PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
MIRELLA LIUZZI, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascari, Benvenuto, Bergamini, Brescia, Colletti, Covolo, D'Inca', Delmastro Delle Vedove, Delrio, Gregorio Fontana, Gallo, Gebhard, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Lorefice, Molinari, Occhionero, Ruocco, Saltamartini, Sarti e Sisto sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente novantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto della seduta odierna .
PRESIDENTE. Comunico che, a seguito delle elezioni suppletive svoltesi il 20 gennaio 2019, ai termini dell'articolo 86, comma 3, del testo unico 30 marzo 1957, n. 361, delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, l'Ufficio centrale circoscrizionale presso la corte di appello di Cagliari ha proclamato, in data 22 gennaio 2019, Andrea Frailis deputato per il collegio uninominale n. 01- Cagliari della XXVI Circoscrizione Sardegna.
Il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali reclami decorre dalla data di proclamazione .
PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato della Repubblica, con lettera in data 22 gennaio 2019, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per le questioni regionali il senatore Antonio Saccone, in sostituzione del senatore Massimo Vittorio Berutti, dimissionario.
PRESIDENTE. Invito la deputata segretaria a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.
MIRELLA LIUZZI, legge:
Dario Bossi, da Montegrino Valtravaglia (Varese), chiede:
modifiche alle norme sulle procedure di conferimento di incarichi ai magistrati da parte del Consiglio superiore della magistratura ;
disposizioni per garantire l'effettiva applicazione delle norme che prevedono che il pubblico ministero svolga accertamenti su fatti e circostanze a favore degli indagati ;
il rafforzamento degli strumenti a disposizione delle vittime di reati per opporsi alla richiesta di archiviazione delle indagini -;
nuove norme in materia di individuazione del Presidente dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni -;
iniziative per l'abolizione totale dell'impiego della terapia elettroconvulsiva -;
la riduzione degli oneri fiscali connessi all'accensione di mutui ;
disposizioni per garantire l'accesso, da parte degli interessati, ai dati personali contenuti nel Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno -;
Massimiliano Valdannini, da Roma, chiede di promuovere l'utilizzo del patrimonio dell'archivio dell'Istituto Luce nell'ambito delle iniziative per la reintroduzione dell'insegnamento dell'educazione civica ;
Stefano Salvatore Casabianca, da Catania, chiede iniziative per l'installazione di pianali ammortizzati per il trasporto dei pazienti sui mezzi di soccorso ;
Emiliano Strano, da Catania, chiede nuove norme in materia di indennità per i piloti e gli specialisti in servizio su unità navali - ;
Carlo Enrico Paciaroni, da Firenze, chiede la concessione di una promozione onorifica ai militari in congedo che svolgono attività volontaria presso le associazioni d'arma e combattentistiche ;
Michele Vecchione, da Alatri (Frosinone), chiede:
l'unificazione delle pene detentive previste per le diverse fattispecie di omicidio ;
misure alternative al trattamento sanitario obbligatorio ;
Franco Maria Vagge, da Genova, chiede l'istituzione di un comitato consultivo degli azionisti per le società bancarie e finanziare quotate in mercati regolamentati ;
Susanna Santimone, da Roma, chiede l'introduzione del reato di ;
Emanuele Santella, da Roma, chiede l'istituzione, nel comune di Roma, di un organismo di rappresentanza dei ragazzi di età compresa tra quattordici e diciotto anni ;
Alberto Bruno, da Napoli, chiede interventi per ridurre le emissioni inquinanti dello stabilimento ILVA di Taranto ;
Catello Pandolfi, da Forio (Napoli), chiede misure di regolamentazione dei mercati finanziari, per mettere al riparo il sistema bancario e i risparmi dei cittadini dalla speculazione ;
Raffaele Bencivenga, da Cesa (Caserta), e numerosi altri cittadini chiedono la stabilizzazione del personale precario del servizio sanitario della Regione Campania ;
Francesco Di Pasquale, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
norme in materia di riconoscimento giuridico dei partiti politici ;
norme in materia di riconoscimento giuridico dei sindacati ;
interventi in favore delle imprese che vantano crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni;
iniziative per far cessare le violenze perpetrate contro i cristiani in varie parti del mondo - ;
norme per combattere l'uso delle sostanze stupefacenti ;
l'istituzione della Giornata della natura ;
Antonio Rossi, da Viterbo, chiede l'esenzione dall'imposta di bollo per talune tipologie di documenti ;
Luigi Fasce, da Genova, e numerosissimi altri cittadini chiedono l'effettiva applicazione della direttiva 2012/18/UE (cosiddetta "Seveso III") alle tubature per il trasporto di materiali pericolosi per l'ambiente, a tutela della salute dei cittadini .
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10,05. La seduta è sospesa.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale n. 1173-A: Modifiche all'articolo 71 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare, e alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1; e delle abbinate proposte di legge costituzionale nn. 726-727-1447.
Avverto che, nella seduta di ieri, la I Commissione ha proceduto all'abbinamento della proposta di legge costituzionale Elisa Tripodi ed altri n. 987, recante “Modifica all'articolo 71 della Costituzione, concernente le leggi di iniziativa popolare”, che deve pertanto considerarsi ricompresa nella relazione già presentata all'Assemblea sulle predette proposte di legge.
Ricordo che, nella seduta di ieri, è stato da ultimo respinto l'emendamento Sisto 1.44.
Avverto che l'emendamento Sisto 1.202 deve intendersi a prima firma Orsini.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 1, nel testo della Commissione, e delle proposte emendative ad esso presentate
Passiamo agli identici emendamenti Prisco 1.41 e Sisto 1.42 a pagina 13 del fascicolo.
GIUSEPPE BRESCIA, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Prego, presidente Brescia.
GIUSEPPE BRESCIA, . Grazie, Presidente. Buongiorno, buongiorno all'Aula, mentre si accomodano i colleghi, vorrei cominciare il dibattito di questa mattina, mettendo un po' i puntini sulle “i” su alcuni argomenti che sono entrati nel dibattito di ieri, prendendo spunto anche da questo emendamento.
Ci tengo a precisare che il dibattito in Commissione è stato un dibattito veramente di qualità, come è stato riconosciuto da parte di tutti quanti, anche da parte delle opposizioni. Non vorrei che, sotto i riflettori dell'Aula, questo dibattito scadesse un po', perché ieri ho sentito delle argomentazioni un po' forzate a mio avviso. Infatti, quando abbiamo cominciato a parlare della raccolta firme, delle firme digitali, nonostante vi fosse stata già una rassicurazione da parte del Ministro Fraccaro in tempi non sospetti e queste rassicurazioni fossero state ribadite sia dal sottosegretario, che era presente ieri, ed è presente oggi, Santangelo, che dalla relatrice rispetto alla raccolta firme, si continuava ad utilizzare questo argomento come si è utilizzato l'argomento che il Parlamento sia completamente estromesso dal percorso della costruzione delle leggi nel momento in cui si attiva il percorso che noi abbiamo immaginato per le leggi di iniziativa popolare.
Trovo che queste argomentazioni siano il frutto del risultato che noi abbiamo raggiunto, tenendo un atteggiamento di ascolto e accogliente, passatemi questo termine. Tutti hanno ringraziato in più occasioni la relatrice per aver accolto tutte le istanze che erano state sollevate, che sono andate a risolvere la totalità delle criticità emerse nel dibattito. Quindi, a questo punto, avendo tolto tutti gli alibi alle opposizioni per votare favorevolmente questo provvedimento, mi pare che si stiano inventando un po' gli argomenti. Nel ribadire il concetto che il Parlamento non è assolutamente estromesso - e vengo, appunto, all'emendamento in questione - da questo percorso, bisogna raccontare non mezze verità, come ho sentito fare da qualcuno nel dibattito ieri, ma bisogna raccontarla tutta la verità sul processo e sull'iter che seguirà questa legge d'iniziativa popolare.
PRESIDENTE. Scusi, presidente Brescia. Colleghi, vi chiedo la cortesia di abbassare il tono della voce per consentire al presidente Brescia di svolgere il suo intervento e a chi vuole ascoltarlo di poterlo fare. Prego.
GIUSEPPE BRESCIA, . La ringrazio.
Dicevo, nel momento in cui un comitato promotore deciderà di presentare una proposte di legge, il Parlamento, dopo una verifica di costituzionalità, ammissibilità, come è stato previsto - è una delle criticità che è stata risolta con un emendamento della relatrice -, avrà la possibilità di fare tre cose, non due come è stato detto ieri. Non avrà solo la possibilità di non fare nulla e opporsi completamente alla proposta del comitato promotore; non avrà solo la possibilità di prendere quella proposta, farla propria e approvarla così com'è. Avrà anche una terza possibilità, che è quella di avanzare una proposta alternativa, che seguirà il percorso dell'Aula della costruzione delle leggi, che noi seguiamo sempre quando facciamo le nostre discussioni in Aula. Il dibattito in Parlamento è quel dibattito che rappresenta la totalità degli italiani, quindi il Parlamento non è assolutamente estromesso. La democrazia rappresentativa è assolutamente garantita e, quindi, cade questa obiezione che io trovo, a questo punto, nel momento in cui abbiamo individuato questo nuovo percorso, assolutamente campata in aria.
Nel chiudere il mio intervento, voglio fare un richiamo a tutti i parlamentari. Qui non stiamo facendo un dibattito che è riservato soltanto alla Commissione affari costituzionali: stiamo facendo una modifica della Costituzione e, quindi, pregherei tutti quanti di prestare maggiore attenzione, anche rispetto all'atteggiamento che si è avuto ieri in Aula, perché ho visto l'Aula un po' distratta. Si sta trattando un argomento troppo delicato che interessa tutti gli italiani e, quindi, tutti i parlamentari: pertanto, invito tutti ad ascoltare e anche a prendere parte a questo dibattito
FEDERICO FORNARO(LEU). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDERICO FORNARO(LEU). Grazie, signora Presidente. Ringrazio il presidente Brescia per aver introdotto la giornata di oggi, facendo una sorta di resoconto e sintesi di ieri, ma, in questo spirito, vorrei che fossero chiari due passaggi per quel che ci riguarda. Il primo: da parte nostra, non c'è nessuna demonizzazione della firma digitale. Credo che dobbiamo guardare avanti e considerare che questo può essere un percorso a cui guardare con attenzione, però è del tutto evidente che, nel momento in cui interveniamo con uno strumento che oggettivamente facilita la possibilità di raccolta, dobbiamo riflettere: cioè, il numero non è una variabile indipendente. Ricordo anche a tutti noi che 500.000 è un numero che venne stabilito dalla Costituente, oltretutto in una dimensione di popolazione nettamente inferiore a quella di oggi. Quindi, dovremmo aggiornare anche solo il rapporto. Quindi, il tema non è questo.
Vorrei che il Presidente mi ascoltasse su questo punto, che per noi è essenziale però, e su cui noi chiediamo che già in questa fase e non soltanto nella legge attuativa venga dato un segnale. La nostra preoccupazione è il potenziale ingolfamento: se noi non fossimo partiti da un principio di buona fede, non avremmo tenuto l'atteggiamento che abbiamo tenuto in Commissione e che teniamo in Aula. Quindi, partiamo dalla buona fede: innesto di uno strumento di democrazia partecipata sull'albero della democrazia rappresentativa. Noi dobbiamo però prevedere anche possibili impazzimenti del sistema politico: quando si interviene sulla Costituzione si interviene in una prospettiva di lungo periodo, non in una prospettiva di breve periodo. In un sistema di impazzimento, con un'opposizione che impazzisce e mette tutto il suo sforzo organizzativo, economico su questo strumento, o abbiamo delle forme che consentano di evitare l'ingolfamento dell'attività parlamentare oppure noi, anche partendo da una posizione di buona fede, mettiamo una bomba atomica sotto la democrazia rappresentativa.
Quindi, questa è la preoccupazione, per cui poi ne discuteremo quando arriveremo al tema del numero, però dobbiamo arrivare ad avere già in questa sede - questa è la nostra posizione e il nostro auspicio - un segnale chiaro: questo è uno strumento di democrazia rappresentativa, non è uno strumento di democrazia diretta, che sostituisce la democrazia rappresentativa. Ecco perché il tema dell'ingolfamento è per noi assolutamente fondamentale e su tale aspetto ci deve essere, già in questa sede, un chiarimento.
EMANUELE FIANO(PD). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO(PD). La ringrazio, Presidente. Vorrei, per il suo tramite, rispondere al presidente Brescia, del quale non ho capito esattamente il contenuto dell'intervento, a parte la questione di merito sull'emendamento e sulle firme digitali. Non penso vi sia qualcuno qui che debba impartire agli altri colleghi lezioni su come si debba stare in quest'Aula . Peraltro, noi in quest'Aula ieri siamo stati, su ogni emendamento, sul merito, c'è la Presidente, ne è testimone, non abbiamo in alcun modo svolto attività di tipo ostruzionistico. Però il presidente dice una cosa: abbiamo svolto - e confermo - un dibattito molto serio e approfondito in Commissione. Molto bene, ne rendo merito al presidente e alla relatrice, ma il fatto che il dibattito sia serio non vuol dire che si debba essere tutti d'accordo su tutto. In questo provvedimento rimangono per noi delle ferite che sono gravi.
Il confine delle materie che saranno rese referendabili da questo provvedimento per noi è un elemento di discrimine non cancellabile. Per quanto riguarda la questione delle firme digitali, siamo un partito, delle persone che consideriamo la tecnologia un ausilio assolutamente straordinario nella vita dei cittadini, ma siamo anche consci - lo diceva ieri il collega capogruppo Gennaro Migliore - dello stato in cui versa l'organizzazione informatica complessiva di questo Paese; conosciamo i pregi e i difetti della tecnologia, e, siccome questo provvedimento nasce sotto l'egida della volontà di allargare la partecipazione popolare alle scelte e alle decisioni legislative, allora bisogna essere sicuri, e noi non lo siamo, del metodo di rendere possibile l'avvio di una procedura referendaria propositiva attraverso una raccolta, magari attraverso una piattaforma, di 500 mila firme; sono stati fatti qui degli esempi e sono state citate le piattaforme che oggi forniscono la possibilità di raccolte firme e che quel numero di firme, 500 mila, le possono raccogliere in pochissimi giorni, quindi con un processo di partecipazione, un processo di consapevolezza, un processo di coscienza delle scelte che si fanno totalmente abbreviato rispetto alla pratica che oggi ha sia la funzione legislativa parlamentare sia la promulgazione di un referendum o la raccolta di firme per un referendum.
Perché si deve considerare, presidente Brescia - lo dico per il tramite della Presidente Carfagna - che una divisione, una divergenza di idee sul futuro della democrazia sia una mancanza di rispetto per la discussione che stiamo svolgendo?
Lo dicevo ieri anche ai colleghi di Forza Italia: è ben singolare, ma non c'entra, ovviamente, in questo caso, che in una discussione nella quale si vuole difendere la forma democratica di discussione delle leggi si pensi che la discussione parlamentare in Aula, anche su posizioni radicalmente diverse, possa essere un . Noi discuteremo fino all'ultima virgola questo provvedimento, quando considereremo che le istanze, che sono portate avanti da questo provvedimento, secondo noi, confliggano con la misurazione del tasso di democrazia che è insito in quelle scelte. Presidente Brescia, non è una questione da poco pensare che, per l'avvio di una procedura legislativa, che può superare la potestà legislativa del Parlamento, che può estendersi a materie che per adesso non sono mai state poste all'unico giudizio della scelta diretta plebiscitaria, si possa partire da una raccolta di firme che si svolge in pochi giorni, magari guidata da piattaforme.
Non sto parlando della piattaforma Rousseau, dico in generale. Tutto il mondo, presidente Brescia, negli ultimi anni, tutto il mondo ha potuto osservare quanto sia palese la vulnerabilità di qualsiasi sistema informatico. Noi abbiamo negli ultimi dieci anni ad ogni livello della politica e della democrazia di ogni Paese. Qualsiasi potenza mondiale, qualsiasi elezione mondiale, quella del più importante Paese del mondo, ha visto la vulnerabilità di dati sensibili, ha visto l'influenza di potenze straniere sulle elezioni politiche di un Paese sovrano, ha visto il furto delle identità delle persone. E perché il furto - ho finito - delle identità delle persone, che ogni ora ci viene comunicato dalle grandi aziende che possiedono i nel mondo, ogni ora faccio per dire, ma di cui continuamente veniamo a sapere, non potrebbe verificarsi nel caso - ho finito - dell'identità delle persone che raccolgono la firma per il referendum? Per questo, nel rispetto di tutti, non facciamoci vicendevolmente lezioni di morale. Discutiamo sul merito delle questioni, presidente Brescia .
FRANCESCO PAOLO SISTO(FI). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO(FI). Grazie, Presidente. Ringrazio il presidente Brescia per questa lezione neosocratica di come ci si comporta in Parlamento, ma immagino che molti di noi non ne abbiano bisogno, quanto meno per esperienza e, probabilmente, per rispetto dell'Aula, perché credo che nessuno possa riferire ai deputati come si sta in Aula e quali sono le regole da seguire. La Presidenza, che ha la disciplina dell'Aula, interviene in ipotesi di non pertinenza. Diverso è invece, e questo mi preoccupa, che il presidente della Commissione Affari costituzionali soffra il dissenso. Questo è molto grave, perché soffrire il dissenso e manifestare questa insofferenza, lamentando il mancato rispetto della disciplina dell'Aula, è segnale di poco rispetto per l'Aula e per le opinioni dei parlamentari.
Noi discuteremo in dissenso finché quest'Aula sarà aperta, finché vi sarà il Parlamento, il dissenso sarà doveroso in quest'Aula, doveroso ; e l'insofferenza dimostra esattamente quello che ieri abbiamo percepito. E mi spiace che una persona, come il presidente Brescia, che è incline alle esperienze anche di educatore professionale, quindi pieno di esperienze valoriali, non riesca a comprendere come la riforma costituzionale abbia un grande contenuto valoriale. Presidente, non tocca a me certamente rammentare l'importanza del tema, ma ricordo le paginate di critiche di tali non meglio identificati De Siervo, Flick, Cassese, Giorgis, che cito dal punto di vista della dottrina, non soltanto dell'appartenenza parlamentare. Paginate di dissenso su quello che voi cercate di realizzare, e lo voglio sintetizzare una volta per tutte, perché il pericolo sia chiaro: trasferire il Parlamento sulle piattaforme informatiche dei 5 Stelle, questo è il disegno, cari colleghi. E contro questo disegno tutti, ciascuno dovrebbe essere in condizioni di protestare e di manifestare non il dissenso, di più, se si potesse utilizzare questo termine.
La tematica delle firme digitali, tanto cara alla protesta del presidente Brescia, ha scoperto l'arcano, ha svelato quello che si vuole realizzare. Il mancato cambiamento del parere sugli emendamenti 1.71, 1.72 e 1.73, divisi con il collega D'Ettore, danno l'idea di quello che è il disegno. Se noi vogliamo chiudere questo Parlamento e renderlo soltanto una fase procedimentale inutile, dove il mancato intervento come mero comporti un referendum obbligatorio, con intasamento, pensate che cosa sono 50, 60, 70, 80, 100 provvedimenti, questo è il disegno, questo è il disegno. E, a fronte di questo, penso che non si possa e non si debba avere infingimento. Sono molto contento dell'intervento del collega Fiano, sono molto contento perché il Partito Democratico ha detto con chiarezza che questo è un provvedimento con gravi e irreparabili violazioni, per cui non è possibile neanche per un attimo piegarsi alla logica del consenso e alla logica del plauso. Questo è un dato che mi rassicura, rassicura l'Aula e ci convince, cari colleghi dei 5 Stelle insofferenti al dissenso, che la democrazia è un valore che noi difenderemo oggi e per sempre .
FABIANA DADONE, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIANA DADONE, . Grazie. Siamo tutt'altro che insofferenti al dissenso, altrimenti non avremmo accolto numerose proposte emendative su quelli che erano i profili critici rilevati dalle opposizioni.
Per tornare sull'emendamento, si propone di sostituire la parola “approvano” con “esaminano”. La differenza sembra piccola, ma, in realtà, è sostanziale, perché cambia tutto quello che è l'impatto positivo che questa normativa dovrebbe avere. Dire semplicemente che si mette in “esame” rende lo strumento inefficace; al momento, c'è già uno strumento che è simile a quello del secondo comma dell'articolo 71 che manteniamo; qui, però, si tratta di farlo diventare rafforzato, quindi di dire alle Camere: entro diciotto mesi dovete approvare una legge, andando a discutere con il comitato promotore, quindi, creando questa dialettica, che più avanti avremo modo di affrontare, tra il comitato promotore e il Parlamento. Ridurla a un semplice “esame”, comporterebbe il rischio che si arrivi semplicemente in Aula o, magari, nemmeno in Aula, che si inizi l'esame in Commissione e poi la proposta sostanzialmente si affossi.
Quindi, tutto quello che dovrebbe essere l'effetto proattivo di riuscire a portare il Parlamento a discutere con i comitati promotori per andare incontro a delle esigenze, reali, di 500 mila elettori, a seguito del quale ci potrebbe essere un referendum con il 25 per cento degli aventi diritto al voto, verrebbe completamente neutralizzato. Si tratta di un rischio che, peraltro, c'è anche con le leggi calendarizzate con le quote di minoranza; quante volte è capitato a noi, nella passata legislatura, di arrivare in Aula, effettivamente avevamo la quota, la calendarizzazione era garantita, ma è stata fatta la richiesta di ritorno in Commissione da parte della maggioranza e l'opposizione non ha avuto armi, da questo punto di vista? Si è esaminata, sì, si è esaminata, effettivamente è anche arrivata in Aula, ma non si è raggiunto quello che era l'obiettivo e lo scopo, in quel caso di garantire alla minoranza parlamentare il proprio diritto a una quota e a una propria legge e, in questo caso, di andare incontro a quelle che sono le esigenze sollevate da 500 mila elettori.
Il numero delle firme, oggi, non è congruo, anzi l'ho appreso dal dibattito di ieri e anche stamattina dall'intervento dell'onorevole Fornaro, in particolare. Abbiamo fatto un lungo ciclo di audizioni, è durato quasi una settimana e sono state fatte, l'ho già detto nella dichiarazione iniziale illustrativa di presentazione della proposta, con la dovuta calma, quindi, ognuno dei costituzionalisti è stato ascoltato per oltre un'ora e c'è stato il tempo anche di fare domande e ricevere risposta, anche con più di una botta e risposta, e sul numero di firme non è mai stato avanzato nessun rilievo, anzi, ci è stato detto che un milione di firme sarebbero state fin troppe. Oltre tutto è stato, poi, introdotto il quorum con l'emendamento del collega Ceccanti, quindi, non vedo perché, a questo punto, le firme dovrebbero essere poche. Potevano, semmai, essere poche quando non esisteva il quorum deliberativo al referendum; nel momento in cui c'è anche questo quorum che calmiera l'effetto delle firme che, oggi, dite essere ridotte, mi sembra una polemica un pelino eccessiva e sterile.
Sull'ingolfamento, sì, lo abbiamo preso in considerazione, è stato discusso ed è per quello che l'abbiamo inserito come inciso sia sul concorso tra più proposte di legge che sul limite massimo. È chiaro che andare ad inserire, dal mio punto di vista, quanto meno, un numero, oggi, senza aver fatto un approfondito esame su quante potrebbero essere, su come potrebbero essere inserite nel calendario dei lavori e armonizzate con quelli che sono i Regolamenti parlamentari mi pare quanto meno poco opportuno, in questa sede. È giusto, invece, inserire il principio dove trova una allocazione giusta, nella legge di attuazione. Per il resto, mantengo comunque il parere contrario all'emendamento, perché svuoterebbe del tutto il senso dell'impianto .
GIORGIO MULE'(FI). Chiedo di parlare, sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIORGIO MULE'(FI). Grazie, Presidente. Mi affido alla sensibilità della Presidenza, affinché l'Aula venga richiamata su un fatto che sta accadendo ed è accaduto, ahimè, a Genova, questa mattina. Oggi, celebriamo l'anniversario dell'omicidio di Guido Rossa a Genova e, oggi, a Genova, sono comparse delle scritte che celebrano personaggi delle Brigate rosse e che contengono insulti nei confronti di Guido Rossa. Oggi, questo martire viene commemorato, non a caso, dalla più alta personalità del nostro Stato, dal Presidente della Repubblica, ed è bene che quest'Aula, ancora una volta, sappia dire, a chi vergognosamente si è reso responsabile di questo gesto, che quelle scritte quarant'anni fa vennero lavate col sangue dei martiri uccisi dalle Brigate rosse, quelle scritte vennero lavate dall'impegno di tutta la nazione e che mai, mai, mai potrà riemergere un rigurgito di quell'epoca che è sprofondata nell'oblio della storia.
Grazie, Presidente .
RAFFAELLA PAITA(PD). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RAFFAELLA PAITA(PD). Mi sembra, Presidente, molto importante la sottolineatura fatta dall'onorevole Mule', a cui noi vogliamo, in qualche modo, accostarci; oggi, è un giorno importante per Genova, perché il Presidente della Repubblica vi ha fatto visita proprio in ricordo e in memoria dell'assassinio di Guido Rossa e credo che sia stato un gesto di straordinaria sensibilità, in un momento in cui, nel Paese, c'è bisogno di gesti chiari, intellegibili, di grande rispetto istituzionale e di grande rispetto della memoria collettiva, persino di fatti così gravi che hanno segnato il destino di quella città e della nostra comunità.
E il fatto che, proprio oggi, riappaiano frasi di incitazione alle Brigate rosse nella città di Genova, una città particolare, da cui è partita una vicenda terribile dal punto di vista del terrorismo, nel nostro Paese, penso che meriti una riflessione collettiva e lo sdegno di tutti noi. In questo momento, dobbiamo lanciare da qui una parola inequivocabilmente forte di supporto al lavoro fatto dal Presidente della Repubblica, perché il suo messaggio sia un messaggio davvero di pacificazione nazionale e, soprattutto, per la capacità di dare ai nostri giovani una lettura sui fatti del passato perché siano in grado di non commettere mai più errori simili nel nostro Paese. A Guido Rossa va il ricordo del Partito Democratico e a Sergio Mattarella, il Presidente della Repubblica, il ringraziamento per la sua sensibilità .
