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Martedì 08 Maggio 2007 ore 09:30
AULA, Seduta 153
Resoconto stenografico
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AULA, Seduta 153 del 08/05/2007
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- Lettura Verbale
- Missioni
- Informativa urgente del Governo sulla recente aggressione subita da Mario Segni durante la raccolta di firme per il referendum elettorale
- Informativa urgente
- Intervento del Viceministro dell'interno
- Interventi
- Vice Presidente TREMONTI GIULIO
- Deputato GIOVANELLI ORIANO (PARTITO DEMOCRATICO)
- Deputato DELLA VEDOVA BENEDETTO (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato MIGLIORE GENNARO (SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA')
- Deputato GARAVAGLIA MASSIMO (LEGA NORD PADANIA)
- Deputato MISITI AURELIO SALVATORE (ITALIA DEI VALORI)
- Deputato TURCO MAURIZIO (PARTITO DEMOCRATICO)
- Deputato TRANFAGLIA NICOLA (COMUNISTI ITALIANI)
- Deputato SATTA ANTONIO (POPOLARI-UDEUR)
- Deputato LA MALFA GIORGIO (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Vice Presidente TREMONTI GIULIO
- Informativa urgente
- La seduta, sospesa alle 10,25, è ripresa alle 12,10
- Missioni (Alla ripresa)
- Sull'ordine dei lavori
- Votazione finale del testo unificato delle proposte di legge: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza (A.C. 197-206-931-A) (Approvazione)
- Preavviso di votazioni elettroniche.
- La seduta, sospesa alle 12,15, è ripresa alle 12,40
- Ripresa discussione - A.C. 197-A ed abbinate
- Disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 23 del 2007: Ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato) (A.C. 2534-A) (Seguito della discussione)
- La seduta, sospesa alle 12,45, è ripresa alle 12,50
- Ripresa discussione - A.C. 2534-A
- Saluto del Presidente agli studenti in aula
- Sull'ordine dei lavori
- La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 15,05
- Missioni (Alla ripresa pomeridiana)
- Ripresa discussione - A.C. 2534-A
- S. 1411 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato).(2534-A) (FAS)
- Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2534-A
- Sul complesso degli emendamenti - A.C. 2534-A
- Vice Presidente LEONI CARLO
- Deputato ASTORE GIUSEPPE (ITALIA DEI VALORI)
- Deputato BOCCIARDO MARIELLA (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato CECCACCI RUBINO FIORELLA (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato GRIMOLDI PAOLO (LEGA NORD E AUTONOMIE)
- Deputato CERONI REMIGIO (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato COTA ROBERTO (LEGA NORD PADANIA)
- Deputato CROSETTO GUIDO (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato FASOLINO GAETANO (FORZA ITALIA)
- Deputato LUSSANA CAROLINA (LEGA NORD PADANIA)
- Deputato CONSOLO GIUSEPPE (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato RAVETTO LAURA (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato GOISIS PAOLA (LEGA NORD PADANIA)
- Deputato PEPE ANTONIO (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato DI VIRGILIO DOMENICO (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato MAZZARACCHIO SALVATORE (FORZA ITALIA)
- Deputato BRICOLO FEDERICO (LEGA NORD PADANIA)
- Deputato GARDINI ELISABETTA (FORZA ITALIA)
- Deputato BARANI LUCIO (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato PALUMBO GIUSEPPE (POPOLO DELLA LIBERTA')
- Deputato CAPARINI DAVIDE (LEGA NORD E AUTONOMIE)
- Vice Presidente CASTAGNETTI PIERLUIGI
- Deputato CAPARINI DAVIDE (LEGA NORD E AUTONOMIE)
- S. 1411 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato).(2534-A) (FAS)
- Informativa urgente del Governo (Annunzio)
- Ripresa discussione - A.C. 2534-A
- Informativa urgente del Governo sulle dichiarazioni attribuite a componenti del Governo in merito al giudizio di ammissibilità del referendum elettorale da parte della Corte costituzionale
- Informativa urgente
- Introduzione
- Intervento del Vicepresidente del Consiglio dei ministri
- Interventi
- Vice Presidente LEONI CARLO
- Deputato GAMBESCIA PAOLO (L' ULIVO)
- Deputato BOSCETTO GABRIELE (FORZA ITALIA)
- Deputato LA RUSSA IGNAZIO (FRATELLI D'ITALIA)
- Deputato MASCIA GRAZIELLA (RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA)
- Deputato RONCONI MAURIZIO (UDC UNIONE DEI DEMOCRATICI CRISTIANI E DEI DEMOCRATICI DI CENTRO (CCD-CDU))
- Deputato BRIGANDI' MATTEO (LEGA NORD PADANIA)
- Deputato DONADI MASSIMO (ITALIA DEI VALORI)
- Deputato BUEMI ENRICO (LA ROSA NEL PUGNO)
- Deputato BOATO MARCO
- Deputato CAPOTOSTI GINO (POPOLARI-UDEUR)
- Deputato DEL BUE MAURO (DEMOCRAZIA CRISTIANA-PARTITO SOCIALISTA)
- Vice Presidente LEONI CARLO
- Informativa urgente
- Ordine del giorno della seduta di domani
, legge il processo verbale della seduta di ieri.
. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amoruso, Belisario, Bonelli, Brugger, Bucchino, Capezzone, Casini, Castagnetti, Cordoni, D'Alema, Fabris, Fallica, Fedi, Gozi, Holzmann, La Malfa, Letta, Mattarella, Mazzocchi, Meta, Migliore, Morrone, Mussi, Oliva, Pagliarini, Pellegrino, Piscitello, Ranieri, Scajola, Schirru, Tessitore, Tremaglia, Venier, Villetti e Violante sono in missione a decorrere dalla seduta odierna. Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto della seduta odierna.
. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sulla recente aggressione subita da Mario Segni durante la raccolta di firme per il referendum elettorale. Secondo quanto stabilito a seguito della Conferenza dei Presidenti di gruppo, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, avranno luogo gli interventi dei rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
. Ha facoltà di parlare il Viceministro dell'interno Marco Minniti.
