PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ALESSANDRO COLUCCI, legge il processo verbale della seduta del 31 luglio 2025.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 69, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta in corso .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 2500: Disposizioni in materia di composizione di giunte e consigli regionali e di incompatibilità.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Riccardo De Corato.
RICCARDO DE CORATO, . Grazie, Presidente. Signor Ministro, onorevoli colleghi, l'Assemblea è chiamata a esaminare la proposta di legge n. 2500, approvata dal Senato, che reca disposizioni in materia di composizione di giunte e consigli regionali e anche di incompatibilità.
Ricordo che la Commissione affari costituzionali ha avviato l'esame del provvedimento nella seduta del 15 luglio 2025; nella seduta del 23 luglio la Commissione ha respinto le cinque proposte emendative presentate, per poi procedere, una volta pervenuti i prescritti pareri delle Commissioni competenti in seduta consultiva, alla conclusione dell'esame con deliberazione del mandato a riferire in Assemblea nella seduta del 29 luglio sul provvedimento nel testo come approvato dal Senato.
Passando ad illustrare i contenuti del provvedimento, faccio presente che l'articolo 1, comma 1, della proposta di legge in esame interviene sul numero di consiglieri regionali e di componenti delle giunte regionali, modificando la norma di cui all'articolo 14, comma 1, lettere e , del decreto-legge n. 138 del 2011, che ne stabilisce il numero massimo in relazione alla popolazione residente nella regione.
Stante il sensibile calo demografico verificatosi negli ultimi anni, la norma intende consentire di mantenere lo stesso numero di consiglieri nel caso il calo demografico sia di lieve entità e di poter integrare il numero di componenti della giunta per le regioni con popolazione fino a 2 milioni di abitanti.
Ricordo che l'articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, nell'ambito delle misure di risparmio e contenimento della spesa chieste alle regioni, determina, alla lettera, il numero massimo dei componenti dei consigli regionali in relazione alla popolazione residente e, alla lettera , il numero massimo di componenti della giunta regionale pari a un quinto del numero dei consiglieri, arrotondati all'unità superiore.
Per quanto concerne il numero massimo dei consiglieri, esso è attualmente così determinato, ai sensi del citato articolo 14, comma 1, lettera , del decreto-legge n. 138 del 2011: 20 consiglieri per le regioni con popolazione fino a un milione; 30 consiglieri per le regioni con popolazione fino a 2 milioni; 40 consiglieri per le regioni con popolazione fino a 4 milioni; 50 consiglieri per le regioni con popolazione fino a 6 milioni; 70 consiglieri per le regioni con popolazione fino a 8 milioni; 80 consiglieri per le regioni con popolazione superiore a 8 milioni. Dal computo del numero massimo dei consiglieri è escluso il presidente della giunta regionale.
Il numero massimo dei componenti della giunta, come già accennato, è determinato in un quinto del numero dei consiglieri, arrotondato all'unità superiore. I predetti limiti non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
Ricordo al riguardo che la Corte costituzionale, con sentenza n. 198 del 2012, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 2 del citato articolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2011, secondo cui le autonomie speciali erano tenute ad adeguare i rispettivi ordinamenti ai parametri di cui al comma 1, come condizione per l'applicazione dei principi di federalismo fiscale contenuti nell'articolo 127 della legge n. 42 del 2009 e delle previste misure premiali o sanzionatorie.
Tornando al contenuto della proposta in esame, rilevo che l'articolo 1, comma 1, lettera, aggiunge un periodo alla lettera del citato articolo 14, comma 1, prevedendo che il numero dei consiglieri è mantenuto qualora la popolazione si riduca entro il limite del 5 per cento rispetto alla soglia di riferimento.
Riguardo al numero di assessori, l'articolo 1, comma 1, lettera , della proposta di legge in esame aggiunge due periodi alla lettera ) del citato comma 1 dell'articolo 14, al fine di consentire alle regioni con popolazione fino a due milioni di abitanti di aumentare fino a due unità il numero di assessori stabilito dalla legge. Nello specifico, il primo periodo stabilisce che il numero massimo di assessori può essere aumentato di due unità nelle regioni: con popolazione fino a un milione di abitanti, in cui il numero di consiglieri è pari a 20; con popolazione fino a due milioni di abitanti, in cui il numero di consiglieri è pari a 30. Il secondo periodo, inserito nella letteraspecifica che, ai fini del calcolo del numero di assessori, il presidente della giunta regionale è incluso nel numero dei componenti del consiglio regionale.
L'articolo 1, comma 3, della proposta di legge in esame, in riferimento alle norme contenute nel comma 1, stabilisce che le regioni possono adeguare i rispettivi ordinamenti alle suddette disposizioni nel rispetto della propria autonomia statutaria e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. L'articolo 1, comma 2, reca invece norme in materia di sottoscrizione delle liste elettorali, prevedendo l'esenzione dalla sottoscrizione delle liste dei candidati per le liste che, al momento dell'indizione delle elezioni regionali, sono espressioni di forze politiche o movimenti corrispondenti a gruppi parlamentari presenti in almeno uno dei due rami del Parlamento nazionale, sulla base di attestazione rese dal segretario o presidente del partito rappresentato in Parlamento.
La disposizione, dunque, mantiene comunque ferma la disciplina relativa alla presentazione delle liste di candidati alla carica di consigliere, adottabile in attuazione del principio fondamentale di cui all'articolo 4, comma 1, lettera , della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione, principio fondamentale che peraltro risulta identico al contenuto della norma in esame. La disposizione, dunque, mirerebbe ad estendere a tutte le regioni, anche a quelle che non abbiano recepito il predetto principio fondamentale, l'esenzione dalla sottoscrizione nei casi dalla stessa previsti, rendendo norma autoapplicativa il principio fondamentale medesimo.
Segnalo al riguardo che attualmente tutte le regioni ordinarie prevedono espressamente una deroga all'obbligo di sottoscrizione delle liste rappresentate in Parlamento, ad eccezione di Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Umbria. Tuttavia, le leggi regionali delle regioni Veneto, Emilia-Romagna e Toscana prevedono un generico rinvio alla normativa nazionale per quanto non espressamente previsto dalla legge elettorale regionale. La legge elettorale della regione Lombardia dispone invece che, solo per quanto non previsto dall'articolo 5 della legge n. 165 del 2004 e dalle disposizioni della medesima legge regionale, sono recepite e continuano ad applicarsi, ove compatibili, le disposizioni della legge n. 108 del 1968 e della legge n. 43 del 1995. Infine, per quel che riguarda la regione Umbria, nelle ultime elezioni regionali all'interno delle istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature sono state esentate le liste rappresentate in Parlamento, in applicazione dell'articolo 4, comma 1, lettera . Tale deroga era comunque già prevista nella previgente legge, prima di essere abrogata dall'articolo 16.
L'articolo 2 della proposta di legge in esame abroga l'articolo 7 del decreto legislativo n. 39 del 2013 che vieta il conferimento immediato di incarichi dirigenziali nelle amministrazioni regionali ovviamente a coloro che hanno ricoperto cariche negli organi di governo, nei consigli o negli enti controllati nella regione o negli enti locali della medesima regione.
PRESIDENTE. Se vuole può anche consegnare il resto della relazione.
RICCARDO DE CORATO, . Concludo e poi consegno. Grazie, Presidente. In particolare, tale articolo 7, comma 1, di cui la disposizione in esame prevede l'abrogazione, vieta il conferimento di incarichi dirigenziali nelle amministrazioni regionali ai soggetti che sono descritti nella relazione che consegno.
PRESIDENTE. Ovviamente è autorizzato a consegnare.
Ha facoltà di intervenire il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, senatore Roberto Calderoli: si riserva di farlo in un secondo momento.
È iscritta a parlare la deputata Baldino. Ne ha facoltà.
VITTORIA BALDINO(M5S). Grazie, signora Presidente. Colleghi e colleghe, Ministro, finalmente questo Parlamento affronta il tema del calo demografico. Finalmente abbiamo il coraggio di analizzare e confrontarci su uno dei problemi che attanaglia maggiormente il nostro Paese e soprattutto alcune regioni, ma anche e soprattutto le aree interne - azzarderei dire - di tutte le regioni.
Affrontiamo il tema del calo demografico. Quindi, chi ci guarda da casa può sentirsi sollevato che il Parlamento italiano e le istituzioni hanno a cuore questo argomento e vogliono trovare delle soluzioni (si dirà). Il problema, però, è che noi affrontiamo finalmente il tema del calo demografico non per trovare delle soluzioni allo spopolamento, alla rarefazione dei servizi pubblici, allo stato di abbandono in cui si trovano interi territori e alla mancanza dei servizi essenziali, ma noi affrontiamo il tema del calo demografico per risolvere i problemi del numero dei consiglieri e degli assessori regionali. Quindi, noi affrontiamo il problema del calo demografico però dal punto di vista della rappresentanza, cioè di chi deve rappresentare i cittadini e non dal punto di vista dei problemi di chi deve essere rappresentato. Sia chiaro: noi non abbiamo nulla in contrario rispetto al fatto che alcune soglie non debbano essere considerate come delle soglie fisse per accompagnarle poi a determinate questioni, come, ad esempio, il numero di consiglieri regionali per numero di abitanti. Non siamo assolutamente contrari. Non è per questo che noi non voteremo a favore di questo provvedimento (per altro, ne dirò poi più avanti).
Però, riteniamo che, con la stessa solerzia con cui questa maggioranza interviene per considerare che queste soglie fisse non siano adatte per determinare il numero, ad esempio, dei consiglieri regionali, con la stessa solerzia il Governo e la maggioranza dovrebbero considerare come anacronistiche e dannose le soglie fisse che sono stabilite, ad esempio, per il numero di parti per poter tenere aperto un reparto di ostetricia, il numero di abitanti e di residenti per poter tenere aperto un ufficio postale o una banca, il numero di alunni per poter tenere aperta una scuola.
Se questa è la logica che il Governo oggi vuole inaugurare con questo provvedimento, noi siamo molto contenti, perché lo diciamo da molto tempo che la sostenibilità economica non deve sostituirsi alla sostenibilità sociale. La logica del tot è stata la logica che ha contribuito alla desertificazione e all'abbandono di interi territori. Questa è stata la logica che porta oggi il Governo, nella Strategia nazionale per le aree interne, a dirci che ci sono delle aree soggette ormai a cronico e irreversibile spopolamento che le istituzioni non possono fare altro che accompagnare verso questa cronicizzazione della desertificazione.
Questa è la strada che dobbiamo intraprendere, ma non soltanto per considerare una soglia variabile, quando si tratta di rideterminare il numero di consiglieri regionali e di assessori da considerare all'interno dei consigli regionali, ma sempre, quando si tratta di distribuire e di erogare servizi ai cittadini. Questa è la strada che bisogna intraprendere.
Questo è il messaggio che dobbiamo dare, e non limitarci a solerzia e a efficienza quando si tratta di parlare soltanto dal punto di vista di chi rappresenta, perché altrimenti ci troveremmo ad avere dei rappresentanti senza popolo; un numero giusto di rappresentanti per regione, ma rappresentanti senza popolo. Perché se continuiamo a pensare così rispetto anche alle logiche di politica economica e di politica sociale che accompagnano le nostre scelte politiche, noi ci troveremo di fronte ad una spirale, ad un piano inclinato, ad una spirale demografica. Infatti, quanto più c'è una rarefazione di servizi in alcuni territori, tanto più alcuni residenti decidono di abbandonare quei territori e recarsi verso aree con una maggiore concentrazione di servizi di cittadinanza. E l'abbandono delle aree giustifica poi la diminuzione dei servizi.
Questo deve essere il paradigma. Se questa è la logica che ha accompagnato e che ha giustificato la decisione di intervenire oggi in materia di composizione di giunte regionali - quindi non considerare più quelle soglie come fisse -, questa deve essere la logica che deve accompagnare ogni scelta di politica economica e di politica sociale del Governo.
Non la dimensione prima dei bisogni, non i numeri prima della vita, non l'efficienza prima dell'efficacia, non la forma prima della sostanza, ma i bisogni prima della dimensione, la vita prima dei numeri, l'efficacia prima dell'efficienza. Se questa sarà la strada, noi saremo ben contenti perché è quello che da sempre sosteniamo.
Purtroppo, vediamo che però questa non è la strada, e la presenza in Aula del Ministro Calderoli mi consente ancora una volta di addentrarmi nel tema dell'autonomia differenziata che grida ancora vendetta, perché è vero che la Corte costituzionale ha sostanzialmente svuotato di senso la sciagurata riforma dell'autonomia differenziata, ma non l'ha fatto per le materie non LEP. E per le materie non LEP le regioni stanno andando avanti nella stipulazione delle intese. Questo cosa vuol dire? Vuol dire continuare nella rarefazione dei servizi pubblici in quelle zone che sono già rarefatte rispetto ai servizi pubblici, in quelle zone che sono già soggette a desertificazione.
E, allora, non mi pare che questa sia la direzione nella quale il Governo e la maggioranza vogliono andare, quando non si tratta di garantire rappresentanza, ma di garantire servizi e diritti. Non è quella la strada nella quale noi stiamo andando anche oggi, quando continuiamo a scippare sostanzialmente risorse (come abbiamo visto recentemente con il PNRR) a quelle aree che invece avrebbero bisogno di risorse, di servizi e di infrastrutture per non morire di desertificazione e di abbandono.
Presidente, concludo perché non sfugga che questo provvedimento - che, ripeto, può avere una sua logica di flessibilità nelle soglie fisse e fredde, dei freddi numeri - contiene un articolo che per noi è inaccettabile: l'articolo 2. Un articolo 2 che, sostanzialmente, abroga la disposizione che prevede una inconferibilità immediata ai componenti degli organi politici a livello regionale. Sostanzialmente, che succede? Che mentre, fino ad oggi, se hai ricoperto un incarico politico, non puoi immediatamente, al termine di quel mandato o incarico politico, ricoprire un altro incarico pubblico di nomina politica, oggi ci dite che sentite l'urgenza di abrogare questo articolo. Perché? Cioè, qual è la ?
Quando andranno a vedere i lavori preparatori di questa PdL, cosa scopriranno i cittadini? Perché hanno abrogato quell'articolo? Qual è l'obiettivo, qual è l'urgenza, qual è la necessità? È una necessità che riguarda l'efficienza della pubblica amministrazione? È una necessità che riguarda la buona riuscita delle amministrazioni pubbliche, il buon andamento delle pubbliche amministrazioni? Una necessità che riguarda la competenza che alcune persone dovrebbero avere per ricoprire determinate cariche? Cariche che sono importanti nelle alte dirigenze delle pubbliche amministrazioni, che poi sono quelle che erogano quei servizi della cui rarefazione si parla e che poi portano allo spopolamento, alla desertificazione e al calo demografico per cui oggi voi fate questo provvedimento.
No, io non credo che la logica sia quella di garantire efficienza, buon andamento e competenza nella pubblica amministrazione. Io credo che invece sia una logica di convenienza politica, perché stiamo andando incontro alle elezioni regionali in molte regioni. Ci saranno persone, consiglieri che saranno rieletti, ci saranno assessori che saranno riconfermati, altri che perderanno, altri che non saranno riconfermati e quindi a quel punto che si fa? Dai, facciamo una bella legge per garantire a queste persone un ripiego. È il meccanismo delle porte girevoli, per potergli consentire, sì di uscire dalla porta, ma comunque di rientrare dalla finestra, in barba al buon andamento della pubblica amministrazione, all'efficienza dei servizi pubblici, alla garanzia della competenza di chi ricopre incarichi pubblici.
Ecco, quindi la risposta alla domanda che facevo poc'anzi sulla strada da intraprendere, sul fatto se questo sia un provvedimento che apre la strada ad un ragionamento diverso rispetto alle scelte di politica economica e di politiche sociali che orienteranno poi la decisione pubblica, tale risposta è in questo articolo 2. No, non è questa la strada che si sta intraprendendo con questo provvedimento, ma esclusivamente e squisitamente una strada di convenienza politica e di opportunismo politico, ancora una volta sulle spalle dei cittadini, che ancora aspettano un vero provvedimento che affronti il problema del calo demografico, dello spopolamento e della rarefazione dei servizi. Ma oggi gli diciamo che non è lì che volete andare .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mura. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MURA(FDI). Grazie, signora Presidente. Prendo la parola per esprimere, invece, il sostegno convinto del gruppo di Fratelli d'Italia al provvedimento che stiamo discutendo, e con l'occasione anche per ricordare che abbiamo degli esempi nella nostra Nazione che smentiscono ormai la narrazione di alcuni partiti di quest'Aula rispetto al governo delle regioni. Perché, mentre fino a poco tempo fa il MoVimento 5 Stelle non governava da nessuna parte, suggerirei ai colleghi del MoVimento 5 Stelle di farsi un giro in Sardegna per capire come davvero si applica il meccanismo delle porte girevoli, oppure come magari si attuano, in contrapposizione rispetto a tutte le tesi sostenute qua dentro, norme e normative che, invece, sono spesso anche funzionali al buon governo delle regioni.
Così come abbiamo cercato di fare con questo provvedimento normativo, perché il testo di iniziativa parlamentare, approvato senza modifiche dal Senato, interviene su tre fronti fondamentali: la composizione dei consigli e delle giunte regionali, le modalità di presentazione delle liste elettorali e la disciplina dell'inconferibilità degli incarichi pubblici. Si tratta di un provvedimento coerente con l'evoluzione della nostra società e con la realtà dei territori, e che si inserisce nel solco della responsabilità istituzionale e del buon senso.
L'articolo 1 del provvedimento, in primo luogo, affronta con razionalità il tema del calo demografico, che ha colpito diverse regioni italiane, in modo particolare le regioni del Mezzogiorno d'Italia, prevedendo che una lieve diminuzione della popolazione, inferiore al 5 per cento, non comporti automaticamente una riduzione del numero dei consiglieri regionali. E questa riteniamo sia una scelta di equilibrio e di rispetto anche con riferimento a tutte le discussioni che anche in quest'Aula abbiamo fatto rispetto al calo demografico.
Non stiamo parlando chiaramente di un aumento di poltrone, ma di tutela della rappresentanza democratica e del funzionamento delle istituzioni locali. Evitiamo il rischio che territori vasti e articolati si ritrovino sottorappresentati a causa di un dato meramente numerico.
Ancora più rilevante è la previsione che permette, per le regioni con meno di due milioni di abitanti, un incremento contenuto (fino a due unità) del numero degli assessori. Anche qui parliamo di efficienza amministrativa e non di spesa pubblica, perché un esecutivo regionale deve poter contare su un numero di membri adeguato a garantire operatività e deleghe ben distribuite.
Con il comma 2 si elimina un onere burocratico del tutto superfluo per le forze politiche già rappresentate in Parlamento: se un partito è presente almeno in una delle due Camere, è chiaro che gode già di un riconoscimento democratico, e costringerlo a raccogliere nuovamente firme sul territorio per la presentazione delle liste regionali è una duplicazione insensata. In questo modo, si rende pienamente operativa una previsione già contenuta tra i principi fondamentali della legge n. 165 del 2004, recependo orientamenti consolidati anche a livello giurisprudenziale e legislativo. Una semplificazione che rafforza la trasparenza e agevola la partecipazione pubblica.
Infine, l'abrogazione dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 39 del 2013 risponde a un'esigenza di giustizia ed equilibrio: il divieto generalizzato e automatico di conferire incarichi dirigenziali a chi ha avuto incarichi politici negli enti regionali ha prodotto negli anni effetti distorsivi.
Effetti distorsivi per i quali sono suonati i campanelli d'allarme anche nell'unica giunta regionale guidata dal MoVimento 5 Stelle, che oggi si scopre contrario a questa norma ma poi, nell'attuazione territoriale, se ne frega di quello che dice il Parlamento. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 98 del 2024, ha evidenziato come questa norma eccedesse la delega contenuta nella legge anticorruzione, andando ben oltre quanto previsto in termini di tutela dell'imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione. È giusto impedire il travaso immediato tra politica e burocrazia quando c'è un rischio concreto di conflitto di interessi, e su questo non abbiamo niente da obiettare, ma è altrettanto sbagliato escludere in modo indiscriminato chi, dopo anni di esperienza istituzionale, può offrire un contributo qualificato al buon funzionamento della macchina pubblica.
In conclusione, questa proposta di legge rispetta il principio di autonomia statutaria delle regioni, rafforza il sistema rappresentativo, elimina barriere burocratiche inutili, recupera competenze preziose per le amministrazioni pubbliche e, soprattutto, non grava sulla finanza pubblica, ma opera all'interno delle risorse già disponibili. In buona sostanza, signora Presidente, Fratelli d'Italia, forza di Governo e di riforma, sostiene convintamente questo provvedimento: è un esempio concreto di buona politica, sobria, pragmatica, rispettosa della Costituzione e vicina alle esigenze dei territori
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, che però ha esaurito i suoi tempi.
Ha facoltà di replicare il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, senatore Roberto Calderoli.
ROBERTO CALDEROLI,. Grazie, Presidente. In poche parole, questo provvedimento pone parzialmente rimedio a un mio intervento legislativo del 2011, con un decreto-legge che aveva determinato dei tagli legati al negativo ciclo economico che stavamo vivendo allora. Ricordo che allora avevamo tra i 500 e i 600 punti di e, quindi, una necessità di tagli era assolutamente necessaria, tagli che oggi, probabilmente, andrebbero rivisti complessivamente. Noi mettiamo una misura tampone, sia rispetto al calo demografico, sia rispetto al numero eccessivamente basso degli assessori, in particolare nelle piccole regioni.