ETTORE GUGLIELMO EPIFANI(LEU). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE GUGLIELMO EPIFANI(LEU). Presidente, queste scritte apparse questa mattina sono infamanti e, soprattutto, sono scritte che vanno contro ogni sentimento di democrazia, di rispetto, di lotta per la libertà e di pace tra le persone. Il sacrificio di Guido Rossa è stato uno degli spartiacque della strategia della tensione e del terrorismo. La reazione alla sua morte, la grande manifestazione che ci fu il giorno dopo, alla presenza di Sandro Pertini e di Luciano Lama, segnarono in maniera inequivocabile dove stavano i lavoratori e da che parte stesse, allora, il terrorismo. Cominciò allora nelle fabbriche la ritirata di quei nuclei esaltati e pazzi che mettevano la vita delle persone contro ogni altra ideologia.
Per questo, oggi, il riapparire di quelle scritte non ci può riportare indietro, ma ci deve dire come la lotta contro il terrorismo, contro i fascismi, contro l'insorgenza di chi pensa che la vita umana non valga niente e sia solo un mezzo, credo, debba riportarci a una lotta forte e unitaria, di tutto il Paese, a partire dalla realtà del mondo del lavoro. Ieri, il congresso della CGIL a Bari ha ricordato Guido Rossa con un applauso enorme e io credo che dobbiamo unirci tutti al ricordo di una figura limpida, che sacrificò se stessa per mantenere i propri ideali e la propria fede nei confronti dei sentimenti di libertà e di rispetto della persona umana .
FEDERICO MOLLICONE(FDI). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDERICO MOLLICONE(FDI). Grazie, Presidente. Intervengo sicuramente per unirmi al ricordo di questo efferato omicidio che, però, bisogna ricordarlo, è stato giustamente ricordato anche dal collega Mule', fu ad opera delle Brigate rosse. E bisogna unirci, al di là delle appartenenze in quest'Aula, almeno nel 2019, nel voler far chiarezza su quella che è stata la terribile stagione degli anni di piombo, una vera e propria guerra civile. Rossa, certo, era uno dei tanti italiani, immigrato del bellunese, operaio, che giustamente, dignitosamente e coraggiosamente si oppose all'infiltrazione del terrorismo all'interno delle fabbriche.
Ma come lui ci furono tante altre vittime, di altra appartenenza: ci fu la Venturini a Genova, ci sono i ragazzi, che abbiamo commemorato da poco, di Acca Larentia a Roma, una strage effettuata sempre da gruppi terroristici di estrema sinistra , pensate un po', che andarono davanti ad Acca Larentia per fare un test ed essere ammessi nelle Brigate rosse.
È ora che questo Paese faccia i conti con questa guerra civile! Lo dico veramente dal cuore, al di là delle appartenenze: dobbiamo costituire una Commissione di inchiesta, come Fratelli d'Italia ha già proposto, perché si possa finalmente scrivere una storia condivisa, che vada a superare la tragedia di quegli anni, in cui i ragazzi di opposte fazioni si sparavano addosso.
Però, c'è un però: su questo… E mi rivolgo ai colleghi della sinistra, che più volte hanno espresso, da Veltroni in poi, un'apertura e un apprezzamento verso la storia martoriata anche dei martiri, dei ragazzi di destra e di tutte le vittime del terrorismo, comprese quelle forze dell'ordine. Il però è questo: bisogna ricordare, perché è agli atti della Commissione d'inchiesta Mitrokhin, del Dossier Impedian, della Commissione stragi; e voglio qui ricordare il compianto collega Enzo Fragalà , di Alleanza Nazionale, che per anni insieme al presidente Pellegrino, insieme ad altri augusti rappresentanti di quest'Aula ha portato avanti strenuamente la battaglia per la verità. E la verità è che nel dopoguerra una parte del Partito Comunista non rinunciò mai alla guerra civile! Andatevi a rileggere le interviste di Franceschini: Franceschini prese la Luger del nonno partigiano e fondò le Brigate Rosse con l'obiettivo e lo scopo dell'insurrezione armata.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FEDERICO MOLLICONE(FDI). E sappiamo che all'inizio Berlinguer (e concludo), che poi riconobbe la matrice di sinistra delle Brigate rosse …
PRESIDENTE. Colleghi! Colleghi, non iniziamo… Colleghi! Onorevole Pini… Onorevole Pini…
FEDERICO MOLLICONE(FDI). …fece l'errore di dichiarare: le Brigate rosse sono un'espressione di destra. Questa, colleghi del Partito Democratico, è storia.
Noi siamo qui per fare e proporre una Commissione d'inchiesta insieme, per ricostruire una storia d'Italia al di là dell'odio, ma che possa finalmente ricostruire la vera storia d'Italia .
PINO CABRAS(M5S). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PINO CABRAS(M5S). Può apparire forse strano che…
PINO CABRAS(M5S). …da esponenti di un movimento che ha criticato profondamente il mondo della Prima Repubblica ci sia un riconoscimento degli aspetti migliori di quella stagione; e uno di questi aspetti era la partecipazione popolare, il sentimento di democrazia che si trovava in seno al popolo, in seno a piccoli eroi borghesi o piccoli eroi operai che contrastavano le minacce alla democrazia: che erano tante e numerose, venivano a volte dal sovversivismo dall'alto, da istituzioni che non facevano il loro dovere nel difendere la democrazia, o venivano da ideologie che piegavano la lotta politica verso obiettivi violenti.
Io non credo che ci sia stata, in quegli anni una guerra civile, come è stato detto da qualche collega; però, c'è stata una minaccia alla quale ha reagito la partecipazione popolare, ha reagito il coraggio degli individui: questo è il riconoscimento che dobbiamo a persone come Guido Rossa. Perciò stigmatizziamo la violenza che c'è nelle scritte che sono state apposte oggi contro la sua preziosa memoria. Noi ci rifacciamo da eredi a questa piccola memoria della partecipazione e della lotta per obiettivi migliori e democratici .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghi. Ne ha facoltà.
ENRICO BORGHI(PD). Signora Presidente, credo sia opportuno, nell'economia dei nostri lavori, che si ritorni ad una consuetudine ordinaria, e cioè che gli interventi del Presidente della Commissione e dei relatori rimangano al merito delle proposte che vengono portate all'attenzione dell'Aula.
Anche perché penso che abbiano completamente esaurito la loro funzione di “riempi-pista”: la maggioranza si è reintegrata all'interno degli scranni, e quindi forse, a un'ora e mezza dall'orario in cui avremmo dovuto iniziare a votare questo emendamento, possiamo effettivamente entrare nel merito. Perché, signora Presidente, l'intemerata fatta dalla relatrice in ordine alle firme, e anche il dibattito che ne è sorto, lo affronteremo successivamente. Cito a memoria, emendamento 1.70, 1.73, eccetera eccetera: sarà quello il luogo, la sede e il momento nel quale - lo dico al collega Sisto - il Partito Democratico metterà in atto quanto ha detto nella discussione sulle linee generali. E, quindi, a noi certamente fa piacere che lui abbia voluto rilevare qual è stata la nostra posizione, ma non è che noi abbiamo bisogno di qualcuno che certifichi, strada facendo, la bontà, la correttezza o l'ortodossia dalla nostra posizione: in quella sede noi tradurremo quanto abbiamo detto in sede di discussione sulle linee generali.
Quindi, siccome l'emendamento in ispecie non c'entrava nulla con le firme e con quanto hanno detto il presidente della Commissione e la relatrice, credo sia il caso di tornare sul merito, rispetto al fatto che gli identici emendamenti 1.41 Prisco e 1.42 Sisto propongono di sostituire la parola “approvano” con la parola “esaminano”; che rimanda esattamente al tema del quale abbiamo discusso ieri, e cioè il fatto che una riforma di questa natura determina da un lato una compressione dei tempi e delle modalità e delle autonomie di questa Camera, e dall'altro comprime e rompe il carattere di bicameralismo perfetto stabilito dalla nostra Costituzione. Non cogliere quanto dice questo emendamento significa, nei fatti, intervenire sulla natura ordinamentale della Repubblica; e quindi questo è un emendamento estremamente importante, che come tale dev'essere sostenuto e per quanto ci riguarda dev'essere votato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). Presidente, intanto approfitto per dire che l'intervento, seppur riempitivo, del presidente della I Commissione, Brescia dovrebbe avere più rispetto delle opposizioni, perché, presidente Brescia, quel seggio è stato occupato da illustri predecessori. Ne cito uno per tutti: l'onorevole Donato Bruno, che non si sarebbe mai sognato di rivolgersi ai colleghi delle opposizioni dicendo che inventano argomenti e che dicono mezze verità, perché non è questo il linguaggio che si utilizza con l'opposizione su un tema del genere, quando vengono sollevate questioni di merito, presidente Brescia . Lei è presidente di tutta la Commissione, non solo della maggioranza. Primo.
Secondo. La questione delle firme e dell'atteggiamento che il Governo e la maggioranza vogliono porre in campo non su questo specifico provvedimento, ma nell'insieme, e che serve per capire la portata di questo provvedimento, è una questione che non è stata risolta né dall'intervento del componente del Governo, del senatore Santangelo, né dalla relatrice, che ha fatto riferimento al fatto che questo provvedimento si approva a legislazione vigente e che servono approfondimenti. Quindi, su quello rimaniamo ancora, non strumentalmente, ma politicamente, in attesa che il Governo ci chiarisca qual è la sua posizione, su questo e sui provvedimenti collaterali a questo, per capire se intenda o meno liberalizzare il meccanismo di raccolta firme anche attraverso l'introduzione delle firme digitali informatiche.
Perché, come abbiamo detto ieri e abbiamo spiegato a chiare lettere, la raccolta di firme digitale, per arrivare a 500 mila firme, si fa in mezza giornata con una piattaforma attrezzata a questo obiettivo. Cosa diversa, invece, è andare a raccogliere le firme per le strade col cancelliere o nelle segreterie comunali, come si faceva vent'anni fa, e cosa ancora diversa è poter contare su una rete di studi di avvocati che ti raccolgono le firme e le certificano.
Questo è uno dei temi che sono propedeutici allo stabilire un numero di firme congruo per esaminare un progetto di iniziativa popolare che oggi vede 50 mila firme, a Costituzione vigente, e nessun diritto neanche - per tornare agli emendamenti che abbiamo di fronte - all'esame in Aula, così come non c'è diritto all'esame in Aula di nessuna delle proposte che ciascuno di noi può presentare in quest'Aula, anche dei gruppi di maggioranza. Non c'è diritto all'esame in Aula per nessuna proposta neanche sottoscritta da tutto il gruppo di Fratelli d'Italia, della Lega, di Forza Italia, del Misto, del MoVimento 5 Stelle, del Partito Democratico o di LEU. Il diritto all'esame in Aula non è garantito da nulla, se non dalla programmazione dei lavori, dalle quote dell'opposizione e dalle richieste dei gruppi che vengono esaminate e definite nella Conferenza dei presidenti di gruppo a maggioranza qualificata o con i poteri del Presidente. È così che funziona il nostro Parlamento.
Per cui, questa proposta, onorevole relatrice Dadone, è una proposta che ha senso perché stabilisce banalmente il principio che con 500 mila firme si ha il diritto all'esame della proposta, che non significa il diritto a che questa proposta sia né votata né approvata ma semplicemente esaminata; e faceva bene il collega Vito, ieri, a citare il caso emblematico della questione dell'IRES sottoscritta da tutti i gruppi di opposizione, e col cavolo che si ha il diritto di vederla esaminata in quest'Aula! Si avrà probabilmente il diritto di poter dire che la si è presentata ma finirà che magari un emendamento del Governo, per mettere una pezza agli errori che il Governo ha fatto, finirà inserito da qualche parte e nessun diritto dell'opposizione potrà essere reclamato, se non quello di aver rivendicato che c'è stato un errore da parte del Governo, che tutte le opposizioni hanno presentato e richiesto in calendario quella proposta di legge, ma non c'è nessun diritto, appunto, né che sia esaminata né che venga approvata.
E vi dico di più. È come facevano, spesso e volentieri, le maggioranze passate delle quali vi lamentavate, ma la vostra incongruenza è talmente chiara e lampante che oggi il presidente Brescia si lamenta che i riflettori dell'Aula fanno scadere il dibattito. Questo, però, lo dite voi che chiedevate lo ! Ma non vi vergognate a dire queste cose ? Il dibattito in Aula fa scadere il livello del dibattito su questo provvedimento e voi chiedevate lo anche in Commissione! Ecco, non c'è nessun diritto, neanche delle opposizioni, a veder calendarizzato un provvedimento se non si afferma questo diritto all'interno della Conferenza dei presidenti di gruppo o se non lo fa valere il Presidente, magari cercando di fare una forzatura. Troppe volte è stato fatto e troppe volte lo farete anche voi di rinviare in Commissione proposte scomode dell'opposizione che vengono inserite in calendario, perché l'opposizione, purtroppo, non ha nessun diritto neanche a vederle votate, ma semplicemente esaminate. Per cui, questo non è un emendamento pretestuoso ma è un emendamento che ha una sua logica. Potete votare contro ma dovete rispettarlo .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro Fraccaro. Ne ha facoltà.
RICCARDO FRACCARO,. Grazie, Presidente. Colleghi, più volte nel corso del dibattito è stato sollecitato il Governo ad esprimere un orientamento in tema di raccolta elettronica delle firme, ritenendo questo un elemento propedeutico a una valutazione complessiva del provvedimento.
Ora, lungi da me entrare nel merito del provvedimento, credo, tuttavia, che sia doveroso rispondere alle istanze dei colleghi e del Parlamento. Ovviamente, temo che qualsiasi cosa possa dire in questo momento possa essere interpretata in maniera strumentale, come propedeutica a favorire il prosieguo dell'analisi e non come elemento di verità.
Quindi, non vorrei tanto convincervi ora sulla bontà e sulla verità di quello che vi dirò con espressioni estemporanee e momentanee, ma vorrei leggervi quello che ho riferito in Commissione durante l'audizione sulle linee programmatiche in tempi non sospetti, il 24 luglio, e spero che questo possa fugare ogni dubbio.
Dunque, leggerò parola per parola e in maniera testuale il resoconto stenografico: “Come dicevo nella precedente seduta di audizione, siamo tutti tenuti anche a considerare i nuovi strumenti informatici come strumenti che magari in un futuro potranno essere utili a facilitare la democrazia e la partecipazione (già adesso possono esserlo): non abbiamo, però, ancora riscontri completi sulle conseguenze che questi strumenti possono avere su tanti elementi, anche solo sul numero delle firme necessarie da raccogliere. È chiaro che, se si semplifica con gli strumenti digitali la raccolta delle firme necessarie rispetto alla raccolta con i banchetti tradizionali, probabilmente il numero delle firme tradizionali diventa inadeguato e non ci sono ancora dei modelli internazionali in questo senso da prendere come punti di riferimento. Come dicevo, quando si tocca la democrazia bisogna operare con i guanti bianchi, con molta attenzione”.
Quindi, il 24 luglio, durante le audizioni programmatiche, avevo già avuto modo di indicare la linea del Governo su questo tema. Gli strumenti informatici possono essere un valido aiuto come la raccolta delle firme elettroniche ma, ovviamente, le 500 mila firme oggi previste dalla Costituzione per il referendum abrogativo sono un numero adeguato solamente in considerazione della modalità tradizionale di raccolta. Se si volesse introdurre la raccolta di firme digitali questo numero risulterebbe inadeguato o comunque andrebbe rivisto. Perciò, allo stato dell'arte, non c'è nessuna intenzione di operare questa modifica, proprio perché la Costituzione prevede questo numero e solamente la forma tradizionale di raccolta delle firme risulta adeguata per far sì che questo numero sia espressione di una volontà importante della popolazione .
SIMONE BALDELLI(FI). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). La ringrazio, Presidente, e ringrazio il Ministro per aver risposto su questo tema e per essere intervenuto, perché credo che sia apprezzabile che, quando viene posta una questione, il Ministro delegato si faccia carico di dare almeno una risposta al Parlamento e di questo la ringrazio.
Ci era nota questa posizione ed è sulla base di questo che noi chiedevamo al Governo la propria posizione. Non si tratta di una posizione di metodo e su quello ci arrivavamo anche noi a capire che con il vecchio… ed è quello che abbiamo sostenuto sostanzialmente in tutta la giornata di ieri. Se lei avesse avuto modo di fare questo intervento ieri sera alle 18,30 avremmo avuto questo chiarimento ieri sera alle 18,30. È ovvio che le firme raccolte alla vecchia maniera rimangono con questo genere di cose.
Ciò che voglio capire da lei, non su questo provvedimento e non su questa dichiarazione prudente ma tutt'altro che politica in ordine alla posizione del Governo, è: il Governo ha una posizione in relazione a un eventuale parere su un emendamento che introduce questo?
Cosa sarebbe successo se Paragone avesse presentato l'emendamento al Senato? Lei, Ministro Fraccaro, se qualunque altro senatore - e premetto che non scomodo più il senatore Paragone perché, secondo me, non è bello parlare dei componenti dell'altro ramo del Parlamento - avesse presentato quell'emendamento, magari - come dire - su suggerimento di qualche esperto tecnico che in qualche modo ogni tanto frequenta le stanze del Governo, voi avreste espresso parere favorevole o contrario?
Ministro Fraccaro, lei non ci deve dire ciò che è ovvio, cioè che se raccogliamo le firme col vecchio sistema 500 mila firme vanno bene, perché questo già sta scritto nella Costituzione in ordine al referendum abrogativo.
Lei ci deve dire - e questo, purtroppo, ancora non ce l'ha detto - che cosa intende fare il Governo, qual è la posizione politica del Governo e della maggioranza che al Governo si rifà su questo in relazione all'introduzione delle firme digitali, perché non vorrei che, mentre noi affrontiamo dalla porta la riforma costituzionale, ci entra dalla finestra un provvedimento che ci introduce le firme digitali, e quindi oggi ci troviamo a discutere sui numeri che sono diversi proprio per la ragione, giusta e corretta, che il Ministro ha chiarificato, citando se stesso, il 24 luglio di quest'anno, nel suo intervento in Commissione.
Allora, io voglio capire, premesso che siamo d'accordo su quello che lei ha detto, qual è la vostra posizione se qualcuno dei vostri, della maggioranza o dell'opposizione, presenta un emendamento per introdurre le firme digitali: voi siete a favore o no? Di qui a sei mesi noi dobbiamo aspettarci che la raccolta firme digitali anche su questo sarà qualcosa su cui voi darete l'assenso o addirittura promuoverete, oppure no? Questa è la domanda che vi facciamo.
GENNARO MIGLIORE(PD). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GENNARO MIGLIORE(PD). Vorrei in primo luogo ringraziare anche io il Ministro Fraccaro per aver voluto rispondere, intervenendo in questa parte della discussione. E ritengo che le obiezioni formulate dal collega Baldelli abbiano un fondamento, non fosse altro perché la definizione di quale debba essere il procedimento per la raccolta delle firme è stata già, attraverso un emendamento dell'ultimo minuto, modificata in una proposta di legge che era assolutamente condivisibile da tutta l'Aula, che era quella Nesci, che ha introdotto volutamente un'alterazione del meccanismo di raccolta delle firme all'ultimo minuto.
Siccome, come si dice, la storia insegna, ma non ha allievi, noi abbiamo la possibilità, oggi, di avere un chiarimento anche su quello che potrebbe accadere in un provvedimento come questo, anche dal punto di vista della ulteriore modifica del provvedimento Nesci o di altri provvedimenti che possano intervenire sul meccanismo di raccolta delle firme.
Prudenza vorrebbe, anche in relazione alle cose che lei ha ricordato della sua audizione, che anche quell'emendamento fosse cambiato in sede di esame del Senato, e lì centra il parere del Governo, ma qui noi stiamo valutando, anche attraverso un emendamento, la possibilità che ci possa essere - da parte dell'Aula che sta discutendo della Costituzione, e il Governo si è rimesso all'Aula, correttamente, rispetto ai pareri sugli emendamenti - una circoscrizione di quali debbano essere, magari rimandandolo anche alla legge di attuazione, ma in maniera esplicita, i principi attraverso i quali la raccolta delle firme non alteri il senso di una partecipazione che sia effettivamente popolare.
Ieri, peraltro, ho sollevato anche un'altra questione e la questione è la seguente: se non si procede ad una riforma complessiva della pubblica amministrazione, l'introduzione per pezzi di innovazioni tecnologiche potrebbe essere diacronica e quindi, in questo senso, noi abbiamo la necessità certamente di rafforzare, cosa che ha fatto il nostro Governo, perché noi abbiamo introdotto lo SPID, che è uno degli strumenti attraverso i quali si certifica l'identità digitale, ma siccome stiamo parlando di materia sensibile, sarebbe diverso, faccio un'ipotesi, se si stesse parlando di una raccolta di firme affidata telematicamente a piattaforme private o di una raccolta di firme, come se si andasse al comune, affidata esclusivamente alla pubblica amministrazione rendendo inconoscibili e certificabili quelle che sono le firme e quindi non si può avere il pacchetto di firme già in proprio possesso. Questo è quello che noi cerchiamo di fare.
Peraltro, ogni volta che noi predichiamo prudenza, lo facciamo perché non si alterino i meccanismi democratici e, siccome lei ha detto che ci vuole prudenza, dia anche una mano, visto che in questo caso deve essere la relatrice ad individuare il percorso, anche parlamentare, che porta ad un cambiamento di parere che sancisca questa attuale necessità, cioè quella che le firme si raccolgano nella maniera tradizionale e - io aggiungo - anche ricambiando quella norma che ritengo altrettanto pericolosa, come quella della raccolta di firme digitali senza un'infrastruttura adeguata, che è quella che dice che i promotori individuano i certificatori, perché questa cosa francamente la vedo persino più preoccupante di quella di una eventuale ben ragionata trasformazione tecnologica. Allo stato, le firme si devono raccogliere così come abbiamo sempre fatto, perché non abbiamo altri strumenti che garantiscano la certificazione e l'autenticità di tali firme .
FEDERICO FORNARO(LEU). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDERICO FORNARO(LEU). Grazie, signora Presidente. A me pare che il chiarimento da parte del Ministro ci consenta di ragionare a questo punto avendo un punto comune, così l'ho interpretato. Noi oggi stiamo legiferando con 500 mila firme e raccolta di firme tradizionale. Se dovesse essere introdotta la modalità di raccolta anche attraverso la firma digitale, occorrerebbe intervenire sul numero. Se è così, però, a questo punto, credo che, trattandosi di legge costituzionale e non di legge ordinaria, la strada maestra sia quella di modificare, da parte del relatore, il parere sull'emendamento 1.72 del collega D'Ettore, che dice: le sottoscrizioni non possono essere raccolte con modalità digitale, perché questo toglierebbe qualsiasi retropensiero.
Noi oggi legiferiamo confermando le 500 mila firme e tutta la struttura conseguente con la modalità tradizionale. Se dovesse essere introdotta la modalità digitale, a quel punto occorrerebbe riformare l'articolo che andiamo a riformare, perché occorrerebbe aumentare il numero, altrimenti il rischio è quello che è stato in qualche modo evidenziato anche dal collega Migliore: noi oggi approviamo la riforma costituzionale, che dice 500 mila e ha dentro la struttura normale di raccolta delle firme e poi, per legge ordinaria, si introducono le firme digitali e non si interviene sul numero. Mi pare che la posizione del Governo sia condivisibile, che è quella di dire: 500 mila firme tradizionali, se ci sono le firme digitali si aumentano, il che vuol dire che a questo punto noi dobbiamo blindare questo testo. Questo testo dice 500 mila e conferma l'unica modalità in questo momento possibile, cioè le firme tradizionali.
Quindi, invito la relatrice a questo punto a riflettere se non modificare il suo parere sull'emendamento 1.72, che, per dirla con una battuta, è la prova del budino, cioè: se è vera tutta questa costruzione, a questo punto nulla osta ad approvare questo emendamento, il quale stabilisce questa modifica costituzionale che riconferma le 500 mila firme uguali a quelle dell'articolo 75 e secondo il quale il modello e la struttura delle sottoscrizioni non possono essere modificati con l'introduzione della modalità digitale; se venisse, invece, confermata l'opposizione a questo emendamento, allora il dubbio che poi questo Governo, il prossimo o chiunque, possa intervenire successivamente, diventa realtà.
MARIA CAROLINA VARCHI(FDI). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIA CAROLINA VARCHI(FDI). Grazie, Presidente. Io intervengo per ricordare a me stessa, perché non ho ovviamente la presunzione di dover ricordare qualcosa a tutta l'Aula, che la democrazia diretta è una cosa molto seria e, del resto, la destra italiana fu alfiere di tante battaglie proprio per la democrazia diretta in Italia.
E capisco anche l'imbarazzo del presidente Brescia, quando qualcuno cerca di introdurre in quest'Aula il tema delle firme, che sono la prima embrionale forma di democrazia diretta attraverso la partecipazione di ciascuno a un processo decisionale.
Lo comprendo perché la raccolta delle firme conserva in sé delle insidie, delle difficoltà e dunque anche lo strumento della firma digitale, pur comprendendo le evidenti difficoltà per la pubblica amministrazione di realizzare sin da subito l'utilizzazione di uno strumento del genere, che tuttavia potrebbe mettere al riparo da diverse insidie. Infatti, Presidente, oggi noi stiamo, nostro malgrado, prendendo lezioni di partecipazione, trasparenza e democrazia dal MoVimento 5 Stelle che porta in Aula questa sua battaglia. Tuttavia, proprio sulle firme credo che il MoVimento 5 Stelle abbia poco da insegnare come ricordano le cronache giudiziarie di Palermo dove ben cinque ex parlamentari, tra nazionali e regionali, del MoVimento 5 Stelle e otto attivisti sono sotto processo proprio per le firme false. Quindi, prima di stigmatizzare chi introduce questi temi in Aula, credo che valga la pena guardare un po' al passato del proprio movimento anche per trarne esperienza per il futuro
STEFANO CECCANTI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI, . Mi chiedo se non si possa cambiare la collocazione del divieto di raccolta di firme con modalità digitale, cioè se noi ponessimo la collocazione di esso tra i contenuti della legge attuativa e dicessimo qualcosa del tipo: “la legge regola le modalità della raccolta delle firme, esclusa la modalità digitale”, forse la collocazione diventerebbe più coerente, perché c'è una regolamentazione specifica che è contenuta nella legge, e poniamo il principio che è coerente con quanto dice il Ministro che, poiché lui ha legato le 500 mila firme alla raccolta non con modalità digitale, esplicitiamo il collegamento ma lo mettiamo esattamente come contenuto della legge attuativa. Mi sembra una proposta ragionevole.
