatizzazioni, dopo le autostrade e le comunicazioni, pare essere anche il turno della rete energetica. Riflettiamo bene, onorevole Presidente, perché è dalle scelte di oggi che passa il futuro dell'Italia e non vorrei che ci ritrovassimo fra qualche anno a gridare a finti scandali, frutto di scelte precise, assunte spesso sotto la pressione di un'opinione pubblica non sempre disinteressata .
PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo. Sospendiamo ora la seduta, che riprenderà alle ore 10,30 con la discussione della mozione presentata a norma dell'articolo 115, comma 3, del Regolamento, nei confronti del Ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri. La seduta è sospesa.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Colletti ed altri n. 1-00230 presentata a norma dell'articolo 115, comma 3, del Regolamento, nei confronti del Ministro della giustizia, Annamaria Cancellieri.
Avverto che la nuova organizzazione dei tempi per l'esame della mozione, predisposta a seguito della costituzione del nuovo gruppo parlamentare «Nuovo Centrodestra», è in distribuzione e sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.
È iscritto a parlare il deputato Turco, che illustrerà la mozione Colletti n. 1-00230, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
TANCREDI TURCO. Grazie Presidente, colleghe e colleghi, signor Ministro Cancellieri, lei è assurta al clamore della cronaca a causa di alcune telefonate intercorse con alcuni componenti della famiglia Ligresti e del suo conseguente interessamento sulle sorti di Giulia Ligresti, all'epoca dei fatti detenuta in carcere.
Un Ministro, e soprattutto un Ministro della giustizia, rappresenta la figura più alta della gerarchia amministrativa e deve essere terza e rispetto ai propri atti e ai propri comportamenti.
Qui, Ministro, non si tratta solo di un problema giudiziario, né tanto meno procedurale, qui il nodo è politico, qui è in discussione il concetto stesso di giustizia, una giustizia che lei rappresenta e che deve essere uguale per tutti i cittadini, siano essi ricchi o poveri, amici di famiglia o perfetti sconosciuti. Lei non può promettere un impegno personale a favore di amici suoi, che la contattano telefonicamente, né può permettersi di dire «no, così no, effettivamente così non è giusto», andando così ad inficiare e a polemizzare con l'operato di magistrati e giudici.
Nel corso del suo discorso al Senato e alla Camera del 5 novembre scorso, lei ha dichiarato – e cito testualmente le sue parole – «non esiterò a fare un passo indietro qualora venga meno, o sia inclinata la fiducia istituzionale nei miei confronti. La fiducia del Parlamento è fondamentale per la vita di un Ministro. Non voglio essere di intralcio».
Ebbene, signor Ministro, le devo far presente che la fiducia, da parte di questo Parlamento, lei non ce l'ha più . Non ha ovviamente la fiducia del MoVimento 5 Stelle, sicuramente, ma non ha nemmeno la fiducia di altre forze politiche dell'opposizione e di una parte di Scelta Civica e dello stesso Partito Democratico.
Le leggo in proposito le dichiarazioni dei candidati rimasti alla segreteria del Partito Democratico. Cominciamo dal deputato Gianni Cuperlo. Le leggo virgolettate: «Il Ministro ha dichiarato di non aver violato alcuna norma, ma la mia opinione è che per motivi di opportunità dovrebbe dimettersi prima del voto. Serve una riflessione da parte del Ministro Cancellieri: deve valutare se esistano le condizioni di serenità e di opportunità politica per poter continuare a svolgere un ruolo così delicato». Passo alle dichiarazioni del deputato Pippo Civati, sempre virgolettate: «Se siamo tutti d'accordo che questo sia stato un episodio scivoloso e concordiamo sull'inopportunità che il Ministro stia ancora al suo posto, perché tergiversare ? Chiedo solo coerenza ai miei compagni di partito. Se non si vota la sfiducia perde il PD». Aggiungo che il collega Pippo Civati aveva anche annunciato che avrebbe presentato una propria mozione di sfiducia che, a quanto mi risulta, era stata anche firmata da almeno una quindicina di colleghi del Partito Democratico. Tralascio le dichiarazioni del sindaco Matteo Renzi in quanto non è parlamentare e, quindi non dovrebbe influenzare quella che è l'opinione e l'operato di questo Parlamento.
Vado già alla conclusione, signor Ministro: se le è rimasta un minimo di coerenza con quanto detto, si deve dimettere. Lei ha senza dubbio la fiducia del Governo, non certo quella di questo Parlamento e, senza dubbio, non quella del Paese.
Lei, Ministro, è già stata sfiduciata dai cittadini italiani
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Verini. Ne ha facoltà.
WALTER VERINI. Signor Presidente, nell'intervento pronunciato dal Ministro lo scorso 5 novembre davanti alle Camere, la stessa Ministra espresse il suo rammarico – crediamo sincero – per aver fatto prevalere sentimenti di amicizia e di umanità sui doveri di un rigoroso profilo istituzionale. Tuttavia, nello stesso discorso, emergeva come questo comportamento, così gravemente inopportuno, non avesse determinato gesti e atti discrezionali di alcun genere, decisioni o iniziative improprie, tese ad intervenire con l'autorità ministeriale a favore di una particolare detenuta, le cui condizioni erano incompatibili con il regime carcerario.
Questa tesi, possiamo dire a questo punto questo dato di fatto, è stata poi confermata da dichiarazioni e interviste dei dirigenti del DAP, da prese di posizione della procura di Torino, titolare dell'inchiesta e del procedimento a carico dei responsabili di uno dei più gravi e odiosi scandali finanziari degli ultimi decenni, quello Fonsai, che ha visto protagonisti diversi membri della famiglia Ligresti. La stessa procura di Torino, guidata con rigore da uno dei magistrati più stimati di questo Paese, ha ritenuto di ribadire l'altro ieri, nel trasmettere gli atti a Roma, questa situazione di assenza di profili penali.
Nel dibattito di questi giorni poi, mi hanno colpito le parole di Luigi Manconi – invito tutti a prenderle in considerazione, perché vengono da una persona che si è sempre occupata e si è sempre sporcata le mani attorno ai temi della condizione bestiale dei detenuti – il quale ha testimoniato di aver sempre trovato nel Ministro Cancellieri una interlocutrice attenta e obbiettiva nei confronti di tutte le situazioni di gravissimo disagio nelle nostre carceri.
Così, mentre la procura e personalità diverse segnalavano questa correttezza, da parte del MoVimento 5 Stelle veniva presentata la mozione di sfiducia. In realtà, io non credo che si trattasse e si tratti di una mozione di sfiducia individuale; penso che si tratti di un legittimo attacco politico al Governo, ma lo si chiami con il suo nome.
Io penso cioè che si tratti di una mozione a prescindere. Se per caso il Ministro avesse tenuto ipoteticamente il comportamento opposto, se cioè davanti a una segnalazione, sia pure da parte di una famiglia di amici, di una grave situazione di incompatibilità con il regime carcerario non si fosse non dico attivata, ma quanto meno preoccupata di capire se qualcosa si stesse facendo, sono convinto che, per motivi opposti, per assenza di intervento, per non aver avuto la sensibilità, i colleghi del MoVimento 5 Stelle avrebbero presentato la stessa mozione di sfiducia. È un attacco politico al Governo – diciamolo – reso forse ancora un po’ più astioso dalla delusione che i colleghi del MoVimento 5 Stelle hanno provato recentemente magari con i risultati delle elezioni in Basilicata
Noi pensiamo che questo Governo debba e possa continuare il suo lavoro. Noi respingiamo questo attacco politico e pensiamo che lo debba continuare a fare rispettando i tempi, i programmi e l'orizzonte che si era dato al momento della fiducia, ribadito nel tornante del 2 ottobre, quando non è che non sia successo niente; è la data dopo la quale abbiamo assistito ad una spaccatura significativa all'interno del PdL.
È un lavoro difficile che tuttavia va fatto nell'interesse del Paese, per dare un senso a parole come lavoro, speranza e futuro. È un percorso difficile per aggredire davvero le drammatiche emergenze che riguardano tanti giovani, tante famiglie e tante imprese, e poi anche perché non solo si aiuti l'Italia a risollevarsi e a guardare con fiducia in avanti, ma anche per fare finalmente quelle riforme, per superare un bicameralismo perfetto troppo spesso paralizzante, per diminuire i parlamentari e per fare finalmente quella legge elettorale.
Lo voglio dire a chiunque, a tutte le latitudini, ma in particolare agli amici del MoVimento 5 Stelle, visto che Grillo ha apertamente detto di voler tornare a votare con questa legge.
Noi faremo di tutto per non tornare a votare con questa legge . Faremo di tutto per dare ai cittadini italiani il potere di scegliere un Governo e il potere di scegliere e controllare i propri rappresentanti . Si mettano il cuore in pace !
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, sta parlando. Per favore, per favore.
WALTER VERINI. Noi vogliamo una legge di questo tipo. Ecco perché confermiamo, e mi avvio a concludere, Presidente, il nostro «no» alla mozione di sfiducia. Però, però, però ...
PRESIDENTE. Colleghi, per favore. Potrete poi intervenire ed esprimere il vostro dissenso. Adesso fate parlare il collega, lasciatelo terminare. Ognuno ha il suo spazio, è il suo turno. Prego, onorevole Verini.
WALTER VERINI. Detto questo, con altrettanta franchezza, voglio dire che, da quello che è emerso fin qui, non vi sono tali elementi da prefigurare nella gestione della condizione dei detenuti ... Presidente, chiedo scusa, ma queste intemperanze, che mi impediscono di parlare, spero che vengano tenute in conto per recuperare il tempo che non posso impiegare per parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Verini, continui. Prego. Colleghi !
