EDMONDO CIRIELLI, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Baretta, Bindi, Cariello, D'Incà, Damiano, Epifani, Gregorio Fontana, Galan, Gasbarra, Gozi, Leone, Meta, Mogherini, Pannarale, Pes, Ravetto, Andrea Romano, Sereni, Valeria Valente e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
Avverto che il Ministro della giustizia, con lettera in data odierna, ha trasmesso un supporto informatico: «Relazione sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150», con la relativa nota di sintesi in formato cartaceo.
I documenti sono posti a disposizione dei deputati.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la Ministra della giustizia, Annamaria Cancellieri.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Signora Presidente e onorevoli deputati, l'anno 2013 ha visto il Ministero della giustizia impegnato a fondo su alcuni temi fondamentali nei più delicati settori di competenza, tutti connotati da una situazione prossima all'emergenza e tutti essenziali per la corretta tutela dei diritti, soprattutto delle persone più vulnerabili.
Mi riferisco in particolare agli interventi sul sistema carcerario, su quanto dirò più innanzi, volti non solo a conferire dignità ai detenuti, nell'ottica del recupero della funzione rieducativa della pena, ma anche a restituire all'Italia, nel confronto internazionale, l'immagine di un Paese culturalmente attento alla tutela dei diritti delle persone, in linea con la propria tradizione civile e giuridica e con la propria storia.
Mi riferisco, inoltre, al compiuto disegno organizzativo di attuazione della riforma della geografia giudiziaria e normativo di modifica del sistema civile e penale, finalizzati al recupero di efficienza del sistema processuale italiano, che impedisce ai cittadini ed alle imprese di fruire in tempi ragionevoli della giustizia quale servizio imprescindibile di uno Stato moderno.
Come già detto dalla Presidente, è stata depositata una completa documentazione sullo stato della giustizia, in modo da garantire il massimo della trasparenza e dell'accessibilità dei dati, mentre concentrerò la mia esposizione su quanto è stato realizzato, nonché sui punti di maggiore criticità ancora da affrontare, oltre che sui possibili rimedi da sottoporre all'esame del Parlamento.
Ancora una volta, voglio evidenziare che i punti di maggiore criticità restano quelli del funzionamento del sistema giudiziario. Pur a seguito di numerosi interventi introdotti negli ultimi anni, la situazione non è ancora soddisfacente: è sotto gli occhi di tutti l'eccessivo carico di lavoro che affligge gli uffici giudiziari. Alla data del 30 giugno 2013 si contano 5 milioni, 257 mila e 693 processi pendenti in campo civile e quasi 3 milioni e mezzo in quello penale.
Il sistema continua ad essere in sofferenza, nonostante la risposta offerta dalla magistratura italiana, che l'ultimo rapporto della Commissione europea per l'efficienza della giustizia colloca ai primi posti in termini di produttività.
Siamo in presenza di un fenomeno imponente di dilatazione in termini quantitativi ma soprattutto qualitativi del lavoro giudiziario provocato non solo da un aumento della litigiosità nel campo civile o dell'attività criminale in campo penale. Le cause sono molteplici e hanno una loro radice anche nella trasformazione in atto nella società moderna, caratterizzata da rapida evoluzione dei processi economici e accrescimento dei diritti e interessi diffusi. Si pensi alla dilatazione delle fattispecie penalmente rilevanti che ha contribuito a produrre un intasamento del sistema.
Se dalla giustizia penale passiamo alla giustizia civile, registriamo come sia enormemente accresciuto il catalogo di quei diritti soggettivi che, per la loro natura, possono trovare soltanto nelle vie giudiziarie il loro riconoscimento e la loro attuazione. Diritti oggi estesi a tutte quelle situazioni collegate a complessi interessi economico-sociali, la cui definizione in sede giudiziaria assume maggiore difficoltà e tempi sempre più lunghi.
Aumentano i carichi di lavoro e lo spazio di azione di magistrati. Da qui traggono origine le insoddisfazioni per le lentezze dei giudici e i timori che la sovraesposizione della magistratura possa alterare il delicato equilibrio istituzionale che deve segnare il rapporto tra i poteri dello Stato.
Compito della politica, più che mai in questa contingenza storica, è fare fronte alle insoddisfazioni e ai timori, ponendo la giurisdizione nelle condizioni di esercitare con pienezza di legittimazione e credibilità sociale, l'essenziale funzione di tutela dei diritti e della legalità.
In questo modo si delinea l'orizzonte delle iniziative di riforma assunte dall'azione del Governo per il prossimo futuro. La necessità di affrontare in modo radicale una situazione di crisi apparentemente irreversibile ha spinto all'adozione di alcune innovazioni con l'obiettivo di una maggiore efficienza.
Pur nel breve lasso di tempo trascorso dall'insediamento del Governo e dovendo tener conto dei severi vincoli di bilancio conseguenti alla crisi economica, è mia ferma intenzione proseguire lungo questa strada secondo le seguenti direttrici: razionalizzazione dell'organizzazione giudiziaria sotto il profilo della struttura territoriale; efficienza complessiva del servizio giudiziario sotto il profilo della domanda e dell'offerta di giustizia con la connessa problematica della diminuzione dell'arretrato; allentamento della tensione detentiva connessa al sovraffollamento carcerario.
In ordine al primo punto, ritengo che l'attuazione della riforma della nuova geografia giudiziaria abbia un'importanza strategica. Il sistema era caratterizzato da una grave arretratezza. La carta giudiziaria italiana, che risaliva in gran parte alla seconda metà dell'Ottocento, era fonte di diseconomie organizzative e costi elevati. Dall'attuazione della riforma ci si attende non soltanto significativi risparmi di spesa ma soprattutto un netto recupero di efficienza in forza della migliore distribuzione delle scarse risorse. La riforma assicura anche maggiore prevedibilità e qualità delle decisioni giudiziarie, fattori rilevantissimi, insieme ai tempi, per attrarre nel nostro Paese gli investitori internazionali.
L'analisi delle serie statistiche dell'ultimo trentennio mostra che gli uffici giudiziari di maggior efficienza sono quelli di medie dimensioni con una dotazione di magistrati giudicanti compresa tra le 30 e le 60 unità. Per questo non solo sono state eliminate le strutture di modeste dimensioni, dove in alcuni casi era evidente una sproporzione tra il numero di persone addette all'ufficio e il basso carico di lavoro, ma è stata anche alleggerita la pressione sugli uffici metropolitani di maggiori dimensioni come Milano, Torino e Napoli.
Il conforto ottenuto dalla riforma in seguito alle sentenze della Corte costituzionale ci sprona a proseguire senza indugio. Con i decreti correttivi, alcuni già adottati ed altri allo studio, sarà apportata ogni modifica necessaria nella consapevolezza che un'opera di così vaste dimensioni rende certamente opportuno qualche aggiustamento.
Sono ben consapevole, infatti, che il nuovo disegno della geografia giudiziaria, pur nella convinzione della sua indispensabilità, non è stato privo di sacrificio e ha destato non poche preoccupazioni per la classe forense, per i magistrati, per il personale amministrativo e per la comunità locale direttamente interessata, preoccupazioni che sono state condivise anche da molti parlamentari.
Devo dare atto, tuttavia, che il territorio ha risposto con grande disponibilità, dando prova di profonda maturità civica e senso di responsabilità.
Accanto all'accorpamento delle sedi giudiziarie, che ha permesso il recupero del personale amministrativo e giudiziario, anche nell'anno 2013 il Ministero ha profuso grande impegno nel portare avanti le procedure concorsuali di assunzione di nuovi magistrati. Con decreto del 2 maggio 2013 sono stati assunti 273 magistrati ordinari in tirocinio. Si è conclusa l'ultima procedura di concorso per esami a 370 posti di magistrato ordinario. La graduatoria finale è stata approvata il 27 novembre 2013 e sono risultati idonei 352 candidati. Le somme necessarie per l'assunzione dei nuovi magistrati sono state stanziate in bilancio: ciò consentirà di procedere con celerità all'assunzione di nuovi magistrati onorari di tribunale a decorrere dalla primavera del prossimo anno.
Con decreto ministeriale del 30 ottobre 2013 è stato indetto un nuovo concorso per esami a 365 posti di magistrato ordinario. Per la prima volta la procedura di compilazione ed invio della domanda di partecipazione al concorso è stata informatizzata. Le prove scritte si svolgeranno nella tarda primavera del 2014. Sono in via di completamento, infine, agli adempimenti stabiliti dal decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, il cosiddetto «decreto del fare», volti al reclutamento di 400 giudici ausiliari, destinati ad agevolare la definizione dei procedimenti civili pendenti presso ciascuna corte di appello. L'entrata in servizio di tale nuova categoria di giudici onorari è prevista nella prossima primavera.
Per i magistrati onorari che offrono un contributo insostituibile al servizio giustizia, in attesa che venga realizzata una compiuta riforma che è all'esame dal Parlamento, è stata disposta un'ulteriore proroga nella legge di stabilità, in forza della quale 2400 di loro potranno rimanere ancora in servizio per un anno. Inoltre, con un emendamento al decreto-legge cosiddetto «mille proroghe» si è proposto di posticipare la proroga di un ulteriore anno, affinché possano operare serenamente in costanza di approvazione della riforma.
Mi sono impegnata, inoltre, con i giudici di pace ad aprire un tavolo tecnico sulla riforma: iniziativa che partirà a giorni. È mio intendimento procedere allo stesso modo con i magistrati onorari per i quali fisserò a breve un incontro con le relative rappresentanze.
Gli ulteriori interventi per favorire l'efficienza del servizio giudiziario sono stati adottati in una prospettiva globale ed integrata, incidendo, con riferimento alla giustizia civile, sui farraginosi meccanismi processuali che spesso di per sé generano un ritardo.
Si intende, inoltre, incidere sia sulla domanda di giustizia, anche mediante la valorizzazione dell'istituto della media-conciliazione, valutata pubblicamente in termini estremamente positivi anche a livello europeo, sia sull'offerta di giustizia, aggredendo l'arretrato e razionalizzando il sistema processuale. In altri termini, gli interventi sul processo civile hanno l'obiettivo di far tornare a livelli fisiologici, in un arco temporale contenuto, la gestione e l'entità del contenzioso.
I primi risultati provenienti dal monitoraggio statistico sono confortanti. Dai dati relativi all'ultimo semestre 2013 emerge, infatti, l'impatto positivo delle scelte già adottate (filtri in appello, aumento dei contributi unificati e riforma della legge «Pinto») e da questo Governo proseguite. Si registra un calo delle pendenze rispetto al 2012 per tutti i gradi di giudizio del 4 per cento, che arriva al 6 per cento in corte di appello, nonché la riduzione del 20 per cento in tema di ricorsi in materia di equa riparazione per la irragionevole durata dei processi.
Fra i diversi interventi realizzati vanno menzionate le misure introdotte con il decreto-legge n. 69 del 2013, disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, il cosiddetto «decreto del fare», finalizzate a ridurre ulteriormente il carico della giustizia civile e a garantire una ragionevole durata dei procedimenti. Con esso sono stati introdotti, come si è detto, giudici ausiliari (onorari) nelle corti di appello; è stato introdotto il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari per i laureati in giurisprudenza, conciliando in questo modo le esigenze di maggiore efficienza con quelle di formazione dei giovani.
È stato aumentato l'organico dei magistrati del massimario della Cassazione a supporto delle attività ordinarie; si è intervenuti con specifiche misure volte ad abbattere i tempi per il recupero del credito, impedendo condotte dilatorie del debitore.
Per diminuire il numero dei procedimenti giudiziari in entrata, dopo la sentenza della Consulta di fine 2012, è stata ripristinata in via sperimentale per un quadriennio la mediazione obbligatoria per numerose tipologie di cause: l'opera di un mediatore, cioè, di un professionista qualificato, è funzionale al raggiungimento di un accordo tra le parti, impedendo che la lite arrivi in tribunale ovvero, per i procedimenti già pendenti, facilitandone la conclusione senza la decisione del giudice.
Ritengo, infatti, che la mediazione obbligatoria rappresenti uno strumento di grande efficacia per restituire alla decisione autoritativa il suo predicato di e favorire un mutamento culturale nella direzione della riduzione della tendenza alla litigiosità perdurante nel nostro Paese.
Sono sinceramente convinta che, dopo un'iniziale ed inevitabile periodo di assestamento, l'istituto sortirà effetti positivi sul carico processuale. A tal fine, è stato costituito un sistema di controllo dell'operatività degli organismi di mediazione, da effettuarsi mediante la programmazione di ispezioni periodiche.
Vorrei ancora ricordare il disegno di legge approvato dal Governo il 17 dicembre 2013, collegato alla legge di stabilità 2014, volto a snellire e a velocizzare l'intera sequenza processuale civile. La proposta normativa, che si articola in norme di delega e in norme immediatamente precettive, ha ad oggetto misure di ordine processuale e sostanziale per il recupero dell'efficienza del processo di cognizione e di esecuzione, nonché misure finalizzate alla riforma della disciplina delle garanzie reali mobiliari, con l'obiettivo di agevolare l'accesso al credito.
Tra le misure poste all'attenzione del Parlamento vi sono quelle di semplificazione delle forme processuali per le controversie non connotate da specifiche complessità; di accelerazione dei tempi di definizione del processo con la previsione di una sentenza priva di una completa motivazione, fermo il diritto delle parti di ottenerla in un momento successivo, se la richiedono; di sostegno alla produttività delle corti d'appello con la previsione che, in alcuni tipi di cause, la sentenza possa essere pronunciata da un solo giudice e non da un collegio di tre magistrati; l'obbligatorietà nelle cause ad alto tasso di tecnicità della richiesta di nomina di un consulente tecnico, prima di iniziare il processo, che possa agevolare una definizione transattiva.
Con norme immediatamente precettive si incide sul processo di esecuzione forzata al fine precipuo di contenerne i tempi, eliminando inutili passaggi procedimentali.
Una serie di altri interventi sono stati realizzati sul versante dell'offerta di giustizia: l'intensificazione del processo di informatizzazione, la stabilizzazione dei tribunali per le imprese, progetti volti a migliorare l'organizzazione dei tribunali.
Nel corso del 2013, è proseguita l'attività di informatizzazione e digitalizzazione dell'amministrazione giudiziaria, malgrado la costante contrazione delle risorse finanziarie disponibili.
Oggi, servizi quali il deposito telematico degli atti e le comunicazioni di cancelleria sono disponibili su tutto il territorio nazionale e i pagamenti telematici sono una realtà di uso quotidiano in ventuno distretti su ventisei, con risparmi significativi e maggiori garanzie rispetto alle possibilità di errore. A partire dal 30 giugno 2014, il processo civile telematico sarà obbligatorio per legge per tutti i procedimenti monitori.
Non va taciuto che le inefficienze della giustizia ordinaria non comportano solo disagi per le utenze e per l'economia privata, ma determinano pesanti ricadute anche sul debito pubblico. I ricorsi per il riconoscimento delle responsabilità dello Stato per i ritardi in materia giudiziaria regolati dalla cosiddetta legge Pinto costituiscono larga parte del contenzioso seguito dal Ministero, nonostante i segnali di un progressivo abbattimento.
Il numero e l'entità delle condanne rappresenta annualmente ancora una voce importante del passivo del bilancio della giustizia, la cui eliminazione va posta come prioritario obiettivo. L'alto numero di condanne e i limitati stanziamenti sul relativo capitolo di bilancio hanno comportato un forte accumulo di arretrato del cosiddetto debito Pinto che a ottobre 2013 ammontava a oltre 387 milioni di euro. La questione dei ritardi nei pagamenti degli indennizzi da parte del Ministero ha portato, negli anni, alla creazione di ulteriori filoni di contenzioso in costante aumento, procedure esecutive, giudizi di ottemperanza, ricorsi alle Corte europea dei diritti dell'uomo, con l'aggiunta di ulteriori spese. In questo quadro problematico si iscrivono anche i circa mille ricorsi proposti alla Corte europea dei diritti dell'uomo per lamentare il pagamento ritardato degli indennizzi che comporterà un ulteriore esborso a carico dello Stato per porre fine al contenzioso e per il quale è stato presentato un piano di rientro da attuarsi entro il prossimo settembre. Con l'accelerazione del processo si conta, quindi, di incidere considerevolmente per l'immediato futuro sui tempi delle decisioni, anche al fine di arrestare una tale e ingiustificabile crescita esponenziale di ritardi e spese.
Anche in materia penale l'obiettivo prioritario è la riduzione dei tempi dei procedimenti la cui durata risulta in tendenziale decrescita per le corti d'appello e le procure della Repubblica, mentre lo stesso non può dirsi dei tribunali. È necessario, pertanto, introdurre meccanismi di deflazione del carico giudiziario capaci di eliminare, già in fase di indagine, gli accertamenti che per la modestia degli interessi concretamente in gioco non meritano il vaglio processuale.
Parallelamente si dovrà potenziare l'efficacia deflattiva dei riti alternativi senza dibattimento e agire risolutamente sul sistema della notificazione degli atti giudiziari. Infine, si intende realizzare una calibrata revisione del meccanismo delle impugnazioni nella prospettiva di rafforzare la vocazione accusatoria del processo e la funzione di garanzia dei ricorsi. Razionalizzazione della spesa ed incremento dell'efficienza del servizio sono anche gli obiettivi che si intendono perseguire attraverso il completamento della procedura sulla gara unica per le intercettazioni.
Sul piano sostanziale una particolare attenzione è stata rivolta al contrasto della cosiddetta violenza di genere. Pur nella consapevolezza che per eliminare la diffusione di questo triste fenomeno occorre prima di tutto una profonda presa di coscienza sociale, è stato presentato nell'agosto scorso il decreto-legge n. 93 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 119 del 2013, che contiene specifiche disposizioni di natura sia sostanziale che procedimentale, al fine di fornire una tutela più efficace alle vittime, di consentire una più ampia partecipazione delle persone offese al processo e di evitare il fenomeno della cosiddetta vittimizzazione secondaria.
Come anticipavo all'inizio, un notevolissimo impegno è stato profuso per affrontare e cercare soluzioni immediate e concrete per la questione carceraria. L'attività dell'intero anno è stata segnata dalla sentenza della Corte europea di Strasburgo dell'8 gennaio 2013, cosiddetta sentenza Torreggiani, che ha posto il rispetto di una proporzione minima tra numero dei detenuti e spazio vitale di cui essi dispongono in carcere. Per superare le complesse problematiche derivanti da tale statuizione è stato necessario uno sforzo straordinario che ha portato, peraltro, ad oggi, risultati positivi sotto i plurimi profili di intervento programmati. Il piano presentato nelle scorse settimane al Consiglio d'Europa è apprezzato pubblicamente dai nostri interlocutori istituzionali e muove lungo tre direttrici: interventi di tipo legislativo; adozione di un nuovo modello di esecuzione penale intramuraria pienamente rispettoso dei principi costituzionali e ispirato alla responsabilizzazione dei detenuti che ne migliori le condizioni di vita, ne favorisca l'attività trattamentale e i rapporti con la famiglia e la società esterna; prosecuzione di una azione di recupero, di riconversione e ampliamento del patrimonio penitenziario che possa portare già entro l'anno appena iniziato un ulteriore incremento della capacità ricettiva degli istituti di pena nella misura di circa 4.500 unità.
Sul piano normativo, il Consiglio dei Ministri ha varato, poco prima di Natale, un nuovo intervento che prosegue lungo un percorso già trattato da analoghi provvedimenti di riduzione della popolazione carceraria. Il decreto-legge n. 141 del 17 dicembre 2013 persegue l'obiettivo di diminuire in maniera selettiva e non indiscriminata il numero delle persone ristrette in carcere attraverso misure dirette a incidere sia sui flussi di ingresso negli istituti di pena, con un intervento chirurgico in materia di piccolo spaccio di stupefacenti, responsabile della presenza in carcere di un numero elevatissimo di persone, che su quelle in uscita dal circuito penitenziario. Viene ampliata la possibilità di accesso agli affidamenti in prova al servizio sociale; si estende in via sperimentale a 75 giorni per ciascun semestre la liberazione anticipata; si stabilizza l'istituto dell'esecuzione della pena presso il domicilio, previsto dalla legge n. 199 del 2010; vengono rafforzati, inoltre, gli strumenti di tutela dei diritti delle persone detenute attraverso la previsione di un nuovo procedimento giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza, nonché attraverso l'istituzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o comunque private della libertà personale; si potenzia l'istituto dell'espulsione come sanzione alternativa per i detenuti stranieri, anticipando già al momento dell'ingresso in carcere l'inizio della complessa procedura di identificazione; si introducono poi alcune disposizioni finali, onde evitare che i ritardi nell'adozione del regolamento previsto dalla cosiddetta legge Smuraglia sul lavoro penitenziario impediscano di utilizzare le risorse finanziarie già stanziate per le agevolazioni e gli sgravi fiscali in favore dei datori di lavori che impieghino lavoratori detenuti o internati.
I primi risultati sono assai incoraggianti: al 9 gennaio 2014 i detenuti in carcere erano 62.326, 59.644 uomini e 2.682 donne, in progressivo decremento rispetto alla precedente rilevazione del 4 dicembre 2013, quando il numero era di 64.056 detenuti. Si registra, inoltre, un sostanziale dimezzamento degli ingressi mensili per effetto del decreto-legge n. 78 del 2013, che, tra l'altro, ha eliminato il divieto di sospensione dell'ordine di carcerazione per illeciti riqualificati. Il 50 per cento dei detenuti ristretti nei circuiti di media sicurezza, pari a circa 25 mila, usufruisce dell'apertura delle celle per otto ore giornaliere. L'obiettivo è consentire, entro maggio prossimo, che l'80 per cento dei detenuti di media sicurezza possa usufruire del medesimo beneficio. La possibilità di aumentare gli spazi di socialità offre maggiori opportunità trattamentali e favorisce la personalizzazione dei percorsi rieducativi. Al tempo stesso, mi preme ribadire che l'insieme delle misure programmate ed in corso di attuazione non produce un'alterazione dell'equilibrio sociale, poiché non è previsto alcun automatismo nella concessione dei benefici penitenziari. Ogni decisione è assunta dal magistrato di sorveglianza sulla base di una valutazione positiva della personalità del detenuto. Ulteriori effetti potranno prodursi con l'approvazione del disegno di legge n. 925, attualmente in discussione alle Camere, che prevede l'introduzione della detenzione agli arresti domiciliari per i delitti puniti con la reclusione fino a sei anni. Il numero dei destinatari della norma potrebbe essere di circa 4 mila detenuti. Al Parlamento resta poi la responsabilità di scegliere se ricorrere a quegli strumenti straordinari evocati dal Presidente della Repubblica e che certamente ci consentirebbero di rispondere in tempi certi e celeri alle sollecitazioni del Consiglio d'Europa.
Ciò che preme ribadire in questa sede è che tali provvedimenti, qualora assunti, non sarebbero destinati a produrre effetti nel breve periodo, come in passato, in quanto si sono adottate e si stanno adottando una serie di misure volte a contenere anche nel futuro i nuovi ingressi in carcere. In un'ottica organizzativa è in fase avanzata la revisione del sistema penitenziario per ottenere una più razionale distribuzione dei detenuti nelle strutture. La realizzazione di questo nuovo sistema renderà più vivibile l'esperienza del carcere e consentirà di ridurre il disagio dei detenuti, causa spesso di azioni di autolesionismo e suicidi, che sono peraltro sensibilmente diminuiti nel corso dell'ultimo anno.
Ne trarranno beneficio anche le donne e gli uomini della polizia penitenziaria, che da troppo tempo sono chiamati a svolgere compiti straordinari e che potranno essere restituiti alle funzione di sicurezza che sono loro proprie. Permangono, in ogni caso, sempre con riguardo alla polizia penitenziaria, le gravi carenze di organico e di risorse economiche, cui sempre più indifferibilmente occorrerà fare fronte. Fondamentali saranno anche gli interventi sul lavoro penitenziario, nella prospettiva di aumentare sensibilmente le offerte formative e di avviamento professionale della popolazione detenuta.
Proseguono, infine, gli interventi infrastrutturali tesi ad una migliore distribuzione ed ampliamento degli spazi esistenti. Nell'ambito del cosiddetto Piano carceri, sono in corso di realizzazione 12.324 posti detentivi, di cui 3.100 grazie all'apertura di quattro nuovi istituti penitenziari. Nell'arco dell'anno 2014 è previsto inoltre il recupero di almeno 1.500 posti attualmente non fruibili, nella maggior parte dei casi per cause di natura strutturale, che saranno resi disponibili grazie ad interventi di ripristino già in corso e al recupero di edifici destinati ad ospedale psichiatrico giudiziario.
Sul piano internazionale, com’è noto, l'anno 2014 propone all'Italia la sfida della presidenza semestrale del Consiglio dell'Unione europea, che si aprirà il 1o luglio. In tale quadro si collocherà l'attività di negoziato relativa ai diversi strumenti in fase di elaborazione. Senza poterli tutti menzionare, si richiama l'attenzione in particolare sulle due proposte di regolamento dirette all'istituzione di una procura europea, il più rilevante cantiere attualmente avviato in materia di cooperazione penale, destinato ad entrare in una fase decisiva di negoziato nel corso del nostro semestre, ed alla valorizzazione di nonché sulle tre nuove proposte in materia di rafforzamento dei diritti di garanzia per i minori imputati, sulla presunzione di innocenza, sul gratuito patrocinio, recentemente depositate dalla Commissione europea e destinate a completare la cosiddetta sui diritti procedurali adottata nel 2009 dal Consiglio.
Sul versante delle criticità, deve ancora una volta evidenziarsi come, nonostante taluni recenti progressi, si registra un perdurante ritardo nell'attuazione legislativa degli obblighi derivanti dagli accordi di diritto internazionale e degli atti normativi dell'Unione europea in ambito penale. Tale situazione desta preoccupazione in relazione all'ormai prossima scadenza del 1o dicembre 2014, data dalla quale, da parte della Commissione, potranno essere evidenziate procedure di infrazione anche dinanzi alla Corte di giustizia, in relazione alla mancata attuazione degli strumenti adottati anche prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1o dicembre 2009. Un forte segnale di inversione di tendenza può rinvenirsi nelle deleghe legislative conferite al Governo per il recepimento di ben sei direttive dell'Unione recentemente adottate in materia penale, e previste dalla legge 6 agosto 2013, n. 96, legge di delegazione europea 2013.
Non meno importanti gli obiettivi del Semestre europeo sul fronte della cooperazione civile: nel programma di presidenza si prevede la conclusione di tre proposte di regolamento riguardanti il sequestro conservativo dei conti, la procedura di insolvenza e la legalizzazione dei documenti pubblici. Attraverso tali misure si assicurerà maggiore tutela ai creditori e si agevolerà la libera circolazione dei cittadini e delle imprese nell'ambito dell'Unione europea.
La presidenza italiana dedicherà i suoi maggiori sforzi infine a realizzare progressi sostanziali sul pacchetto con l'obiettivo di adeguare la vigilanza degli Stati membri circa l'uso, la raccolta e il trattamento dei dati personali, in un mondo che cambia in ragione dell'economia digitale e dei nuovi diritti legati all'utilizzo di piattaforme e servizi .
Un notevole impegno è stato dedicato anche alla riorganizzazione delle professioni. In attuazione della legge 24 marzo 2012, n. 27, che ha aumentato di 500 unità il numero dei notai, si e proceduto alla revisione della tabella notarile, che ne determina il numero e la residenza. Il decreto offre un contributo al processo di liberalizzazione intrapreso dal precedente Governo e proseguito da quello attuale, ed assicura una capillare diffusione territoriale del servizio notarile.