PRESIDENTE. Onorevole Ceccanti, non le sfuggirà il fatto che in questa fase non si può cambiare il quadro degli emendamenti presentati. Quindi, eventuali nuovi emendamenti possono essere presentati o dalla Commissione e, quindi, saranno oggetto di discussione eventualmente in seno al Comitato dei nove, oppure dal Governo.
ENRICO BORGHI(PD). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ENRICO BORGHI(PD). Signora Presidente, innanzitutto volevo fare i miei complimenti al Ministro Fraccaro perché ha introdotto una nuova modalità nell'esercizio della nostra dialettica cioè l'autocitazione di se stesso Ministro che, dopo essere intervenuto in sede di Commissione, si autocita di fronte all'Aula. Mi pare un precedente interessante: nella storia di questa Italia avevamo già qualcuno che parlava di sé in terza persona, ora abbiamo un Ministro che si autocita. Gli esperti di scienze sociali potrebbero anche ravvisare qualche patologia di intossicazione da potere: lo dico magari a sua tutela ma questo . Il tema però, signora Presidente, è che il Ministro, riaprendo la discussione, ha nuovamente spostato l'oggetto dell'attenzione: ancora una volta ha portato qui la discussione sulla questione della modalità della raccolta delle firme, mentre noi siamo - lo ricordo all'Aula - ancora all'emendamento 1.42 Sisto che parla assolutamente di altro. Non mi pare da parte del Governo una scelta particolarmente azzeccata di rispetto nei confronti dei lavori del Parlamento
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.41 Prisco e 1.42 Sisto, con il parere contrario della Commissione, il parere favorevole del relatore di minoranza Ceccanti, mentre il Governo si rimette all'Aula.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Dobbiamo ora passare ad una serie composta da sette proposte emendative che si differenziano tra di loro esclusivamente per variazione a scalare di cifre. In base all'articolo 85, comma 8, del Regolamento, la Presidenza porrà in votazione la prima proposta emendativa, l'emendamento Sisto 1.45, una proposta emendativa intermedia, gli identici emendamenti 1.49 Sisto, 1.50 Ceccanti e 1.51 Toccafondi, e l'ultima proposta emendativa della serie, l'emendamento 1.53 Sisto, dichiarando assorbiti gli altri.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.45 Sisto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO(FI). Grazie, Presidente. L'emendamento 1.45 da me presentato ovviamente non può essere letto distinto dal contesto in cui anche i costituzionalisti intervenuti sul punto collocano questa riforma e apprezzo lo sguardo severo del Ministro, che ringrazio per la presenza in aula e anche per il chiarimento che ha dato - ora sorride e questo mi fa ancora più piacere – ma, quando i costituzionalisti prendono posizione così pesantemente su una riforma costituzionale, tra l'altro, costituzionalisti di genesi culturale anche diversa, non siamo di fronte ad una omogeneizzazione delle culture, ma a soggetti che, partendo da matrici completamente diverse, sono tutti schierati contro questo provvedimento: il dato è sintomatico. È vero che le opinioni altrui spesso rafforzano nella propria, ma in questo caso mi sembra che la universalità dei dissensi dovrebbe fungere da strumento di persuasione che probabilmente questa non è una buona via in linea con la Costituzione.
E in questo emendamento, Presidente, diciamo con molta chiarezza che il bicameralismo non è un'opinione: non può essere distrutto dalla riforma dell'articolo 71, acciaccando i due procedimenti, limitando il potere delle Camere e scambiando le Camere con una sorta di orpello a quelle che saranno poi le decisioni - continuo a dirlo con molta fermezza - delle varie piattaforme più o meno filosofiche, se volessimo in qualche maniera rispettare il nome Rousseau. E premesso che - da questo punto di vista, mi consentirà il Ministro una leggera correzione cromatica del suo dire, forse i guanti gialli sarebbero più opportuni dei guanti bianchi - la cautela nei confronti della Costituzione non è una permalosità su chi dice una cosa diversa, tipica espressione che legittima l'uso dei guanti gialli, ma si tratta di assumere una posizione ferma cioè noi ci aspettiamo un cambiamento sugli emendamenti che provano in qualche maniera a recuperare la coerenza con il bicameralismo, rispettando le due Camere e non mettendole occasionalmente, in modo , insieme sul piano procedimentale. Infatti nessuno mi toglie dalla testa che quando io dico diciotto mesi, posso dire sedici mesi in una Camera, due nell'altra, dieci, quattro, otto, quattordici e questo è inammissibile, questo significa vedere nella procedura dell'articolo 70 non un rifugio istituzionale, ma soltanto un passaggio noioso, un passaggio fastidioso, un passaggio che se è possibile evitare tanto di guadagnato. Quale sarà l'interesse, Presidente, di questo provvedimento e di questa riforma?
Il fatto che le Camere non provvedano: si farà di tutto perché le Camere non provvedano e si vada costantemente al referendum perché l'intervento delle Camere è così difficoltoso, così virtuale, così impossibile che fatalmente il referendum diventerà, con questa proposta finto popolare, vero lobbistica, il modo di procedere di intasare le procedure, ma di questo noi ci dobbiamo rendere conto. Io su questo, sull'intasamento e sul rischio informatico, non ho ascoltato una parola, salvo che - e torno sul punto - sugli emendamenti 1.71 Sisto e 1.72 e 1.73 D'Ettore non si cambi il parere ora, perché altrimenti rimane l'equivoco di fondo del rinvio molto vicino all'artificio e al raggiro parlamentare, per cui differire nel tempo una decisione significa legittimazione a non assumerla, anzi ad assumerne una contraria. Ma qui nessuno ha l'anello al naso, illustri esponenti del Governo e del MoVimento 5 Stelle, nessuno pensa che col passare del tempo le cose possano migliorare e, allora, quando noi insistiamo per votare questo emendamento, quando diciamo che i trentasei mesi sono un termine che almeno consente, nella dilatazione, di dare alle due Camere la possibilità di decidere, noi ribadiamo l'articolo 70: le leggi si scrivono in Parlamento. Voteremo a favore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI(PD). Qui - come segnalava l'onorevole Sisto - discutiamo dei tempi, ma c'è una serie di fattori tra loro concatenati per evitare l'effetto ingolfamento. Probabilmente, quello più importante è quello che discuteremo dopo, sul tetto delle proposte e, in particolar modo, sul tetto delle proposte firmabili da ogni cittadino - questo forse è l'elemento più importante di tutti - e siamo costretti a dibatterli separatamente per la logica degli emendamenti, ma queste cose hanno tra loro una coerenza, come la questione delle firme che stiamo dibattendo qua e là tra un emendamento e l'altro. In termini di scelta dei tempi, a me sembra che la scelta migliore sui tempi sarebbe quella dei ventiquattro mesi perché c'è un rinvio anche oggettivo al ricambio delle Commissioni parlamentari, che è previsto per un biennio, quindi noi abbiamo un aggancio oggettivo che già c'è negli attuali regolamenti parlamentari. Arrivare a trentasei - come propone l'onorevole Sisto - mi sembra eccessivo, quindi noi su quell'emendamento ci asterremo, però quello dei ventiquattro mesi potrebbe essere un punto ragionevole di equilibrio, che può essere tranquillamente riconosciuto da parte di ciascuno, quindi io davvero inviterei anche la relatrice a pensare di modificare il parere. La soluzione migliore in astratto era quella che ieri diceva l'onorevole Sisto, ossia non solo ventiquattro mesi, ma dodici più dodici perché rispetterebbe esattamente la logica del bicameralismo paritario; non abbiamo approvato la soluzione migliore, che era quella di ieri (dodici più dodici), però teniamoci questa dei ventiquattro mesi anche perché appunto ha il migliore ancoraggio oggettivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.
FEDERICO FORNARO(LEU). Grazie, signora Presidente. Mi riallaccio alle valutazioni del collega Ceccanti, che condividiamo, e torno anch'io sulla discussione dell'emendamento Sisto di ieri relativo ai dodici mesi e dodici mesi. Per quel che ci riguarda, per noi il problema non erano i diciotto mesi, ma il rischio di avere, anche su questo tipo di procedimento, nei fatti, un pericolo reale e concreto di monocameralismo di fatto, oppure anche una situazione di contesa tra le due Camere. Da questo punto di vista, quindi, come soluzione di ripiego, noi voteremo favorevolmente gli identici emendamenti 1.49 Sisto, 1.50 Ceccanti e 1.51 Toccafondi, cioè i ventiquattro mesi, che pare una soluzione equilibrata e che, in qualche modo, richiama idealmente i dodici mesi per ogni ramo del Parlamento, che potrebbe essere una soluzione. Davvero, ieri, secondo me, abbiamo perso un'occasione, però siccome siamo in fase di legge costituzionale spero che su questo tema ci possa essere una riflessione ulteriore da parte della maggioranza nella lettura al Senato e poi nelle letture successive alla Camera, perché, proprio l'esperienza legata ai decreti ordinari, ci porta a dire che, in questa situazione, determinare i tempi tra Camera e Senato è meglio che indicare un tempo, che vale per entrambi i rami del Parlamento.
L'esperienza ci dice che il rischio di questo monocameralismo di fatto sta purtroppo diventando una realtà, quindi, sapendo che partiamo da questo dato oggettivo, forse questa è l'occasione per introdurre nel nostro ordinamento e quindi nella Costituzione tempi certi per ogni singolo ramo del Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mulè. Ne ha facoltà.
GIORGIO MULE'(FI). Grazie, Presidente. Intervengo sull'emendamento perché bisognerà avere, essendo noi chiamati a legiferare sulla Costituzione, chiaro quello di cui stiamo parlando. Perché diciotto mesi non sono sufficienti? Perché ce lo dice l'esperienza parlamentare. Vede, Presidente nella XVII legislatura il cammino delle leggi parlamentari ha impiegato, per essere approvato, in media 628 giorni. Ora, voi volete introdurre, con questa norma, un termine che è di 540 giorni, ma tutta l'esperienza delle precedenti legislature ci dice che i diciotto mesi previsti attualmente non sono non solo sufficienti, ma mortificano l'attività parlamentare e quindi, al minimo, bisognerà portarli a trentasei mesi, tranne che non si voglia definitivamente affossare l'utilità del Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dadone. Ne ha facoltà.
FABIANA DADONE, . Grazie, Presidente. Mantengo il parere contrario su questi emendamenti, anche sulla previsione più equilibrata, come evidenziata dall'onorevole Ceccanti. In realtà, io ho letto e leggo con molto interesse tutte le interviste che vengono rilasciate dai numerosi costituzionalisti sui giornali in questi giorni, non posso però neanche dimenticare tutte quelle che abbiamo ascoltato in sede di Commissione. Sul termine dei diciotto mesi, non vi è stato alcun rilievo e mi risulta peraltro che ci sia anche nella proposta dell'onorevole Ceccanti (“…le Camere non approvino il provvedimento di legge presentato, ai sensi del secondo comma, entro i diciotto mesi…”), evidentemente vuol dire che era ritenuto congruo come termine. Durante l'audizione svolta in I Commissione, numerosi costituzionalisti avevano anche rilevato il fatto che, se l'intento, come risultava dai due testi di maggioranza e di minoranza, degli onorevoli D'Uva e Molinari e di Ceccanti, anche se magari con modalità differenti, era quello di raggiungere l'obiettivo di fornire questo strumento di legge popolare, piuttosto che di legge di iniziativa popolare rafforzata, e renderlo effettivo, il termine dei diciotto mesi sarebbe stato fin troppo esteso e qualcuno ci ha addirittura suggerito di accorciarlo ad un anno. Ora, accorciarlo mi sembra eccessivo, visti anche i rilievi fatti dagli altri colleghi in Commissione, ma estenderlo mi sembra che non raggiunga per nulla l'obiettivo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.45 Sisto, su cui la Commissione ha espresso parere contrario e su cui il Governo e il relatore di minoranza si sono rimessi all'Aula.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti 1.49 Sisto, 1.50 Ceccanti e 1.51 Toccafondi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO(FI). Grazie, Presidente. Riprendo l'equilibrato intervento del collega Ceccanti, tra l'altro cofirmatario di un emendamento esattamente identico a questo, per replicare garbatamente alla relatrice in ordine ai tempi necessari per scrivere una legge.
È chiaro, ognuno può avere delle opinioni e l'opinione si può fondare su un convincimento che non ha capacità di fare un passo indietro o può essere un convincimento culturalmente aperto, non contrattuale, non dovuto ad un'obbligazione di risultato, come dovrebbe essere per la formazione delle leggi, ma anche per la scritturazione di norme soprattutto costituzionali, e, quindi, va dritto per la sua strada indipendentemente da quello che gli succede intorno.
Questo è un pessimo modo di scrivere leggi e la forza dei numeri, ahimè, con qualche concorso omissivo da parte di una componente del Governo, ma è anche l'incapacità di recepire un dato.
Il collega Mulè, molto semplicemente, ha offerto all'esame della relatrice i tempi medi di percorrenza di un ramo del Parlamento per scrivere una legge. Allora, che cosa pensa l'utente medio dei propri percorsi di pensiero? Che, se c'è un dato oggettivo e questo dato oggettivo non viene recepito, vi è la netta volontà di non recepirlo; e non recepire il dato sui tempi medi vuol dire che voi volete evitare che il Parlamento scriva le leggi. Il ragionamento si chiama sillogistico, cioè non teme smentite: vi è un dato sui tempi, noi vi diamo la possibilità di ampliare questo tempo, voi mantenete un tempo assurdo. Illustre relatrice, dodici mesi mi sembra paradossale: invocare addirittura un termine più breve dei diciotto mesi è irriguardoso per chi abbia un minimo di capacità di pensare con i piedi per terra.
Ma voi volete - volete, io ora ne sono sicuro dopo questo ragionamento e questo intervento - impedire al Parlamento di scrivere le leggi. Lo volete impedire, e questi dettagli - il diavolo sta nei dettagli, dice qualcuno - ci danno proprio la contezza della gravità di questo disegno dal punto di vista parlamentare non lontano da un crimine costituzionale, cioè quello di impedire che l'articolo 70 abbia attuazione. Il Parlamento non potrà più scrivere le leggi, non potrà più scriverle!
Questa riottosità a prendere atto che i tempi medi impediscono di considerare i diciotto mesi per le due Camere - per le due Camere, illustri colleghi e illustre Presidente - ci dà l'idea, la certezza di un disegno di sopraffazione parlamentare a mezzo piattaforme informatiche. Perché io finché non vedo, non credo: finché non vedrò scritto che le firme non possono essere raccolte con strumenti informatici, non ci crederò; e fino all'ultimo momento non ci crederò finché non lo vedrò scritto - scritto! - oggi. Dico “oggi” dal punto di vista dalla legge di cui ci stiamo occupando.
Allora, Presidente, io sono iperpreoccupato di fronte a questo atteggiamento, iperpreoccupato, perché, parliamoci chiaro, comprimere i tempi del Parlamento fino a rendere impossibile l'elaborazione della legge, che significa? Traduciamolo in un linguaggio pratico: significa eliminarlo, significa renderlo superfluo, significa renderne impossibile la praticabilità. E rendere il Parlamento uno strumento di impraticabilità del percorso normativo vuol dire rendere impraticabile la democrazia parlamentare, vuol dire disapplicare la Costituzione. Io vi prego, riflettiamo su tutto questo: un piccolo emendamento, un piccolo intervento del relatore, una grandissima preoccupazione. Voteremo a favore .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI(PD). Presidente, dal momento che la relatrice mi ha tirato in causa perché anche nel mio testo erano previsti diciotto mesi, il problema però non sono solo i mesi, ma è il modello che noi abbiamo di rapporto tra proposta popolare e parlamentare.
Il modello che noi abbiamo fin qui è un modello in cui il Parlamento ha diciotto mesi e, se fa modifiche che non sono formali, si va immediatamente al voto referendario. Quindi, è un modello molto rigido, quasi “prendere o lasciare”, con dei margini solo per modifiche formali.
Mi permetto di ricordare che il mio testo diceva che non si faceva referendum ove ci fossero modifiche che ne alterassero i principi fondamentali, come alcuni emendamenti che, poi, in diversi, compreso l'onorevole Sisto, prevediamo. Cioè, un conto è dare un tempo al Parlamento, che deve recepire quasi tutto uguale, un conto è dare un termine al Parlamento per recepire solo dei principi, su cui, poi, invece, il Parlamento può esercitare una mediazione diversa.
Per di più, io, poi, prevedevo che, qualora questo non fosse accaduto, un milione di elettori avrebbero dovuto di nuovo fare una raccolta di firme per fare un referendum solo sui principi, con un intervento successivo del Parlamento. Quindi, era un dosaggio molto diverso il rapporto Parlamento-corpo elettorale. Cioè, delle due, l'una: o uno tiene un modello molto rigido, ma allora deve dare tempi più larghi, o uno amplia i margini del Parlamento e, allora, può avere anche tempi più ristretti; ma non si può avere contemporaneamente una compressione dell'intervento del Parlamento e termini stretti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). Grazie, Presidente. Quello che faceva notare il collega Sisto è molto vero, cioè il potere di scrittura delle leggi delegato al comitato promotore, che non diventa soltanto un soggetto costituzionale, ma diventa un organo costituzionale.
Tra l'altro, il comitato promotore non ha obblighi di rendicontazione, di raccolta, e tutto il resto, per cui io consiglio a tutti quanti noi per il futuro, vista la crisi dei partiti tradizionali dagli anni Novanta ad oggi, di organizzarci per costruire dei comitati promotori, perché è un modo che, senza rendicontazioni, vincoli legislativi, eccetera, ci mette nelle condizioni di far politica molto più liberamente.
Ebbene, il comitato promotore non soltanto diventa soggetto costituzionale, ma, di fatto, organo costituzionale, perché si mette sullo stesso piano del Parlamento a prodotto finito. Cioè, il prodotto finito, che è la proposta di legge, su cui il comitato promotore raccoglie le 500.000 firme, deve essere conforme al prodotto finito del Parlamento altrimenti si va al referendum. Questa è un'incongruenza sostanziale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Enrico Borghi. Ne ha facoltà.
ENRICO BORGHI(PD). Su questo tema, signora Presidente, emerge la contraddizione dei termini dell'impostazione filosofica che il MoVimento 5 Stelle ha costruito, perché loro sono venuti qui sostenendo che questa proposta di legge azzerava i partiti e sostanzialmente svuotava l'articolo 49 della Costituzione, mentre, in realtà, pongono il tema dei comitati addirittura ad un rango costituzionale.
Allora, qui bisogna che ci mettiamo un pochettino d'accordo, perché chiaramente questo aspetto, in qualche misura, fa comprendere loro che una democrazia non può essere diretta in maniera automatica, ma pone il tema dell'intermediazione, della rappresentanza dei corpi intermedi, ma l'elemento nel quale si compie una sperequazione di svuotamento del sistema dei partiti, contraddicendo l'articolo 49 della nostra Costituzione, ahimè inattuato per troppo e lungo tempo, e, contemporaneamente, si pone a livello quasi di sacralizzazione il rango dei comitati è, in sé, un elemento di assoluta sperequazione che rischia di introdurre un ulteriore elemento di crisi di questo percorso di riforma avviato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Sisto 1.49, Ceccanti 1.50 e Toccafondi 1.51, sui quali la relatrice ha espresso parere contrario, il relatore di minoranza Ceccanti ha espresso parere favorevole, mentre il Governo si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.53 Sisto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). Presidente, quando si affronta una norma importante come quella di una legge costituzionale, lo dicevo anche ieri, bisogna uscire dal particolare e bisogna, come quando andiamo su a cercare qualche cosa, cominciare a premere il del meno, per capire che non ci interessa soltanto il numero civico della via in cui dobbiamo arrivare, ma dovremmo riuscire a guardare con il primo la zona, poi il quartiere, poi la città, poi la regione, poi lo Stato e poi tutto quello che c'è intorno. Allora, credo che l'errore peggiore che si possa fare su un provvedimento come questo è quello di fossilizzarsi sul numero civico, anzi, addirittura sulla lettera del numero civico.
È possibile che noi abbiamo dei timori che sono infondati, però vi leggo le parole del Ministro Di Maio su questo provvedimento: “Prima dell'estate questa legge e quella sul referendum propositivo saranno approvate, così riduciamo di un terzo i parlamentari”, cioè la rappresentanza, senza aver fatto uno straccio di proposta su una riforma della forma di Governo, “e creiamo uno strumento per approvare le leggi senza più dipendere dai politici”. Questo dice il Ministro Di Maio, che, tra parentesi, è uno che fa il politico di professione. Allora, questo è l'atteggiamento del MoVimento 5 Stelle, questo è il sottotesto: senza più dipendere dai politici. Chi sono i politici? Ma non vi vergognate a utilizzare questo linguaggio? Ancora crediamo nella contrapposizione tra i cittadini e i politici ?
Siete venuti qui dentro a raccontarci che eravate i portavoce dei cittadini, come se foste stati eletti con una legge diversa dalla nostra, come se rappresentaste una virgola in più, ciascuno di voi, di ciascuno di noi, per permettervi di raccontare questa stupidaggine! Questo è l'atteggiamento che avete nei confronti di questa legge costituzionale, fare le leggi senza dipendere dai politici. Perché, voi che cosa siete? Che lavoro fate ?
FABIANA DADONE, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIANA DADONE, . Non è un fatto di numeri civici. Per rispondere a quanto detto precedentemente dall'onorevole Ceccanti, in sede di audizione, in realtà, l'audizione è stata fatta su entrambi i testi, sul suo, ma principalmente sull'impianto del D'Uva-Molinari. Quindi, quello che già prevedeva un impianto, a vostro modo di vedere, ancora più forte, perché metteva in contrapposizione i due testi nel referendum. Tornando a chi si era espresso in favore dei diciotto mesi, se non addirittura della riduzione, il professor Morrone aveva detto che era fin troppo lungo un termine di diciotto e avrebbe auspicato una riduzione a dodici, giusto per dire che non sono io che campo numeri in aria, ma sono stati detti da professori di diritto costituzionale all'interno della I Commissione.
Il professor Fusaro ha detto che il termine di diciotto mesi avrebbe rischiato di incentivare dei comportamenti dilatori da parte delle Camere e il professor Azzariti, invece, si è espresso in favore del termine di diciotto mesi, ritenendolo congruo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE(FI). È comunque apprezzabile che finalmente si tiene conto, quando conviene, delle audizioni, ma ci sono tante altre cose dette nelle audizioni per fare le numerazioni veramente dei numeri civici, così come il presidente Brescia ci ha fatto capire che questa è una proposta che non mortifica la democrazia rappresentativa, e quindi è giusto farla. Questa è la giustificazione: mai sentita una motivazione più inesistente, sarebbe da impugnare l'atto. Se il presidente Brescia facesse atti amministrativi, sarebbero tutti viziati per carenza di motivazione. È evidente che non sanno quello che dicono e bene il collega Baldelli ha fatto presente qual è la di questo provvedimento: la di questo provvedimento è avere termini brevi per ingolfare il Parlamento, lo abbiamo detto nella discussione sulle linee generali, in modo tale che le leggi popolari prevalgano sulle iniziative legislative del Parlamento. E, quindi, si ingolfa il Parlamento, i termini sono brevi, nessuno le può discutere, non si esaminano, non si votano e arrivederci, è bello e fatto, si fa un referendum. Oppure, che si fa? Beh, stanno scadendo i termini, approviamole tutte. Se ne presentano una tonnellata e si approvano tutte all'ultimo minuto, perché poi questo accadrà, questo è lo scopo. E Di Maio ha chiarito la di questo provvedimento. Quindi, voi vi affannate, presidente della Commissione affari costituzionali, relatrice, Ministro, a dare motivazioni, e quelli fuori vi smentiscono, minuto per minuto. Proprio novantesimo minuto siete voi !
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.53 Sisto, sul quale la relatrice ha espresso parere contrario, il relatore di minoranza Ceccanti ha espresso parere favorevole, mentre il Governo si è rimesso all'Aula.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.36 Ceccanti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI(PD). Mi permetto di dire alla relatrice che, se noi estrapoliamo le audizioni su un punto, si perde il senso dell'insieme. Gli autori che hanno sostenuto che i tempi fossero adeguati immaginavano che il referendum si svolgesse solo se il Parlamento non recepisse i principi, non il testo integrale. Persino l'autore che è stato più consentaneo nelle audizioni, il professor Pertici, ha detto: mi raccomando, se il Parlamento va nella stessa direzione sulla base del principi o dei contenuti normativi non si faccia il referendum. Quindi, se do al Parlamento dei margini maggiori di intervento, lo schema diventa diverso e allora i tempi possono anche essere più adeguati. E, soprattutto, la gran parte degli auditi ha detto: mi raccomando, mettete un limite basso a quante proposte i singoli cittadini possono formulare, perché, se mi arrivano in Parlamento cinque proposte, diciotto mesi va bene, ma, se me ne arrivano venticinque, diciotto mesi non va bene.
Le audizioni vanno viste nell'insieme, perché, altrimenti, è troppo facile scorporare un ragionamento dal resto. Ora, in questo primo di una serie di emendamenti ripropongo uno schema che è diverso. La prima principale diversità è questa, che non si fa il referendum se i principi ispiratori o i contenuti normativi essenziali sono gli stessi, cioè, tradotto da questo pesante giuridichese, vuol dire: basta che il Parlamento vada nella stessa direzione e il referendum non si fa. L'altro giorno, la relatrice ha detto che sono concetti generici, ma, in realtà, non sono generici, perché sono i concetti che si usano per i referendum abrogativi, a partire dal 1978. Quindi, c'è una giurisprudenza su questo, non è che li inventiamo; noi lavoriamo su un terreno già consolidato. Per di più, ripropongo il fatto che non basta la raccolta di firme iniziale, ma, se il Parlamento va in una direzione diversa, c'è una raccolta di firme supplementare di un milione di elettori per fare questo sui principi.