WALTER VERINI. Non vi sono, dicevo, elementi tali da prefigurare, nella gestione delle carceri italiane e negli altri atti, comportamenti impropri. Però, voglio dire che il nostro partito, che è un partito democratico, ha discusso, discute, con posizioni diverse; lo ha fatto fino a ieri sera, in una riunione di gruppo. Da diverse parti, nel nostro partito, nel nostro gruppo, è stato auspicato, richiesto e anche sperato non solo un rammarico del Ministro, ma anche un suo passo indietro. E questo è avvenuto non in modo strumentale, ma in modo aperto, solare, direi. Lo hanno fatto candidati alla segreteria, ma lo hanno fatto tanti parlamentari.
Io voglio dire che, secondo me, nel disagio che molti di noi hanno provato per quelle telefonate – mi rivolgo a lei, Presidente, ma riferendomi, ovviamente, alle telefonate del Ministro – non vi era solo il disagio per quelle specifiche telefonate, ma vi è un disagio per un modo di essere del nostro Stato, della pubblica amministrazione, che causa disagio ai cittadini.
Infatti, non vi è solo il disagio che deriva dal fatto che non tutti possano telefonare a un Ministro, ma vi è anche il disagio, a cui quotidianamente assistiamo, per l'umiliazione di chi, per avere in tempi umani una risonanza magnetica, deve chiamare un amico politico ; vi è il disagio di chi, per avere riconosciuto un diritto, deve chiedere una raccomandazione; vi è il disagio di chi, per affermare due parole semplici, meriti e bisogni, è costretto a umiliarsi per chiedere uno scambio.
Questo è il tema ! Il Ministro ha valutato, ha ritenuto di non compiere passi indietro e crediamo, per quello che la conosciamo, che sia stata una decisione sofferta, supportata dal Governo, una decisione che noi rispettiamo. Per questo, allora, oggi, anche se legittimamente molti di noi mantengono perplessità, noi, uniti e in maniera aperta, senza prendere ordini da nessuno respingiamo questo attacco politico al Governo, rinnoviamo la fiducia al Governo e chiediamo di andare avanti.
L'ultima cosa che voglio dire, come componente della Commissione giustizia, è che vorremmo che si vada avanti e non si perda tempo su alcune questioni drammaticamente urgenti, come ci hanno ricordato il Presidente Napolitano e tanti altri: la drammatica situazione delle carceri, l'esigenza di una giustizia più umana, più civile, più al servizio dei cittadini...
PRESIDENTE. Deputato, concluda.
WALTER VERINI. ...e non dei potenti di turno. Questo è quello che diciamo, e lo diciamo con lealtà nei confronti del Governo e dei suoi componenti, ma respingendo la strumentalità di chi non ha a cuore una cosa che noi abbiamo: il nostro Paese .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nicola Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, abbiamo ascoltato le parole del collega Verini, da cui emerge chiaro non solo che la maggioranza non ha intenzione di chiedere le dimissioni del Ministro Cancellieri, ma, addirittura, vorrebbe estendere le sue deleghe . Se fossi nel Ministro Quagliariello, mi preoccuperei particolarmente, visto che, probabilmente, le dimissioni potrebbero chiederle sulla sua figura.
Detto questo, Presidente, la Lega ovviamente conferma in modo coerente la propria posizione: noi voteremo a favore della mozione di sfiducia.
Siamo in attesa che il Ministro Cancellieri, con un atto di responsabilità nei confronti delle istituzioni – lo sentiremo successivamente – possa rassegnare le dimissioni – ce lo auguriamo – rispetto ai fatti che l'hanno chiamata in causa. Se così non sarà, ovviamente la Lega insisterà per votare la mozione di sfiducia nei confronti del Ministro Cancellieri.
Noi rimarremo coerenti rispetto alle posizioni che abbiamo tenuto sino ad oggi. Non abbiamo fatto riunioni, non abbiamo fatto assemblee, non ci siamo riuniti in conclave come hanno fatto altre forze politiche. Rimaniamo coerenti rispetto alla nostra linea, rimaniamo coerenti rispetto a quello che abbiamo detto il 5 novembre in occasione dell'informativa del Ministro, rimaniamo coerenti con quello che abbiamo detto dopo il 5 novembre.
Per questo motivo noi voteremo la mozione di sfiducia, che – è vero – è una mozione di sfiducia individuale nei confronti del Ministro, una mozione di sfiducia nei confronti del Ministro, ma che indirettamente diventa una mozione di sfiducia nei confronti del Governo, quindi una mozione di sfiducia chiaramente politica.
Il 5 novembre, quando il Ministro fu chiamato dalle forze politiche di opposizione a riferire in Aula sulla vicenda, anzi sull'intreccio Ligresti, la Lega cosa chiedeva ? La Lega chiedeva di chiarire questo intreccio, anzi chiedeva al Ministro di fugare ogni dubbio, ogni legittimo sospetto con riferimento alla vicenda Ligresti. Chiedevamo di chiarire l'opacità e l'ambiguità del rapporto con la famiglia Ligresti. Chiedevamo di chiarire la commistione tra il ruolo pubblico e la funzione pubblica del Ministro rispetto alla sua sfera privata, di chiarire che non vi fossero condizionamenti e soggezioni da parte del Ministro nell'esercizio delle sue funzioni rispetto al rapporto di amicizia legittimo, ma che diventa incompatibile nel momento in cui lei ha un ruolo delicato e importante come Ministro della giustizia. Chiedevamo di chiarire – e questo era per noi il vero punto di questa vicenda – la telefonata del 17 luglio avuta con la compagna di Ligresti, telefonata grave, telefonata inopportuna, telefonata rispetto alla quale anche il Ministro stesso si è scusata nei confronti all'Aula; chiedevamo di chiarire la telefonata di sensibilizzazione al DAP, la telefonata fatta per sensibilizzare circa lo stato di salute di Giulia Ligresti ai due vicedirettori del DAP. E voglio ricordare, quella stessa Giulia Ligresti, Ministro, di cui qualche giorno fa abbiamo visto le foto mentre passeggiava nel «quadrilatero della moda» a fare shopping . Delle foto che non hanno sicuramente aiutato la sua persona e la sua figura ! È indegno che una persona che rischiava, come è stato detto, la vita passeggiasse nel «quadrilatero della moda» a Milano a fare shopping. E purtroppo nulla di queste circostanze, nulla di queste vicende è stato chiarito. Le pezze giustificative che lei portò il 5 novembre furono assolutamente carenti, deboli ed è il motivo per cui la Lega chiuse quell'intervento, l'intervento del 5 novembre, chiedendo al Ministro un passo indietro e invocando il Ministro alle dimissioni.
Nel frattempo le forze politiche di maggioranza tutte, in modo particolare il Partito Democratico, con le parole del capogruppo Speranza, difendevano il Ministro. In quell'occasione il Ministro cosa chiedeva ? Chiedeva una fiducia piena, chiedeva una fiducia totale, complessiva, una fiducia politica da parte della propria maggioranza, chiedeva che gli venisse riconosciuta stima istituzionale.
In quella occasione lei ebbe stima istituzionale da parte della maggioranza di Governo che la sostiene. Peccato che due giorni dopo, il 7 novembre, il futuro segretario del Partito Democratico va da Santoro a – due giorni dopo, non due giorni prima, rispetto all'informativa – e il 7 novembre Renzi dice: «Avrebbe fatto – ed è la prima bordata che arriva al Ministro e la prima bordata che arriva al Governo – un favore – riferito al Ministro Cancellieri – al Paese se si fosse dimessa. Fossi stato io il segretario del PD, non l'avrei difesa». E qui si apre poi una partita politica il cui esito, i cui sviluppi li abbiamo visti in questi giorni.
Veniamo ai giorni nostri. Rispetto alla vicenda Cancellieri-Ligresti intervengono due fattori determinanti: un fattore di natura giudiziaria ed un fattore di natura politica. Il fattore di natura giudiziaria sono i riscontri che alcuni quotidiani riportano, rispetto ai quali è stato aperto un fascicolo di inchiesta da parte della procura di Torino, trasferito alla procura di Roma. E vedremo quali saranno gli esiti di questa vicenda. Emerge una terza telefonata, emergono nuove contestazioni – terza telefonata che, tra l'altro, viene fatta esattamente il giorno prima del 22 di agosto, quando il Ministro viene interrogata dal procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi –, emergono altri elementi, rispetto ai quali il Ministro sarà chiamata a chiarire. Infatti, se è vero che il Ministro non è indagata, quindi, se è vero che il Ministro non è iscritta nel registro degli indagati di quella inchiesta, è altresì vero che la posizione del Ministro non è archiviata e probabilmente il Ministro sarà chiamata a rispondere nuovamente di questi fatti.
Noi non diciamo che il Ministro ha mentito, non ci prendiamo la responsabilità di attribuire questa responsabilità al Ministro. È evidente, però, che con riferimento ad alcuni fatti, ad esempio che le telefonate non sono state due, ma sono state tre, che non ha riferito della terza chiamata, che le telefonate anziché essere ricevute, sono state fatte, è evidente che il Ministro dovrà ancora chiarire questa vicenda. E, quindi, ci sono fatti nuovi, ci sono circostanze nuove, che rendono ancora di più la figura del Ministro incompatibile con il ruolo istituzionale che ricopre.