Nella stessa ottica di liberalizzazione si è proceduto per gli altri ordini professionali vigilati dal Ministero. Sono stati pubblicati diversi regolamenti adottati dai Consigli nazionali in materia di istituzione degli organi di disciplina territoriali, di formazione continua e di tirocinio professionale.
Quanto alla giustizia minorile, si segnala un preoccupante aumento della presenza di minori con molteplici disagi e problematiche di malessere sociale correlati a fenomeni di dispersione scolastica, emarginazione e vulnerabilità sociale, disagio psichico, assunzione ed abuso di sostanze stupefacenti, reclutamento nella criminalità organizzata, immigrazione di minori non accompagnati, difficoltà di integrazione dei minori stranieri di seconda generazione, formazione di bande giovanili, sfruttamento, abuso e tratta a danno di minorenni. Negli ultimi anni si sta assistendo ad una sempre maggiore applicazione del collocamento in comunità, non solo quale misura cautelare, ma anche nell'ambito di altri provvedimenti giudiziari, per la sua capacità di contemperare le esigenze educative con quelle contenitive di controllo.
I dati confermano inoltre l'incremento della presenza di cittadini minori stranieri, provenienti dal Nord Africa, in particolare dalla Tunisia e dall'Egitto. L'approccio trattamentale per i minori deve principalmente fondarsi sull'ascolto e l'accoglienza, quindi sul dialogo. A tale fine nel 2013 è stata redatta la Carta dei diritti e dei doveri dei minorenni che incontrano i servizi minorili della giustizia, disponibile in più lingue per consentirne la fruizione all'utenza straniera.
Sul piano dei rapporti familiari, è stata realizzata la tanto attesa completa parificazione tra i figli nati nel matrimonio e i figli nati fuori del matrimonio, eliminando qualsiasi anacronistica discriminazione, anche da un punto di vista sostanziale, ed ogni disparità di trattamento sul piano dei diritti e dei doveri dei genitori nei confronti dei figli.
Le considerazioni che ho sviluppato spero consentano di apprezzare l'azione del Governo, sia con riferimento alle iniziative normative che all'impegno organizzativo ed esecutivo. Per esigenze di sintesi, rinvio per gli approfondimenti sui singoli temi alla relazione prodotta. Al Parlamento spetta l'apprezzamento decisivo sugli ulteriori progetti normativi in cantiere. Credo – ho cercato di dimostrarvelo con questa rapida esposizione – che ci siamo incamminati su una strada responsabile e virtuosa, sorretti da una concreta e precisa strategia di intervento. L'attuale condizione di difficoltà in cui versa il sistema giudiziario non deve infatti far prevalere l'erronea convinzione che le cose non possano migliorare, né costituire un alibi per l'immobilismo. Tutti possiamo contribuire a far sì che l'ottimismo della volontà prevalga sul pessimismo della ragione. Vi ringrazio per l'attenzione .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni della Ministra della giustizia. È iscritto a parlare il deputato Dambruoso. Ne ha facoltà.
STEFANO DAMBRUOSO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, come gruppo Scelta Civica per l'Italia abbiamo già espresso in più occasioni il nostro certo, sicuro ma anche spesso critico apprezzamento per il lavoro svolto finora dal Ministro Cancellieri e per il suo approccio pragmatico nell'individuare obiettivi sostenibili e misure programmatiche idonee a ridurre i costi e ad incrementare l'efficienza del sistema giustizia.
Oggi, ascoltando la sua relazione sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2013, signor Ministro, noi siamo ulteriormente sollecitati a sostenerla in questo progetto di cambiamento già avviato dal Governo Monti, che oggi spetta a noi proseguiremo e perfezionare per il bene del Paese. Riporterò quindi solo alcune ulteriori poche considerazioni.
Sempre più spesso la giustizia viene recepita dai cittadini come un elemento estraneo, un ostacolo che rallenta o addirittura impedisce lo sviluppo e il progresso del Paese. Troppo a lungo abbiamo sperato che la giustizia si potesse autoriformare, adottando al suo interno quelle misure utili a garantire una sempre maggiore efficienza e terzietà. Purtroppo questo non è accaduto e la forte esigenza di cambiamento in questo settore strategico deve essere raccolta dalla politica. signor Ministro, abbiamo apprezzato – esprimo il mio apprezzamento e anche quello di tutto il gruppo – l'impegno e la determinazione con cui lei ha affrontato il problema dell'emergenza carceraria.
Prima ancora di passare ad esprimere singolari apprezzamenti, ci è piaciuto molto – a me è piaciuto molto – il richiamo che ha fatto allo sforzo della polizia penitenziaria, che quotidianamente condivide quello stato di difficoltà all'interno e appena fuori dalle carceri. Quindi, la ringrazio davvero personalmente per questo richiamo.
Dall'inizio della legislatura abbiamo registrato una grande sintonia tra Governo e Parlamento nella volontà di migliorare le condizioni dei detenuti, impegnandoci su diversi fronti e recependo, con i fatti, le sollecitazioni inviate dal Presidente della Repubblica con la sua accorata lettera alle Camere. Penso, ad esempio, signor Ministro, alla proposta di legge sulla delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, già approvato alla Camera e attualmente fra le tante all'esame del Senato che indica, in modo molto preciso e puntuale, la sfera di azione del Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria dei reati e per la contestuale introduzione di sanzioni amministrative e civili, secondo una serie di principi e criteri direttivi.
Negli anni trascorsi in magistratura gli strumenti che avevo a disposizione erano pene detentive e pene irrogate congiuntamente o alternativamente. Oggi, signor Ministro, con le modifiche introdotte (a cui noi abbiamo partecipato) a questa proposta di legge, il giudice può anche valutare le condizioni del soggetto e la gravità dei fatti e scegliere un tipo di pena diverso da irrogare in tempi più rapidi. La e lo scopo di questo provvedimento non è quello di lasciare impuniti dei criminali, ma, semmai, quello di disporre pene alternative alla detenzione solo nel caso in cui il giudice, a seguito di un dibattimento, nell'ambito quindi del processo, riconosca la responsabilità penale di un soggetto e lo condanni con l'irrogazione della pena alla reclusione presso il suo domicilio.
Questo testo rappresenta – e ne siamo davvero convinti – un grande atto di civiltà giuridica, in un momento in cui l'emergenza carceraria impone l'adozione di misure urgenti per circoscrivere il ricorso alla pena della reclusione in carcere e favorire l'applicazione di sanzioni alternative. È, quindi, necessario accelerarne il più possibile l'approvazione definitiva, considerazione che auspico che il Senato colga. Il tema, d'altronde, non è nuovo per il nostro Parlamento ed è stato affrontato anche nella scorsa legislatura, con la presentazione di un apposito disegno di legge proprio da parte del Governo Monti. La misura si ispirava ai principi del diritto penale minimo, riducendo l'intervento repressivo dello Stato sul piano penale alla sola tutela dei valori primari del nostro ordinamento, sia attraverso la soppressione di alcune fattispecie di reato ritenute anacronistiche sia con la trasformazione di alcuni illeciti penali in illeciti amministrativi. Allora, come oggi, l'urgenza era dettata anche da una serie di sentenze con cui la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo condannava l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e, in particolare, per avere sottoposto i ricorrenti, durante il periodo di detenzione, a pene o trattamenti inumani o degradanti. Sul punto anche il Consiglio d'Europa, nel rapporto sulla popolazione carceraria ai 47 Stati membri dello scorso 3 maggio, ha indicato l'Italia come un Paese che ha delle situazioni da migliorare.
Sarebbe pertanto auspicabile una riforma organica, sistemica davvero, dell'intero sistema sanzionatorio, al fine di risolvere in modo definitivo il problema del sovraffollamento carcerario. Si dovrebbe, quindi, introdurre la previsione di pene diverse da quella detentiva tradizionale, purché dotate di effettività, forza deterrente e capacità di recupero.
Occorre intervenire soprattutto sul trattamento sanzionatorio da applicare a soggetti portatori di disagio, quali tossicodipendenti od immigrati, scegliendo, ove possibile, lavori di pubblica utilità, la detenzione domiciliare o la riparazione del danno.
In questa direzione alcuni risultati – lo abbiamo riscontrato – sono stati certamente raggiunti con l'approvazione della legge n. 94 del 2013, di conversione del decreto sulle disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, e ancora di più si potrà fare con la conversione del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria, attualmente all'esame della Commissione giustizia della Camera. Questo provvedimento consentirà di uniformarci, entro il 28 maggio 2014, alle prescrizioni indicate dalla Corte di Strasburgo, evitando così una già annunciata procedura di infrazione, e su questo, signor Ministro, noi confermiamo il nostro sostegno a tutto quello che insieme stiamo cercando di fare.
Su questi temi, inoltre, la Camera ha da poco approvato la proposta di legge n. 631, d'iniziativa della presidente Ferranti, con cui si propone di modificare la disciplina delle misure cautelari personali, circoscrivendone i presupposti applicativi e precisando che la misura della custodia in carcere deve essere disposta solo quando ogni altra misura risulti inadeguata, nonché di novellare l'articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti, riducendo la pena ad alcuni illeciti di lieve entità. Ci auguriamo che anche questo provvedimento arrivi al più presto ad una definitiva approvazione.
Per quanto riguarda poi un altro tema da lei affrontato, quello dei tempi della giustizia civile, occorre a nostro avviso adottare strumenti davvero efficaci per abbattere l'arretrato processuale e, al contempo, elaborare una riforma organica che consenta la semplificazione dei riti. Già nella legge n. 98 del 2013, di conversione del decreto-legge per il rilancio dell'economia, e in particolare con le misure per l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile, il Governo ha ritenuto necessario inserire nelle disposizioni concernenti la giustizia civile e i suoi noti tempi biblici la convinzione che una più rapida definizione del contenzioso ordinario è funzionale alla crescita del Paese.
D'altronde, l'ultimo rapporto « sui sistemi dei ventisette Paesi dell'Unione europea ha registrato una nuova critica per l'Italia. Il nostro Paese si colloca al terzultimo posto, seguito solo da Cipro a Malta, nella classifica europea di funzionamento della macchina della giustizia, e questo sebbene l'apprezzato lavoro e l'apprezzato valore della produttività che lei ha ricordato da parte della magistratura.
A fronte di questi dati, il rapporto di «» segnala, tuttavia, un esempio di eccellenza del sistema giudiziario italiano: la World Bank attribuisce infatti al tribunale di Torino la migliore italiana nei tempi di risoluzione delle dispute commerciali, con una durata di soli 855 giorni contro i 1.210 di media nazionale, grazie all'applicazione del programma Strasburgo, così denominato con riferimento alla sede della Corte europea.
Queste signor Ministro, non sono da sole sufficienti a smaltire il carico di arretrato che in alcune corti d'appello porteranno a breve a nuove condanne da parte dell'Europa. È necessario, quindi, aprire un confronto più ampio, al netto di ogni polemica ideologica, su eventuali strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, sull'opportunità di riformare il sistema delle impugnazioni e sulle misure più idonee a migliorare l'efficienza degli organi giudiziari, partendo dalla riorganizzazione delle cancellerie degli uffici amministrativi e arrivando ad una piena attuazione del processo telematico che lei ci ha ricordato.
Da ultimo – e concludo – mi sia consentito invitare, signor Ministro, sia lei che il Governo e il Parlamento nella sua interezza a mantenere alta la tensione sul tema della lotta alla criminalità organizzata. In questa sede, proprio perché ci stiamo avvicinando al prossimo turno di elezioni, si sta parlando tanto in questi giorni di legge elettorale. Voglio ricordare che all'inizio della legislatura la Camera ha approvato all'unanimità, con 503 voti favorevoli, una modifica dell'articolo 416- del codice penale, in materia di scambio elettorale politico mafioso. In qualità di relatore di quel provvedimento, da magistrato e da un membro del Parlamento italiano, mi sento davvero in dovere di sollecitarne al Senato l'approvazione in tempi rapidi, recependo le indicazioni che da tempo la giurisprudenza offre per disciplinare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Vado subito alla fine, per ricordare che politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
STEFANO DAMBRUOSO. Concludo, Presidente, con l'auspicio ancora una volta che su questi temi non si cavalchi una battaglia ideologico-mediatica e che si uniscano le forze per una rapidissima approvazione del nuovo articolo 416-.
Tutto ciò premesso, signor Ministro, esprimo la soddisfazione, anche a nome del mio gruppo, per la sua dettagliata relazione e per la tenacia con cui fino ad oggi ha dimostrato di portare avanti questo percorso di riforma della giustizia
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Chiarelli. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, signor Ministro, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, con grande difficoltà e rammarico rileviamo che il nuovo anno giudiziario si apre senza alcuna significativa variazione rispetto a quello che termina.
Signor Ministro, abbiamo letto attentamente la sua relazione e, nelle sue conclusioni, leggiamo che, per concludere, il 2014 sarà un anno fondamentale per il completamento delle riforme organizzative che già sono state avviate.
Conosciamo, signor Ministro, il suo impegno, la sua competenza, la sua determinazione. Ci consenta, però, di definire quella direttiva un inutile libro dei sogni. Nel testo che riepiloga gli obiettivi prevale il verbo futuro – dovrà, dovrà farsi, dovrà essere programmato, dovrà realizzarsi –, senza indicazione puntuale dei tempi e dei modi.
Le priorità sono in gran misura condivise, in taluni casi sono state spesso da noi indicate. Una cosa è elencare le priorità, altro è trasformare le intenzioni in provvedimenti. Riteniamo questa sua dichiarazione di intenti, o meglio, il fondamento su cui posa, assolutamente privo di alcuna validità, per il merito e per la forma.
Nella forma, riteniamo che una seria riforma della giustizia non possa realizzarsi a colpi di decreti, in maniera parcellizzata, senza un disegno complessivo. Nel merito, avrò modo di elencare sinteticamente i tanti provvedimenti che sono stati approvati negli ultimi anni e che riteniamo assolutamente poco efficaci, quando, addirittura, inutili. Nel suo programma rileviamo obiettivi condivisi e più volte, ripeto, da noi stessi sollecitati, che riguardano la velocizzazione dei processi, l'informatizzazione del sistema giudiziario, la questione del sovraffollamento delle carceri, la razionalizzazione dei costi.
Assolutamente meno condivisibili sono le soluzioni prospettate, laddove indicate, con qualche seria riserva su alcune importanti omissioni, come, ad esempio, la totale assenza di riferimento alla responsabilità civile dei magistrati. Un apparato amministrativo efficiente non può prescindere dall'attuazione in tempi brevi delle riforme necessarie a ricondurre il sistema giudiziario agli standard qualitativi che il Paese e la comunità internazionale si attendono.
Senza voler mancare di rispetto né alla sua persona né all'ufficio che rappresenta, appare essere una dichiarazione assolutamente scontata, quasi banale e di nessuna utilità, e ancor più questo giudizio si rafforza nel contestare il pieno fallimento di ciò che lei definisce «profondi processi di riorganizzazione che questo Dicastero sta sperimentando e che dovranno essere perseguiti e, in parte, completati nel 2014».
Mi accingo ad elencare succintamente quali sono i processi di riorganizzazione che lei inserisce nei profili della sua attività e del suo Governo, cominciando dalle strutture. Come non riferire del disastro derivato dal frettoloso accorpamento delle sedi giudiziarie ! Lei, signor Ministro, sa quante sollecitazioni le siano pervenute da questi banchi, e non solo, perché si rinviasse l'attuazione di quel provvedimento. sulla necessità di razionalizzare i costi della giustizia, ma non solo attraverso gli accorpamenti delle sedi: ritenevamo e continuiamo a ritenere che si dovesse procedere con ben altri criteri, criteri ispirati alle reali esigenze del territorio.
Incomprensibile, infatti, appare come, a solo due mesi dall'entrata in vigore del provvedimento, si sia dato corso ad una pasticciata revisione, che, di fatto, ha concesso alcune limitate deroghe in base non si sa a quali criteri, se non, ci è parso di capire, quello della discrezionalità affidata a qualche dirigente ministeriale.
Fra i provvedimenti di dubbia validità, quello che riforma il codice penale, l'articolo 168, la messa alla prova. Una misura che, lei sa bene, non risolve in modo strutturale il problema del sovraffollamento delle carceri e incentiva, a nostro parere, ancor più a delinquere. Solo qualche giorno fa l'ennesimo episodio aberrante: un pericoloso assassino, che aveva già ucciso a bastonate la propria compagna alcuni anni prima, si è ritrovato in una casa famiglia, giudicato poco pericoloso; così poco pericoloso da consentirgli nuovamente di impossessarsi di un'accetta e massacrare il proprio compagno di camera.
Episodio che segue a poco tempo di distanza l'evasione di due altri pericolosi assassini. Cosa dire del sovraffollamento delle carceri ? Signor Ministro, fa specie che, da un lato, si sprechino le dichiarazioni di stima incondizionata per il Presidente Napolitano, dall'altro, poi, non si faccia assolutamente nulla per dare seguito alle sue raccomandazioni.
Mi chiedo: fra i tanti decreti che questo Governo adotta, perché non ha pensato di adottare anche un decreto in via d'urgenza per risolvere in maniera definitiva il problema delle carceri ? E prima ancora, una riforma complessiva della giustizia è necessaria.
È evidente – e questo lo dico – che per noi un'amnistia e un indulto significano sicuramente una sconfitta per lo Stato, ma così come stanno le cose non è più possibile tergiversare. Certo, altro sarebbero soluzioni diverse, come la realizzazione di quel piano di edilizia carceraria presentato dal presidente Berlusconi e bloccato dai Governi che gli sono succeduti.
Cosa dire, Presidente, della mediazione ? Mi consenta, ma è una notazione di natura personale. Da oltre trentatré anni svolgo attività forense in Puglia e ritengo di conoscere bene il nostro sistema giudiziario: nella realtà il vero effetto che finora la mediazione ha prodotto è quello di allungare i tempi dei processi e aumentare i costi per i cittadini. Al di là dei dati statistici e soprattutto della soddisfazione chiaramente espressa da chi ha intravisto nella mediazione nuove forme di la realtà dice che si tratta di un istituto che nel bilancio costi-benefici è destinato al fallimento.
Per quanto riguarda la classe forense, da lei certamente molte volte bistrattata e ad oggi ancora non nelle sue simpatie, attendiamo, come categoria, l'attuazione delle direttive sul tariffario a cui lei aveva garantito di dare esecuzione già nel maggio 2013.
In materia di assicurazioni il decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 145 introduce norme che rappresentano un grave per la libertà e l'uguaglianza dei cittadini e che rischiano di causare la perdita stimata di oltre 60 mila addetti al settore carrozzerie.
In tema di droga e clandestini, la maggioranza che sostiene questo Governo di sinistra-centro è ormai pronta ad approvare norme per la liberalizzazione delle droghe, leggere o meno, comunque droghe, e ad abolire il reato di clandestinità. Ci ritroveremo quindi a fare i conti con un'invasione senza limiti di chi verrà a cercare nel nostro Paese libertà e lavoro, e non trovando occupazione – perché di questo si tratta, occupazione – potrà solo delinquere. È davvero inaccettabile che si parli di valore terapeutico della per mascherare un provvedimento che rende lecita un'attività assolutamente da combattere.
Passando a quello che noi vorremmo realizzare e da anni – e la sensibilità su questi temi è stata in alcune occasioni riscontrata, però mai messa in atto – in tema di intercettazioni, caro Ministro, non può essere ritardata una seria riforma che metta fine a quello che rappresenta una grave violazione del diritto alla riservatezza. Le intercettazioni telefoniche devono limitarsi a casi di reale e comprovata presenza di gravi indizi, e riguardare esclusivamente gli indagati. Deve essere severamente punita la diffusione, prima ancora del rinvio a giudizio, delle intercettazioni telefoniche, soprattutto se riguardano terzi non indagati e vengono peraltro, come lei sa, estrapolate da un contesto generale. Occorre inasprire la pena per chi divulga, ma anche individuare la responsabilità di chi rilascia le informazioni all'interno delle procure.
In materia di misure cautelari, oggi circa il 42 per cento della popolazione carceraria è in attesa di giudizio. Tanti detenuti con la formula della carcerazione preventiva risulteranno prosciolti. La carcerazione cautelare non può e non deve essere un anticipo di pena inflitta a chi – principio costituzionale – è considerato innocente.
Per quanto riguarda la magistratura, se le proposte del referendum sono state, diciamo, bloccate sotto il profilo della regolarità formale, sul piano sostanziale non si può sottacere che tantissimi italiani hanno chiaramente espresso la volontà di riformare il sistema di governo della magistratura. La politica ha quindi il dovere di dare ascolto a queste istanze e proporre soluzioni.
In tema di responsabilità civile dei magistrati, perché non si ripetano più casi eclatanti come tante volte abbiamo posto all'attenzione, facciamo solo rilevare un dato: dal 2005 ad oggi si contano almeno cinquecento casi l'anno di ricorso contro magistrati; sul totale di questi, quindi 4.500, solo sette procedimenti si sono conclusi con un provvedimento a carico dei responsabili. Cosa veramente assurda è che il risarcimento il magistrato lo deve prevedere attraverso la trattenuta del quinto del suo stipendio. Cioè un magistrato non può essere aggredito, così come un libero cittadino, anche se si è reso responsabile di reati, se non attraverso la trattenuta del quinto dello stipendio.
Signor Ministro, indipendenza della magistratura non può significare infallibilità e impunità. Abbiamo sempre sostenuto che il rientro nelle funzioni dei magistrati fuori ruolo sia condizione indispensabile per consentire lo smaltimento e lo snellimento di tanti processi che troviamo e che rischiano di andare in prescrizione, garantendo con ciò la separazione dei poteri ed eliminando la commistione tra magistratura e alta amministrazione.
Concludendo, il giudizio di Forza Italia sul disegno complessivo non può che essere completamente negativo.
GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Nella nostra convinzione, suffragata che l'applicazione concreta del programma giustizia del Governo Letta abbia disatteso le linee programmatiche astratte prospettate dal Ministro Cancellieri – concludo –, riteniamo imprescindibile adattare le nostre doglianze a una vera e risolutiva, ma oggi fondamentale e auspicabile giustizia giusta.
Ma le varie discordanze manifestate nel corso dell'anno sono state figlie di grandi ipocrisie, conseguenze di un'ambiguità che mescola interessi nazionali con alcuni destini personali, con l'effetto di ridefinire gli orizzonti generali su modelli individuali, contrari all'interesse generale.
Penso, infine, che voi possiate convenire con le mie osservazioni che definiscono l'esistenza di condizioni contrarie alle espressioni basilari del diritto e della giustizia, una giustizia che non è stata in grado di applicare la più semplice delle regole della democrazia: la legge è uguale per tutti.
I programmi possono essere cambiati e chiedo oggi, di fronte a questa Assemblea...
PRESIDENTE. Deve concludere.
GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. ... in nome di tutti i cittadini italiani, alla giustizia italiana di sospendere l'abuso della nostra pazienza e concedere finalmente una risposta adeguata alle nostre aspettative in applicazione...
PRESIDENTE. Deve concludere.
GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. ...dell'articolo 3 della Costituzione già troppo disatteso precedentemente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leva. Ne ha facoltà.
DANILO LEVA. Signor Presidente, signor Ministro, il dibattito che noi stiamo affrontando questa mattina in Aula non è un mero adempimento burocratico, né tanto meno un banale passaggio formale. Quest'anno l'inaugurazione dell'anno giudiziario coincide con una stagione di riforme, di innovazioni legislative che incidono sul sistema giudiziario italiano.
La macchina della giustizia in questo Paese è stata ferma per troppi anni, schiacciata sotto il peso, da un lato, di delicati equilibri politici, terminali di enormi quanto giganteschi conflitti di interessi e, dall'altro lato, di paure, molto spesso anche di difesa ad oltranza di logiche corporative. E i risultati della spinta di queste forze opposte e contrarie sono sotto gli occhi di tutti. Lei stessa ha citato le cifre che riguardano la durata dei procedimenti civili e penali nel nostro Paese.
L'Italia è collocata al centocinquantesimo posto, su 183 nazioni, nella graduatoria annuale della Banca mondiale, proprio relativamente alla durata e ai tempi dei procedimenti. Abbiamo assistito, nel corso di questi ultimi anni, ad una quadruplicazione dei costi di accesso alla giustizia: altro tema su cui avviare una riflessione profonda, perché tutto questo ha significato, da parte dei cittadini, una rinuncia preventiva all'esercizio dei propri diritti. E sono tutti elementi di debolezza che si riverberano sulla tenuta del nostro tessuto imprenditoriale. Ma, soprattutto, si tratta di un profilo, quello dell'aumento dei costi di accesso e quello della durata dei processi, che svilisce la tenuta stessa dei diritti dei cittadini, alimentando forti disuguaglianze sociali.
La situazione della giustizia penale non è più confortante. Anche qui si tratta della dilatazione della durata dei procedimenti, molto spesso anche della scarsa effettività del sistema penale. C’è un dato, che è stato diffuso in queste ultime settimane, che mi ha colpito particolarmente: l'81 per cento dei delitti denunciati rimane senza l'autore. Rimangono ignoti gli autori dell'81 per cento dei delitti denunciati. Vuol dire che c’è qualcosa che non funziona nella macchina. E a queste cifre bisogna aggiungere quelle del sovraffollamento carcerario.
Si tratta insomma di una panoramica devastante, che alimenta sfiducia e molto spesso anche senso di impotenza.
Quindi, il sistema giudiziario è da riorganizzare. Abbiamo messo in campo in questi mesi interventi importanti ed è innegabile, questo è sotto gli occhi di tutti. Però mi consenta una riflessione, una considerazione quanto meno ad alta voce, anche pacata: io credo che ogni riforma debba passare attraverso la condivisione e ci vuole uno sforzo in più, da parte della politica, nel creare quel clima positivo, nel Paese, affinché le riforme possano avere le gambe per poter camminare.
In queste ultime settimane ci sono state troppe contrapposizioni inutili, contrapposizioni che fomentano poi anche divisioni, divisioni tra gli operatori e molto spesso contrapposizioni tra la politica e gli operatori (penso al mondo dell'avvocatura); io credo che siano contrapposizioni queste che non aiutano: non aiutano a rafforzare quel disegno riformatore che il Governo sta portando avanti, a fatica, perché sappiamo il contesto in cui andiamo ad operare, ma lo sta portando avanti.
E allora, per quanto riguarda il processo civile, io credo che bisognerebbe superare una filosofia di interventi che abbiamo conosciuto fino ad oggi – lo faccio come premessa – e cioè quella filosofia secondo cui è sufficiente intervenire sulle regole del processo a costo zero.
Noi abbiamo vissuto negli anni una serie di interventi che poi non hanno risolto in realtà i problemi, perché molto spesso questo non basta. Non esistono riforme a costo zero, non esistono riforme del processo civile che possono funzionare se non c’è un aumento di risorse, se non c’è un aumento degli investimenti.
E dobbiamo aprire una partita sul FUG, sul fondo unico di giustizia, che non può essere ancora oggi tripartito: deve essere ripartito e soprattutto va fatta anche chiarezza, in termini di trasparenza, di gestione delle risorse degli anni addietro.