Quindi, tutto quello che aiuta il fatto che lo stimolo del corpo elettorale non diventi un è assolutamente positivo, vale per questi emendamenti come per altri che seguiranno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO(FI). Grazie, Presidente. Apprezziamo questo emendamento, l'onorevole Ceccanti ha fatto un emendamento che lo pone dalla parte giusta della storia; perché, qui, cosa si dice? Sostanzialmente, cosa dice la norma vigente? Dice: guardate che si può andare a referendum propositivo se la Camera non converte, se le Camere non convertono, e come ha detto l'onorevole Mulé, con tutti i problemi che abbiamo di conversione, nei termini indicati, oppure, se le Camere convertono, non si può praticamente mai andare al referendum. Cioè, sì, si può andare, semplicemente in certi casi.
Che cosa dice Ceccanti, oggi? Si potrebbe e si dovrebbe escludere il referendum nei casi in cui il Parlamento si sia ispirato ai principi voluti dalla legge popolare. La norma attuale invece dice: no, praticamente mai. Cioè, il referendum è escluso solo se la conversione è meramente formale.
Quindi, facciamo un esempio, perché poi è facile fare gli esempi. La norma popolare ha come spirito quello, magari, di colmare una lacuna nell'ordinamento, che so io, relativa ai diritti; il Parlamento converte totalmente, andando incontro a questi diritti e, no, il referendum è comunque possibile; cioè, si sta dicendo che, ipotizzando che qui dentro siamo 630, che sia stimato che per ognuno di noi ci siano 80.000 voti dietro, comunque, nonostante 50.400.000 cittadini, cioè tutti noi, abbiano fatto una legge che, tra l'altro, è andata pure incontro allo spirito e al principio voluto dal comitato che ha proposto il referendum, no; varranno di più 500.000 firme. Cioè 500.000 persone varranno più di 50 milioni e mezzo di elettori.
Allora, giustamente, Ceccanti, dice: no, torniamo ai criteri del referendum abrogativo, cioè il referendum è sempre possibile, ma non è possibile se il Parlamento legifera su quella materia, andando incontro a quei principi. È anche una questione di coordinamento, perché poi democrazia diretta non è solo il referendum propositivo è anche l'abrogativo. Allora, non abbiamo capito perché creare questa disparità, tra l'altro, creando, sì, anche un po' di sconnessione o, comunque, di incoerenza nell'impianto costituzionale.
Poi, io torno sulla scheda, perché insisterò su questo, ho una mania sulla scheda, Presidente, e insisterò ad ogni intervento. Ma, ci rendiamo conto che, oggi, per come è formulata la norma, sulla scheda ci sarà scritto: vuoi tu una proposta del popolo, che per esempio potrà essere, che so io, “vuoi tu che, se ti entra qualcuno in casa, tu gli puoi sparare?”; e quello sarà il referendum propositivo che incoraggia quella proposta.
Magari, il Parlamento avrà legiferato in materia di legittima difesa, dicendo, cosa che auspichiamo si faccia anche in quest'Aula: no, non è che puoi sparare a prescindere, puoi difenderti, sparando a chi ti entra con un'arma.
Ora, i cittadini non sapranno che c'è questa proposta parlamentare, sulla scheda troveranno soltanto: “vuoi tu poter sparare a chiunque ti entra in casa?”, non sapranno che il Parlamento ha già legiferato, penseranno che sulla legittima difesa non è stato fatto niente e, secondo voi, diranno “sì” o diranno “no” a quella proposta? È chiaro che diranno “sì”, allora si aiutano le fughe demagogiche in questo senso .
Perché vogliamo nascondere la possibilità per i cittadini moderati, quelli che crediamo, noi di Forza Italia, di rappresentare, che decidono che “sì”, in certi ambiti si deve legiferare, per esempio, sulla legittima difesa, però si legiferi con moderazione, con attenzione, perché sono situazioni complesse? Perché vogliamo dire che, no, quei cittadini non saranno rappresentati, si darà voce soltanto, mettendo solo il quesito sulla proposta popolare, agli istinti più populisti?
Io mi rivolgo anche al Partito Democratico, su questo, e insisto: dovremmo almeno pretendere che entrambe le proposte, sia quella del Parlamento, sulla legittima difesa, sia quella del comitato promotore, siano indicate sulla scheda e si possano confrontare. Perché, a questo punto, un cittadino veramente potrà decidere .
FABIANA DADONE, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIANA DADONE, . Grazie, Presidente. Intervengo per motivare il parere contrario su questo emendamento e chiaramente ciò vale anche per i successivi che sono di spirito analogo.
L'impianto che abbiamo pensato, è un impianto che si basa su un dialogo costruttivo tra il comitato promotore e il Parlamento ed è basato sul meccanismo della rinuncia da parte del comitato promotore.
Nel momento in cui il comitato promotore ritiene che il Parlamento sia andato incontro a quelle che erano le richieste, può rinunziare; questa parte è stata colta molto bene dal professor Volpi, durante le audizioni, e, lì, si trova uno dei punti fondamentali dell'impianto, cioè la possibilità di rinunzia da parte del comitato promotore ove ritenga che non sia necessario andare a referendum.
Per evitare che si potesse andare però con modifiche meramente formali - come è stato sottolineato più volte, il rischio è che si vada a referendum soltanto sulla modifica di una virgola, piuttosto che su un cambiamento di drafting, che renderebbe poi strumentale il referendum - si è ritenuto, a questo punto, con quell'emendamento che, se non ricordo male, è l'1.900, di inserire questo inciso. Quindi, non si potrà andare a referendum nel caso di modifiche meramente formali.
Ma questo tipo di dialogo e di impianto che ha il testo originario, lo manteniamo e continuiamo a ritenere che sia giusto basarlo su un dialogo reale e vero tra il comitato promotore e il Parlamento. Nel momento in cui si demandasse, come nell'emendamento in esame, ad un organo terzo la valutazione di quelli che sono i principi ispiratori e i contenuti essenziali, si sposterebbe in capo ad un organo terzo un giudizio di merito su quanto effettivamente il Parlamento sia andato incontro a quello che era l'intento del comitato promotore.
Quindi, sulla costruzione di una proposta di legge, perché lo è, è una proposta di legge, d'iniziativa popolare rafforzata, ma è una proposta di legge, in una dinamica di dialogo che vorrebbe nel nostro intento essere reale tra il comitato promotore e il Parlamento, si innesterebbe un organo terzo che dovrebbe valutare, non dico l'opportunità politica, però, dovrebbe entrare nel merito di ritenere se il Parlamento abbia recepito o meno quello che era l'intento del comitato promotore e, quindi, svuoterebbe del tutto il senso del dialogo, non si creerebbe più questo dibattito vero.
Non penso che spostare, come dicevo prima, la valutazione di merito in capo alla Corte costituzionale e, quindi, giurisdizionalizzare questo tipo di procedimento, vada per nulla nel verso di quello che è auspicato dall'impianto del testo D'Uva, insomma di quello che è il testo della Commissione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Prisco. Ne ha facoltà.
EMANUELE PRISCO(FDI). Grazie, Presidente. Vorrei segnalare che, in realtà, questa serie di emendamenti presentati dal collega Ceccanti, al di là della scrittura del testo che può, sicuramente, essere migliorata o forse immaginata in un'altra legge costituzionale, apre un tema di quelli che sono emersi anche nel dibattito, un po', su quei principi di equilibrio che si trovarono anche nella scorsa legislatura, e penso al tema specifico dell'iniziativa popolare, trattato dall'emendamento a quella riforma del 2014, dell'onorevole Calderoli, che, sostanzialmente, rimandava, poi, la disciplina specifica a un'altra legge costituzionale, liberando in qualche modo da lacci e lacciuoli il testo costituzionale e lasciandolo semplificato.
Il tema che pone Ceccanti è quello sostanzialmente di non intasare i lavori o bloccare i lavori parlamentari ed è uno dei temi su cui, a mio avviso, bisogna continuare a riflettere, perché dal dibattito sono emerse alcune criticità sul funzionamento, sul posizionamento dei due percorsi legislativi.
Per cui, forse, questo è uno di quei punti di funzionamento tecnico che, mi permetto di segnalarlo alla relatrice e ai rappresentanti del Governo, forse non dovrebbero stare nel testo della Costituzione, ma, magari, in un altro testo.
Come più volte abbiamo detto, obiettivamente, su un impianto che, di principio, può avere delle sue giuste e corrette aperture, ci sono delle criticità che poi emergono dai ragionamenti che fanno i colleghi e in cui si evidenziano, insomma, delle criticità su cui, a mio avviso, occorre intervenire prima di licenziare il testo
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Borghi. Ne ha facoltà.
ENRICO BORGHI(PD). Signora Presidente, le osservazione fatta dalla relatrice sono molto importanti e illuminanti e meriterebbero un approfondimento che i tempi, in questa fase, non ci consentono, ma rimanda a un tema che ho avuto modo, in precedenza, di sottolineare: la relatrice ci dice che nella proposta di riforma i comitati assurgono al rilievo sostanzialmente costituzionale; cioè con questa riforma stiamo attribuendo ad un comitato il potere d'iniziativa legislativa, addirittura ponendolo sullo stesso rango del Parlamento. Emerge di tutta evidenza l'esigenza della disciplina della natura dei comitati, non per comprimerne lo spazio d'iniziativa, ma al contrario, per assicurarne l'effettiva democraticità. Perché poniamo il caso che un comitato sia promosso da un'azienda, che questa azienda costituisca al proprio interno un che il abbia la possibilità di depositare nel giro di pochi giorni le firme necessarie su un oggetto che è direttamente connesso agli interessi di quell'azienda, e quindi non sia più un interesse di carattere generale ma un interesse di carattere particolare: capite di che cosa stiamo parlando?
ENRICO BORGHI(PD). È per questo motivo, signora Presidente, che l'emendamento 1.36 Ceccanti di cui stiamo discutendo è meritevole di approvazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giorgis. Ne ha facoltà.
ANDREA GIORGIS(PD). Presidente, l'espressione che è stata utilizzata anche questa mattina, e già in Commissione era stata impiegata dalla relatrice Dadone, di un dialogo costruttivo tra comitato promotore e Parlamento, è un'espressione ambigua, che meriterebbe di essere chiarita. E il modo con il quale la relatrice propone di chiarire il significato di questa espressione conferma purtroppo l'intendimento di dare vita ad una forma di produzione del diritto alternativa e concorrente al Parlamento: perché il dialogo costruttivo tra comitato promotore e Parlamento è un dialogo nel quale l'ultima parola spetta al comitato promotore. Questo è il punto! E il motivo per cui la relatrice esprime parere contrario all'emendamento è che non ritiene sia possibile che vi sia alcuno che arbitra questo dialogo, perché il dialogo deve garantire la parola ultima e definitiva al comitato promotore sul Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE(FI). Le dichiarazioni della relatrice solo una fucina di argomenti .
Ci dice, come diceva il collega Giorgis, che si apre un dialogo. Questo dialogo sarebbe ritrovato nella possibilità, per il comitato promotore, di rinunziare, quando vede che la modifica del Parlamento è una modifica che va verso i principi ispiratori. Ebbene, la rinunzia è l'esercizio di un diritto potestativo, dichiarazione unilaterale recettizia; chi la subisce, cioè il Parlamento e il Paese, è in uno stato di soggezione. Quindi, lei ritiene che la dichiarazione unilaterale recettizia sia un dialogo: no, è proprio dove non c'è il dialogo, è uno stato di soggezione ! Di che parliamo? Non sappiamo di cosa parliamo! La rinunzia è per definizione una dichiarazione unilaterale recettizia, un diritto potestativo; quindi il Parlamento è in uno stato di soggezione. È quello che volete: la soggezione del Parlamento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà.
CARLO FATUZZO(FI). Signora Presidente, come sempre parlo, in questo caso almeno, con cognizione di causa. Presentai 10 referendum abrogativi di 10 diverse leggi regionali della regione Lombardia; 9 di questi 10 referendum vennero cancellati perché vennero modificate poche parole della legge in vigore. Mi ricordo, per esempio una diceva: chiedo l'abrogazione delle indennità ai membri dei comitati sanitari di zona; venne cambiata l'espressione “le indennità non devono essere inferiori a” con “le indennità non devono essere superiori a”, e questo fece cadere il referendum. Non avrei mai rinunciato ai referendum se fosse dipeso da me medesimo: un fico secco! L'obiettivo di chi propone dei referendum è che vengano celebrati, quando si è delle persone oneste e corrette; diversamente si apre una trattativa commerciale che sarebbe una vera vergogna, un vero tracollo della democrazia in Italia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). Presidente, le parole del collega Fatuzzo, che ha presentato dei referendum e che si è trovato nella condizione di essere privato come comitato promotore del diritto a vederli votati, la dice lunga, è l'esempio classico di quello che accadrebbe. Io da molti giorni sono sul dubbio che esprimeva prima l'onorevole Borghi: qui o chi parla di questo provvedimento non capisce bene di che cosa parla, oppure, collega Borghi, lo sanno benissimo di che cosa parlano. Perché immaginare che un comitato promotore rinunci, dopo aver raccolto centinaia di migliaia di firme, a una battaglia politica, e che sia il comitato promotore a poterlo scegliere, è questa la follia! Ma non sulla congruità del : relatrice Dadone, di che stiamo parlando? Un comitato promotore non si tira indietro dopo che ha raccolto centinaia di migliaia di firme, se il Parlamento non ha preso la sua proposta. Perché l'errore che voi fate è metterli sullo stesso piano, un soggetto costituzionale e un organo costituzionale: non sono la stessa cosa !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI(FI). Presidente, 29 settembre 2018. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, onorevole Fraccaro, che in questo momento è assente, interviene al e spiega di che cosa stiamo parlando in maniera chiara: in Parlamento abbiamo diritto e potere di vita o di morte sui cittadini, e io questo potere non lo darei a nessuno; dobbiamo introdurre meccanismi e strumenti di controllo continui, perché l'interesse dei governanti (siete voi, signori dei 5 Stelle oggi) confligge con quello dei governati; i governanti vogliono solo mantenere il potere. Questo lo dice il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, spiegando il referendum propositivo. Quindi, nonostante l'arrampicarsi sugli specchi della collega Dadone, purtroppo il tema e l'obiettivo di questa proposta sono assolutamente chiari, soprattutto nelle parole del Vicepresidente Di Maio e del Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, già lì un conflitto di interessi pesante .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corneli. Ne ha facoltà.
VALENTINA CORNELI(M5S). Presidente, per fare un'ulteriore precisazione rispetto a quello che già ha efficacemente detto la collega Dadone. Il riferimento giustissimo che faceva il collega Ceccanti ai principi ispiratori ed ai contenuti essenziali che evinciamo dalla giurisprudenza costituzionale relativa al referendum abrogativo, in questo caso non è perfettamente attinente: il tema è un altro. Il Parlamento, che non è in alcun modo svuotato perché non è inerte, perché può fare una controproposta, nel momento in cui facesse questa controproposta (io non so se questa cosa forse è sfuggita), c'è un organo terzo che vaglia questa controproposta alla stessa stregua di come vaglia la proposta di natura popolare. Di questo poi parleremo diffusamente dopo; però, insomma, questo non è un tema secondario.
Invece sono perfettamente d'accordo con quanto diceva la collega Ravetto sul fatto che ci dev'essere una certa chiarezza nella scheda; e di questo diffusamente parleremo in legge di attuazione, perché chiaramente è in quella sede che dovremo istituire questa scheda, che dev'essere il più possibile chiara, ci mancherebbe altro. Non per nulla la relatrice ha già accolto l'emendamento Ceccanti, che parla proprio di pari conoscibilità dei testi .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO(FI). Presidente, i fatti concludenti sono ormai sotto gli occhi di tutti: l'ultima citazione della collega Santelli rende la confessione del Governo e del MoVimento 5 Stelle assolutamente chiarissima.
Qui una parafrasi di tipo sportivo è evidente: è mai possibile che il calcio di rigore venga fischiato dalla squadra che perde o che vince? Siamo a questi livelli! Non è possibile non ritenere (come dice bene il collega Ceccanti, ma per la verità non soltanto lui da questo punto di vista), che non può essere il comitato promotore a giudicare se il Parlamento ha bene operato: l'intervento di un organo terzo, la terzietà su un punto di vista così importante, è indispensabile.
Ma qual è la vera volontà di questa norma? La sopraffazione del Parlamento a mezzo di una illusoria democrazia rappresentativa. Su questo - ripeto - non faremo sconti .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.36 Ceccanti, con il parere contrario della Commissione, mentre il Governo si rimette all'Aula e il relatore di minoranza, onorevole Ceccanti, esprime parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.37 Ceccanti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI(PD). Presidente, proseguiamo, con qualche variante di questi emendamenti, su questo punto importantissimo del rapporto tra il comitato promotore, l'organo terzo e il Parlamento. È vero che è stato accolto il principio che c'è un organo terzo dall'emendamento della relatrice, va benissimo ma il problema è cosa fa l'organo terzo. Al momento, secondo questa piccola breccia che è stata aperta, l'organo terzo ha il compito di valutare se il Parlamento ha fatto modifiche meramente formali o no. Questo è il punto. Noi vogliamo allargare il margine di scelta dell'organo terzo, cioè noi vogliamo che l'organo terzo possa dichiarare esaurita l'iniziativa in presenza di voti del Parlamento e di testi del Parlamento che vadano nella direzione voluta dai promotori, e non solo per questioni formali. Questo non vuol dire che noi spossessiamo il comitato promotore della sua soggettività. Io ricordo che per l'abrogativo quasi sempre un comitato promotore, essendosi costituito su quel testo, difende intransigentemente quel testo, sta nella fisiologia dei rapporti che il comitato promotore faccia il difensore del vincolo, per così dire. E cosa accade? Che il comitato promotore viene consultato, interviene presso l'organo terzo, presso la Cassazione, e quasi sempre il comitato promotore chiede lo spostamento del suo quesito sulla nuova normativa. Tra l'altro, la Cassazione, in anni recenti, è divenuta molto aperta alle ragioni del comitato promotore: basti pensare al caso del nucleare o a quello delle trivelle.
Quindi, noi non stiamo dicendo che il comitato promotore non debba vedere riconosciute le sue ragioni, però se diamo un potere a un organo terzo, diamogli il potere di riconoscere un parametro ragionevole, come andare nella direzione di, e non solo fare correzioni formali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). Grazie. Premesso che considero di buonsenso sia la proposta di un organo terzo che valuti la congruità o meno e la rispondenza ai principi di una norma e non sia il comitato promotore a dichiararsi soddisfatto, diciamo, della risposta in Parlamento e anche l'idea che vi sia anche questo secondo turno nella possibilità di far chiedere da un milione di persone il referendum.
Voglio, però, fare una simulazione di che cosa succede quando si apre un comitato promotore. Io apro il comitato promotore e chi vuole unirsi è libero di farlo, tanto lo apro io, quindi, comando io. Mi organizzo con una bella macchina da firme, una bella piattaforma tipo quella “Rousseau”. Ci si investono 300 mila o 400 mila euro e si mette insieme una cosa fatta bene, dove si cominciano a raccogliere dati di persone che più o meno la pensano come noi e che sono disponibili alla democrazia attiva, alla partecipazione attiva, così quando arriva il momento di chiedere loro la firma si fa presto a raccoglierla, magari appena viene disciplinata con una “leggina” o con un emendamento del senatore o del deputato di turno, col parere favorevole del Governo e col voto favorevole della maggioranza. Poi, si scelgono alcuni temi forti, me ne vengono in mente tre. Io, per esempio, avevo proposto l'introduzione del reato di vitalizi che addirittura la Presidenza Boldrini mi bocciò perché diceva che era illogico mentre, secondo me, non era affatto illogico. Comunque, diciamo che non si può fare il reato di vitalizi, che metterebbe in carcere non solo i percettori, ma anche quelli che hanno maturato il vitalizio. Ebbene, facciamo l'azzeramento dei vitalizi, perché è troppo facile fare il ricalcolo retroattivo, così come fanno il MoVimento 5 Stelle e l'Ufficio di Presidenza. Facciamo una bella legge sull'azzeramento dei vitalizi e vediamo come la mettiamo. Poi, facciamo l'abolizione delle accise sui carburanti e voglio trovare, a partire dagli amici della Lega, un cittadino che mi fa la battaglia contro le accise sui carburanti e poi facciamo anche una bella roba di pancia, perché dopo lo stupro e l'omicidio di Pamela, dopo quello di Desirée e dopo gli stupri seriali che accadono introduciamo la castrazione chimica per gli stupratori seriali e voglio vedere se c'è qualcuno che si mette a difendere, in questo Paese, gli stupratori seriali. Quindi, siamo già a tre quesiti belli carichi e belli duri. Dopodiché, il Comitato io lo devo pure finanziare in qualche modo, perché non è che campiamo d'aria qui e, quindi, a questo punto mi tengo libere un paio di materiucce e in una ci metto l'abbattimento dell'IVA su qualche settore e la decontribuzione su un altro e sono sicuro che qualcuno, mentre oggi magari va ai Ministeri a chiedere qualche favore, magari domani andrà da qualche comitato promotore a metterci anche qualche spiccio.
Dunque, mi faccio la mia campagna, mi raccolgo le mie firme e quando il Parlamento comincia a legiferare ho la mia visibilità e siamo sullo stesso piano io, privato cittadino, e un organo costituzionale eletto dal popolo e li porto “a dama” fino all'ultimo giorno, fino al referendum. E faccio la campagna elettorale con i soldi pubblici, pagato dallo Stato e sulle TV di Stato , costringendo 630 eletti del popolo a legiferare sulle materie che io scelgo. Questo è il comitato promotore, questo state approvando. Ma lo capite o non lo capite? Forse lo capite pure troppo !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO(FI). Presidente, è stata curiosa la replica della relatrice Dadone al collega Ceccanti e, a beneficio dei colleghi che non sono in Commissione, si è capito, no? Allora, attenzione: o il Parlamento riprende la proposta popolare e non cambia niente, tranne virgole e paragrafi, o altrimenti il referendum è sempre possibile. Il collega Ceccanti dice: “Ma no, un attimo. Se si è ispirato ai principi sostanziali non facciamolo il referendum, come per l'abrogativo”. La relatrice risponde: “No, perché poi chi giudica questi criteri sostanziali? Noi mica ci fidiamo”. Cioè, poiché poi Ceccanti risponde: “Ma come? Lo si fa per l'abrogativo: decide la Corte di cassazione se si è distinto o no il Parlamento dai principi sostanziali”, voi ci state dicendo che non solo non vi fidate del Parlamento ma non vi fidate neanche della Corte di cassazione. Voi non vi fidate di nessuno che non siano le 500 mila firme che deciderete voi di organizzare per decidere dove vanno le leggi elettorali. Questo è inaccettabile! In quest'Aula lei ci ha appena detto che lei non si fida delle istituzioni .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Enrico Borghi. Ne ha facoltà.
ENRICO BORGHI(PD). Signora Presidente, sul piano politico non possiamo non rilevare una stridente e incredibile contraddizione da parte di un pezzo della maggioranza che qui ci propone queste cose e, una volta che è chiamato a doverle attuare, le nega. Vede, il MoVimento 5 Stelle in quest'Aula e in questi momenti ci fa l'elegia, l'epica, la retorica della democrazia diretta, del referendum, del potere del cittadino di poter decidere di tutto. Dopodiché, capita che il MoVimento 5 Stelle, quando è alla guida - che so - della città di Torino o della città metropolitana di Torino e si imbatte in cittadini che chiedono un referendum per poter realizzare un'infrastruttura allora no, in quel momento il referendum non va più bene quei comitati non esistono più, il diritto della piazza viene negato.
Allora, colleghi del MoVimento 5 Stelle, siccome voi state sdoganando questa situazione nella Costituzione della Repubblica italiana, provate un attimino a fare pace con voi stessi, perché domani, quando questo tema sarà l'elemento costitutivo della democrazia, il sistema impazzirà e non vi basterà più dire che, siccome voi siete i portatori della volontà generale, il referendum non si può più fare, perché così la democrazia finisce .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI(FI). Presidente, il Vicepremier italiano con il gilet giallo che invoca il RIC, il svolto dai gilet gialli, ha un proposito chiarissimo, i Cinquestelle qui hanno un proposito chiarissimo: ormai io non credo che vi sia l'alternativa, collega Baldelli, non c'è l'alternativa: vediamo se hanno capito; hanno capito perfettamente quello che vogliono fare: smontare il sistema. Quello che non riesco a capire, sinceramente, è il silenzio che diventa ingombrante e imbarazzante della Lega. Voi siete corresponsabili non potete aspettare le elezioni europee e la stabilità di questo Governo, perché magari nei prossimi passaggi parlamentari vediamo di annullare queste cose, sono i principi della democrazia! Colleghi, parlate, fate sentire la vostra voce .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.37 Ceccanti, con il parere contrario della Commissione, favorevole del relatore di minoranza Ceccanti e su cui il Governo si rimette all'Aula.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.38 Ceccanti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI(PD). La cosa che non riesco a capire - da parte di parlamentari che sono abituati a discutere, sia in Commissione che in Aula, e a cambiare i testi anche dal punto di vista sostanziale, a vedere cambiati molto anche i propri testi, come in parte abbiamo fatto anche su questo - è perché invece, rispetto a un'iniziativa popolare con firme, il Parlamento dovrebbe limitarsi solo a riscrivere bene le norme. Lo capirei da persone che non fanno i parlamentari e che, quindi, hanno una concezione semplicistica delle dinamiche politiche: c'è un testo, ci deve essere una sorta di . Ma siccome qui siamo tutti abituati a confrontarci, più volte ci è capitato anche in questo provvedimento di cambiare pareri già espressi sulla base del ragionamento che gli altri, che lo illustrano, fanno, io penso che dovremmo concedere al Parlamento questa prerogativa nei confronti delle proposte popolari. Quindi, se il Parlamento va in un'altra direzione, è normalissimo che si faccia un referendum, ma se il Parlamento va in quella stessa direzione, perché non prevedere questa logica flessibilità di un percorso politico dove mille eletti del popolo si confrontano, votando testi, ragionando, cioè dobbiamo avere una maggiore fiducia nelle capacità di compromesso che possiamo realizzare e che spesso riusciamo anche a praticare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO(FI). Illustre Presidente, si corre il rischio, esaminando questo emendamento e verificando l'assoluta indifferenza con cui le sagge parole del collega Ceccanti vengono recepite dall'Aula, di non comprendere in quale contesto si muove questa disciplina e scambiare l'agone parlamentare come una sorta di lotta muscolare fra chi sia più capace testardamente di affermare i propri principi.