Poi c’è la vicenda politica. Ovviamente attenderemo l'esito del dibattito per capire che cosa farà il Partito Democratico. Il collega Verini ha dato un primo accenno di quello che la maggioranza sarà indotta a fare, ovvero difendere il Ministro per difendere il Governo. Rimane evidentemente una vicenda grottesca, una farsa, che getta discredito sul Ministro.
Ministro, se anche dovesse rimanere, rimarrà un Ministro dimezzato, un Ministro azzoppato, un Ministro senza credibilità, un Ministro senza autorità ed autorevolezza, e in questo particolare contesto e in questo particolare momento di grande bisogno della giustizia di riforme vere, noi crediamo che un Ministro in queste condizioni non potrà dare un contributo importante al Paese, ai cittadini e a una vera riforma della giustizia.
È per questo che la Lega confermerà, all'esito del dibattito, il proprio voto di sfiducia con riferimento alla mozione di sfiducia nei confronti del Ministro
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Ministro Cancellieri oggi è accusata di avere raccolto gli sfoghi telefonici di un vecchio amico, un cui familiare, in detenzione preventiva per un importante scandalo finanziario, si trovava in condizioni di grande sofferenza fisica e psichica, tanto da far temere un possibile suicidio.
Il Ministro ha ascoltato, ha confortato per quanto possibile, ha assicurato il proprio interessamento. Parola vaga: «interessamento». Come si è interessato il Ministro ? Ha chiamato il magistrato competente per minacciarlo o per blandirlo ? Pare di no. Quello che risulta agli atti è che ha incaricato un suo collaboratore di portare a conoscenza questa situazione di disagio al magistrato competente, perché potesse verificare se la situazione fosse davvero così grave e decidere quali interventi fossero eventualmente necessari.
Possiamo dire che si è trattato di un'intromissione indebita ? Sembra proprio di no. Cosa fareste voi, onorevoli colleghi ? E lo chiedo a quelli che hanno parlato prima di me, chiedendo le dimissioni del Ministro Cancellieri. Cosa farebbe ciascuno di voi se gli pervenisse la notizia che un detenuto rischia di morire in carcere ? Il caso non è teorico: a ciascuno di noi capita di essere raggiunto in qualche modo, spesso fermato per strada da qualcuno che descrive un caso pietoso e sollecita un intervento. Sarà vero che la situazione è così grave ? Non lo sappiamo. I familiari tendono comprensibilmente, anche in buona fede, ad esagerare il disagio del loro congiunto. Ma possiamo permetterci di ignorare un segnale che forse indica davvero un pericolo di vita ? Quello che faccio io e quello che fate anche voi – perché ognuno di voi si è trovato in situazioni del genere –, quello che faccio io è portare a conoscenza delle autorità competenti le informazioni che mi sono pervenute, perché le possano valutare, e questo è quello che ha fatto il Ministro.
Ha avuto anche la delicatezza di non telefonare personalmente per non dare neanche l'impressione lontana di voler influenzare l'autorità competente, che sola ha il diritto e il dovere di valutare l'informazione e di prendere le decisioni conseguenti.
Ma, si potrebbe obiettare, il Ministro deve essere egualmente vicino a tutti i cittadini italiani, non è bello che intervenga, anche nel modo corretto che abbiamo descritto, a favore degli amici suoi mentre tanti altri cittadini versano nella medesima condizione. Risulta, però, che il Ministro è intervenuto in molti altri casi di cui è venuto a conoscenza, con modalità analoghe a quelle del caso preso in esame. E, purtroppo, di casi del genere ce ne sono tanti e ognuno di voi – credo – è intervenuto qualche volta – correttamente, mi auguro – a portare a conoscenza le informazioni a lui pervenute di chi ha il potere e il dovere di decidere.
Dov’è, allora, lo scandalo ? Qualcuno ha detto: «Il Ministro ha perso, magari senza sua colpa, la fiducia del Parlamento e del Paese». È un argomento irricevibile, anzi risibile. Il popolo esercita la sua sovranità attraverso il Parlamento e il Parlamento la sua fiducia si appresta ad esprimerla attraverso il voto.
Signor Ministro, la nostra fiducia, la mia fiducia lei non l'ha persa, vedremo se ha perso quella del Parlamento oppure no. Credo di no. Nessuno può individualmente parlare a nome del Parlamento e nemmeno a nome di tutto il popolo italiano: ognuno di noi rappresenta un frammento della sovranità del popolo italiano e dovrebbe avere la modestia di riconoscere il ruolo egualmente importante e dignitoso di ciascuno dei suoi colleghi.
Ma la questione Cancellieri ha anche un versante politico, che sarebbe ipocrita voler ignorare. Il Governo Letta sta complessivamente ben operando per far uscire il Paese dalla recessione e riportarlo sul sentiero dello sviluppo. Abbiamo fiducia che il 2014 sia l'anno della ripresa e, se arriva la ripresa economica, se torna il lavoro, se le medicine amare che il Paese ha dovuto ingoiare cominciano a fare il loro effetto benefico, si smorza e alla fine si spegne l'ondata della antipolitica, sulla quale molti, e non solo il MoVimento 5 Stelle, hanno costruito la loro fortuna.
È per questo che quelli che, fin dal principio, hanno scommesso sul crollo dell'Italia cercano in queste settimane ogni possibile pretesto per abbattere il Governo. Dopo, se non ci riescono in queste settimane, diventerà sempre più difficile abbattere un Governo che riporta in Italia lavoro e benessere e riesce, come contiamo avvenga nelle prossime settimane, anche a ottenere una svolta della politica europea verso lo sviluppo, la crescita e la solidarietà. Da qui l'accumularsi degli attacchi pretestuosi e dei tentativi di ricatto: il peggio del peggior vecchio della vecchia politica.
E vorrei dire anche ad alcuni amici della maggioranza: io mi auguro che con questo atteggiamento, che è coerente da parte di chi ha sempre scommesso sul crollo del Paese, perché vuole la decrescita felice (la decrescita l'abbiamo, felice non è ed è dubbio che possa diventare felice nel futuro), da parte di chi magari vorrebbe lo sfascio dell'unità nazionale – è coerente, non lodevole ma coerente –, nessuno colluda con questi atteggiamenti, che nessuno, per una comprensibile, ragionevole e giustificata ambizione di succedere all'attuale Presidente del Consiglio, dimentichi che non si possono costruire le proprie fortune politiche sul male dell'Italia, provocando una crisi la quale potrebbe farci perdere tutto ciò che faticosamente abbiamo guadagnato.
Allora, torniamo alla ragionevolezza, guardiamo con oggettività quello che succede, non lasciamoci prendere dal turbine della calunnia e del pettegolezzo, confermiamo la nostra fiducia nel Ministro e confermiamo la nostra fiducia nel futuro dell'Italia .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, membri del Governo, signora Ministra, userò toni bassi e linguaggio piano, ma vengo al punto diretto. Noi dieci giorni fa abbiamo chiesto al Ministro della sentenza «Torreggiani»: sentenza pilota della Corte europea dei diritti dell'uomo che inchioda il nostro Paese, inchioda l'Italia.
La inchioda ad un termine, cioè a porre in atto immediate misure per cambiare ciò che è diventato l'inferno delle carceri, perché questa vicenda è intimamente legata alle carceri. Si tratta in sostanza di chiudere entro maggio l'insopportabile forbice tra capienza regolamentare e numero dei detenuti. E se – veniamo al punto – ciò non fosse stato, le chiedevamo, signora Ministra, se lei non fosse stata in grado, se si fosse fortemente indebolita in relazione a questa vicenda, le chiedevamo di fare un passo indietro, di farlo lei autonomamente. Troppo importante quell'obiettivo, troppo importanti le vite che oggi sono in gioco. Questo dieci giorni fa.
Devo dire che i giorni sono passati e non sono stati giorni buoni su questo versante. Chi le parla pensa che lei abbia lavorato bene in questi mesi, che sia un buon decreto quello che porta il suo nome, che siano buone le iniziative parlamentari che sono iniziate e che sono passate in quest'Aula (parliamo sempre di giustizia, parliamo di carceri), cioè Sinistra Ecologia Libertà non si iscrive al partito e non è iscritta al partito di chi pensa che l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge si manifesta meglio tenendoli in carcere il più possibile, innocenti compresi, a differenza invece di alcune altre discussioni che abbiamo fatto e di alcuni altri voti che sono stati dati in quest'Aula.
Ma c’è un «ma»: la strada che abbiamo di fronte fino a maggio è una strada complicata e temo che lei, signora Ministra, indipendentemente dal voto di oggi, non abbia più la piena fiducia della sua maggioranza. Come ci arriveremo a maggio, quando il futuro segretario del maggior partito della coalizione di Governo, il Partito Democratico – e qui c’è gente che fa gli scongiuri su questo futuro, ma è probabilisticamente così –, ebbene, quel segretario un giorno parla contro l'amnistia, un giorno parla contro l'indulto e il terzo giorno, invece che rinsavire, chiede le sue dimissioni, signora Ministra ? Come facciamo a metter mano agli avvelenati inutili frutti legislativi degli scorsi anni (parlo sempre della Fini-Giovanardi, della Bossi-Fini, dell'ex Cirielli, della possibilità di introdurre il reato di tortura e di altro) ? Come facciamo a tentare questo e magari a dire qualcosa e a fare qualcosa che limiti quel traffico di intercettazioni e di atti coperti da segreto – questo sì reato – che dalle procure scorre ininterrotto, inquinando anche ormai da tempo la nostra vita politica ? Queste e tante altre cose: come facciamo in questa situazione ?