E il lavoro del Parlamento, nei rapporti con il Governo, è un lavoro, almeno per quanto riguarda il Partito Democratico, contraddistinto da uno spirito costruttivo. Noi abbiamo lavorato per migliorare il testo sulla mediazione, anche quello un passo sicuramente importante e che è stato migliorato grazie al nostro intervento, grazie ad una forma anche di dialogo e di confronto che c’è stata tra il Governo e le forze politiche presenti in Parlamento.
E faremo lo stesso lavoro sul disegno di legge civile, di cui bisogna accelerare l'iter, non c’è dubbio, su cui bisogna andare avanti, proprio perché abbiamo un dovere anche etico da questo punto di vista, e però allo stesso tempo ci sono alcuni aspetti da correggere, senza svilire quelli che sono il senso e la natura dell'intervento riformatore.
Il processo telematico: bisogna accelerare affinché non sia diffuso a macchia di leopardo sull'intero territorio nazionale, ma conosca uniformità di diffusione.
E poi la semplificazione dei riti: abbiamo bisogno di un'unica grande riforma, quella che affermi il rito del lavoro, che negli anni ha dimostrato di poter e di saper funzionare e di caratterizzarsi in termini di efficienza e in termini di speditezza.
Sulla riforma delle circoscrizioni giudiziarie: noi dobbiamo andare avanti anche lì a testa alta, senza paura, andare avanti nell'attuazione della riforma, ma allo stesso tempo monitorare e correggere quelle che sono delle distorsioni oggettive che si sono venute a creare, senza drammatizzare, senza cedere a rivendicazioni campanilistiche, e tenendo conto però di criteri appunto oggettivi, che sono quelli per cui, dove si è creata una riduzione della qualità del servizio, bisogna intervenire (e penso ai territori insulari, penso ai territori montani e penso ai territori che presentano un'alta infiltrazione di criminalità organizzata).
Il campo penale, anzitutto la visione del diritto penale. Non voglio vivere in un Paese che immagina un diritto penale massimo e immagina che il diritto penale possa prendere lo spazio, occupare lo spazio che spetta, invece, ad altri ambiti e ad altra tipologia di interventi.
Dobbiamo superare l'uso simbolico che si è fatto del diritto penale nel corso dell'ultimo decennio, un uso simbolico che ha prodotto solo guasti. I guasti sono sotto gli occhi di tutti: le leggi sull'immigrazione, il testo unico in materia di droghe, la cosiddetta Fini-Giovanardi, leggi che hanno prodotto carcere, più carcere e soprattutto hanno riempito le carceri italiani di poveri cristi, hanno riempito le carceri italiane di ultimi. Infatti, bisogna mettere da parte la propaganda quando si agisce in materia penale. Non è soltanto inasprendo le pene che si possono risolvere i problemi di diritto sociale: è solo propaganda.
Ed è in questo solco che rivolgo un invito al Governo che è quello di abbandonare l'idea dell'introduzione del reato di omicidio stradale che si inserisce nel solco dell'uso simbolico del diritto penale : l'affermazione di una fattispecie che non risolverebbe un solo problema di quelli che, invece, si pone di affrontare.
E poi andiamo avanti sulla rimozione delle condizioni di inciviltà presenti nel nostro sistema. Bene la riforma della custodia cautelare, bene hanno fatto ieri i presidenti di gruppo ad agganciare la riforma della custodia cautelare al percorso di conversione del decreto «carceri» perché così potremmo consentire alla riforma di diventare legge, riducendo l'ambito di applicabilità. Perché il 40 per cento di detenuti in attesa di giudizio è un dato da Paese incivile, non è un dato da Paese europeo e l'Italia si deve allineare ai Paesi europei, ai sistemi penali più avanzati.
Questa è la sfida e a questa sfida rispondono l'introduzione dell'istituto della messa alla prova, le misure alternative, la liberazione anticipata speciale contenuta nel decreto «carceri» che noi difenderemo sino alla fine perché non si tratta di un indulto mascherato, ma si tratta anche in quel caso di una norma di civiltà che adegua il rigore di un ordinamento anche all'articolo 27 della nostra Costituzione e, quindi, alla funzione rieducativa della pena. Vi è poi l'istituzione del garante dei detenuti, l'avere introdotto come fattispecie autonoma di reato il comma 5 dell'articolo 73 del testo unico sulle droghe.
Insomma, siamo nel solco di interventi e di riforme strutturali. Sarebbe del tutto sbagliato non rendersene conto e credo che, proprio perché siamo lì dentro, proprio perché siamo in questo solco, questo Parlamento deve affrontare il tema di un provvedimento straordinario di clemenza. Lo dobbiamo fare, abbiamo il dovere morale, abbiamo anzitutto il dovere morale. Non sarebbe sganciato da un percorso di riforme strutturali e potrebbero esserne comprese facilmente le ragioni, potrebbero essere compresi anche i motivi che andrebbero a sorreggere un provvedimento di clemenza.
Sento molto parlare di certezza della pena. Mi auguro che si parli di più in questo Paese di certezza del diritto che viene prima della certezza della pena perché nella certezza del diritto c’è anche la tutela vera e stringente delle vittime da reati.
I tempi del processo penale. Anche qui attendiamo il decreto che lei stessa ha annunciato nelle scorse settimane.
Io aggiungerei la rimodulazione dell'obbligatorietà dell'azione penale, rendendola effettiva, introducendo istituti come quello della tenuità del fatto, che aiutino in qualche modo anche la magistratura a selezionare i reati da perseguire. E credo che in questo Paese siano maturi i tempi per una riforma delle intercettazioni che sappia in qualche modo aumentare ed espandere la tutela della dei cittadini, senza andare a svilire il senso stesso delle intercettazioni come strumento o mezzo di ricerca della prova.
Noi siamo pronti anche a fare la nostra parte sulla responsabilità civile. Abbiamo presentato una proposta di legge che prevede la modifica della legge «Vassalli», una legge che negli anni non ha funzionato e che va corretta, anche qui, senza tabù, ma va corretta con buon senso, senza immaginare di utilizzare una clava contro qualcuno. Ecco, io credo che occorra bonificare il clima. Bisogna poter affrontare tutte le cose che non funzionano...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
DANILO LEVA. ...ad esempio, i magistrati fuori ruolo: io credo che anche questo sia un tabù da abbattere, perché in un periodo di grande difficoltà, come quello che il nostro Paese sta vivendo, credo che tutti quanti dobbiamo dare una mano – tutti ! – e non esistono intoccabili. E lo dobbiamo fare, anche qui, con grande serenità.
Concludo dicendo che va rifondata la legalità in questo Paese e per farlo abbiamo bisogno della buona politica, perché è la buona politica che fa la buona giustizia e non viceversa. Se noi abbiamo sbagliato qualcosa nel corso degli anni è proprio questo: abbiamo delegato solo ai tribunali la costruzione di un'idea di giustizia nella società.
PRESIDENTE. Deve concludere.
DANILO LEVA. Riappropriamoci della nostra autorevolezza e riappropriamoci, soprattutto, della nostra autonomia
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, signora Ministra, colleghi deputati, quello che lei ci ha rappresentato è un quadro di crisi, non nuovo, della giustizia civile e penale, nonché delle carceri e dei complessi problemi cui non si è data in questi anni adeguata risposta da parte del legislatore e del Governo. Questo insieme rappresenta una delle più gravi questioni che vi è nel Paese, alla pari di altre straordinarie emergenze di carattere sociale e lavorativo.
Le vittime sono milioni di persone, per la lentezza dei processi, per le condizioni di detenzione inaccettabili, che, tra l'altro, hanno prodotto, differentemente da quello che afferma qualche collega, un aumento della recidiva, come ci verificano i dati di questi anni. Lo stato della giustizia italiana, per tutte queste complesse ragioni, ha raggiunto un livello di drammaticità inaccettabile, sconosciuto in altri Paesi democratici, rispetto al quale l'Italia versa stabilmente in una condizione di illegalità sostanziale e tale da avere aperto la strada alle condanne intervenute nel tempo da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, che in questa sede tutti gli interventi hanno ricordato.
Ma dobbiamo essere chiari. Lei ha parlato di una necessaria radicalità degli interventi, dell'affrontare le questioni con piglio radicale. Il corpo normativo, in particolare la Fini-Giovanardi e la Bossi-Fini, con le modifiche apportate ai testi unici di riferimento rispetto al tema degli stupefacenti e delle immigrazioni, ha offerto risposte palesemente inadeguate a fenomeni che richiedono approcci diversi sul piano penale e interventi su quello sociale, aggravando lo stato di sovraffollamento degli istituti di pena e lavorando in senso contrario alla auspicata inversione di tendenza circa la reiterazione dei reati.
Ecco perché – differentemente, ad esempio, dall'intervento fatto in quest'Aula poc'anzi dall'onorevole Chiarelli – Sinistra Ecologia Libertà ritiene che la legalizzazione della e dei suoi derivati sarebbe misura necessaria non solo per deflazionare il sovraffollamento carcerario, ma anche per consentire di impostare una diversa politica circa il consumo di stupefacenti, concentrando l'azione repressiva e maggiormente quella preventiva e le risorse esigue, là dove effettiva è la pericolosità sociale e il potenziale danno individuale.
E che dire degli effetti della legge cosiddetta Cirielli, concernente la prescrizione dei reati e la recidiva ? La mancata revisione di insufficienti piante organiche degli operatori in carcere ha largamente contribuito a cristallizzare nelle nostre carceri lo stato di emergenza. Al riguardo, non possono bastare risposte tampone, ma sono necessarie serie riforme strutturali e, ovviamente – e qui è il punto della nostra discussione –, queste riforme non possono essere, come fino ad oggi è stato, a costo zero, o quasi.
Questa preliminare digressione ci fa dire che anche provvedimenti di tipo clemenziale, auspicati anche nel messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere, se non trovano questi interventi come prerequisito, sono destinati ad una sostanziale inefficacia. È, dunque, opportuno che il Governo e il Parlamento lavorino velocemente in questa direzione.
Circa gli interventi sulla geografia giudiziaria che sono stati citati, valuteremo la bontà degli interventi, caso per caso, ma hanno ricevuto critiche da ogni dove in merito sia alla razionalità sia all'asserito risparmio che vi sarebbe connesso. Ci aspettiamo, dunque, che l'organismo ministeriale alla ricognizione destinato evidenzi al Governo e al Parlamento l'insieme degli interventi da riconsiderare. Finora e nonostante le diverse commissioni istituite nel tempo e all'uopo, non si è avuto ancora modo o coraggio di procedere ad una riforma organica della normativa sostanziale e processuale in direzione di un processo come da tutti auspicato: snello e breve, nel rispetto delle garanzie.
Noi siamo, oggi, di fronte ad una situazione che dovrebbe vedere al centro della nostra attenzione anche i fenomeni di corruzione. È necessario ripristinare e rafforzare il controllo di legalità su tutto il ciclo economico pubblico e privato. Sarebbe ingeneroso affermare che poco è stato fatto, ma, evidentemente, non bastante, che nel Paese continua a fare cronaca quotidiana.
Concludo, riaffermando che un sistema giudiziario efficace non può prescindere dallo stanziamento in via prioritaria di risorse adeguate e idonee per garantire l'effettività dei diritti, nonché il concreto miglioramento della qualità e dell'organizzazione del sistema giustizia. Perché è vero, come ci diceva l'onorevole Leva poc'anzi, che le carceri sono riempite, ma non di poveri cristi, quanto di cristi poveri: perché quell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge sancita dalla nostra Costituzione molto spesso si realizza, si verifica diversa dalla scritta che troviamo alle spalle dei nostri magistrati e, cioè, che la giustizia dovrebbe essere uguale per tutti .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, Ministro, abbiamo ascoltato attentamente la sua relazione sullo stato della giustizia italiana. Svolgeremo, ovviamente, alcune riflessioni per il tempo che abbiamo a disposizione, però, credo che qualunque riflessione sullo stato della giustizia italiana non possa prescindere dalla considerazione di alcuni fatti di cronaca, alcuni, tra l'altro, anche imminenti, di cui ci sembra giusto investire anche il Ministro stesso.
A cosa mi riferisco, Ministro, proprio perché stiamo parlando dello stato della giustizia italiana ? È notizia di ieri che, a breve, il tribunale del riesame di Milano sarà chiamato a decidere in merito all'incompatibilità, sulla base di una perizia integrata, del carcere di un pericolosissimo assassino: mi riferisco, ovviamente, a tal Mada Kabobo, un clandestino presente nel nostro Paese che ha preso a picconate tre poveri cristi: un disoccupato, un operaio e un giovane. Siamo a maggio del 2013 e questo criminale – non pazzo –, questo criminale assassino ha picconato, al mattino, tre poveri cristi.
Il tribunale del riesame sarà chiamato a decidere circa l'incompatibilità di questo criminale assassino rispetto al carcere con la possibilità, qualora il tribunale del riesame dovesse accertare questa incompatibilità, che venga mandato negli ex OPG, dico ex OPG perché, come sa benissimo, dal 1o di aprile probabilmente verrà ulteriormente prorogata questa norma scellerata voluta dal suo predecessore, l'ex Ministro Severino, col rischio che esca dal carcere e finisca in una struttura sanitaria regionale. Ecco, su questa vicenda, su questa gravissima vicenda, io credo che se ciò si dovesse verificare ovviamente saremmo di fronte al fallimento e alla morte certa e certificata dello stato di diritto, come giustamente veniva ricordato prima, e della giustizia italiana. Quindi investiamo lei, Ministro, della responsabilità affinché verifichi, controlli e si attivi perché una vicenda come questa, che rischierebbe di essere veramente una vicenda vergognosa, non si possa verificare. Qua sì che noi avremmo la certificazione della morte della giustizia nel nostro Paese. Questa era la prima riflessione che ritenevo opportuno fare.
Ministro, io non so se Napoli sia più bella di Mosca, ovviamente sa a cosa mi riferisco. Lei ha scelto di andare a Mosca, l'altro giorno; io credo che lei dovesse andare a Napoli. A Napoli si è tenuta un'importante conferenza nazionale dell'avvocatura; in questo momento in cui la giustizia italiana è al collasso – lo diciamo in maniera estremamente chiara, e i numeri che ci ha dato non sono nulla di più che la conferma che la giustizia italiana è gravemente malata, è un malato gravissimo e come tutti i malati gravissimi non li sì può aiutare e curare con delle semplici aspirine, ma si devono curare con ben altri farmaci –, io credo che lei dovesse andare a Napoli, dovesse avere maggiore rispetto nei confronti dell'avvocatura, perché comunque l'avvocatura rappresenta un interlocutore importante del sistema giustizia, anche perché a quell'incontro sono uscite alcune soluzioni estremamente importanti rispetto ai problemi che ha il sistema giustizia.
Le ricordo che il sistema giustizia Italia coinvolge tutti i cittadini italiani, 60 milioni di cittadini italiani, tutti i cittadini. Una cosa riscontriamo e cioè che, in questi nove mesi, lei e il suo Governo, in nove mesi di Governo, vi siete occupati e preoccupati solo ed esclusivamente del problema delle carceri. Il problema delle carceri coinvolge 60 mila cittadini. Quindi sono 60 milioni i cittadini coinvolti nel sistema giustizia e voi vi siete occupati e preoccupati solo di 60 mila, che è il numero dei detenuti. Tra questi 60 mila vi sono 23 mila detenuti che nemmeno sono italiani, ma sono stranieri. Quindi solo il tema delle carceri è stato di vostra competenza. Questa è la certificazione del fallimento di questo Governo, del fallimento suo, rispetto ad un sistema giustizia che, come è stato detto da tutti, è completamente al collasso.
Sabato mattina era a Milano, la Lega ha fatto una docile e civile contestazione nei suoi confronti, al tribunale di Milano per discutere del bilancio sociale alla presenza del presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro, e sono usciti alcuni dati interessanti sulla durata dei processi in Italia rispetto alla media europea. Glieli ricordo, perché uno dei problemi maggiori, uno dei due problemi principali che ha il nostro sistema giustizia è che non avete affrontato i problemi; pur nella consapevolezza che la bacchetta magica non ce l'ha nessuno, un conto è non avere la bacchetta magica e risolvere magicamente i problemi della giustizia, un conto è non occuparsi dei problemi storici, cronici e strutturali del nostro sistema. Mi riferisco innanzitutto alla durata dei processi, alla irragionevole durata dei processi. In quell'incontro a Milano sono state date le cifre della durata media dei processi in Italia, e lei sa benissimo che un processo in Italia giunge a sentenza dopo 3 mila giorni. Una sentenza di primo grado arriva, secondo la media OCSE, dopo 296 giorni, arriva in Italia dopo 586 giorni, e nel tribunale di Milano, che è un tribunale che funziona, efficiente, dove si è investito, dove c’è il processo telematico, c’è l'informatizzazione, c’è la digitalizzazione, siamo a circa 300 giorni. Quindi un sistema che funziona.
Uno dei due gravi mali del sistema giustizia in Italia è l'irragionevole durata dei processi, lo ripeto, 3 mila giorni per arrivare a una sentenza definitiva, e questo è grave in un Paese come il nostro che deve recuperare credibilità rispetto agli investitori stranieri. Sappiamo benissimo che per rilanciare il sistema economico del Paese serve: abbassare la pressione fiscale, ridurre la burocrazia, far sì che le banche possano dare credito alle nostre imprese, e serve un sistema giustizia efficiente che funzioni.
È già stato ricordato, lo ripeto anch'io: se l'Italia è al 158o posto al mondo, secondo la relazione della Banca mondiale per quanto riguarda l'efficienza del sistema giustizia e per quanto riguarda la durata dei processi, ben oltre alcuni Paesi dell'Africa (Gabon e Etiopia), è la conferma che il nostro è un Paese che ha un sistema giustizia non civile, un sistema giustizia che non dà giustizia, e se dà giustizia la dà in tempi eccessivamente lunghi. E una giustizia che dà giustizia in tempi lunghi è una denegata giustizia. Sul problema delle carceri, Ministro, ho sentito da parte sua l'apertura all'indulto; abbiamo sentito dal collega Leva l'apertura all'indulto; abbiamo sentito dal collega Farina l'apertura all'indulto: noi chiudiamo completamente. Ministro, glielo ripetiamo, sono nove mesi che glielo diciamo: il problema del sovraffollamento delle carceri non lo può affrontare, non lo può risolvere, con gli «svuota carceri», con gli indulti mascherati. Ieri, in Commissione antimafia, alcuni magistrati che lottano contro la criminalità organizzata, in prima fila nella lotta alla criminalità organizzata, da ultimo proprio in Commissione giustizia, la settimana scorsa, il magistrato Ardita, hanno chiaramente detto che lo svuota carceri che noi porteremo, che voi insistete a portare in Aula la settimana prossima, è un regalo alla mafia, è un regalo alla criminalità organizzata. Non è un indulto mascherato, peggio ancora, è un vero e proprio indulto. Siamo di fronte ad una giustizia al collasso, a una giustizia che non funziona, e il fallimento della giustizia è il fallimento suo e di questo Governo, Ministro .
PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti del Liceo Ginnasio «Gesù-Maria» di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune .
È iscritto a parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.
CLAUDIO FAVA. Signor Presidente, signora Ministro, devo confessare che abbiamo raccolto con un certo imbarazzo l'assenza nella sua relazione di qualsiasi riferimento alle cose che sono accadute in Sicilia in questi mesi. Lei ha ritenuto evidentemente che siano fatti fuori contesto, rispetto alla sua relazione, ma sono fatti gravi. Lei è Ministro della giustizia e stiamo parlando di due magistrati che sono stati gravemente minacciati. È la prima volta che c’è un concerto di intenzioni tra due capimafia nei confronti di due magistrati, con due minacce di morte che hanno una vocazione stragista: ci saremmo aspettati almeno un accenno di preoccupata attenzione nella sua relazione. Prendiamo atto che non c’è stato, come prendiamo atto che c’è una debolezza nella messa a fuoco di due aspetti che noi riteniamo centrali nell'attività del Governo sul tema della giustizia, e riguardano la lotta alla mafia e la lotta alla corruzione.
Noi condividiamo una parte delle misure che questo Governo intenderà portare avanti rispetto alla situazione carceraria; crediamo che le condizioni di dignità umana e la capacità rieducativa della pena debbano essere obiettivo civile di questo Parlamento, non soltanto di questo Governo, ma pensiamo che sia molto preoccupante l'assenza di attenzione sugli effetti che questo decreto può avere nei confronti di alcuni reati di mafia. Penso, in particolare, al reato di associazione mafiosa; penso a una riduzione eccessiva della pena. Il combinato disposto del giudizio abbreviato e la continuazione dei 45 giorni di sconto già insiste pericolosamente su una riduzione della pena che, portando lo scontro a 75 giorni, renderebbe vano qualsiasi elemento di deterrenza della pena e al tempo stesso vedrebbe aumentato in modo preoccupate il coefficiente di rischio. Penso alla lotta alla corruzione, che è molto più difficile, come ci confermavano i magistrati auditi ieri in Commissione antimafia, da contrastare della mafia, perché non ci sono gli strumenti normativi a disposizione della lotta contro la mafia. Ma la corruzione spesso è il polmone economico-finanziario della mafia.
L'Unione europea ci ha chiesto di intervenire sulla tagliola della prescrizione, cosa che fino ad adesso non è avvenuta, e lei sa che la prescrizione, cominciando dal momento in cui si consuma il reato, per reati di cui si ha notizia spesso molto tempo dopo da loro consumazione, è l'obiettivo naturale al quale si tende allungando i processi e facendo in modo che la macchina della giustizia si ingolfi. Il 6 per cento dei ricorsi in Cassazione sono firmati da pubblici ministeri, il 94 per cento sono presentati da imputati; spesso l'obiettivo dichiarato è quello di arrivare alla prescrizione. Ci augureremmo che su questo ci sia un intervento sollecito, anche tenendo conto dei richiami che più volte sono stati fatti dall'Unione europea su questo tema.
Terzo ed ultimo punto: la diversa gestione dei beni confiscati alla mafia. La sordità del Governo e della sua Agenzia su questo punto è preoccupante, perché sta passando nel Paese un concetto perverso, un'idea malata, e cioè che alla fine la mafia conviene, la lotta alla mafia non conviene, perché fa perdere migliaia di posti di lavoro, perché rende inutilizzabili beni per miliardi di euro che sono stati confiscati ai mafiosi. Su questo occorre intervenire, non soltanto agitando la lettera di una norma, ma facendo in modo che ci siano strumenti concreti perché i beni confiscati possano essere restituiti al patrimonio sociale di questa nazione. E allora noi continuiamo a chiedere, come Commissione antimafia (e quello che le dico è un sentimento e una preoccupazione, su questo e sugli altri punti a cui ho accennato, condivisa da tutti i componenti della Commissione antimafia), misure di sostegno al lavoro in aziende confiscate alla mafia: soltanto 40 sulle 1.300 che sono state confiscate oggi funzionano...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
CLAUDIO FAVA. Signor Presidente, ho parlato soltanto quattro minuti. Mi sembra di avere...
PRESIDENTE. Lei ha cinque minuti.
CLAUDIO FAVA. Esatto. Pensavo di avere esaurito...
PRESIDENTE. Mancano 50 secondi.
CLAUDIO FAVA. Sì, appunto. Dicevo, misure di sostegno al lavoro nelle aziende confiscate alla mafia. Occorre favorire l'accesso al credito a chi si trova nel rischio, e nello stesso tempo nell'esposizione di andare a gestire un bene confiscato alla mafia, si trova spesso a dover accedere al circuito finanziario alle stesse condizioni-capestro che vengono poste nei confronti di qualsiasi altro operatore.
Occorre un albo nazionale degli amministratori giudiziari che sia aperto anche a imprenditori. In Calabria abbiamo scoperto, come lei saprà certamente, che un amministratore giudiziario indicato dal tribunale gestiva i beni per conto dello Stato e per conto della mafia, della avendo questa contemporanea funzione di garantire due soggetti assai diversi tra loro; e vorremmo che quest'albo fosse aperto anche a figure manageriali e imprenditori.
PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.
CLAUDIO FAVA. Vorremmo soprattutto che su questo ci fosse uno scatto – e concludo, signor Presidente – di attenzione e di sensibilità, che questo Governo non dovesse essere richiamato alla necessità di considerare lotta alla corruzione e lotta alla mafia priorità soltanto quando il Parlamento lo pretende, ma che rientri nelle sue corde, che – lo ripeto – non sono corde che vanno sollecitate soltanto da parte della maggioranza, ma che riguardano il dovere civile di tutto il Parlamento di essere punto di riferimento in queste due battaglie .
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fava. Volevo solo dirle che la Presidenza normalmente segnala a quattro minuti, in maniera che l'oratore abbia la possibilità di concludere.
È iscritto a parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, lei ha tutta la mia ammirazione, però non la invidio. Non la invidio, perché lei si trova ad essere politicamente responsabile di un sistema del quale ha un controllo limitato, perché giustamente questo sistema nella sua parte principale gode di una autonomia costituzionalmente tutelata; e io credo che buona parte dei problemi di cui parliamo oggi nascano dal fatto che il dialogo tra politica e magistratura si è interrotto: per una fase per colpa della politica, che ha tentato di intervenire per influenzare singoli procedimenti, facendo leggi che erano in realtà provvedimenti amministrativi o addirittura giudiziari travestiti; e anche per colpa della magistratura, di cui settori importanti hanno reagito con comportamenti fortemente politicizzati.
Credo che siamo adesso in una fase in cui forse un dialogo può riprendere. Fino a ieri ogni provvedimento è stato valutato principalmente dal punto di vista del «favorisce Berlusconi nei suoi processi», «ostacola Berlusconi nei suoi processi». Dovremmo cominciare a guardare alla magistratura con un punto di vista diverso, il punto di vista del cittadino comune: non so se Cristo povero o povero Cristo, ma il cittadino comune che si trova a fare i conti con la giustizia.
Mi auguro che questo sia possibile, e faccio un esempio. Si è parlato in quest'Aula adesso della legge Fini-Giovanardi. si è parlato della legge Fini-Bossi. Siamo d'accordo qui fra di noi, e con i magistrati, nel dire che occorre procedere alla espulsione degli immigrati clandestini i quali non hanno titolo per permanere sul territorio italiano, come si fa in altri Paesi ?
Per quello che ricordo, all'istituzione del reato di immigrazione clandestina si arriva, constatata l'impossibilità, per la resistenza di settori importanti della magistratura, di arrivare ad espulsione per via amministrativa. Siamo in grado, in un dialogo, di arrivare alla formulazione di una norma che consenta rapidamente ed efficacemente l'espulsione di chi non ha titolo per stare sul territorio italiano ? In tal caso, sono favorevole all'abolizione del reato di immigrazione clandestina. Per fare un altro esempio: siamo tutti d'accordo sul fatto che, come ci ripete, in modo crescente negli ultimi anni, la scienza medica, le droghe fanno male ? Il fa male, la fa male, provoca danni gravi e permanenti nel cervello degli adolescenti. Siamo d'accordo su questo ? Se siamo d'accordo su questo e se pensiamo di dover avere una legislazione che contrasta quindi lo spaccio e il consumo della discutiamo se il reato penale è la modalità più adeguata o meno di contrastare il fenomeno. Leggo invece, talvolta, anche con il sostegno di qualche magistrato, posizioni le quali sembrano dire che la fa bene, meglio della sigaretta, e che chi arriva in Italia comunque ha il diritto di rimanere per sempre. Dobbiamo riuscire a trovare un accordo su tali aspetti, perché sono problemi reali che non si risolvono fuori da un dialogo con la magistratura.