Perché, poi, ripeto, le parole non sono mai casuali, soprattutto in emendamenti che hanno in un profondo ripensamento culturale la loro origine, perché, parliamoci chiaro, la Costituzione non si può improvvisare, la Costituzione ha una sua struttura ed è indispensabile approcciarsi alla Costituzione non soltanto con i guanti gialli, ma soprattutto sapendo di che si parla, un po' come se fosse una scienza qualsiasi, medica, ingegneristica. Ecco, io ho l'impressione che il “naivismo”, l'improvvisazione, le questioni che vengono fatte passare come questioni di principio, ma in realtà sono soltanto questioni generiche, e sotto l'egida della genericità passa molto spesso l'ignoranza e passa molto spesso l'incapacità di prevedere l'effetto che fa. E questo principio di causalità culturale è presente in questo emendamento, profondamente, laddove si dice espressamente: “nei casi in cui la proposta a cui si riferisce il referendum venga accompagnata da altra disciplina parlamentare della stessa materia”. Cioè, l'eco delle parole, ricordate dalla collega Santelli, del Ministro Fraccaro, qui assume dei toni assolutamente sinistri, ma sinistri nel senso di cattivi, in questo senso. Cioè, attenzione: il Parlamento è in contrasto col popolo. Il vero principio che qui si vuole fare passare è che il Parlamento va in antinomia con la gente che è fuori dal Parlamento: Parlamento cattivo-gente buona, cioè una cosa assurda, assurda! Si tratta di negare completamente la democrazia e nessuno dice nulla su questo!
Allora il buonsenso, la bonomia, la capacità di affrontare progressivamente anche l'apparente dolcezza della relatrice, ma che in realtà esegue perfettamente un disegno chiarissimo di spossessamento violento delle prerogative del Parlamento, debbono essere denunciate all'Aula, perché se il Parlamento va esattamente - dice bene il collega Ceccanti - in quella direzione, perché legittimare la sopraffazione del Parlamento? Allora non si tratta di uno strumento nuovo, che possa accompagnare e rendere più limpida la capacità della democrazia di essere rispondente alla Costituzione, ma uno strumento di massacro della Costituzione, di distruzione dei principi della Costituzione, perché il popolo, 500 mila professionisti della firma, le piattaforme Rousseau, ancora coloro che dirigono le piattaforme Rousseau, diventeranno i padroni della democrazia. E il silenzio di chi sta al Governo diventa sempre più difficile da digerire, sempre più difficile, perché non ci sono più scusanti: il re è nudo! È evidente quello a cui stiamo assistendo. E le raffinatezze, o le raffinerie, se volete, di tipo giuridico, non bastano; qui il discorso è molto più brutale, è molto più chiaro: caro Parlamento, per te la partita è chiusa, è finita, ora comandano 500 mila professionisti dalla firma.
Ma se questo, Presidente, non fosse chiaro, io in questo dibattito ho sentito fare riferimento, come se fossero profeti della Bibbia, ad alcune audizioni, tra l'altro opportunamente estrapolate e decontestualizzate; ma ragioniamo, invece, in termini di Costituzione, ragioniamo in termini di logica, in termini parlamentari, perché il Parlamento non va bene, la discussione non va bene. Presidente, io credo che quanto sta accadendo sia di una gravità assoluta, noi di questo siamo perfettamente consapevole e voteremo a favore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE(FI). Anche questo emendamento del collega Ceccanti non ha ragione; il Governo, la maggioranza, aspettiamo che il Governo dica, anche su questo emendamento, qual è la sua posizione, perché parla solo il relatore e lascia all'Aula, ma qual è la ragione per la quale - se il Parlamento, sui principi ispiratori e i contenuti normativi essenziali della proposta di legge popolare, rimane all'interno di quella cornice e giudica, il Parlamento, che sta in quella cornice e la Corte Costituzionale valuta e verifica che così è e cioè che non c'è una modifica sostanziale - si debba andare al referendum? Qual è la ragione, qual è la di un quello comportamento di questo tipo?
Non solo non si ha fiducia nel Parlamento ma nemmeno nella Corte costituzionale, in nessuno, neanche nella Corte di cassazione. Nessun organismo terzo valuta ma basterebbe, secondo me, il Parlamento. Se il Parlamento ha modificato una proposta di iniziativa popolare - pensiamo a una norma che riguarda le clausole di salvaguardia IVA - e il Parlamento tentasse almeno di ridurre il danno, perché anche le clausole di salvaguardia IVA potrebbero essere oggetto di proposta di legge popolare, vi rendete conto dove si va a finire? E anche le leggi di spesa potrebbero esserlo: allora perché il Parlamento può fare modifiche nelle quali rimane anche nella stessa cornice della proposta di legge popolare? Qual è la ragione? Ce lo può dire, per favore, il Governo?
FELICE MAURIZIO D'ETTORE(FI). Perché questo non è ammissibile ?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Perego Di Cremnago. Ne ha facoltà.
MATTEO PEREGO DI CREMNAGO(FI). Grazie, Presidente. Mi unisco alle parole del collega Sisto per palesare che durante il dibattito si sta consumando un pluriomicidio, perché si sta uccidendo la nostra storia di percorso democratico che ci ha portato ad avere un luogo di dibattito dove un Governo e una maggioranza si esprimono e un'opposizione si oppone e lo facciamo anche dopo aver ricordato un passato di violenza, di terrorismo con le vittime che abbiamo menzionato prima, come Guido Rossa. Il secondo omicidio è sancito dalla contrapposizione violenta tra rappresentanti e rappresentati, come se, nella democrazia, l'espressione di rappresentanti e rappresentati non ne fosse il pilastro. Voi state ponendo noi rappresentanti contro i rappresentati che ci hanno eletto, volendo sottolineare il fatto che, qualunque sia l'esito di tale contrapposizione, significherebbe la morte della democrazia. Allora, vi invito a fare una riflessione, signori: se noi poniamo in conflitto questa casa con il popolo che noi rappresentiamo, e che voi rappresentate, mi chiedo che cosa state qui a fare se siete stati eletti dal popolo e ne siete rappresentanti. Che funzione avete? Andate a casa direttamente perché cosa serve vedervi qui per distruggere questa casa che, invece, vi è stato chiesto dai cittadini di proteggere e migliorare. Sin qui la prima considerazione.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Perego.
MATTEO PEREGO DI CREMNAGO(FI). Concludo, Presidente. La seconda considerazione è la seguente. Se questo edificio, se questa casa viene distrutta, torneremo a quello che, come ho detto l'altro giorno, \Hobbes chiamava l', cioè l'individuo singolo che decide cosa è meglio per se stesso, fregandosene della collettività, quando invece la collettività è l'insieme di noi individui che porta a rendere questo Paese migliore. Non siamo noi, non è il vostro uno vale uno la ricetta per il benessere
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO(FI). Grazie, Presidente. Noi appoggiamo convintamente questo emendamento e mi rivolgo, tramite lei, alla collega dei 5 Stelle che ha fatto un'apertura e di questo siamo contenti: ha riconosciuto che le obiezioni che muoviamo sulla redazione della scheda sono obiezioni corrette e fondate. Però, non mi può dire: lo faremo nelle norme di attuazione. I colleghi del MoVimento 5 Stelle devono smetterla di rimandare i problemi, di non sciogliere i nodi : l'han fatto sull'”anticorruzione”, l'han fatto sul . Dobbiamo decidere qui: noi siamo eletti per decidere. Se siete d'accordo, come soltanto chi ha cuore la democrazia può essere d'accordo, che il Parlamento non debba avere un ruolo ancillare e la proposta parlamentare debba essere indicata in scheda esattamente con la proposta popolare, votiamolo oggi, votiamolo nel testo, Forza Italia è pronta e mi aspetto anche il Partito Democratico. Non nascondetevi !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Magi. Ne ha facoltà.
RICCARDO MAGI(MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Credo che, grazie alla riflessione comune che è tipica della discussione parlamentare, al di là delle posizioni di partenza di ognuno, si stiano mettendo in luce quali siano i punti più critici di un procedimento legislativo assolutamente nuovo, innovativo rispetto al nostro ordinamento e credo che questo emendamento ci aiuti a metterli a fuoco. Teniamone conto, al di là dell'esito del voto su questo emendamento. La discussione sarà lunga: per fortuna, abbiamo di fronte un doppio passaggio distanziato, come è noto, per le riforme costituzionali, e abbiamo due filtri di garanzia. Un punto critico quello che evidentemente, nel caso in cui il Parlamento legiferi - questo sì - in un rapporto dialettico positivo, con lo stimolo del comitato promotore della proposta popolare, ma legiferi in quella direzione, non è possibile che si accetti di innescare una dinamica, invece, competitiva.
E l'altro punto, che era anche in una mia proposta alternativa, l'atto Camera n. 1447, è quello di dare luogo a una nuova raccolta di firme nel passaggio tra la legge di iniziativa popolare e il referendum propositivo. Questo per dare al comitato promotore l'onere, nell'ambito di un gioco democratico, di far vedere che effettivamente i cittadini non ritengono soddisfacente la controproposta venuta dal Parlamento. Questi due elementi credo debbano essere, anche per i prossimi passaggi e per il passaggio al Senato, degni di una riflessione e di una modifica ulteriore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO(PD). Grazie, Presidente. Onestamente, non capisco la contrarietà della collega relatrice, perché il principio a cui il MoVimento 5 Stelle o la relatrice sono già giunti, cioè istituire un'autorità terza che disciplini il giudizio sui rispettivi posizionamenti della proposta popolare o di quella parlamentare, è già stato accettato. Dunque noi dobbiamo, come dice l'emendamento dell'onorevole Ceccanti, esprimere tutta la forza che quel giudizio può verificare, se siano stati o meno modificati i principi ispiratori o i contenuti normativi essenziali di ciò che è stato prodotto in Parlamento. Questo atteggiamento su questo emendamento mi pare destituisca di forza la scelta che è stata fatta, di istituire l'organo terzo come momento giudicante. Sono molto colpito…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Fiano.
EMANUELE FIANO(PD).…ho finito. E dà a me la sensazione che quell'accettazione dell'organo terzo sia molto sminuita dalla contrarietà a questo emendamento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.38 Ceccanti, con il parere contrario della Commissione, il parere favorevole del relatore di minoranza Ceccanti, e con il Governo che si rimette all'Aula.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.39 Ceccanti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI(PD). Mi permetto ancora di insistere con la relatrice e la maggioranza, ricordando com'è nata questa idea, nella nostra storia costituzionale, del giudice terzo che valuta sui principi ispiratori e i contenuti normativi essenziali.
Il Parlamento, quando fece la legge n. 352 del 1970 che, finalmente, dopo ventidue anni, rendeva possibile il referendum abrogativo, era partito da un errore opposto a quello da cui è partita l'attuale maggioranza, cioè il Parlamento aveva costruito, in particolar modo, l'articolo 39 della legge del 1970, in modo tale che bastasse cambiare una virgola e il referendum non si sarebbe mai svolto, cambiare una virgola della legge vigente. La Corte costituzionale, nel 1978, intervenne dicendo: no, guardate, la Costituzione ha inteso dare al corpo elettorale un potere più ampio di quello che gli avete dato con la legge. Quindi, diede ragione al Partito Radicale che, in uno dei suoi comitati promotori, aveva obiettato che praticamente il Parlamento aveva eluso la richiesta referendaria, facendo un mero della normativa vigente e così voleva sfuggire a un verdetto popolare.
Mentre invece il Parlamento avrebbe dovuto accogliere davvero, nella sostanza, la richiesta referendaria, oppure affrontare i referendum. E, allora questo potere dell'organo terzo fu espanso dalla Corte costituzionale, consentendo all'organo terzo di valutare effettivamente se la modifica era un mero o andava nella direzione dei promotori. Visto che è nata così, che la matrice di queste norme, di questo concetto, dei principi ispiratori dei contenuti normativi essenziali è nata dalla Corte costituzionale a favore del corpo elettorale, non contro, non si capisce perché, avendo raggiunto questo equilibrio sull'abrogativo, non dobbiate accettarlo anche sul propositivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). Sì, solo per segnalare a lei, Presidente, come componente del Comitato di Presidenza, che si occuperà della dismissione di questo Palazzo, che il parcheggio della Camera, se ritenete, potrebbe diventare edificabile e si potrebbe fare un multipiano. Nella prospettiva di avere il centro commerciale Montecitorio, secondo me potrebbe risolvere anche un po' di problemi di congestione dei parcheggi del centro.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.39 Ceccanti, con il parere contrario della Commissione, con il parere favorevole del relatore di minoranza e su cui il Governo si è rimesso all'Aula.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Dovremmo passare alla votazione dell'emendamento 1.54 Maggi, ma è stato ritirato.
SIMONE BALDELLI(FI). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). Lo facciamo nostro, Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO(FI). Grazie, Presidente. Facciamo nostro questo emendamento che l'onorevole Maggi, bonariamente ha pensato di ritirare, interviene su un punto che non è secondario: “o non l'approvino, ovvero, entro diciotto mesi dalla sua presentazione, o l'approvino con modifiche”. Questo è uno di quegli emendamenti che svela sostanzialmente i grandi limiti di questa proposta perché il fatto stesso di poter pensare di parificare la mancata approvazione con l'approvazione con modifiche - e mi dispiace per il presentatore di questo emendamento - dà l'idea della scarsa considerazione che si ha per il Parlamento, perché se il Parlamento approva con modifiche, queste modifiche potrebbero essere delle modifiche che rendono inutile assolutamente l'utilizzo del referendum. Quindi, nella logica di determinate - mi si faccia passare il termine - idee un po' parossistiche sul ruolo del popolo rispetto al Parlamento, laddove la democrazia non è un esercizio ragionevole del diritto ma diventa un esercizio irragionevole delle pulsioni popolari, la parificazione fra mancata approvazione e approvazione con modifiche svela l'arcano, ancora qui e giustamente - credo -, dopo la discussione, il ripensamento del collega Maggi ha un senso. Qui è emersa con assoluta nettezza che questa riforma tende alla soppressione, di fatto e neanche tanto elegante, della democrazia parlamentare.
Diceva il mio maestro che la verità ha una caratteristica, cioè si manifesta ad ogni possibile criticità: qui ad ogni criticità noi abbiamo la certezza di quello che è il disegno di questo provvedimento. Anche in questo emendamento, laddove la parificazione è assurda, anomala e del tutto eterogenea, convince il dato che, se c'è qui una persona offesa da questo provvedimento, è proprio il Parlamento e la democrazia parlamentare, e, come si sa, difendere le persone offese è molto più esaltante che difendere qualsiasi altra posizione. Noi difenderemo il Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). Grazie, Presidente. Due parole sulle modifiche che sono contenute nell'emendamento del collega Magi, che abbiamo fatto nostro. Il paradosso è che se questo ramo del Parlamento, all'unanimità, cioè rappresentando l'intero corpo elettorale, approva un provvedimento che è contrario, o comunque che modifica in maniera sostanziale, tanto da fare esprimere la contrarietà del comitato promotore, all'adesione e alla liquidazione dei principi in quella norma, in realtà il paradosso è che si va a un referendum che può essere bocciato da un quarto degli elettori, cioè il Parlamento potrebbe all'unanimità legiferare una norma che viene bocciata da un quarto degli elettori: poi che succede? Si scioglie la legislatura, si scioglie il Parlamento?
PRESIDENTE. Chiede di parlare l'onorevole Magi. Ne ha facoltà.
RICCARDO MAGI(MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Solamente per specificare che il ritiro dell'emendamento era dovuto al fatto che la riformulazione che è arrivata successivamente da parte della relatrice, assorbe completamente e anzi migliora anche un po' l'intenzione emendativa che c'era nel mio emendamento. Questo a seguito di una discussione che è avvenuta nel Comitato dei nove e a seguito degli emendamenti della relatrice su questo punto specifico.
In generale, condivido buona parte delle osservazioni, seppure con sfumature diverse, fatte dai colleghi Sisto e Baldelli .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI, .. Per cambiare parere e passare all'astensione, perché le finalità dell'emendamento erano giuste e sono giuste, però, di fatto, questo sarebbe stato superato dall'emendamento nuovo della relatrice, quindi ci asteniamo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.54 fatto proprio dal gruppo di Forza Italia, con il parere contrario della Commissione e su cui il Governo e il relatore di minoranza si rimettono all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.55 Sisto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO(FI). Presidente, continuiamo con il tentativo progressivo di provare in un'opera di persuasione continuativa, sulla scorta di argomenti logici, perché ovviamente la speranza di giungere a delle soluzioni più ragionevoli non ci abbandona nel dibattito parlamentare, ma direi, in genere, nella vita. In questo emendamento noi proponiamo che la legittimazione al referendum possa derivare dall'approvazione da parte del Parlamento con modifiche che ne alterino i principi fondamentali. Vorrei chiarire all'Aula cosa significa “alterare i principi fondamentali”.
La parola “alterazione”, almeno dalla materia di cui io mi occupo ormai da qualche tempo, è accompagnata a quella di “contraffazione” nell'ambito del cosiddetto falso materiale. Cioè, alterare vuol dire modificare in modo direi permanente, in modo evidente, in modo che se ne perda l'identità - questa è la giusta definizione - qualche cosa. Pensate ad una firma che possa essere alterata fino a far perdere la possibilità di collegarla a chi ne sia il materiale autore.
Quindi, alterare i principi fondamentali vuol dire che il Parlamento deve, in qualche modo, tradire i principi fondamentali della proposta; e questo è il caso in cui, andando in rotta di collisione, è evidente che si acquisirebbe la legittimazione al referendum. Quindi, non vi sarebbe quella pretestuosità che prima abbiamo cercato di chiarire, anche con gli emendamenti che facevano capo al collega Ceccanti.
Ma qui si aggiunga a questa necessaria diversificazione oggettiva fra proposta e soluzione parlamentare, il dato della necessità che vi sia una ulteriore legittimazione quantitativa, cioè che vi sia un milione di elettori - giustificata dalla gravità della deroga -, che chieda che i principi fondamentali siano sottoposti ad un referendum popolare propositivo. Perché parliamoci chiaro - l'abbiamo già detto ieri, ma in ogni dove trova conferma -, il referendum non può riguardare temi articolati, complessi, di difficile analisi, lessicalmente legati a delle conoscenze tecniche che, fatalmente, sono di tipologia normativa.
Allora, dire che il referendum possa riguardare i principi fondamentali non solo semplifica, ma consente il vero esercizio della democrazia popolare. Cioè, davvero noi siamo convinti - e, ancora una volta, qui si affaccia il sospetto orribile della finta democrazia parlamentare contrabbandata come tale, perché qualcuno possa dire sì o no ad una piattaforma informatica, ad un via libera, ad un segnale quasi luminoso che viene lanciato e che deve essere rispettato perché proviene da determinati centri di interesse -, ma davvero noi possiamo pensare che il popolo possa percepire aldilà di principi fondamentali in una operazione referendaria? Noi possiamo pensare che i passaggi, gli interstizi, le virgole, i commi, i richiami normativi, i rinvii a precedenti situazioni normative e, magari, perché no, di fonti principali e secondarie possa essere percepito dal singolo utente perché possa votare in un senso o nell'altro? Questa è una falsa rappresentazione della realtà. Ma voi lo sapete benissimo! Anche noi stessi, quando votiamo una norma, abbiamo bisogno delle volte di leggerla una, due, tre, dieci volte e, forse, non la capiamo tutti, neanche io ovviamente, me compreso.
La capacità di percezione della norma, Presidente, non è uno sport per tutti: è uno sport che esige competenza, pazienza, direi umiltà e noi vogliamo trasferire in un referendum questa operazione complessa? Ecco perché in questo emendamento, con grande convinzione, abbiamo ritenuto che l'alterare i principi fondamentali, anzi l'alterare i principi fondamentali in con i principi fondamentali contenuti nel tale progetto, possa essere una soluzione almeno quasi sufficiente per poter garantire che al referendum corrisponda un reale consenso. Voteremo a favore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO(PD). Grazie, la ringrazio, Presidente. Noi voteremo a favore di questo emendamento, però io volevo sottolineare la questione che, secondo me, è al centro degli ultimi interventi e anche degli emendamenti che prima sono stati bocciati a firma del collega Ceccanti e, anche in questo caso, del presidente Sisto. Noi stiamo operando in questo modo: stiamo assegnando alla Corte costituzionale non già più solo - mi riferisco alla collega Dadone, che ringrazio per l'attenzione e la cura con cui segue tutto il dibattito - il giudizio di costituzionalità, in questo caso. Noi stiamo assegnando - e, secondo me, Presidente, stiamo facendo una cosa grave - un potere che non è più solo di giudizio sulla conformità delle proposte, ma un giudizio che diventa sostanzialmente legislativo. Noi stiamo esternalizzando la giurisdizione del conflitto che potrebbe verificarsi tra la scelta popolare e quella parlamentare. Stiamo sottraendo un potere configurato come centrale nello Stato al Parlamento ed assegnandolo ad un organo che dovrebbe avere solo il potere di verifica costituzionale, non un potere legislativo. Ma che cosa succederà, poi, alla Corte? La Corte sarà chiamata - se questo punto varrà ancora - ad un giudizio di tipo politico - politico -, non di coerenza nell'ordinamento costituzionale, ma politico. Le differenze da vagliare - per il tramite della Presidente, collega Dadone - tra l'impianto normativo prodotto con la proposta popolare e l'impianto normativo che presenterà delle eventuali differenze prodotto dal Parlamento, non sono più di coerenza costituzionale, perché in presenza di una coerenza costituzionale di entrambe le proposte, la Corte sarà chiamata ad un giudizio di tipo diverso: di quale delle due proposte osservare la prevalenza, di quale dei due poteri - se quello diretto popolare o quello parlamentare - verificare la prevalenza. Noi stiamo istituendo un nuovo foro legislativo, non di verifica costituzionale. Ma guardate che questo è uno stravolgimento del nostro ordinamento, è uno stravolgimento.
Certo che noi siamo lieti che si sia scelto di non assegnare questo potere ad un gruppo di dieci persone - lo abbiamo detto tutti noi esponenti del PD negli interventi sulla discussione generale e lo abbiamo ribadito dopo le modifiche intervenute in Commissione e l'approvazione di alcuni emendamenti -, ma questo non c'entra adesso, non siamo più all'elezione di un organo terzo, e meno male, per dirimere il conflitto. Stiamo assegnando un potere alla Corte, che è estraneo ai poteri che sin qui la Corte ha avuto. perché la Corte ha un potere di verificare la costituzionalità, ben venga che sia stato di nuovo assegnato questo potere; adesso verificherà quale delle due proposte di legge debba avere prevalenza, nel senso di verificare l'attinenza o meno del testo parlamentare rispetto a quello popolare. Ma noi stiamo facendo una cosa che stravolge i poteri dello Stato, oltretutto, io penso - qui ci sono eminenti docenti di diritto costituzionale -, impegnando la Corte costituzionale su un lavoro che non le è proprio, che ne modifica il senso del lavoro - non più solo quello di coerenza costituzionale -, sostanzialmente, creando una terza Camera, che diventa la Corte costituzionale, che, peraltro, dovrebbero sapere i colleghi del MoVimento 5 Stelle, dovrebbero apprezzare il fatto che non ha lo stesso sistema elettivo di noi parlamentari né la diretta rappresentatività del popolo dei 500.000 che hanno firmato il referendum. Invito i colleghi, la collega relatrice, il presidente dalla Commissione a soffermarsi su questo punto: noi stiamo, con la non approvazione degli emendamenti che vengono proposti, affermando un ruolo alla Corte costituzionale che non le è proprio ai sensi del dettato della Carta. È un punto grave, non so se tutti ce ne stiamo accorgendo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). Grazie, Presidente. Di certo è necessario che ci sia un organo terzo a verificare almeno la congruità con i principi, ma guardate quanto è difficile la congruità con i principi. Approfitto della vicinanza della collega Calabria: prendiamo l'esempio della norma che inizialmente aveva l'obiettivo di mettere obbligatoriamente le telecamere nelle scuole. L'abbiamo approvata in questo ramo del Parlamento giungendo ad un punto di caduta, di mediazione, che è quello della facoltà. Allora fate lo stesso principio: il comitato promotore propone la norma con l'obbligo; il Parlamento giunge ad un punto di caduta unanime della facoltà. Risponde al principio oppure no?
STEFANO CECCANTI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI, . Chiariamoci su un punto: o noi scegliamo un modello squilibrato su uno dei due attori, quindi fa tutto il comitato promotore - ciò che non gli piace non gli piace e si va a votare - oppure uno sceglie un modello totalmente squilibrato sul Parlamento - il Parlamento fa cosa gli pare e non si vota - oppure bisogna ricorrere ad un organo terzo che avrà qualche margine di opinabilità.
Comunque sia, però, ciò crea un sistema equilibrato. Siccome questa cosa ce l'abbiamo già con l'abrogativo, non si vede perché noi non dobbiamo riprendere questo modello equilibrato con l'abrogativo. È vero che alcune volte su decisioni della Cassazione sul trasferimento dei quesiti vi sono state discussioni, perché non è mai un giudizio automatico, c'è un giudice che si prende la sua responsabilità di decidere, però i pro e i contro di questa soluzione, con qualche margine di opinabilità lasciato a un giudice terzo, sono comunque migliori di scegliere due soluzioni squilibrate.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giorgis. Ne ha facoltà.
ANDREA GIORGIS(PD). Presidente, ha detto benissimo adesso l'onorevole Ceccanti, dimostrando ancora una volta quanto questo disegno di legge apra una serie di questioni che non sono state fino in fondo considerate, se si vuole a tutti i costi pervicacemente consentire che un comitato promotore e 500 mila elettori possano fare ciò che fa il Parlamento e pretendere di valere di più del diverso pronunciamento del Parlamento. Non c'è niente da fare, Presidente, se noi accettiamo questa logica, i problemi si moltiplicheranno, perché è vero che, se noi vogliamo a tutti i costi ragionare in una logica di equilibrio, ci muoviamo nella logica di far assurgere il comitato promotore allo stesso rango del Parlamento, il che sinceramente non mi sembra rispettoso di nessun principio di democrazia.