Allora, alla base il contenuto della mozione che è stata presentata è un contenuto, un testo – basta leggerlo – che è un pignolo lavoro di questura, diciamo che di politico c’è poco, c’è poca traccia. Tuttavia, alla luce delle cose dette di merito, non tanto alla luce delle cose scritte, signora Ministra, credo che abbia ancora il tempo lei, autonomamente, di decidere che quel passo indietro oggi va fatto per il bene del Paese, direi, per il bene delle nostre carceri e del nostro sistema giudiziario.
Se così non sarà, temo che dovremo essere noi a dare il nostro voto di sfiducia all'interno di quest'Aula e a votare, nostro malgrado devo dire, a favore di quella mozione .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Polverini. Ne ha facoltà.
RENATA POLVERINI. Signora Presidente, signora Ministro e onorevoli colleghi, trasmettendo gli atti a Roma, la procura di Torino, oltre alle dichiarazioni rese dal dottor Caselli, ha definitivamente chiarito che non esistono indagati in merito alle famose telefonate del Ministro Cancellieri sulla situazione carceraria di Giulia Ligresti.
Questa triste storia avrebbe dovuto spingerci ad una valutazione sulla situazione in cui versano le carceri italiane e a sollecitare una riflessione più approfondita e seria sulle parole rivolte – ricordo a quest'Aula – da Papa Giovanni Paolo II e, più recentemente, dallo stesso Capo dello Stato in merito alle inumane condizioni di detenzione di una parte non irrilevante degli oltre 60 mila detenuti e, di conseguenza, del personale addetto. Abbiamo, invece, purtroppo, assistito ad un raro esercizio di cinismo e di speculazione politica nella quale si sono esercitati consumati polemisti e si sono sovrapposti interessi di bottega che hanno attraversato, purtroppo, anche i partiti. Per giorni abbiamo assistito alla messa in moto di un tritacarne mediatico che ha investito il Ministro e ha messo in discussione uno dei pilastri della nostra cultura politica, il garantismo. Una campagna giornalistica, però, come abbiamo detto più volte in questi giorni e non solo, non può determinare la messa in discussione di un incarico. Arrivo a dire che neppure l'apertura di un'inchiesta giudiziaria deve diventare motivo per chiedere le dimissioni di una carica pubblica se crediamo nel principio di civiltà giuridica della presunzione di innocenza.
Rivendico alla mia parte politica di aver mantenuto un profilo garantista anche in questa circostanza convinti come siamo che pure questa vicenda vada ascritta a quel clima di giacobinismo strisciante che caratterizza una certa sinistra tranne quando ad essere coinvolti, non sfiorati, da vicende giudiziarie sono i suoi uomini o le sue donne. Gli esempi anche recenti sono tanti, ma non vale oggi la pena neppure farli. E voglio evitare anche parallelismi con altre telefonate che sono costate care a chi ha tentato di informarsi sulla sorte di un fermato o di un detenuto. Su questa vicenda, però, è necessario e doveroso denunciare, qui e oggi, l'atteggiamento del Partito Democratico. In un primo momento il Partito Democratico aveva confermato la fiducia al Guardasigilli. Passate poche ore, però, ha avuto inizio una battaglia tutta interna alle correnti del partito giocata proprio sulla pelle di Annamaria Cancellieri. Abbiamo assistito allora alla schizofrenia dei Democratici che prima hanno confermato la fiducia richiesta dal Letta, poi, una volta emersi nuovi tabulati che non cambiano la sostanza del fatto, sono ritornati a chiedere un atto di responsabilità al Ministro in controtendenza con ciò che avevano sostenuto giusto qualche giorno prima, per poi ieri sera, come abbiamo appreso in diretta televisiva, cambiare di nuovo atteggiamento. È chiaro come sulla stabilità del Governo che dicono di voler difendere si stia giocando una partita che esula totalmente dai temi della giustizia, nonché dalle carceri italiane, signor Ministro, sui quali lei è impegnata.
Certo, siamo tutti pronti a batterci il petto quando accade qualcosa di irreparabile, quando la detenzione diventa talmente insopportabile da portare al suicidio, quando sull'Italia piovono condanne per la gestione del sistema carcerario. Ma se qualcuno prova a reagire per senso di umana compassione o di convinta consapevolezza del proprio ruolo di deputato, di Ministro o di Capo del Governo, ecco che scatta l'invettiva, il retropensiero, la condanna. Conosco un po’ la Ministra Cancellieri; non tanto, ma abbastanza per capire che alla base del suo intervento – e di tutti quelli che, è provato, ha fatto nella sua qualità di Ministro per accertare la condizione di altri detenuti – c’è la profonda umanità che la caratterizza e che ce l'ha fatta apprezzare anche quando è stata titolare del Viminale. In un'altra situazione l'intervento del Ministro della giustizia sarebbe considerato più che legittimo. Ma forse, più che in un'altra situazione, dovrei dire, e mi dispiace, in un altro Stato, in uno Stato in cui il responsabile del Dicastero della giustizia non sia considerato il «terminale», ma il «controllore» di quanto accade in ambito giudiziario e carcerario a garanzia di tutti i cittadini, non solo di quelli togati.
Cari colleghi, non penso che il centro della questione sulla quale oggi siamo chiamati a discutere e votare sia quello di contare le telefonate del Ministro e di inchiodarla alla responsabilità di non averle forse ricordate tutte.
Siamo tutti registrati, osservati, in qualche modo «ascoltati» – e non solo dai nostri connazionali, pare – e questo non può essere un'insignificante dettaglio, buono per giustificare l'ennesimo editoriale di chi ha bisogno di dimostrare che c’è sempre qualcuno che trama per impedire il trionfo della giustizia. Ma la giustizia, quella con la «G» maiuscola, in Italia non trionferà mai se continuerà ad essere amministrata in maniera irresponsabile, nel senso tecnico del termine, non morale o politico, perché non risponde – e quindi non è responsabile – degli errori, pur numerosi e gravi, che commette.
In un bel libro, forse tra i meno conosciuti, dell'autrice delle «, «, si dice: «Ho sempre scoperto qualche bassezza in coloro che credono così facilmente all'indegnità degli altri». Mi sembra che questa frase si adatti pienamente alla situazione che stiamo affrontando. Noi – lo voglio dire con forza – crediamo nella buona fede del Ministro. Di più: crediamo che il suo ruolo le imponesse ciò che lei ha fatto e che speriamo – lo dico ancora, signor Ministro – continui a fare, restando salda alla guida del Ministero di via Arenula .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pia Elda Locatelli. Ne ha facoltà.
PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, noi Socialisti abbiamo scelto di non iscriverci né nelle schiere dei dimissionisti, né in quelle dei cancellieristi. Non vogliamo vincere alcuna partita. Abbiamo laicamente guardato i fatti senza pregiudizi e deciso di conseguenza, confermando la nostra fiducia alla Ministra Cancellieri.
Anche a noi sono apparse inopportune alcune conversazioni telefoniche, ma la caccia alle streghe, anzi le ripetute cacce alle streghe di questi mesi sono ancor più inopportune, direi inaccettabili. Provate a pensare: Biancofiore, Idem, Kyenge, la Presidente Boldrini ed ora la Ministra Cancellieri: sarà una coincidenza ?
Ma torniamo ai fatti di ora. Nel giornale socialista di ieri, l’, il direttore riportava in modo preciso i fatti. Li riassumo: la procura di Torino ha negato la sussistenza di motivi di reato e, quindi, non è stato emesso alcun avviso di garanzia. Questo è un fatto.
Ci chiediamo: ci sono fondati elementi di disparità di trattamento a proposito della scarcerazione di Giulia Ligresti ? Le autorità competenti lo hanno negato, affermando che la pratica di scarcerazione della donna era stata avviata prima della telefonata. Altro fatto.
Ad oggi, oltre a notizie di ulteriori intercettazioni della Ministra Cancellieri con il suo medico privato – e non si capisce perché questo signore, mai indagato, avesse le telefonate intercettate – altro non pare ci sia.
C’è chi sostiene che un Ministro o una Ministra debba non solo essere, ma anche apparire «terzo» rispetto ai propri atti. Capisco la richiesta, ma aggiungo che il gesto di umanità, certamente dettato in questo caso da amicizia è uno di una lunga serie di atti che si sono resi necessari per la drammatica condizione in cui versano le carceri italiane.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PIA ELDA LOCATELLI. Ho ancora 20 secondi, signora Presidente.
E, dunque, la verità è che da una parte ci sono i colleghi del MoVimento 5 Stelle, cui non par vero di dare realizzazione al loro che ci ripetono da mesi – «tutti a casa» – e hanno iniziato con la Ministra Dall'altro, c’è il congresso del Partito Democratico e Renzi ha agitato le dimissioni della Ministra Cancellieri come una clava, Cuperlo ha incassato e ha ripiegato su una posizione intermedia e Civati si proponeva di superare Renzi in questo campo non avendolo superato in altri. Questi sono i fatti. Per fortuna ci si è fermati in tempo con questa caccia alle streghe e per fortuna hanno fatto barriera l'autorevolezza del Primo Ministro e la fermezza di Anna Maria Cancellieri, al di là dei congressi di partito o del partito del «tutti a casa».
PRESIDENTE. Deve concludere.