, . Signor Presidente, voglio subito dire, nel modo più semplice e fermo possibile, che quanto è accaduto all'onorevole Mario Segni ed ai rappresentanti del Comitato referendario il 1o maggio, a margine della festa organizzata a piazza San Giovanni a Roma dai sindacati CGIL, CISL e UIL, va condannato senza alcuna riserva. È importante che dalle istituzioni e da tutti gli schieramenti politico-parlamentari siano state prese immediatamente posizioni e siano state date indicazioni che ricordano che la coscienza democratica del Paese non accetta intolleranze o atti di violenza comunque camuffati o comportamenti come quelli del gruppetto di facinorosi che ha interrotto, sia pure per poco tempo, una legittima iniziativa, distruggendo materiale e un certo numero di moduli per la raccolta di firme già sottoscritti, con cui dei cittadini avevano aderito all'iniziativa referendaria. Al Governo, che ribadisce oggi solidarietà piena all'onorevole Segni e al Comitato del referendum, a cui aggiungo quella mia personale, spetta però un'altra funzione: assicurare che l'iniziativa dei promotori del referendum e tutte le altre iniziative garantite dalla nostra Costituzione possano svolgersi nella massima libertà, serenità e sicurezza, come necessario che sia in una democrazia che tutela le libertà di opinione, manifestazione ed espressione del pensiero. Venendo agli episodi del 1o maggio, riferisco i fatti così come sono stati ricostruiti sulla base degli elementi forniti dalla prefettura di Roma e dalla questura. Come è noto, nella ricorrenza della festa dei lavoratori a piazza San Giovanni ha avuto luogo il tradizionale concerto musicale organizzato dalle confederazioni sindacali CGIL, CISL e UIL al quale quest'anno hanno partecipato circa 150 mila persone. Per l'occasione, nelle immediate adiacenze della piazza erano stati installati gazebo e banchi di varie associazioni per l'esposizione di opuscoli o iniziative di vario genere. Tra questi, vi era anche un banco per la raccolta firme a sostegno del Comitato promotore del referendum elettorale del 2008, la cui installazione non comporta alcun obbligo di avviso al questore secondo l'articolo 18 del testo unico di pubblica sicurezza. Intorno alle 14,40, nei pressi della statua di San Francesco, ove era allestito il banchetto che per alcune ore aveva già regolarmente svolto la propria iniziativa, presente l'onorevole Segni, un gruppo di persone, che cercava di dissuadere verbalmente i passanti dal firmare a favore del referendum proposto dal Comitato, insultava lo stesso Mario Segni e contemporaneamente rovesciava un tavolo di plastica utilizzato per la sottoscrizione. Non si è registrato tuttavia alcuno scontro fisico. Secondo quanto dichiarato da un altro esponente del Comitato promotore, gli stessi facinorosi poco dopo si sono avvicinati ad un altro banchetto ubicato all'angolo con via Emanuele Filiberto e qui hanno scaraventato a terra alcuni moduli per la raccolta delle firme, sottraendone circa novanta. Sono in corso indagini della Digos di Roma per identificare i responsabili dell'accaduto, ma al momento non è stata ancora accertata l'identità di alcun responsabile. L'onorevole Segni e i responsabili del Comitato non hanno presentato denuncia-querela. Più in generale, i promotori del referendum, a partire dallo stesso onorevole Segni, hanno rilasciato alla stampa, fin dallo svolgimento degli episodi, dichiarazioni che mentre denunciavano un clima di intolleranza, di possibile intolleranza attorno al referendum, hanno teso a rasserenare il clima. La questura di Roma, all'esito degli accertamenti, presenterà un'informativa all'autorità giudiziaria. Voglio ricordare che già nell'immediatezza degli avvenimenti vi sono stati contatti telefonici tra i vertici del Comitato promotore e gli organi di polizia circa la possibilità di portare a termine regolarmente la raccolta delle firme, che è stata immediatamente garantita. Il pronto intervento delle Forze dell'ordine, della polizia municipale, ha, infatti, permesso fin da subito la prosecuzione della raccolta delle firme in condizione di totale sicurezza, e non sono state accertate ulteriori turbative all'ordine e alla sicurezza pubblica. Desidero assicurare, in questa sede, che il Ministero dell'interno anche nell'esercizio delle sue funzioni a tutela delle regolarità dell'attività di propaganda politica ed elettorale monitorerà, ovviamente con la massima attenzione, la situazione, al fine di prevenire e, nel caso avvenga, perseguire tempestivamente ogni eventuale altro episodio che possa turbare il libero e sereno svolgimento dell'iniziativa referendaria, garantendo la sicurezza dei promotori nelle sedi ove questi operano e dei cittadini che intendono aderirvi. Mi sento quindi, in conclusione, di poter fornire ampie assicurazioni al Parlamento e agli stessi promotori referendari sul fatto che si porrà in essere il massimo impegno, affinché l'iniziativa di raccolta delle firme non sia in alcun modo turbata da improprie manifestazioni di dissenso che travalichino i limiti di una corretta dialettica politica.
. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, volevo ringraziare, a nome del gruppo dell'Ulivo, il Governo, nella persona dell'onorevole Marco Minniti, e unirmi al giudizio che ha dato di condanna senza riserve per quanto è accaduto a Mario Segni e agli altri esponenti del Comitato promotore per il referendum presenti in piazza San Giovanni, nella giornata del 1o maggio, festa del lavoro. Senza dubbio ci siamo trovati di fronte ad un atto che possiamo definire inqualificabile per la sua gravità, in quanto non solo ha dato sfoggio di violenza e di prevaricazione nei confronti di persone che sicuramente non avevano compiuto niente per provocarla, ma anche perché questa violenza si è rivolta nei confronti di un'iniziativa assolutamente legittima, che rientra nel contesto dell'attività politica, dell'attività di iniziativa che dalla società civile proviene e che per tante altre occasione sollecitiamo. Ritengo particolarmente grave ciò. Il referendum può avere nei suoi contenuti aspetti che possono più o meno essere condivisi da parte di esponenti delle forze politiche e parlamentari, ma rappresenta nel nostro Paese una delle forme più alte di autonoma iniziativa dei cittadini, tesa ad influenzare e in qualche modo ad incidere nel percorso legislativo del nostro Paese. Quindi a tutti gli effetti il referendum è un'alta espressione della democrazia, dell'attività istituzionale. La condanna deve essere assolutamente ferma, assieme all'assunzione di responsabilità, che non deve essere solo del Governo, ma di tutte le componenti politiche, affinché l'iter della raccolta delle firme, cioè della fase preparatoria del referendum, possa svolgersi nel migliore dei modi e in assoluta serenità e tranquillità. Da questo punto di vista le affermazioni del viceministro ci confortano, nel senso che l'attività di raccolta delle firme deve essere assolutamente tutelata e garantita e non deve essere messa in discussione da alcuno, tanto meno con atteggiamenti prevaricatori e violenti. Credo che occorra una riflessione di carattere più generale: quanto avvenuto rientra in un clima che in troppe occasioni evidenzia l'emergere di intolleranza, di azioni violente. Ne abbiamo discusso in Assemblea anche in merito ad altri avvenimenti. Ciò testimonia le difficoltà che il nostro Paese sta attraversando nel poter affrontare e dipanare i tanti problemi e i tanti nodi che ha di fronte (di carattere istituzionale, economico, sociale ed etico) e nel tenere una linea di sereno confronto e di approfondimento del merito dei problemi, ma sempre nel rispetto delle opinioni di tutti. Da questo punto di vista il contributo che vogliamo offrire come gruppo dell'Ulivo è quello del massimo impegno affinché tale clima venga invece garantito e ristabilito, poiché il nostro Paese ha bisogno di risolvere tanti dei suoi problemi, compresi quelli istituzionali e di riforma elettorale, ma non ha certamente bisogno che la discussione degeneri nel modo preoccupante che quell'episodio fa presagire. In tal senso è molto confortante che a quella subito offerta dal Governo all'onorevole Mario Segni si sia aggiunta la massima solidarietà da parte di tutti i settori del mondo politico. È altresì confortante ed emblematico del carattere e dello spirito della persona e dello stesso movimento referendario che lo stesso Mario Segni abbia teso a sdrammatizzare quanto accaduto. Credo che ci siano tutte le condizioni perché ciò non abbia più a ripetersi.