Il calo demografico è stato affrontato anche in altre sedi. Ho sentito la collega dei 5 Stelle riprenderci perché non abbiamo affrontato il calo demografico in generale, ma riferito a determinate aree, come le aree interne, piuttosto che le aree marginali. Voglio ricordare, però, che, recentemente, proprio in quest'Aula abbiamo dibattuto e approvato la legge sulla montagna, che si occupava proprio dell'area marginale interna per eccellenza, ossia le zone alte, andando a ripristinare e a riportare quei servizi essenziali, dalla sanità all'istruzione, dalla famiglia all'impresa, e fra l'altro togliendo il parametro o mettendone uno molto più basso per il numero minimo per il mantenimento delle classi e, quindi, venendo incontro a tutte quelle esigenze che sono state richiamate dalla collega dei 5 Stelle. Peccato che il MoVimento 5 Stelle abbia poi votato contro rispetto a questo provvedimento, che andava, invece, in questo senso.
Rispetto - e concludo - alla inconferibilità, non vi è alcuna urgenza, perché questa è una proposta di legge e non un decreto-legge e come tale è stata affrontata. L'inconferibilità era stata abolita per i consiglieri comunali in parziale recepimento di una sentenza della Corte costituzionale. Così come si è fatto per i consiglieri comunali, abbiamo esteso lo stesso trattamento anche a livello dei consigli regionali, perché fare politica non dev'essere una cosa di cui doversi vergognare. Ciascuno fa un servizio civico, sociale, politico, e quindi non vedo perché questo debba essere intravisto o interpretato in maniera punitiva da parte di nessuno
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2538: Proroga del termine per l'esercizio delle deleghe previste dall'articolo 2 della legge 15 luglio 2022, n. 106, in materia di spettacolo.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Cangiano.
GEROLAMO CANGIANO, . Grazie, Presidente. Oggi l'Assemblea avvia l'esame del disegno di legge di iniziativa governativa, già approvato dal Senato, recante la proroga del termine per l'esercizio delle deleghe previste dall'articolo 2 della legge 15 luglio 2022, n. 106, in materia di spettacolo.
Erano circa sessant'anni che nessuno aveva mai messo mano ad una riforma organica del settore dello spettacolo. Consentitemi adesso di ringraziare il Sottosegretario Mazzi - e qui lo saluto - e il Ministro Giuli, che finalmente hanno dato a tutto questo una cornice normativa, condivisa anche con gli operatori del settore. Il provvedimento, approvato dal Consiglio dei ministri il 12 giugno 2025, è stato esaminato in prima lettura al Senato, che lo ha approvato, con modificazioni, nella seduta del 24 luglio scorso. Trasmesso alla Camera, il disegno di legge è stato assegnato in sede referente alla Commissione cultura, che lo ha esaminato nel corso della scorsa settimana. In particolare, l'esame è stato avviato nella seduta di lunedì 28 luglio, mentre in quella di martedì 29 luglio sono state esaminate e respinte tutte le proposte emendative presentate. Il mandato al relatore a riferire favorevolmente in Assemblea è stato conferito nella seduta di giovedì 31 luglio scorso.
Il provvedimento, nel testo proveniente dal Senato, è composto da due articoli, dei quali il secondo dispone l'entrata in vigore. L'articolo 1 è composto da un unico comma, il quale è volto a prorogare, dal 18 agosto 2025 al 31 dicembre 2026, il termine per l'esercizio delle deleghe di cui all'articolo 2, commi 1, 4 e 5 della legge 15 luglio 2022, n. 106, in materia di spettacolo. In particolare, si tratta delle seguenti deleghe: la delega legislativa per il coordinamento e il riordino delle disposizioni vigenti in materia di attività, organizzazione e gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche, nonché per la riforma, la revisione e il riassetto della vigente disciplina nei settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti, delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche, mediante la redazione di un unico testo normativo definito “codice dello spettacolo”, al fine di conferire al settore un assetto più efficace, organico e conforme ai princìpi di semplificazione delle procedure amministrative e ottimizzazione della spesa, volto a promuovere il riequilibrio di genere e a migliorare la qualità artistico-culturale delle attività, con particolare riguardo all'educazione permanente (articolo 2, comma 1, della legge n. 106 del 2022); la delega ad adottare disposizioni in materia di contratti di lavoro nel settore dello spettacolo; la delega ad adottare disposizioni in materia di equo compenso per i lavoratori autonomi dello spettacolo, ivi compresi gli agenti e i rappresentanti dello spettacolo dal vivo. Infine, l'articolo 2 stabilisce che il disegno di legge in esame entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo: si riserva di farlo in un secondo momento.
È iscritta a parlare la deputata Manzi. Ne ha facoltà.
IRENE MANZI(PD-IDP). La ringrazio, signora Presidente. Devo dire che questa mattina pensando al mio intervento e, soprattutto, al provvedimento che quest'oggi è in Aula, mi è venuto in mente il testo di una canzone e spero che il Sottosegretario Mazzi la apprezzerà: “stessa storia, stesso posto, stesso bar”. Vale a dire: stessa storia, stesso provvedimento, un anno dopo in questo caso, perché la coincidenza temporale è davvero significativa. Eravamo qui, lo scorso anno, proprio a trattare di questo, e a distanza di un anno, quasi alla chiusura dei lavori dell'Aula, ci troviamo di fronte all'ennesima proroga di un provvedimento che doveva entrare in vigore e che aveva visto l'approvazione, in quest'Aula nel 2022, di una legge generale.
Siamo alla terza proroga. Facendo una breve cronologia, la prima proroga nel Milleproroghe - scusate il gioco di parole - del dicembre del 2022 poteva anche starci (il Governo si era appena insediato). La seconda proroga, che è stata votata nell'agosto del 2024, differiva al 18 agosto 2025 l'esercizio della delega originaria.
Adesso, addirittura, per stare tranquilli, la delega viene spostata non ad agosto 2026, ma al 31 dicembre 2026, così magari, anziché in un clima quasi ferragostano, forse ci troveremo in un clima natalizio - ed è amara ironia, credetemi, non è compiaciuta - ad assistere all'ennesima proroga, nel dicembre, appunto, del 2026, per arrivare poi alle elezioni politiche nel 2027.
Nel frattempo, tra l'altro, è anche cambiato un Ministro rispetto alla proroga votata nello scorso anno. Al Ministro Sangiuliano si è sostituito il Ministro Giuli: è passato anche da quella nuova nomina ormai un anno e non si può dire, quindi, che il Ministro sia arrivato ora e non avesse potuto esercitare pienamente i suoi poteri rispetto a questo provvedimento. Ecco, cambiano i Ministri, ma non cambiano purtroppo le proroghe, in questo eterno ritorno che, intorno ai temi culturali, caratterizza - non solo intorno a questo - l'azione del Governo Meloni.
Tra l'altro, nel marzo del 2024, lei stesso, Sottosegretario, insieme all'allora Ministro Sangiuliano, aveva annunciato proprio al Ministero, al termine di quattro giorni in cui erano stati coinvolti tutti gli operatori del settore, che la delega era pronta per essere esercitata, il testo era quasi pronto per essere pubblicato. Era il marzo del 2024: siamo passati al marzo del 2025, assistiamo ora all'ennesima proroga, senza soprattutto che ci sia stato un reale confronto in quest'Aula e, soprattutto, nella sede più opportuna per il confronto - ovvero la Commissione cultura, le Commissioni cultura di Camera e Senato - intorno ad un testo che è molto atteso da parte degli operatori, senza quella stessa Commissione cultura che tanto aveva lavorato all'approvazione della legge delega sullo spettacolo dal vivo, approvata davvero in modo trasversale ed unanime nel 2022.
E questo penso che sia un fatto molto grave - il mancato coinvolgimento delle istituzioni parlamentari, dei colleghi delle Commissioni - proprio perché - complice anche l'aiuto, devo dire, di chi presiede quelle Commissioni competenti - il Governo non ha mai consentito di aprire un confronto serio, reale, di merito e, soprattutto, trasparente per rispetto di chi lavora e chi ci osserva, di chi osserva queste Aule da fuori ed è coinvolto direttamente dalle deleghe oggetto di questo provvedimento.
Perché? Vorremmo sapere perché c'è tanto timore rispetto ad un confronto trasparente tra maggioranza e opposizione. Del resto - lo sa bene anche il Sottosegretario Mazzi -, da parte nostra, come opposizioni, non è mai mancata - penso, da ultimo, anche al lavoro intorno all'indennità di discontinuità - una volontà piena di collaborare, di facilitare, di sciogliere quelli che possono essere i nodi che caratterizzano la mancata, la non piena attuazione di un provvedimento, proprio perché l'obiettivo fondamentale è quello di rispondere ai bisogni e alle necessità di quei lavoratori del mondo dello spettacolo che, proprio da fuori, ci osservano e chiedono interventi rapidi e puntuali, proprio a garanzia di quei lavoratori.
Voglio rimandare ad un ricordo. Io non facevo parte di quella legislatura, ma nei racconti dei colleghi della legislatura passata c'era davvero un clima emozionato e pienamente consapevole del risultato importante che si andava a raggiungere nel 2022, quando fu approvata la legge delega sullo spettacolo dal vivo, quella legge delega che riconosceva finalmente lo statuto sociale dei lavoratori del settore creativo, dello spettacolo e delle arti performative, che prevedeva strumenti di universale, soprattutto, a loro sostegno.
Eppure dopo 3 anni, di fronte a quella che è l'ennesima proroga, sembra davvero, non solo di quel clima, ma anche dei contenuti, non esserci più nulla, a cominciare proprio da quell'indennità di discontinuità che è stata sostanzialmente, sì, attuata, ma smontata nei fatti, ridotta per quanto riguarda i potenziali beneficiari, con un grave affronto, se vogliamo, a quei lavoratori che proprio nel periodo - lo dico senza retorica -, in quei mesi complessi e difficili della pandemia, di fronte ai teatri chiusi, di fronte a un sistema dello spettacolo che faticava a trovare soluzioni e risposte, chiedevano al Parlamento degli interventi concreti.
E il Parlamento era stato capace, davvero trasversalmente, di offrire delle risposte, dopo audizioni, dopo attività di ascolto, per fare emergere quelle che erano le ingiustizie e le disparità che, ancora oggi, impediscono a molti tra coloro che praticano quel mestiere di poter realizzare il loro progetto artistico, professionale e, soprattutto, di vita.
Allora colgo questa occasione - visto che non sono molte le occasioni, per la verità, di confronto intorno a questi temi all'interno della Commissione cultura -, colgo questa opportunità anche per fare un breve bilancio di questi 1.000 giorni del Governo Meloni, da un punto di vista del Ministero della Cultura. Il bilancio, anche a livello numerico, non è un bilancio molto positivo: soltanto un decreto-legge dedicato alla cultura in 1.000 giorni di Governo, all'inizio di questo 2025, andando a scomodare addirittura la figura di Adriano Olivetti, con obiettivi roboanti, importanti, anche condivisibili, con misure come quelle a favore del fondo per le biblioteche, che sono state finalmente sbloccate.
Ma, di fronte a quel decreto-legge - che di risorse, per la verità, stanziava solo quelle che ho citato poco fa -, abbiamo assistito a tre leggi di bilancio in cui il Ministero della Cultura ha fatto sostanzialmente da comparsa, purtroppo, di fronte anche ai pesanti tagli di accetta che al bilancio del Ministero sono stati inferti dal Ministro Giorgetti; un Ministero che ha fatto da comparsa, eccezion fatta per la furia ideologica con cui ve la siete presa con la misura di 18app, eliminando quello che era uno strumento valido, riconosciuto non da singole forze politiche, ma dall'Associazione italiana editori, dagli operatori del settore, che hanno ricordato quanto sia stata importante e quali effetti positivi sul mercato del libro, sulla crescita del nuovo pubblico quella misura sia stata in grado di produrre.
Allora vi cito una differenza, quello che era, 10 anni fa, il bilancio del Ministero della Cultura rispetto al bilancio attuale: nel 2015, il bilancio del Ministero della Cultura aveva 5,5 miliardi investiti, mentre oggi ha solo poco più di 3 miliardi. Nel 2015 c'era 18App, c'era il Piano per i grandi progetti culturali, c'erano i fondi per le biblioteche, c'era l'avvio, tra l'altro, di quella misura dell'che è stato poi, progressivamente, esteso ed allargato, ma soprattutto c'era una visione, c'era una progettualità, c'era un respiro, una visione. Oggi quel respiro e quella visione mancano e, soprattutto, assistiamo a un Ministero della Cultura in cerca d'autore, preda di veline e di veleni - se mi consentite - che agitano costantemente le stanze del Collegio Romano, in un clima tossico che danneggia la libertà espressiva e paralizza davvero un reale ed effettivo confronto costruttivo.
Non voglio tornare in quest'Aula su quelle che sono state le polemiche, neanche troppo velate, tra il Ministro Giuli e la Sottosegretaria Borgonzoni, delle scorse settimane, intorno al tavolo con gli operatori del settore del cinema. L'auspicio davvero è che anche rispetto al cinema, anche rispetto a questi temi si possa aprire un confronto serio, di contenuto, programmatico.
Del resto, basta tristemente guardare il numero di produzioni attive all'inizio di quest'anno nel nostro Paese: all'inizio del 2025, le produzioni cinematografiche attive erano 17, registrate sul sito. È un dato drammatico, perché quelle produzioni vogliono dire lavoratori, vogliono dire operatori che lavorano, che esercitano il proprio mestiere, di fronte a una crisi dell'audiovisivo che richiederebbe interventi necessari ed urgenti. Come altrettanto li richiederebbe il settore del libro: ricordavo poco fa 18App. E, allora, vi cito i dati diffusi nel Salone del libro scorso, nel 2025, proprio dall'Associazione italiana editori: nei primi tre mesi dell'anno, l'editoria italiana ha registrato una perdita di quasi un milione di copie acquistate. Sono dati drammatici. Nei primi mesi del 2025, tra l'altro, gli acquisti compiuti con la nuova Carta del merito si sono ridotti di circa 30 milioni di euro rispetto allo scorso anno, quando era ancora in vigore 18App. Penso che i dati parlino da soli e siano totalmente neutrali rispetto alle interpretazioni che può dare una forza politica.
E voi, colleghi, con questa furia ideologica vi siete dimenticati una cosa fondamentale: l'acquisto di un libro, la visita ad un museo, la partecipazione ad un concerto o ad uno spettacolo teatrale devono valere per le istituzioni, devono avere un valore per le istituzioni, perché per quelle istituzioni essi rivestono un ruolo importante come strumento di emancipazione collettiva e di crescita complessiva della nostra società.
Torno, da ultimo, in questa azione di ricognizione del bilancio, su quelle che sono state, poi, le misure sullo spettacolo dal vivo, tra dimissioni delle commissioni competenti e polemiche per il declassamento immeritato del Teatro della Pergola di Firenze, un declassamento che è stato operato essenzialmente per motivazioni politiche ed ideologiche. Una vera e propria rappresaglia che ha suscitato in tutto il settore un grave sconcerto e a cui dovrebbe porsi rimedio in realtà, ma ciò non è avvenuto, neanche nelle ultime ore. Ecco, tolta la propaganda, è proprio questo il bilancio dei primi giorni del Governo Meloni.
Mille giorni in cui di questo Governo e di questo Ministero, soprattutto, si è parlato per gli scandali, per i conflitti, per le occupazioni di posti, per il modo stesso in cui ha cambiato la delle istituzioni culturali più importanti, esercitando, in modo totalmente sbagliato, una malcelata idea di egemonia, esercitata punendo chi non si allinea e dimenticando che lavoratrici e lavoratori vivono nella precarietà e nell'incertezza e aspettano le riforme oggetto di questa delega che, per l'ennesima volta, viene prorogata da ormai troppo tempo.
Nel mezzo poi, nell'occupazione, in questi provvedimenti che non esistono, di fronte alle legittime obiezioni degli operatori del settore, abbiamo assistito a dichiarazioni vittimistiche, ad attacchi denigratori, a polveroni strumentali, fino ad arrivare a dichiarazioni - consentitemi - al limite del grottesco: “Abbiamo tolto l'Unione Sovietica da Cinecittà” ha ricordato il Ministro Giuli pochi giorni fa; o, addirittura: “Fino al 15 agosto 2024 Cinecittà era un cratere estivo”.
Quest'affermazione penso che si commenti da sola, anche alla luce del fatto che Cinecittà ha chiuso il 2024 con un bilancio in perdita, nel 2023 non è stata amministrata e nel 2024 sappiamo chi presiedeva, in questo caso, Cinecittà.
Questo, tolta la propaganda, è il contenuto dei vostri provvedimenti. La recente nomina del nuovo presidente di Cinecittà, dopo le dimissioni della precedente presidente e dopo le tante polemiche in quel conflitto permanente tra Ministro e Sottosegretaria, non fa in realtà ben sperare, perché vengono scelte persone con l'unico obiettivo di occupare poltrone e non di rilanciare un settore strategico per il nostro Paese.
Colleghi, purtroppo - e vado a concludere - devo ricordare una cosa in quest'Aula: che siete ossessionati dall'ansia, che questo Governo è ossessionato dall'ansia di nominare chi gestisce teatri, di occupare posti, ruoli, all'interno della cultura, come è avvenuto con il Centro per il libro, come è avvenuto con il Centro sperimentale, come avviene ed è avvenuto per la RAI. Questa non è egemonia: una parola che quasi vi ossessiona, per la verità; vi ossessiona talmente tanto proprio perché, forse, non siete capaci da soli di affermare una vostra autonoma e matura idea di cultura al di fuori del revanscismo, di tragicomiche rivendicazioni, a cui abbiamo assistito, da Gramsci a Dante Alighieri.
Questa appunto non è egemonia: è occupazione. Ed è un'occupazione essenzialmente fatta perché quei mondi e, soprattutto, la libertà, che quei mondi esercitano, di esprimersi, di criticare, di irridere il potere - come sempre hanno fatto e come deve continuare a fare chiunque eserciti quel ruolo di potere - spaventano terribilmente. Perché la cultura, colleghi, non è uno spazio da occupare; è un campo, un luogo da coltivare quotidianamente, perché rende i cittadini consapevoli della propria identità, non per fissarla, ma per metterla continuamente in discussione, per farla evolvere, per farla crescere, perché, oltre che un fattore economico e di crescita per il nostro Paese, è un fattore che genera cambiamento, che crea cittadini forti, capaci di partecipare, di esprimersi, di dibattere, di costruire in questo modo una democrazia consapevole e matura e di costruire un'identità mobile e in cambiamento, mai fissa, in continuo dialogo e confronto proprio con il mondo.
Cultura è pensare sempre da capo, riaffermare continuamente la dignità e la centralità dell'uomo, ricordare la lezione di umanesimo integrale che la civiltà del Rinascimento ha reso universale e cito, non a caso, proprio Adriano Olivetti, a cui questo Governo ha dedicato il primo - l'unico - decreto in materia di cultura da esso promosso. Ebbene, la cultura è una risorsa che merita competenza, dignità, visione e rispetto, e fino a questo momento, purtroppo, non abbiamo visto nessuno di questi quattro termini in azione.
Intervenendo in audizione nelle Commissioni cultura di Camera e Senato, nel novembre dello scorso anno, il Ministro Giuli aveva concluso il suo intervento affermando proprio che la via del confronto c'è sempre per chi vuole percorrerla. Ecco chiedo - tramite lei, Presidente - al Sottosegretario Mazzi di farsi da tramite con il Ministro. Noi abbiamo più di un terreno su cui praticare questo confronto, in realtà, e non ci tireremo mai indietro quando realmente esso ci sarà, a cominciare proprio dalla delega che oggi è in discussione, per la quale chiedete l'ennesima proroga.
Ecco, noi quella strada siamo pronti a percorrerla, a cominciare dalla convocazione delle Commissioni cultura competenti, di Camera e Senato, sin da dopo la pausa estiva. Saremmo davvero felici di poter discutere in quella sede proprio delle bozze, delle tante bozze, che circolano, per rispetto del lavoro, della richiesta di trasparenza e di dignità che quel mondo, fuori da quest'Aula, chiede; quel mondo che, in questo momento, e non solo in questo momento, ci sta guardando e chiede azioni, interventi, dignità e rispetto
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Ricciardi. Ne ha facoltà.
RICCARDO RICCIARDI(M5S). Grazie, Presidente. Quando si parla di spettacolo e di cinema, voi state portando avanti un criterio, secondo voi: basta film che non incassano, finanziati dallo Stato; il film deve incassare, l'opera d'arte deve incassare.
Visto che poi è anche un argomento che conosco molto bene, lo sapete qual è il primo film che si studia nelle università che si occupano di cinema? di Orson Welles. non incassò e, proprio da manuale, è il primo: si comincia studiando e analizzando cos'è .
Ognuno ha i suoi gusti, ma, insomma, Federico Fellini è riconosciuto come uno dei più grandi registi italiani. Bene, i primi film di Fellini furono un disastro al botteghino. Secondo il vostro metro con cui si devono finanziare dei film, Orson Welles, Fellini e Antonioni - Antonioni faceva dei disastri al botteghino all'inizio - quindi non dovrebbero esistere.