PIA ELDA LOCATELLI. Noi, signora Ministro, le chiediamo di restare, perché anche noi – come Don Rigoldi che nelle carceri lavora da quarant'anni – pensiamo che lei sia Ministra concreta e competente, impegnata con grande determinazione a migliorare le incivili condizioni di vita dei detenuti e delle detenute
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sarti. Ne ha facoltà.
GIULIA SARTI. Signor Presidente, colleghi, dall'inizio di questa legislatura, la Commissione giustizia si è occupata e si sta occupando, per la stragrande maggioranza del suo tempo, del sovraffollamento carcerario. Per mesi, non si è fatto altro che parlare di questo. Il MoVimento 5 Stelle ha presentato addirittura un piano carceri per indicare una possibile soluzione, ma siamo stati prima ignorati e, poi, accusati proprio da lei, Ministro, di aver preso dati e notizie falsi sulle carceri.
Intanto, però, dietro le quinte, nei mesi estivi, che cosa succedeva ? Il Ministro della giustizia si attivava per sincerarsi che la situazione delle condizioni di salute di una sola detenuta fossero state prese in considerazione dal personale competente (DAP più magistrati). Tutto ciò, per fare un favore ad un'amica, la signora Fragni, compagna di Salvatore Ligresti e madre della detenuta. Non solo: il Ministro della giustizia diceva al telefono che si sarebbe messa a disposizione della famiglia Ligresti e ribadiva che no, non era giusto quello che stava capitando in riferimento agli arresti delle figlie di Salvatore Ligresti, mentre il terzo figlio, ricordiamolo – ricordiamolo –, continua la sua latitanza in Svizzera .
E tutti gli altri detenuti, Ministro ? Quanti malati ci sono all'interno delle nostre carceri ? Quanti versano in condizioni disastrose, ai limiti della tortura ? E il personale che lavora in carcere, di cui non si parla mai, purtroppo ? Quanti soffrono di depressione ? Quanti avrebbero bisogno di ottenere un trasferimento, che non viene mai concesso, perché c’è totale mancanza di organico ? Quante persone arrivano al suicidio ? Non ci sembra di ricordare che nella sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ci fosse scritto che bisognava risolvere il problema del sovraffollamento solo in caso di detenuti con cognome Ligresti !
La verità è che, spesso, le emergenze in questo Paese vengono create ad arte, magari, per far guadagnare qualcuno, magari perché ci sono interessi economici apparentemente nascosti. Prendiamo il caso dei braccialetti elettronici, solo per fare un esempio: uno spreco da 9 milioni di euro l'anno. E sapete quante volte sono stati applicati dal 2001 questi braccialetti ? Quattordici volte ! E chi gestisce il sistema del controllo dei braccialetti elettronici ? La Telecom. Il 31 dicembre 2011 il contratto con Telecom viene rinnovato dall'allora Ministro dell'interno, proprio lei, Ministro Cancellieri, salvo poi essere annullato dal TAR del Lazio perché non era stata fatta gara e si era proceduto con trattativa privata ! E oggi chi gestisce la contabilità di Telecom, in cui viene assegnata anche la maxicommessa del Ministero della giustizia ? Chi è responsabile dei settori di amministrazione, finanza e controllo ? Suo figlio, Ministro Cancellieri, Piergiorgio Peluso che ha lasciato Fonsai nel 2012 con una liquidazione di 3,6 milioni di euro !
Bene Ministro, da questa vicenda, dalla vicenda Cancellieri-Ligresti, colleghi, emerge chiaramente che nel nostro Paese esistono cittadini di serie «A» e cittadini di serie «Z», come ha già precedentemente ricordato il collega Bonafede.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIULIA SARTI. Una volta bastava conoscere persone influenti per avere raccomandazioni e favori; oggi siamo passati oltre: è necessario avere il numero di cellulare di un Ministro per ottenere facilmente corsie preferenziali.
Vede, Ministro Cancellieri ...
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
GIULIA SARTI. ... a volte, proprio per il ruolo che si sta ricoprendo, è meglio non farle certe telefonate !
PRESIDENTE. Colleghi, togliete questi telefonini, per favore. Grazie !
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione presentata «Dimissioni, dimissioni !». Colleghi, per favore !
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la Ministra della giustizia, Annamaria Cancellieri.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Gentile Presidente, onorevoli deputati, ho già riferito a questa Assemblea sui fatti relativi alla scarcerazione della signora Giulia Ligresti in occasione dell'informativa urgente dello scorso 5 novembre. Oggi, non posso che rifarmi integralmente a quella ricostruzione, riassumendone brevemente i passaggi salienti e aggiungendo gli elementi di novità emersi in questi giorni.
La vicenda penitenziaria di Giulia Ligresti inizia il 17 luglio 2013, quando viene eseguita nei confronti suoi, del padre Salvatore e della sorella Jonella, una misura cautelare e si conclude il 28 agosto, quando il GIP concede gli arresti domiciliari in seguito ad una consulenza medico legale disposta dalla procura di Torino che accerta come la permanenza in carcere costituisca: «un concreto danno per la salute del soggetto».
Per quanto mi riguarda, il 19 agosto ho informato i vertici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria delle condizioni fisiche e di salute della detenuta, che si trovava in custodia cautelare, condizioni critiche che mi erano state comunicate dallo zio, Antonino Ligresti, al quale sono legata da un lungo rapporto di amicizia . Si trattava, peraltro, di una situazione che era già nota sia alla magistratura torinese che all'amministrazione penitenziaria, in quanto, cinque giorni prima della mia telefonata, il direttore dell'istituto di Vercelli, in cui era detenuta Giulia Ligresti, aveva trasmesso all'autorità giudiziaria di Torino una relazione medica che attestava la gravità delle sue condizioni di salute.
Non vi è stato, dunque, nessun inconsueto zelo, né una anomala tempestività, meno che mai generata da un mio intervento, come adombrato da qualcuno, ma un'ordinaria attività di prevenzione, che si è sviluppata in maniera assolutamente autonoma, come dimostra la scansione temporale degli avvenimenti.
Ho già avuto modo di riportare le affermazioni del procuratore di Torino Giancarlo Caselli, che testualmente ha affermato: «Tutte le risultanze del fascicolo del procedimento relativo a Giulia Ligresti testimoniano, in modo univoco e incontrovertibile, che la concessione degli arresti domiciliari è avvenuta esclusivamente in base alla convergenza di decisive circostanze obiettive: le condizioni di salute verificate con consulenza medico legale e l'intervenuta richiesta di patteggiamento da parte dell'imputata, risalente al 2 agosto, e perciò di molto antecedente alle conservazioni telefoniche oggetto della notizia. Ne deriva – cito sempre le parole del procuratore Caselli – che sarebbe arbitraria e del tutto destituita di fondamento ogni illazione che ricolleghi la concessione degli arresti domiciliari a circostanze esterne di qualunque natura».
La mia comunicazione al dipartimento affari penitenziari in relazione a questa vicenda è stata in tutto e per tutto analoga a quella che io e i miei uffici trasmettiamo quasi quotidianamente in relazione a casi di detenuti che si rivolgono a me per le più svariate ragioni. Si tratta di decine e decine di situazioni di varia natura, oltre cento soltanto negli ultimi mesi.
In questi giorni, un quotidiano ha raccontato la storia di una detenuta che si è rivolta direttamente a me per cercare di accelerare il suo trasferimento in un carcere più vicino alla famiglia, poiché le due figlie adolescenti soffrivano di disturbi psicofisici connessi alla lontananza della mamma. Ho segnalato la vicenda al dipartimento affari penitenziari, come ho fatto per tanti altri casi su cui non erano accesi i riflettori della cronaca. Come risulta anche dai giornali, è stato finalmente possibile in questi giorni riavvicinarla alle figlie.
Respingo, quindi, con assoluta fermezza il sospetto che l'esito della vicenda processuale di Giulia Ligresti sia la conferma dell'esistenza di un'odiosa giustizia di classe, che distingue tra detenuti di serie A e di serie B, tra quelli ricchi e quelli poveri.
Sono perfettamente consapevole delle mille difficoltà e disagi che affliggono il sistema carcerario e so bene che il trattamento penitenziario può conoscere, purtroppo, risposte differenti pur in presenza di situazioni eguali. Non vi è stato nessun favoritismo, tanto meno collegato ad un intervento operato dall'alto: questo è ciò che dicono i fatti.
Mi addolora sinceramente che anche i comportamenti più ordinari, rientranti nella fisiologia della normalità delle procedure, siano stati e vengano ancora letti alla luce di una visione preconcetta e colpevolista ad ogni costo.
Voglio ribadire quanto già espresso il 5 novembre: non contano le modalità con cui le segnalazioni arrivano, né da chi provengano, né se la persona che viene segnalata appartenga a una famiglia in vista o ad un uomo importante. Sono certa di non essere stata il solo Ministro della giustizia ad essersi comportato secondo questo elementare principio di imparzialità né ritengo che una siffatta condotta rappresenti uno speciale merito; al contrario, è quanto normalmente ci si aspetta in un Paese civile da istituzioni democratiche.
Ma, oggi, concedetemi di poterlo ribadire ancora una volta senza esitazione: i miei doveri di Ministro della giustizia e la mia coscienza non mi avrebbero consentito di comportarmi in questo caso diversamente da come ho fatto in tutti quelli che, attraverso le più varie strade, arrivano ogni giorno alla mia attenzione.