I romani avevano un detto: «»; mi pare che una parte della magistratura accetti questo detto e, ritenendosi interprete della giustizia, si chiuda su sé stessa. I romani avevano anche un altro detto: «»; e vivevano, bilanciando questi due detti, la preoccupazione politica del bene comune e la preoccupazione della giustizia nel caso singolo e, non a caso, dicevano che non è possibile separare la dalla . Riusciamo a riaprire questo dialogo ?
Abbiamo toccato due punti, ma potremmo toccarne altri. Mi riferisco ad esempio al problema dei ritardi della giustizia civile, giustizia ritardata è giustizia delegata. Molte volte, la pronuncia del magistrato arriva quando il contenuto economico si è esaurito, è irrecuperabile. Un grande giurista tedesco, il von Jhering, ha scritto un aureo libretto di cui consiglio la lettura, «Der Zweck im Recht», sulla finalità nel diritto. La norma giuridica esiste per tutelare un interesse; quando la pronuncia non tutela più l'interesse, il diritto ha fallito. In molti casi, il nostro diritto civile fallisce perché la sua pronuncia arriva quando il contenuto economico della vicenda si è perduto. Allora, vale la pena forse rischiare qualche volta di dare giudizi non del tutto corretti purché arrivino tempestivamente a salvare almeno in parte gli interessi che sono coinvolti. Ma, su questo, siamo convinti che tutte le nomine dei dirigenti degli istituti giudiziari sono state fatte avendo come preoccupazione prioritaria l'efficienza del servizio e non per ragioni di opportunità politica, per affiliazione politica del magistrato ? Noi sappiamo che alcuni uffici giudiziari funzionano, ma il far funzionare l'ufficio giudiziario più piccolo è titolo per ottenere la nomina all'ufficio giudiziario più importante ? Ho l'impressione che non sempre sia così e su tutte queste cose di cui abbiamo parlato è evidente che il Ministro porta una responsabilità solo parziale.
Io le chiedo, signor Ministro, di aiutare però ad aprire un dialogo nuovo che è inevitabile e necessario tra politica e magistratura. Faccio riferimento ad un'osservazione del collega Leva di cui ho molto apprezzato l'intervento. Ha avuto – non so se molti se ne sono accorti – forse per la prima volta il coraggio di mettere un punto interrogativo su un dogma costituzionale: l'obbligatorietà dell'azione penale. È evidente che, quando c’è una sproporzione enorme fra il numero dei reati che vengono denunciati e la possibilità effettiva di trattarli, non è possibile adempiere all'obbligo di trattare effettivamente ogni singolo reato. Si arriva ad una selezione, fatta da chi ? Come ? Con quali criteri ? Chi decide quale pratica sta in cima e quale pratica sta in fondo al catasto delle pratiche che occupa inevitabilmente il tavolo dei nostri magistrati ?
Lo decide il singolo magistrato. E questo vuol dire avere un potere straordinario, un potere che la Costituzione non gli conferisce. Lo decide la politica, lo si decide, definendo criteri. È un tema che va affrontato.
Vi sarebbero molte altre cose da dire. Svolgo solo una osservazione sulla carceri. Io penso che dobbiamo difendere i diritti umani dei detenuti e, quindi, approvo i suoi provvedimenti. Però, diciamo anche ai cittadini che vi è un piano di edilizia carceraria funzionante, perché non possiamo dire che, se la società italiana produce domanda di carceri per 80 mila persone, noi abbiamo soltanto 46 mila posti. La gente pensa che vi sono troppi delinquenti in giro, non che vi sono troppi pochi posti in carcere.
Curiamo il tema della detenzione preventiva e vediamo di abbatterla. Il 40 per cento di detenzione preventiva è inaccettabile...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Buttiglione.
ROCCO BUTTIGLIONE. ... e vediamo di curare il reinserimento contro la recidiva. Sappiamo che norme adeguate di reinserimento – vedo che lei se ne sta occupando, signor Ministro – sono la miglior barriera contro la recidiva e, quindi, il migliore «svuota carceri».
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.
ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, signor Ministro, con il suo scritto lei ha dimostrato di non avere contezza di come funziona la giustizia in Italia. Forse lei non è mai andata in un tribunale, nelle aule del tribunale di giustizia, nelle cancellerie, a fare la fila anche solo chiedendo un numerino, come si fa dal salumiere. Forse non ci è mai andata. Ma io, per la mia piccola esperienza, ci sono stato e, purtroppo, non è come dice lei.
Noi del MoVimento 5 Stelle non crediamo che lei sia in malafede, non totalmente. Però, crediamo che lei, purtroppo, sia totalmente inconsapevole ed inadeguata al suo ruolo e questo è un grave problema per la giustizia italiana, ma per tutti, utenti, cittadini, avvocati e magistrati. Lei ha parlato di arretrato civile e penale, di dilatazione dei termini quantitativi del processo, che sono effetti gravissimi, effetti distorsivi del sistema, ma si è confusa sulle cause. Lei ha indicato, nelle cause, l'accrescimento dei diritti dei cittadini. Signor Ministro, questa causa, l'accrescimento dei diritti, deve essere il fulcro dell'attività di ogni Governo e di ogni Parlamento civile . Non può essere un problema l'accrescimento dei diritti dei cittadini !
Ha parlato anche della sovraesposizione della magistratura. Ora io sono abbastanza giovane, però mi ricordo che questo era uno dei punti voluti da Licio Gelli. Si ricorda la P2 ? Proprio questo, questo punto che poi era stato in parte ripreso dagli intendimenti del Ministro Alfano sotto il Governo Berlusconi, e ora lei qui, in quest'Aula, ci sta di nuovo dicendo del problema della sovraesposizione della magistratura. Non è questo il problema della magistratura né della giustizia, sia civile sia penale.
Lei ha parlato di alcune direttrici: razionalizzazione degli uffici giudiziari. Questo significa: cancellazione del diritto all'accesso alla giustizia in determinati territori, territori magari in cui c’è una forte influenza della criminalità organizzata, e questo non ci va bene.
Lei ha parlato di efficienza della domanda, ma, in realtà, efficienza della domanda significa aumentare i costi, e difatti lei ha affermato che sono state realizzate delle buone riforme, il cosiddetto «filtro in appello» e l'aumento del contributo unificato, che ha portato finalmente ad una diminuzione della domanda. Le servirebbe un piccolo corso di microeconomia: ogni aumento del prezzo significa riduzione della domanda. Ma, davvero l'obiettivo è la riduzione della domanda e, quindi, la riduzione dei diritti del cittadino ? Per noi «no» ! Per noi l'accrescimento della domanda, l'accrescimento della tutela dei diritti dei cittadini è il vero obiettivo che lei dovrebbe esprimere .
Grazie al Governo Monti e anche al Governo che lei rappresenta qui in quest'Aula, sono aumentati i costi della giustizia, e questo non è un bene. In un momento di crisi, in realtà, magari si dovrebbero diminuire i costi della giustizia, perché la giustizia si attua nelle aule dei tribunali, nel contraddittorio delle parti, di fronte ad un giudice terzo e non la si applica mettendo i bastoni fra le ruote a persone che reclamano i propri diritti.
Lei ha parlato anche di diminuzione dei ricorsi della legge Pinto. Vuole sapere perché sono diminuiti ? Perché è cambiata la normativa, è molto semplice. Non perché il Ministero ha lavorato bene o perché le cause si sono accorciate nelle tempistiche ma perché è cambiata la legge, sono cambiati i criteri e i requisiti per accedere alla legge Pinto.
Sulle intercettazioni, lei vorrebbe diminuire l'uso delle intercettazioni – è uscito anche un articolo su un giornale qualche giorno fa – ovvero attuare la stessa politica che aveva attuato, ma non c’è riuscito, il Governo Berlusconi. E abbiamo sentito stranamente le stesse parole dal collega Leva del Partito Democratico. D'altra parte, non è un mistero e capiamo perché le interessano le intercettazioni, perché, proprio grazie alle intercettazioni, è emerso il suo interesse nella vicenda di Giulia Ligresti. Se non ci fossero state le intercettazioni, non sarebbe emerso tutto questo.
Passiamo poi all'assurdo disegno di legge collegato alla legge di stabilità sulla giustizia. Noi non abbiano idea di chi l'abbia scritto, ma, per certe assurdità, è meglio non conoscere chi sono i genitori. Prevedere che il cittadino debba pagare per avere la motivazione della sentenza a noi sembra una estorsione legalizzata
Per non parlare del piano «destinazione Italia», ovvero delle «marchette» che sono state fatte dal suo Governo alle varie assicurazioni, in primis Unipol, che ha tanti amici soprattutto in questo Parlamento dentro il Partito Democratico. Le norma sull'RC auto sono norme assurde, sono norme incostituzionali. Spero se ne renda conto e spero che anche i componenti della Commissione giustizia se ne rendano conto quando dovremo discuterlo.
Lei ha parlato anche dei suoi decreti «svuota carceri». Ebbene, l'ultimo noi l'abbiamo soprannominato un indulto mascherato. Questo indulto mascherato, perché ovviamente non avete il coraggio di fare un indulto vero e proprio, rischia, come già è avvenuto, di far uscire di carcere i mafiosi. Glielo dico: ne sono già usciti cinque di mafiosi, ma, secondo il DAP, ne potrebbero uscire ben cinquanta di condannati ex articolo 416- del codice penale. Spero se ne renda conto e sinceramente sapere che un suo atto faccia uscire prematuramente dei mafiosi dal carcere e sentire invece il silenzio delle istituzioni verso il PM Di Matteo, minacciato da Riina e dalla mafia ci sembra veramente assurdo Ci sembra che questo Governo vada addirittura oltre la trattativa Stato-mafia; questa è la trattativa mafia-Stato, non Stato-mafia E guarda caso sono uscite anche queste intercettazioni su Riina, che parlava nel carcere di Opera, dove, da un certo punto di vista, faceva i complementi a coloro, politici, che affermavano che Napolitano non dovesse testimoniare nel processo di Palermo.
Lei si rende conto del corto circuito che c’è in questo momento tra giustizia, politica e criminalità organizzata ? Se ne rende conto ? E fare uscire i mafiosi cosa crea in questo corto circuito ? Che ci rimette la magistratura, coloro che fanno il loro lavoro onestamente, e ci rimettono i cittadini.
Bene, signor Ministro, lei sa bene che noi ovviamente, avendo presentato già una mozione di sfiducia, non abbiamo fiducia nel suo operato e ancora con il decreto-legge «svuota carceri» la nostra fiducia manca del tutto, perché, signor Ministro, secondo noi, il Ministero della giustizia, come quello dell'interno, dovrebbe lottare contro la mafia e non dovrebbero lottare per fare uscire i mafiosi dal carcere. Se ne renda conto prima che sia troppo tardi
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Morani. Ne ha facoltà.
ALESSIA MORANI. Signor Presidente, io ringrazio il Ministro Cancellieri per l'ampiezza della sua relazione, anche per la franchezza con cui non ha nascosto i problemi enormi della giustizia italiana, relativi al carico della giustizia, alla durata dei processi e al sovraffollamento carcerario. Quindi, cercherò di concentrarmi su alcune criticità che vorrei portare all'attenzione del Ministro.
Parto dalla geografia giudiziaria. Il Ministro sa la posizione del Partito Democratico, la conosce bene, sulla riforma. Una riforma necessaria, una delle poche riforme che sono state portate a termine in questo Paese, che, però, ha risposto a criteri di taglio di spesa solo quantitativa e non qualitativa. Abbiamo assistito ad alcune distorsioni degli effetti di questa riforma della geografia giudiziaria. Penso, ad esempio, alla permanenza dei tribunali in Molise, a differenza del tribunale di Lucera, lì a fianco. Penso a qualche altra situazione in Italia, dove alcune sezioni distaccate che sono state abolite avevano un carico giudiziario più pesante del tribunale stesso.
Quindi, ferma restando la nostra posizione sulla riforma, che riteniamo necessaria, ribadisco, e sulla quale il Ministero si è anche impegnato – ne do atto – ad alcune correzioni e integrazioni, ritengo, però, che si debba superare il congestionamento di alcuni tribunali metropolitani, di alcune corti di appello, delle sezioni insulari (Lipari, Piombino, Ischia). Mi riferisco alla situazione infrastrutturale di alcuni tribunali, alle gravose spese che incombono sui comuni, di cui, però, nessuno parla. Mi riferisco ad alcune situazioni che riguardano gli indici di criminalità organizzata, a un effettivo completamento delle piante organiche del personale giudiziario e dell'informatizzazione degli uffici.
Riguardo, invece, al carico giudiziario, sul quale, appunto, ho apprezzato la franchezza nella relazione del Ministro, i cui numeri sono ancora impressionanti, ritengo che, da un punto di vista del contributo che il Partito Democratico può dare in questo specifico problema della giustizia, sul piano penale, soprattutto, si possano adottare alcuni provvedimenti necessari ed utili per deflazionare il carico penale, che consentano di ridurre la durata dei processi senza comprimere le garanzie della difesa e, tanto meno, diminuire la sicurezza dei cittadini.
Riteniamo che strumenti in esame alle Camere, insieme ad alcuni importanti provvedimenti governativi, possano essere di grande aiuto alla deflazione del carico penale. Penso al provvedimento sulla messa alla prova, alla sospensione del processo per gli irreperibili, all'introduzione della «particolare tenuità del fatto», alla riduzione dell'area penale, la cosiddetta «depenalizzazione», a un nuovo e più efficace sistema delle pene, ad un ampliamento dell'applicazione dell'oblazione, al rafforzamento di alcuni strumenti della giustizia riparativa, a tutela delle vittime.
Penso alla revisione della disciplina della prescrizione, delle notificazioni e delle nullità, e anche ad una ristrutturazione di un sistema delle impugnazioni. Sul carico di giudizio civile, che è quello che pesa di più sulla nostra economia e che ha dei numeri anch'essi spaventosi, signora Ministro, vorrei appuntare delle critiche rispetto ad alcuni provvedimenti che ritengo parziali rispetto alla giustizia civile ed insufficienti, soprattutto sul processo civile.
Anche qui, vorrei dare alcuni spunti per poter contribuire al superamento ed alla semplificazione del processo civile, con una revisione organica, anche in questo caso, delle impugnazioni, attraverso il completamento del processo civile telematico e l'incentivazione delle modalità informatiche, che consentano alle parti di conoscere in tempo reale lo stato del processo.
Penso anche, ad esempio, all'istituzione di sportelli informatici, alla costituzione di organismi conciliativi a livello regionale per la definizione delle controversie tra cittadini-utenti e pubbliche amministrazioni locali, alla deflazione del contenzioso civile attraverso l'istituzione di camere arbitrali dell'avvocatura presso gli ordini forensi e attraverso la promozione della negoziazione assistita da parte degli avvocati.
Signora Ministro, mi permetto anche di auspicare un recupero del rapporto con l'avvocatura italiana.
In questi giorni vi sono stati toni accesi e forse un segnale anche verso l'avvocatura sarebbe quello di dare finalmente attuazione alla riforma forense, che purtroppo non è stata ancora completata.
Sempre come strumento per il processo civile, io mi permetto di consigliare anche, in questo caso – vi ha fatto riferimento nella sua relazione – una collocazione definitiva ordinamentale dei giudici di pace e della magistratura onoraria.
Vengo al tema del carcere, che è il tema anche più sentito, su cui ci siamo concentrati dall'inizio della legislatura, consapevoli della condizione inumana in cui vivono i detenuti in alcune carceri del nostro Paese. Ci siamo trovati purtroppo ad affrontare l'ennesima emergenza. Qualcuno prima di noi questa emergenza non l'ha affrontata, anzi ha generato leggi, come la «ex Cirielli», la «Fini-Giovanardi», che purtroppo hanno riempito le nostre carceri. Il Presidente Napolitano ha fatto bene con il suo messaggio alle Camere ad invitarci a prendere in esame la questione carceraria e la sentenza Torreggiani.
Sulle tematiche oggetto dell'alto messaggio del Presidente della Repubblica, che sostanzialmente si suddividono in tre ambiti, ossia la riduzione del numero dei detenuti attraverso provvedimenti di carattere strutturale, l'aumento della capienza degli istituti penitenziari e il ricorso a provvedimenti di clemenza, il Partito Democratico, il segretario del Partito Democratico ha scelto l'approccio riformatore. Noi riteniamo di seguire questo approccio riformatore attraverso l'introduzione, come dicevo, di alcune importanti novità, come la la riforma della custodia cautelare, l'attenuazione degli aspetti della recidiva, l'introduzione di pene detentive non carcerarie, la depenalizzazione di alcuni reati di minore allarme sociale e la modifica della cosiddetta legge Fini-Giovanardi, che non possiamo più rinviare per il numero altissimo di detenuti che abbiamo in carcere per colpa – e dico colpa – di questa legge.
L'aver scelto la via delle riforme piuttosto che quella dei provvedimenti di clemenza va nella direzione di una soluzione definitiva a questi problemi. L'indulto lo abbiamo già sperimentato nel 2006. L'indulto alleggerisce solo temporaneamente il sovraffollamento, e noi invece vogliamo risolvere il sovraffollamento attraverso provvedimenti di carattere strutturale e ci prendiamo anche la responsabilità di farlo.
Tutte queste riforme, i provvedimenti di cui ho parlato hanno però bisogno di gambe per poter camminare. Per questo dico che rischiano di rimanere inefficaci se non si procede al contestuale potenziamento, ad esempio, dell'area dell'esecuzione penale esterna, prevedendo un adeguamento delle risorse umane e strumentali e nuovi compiti, in analogia a quanto avvenne nel 1998 con la legge «Simeone-Saraceni», grazie alla quale nel 1999 furono assunti 684 assistenti sociali e 140 assistenti amministrativi.
Purtroppo, nel corso di questo decennio, abbiamo assistito invece al depauperamento della dotazione organica degli assistenti sociali e della dirigenza dell'esecuzione penale. In particolare, i funzionari del servizio sociale sono diminuiti di circa 500 unità, tra pensionamenti e tagli di organici, senza possibilità di ricorso al . Ad oggi, risultano infatti in servizio circa mille unità di servizio sociale e i dirigenti si sono ridotti a 35 unità, a fronte di 55 posti di funzione.
Questa drammatica situazione degli organici comporta che, allo stato attuale, si sta realizzando una organizzazione degli uffici UEPE che torna indietro nel tempo rispetto al progetto faticosamente costruito negli anni scorsi. Le sedi UEPE declassate saranno infatti affidate purtroppo a funzionari di servizio sociale costretti a una responsabilità che, in relazione alla complessità delle strutture da gestire, appare del tutto incompatibile con il loro giuridico ed economico.
Oltre alla questione del personale occorre affrontare anche, facendo scelte mirate sulla gestione delle risorse finanziarie, la problematica delle dotazioni strumentali. Mi riferisco, in particolare, alle postazioni informatiche per gli operatori, e mi riferisco anche e soprattutto alle autovetture di servizio, attraverso le quali gli assistenti sociali non hanno un ma che servono a garantire l'espletamento del loro mandato istituzionale, ossia le indagini della libertà per accesso a misure alternative, la collaborazione con altri UEPE per indagini socio-familiari e lavorative dei detenuti, gli accertamenti di domicilio, le gestioni delle detenzioni domiciliari secondo la legge n. 199 del 2010 e le successive modifiche, nonché i sopralluoghi a semiliberi e lavoranti all'estero.
Non è possibile, in molti casi, raggiungere con i mezzi pubblici i luoghi di lavoro, i domicili, le strutture di ricovero, di cura e di comunità. È per questo, signora Ministro, che chiedo che, assieme a un rafforzamento degli UEPE, si faccia anche una riflessione sulla polizia penitenziaria.
Già dal 2010, quando si sono conclamati la crisi e lo stato di emergenza del sistema penitenziario, il Partito Democratico ha chiesto l'apertura di un sulla situazione numerica e professionale della polizia penitenziaria. Nell'ambito della legge «Alfano» del novembre 2010 avevamo già impegnato il Governo dell'epoca a svolgere una ricognizione sulla necessità di adeguamento e di valorizzazione di queste professionalità, che corresse in parallelo allo sviluppo del piano carceri. Quell'impegno, assunto solennemente davanti al Parlamento, è stato disatteso dai Ministri della giustizia che si sono succeduti fino ad oggi ed i problemi della polizia penitenziaria sono rimasti sostanzialmente irrisolti, fagocitati dalle politiche più generali del pubblico impiego, dalla riduzione degli assetti organizzativi della pubblica amministrazione, in poche parole dalla .
Concludo, signora Ministro, con alcune note positive su alcuni provvedimenti con cui abbiamo iniziato a risolvere uno dei problemi più urgenti di questo Paese e che ringrazio il Governo per aver adottato in tempi così tempestivi e che il Parlamento ha anche contribuito a migliorare. Mi riferisco, in particolare, alle norme sul femminicidio. Ce lo dicono i dati: qualche giorno fa la procura di Roma ci ha comunicato che nel 2013, ad esempio, rispetto al 2012, le notizie di reato che comprendono tutte le ipotesi di violenza di genere, compresa quella economica, sono passate da 5.475 a 7.295, ovvero 1.820 procedimenti in più, il 33 per cento. Questo significa che le denunce per violenza sessuale, compresa quella di gruppo, sono state l'anno scorso – dico purtroppo – di più rispetto a quelle dell'anno precedente, così come i maltrattamenti in famiglia, così come lo . Questo significa che questo provvedimento ha aiutato tante donne ad uscire dal silenzio, ad uscire dall'isolamento e ad essere più forti, anche nei confronti degli uomini che le maltrattano.
In conclusione, signora Ministro, rispetto alle positività che ho espresso sul femminicidio, vorrei esprimere anche l'auspicio che il Governo proceda anche sull'omicidio stradale. So che è stato faticosamente trovato un accordo tra i Ministeri. Come abbiamo fatto sul femminicidio credo che, anche da questo punto di vista, si possa fare un buon lavoro, si possa andare incontro alle richieste di tantissimi cittadini che chiedono giustizia da anni e, da questo punto di vista, il Partito Democratico sarà al fianco del Governo
PRESIDENTE. Salutiamo gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo Giacomo Matteotti di Aprilia, in provincia di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune .
È iscritto a parlare l'onorevole Tancredi Turco. Ne ha facoltà.
TANCREDI TURCO. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, abbiamo ascoltato, signor Ministro, le sue comunicazioni e la sua relazione, ma non possiamo che prendere atto che, relativamente alla materia dell'ordinamento giudiziario, il reiterato ricorso, da parte del Governo, all'utilizzo dello strumento della decretazione d'urgenza desta notevoli perplessità in quanto i limitatissimi tempi del procedimento parlamentare di conversione di un decreto-legge non sono idonei a garantire un'adeguata discussione e ponderazione dei delicati interessi in conflitto.
A tal proposito, è necessario che le misure di iniziativa governativa relative alla giustizia debbano sempre essere sottoposte all'esame del Parlamento nelle forme ordinarie, rispettose della funzione legislativa che la Costituzione riconosce al Parlamento. La rapidità dell'accertamento delle responsabilità penali e la predisposizione di norme e riforme, anche strutturali, tali da garantire la certezza del diritto e la certezza della pena, idonee tra l'altro a garantire la conclusione dei processi prima del decorso del termine prescrizionale, debbono necessariamente rappresentare una priorità dell'azione governativa.
Nel corso di questo avvio di legislatura, il Governo ha sottoposto all'esame del Parlamento numerosi atti, prevalentemente attraverso appunto lo strumento del decreto-legge, i quali, oltre che incostituzionali sotto il profilo del metodo, hanno avuto un impatto assolutamente negativo sul duplice fronte della garanzia del diritto dell'accesso per il cittadino alla giustizia e dell'effettività e della certezza della pena per i condannati.
Penso appunto anche agli interventi sul riordino della geografia giudiziaria, oggetto di impugnazione ai sensi dell'articolo 75 della Costituzione da parte di ben 9 consigli regionali, che ne hanno richiesto un referendum abrogativo. Penso all'ultima legge di stabilità del 2014, dove si è inteso mortificare l'istituto del gratuito patrocinio, sottraendo ad esso risorse fondamentali. E penso, infine, al recentissimo decreto-legge cosiddetto «svuota carceri», recante un vero e proprio indulto mascherato, estraneo alla Costituzione, volto all'unico fine di evitare allo Stato le gravose ripercussioni economiche derivanti dall'applicazione della sentenza Torreggiani.
Va quindi considerato che la produzione dei ricordati interventi legislativi è stata costantemente dettata dall'esigenza di sfruttare politicamente il clamore suscitato dalla stampa di fronte a casi eclatanti, che hanno sensibilizzato l'opinione pubblica (penso anche al decreto sul femminicidio), dando luogo ad esili e lacunose riforme, rappresentate come un intervento urgente e necessario ad arginare ciò che di volta in volta occupava il dibattito sui .
Si auspica quindi che l'attuale fase politico-parlamentare possa trovare, perlomeno sui temi della giustizia, spazi utili per efficaci quanto durature riforme strutturali in favore di un settore strategico, con l'attrazione di investimenti stranieri, attraverso un reale snellimento del procedimento penale ed una drastica riduzione dei tempi di accertamento dei diritti in ambito civile, tale da allinearsi agli standard europei. Tale auspicio dovrà tuttavia concretizzarsi in provvedimenti nel metodo e nel merito radicalmente diversi da quelli presentati sino ad oggi da parte del Governo.
Un altro aspetto negativo del cattivo funzionamento della giustizia penale e dei problemi più impellenti che affliggono la giustizia italiana concerne la ragionevole durata del processo. Siamo in presenza di oltre 5 milioni di processi civili e 3 milioni di processi penali e di tempi medi di definizione che nel civile sono pari ad oltre 7 anni e nel penale ad oltre 5 anni.
Con riferimento alle problematiche della situazione carceraria, non si può non rilevare il permanere di condizioni assolutamente paradossali, come quelle di strutture terminate da molti anni e non ancora entrate in funzione, talune delle quali si presentano già obsolete; o come quelle dei braccialetti elettronici, per la cui fornitura e gestione lo Stato ha speso, nell'arco di 10 anni, circa 110 milioni di euro, e che sono rimasti sostanzialmente o totalmente inutilizzati .
Va ricordato che nel 2012 la Corte dei conti ha affermato che la corruzione costa allo Stato italiano 60 milioni di euro ed il nostro Paese è al sessantanovesimo posto su 117 Paesi.
Una delle questioni cruciali per il nostro Paese, quindi, anche dal punto di vista economico, è rappresentata dalla risposta che il sistema giustizia è in grado di offrire al fenomeno della corruzione, che costituisce una vera e propria zavorra per il sistema economico, con effetti devastanti sulle medie e piccole imprese in termini di mancata concorrenza.
La corruzione ha sempre trovato terreno fertile dal fatto che molteplici strumenti normativi siano stati depressi o distrutti o non ancora introdotti, come la sostanziale depenalizzazione del falso in bilancio, che consente a vile prezzo le uscite in nero dalle casse di imprese pubbliche e private .
Consideriamo infine che ogni ipotesi di amnistia o di indulto rappresenta una sconfitta per il principio di legalità, per il principio di effettività della pena e per le tante vittime che hanno aspettato e sperato nel funzionamento della giustizia.