Allora, dite voi: ora facciamo dei film e li propagandiamo in pompa magna, come un film che si intitola , per il quale sono arrivati il Presidente del Senato, Arianna Meloni e il Ministro Giuli a presentarlo, e ha avuto una media di 4 spettatori per sala cinematografica. Ma io non lo giudico come film, perché non lo giudico da quanti spettatori ha avuto. Ho letto delle recensioni, ma non lo giudico; voi invece sì. Voi dovreste prenderlo e stracciarlo. Invece, siccome in quel film, come nelle opere che vorreste voi, si fa un'operazione ideologica, ovvero si vuol dire sostanzialmente che i giovani di destra e di sinistra negli anni del terrorismo erano un po' la solita cosa, la si butta un po' in caciara. Ma, d'altronde, se abbiamo le istituzioni che nella commemorazione della strage di Bologna non hanno il coraggio di usare la parola “neofascista”, si capisce qual è il vostro indirizzo.
Allora voi ritenete che, quando uno si mette lì a pensare a un film, dice: ora faccio un film comunista; ora faccio un film di sinistra; ora faccio un film contro la destra. No, non funziona così. Chi si mette lì e fa un film cerca di scrivere una storia. di Scola - invito tutti a rivedere un capolavoro - parla di una casalinga esaltata per la figura del duce, che era Sophia Loren, che si trova da sola perché tutta la sua famiglia, convintamente fascista, va alla famosa visita di Hitler a Roma con Mussolini; tutta la famiglia parte, lei rimane da sola e l'unica altra persona nel condominio, in questo palazzone, è Mastroianni, che è un giornalista, epurato dal servizio pubblico dell'epoca, che rimane da solo e che non partecipa a questa celebrazione. Nasce tra loro una storia che, però, non finisce come Sophia Loren vorrebbe, perché scopre che Mastroianni è omosessuale e poi, alla fine, viene portato via dalle camicie nere. Ecco, secondo voi, chi ha pensato di fare una storia del genere ha pensato “ora faccio un film perché sono di sinistra”? No, ha raccontato una storia, una storia meravigliosa.
Allora, per voi questi film non dovrebbero essere prodotti, non dovrebbero essere finanziati. Perché? Io lo so il perché: perché vi fanno vedere allo specchio. È questo il vostro problema, che voi non avete il coraggio di vedervi allo specchio.
Perché, quando ho visto la serie su Mussolini, ho visto molti di voi trapiantati negli anni Venti, che, se foste nati un secolo fa, sareste in quella roba lì, e avete paura di vedervi allo specchio e per questo non vi interessa nulla di tutti i professionisti dello spettacolo, di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici che non arrivano alla fine del mese: state devastando un settore.
Se pensate di colpire Elio Germano, Elio Germano - forse il più grande attore che abbiamo in questo momento in Italia - campa lo stesso. Ma avete in mente quando vedete i titoli di coda nei film, che si ha la pessima abitudine nelle sale di interrompere, mentre, invece, dovremmo vederli tutti? Perché? Perché in quei titoli di coda ci sono dei lavoratori e delle lavoratrici ed Elio Germano è uno, il regista è uno; poi viene una sfilza infinita di persone che lavorano e sudano e, se voi tagliate quelle produzioni, quelle persone non lavorano più. Non sappiamo come dirvelo: non portano a casa il pranzo con la cena. Si tratta di elettricisti, truccatori, falegnami, fonici: chi più ne ha più ne metta. È un indotto incredibile il cinema e voi lo state distruggendo; per cosa? Per la paura di guardarvi allo specchio.
Però, di questi due obiettivi uno lo raggiungerete, che è quello di distruggere un settore, ma artisti che avranno la capacità di raccontare e di mostrarvi per quello che siete ne troverete sempre, perché poi, alla fine, l'arte è come un fiume - il rigagnolo dove andare lo trova - e troverà il modo, perché poi basta vedere la classe dirigente (io penso che per un autore comico vedere un Ministro come Giuli chiaramente il film già si scrive da solo). Quindi, credo che davvero sarà straordinario mettere in scena determinati personaggi. Sarà difficile trovare degli attori molto bravi, indubbiamente, per mettere in scena personaggi come Giuli, Lollobrigida, Santanche' - insomma, ce ne sono tanti -, ma lo troveranno il modo.
Quello che fate nel cinema è eclatante, ma poi c'è quello che fate nel teatro, perché voi non vi rendete neanche conto di cosa significa mandare avanti un teatro. È stato citato giustamente il Teatro della Pergola, che è l'apice, ma ci sono decine di realtà che, grazie al lavoro che fanno, prendono dei ragazzi e delle ragazze che trovano nel teatro una fonte di espressione, una fonte di aggregazione, una fonte di realizzazione che avviene grazie a queste realtà, che poi fanno corsi, e poi da lì nascono dopo persone che vanno nelle scuole più prestigiose d'Italia.
Ma per fare questo serve una programmazione e se tu mi dici che io ho un punteggio e, quindi, posso accedere a un determinato tipo di quota, io faccio una programmazione che riguarda i miei spettacoli e che riguarda il cartellone che gestisco. Se poi dopo tu arrivi, tra sei mesi, e mi dici: no, di quei soldi non ne hai neanche la metà, ne hai un terzo, ne hai un decimo, allora tutta quella programmazione dove va? E quella programmazione significa realtà culturale, spesso magari in piccole città, che è un faro nella notte e voi non capite che chiudere un teatro o far chiudere un teatro non è chiudere una struttura, è chiudere l'abitudine di andare a teatro, perché una struttura la riapri, ma l'abitudine, la consuetudine di andare a teatro quella è molto più difficile da far ritornare poi.
E cosa pensate, anche lì, che nei teatri che fanno questo tipo di lavoro, che fanno lavoro di innovazione, quando parlano a un attore e gli fanno interpretare Ionesco o Brecht gli dicono: devi andare contro il Governo Meloni? Ma pensate davvero che possa esistere questa roba qua? Pensate che è gente che si arricchisce con il teatro? Voi state trattando una materia senza sapere neanche di cosa si sta parlando. D'altronde - a proposito, ora arrivano quelli che fanno della meritocrazia, vivaddio!, il criterio - se nella Fondazione Teatro Piccolo di Milano c'è il figlio di La Russa o se alla Ales, che è la controllata, la società del Ministero della Cultura che gestisce tutto quello che accade a livello di biglietteria, a livello di strutture, a livello museale per il Ministero della Cultura, prendete Tagliaferri, un consigliere comunale di Frosinone, casualmente di Fratelli d'Italia, che ha una società di autonoleggio e lo mettete a gestire questa roba…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
RICCARDO RICCIARDI(M5S). …e allora premiamo la meritocrazia. Purtroppo, lo spettacolo lo state facendo voi indegno, ma state tranquilli: qualcuno che vi racconterà e vi farà vedere quello che siete lo troverete, perché esisterà sempre .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Cangiano, per sei minuti.
GEROLAMO CANGIANO, . Grazie, Presidente. Io ringrazio il Sottosegretario e i colleghi intervenuti, però invito i colleghi anche a leggere il provvedimento, perché capisco le difficoltà dei contenuti, ma questo provvedimento non parla di cinema e i colleghi del MoVimento 5 Stelle hanno fatto un intervento sul cinema. Quindi, forse, è meglio leggere ogni tanto qualcosa .
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Prego, Sottosegretario.
GIANMARCO MAZZI,. Sì, grazie, Presidente. Allora, io ricordo che dal 1967 nessuno si è mai fatto carico di lavorare a un codice dello spettacolo. Prima della legge delega n. 106 del 2022, che contiene la prospettiva parlamentare, va ricordato che il legislatore ha fatto spesso riferimento, in alcune leggi - persino nella legge n. 163 del 1985, istitutiva del FUS, come si chiamava allora - alla futura approvazione di leggi generali sullo spettacolo, così come in norme contenute in leggi delega, quale la legge n. 137 del 2002, che era finalizzata al riassetto e, quindi, alla codificazione, con conseguente riconduzione a sistema di tutta la normativa stratificatasi nel tempo, anche nelle materie dello spettacolo dal vivo, che non ha mai avuto attuazione, nonostante la tendenza legislativa del tempo al riordino e alla codificazione del settore.
Ma ricordo anche che non ha avuto nemmeno seguito la successiva delega, la legge n. 175 del 2017, che è decaduta nel 2018 per volontà di ben due Governi, il Governo Gentiloni prima e il Governo Conte poi, che ne lasciarono scadere deliberatamente i termini. Quella legge era esattamente la fotocopia dell'attuale e prevedeva all'articolo 2 la redazione di un codice dello spettacolo - lo chiamava proprio così - finalizzato ad assicurare al settore un assetto più efficace, organico e conforme ai principi di semplificazione delle procedure amministrative e ottimizzazione della spesa e volto a migliorare la qualità artistico-culturale delle attività, incentivandone la produzione, l'innovazione nonché la fruizione da parte della collettività, con particolare riguardo all'educazione permanente. Una giurista molto prestigiosa, Annalisa Gualdani, a proposito del susseguirsi di questi disegni di legge delega sullo spettacolo ha parlato di un bizzarro gioco dell'oca, in cui si ritorna sempre all'originario punto di partenza.
Noi cosa abbiamo fatto? Abbiamo predisposto il decreto attuativo relativo all'indennità di discontinuità, mentre sulla restante materia abbiamo approfondito quanto il settore sia caratterizzato da approcci non uniformi e sensibilità diverse. Per questo, il 1° luglio scorso, con la presentazione alle regioni del testo base, proprio in nome della massima condivisione, si è deciso di accordare più tempo affinché ogni soggetto portatore di legittimo interesse possa proporre osservazioni, modifiche e migliorie utili fino al 31 dicembre 2025, per poi proseguire nel 2026 il corretto iter previsto dalle normative di legge.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 1928-2083-2091-2152-2194-A: Delega al Governo per l'organizzazione, la realizzazione, lo sviluppo e il potenziamento dei centri di elaborazione dati.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Amich.
ENZO AMICH, . Signora Presidente, Vice Ministro Valentini, onorevoli colleghi, a nome della IX Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni riferisco sul testo unificato delle cinque proposte di legge relative all'organizzazione, realizzazione e sviluppo dei centri di elaborazione dati, i cosiddetti .
I primi firmatari di queste proposte di legge, oltre a chi vi parla, sono l'onorevole Giulia Pastorella, il Presidente Anna Ascani, l'onorevole Giulio Centemero e l'onorevole Antonino Iaria. Prima di illustrare il contenuto del testo, ritengo opportuno svolgere alcune considerazioni di contesto generale. Lo vediamo tutti i giorni: ci troviamo di fronte a una trasformazione profonda che coinvolge l'intero sistema economico e tecnologico. In un mondo sempre più digitalizzato, i non sono semplici depositi di dati, ma piuttosto infrastrutture strategiche in quanto abilitanti di servizi digitali, sempre più importanti per la rete quotidiana, sociale ed economica.
Tengo a sottolineare come queste infrastrutture - e porto un esempio - siano essenziali per lo sviluppo di soluzioni di intelligenza artificiale, una delle principali sfide tecnologiche di questo tempo. Per funzionare, l'intelligenza artificiale ha bisogno di basi di dati vaste, sicure e affidabili, che sono rese possibili dai strutturati. Ciò richiede importanti investimenti da parte degli operatori, come per esempio avviene ormai da diversi anni negli Stati Uniti, in cui le principali aziende del settore, verosimilmente, arriveranno nel 2025 ad investire oltre 70 miliardi di dollari. Non è quindi un caso che, in un momento di ampio sviluppo dell'economia digitale, il mercato mondiale dei sia in espansione vertiginosa.
In questo contesto, anche secondo quanto emerso da recenti studi, dall'attività istruttoria portata avanti dalla IX Commissione in maniera precisa e puntuale, l'Italia si sta distinguendo per l'ingente crescita di investimenti, che ammontano a circa 15 miliardi nell'ultimo quadriennio, e per la sua attrattiva strategica, anche grazie alla propria collocazione geoeconomica nel bacino mediterraneo. Tale posizione, valorizzata anche dal Piano Mattei per la cooperazione allo sviluppo con i Paesi del Mediterraneo, rafforza il ruolo dell'Italia come strategico per le infrastrutture digitali.
Affinché tutto questo non si sviluppi in modo disordinato, serve una cornice normativa, chiara, moderna e sostenibile, in grado di accompagnare questa evoluzione. Difatti, se da un lato, i sono funzionali alla transizione digitale in atto, l'elevato consumo energetico e idrico che essi richiedono pone sfide dal punto di vista di sostenibilità. Secondo quanto riportato dall'Agenzia internazionale dell'energia, nel 2030, il consumo mondiale dei raddoppierà, arrivando fino a circa il 3 per cento del consumo energetico globale. Al fine di affrontare l'aumento della domanda di energia elettrica, anche alla luce delle condizioni attuali della rete elettrica in Europa, si stima che serviranno investimenti pari a circa 3 miliardi di euro.
Pertanto questa legge si inserisce in un più ampio sforzo normativo e regolatorio, nazionale ed europeo, attualmente in via di elaborazione e consolidamento sull'intelligenza artificiale e sul trattamento ed elaborazione dei dati sul . Da questo punto di vista, è importante ricordare che, meno di un anno fa, è entrato in vigore il regolamento (UE) 2024/1689 dell'Unione europea, detto , e che al Senato è in corso di approvazione, in terza lettura, il disegno di legge del Governo volto ad implementare il regolamento (UE) 2024/903, che istituisce un sistema obbligatorio di monitoraggio della sostenibilità ambientale dei .
Il testo che stiamo discutendo nasce proprio con l'obiettivo di fornire, al settore dei centri di elaborazione dati, un quadro normativo nazionale unitario, che è quello che è mancato fino ad oggi. Attualmente questi impianti sono trattati alla stregua di generici impianti industriali, poco più che capannoni, con tutte le complicazioni del caso in fase autorizzativa. Il provvedimento, invece, punta a pianificare - direi finalmente - in modo sostenibile la crescita del settore, tenendo conto anche degli impatti ambientali ed energetici, a rendere più rapide le vie autorizzative, a semplificare le procedure per consentire a chi investe e agli amministratori locali di valutare e accogliere proposte di insediamento di queste strutture.
Il provvedimento che abbiamo costruito in Commissione è frutto di un impegno comune, concreto e responsabile che ha coinvolto - lo posso dire serenamente, Presidente -, nello stesso modo, colleghi di maggioranza e opposizione, che tengo a ringraziare per il prezioso contributo.
Il testo risultante dal lavoro parlamentare si declina, quindi, in quattro articoli. Il primo articolo reca le finalità sottese al provvedimento, tra cui sostenere la crescita del sistema produttivo digitale e lo sviluppo tecnologico del Paese, attraverso la definizione di una normativa di carattere generale in materia di , che ne garantisca anche - come aggiunto nel corso dell'esame in sede referente - l'approvvigionamento energetico sostenibile, circolare e costante.
Il secondo articolo fornisce la definizione di “centro di elaborazione dati”, ovvero il complesso costituito dalla struttura fisica e dall'infrastruttura tecnologica per la progettazione, la produzione, lo sviluppo e l'implementazione di applicazioni e di servizi informatici, nonché per l'archiviazione, l'elaborazione, il trattamento e la gestione dei dati associati a tali applicazioni e servizi.
Il terzo articolo reca una delega al Governo, da esercitarsi entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, i cui principi e criteri direttivi vanno dalla semplificazione amministrativa attraverso, ad esempio, l'attribuzione di un codice Ateco al comparto, alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza energetica, alla cybersicurezza, fino alla promozione della formazione tecnica e digitale. Resta fermo che il testo prevede che gli schemi di decreto delegato dovranno essere sottoposti al parere parlamentare, affinché le Commissioni competenti possano verificare che lo spirito di questa legge, da com'è nato tutto questo lavoro, sia stato ben colto dall'Esecutivo.
Il quarto articolo, infine, specifica l'applicabilità della legge alle autonomie speciali nel rispetto dei relativi statuti.
In particolare, nella definizione dei principi e dei criteri direttivi, abbiamo voluto rafforzare alcuni aspetti qualificanti del testo, e porterò alcuni esempi: ad esempio, la promozione di infrastrutture per il recupero del calore residuo, come i sistemi di teleriscaldamento; la possibilità di utilizzare siti dismessi per realizzare i nuovi ; il potenziamento della rete elettrica nazionale; l'ampliamento delle competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l'Agcom, e dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, l'ACN, per garantire un corretto controllo sull'utilizzo dei sistemi e la vigilanza sui protocolli di sicurezza. Si tratta di scelte concrete che coniugano innovazione, ambiente e sviluppo economico. Sono convinto che, con questa legge e con i successivi decreti delegati, l'Italia si doterà di uno strumento moderno, utile e strategico, capace di sostenere in modo efficace la trasformazione digitale in corso.
Con l'auspicio che anche in Aula si possa proseguire il confronto con lo stesso approccio costruttivo avuto in Commissione, voglio in questa sede esprimere la mia gratitudine al Servizio studi , al servizio di segreteria e al presidente della IX Commissione, l'onorevole Salvatore Deidda, la cui guida, nel corso dell'esame dei testi, ha consentito che si stabilisse quel clima di proficua collaborazione tra maggioranza e opposizione che desideriamo possa instaurarsi anche in questa sede .
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo: si intende che si riservi di farlo in un secondo momento.
È iscritta a parlare la deputata Gaetana Russo. Ne ha facoltà.
GAETANA RUSSO(FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Sottosegretario, la proposta di legge che incardiniamo oggi, in Aula, in materia di centri di elaborazione dati, i cosiddetti ha il pieno sostegno di Fratelli d'Italia, perché si prende definitivamente atto del cambiamento di paradigma nello sviluppo tecnologico. Non più tardi di un mese e mezzo fa, sono intervenuta in quest'Aula, peraltro, per la discussione del disegno di legge governativo sull'intelligenza artificiale (ora in terza lettura al Senato); il testo di legge oggi all'esame costituisce un ulteriore tassello, nel più ampio sforzo di Governo e Parlamento di farsi trovare pronti con un quadro regolatorio organico e consapevole di queste tecnologie.
Di fatto, nell'ottobre 2022, OpenAI lanciava l'applicativo di , determinando quello che molti osservatori scientifici hanno chiamato il cambiamento più grande da quando, alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, l'informatica è stata rivoluzionata dall'interfaccia grafica, ha scoperto l'esistenza di cursore e . Oggi abbiamo acquisito le intelligenze artificiali, dapprima predittive, poi generative, e l'IA, l'intelligenza artificiale, ha esondato gli argini del comparto tecnologico e pervade tutti gli ambiti della nostra vita sociale e lavorativa, dalla sanità all'istruzione, all'industria.
Queste tecnologie potentissime richiedono infrastrutture di sostegno altrettanto potenti. Si basano, infatti, su masse di dati che devono essere immagazzinati e resi disponibili in quantità e in sicurezza, secondo ordini che prima, ovviamente, non potevamo conoscere. Come gli investimenti nell'IA corrono a ritmi vertiginosi, anche le tecnologie e le infrastrutture di supporto devono adeguarsi a questa tempistica. La IX Commissione della Camera dei deputati, di cui mi onoro di far parte, ha quindi preso atto, in modo largamente condiviso, di questa necessità, tanto da arrivare - come ha ricordato il relatore Amich - a un esito di un testo unificato di cinque proposte di legge, per cui mi corre l'obbligo di fare i complimenti al relatore, ma anche a tutti i rappresentanti dei partiti e delle forze politiche, segno dell'occasione, evidentemente straordinaria e necessaria, di dover intervenire sul tema, di arrivarci bene e per tempo.
Non sarà sfuggito poi, peraltro, come il mercato dei in Italia abbia fatto registrare, nel 2024, una crescita significativa, evidenziando quanto queste infrastrutture siano ormai strategiche nel panorama digitale nazionale, con un aumento addirittura del 17 per cento. In particolare, l' milanese - posso citare Rozzano, Peschiera Borromeo, tanti e tanti comuni, dove i colossi informatici nel milanese stanno costruendo il loro - si sta confermando come il principale polo infrastrutturale del Paese, raggiungendo, con un incremento del 34 per cento rispetto al 2023, una potenza di 238 megawatt. Questi dati posizionano, ovviamente, Milano in vantaggio rispetto ad altri mercati energetici europei, ma ci ricordano come l'Italia può diventare ora un digitale europeo, se semplificherà le procedure e affronterà le sfide energetiche.
I sono altresì un immobiliare che sta attirando grandi investimenti sul territorio nazionale e sono, quindi, anche un'occasione di sviluppo, di lavoro, di rigenerazione urbana; sono un'opportunità di valorizzazione di pubblici oggi dismessi e non diversamente impiegabili, rilievo questo su cui il disegno di legge di delega, oggi in esame, peraltro insiste molto, ossia la valorizzazione e la riconversione di aree dismesse.
Di recente, in conferenza stampa - conferenza qui alla Camera, dove, peraltro, hanno partecipato vari colleghi e il presidente della Commissione bilancio - il collega Marco Osnato riferiva come sia già stato costituito un gruppo di lavoro che fornisca le linee guida per avere un quadro degli immobili pubblici che possono essere trasformati in , potenzialmente utilizzati dalle stesse strutture pubbliche che ne abbiano necessità e che, quindi, siano un'occasione sia di rigenerazione urbana, ma anche uno strumento per sconfiggere il disagio abitativo.
Il Governo Meloni, con lungimiranza e accortezza legislativa, intende quindi inserirsi ora, ed è chiamato a farlo già dai prossimi mesi, con decreti-legge, nella definizione di regole chiare, moderne e condivise con riferimento a tutto l'apparato che vi accede e, più in generale, alle nuove tecnologie. L'attività istruttoria - che peraltro abbiamo svolto in Commissione, come ricordava prima il relatore - ha rivelato che di questa legge c'è bisogno, sia per mettere queste tecnologie sui giusti binari, sia per stimolare investimenti e nuove attività produttive che abbiano ricadute positive sulla crescita economica e, più in generale, sul benessere dei cittadini.