Tornando alla vicenda della signora Giulia Ligresti, ho già avuto modo di riferire al Parlamento che, con la telefonata del 17 luglio alla signora Gabriella Fragni, ho solo ed esclusivamente inteso manifestare ad una persona che conoscevo da molti anni la mia umana vicinanza, usando comprensione per la profonda sofferenza che stava provando in quel momento, determinata dall'arresto di tutti i suoi familiari. In quell'istante la spinta a condividere umanamente lo stato di prostrazione di una persona ha prevalso sul doloroso distacco che il ruolo di Ministro impone.
Come ho già riconosciuto il 5 novembre in Parlamento, ne provo dispiacere e sincero rammarico; credetemi, ne sono intimamente rammaricata. Non posso fare a meno tuttavia di constatare che su alcuni passaggi di questa conversazione si è arrivati a costruire congetture inaccettabili; le singole parole, estrapolate dal contesto e senza tener conto dell'emotività della situazione, sono state interpretate come dirette a delegittimare l'operato della magistratura o addirittura come un impegno ad andare oltre i miei doveri istituzionali. Tutto ciò è assolutamente falso ! A dimostrarlo c’è la mia lunghissima storia professionale al servizio dello Stato e soprattutto i comportamenti che ho sempre tenuto, anche in questa specifica vicenda.
Nei giorni immediatamente successivi alla mia informativa del 5 novembre in Parlamento, alcuni articoli di stampa hanno nuovamente rimesso in discussione la correttezza del mio operato. Si è sostenuto che io abbia omesso di riferire circostanze rilevanti al pubblico ministero di Torino, nel corso dell'audizione del 22 agosto, di cui non conoscevo le motivazioni, ed in particolare che avrei taciuto di una terza telefonata tra me e Antonino Ligresti avvenuta il 21 agosto. Non vi è stata da parte mia alcuna omissione o reticenza e lo dimostrano in modo inconfutabile i contenuti del verbale della mia audizione, oggetto di valutazione anche da parte della magistratura torinese, in cui ho dichiarato al PM, cito testualmente: «Ieri sera», cioè in data 21 agosto «Antonino Ligresti mi ha inviato un sms chiedendomi se avessi novità. Gli ho risposto che avevo effettuato la segnalazione nei termini che ho sopra spiegato». Nulla di più.
Ora, si può ampiamente discettare sul significato letterale del termine «risposto», ma la circostanza che lo stesso magistrato di Torino, che ha provveduto personalmente alla redazione del verbale, abbia ritenuto di non richiedere ulteriori specificazioni circa le modalità con cui tale risposta si sarebbe estrinsecata credo che deponga per la sostanziale ininfluenza della questione.
Su questo punto è dirimente il fatto che sono stata io stessa a riferire del contenuto delle comunicazioni intervenute con Antonino Ligresti, spiegandone il senso. Se non l'avessi fatto, i contenuti di quelle comunicazioni, che non erano state intercettate, mai sarebbero diventati noti, mai sarebbero diventati noti. Ho risposto con sincerità alle domande poste e con la coscienza di chi sapeva che nulla di illecito o anche di semplicemente irregolare aveva commesso. Ho raccontato che il 19 agosto Antonino Ligresti mi ha detto che la nipote stava male, che lo stesso giorno ho avvisato di questo i vertici del dipartimento affari penitenziari, che il 21 agosto Antonino Ligresti mi ha chiesto ulteriori notizie e che io gli ho riferito quello che mi ero limitata a fare. Peraltro, lunedì scorso, è stata la stessa procura di Torino a comunicare che nessun soggetto è stato iscritto nel registro degli indagati e che nel fascicolo trasferito alla procura di Roma non si ravvisano allo stato ipotesi di reato.
Non ho mentito, dunque, al Parlamento né ai magistrati su alcun elemento di fatto che poteva essere utile a chiarire ogni aspetto della vicenda; non ho mentito neppure sulla mia amicizia con uno dei membri della famiglia Ligresti, Antonino: siamo amici da molti anni, è amico di mio marito, ci vediamo e ci sentiamo spesso al telefono . Il fatto che vi siano dei contatti è dovuto a questo.
Nel processo relativo alla Fonsai, Antonino non è stato mai indagato né ha avuto alcun ruolo. Come molti sanno, opera da anni in Francia in campo sanitario e non ha alcun rapporto di affari con il fratello Salvatore. Respingo con forza l'automatismo, privo di qualunque sostanza, secondo il quale da questo rapporto di amicizia sarebbero derivati favoritismi o addirittura abusi connessi con il ruolo istituzionale da me ricoperto. I fatti dimostrano il contrario.
C’è un passaggio nella mozione in discussione che vorrei citare testualmente: «In carcere si soffre e si muore: ogni giorno è emergenza umanitaria nelle nostre carceri». Si tratta di un passaggio tanto forte quanto, purtroppo, drammaticamente reale e che condivido pienamente. D'altronde, la denuncia più circostanziata e drammatica dell'emergenza carceraria è stata formulata nel messaggio del Presidente della Repubblica al Parlamento, una priorità da affrontare sia sul piano delle misure normative che nell'azione amministrativa per risolvere il problema del sovraffollamento, ma anche per migliorare le condizioni di vita all'interno degli istituti penitenziari. Alcune misure sono state già adottate, molte altre dovranno ancora essere varate nella direzione di un forte mutamento culturale nel modello dell'esecuzione della pena. In questo senso, un grande incoraggiamento a continuare nella direzione intrapresa ci viene dall'Europa, dove è stato ampiamente apprezzato, nel corso del recente incontro alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo del 4 e 5 novembre, l'impegno intrapreso dal Governo italiano per far fronte all'emergenza carceraria.
Ma non è solo al carcere che bisogna guardare per modernizzare il sistema di giustizia, è altrettanto urgente affrontare risolutivamente il tema della durata irragionevole dei processi, civili e penali, semplificando le procedure, ma senza disperdere, anzi rafforzando, le garanzie delle parti processuali, specie dell'imputato nel processo penale.
Di recente è uscito il rapporto per il 2014 della Banca mondiale, che analizza dal punto di vista delle imprese il grado di competitività dei servizi di 189 Paesi e, dunque, della loro attrattività. Riporto questo dato senza alcun trionfalismo, in primo luogo perché i problemi della nostra giustizia civile sono ben lungi dall'essere risolti e, in secondo luogo, perché non possiamo certo considerarci appagati dal balzo dal centoquarantesimo posto al centotreesimo posto.
Ma ciò non significa che questo dato non debba essere letto come un importante incoraggiamento ad andare avanti su una strada di riforme e di interventi mirati che riducano finalmente la durata dei nostri processi in ambito civile e rendano più certe e prevedibili le decisioni che vengono assunte.
Prima di chiudere, sento la necessità di manifestare la mia amarezza per come l'intera vicenda si è sviluppata, con risvolti che hanno toccato il mio onore e anche quello della mia famiglia. Si è partiti con un'accusa di indebita interferenza sulla scarcerazione di Giulia Ligresti. Caduta questa accusa, si è passati a quella di aver mentito ai magistrati, affermando di aver ricevuto, e non di aver fatto, il 19 agosto, una telefonata ad Antonino Ligresti, mentre – ammesso che questo dettaglio abbia una qualche rilevanza – si è poi accertato che era stato lui a cercarmi per primo. Spunta allora l'accusa di aver omesso di parlare di una terza telefonata, che sembra essere l'unica novità rispetto ai fatti sui quali ho riferito in Aula il 5 novembre. Ebbene, anche in questo caso, risulta che ho riferito al PM l'esistenza di questo contatto e che sono stata anzi io a comunicarne il contenuto.
Infine, si è detto che avrei mentito al Parlamento e alla procura: ho provato ripetutamente a spiegare che non è vero. Consentitemi di dire che io stessa non nascondo di aver avuto difficoltà, a tratti, a comprendere i confini, i contenuti e le vere ragioni delle contestazioni che mi venivano mosse. Dunque, tutto quello che mi viene contestato è smentito dai fatti e dalla magistratura che se ne è occupata, nella quale ho sempre riposto la massima fiducia. Da parte mia, l'impegno e la dedizione sono totali.
Devo riconoscere che in queste settimane non mi è mai mancato il convinto sostegno del Presidente del Consiglio e degli altri colleghi di Governo . Sono a tutti loro profondamente grata, confidando che anche il Parlamento mi voglia confermare la sua fiducia. Conto poi di poter avere il sostegno delle Camere sugli importanti provvedimenti in materia di giustizia che sono in gestazione. Ho affrontato queste giornate da persona libera, che non ha contratto debiti di riconoscenza a cui non sarebbe in grado di sottrarsi e da persona forte per la profonda convinzione di avere agito sempre in assoluta fedeltà e lealtà alle istituzioni.
Se avessi avuto solo un dubbio sulla correttezza del mio operato, non avrei atteso un istante a lasciare ad altri questo delicato incarico. In quasi cinquant'anni trascorsi al servizio dello Stato, non sono mai venuta meno al principio che nessuna posizione personale può prevalere o essere anteposta all'interesse superiore del Paese. Vi ringrazio per l'attenzione .
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Bruno. Ne ha facoltà.
FRANCO BRUNO. Signora Presidente, guardi, non so se un alto funzionario dello Stato, che si trova a fare il Ministro debba rispondere delle sue frequentazioni con un pezzo del sistema, se debba venire in Aula a parlare delle proprie amicizie, rispondere del comportamento addirittura dei propri figli. Non lo so. Per come la vedo io, la vicenda, questa vicenda è inficiata all'origine; per come la vedo io, la trascrizione di intercettazioni telefoniche tra persone che non risultano indagate e che non hanno commesso alcun reato non può e non deve finire in alcun modo sui giornali, in pasto all'opinione pubblica e non può essere utilizzata per tentare di dare alcun giudizio, né etico, né politico. Semplicemente non si può. Ogni forza politica, ogni esponente del Parlamento, delle istituzioni o dei partiti, che si presta o si accomoda a questo tipo di situazione, commette un errore di fondo.