Il ricorso a provvedimenti indulgenziali rischia di dar luogo a meccanismi in base ai quali lo sconto di pena cresce con il crescere della pena, consentendo proprio ai soggetti più pericolosi sul piano criminale di poter uscire dal carcere.
Ciò premesso, si invita quindi il Governo a porre il servizio giustizia che lo Stato rende al cittadino basilare per il recupero di competitività del Paese.
Occorre intraprendere la strada di una riforma coerente e positiva di sistema proposta mediante l'esclusivo strumento del disegno di legge (quindi non con i soliti decreti-legge) che intervenga sulla struttura del procedimento penale per eliminare gli ostacoli alla sua celere celebrazione, tale da risolvere definitivamente i problemi della giustizia legati alla ragionevole durata del processo. Occorre rimuovere gli ostacoli economici e procedurali che si frappongono tra il cittadino e l'esercizio del proprio diritto alla giustizia. Occorre rivedere, tenendo presente l'istanza di referendum abrogativo avanzata da nove regioni, l'attuale provvedimento di riordino degli uffici giudiziari, sospendendone l'attuazione ed implementando strumenti più adeguati per ottenere gli attesi obiettivi di risparmio e di efficienza.
Occorre sostenere altresì l'esame e l'approvazione delle proposte di legge d'iniziativa parlamentare in tema di: revisione dell'impianto normativo e depenalizzazione dei reati connessi alla coltivazione, cessione e consumo della ; depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina; inasprimento delle pene legate ai reati di corruzione ed alla loro prevenzione; revisione della prescrizione nel processo penale; riciclaggio; autoriciclaggio; detenzione di attività finanziarie all'estero; protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico; divorzio breve; delitti contro l'ambiente e azione di risarcimento del danno ambientale. Con riferimento al sistema carcerario si impegna inoltre il Governo a mettere in campo un'incisiva opera di depenalizzazione sia sul fronte del reato di clandestinità che sugli inasprimenti dei reati sugli stupefacenti indotti dalla legge cosiddetta Fini-Giovanardi. Occorre reperire le necessarie risorse finanziarie per l'edilizia penitenziaria, prevedendo la realizzazione di nuove strutture solo ove necessario e con priorità all'ampliamento e all'ammodernamento di quelle esistenti che siano adattabili, evitando il ricorso a procedure straordinarie in deroga alla normativa sugli appalti di lavori pubblici.
PRESIDENTE. Onorevole Turco, concluda.
TANCREDI TURCO. Concludo. Occorre assumere le opportune iniziative volte ad incentivare, favorendo la conclusione di appositi accordi in tal senso con altri Paesi, in modo da consentire ad un maggior numero di persone di scontare la condanna nel Paese di origine ed, infine, occorre garantire il principio della certezza della pena, ponendo fine all'emanazione di norme emergenziali recanti sconti di pena generalizzati a scapito della sicurezza dei cittadini
PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti dell'Istituto tecnico agrario «Giuseppe Garibaldi» di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune .
È iscritto a parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.
EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, signora Ministro, anzitutto per dirle che sinceramente, dopo aver ascoltato la sua relazione, buona parte dei nostri interventi come forze di opposizione sarebbero inutili perché lei ha parlato come se fosse sostanzialmente un componente dell'opposizione e non il Ministro del Governo che dovrebbe risolvere i problemi. L'ottanta per cento di quello che ha detto era una critica alla sua gestione e alla gestione del Governo, ma su questo comunque credo che qualcos'altro ancora va detto. Anzitutto sul sistema penale siamo di fronte ad una «Caporetto» assoluta: da una parte si cancella la ragionevole durata del processo, da un'altra un largo uso della custodia cautelare che sicuramente non verrà limitato dalla riforma messa in campo dal Parlamento e non dal Governo, poiché ancora si alterna a una carcerazione facile, senza prove e senza condotte determinanti nei confronti di cittadini stranieri, un'eccessiva larghezza nel considerare scarsamente sufficienti le esigenze cautelari in flagranza di reato. Alla stessa maniera processi che si prescrivono per effetto della lunghezza di essi, anche per il combinato della legge ex Cirielli e lo dico perché qualche collega l'ha citata. Guarda caso la legge Cirielli nelle parti in cui inasprisce il sistema penale e prevede giustamente che i recidivi siano puniti più severamente dallo Stato è stata ampiamente smantellata da questa maggioranza, mentre, invece, la parte da tutti criticata sulla prescrizione non viene toccata. Chissà che non sia una volontà messa in campo anche nell'accordo tra Berlusconi e Renzi per il sistema elettorale.
Sul versante dell'esecuzione della pena la «Caporetto» è totale. Il fallimento ridicolo da parte di questa maggioranza e del Governo è ancora più plateale. Lo è perché, da una parte, non si fa nulla in maniera seria per intervenire in maniera strutturale sul sovraffollamento carcerario e non è vero che in Italia ci sono troppi detenuti. In Italia i detenuti sono meno in media rispetto ad altri Paesi.
In Italia ci sono poche carceri, in Italia ci sono pochi assistenti sociali, in Italia ci sono pochi rappresentanti delle forze di polizia penitenziaria, che sono anch'essi vittime della mala giustizia, perché sono in pochi, non c’è un ricambio, sono mal pagati, ripeto, non si mette mano al portafoglio, non si fa nulla per rieducare i detenuti: semplicemente li si scarcera prima del tempo perché si riconosce che lo Stato ha fallito.
Probabilmente non si fa nulla – e hanno ragione alcuni colleghi di altri gruppi – per rimuovere le cause sociali della criminalità, ma poi non si fa nulla per rieducare e reintegrare nella società i detenuti: semplicemente li si libera anticipatamente, cancellando i diritti delle vittime. Perché vede, in Italia vittime sono la polizia penitenziaria, vittime sono magari i detenuti che vivono in condizioni disumane in carcere, ma ci sono poi le vittime dei reati.
E siccome tutti citano sempre il fatto che l'Italia è condannata per la lunghezza del processo, è condannata per le condizioni disumane del sovraffollamento carcerario, le ricordo che l'Italia è stata messa in mora anche a seguito del procedimento di infrazione promosso contro di essa dalla Commissione europea per la cattiva applicazione della direttiva 2004/80/CE, che prevede un sistema adeguato di tutela delle vittime dei reati. E l'Italia è il fanalino di coda.
Noi come gruppo di Fratelli d'Italia abbiamo presentato sia una proposta di legge costituzionale, per inserire nella Costituzione la tutela delle vittime di reato, sia una proposta di legge che mira a sanzionare l'inefficienza dello Stato, nel senso, come capita sempre: se una persona viene liberata anticipatamente per effetto di tutte le diavolerie messe in campo dalla riforma dell'ordinamento carcerario del 1974 e della legge «Gozzini» – sospensione condizionale della pena, affidamento in prova ai servizi sociali, detenzione domiciliare, liberazione anticipata, e chi più ne ha, più ne metta – se una persona non sta in galera e commette un reato, deve pagare lo Stato ! Poiché questi delinquenti il più delle volte non sono capienti, la vittima, oltre a subire il reato, alla fine non è neanche in grado di essere soddisfatta dal delinquente.
E capita addirittura che il suo Ministero chieda alle vittime dei reati o a familiari delle vittime dei reati di pagare il processo alla fine, invece in tutti gli altri Paesi europei è lo Stato che è vicino alle vittime, è lo Stato che dà loro il gratuito patrocinio, è lo Stato che tutela con assistenti sociali ed economicamente le vittime dei reati.
C’è il problema degli stranieri in carcere: sono il 30 per cento. Qualcuno dice: tutto sommato è un fatto normale. Ma in Italia non sono il 30 per cento, gli stranieri. C’è un motivo, evidentemente, e noi dovremmo in tempi rapidi fare accordi con i Paesi stranieri. E questi accordi non si fanno perché i Paesi stranieri, giustamente, non vogliano i delinquenti perché non vogliono avere spese maggiori per il loro sistema giudiziario, ma siccome a noi costano, sarebbe giusto fare accordi, a pagamento dell'Italia, per far scontare all'estero, nei Paesi d'origine, la pena agli stranieri.
Sulla nella giustizia civile, penso che lei sia stata assai più chiara di quello che potrei essere io...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
EDMONDO CIRIELLI. Vado verso la conclusione, sì.
Sul piano amministrativo dei TAR, anche qui c’è una credibilità dello Stato messo in difficoltà. Voglio concludere – visto che lei è Ministro di grazia e giustizia – sulla vicenda dei marò. E lei dice: cosa c'entra ? C'entra, perché è stato violato il codice di procedura penale, che prevede che nessuno possa essere consegnato – cittadino straniero – senza il procedimento di estradizione. E c'entra perché sui giornali – e lo dicono anche i familiari – c’è scritto che qualcuno ha minacciato i due marò per farli rientrare in India, dove possono essere condannati alla pena di morte o semplicemente subiscono un processo ingiusto.
PRESIDENTE. Deve concludere.
EDMONDO CIRIELLI. Per cui io credo che lei debba avviare un'inchiesta per accertare chi li ha consegnati senza estradizione e se ci sono estremi di reato di violenza privata a danno di quei due marò, dei due militari che sono stati riconsegnati contro il loro volere o con un volere estorto da qualcuno, forse qualche suo ex collega del vecchio Governo.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni della Ministra della giustizia.
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Verini, Costa, Dambruoso, Gitti e Pisicchio n. 6-00043, Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00044, Turco ed altri n. 6-00045, Daniele Farina ed altri n. 6-00046, Cirielli e Giorgia Meloni n. 6-00047 e Brunetta ed altri n. 6-00048. I relativi testi sono in distribuzione .
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la Ministra della giustizia, Anna Maria Cancellieri, che esprimerà altresì il parere sulle risoluzioni presentate.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Signor Presidente, procederei con l'esprimere il parere sulle risoluzioni, poi, eventualmente, svolgerò altre considerazioni.
Sulla risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00044 esprimo parere favorevole per quanto riguarda le lettere ed . Si può esprimere una posizione favorevole rispetto alla revisione del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura, nonché la legge di responsabilità civile dei magistrati...
PRESIDENTE. Mi scusi, signora Ministro. Mi scusi, altrimenti, non riusciamo a seguire. Dovrebbe prima dare il parere sulla prima risoluzione, che è la risoluzione Verini, Costa, Dambruoso, Gitti e Pisicchio n. 6-00043.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Le risoluzioni sono segnate tutte, quindi... la devo trovare, un attimo solo.
PRESIDENTE. Magari se possiamo darne una copia al Ministro. Le sta arrivando, signor Ministro.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Sulla risoluzione Verini, Costa, Dambruoso, Gitti e Pisicchio n. 6-00043, il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Bene, attenda un attimo. Volevo verificare se abbiamo raccolto il parere sulla seconda risoluzione. Se può ripetere gentilmente il parere sulla risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00044. La prego di alzarsi in piedi, per favore.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Signor Presidente, il parere è favorevole sulle lettere ed parere favorevole per quanto riguarda la revisione del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura nonché le leggi di responsabilità civile dei magistrati, a condizione che siano previsti meccanismi diretti ad impedire che possano esserci azioni strumentali volte ad intimidire il magistrato, in modo da mettere in crisi i valori d'indipendenza e autonomia della magistratura. Quanto alla modernizzazione tecnologica e alla realizzazione del processo telematico, verranno rispettati i tempi stabiliti. La realizzazione delle riforme organiche della magistratura onoraria sarà organizzata in modo che sia definitivamente realizzato il ruolo nell'ambito della funzione giudiziaria; assoluta implementazione degli accordi internazionali diretti a consentire l'esecuzione della pena nei Paesi d'origine.
PRESIDENTE. Mi scusi, signor Ministro, sempre per chiarezza. Quindi, lei, sostanzialmente, dà un parere favorevole su quei punti che adesso ha menzionato, a condizione che siano soppressi gli altri dalla risoluzione. Diversamente, il parere è contrario su tutto, mi pare di capire.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Sì, Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene, grazie.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Per quanto riguarda la risoluzione Turco ed altri n. 6-00045, il parere è favorevole. C’è una disponibilità alla valorizzazione del gratuito patrocinio dei non abbienti. È già in corso una complessiva realizzazione della depenalizzazione in ordine ai reati di non particolare allarme sociale. Vi è la disponibilità a rivedere il sistema processuale diretto a ridurre i tempi del processo; ci sarà un intervento tempestivo su tali temi per realizzare un assoluto miglioramento del sistema giustizia.
Non può che condividersi che l'impulso alla definizione del processo abbia avuto un impatto sul sistema economico e, in particolare, sulle imprese. L'azione del Ministero è diretta, con la realizzazione di ben due interventi sul processo civile, proprio a ridurre i tempi del giudizio civile. Quanto al giudizio penale, ho già precisato nella mia relazione, che presenterò a breve un disegno di legge per snellire le procedure in modo da coniugare garanzie, efficienza ed efficacia del processo.
PRESIDENTE. Le chiedo scusa, signor Ministro, perché questo è un problema della Presidenza che non ha aiutato i colleghi. Riassumo, quindi, che la prima risoluzione, su cui c’è parere favorevole, è la n. 6-00043 ed è a firma dell'onorevole Giancarlo Giorgetti ed altri; poi c’è la risoluzione n. 6-00044, che è quella con i diversi punti sui quali ha dato parere favorevole... Sto cercando di riassumere perché alcuni colleghi non sapevano quale fosse il nome dei firmatari. Chiedo scusa. Dunque, la prima è quella di maggioranza, sostanzialmente, ed è la risoluzione Verini, Costa, Dambruoso, Gitti e Pisicchio n. 6-00043, su cui c’è un parere favorevole. Poi c’è la risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00044.
Poi c’è la risoluzione Turco ed altri n. 6-00045, poi c’è la risoluzione Daniele Farina ed altri n. 6-00046 che è quella su cui ha fatto le considerazioni ora e su cui ha dato parere favorevole; adesso il Ministro dà il parere sulla risoluzione Cirielli e Giorgia Meloni n. 6-00047...
ANNAMARIA CANCELLIERI, . La risoluzione Turco ed altri n. 6-00045 è quella che ho appena detto....
PRESIDENTE. Sulla risoluzione Turco ed altri n. 6-00045 ha dato parere favorevole, dico bene ? Adesso bisogna dare il parere sulla risoluzione Daniele Farina ed altri n. 6-00046.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Il parere è favorevole, purché riformulata nel senso di permettere al primo capoverso del dispositivo, che mira «a rafforzare il controllo di legalità in tutto il ciclo economico pubblico e privato in cui tracciabilità e prescrizione sulla regolarità dei procedimenti siano assunti come punti di forza della lotta alla corruzione e alle mafie (...), le seguenti parole: «a valutare l'opportunità di».
Posso procedere con la risoluzione Cirielli e Giorgia Meloni n. 6-00047 ?
PRESIDENTE. Lei adesso ha dato il parere sulla risoluzione Daniele Farina ed altri n. 6-00046; ora deve dare il parere sulla risoluzione Cirielli e Giorgia Meloni n. 6-00047. Mi scuso con i colleghi, ma succede quando ci sono tanti atti di indirizzo. Comunque poi riassumiamo tutto.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Il parere è favorevole sulla risoluzione Cirielli e Giorgia Meloni n. 6-00047.
PRESIDENTE. Ora abbiamo la risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00048.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Ministro, ritiene di fare altre considerazioni oppure la sua replica si conclude con il parere ?
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Penso che la replica si concluda con una attenta valutazione di tutto quanto è stato prospettato in questa sede e con un impegno ad attenermi per realizzare tutte quanto ivi richiesto Kabobo in galera a vita).
PRESIDENTE. Colleghi della Lega, gentilmente vi pregherei di levare i cartelli, come sapete non si possono esporre. Gentilmente, per favore, leviamo i cartelli, per favore chiedo agli assistenti parlamentari dell'Aula di intervenire . Bene, vi ringrazio.
Signor Ministro, mi dica se vuole fare altre considerazioni in replica.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . No, la ringrazio.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Il che vuol dire, per essere chiari, che da questo momento decorrono i 20 minuti anche per la sospensione dei lavori delle Commissioni che entro 20 minuti dovranno essere conclusi affinché i colleghi possano venire in Aula.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Lello. Ne ha facoltà.
MARCO DI LELLO. Signor Presidente, gentile Ministra, i deputati e la deputata socialista apprezzano la direzione assunta da lei e dal Governo verso l'accelerazione processuale, l'efficientamento delle strutture, l'alleggerimento della popolazione carceraria. Consideriamo un nostro successo l'accoglimento nel decreto-legge n. 241 dell'identificazione in regime carcerario degli extracomunitari altrimenti destinati ad una ulteriore ingiusta detenzione nei CIE come avviene tutt'oggi. Era scritto nella nostra risoluzione votata in quest'Aula il 9 dicembre scorso e rende oggi più vicina la chiusura dei CIE che con gli OPG rappresentano a volte veri luoghi di tortura indegni di un Paese civile.
Auspichiamo, come da noi propostole e da lei oggi ricordato, l'implementazione del lavoro penitenziario, l'allargamento della detenzione domiciliare, la diminuzione in entrata per fattispecie di poco rilievo della popolazione carceraria. Mi consenta però di cogliere questa occasione per esprimerle due dubbi che temo fondati ed un auspicio. Il primo, come sa non da oggi lo avanziamo, sulla reale efficienza del riordino della geografia giudiziaria. Lei ha annunciato dei correttivi, li attendiamo. Il secondo: la liberazione anticipata di 75 giorni ogni sei mesi prevista per tutti, nessuno escluso, rischia, signora Ministra, di depotenziare fortemente l'effetto sanzionatorio per reati di grave allarme sociale come estorsioni, rapine o anche delitti associativi. Lo dico da garantista convinto.
Una valutazione prognostica e non un automatismo per condannati di tali fattispecie potrebbe forse fugare le preoccupazioni che ci appaiono fondate e che sono giunte in queste settimane dalle procure e dai antimafia. Infine, un auspicio, e concludo: lo scorso 24 ottobre quest'Aula votò un ordine del giorno per stabilizzare i precari della giustizia; a questi si affiancano, in una logica di tutela, quanti, da esterni, penso ai fonici e agli stenotipisti, ogni giorno consentono la celebrazione delle udienze: qualunque processo di efficientamento del sistema e di accelerazione dei procedimenti non può non affrontare anche questo nodo.
Su tali premesse preannunzio il voto favorevole dei deputati e della deputata socialista.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.
PINO PISICCHIO. Signor Presidente, signora Ministro, onorevoli colleghi, il rischio che questo dibattito corre è quello di inciampare in una sorta di zona franca della necessità legata all'adempimento istituzionale in cui continuino ad intrecciarsi, da un lato, i di una giustizia ingiusta e malandata e, dall'altro, la burocratica declinazione dei capitoli di competenza ministeriale. Diciamo subito, allora, che noi intendiamo sottrarci al rito e che, se l'orizzonte della relazione, che poi dà il «la» all'apertura dell'anno giudiziario in tutti i distretti italiani, qualcuno intenda debba essere questo, forse è più giusto impegnare il nostro tempo in modo meno burocratico. Ma io non ho inteso l'intervento della Ministra come un adempimento burocratico, né avrebbe potuto, del resto. Non è un vezzo retorico quello che racconta della condizione drammatica in cui versa il pianeta giustizia in Italia; non è un modo di dire quello che riconduce a questa condizione una parte importante delle difficoltà economiche, imprenditoriali, occupazionali del nostro Paese; non è certamente un caso se il Capo dello Stato, compiendo un gesto carico di significato istituzionale, ha voluto mandare un messaggio alle Camere per sottolineare l'urgenza di un intervento sul sistema carcerario per correggere una condizione che appare in palese contrasto con il dettato costituzionale, perché i mali della giustizia sono la parte più cancerosa e profonda del male di questo Paese. Sono mali sistemici che non tollerano più esercizi retorici da legulei né pannicelli caldi e si spandono e si articolano in tutti gli interstizi della vita italiana danneggiandola, dalla dimensione amministrativa a quella civile a quella penale e a quella lavoristica. Mi permetterò, Presidente, di consegnare il testo più articolato che il mio poco tempo non consente di leggere, non prima però di aver dichiarato l'adesione della componente di Centro Democratico alla relazione del Ministro.
Chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto del testo integrale del mio intervento.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANNAMARIA CANCELLIERI, . Signor Presidente, per quanto riguarda la risoluzione Brunetta n. 6-00048, il parere favorevole è su tutti i punti che vengono esplicitati nella risoluzione, a condizione però che venga cassata la frase finale: «non le approva», perché, se così fosse, saremmo in contraddizione. Su tutti i punti c’è un parere favorevole di impegno da parte del Governo, chiediamo però che venga tolta la frase finale: «non le approva».
PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.
EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, signora Ministro, vorrei anzitutto ringraziarla, perché accoglie la nostra risoluzione, così come ha accolto un po’ tutte le risoluzioni che oggettivamente pongono l'accento in maniera un po’ unanime sulla gravità della situazione della giustizia in Italia. Ovviamente, credo che lei debba mettere in campo – se rimarrà Ministro – iniziative veramente importanti, innanzitutto chiedendo a questa maggioranza di finanziare, in maniera seria, la giustizia italiana, senza sprecarne i fondi; è assurdo che non si spendano soldi per gli assistenti sociali, per la polizia penitenziaria, per migliorare le carceri, e poi magari si sprecano soldi perché si spende troppo per le intercettazioni, oppure si sprecano soldi perché si hanno carceri inutili e inefficienti, oppure si sprecano soldi perché si fanno processi sempre per le stesse persone plurirecidive.
Pochi mesi fa, anzi un mese fa, vi è stato il caso di una persona con tre omicidi alle spalle, il caso Gagliano: in 20 anni, omicidi violenti; aveva potuto commettere decine di rapine, estorsioni, evasioni, e in realtà poi si trovava inspiegabilmente sempre in libertà.
Colgo l'occasione ovviamente nella nostra replica per dirle che l'accettazione della nostra risoluzione mal si sposa con l'idea che lei più volte ha rilanciato, con componenti autorevoli della sua maggioranza, di volere un'amnistia, di volere un indulto, quando l'amnistia e l'indulto (per esempio, nel 2006 l'indulto) hanno fatto andare in libertà proprio quel Gagliano. È vero, sono contento che il Governo si è adoperato per dare attuazione alla Convenzione di Istanbul in maniera molto rapida, prevedendo il reato di femminicidio; però solo oggi, nella mia provincia, a Salerno, con riferimento ad uno stupro di gruppo, tre persone, che hanno violentato una donna in pieno centro a Salerno, sono state condannate a meno di quattro anni di carcere. Quindi, ciò vuol dire, con le leggi e con le diavolerie che avete messo in campo voi, con la legge Gozzini e con tutti questi svuota-carceri, non andranno in carcere: questo è il punto ! Se, per una violenza di gruppo, tre persone hanno meno di quattro anni (legga oggi i giornali di Salerno se glieli inviano per le notizie), vedrà che ci troviamo di fronte ad una vera e propria vergogna di Stato.
Per quanto riguarda la tematica della magistratura nel suo complesso, ne approfitto anche per chiarire la nostra posizione. Noi non siamo come qualcuno che, in maniera demagogica, per difendersi dai processi personali, attacca la magistratura: quando si attaccano le istituzioni, si distrugge lo Stato. Per quanto ci riguarda, la magistratura rappresenta una salvaguardia e un presidio di libertà democratica. Vi potranno essere, come in tutti i mondi, persone che sbagliano e vanno punite adeguatamente. Noi riteniamo che la causa di tutti i mali sia il sistema di elezione del CSM: se i magistrati eleggono dei magistrati che devono controllare il loro operato, è evidente, chi viene eletto tenderà a tutelare i suoi. E quindi la magistratura è divisa in correnti, e quindi poi, anche per lo sconto degli ultimi venti anni, qualcuno si è politicizzato.
Allora, salvaguardiamo l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, poniamo freno al correntismo e lo facciamo, procedendo ad un sorteggio per i componenti dei magistrati: se vi sono magistrati che possono decidere sulla libertà delle persone, a sorteggio possono anche occuparsi della disciplina interna dei propri colleghi o per le proprie carriere. Sappiamo tutti come vengono assegnate le carriere, le più alte cariche istituzionali all'interno della magistratura: con una spartizione tra correnti inaccettabili.
Sul tema della responsabilità dei giudici: anche qui, in venti anni, non solo non si è fatta alcuna legge, solo chiacchiere, nonostante che, per dieci anni, abbia governato il centrodestra, ma la cosa grave è che una legge c’è. Tutti sappiamo che i magistrati potrebbero essere chiamati a rispondere nel caso di ingiusta detenzione se lo decidesse la Presidenza del Consiglio dei ministri, ed è una vergogna che se ne debba occupare la politica e, guarda caso, in vent'anni, non è stata mai attuata, compresi i dieci anni di Governo Berlusconi, nessun magistrato è stato chiamato a rispondere dei suoi errori. E allora, secondo noi, certamente non possiamo dare in mano al delinquente l'opportunità di ricattare il magistrato con la chiamata diretta di responsabilità civile; ma potremmo fare, per esempio, una riforma, e noi presenteremo una proposta di legge in tal senso, molto semplice: la responsabilità dei giudici, quando lo Stato viene chiamato alla condanna per ingiusta detenzione, viene accertata in maniera automatica dalla Corte dei conti, che sono altri magistrati, così come avviene per tutti gli altri dirigenti dello Stato. In quel caso, non c’è assolutamente un'aggressione alla categoria, non si mette in mano il fucile al delinquente, che quando viene messo sotto processo è pronto a minacciare una causa diretta contro il magistrato e si fa sì che ci sia una giustizia: la Corte dei conti valuterà se in quel caso, di danno per lo Stato, vi sia stato un comportamento colposo, e quindi un danno ingiusto, un danno erariale.
Nel concludere, signora Ministra, spero che la sua alta esperienza come dirigente dello Stato, come alto burocrate dello Stato, la porti in questi mesi, anche grazie al lavoro che è stato svolto da tutti i colleghi parlamentari con queste risoluzioni, a dare una svolta decisiva. Certo, senza l'intervento del Governo Letta e del nuovo Berlusconi che esiste in Italia, Matteo Renzi, difficilmente vi saranno le risorse idonee per cambiare le cose nello stato della giustizia, e passare dai proclami ai fatti .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gitti. Ne ha facoltà.
GREGORIO GITTI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto sottolineare un dato politico... scusi, signor Presidente, non riesco a parlare con i capannelli !
PRESIDENTE. Sì, anche dai banchi... bene, grazie.
GREGORIO GITTI. Signor Ministro, vorrei sottolineare un dato politico che è all'evidenza dei cittadini e non solo delle Camere: il rapporto tra Governo e Parlamento è in una fase di assoluta delicatezza per quanto riguarda le iniziative e i momenti di riforma che lei ha illustrato, rispetto ai quali la risoluzione della maggioranza ha dato segnale verde di approvazione. Dico con fermezza che la Commissione giustizia del Senato è oggi il «porto delle nebbie» di ogni riforma in materia di giustizia e, a nome del gruppo dei popolari «Per l'Italia», chiedo a lei Ministro un'azione incessante e incisiva per sbloccare cinque provvedimenti di iniziativa parlamentare che giacciono sospesi, sonnacchiosi, in quel contesto istituzionale. Anche questa, è evidente, è una delle ragioni per cercare di risolvere il tema istituzionale e di riforma complessiva del bicameralismo paritetico, ma c’è di più, c’è un dato politico: c’è una forza, che era di maggioranza, che sta presidiando alcuni gangli fondamentali a livello istituzionale con presidenze che non sono più, credo, fiduciariamente rappresentate per quanto concerne la maggioranza. Lo dico con chiarezza e lo dico anche ai colleghi della maggioranza, lo dico soprattutto ai colleghi della forza politica che rappresenta alla Camera e al Senato il gruppo parlamentare più numeroso; il PD è stato troppo lasco nel sopportare e nel tollerare questa disfunzione, ripeto, non solo istituzionale ma soprattutto politica.