E, se li teniamo, però, sullo stesso piano e diciamo che questo è equilibrio, allora trasferiremo alla Corte una serie di questioni che sarà molto difficile affrontare in termini giurisdizionali. Insomma, non ne veniamo fuori, a meno che non si riconosca in maniera molto semplice e molto lineare che bisogna fare in modo che il comitato promotore e i 500 mila elettori non siano in grado di collocarsi sullo stesso identico piano del Parlamento, anzi, in grado di mettere il Parlamento nella condizione di dover sospendere la propria attività e, in qualche misura, accettare la prevalenza della proposta dei 500 mila elettori. Questo è il punto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO(FI). Solo per dire che formalmente, nella diatriba all'interno del PD, mi iscrivo formalmente alla corrente Giorgis e sono assolutamente d'accordo con lui, cioè o eliminiamo il problema della parità di trattamento e di possibilità di fare campagna elettorale sulle due proposte o cosa succederà, mi dovete spiegare. Il comitato promotore giustamente farà la campagna elettorale per la proposta popolare pro referendum; tutti quelli che non sono d'accordo, perché magari, come dice Baldelli, vogliono una proposta diversa, cosa devono fare, la campagna contro il referendum?
Vi sembra ipotizzabile che vi siano dei cittadini o dei gruppi politici che organizzano la campagna contro un referendum? Dovrei fare una campagna a favore di un'altra proposta, quindi la proposta deve essere indicata e deve essere comparata .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.
FEDERICO FORNARO(LEU). Grazie, signora Presidente. Come è stato ricordato dal collega Ceccanti e anche dal collega Sisto, stiamo entrando su un terreno e su uno dei nodi che, anche a nostro giudizio, non è completamente sciolto, perché si fanno alcuni passi in avanti nell'ipotesi emendativa della relatrice e si rimanda l'individuazione del giudice terzo alla legge applicativa, però credo sia anche utile, in funzione poi, della stesura della legge applicativa, che in questa sede vi sia una riflessione - sono d'accordo qui anche con il collega Giorgis - molto approfondita, perché c'è un punto che, a nostro giudizio, non è accettabile, cioè innalzare il comitato promotore ad un ruolo e a una funzione che sia paragonabile a quella del Parlamento.
Allora, è chiaro che il comitato promotore può e deve avere una funzione come ha nel referendum abrogativo; mi sembra che, per come oggi è costruito il testo e in assenza ancora della legge applicativa, rispetto al referendum abrogativo, in queste ipotesi di referendum sulla legge d'iniziativa popolare si alzi il livello e il ruolo del comitato promotore. Se così è, e mi pare abbastanza evidente che così è, credo che si rafforza la necessità di avere un giudice terzo, sia la Corte costituzionale o sia la Corte di cassazione, ma è fondamentale l'esistenza di un giudice terzo. E noi, lo dico già subito alla relatrice e alla maggioranza, auspicheremmo che l'individuazione del giudice terzo avvenga già nella stesura del testo della legge costituzionale e non si rimandi alla legge attuativa, perché, in estrema sintesi, la ragione è molto semplice: se già oggi la relatrice e la maggioranza hanno un'idea, e si va, quindi, nella direzione o della Corte o della Cassazione, tanto vale scriverlo direttamente.
Credo che, da questo punto di vista, sia importante e utile, perché rafforza questo ruolo e, in qualche modo, depotenzia un ruolo potenzialmente sovvertitore della democrazia rappresentativa, che potrebbe avere un uso distorto dello strumento da parte del comitato promotore. Qui mi ricollego a un intervento precedente: dovendo noi fare un intervento sulla Carta, quindi in una visione di lungo periodo, dobbiamo mettere al riparo la Carta e questo strumento da possibili usi distorti. E quindi, da questo punto di vista, la terzietà di un soggetto differente da Parlamento e comitato promotore è assolutamente essenziale e va individuato, a nostro giudizio, nel testo e non rimandato alla legge attuativa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Borghi. Ne ha facoltà.
ENRICO BORGHI(PD). Signora Presidente, credo che dovremmo emendare questo dibattito dalle facili battute e dalle considerazioni rispetto alle posizioni interne ai singoli partiti che non corrispondono alla realtà, perché noi siamo onorati di avere all'interno del nostro gruppo delle personalità di alto profilo politico, giuridico e accademico che esprimono delle sensibilità rispetto al fatto che noi abbiamo in discussione sulle linee generali, come Partito Democratico, indicato una linea molto chiara. Spiace che vi siano colleghi in quest'Aula che non erano presenti in discussione sulle linee generali e che oggi intendano speculare in modo un po' di basso profilo sulla posizione del Partito Democratico, perché, se dovessimo accedere a quella sintonia, potremmo ricordare a questi colleghi che molti di loro siedono su questi banchi con i voti della Lega e quindi dovrebbero guardarsi dall'altra parte prima di impalcarsi a fare lezioni al Partito Democratico .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Musella. Ne ha facoltà.
GRAZIANO MUSELLA(FI). Presidente, molto brevemente, credo che il dibattito di oggi, che è un dibattito che il mio gruppo consiliare sta facendo per la libertà e la democrazia delle nostre istituzioni, e, soprattutto, per la difesa delle istituzioni democratiche e della Costituzione, abbia un convitato di pietra, ed è il gruppo della Lega, che non ha ancora espresso il suo giudizio su questa battaglia e su questa nostra grande forza e capacità di difesa del nostro Parlamento. Vorrei capire e vorrebbero capire anche i cittadini che cosa la Lega ne pensa di questo provvedimento, che è un provvedimento che va contro la democrazia e la libertà del nostro Paese. Noi vorremmo capire a questo punto la Lega che tipo di posizione ha. È stata in silenzio fino adesso, però credo che sia il momento che si esprima, e che si esprima in modo decisivo, a favore o contro; e non bastano i voti, bisogna esprimersi anche dal punto di vista concettuale .
FABIANA DADONE, Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIANA DADONE, Grazie, Presidente. L'ho già detto prima, lo chiarisco perché, forse, non sono stata sufficientemente chiara: non vorremmo attribuire l'individuazione del discostamento rispetto ai principi e alle differenze non meramente formali, anzi, solo ai principi, alla Corte costituzionale proprio per non dare un vaglio di merito sulla differenza tra le due proposte.
Era esattamente quello l'intento, non far scendere la Corte costituzionale in un campo di valutazione che è di merito e, in parte, anche politico. Riteniamo, però, che con l'introduzione del vaglio preventivo da parte della Corte costituzionale sulla proposta e sulla verifica che verrà effettuata da un organo terzo sulle differenze non meramente formali, il sistema sia equilibrato. Per il resto, poi, entra in campo quello che è il meccanismo della rinuncia oppure della controproposta che il Parlamento può fare oppure può scegliere di non fare; se sceglierà di non farla tutelerà il cosiddetto e, quindi, andrà eventualmente a referendum, qualora il comitato decidesse di andarvi, lo contro la proposta dei comitati promotori, in alternativa, invece, ha la possibilità e la forza di avanzare una controproposta e qualora il comitato decidesse di non rinunziare, andrebbero eventualmente a referendum entrambe le proposte.
Va bene, insomma, questo poi lo spiegherò più avanti con l'emendamento del relatore, però, ciò era giusto per motivare il fatto che la scelta fosse proprio di non attribuire una valutazione di merito alla Corte costituzionale che, credo, già graviamo eccessivamente con un vaglio preventivo rispetto alle proposte.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà.
CARLO FATUZZO(FI). Signora Presidente, ho appena ascoltato le parole della relatrice, la quale vorrebbe liberare la Corte costituzionale da un ulteriore compito, quello di decidere sulla costituzionalità delle proposte referendarie e delle proposte di legge inerenti in conseguenza. Ma io penso che i giudici della Corte costituzionale sarebbero ben felici di lavorare e di non stare, così, a passare il tempo solamente con giudizi singoli. Anche e soprattutto in casi come quelli dei referendum, credo che sia assolutamente indispensabile il loro giudizio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Speranza. Ne ha facoltà.
ROBERTO SPERANZA(LEU). Grazie, Presidente. Credo che sia utile interagire anche con l'ultimo intervento della relatrice Dadone e dico in premessa che penso sia abbastanza ormai nota la posizione del nostro gruppo e il lavoro che abbiamo provato a svolgere, sia nella fase di discussione in Commissione che, qui, in Aula, con il tentativo di rendere migliore questo provvedimento, riconoscendo che può essere utile ampliare un potere di iniziativa popolare, ma senza correre il rischio che questo ci porti a un indebolimento della democrazia rappresentativa che noi crediamo essere cardine delle nostre istituzioni.
Io dico questo alla relatrice: penso che la Corte costituzionale possa tranquillamente essere protagonista del processo di cui abbiamo discusso. C'è un emendamento nostro che va esattamente in questa direzione. Non si vuole immaginare che la Corte costituzionale debba svolgere questa funzione? Vogliamo farla svolgere all'Ufficio centrale della Cassazione? Io credo che, comunque sia un soggetto terzo, vada bene, ma almeno esplicitiamolo, perché non esplicitarlo rischia di lasciare un non detto che chiama ancora in causa un ruolo, che, a quel punto, sarebbe davvero improprio, dei promotori.
PRESIDENTE. Onorevole Ceccanti, lei è già intervenuto, su questo, quindi, non può; interverrà sul prossimo. Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.55 Sisto, con il parere contrario della relatrice, con il parere favorevole del relatore di minoranza Ceccanti e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.56 Sisto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI(FI). Rispetto all'emendamento precedente, Presidente, c'è soltanto un cambio, cioè i sei mesi entro i quali un milione di elettori può chiedere che i principi fondamentali contenuti in tale progetto siano sottoposti a referendum popolare propositivo, diventano tre e, lì, andiamo a sbattere, Presidente, sulla solita questione: in quanto tempo si raccolgono queste firme e come si raccolgono queste firme? È anche vera la questione che poneva il collega Ceccanti, in relazione alla necessità di scegliere un metodo; noi vogliamo salvaguardare il testo fatto e finito del comitato promotore o i principi? Se dobbiamo scegliere un organo terzo, perché è evidente che non può essere il soggetto del comitato promotore a dichiararsi soddisfatto o meno, perché è troppo forte l'interesse politico del comitato promotore a continuare la sua esistenza in vita come soggetto costituzionale, nel mantenere aperta la partita e nel non lasciarla chiudere dal Parlamento, quindi, se è evidente l'esigenza di trovare un soggetto terzo che si pronunci sulla conformità, è altrettanto evidente che infilarsi in questioni di dettaglio su un tema del genere ci fa perdere il quadro d'insieme. Lo abbiamo detto, continuiamo a ripeterlo: qui non si tratta di utilizzare uno strumento integrativo complementare rispetto alla democrazia rappresentativa; qui si tratta di aprire un binario parallelo e diametralmente opposto in termini di direzione.
Allora, fare del comitato promotore un soggetto costituzionale è cosa diversa dal farne un organo costituzionale. E, guardate, il principio della mediazione tra gli interessi, che è il lavoro quotidiano di un Parlamento, è esattamente ciò che deve mancare alla propellenza di un comitato promotore che, per sua natura, deve avere un elemento forte, esplosivo per dare il via alla raccolta di firme. Perché, prima, ho fatto gli esempi che ho fatto? Perché sono esempi che parlano direttamente alla pancia e alla tasca degli elettori e su quei principi non c'è mediazione. Qualcuno avrebbe potuto dirmi: sì, però, la castrazione chimica rischia di essere incostituzionale; intanto, il Ministro dell'Interno la cita un giorno sì e l'altro pure e, quindi, probabilmente di qui a qualche tempo anche gli orientamenti potrebbero prendere un altro verso, anche dal punto di vista costituzionale, ma, in secondo luogo, siccome c'è scritto che bisogna raccogliere 200 mila firme, dopodiché c'è la pronuncia della Corte costituzionale, la cosa che io dico è: se c'è un “firmificio” rodato, una fabbrica delle firme rodata, che funziona a pieno titolo, un po' come la casa di carta, con le rotative accese 24 ore al giorno a stampar soldi, se la macchina delle firme, se la Zecca delle firme funziona a pieno regime e io parto con una raccolta firme su un tema come questo, che fa leva sull'indignazione popolare, io di firme, in tre giorni, ne raccolgo un milione. E, allora, quando arriva il vaglio della Corte costituzionale che mi dice che magari la castrazione chimica non si può fare? E, soprattutto, che cos'è che non si può fare? Non si può fare una norma che sia, per esempio, retroattiva? Mah, non lo so, andiamo a vedere quello che si sta facendo, per esempio, sui vitalizi. Fino a qualche tempo fa, nessuno avrebbe mai pensato che si sarebbe mai potuto fare quello che è stato fatto dagli Uffici di Presidenza sul calcolo retroattivo dei vitalizi. Eppure, lo si è fatto.
Ora la Corte costituzionale su questo non si pronuncerà; ma su tante altre cose ormai c'è la presunzione che i pensionati che sono andati in pensione - non parlamentari, pensionati veri - col metodo retributivo siano dei ladri, delle persone che stanno rubando qualcosa alla collettività. Quelli sono andati in pensione secondo le regole della legge, la legge approvata da questo Parlamento sovrano; eppure c'è qualcuno che teorizza che quelle rendite siano le pensioni d'oro, siano un furto, siano un danno, e tratta questi pensionati da criminali. Allora vale tutto: non ci sono più principi fondativi. Per questo forse la Corte costituzionale è l'unico organo che su certi paletti può tenere fermo il punto, non altri organi terzi e non l'opinione pubblica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI(PD). Il dibattito su questi emendamenti che ripongono il problema dei princìpi finisce sempre sull'organo terzo, perché il punto chiave è chi li individua. Ora, la soluzione migliore è la Corte di cassazione. Perché la soluzione migliore è la Corte di cassazione? Perché lo fa già per l'abrogativo, e perché la Corte costituzionale fa già il suo lavoro sull'esame preventivo.
Perché i gruppi, alcuni gruppi di opposizione hanno presentato due varianti, una con la Corte costituzionale e l'alta con la Cassazione? Perché la relatrice ci ha detto che scrivere “Corte di cassazione” in Costituzione, che fin qui non compare, sarebbe un po' una forzatura; e allora noi abbiamo presentato due alternative. Se preferiamo averlo scritto chiaro qual è l'organo terzo, perché… Noi siamo contenti che la relatrice abbia inserito il principio, però c'è il dubbio che poi, quando si va a scrivere la legge di attuazione, possa essere scelto un organo terzo meno prestigioso e meno indipendente della Corte di cassazione e della Corte costituzionale.
Allora il problema è questo: se ci dite che non si può scrivere “Cassazione”, ci obbligate a chiedere di scrivere “Corte costituzionale”; però preferiremmo che la mitica espressione “Corte di cassazione” potesse essere scritta, perché, visto che questa volta noi sulla legge istitutiva abbiamo costituzionalizzato vari punti, abbiamo creato un figurino della legge istitutiva nel testo, tanto vale farlo fino in fondo e scriverci la mitica parola “Cassazione”.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO(FI). Presidente, nel sostegno convinto che diamo a questo emendamento, credo che non si possano far cadere nel vuoto le parole del collega Borghi; e desidero che rimanga a verbale, perché mi sono sentita tirata in causa, che in nessuno dei miei interventi mi permetto mai di fare ironia sui dibattiti all'interno degli altri partiti. Semplicemente in ogni intervento mi preme sottolineare che l'apporto del Partito Democratico è fondamentale affinché questa legge poi possa essere sottoposta al vaglio veramente dei cittadini e quindi a referendum, che curiosamente spaventa, come ha detto lo stesso collega Borghi, sulla TAV ma anche su questo provvedimento. Non ci appelliamo alla Lega perché, al netto del fatto che i banchi sono vuoti, è chiaro che lo appoggeranno, perché abbiamo capito che uno dà uno, uno dà l'altro, e quindi questo è un compromesso; però ci rivolgiamo a voi: non vorremmo che votaste ora in astensione, e poi magari le ultime due sedute vi spostaste su un voto favorevole e impediste il confronto di questa legge veramente con il popolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giorgis. Ne ha facoltà.
ANDREA GIORGIS(PD). Presidente, noi voteremo a favore di questo emendamento, e voteremo tutti in maniera convinta a favore di questo emendamento, pur avendo tutti, in Commissione e in Aula, sostenuto e votato a favore dell'emendamento 1.43 Giorgis, quello che ieri abbiamo discusso e che ho illustrato, il quale cercava, come oramai sarà noto, di configurare in maniera del tutto diversa questo istituto.
Perché sottolineo questo nostro atteggiamento, che può apparire a qualche collega forse non del tutto comprensibile? Per la semplice ragione che il Partito Democratico è convinto della necessità di illustrare, di mettere ben in luce i rischi e le contraddizioni che sono presenti in questo disegno di legge, e al tempo stesso il Partito Democratico è convinto che sia necessario in questa sede non demordere dall'avanzare considerazioni, a volte di dettaglio, a volte subordinate, mettendo anche in chiaro quelle che sono le contraddizioni di un tentativo di contenere, di ricondurre in qualche misura a ragionevolezza la proposta.
E quindi nel corso del dibattito abbiamo presentato molti emendamenti che si muovono anche in un'altra prospettiva: quella di ridurre gli effetti che si potrebbero determinare se non riuscissimo a convincere i promotori della necessità di cambiare completamente prospettiva.
ANDREA GIORGIS(PD). Concludo, Presidente, dicendo che mi colpisce che ci sia più preoccupazione del mettere in luce quelle che sono le nostre considerazioni di merito, piuttosto che invece dell'impegnare quest'Aula nel maturare una consapevolezza diffusa sulla necessità appunto che questo disegno di legge venga radicalmente riconsiderato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Speranza. Ne ha facoltà.
ROBERTO SPERANZA(LEU). Questo emendamento, come il precedente e come quelli che seguono, ci consentono di provare ad entrare nel merito di uno dei punti fondamentali su cui abbiamo già discusso in Commissione, su cui è utile che tutta l'Aula provi a ragionare con il massimo di attenzione proprio perché la materia è di natura costituzionale.
Siamo, io penso, alla questione di fondo: nel momento in cui dopo la raccolta di firme il Parlamento decide non di ignorare la richiesta che arriva dai proponenti, ma di farsi carico di quella richiesta e di predisporre ed approvare un testo, siamo ad un momento decisivo della dinamica che questa proposta in qualche modo innesca. Perché ci sono due testi: c'è un testo su cui sono state raccolte le firme da parte dei proponenti, e c'è un testo che viene approvato dalla Camera e dal Senato, e quindi è pienamente immerso nella dinamica della sovranità popolare, che si esprime attraverso le elezioni politiche e attraverso l'elezione del Parlamento.
Ora, c'è un rischio che questi due testi vadano in qualche modo ad uno scontro, ed è un rischio che voi avete secondo me positivamente risolto togliendo dal tavolo il ballottaggio. Però resta un punto: chi decide, chi determina una valutazione che consente di dire che il Parlamento ha assunto i principi fondamentali portati dalla proposta iniziale dei proponenti? Guardate, questa scelta non è fatto secondario, ma è fatto, io credo, politico e istituzionale di natura prioritaria.
Per stare alle argomentazioni del professor Ceccanti, con cui c'è stato anche un lungo scambio nel lavoro della Commissione, è evidente che la Corte costituzionale è l'organismo probabilmente più importante. Io voglio interloquire anche col professor Ceccanti: il mio primo emendamento è stato sul ruolo della Corte costituzionale. Perché? Perché io ritengo che se c'è da giudicare un testo approvato dal Parlamento, io penso che questo giudizio possa essere svolto solo da un organismo che ha altissima valenza costituzionale, ed è esattamente la Corte; cioè noi qui stiamo parlando di qualcuno che si deve sedere e deve valutare una legge espressa dal Parlamento: il giudizio su una legge espressa dal Parlamento non è cosa che si può lasciare ad organismi di natura secondaria. Questo ha portato me a dire in prima istanza: proviamo ad attribuire questo compito alla Corte costituzionale.
C'è una subordinata, per me è e resta una subordinata, e ho provato a spiegare perché è una subordinata, ma è una subordinata che ha un senso: l'ufficio centrale della Corte di cassazione; e le argomentazioni portate dal professor Ceccanti hanno senso, perché è evidente che ci sarebbe anche una continuità con la disciplina dell'articolo 75 della Costituzione in materia di referendum abrogativo.
Quindi per me l'ideale è e resterebbe la Corte costituzionale; può essere un'ottima subordinata anche la Corte di cassazione; quello su cui chiedo però alla relatrice di fare uno sforzo, tra l'altro in linea con uno sforzo che è stato già fatto su altri punti, è di esplicitarla, questa cosa: perché nel testo approvato dalla Commissione e nel testo base voi attribuivate sostanzialmente il compito di un giudizio addirittura al comitato dei promotori.
Era una scelta sbagliatissima, profondamente sbagliata e, secondo me, aveva addirittura un elemento di offesa rispetto al Parlamento, perché io ho molto rispetto per dei cittadini che si organizzano e raccolgono le firme, ma che siano poi quei cittadini a dover giudicare se una legge è appropriata rispetto ai loro , mi sembra sinceramente fuori da ogni limite.
Allora, siccome ritengo che si sia fatto un lavoro importante e che i rischi più grandi che c'erano sono stati in qualche modo assunti dalla relatrice, io chiederei, con spirito costruttivo - che credo abbiamo dimostrato in tutti i passaggi parlamentari - di fare un ulteriore sforzo e, cioè, di esplicitare chi è quell'organismo terzo che si assume la responsabilità di quel giudizio. Lo ribadisco: per me la Corte costituzionale è l'ipotesi più credibile perché è all'altezza della forza del Parlamento, che è chiamato in giudizio da quella decisione. Non si vuole scegliere la Corte costituzionale? Capisco e va bene anche la Cassazione, ma lo si metta subito per iscritto senza lasciare alcuna ombra e alcun dubbio sul procedimento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà. Prendo atto che l'onorevole D'Ettore rinuncia al suo intervento .
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.56 Sisto, con il parere contrario della Commissione, con il parere favorevole del relatore di minoranza, onorevole Ceccanti, mentre il Governo si rimette all'Aula.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Interrompiamo, a questo punto, l'esame del provvedimento che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 10,30.
PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare per la semplificazione ha proceduto in data odierna alla propria costituzione.
Sono risultati eletti: presidente il deputato Nicola Stumpo; vicepresidenti il deputato Cosimo Adelizzi e il senatore Mino Taricco; segretari il senatore Pietro Pisani e il deputato Daniele Moschioni.
PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha proceduto in data odierna alla propria costituzione.
Sono risultati eletti: presidente la deputata Emanuela Corda; vicepresidenti i deputati Carlo Piastra e Davide Gariglio; segretari i senatori Sonia Fregolent e Antonio Saccone.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15 per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata e, a partire dalle ore 16, per le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per gli Affari europei e il Ministro per i Beni e le attività culturali.
Invito gli oratori a un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Caiata n. 3-00453. Il deputato Catello Vitello ha facoltà di illustrare l'interrogazione Caiata n. 3-00453, che ha sottoscritto in data odierna.
CATELLO VITIELLO(MISTO-MAIE-SI). Grazie, Presidente. Mi chiamo Vitiello e non Vitello.
A beneficio dell'Aula brevemente, onorevole Ministro, per dire che questa interrogazione, fortemente voluta dal collega Caiata e da tutto il gruppo di Sogno Italia, parte da queste premesse. Nel mese di settembre 2018, con una sentenza del tribunale di Catania, sono stati posti sotto sequestro beni appartenenti a Mario Ciancio Sanfilippo, editore de , uno storico quotidiano di Puglia e Basilicata con una storia alle spalle di 130 anni. La situazione finanziaria della testata, inserita nel contesto di un'editoria in grave crisi, aveva già causato il ricorso a prepensionamenti e ammortizzatori sociali per i lavoratori ed è stata aggravata dall'inchiesta giudiziaria. In questi mesi i giornalisti e i poligrafici hanno percepito solo lo stipendio di novembre 2018 e non riescono ad avere informazioni dagli amministratori giudiziari sul loro destino e sulle mancate spettanze.
Per questi motivi ci chiediamo e le chiediamo quali iniziative prenderà per salvaguardare e tutelare innanzitutto i lavoratori coinvolti anche attraverso un piano industriale al fine di rilanciare che offre un servizio fondamentale soprattutto per le regioni del Sud del nostro Paese.
PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, ha facoltà di rispondere.
LUIGI DI MAIO,. Grazie, Presidente. Deputate e deputati, il 20 settembre 2018 il tribunale di prevenzione di Catania ha disposto, con decreto n. 133/2018, il sequestro e la confisca di gran parte dell'asse patrimoniale dell'editore, al quale sono riconducibili le testate giornalistiche di proprietà dello stesso. I capi d'accusa sono molto gravi; si tratta di concorso esterno in associazione mafiosa. È, quindi, doveroso che la magistratura continui le proprie indagini per acclarare la verità dei fatti. Quale Ministro del Lavoro ho interesse a evitare che questi fatti possano avere delle ricadute occupazionali sui lavoratori delle aziende interessate. Tra i beni oggetto del provvedimento di confisca vi sono, infatti, più società ricollocabili al mondo dell'editoria, fra cui nonché edita dalla Edisud Spa. Il 25 ottobre 2018 gli amministratori giudiziari hanno depositato una relazione dalla quale si evince che il gruppo industriale, oggetto di confisca, risulta fortemente compromesso a causa di un indebitamento strutturale di tutte le società. Per Edisud gli amministratori giudiziari sono riusciti a garantire la continuità della gestione, anche se gli stessi non escludono l'opzione di vendita dei pacchetti azionari a fronte del perpetuarsi di perdite di bilancio.
Per quanto riguarda il quotidiano , la situazione debitoria è certamente meno rilevante rispetto alla Edisud e gli amministratori del tribunale sono riusciti a mantenere la continuità aziendale e la pubblicazione senza soluzione di continuità della testata giornalistica. Il Ministero del Lavoro ha richiesto alla direzione territoriale del lavoro della regione siciliana lo svolgimento di appositi accertamenti relativi agli ammortizzatori sociali disposti in favore dei lavoratori giornalisti occupati presso le sedi siciliane.
Dalle interlocuzioni intercorse con l'ispettorato siciliano è emerso che, con riferimento al periodo compreso tra il 30 luglio 2017 e il 29 gennaio 2018, la società ha posto in prepensionamento 12 lavoratori con la qualifica di giornalisti. Lo scorso 12 dicembre la società ha inoltre presentato all'Istituto nazionale previdenza dei giornalisti italiani, l'INPGI, l'apposita istanza di ripianamento del debito contributivo con rateizzo, provvedendo al pagamento di un importo pari a 173 mila euro.