Per qualsiasi motivo lo faccia, per lisciare il pelo ai propri elettori, per lotta politica, per accondiscendenza verso una parte di opinione pubblica, commette un errore di fondo. Legittima di fatto l'utilizzo di questo tipo di indagine, l'utilizzo delle intercettazioni, per altri fini, per fini diversi da quelli per cui vengono disposte dal Parlamento e dalla nostra legislazione. Finisce per alimentare l'uso delle intercettazioni «a strascico», per favorire una convivenza basata su uno Stato che spia i propri cittadini, anche per usi diversi da quelli di perseguire e prevenire i reati. Si crea una convivenza impossibile. Ecco perché questo tipo di discussione, per quanto mi riguarda, non sarebbe nemmeno dovuta arrivare in Parlamento. Per quanto mi riguarda, questa mozione è assolutamente infondata e non voterò certamente a favore della mozione presentata
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, Ministra, signori Ministri, noi come Socialisti in questi giorni ci siamo interrogati a fondo per capire che differenza ci fosse tra un'intercettazione del Ministro della giustizia e quella di un presidente di regione. Abbiamo convenuto alla fine che non è possibile che si possano intercettare delle telefonate che non hanno nulla di rilevanza penale. E quindi abbiamo convenuto con grande convinzione che, per quello che ci riguarda, bisogna rigettare questa mozione di sfiducia, perché non è una mozione di sfiducia nei riguardi della Ministra Cancellieri, ma è una mozione di sfiducia nei riguardi di questo Governo, cui va la nostra totale e piena solidarietà, nella convinzione che stia facendo bene. Siamo convinti che questo Governo stia facendo bene e continuerà a fare bene. Per questo voteremo contro questa mozione di sfiducia.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, mi avvio alle conclusioni. Ministra, lei ha un grosso compito davanti. Riconoscendo la sua professionalità, la sua onestà e la sua storia, siamo convinti che è in grado di dare risposte ai problemi della giustizia e soprattutto, conoscendo la sua umanità, che darà risposta a quella situazione carceraria che ormai è diventata insostenibile. Per questo voteremo contro la mozione di sfiducia presentata
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pisicchio. Ne ha facoltà.
PINO PISICCHIO. Onorevole Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, già quindici giorni fa il Parlamento si è espresso nel corso di un dibattito sulla questione relativa alla Ministra Cancellieri. Da allora, non ci è parso che siano intervenuti elementi di novità. Al netto allora di considerazioni motivate da strumentalità e da pregiudizialità evidenti, questa vicenda va valutata tenendo conto della compatibilità del comportamento del Ministro con la linea di imparzialità e di buona fede che si deve esercitare nell'espletamento della funzione.
È una compatibilità che va valutata anche ai sensi dell'articolo 54 della Costituzione, laddove si lega l'esercizio della funzione pubblica ad un adempimento che va svolto con disciplina ed onore in ossequio al giuramento prestato nelle mani del Presidente della Repubblica. È una valutazione, ancora, che non può essere avulsa dall'insieme dei comportamenti fino ad allora resi dal Ministro nell'esercizio del suo mandato, perché sarebbe eccentrico, questo sì, il comportamento di chi si fosse fatto riconoscere dalla pubblica opinione con atteggiamenti particolarmente restrittivi, con dichiarazioni e atti concludenti tesi a rendere più dure le norme carcerarie o a sostenere che la privazione della libertà personale in attesa di giudizio rappresenti il percorso normale per l'imputato.
Ma la Ministra della giustizia, a cui credo non si possa fare altro carico se non quello di avere agito con un di più di spontaneità, che però ne rafforza la buona fede, ha svolto un impegno e ha sostenuto una linea di pensiero del tutto coerente con l'intervento umanitario, peraltro, come è stato provato, del tutto irrilevante dal punto di vista del risultato.
Testimonianze concrete, prassi ministeriali, dichiarazioni di magistrati di sorveglianza, di procuratori capo, di coloro che avevano una qualche responsabilità nella vicenda, testimoniano, infatti, che la Ministra e, prima di lei, altri Ministri hanno, aggiungerei meritoriamente, svolto interventi umanitari nei confronti di carcerati in difficoltà di salute o in gravi difficoltà psicologiche.
Un «problema Cancellieri» non c’è mai stato, per quanto ci riguarda. Vi sono molte mani, questo sì, che agitano il caso come strumento di debilitazione del Governo, per raggiungere obiettivi che trascendono...
PRESIDENTE. Deputato, concluda.
PINO PISICCHIO. ... il merito della vicenda, e mi avvio alla conclusione. Vi è un gravissimo caso giustizia, vi è un drammatico caso carceri, che non possiamo più eludere, e vi è questo insopportabile impulso, da parte di certi protagonisti della politica, a strumentalizzare tutto pur di ottenere elezioni anticipate con questa legge elettorale, e questo, francamente, è il vero delitto .
Per tutte queste ragioni, onorevoli colleghi, il Centro Democratico voterà «no» alla mozione di sfiducia nei confronti della Ministra .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, Ministro, qualche giorno fa ci siamo intrattenuti e abbiamo fatto le nostre riflessioni rispetto a un caso che ha comunque avuto grandissima eco sulla stampa. Il circuito mediatico ci ha letteralmente storditi rispetto a questa vicenda. Siamo comunque consapevoli – penso che in cuor suo, Ministro, lo sia anche lei – che la vicenda, questa vicenda di Giulia Ligresti, potesse essere gestita in maniera decisamente diversa.
Qualche giorno fa, quando abbiamo avuto l'opportunità di esprimere il nostro giudizio – certamente un giudizio a posteriori –, le avevamo suggerito di, magari, fare un medesimo intervento, ma con modalità diverse, molto semplicemente: per esempio, formalizzando, scrivendo al DAP; per esempio, facendolo diventare un caso pubblico, e quindi attirando l'attenzione del circuito mediatico esattamente su una vicenda che lei riteneva si stesse svolgendo a dispetto dei principali e più elementari diritti di umanità nella detenzione.
Siamo tutti particolarmente perplessi, lo sono anche i colleghi che oggi, magari per ragioni interne, si trovano a disquisire su un caso che pure è molto dissimile rispetto a quello dell'ex Ministro, ormai, Josefa Idem, che, per un cambio di destinazione d'uso, si è vista, di fatto, estromessa, per una ragione decisamente meno importante di quella che ci vede oggi qui impegnati, cari colleghi, caro Ministro, cara Presidente. Forse vi sono delle ragioni di carattere politico, vi è una sorta di precongresso che condiziona la vita del Governo e condiziona anche il giudizio della maggioranza che sostiene il Governo rispetto a questo caso. Ma io non mi voglio attardare su questioni che sono state già ampiamente sviluppate, non solo e non tanto da noi, ma anche da tanti altri colleghi, nel corso di questi giorni.
Il nostro giudizio, il nostro voto favorevole rispetto a questa mozione di sfiducia è, innanzitutto, orientato da ragioni di carattere politico: forse qualche riflessione dovrebbe farla anche il Presidente del Consiglio, non solo e non tanto sulla conduzione del Governo e su tutte le questioni di macroeconomia che abbiamo tante volte citate e che riteniamo fallimentari rispetto all'Esecutivo che avete messo in campo, ma almeno in ordine alle competenze del Ministro Cancellieri.
Infatti, noi abbiamo già affrontato in quest'Aula provvedimenti definiti «svuota carceri»; lo abbiamo fatto senza che vi fosse una sorta di sistema, di rete, di orizzonte verso il quale condurre l'azione del Governo. Abbiamo una popolazione carceraria – ce lo ha ricordato anche il Capo dello Stato nella nota e pluricelebrata missiva indirizzata al Parlamento – che vive in condizioni disumane e non riusciamo a fare niente di meglio che, in buona sostanza, mettere fuori dalle patrie galere coloro i quali sono stati comunque condannati per reati, di fatto mortificando le vittime e le famiglie delle vittime di quei reati.
È una vergogna ! È una vergogna che a un anno dall'insediamento del Governo, di fatto, ancora la situazione sia questa. E poi insomma, diciamo che buona parte dei Ministri hanno già avuto una precedente esperienza con l'altro Monti, non «il Monti» che noi simpaticamente definiamo «dei poveri», che oggi fa il Presidente del Consiglio, ma l'altro Monti, il Professor Monti. Quindi, di fatto, stiamo, come nel caso della Cancellieri, a quasi due anni di presenza all'interno dell'Esecutivo. Sappiamo che c’è il terribile, ingiusto provvedimento di custodia cautelare che colpisce il 40 per cento della popolazione carceraria. Di questo, il 22 per cento non ha mai avuto una condanna neanche in primo grado e quindi si trova in prigione, di fatto, non con presunzione di innocenza, ma con innocenza conclamata, fino ovviamente a prova del contrario. Dunque, se si vuole rendere migliore, più umana la vita, come è necessario e come è dovuto, nel rispetto di chi ha subito reati e delle famiglie che di fatto subiscono una seconda volta una prepotenza da parte di chi ha commesso eventi delittuosi, noi dobbiamo intervenire su questa materia in maniera urgente. Invece non si è fatto.