Vengo ora all'articolato che si compone di quattro articoli e che costituisce, soprattutto all'articolo 3, il cuore del testo unificato che dà delega al Governo; delega che deve essere esercitata entro 6 mesi, su cui poi successivamente il Parlamento, con le Commissioni di competenza, recherà gli opportuni pareri, ai sensi del secondo e del terzo comma del richiamato articolo 3.
I principi e criteri direttivi contenuti nell'articolo 3 - giova ripeterlo - sono quattro sostanzialmente: dalla lettera alla lettera , quelli che forniscono una disciplina chiara e semplice delle procedure autorizzative per i , per l'assegnazione di un codice Ateco e per l'allaccio alla rete elettrica, ivi inclusa la previsione di strumenti urbanistici di deroga per l'attuazione di interventi necessari che possano ospitare infrastrutture.
Il secondo, l'individuazione di scelte energetiche sostenibili, con la sperimentazione di sistemi volti alla riduzione del consumo d'acqua e la produzione di energia pulita, mediante il teleriscaldamento, come riportati dalle lettere , , e dell'articolo 3. Vi è poi la riconversione delle aree industriali dismesse - l'ho ricordato prima - in modo da riutilizzare impianti produttivi ormai obsoleti, dando quindi nuove possibilità di lavoro e sviluppo ai territori interessati dalla deindustrializzazione (lettere e ); e, infine, la sicurezza materiale e cibernetica, seguendo anche le migliori pratiche sperimentate in Italia e all'estero, tutte disciplinate dalla lettera alla lettera , attraverso una cabina di regia, in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e con il rafforzamento delle autorità esistenti.
Mi avvio, quindi, alla conclusione, Presidente, ribadendo la soddisfazione del gruppo di Fratelli d'Italia per il lavoro che abbiamo stimolato, che continueremo a portare avanti, con la consapevolezza che i prossimi anni saranno cruciali per il rafforzamento delle infrastrutture strategiche del nostro Paese, con un impegno congiunto tra pubblico e privato e con la consapevolezza che dobbiamo promuovere un ecosistema che favorisca l'innovazione sostenibile e la competitività globale del nostro Paese.
La crescita e la modernizzazione del nostro sistema produttivo e sociale richiedono, però, il concorso di più attori e delle migliori energie, e con questa legge ci proponiamo di migliorare la cornice normativa entro cui queste energie dei nostri imprenditori e dei lavoratori possano essere convogliate.
Faccio mie le parole del Presidente Meloni in occasione dell'AWS Summit Milano 2025 del giugno scorso, evento dedicato al e all'innovazione digitale: il Governo sta lavorando, insieme al settore produttivo e alle parti sociali, per delineare una nuova strategia di sviluppo, capace di anticipare i tempi, attrarre investimenti e indicare nuove rotte.
È un'opportunità che, come sappiamo, Amazon web services, per esempio, ha colto e ha dimostrato di saper cogliere, investendo oltre un miliardo e 200 milioni di euro per realizzare proprio in Lombardia due destinati ai , segno di una ritrovata credibilità, che molto spesso noi di Fratelli d'Italia abbiamo richiamato in quest'Aula, ma anche segno del fatto che si è, sì, capaci di incentivare le eccellenze italiane, il cosiddetto , ma anche di investire sulle filiere innovative più importanti, rendendoci appetibili per i esteri.
Per Fratelli d'Italia costruire una politica di sviluppo a lungo termine significa lavorare per creare le condizioni affinché sempre più aziende e sempre più investitori scelgano la nostra Nazione per produrre. Lo abbiamo chiamato “, mandando anche un messaggio a nostro avviso piuttosto chiaro, cioè: scegliete l'Italia, perché l'economia è solida e resiliente, e perché si può contare su un sistema industriale e manifatturiero di prim'ordine, che crea valore aggiunto e moltiplica qui, da noi, le opportunità.
È un messaggio che abbiamo declinato nel provvedimento che riguarda i grandi programmi di investimenti esteri in Italia; è un messaggio che abbiamo incardinato nel disegno di legge governativo quando abbiamo affrontato il tema dell'IA; è un messaggio che abbiamo ripreso in questo disegno di legge, che prevede e che deve prevedere procedure di semplificazione e l'individuazione di un unico interlocutore, a garanzia di tempi rapidi e risposte certe, dal digitale all'industria, alla difesa, dalla farmaceutica alla , passando per tutto ciò che è connesso alla nostra economia.
Vogliamo, in sintesi, rinforzare le infrastrutture digitali della nostra Nazione, perché produrrà ricadute occupazionali e sociali rilevanti e potrà offrire opportunità di sviluppo e di crescita alle grandi, come alle piccole e medie imprese.
Concludo, Presidente, quindi, ringraziando tutti i colleghi che hanno operato in questo senso. Ringrazio il Governo e auguro buon lavoro per il lavoro e per le nuove sfide che da oggi affronterà, ovviamente con il sostegno del Parlamento, su cui siamo convinti farà trovare l'Italia pronta
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Casu. Ne ha facoltà.
ANDREA CASU(PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, intervengo, a nome del gruppo del Partito Democratico, in una seduta che avremmo tutti desiderato, voluto, sperato, auspicato poter svolgere alcune settimane o alcuni mesi fa, perché eravamo pronti con il lavoro parlamentare. Voglio ringraziare anch'io il presidente, tutti gli uffici della Commissione, il relatore, la collega Pastorella, il collega Iaria, il collega Centemero, la Presidente Ascani: è stato veramente un lavoro collettivo e parlamentare, nel senso proprio e giusto del termine, su un tema che oggettivamente costituisce una priorità.
Siamo rimasti fermi alcuni mesi perché non c'era la possibilità di avere i pareri relativi agli emendamenti, che poi in larga parte ponevano alcune questioni, ma che non hanno inficiato l'adozione del testo base all'unanimità anche da parte di forze politiche dell'opposizione. Ed effettivamente il motivo c'è stato poi svelato in occasione dell'ultima volta in cui abbiamo avuto un momento di confronto con il Governo: è in preparazione anche un decreto per quanto riguarda le procedure autorizzative.
Da questo punto di vista, vorrei portare in quest'Aula un momento di confronto anche sul senso del lavoro comune che dobbiamo portare avanti. Partirei proprio dalle parole che ho ascoltato con grande attenzione durante la cerimonia del Ventaglio del Presidente Fontana che ha sottolineato come, in un momento in cui il 73 per cento della produzione legislativa arriva dal Governo, sia fondamentale, per la tutela della dignità e dell'importanza del Parlamento, porre un accento collettivo, non di parte, non di maggioranza e di opposizione, su come può e deve svilupparsi il lavoro migliore con riferimento alle istituzioni, ossia al lavoro che devono fare le istituzioni.
Su questo tema, onestamente, riconoscendomi in larga parte nei contenuti della relazione del relatore Amich, non ritornerò sulle cifre, sui numeri, né sulla indispensabile necessità di definire un quadro normativo chiaro. Però, io penso che sia un valore aggiunto il fatto che questo quadro normativo venga da un'azione parlamentare che ha visto lavorare insieme maggioranza e opposizione. Ed è un'azione parlamentare che destina, comunque, al Governo una funzione fondamentale, perché poi naturalmente, nell'ambito del processo avviato e della cornice costruita con questa legge, saranno i Ministeri competenti (quando poi saranno riusciti a definire fra di loro quali dovranno essere per tutti i singoli passaggi dovuti) a doversi fare carico di tradurre i passaggi successivi.
Allora, su questo io mi chiedo e vi chiedo: quanto è importante portare a termine questa legge alla Camera e al Senato e fare sì che dentro questa cornice si compiano i passi successivi? Lo dico perché ci sono tante questioni che dobbiamo affrontare e che non sono tutte affrontate nell'ambito delle norme che stiamo andando a presentare oggi. Infatti, chiaramente noi dovevamo proprio costruire le fondamenta, non c'era nemmeno un codice Ateco di riferimento, non c'era nemmeno la possibilità di presentare procedure che fossero unificate per potere presentare la domanda.
Quindi, al di là dei problemi enormi che ci sono, poi, con riferimento agli anni che servono per allacciarsi alla rete elettrica, ai problemi sulle domande, c'era proprio la necessità di mettere quella prima pietra. Però, la corsa non può essere tra Parlamento e Governo a chi mette la prima pietra, perché la prima pietra già c'è: ci siamo già confrontati.
Il tema è cosa costruire sopra questa prima pietra. Su questo, alcune questioni sono assolutamente urgenti. C'è la questione dell'energia, del fatto che i sono e saranno sempre di più strutture energivore ma che non sono riconosciute come strutture energivore. Da questo punto di vista, è chiaro che il Governo deve battere un colpo, è chiaro che bisogna battere un colpo e noi su questo chiediamo al Governo di assumere, oggi, in quest'Aula, un impegno serio e siamo pronti al confronto su un tema fondamentale.
Non solo, c'è anche una questione legata a come effettivamente si stia verificando un fenomeno legato anche alle richieste di prospettiva di saturazione virtuale della rete elettrica. Nell'ottica di questo argomento, come interveniamo per fare sì che quelle autorizzazioni arrivino veramente in quelle strutture che sono pronte a essere immediatamente immesse e non occupino, magari virtualmente, la rete elettrica per le strutture che ancora non sono pronte? Allora, ci ritroviamo con un fortissimo ritardo e magari abbiamo costruito oneri burocratici che bloccano la possibilità di mettere in campo strutture, che sono pronte, per tenere il posto occupato per altre che devono ancora arrivare.
Non solo. C'è la questione autorizzativa, naturalmente unica, e poi c'è la necessità di una direzione, e qui c'è un tema politico - a, mio avviso, cruciale - che è già stato condiviso in Commissione: qual è l'obiettivo che ci poniamo? Il nostro obiettivo, su questo tema, è quello di riuscire a recuperare un ritardo? Sicuramente, perché dobbiamo essere consapevoli che, per quanto noi stiamo andando avanti, per quanto Milano, la Lombardia siano avanti rispetto, per esempio, al resto del territorio nazionale, sia fondamentale implementare, far crescere una struttura capillare su tutto il territorio nazionale, ma comunque partiamo dall'essere indietro rispetto alle realtà del Nord Europa e, soprattutto, dall'essere indietro rispetto alla velocità con cui si stanno evolvendo i grandi soggetti e i grandi protagonisti a livello internazionale.
Quindi, in questa azione, però, dobbiamo capire anche con che modello vogliamo andare avanti. Qui è il grande tema: se il Governo vuole fare un decreto per intervenire sulle procedure autorizzative in maniera rapida, come ci è stato annunciato, per chi vogliamo queste procedure autorizzative? Perché ho sentito fare riferimento all'importanza del meno alla possibilità di valorizzare lo sviluppo dell' attraverso l'integrazione con l'.
Ho sentito fare riferimento ad alcuni modelli, ma non ad altri modelli, nell'intervento del principale partito di Governo. Da questo punto di vista, dobbiamo sapere che già oggi scontiamo ritardi rispetto alla nostra non capacità di costruire un modello di schemi di neutralità e di indipendenza di queste strutture che potrebbero, poi, diventare attrattive per l'intero sistema. Da questo punto di vista, oggi, il nostro tema non può e non deve essere semplicemente quello di avere procedure più veloci per quei soggetti più grandi che magari in questo momento bussano con più forza alla porta del Governo per chiedere di entrare, ma quello di essere capaci in Italia e in Europa di giocare un ruolo, in quale direzione? In quella direzione che condividiamo, che è l'obiettivo del Polo strategico nazionale, dell'idea di un sovrano, dell'idea di avere un sistema di comunicazioni che possa essere, in qualche modo, in grado di garantire un controllo anche sulla sicurezza dei dati, sicuramente della pubblica amministrazione, ma non solo. E, da questo punto di vista, per quelli che hanno il valore, che devono essere tutelati - su questo ci sono posizioni diverse anche nell'opposizione, ma siamo tutti d'accordo che sui dati strategici ci debba essere questo tipo di attenzione -, siete d'accordo anche voi del Governo, perché avete rimandato indietro l'intelligenza artificiale: ha fatto la terza lettura, perché vi siete resi conto che parlare di senza parlare di è totalmente anacronistico oggi. È necessario, invece, ancorare e vincolare determinati processi e procedimenti a un concetto di sovranità che non solo è tecnologica, ma anche, oggi più che mai, è geopolitica e fondamentale.
Da questo punto di vista, pensiamo che, nel momento in cui si decidesse - e auspichiamo che sia questa la direzione - di agire nell'ambito della cornice costruita con questa norma, questi temi molto rilevanti potranno essere affrontati in una giusta prospettiva, in uno scambio, in un confronto naturalmente tra posizioni anche differenti che ci sono tra maggioranza e opposizione, ma rispettando il fatto che non si vuole costruire la scorciatoia per qualcuno e, soprattutto, che non si vuole dare l'ennesimo schiaffo al Parlamento.
Se veramente si creassero le condizioni per cui, dopo tutto il lavoro che è stato fatto, questa legge atterrasse su un binario morto, che non la portasse a destinazione e venisse, in qualche modo, superata da un decreto che si occupa solo di una minima parte di questi temi - che, tra l'altro, non supera rispetto alle questioni di cui il Governo, invece, si dovrebbe occupare, connesse soprattutto al grande tema delle questioni energetiche, che, poi, potrebbe essere vissuta non come un passo in avanti collettivo, ma come una scelta in una direzione, è chiaro che staremmo compiendo l'ennesimo errore. Di fronte a questo, però, ci sarebbe l'aggravante che sarebbe un errore non di una maggioranza nei confronti di un'opposizione, ma di un Governo nei confronti di un Parlamento che, collettivamente, si sta facendo carico di una questione e sta cercando di affrontarla nella maniera più attenta e responsabile. Infatti, siamo perfettamente consapevoli che qui ci stiamo giocando un pezzo fondamentale della sfida del futuro.
Ora, non so se alla fine l'esito della storia premierà le letture della fantascienza e alla fine ci ritroveremo in una società come quella de “La città e le stelle” di Clarke, in cui, intorno ad un'unica grande città, di Diaspar e di Lys, tutta l'umanità scopre il modo di esistere, ma una cosa è certa: tutta la fantascienza concorda sul fatto che si è andati nei luoghi dove l'intelligenza umana, insieme all'intelligenza artificiale, trovava lo spazio tecnologico e fisico dove poteva avvenire quello scambio, dove si potevano fare quei passi in avanti. Se i rappresentano fisicamente quei luoghi, non sappiamo in che direzione ci porteranno, ma sappiamo che, se non siamo in grado di essere all'altezza della sfida che stiamo vivendo, questo passaggio verso il futuro arriverà da altre parti. Noi ne potremmo essere spettatori paganti, potremmo farne parte, potremmo essere vagoni che si collegano da altre locomotive. Però l'Italia e l'Europa hanno l'ambizione, l'aspirazione e la storia, invece, di essere parte di questo percorso. Abbiamo anche le possibilità, abbiamo anche le opportunità, abbiamo anche i luoghi che fisicamente si potrebbero prestare, abbiamo anche la cultura, perché abbiamo anche esperienze di realtà capaci di sviluppare quella dimensione di terzietà, quella dimensione di indipendenza, quella dimensione di neutralità, che è un elemento essenziale della costruzione di una struttura di che possa essere vincente, anche in un'ottica di crescita rispetto al ruolo che possiamo svolgere nell'ambito del Mediterraneo. Proprio per questo dobbiamo essere in grado di agire con la schiena dritta, di non cercare scorciatoie. Laddove sono state cercate, le scorciatoie non hanno portato da nessuna parte. Adesso, non da ultimo, ho letto sull'questa ricerca di xLab che chiarisce come anche gli Stati Uniti si stiano convincendo del fatto che la dimensione attuale satellitare offerta da Starlink non sia una soluzione ottimale nemmeno per le aree interne e per aree meno collegate, per problemi di capacità limitata, che sono misurabili nell'ordine di poche centinaia di utenti, che rendono inapplicabile il servizio in determinate condizioni.
Quindi, perfino gli Stati Uniti, al di là degli scontri, si stanno rendendo conto che quel tentativo, su cui ci eravamo confrontati aspramente, di prendere un'altra strada, è un tentativo sbagliato e chi l'ha fatto sta cambiando direzione per quanto riguarda le connessioni o la riserva di capacità strategica. C'è un grande tema, invece, italiano ed europeo di essere capaci di non perdere più treni, ma di costruirli; quello dei è indispensabile, il Parlamento è pronto. Auguro e auspico che, prima della pausa dei lavori per il mese di agosto, si possa completare il passaggio alla Camera. A quel punto ci sarà il passaggio semplicemente al Senato.
Credo che sia indispensabile che l'azione del Governo venga dentro questa cornice e non vada, invece, a strappare un lavoro che ci può consentire, almeno su questo tema, di mandare un segnale chiaro, forte e unitario .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Iaria. Ne ha facoltà.
ANTONINO IARIA(M5S). Grazie, Presidente. Anche io comincerei con i ringraziamenti ai miei colleghi: la collega Pastorella, il collega Amich, la Presidente Ascani, il presidente della Commissione e anche il collega Centemero per aver portato in discussione, in Commissione trasporti, questo importante argomento. Però, dopo aver fatto questa parte in cui ci ringraziamo, io dico, come prima cosa, che ci abbiamo messo troppo tempo. È passato troppo tempo da quando abbiamo cominciato a discutere, in maniera molto condivisa, un argomento importantissimo che riguarda un infrastrutturale fondamentale per lo sviluppo del nostro Paese e anche dell'Europa (tra l'altro, è una legge delega). Sono passati circa 5 mesi per arrivare adesso a discuterlo in Aula, con il Governo che non ha mai dato delle risposte chiare. Se posso fare un esempio paradossale, la ruota è stata inventata nel 3000 avanti Cristo; con il Governo Meloni la legge delega sull'uso della ruota sarebbe arrivata nel 2000 avanti Cristo. Questo presuppone anche che il Governo Meloni duri 1000 anni e questa potrebbe essere un'altra sciagura.
Però, il tema è legato alle infrastrutture strategiche del nostro Paese. Una delle infrastrutture strategiche, vivendo in un ambiente digitale perché noi vivremo e viviamo già in un ambiente digitale fatto di intelligenza artificiale, di connessioni e di gestione di dati, sono proprio i , legati anche allo sviluppo delle connessioni. Sullo sviluppo delle connessioni di rete siamo in ritardo, nonostante i soldi del PNRR. Sui siamo arrivati a discutere un provvedimento così importante su iniziativa del Parlamento.
Finalmente possiamo dire anche - e sono contento di dirlo - che se il Parlamento potesse lavorare di più e potesse portare in Aula le proposte che arrivano in maniera discussa, ma poi condivisa, nelle Commissioni potrebbe risolvere moltissimi dei problemi del Paese. Invece, siamo sempre costretti a rincorrere decreti-legge e a discutere del nulla. Dicevo che noi, in questi anni, abbiamo portato argomenti che, se paragonati ai , sono veramente banali: il decreto e il decreto sul centro in Albania, che ci ha portato via tempo, ma anche soldi.
Stiamo parlando in Europa solo di armi e di riarmo, quando il tema fondamentale dell'Europa e la sua visione strategica deve portare a investire su questi temi: sui semiconduttori, sullo sviluppo dell'intelligenza artificiale e sullo sviluppo dei . Questa infrastruttura prioritaria, come dicevo, arriva con una legge delega e con il Governo che porterà, forse, una proposta che, però, da questo punto di vista è ancora fumosa e sembra soltanto essere una risposta ad alcuni operatori che vogliono giustamente investire nel nostro Paese.
Però tornerei sul fatto che noi viviamo in un ambiente digitale e molti dei dati che usiamo e che diffondiamo - e con i nostri dati facciamo anche arricchire tutte le grandi , le grandi industrie e le grandi società che lavorano con i dati - sono anche molte volte dati pubblici. Su questo noi non investiamo, nel senso di aiutare i pochi pubblici che abbiamo con delle dotazioni finanziarie, in modo da poter essere più performanti e più che altro potersi anche loro espandere, perché è facile parlare di sovranità digitale ma se poi non creiamo lo spazio dove questi dati possono essere gestiti in questa sovranità digitale - chiamiamolo così - di ambito italiano, ma è più europeo, è difficile fare in modo che questa non diventi e non sia solo propaganda.
Il ruolo dei quindi è proprio questo: immagazzinare dati, gestire i dati e gestirli in sicurezza. Ma qual è l'altro aspetto interessante? È già stato detto più volte. È stato detto più volte che tra le prospettive industriali dell'Italia non se ne vedono moltissime, purtroppo. Noi parliamo sempre dell', ma l'è molto in crisi. Chiaramente, non voglio fare la solita critica al Governo; non è che ha aiutato a lenire questa crisi che porterà tantissimi problemi dal punto di vista occupazionale, ma anche di sviluppo del Paese. Abbiamo la possibilità di essere un importantissimo nel Mediterraneo dal punto di vista trasportistico di dati e, quindi, investire su queste infrastrutture era una cosa da fare dall'inizio.
Il Governo “Conte 2” in un certo senso ci aveva provato, costituendo il Ministero dell'Innovazione con la Ministra specifica. All'epoca non c'era ancora lo sviluppo così marcato dell'intelligenza artificiale, però già si parlava di , di e di tutto questo settore. Ha fatto quello che ha fatto. Non ha fatto chiaramente una rivoluzione, ma ha instradato anche una visione su cui chiaramente un Governo del Paese deve pensare anche dal punto di vista legislativo per indirizzare uno sviluppo del Paese stesso. Noi non abbiamo un Ministero specifico sull'innovazione tecnologica; abbiamo un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che, molte volte, va anche in conflitto con il Ministro delle Imprese e del per accaparrarsi queste fette più che altro di visibilità su questi temi. Questa non è una questione semplicemente di ego dei vari Ministri e tra Butti e Urso, ma è una questione che poi danneggia anche l'iter di provvedimenti che il Paese e gli imprenditori aspettano.