Per quanto riguarda, invece, gli ammortizzatori sociali disposti in favore dei lavoratori dell'Edisud società editrice , rappresento che in favore della società è stato emanato il decreto direttoriale n. 102211 del 22 ottobre 2018 con il quale è stata autorizzata la corresponsione del trattamento di integrazione salariale per il periodo compreso tra il 23 settembre 2018 e il 30 aprile 2019 in favore di 67 lavoratori impiegati presso l'unità di Bari. La società ha beneficiato, inoltre, del trattamento di integrazione salariale per l'organizzazione aziendale per il periodo compreso tra il 31 luglio 2017 e il 30 luglio 2018. La vicenda è nota al Ministero, tant'è che nella giornata di ieri è pervenuta, da parte dell'UGL Chimici una richiesta di incontro con la proprietà per una valutazione congiunta in merito allo scenario che si è venuto a creare a seguito del provvedimento di confisca in questione. Per quanto di competenza dei miei Ministeri, posso quindi garantire la mia disponibilità a fornire ogni utile supporto mediante l'utilizzo degli strumenti disponibili a legislazione vigente per evitare situazioni di crisi occupazionale .
PRESIDENTE. Il deputato Catello Vitiello ha facoltà di replicare.
CATELLO VITIELLO(MISTO-MAIE-SI). Grazie, Presidente. Onorevole Ministro, io naturalmente esprimo solo una parziale soddisfazione rispetto a quello che ci ha testé indicato perché sono cose che naturalmente già conoscevamo. Rispetto alle sue garanzie, naturalmente poniamo la massima fiducia in queste garanzie, nella speranza che l'editoria del Sud possa salvarsi per quanto riguarda il caso de Però l'occasione mi è ghiotta per rappresentarle quanto segue: la manovra del Governo sull'editoria, secondo me, proprio in questa precisa fattispecie, è emblematica di quello che non farà per l'editoria. Le dico questo, Ministro, io sono fortemente critico nei confronti di questa manovra sull'editoria, perché annichilisce le risorse, a volte soltanto parzialmente, come è capitato per che, nella manovra finanziaria, abbiamo visto, sono state ridotte del 50 per cento; però, per quanto riguarda le testate, soprattutto i quotidiani, io le chiedo questo, Ministro: faccia mente locale su quelle che sono delle risorse fondamentali per il territorio. La pluralità dell'informazione minima è essenziale per i territori e non possiamo colpire e sparare nel mucchio per le colpe di pochi e annichilire, invece, la libertà di informazione dei più, perché questo è il problema. Allora oggi succede un problema di particolare rilevanza a domani toccherà invece alla chiusura di tanti piccoli quotidiani, come ad esempio quello della mia zona, il che è destinato a chiudere senza le risorse alle quali faceva riferimento per il passato. Ritengo che quello utilizzato sia un metodo assolutamente antidemocratico e vada rivisto proprio perché la pluralità di informazione è un servizio essenziale per i territori del centro-sud.
PRESIDENTE. Il deputato Paolo Zangrillo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00454 .
PAOLO ZANGRILLO(FI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, la scorsa settimana è stato licenziato il decreto che contiene il reddito di cittadinanza, lo strumento che voi ritenete principe per la lotta alla povertà e le politiche attive del lavoro. Si avvierà il 1° di aprile. Direi che avete un po' di cosucce da fare nei prossimi sessanta giorni, ne elenco alcune. In primo luogo, definire, acquistare e implementare la piattaforma informatica e il relativo che dovrà far dialogare i diversi soggetti che sono coinvolti nella realizzazione del reddito di cittadinanza: centri per l'impiego, Poste, INPS, Guardia di finanza, le imprese. In secondo luogo, dovete formare il personale all'utilizzo di questa piattaforma. In terzo luogo, apprendiamo che dovete assumere altri 4 mila addetti per strutturare i centri per l'impiego. E poi ci sono i : il professor Parisi, docente italo-americano del Mississippi, che sarà dal 1° febbraio Presidente di Anpal, ci ha confermato ieri in Commissione che ne verranno assunti 6 mila e li ha definiti come delle specie di State costruendo un Paese meraviglioso: gli nei centri per l'impiego e Lino Banfi all'UNESCO. Ecco, signor Ministro, tutto questo in sessanta giorni. Ora, lei ha origini partenopee, ma non mi sembra che abbia sembianze di San Gennaro, ci spiega quale miracolo farà per realizzare tutto questo in sessanta giorni ?
PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, ha facoltà di rispondere.
LUIGI DI MAIO,. Ci tengo a ribadire, prima di tutto, che la legge di bilancio 2019 rappresenta un motivo di grande orgoglio per il Governo da me oggi rappresentato qui in Aula. Per la prima volta, infatti, hanno trovato ingresso nel nostro Paese importanti riforme, che garantiranno delle condizioni di vita dignitose alle persone in cerca di occupazione.
In particolare, con l'istituzione del reddito di cittadinanza, l'Italia non solo si candida a recuperare il che la separa dalle altre democrazie europee, dove da tempo sono state introdotte delle forme di reddito minimo garantito, ma garantirà il perseguimento di un duplice obiettivo: verrà, infatti, assicurato un livello minimo di sussistenza e, nel contempo, incentivata la crescita personale e professionale del cittadino, attraverso un percorso formativo che verrà elaborato dai centri per l'impiego, centri di formazione, aziende.
Il reddito di cittadinanza poggia su tre aspetti cardine: formazione, riqualificazione e reinserimento. I soggetti destinatari della misura, attraverso la partecipazione di appositi percorsi di formazione consoni alle proprie attitudini personali e professionali, verranno responsabilizzati nell'accettare l'offerta di lavoro proveniente dai centri per l'impiego o dalle aziende o dalle agenzie private.
Nel testo del decreto-legge di prossima pubblicazione si prevede che l'erogazione del beneficio sia condizionata alla sottoscrizione di un patto per il lavoro e di un patto per l'inclusione sociale, a seconda dei requisiti dei componenti il nucleo familiare.
Sono, altresì, definiti obblighi, flussi e tempistica di accesso ai servizi di politica attiva del lavoro presso centri per l'impiego, agenzie private e aziende per i beneficiari del reddito di cittadinanza.
Coloro che cercano lavoro e intendono servirsi dell'assistenza dei centri per l'impiego sono tenuti a compilare la dichiarazione di immediata disponibilità, anche online sul portale dell'Agenzia nazionale per le politiche attive, e sono successivamente chiamati a confermare questa dichiarazione presso il centro per l'impiego di riferimento, sottoscrivendo il patto di servizio entro sessanta giorni.
In ordine all'effettivo reinserimento nel mercato del lavoro e alla previsione di occupabilità dei beneficiari del reddito di cittadinanza, si rappresenta che l'Anpal attuerà, al fine di una reale convergenza tra domanda e offerta di lavoro, queste seguenti azioni: realizzazione della piattaforma per l'intermediazione tra domanda e offerta, che consentirà il caricamento e la gestione dei da parte dei richiedenti e delle offerte di lavoro da parte delle aziende; realizzazione del fascicolo elettronico del lavoratore; predisposizione dei meccanismi e algoritmi per l'identificazione dell'offerta congrua di lavoro; in collaborazione con Unioncamere, un'indagine sui fabbisogni di personale delle imprese su base trimestrale; la creazione del sistema informativo della formazione professionale; in accordo con le regioni e province autonome, definizione delle regole per l'aggiornamento del repertorio delle misure di politica attiva del lavoro e delle modalità che potranno consentire l'utilizzo di questo repertorio.
Ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è responsabile del monitoraggio e dell'attuazione del reddito di cittadinanza e predispone, sulla base delle informazioni rilevate sulle piattaforme di cui all'articolo 6 nonché delle altre informazioni disponibili in materia, il rapporto annuale sull'attuazione del reddito di cittadinanza.
Infine, preciso che, al fine di stabilizzare il personale a tempo determinato di Anpal, l'agenzia è autorizzata, mediante l'espletamento di procedure concorsuali riservate per titoli ed esami, entro i limiti di spesa di un milione, a stabilizzare in contratti di lavoro a tempo indeterminato le persone a decorrere dall'anno 2019.
PRESIDENTE. Il deputato Paolo Zangrillo ha facoltà di replicare.
PAOLO ZANGRILLO(FI). Ministro, io sono profondamente deluso dalla sua risposta. Sono profondamente deluso perché, vede, noi stiamo parlando di due priorità per il nostro Paese, priorità con la “P” maiuscola: stiamo parlando di lavoro e stiamo parlando di lotta alla povertà.
Ecco, di fronte a questo, continuare a reiterare una narrazione che è soltanto fantasia è un'offesa per gli italiani, non solo per quelli che stanno in povertà, ma anche per tutti gli altri italiani, perché i soldi con i quali voi finanziate questa iniziativa sono soldi degli italiani. Vede, lei lo sa che questa che sta raccontando è una bugia, perché è lei che ha voluto verificare dove effettivamente esiste un sistema di centri per l'impiego che funziona: è in Germania. Le do due numeri: in Germania ci sono 2500 agenzie per il lavoro, in Italia 500; 110 mila persone impiegate in Germania e in Italia 8 mila; 90 per cento di scolarità in laurea in Germania, 11 per cento in Italia. Un sistema informativo in Germania che è stato costruito con anni di lavoro e di investimenti: questo significa fare le cose seriamente .
E poi avete fatto una cosa meravigliosa: a luglio, col decreto dignità, lei, signor Ministro, che ama definire i nostri imprenditori ‘prenditori', li ha puniti, perché li ha accusati di essere colpevoli di creare precariato. Bene, gli li assumerete col co.co.co. e quindi con lo strumento più precario del mondo del lavoro . Vi dovete vergognare! Vi dovete vergognare perché questo non si chiama reddito di cittadinanza, questa è una mancia elettorale prima delle elezioni, questo si chiama voto di scambio .
PRESIDENTE. La deputata Gribaudo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00455 .
CHIARA GRIBAUDO(PD). La ringrazio, Presidente. Ministro Di Maio, nel 2018 in Italia sono cresciute le morti bianche, gli infortuni e le malattie professionali, eppure nell'ultima legge di bilancio lei si è vantato di aver tagliato un miliardo e mezzo alla sicurezza sul lavoro, togliendo soldi ai piani per la prevenzione e la sicurezza, per poter tagliare le tariffe INAIL alle aziende. Non solo: i sindacati e gli avvocati del lavoro sono in allarme perché, senza discussione in Parlamento, voi avete modificato il testo unico per la sicurezza sul lavoro, avete ridotto i risarcimenti per i lavoratori infortunati e avete dato ai giudici una discrezionalità totale per premiare i datori di lavoro responsabili degli infortuni. Ministro Di Maio, con oltre mezzo milione di incidenti all'anno, come vi è venuta in mente un'idea del genere ? Negli ultimi tre giorni, signor Ministro, ci sono stati quattro incidenti mortali sul posto di lavoro e allora le chiedo, per favore, di mettere da parte la sua propaganda e di correggere quello che avete fatto nella vergognosa legge di bilancio per tutelare i lavoratori .
PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, ha facoltà di rispondere.
LUIGI DI MAIO,. Ci tengo prima di tutto a precisare una cosa perché è un tema che ho molto a cuore. Con l'ultima legge di bilancio il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro è stato innalzato da 3.400.000 euro a 4.479.000 euro. Tengo anche a dire un'altra cosa: uno dei primi interventi che ho fatto qui in Aula da Ministro del lavoro è stato proprio sugli infortuni e sulle morti bianche. Avevo promesso di aumentare l'organico dell'Ispettorato nazionale del lavoro che aumenta di 930 ispettori e 20 dirigenti.
A questo si aggiunge la terza cosa: io sono orgoglioso di poter firmare il decreto ministeriale per abbassare i premi INAIL alle imprese italiane, perché quei premi erano calcolati sulle morti sul lavoro del 1995 e non erano mai stati aggiornati. Non si tratta di togliere soldi alle persone che hanno diritto ai risarcimenti per infortuni sul lavoro ma si tratta di applicare tariffe giuste agli imprenditori a cui ovviamente va tutta la mia sensibilizzazione, come ai dipendenti, per quanto riguarda la prevenzione che significa formazione dei lavoratori e degli imprenditori e significa più controlli per quanto riguarda le ispezioni sul luogo di lavoro per evitare che non siano a norma le strumentazioni. Ed è per questo che abbiamo implementato l'organico dell'Ispettorato nazionale ed è anche per questo che sono orgoglioso di aver nominato a capo dell'Ispettorato nazionale del lavoro un generale dei carabinieri, il generale Alestra, che sta portando a casa anche degli importanti risultati per quanto riguarda il caporalato, che coinvolgono a volte anche esponenti dei sindacati e dello stesso Ispettorato nazionale del lavoro .
PRESIDENTE. Il deputato Zan, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.
ALESSANDRO ZAN(PD). Grazie, Presidente. Ministro Di Maio, la sua risposta è drammaticamente inadeguata rispetto alla gravità della situazione. A parte non aver risposto a nessuna delle questioni che le abbiamo posto qui in Aula, ma lei ha presente cosa è accaduto nel 2018? Stiamo parlando di più di mille morti sul lavoro - ripeto: più di mille morti - vale a dire più di tre morti al giorno. Sono numeri da guerra: un vero e proprio massacro e lei cosa fa? Taglia i soldi all'INAIL, taglia i soldi per la prevenzione. Sono aumentate le malattie sul lavoro, sono aumentati gli infortuni e lei dà queste risposte assolutamente pacifiche. Forse, anziché parlare continuamente di sicurezza da parte del suo Governo, lei dovrebbe parlare di sicurezza sul lavoro perché questi dati sono davvero impressionanti. Dunque le chiedo, Ministro, faccia il Ministro del Lavoro, anziché aprire contenziosi diplomatici in tutta Europa tra l'altro mettendo a repentaglio la gloriosa storia di politica estera di questo Paese. Faccia il Ministro del Lavoro: si occupi appunto della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici italiane. Voi avete tagliato in tre anni un miliardo e mezzo di euro ma soprattutto - e la cosa è ancora più meschina dei condoni, Ministro - avete ridotto pesantemente gli indennizzi sulle vittime del lavoro.
E questa è una cosa vergognosa perché, per il primo articolo della nostra Costituzione, il nostro Paese si fonda sul lavoro e sulla dignità del lavoro. Dunque, tornate sui vostri passi e date una risposta urgente a tutti i lavoratori italiani che voi avete dolorosamente abbandonato
PRESIDENTE. Il deputato Butti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lollobrigida ed altri n. 3-00456 di cui è cofirmatario.
ALESSIO BUTTI(FDI). Grazie, Presidente. Ministro Di Maio, il decreto votato in Consiglio dei ministri il 18 gennaio è tuttora privo di bollinatura da parte della Ragioneria dello Stato, non è ancora stato pubblicato in e soprattutto è stato presentato da un documento che noi definiremo omertoso della Presidenza del Consiglio dei ministri. È un decreto avvolto nel mistero. Speravamo di capire qualcosa in più dalla kermesse dei Cinquestelle convocata proprio ieri per presentare il reddito di cittadinanza ma avete preferito presentare un comico, Lino Banfi, quale rappresentante italiano all'UNESCO, confermando quindi la vostra sensibilità nell'applicare la comicità alla politica: dopo Beppe Grillo, dopo una serie di interventi, questa è una perla interessante.
La domanda di Fratelli d'Italia è facile e non ammette equivoci, Ministro Di Maio: quanti tra i beneficiari del reddito di cittadinanza siano immigrati e nomadi non italiani e soprattutto perché il Governo ritenga di non riservare il reddito esclusivamente agli italiani bisognosi, come continuate a promettere nei salotti tv e come avete promesso in campagna elettorale
PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, ha facoltà di rispondere.
LUIGI DI MAIO,. Grazie, collega. Il reddito di cittadinanza è una misura di politica attiva del lavoro di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza, come ho avuto più volte modo di ripetere. Sarà erogato nel rispetto dei requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno. Per evitare comportamenti opportunistici e assicurare che la misura vada a beneficio di cittadini italiani o di persone che abbiano un certo radicamento e vivono stabilmente nel nostro Paese, ai quali vengono indirizzati, oltre al beneficio economico, anche gli interventi di politica attiva del lavoro e/o di inclusione sociale, il Governo ha disposto, quale ulteriore requisito, la residenza in Italia per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due considerati al momento della presentazione della domanda in modo continuativo. Sono paletti molto stringenti perché il reddito di cittadinanza è stato concepito e resta una misura rivolta ai cittadini italiani. In aggiunta, mi preme rassicurare che la misura, come delineata, non esclude dal beneficio i soggetti senza dimora - è tra le domande dell'interrogante - considerato infatti che l'iscrizione all'anagrafe costituisce nel nostro ordinamento un diritto soggettivo oltre che strumento di accesso anche alle prestazioni sociali, assistenziali e sanitarie nonché alle politiche del lavoro ma erogarlo ai senza fissa dimora serve ad andare incontro alle migliaia di italiani sfrattati e senza reddito che vivono per strada o in un'automobile a causa di decenni di
Tuttavia, bisogna ricordare l'impianto sanzionatorio che costituisce un elemento fondamentale del decreto. L'articolo 7 dispone la reclusione da due a sei anni nei casi in cui vengano rese o utilizzate dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere ovvero vengano omesse informazioni dovute. È prevista inoltre la reclusione da uno a tre anni nei casi in cui si ometta la comunicazione delle variazioni del reddito e del patrimonio, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca della riduzione del beneficio. In presenza di condanna in via definitiva per i reati sopra citati consegue l'immediata revoca del beneficio, con efficacia retroattiva e il beneficiario è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito. È prevista, infine, la decadenza dal beneficio quando vengono meno alcune condizioni riguardanti gli adempimenti utili per accedere al reddito: tra essi, la mancata dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, la mancata partecipazione alle iniziative di carattere formativo, di riqualificazione e di altre iniziative di politica attiva, il rifiuto di una delle tre offerte di lavoro congrue, il rifiuto di esibire la documentazione richiesta durante i controlli. Chi entra nel programma del reddito accetta quindi di rendere la sua situazione economica e patrimoniale pienamente trasparente nel rispetto di tutta la comunità. La serietà con cui abbiamo costruito questo provvedimento rappresenta la volontà di questo Governo di attuare al meglio la misura del reddito di cittadinanza, aiutando e tutelando le persone che vivono in stato di povertà e colpendo chi, in qualche modo, possa sfruttare questo beneficio senza possederne i requisiti, nell'ambito delle normative previste anche a livello europeo. È un primo passo verso un mondo più egualitario e siamo sempre più convinti che essere parte di questo cambiamento sia, oltre che giusto, anche doveroso .
PRESIDENTE. Il deputato Butti ha facoltà di replicare.
ALESSIO BUTTI(FDI). Presidente, ho preso anche qualche appunto, perché avevamo qualche sospetto e ora, invece, abbiamo una certezza. Siete partiti garantendo 17 miliardi e mezzo per 10 milioni di italiani, siete arrivati a garantirne meno di un terzo per meno della metà della platea e oggi scopriamo che la platea è infarcita di immigrati, di nomadi che possono anche delinquere e di abusivi a vario titolo. Ponete l'ISEE come presupposto tecnico per l'attuazione di questo provvedimento, quando sapete che il 60 per cento delle dichiarazioni ISEE sono false, e questa è notizia recente. I casi sono due, signor Ministro: o lei ha mentito, promettendo denaro pubblico solo agli italiani, recentemente anche in televisione, oppure, come direbbe lei, mannaggia la manina, signor Ministro, le hanno nuovamente manomesso il decreto.
Lei si deve svegliare quando vota qualcosa. Fratelli d'Italia ritiene che la misura debba essere riservata, come promesso, agli italiani; ritiene che i poveri veri debbano essere messi nella condizione di lavorare, e quindi dovete creare opportunità di lavoro, e noi saremo, in questo caso, al vostro fianco. L'assistenza va riservata ai nostri disabili, ai nostri anziani, ai minori, cioè a quelle categorie che non possono, per mille motivi, lavorare. Vanno garantite le famiglie con bambini. Voi non avete abolito la povertà, non avete aumentato i posti di lavoro; pensate solo al consenso facile, a scapito degli italiani e del loro futuro.
Costruiamo insieme, questa è la sfida di Fratelli d'Italia, un provvedimento che veramente affronti la povertà, e Fratelli d'Italia ci sarà. Fratelli d'Italia condurrà una battaglia parlamentare serratissima sui contenuti per difendere gli italiani meno fortunati; e, se non riusciremo a dare voce alle nostre imprese, agli anziani, ai disabili, ai poveri veri, ai figli di una crisi irrisolvibile, che ancora non riuscite a risolvere, raccoglieremo le firme per un referendum abrogativo . Noi pensiamo agli italiani, Fratelli d'Italia è schierata con gli ultimi. Meno parole e più fatti !
PRESIDENTE. La deputata Occhionero ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00457 .
GIUSEPPINA OCCHIONERO(LEU). Grazie, Presidente. Il 15 gennaio la Camera dei Comuni ha respinto l'accordo raggiunto il 13 novembre tra il Regno Unito e l'Unione Europea, e ciò renderà molto probabile che il 29 marzo ci sarà un'uscita del Regno Unito dall'Unione europea senza intesa. Ciò comporterà chiaramente la decadenza di tutti gli accordi che il Regno Unito ha adottato insieme agli altri Paesi dell'Unione Europa, tra cui l'Italia, e ricordiamo che il Regno Unito è il quinto importatore al mondo dei beni italiani e che sul territorio del Regno Unito risiedono ben oltre 600 mila italiani, che così, con una Brexit senza accordo, perderebbero lo di cittadini comunitari, con tutti i vantaggi che ne derivano, e, in particolare, rischiano di perdere la copertura socio-sanitaria.
Paesi Bassi, Germania e Francia hanno già messo in campo azioni concrete per tutelare e garantire i diritti dei propri cittadini e gli scambi commerciali con il Regno Unito. Noi chiediamo al Ministro quali azioni intenderà intraprendere il nostro Governo per affrontare un e per proteggere e tutelare i nostri cittadini, le nostre imprese e gli investitori con il Regno Unito.
PRESIDENTE. Il Ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, ha facoltà di rispondere.
PAOLO SAVONA,. Signor Presidente, onorevoli deputati, premesso che l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea è seguita anche dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, rispondo all'interrogazione sulla base delle informazioni da me raccolte.
Dal novembre 2018 fino a questi giorni, la Commissione europea ha pubblicato due comunicazioni sui preparativi in caso di e organizzato seminari settoriali per gli Stati membri, ai quali noi abbiamo partecipato.
Il Governo italiano ha avviato, sin dall'inizio del negoziato Brexit, un coordinamento permanente a Palazzo Chigi che ha seguito le fasi negoziali dell'accordo di recesso e sulla dichiarazione politica e coordinato i preparativi d'emergenza con periodiche riunioni, assicurando uno stretto raccordo con le istituzioni dell'Unione europea e gli altri Stati membri.
Nel dicembre 2018, subito dopo il rinvio del voto di ratifica nel Regno Unito che lei ha ricordato, il Governo ha pubblicato le linee di intervento in caso di emergenza, che saranno oggetto di un apposito pacchetto di misure legislative e amministrative sugli aspetti citati dagli interroganti, che riassumo nei limiti dei tre minuti consentitimi.
Sul tema della sicurezza dei diritti dei cittadini è stato condotto un costante dialogo con il Regno Unito e le associazioni di cittadini sulla necessità di garantire i loro diritti anche in caso di . Il risultato è un impegno condiviso ad offrire la messa in sicurezza dei diritti acquisiti anche in caso di recesso senza accordo.
Da parte britannica, il 6 dicembre è stato reso pubblico un documento di indirizzo che tende ad una tutela dei diritti acquisiti per tutti i cittadini dell'Unione Europea che risultino continuativamente residenti nel Paese da almeno cinque anni alla data del 29 marzo 2019. L'Italia, nel quadro delle norme europee, si impegna a proteggere lo purché i cittadini britannici siano iscritti all'anagrafe del comune di residenza. In caso di recesso senza accordo questa simmetria andrà risanata nel corso delle discussioni aperte.
In campo economico, l'obiettivo principale delle misure d'emergenza italiane in discussione…
PRESIDENTE. Concluda, Ministro.
PAOLO SAVONA,. …riguarda la tutela della stabilità finanziaria, della continuità operativa degli scambi molto importanti per il nostro Paese e dei settori bancario, finanziario e assicurativo, anche al fine di evitare rischi di liquidità e di garantire certezza delle transazioni e la promozione di un'adeguata preparazione delle imprese, nonché la gestione di emergenza relativa ad alcuni ambiti settoriali, come, ad esempio, trasporti aerei, dogane, sanità, agricoltura e altri settori in cui dovessero essere necessari interventi.
PRESIDENTE. La deputata Boldrini, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.
LAURA BOLDRINI(LEU). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro Savona, non siamo soddisfatti della sua risposta per due ragioni. La prima è che lei ha elencato una serie di iniziative che il Governo starebbe assumendo nel caso del ma tutto questo finora è avvenuto senza consultare il Parlamento.
Se non fosse stato per questa nostra interrogazione, le faccio presente che la Camera non avrebbe avuto notizia a questo riguardo su che cosa sta facendo il Governo, e proprio questo nel giorno in cui in diversi organi d'informazione si segnala il fatto che, a differenza di altri Paesi europei, dove anche il Parlamento è coinvolto, dove il Governo rende noto quello che sta facendo (Spagna, Francia, Germania), il Governo italiano tarda, tarda a predisporre un piano di emergenza nel caso dell'uscita senza intesa del Regno Unito dall'Unione europea.
La seconda ragione è che questa distrazione, questi ritardi sono il sintomo di una perdita di ruolo politico del Governo nello scenario europeo, perché l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea è un fatto grave per chi, come la sottoscritta, ha sempre creduto nel processo di integrazione politico. Ma ora Londra non riesce a superare l' e a gestire le conseguenze di quella decisione, e la Brexit, che veniva presentata come un segnale incoraggiante per tutti gli euroscettici, si sta trasformando nel suo contrario.
Nelle nostre Commissioni parlamentari, signor Ministro, ne abbiamo parlato di Brexit, magari non con lei, ma con il Ministro degli affari esteri, ma il Governo non è stato capace di esprimere una sua posizione politica e non ha avuto un ruolo da protagonista, un ruolo influente, perché pesa sulle spalle del Governo l'isolamento nel quale si è cacciato, per sua stessa decisione, con l'atteggiamento conflittuale e aggressivo verso i Paesi storicamente più vicini all'Italia e con la subalternità al gruppo di Visegrád; adesso è il turno della Francia.