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor Viceministro, l'aggressione a Mario Segni e a quanti con lui raccoglievano le firme il 1o maggio è doppiamente grave: non solo perché rappresenta una forma di intimidazione e di violenza politica ai danni di alcuni cittadini, ma soprattutto perché configura un vero e proprio attentato ai diritti politici di tutti i cittadini, visto che il referendum, per esplicita disposizione costituzionale, è una forma di democrazia diretta e rappresenta un potere, direttamente legislativo, affidato nelle mani degli elettori. Come è noto, i referendum elettorali del Comitato Guzzetta-Segni sono sostenuti da uno schieramento composito e variegato di personalità e di organizzazioni politiche (non si tratta di referendum di destra o di sinistra) e hanno come piattaforma politica il rafforzamento di un bipolarismo efficace, basato su grandi partiti alternativi e su un modello istituzionale in cui siano gli elettori a scegliere direttamente. Il referendum, tra l'altro, ha diviso al proprio interno sia il campo del centrodestra sia quello del centrosinistra. Ma il problema è che contro tale referendum è scesa in campo anche la violenza estremista delle organizzazioni della sinistra estrema e cosiddetta antagonista, che un tempo avremmo forse definito extraparlamentare. E poco importa se tali movimenti siano, più o meno, organicamente legati a specifici partiti. Si tratti del referendum, del partito democratico, della riforma del del mercato del lavoro, del ruolo pubblico della Chiesa, delle alleanze internazionali dell'Italia, delle missioni italiane all'estero, non esiste, signor Viceministro (è questo il problema che solleva l'episodio dell'aggressione ai referendari e a Mario Segni), una sola questione politica scottante o aperta su cui non si eserciti, in forma più o meno grave, e con atti e minacce di violenza il cosiddetto antagonismo della sinistra più estrema. Si tratta di un problema drammaticamente politico, non solo legato a fatti teppistici isolati o marginali. Su queste aree politiche che stanno ufficialmente nel perimetro elettorale dell'Unione, signor Viceministro, avremmo pensato e ci saremmo attesi una riflessione un po' più ampia di quella che lei ha oggi portato. Del resto il Governo ha un ruolo poco chiaro sulla vicenda referendaria. Mi riferisco alle dimissioni del componente la Corte costituzionale, il giudice Vaccarella, alle cui origini non vi sono i dubbi espressi legittimamente sull'ammissibilità del referendum da ciascun ministro, da ciascun politico. La questione sollevata dalle dimissioni di Vaccarella consiste nel fatto che un autorevole membro del Governo, quale il ministro Chiti, a fianco del Presidente del Consiglio, Prodi, abbia evocato, se non addirittura suggerito, l'intervento della Corte costituzionale quale estrema quale ultima soluzione per il blocco dell'iniziativa referendaria. Tutto ciò è grave, perché il Governo ha titolo, modo e diritto di costituirsi contro l'ammissibilità del referendum nella sede appropriata...
. Onorevole Della Vedova, la invito a concludere.
. Concludo, Presidente. La sede propria è il giudizio innanzi alla Corte di cassazione, laddove quanto è successo nelle ultime settimane, a cui si aggiunge l'aggressione al Comitato referendario e all'onorevole Mario Segni, determina una situazione di grave difficoltà nella raccolta delle firme e cioè nell'esercizio di un diritto democratico, difficoltà alla quale il Governo deve compiutamente far fronte con efficacia, non solo con misure di ordine pubblico.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, colleghi e signor Viceministro, devo dire che l'informativa non è stata esauriente. Ritengo, così come ha osservato il collega Della Vedova, che il Governo avesse il dovere di intervenire compiutamente sul complesso della vicenda e su come essa è stata trattata negli ultimi giorni da parte di chi, probabilmente, ne ha fornito informazioni, le stesse che sono state poi riorganizzate dalla prefettura. Mi riferisco al coinvolgimento in uno spiacevole episodio, che abbiamo condannato immediatamente, dell'organizzazione politica alla quale appartengo. Non amo le ipocrisie e i pudori di quest'aula: lei sa benissimo che è stata montata una campagna nei confronti dei giovani di Rifondazione Comunista...
, . Qui non c'è scritto!
. Io non l'ho interrotta, signor Ministro.
, . Era soltanto per chiarire.
. È riportato sui giornali, quindi ritengo che la sua posizione al riguardo sia reticente, perché avrebbe dovuto esprimere compiutamente quali sono state le conseguenze non rispetto ad un singolo episodio ma, come è stato qui ricordato, rispetto ad una eventuale campagna di intimidazione nei confronti di un esercizio democratico, quale la raccolta delle firme, che noi difendiamo. Il Governo dovrebbe preoccuparsi di questo. La sua esposizione, invece, a mio avviso non ha reso giustizia all'episodio che qui consideriamo e che, ripeto, noi abbiamo condannato e deplorato, ma che comunque non ha portato ad un conflitto fisico - non credo sia giusto aver messo nello stesso ordine di problemi anche la distruzione di materiali, che, come è noto, è avvenuta in un altro settore della manifestazione -, né soprattutto (le dico con franchezza quello di cui sono convinto, insieme al gruppo a cui appartengo) ha riferito su una campagna, rispetto alla quale sono convinto ci sia invece una pervicace intenzione di stigmatizzare i comportamenti di un'intera forza politica, sulla base di evenienze che nulla hanno a che vedere con il nostro modo di agire e con la nostra attività. Lei non ha inteso riferire a tale riguardo; non ha voluto dissipare quelle ombre, quelle intimidazioni che sono apparse nel corso delle settimane anche sulle pagine di autorevoli quotidiani nazionali. Penso, quindi, che il Governo non abbia esaurito la sua funzione rispetto alla tutela anche delle più alte cariche dello Stato, compresa quella di chi presiede questa Camera, che è stata oggetto direttamente di un attacco e di un riferimento, relativamente a questo episodio, per opinioni espresse. Credo che la discussione in Assemblea debba uscire da queste secche e si dica chiaramente che quello di cui si discute è un episodio isolato, che non c'è nessuna campagna di intimidazione in ordine al referendum, che non vi è coinvolgimento di forze politiche presenti in quest'aula, che non vi sono sponde politiche che hanno a che vedere con questo episodio e che soprattutto c'è la possibilità da parte del Ministero dell'interno, nell'organizzazione della sicurezza di ogni manifestazione politica, di garantire la libera espressione della propria azione politica in qualsiasi caso. Non sono dell'idea che invece vadano assecondate le interpretazioni che qui sono state date dal collega Della Vedova, al quale rispondo avendo la possibilità di parlare dopo avere ascoltato il suo intervento...
. Onorevole Migliore, la invito a concludere.