Nel venire al merito di alcune cose che lei, signor Ministro, ha detto quest'oggi, vorrei sottolineare la necessità di una maggiore attenzione che superi quello che, in più occasioni, ho definito il «panpenalismo» del nostro legislatore e probabilmente anche della struttura burocratica che sta nel suo Ministero, signor Ministro; c’è una disattenzione radicale nei confronti delle esigenze della giustizia civile.
I dati che lei oggi ha declinato rappresentano una crisi sistemica; è ormai troppo tardi, siamo troppo in ritardo per l'istituzione del processo telematico, vi sono cancellerie in cui, a tutt'oggi, vengono dispersi fascicoli giudiziari, vi sono lentezze determinate da un'organizzazione arcaica, ottocentesca. Questo deve essere uno degli elementi più importanti non solo dal punto di vista delle norme; abbiamo dimostrazione in Italia che la giustizia amministrativa, soprattutto con i procedimenti cautelari, funziona. La giustizia in materia societaria, pur con dati che disegnano ancora anni e non mesi nella soluzione dei processi, funziona meglio della giustizia ordinaria.
È ora di dare un segnale di investimento preciso anche dal punto di vista della logistica giudiziaria, dal punto di vista – ripeto – dell'innalzamento della qualità professionale delle cancellerie (vi sono concorsi intermittenti e non sempre in grado di selezionare professionisti adeguati), ma soprattutto – ribadisco – con riferimento all'ingresso finalmente della tecnologia nell'organizzazione del processo. A fronte – lo ribadisco – di queste elementari basi organizzative, vi sono senz'altro la riottosità e la reticenza di un sistema che non è in grado di rispondere a standard che sono – come dire – non di tipo europeo, ma certamente di arretratezza su un piano più globale e che sono certamente le ragioni assolute e principali della perplessità con cui gli investitori internazionali guardano al nostro sistema complessivo per quanto concerne l'esecuzione dei contratti.
Qualcuno qui ha citato esattamente questo tema. Per quanto concerne i contratti di valore assoluto, soprattutto per quanto concerne i rapporti transnazionali, non ci sono contratti che abbiano clausole di scelta dei fori italiani. Sono contratti che vengono assistiti al massimo da clausole arbitrali che, per di più, raramente scelgono le camere arbitrali italiane. Anche con riguardo a questo punto, sottolineo alla sua attenzione il fatto dell'indipendenza degli arbitri: spesso e volentieri, gli arbitri si trovano ad essere poi professionisti e avvocati delle società più importanti a livello italiano ed europeo, minando anche la loro indipendenza.
Il tema dell'arbitrato è stato più volte oggetto di riforma nel nostro Paese, ma mai con riferimento al punto dell'indipendenza. Questo per quanto concerne sia le camere arbitrali nazionali, sia tutto il sistema degli appalti, nell'ambito del quale ancora troppa conflittualità di interessi alligna su tutti i «formanti» professionali, da giudici, giudici ordinari e amministrativi, avvocati, professionisti e funzionari ministeriali.
Anche questo è un tema su cui il Ministero deve lavorare e, da questo punto di vista, questo è un dato ineliminabile per quanto concerne la valutazione del sistema giudiziario in Italia da parte di investitori internazionali .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, signor Ministro, continuo nell'intervento rispetto a quanto affermato nella discussione generale di prima. È evidente, Ministro, quanto risulta in questa relazione: basterebbe vivere la quotidianità del sistema giustizia del nostro Paese per capire lo stato assolutamente comatoso in cui versa la giustizia del Paese e uno Stato che ha una giustizia che funziona ovviamente è uno Stato che si qualifica per essere uno Stato civile e democratico.
Io prima le ho citato un esempio che le ribadisco. L'abbiamo voluta manifestare con dei cartelli l'indignazione, laddove un criminale, come è Kabobo (è un assassino e non è un pazzo), qualora dovesse essere liberato e quindi dichiarato incompatibile rispetto alla custodia in carcere e messo nell'ospedale di polizia giudiziaria, sarebbe una vergogna che credo si possa tranquillamente condividere.
Una persona, un criminale che si macchia di un reato così grave, che prende a picconate tre poveri cristi che stavano andando a lavorare credo sia indegno per un Paese civile. Una persona come Kabobo deve scontare la pena in carcere. Si è parlato prima di certezza della pena e di certezza del diritto: qualora dovesse uscire dal carcere, questo sarebbe un grave fallimento del diritto, un grave fallimento della giustizia italiana e io spero che lei possa condividere con noi questo gravissimo pensiero.
Vogliamo però essere fiduciosi rispetto al fatto che il riesame non accolga l'istanza di scarcerazione. Ministro, è una giustizia – come dicevo prima – malata, una giustizia gravemente malata.
Lei ci ha dato i numeri relativi all'arretrato: 5,2 milioni di cause civili pendenti e 3,5 milioni di cause penali pendenti sono un fardello pesantissimo che ci portiamo dietro e diventano, evidentemente, un ostacolo, un ostacolo gravissimo allo sviluppo del Paese, un Paese che ha un arretrato così pesante che si porta dietro.
Un Paese dove ci vogliono 3 mila giorni per arrivare ad una sentenza definitiva, dove servono 8 anni per una sentenza di fallimento, quasi 600 giorni per una sentenza di primo grado in ambito civile è, evidentemente, un Paese che non è appetibile per chi vuole venire ad investire nel nostro Paese. L'arretratezza del nostro sistema giustizia costa un punto di PIL, 2,3 miliardi di euro e rappresenta inevitabilmente un disincentivo allo sviluppo economico del Paese.
Sappiamo benissimo che la bacchetta magica non ce l'ha nessuno, però quello che imputiamo a lei e quello che imputiamo al Governo è, in questi nove mesi, di essere stati troppo tiepidi nelle misure che vanno nella direzione di potere bloccare l'irragionevole durata dei processi e scontare l'arretrato pendente.
Ministro, il meno 4 per cento che lei ci ha annunciato prima nel contenzioso, meno 4 per cento di contenzioso, non è frutto di un sistema di giustizia civile e penale che funziona meno. Esso deriva semplicemente da un aumento dei costi di accesso alla giustizia, su cui noi siamo contrari. Sono stati fatti gli aumenti dei contributi unificati e, quindi, diventa più difficile e più costoso. La giustizia diventa inaccessibile ai cittadini e questa non è giustizia. Noi non possiamo caricare sulle spalle dei cittadini, che chiedono giustizia, costi ulteriori e costi eccessivi.
Quindi, si è fatto poco, si è fatto poco o non si è fatto nulla. È per questo che il nostro è un giudizio assolutamente negativo sull'operato. Non si è intervenuti su alcuni temi dove si poteva e si doveva intervenire. Cito, ad esempio, il tema della responsabilità civile dei magistrati. Nessuno vuole penalizzare i magistrati, ma chiediamo che i magistrati, come tutti gli altri professionisti del diritto, nel momento in cui sbagliano per dolo o colpa grave paghino, paghino direttamente. Ci sono svariate proposte di legge. Guardo l'attuale Vicepresidente della Camera, Giachetti, che ha presentato delle proposte di legge in materia di responsabilità civile dei magistrati, in modo particolare sui filtri. Noi abbiamo sei filtri alle domande di ammissibilità sulla responsabilità...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Molteni. Colleghi, capisco che ci avviciniamo al momento del voto e che rientrate in Aula, però non è che chi parla dopo ha meno diritti di chi ha parlato prima. Quindi, pregherei tutti, se è possibile, di abbassare il tono della voce. Prego, onorevole Molteni.
NICOLA MOLTENI. Dicevo che sulla responsabilità civile serve mettere mano alla legge n. 117 del 1988 non – e lo ripeto – per penalizzare i magistrati, ma per responsabilizzare i magistrati. Tutti i professionisti del diritto quando sbagliano pagano e riteniamo opportuno che anche i magistrati, laddove sbagliano per dolo o colpa grave, debbano pagare di fronte ai cittadini.
Capitolo geografia giudiziaria. Ci siete lei e l'ex Ministro Severino, che precedentemente a lei aveva annunciato una riforma epocale. Glielo abbiamo detto, glielo ripetiamo e continueremo a ripetere che la riforma della geografia giudiziaria, la riforma delle circoscrizioni giudiziarie, non è una riforma epocale, ma è un disastro epocale. Basta girare, basta andare nei tribunali: non c’è un risparmio. I famosi 95 milioni di euro di risparmi non li vediamo. Si è ingolfato il sistema giustizia, si è rallentato il sistema giustizia. Non si sta fornendo un servizio efficiente ai cittadini e alle imprese. Si sono tolti dei presidi di legalità importanti.
È stato annunciato che nel prossimo Consiglio dei Ministri verrà presentato un decreto correttivo su alcune sedi distaccate. Io me lo auguro e noi lavoreremo per quello. Avevamo chiesto una proroga dell'entrata in vigore della riforma non per delle logiche clientelari sul territorio, ma perché sul territorio vi erano alcune esigenze di mantenere alcuni tribunali che funzionano, alcuni tribunali efficienti. La Lega ha sempre detto: razionalizziamo. Va bene razionalizzare, ma nel momento in cui vengono chiuse 220 sedi distaccate su 220 qui siamo di fronte ai famosi tagli lineari e questo non va bene per il funzionamento del sistema giustizia. Quindi, ci auguriamo che non ci sia una chiusura netta sui tribunali, su quei tribunali che funzionano, su quei tribunali che danno giustizia ed efficienze funzionali ai cittadini.
E ancora – e su questo punto guardo ancora il Presidente Giachetti – ci sono i famosi 200 magistrati fuori ruolo. Noi abbiamo 200 magistrati che potrebbero essere ricollocati all'interno dell'amministrazione giudiziaria e dare un servizio importante e, invece, vengono distaccati nelle amministrazioni periferiche dell'amministrazione.
E ancora, Ministro, oggi il sistema giustizia si regge anche grazie al lavoro importante e fondamentale della magistratura onoraria. Lei ha fatto un piccolo accenno prima. Serve una riforma. Noi dobbiamo dare certezze, dobbiamo...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Molteni, aspettiamo, quando i colleghi avranno finito i loro comodi e smetteranno di parlare riprenderemo la discussione, finché non c’è silenzio in Aula io non proseguo. Prego, onorevole Molteni.
NICOLA MOLTENI. Grazie, Presidente. Dobbiamo tornare a investire sulla magistratura onoraria, sui giudici di pace, che rappresentano quel presidio territoriale fondamentale per poter dare giustizia anche in tempi rapidi, e quindi serve una riforma. La Lega ha presentato una proposta di legge sulla magistratura onoraria e vi invitiamo ovviamente a prenderla in considerazione.
Tornando sul caso Kabobo, quest'ultimo accederà al rito abbreviato. C’è una proposta della Lega per rendere inapplicabile il rito abbreviato a chi si macchia di reati gravissimi. È in Commissione giustizia e la stiamo sostenendo, mi auguro ci sia anche il sostegno da parte del Governo.
Bisogna investire. A Milano, sabato, la presidente Pomodoro le ha chiesto più uomini e più risorse. Io dico più uomini e più risorse soprattutto laddove abbiamo dei tribunali che funzionano. Ad esempio, il tribunale di Milano è un tribunale che funziona. Le ricordavo prima i numeri e i dati della durata dei processi: la media OCSE è di 250 giorni, la media italiana della durata di un processo in primo grado è di quasi 600 giorni, la media del tribunale di Milano è poco più o poco meno di 300 giorni. Il tribunale di Milano funziona, nel tribunale di Milano si è investito sull'informatizzazione, sulla digitalizzazione, sul processo telematico. Investiamo sulle degli uffici. Il tribunale di Milano (ma anche, ad esempio, il tribunale di Torino) è efficiente ed è un modello che va preso appunto a modello per il buon funzionamento del sistema giustizia.
Ci sono alcune proposte della Lega. Le citavo prima il tema della riforma della magistratura onoraria, c’è una proposta della Lega in materia di responsabilità civile dei magistrati, c’è una proposta della Lega – e io credo che il Parlamento ne debba discutere – sulla obbligatorietà dell'azione penale, poiché di obbligatorio non c’è assolutamente nulla, è puramente discrezionale e serve una riflessione. Così come serve una riflessione importante anche sulla necessità di sottrarre la polizia giudiziaria all'autorità giudiziaria.
E poi c’è il tema carceri, Ministro. In nove mesi quattro «svuota carceri», quattro indulti mascherati. Abbiamo sentito nel dibattito complessivo che da tutte le forze politiche e dal Governo, per bocca del Ministro stesso, si invoca l'indulto. Qualcuno ha avuto timore a pronunciare le parole indulto e amnistia, ma si è parlato, in modo particolare da parte del Partito Democratico, di atti di clemenza.
Non è con gli indulti, non è con gli «svuota carceri», Ministro, che si affronta il problema del sovraffollamento delle carceri. Ministro, lei ha fatto il Ministro dell'interno, gli ultimi dati dicono che ogni secondo si verifica un furto. I furti, in modo particolare i furti nelle abitazioni, sono aumentati in maniera esponenziale soprattutto negli ultimi sei mesi. A Milano abbiamo un più 30 per cento, a Bologna un più 29 per cento. Se la risposta del Governo rispetto ad una maggiore richiesta di sicurezza da parte dei cittadini che vogliono vivere sicuri e tranquilli nelle proprie case e nelle proprie abitazioni sono gli indulti mascherati... Tra l'altro, Ministro, le faccio presente – l'abbiamo ricordato anche prima – che i magistrati che sono in prima fila nella lotta alla criminalità organizzata ritengono la liberazione anticipata speciale un premio, una regalia, nei confronti dei mafiosi e dei criminali. Questo non ce lo possiamo permettere.
Le annuncio, Ministro, una battaglia durissima a partire da questa settimana sul decreto «svuota carceri». Questa non è la direzione che i cittadini chiedono. Abbiamo una giustizia comatosa e la state affrontando con l'aspirina, quando invece servono provvedimenti molto più seri
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà. Ovviamente ribadisco l'invito a tutti colleghi, in particolare chiederei ai colleghi del MoVimento 5 Stelle davanti a me: colleghi vi posso pregare gentilmente di consentire, abbassando il tono della voce, che tutti possano parlare ?
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, premetto subito che Scelta Civica approva e approverà la relazione del Ministro, che ha confermato sia la serietà degli intenti che gli sforzi profusi dal Ministero per far fronte a una situazione gravissima, che non si può dire di emergenza, visto che dura da anni, e che riguarda tutto il nostro sistema di giustizia, come i numeri illustrati oggi dimostrano. Sia il sistema penale che quello civile sono in una situazione di crisi profonda e non sono in grado oggi di rendere ai cittadini il servizio che dovrebbero rendere.
La situazione delle carceri non c’è bisogno che la descriva, perché è stata descritta più volte oggi. Questo è il frutto di decenni nei quali, soprattutto gli ultimi, ci si è concentrati molto poco sui problemi strutturali e moltissimo su questioni che non erano sicuramente di interesse generale dei cittadini.
Per quel che riguarda il sistema di giustizia penale, noi abbiamo detto fin da subito, fin dal messaggio alle Camere del Presidente Napolitano di quest'anno, che saremmo stati favorevoli a qualsiasi intervento di natura strutturale e che sottoscrivevamo completamente la posizione del Presidente, che era quella che si potessero valutare anche interventi di clemenza nell'ambito di una revisione strutturale del sistema.
In questo senso, abbiamo apprezzato tutto quello che il Governo ha fatto, insieme al Parlamento, per intervenire sull'emergenza carceraria, perché riteniamo che i colpevoli di reati gravi debbano essere puniti e, al tempo stesso, che chi, invece, ha commesso dei reati per i quali il carcere non è necessario, in carcere non debba andare e si debbano adottare meccanismi sanzionatori differenti.
Per questo, anche in relazione ad amnistia e indulto, ai quali il Ministro si è richiamato oggi, la nostra posizione è che se ne possa discutere nell'ambito di misure strutturali, possibilmente circoscrivendone l'ambito di applicazione a condotte per le quali il sistema oggi consente soluzioni diverse, cioè estendendoli a persone – penso a chi ha commesso reati lievi in materia di stupefacenti – che sono oggi in gran quantità nelle nostre carceri e che magari, con le nuove disposizioni, sarebbero, invece, in condizione diversa.
Per quel che riguarda, invece, il sistema di giustizia penale più in generale, se gli interventi sono stati spesso condivisibili, i metodi e il procedimento seguito, non necessariamente per colpa del Governo, ma anche per colpa del Parlamento, che si è spesso bloccato e incartato e non è riuscito a procedere, non sono stati, invece, sempre dei migliori, perché credo che il ricorso continuo alla decretazione d'urgenza per questioni che esistono da anni – penso alla violenza di genere, che sicuramente non è un tema di urgenza immediata, e ad altre vicende simili, dove si è intervenuti da parte del Governo per l'inattività del Parlamento – sia un aspetto sul quale intervenire e riflettere, anche a livello parlamentare e di Governo, perché il sistema penale dovrebbe essere riformato con un altro livello di riflessione, con meno frammentazione di provvedimenti e in un modo più ampio e coerente.
In questo senso, la riforma più ampia del sistema penale che il Governo ha annunciato è sicuramente un fatto positivo, perché dovrebbe contenere interventi su vari aspetti importanti in maniera più coerente, almeno auspichiamo.
Vorrei toccare tre argomenti di merito, velocemente, che credo siano quelli sui quali nel prossimo anno sarebbe importante concentrarsi. Il primo, che sembra un po’ ignorato nell'ultimo periodo, perché stiamo parlando soprattutto di misure che risolvano l'emergenza carceraria, è quello della legalità e della lotta alla corruzione, che è uno dei problemi che danneggiano principalmente il nostro sistema economico. Nella scorsa legislatura si era arrivati quasi a un accordo su una riforma del sistema delle norme sul falso in bilancio, poi mai attuata. Come Scelta Civica, abbiamo presentato una proposta di legge che riporta a un livello di normalità le norme sul falso in bilancio e riteniamo che sarebbe importante portare avanti questo percorso.
Analogamente, riteniamo che sia importante che i processi per i reati, soprattutto per quelli più gravi, si concludano senza essere prescritti. Per questo, abbiamo presentato una proposta di legge che prevede una riforma complessiva del sistema della prescrizione, in particolare una sospensione della prescrizione per due anni in appello e per un anno in Cassazione, per cercare di evitare quell'odioso fenomeno per il quale alcuni processi finiscono in corso di appello soltanto, magari, perché le indagini sono state avviate molto dopo la commissione del reato.
Il secondo tema che vorrei toccare è quello della responsabilità civile dei magistrati o della responsabilità dei magistrati. Se ne è parlato molto: sicuramente ha fatto del male al dibattito di questi anni la polemica di chi insultava in maniera aprioristica qualsiasi iniziativa dei magistrati, occupava tribunali e gridava ai complotti.
Credo, però, che altrettanto dannoso sia stato il comportamento di chi, invece, ha rifiutato, nello stesso modo pregiudiziale, qualsiasi discussione. Credo sia importante avviare una discussione seria sul tema della responsabilità dei magistrati, civile, ma soprattutto disciplinare, soprattutto perché le riforme che noi stiamo approvando in materia penale in questo momento aumentano la discrezionalità e i casi nei quali la decisione sul carcere, ad esempio, deve essere adottata dal giudice. Le valutazioni del giudice sono sempre più frequenti. Credo che, in questo contesto, sia fondamentale andare a discutere seriamente, ripeto, senza partigianerie, di come gestire i casi degli errori più gravi, perché le norme attuali sono evidentemente insufficienti, come l'andamento anche della sola applicazione della legge «Vassalli» dimostra in questi anni.
Passiamo all'ultimo tema, che è credo il più importante. Io spero che, oltre al tema carceri, il 2014 sia l'anno della giustizia civile, perché il disegno di legge delega che è stato presentato dal Governo è sicuramente importante e contiene una serie di interventi, ed è fondamentale che si vada avanti. Oggi, infatti, parliamo solo di sistema penale, ma il sistema civile sta distruggendo – e non è una esagerazione – la nostra economia, perché giovani imprese che partono e hanno bisogno di lavorare, funzionare e incassare i loro soldi, non riescono a incassarli, e magari cattive aziende che non dovrebbero neppure essere sul mercato, ci rimangono semplicemente bloccando i pagamenti.
Il tema dei crediti commerciali è un problema di crescita gigantesco, che oltretutto impedisce gli investimenti esteri perché per chi legge quanto dura un processo di riscossione di un credito in Italia, è impensabile venire a investire qui e cercare di avviare un'attività industriale qui.
Il Governo ha previsto nel disegno di legge delega alcuni interventi importanti. Noi abbiamo presentato, sia l'onorevole Dambruoso che il sottoscritto, come Scelta Civica, delle proposte di legge...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Mazziotti Di Celso. Vi prego di fare silenzio, grazie.
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Dicevo, noi abbiamo presentato delle proposte di legge su questo argomento, che prevedono alcune misure a costo sostanzialmente zero per accelerare i meccanismi e le procedure del processo civile e, in particolare, prevedono la gestione consecutiva dei procedimenti, che è una delle famose di cui si è molto discusso e che non intacca minimamente l'indipendenza dei magistrati e degli uffici nello stabilire come gestire gli uffici stessi, ma che semplicemente prevede una cosa logica, e cioè che, se i processi vengono gestiti e completati uno dietro l'altro, il livello di attenzione, qualità e approfondimento da parte sia dei legali che dei magistrati è molto più elevato e quindi il processo va più veloce (le sperimentazioni lo dimostrano).
Le proposte di legge prevedono inoltre una riduzione, neanche una eliminazione, della chiusura estiva dei tribunali, che è una cosa abbastanza unica dell'Italia, e credo unica anche tra gli uffici pubblici e inspiegabile, che è rimasta soltanto per motivi corporativi, e prevedono una serie di altri interventi specifici coerenti con quelli presentati dal Governo.
Per questo chiediamo che il Governo sostenga anche l'attività parlamentare e incentivi l'attività parlamentare su questi temi che rientrano in quella politica del Governo di miglioramento della situazione della nostra giustizia e che sono coerenti con quegli sforzi per i quali noi oggi approviamo la relazione del Ministro .
PRESIDENTE. Grazie. Pregherei i gruppetti e, in particolare, in questo caso, nei banchi del Partito Democratico, di cessare di infastidire chi vuole intervenire, deve intervenire e ha il diritto di intervenire, e magari anche di essere ascoltato. Ovviamente vale anche per gli altri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA. Signor Presidente, sono alcuni anni che mi tocca svolgere l'intervento in occasione della relazione annuale sull'amministrazione della giustizia, e devo dire che, leggendo i vari documenti che sono stati presentati nel corso dell'ultimo paio di anni, lo schema è sempre lo stesso, cambiano marginalmente i numeri, e vi sono alcuni, anche qui, marginali giudizi legati chiaramente alle attualità politiche.
Avevo letto tempo fa una divertente espressione dell'allora Ministro della giustizia Mino Martinazzoli, che, già all'epoca in cui lui aveva ricoperto questo incarico, in sostanza diceva: «Quando si parla di giustizia si parla sempre di sovraffollamento delle carceri, si parla sempre di arretrato giudiziario, si parla sempre di tempi dei processi, si parla sempre di geografia giudiziaria».
Quindi, devo dire che i temi all'ordine del giorno – chiaramente con tutti quelli che sono gli accessori – sono sempre i medesimi.
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Costa, io torno a richiedere..., onorevole Ghizzoni, onorevole Verini...., siccome si può parlare fuori, non capisco perché si deve parlare dentro l'Aula. Prego onorevole Costa, vediamo se riusciamo a sentire un intervento.
ENRICO COSTA. È chiaro che questa attualità di interventi, che hanno avuto luogo trent'anni fa, dimostra che di passi avanti non se ne sono fatti molti. Ma soprattutto perché ? Perché penso che il tema della giustizia sia stato sempre affrontato dal legislatore, complice anche un tempo non adeguato alle coalizioni di Governo per poter affrontare i temi, in termini di emergenza; provvedimenti di emergenza che vediamo ancora in questa circostanza, affianco – e devo dire – ad alcuni provvedimenti organici, che però io non ho condiviso personalmente, che sono quelli relativi alla geografia giudiziaria, che quanto meno – devo dire – hanno dato un segnale di un provvedimento comunque con una gittata particolarmente lunga.
Quando si parla di deficit di efficienza degli uffici giudiziari si parla di uno Stato, come il nostro, che ha quasi 5 mila contenziosi ogni 100 mila abitanti: è uno degli Stati in cui si litiga di più. Ma io non penso che sia legato alla natura del cittadino italiano arrivare a questo. Ci sono delle ragioni normative molto evidenti. Ci sono le troppe leggi che caratterizzano il nostro ordinamento: non sappiamo se sono 50 mila, 60 mila, 70 mila. È chiaro che in un ginepraio di questo genere chiunque trova il suo appiglio normativo per provare, anche quando ha palesemente torto, a far valere le proprie ragioni.
Questa – secondo me – è la vera causa della grande litigiosità. Mi pare che siamo il quarto Paese in Europa in termini di litigiosità, ma, se non sbaglio, in altre statistiche siamo addirittura il secondo Paese d'Europa in quanto a nuove cause che invadono i tribunali nel corso di ogni anno.
Noi dobbiamo, quindi, pensare al sistema della giustizia non come limitato al Ministero della giustizia, ma come esteso a tutta una serie di particolari di grande rilevanza che toccano il nostro sistema normativo. La semplificazione della normativa, la semplificazione dell'assetto normativo del nostro Paese è essenziale. La lotta alla burocrazia è altrettanto essenziale, perché si parte da qua, da questa confusione, da questi intrecci, da questa serie di norme che sostituiscono altre norme, le prime però non vengono abrogate, con un accavallamento e disordine normativo che porta un aumento chiaramente di quello che è il contenzioso giudiziario.
Quindi, non si può pensare che sia solo il responsabile della giustizia, il Ministro della giustizia, a dover affrontare il tema sotto questo profilo. Deve essere un discorso, deve essere un approccio di più ampio respiro.
Quando parliamo di arretrato da smaltire, noi sappiamo che abbiamo circa 9 milioni di cause, perché nel corso degli anni più o meno si sale o si scende ma sono sempre quelle. Ma non possiamo pensare di risolvere questo problema soltanto aumentando la tassa di ingresso per quello che riguarda gli appelli, le cause o i ricorsi e pensando che chiaramente si limiti l'ingresso o l'accesso alla giustizia solo attraverso l'aumento della tassazione.
Questo sicuramente magari ci potrà dare qualche spicciolo numerico da poter spendere in qualche relazione, ma certamente consentirà di portare avanti le proprie ragioni soltanto a chi se lo può permettere. Quindi, anche sotto questo profilo è necessario un approccio organico.
Quando parliamo di tempi della giustizia, parliamo di tempi in cui vengono affrontate le cause: cause civili in 7 anni e processi penali, in media, in oltre 4 anni.