Nella legge delega, che abbiamo condiviso in Commissione, sono emersi degli aspetti molto interessanti, come un aspetto legato al recupero di aree dismesse e abbandonate. Non solo aree dismesse e abbandonate dal punto di vista industriale, ma anche aree diffuse sul territorio e che non hanno più una vocazione industriale. Molte aree del Sud ce l'hanno e anche molte aree montane, dove c'erano vecchi insediamenti industriali dismessi, potrebbero essere - e ritornare ad essere - appetibili come spazi per installare questo tipo di strutture e di innovazioni tecnologiche.
Il tema fondamentale è che non è soltanto una questione di riconversione urbanistica ed edilizia, ma i portano lavoro altamente specializzato. Magari non proprio vicino ai , anche se un po' di lavoro indotto vicino ai c'è, ma portano lavoro specializzato, tra l'altro, che può anche essere attraente per ripopolare aree che magari possono rinascere con questo tipo di vocazione tecnologica. In molti casi si parla di spopolamento delle aree interne o, in questo caso, dal punto di vista anche di gestione dei stessi, di troppa concentrazione in industriali, come è il caso di Milano che sta sovraccaricando effettivamente la rete. Dunque, il fatto di poter creare una distribuzione di questi in aree che, dal punto di vista infrastrutturale o di sottoservizi, possono essere facilmente adattabili creerebbe quella rete, con i nodi che sono caratteristica fondamentale di questa rete di , che potrebbe farci crescere e che potrebbe anche far crescere i territori.
Il tema che, però, ho sottolineato nel mio e nel nostro approccio, come MoVimento 5 Stelle, a questo provvedimento è il tema urbanistico ed edilizio. Avete già detto - i miei colleghi l'hanno giustamente già detto e non ci torno - che i non si capiva che tipo di infrastruttura sono dal punto di vista urbanistico e dal punto di vista del codice ATECO. Adesso si è data una giusta definizione.
Quello che è importante e che è passato parzialmente nella proposta unificata - però conto che sia una proposta , essendo una legge delega - è che ci sia un controllo pubblico sulle destinazioni urbanistiche o sulle specifiche deroghe urbanistiche, per fare in modo di costruire questi , che si abbia sempre, appunto, un controllo pubblico. È un tema molto importante; perché? Faccio un altro esempio che non c'entra con i ma c'entra con il tempo in cui viviamo. Il problema urbanistico di Milano, da cui è derivato il Salva Milano, è stato creato in maggior parte dal fatto che c'era una forte spinta di investimenti privati che hanno, in un certo senso, creato delle modifiche legislative urbanistiche che poi si sono rivelate complicate da gestire. Non vorrei che anche per i succedesse la stessa cosa, cioè che i grandi gruppi economici, che lavorano e che investono su questo campo, indirizzino nell'aspetto delle deroghe urbanistiche il Governo a creare delle semplificazioni che poi possono essere e diventare in futuro delle complicazioni.
Ed è per questo che, nella proposta che è stata portata a mia prima firma, il controllo della politica cittadina per quanto riguarda i piani regolatori o normative regionali per individuare delle aree che possano ospitare questo tipo di strutture all'interno delle destinazioni urbanistiche vigenti, quindi senza creare un'ulteriore problematica ai comuni di fare modifiche di piani regolatori che allungherebbero gli iter e creare, una volta definite queste aree, degli strumenti di normativa urbanistico-edilizia veloci per poter instradare e instaurare questo tipo di strutture, è un percorso che può funzionare. Ha funzionato, in alcuni casi, in altri settori per il recupero e la rigenerazione urbana di edifici abbandonati, dismessi e non utilizzati; mi sembrava anche una cosa utile e spero che questa venga tenuta in considerazione, anche se nella legge delega è stata un pochino annacquata.
Altro tema - l'avete spiegato molto bene - è quello energetico. Sul tema energetico, il tema che è stato portato avanti da più parti è di riuscire a dare la possibilità di creare sinergia tra l'operatore che costruisce il ed eventuali operatori che si occupano di recupero di calore e di teleriscaldamento, per riuscire a capire che il calore emesso - che adesso è un problema - dai , dai computer, che riscaldano l'ambiente e che, quindi, hanno necessità di consumare tanta energia per essere raffrescati, può essere rimesso in circolo ed essere usato per aumentare l'efficienza e il bilanciamento energetico dei .
E per questo ritorno sul discorso dei in area montana. Non è una semplice caratteristica, perché io vengo da una regione che ha grandi aree montane: c'è un esempio, a Pont-Saint-Martin, di un che ha creato questa sinergia con il comune stesso, per cui il calore emesso dai computer e dai diventa una fonte di calore che preriscalda l'acqua del teleriscaldamento, quindi entra in un circuito virtuoso. Questo tema si può, chiaramente, ampliare.
Nella nostra proposta c'era anche il tema di ampliare la possibilità, regolare o fare in modo di facilitare delle convenzioni o delle creazioni di comunità energetiche rinnovabili, in cui il diventasse un grande utilizzatore dell'energia prodotta da queste comunità energetiche. Brevemente, una comunità energetica potrebbe essere creata vicino a un'area dove c'è un stesso. La comunità energetica è molto più efficiente se riesce a vendere o a far consumare l'energia prodotta (in questo caso dal sole) molto più velocemente, senza doverla immagazzinare o metterla in rete. Quindi, un , che ha una costante voracità di energia, diventerebbe un cliente ottimale e anche, magari, un produttore di energia di scarto con il calore, diventerebbe sia cliente che fornitore di servizi energetici, per poter anche ampliare questa modalità virtuosa, che è quella della creazione delle comunità energetiche per il fabbisogno di energia. Il tema del fabbisogno di energia, certamente, non si può risolvere solo con le comunità energetiche rinnovabili, però, se si crea questo aspetto virtuoso per cui l'arrivo di un diventa anche attrattivo per creare questo tipo di possibilità di produzione di energia pulita, diventa una soluzione .
Quindi, da questo punto di vista, noi abbiamo una legge delega che arriva in ritardo. Io non ho sentito che voci dal Governo rispetto a cosa vogliono fare su questo tema dei ; sono molto preoccupato del fatto che questo Governo agisca sempre con la modalità di ascoltare i grandi operatori privati, cioè il grande potente di turno. Io sono abbastanza laico da questo punto di vista: sono contento che ci siano investitori su questo tema in Italia, però non mi piace che il pubblico diventi un loro rappresentante commerciale invece di indirizzare questi investimenti, perché, nelle audizioni a cui abbiamo assistito, le deroghe che chiedevano gli operatori dei erano molto più pesanti dal punto di vista urbanistico-edilizio e di creazione di una via facilitata. Però le vie facilitate molte volte - come in Italia si è sempre visto - diventano delle vie che, poi, vengono bloccate per anni per problematiche anche giudiziarie, burocratiche o di interpretazione legislativa. Quindi, evitiamo di fare questo errore del passato.
Ripeto, abbiamo perso tanto tempo, mi ci metto anch'io, perché noi, la proposta di legge, l'abbiamo cominciata a discutere quattro mesi fa, però il Governo ha perso tantissimo tempo proprio perché, secondo noi del MoVimento 5 Stelle, questo Governo non ha una visione di cosa sia lo sviluppo del futuro. Stiamo cercando di proporvi delle nuove vie, perché il futuro sarà diverso dal presente già di un anno fa (dal passato prossimo) e non possiamo approcciare al futuro sempre con la vostra visione ideologica di negare i cambiamenti climatici, di negare il fatto che ci sia una trasformazione nel mondo da questo punto di vista, di tornare al discorso di creare questa retorica del Paese in pericolo per aumentare la paura delle guerre e, quindi, giustificare il discorso di spendere miliardi e miliardi in armi. Ripeto, se in Europa solo il 50 per cento di quelle risorse nel fosse messo su questi temi, noi diventeremmo veramente, non solo come Italia, ma anche come Europa, la guida, da questo punto di vista, nel panorama mondiale, per lo sviluppo tecnologico del futuro .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pastorella. Ne ha facoltà.
GIULIA PASTORELLA(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Siamo a tre giorni dall'entrata in vigore dei dazi statunitensi. Come Azione, più volte siamo stati in disaccordo su quale debba essere la politica industriale per far fronte a questi dazi, però credo che possiamo essere d'accordo con il Governo e con le altre opposizioni che ci sono due cose da fare, dazi o non dazi: una è l'attrattività degli investimenti esteri e lo sblocco degli investimenti, chiamiamoli, nostrani; la seconda cosa è la digitalizzazione, quindi il passaggio, il salto di qualità sull'innovazione, che possa portare questo Paese ad essere più produttivo.
C'è un sottoinsieme che interseca queste due categorie, ed è proprio quello dei di cui parliamo oggi, perché i , che sono infrastrutture strategiche, sono fondamentali sia per la digitalizzazione del Paese, per l'adozione dell'intelligenza artificiale e per portare alle nostre aziende e ai nostri cittadini questa innovazione, sia per attrarre investimenti. Infatti, sono venuti alla ribalta quando importanti operatori del settore e fondi di investimento stranieri hanno incontrato proprio il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, promettendo investimenti che, poi, si sono già realizzati: abbiamo visto 5 miliardi di investimenti tra il 2023 e il 2024 e una promessa, di cui io non ho motivi di dubitare, di circa 23-25 miliardi di qui al 2030. Parliamo di investimenti importantissimi per il nostro Paese.
E la cosa meravigliosa di questa proposta di legge delega al Governo è che non costa neanche tanto, perché per attrarre questi investimenti, per passare e fare questo salto di qualità sull'innovazione, basterebbe fare alcune cose che mettano i nel nostro panorama legislativo, nel nostro ordinamento, perché la cosa incredibile è che, pur non essendo tecnologie nuove - i esistono da quando esiste -, sono tecnologie, sono infrastrutture che, invece, nella nostra normativa non esistono. Non esiste un codice Ateco, non esiste una destinazione d'uso, una chiarezza su quale destinazione d'uso sia quella più corretta, non esistono percorsi specifici per sviluppare le competenze necessarie per costruirli, mantenerli e svilupparli, non esiste tutta la parte importantissima dell'accelerazione del cosiddetto (quindi, delle autorizzazioni) e men che meno una omogeneità sul territorio nazionale, che ha fatto sì che queste infrastrutture si siano sviluppate quasi in maniera spontanea in alcune zone del nostro Paese, in particolare nel milanese, e per niente, invece, in altre zone.
Tutto questo, quindi, può essere fatto in maniera relativamente veloce, perché si tratta di semplificare, sburocratizzare e dare certezze per far sì che, anche nel nostro Paese, queste infrastrutture possano prendere un minor tempo per la loro costruzione e ne possa anche beneficiare la comunità locale, anche nell'utilizzo dei siti dismessi. Infatti questa proposta di legge è un compendio di tante proposte di legge, cinque proposte di legge, provenienti da forze diverse, ciascuna delle quali aveva un po' una prospettiva diversa. Qui anch'io, come chi mi ha preceduto, intendo spendere qualche minuto per ringraziare il relatore Amich, che si è fatto carico di mettere insieme non solo le nostre diverse proposte di legge, ma anche quello che è emerso nelle audizioni, che sono state tutto fuorché di facciata. Sono state audizioni che ci hanno dato tanti suggerimenti e che hanno integrato le cinque proposte di legge che sono state messe dentro.
E naturalmente, oltre ai colleghi firmatari delle altre proposte, ringrazio anche il presidente Deidda, che ha difeso e portato avanti questo testo unificato, benché abbia o forse anche avendo al suo interno testi delle opposizioni, perché in fondo lo sentiamo molto come un testo della Commissione, e questa è una cosa molto rara. Io sono solo al mio primo mandato, ma sicuramente è la prima e l'unica volta che ho visto una tale coesione.
Questo lavoro collettivo tiene insieme aspetti diversi che ho cominciato a menzionare, ma che davvero cercano di guardare alla struttura del a 360 gradi, da quello che serve per costruirlo fisicamente - quindi il tema delle autorizzazioni, non solo quelle urbanistiche, ma anche quelle ambientali - fino al tema delle competenze che servono per gestirlo, passando naturalmente per il tema dell'energia, che, come Azione, abbiamo cercato di legare al tema del nucleare, perché queste tecnologie e queste infrastrutture sono molto energivore.
In altri Paesi già si sperimenta il connubio positivo e virtuoso di un'energia costante e pulita, come dice la premessa di questa legge, insieme allo sviluppo dei che, naturalmente, porterà a una domanda sempre più crescente di energia.
Abbiamo affrontato, in questa legge delega, il tema della sostenibilità: a partire dalla sostenibilità sociale - quindi, come si possono inserire queste infrastrutture in contesti di comuni anche magari piccoli, perché sono proprio i sindaci di questi piccoli comuni che ci hanno chiesto aiuto e ci hanno detto di aiutarli ad inquadrare meglio queste infrastrutture in modo che portino benefici alle comunità, che non siano solo gli oneri di urbanizzazione, e affinché si integrino e creino, magari, anche delle filiere di competenze - fino alla parte sulla sostenibilità ambientale, quindi sul tema del consumo di suolo, del riutilizzo del calore e delle acque, e così via.
E questo lavoro di concerto, ovviamente, non è stato portato avanti in un vuoto. Questo vuoto non esiste. Il mondo è andato avanti, mentre noi facevamo questo lavoro. E non solo il mondo è andato avanti, ma anche il Governo è andato avanti - e direi menomale! - perché si è giustamente reso conto, come ce ne siamo resi conto noi nella nostra Commissione, del fatto che questo tema era di fondamentale importanza.
In particolare, due Ministeri, il Ministero delle Imprese e del (MIMIT) e il Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica (MASE), si sono mossi su più fronti, tutti giustissimi.
Il MIMIT, per esempio, ha emesso dei codici Ateco provvisori, che aiutano gli operatori ad essere un po' più inquadrati e ad avere più certezza per quanto riguarda il tema giuslavoristico e fiscale. Si è mosso e si sta muovendo su una consultazione per una strategia nazionale, che tocca proprio - non a caso, perché giustamente i problemi identificati sono gli stessi - tutti quegli aspetti che la nostra proposta di legge affronta. Si è mosso con la promessa di una mappatura che identifichi i siti idonei a queste infrastrutture e che, quindi, aiuti ulteriormente gli investimenti esteri.
E si è mosso anche il MASE, il Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, proponendo degli iter accelerati per la connessione alla rete elettrica per i e una sorta di decadimento - questo forse non è il termine tecnico, ma lo utilizzo per far comprendere meglio - di richieste che non sono poi espletate in tempistiche certe, proprio con l'idea di liberare queste energie, energia elettrica ma energia anche nel senso di energia produttiva, per dare priorità a queste importanti infrastrutture.
L'obiettivo è, chiaramente, non solo quello di rendere il processo più uniforme, ma anche di portarlo su tutto il territorio nazionale, perché è ovvio che, se in questo momento la regione Lombardia, la città metropolitana di Milano e altri territori si sono mossi con linee guida e con altri tipi di strumenti, è chiaro che questo di normative non fa bene a nessuno.
Quindi ben venga, per carità, l'intervento dell'Esecutivo, che, ripeto si è reso conto - più tardi di noi, per una volta - che è un tema importante. Però, che cosa non bisogna fare? Non bisogna essere in una sorta di corsa tra Esecutivo e Legislativo.
Il Parlamento ci ha visto lungo: la prima proposta di legge, quella a mia firma, è stata depositata un anno fa, che per i tempi parlamentari non è poi così tanto; eppure ci abbiamo visto lungo, abbiamo fatto il nostro lavoro in maniera rapida e spedita. E poi abbiamo atteso i pareri del Governo. Però, come dicevo, nel frattempo il Governo si è mosso, e non si è mosso verso di noi, ma si è mosso per conto proprio. Il problema è che, magari, noi possiamo anche aspettare, possiamo raccontarci tutto il lavoro fatto dagli uffici, dal relatore, dal presidente e dagli altri colleghi, magari possiamo anche buttarlo nel cestino, però il Paese non può aspettare.
Il Paese non può aspettare di avere una normativa completa. E il timore che noi vediamo, avendo lavorato un testo così completo e così coeso, è proprio che - muovendosi, ciascun Ministero, un po' quasi in competizione, per cercare di accaparrarsi questo tema scottante in senso buono, che porta davvero tanti investimenti - poi, alla fine, si manchi la possibilità di avere, invece, un contesto, un quadro organico e completo, come quello che abbiamo cercato di dare con il nostro lavoro coeso, e che quindi poi si manchi questa opportunità.
Allora il mio auspicio, in conclusione, è molto semplice: che naturalmente l'Esecutivo si muova e recepisca l'urgenza degli operatori, non solo l'urgenza delle imprese che vogliono avere una potenza di calcolo vicino a loro, ma anche l'urgenza dei sindaci, che sono lasciati a loro stessi e non sanno come gestire questi importanti investimenti, così come l'urgenza dei cittadini, che vogliono accesso all'intelligenza artificiale.
Ma l'intelligenza artificiale non vive nell'etere, vive nei e nei E quindi tutte queste entità non possono aspettare, così come noi in Parlamento non vogliamo aspettare, perché siamo pronti da mesi, siamo contenti di essere arrivati in Aula e, quindi, auspichiamo semplicemente che, dalla sinergia del lavoro completo fatto dal Parlamento e dal lavoro che giustamente l'Esecutivo porta avanti dal lato suo, si possa arrivare a un'unione di intenti che porti il nostro Paese a svilupparsi e a beneficiare di queste tecnologie, ma soprattutto a non farci la guerra tra istituzioni, come non ce la siamo fatta tra maggioranza e opposizione. Per una volta che lavoriamo in sinergia, cerchiamo di non rovinare tutto all'ultimo miglio. Siamo arrivati in Aula, portiamo avanti questa proposta!
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Amich: si intende che vi abbia rinunciato.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo: si intende che vi abbia rinunciato.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
A questo punto, colleghi, facciamo una brevissima pausa tecnica. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,15.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2551: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95, recante disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese, nonché interventi di carattere sociale e in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Paolo Trancassini.
PAOLO TRANCASSINI, . Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del disegno di legge, già approvato dal Senato della Repubblica, che dispone la conversione del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95, recante disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese, nonché interventi di carattere sociale e in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali. Il provvedimento giunge all'esame dell'Assemblea al termine dell'esame in sede referente da parte della Commissione bilancio, che si è svolto tra venerdì scorso e la giornata odierna. Faccio presente, in via preliminare, che il provvedimento, suddiviso in quattro Capi, era originariamente composto da 21 articoli e, a seguito delle modifiche introdotte nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, risulta ora costituito da 35 articoli.
Il provvedimento reca un insieme di misure di carattere prevalentemente economico e finanziario, che prevedono interventi volti a far fronte a esigenze emerse nel corso dell'esercizio, provvedendo a stanziare le necessarie risorse finanziarie. Come evidenziato dalle premesse del decreto, il provvedimento intende, in particolare, assicurare il potenziamento e il rifinanziamento di investimenti infrastrutturali, anche con riferimento alla Protezione civile regionale, introdurre misure urgenti in materia di assistenza e cura e interventi in favore delle imprese e delle attività economiche, nonché prevedere misure in materia di enti territoriali. Tenuto conto dell'ampiezza dei contenuti del decreto, in questa sede mi limiterò a illustrare sinteticamente le principali misure contenute nel provvedimento, rinviando al testo scritto della relazione per un'analisi delle singole disposizioni del provvedimento stesso.
Per quanto riguarda, innanzitutto, le norme contenute nel Capo I, che reca disposizioni urgenti per il rifinanziamento di autorizzazioni di spesa in materia di infrastrutture, edilizia carceraria, Protezione civile regionale, nonché misure urgenti in materia di assistenza sociale e cura, segnalo che l'articolo 1 reca disposizioni volte a consentire l'utilizzo del Fondo per l'avvio di opere indifferibili, interviene sulla disciplina delle anticipazioni di cassa in favore dei soggetti attuatori di progetti del PNRR e detta norme in materia di riparto tra le amministrazioni centrali dello Stato del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.
L'articolo 2 reca una serie di disposizioni volte a finanziare la realizzazione di interventi infrastrutturali. In particolare, si prevede il finanziamento delle infrastrutture idriche del comune di Venezia, degli impianti di dissalazione, anche mobili, nei comuni di Porto Empedocle, Trapani, Gela, della diga foranea di Genova e di interventi di edilizia penitenziaria.
Sono previste, inoltre, risorse per la realizzazione di progetti volti alla realizzazione di comunità estive per bambini e anziani, nonché per l'edilizia e la strumentazione delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica.
Si istituisce, infine, un fondo nazionale da ripartire per la rigenerazione urbana, con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2025 e di 30 milioni di euro per l'anno 2026.
L'articolo 3, modificato dal Senato della Repubblica, reca disposizioni in materia di reti di trasporto e infrastrutture stradali. In particolare, si istituisce e si disciplina il Fondo unico per il potenziamento delle reti metropolitane e del trasporto rapido di massa, nel quale confluiscono risorse a vario titolo iscritte nello stato di previsione del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, relative a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane.