. Concludo Presidente. Avevo già ascoltato altri interventi simili, relativamente al fatto che ogni azione di antagonismo viene segnata da una presenza di violenza. Collega Della Vedova, non solo non è così, ma poiché noi siamo una forza politica che esplicitamente si richiama e pratica la non violenza, credo che lei debba avere rispetto per le forme di espressione della politica della sinistra radicale che nulla hanno a che vedere con manifestazioni violente e che molto hanno a che vedere con il senso di partecipazione democratica che noi intendiamo difendere, da Segni fino ai ragazzi e alle ragazze che tendono a contestare in maniera radicale quelle ingiustizie che lei probabilmente invece accetta.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, la Lega Nord Padania condanna fortemente ogni forma di violenza soprattutto all'interno dell'attività politica. In quasi ormai vent'anni di attività, la Lega Nord Padania, pur avendo organizzato grandi manifestazioni di ogni tipo e di ogni genere, ha dimostrato un profondo rispetto per il Paese, per il sistema. Non è mai successo assolutamente niente: le nostre sono manifestazioni dove non serve neanche la presenza della polizia perché sono pacifiche, semmai, abbiamo subito talvolta qualche attacco. È un fatto che il concerto del primo maggio è cosa della sinistra, è sentito come cosa della sinistra: non è una festa di tutti, non è una festa per tutti, è una festa solo per gli eletti, solo per una parte politica. «Questa piazza è nostra» ha affermato, secondo la cronaca riportata su la persona che incitava i giovani contro il banchetto di Segni. Del resto, bisogna essere onesti anche in questo, il fatto di essere lì già di per sé è un po' provocatorio. Immaginiamo che se avessimo installato un banchetto della Lega Nord Padania per raccogliere le tessere al concerto del primo maggio, probabilmente qualche screzio ci sarebbe stato. Era sostanzialmente prevedibile, pertanto, che potesse succedere qualcosa in quel contesto. In questo caso, tuttavia, si è andati chiaramente oltre perché una cosa è la violenza verbale, anche forte, altra cosa è la violenza fisica. La violenza fisica non esiste e non deve mai essere perpetrata. Andiamo un po' più in profondità. Tralascio il facile argomento della sinistra che non sa perdere: guardiamo i disordini in Francia dopo la sconfitta della Ségolène Royal, oltretutto già pronosticati - questo semmai è grave, dalla stessa Ségolène! Il punto è un altro. Lo stesso Bertinotti ha già dichiarato in maniera molto lineare e onesta che questo referendum può essere pericoloso per la democrazia. Voi sapete benissimo che la Lega Nord Padania è fortemente contraria al referendum, o meglio a ciò che uscirà da questo referendum, da questa discutibile operazione di «taglia e cuci» che determinerà, se andrà fino in fondo, un sistema assurdo: un sistema con due partiti, per così dire, la Pepsi-cola contro la Coca-cola (e poi, chi vuole il chinotto rimane a casa e non va più a votare). In questo modo non disturba chi vuole comandare la politica da fuori e non si disturberà l'antipolitica dei poteri forti. Il sistema non ha nulla da temere dalla Lega Nord Padania, lo abbiamo ampiamente dimostrato negli anni. Se anche si arrivasse a portare fino in fondo l'operazione referendaria, la discutibile forzatura del referendum, la Lega Nord Padania troverà comunque il modo per rappresentare le istanze della gente della Padania. Più difficile sarà tenere a freno la rabbia della sinistra estrema, dei cosiddetti «movimenti». Senza uno sfogo elettorale la faccenda si farà molto seria. È già seria adesso che c'è una rappresentanza politica, figuriamoci senza di essa. Per tale motivo invitiamo, per il bene di tutti, a trovare una soluzione parlamentare, senza la forzatura del referendum. In questo modo non avremo nulla da temere.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, mi unisco a quanti hanno già ringraziato il Governo, in particolare il Viceministro Minniti, per quanto ha riferito in Parlamento e per la tempestività del suo intervento. Il ringraziamento va inoltre formulato perché c'è stata da parte del Governo condanna ferma e netta dell'episodio di cui discutiamo, come lo è anche da parte del gruppo Italia dei Valori. La questione non riguarda il clima generale che si è creato nel Paese, ma spero e credo che si risolva in un episodio isolato. Tuttavia, anche se si tratta di un episodio isolato, va condannato e bisogna avere la capacità di tenerlo in quella dimensione. Occorre ringraziare anche lo stesso Mario Segni, che non ha sporto querela, che non ha alimentato, oltre a una minima reazione, un clima di contrapposizione. Mario Segni e il comitato referendario hanno espresso le proprie idee, vanno avanti nella raccolta delle firme, com'è normale che accada. Il referendum è uno strumento fondamentale previsto dalla Costituzione, consente al popolo di esprimersi direttamente su questioni fondamentali del Paese; pertanto, va accettato da tutti e tutti possono partecipare e alla fine far valere il proprio pensiero attraverso il voto. Non sta a me difendere il Governo, perché lo farà certamente bene l'onorevole Minniti. Tuttavia, non posso non ricordare che il Governo nel caso in esame si è comportato correttamente, come nel caso delle dimissioni del giudice Vaccarella. Capisco il presidente Migliore, visto il coinvolgimento della personalità più importante del proprio partito, tuttavia ritengo che abbia fatto bene il Governo, attraverso l'onorevole Minniti, a non addentrarsi nelle discussioni tra partiti successive all'episodio, perché non è compito del Governo prendere posizione sulle polemiche che avvengono tra le forze politiche. Abbiamo rispetto per tutte le forme non violente relative alle manifestazioni politiche, non abbiamo tanto rispetto, invece, per quelle che sono comunque molto prossime alle forme violente. Ciò perché riteniamo che piazza San Giovanni non è affatto della sinistra, ma è di tutti ed in particolare lo è il 1o maggio, quando tutti lavoratori di ogni colore politico festeggiano e, per tradizione, si incontrano, in questa grande piazza di Roma. Quella piazza ha visto i momenti più grandi della democrazia italiana perché lì si è difeso il Paese, si sono difese le istituzioni dagli attacchi terroristici. In quella piazza si sono svolte moltissime manifestazioni in cui non si è mai polemizzato tra forze dell'allora Governo e forze dell'allora opposizione, ma tutti quanti sul palco concordavano nel condannare il terrorismo. Guai a noi se alimentassimo un clima che potrebbe portare, man mano, a violenze sempre più ampie. Perciò è giusto limitare il caso ad un episodio che, speriamo, sia assolutamente isolato. Diamo - come gruppo dell'Italia dei Valori - la nostra piena, totale solidarietà a Mario Segni affinché vada avanti e continui la sua battaglia democratica. Poi, ovviamente, ciascuno di noi si comporterà, nell'urna, come ritiene più opportuno, anche se preferiremmo - come giustamente qualcun altro ha già detto - che il Parlamento, prima del referendum, riuscisse a varare una legge elettorale soddisfacente per la stragrande maggioranza delle forze politiche e sociali del nostro Paese. Questo, d'altra parte, è anche l'auspicio dei promotori di quel referendum; mi pare, infatti, che anche loro spingano affinché, prima dello svolgimento del referendum, si possa giungere ad una legge elettorale per la quale c'è circa un anno di tempo. Ringrazio il Presidente e il Governo e spero di non dover più intervenire su episodi di questo genere, ma soltanto su episodi positivi per il nostro Paese.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Turco. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, l'informativa resa dal viceministro Minniti, o meglio il contenuto di quanto da lui riferito, riteniamo sia conforme a quello che è accaduto, e confacente ai compiti del Ministero dell'interno. Desidero dire qualcosa anch'io, come hanno fatto altri colleghi, sul contesto. È vero, si è trattato di un episodio isolato rispetto al quale, come il viceministro ha detto, gli aggrediti hanno ritenuto di dover presentare denuncia-querela; però, c'è stato anche qualcos'altro. Il collega Migliore lo ha ben sottolineato: c'è stata anche una campagna di stampa. Se noi dovessimo mettere a confronto tale campagna di stampa con quanto lei ci ha detto, risulterebbe di tutta evidenza come sia stata ancora più grave l'aggressione subita da coloro che non avevano nulla a che fare con i fatti specifici e che, invece, hanno dovuto pagare un prezzo, direi, altissimo se fosse capitato al nostro partito, rispetto a persone di cui, coloro che sono accusati, non riconoscono essere i legittimi rappresentanti. Anche tenendo conto di quanto accade nel Paese non vi è dubbio che qualsiasi campagna referendaria, di per sé, spacchi l'Italia in due; non ci sono terze vie: o sì, o no. Questa è una delle rare campagne referendarie in cui noi non siamo impegnati nella raccolta firme. Ritengo giusto che, su quanto è stato detto dal collega Della Vedova in merito allo svolgimento di una campagna corretta, anche con riferimento al momento della raccolta delle firme, il Governo si faccia carico, soprattutto attraverso gli organi di informazione pubblica, di informare i cittadini, anche coloro che non sono d'accordo, magari perché conoscano le loro ragioni del perché non sono d'accordo. Anche su ciò gli organi di stampa stanno rendendo un pessimo servizio al Paese. Rispetto al contesto, signor Viceministro, si tratta di un episodio isolato nell'ambito della campagna referendaria, anche se, negli ultimi mesi, nel Paese vi sono stati diversi episodi di aggressione politica, i quali non hanno ricevuto la stessa attenzione da parte del Parlamento e rispetto ai quali crediamo sia necessario un approfondimento. Si ha l'impressione che vi sia, da un lato, una disattenzione rispetto ad una violenza - a mio avviso - diffusa e, dall'altro lato, un'eccessiva attenzione e mediatizzazione di episodi non solo isolati, ma anche caratterizzati da un'intolleranza sicuramente verbale e non fisica. Non facciamo grande distinzione tra le due intolleranze: crediamo, infatti, che anche l'intolleranza verbale abbia una sua valenza in termini di violenza e vada condannata senza riserve, ma non possiamo fingere di non comprendere, o di non voler comprendere, che nel Paese esiste un sistema di informazione e mediatizzazione che deforma la realtà dei fatti. Rispetto a tale deformazione non possiamo accettare che la questura e la prefettura acquisiscano i fatti da coloro che sono stati aggrediti e che non vogliono sporgere denuncia. Trovo infatti strano, signor Viceministro - e mi riferisco a ciò che ho letto sui giornali, che sono la nostra unica fonte di informazione al riguardo -, che a fronte di migliaia di persone riunite in una piazza, nonostante l'ordine pubblico interno, le forze dell'ordine non siano state chiamate oppure, laddove presenti, non siano intervenute, non abbiano identificato nessuno e non si sappia nulla! All'interno di un episodio che, a mio avviso, va condannato senza riserve, si sono verificati alcuni episodi poco chiari, che sono stati lasciati in mano al sistema massmediatico di questo Paese...
. Onorevole Turco, concluda.
. Concludo, Presidente. Il sistema massmediatico ha distorto i fatti e ha preso lo spunto per fare una campagna politica contro un partito presente in Parlamento e che, per bocca dei suoi massimi rappresentanti, non solo si è completamente dissociato, ma ha detto anche di non avere nulla a che fare con quell'episodio. Dobbiamo...
. Onorevole Turco...
. Concludo, Presidente. Dobbiamo non solo rendere conto di ciò, ma anche tentare di porvi rimedio.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tranfaglia. Ne ha facoltà.
. Ho ascoltato con attenzione la relazione dell'onorevole Minniti, il quale ha riportato i fatti di cui stiamo discutendo. Dobbiamo evidentemente considerare la campagna mediatica seguita a tale episodio, in quanto nel nostro Paese le campagne mediatiche partono da interessi esterni sia al Governo sia allo Stato, ma che hanno un rilievo notevole nella vita politica italiana. Tale contraddizione deriva dalle caratteristiche del sistema mediatico stesso, che non sono assolutamente cambiate negli ultimi due anni e che, in un certo senso, favoriscono una visione distorta e non corrispondente alla realtà dei fatti. In questo caso specifico abbiamo nuovamente assistito all'evidente tentativo di assimilare al terrorismo e alla violenza pareri differenti, pienamente rappresentati in Parlamento e accettati dalla popolazione. Si tratta di un fatto grave, che non dovrebbe ripetersi. Da un lato, infatti, condanniamo con chiarezza l'episodio di aggressione all'onorevole Mario Segni, il quale stava svolgendo una funzione non solo legittima, ma anche importante per il nostro sistema politico e per la popolazione italiana, essendo impegnato in un'attività connessa ad un istituto tipico del nostro ordinamento costituzionale, come il referendum abrogativo. Dall'altro lato, è necessario contrastare un potere mediatico che va contro la corretta lotta politica e tende a riportare ad un certo numero di cittadini, di solito maggioritario, una visione distorta della realtà. Ritengo necessario chiedere al Governo di informare il Parlamento su questi due aspetti, altrimenti si corre il rischio di non riuscire a rendersi conto di quello che succede. Siamo contrari a qualsiasi violenza ed aggressione nei confronti di cittadini che abbiano le più varie idee, purché queste idee siano accettabili e accettate nella democrazia repubblicana. Questa è la nostra posizione, che ritengo sia chiara e che, a mio avviso, coinvolge o dovrebbe coinvolgere la maggioranza di questo Parlamento.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Satta. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, esprimo vivo apprezzamento e condivisione in merito a quanto il Viceministro, onorevole Minniti, ha riferito alla Camera sull'episodio verificatosi il 1o maggio in piazza San Giovanni. Esprimo, altresì, grande solidarietà nei confronti dell'amico, onorevole Mario Segni e del comitato referendario. Tuttavia, al di là dell'esposizione dei fatti, dell'assoluto rasserenamento di cui ha dato prova il Viceministro dell'interno, della garanzia che questi episodi verranno perseguiti e che si farà di tutto per evitare che possano ripetersi, ritengo opportuno che nel nostro Paese ritorni un po' la serenità e la calma. Un segnale forte in tal senso può provenire proprio dal Parlamento e dalle forze politiche se, su questi temi importanti, sapremo tutti abbassare i toni e dare un segnale al Paese che la polemica politica e le contrapposizioni devono rimanere in un solco democratico, di condivisione o meno di valori di cui ciascuna forza politica è portatrice. Ritengo che ciò sia un elemento necessario se si vuole veramente che il Paese guardi al Parlamento e alle forze politiche con rinnovata fiducia. A parte l'atto in sé, quello che è successo a Piazza San Giovanni, fortunatamente, come ha detto il Viceministro, non ha presentato risvolti preoccupanti. Prendo atto di quanto detto dal presidente del gruppo di Rifondazione Comunista, Gennaro Migliore, che si tratta soltanto di episodi che non hanno nulla a che vedere con le forze politiche presenti in Parlamento e che, pertanto, vanno condannati senza riserve. Ritengo opportuno impegnarci dando un segnale forte all'esterno, e cioè che la libertà in campo non viene messa in discussione. La libertà è un valore così importante per gli uomini e per il Paese che si conquista ogni giorno con le proprie azioni, ed è un po' come la salute: si sente la sua mancanza solo quando si perde. Pertanto, non è certamente in discussione la libertà stessa ma, spesso, è in pericolo il modo di esprimersi e la possibilità di dire quel che si pensa, in un Paese democratico e civile. Raccogliendo l'invito del Viceministro Minniti, relativamente all'impegno che il Governo prende in quest'aula nei confronti di azioni così provocatrici, che minano la libertà di azione da parte di movimenti nella manifestazione all'esterno delle proprie opinioni, nei vari modi democratici di espressione, come gruppo Popolari-Udeur ci riteniamo soddisfatti di quanto egli ha detto oggi e ci impegneremo perché con il Governo e il Parlamento l'azione di rassicurazione del Paese possa passare attraverso l'impegno forte di tutte le forze politiche .
. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, è giusto che il Parlamento intervenga immediatamente ogniqualvolta vi sia una manifestazione di intolleranza politica nel nostro Paese e do volentieri atto al Governo di aver espresso con ferme parole la condanna dell'Esecutivo per questo episodio. Desidero unirmi agli altri colleghi nell'esprimere la solidarietà all'onorevole Mario Segni e agli altri esponenti del comitato per il referendum per la violenza e l'intimidazione di cui sono stati oggetto. Faccio ciò tanto più volentieri - per così dire - dal momento che, dal punto vista politico, considero il referendum sbagliato, il contenuto di quel referendum profondamente sbagliato e, per certi versi, antidemocratico. Prevedere infatti un premio di maggioranza per un partito - ciò potrebbe essere l'esito di quel referendum - che possa ottenere meno del 51 per cento, mi sembra una tale aberrazione che mi auguro che i cittadini non firmino o che il Parlamento intervenga con legge per evitare il cammino di questa cosiddetta «riforma costituzionale». Ma proprio perché questo è il mio giudizio, ritengo che, a maggior ragione, si debba esprimere solidarietà all'onorevole Mario Segni e agli altri esponenti del comitato per il referendum. Mi sarei limitato a queste brevissime considerazioni se non dovessi constatare - direi ancora una volta - una situazione politica a dir poco paradossale: cioè che i rappresentanti dell'opposizione sostengono le considerazioni del Governo - dando atto della loro correttezza, come in questo caso - mentre diversi gruppi della maggioranza dichiarano la totale insoddisfazione per le medesime dichiarazioni. Abbiamo ascoltato il presidente del gruppo di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea, un esponente del gruppo La Rosa nel Pugno e l'onorevole Tranfaglia sostenere che l'esposizione del Viceministro dell'interno è stata totalmente insoddisfacente ed inadeguata.
. Onorevole La Malfa...
. Ciò è avvenuto in molte altre circostanze. Mi domando quanto a lungo potrà durare un Esecutivo che governa senza avere l'accordo della sua maggioranza.
. È così esaurita l'informativa urgente del Governo. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 12.
. Ad integrazione di quanto già comunicato all'inizio della seduta, comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Del Mese e Rigoni sono in missione a decorrere dalla ripresa della seduta. Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantatrè, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto della seduta odierna.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, lei ricorderà - come ricordano i colleghi - che, nel corso della seduta di giovedì scorso, è mancato il numero legale sul voto finale della proposta di legge sull'obiezione di coscienza. Ella ricorderà anche che il presidente del gruppo di Alleanza Nazionale, onorevole La Russa, era intervenuto, la mattina di giovedì, per chiedere alla Presidenza ed ai colleghi che le dichiarazioni di voto e il voto finale su tale provvedimento fossero rinviati ad oggi. Ella ricorderà infine che alcuni colleghi del centrosinistra si opposero a questa richiesta, con la dichiarata intenzione di svolgere nel pomeriggio di giovedì le dichiarazioni di voto ed il voto finale. È accaduto però che, preordinatamente, con scienza e coscienza, deliberatamente, i colleghi dei gruppi del centrosinistra sono stati mandati via; nel pomeriggio di giovedì, così, si sono svolte regolarmente le dichiarazioni di voto, nel vuoto più totale dell'aula, e poi, giunti al voto finale, è mancato il numero legale e si è proceduto al rinvio. Intendo far presente alla Presidenza - e sono certo che ella si farà carico di rappresentare la questione al Presidente Bertinotti - che in più di una occasione noi siamo stati fatti oggetto, da parte di alcuni capigruppo dei gruppi della maggioranza, della critica di non voler lavorare il giovedì pomeriggio. Invece, in questa occasione si è giunti a veder deliberatamente mandar via i colleghi da parte del centrosinistra, per non votare il provvedimento che era in esame. Chiedo dunque che il Presidente prenda atto una volta per tutte dell'atteggiamento della maggioranza nei confronti del Parlamento. Non si può infatti sottacere che quello che si è verificato è stato uno sgarbo: è stato indegno arrivare al pomeriggio per svolgere le dichiarazioni di voto, mandar via la gente per non votare, e allo stesso tempo respingere la richiesta dell'opposizione. Una richiesta che peraltro avrebbe avuto la semplice conseguenza di far cominciare la seduta di questa mattina con le dichiarazioni di voto, per passare poi al voto finale. Non intendiamo assolutamente essere strumento di un simile comportamento, né vogliamo assecondare chi a parole dice di voler lavorare e poi, invece, evidentemente non vuole farlo. Nel chiedere dunque che si prenda atto della situazione, annuncio che, per protesta, il gruppo di Forza Italia non parteciperà al primo voto di questa mattina: un voto che si sarebbe potuto serenamente svolgere la scorsa settimana, o che si sarebbe potuto svolgere oggi, dopo il regolare espletamento, alla presenza di tutti colleghi, delle dichiarazioni di voto. Non vogliamo dunque che si affermi un simile modo di fare e che ci si prenda gioco non tanto dell'opposizione, quanto soprattutto dell'istituzione parlamentare, così come si è fatto giovedì scorso. È per questa ragione che preannunzio che il gruppo di Forza Italia non parteciperà al primo voto di questa mattina, ossia al voto finale sul provvedimento sull'obiezione di coscienza.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, intendo intervenire sulle modalità secondo cui ci accingiamo a votare il provvedimento sull'obiezione di coscienza. Anch'io intendo sottolineare l'anomalia di tali modalità, che ci hanno portato a svolgere ad aula vuota le dichiarazioni di voto su un provvedimento che non è banale, ma che investe le grandi questioni di principio sottostanti al rapporto fra obiezione di coscienza, leva militare obbligatoria e revoca delle dichiarazioni. Quindi, si tratta di un provvedimento importante, con tutti i risvolti che una discussione su questo argomento mette in campo. Sono cadute totalmente nel vuoto le motivazioni con le quali ho espresso la mia assoluta e determinata contrarietà, anche come ministro con delega nelle scorse legislature, a questo strano modo di procedere dell'Assemblea. Ora, e finisco, mi sembra assolutamente anomalo che scientemente non si sia accolta la richiesta di rinviare sia le dichiarazioni di voto sia il voto finale ad una mattina priva di intenso lavoro parlamentare come quella odierna, costringendo l'Assemblea a riunirsi di nuovo giovedì pomeriggio per svolgere le dichiarazioni di voto nell'assenza totale dei colleghi, che sono stati «congedati». Non è una bella pagina di vita parlamentare!