Ebbene, dobbiamo interrogarci su questo e dobbiamo farlo qua anche attraverso una revisione organica di quelli che sono i codici, di quelle che sono le norme base che gestiscono e che sovrintendono a quella che è l'amministrazione della giustizia.
E, venendo ai temi più attuali, non dobbiamo dimenticare chiaramente l'approccio legato al numero di detenuti, un approccio che ha molto concentrato l'attività del Governo, sia attraverso la decretazione d'urgenza, sia attraverso delle norme presentate attraverso delle proposte di legge parlamentari, che sono comunque state sostenute dal Governo.
L'auspicio è che anche sotto questo profilo si esca dalla logica emergenziale. Abbiamo un decreto-legge, il cosiddetto «svuota carceri», che chiaramente ha un approccio molto emergenziale. Anche il fatto stesso...
PRESIDENTE. Onorevole Di Lello, posso chiederle gentilmente... grazie. Prego, onorevole Costa.
ENRICO COSTA. Anche il fatto stesso di essere un decreto-legge denota la sua caratteristica di provvedimento di emergenza. Dobbiamo quindi cercare di uscire da questa logica.
Noi sicuramente, signora Ministro, sosterremo quelli che sono i suoi giusti obiettivi. Cercheremo magari di affrontare in termini costruttivi, anche con delle rimodulazioni, alcuni provvedimenti. Faccio un esempio: l'auspicio è che il suo decreto, cosiddetto «svuota carceri», venga completato attraverso un emendamento, e l'auspicio è che questo emendamento trovi il consenso, non soltanto dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista tecnico, che consenta di allargare la materia non soltanto ai detenuti definitivi, ma anche a quei tanti soggetti che si trovano in custodia cautelare.
Ecco, il testo che abbiamo approvato in quest'Aula va veramente in questa direzione.
Il problema è il cosiddetto doppio binario: l'uno con una velocità chiaramente caratterizzata dall'emergenza, l'altro ad un'altra velocità, caratterizzata dai tempi della proposta di legge parlamentare.
L'auspicio è che i tempi, anche in un'organicità di visione della materia, possano essere abbinati. C’è stato un emendamento che è stato presentato, e quindi io spero veramente che si possa arrivare a questo risultato di maturità politica.
Mi piacerebbe ancora parlare di un tema che è stato molto spesso oggetto di discussione politica. Il tema è quello della responsabilità civile dei magistrati, un argomento che molto spesso è stato affrontato in tema ritorsivo.
Ecco, noi dobbiamo affrontarlo in tema di equilibrio rispetto a tutta una serie di professioni e di attività, per cui coloro che sbagliano vengano sanzionati in modo adeguato.
Non bisogna colpire nessuno più del dovuto, ma bisogna fare in modo che anche nel sistema della giustizia, soprattutto nel sistema della giustizia, chi commette degli errori possa essere sanzionato.
Troppa tolleranza non è accettabile e non è accettabile soprattutto dai cittadini, che chiedono una giustizia rapida, che chiedono giustizia equa, che chiedono una giustizia severa, ma sopratutto che chiedono che sia una giustizia credibile anche all'esterno .
PRESIDENTE. Saluto gli alunni ed i docenti dell'Istituto di Istruzione Superiore «E. Mattei» di Cerveteri, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune .
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, signora Ministra, colleghi deputati, nell'intervento in dibattito generale, noi abbiamo parlato di mafia, abbiamo parlato di corruzione, abbiamo parlato di testi unici, di piante organiche di polizia penitenziaria, di esecuzione penale esterna. Ci aspettavamo, signora Ministra, magari due parole in più, due specificazioni, un entrare nel merito. Non è valso per noi, non è valso per altre forze politiche. E quindi ci risulta ostico votare favorevolmente a risoluzioni che in maniera non specificata, neppur minimamente critica, approvino la sua relazione.
Ma l'esame dell'Europa si avvicina e il Parlamento non mi sembra che abbia affrontato con la dovuta serietà quella scadenza che arriva di «sentenza pilota» né le tensioni riformatrici e neppure, in questi mesi, devo dire, ahimè, il messaggio del Presidente della Repubblica sulla situazione della giustizia e delle carceri in particolare.
È continuato a prevalere in quest'Aula un triste palleggio di carattere ideologico già visto più volte e che oggi purtroppo si è ripetuto con quei cartelli esposti al di là del merito e del buonsenso. È un bilancio difficile quello che facciamo, ma che è finalmente possibile tracciare. Oggi è possibile giudicare gli interventi legislativi delle scorse legislature. Lì c’è stato un grande inganno – non lo dico per la prima volta, è utile ripeterlo – . Si è fatto credere che sicurezza dei cittadini e carcere andassero a braccetto sempre e comunque: così non è stato, così non è e così non sarà. E trovo incomprensibile l'atteggiamento di quelle forze politiche che difendono l'esistente a prescindere. Vorrei chiedergli se piace loro la situazione attuale, se ritengono che i cittadini siano soddisfatti del lavoro che avete compiuto (perché spesso questi sono stati i protagonisti) delle leggi in vigore. È evidente che non si può fare solo la critica del passato. Bisogna guardare al futuro e servono strategie nuove, servono leggi nuove. Se non si mette mano al cuore industriale dell'errore che sono i due testi unici, quello sull'immigrazione e quello sulle droghe, due testi che con evidenza non hanno superato l'esame del tempo, se non si mette mano a questi credo che l'origine di molti mali (ce ne sono degli altri) del sistema giudiziario e di quello carcerario rimarranno lì esattamente dove sono. Questi testi unici sono l'origine del problema, ma sono anche il bandolo della soluzione. Il mondo comincia qua e là a correggere gli errori. È tempo di farlo anche in Italia. La paura dell'ignoto è oggi certamente meno forte di quella del noto, di quello che abbiamo visto. Anche perché possiamo guardare appunto ad esperienze concrete, ad interi Stati che sperimentano politiche diverse. Abbiamo, lo ripeto, esempi concreti. Nell'azione del Governo di cui riconosciamo sul tema della giustizia un attivismo tutto speciale rispetto ai precedenti Esecutivi, nell'azione del Governo riscontriamo molte debolezze, tante debolezze. Le riforme soprattutto non si fanno a costo zero, non si fanno a piante organiche inchiodate; se non si riconosce – lo ribadisco – l'uovo del serpente, le tante cause antiche del sistema, difficilmente usciremo rapidamente da questa situazione, certamente non con i tempi che l'Europa ci detta. E allora vi abbiamo parlato di geografia giudiziaria. Staremo a vedere cosa racconterà l'organismo ministeriale costituito per il monitoraggio, perché sono certamente vere e giuste forse le esigenze di razionalizzazione, ma da ogni luogo e da ogni territorio sono emerse critiche anche pesanti sia sulla razionalità che sui risparmi che se ne dovrebbero conseguire.
Un ultimo passaggio – e vado a concludere –, ce ne sarebbero tanti altri...
PRESIDENTE. Prima che l'onorevole Farina concluda, io torno a chiedere a tutti quanti, se fosse possibile... grazie.
DANIELE FARINA. Ai colleghi della Lega dico: voi avete esposto dei cartelli su una vicenda straziante. Ebbene, quella vicenda, che riguardava Kabobo, è accaduta nel raggio di 100 metri da casa mia, a Milano, a Niguarda. Quando siete venuti in quella sede a strumentalizzare, quel quartiere vi ha risposto di non venire a farlo e di rispettare il dolore e anche il lavoro della magistratura. Con quello che avete fatto oggi e quello che state dicendo, mi sembra di capire che non avete capito la lezione e che continuate a non rispettare né l'uno, né l'altro
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chiarelli. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, Ministro, colleghi e colleghe, la Ministra ha condotto in maniera brillante un discorso assolutamente privo di contenuti, come già ho avuto modo di esporre stamattina di seguito alla precedente relazione. Ha fatto un discorso su ciò che è stato fatto – ovvero pochissimo e in maniera poco incisiva – e su ciò che dovrà fare, senza a mio avviso focalizzare l'attenzione sui veri gravi problemi che ci affliggono mettendo a rischio il sistema Paese.
Io vorrei che ascoltasse con attenzione le parole di chi è preoccupato per quello che sta accadendo per questo momento storico di incertezze, di scelte deboli e poco eclatanti. Noi siamo qui dentro a decidere le sorti del nostro Paese, ma il Paese è fuori: sono fuori i suicidi dei carcerati, sono fuori i delinquenti che agiscono indisturbati, mentre sono dentro quelli ingiustamente giudicati.
L'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini come distante e incapace di contribuire al progresso civile. L'attuale irragionevole durata dei processi e la mancanza di certezza dei tempi della giustizia costituiscono, tra l'altro, un grande disincentivo agli investimenti nel nostro Paese. In particolare, nel corso della presente legislatura la questione giustizia è stata relegata a una serie di piccoli interventi dagli orizzonti limitati. Lo stesso Presidente del Consiglio Letta, nel suo discorso dell'11 dicembre alla Camera per chiedere la fiducia sul proprio programma di Governo, ha solo accennato alla questione, tralasciando completamente la necessità di un dibattito che sia realmente costituente sull'assetto della giustizia.
Perché vede, signor Ministro, se c’è un'autorità morale, quale Papa Francesco, che ci indica una strada e un monito di reale speranza, qui ci sono strumenti meno forti, forse, dal punto di vista della volontà di seguire quelle indicazioni.
Il sistema giudiziario dell'Italia ha bisogno di interventi idonei a ridurre la durata dei processi civili e penali. A tal fine è necessario individuare strumenti moderni, soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti e per garantire l'effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese.
Le proposte di abrogativi sulla giustizia avanzate nei mesi scorsi sono state bocciate sul piano della regolarità formale, ma è evidente che sul piano sostanziale tantissimi italiani hanno chiaramente espresso la volontà di riformare il sistema di governo della magistratura. La politica ha, quindi, il dovere di dare ascolto a queste istanze e proporre soluzioni.
Noi come gruppo di Forza Italia abbiamo più volte avanzato delle proposte. In diverse occasioni ci siamo battuti su alcuni temi a cui lei, signor Ministro, non ha fatto assolutamente cenno, e noi riteniamo che siano indispensabili per un Paese civile quale dovrebbe essere l'Italia. Non ha fatto alcun cenno alla responsabilità dei magistrati, non ha fatto alcun cenno al problema delle intercettazioni, eppure sappiamo bene – è inutile mettere la testa sotto la sabbia – che sono dei temi scottanti, che hanno la loro radice e la loro importanza per lo sviluppo del nostro Paese, per lo sviluppo dell'Italia.
Non abbiamo fatto nulla in ordine a quello che è stato il monito del Presidente della Repubblica: il Presidente della Repubblica che viene osannato da tanti e soprattutto da voi ! Ecco allora perché il Governo non ha fatto un decreto-legge d'urgenza sul problema delle misure carcerarie o meglio sul problema delle carceri.
Vediamo solamente pannicelli caldi che non risolvono il problema. È chiaro che l'amnistia e l'indulto, come lei sa e come ho avuto modo di dire stamattina, per noi rappresentano una sconfitta dello Stato; però è vero anche che l'amnistia e l'indulto, in assenza di quella svolta che doveva esserci nel sistema dell'edilizia carceraria, oggi si rendono improcrastinabili. Perché con l'indulto si consentirebbe, sostanzialmente, di far uscire gran parte delle persone dal carcere e, quindi, di rendere una vita vivibile a chi fra quelle mura ci vive; allo stesso tempo, consentiremmo di azzerare, attraverso la depenalizzazione di alcuni reati o attraverso un'amnistia, di ripartire da zero, consentendo lo smaltimento dei tantissimi processi che oggi sono relegati nelle cancellerie dei tribunali.
Per non parlare, caro Ministro, di quello che è stato, secondo voi, il fiore all'occhiello, ossia la riforma della geografia giudiziaria, ne abbiamo già parlato e lo vedremo. Possiamo solo dire che, a distanza di due mesi dall'entrata in vigore, si è ritenuto necessario fare un provvedimento con il quale si è tenuto contento qualcuno – e non si sa chi, perché e dove –, scontentando tutti gli altri, senza una logica vera circa la necessità e l'urgenza per quei territori. Queste ed altre sono le valutazioni che il gruppo di Forza Italia fa in ordine alla sua risoluzione.
Pertanto, concludendo, dichiaro il nostro voto contrario sulla risoluzione favorevole alle dichiarazioni del Ministro Cancellieri, in quanto le comunicazioni del Ministro non mostrano alcuna soluzione idonea a risolvere i gravi problemi della giustizia italiana, né indicano la corretta copertura finanziaria dei pochi interventi annunciati. Dichiaro altresì il voto favorevole alla risoluzione presentata dal mio gruppo, contraria alle dichiarazioni del Ministro Cancellieri oggi espresse in questa sede .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonafede. Ne ha facoltà.
ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, Ministro, a distanza di otto mesi dall'inizio del suo incarico, ci troviamo qui a fare il punto sullo stato della giustizia in Italia. Ebbene, il bilancio è un vero e proprio lago di sangue. In questi mesi, questo Governo e questa maggioranza hanno ridotto in brandelli quel poco che restava della giustizia italiana, una giustizia che, grazie ai suoi continui tagli, Ministro, esce completamente massacrata da quel vero e proprio mattatoio che è diventato il suo Ministero.
Una premessa fondamentale: ci asterremo volutamente dal parlare dell'ormai tristissimo scandalo Ligresti, e non perché abbiamo dimenticato quella pagina orribile della politica italiana: quella ferita brucia ancora forte in tutti noi cittadini, che crediamo in una giustizia uguale per tutti come unica giustizia possibile . Non ne parleremo, Ministro, perché dopo quello scandalo diamo per scontato che lei non sia più il nostro Ministro della giustizia. Non sarà certo un voto di fiducia di questi partiti a legittimare un Ministro che, mentre le forze di polizia arrestano una famiglia coinvolta in uno scandalo finanziario di 600 milioni di euro...
PRESIDENTE. Onorevole Bonafede, mi ascolti. Noi abbiamo all'ordine del giorno un argomento preciso. Lei ha fatto un inciso che riguarda un altro tema, che si è discusso in un'altra occasione, e io gliel'ho fatto fare. Adesso io la prego di ritornare all'argomento, quindi la richiamo all'argomento, perché l'argomento è la risoluzione ... Colleghi, è così Vi informo che è così ! E vi prego, per favore, di far continuare il vostro collega, Bonafede, che deve attenersi al tema . Non stiamo discutendo della mozione di sfiducia nei confronti del Ministro, quindi, la prego serenamente, onorevole Bonafede, di riprendere il suo ragionamento sulla base di quello che è l'ordine del giorno. Grazie.
ALFONSO BONAFEDE. Presidente, mi permetta però di contraddirla, perché ritengo che, nella valutazione del MoVimento 5 Stelle in ordine allo stato della giustizia in Italia, lo scandalo Ligresti possa avere anche una sua rilevanza . Su questo, d'altronde, possiamo non essere d'accordo. Tra l'altro, Presidente, mi dispiace...
PRESIDENTE. Assolutamente sì e le faccio recuperare il tempo, onorevole Bonafede, basta che ci intendiamo. Ovviamente, quell'aspetto può sicuramente rientrarci: siccome lei lo stava facendo in riferimento alle responsabilità del Ministro della giustizia e l'argomento è stato già trattato da quest'Aula, peraltro sulla base di una mozione presentata, le sto semplicemente chiedendo di non personalizzare quell'argomento, che è estraneo alla discussione che stiamo facendo oggi. Ci siamo intesi, onorevole Bonafede ? Penso di sì.
ALFONSO BONAFEDE. Perfettamente, anche se non stavo personalizzando nulla.
Come dicevo, Ministro, ribadisco che diamo per scontato – e questo per me è essenziale – che lei non è più il nostro Ministro della giustizia, visto che si è messa a disposizione di quella famiglia e ha solidarizzato, chiamando don Salvatore Ligresti: povero figlio ! Uno che, per decenni, ha tenuto in mano i politici come marionette, tanti miseri Pinocchio di legno che non vivranno mai il lieto fine di diventare uomini. Ma allora, perché siamo qui, se lei non è il nostro Ministro ? Semplicemente perché, in virtù di quel voto di fiducia, lei è ancora il Ministro della giustizia del PD di Matteo Renzi, che diceva che l'avrebbe sfiduciata quando non era segretario – ricordiamo che ancora deve essere votata la mozione in Senato con Renzi che ora, invece, è segretario – e ovviamente, visto che ormai c’è perfetta sintonia, lei è Ministro della giustizia anche del PdL, o chiamatelo come credete, di Silvio Berlusconi, escluso dal Senato perché condannato e accolto nella sede del PD come possibile padre della Costituzione ! Lei è il Ministro di quel sistema di intrecci che si alimenta dietro le quinte ai danni di noi cittadini; per scelta esclusivamente imputabile agli altri siamo qui e con lei ci dobbiamo ancora confrontare, lo dobbiamo a tutti i cittadini italiani che non vogliono che l'Italia rimanga nelle vostre mani.
Torniamo alla giustizia: cosa è stato fatto in questi mesi ? Ci piacerebbe dire che non è stato fatto nulla, e invece no, purtroppo qualcosa avete fatto. Per capire di cosa stiamo parlando proviamo ad immaginare un'aula di tribunale, immaginiamo di essere lì con una telecamera nascosta, proviamo a capire cosa vediamo. Cominciamo con il giudice: dopo il decreto del «fare finta di fare» è un precario, non c'erano soldi per i concorsi e potrebbe essere anche un notaio a riposo che prenderà una piccola aggiunta alla sua pensione. Passiamo al cancelliere: ops ! non c’è nessun cancelliere, non ci sono soldi per i concorsi. C’è però un giovane laureato di venticinque anni, è ambizioso, vuole fare il magistrato, è cresciuto con il mito di Falcone e Borsellino. Questo Governo gli ha detto di andare a lavorare per la giustizia, di aiutare i giudici, non lo pagherà nemmeno un euro, ma gli ha promesso che sarà un'esperienza formativa. Caliamo la nostra telecamera nascosta nei pensieri di quel giovane, mi sembra già di sentirlo mentre chiede a se stesso perché il Governo può permettersi così impunemente di sfruttare la sua voglia di imparare e di rimanere in Italia; mi sembra di sentirlo mentre si chiede perché non ha ancora deciso di andare all'estero. Vuole fare il magistrato, crede ancora nella giustizia, gli avevano detto...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia...
ALFONSO BONAFEDE. La prego poi di farmi recuperare, Presidente.
PRESIDENTE. Tutto, recupererà.
ALFONSO BONAFEDE. Gli avevano detto che, dopo 18 mesi di sfruttamento presso il tribunale, avrebbe potuto almeno accedere al concorso in magistratura. Ora gli hanno spiegato che, dopo lo sfruttamento in tribunale, dovrà fare un anno di scuola di specializzazione a pagamento e soltanto allora, all'età di 28 anni, dopo circa tre anni di sfruttamento, sarà pronto per partecipare al concorso in magistratura. Ma, ovviamente, dovrà attendere il primo bando utile. Quel giovane ha saputo che il MoVimento 5 Stelle aveva presentato un emendamento per riconoscere almeno un rimborso di 500 euro al mese, ma è stato bocciato perché non ci sono soldi. Gli hanno spiegato anche, a quel giovane, che i soldi per il finanziamento pubblico ai partiti, per i palazzinari, per le «pensioni d'oro», per le delle per gli F-35, per tutto questo i soldi ci sono ! Mancano solo per quel ragazzo di 25 anni, e sinceramente non so come facciate ancora a guardare in faccia i vostri figli e a non vergognarvi.
Ovviamente, Ministro, non mi riferisco a lei che ha il figlio presso la Telecom a cui stiamo affidando, finalmente, la gestione dei braccialetti elettronici per chi è agli arresti domiciliari. Bella storia quella dei novanta braccialetti elettronici per chi è agli arresti domiciliari, bella storia quella dei novanta braccialetti elettronici costati allo Stato italiano 9 milioni di euro all'anno dal 2001 ad ora. Quei braccialetti il cui appalto è stato rinnovato dal Ministro dell'interno; e chi era il Ministro dell'interno ? Lei, Ministro Cancellieri, che adesso, nelle nuove vesti di Ministro della giustizia, emana un decreto che prevede l'impiego massiccio dei braccialetti in gestione a Telecom di cui è suo figlio. È un cerchio senza fine .
Ogni tanto mi chiedo se, per questo Governo, l'indecenza ha qualche limite; la risposta la potete immaginare da soli. Ma torniamo a quell'aula di tribunale. Se si tratta di processo civile, c’è anche un signore, un cittadino che non ha i soldi per affrontare il processo e non sa cosa fare. Quando aveva deciso di iniziare la causa, non sapeva che la Cancellieri avrebbe aumentato del 300 per cento la marca da bollo per le notifiche, che avrebbe aumentato il contributo unificato e ridotto drasticamente i fondi per consentire il gratuito patrocinio. Tra l'altro, quel signore non sa ancora che nel nuovo «processo Cancellieri» è previsto che il giudice suggerisca costantemente alla parte di conciliare e di non continuare il processo, ma «vabbè»: dopo quattro anni di causa, saprà almeno se ha torto o ragione e soprattutto il perché, ma quando mai ! Non sa, quel cittadino, che la diabolica fantasia del Ministro della giustizia è arrivata a concepire la motivazione della sentenza a pagamento. Per non parlare del fatto che, in materia di sinistri stradali, con il «Destinazione Italia» i cittadini saranno costretti a rivolgersi ai carrozzieri di fiducia delle assicurazioni, e sembra che verranno dimezzati i risarcimenti dei danni non patrimoniali. Natale è passato, ma evidentemente per i regali alle assicurazioni c’è sempre tempo .
C’è anche un giovane avvocato in quell'aula di tribunale, uno di quelli che lei voleva incontrare solo per toglierselo dai piedi, uno di quelli che lavora in condizioni allucinanti e che riceve da lei soltanto accuse e indifferenza. Se poi parliamo di diritto penale, c’è un imputato; ha commesso un altro reato, era già stato condannato per associazione mafiosa, ma era fuori dal carcere grazie al suo indulto mascherato. E c’è anche la persona offesa dal reato; è incredula. Le avevano detto che l'imputato avrebbe scontato sette anni di carcere e lo ha incontrato per strada dopo tre anni e mezzo. Chissà perché c’è una parola che le rimbomba nella mente; quella parola è «vergogna». Le spiegano che il provvedimento è essenziale per svuotare le carceri, lei si è informata e ha capito che dopo anni di piani di sfollamento delle carceri e di commissari straordinari, dopo anni di appalti assurdi dati in pasto ai palazzinari di sempre, dopo anni, adesso lo Stato si ritrova semplicemente ad aprire le celle e a fare uscire detenuti. Questa, Ministro, non è una soluzione, è l'ammissione di un fallimento.
Ma c’è di più: lo Stato si muove come un delinquente soggetto ad una sanzione. Non ve ne può fregare di meno di come stanno i detenuti, state facendo di tutto per limitare il numero semplicemente perché avete paura di pagare la multa all'Europa. Ma i detenuti che rimarranno in carcere continueranno a vivere in condizioni indicibili, continueranno a dormire con la pioggia che entra nelle loro celle e a farsi la doccia con l'acqua fredda. Lei è il Primo Ministro e questa è la prima maggioranza che, per vigliaccheria e per paura di parlare di indulto, fa uscire i mafiosi e i delinquenti per reati gravi dal carcere con un decreto-legge. Lo ha denunciato anche il procuratore nazionale antimafia, Roberti. E questo, immagino, per dare un segnale forte mentre proprio oggi si legge su tutti i giornali che, dal carcere, Totò Riina fa sapere che vuole che il giudice Di Matteo venga ucciso .
Sono già usciti – e mi avvio a concludere – cinque mafiosi, Ministro. Sono già usciti tanti altri condannati per tanti altri reati, senza motivazioni, senza criterio. Magari, chissà, il prossimo passo sarà quello di accoglierli nella sede del PD, non si sa mai ci sia tra di loro qualche nuovo possibile padre della Costituzione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.
WALTER VERINI. Signor Presidente, una coincidenza e un caso molto significativi fanno cadere questa relazione del Ministro e questo dibattito in un momento di grandi possibilità di cambiamento del nostro Paese. Non mi appassiona la retorica di chi parla di Prima, Seconda, Terza Repubblica, ma è indubitabile che se si eliminasse un bicameralismo farraginoso...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Verini. Soprattutto i colleghi dell'onorevole Verini, se potessero magari abbassare il tono della voce.
WALTER VERINI. La ringrazio, Presidente. Dicevo che, se si eliminasse un bicameralismo farraginoso e non in sintonia con le esigenze del Paese, se si modificasse il Titolo V della Costituzione e se si approvasse, come possibile, una legge elettorale finalmente seria e democratica, il Paese guarderebbe al futuro con maggiore speranza e fiducia...
PRESIDENTE. Veniamo all'argomento, onorevole Verini. Grazie.
WALTER VERINI. La ringrazio del richiamo: arrivo subito al tema, Presidente, nei miei dieci minuti. Se questo è il quadro, se il 2014, come auspicabile, potrebbe essere l'anno delle riforme e dell'avvio della ripresa di un Paese per molti versi stremato, allora questo impegno, questa speranza devono decisamente essere indirizzati anche verso il settore della giustizia. Possiamo, dobbiamo farlo, senza più quel peso opprimente delle leggi che, per troppi anni, hanno impedito di affrontare i temi reali del funzionamento della giustizia. E possiamo farlo senza più quel clima di scontro che ha avvelenato il nostro Paese; e dobbiamo farlo in un clima di collaborazione, con la magistratura innanzitutto, della cui indipendenza e della cui autonomia noi siamo strenui difensori, come la Costituzione prevede; ma anche, Ministro (è stato già richiamato), con tutte le categorie professionali, a partire da quella forense, con la quale è necessario ristabilire un clima di dialogo e non di scontro.
La relazione del Ministro, con i dati anche drammatici che ha richiamato, confermano questa esigenza, e indicano alcune strade da proseguire. Già gli interventi di Danilo Leva e di Alessia Morani hanno bene illustrato le proposte e le iniziative del Partito Democratico; e io lo voglio ribadire in questa dichiarazione conclusiva: il Partito Democratico c’è. Noi siamo disposti a mettere tutto l'impegno e la volontà a riformare una giustizia lenta, i suoi ritardi, i suoi carichi di lavoro, l'inefficienza del processo penale e soprattutto di quello civile.
PRESIDENTE. Onorevole Bianconi !
WALTER VERINI. E insieme a lavorare contro il disumano sovraffollamento delle carceri, e per una pena che sia davvero umana e fattore di rieducazione e reinserimento; e non solo perché ce lo impone la Costituzione, ma un principio di civiltà ce lo indica. In questi otto mesi, questo è stato l'impegno del Parlamento, della Commissione giustizia e del Partito Democratico; la Commissione, ed anche l'Aula, con il contributo di tutti, presieduta con rigore e competenza dalla collega parlamentare Donatella Ferranti, ha lavorato molto; e i diversi, molteplici provvedimenti approvati per esempio in materia di emergenza carceraria, e quelli in corso di approvazione, sono di grande rilievo, proprio perché strutturali, e una volta diventati legge, nelle prossime settimane, potranno anche rendere obiettivamente meno pressante, se non residuale, l'esigenza di provvedimenti di clemenza. Ma voglio ricordare anche altri provvedimenti di grande valore civile, come quelli presentati dal Governo sul reato di femminicidio, o quelli di iniziativa parlamentare legati all'introduzione del reato di omofobia, all'eliminazione della pena carceraria per i giornalisti nella diffamazione a mezzo stampa, o quello sui reati ambientali, approdato ieri all'esame dell'Aula; e voglio ricordare l'approvazione unanime della riforma dell'articolo 416-, per combattere la piaga del voto di scambio politico-mafioso.