E, allora, caro Ministro e signori della maggioranza, che avete tentato invano di ergervi a portavoce della protesta violenta nelle strade di Parigi, non sono meritevoli di solidarietà i giovani…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
LAURA BOLDRINI(LEU). …i giovani – e concludo, Presidente - e i lavoratori ungheresi che da settimane scendono in piazza pacificamente contro quella che hanno chiamato “la legge della schiavitù”, una legge che obbliga i lavoratori a essere pagati molto in ritardo? Ecco, questo, però, non si fa, perché a voi Orbán sta troppo a cuore .
PRESIDENTE. La deputata Giorgia Latini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Molinari ed altri n. 3-00458 di cui è cofirmataria.
GIORGIA LATINI(LEGA). Grazie, Presidente. Ministro, il Museo dell'Alto Medioevo di Roma espone, dal 1967, i reperti longobardi rinvenuti nel 1893 nella necropoli di Castel Trosino, in provincia di Ascoli Piceno, ma che sono stati rinvenuti anche a Nocera Umbra e a Cividale del Friuli, che sono comunemente conosciuti come il “Tesoro dei Longobardi”.
I reperti sono così numerosi che solo una parte di essi è stata esposta al pubblico e il resto è conservato nei depositi del museo.
La restituzione dei reperti presso i luoghi originari sarebbe un grande segnale concreto per lo sviluppo di un territorio ancora ferito dal recente sisma e che può trovare nella valorizzazione dei propri tesori storici nuova linfa vitale, nell'ottica di un rilancio turistico ed economico, quanto mai necessario per queste zone.
Quindi, si chiede quali azioni intenda intraprendere il Ministero per far tornare il “Tesoro dei Longobardi” nei luoghi di origine.
PRESIDENTE. Il Ministro per i Beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli, ha facoltà di rispondere.
ALBERTO BONISOLI,. Grazie mille, signor Presidente. Signori onorevoli, permettetemi di precisare che il “Tesoro dei Longobardi” è un complesso costituito da 34 corredi funebri di alto rango dell'enorme necropoli longobarda rinvenuta a Castel Trosino che conta 200 sepolture databili tra il VI e il VII secolo dopo Cristo.
Confermo quello che ha detto l'interrogante, quindi, che si tratta di un qualcosa trovato, in alcuni casi, già nel XVIII secolo, ma, in particolare, negli scavi sistematici condotti nel 1893 dall'allora direzione generale antichità e belle arti del Ministero della pubblica istruzione, che fu consegnato al museo di Ancona e poi al museo di Ascoli e, nel 1895, una parte di questo fu destinata al Museo nazionale romano per rappresentare anche a Roma la realtà storica ed archeologica dei Longobardi.
Questo nucleo divenne, nel 1967, parte significativa dell'allestimento del Museo nazionale dell'Alto Medioevo all'EUR, nato proprio per documentare, anche nella capitale, la realtà di Goti e Longobardi con reperti che avevano un valore culturale nazionale.
Dal 2016 questo museo è parte del Museo delle civiltà che è un museo ad autonomia speciale secondo la nuova organizzazione dei musei amministrati da questo Ministero.
Il materiale da Castel Trosino presente presso il Museo dell'Alto Medioevo è integralmente esposto, il museo è regolarmente aperto e svolge numerose iniziative didattiche di valorizzazione.
Nel 2018, fu visitato da 50.000 persone con un in crescita, oltre ad essere base di studio e di ricerca per diverse università italiane e straniere.
Nell'anno in corso, inoltre, con un progetto europeo in accordo con l'associazione Italia Langobardorum che riunisce il MIBAC e diversi comuni per la promozione del sito UNESCO “I Longobardi in Italia” e con un gemellaggio con i musei di Brescia e Spoleto, sono in programma presso questo museo mostre temporanee ed eventi.
Inoltre, vorrei poi sottolineare che una parte rilevante dei corredi di Castel Trosino è comunque esposta al museo di Ascoli e che da quindici anni si pratica, con l'accordo del Museo dell'Alto Medioevo e il museo di Ascoli, un prestito a rotazione, destinato a consentire nel tempo la visione ad Ascoli di tutto il materiale di Castel Trosino di proprietà del Museo dell'Alto Medioevo, in modo dinamico e con un'efficace sinergia tra musei centrali e musei territoriali.
È prevista la messa a disposizione in convenzione di specialisti e laboratori. Il rinnovo della convenzione a seguito della nuova denominazione del museo è stato di recente riproposto e concordato con il comune di Ascoli e se ne attendeva la definizione finale del testo per la ratifica.
Il 29 gennaio prossimo, quindi tra qualche giorno, proprio al Museo dell'Alto Medioevo sarà inaugurato e presentato alla stampa il Progetto nazionale di valorizzazione, sostenuto da Italia Langobardorum, a cui il comune di Ascoli non ha ancora deciso di aderire, e sono stati invitati tutti i sindaci delle località italiane significative per i ritrovamenti longobardi, tra cui, ovviamente, anche Ascoli Piceno.
Come si vede, la collocazione dei corredi di Castel Trosino al Museo dell'Alto Medioevo non è casuale e non risponde a logiche meramente centralistiche, ma risulta, invece, funzionale a una maggiore articolazione dei progetti di studio, valorizzazione e promozione, anche turistica, di cui il comune e il museo di Ascoli non possono che giovarsi.
PRESIDENTE. La deputata Giorgia Latini ha facoltà di replicare.
GIORGIA LATINI(LEGA). Grazie, Ministro; la ringrazio per la risposta, mi fa piacere che comunque questi ori longobardi vengano valorizzati nel Museo dell'EUR, però ribadisco l'importanza, comunque, di questa convenzione che è stata fatta, per far sì che, con la rotazione, questi tesori siano appunto riportati anche nella città di Ascoli, perché, ad oggi, Ministro, nel 2004, sono, sì, ritornati due corredi funebri, ma solamente due corredi. Noi, qui, parliamo di un vasto patrimonio culturale che comunque è stato rinvenuto, mentre, ad Ascoli, ci sono solamente questi due corredi funebri. E, nel 2014, è stato proprio inaugurato, anche nella città di Ascoli Piceno, il Museo dell'Alto Medioevo all'interno del forte Malatesta che è una struttura adeguata e dove è stata proprio indirizzata una sala apposita per l'esposizione di questo tesoro. Quindi, molti prima di me, l'allora consigliere Isopi, Ascoli Nostra e tante altre persone hanno portato avanti questa battaglia perché, comunque, vogliono che questi tesori, che fanno parte, comunque, dell'identità e della storia della comunità ascolana, siano parte integrante del tessuto della provincia e del territorio. Quindi, io spero che lei, visto che comunque tiene all'identità dei territori, si farà promotore, in prima persona, per riportare anche un'altra parte del tesoro dei Longobardi e, quindi, la ringrazio per questo. Grazie, Ministro .
PRESIDENTE. Il deputato Michele Nitti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Carbonaro ed altri n. 3-00459 di cui è cofirmatario.
MICHELE NITTI(M5S). Grazie, Presidente. Il 22 novembre 2017 è stata approvata la legge n. 175, recante disposizioni in materia di spettacolo e delega al Governo per il riordino della materia. volta a sostenere il settore dello spettacolo dal vivo. In particolare, l'articolo 2 attribuisce la delega al Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti attuativi per il riordino delle disposizioni legislative che disciplinano l'organizzazione e la gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche e degli altri settori afferenti allo spettacolo dal vivo, mediante la redazione di un testo unico denominato codice dello spettacolo. Il 27 dicembre scorso sono scaduti i termini per l'adozione dei suddetti decreti. Chiedo, pertanto, a lei, signor Ministro, quali siano le azioni che intende promuovere per accelerare massimamente i tempi per la concreta attuazione della riforma dello spettacolo, necessaria, oltre che urgente, per questo settore.
PRESIDENTE. Il Ministro per i Beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli, ha facoltà di rispondere.
ALBERTO BONISOLI,. Signor Presidente, signori onorevoli, ringrazio l'onorevole Carbonaro e gli altri onorevoli colleghi che mi permettono di riferire su un argomento che seguo con particolare attenzione, sin dagli inizi del mio insegnamento, perché penso che tutto il mondo dello spettacolo dal vivo sia fondamentale per la tutela della nostra identità culturale, per la democrazia e anche per creare delle concrete opportunità di lavoro.
Come correttamente sottolineato nell'interrogazione, il 22 novembre del 2017 era stata approvata dal Parlamento la legge n. 175; purtroppo, al momento del mio arrivo nell'amministrazione – quindi, parliamo del giugno del 2018 – non erano ancora state messe in campo iniziative concrete per l'avvio del processo di stesura di tali decreti da attuare, lo rammento, entro il dicembre del 2018. Tenete conto che questo procedimento di formulazione dei decreti risultava abbastanza complesso; innanzitutto, alcuni di questi decreti erano pluriministeriali e, altri, invece, riguardavano solamente il mio Ministero, ma, in ogni caso, serviva il parere del Consiglio superiore dello spettacolo che non era ancora stato istruito, l'intesa in sede di Conferenza unificata, il parere del Consiglio di Stato e il parere delle Commissioni parlamentari competenti. Tenuto conto che stiamo parlando dell'estate di quest'anno, e quindi con la imminente chiusura dell'attività parlamentare, ci siamo resi conto che non ce l'avremmo fatta a mantenere il termine del dicembre 2018 come termine ultimo per l'entrata in vigore di tutti i decreti delegati relativi a questa legge.
Per questa ragione, ho provveduto immediatamente all'avvio del processo di definizione di una nuova delega, che potesse garantire la razionalizzazione e la revisione di una disciplina che, come è noto, riveste un ruolo strategico per l'intero sistema culturale del nostro Paese. In sede di presentazione della Nota di aggiornamento al DEF, in Consiglio dei ministri è stata inserita la nuova delega per la codificazione del settore 3 e relativi disegni di legge collegati. Il mio Ministero, in particolare, ne ha presentate due: questa della riforma del codice dello spettacolo e la delega per la riforma del codice dei beni culturali. La seduta del Consiglio dei ministri in questo caso è stata tenuta il 12 dicembre; da questo momento la norma rimane nella dotazione del Governo, in particolare della Presidenza del Consiglio, e sarà a breve sottoposta all'attenzione di questo Parlamento.
Nello specifico, il disegno di legge delega in materia dello spettacolo si propone innanzitutto di riformare il sistema di funzionamento del Fondo unico dello spettacolo, al fine di assicurare la promozione della più ampia fruizione possibile dello spettacolo nelle sue varie forme e nelle pratiche artistiche, anche e non solamente, ma con grande attenzione alla tutela e alla valorizzazione professionale dei lavoratori dello spettacolo che in questo settore operano. In secondo luogo, l'intervento mira a revisionare la delle fondazioni lirico-sinfoniche e a rafforzare i poteri di vigilanza ministeriale…
PRESIDENTE. Deve concludere, Ministro.
ALBERTO BONISOLI,. …al fine di stimolare il raggiungimento del massimo livello di qualità artistica e della sostenibilità della relativa gestione economica e finanziaria. Da ultimo, ricordo che uno dei provvedimenti riguarderà non solamente gli altri campi dello spettacolo, quali la danza, la musica, i carnevali storici, ma anche la questione dell'eliminazione graduale degli animali dai circhi .
PRESIDENTE. La deputata Alessandra Carbonaro ha facoltà di replicare.
ALESSANDRA CARBONARO(M5S). Presidente, Ministro, grazie per la sua risposta. Possiamo ritenerci soddisfatti perché attendiamo, attendavamo questo provvedimento, che auspichiamo arrivi il prima possibile nelle Aule, nelle Commissioni, perché è un provvedimento molto importante per il nostro Paese.
Mi fa piacere che lei abbia citato una parte di questo provvedimento che sarà dedicata al lavoro nello spettacolo. In Italia noi abbiamo ereditato dei dati drammatici per quanto riguarda il lavoro nello spettacolo: abbiamo il 52,4 per cento dei lavoratori che percepisce un reddito che è al di sotto dei 5 mila euro. Credo, quindi, che sia importante lavorare nella direzione per poter garantire a chi si avvicina, a chi inizia ad entrare nel mondo delle arti, della musica, della danza, di non sentirsi scoraggiato. Noi stiamo muovendo nella direzione migliore, anche perché quest'anno avremo per la prima volta un FUS, dopo 10 anni, tra i più alti: la direzione del Governo del cambiamento è quindi quella di dedicare spazio, importanza e risorse a un settore che è strategico per il nostro Paese, perché – qui cito Lorca – un popolo senza teatro, senz'arte è un popolo morto. Quindi, noi abbiamo il dovere di lavorare in questa direzione, e credo che ci siano tutti i presupposti per poterlo fare .
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 16.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brescia, Caiata, Colletti, Colucci, D'Incà, Delmastro Delle Vedove, Frusone, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Lorefice, Lupi, Saltamartini e Sisto sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente novantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto della seduta odierna.
STEFANO CECCANTI(PD). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI(PD). Brevemente sull'ordine dei lavori, per mettere a verbale anche in Aula, dopo che in Commissione, che i gruppi di maggioranza con l'accordo di Fratelli d'Italia hanno chiesto un supplemento di analisi sulla votazione del presidente dell'ISTAT, professor Blangiardo, che è stato audito in data 5 dicembre.
Che significato hanno le audizioni? Quello di farsi un'idea. Se il 23 gennaio si chiede di rinviare su un'idea che si sarebbe dovuta maturare già il 5 dicembre, c'è il forte dubbio che dietro ci siano scambi e non idee. Mi stupisce anche che il collega Sisto, che stamane era un fiero oppositore, sia diventato un sostenitore del rinvio.
PRESIDENTE. Concluda, perché non è proprio attinente all'ordine dei lavori.
STEFANO CECCANTI(PD). Quindi confermiamo che ci opponiamo a questo modo di concepire le istituzioni parlamentari.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.
La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell' al resoconto stenografico della seduta del 17 gennaio 2019 .
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.
ALFONSO BONAFEDE,. Signor Presidente, colleghi, oggi con emozione ed orgoglio sono al vostro cospetto per illustrarvi i contenuti della Relazione annuale sull'amministrazione della giustizia: emozione, in quanto per la prima volta ho l'onore di presentare in quest'Aula la Relazione annuale; orgoglio, perché confido di dar conto dei primi importanti risultati ottenuti dal Ministero della giustizia, che rappresentano le fondamenta per una complessiva revisione del sistema giustizia, da sviluppare e portare a compimento nel corso di questa legislatura.
Vorrei evidenziare che, nel contratto di Governo del cambiamento, è stata indicata, quale stella polare per il settore giustizia, la necessità di riportare il cittadino al centro del sistema giudiziario. Tale innovativa prospettiva è stata accompagnata da una differente impostazione metodologica, incentrata sull'ascolto, sul dialogo e sulla collaborazione. La costruzione effettiva di una giustizia a misura di cittadino richiede la costante partecipazione al processo di rinnovamento da parte di tutti i soggetti che, a vario titolo, gravitano intorno all'universo giudiziario.
Adottando un criterio dialogico e dialettico, si è deciso di intraprendere un'interlocuzione trasversale che coinvolga non soltanto le diverse forze parlamentari ma anche gli operatori del diritto, magistrati, avvocati, personale amministrativo nonché i fruitori ultimi del servizio, i cittadini, al fine di dar vita a percorsi di riforma condivisi nell'ottica del perseguimento di un miglioramento complessivo del sistema giustizia.
Il settore della giustizia rappresenta uno dei pilastri fondamentali per un ordinamento giuridico che ambisca a definirsi realmente democratico e influenza in maniera decisa altri settori strategici, quali quello sociale ed economico. È per questa essenziale ragione che l'azione ministeriale deve essere incentrata su un approccio pragmatico ai problemi e alle criticità che si palesano, scevra da qualsiasi pregiudizio ideologico e finalizzata esclusivamente a garantire il benessere della comunità e dei cittadini.
Tutto ciò si declina in un confronto costruttivo con le forze di opposizione, aperto ad accogliere ogni proposta che ben si dovesse coniugare con le linee guida contenute nel contratto del Governo del cambiamento.
Ritengo, in questo primo inizio di legislatura, di aver fornito dimostrazione di tale apertura avendo, da un lato, garantito l'indispensabile continuità burocratica propria della pubblica amministrazione e, dall'altro lato, avendo dato corso, nei limiti della compatibilità politica, a procedimenti legislativi già avviati nel corso della precedente legislatura.
Il mio auspicio è che, in tal modo, possa inaugurarsi una stagione di riforme condivise e, pur nel rispetto delle differenze politiche e degli assetti parlamentari, condotte nell'esclusivo interesse del Paese, frutto di un sano confronto dialettico e non di uno scontro politico sterile e dannoso, nella responsabile consapevolezza che la giustizia sia un valore e rappresenti la principale forma di tutela per ogni cittadino che aspiri legittimamente a vedere tutelati i propri diritti.
Tanto è più necessario un intervento complessivo se consideriamo come le aspirazioni legittime dei cittadini progressivamente stiano denotando un netto arretramento.
Costosa, lenta e incapace di garantire la tutela dei diritti: è un giudizio pesante quello che gli italiani danno della giustizia nel rapporto Censis 2018. Infatti, un terzo della popolazione adulta, il 30,7 per cento, vale a dire 15,6 milioni di persone, negli ultimi due anni ha infatti rinunciato ad intraprendere un'azione giudiziaria volta a far valere un proprio diritto. È un comportamento diffuso trasversalmente in tutta la popolazione ma è più forte al Sud dove raggiunge il 37,5 per cento. Le ragioni sono diverse: per il 29,4 per cento il problema sono i costi eccessivi; il 26,5 lamenta la lunghezza dei tempi necessari per arrivare a un giudizio definitivo e il 16,2 si dice sfiduciato dalla magistratura e dal funzionamento della giustizia. Ma il comune denominatore è la costante crescita della sfiducia. Infatti, sette italiani su dieci pensano che il sistema giudiziario non sia idoneo a garantire pienamente la tutela dei diritti fondamentali dell'individuo.
Ci tengo a dire che questo dato, che è evidentemente e oggettivamente drammatico, diventa paradossale se consideriamo il livello altissimo della professionalità della nostra magistratura e della nostra avvocatura. Questo vuol dire che, laddove gli addetti ai lavori hanno dato le risposte che i cittadini richiedevano, è mancato un intervento da parte della politica nelle istituzioni per cercare di fornire una cornice e un supporto al sistema giustizia a livello infrastrutturale e strutturale in generale.
Mi accingo, allora, a illustrarvi gli aspetti principali delle innovazioni introdotte nell'anno 2018 e i profili di maggiore interesse del complessivo intervento sulla macchina amministrativa relativa al comparto giustizia, rinviandovi alla integrale lettura della esaustiva documentazione sullo stato della giustizia che ho depositato.
Il presupposto fondamentale sul quale è stata improntata l'azione amministrativa è rappresentato dalla convinzione che qualsiasi tentativo di innovazione legislativa risulterebbe inefficace in concreto se non accompagnato e sostenuto da adeguati strumenti organizzativi e dalle necessarie risorse umane e materiali.
Le somme destinate alle spese di giustizia sono state fortemente incrementate rispetto al passato, considerando che il bilancio di previsione per il 2019 nell'area giustizia prevede un importo di euro 8.582.553.608 euro, con un aumento rispetto al bilancio di previsione del precedente Governo per il 2018 di ben 324 milioni di euro.
Particolare attenzione è stata rivolta alla problematica della carenza di personale di magistratura e amministrativo. Attraverso investimenti strutturali e adeguati stanziamenti in bilancio si è dovuta fronteggiare, operando una vera e propria inversione di marcia, una condizione di grave scopertura degli organici frutto di anni di . Trattasi di investimenti non episodici ma sistematici che sono stati e saranno accompagnati, nel prossimo triennio, dalla programmazione delle future assunzioni e dalla revisione delle piante organiche, ormai in larga parte inadeguate a causa delle politiche inerziali dell'ultimo ventennio.
Un significativo impegno è stato profuso dal Ministero della giustizia nella gestione degli organici della magistratura e nel funzionamento degli uffici giudiziari, tradottosi nello studio e nell'adozione di misure finalizzate a realizzare una più efficiente distribuzione e allocazione delle sedi giudiziarie e delle risorse di organico disponibili. L'intervento inciderà sugli organici della magistratura attraverso la variazione in aumento delle piante organiche degli uffici garantendo, al contempo, il mantenimento dell'attuale percentuale di copertura degli organici effettivi.
È importante che io dica che adesso i dati che vi esporrò sono dati relativi all'intervento che è stato fatto nella legge di bilancio, il quale non poteva che essere un intervento quantitativo. Adesso inizierà il secondo , che è relativo a come tutte queste assunzioni dovranno essere dislocate sul territorio per rispondere alle esigenze e alle istanze di giustizia che sono tipiche di ogni territorio, e con quali tempi procedere, per esempio, alla graduatoria degli idonei assistenti giudiziari, realtà che è molto importante per noi e a cui vogliamo dare una risposta. Si tratta di attendere il mese di febbraio per poter fornire i dettagli sui tempi e sulle modalità con cui queste assunzioni verranno concretizzate e dislocate sul territorio.
In attuazione delle linee programmatiche dell'amministrazione della giustizia, all'interno della legge di bilancio, è stato previsto l'aumento del ruolo organico della magistratura ordinaria di complessivi 600 magistrati. Nello specifico, si è disposta la possibilità di bandire, a partire dall'anno 2019, procedure concorsuali finalizzate all'assunzione di un contingente massimo annuo di 200 magistrati ordinari per il triennio 2020-2022, nei limiti delle autorizzazioni di spesa previste nel bilancio di previsione per l'anno 2019 e per il triennio 2019-2021, pari a 90,70 milioni di euro nel triennio. Per quanto concerne la copertura degli organici, è stata condotta un'intensa attività di reclutamento attraverso l'indizione, con decreto ministeriale del 10 ottobre 2018, di un nuovo concorso a 330 posti di magistrato ordinario, che unitamente alla prossima conclusione dei precedenti concorsi garantisce la necessaria continuità nell'assunzione del personale attraverso la cadenzata e costante previsione di almeno un concorso all'anno. Al fine di consentire l'assunzione dei magistrati ordinari vincitori dei concorsi già banditi alla data di entrata in vigore della legge di bilancio, pari a 360 unità, sono state previste maggiori risorse per 84,4 milioni di euro nel triennio 2019-2021.
Inoltre, nel dar conto di quanto il Ministero della giustizia nel corso della precedente legislatura ha disposto in tema di magistratura onoraria, ovvero una procedura culminata con la nota del 27 aprile 2018, concernente la proposta di determinazione delle nuove piante organiche degli uffici del giudice di pace e degli uffici di collaborazione del procuratore della Repubblica, si sottolinea come l'intenzione di questo dicastero sia quella di riconoscere che la stessa costituisce un'imprescindibile componente - la magistratura onoraria - del sistema giustizia e si precisa che, allo stato, sono allo studio possibili iniziative volte a rendere, proprio nel confronto con gli operatori del diritto interessati, quindi con la magistratura onoraria, più efficienti ed equi gli interventi in materia.
Un'attenzione prioritaria è stata riservata al personale amministrativo che, con il proprio impegno costante e con il supporto quotidiano all'azione dei magistrati, fornisce un contributo essenziale al corretto funzionamento della macchina giudiziaria. L'intervento sul personale ha coinvolto sia l'aspetto quantitativo, sia quello qualitativo, dovendosi, al contempo, far fronte alla carenza di personale e alla necessità di fornire l'adeguato aggiornamento professionale agli operatori. Per corrispondere alle indifferibili priorità necessarie di copertura delle carenze di organico del personale amministrativo, non solo sono stati assunti i vincitori del concorso per assistenti giudiziari in numero di 800 unità, ma si è provveduto allo scorrimento della graduatoria dei candidati idonei, che ha portato all'assunzione di ulteriori 2.044 unità, le quali hanno preso possesso tra il 9 febbraio e il 19 settembre 2018, ripartiti tra gli uffici centrali e periferici dell'amministrazione giudiziaria.
Sono stati inoltre reclutati 131 funzionari giudiziari e 13 dirigenti di seconda fascia, che hanno sottoscritto il contratto individuale di lavoro il 2 ottobre scorso, oltre alle ulteriori assunzioni nell'ambito delle categorie protette. Con legge di bilancio sono state inoltre previste maggiori risorse per 224,77 milioni di euro nel triennio 2019-2021 in vista dell'assunzione a tempo indeterminato di tre mila unità di personale amministrativo-giudiziario della terza e della seconda area funzionale, di cui 97 unità di personale della giustizia minorile e della comunità, di cui viene incrementata la dotazione organica della carriera dirigenziale di sette unità. Parimenti, per il personale tecnico- amministrativo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria si è prevista l'assunzione a tempo indeterminato di 260 unità della terza e seconda area, nonché 35 dirigenti istituto penitenziario.
Si tratta di un primo grande passo per permettere agli uffici giudiziari di recuperare efficienza, messa in crisi dalle cessazioni dal servizio, non compensate da un adeguato . Primo passo che ha consentito di passare ad una scopertura di organico nazionale al 31 dicembre 2017 dal 23,25 a quella attuale del 20,25. Nell'ambito della politica di ottimizzazione dovrà essere fatto ancora altro per incidere su questo tasso di scopertura.
Nell'ambito della politica di ottimizzazione delle risorse, attraverso l'incentivazione delle stesse, un'importante attività di riqualificazione, espletata tramite procedure di selezione interna, ha riguardato il passaggio di 1.148 cancellieri all'area funzionari giudiziari e 622 ufficiali giudiziari all'area funzionari Unep.
Un'altra selezione per l'attribuzione della fascia economica immediatamente superiore ha interessato circa 29.432 dipendenti, per un numero complessivo di 9.091 posti disponibili per le singole progressioni attinenti ai diversi profili richiesti.
Gli interventi hanno anche riguardato in maniera importante il personale dell'amministrazione penitenziaria in considerazione della peculiarità e della delicatezza delle funzioni esercitate. Mi preme al riguardo evidenziare le politiche di reclutamento del nuovo personale mediante l'espletamento di quattro concorsi pubblici per allievo agenti per complessivi 1.438 posti, con assunzione dei vincitori nei mesi di novembre e dicembre 2018. Inoltre, nel corso del 2018 1.331 allievi agenti hanno frequentato e terminato il corso di formazione con l'immissione in servizio di 977 unità di personale selezionate con concorso int