. Onorevole Giovanardi, l'ho lasciata terminare, però ricordo che, con riferimento al provvedimento sull'obiezione di coscienza, essendo mancato il numero legale, noi dobbiamo solo procedere alla ripetizione del voto e dunque non si può più dar luogo ad interventi che, di fatto, sono sul merito del provvedimento. Quanto all'organizzazione dei lavori del pomeriggio di giovedì, ricordo che per tale seduta il calendario prevedeva comunque lo svolgimento di votazioni e dunque, in assenza di diverso accordo tra i gruppi, la Presidenza non poteva fare altro che proseguire secondo l'ordine del giorno. Naturalmente, le questioni che sono state esposte in questa sede potranno essere sollevate in sede di Conferenza dei capigruppo ai fini di un'adeguata organizzazione dei lavori.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Intendo intervenire sulla questione sollevata dal collega Giovanardi. Noi di Alleanza Nazionale parteciperemo alla votazione, perché ci teniamo a far sì che risulti, in maniera chiara e documentale, il nostro «no» a questo provvedimento, che veramente arriva all'inverosimile, consentendo che si possa essere, per furbizia, obiettori di coscienza e armati. .
. L'ordine del giorno reca la votazione finale del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Brugger ed altri; Benvenuto e Vannucci: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza. Ricordo che nella seduta del 3 maggio è mancato il numero legale in tale votazione, cui dobbiamo nuovamente procedere. Ricordo, altresì, che in questa fase non sono più consentiti interventi per dichiarazione di voto.
. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 12,35.
. Passiamo alla votazione finale. Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 197-A ed abbinate.
. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario. Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.
. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione modificato dal Senato (, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni ( Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (. Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85- del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare. A tal fine i gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione. Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, 89 e 96- del Regolamento, le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili nel corso dell'esame in sede referente: Leone 1.65, che reca una modifica alla disciplina relativa ai parametri di cui all'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 56 del 2000, in materia di definizione del fondo perequativo nazionale; Leone 1.144, che interviene sull'applicazione del comma 665 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 in materia di patto di stabilità interno. La Presidenza non ritiene, inoltre, ammissibile la seguente proposta emendativa non previamente presentata in Commissione: Leone 1.335, che prevede l'inserimento di ulteriori terapie nei livelli essenziali di assistenza. Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative presentate l'onorevole Baiamonte. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, il provvedimento al nostro esame riguardante il ripiano selettivo dei disavanzi delle regioni «poco virtuose» nell'assistenza sanitaria è stato... Scusi Presidente, ma non è presente il Governo.
. Sospenda la seduta...
. Stiamo verificando, onorevole, un attimo. Sospendo la seduta per cinque minuti.
. Avverto che le Commissioni hanno presentato l'articolo aggiuntivo 1..0100 e l'emendamento Tit.1, che sono in distribuzione . Il termine per la presentazione dei subemendamenti è fissato alle ore 13,30. Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere. Prego onorevole Baiamonte. Ha facoltà di intervenire.
. Signor Presidente, in precedenza avevo iniziato ad evidenziare che il provvedimento che dovremmo approvare affronta il problema dei disavanzi pregressi, nel periodo 2001-2005, di alcune regioni che hanno superato la spesa, ai quali lo Stato cerca di rimediare con un ripianamento, le cui modalità sono stabilite nell'articolo 1 del provvedimento, che prevede una copertura di 3 milioni di euro per il 2007 e di 834 milioni di euro nel 2008 e nel 2009. Quali sono le regioni non virtuose? Si tratta di regioni particolari, come l'Abruzzo, la Campania, il Lazio, a mio avviso in maniera sconsiderata, la Liguria, il Molise e la Sicilia. Tra queste vi erano anche il Veneto e il Piemonte. Alcune delle regioni poco virtuose sono state bonificate: come? La Liguria ha sottoscritto un accordo con il Governo che consente di sopperire al disavanzo non incrementando l'IRPEF o l'IRAP, ma con altri rimedi. Lo stesso è stato fatto in Veneto ed in Piemonte, mentre le altre regioni devono provvedere, come dicevo, mediante l'aumento delle quote dell'IRAP e dell'IRPEF. Puntualizzo particolarmente questo aspetto, perché, ad esempio, alla Sicilia (la mia regione) non è stata attribuita la possibilità di coprire il disavanzo con i fondi che lo Stato, a sua volta, le deve restituire; mi riferisco ai 650 milioni di euro provenienti dalle accise che sono state imposte alle ditte in Sicilia, data l'autonomia della regione. Un simile provvedimento è stato adottato da parte del Governo Berlusconi per la regione Sicilia, cosa che, invece, il Governo Prodi non vuole concedere. Esiste, pertanto, una sperequazione, una diversità di comportamento da parte del Governo nei confronti di regioni che vengono definite non virtuose. Mi richiamo a ciò che diceva, nel settembre del 2006, il Ministro della salute Livia Turco sul «patto per la salute» che prevede un livellamento (se così possiamo definirlo) sul territorio nazionale dei LEA (livelli essenziali di assistenza sanitaria). Mi pare che questi livelli essenziali di assistenza, che devono essere uguali su tutto il territorio nazionale, non possano essere applicati da tale punto di vista. Infatti, prima di poter applicare determinati principi nella sanità italiana, bisogna considerare quali sono le malattie più diffuse in una regione rispetto ad un'altra. Sarebbe altresì necessario effettuare eventualmente una statistica sugli anziani, per verificare in quali regioni essi siano più presenti e quali siano le patologie tipiche di un determinato territorio. Infatti, vi può esser una regione virtuosa soltanto perché deve fronteggiare un minor numero di patologie costose. Oppure può esservene una che deve spendere di più per un dato periodo, «sforando» il bilancio e la disponibilità finanziaria per la sanità, ad esempio in conseguenza di pericoli di epidemie derivanti da eventi sismici che hanno comportato la necessità di svolgere una profilassi particolare. Questi sono concetti generici che dobbiamo considerare e che, invece, il Governo non valuta affatto, cercando addirittura di punire alcune regioni e quindi i loro cittadini, che debbono fronteggiare un maggior carico fiscale. Pertanto, essere ammalati per il cittadino non rappresenta solo un danno, ma anche una beffa, poiché si trova a dover pagare più IRPEF, rispetto ad un cittadino di un'altra regione. Un Paese che vuole avere equità sociale e venire incontro alle esigenze dei cittadini non deve ovviamente prendere in considerazione questi principi. Ma su tale punto tornerò in seguito, perché vorrei sviluppare dei concetti che oltretutto sono stati puntualizzati dalla Corte costituzionale. Oltre alle disposizioni previste nell'articolo 1 ed a quella contenuta nell'articolo 2, concernente l'entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il Senato, che ha esaminato questo provvedimento in prima lettura, ha introdotto un articolo aggiuntivo, l'articolo 1-, nel quale si prevede giustamente la riduzione di quel terribile balzello che è stato applicato ai cittadini da parte dell'attuale Governo con la legge finanziaria