Ho sentito insulti nell'ultimo intervento, ho sentito nominare la parola «decenza». Lo vorrei dire, al gruppo 5 Stelle: sarebbe onesto, sarebbe rispettoso della verità, smetterla con gli insulti e con la propaganda e riconoscere che in questo lavoro, così come in quello di altre Commissioni e in altri campi, tutti questi parlamentari «abusivi» il loro dovere lo hanno fatto e lo stanno facendo. Meno insulti e più idee, allora ! E noi, come Partito Democratico, siamo anche disponibili a prevedere su questi temi la possibilità di stabilire sessioni parlamentari specifiche, intense, con tempi certi, nelle quali discutere ed approvare provvedimenti per la semplificazione del processo civile, per il completamento di quello telematico, per facilitare ed incentivare l'informatizzazione, e quindi la trasparenza del sistema; e per qualsiasi altra misura utile a semplificare, semplificare, semplificare, e garantire al Paese un processo civile di standard europeo, che rispetti innanzitutto i diritti dei cittadini, delle imprese, e le esigenze della crescita o degli investitori anche esteri.
Siamo pronti poi – lo ricordava Morani, lo ricordava Leva – lungo la strada della deflazione del carico penale e di forme di depenalizzazione mirate e di semplificazione di un nuovo sistema delle pene.
Infine, siamo pronti ad affrontare anche i temi della modernizzazione e riorganizzazione degli uffici giudiziari nell'ambito della riforma della geografia giudiziaria che noi approviamo, anche se ancora rileviamo criticità. Sono state ricordate le isole, per esempio oggi se ne rappresentavano situazioni come quella di Olbia, altre ancora sono all'esame di tante comunità locali, ma noi siamo favorevoli al lavoro per decongestionare gli uffici, per razionalizzare le risorse e per incentivare la necessità di risorse finanziarie umane e professionali.
Ho finito, signor Presidente, voglio dire che siamo pronti anche ad affrontare e a continuare a discutere sui temi legati alla giustizia che potranno rendere il nostro Paese più europeo e più civile. Ho citato prima l'omofobia, ma noi siamo pronti a discutere – sono già calendarizzati – i temi del divorzio breve, delle adozioni nazionali e internazionali e le misure di tutela dei minori. E penso poi alla riforma e al superamento della vergogna del reato di clandestinità, simbolo di politiche per l'immigrazione sbagliate, inefficaci e incivili per le quali in diversi, a cominciare dalla Lega Nord che strilla molto, dovrebbero chiedere scusa.
Noi siamo infine anche contro la cultura della droga, ma pensiamo anche al superamento delle norme sbagliate della Fini-Giovanardi, che non distinguono tra gli spacciatori e i ragazzini che si scambiano lo spinello. Potrei continuare, ma il terreno che il Ministro con la sua relazione ci ha offerto è un terreno che tutti dobbiamo cogliere con serietà, per l'Italia, non per noi. Dobbiamo farlo anche con due parole, con le quali voglio concludere, che si chiamano coraggio e innovazione. Proprio perché noi siamo difensori dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura, siamo anche disponibili a discutere insieme e non contro la stessa, forme di responsabilizzazione più trasparenti come quelle contenute nel disegno di legge presentato dal PD. Siamo pronti anche a discutere forme di semplificazione coraggiose, ridando alle istituzioni il primato. Lo ricordava il nostro segretario nazionale, non debbono più essere i TAR a discutere e a decidere sulla salute e non debbono essere le corti a decidere sulla legge elettorale, ma il Parlamento, la politica e le istituzioni.
Ecco, Presidente, lo voglio ripetere, per noi questo 2014 dovrà essere un anno di cambiamento e di riforma anche della giustizia, perché in questo Paese non solo tutti i cittadini siano uguali davanti alla legge, ma anche perché la legge sia uguale, efficiente e trasparente davanti a tutti i cittadini .
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
PRESIDENTE. Avverto che secondo la prassi, la Relazione sull'amministrazione della giustizia trasmessa dal Ministro ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150, sarà pubblicata in calce al resoconto della seduta odierna.
Passiamo ai voti. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico. Come da prassi – colleghi, vi prego di ascoltare – le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti. Pongo in votazione la risoluzione Verini, Costa, Dambruoso, Gitti e Pisicchio n. 6-00043, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Michele Bordo, Caparini, Capezzone, Dambruoso, Di Lello, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Gozi, Migliore, Pes, Pisicchio, Ravetto, Sani, Schullian, Sisto e Speranza sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. . Invito i colleghi, poiché ci accingiamo a fare una commemorazione, anche a silenziare i telefoni ed a prendere posto.
Colleghi, come sapete, lo scorso 17 ottobre è venuto a mancare, all'età di novanta anni, Sergio Stanzani Ghedini, già membro della Camera dei deputati nella prima parte della VIII, nella IX e X legislatura e membro del Senato della Repubblica nella seconda parte della VIII e nella XII legislatura.
Nato a Bologna il 1o marzo 1923, laureato in ingegneria, dirigente di Finmeccanica, partecipò, dando prova di grande coraggio e passione civile, alla lotta partigiana in Emilia Romagna.
Fin dal 1946 fece parte degli organi dirigenti dell'Unione Goliardica Italiana, l'organizzazione laica degli studenti universitari fondata alla fine della Seconda guerra mondiale che, insieme alle organizzazioni studentesche cattoliche, formava l'Unione nazionale universitaria rappresentativa italiana, associazione, quest'ultima, di cui divenne presidente nel 1952.
Iniziò la sua carriera politica come membro del Partito Liberale Italiano per essere, successivamente, tra i fondatori del Partito Radicale, nell'ambito del quale, oltre a costituire un importante punto di riferimento ed un interlocutore attento per tutti i dirigenti e gli iscritti, è sempre stato in prima linea nelle battaglie civili condotte da tale formazione politica.
Nel partito ricoprì ruoli di primissimo piano, apportando, nel 1967, un fondamentale contributo alla redazione dello statuto e ricoprendo tra il 1988 e il 1993 la carica di segretario: in tale veste, ne ha promosso e realizzato lo sviluppo in ambito transnazionale.
Eletto presidente del Partito Radicale transnazionale nel 2002, ha mantenuto tale incarico sino alla sua recente scomparsa. In qualità di presidente del comitato «Non c’è pace senza giustizia», si è impegnato con tenacia, determinazione e passione nella campagna per l'istituzione della Corte penale internazionale con competenza per i crimini di guerra, di genocidio, contro l'umanità e di aggressione.
Come membro di questa Camera è stato componente, tra l'altro, della Commissione parlamentare per i procedimenti d'accusa, delle Commissioni igiene e sanità pubblica, trasporti, lavoro, agricoltura, attività produttive, bilancio, nonché della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Ha altresì ricoperto nella X legislatura la carica di segretario di Presidenza.
Profondo conoscitore del settore dell'emittenza radio-televisiva, ha dato un prezioso apporto alla redazione e all'approvazione, nella X legislatura, della proposta di legge per la concessione di contributi alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale.
Come componente del Senato, nella XII legislatura, è stato vicepresidente del gruppo parlamentare di Forza Italia. Sergio Stanzani è stato un protagonista della vita democratica italiana, un uomo di grande rigore, coraggio e coerenza, un politico appassionato, che ha sostenuto durante tutto il corso della sua vita la causa della libertà e della conquista dei diritti umani, civili e sociali.
La Presidenza ha fatto pervenire ai familiari e al figlio Duccio, che sta assistendo ai nostri lavori e che salutiamo, le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio .
DANIELE CAPEZZONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANIELE CAPEZZONE. Signor Presidente, grazie, grazie davvero, anche per l'iniziativa che lei ha assunto di questo ricordo e per le parole così belle che ha voluto spendere. È per me un onore partecipare al ricordo – spero di farlo in modo minimamente adeguato – della figura di Sergio Stanzani, ed è un onore non solo per alcuni anni di comune militanza radicale – egli un monumento, uno dei fondatori di quel partito, io un ragazzino –, ma per ragioni più profonde che credo possano importare non solo in quest'Aula a chi – penso ad altri colleghi – ha condiviso quell'esperienza umana e politica nel Partito Radicale, in momenti diversi, ma credo possa riguardare davvero tutti.
In questi anni – lo dico a chi non ha conosciuto Stanzani, lo dico, in particolare, ai colleghi più giovani di me – in cui, a torto o a ragione, si parla di antipolitica e, diciamolo, il ceto politico non ha spesso molti e solidi argomenti per chiedere ai cittadini rispetto e fiducia, invece la biografia di Sergio Stanzani ha il valore di una grande testimonianza della possibile nobiltà della politica; voglio ripeterlo ancora, della possibile nobiltà della politica.
La sua è una storia italiana, da conoscere e da far conoscere, che per i più giovani avrebbe il valore di un romanzo di formazione. Sia consentito, spiace constatare che, perfino nell'ottobre scorso, in occasione della sua scomparsa, il sistema dei italiani, scritti e audiovisivi, quasi senza eccezioni, sia stato così avaro nel far conoscere la sua vicenda. Si dirà: è la solita polemica sull'informazione di uno dei figli della scuola radicale. No, mi permetto di dire a quei : cosa vi siete persi, voi, italiani, a non far conoscere la vita e la storia di Stanzani, che lei, Presidente, ha ricordato.
Cito disordinatamente la sua esperienza giovanile nella Resistenza; Resistenza, va ricordato, che non fu solo Resistenza comunista e cattolica, ma fu anche una Resistenza con una componente laica, liberale, radicale e azionista. Poi, la sua esperienza universitaria, che lei citava, Presidente, di grande animatore dell'Unione Goliardica Italiana, scuola e palestra di vita e di politica liberale, libertaria, innovativa, anticipatrice.
Poi, la sua vicenda professionale di dirigente di Finmeccanica, della grande impresa pubblica, così come poteva concepire tutto ciò un radicale e un liberale onesto e capace. Ancora, la sua militanza nella sinistra liberale e, da quella costola, l'azione per la rifondazione del Partito Radicale, insieme a Marco Pannella e ai suoi compagni di strada di una vita.
Nel 1967, il lavoro sullo statuto che lei citava, Presidente, che è un lavoro di straordinaria attualità anche per l'oggi. Lo dico ai colleghi che si avvicinano oggi alla politica: un partito che nel 1967 diceva «congresso annuale e per obiettivi e per campagne», che diceva «centralità degli iscritti, congressi senza deleghe e senza delegati, assenza di e di espulsioni, di provvedimenti disciplinari», un partito che puntava e, per tanta parte, è riuscito a prefigurare in se stesso gli obiettivi liberali e libertari che indicava al Paese.
Questo è il senso di tutta la sua vita politica: la militanza in un partito che, nelle sue diverse incarnazioni, ha cercato, con non pochi successi, un percorso fuori dalle due grandi chiese, la chiesa democristiana e la chiesa comunista, lo dico tra virgolette, essendo, di volta in volta, compagni di strada, in genere scomodi, della sinistra o del centrodestra – è stato ricordato che Sergio Stanzani, nel 1994, fu vicepresidente del gruppo senatoriale di Forza Italia – e tentando sempre di proporre sfide liberali agli uni e agli altri, dalle riforme istituzionali alla giustizia, dall'economia ai diritti civili, alla grande politica internazionale.
Si dice oggi locale e globale. Sergio Stanzani fu locale e globale: papà di una delle prime gloriose televisioni libere degli anni Settanta e Ottanta, ma anche globale, con il suo impegno come di «Non c’è pace senza giustizia», l'organizzazione che si è battuta per la Corte internazionale contro il genocidio e i crimini contro l'umanità, e poi come segretario e presidente del Partito Radicale Transnazionale in anni in cui la transnazionalità delle grandi questioni sembrava un concetto strano, stravagante, ed era solo invece un'anticipazione di quello che oggi tutti sappiamo.
E ancora – e concludo – il suo rapporto indicibile con Marco Pannella, impossibile da descrivere, l'amicizia di una vita, il rapporto fra due vecchi ragazzi, due tremendi ragazzi che però hanno scritto pagine, io credo, delle quali siamo tutti debitori.
Ho speso qualche parola per rendere alcune pillole politiche di Sergio Stanzani, membro di questa Camera, membro del Senato della Repubblica anche, ma mi permetto di utilizzare l'ultimo minuto per fare quello che mi piacerebbe di più, e cioè restituire qualche pillola dello Stanzani persona, della sua vita, perché la vita è sempre più grande della politica.
La sua lezione è letteralmente commovente, il suo impegno, lungo decenni, fino a novant'anni, fino all'ultimo istante della sua vita, per imparare ancora, per fare ancora, la sua capacità di appassionarsi e di discutere da pari a pari anche con l'ultimo collega o con l'ultimo compagno di strada arrivato. E come si appassionava e come si arrabbiava ! Fatevelo raccontare da chi per qualche anno è stato non solo oggetto, ma forse anche causa, di tante arrabbiature.
Da dove si trova, mi permetto di rivolgergli un pensiero affettuoso e sorridente. Per quelli come lui, come me, come tanti di noi che, non aveva lui, e non abbiamo noi, certezza di fede sull'aldilà e viviamo il dubbio agnostico, lo stupore rispettoso, il confronto costante con il mistero nel quale siamo tutti immersi, una sola cosa è certa: il dovere e il piacere di ricordare le persone care che ci hanno preceduto, di conservarne la memoria, il sorriso, l'intelligenza, le cose che abbiamo da loro imparato, facendone tesoro e facendo il possibile perché altri ancora possano scoprirle, conoscerle, meditarle. È così che contribuisco al ricordo di un grande italiano, Sergio Stanzani .
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Invito i colleghi, se è possibile, a mantenere il silenzio, giacché stiamo...
ROBERTO GIACHETTI. La ringrazio, Presidente. Commemorare un parlamentare è sempre un compito singolare. Da un lato, si deve rendere onore ad un uomo che ha servito la nostra nazione e, dall'altro, bisogna tratteggiarne i caratteri che hanno dato corpo e forma all'azione politica, all'attività parlamentare, a tutto ciò che ha saputo e potuto fare per migliorare la vita dei suoi connazionali.
Se, quindi, ricordare un parlamentare richiede una pervicace ed ossessiva attenzione biografica ed una attenta ricostruzione storica, ricordare un amico, un amico parlamentare, necessita di un particolare distacco, perché si è tentati di enfatizzare momenti ed episodi vissuti insieme, battaglie e proposte condivise, vittorie festeggiate magari con un semplice sorriso.
Sergio Stanzani, per tutti noi Sergino, ha fatto parte di quella Italia che ci ha regalato aria di cambiamento, vera e sofferta lotta civile, fresca e pulita, e insofferente nei confronti di qualsiasi tentazione illiberale.
Ha vissuto una stagione ricca di inquietudini politiche e morali che per mia personale considerazione non sono riuscite, se non in parte, a cambiare il nostro Paese.
Lo ricordava lei, Presidente: classe 1923, bolognese di nascita e anche di piglio, non risponde alla chiamata alla Repubblica sociale italiana e, varcato il fronte, prende parte attiva alla Resistenza nella sua Romagna. La guerra ne segna la sua inclinazione al rispetto della persona contro le tirannie, alla laicità dell'operato, alla solidarietà verso i deboli e gli esclusi della vita, germogli di quelle che saranno in seguito le sue più meritevoli e conosciute iniziative politiche e sociali, di cui fu ispiratore e protagonista: il comitato «Non c’è pace senza giustizia», l'istituzione della Corte penale internazionale per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità, le campagne contro la pena di morte con «Nessuno tocchi Caino».
Laureatosi in ingegneria, la sua formazione culturale e il suo impegno civile si legano indissolubilmente alla grande esperienza universitaria dell'Unione Goliardica Italiana, traccia indelebile del suo percorso politico. Il programma fondativo della Goliardia fu vissuto e interpretato da Stanzani come un vero della sua vita, dove in quella esperienza si fondevano cultura e intelligenza, amore per la libertà e coscienza della propria responsabilità di fronte agli studenti di allora, lavoratori di domani.
Viveva alla luce di un'assoluta libertà di critica, senza pregiudizi e senza preclusioni. Attento più alle parole degli altri che alle proprie, sapeva trarre dalla operosità di chi effettivamente crede in ciò che sta facendo sintesi politiche feconde, lungimiranti e spesso precorritrici di nuove strade, oggi per tanti versi non ancora battute fino in fondo.
Entra nel Partito Liberale Italiano, da cui ne esce per dare vita al Partito Radicale, insieme a Marco Pannella e ad altri amici e compagni. Eletto nel Popolo della Libertà nel 1994, fu scomodo alla destra, inviso ai comunisti, non gradito ai cattolici. Senatore e deputato, come lei ha ricordato, per più legislature, ha onorato le istituzioni da autentico liberale e libertario, convintamente consapevole di essere parte del tempio della libertà e della democrazia, convinto anche, però, che quel tempio spesso non sapeva rappresentare la democrazia.
Diceva sempre che aveva letto poco e scritto ancora meno, ma la prova di democrazia pratica che ha lasciato a tutti noi è ineguagliabile. Mi riferisco allo statuto del Partito Radicale, che ha citato il collega Capezzone, pensato, discusso e approvato a metà degli anni Sessanta, quando i partiti erano gestiti a colpi di segreterie politiche e congressi preconfezionati. E se penso al lavoro che noi dovremmo fare, magari di revisione dell'articolo 49 della Costituzione, penso che ricordare i punti cardine di questo statuto, che è stato immaginato dal Partito Radicale nel 1960, sia qualcosa di assolutamente attuale, anche per la nostra riflessione: congresso a data fissa e non quando lo decide il segretario; possibilità per chiunque di potersi iscrivere con il versamento della semplice quota associativa; possibilità per gli iscritti di avere doppia tessera; possibilità per ogni iscritto, indipendentemente da mesi o anni di appartenenza e di iscrizione al partito, di avere il diritto di partecipare al congresso, parlare, votare e presentare documenti, intervenire, quindi, nelle reali scelte politiche del partito fin da subito e diventare, senza preclusioni, dirigente, perché scelto per le proprie proposte e per i propri progetti.
Un antico proverbio cinese racconta che quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento. Ebbene, Sergio Stanzani ha percorso la nostra storia democratica e repubblicana così: come un semplice costruttore di mulini a vento capace di non fermare mai i cambiamenti che stava vivendo
EUGENIA ROCCELLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EUGENIA ROCCELLA. Signor Presidente, è difficile per me commemorare una persona come Sergio Stanzani, che, prima di essere un parlamentare, una persona pubblica, era per me prima di tutto una persona cara, come tutta la sua famiglia. Lo conoscevo da sempre, perché era un grande e fraterno amico di mio padre, Franco Roccella, e questo strettissimo rapporto nasceva dalla comune militanza nell'UGI, nell'Unione Goliardica Italiana.
Mio padre dal profondo Sud era andato a Bologna per frequentare l'università e lì aveva conosciuto un gruppo di giovani che vivevano con grande vitalità e speranza, con l'entusiasmo della ritrovata libertà, il desiderio di ricostruire la cultura e la democrazia italiana.
L'UGI, l'UNURI, gli organismi di rappresentanza studentesca furono la palestra di una generazione piena di un'energia che derivava dall'euforia per la ritrovata libertà, un'energia intellettuale che derivava appunto dalla fine del fascismo, una generazione certa che il futuro del Paese poteva essere disegnato ed inventato e che li avrebbe visti protagonisti.
Dall'UGI è uscita l’ intellettuale e politica del nostro Paese, fatta di professori universitari, di politici influenti, di professionisti di grande spessore, persone che si sono impegnate per rinnovare la cultura italiana, disincagliarla dalle secche del fascismo e liberarla dalle scorie ideologiche, aprendola ai flussi rinfrescanti ed innovativi che provenivano dall'Europa, dall'America, dal mondo.
Di quel gruppo, mio padre insieme ad altri fu il teorico, colui che propose alcune idee e concetti, sintesi che ancora oggi sono ricordati, dal famoso manifesto che cominciava con le parole: «Goliardia è cultura e intelligenza» fino allo slogan: «Non l'unità delle forze laiche, ma l'unità laica delle forze».
La caratterizzazione laica, non banale e non laicista, era componente essenziale di quella cultura, e a quella impostazione tutti loro sono stati fedeli fino alla fine.
Laicità come approccio libero, non ideologico, alla conoscenza.
Per capirsi, Sergio, che non era solo un laico, ma anche fortemente anticlericale e un po’ «mangiapreti», come si diceva allora, non si sottrasse però alla richiesta di essere mio padrino di battesimo, assecondando un desiderio dell'unica persona credente della mia famiglia, mia zia.
Mi scuso per questo intreccio di ricordi anche personali, ma mi è impossibile commemorare Sergio senza ricordare anche i suoi amici, alcuni ormai scomparsi, altri ancora in vita, da Marco Pannella a Franco Roccella, a Gino Roghi, a Sergio Castriota e tanti altri che hanno giocato ruoli importanti anche quando non apparivano in primo piano sulla scena italiana.
Sergio di quel gruppo era soprattutto l'organizzatore, la mente pratica, anche perché era uno dei pochi ad avere una formazione universitaria di questo tipo.
Per tutti era, oltre che Sergino, l'ingegnere, e da ingegnere fece il suo cammino professionale, raggiungendo livelli apicali di grande responsabilità in un'azienda pubblica come Finmeccanica.
Ma per tutta la vita Sergio è stato prima di tutto un appassionato di politica e sempre, fino alla fine, un radicale.
Lo era quando Pannella raccolse l'eredità del vecchio partito di Pannunzio ed iniziò a trasformarlo profondamente, adeguandolo alla ventata di nuovo che veniva dai movimenti alternativi e non violenti americani.
Lo è stato quando, ormai malato e costretto sulla sedia a rotelle, ha continuato a frequentare le riunioni di partito, ad occuparsi di politica, a seguire Marco Pannella nella sua avventura personale e pubblica.
Ha condiviso battaglie antiche e nuove, accettando metodi di lotta molto lontani dal suo carattere, da quelli che appartenevano alla sua formazione ed al suo stile personale, ma la passione e le convinzioni hanno sempre avuto la meglio anche su eventuali riserve.
La sua storia, la sua vita è legata in modo indissolubile a quella dello stesso partito che ha contribuito a costruire, un partito laico e libertario, che ha svolto un ruolo fondamentale non solo nell'ambito dei diritti civili, in particolare negli anni Settanta, ed è stato una grande scuola per molti di noi, molti che hanno continuato a fare politica, magari seguendo strade diverse.
Questo nonostante sia sempre stato un piccolo partito, un partito che però ha mantenuto sempre, in fondo, quella caratteristica di gruppo di amici e di sodali che aveva all'inizio, e mai è diventato un partito come gli altri.
Ricordo l'invito di Pasolini, che come testamento ha lasciato proprio al Partito Radicale la frase: «Continuate ad essere diversi, continuate a scandalizzare».
Sergio di quel partito era stato tesoriere, segretario, autore dello statuto, giocando mille ruoli, oltre naturalmente ad essere eletto come parlamentare nelle sue liste.
Commemorarlo vuol dire ricordare prima di tutto un modo di intendere la politica, un modo – è stato definito anche in quest'Aula adesso – nobile, un modo disinteressato, coerente, appassionato, coinvolgente, militante, che ha segnato tutta la sua esistenza ed ha insegnato tantissimo a tutti quelli che lo hanno conosciuto e gli sono stati vicini .
ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, abbiamo tutti e tutte in quest'Aula un debito di riconoscenza nei confronti di Sergio Stanzani Ghedini, per la sua storia, per il suo percorso intellettuale e politico, per l'impegno a migliorare e cambiare la società italiana e anche e soprattutto per il suo impegno sul fronte internazionale per rimettere al centro, in una stagione storica dove c'era la contrapposizione tra i blocchi, il grande tema dei diritti umani. Sergio Stanzani ha avuto un percorso estremamente interessante, ma sempre lineare. Lineare fu la sua scelta di partecipare alla Resistenza in Romagna. Lineare fu la sua adesione al Partito Liberale e poi, successivamente, attraverso la sua formazione laica e libertaria, al Partito Radicale di Marco Pannella. E sempre dentro una visione in cui la centralità dei diritti delle persone più deboli era fondamentale. Lesse il Sessantotto nella sua accezione più libertaria e meno ideologica. Fu curioso nei confronti del vento nuovo che veniva portato avanti dalle giovani generazioni. Fu sempre attento rispetto al tema, come ricordava il collega Giachetti, della riforma delle forme di partecipazione attiva alla politica. E fu tra i promotori fondamentali delle battaglie contro la fame nel mondo e contro la pena di morte. E fu, in qualità di presidente del comitato «Non c’è pace senza giustizia», uno dei promotori principali di quella Corte penale internazionale che oggi è una delle luci fondamentali che si accendono dentro un mondo attraversato da guerre, da violenza, da genocidi, da crimini contro l'umanità . E lui fu tra quelli che riuscirono a realizzare in una battaglia gigantesca questo sogno, nel tempo dei crimini di guerra nell'ex Jugoslavia, nel Ruanda, sprofondato in un genocidio mai visto, e nel tempo oggi del Centrafrica, dell'Uganda, del Darfur, della Repubblica democratica del Congo, attraversati da violazioni gigantesche che oggi sono all'attenzione di quella Corte penale internazionale di cui parlavo prima.
ARTURO SCOTTO. Per questo dobbiamo ringraziare Sergio Stanzani e salutare con affetto la sua famiglia, per ringraziarla di aver dato e offerto alla politica e alla società italiana una grande figura come lui .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1885-A: Conversione in legge del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, recante disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate.
Avverto che la Commissione ha presentato l'emendamento 2.800, che è in distribuzione, con riferimento al quale il termine per la presentazione dei subemendamenti è fissato per le ore 16.
Avverto, altresì, che prima dell'inizio della seduta gli emendamenti 1.40, 1.53, 1.79, 2.9, 2.22, 2.40, 2.290, 7.12, 7.13 e 7.17 sono stati ritirati dai presentatori.
Avverto, infine, che le Commissioni affari costituzionali e bilancio hanno espresso il prescritto parere sui nuovi emendamenti presentati dalla Commissione contenuti nel fascicolo n. 3 e sui relativi subemendamenti. Tali pareri sono in distribuzione. In particolare, la Commissione bilancio, a seguito del parere favorevole espresso sugli emendamenti della Commissione 2.800, 2-.800 e 3.800, ha revocato le condizioni recate, rispettivamente, dagli emendamenti 2.706, 2-.700 e 3.700. Per effetto di tale revoca e ferme restando le altre condizioni volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione contenute nel parere espresso il 16 gennaio 2014, la Commissione bilancio ha subordinato il parere favorevole sul testo del provvedimento all'approvazione dei predetti emendamenti 2.800, 2-.800 e 3.800.
Ricordo che nella seduta dello scorso 16 gennaio è stato, da ultimo, respinto l'emendamento Busto 1.15. Avverto che, a seguito della proposta di riformulazione dell'emendamento De Rosa 1.14, accettata dal presentatore, lo stesso verrà posto in votazione dopo l'emendamento