Si incrementa poi di 47,5 milioni di euro per il 2025 e di 302,5 milioni di euro per il 2026 l'autorizzazione di spesa prevista dall'articolo 1, comma 1076, della legge di bilancio per il 2018, relativa a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane.
Rilevo, altresì, che l'articolo 3 reca disposizioni in materia di finanziamento delle reti di trasporto e dei relativi programmi di manutenzione straordinaria, prevedendo anche norme volte a garantire la ricognizione annuale degli interventi in corso, nonché a verificare l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti ad essi inerenti e lo stato di avanzamento dei progetti, al fine di assicurare che le risorse stanziate siano effettivamente utilizzate entro i termini previsti dai cronoprogramma dei singoli interventi.
Segnalo, inoltre, che l'articolo 4 reca una serie di misure in favore delle zone colpite da eventi sismici, mentre l'articolo 5 reca disposizioni urgenti per il rifinanziamento di misure in materia di assistenza sociale e cura. In tale ambito, segnalo che viene incrementata l'autorizzazione di spesa relativa all'erogazione dell'indennità per il pensionamento anticipato, denominato APE sociale, per un importo pari a 55 milioni di euro per il 2025, 60 milioni di euro per il 2026, 85 milioni di euro per il 2027 e 50 milioni di euro per il 2028.
L'articolo 6 prevede per l'anno 2025, a determinate condizioni, una forma di integrazione al reddito per le lavoratrici madri, dipendenti o autonome, con due o più figli, che sostituisce, solo per il medesimo anno, l'esonero contributivo parziale dalla quota di contribuzione pensionistica obbligatoria a carico delle medesime lavoratrici madri, già previsto a decorrere dallo stesso anno 2025, ma non ancora attuato e di cui viene ora differita la decorrenza all'anno 2026.
Faccio presente, inoltre, che l'articolo 6-, inserito nel corso dell'esame presso il Senato, incrementa di 30 milioni di euro per l'anno 2025 le risorse del Fondo di garanzia per la prima casa, provvedendo alla relativa copertura finanziaria.
Passando all'analisi delle disposizioni contenute nel Capo II, che reca misure urgenti in favore delle imprese e delle attività economiche, evidenzio, anzitutto, che l'articolo 7 interviene sulla disciplina del dovuto dalle aziende produttrici di dispositivi medici in caso di sforamento del tetto di spesa regionale, previsto per gli anni dal 2015 al 2018, istituendo, nello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle finanze un fondo con dotazione pari a 360 milioni di euro per l'anno 2025, come contributo statale per il superamento del predetto tetto di spesa dei dispositivi medici.
L'articolo 8 proroga, dal 1° luglio 2025 al 1° gennaio 2026, l'entrata in vigore della cosiddetta . L'articolo 9, modificato nel corso dell'esame presso il Senato, dispone la riduzione dal 10 per cento al 5 per cento dell'aliquota IVA applicabile per la compravendita di oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione.
L'articolo 14 reca disposizioni in materia di turismo. In particolare, si dispone l'erogazione di contributi destinati sia alla creazione, alla riqualificazione e all'ammodernamento di alloggi destinati, a condizioni agevolate, ai lavoratori del comparto turistico ricettivo, sia al sostegno dei costi di locazione sostenuti dai lavoratori stessi. A tal fine, è autorizzata una spesa pari a 44 milioni di euro per il 2025 e a 38 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027.
L'articolo 14-, introdotto dal Senato, incrementa di 30 milioni di euro, per l'anno 2025, la dotazione del Fondo per sostenere la filiera dell'editoria libraria e autorizza la spesa di 10 milioni di euro, per il 2025, al fine di rifinanziare il Fondo per la cultura, per il finanziamento di un fondo di garanzia per la concessione di contributi in conto interessi e di mutui, per interventi di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale.
L'articolo 15, che reca disposizioni in materia di agricoltura, incrementa la dotazione del Fondo per l'innovazione in agricoltura di 47 milioni di euro per l'anno 2025 e incrementa la dotazione del Fondo per il sostegno della filiera suinicola di un importo pari a 5 milioni di euro per l'anno 2025.
Segnalo, inoltre, che l'articolo 17 prevede una serie di disposizioni di sostegno alle esportazioni e alle internalizzazioni delle imprese italiane, con particolare riguardo all'accesso ai finanziamenti agevolati, concessi dal Fondo 394, per le imprese che investono in India e nel continente africano, includendo tra i beneficiari anche le innovative e le PMI innovative, a prescindere dalla regione in cui sono ubicate.
L'articolo 18-, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, stanzia risorse per l'anno 2025 per l'erogazione di un contributo straordinario alle emittenti televisive e radiofoniche locali, collocate nella graduatoria approvata per l'anno 2025.
Passando all'esame dell'esposizione del Capo III del decreto-legge che reca disposizioni in materia di enti territoriali, evidenzio che l'articolo 19 interviene sulla disciplina contabile da applicare alla gestione commissariale del comune di Roma, a seguito della conclusione delle attività straordinarie da esso effettuate. Faccio, infine, presente che il Capo IV reca le disposizioni finanziarie e finali del provvedimento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo: si intende che si riservi di farlo in un secondo momento. È iscritto a parlare il deputato Lai. Ne ha facoltà.
SILVIO LAI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervengo in quest'Aula con la consapevolezza che stiamo discutendo su un provvedimento profondamente sbagliato sotto tutti i profili: sul metodo, sui contenuti, sull'impostazione politica.
Al di là del titolo, che già in sé alimenta l'idea di una confusione, questo viene chiamato sinteticamente decreto Economia, che, però, più che economia, sembra un atto di sopravvivenza politica, non certamente uno strumento per affrontare le reali urgenze del Paese.
Questi decreti, voi li fate ogni tanto, sono decreti , ogni 2-3 mesi; partono in un modo - questo era già partito male, con 12 Ministri che lo firmavano, quindi già su questo era così -, poi diventano una sorta di svuota frigo, cioè una cosa a cui ci attaccano tutte le cose che i Ministeri si sono dimenticati di mettere nel decreto giusto oppure che hanno messo, ma per la fretta hanno messo male.
Ecco, il decreto Economia è anche un po' una speranza: suggerirebbe una strategia, una visione, un piano, per rispondere alle tante criticità che colpiscono le famiglie, i lavoratori e le imprese. In realtà, quello che abbiamo davanti è un confuso di misure disomogenee, che però hanno un tratto comune: non vogliono disturbare le rendite consolidate, non vogliono sfiorare chi ha il potere economico, ma vogliono scaricare ad ogni costo sulle fasce più deboli. Io lo avrei chiamato “decreto Rendite”, perché le difende e le consolida, oppure “decreto Immobilismo”, perché non riforma, non investe, non distribuisce riforme in modo equo. Si limita a rinviare, a rattoppare e, soprattutto, a tutelare l'esistente.
Non lo diciamo noi, che siamo cattivi, l'opposizione; lo afferma addirittura il Comitato per la legislazione del Senato, che segnala che il decreto non ha alcuna motivazione dell'urgenza e non ha elementi per valutare la coerenza e neanche l'efficacia delle norme, perché mancano le analisi fondamentali della regolamentazione e tecnico-normativa. Manca la motivazione dell'urgenza e lo si vede, perché non c'è un'emergenza che richiedeva un decreto di questo genere; c'è soltanto una rincorsa continua, una sorta di ricerca infinita di un equilibrio interno alla maggioranza: siccome un partito mette una cosa, l'altro ne deve mettere un'altra; una maggioranza che ha bisogno di produrre norme più per apparire che per agire concretamente. E così le norme vengono redatte in modo approssimativo, molte sono duplicate, altre ritirate da altri provvedimenti e ripresentate qui, senza alcun coordinamento.
La stessa Corte costituzionale ha già più volte denunciato questo abuso di decreti , chiamandoli come una lesione della funzione parlamentare e una minaccia alla coerenza dell'ordinamento. Tanto è vero che questo decreto, rispetto al quale avevate minacciato anche emendamenti piuttosto pericolosi, che poi riprenderò, ad un certo punto, è stato portato in Aula senza relatore, senza tempo per un confronto, blindandolo con il voto di fiducia, perché vi eravate dimenticati che scadeva il 30 agosto e che, quindi, non si poteva aggiornare, se non approvandolo immediatamente in questo modo.
Doveva essere un decreto strategico, invece è diventato un atto burocratico, da convertire in fretta, senza alcun elemento di urgenza, senza alcun elemento di necessità o di risoluzione dei problemi dei cittadini e delle imprese del sistema economico-sociale, che non sono mai entrati nei contenuti.
Eppure, ci sarebbe la necessità di un decreto Economia. La settimana scorsa l'Istat ci ha comunicato che la crescita del PIL sta rallentando in modo significativo; il carrello della spesa è aumentato del 3,4 per cento rispetto all'anno scorso, quindi, sta riprendendo il fattore inflattivo, ed è un dato pesante, perché colpisce i beni essenziali. Tra l'altro, come stanno andando le entrate fiscali? Certo, l'Irpef aumenta - segno che c'è un carico fiscale sui redditi da lavoro che cresce -, però cala l'IVA, e questo perché i consumi si contraggono, cioè c'è chi lavora e paga di più e chi consuma riduce la spesa.
Per questo l'economia sta rallentando, al di là dei numeri sull'occupazione che richiamate sempre, che, però, sono numeri di un'occupazione provvisoria, precaria. Basta chiedere in giro al sistema del commercio per capire come stanno andando, in qualche modo, gli affari in questo momento: le vacanze si riducono, le persone concentrano una volta al mese quello che prima facevano una volta alla settimana. Ma il Governo tace e presenta questa roba qui: nessuna misura sul cuneo fiscale, nessun intervento sui salari - anzi, guai a parlare di salario minimo -, nessuna azione per rilanciare la produttività, guai a parlare di norme che possano consolidare il lavoro, renderlo meno precario, renderlo utile per costruire fiducia rispetto al futuro.
Eppure, ci sarebbe anche lo spazio per agire, perché voi state perdendo l'occasione dei 7 anni che abbiamo, come Italia, in base al nuovo piano di bilancio europeo, per programmare investimenti e fare riforme strutturali; una finestra che viene totalmente ignorata soltanto per fare misure e poi, alla fine, per cedere alle richieste di investimenti in armi e in altre cose assolutamente indicibili, come nel caso dei dazi.
Tre decreti in tre settimane, zero coerenza. Sì, perché non c'è soltanto questo decreto: in queste settimane abbiamo discusso di un decreto sul fisco e di un decreto sulle piccole e medie imprese, ma, se uno cerca un po' di coerenza politica tra questi testi, non ce n'è. Ogni decreto è un'occasione per fare quello che ho chiamato prima lo “svuota frigo”, per accontentare qualcuno o qualche pezzo di Paese che, magari, vi ha votato o pensate che vi voterà, se voi lo soddisferete. Ora, quello che colpisce di più è che, in questo momento in cui esaltate la vostra azione di Governo, in realtà, quello che è evidente quando ci si guarda fuori dall'Italia è che l'Italia è silenziosa. Sì, per esempio, uno dei fallimenti più gravi da questo punto di vista è come questo Governo si è proposto sulla questione dei dazi imposti dagli Stati Uniti.
Questi dazi sono un costo enorme per l'economia italiana, anche qui non lo dice la cattivissima opposizione. Per esempio, Stellantis ha detto che questa roba costerà 1.500.000.000 di euro, per il 2025, per il comparto di auto in Italia; la Confartigianato ha parlato di rischio di chiusura di decine di migliaia di piccole imprese orientate all'. Eppure, qual è la reazione del Governo Meloni? Il silenzio, la tranquillità, il sopire. Addirittura, qualcuno ha parlato di possibilità positiva, persino di una possibilità di reazione, una grande occasione. Sì, salvo che in tutta Europa, invece, la pensino diversamente, anche quelli che sono i vostri compagni di strada - i centristi francesi oppure il centrodestra tedesco -, che hanno dichiarato con nettezza qual è il giudizio su questa azione di Trump. Solo che dall'altra parte c'è l'amicizia, il rapporto speciale, quello che ha portato la Premier a stare in quarta fila alla presentazione di Trump, all'avvio della sua attività. Quarta fila in cambio del silenzio, del silenzio di un Paese, che è il secondo Paese manifatturiero d'Europa e che questa azione ha portato ad essere anche uno dei Paesi più isolati d'Europa. Altro che azione politica, altro che incidenza nell'estero: noi non contiamo niente, siamo soli, isolati, e qui c'è una responsabilità precisa del Governo che voi sostenete.
Io vorrei parlare di tre cose di questo decreto in maniera particolare, tre cose che sembrano più marginali, ma che sono tutte indicative di quanto ho affermato sino a questo momento sull'atteggiamento del Governo in termini di rendite. Primo: la . C'è una responsabilità di tutti su questo aspetto, però, negli ultimi tre anni, il Governo è il vostro. Quest'anno, rimandare la costa esattamente 142 milioni, 142 milioni che sono scritti nella relazione tecnica. Dal momento in cui è entrata in vigore obbligatoriamente, è costata 800 milioni di euro. Insomma, siamo al paradosso: una legge dello Stato sistematicamente sospesa, mai attuata, con costi enormi per le casse pubbliche e benefici certi solo per alcune grandi imprese. Alla fine, noi abbiamo regalato 800 milioni di euro - 142 soltanto con questo decreto - alle multinazionali del rinunciando a risorse che potevano essere investite in educazione alimentare, mense scolastiche sane, prevenzione sanitaria, contrasto all'obesità infantile.
Come hanno reagito queste multinazionali? La Coca-Cola ha minacciato il taglio di 200 posti di lavoro nello stabilimento di Catania in caso di attivazione della : un vero e proprio ricatto. Questo ricatto è stato accettato senza reagire. Poi i dati reali, però, sono altri. L'impatto che la Coca-Cola, nel bilancio 2024, ha stimato per la in Italia comporterebbe una riduzione dei margini operativi dello 0,5 per cento, cioè parliamo di 7 milioni di euro su 1.400.000.000 di fatturato. E, quindi, per difendere questi 7 milioni di euro della Coca-Cola, lo Stato decide di regalare a tutte le multinazionali 142 milioni di euro solo nel 2025. Su 27 Paesi europei, 24 applicano già da tempo la : per esempio, il Regno Unito ha ridotto significativamente - così dice la scienza, le verifiche e tutti gli studi - il consumo di zuccheri, senza impatto negativo sull'occupazione e sul mercato.
L'Italia cosa fa? L'Italia è al quarto posto in Europa per obesità infantile, tanto è vero che avete approvato, come primi firmatari, una legge sull'obesità, però l'avete approvata senza risorse, come un manifesto di impotenza. Il 40 per cento dei bambini, per i quali avete fatto la legge, tra i 7 e i 9 anni, è in sovrappeso o obeso, e tende ad aumentare, nei prossimi 15 anni, sino al 50 per cento. I costi sanitari corredati al consumo eccessivo di zuccheri supera i 10 miliardi di euro l'anno: questo secondo il Ministro della Salute che voi guidate.
Allora, il tema è: da che parte sta questo Governo? Dalla parte della sanità, del bene dei nostri bambini, della cura e della prevenzione dell'obesità, oppure dalla parte delle multinazionali che fanno utili miliardari e che riescono a piegare, con i ricatti, la politica? Ecco, questo è un caso simbolico di rendita che non si tocca.
Un altro caso simbolico, il lavoro. Si è evitato, ma soltanto perché eravate in ritardo, di fare danni gravissimi sul tema del lavoro, due in particolare, sono stati denunciati dal Partito Democratico al Senato e li ridenunciamo anche noi: il tentativo di allungare per 48 mesi - non per esigenze straordinarie, non in situazioni di emergenza, ma come normale prassi aziendale - la possibilità di un lavoro precario, un lavoro usa e getta, così il lavoratore diventa semplicemente una variabile di costo, senza alcuna prospettiva di stabilità, altro che lotta alla mancanza di sviluppo delle famiglie; la seconda cosa sono i contratti di zona. I contratti di zona richiamano una vecchia cosa che nel nostro Paese è stata già abolita, ed è un tentativo di ritorno - quello delle gabbie salariali - che non capiamo che senso abbia per garantire la pari dignità al lavoro, indipendentemente dal luogo di residenza, come sarebbe. Il tema è: chi trarrebbe vantaggio da questo modello? Soltanto le imprese meno virtuose, quelle che hanno interesse ad avere “contratti pirata” a livello territoriale per abbattere i costi, abbattendo anche i diritti. Insomma, da una parte, dite “no” al salario minimo dicendo che ci pensa la contrattazione collettiva, dall'altra, svuotate la contrattazione, la rendete debole, frammentata, priva di forza vincolante, se si fanno i contratti di zona.
Quindi, a prima vista, sembra una contrattazione ma, in realtà, mi sembra coerente con chi pensa che bisogna mantenere bassi i salari, evitare le regole minime e consentire una competizione al ribasso tra i lavoratori, a cui i lavoratori italiani stanno rispondendo emigrando, andando via da questo Paese, soprattutto quelli più giovani e quelli che hanno più competenze, più cultura, più risorse culturali per poter fuggire da un luogo dove vengono schiacciati verso il basso. Purtroppo, il rischio che abbiamo è questo: abbiamo più precarietà, meno salari, meno diritti e meno giovani.
Terzo elemento, sanitario. Quello che avete fatto in questo decreto lo giudicano le aziende coinvolte. È un vero pizzo di Stato - questo sì - sulle piccole e medie imprese sanitarie, perché l'idea che si possa pagare il 25 per cento, entro 30 giorni, di quello che era stato previsto nel periodo 2015-2018 va bene solo alle grandi aziende. Le piccole aziende, quelle che, in qualche modo, vivono semplicemente del trasferimento delle grandi tecnologie verso il sistema ospedaliero, verso il Sistema sanitario, non hanno le risorse in bilancio per fare questo tipo di lavoro, tant'è vero che noi avevamo chiesto di intervenire attraverso delle modifiche, che erano l'introduzione di una franchigia al di sotto della quale le imprese, le piccole imprese, quelle che non hanno avuto un fatturato altissimo, sarebbero state esenti, una rateizzazione decennale per permettere alle imprese di sopravvivere e anche la sospensione delle esecuzioni coattive, almeno per un certo periodo.
Tutte queste proposte sono state respinte. Perché? Perché, alla fine, è più conveniente premiare le grandi multinazionali piuttosto che andare a cercare le piccole e medie imprese. C'è una scelta politica chiara: si scarica una cosa che pare uguale per tutti, ma in realtà è molto diversa, perché, quando fai pagare tutto alle stesse condizioni a soggetti che sono dimensionalmente differenti, fai delle grandi suddivisioni e fai delle grandi differenze.
Fai delle grandi disuguaglianze, con un rischio, che è quello che un sistema di migliaia di aziende, 1.400 aziende, rischia il fallimento, con un impatto su oltre 190.000 addetti, che, peraltro, sono addetti di un settore che è un'eccellenza per il nostro Paese. Noi abbiamo tentato in qualche modo di fare degli emendamenti: oltre a questi sul , abbiamo tentato in qualche modo di porre dei vincoli alla , per esempio destinare le risorse alla sanità e alla scuola, quindi all'educazione e al sistema sanitario, per dare un vincolo etico, sociale, anche per motivare maggiormente rispetto a un sistema diseducativo che deve diventare educativo.
Così come abbiamo chiesto di far diventare più trasparente il rapporto semestrale sul PNRR, perché in questo decreto voi intervenite anche su questo, anche lì in maniera disordinata, minacciosa, non di accompagnamento per gli enti locali.
Abbiamo chiesto risorse straordinarie per la rigenerazione urbana. Abbiamo chiesto di stare più attenti a quella che è una dimensione pericolosa, per la quale voi prendete iniziative che hanno una dimensione grande e iniziate a sbriciolarla. Per esempio, ne dico una: avete finanziato la diga foranea di Genova, togliendo risorse al sistema del trasporto ferroviario. Se c'è una cosa che aveva bisogno di essere aiutata, data anche la cattiva gestione che si sta attuando in questo momento, è proprio il trasporto ferroviario: togliere quelle risorse da là è una scelta molto precisa, secondo me assolutamente dannosa, cioè pericolosa sotto ogni aspetto. Eppure prendete cose che hanno una loro infrastruttura, una loro stabilità e lì togliete, lì distogliete, perché non si possono toccare altre cose politicamente più rilevanti, tipo il ponte sullo Stretto. Noi abbiamo tentato di dire che era meglio preservare 300 milioni sul sistema ferroviario piuttosto che togliere per un ponte sullo Stretto che avrebbe tempi lunghi, per quanto noi lo consideriamo un'infrastruttura certamente non strategica.
Comunque, questi emendamenti (e ce ne sono molti altri che abbiamo presentato) sono stati tutti respinti, perché in realtà potevano rappresentare un consolidamento di alcuni elementi di giustizia e di alcuni elementi di correttezza, piuttosto che semplicemente delle rendite che sono in qualche modo quelle che voi volete proteggere e che sono la base del vostro consenso.
C'è un ultimo aspetto che ora voglio segnalare ed è questo: questa frammentazione normativa non solo è legata chiaramente a un aspetto elettorale che priva di una visione di sviluppo, di una visione prospettica il nostro Paese, ma produce anche un caos per i cittadini, per le imprese, per i comuni.
Noi, insomma, non possiamo sottovalutare ciò che questo metodo legislativo sta dando ai comuni, alle imprese, sia in termini di certezza del diritto sia anche in termini di tenuta delle istituzioni democratiche, di legittimità dello Stato: cioè, ogni decreto è una specie di cantiere che, anziché risolvere i problemi, apre nuovi contenziosi, nuove incertezze e crea nuovi oneri amministrativi.