Così come lei, Ministro, insieme all'altro Ministro, il Ministro Bonino, il Ministro per gli affari esteri, non vi siete mai preoccupati di intervenire sugli accordi bilaterali per fare in maniera che il 30 per cento e più di popolazione carceraria che oggi è di provenienza straniera non continui ad affollare le nostre carceri, di fatto, rendendo, appunto, le condizioni di permanenza assolutamente invivibili per coloro che ci stanno e per coloro che sono stati condannati, facendo salvo il principio della certezza della pena, che in punta di giustizia è il caposaldo su cui si costruisce la fiducia dei cittadini verso le istituzioni. Non lo hanno fatto. Stiamo all'anno zero da questo punto di vista; nessun accordo bilaterale per far scontare le pene ai cittadini stranieri a casa loro, sempre per tentare di svuotare le carceri, ma di farlo in maniera virtuosa, equa, sostenibile, giusta e comprensibile da parte della pubblica opinione. Non l'ha fatto, non l'avete fatto, caro Presidente Letta. Da questo punto di vista siete fermi al palo, ed è una vergogna !
Non avete messo una parola, non avete scritto un capitolo, non avete fatto nulla rispetto al giusto processo, rispetto alle intercettazioni, rispetto alla responsabilità civile dei giudici. Stiamo esattamente come stavamo prima, con l'aggravante di un Governo che ha una maggioranza estesa, direi blindata, le cosiddette «larghe intese». Certo, poi voi fate di tutto per farvi del male e quindi per non riuscire a tenere coesa la vostra maggioranza neanche quando avreste a disposizioni il 70 per cento dei numeri, di fatto, di questo Parlamento e di questa Camera. Ma questo è un problema vostro, se permettete. Voi avete editato un Governo di larghe intese che trova nella sua promiscuità un'unica giustificazione: prendere di petto i problemi veri di fronte ai quali c’è l'indignazione e la sofferenza del popolo italiano. E non lo state facendo ! Questa è la condanna vera che il gruppo Fratelli d'Italia esprime nei confronti del Governo Letta e nei confronti del Ministro Cancellieri.
Per queste ragioni, prima ancora che per altre, noi ci sentiamo convintamente di chiederle di fare un passo indietro. Peccato non averlo fatto fin qui, e aver perso una grande occasione per poterlo fare. Caro Ministro, io ritengo che la sua scelta, di fatto, finisca per menomare anche la prosecuzione del suo mandato e indebolisca il Governo, caso mai ce ne fosse bisogno e casomai si volesse presupporre che questo Governo sia un Governo solido e forte, e così non è. Ma comunque, in ordine alle ragioni di merito e di metodo, riteniamo che nulla si possa fare fuorché, da parte del gruppo di Fratelli d'Italia, per amore verso la giustizia, oltre che per tentare di offrire un contributo serio per la soluzione dei problemi della popolazione carceraria, della giustizia in genere, per andare verso la strada delle riforme, per tentare di affrontare una volta per tutte quei nodi che per l'ennesima volta abbiamo messo noi sul tavolo del Governo, visto che il Governo è fortemente distratto ed è recidivo nella sua distrazione sino al punto, vergogna delle vergogne, di immaginare di calare nel Parlamento italiano i provvedimenti di amnistia o di indulto, e cioè di agire attraverso il solito colpo di spugna, di fatto mandando a casa persone che sono state condannate e casomai mantenendo in galera persone del tutto innocenti che subiscono l'umiliazione, la forzatura, talvolta addirittura la tortura psicologica, della custodia cautelare, cioè della carcerazione in punto di innocenza, della carcerazione preventiva.
Queste le ragioni, Presidente, colleghi e Governo, per le quali Fratelli d'Italia voterà a favore della mozione di sfiducia per chiedere alla Cancellieri di fare un passo indietro e di essere avvicendata da un Ministro più efficiente
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, Ministro, sulla vicenda Cancellieri, da un lato, e sul dibattito all'interno del PD, dall'altro lato, si è consumata una delle pagine più vergognose, tristi e buie della storia della Repubblica di questo Paese e di questa traballante ed inadeguata maggioranza.
Abbiamo assistito in questi giorni ad una farsa in piena regola, ad una vicenda grottesca, ridicola, che rappresenta, purtroppo, ma perfettamente, la fotografia del nostro Paese, un Paese allo sbando, guidato da un Governo e da un partito, il PD, che nella ricerca della propria identità e della propria guida politica fa ricadere sulla testa dei cittadini italiani la propria incapacità e la propria inadeguatezza a guidare il Paese
Sulla testa del Ministro Cancellieri si è giocato ieri il vero congresso del Partito Democratico È una vicenda, quella riferita al Ministro Cancellieri, gravissima, ovvero un Ministro che ha tenuto comportamenti almeno e alquanto inopportuni ed inadeguati per il ruolo che riveste e rispetto alla funzione che ricopre. E questa vicenda si è tramutata in una guerra tra bande e tra correnti all'interno del Partito Democratico.
Mi chiedo e vi chiedo cosa sarebbe successo se su quella poltrona e in questo contesto ci fosse stato un Ministro della Lega Sarebbe stato linciato e sarebbe stato costretto alle dimissioni a forza. Oggi gli unici soggetti che perdono e che soccombono in tutta questa triste vicenda sono i cittadini del nostro Paese e la giustizia del nostro Paese.
Sulla vicenda Cancellieri avete compiuto – e mi riferisco in modo particolare ai colleghi del Partito Democratico – un vero capolavoro, l'ennesimo pasticcio, l'ennesimo regolamento dei conti al vostro interno, e l'avete fatto sulla pelle dei cittadini italiani. Avete fatto prevalere la ragione di Stato rispetto alle istituzioni, perché in qualunque – e voi lo sapete benissimo –, in qualunque altro Paese al mondo normale, in questo contesto, il Ministro si sarebbe dimesso.
Dov’è, che fine ha fatto la mozione di sfiducia di Pippo Civati ? Che fine ha fatto questa mozione annunciata, propagandata su ogni televisione e su ogni TV unicamente per recuperare qualche voto tra gli iscritti del PD e poi repentinamente accantonata e cestinata ? Pippo Civati, che non è neanche presente oggi al dibattito in Aula ! Che fine hanno fatto le dichiarazioni bellicose e di guerra dei vari Renzi, Pittella, Cuperlo un po’ meno, e del presidente Monti, che poi ha repentinamente fatto marcia indietro ?
E che fine hanno fatto quelle decine di dichiarazioni di decine di parlamentari renziani del Partito Democratico, che chiedevano al Ministro Cancellieri le dimissioni ed il famoso passo indietro per il senso di responsabilità ? Lo vedremo poi che fine hanno fatto queste dichiarazioni: sono ipocrisie allo stato puro.
Vi siete rimangiato tutto quello che avete detto, avete fatto marcia indietro, avete chinato il capo e vi siete rimessi alla volontà dei vostri capi, avete annullato la vostra dignità di parlamentari. Un bell'esempio di responsabilità nei confronti del Paese ! E mi chiedo come andrete, voi parlamentari, di fronte ai vostri iscritti, di fronte ai vostri militanti, rispetto ai quali noi portiamo grande stima e grande fiducia, a rendere conto del voto che andrete a dare poi successivamente.
Di tutta questa triste vicenda cosa rimane ? Rimane un Governo, Presidente Letta, ancora più debole, un Governo dilaniato al proprio interno. Un Governo debole non risolve i problemi dei cittadini. Lei si è sempre fatto vanto di poter contare su un Governo, su una maggioranza stabile perché solo così i problemi possono essere risolti.
Rimane un Partito Democratico allo sbando e ci sarà probabilmente da ridere, Presidente Letta, quando l'8 dicembre Renzi diventerà segretario del partito. Rimane un Ministro della giustizia dimezzato, probabilmente azzoppato, un mezzo Ministro, senza autorità, senza autorevolezza, senza credibilità, che sarà probabilmente da ostacolo a quella riforma della giustizia che da anni invochiamo, ma che non viene risolta. Un Ministro sul cui capo questa triste vicenda peserà come un macigno.
E, intanto, la giustizia del Paese continua ad avere problemi, problemi che non vengono risolti: i processi continuano ad essere lunghi, i tribunali sono stati chiusi, sono stati fatti gli «svuota carceri», gli indulti mascherati che non hanno assolutamente risolto il problema del sovraffollamento delle carceri.
E un altro nodo, uno dei nodi drammatici di questo Paese, cioè il nodo tra politica e giustizia, continuerà ad esistere e la giustizia italiana quotidiana continuerà a mietere indegnità, continuerà a mietere ingiustizie.
Ministro, le ricordo che dall'8 di novembre c’è un cittadino italiano, un sindaco onesto, per bene, il sindaco di Adro, che è agli arresti domiciliari . Da otto giorni è in sciopero della fame per una reclusione ingiusta, unicamente per aver aiutato delle aziende locali a realizzare un'opera pubblica gratuita per i propri cittadini, senza intascare una lira. Le chiediamo di fare eventualmente una telefonata anche al sindaco Lancini di Adro, come ha fatto con Giulia Ligresti .
Ministro, concludo, ci saremmo aspettati da lei più responsabilità e maggiore responsabilità, più senso delle istituzioni da parte di un servitore dello Stato – come lei si è sempre definita – e, invece, abbiamo assistito al solito teatrino all'italiana, alla solita farsa della politica italiana.
Avrebbe probabilmente salvato il suo onore, la sua dignità e la sua figura facendo un passo indietro e noi la invitiamo anc