Le leggi non sono più strumenti di governo dei processi sociali ed economici, ma solo strumenti di gestione di un consenso politico e territoriale che serve soltanto per distribuire risorse selettive e non per costruire un quadro stabile. Questo lo stanno pagando moltissimi comuni e le amministrazioni locali che si trovano sommersi da decreti che assegnano fondi con vincoli assurdi, con scadenze impossibili e con obblighi di rendicontazione che cambiano in 3 mesi. Anche in questo decreto ci sono questi danni. Abbiamo tentato di attenuarli, non avete colto i nostri suggerimenti.
Voglio concludere, perché mi sembra che sia evidente come qui siamo di fronte all'assenza di una strategia utile per il Paese. Sì, perché da un decreto Economia, quello che ci saremmo aspettati è anche una strategia: una strategia economica, una strategia politica e industriale. Una strategia politica e industriale che deve essere, nello stesso tempo, nazionale e possibilmente contribuire anche a quella europea. Noi abbiamo molti settori che oggi sono colpiti da fattori critici, che meritavano una riflessione e un'elaborazione.
Abbiamo una concorrenza globale aggressiva, con Paesi terzi che abbassano i costi con il ambientale, sociale e salariale; abbiamo i dazi degli Stati Uniti, di cui abbiamo parlato; abbiamo una transizione energetica e digitale che richiede investimenti e riconversione; abbiamo una debolezza fortissima della domanda interna che frena gli investimenti. Ecco, questo avremmo dovuto affrontare con un decreto che voleva essere un decreto che si occupava di economia.
Invece, noi abbiamo avuto soltanto un decreto confuso, impossibile da applicare, impossibile da comprendere, che ha solo un filo rosso: quello di non disturbare le rendite, di non intaccare gli interessi forti e di scaricare ogni costo su famiglie, lavoratori, giovani e piccole e medie imprese. Questo non è governo dell'economia è solo governo della rendita.
Per questo noi diamo un giudizio negativo e lavoreremo per contrastare questa iniziativa di Governo .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Barabotti. Ne ha facoltà.
ANDREA BARABOTTI(LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, il decreto che ci apprestiamo a convertire contiene innumerevoli misure positive, supportate dalla forza dei numeri e indirizzate a una visione politica chiara. Prima di passare in rassegna le tante misure, mi deve permettere, signor Presidente, di svelare alcune menzogne alimentate dalla sinistra.
Negli ultimi mesi, le opposizioni si sono stracciate le vesti per i dazi americani, accusando il nostro Governo di essere arrendevole, di essere subalterno, di essere addirittura suddito di Donald Trump e degli Stati Uniti d'America. Cari colleghi, vi svelo un piccolo, ma importante segreto: avete sbagliato indirizzo. Il Governo italiano non ha firmato alcun accordo commerciale con Washington. E sapete, piuttosto, chi era seduto al tavolo con Trump per firmare questi accordi? Non Giorgia Meloni, non Matteo Salvini, non il Governo italiano, ma la vostra amatissima Ursula von der Leyen!
La sinistra italiana, che fa parte organica della maggioranza che sostiene la Commissione Ursula, oggi punta il dito contro questo Governo, fingendo di ignorare che la trattativa con gli Stati Uniti è stata condotta dall'Europa e non dall'Italia.
Allora, Presidente, se la segretaria Elly Schlein è scontenta dell'accordo sui dazi, anziché chiacchierare e fare dichiarazioni alla stampa, chiami al telefono i suoi deputati e gli dica di firmare una mozione di sfiducia nei confronti della Presidente della Commissione, perché a differenza della Lega, il Partito Democratico ha sostenuto Ursula von der Leyen e ha rinnovato la fiducia alla Presidente della Commissione proprio il 10 luglio, quando si votava una mozione di sfiducia nei confronti della sua Commissione. Questa è una verità che nessuno di voi può smentire, non sono opinioni politiche, ma atti parlamentari.
Allora sul tema dei dazi, sul tema della sovranità italiana, smettetela di prendere in giro gli italiani. Dobbiamo dirci le cose come stanno: a mettere in crisi le nostre imprese non saranno tanto le tariffe americane al 15 per cento, ma le follie ideologiche che - guarda caso - avete approvato voi stessi, a partire dal che, secondo le stime della stessa Commissione, costerà all'Europa 1.285 miliardi di euro l'anno, 8 punti di PIL, un valore che decuplica le tariffe americane, un macigno che pesa dieci volte più dei dazi voluti da Donald Trump. Vi siete mai chiesti, allora, chi fa più danni alla nostra economia, alla nostra competitività: l'Amministrazione americana o la Commissione europea?
E non finisce qui: negli ultimi 5 anni, l'Europa ha prodotto 13.000 nuove norme che riguardano il nostro sistema produttivo. Negli Stati Uniti, Trump incluso, ne hanno emanate appena 3.500 e il rapporto sulla competitività - non la Lega, non Barabotti, ma il rapporto sulla competitività europea - ci dice che questa burocrazia pesa sulle aziende come un dazio del valore del 45 per cento per quanto riguarda la manifattura, un valore che sale al 110 per cento per quanto riguarda le imprese che operano nel campo dei servizi.
Allora, vi faccio di nuovo questa domanda: il nemico dell'economia italiana è Trump o Ursula von der Leyen?
È ora di raccontare la verità a chi ci ascolta fuori da quest'Aula e c'è una notizia che dobbiamo dare a chi ci ascolta fuori da quest'Aula: il Governo italiano, di fronte a questo scenario, non sta fermo.
Non ci limitiamo a subire le scelte sbagliate di Bruxelles o la debolezza dell'Unione, non ci limitiamo a lamentarci; agiamo concretamente per rafforzare l' e diversificare i nostri mercati di sbocco. I dati lo confermano: l' è il motore, uno dei grandi motori della nostra economia. Nel 2024 le esportazioni italiane hanno rappresentato quasi un terzo del nostro PIL e nei primi mesi del 2025 le nostre imprese hanno fatto ancora meglio: più 3,2 per cento. Nonostante la congiuntura globale difficile, l'Italia cresce anche a livello internazionale.
Proprio per questo il Governo ha varato una strategia chiara di fronte ai dazi americani e alla restrizione di alcuni mercati: rafforzare l' verso i mercati extra-europei, con attenzione particolare all'India, dove nel 2024 abbiamo registrato il miglior risultato di sempre. Allora, il decreto, che oggi ci apprestiamo a convertire, prevede fino a 200 milioni di euro che possono essere utilizzati per sostenere le imprese italiane che vogliono investire in quel mercato, in India. È la dimostrazione che il nostro Governo reagisce in modo proattivo, creando opportunità concrete, mentre altri si limitano alla solita e sterile lagna.
Parlando di competitività, è giusto evidenziare un altro passo avanti storico del nostro Paese: una riduzione delle tasse sulla compravendita delle opere d'arte; una battaglia che, con la Lega e con in testa il senatore Claudio Borghi, abbiamo portato avanti con coerenza e determinazione. Da anni, il nostro mercato dell'arte era soffocato da un'IVA al 22 per cento, mentre in Francia e in Germania la tassazione era, rispettivamente, del 5,5 e del 7 per cento. I collezionisti italiani, quasi il 70 per cento del totale, compravano, quindi, a Berlino o a Parigi e le nostre gallerie perdevano fino al 50 per cento del fatturato.
Con questa norma, l'Italia diventa il Paese europeo con l'IVA più bassa nel settore artistico: 5 per cento. Finalmente possiamo competere ad armi pari, trasformando l'Italia in un internazionale per il mercato dell'arte. Secondo uno studio di Nomisma e di Intesa Sanpaolo, il comparto artistico nazionale può passare da 1,36 miliardi a 1,5 miliardi di fatturato diretto in soli tre anni, con benefici che si estenderanno a tutto il settore: case d'asta, musei, artigiani, trasportatori specializzati e così via. È una svolta epocale che rimette al centro il nostro patrimonio artistico, anche come volano economico.
E se si parla di competitività e occupazione, dobbiamo rivendicare con forza le misure a sostegno delle donne lavoratrici. Ci avete accusato di essere un Governo che non si occupa delle donne, ma i numeri raccontano un'altra storia. Dall'insediamento del nostro Governo, le donne occupate in Italia sono cresciute di quasi 280.000 unità, superando il record storico di 10 milioni di lavoratrici. Un risultato, però, che non è frutto del caso, ma di scelte precise. Parliamo del taglio del cuneo contributivo, di cui hanno beneficiato l'84 per cento delle donne lavoratrici, con un risparmio medio in busta paga di circa 100 euro al mese; parliamo della decontribuzione al 100 per cento per le madri lavoratrici con contratto a tempo indeterminato, una misura che interessa oltre 800.000 donne. Con questo decreto facciamo di più: stanziamo 180 milioni di euro aggiuntivi, portando a 480 milioni le risorse per sostenere il lavoro femminile. Mentre voi parlate di pari opportunità, noi le pari opportunità le realizziamo .
Veniamo ora agli enti territoriali, altro tema su cui si è fatta tanta propaganda, su cui le opposizioni hanno aspramente criticato questo Governo. Ci accusate di tagliare i fondi ai comuni, alle province, ma dimenticate due verità che vi bruciano e che noi dobbiamo ricordare agli amministratori italiani di tutta Italia, di destra e di sinistra. La prima si chiama superbonus 110 per cento: una misura che peserà - anzi, che ha pesato e peserà - sui conti pubblici per 40 miliardi l'anno fino al 2027; una manovra scellerata, che ha prodotto l'efficientamento dell'1 per cento degli immobili italiani. La seconda si chiama riforma della economica europea, che ci obbliga a una correzione di bilancio annuale di 12 miliardi, e anche in questo caso le manine che hanno dato via libera alla Commissione su questo fronte non sono certo quelle della Lega.
Sono questi i due macigni che hanno ridotto gli spazi di manovra per la politica economica ma, nonostante questo scenario, il Ministero dell'Economia e delle finanze, guidato dal grande Giancarlo Giorgetti, insieme a questo Governo hanno voluto incrementare di un miliardo il fondo di solidarietà comunale per i prossimi cinque anni. Abbiamo istituito un Fondo da 300 milioni per sostenere i comuni nell'assistenza ai minori e abbiamo aumentato di 300 milioni il Fondo per le province e le città metropolitane.
Oggi, con questo decreto, andiamo oltre: istituiamo il Fondo nazionale per la rigenerazione urbana, con 80 milioni spalmati in due anni, incrementiamo di 350 milioni il Fondo per la manutenzione delle strade provinciali e delle città metropolitane, potenziamo di 20 milioni il Fondo regionale di Protezione civile e interveniamo sul Fondo per le opere indifferibili, garantendo che i progetti che non saranno più finanziati con risorse PNRR non vadano perduti.
Colleghi, questo decreto non è solo un insieme di misure economiche, ma una visione. È la visione di un Governo che, nonostante i vincoli e le zavorre ereditate dal passato, sceglie di stare al fianco delle imprese, delle famiglie, delle donne lavoratrici e degli enti locali. È l'iniziativa di una maggioranza che, alla solita lagna messa in scena da una politica scoraggiata, preferisce l'azione di un Governo impavido e di un Paese orgoglioso . Mentre voi gufate, noi lavoriamo con la schiena dritta, senza prendere ordini da Bruxelles, senza sudditanza nei confronti di nessuno e senza inchinarci a chi vorrebbe fare dell'Italia un Paese docile e asservito, anziché una Nazione sovrana e competitiva. Noi siamo qua per difendere l'Italia che lavora e che produce e, fino a quando gli italiani ci daranno la loro fiducia, da qui non ci spostiamo
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Marianna Ricciardi. Ne ha facoltà.
MARIANNA RICCIARDI(M5S). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, rappresentanti del Governo, come tutti sappiamo l'Italia è una Repubblica parlamentare sulla carta, perché soltanto quella ci è rimasta, la carta. Sulla carta ogni lavoratore riceve un compenso che è proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e, in ogni caso, sufficiente a garantire a sé e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Ho ricordato l'articolo 36 della Costituzione, la Carta, appunto. In realtà, però, ci sono 4 milioni di persone che in Italia, pur lavorando, sono povere e con voi al Governo sono aumentate, ma sulla carta va tutto bene: ricevono un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, che garantisce loro di vivere in maniera dignitosa.
Sempre sulla carta, la Repubblica garantisce cure agli indigenti: sono le parole dell'articolo 32 della Costituzione, ma nella realtà ci sono 6 milioni di persone che ogni anno rinunciano a curarsi e, di queste, 3.100.000 persone lo fanno per motivi economici, ma sulla carta va sempre tutto bene perché l'articolo 32 della Costituzione ci dice che lo Stato garantisce le cure agli indigenti.
Sempre sulla carta tutti noi siamo cittadini di una democrazia parlamentare, in cui il potere di fare le leggi appartiene alle due Camere, che lo esercitano collettivamente. Questo è l'articolo 70 della Carta, ma in realtà questo decreto è stato scritto interamente dal Governo, perché i deputati hanno avuto la possibilità di poter leggere questo fascicolo alle 14,15 di giovedì 31 luglio e alle 15,30 - quindi, un'ora e un quarto dopo - già erano convocate le Commissioni per poter esprimere i pareri.
Io mi chiedo: con un fascicolo di 100 pagine, 35 articoli, molti commi, molte lettere, come è possibile che i parlamentari che hanno espresso parere, in particolare parere favorevole a questo testo, abbiano avuto davvero il modo di poter leggere e prendere visione di quanto hanno votato? In un'ora e un quarto bisognava fare un lavoro enorme, andando a vedere le leggi che venivano modificate. Vi faccio un esempio, un pezzo piccolo che voglio leggere.
L'articolo 5, comma 4, lettera , recita: “A 60 milioni di euro per l'anno 2026 si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 203, della legge 11 dicembre 2016, n. 232”.
Per capire a cosa si sottraggono le risorse, per spostarle su altro, quindi, bisognava cercare la legge dell'11 dicembre 2016, n. 232. Secondo voi, i parlamentari che hanno votato a favore di questo provvedimento hanno davvero avuto il tempo di leggere e capire da dove venivano tolte queste risorse?
Sono andata, quindi, a leggere il comma 203 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, che recita: “Il beneficio dell'anticipo del pensionamento, ai sensi dei commi da 199 a 202, è riconosciuto a domanda, nel limite di (…) 590 milioni di euro annui”. Quindi, nemmeno andando a leggere il comma, avevamo già la risposta per capire da dove venivano tolte queste risorse. Approfondendo, scopriamo che le risorse sono state tolte al Fondo per l'Ape sociale. Bisogna fare un lavoro a ritroso enorme. Ma chiedo: chi ha votato a favore, lo sa che ha tolto risorse all'Ape sociale e che, quindi, è andato a dire alle persone che chiedono di poter andare in pensione anticipata per gravi fisici, o perché sono lavoratori con disabilità, o perché devono assistere familiari con disabilità, che sono state tolte queste risorse? Io so che i parlamentari che hanno votato a favore non sapevano nemmeno di aver votato questo, perché, in un'ora e un quarto, era impossibile leggere le modifiche che venivano fatte. Meno male che dovevate abolire la legge Fornero! Qui state togliendo le misure per uscire in modo anticipato da lavoro.
Mi chiedo: su che giudizio i parlamentari di Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia hanno dato parere favorevole? Sulla base del fatto che l'ha detto il Governo. Quindi, noi oggi siamo in Aula a discutere su un provvedimento importante, ma i parlamentari di maggioranza sono assenti: in questo momento, ne conto 4 su 237. Il punto qual è? Il punto è che le leggi non le fa il Parlamento, le fa il Governo e, in particolare, tutto il potere è accentrato nelle mani di Giorgia Meloni.
Allora, sulla carta, il potere di fare le leggi spetta al Parlamento, ma, nella realtà, non è così. È questo che, dal mio punto di vista, danneggia l'immagine delle istituzioni, non le inchieste della magistratura contro cui vi scagliate.
Questo provvedimento è stato soprannominato, in modo abbreviato, decreto Economia, ed è giusto fare un decreto che tratta di economia, dato che ci sono problemi urgenti da affrontare, ad esempio, c'è da pensare su come coordinare le risposte ai dazi americani, che, dal mio punto di vista, sono un problema per la nostra economia e non certo un'opportunità, come sostiene il Vicepresidente del Consiglio dei ministri.
Bisogna prendere provvedimenti per il fatto che il PIL è calato nel secondo trimestre del 2025 e questo è un problema, è il primo calo a cui assistiamo dopo la fine della pandemia e noi eravamo usciti dalla pandemia più forti di Francia e Germania. Quindi, è giusto essere preoccupati per il calo del PIL.
Altra urgenza sono le paghe basse, stipendi che salgono più lentamente del costo della vita e sempre più persone lavorano, ma sono povere, lavorano, ma non possono permettersi di acquistare una casa, lavorano, ma non possono permettersi di sposarsi e di metter su famiglia per motivi economici, lavorano, ma non possono concedersi neanche due settimane di ferie all'anno.
Se lo stipendio basta soltanto per mangiare e per dormire, questo è sfruttamento. Queste, sì, sono le urgenze su cui servirebbe un decreto Economia. Ma di cosa parla il vostro decreto Economia? La proroga dell'operatività della società Milano Infrastrutture Milano-Cortina. Ora, le Olimpiadi finiscono nel 2026, ma voi volete allungare la vita della società al 2033. Non è una cosa sulla quale uno si dice favorevole o contrario. È una cosa che semplicemente non ha senso, perché, se le Olimpiadi finiscono nel 2026, perché prorogare l'operatività fino al 2033?
Apparentemente, non ha senso. Se serve costruire altre strutture sportive, perché collegarle alla società per le Olimpiadi che avrà finito il suo lavoro molti anni prima? Il motivo, come spesso accade per le leggi in questo Paese, è che, quando gli obiettivi non sono facilmente comprensibili, è perché ci sono scopi non palesi. Scopriamo, quindi, che la società, che si occupa di costruire infrastrutture per le Olimpiadi, gode di ampie deroghe in materia di appalti e di processo amministrativo.
Quindi, con questo decreto, che non ha nulla a che vedere con lo sport o con le infrastrutture per le Olimpiadi, volete che a Milano e a Cortina si costruiscano impianti sportivi, andando in deroga alle regole del codice degli appalti. Quindi, lo scopo di questa legge non è assolutamente palese, non è trasparente, è opaco, e, quindi, va contrastato in tutti i modi.
Poi, ancora. Questa legge urgente sull'economia, che non contiene nemmeno un articolo sui lavoratori o sulle imprese che devono assumerli, si occupa di IVA sulle opere d'arte: l'IVA passa dal 22 per cento al 5 per cento.
A proposito di IVA, voglio leggervi le parole di Giorgia Meloni, che pronunciò a ottobre 2023, annunciando la legge di bilancio: non confermiamo il taglio dell'IVA sui prodotti per la prima infanzia - per intenderci i pannolini, latte in polvere, seggiolini per auto - perché purtroppo è stato, nella stragrande maggioranza dei casi, assorbito da aumenti di prezzo e, quindi, non penso che valga la pena di rinnovare questa misura. Quindi, noi, da oggi, viviamo in un Paese che tassa di più i pannolini delle opere d'arte. Le di banana, che compriamo al supermercato, sono più tassate della “banana di Cattelan”, che vale milioni.
I prodotti in scatola, il cibo in scatola che compriamo al supermercato è tassato più di di Piero Manzoni, che ha confezionato il prodotto in scatola. Il perché lo avete fatto, ce lo dice il Ministro Giuli, leggo le sue dichiarazioni: “Con questa decisione il Governo pone fine a un'anomalia che ci rendeva meno attrattivi rispetto ad altri Paesi europei, dove già esistono regimi fiscali agevolati”. Io dico: se il problema è la competizione con gli altri Paesi, se il problema è l'IVA delle opere d'arte in Francia e Germania, pensiamo a intervenire a livello europeo, proponiamo una soglia minima europea. Non possiamo pensare che la competizione fiscale tra Paesi, che già hanno ridotto drasticamente le imposte per le multinazionali, venga fatta anche sulle opere d'arte, perché alla fine a rimetterci sono i cittadini, che non hanno possibilità di spostarsi, non hanno alternative, come fanno invece le grandi imprese o i capitali.
In questo quadro desolante, però, forse c'è un barlume di speranza. Oggi un lavoratore, con un contratto interinale, cioè assunto da un'agenzia per il lavoro e poi impiegato presso un'altra azienda, ha diritto, dopo tre anni consecutivi, ad essere assunto, a tempo indeterminato, direttamente dall'azienda presso cui ha lavorato. Facciamo un esempio concreto: in Italia, ci sono alcune RSA che pagano 1.200 euro netti gli operatori sociosanitari, alcune anche di meno. Tuttavia, poiché questi operatori sono spesso assunti tramite agenzie interinali, il 15 per cento del loro compenso viene trattenuto dall'agenzia e, quindi, arrivano a guadagnare circa 1.000 euro netti al mese.
Dopo 3 anni, che è già un tempo enorme, l'operatore sociosanitario guadagna il 15 per cento in più, perché viene meno l'intermediazione dell'agenzia interinale. Voi cosa avete proposto per risolvere questo problema? Avete chiesto di aumentare da 3 a 4 anni il tempo necessario, affinché il lavoratore possa maturare il diritto ad essere assunto a tempo indeterminato, senza intermediazione dell'agenzia. È una cosa talmente assurda che nemmeno da voi ce lo saremmo aspettati. Allora, però, scopriamo da diversi giornali che è stata una proposta del Sottosegretario Durigon, che voleva aumentare il periodo in cui un'agenzia interinale può vincolare un lavoratore.
Gli stessi giornali ci dicono che sua moglie aveva - ha - ruoli di primo piano proprio in un'agenzia interinale e che questa agenzia ha anche finanziato la campagna elettorale della Lega con 50.000 euro. Questa volta, di fronte a uno scandalo evidente di conflitto di interessi, le coscienze si sono svegliate, qualcosa si è mosso, le coscienze dei giornalisti hanno fatto pressione, la pressione pubblica è riuscita a farvi ritirare questo emendamento. Quindi, almeno per una volta, le cose sono andate a buon fine, per una volta il popolo ha vinto, ma questo è e resta un nido di vipere, pronte ad azzannare i cittadini che stringono i denti per andare avanti e tutte le persone perbene che ancora credono in questo Paese
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tremaglia. Ne ha facoltà.
ANDREA TREMAGLIA(FDI). Grazie, Presidente. Ringrazio il Governo, ringrazio il relatore Trancassini, per questo provvedimento e ringrazio anche i colleghi che sono intervenuti in questa discussione generale.
Oggi, affrontiamo un decreto e, come spesso accade quando si affronta questo tipo di provvedimento, le opposizioni, che fanno il loro lavoro, ovviamente, per carità di Dio, ci evidenziano la disomogeneità o l'eterogeneità dei contenuti nello stesso decreto. A parte che non c'è niente di nuovo da questo punto di vista, a me sembra che questo non sia esattamente il caso di specie per quel che riguarda almeno oggi.
Noi pensiamo e crediamo che questo provvedimento rappresenti effettivamente un passaggio importante e fondamentale per il sostegno all'economia reale, quell'economia reale che, come è stato ricordato, sta vivendo senz'altro un momento complesso e senz'altro vive e patisce una situazione internazionale estremamente svantaggiosa da molti punti di vista, ma che per fortuna, facendo tutti gli scongiuri del caso, anche grazie a interventi come quelli contenuti in questo provvedimento e ad altri simili già portati avanti da questa maggioranza negli ultimi 2 anni, dal punto di vista nazionale regge malgrado tutto. Quindi, si tratta di un provvedimento coerente, dal nostro punto di vista, con la visione che questo Governo ha già manifestato con i fatti e che stiamo portando avanti con determinazione dall'inizio della legislatura, cercando di non lasciare indietro nessuno e cercando di aiutare chi investe e chi crede nel sistema Italia, sempre cercando di continuare a guardare al futuro con concretezza e con fiducia e cercando di affrontare i problemi in maniera strutturale.
È evidente che ci sono tanti interventi nel decreto in esame. Io ho preso appunti per ricordarne qualcuno e qualcuno è già stato ricordato dai colleghi che sono intervenuti prima di me. Senz'altro c'è un aspetto importante per quel che riguarda le infrastrutture e le opere pubbliche. Abbiamo, anche qua, visto come il desiderio di impedire che restino bloccate alcune grandi opere, anche se già progettate, per quel che riguarda l'ambito del PNRR ha fatto sì che si decidesse di rimodulare il Fondo per l'avvio delle opere indifferibili e, quindi, quegli interventi che rischiavano di bloccarsi possono andare avanti. Questa è una scelta che mi sembra di assoluto buonsenso, di responsabilità e di vicinanza alle amministrazioni locali, alle regioni e alle stazioni appaltatrici che possono, in questo modo, salvare opere fondamentali per i nostri territori.
Lo stesso è per quel che riguarda le grandi infrastrutture (ci sono più di 200 milioni di euro previsti). Ci sono 40 milioni sull'edilizia penitenziaria che ci permetteranno di affrontare in maniera seria il tema del sovraffollamento, che è un tema che, purtroppo, ritorna e che leggiamo nelle cronache quasi settimanalmente, e ci sono 20 milioni di euro al Fondo regionale di Protezione civile per rafforzare le capacità di intervento nelle emergenze.
Si ricordava prima il tema delle Olimpiadi in chiave critica. Noi crediamo che i grandi eventi, anche quelli sportivi, siano dei volani importanti per l'economia e per la crescita economica, ma anche per la crescita culturale e per la visibilità della nostra Nazione. Quindi, ci sono più di 200 milioni sui grandi eventi. Si è concluso poche ore fa - neanche giorni - il Giubileo dei giovani, che ha portato centinaia di migliaia di pellegrini - si stimava anche un milione - nella nostra capitale, con tutte le sfide logistiche che questo ha comportato, ma senz'altro è stata una grande occasione e un palco mondiale per Roma e per l'Italia. Sono, quindi, soldi e investimenti veri e propri che ci permettono di fare promozione internazionale della nostra Nazione.
Ci sono interventi importantissimi su un altro settore per noi non solo strategico dal punto di vista economico ma centrale dal punto di vista valoriale, della proposta elettorale prima e di Governo poi di Fratelli d'Italia, che è il sostegno alla maternità e al lavoro femminile. In questo decreto abbiamo un'integrazione al reddito delle mamme che le aiuterà in quel difficile compito che è coniugare la maternità e l'essere una donna lavoratrice. Non si tratta di una misura simbolica: ci sono soldi veri e sono incentivi continuativi che riconoscono la centralità del lavoro della mamma e del lavoro della famiglia nella nostra società. È stata ricordata - anche qui in chiave critica, ma ognuno giustamente ha la sua prospettiva - il rinnovo e la proroga dell'Ape sociale.
Abbiamo degli interventi importanti per quel che riguarda il Terzo settore. Anche qui ci sono risorse concrete, non parole, al Fondo per le attività di interesse generale, al Fondo di garanzia per le PMI sociali e ulteriori fondi per il rafforzamento dei controlli e della trasparenza per un settore - appunto il Terzo settore - che non ci chiede assistenza ma strumenti per poter lavorare e che sappiamo è centrale nella nostra Italia e nella nostra visione d'Italia. Abbiamo risolto la questione del sui dispositivi medici, superando un contenzioso che rischiava di paralizzare un comparto produttivo importante.
Ci sono fondi importanti per quel che riguarda l'abitare, inteso come il sostegno alle giovani coppie, su cui abbiamo 30 milioni per il 2025 sul Fondo di garanzia per la prima casa, che ovviamente si intende possa aiutare chi vuole iniziare un progetto di vita insieme. Ci sono anche, sul triennio prossimo, più di 100 milioni per sostenere l'alloggio dei lavoratori stagionali nel campo turistico. Abbiamo visto che fortunatamente in questi ultimi anni i numeri del turismo stanno migliorando e stanno raggiungendo nuovi record. È un settore che costituisce una percentuale importante del nostro PIL e che, quindi, è giusto incoraggiare e sostenere.
Così come ha numeri importanti ed è altrettanto centrale, non solo nella visione economica di questo Governo, ma anche nella visione culturale, il settore dell'agroalimentare. Anche qui mi sembrano significativi 47 milioni di euro per l'innovazione nel settore agricolo, 5 milioni sulla filiera suinicola e il sostegno e il supporto alla candidatura della cucina italiana come patrimonio UNESCO. Anche qui mi permetterete una battuta veloce, ma ho sentito poco fa anche l'intervento sull'IVA per le opere d'arte ed è stato citato un grande artista. I Baustelle cantavano che tra i Manzoni preferivano quello vero, Piero; io tra i Ricciardi del MoVimento 5 Stelle non so se preferire quello che prima si lamentava che il Governo non aiuta il mondo della cultura o chi poco fa si lamentava del fatto che viene abbassata l'IVA sulle opere d'arte. È un intervento che è stato accolto in maniera trasversale con grande apprezzamento. Penso che sia un intervento intelligente in un settore che, proprio perché si parla di Italia e proprio perché si parla di UNESCO, è assolutamente importante e ha avuto e sta vivendo, sotto molti aspetti, delle difficoltà.
Quindi, io ho elencato alcune misure, ma penso che l'impianto generale si comprenda. È un provvedimento organico. Vengono toccati dei nodi profondi e importanti sia del nostro programma sia di quelle che noi riteniamo siano le necessità della Nazione che stiamo governando. Ci sono interventi sulla natalità, sulla casa, sul lavoro, sull'impresa, sulle opere pubbliche, sulle infrastrutture, sulla sanità - abbiamo ricordato il - e sulla cultura. Riteniamo che questo decreto rifletta in maniera precisa la linea politica di questa maggioranza con visione, con concretezza e con coraggio. Per questo siamo assolutamente convinti nel sostegno all'opera del Governo e a questo provvedimento .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zaratti. Ne ha facoltà.
FILIBERTO ZARATTI(AVS). Grazie, signora Presidente. Colleghi e colleghe, certamente da un provvedimento che ha un titolo così roboante, come appunto Economia, ci si aspettava qualche cosa di più, qualcosa di più consistente e di più importante, anche perché il Paese non sta vivendo esattamente un momento facile soprattutto sulle questioni economiche, ed è stato accennato da più di qualcuno. C'è la vicenda dei dazi, in primo luogo, che si inserisce in una situazione nella quale i problemi già non mancavano.
Io voglio ricordare che per 28 mesi consecutivi la produzione industriale ha avuto il segno meno in questo Paese, tanto per fare un esempio, visto che l'Italia non è che vive soltanto di turismo o di altre questioni. Le attività manifatturiere e le attività industriali sono un asse fondamentale e importante della ricchezza del nostro Paese, e registrare per 28 mesi consecutivi questo dato negativo non è certamente una cosa che ci fa stare tranquilli.
Ecco, i dazi si inseriscono in questa questione. Ora noi abbiamo Giorgia l'americana che in qualche modo strizza più l'occhio a quello che succede a Washington di quanto non faccia verso Roma. Lei ci ha rassicurato, si è festeggiato in questo Paese, e paradossalmente negli interventi sento anche qualcuno che continua su questa falsariga: l'elezione di Trump come il salvatore non soltanto del pianeta, ma anche della nostra economia. Il nostro amico americano, appunto.
Ma purtroppo questo amico americano è scritto con la “k” (“amerikano” con la k), perché di amicizia nei confronti dell'Europa e del nostro Paese non se ne vede. E ora noi saremo chiamati, tutte e tutti, a pagare un prezzo salatissimo per quello che sta avvenendo. E il fatto che Giorgia l'americana continui a essere l'unica ad essere contenta di quello che sta accadendo, che non si preoccupi delle ostilità che ci dimostra il nostro ex alleato americano, che non si preoccupi del fatto che le nostre imprese, le nostre industrie e i nostri lavoratori dovranno pagare un prezzo salatissimo per questo forzato trasferimento di risorse negli Stati Uniti, tutto questo ci preoccupa e ci indigna.
Le promesse di patriottismo, le promesse di difendere gli interessi nazionali a qualunque costo - lo diceva Giorgia l'americana proprio da questi banchi al suo insediamento - sono state promesse vane, bugie; come bugie sono state le promesse fatte non più tardi di qualche settimana fa, quando si diceva che l'Italia non avrebbe mai fatto un debito per comprare armi. Sono passati 15 giorni e, nell'ultimo giorno utile in cui era possibile, l'Italia ha chiesto alla SAFE, il Fondo europeo per sostenere il riarmo, i 14 miliardi per finanziare il riarmo nel nostro Paese.
Io mi domando, colleghi e colleghe, se questi 14 miliardi non potessero essere utilizzati per sostenere nel nostro Paese quelle imprese, quelle attività economiche così ferocemente attaccate dai dazi americani. Io penso all'agroalimentare, penso al farmaceutico, penso al settore delle auto, a tutti questi settori che inevitabilmente faranno perdere decine di migliaia di posti di lavoro nel nostro Paese - si calcola (e lo calcolano gli esperti) oltre 100.000 posti di lavoro - senza che noi abbiamo la dignità di alzarci con il nostro Governo per dire “no” a questa ingiusta sottrazione di risorse da parte degli Stati Uniti d'America.
E, che dire, non sarebbe il caso, forse, oggi di ripensare a quei 14-15 miliardi che si vogliono spendere per il ponte sullo Stretto, per sostenere queste imprese, per sostenere l'occupazione, per sostenere i salari che sono i più bassi d'Europa? E, in un momento come questo - lo dico al collega Trancassini - non sarebbe forse il caso, per sostenere la domanda interna a fronte di esportazioni così difficili, di utilizzare i 14 miliardi per il riarmo e i 14 miliardi del ponte di Messina per aumentare i salari e sostenere la domanda interna, per sostenere le nostre imprese? E invece di questo nulla, nulla abbiamo, non ne abbiamo alcun segno.
Una volta, in questo Paese, la casa era un sogno e adesso sta diventando un incubo, perché è impossibile per chiunque pensare di avere una casa di proprietà se non l'ha già; e, seppure l'abbia di proprietà, le tasse che voi fate pagare su quella casa sono diventate una sorta di affitto. E chi questa casa non l'ha di proprietà, non solo non la potrà mai neanche sognare, ma non la trova neanche in affitto con le vostre politiche così sbilanciate, volte a sostenere i privilegi e mai a pensare all'interesse nazionale, alla faccia dei patrioti.
Avete portato questo provvedimento , avete affrontato alcune questioni, vi è mancato il coraggio di affrontare i grandi temi dell'economia. Vi è mancata la capacità di affrontare la realtà e devo dire - lo dico con grande onestà - che, da italiano e da cittadino, ho la grande paura di un Governo inerme, di un Governo che non sa cosa fare, in balia degli eventi.
Questo è il Governo della destra in Italia. Il coraggio lo avete soltanto per le cose che vi interessano in modo particolare, piccoli interessi: non avete il coraggio per le grandi questioni, ma per esempio non vi è mancato il coraggio per riproporre spudoratamente la proroga di 7 anni dell'operatività della società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026, notoriamente, peraltro, appannaggio della Lega: questo lo vogliamo ricordare.
E comunque il coraggio non vi è mancato per strizzare l'occhiolino alle delle aziende produttrici di bevande edulcorate, come nel caso dell'ennesimo rinvio dell'entrata in vigore della cosiddetta , una misura - voglio ricordarlo - che serviva a contrastare lo sviluppo di patologie come l'obesità infantile, la sindrome metabolica, il diabete, tumori e malattie cardiovascolari. Complimenti, ancora una volta, per le scelte così radicali che questo Governo porta in campo.
Noi abbiamo cercato di dare un contributo a questo decreto che manca peraltro di ogni riferimento alle cause sociali. Non vengono garantiti il rispetto dei contratti collettivi nazionali, né la tutela dei livelli occupazionali, né le misure minime su salute, sicurezza e legalità negli appalti e nei progetti finanziati. Eppure, nessun impiego di fondi pubblici - e questo decreto ne contempla parecchi - dovrebbe essere privo di condizionalità occupazionali: è inaccettabile che si continuino a finanziare imprese e infrastrutture senza tutelare il lavoro. Abbiamo cercato di dare un contributo nel merito, che prevedeva risorse per il sistema infrastrutturale, per le carceri, per la rigenerazione urbana.
Abbiamo proposto l'istituzione di un fondo per il programma nazionale per l'adattamento climatico in ambito urbano, e chiesto inoltre che le risorse per le carceri siano destinate alle strutture esistenti e non a nuove e costose strutture, evitando dispersione di risorse. Abbiamo proposto un migliore utilizzo delle risorse per la protezione civile e l'istituzione di un fondo per l'efficientamento energetico dell'edilizia pubblica e anche residenziale.
Abbiamo chiesto l'istituzione di un fondo per il trasporto collettivo, la proroga dei termini per la fruizione delle detrazioni fiscali sul 110, per l'accesso alle risorse per la ricostruzione, nonché un allargamento della platea dei beneficiari anche ai danneggiati dell'area flegrea. Abbiamo chiesto di rendere strutturale l'aumento dei fondi del Terzo settore, abbiamo chiesto l'estensione del per le madri lavoratrici anche ai padri che esercitano la responsabilità genitoriale, la soppressione dell'ennesimo rinvio, appunto, come dicevo, della . Abbiamo chiesto che ci siano misure a sostegno dell'agricoltura, che fosse rifinanziato il Fondo per il sostegno alla filiera suinicola, vista la peste suina.
Insomma, abbiamo cercato di intervenire nel merito, oltre a fare il nostro ragionamento più generale sullo stato dell'economia e su quello che serviva al nostro Paese. Diciamo che queste nostre proposte non hanno avuto alcuna possibilità di essere accettate e di essere considerate. In modo particolare, io voglio ricordare qui, a voi tutti, che quello delle catastrofi naturali è un problema al quale, purtroppo, non possiamo sfuggire stanti i cambiamenti climatici, che non sono un racconto degli ambientalisti, né un'invenzione dei Verdi. Voi ci continuate a chiamare Cassandre, ma io vi vorrei ricordare umilmente che Cassandra prediceva sventure, però aveva ragione e i fatti le hanno dato ragione.
Quindi, non ci chiamate Cassandre quando diciamo che i cambiamenti climatici stanno cambiando in fondo la nostra vita, la vita di questo pianeta e del nostro Paese, stanno cambiando l'economia e la necessità di mettere in campo risorse vere; quando diciamo che la prevenzione, anche in questo campo, è migliore che correre dietro a ripianare i danni, perché ci sono cose che i soldi possono rimettere in campo e ricostruire, ma quando si perdono le vite, come succede anche nel nostro Paese, questi sono beni che non possono essere più recuperati. Pensiamo che sia necessario un fondo contro i cambiamenti climatici e le catastrofi ambientali.
Pensiamo che la strada da fare sia lunga e che questo Governo la stia facendo male, subordinando gli interessi del nostro Paese a quelli dei Paesi stranieri, come sta facendo Giorgia Meloni, che sta scegliendo la strada del riarmo, di spendere sempre più risorse per costruire armi che dovranno essere necessariamente utilizzate in qualche modo e, comunque, commercializzate a livello mondiale. È una scelta che non condividiamo e che non condivideremo mai. Pensiamo che la funzione del nostro Paese debba essere una funzione di pace, di equilibrio, una funzione che dovrebbe permettere al nostro Paese di avere una posizione più ragionevole e più giusta rispetto a quello che sta accadendo a Gaza.
A fronte di tutte le grandi democrazie europee, che hanno scelto e hanno comunicato che vogliono riconoscere lo Stato della Palestina, la posizione italiana è una posizione ignobile: quella di non riconoscere lo Stato di Palestina dopo che decine di volte la stessa Presidente del Consiglio, Giorgia l'americana, è venuta qui a dirci che la posizione del Governo è quella di due popoli e due Stati.
Ricordatevi che lo Stato di Israele c'è, ma quando arriverà il tempo in cui, secondo Giorgia, si potrà fare lo Stato di Palestina, purtroppo, forse non avremo più il popolo palestinese, perché il genocidio in corso ne sta determinando l'estinzione. È necessario intervenire ora. È necessario che in questo momento il Governo abbia la dignità di riconoscere lo Stato di Palestina. Voteremo contro questo decreto e speriamo che il vostro Governo abbia la capacità di invertire la tendenza che ha percorso finora.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Trancassini, per due minuti.
PAOLO TRANCASSINI, . Grazie. Brevemente, Presidente. È un provvedimento concreto, che tocca tanti settori. Ho seguito con attenzione gli interventi dei colleghi, ma, come al solito, dall'opposizione non ho avuto né spunti di proposte, né critiche nel concreto: il solito disco rotto con cui, in questa situazione, come al solito, si è andata a rifugiare nell'argomento del momento, quello dei dazi, trattato un po' da tutti gli avversari in un modo così superficiale da relegare la ex stella della sinistra, Ursula von der Leyen, ormai a un mero portavoce della Meloni.
A due cose, però, vale la pena rispondere. Il collega del Partito Democratico sottolineava in maniera negativa la proroga dell'applicazione della . Ricordo che la è stata applicata in Italia con una legge del 2019 e che dal 2019 al 2025 - e quindi anche fino al 2022 - il centrosinistra ha ritenuto di prorogarla.
Quanto, invece, alla censura - per la verità, un po' divertente - da parte della collega del MoVimento 5 Stelle, che si è chiesta più volte come abbiano fatto i parlamentari di Fratelli d'Italia a conoscere questo decreto nel poco tempo a disposizione, la risposta è molto semplice: perché il parlamentare di Fratelli d'Italia - ma per la verità tutti i parlamentari - oltre a pigiare i bottoni dovrebbero anche avere il tempo e la capacità di studiare e loro lo hanno, probabilmente, fatto.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo: si intende che vi abbia rinunciato.
Poiché l'ordine del giorno prevede che si possa passare al seguito dell'esame non prima delle ore 18, sospendo la seduta fino a tale ora.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, senatore Luca Ciriani. Ne ha facoltà.
LUCA CIRIANI,. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, a nome del Governo e autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 2551, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è immediatamente convocata presso la Biblioteca del Presidente.
La seduta è sospesa e riprenderà al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo.
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge di conversione n. 2551.
Procediamo con l'operazione con cui estraiamo il nominativo del deputato da cui inizierà la chiama per la votazione della fiducia di domani.
Estraggo a sorte il nominativo del deputato dal quale avrà inizio la chiama.
La chiama avrà inizio dalla deputata Braga.
PRESIDENTE. Ricordo che nella giornata di domani, martedì 5 agosto, alle ore 13, è convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di un componente il Consiglio superiore della magistratura.
La chiama avrà inizio dai senatori.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
1.
S. 1565 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95, recante disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese, nonché interventi di carattere sociale e in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali (Approvato dal Senato). (C. 2551)
: TRANCASSINI.
2.
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 96, recante disposizioni urgenti per l'organizzazione e lo svolgimento di grandi eventi sportivi, nonché ulteriori disposizioni urgenti in materia di sport (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 2488-B)