per l'anno 2007, che potrebbe essere definita la «finanziaria delle tasse». Con tale norma si prevede pertanto la riduzione da 10 a 3,5 euro del per le visite specialistiche. A parte il fatto che reputiamo tutto il provvedimento sbagliato, questo balzello doveva essere eliminato del tutto, in quanto non è giusto che un cittadino che ha bisogno di una visita medica - in un contesto in cui la visita generica non esiste quasi più, essendo tutte visite specialistiche - deve sistematicamente pagare questa sopratassa soltanto perché ammalato. Signori miei, ci rendiamo conto di qual è il concetto che noi dobbiamo seguire? Un altro punto fondamentale è che questo balzello deve essere applicato a tutti i cittadini e non a seconda del reddito. Queste sono ingiustizie e rappresentano concetti che uno Stato civile, che rispetta i propri cittadini e vuole garantire assistenza sanitaria a tutti, non dovrebbe assolutamente applicare. Un ulteriore punto fondamentale su cui vorrei focalizzare la mia attenzione è il seguente. Le imprese che hanno rifornito gli ospedali o le strutture sanitarie, e che quindi hanno dei crediti nei confronti delle aziende, una volta approvato questo provvedimento, non possono più adire le vie legali per almeno 12 mesi. Colleghi, ci rendiamo conto che queste imprese, per poter sopperire alle loro limitate risorse, specialmente quando devono rifornire aziende che pagano con molto ritardo, non potendo agire legalmente, devono aspettare ancora più a lungo? Il risultato è che coloro che hanno contratto debiti con le banche si trovano, ovviamente, nella condizione di avere maggiori spese e tempi di attesa più lunghi per poter riavere indietro il loro denaro. Ciò significa che, se una ditta vende un pacchetto di garza ad un'azienda ospedaliera per una certa cifra, con il trascorrere del tempo, queste spese aumenteranno in considerazione del fatto che si dovrà attendere a lungo per riscuotere il prezzo. Siamo in presenza di un circolo vizioso, che il nostro Stato non vuole prendere in considerazione. Sono penalizzati coloro che riforniscono gli ospedali; sembra quasi che abbiano il torto di chiedere il denaro che spetta loro. Questi sono criteri non accettabili. Una volta, il sistema era diverso: i soggetti che vantavano un credito, ad un certo punto, venivano liquidati, magari con una riduzione dell'importo, in maniera da poter ripianare l'obbligazione. Ora invece, non solo si mantiene il debito, peraltro notevole, ma si proibisce loro di agire nei riguardi dell'azienda per poter recuperare il denaro necessario a proseguire la loro attività. È forse questo lo Stato di diritto? In tal modo, l'economia di queste regioni va allo sfascio. Un altro aspetto importante del presente provvedimento appare del tutto inverosimile. Per la diminuzione dei da 10 a 3,5 euro si ridetermina l'importo della manovra previsto dalle suddette disposizioni da 811 milioni a 461 milioni di euro, per il solo anno 2007. Come si provvede a tale riduzione? Colleghi, è veramente grave: vengono decurtati 50 milioni di euro dal fondo per i paesi in via di sviluppo, previsto dall'Unione europea; si sottraggono 50 milioni di euro alla ricerca per la salute. Ci rendiamo conto di cosa stiamo facendo nel nostro Paese? Prima sosteniamo che si devono far ritornare i ricercatori che vanno all'estero perché in Italia non riescono a svolgere adeguatamente le loro attività, poi sottraiamo 50 milioni di euro, per il solo 2007, alla ricerca. Un'altra misura grave è la decurtazione di 30 milioni di euro destinati alle politiche per la famiglia. Ci siamo riempiti la bocca, abbiamo fatto addirittura una conferenza stampa sullo stato della famiglia in Italia presso la Commissione affari sociali; il ministro Bindi sta organizzando una grande conferenza sulla famiglia nel nostro Paese. A tale proposito, questa mattina apprendiamo dai giornali e dalle televisioni che non sono stati invitati i perchè non sono considerati - e di questo sono pienamente convinto - una famiglia, e allora apriti cielo! Onorevole Luxuria, è inutile che mi guarda: sono di questo avviso, anche se lei la pensa diversamente!
. Io non ho parlato.
. Se lei ci vuole togliere anche la possibilità...
. Onorevole Baiamonte, si rivolga alla Presidenza.
. Quindi, si riducono di 30 milioni di euro le risorse destinate alle famiglie. A tale proposito, ricordo che, nella passata legislatura, l'onorevole Zanotti si è spesa molto per appoggiare le politiche per l'autosufficienza, mentre ora il Governo, con questo provvedimento, taglia per oltre 30 milioni di euro i fondi per la non autosufficienza. Ci rendiamo conto delle contraddizioni a cui va incontro il Governo con questa politica finanziaria?
. La invito a concludere.
. Vengono tolti trenta milioni di euro per le politiche giovanili, 100 milioni di euro per l'estinzione dei debiti pregressi, per non parlare dei 60 milioni di euro sottratti allo spettacolo, nonostante il ministro Rutelli continui a dire che dobbiamo destinare fondi al cinema italiano per migliorarlo!
. Onorevole Baiamonte, dovrebbe concludere.
. Mi chiedo se il Governo, prima di varare tali provvedimenti, ragioni. Si dovrebbe vergognare! Questo provvedimento, dunque, è da respingere !
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, rivolgo l'invito, a un Governo distratto, affinchè prenda in seria considerazione l'ipotesi di porre la questione di fiducia sul provvedimento in esame per togliere i deputati del centrosinistra, eletti soprattutto al nord, dall'imbarazzo di votare un testo che dimostra in maniera evidente un fatto assolutamente inaccettabile per il Paese. Il voto a favore della conversione in legge del decreto-legge dimostra che ancora una volta il centralismo romano, il centralismo di Stato, risponde ad una logica che non può essere paragonata al senso di responsabilità che deve essere proprio dei governatori delle regioni in materia sanitaria. Questa è una vergogna politica ! La Lega Nord Padania oggi farà opposizione durissima, farà ostruzionismo. Mi spiace che il garantista Presidente della Camera Bertinotti, su un provvedimento di natura sociale, ove il Parlamento assume un ruolo centrale, abbia consentito di applicare un articolo del Regolamento che toglie all'opposizione la possibilità di fare ostruzionismo. Ciò non è accettabile in un Paese dove si pagano le tasse, si parla di «tesoretti», si richiede ai governatori di investire nella spesa sociale e oggi è lo Stato che risana i debiti di chi non è stato capace di rimanere all'interno della spesa sanitaria. È veramente una vergogna politica ! Oggi si riunirà la Conferenza dei presidenti di gruppo e noi chiederemo alla Presidenza della Camera di dare spiegazioni rispetto ad un percorso che è inaccettabile sul piano politico; e vi vogliamo vedere, colleghi del centrosinistra eletti al nord, sul voto di questo provvedimento, su un voto che vi vede impegnati a chiedere ai governatori del nord, soprattutto del centrodestra, in Lombardia e in Veneto, di risparmiare per allargare la base sociale, per evitare il per fornire servizi ai cittadini, mentre oggi alcuni governatori del centrosinistra, sforando la spesa pubblica, chiedono al Paese e a tutti coloro che pagano le tasse di risanare il debito attraverso una spesa di Stato centralista. È una vergogna! Vedremo che cosa voterete ! Tale atteggiamento inaccettabile incide su una questione già aperta: vi sono molti parlamentari nelle file di Alleanza Nazionale, dell'UDC e di Forza Italia che hanno chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti e mi auguro che su questo provvedimento, che ha una natura politica inequivocabile, ci sia una ferma opposizione da parte di tutti i partiti che fanno parte della coalizione della Casa delle libertà. Oggi è la prova e la dimostrazione di ciò, se esiste. Sento dei commenti dai banchi dell'opposizione, ex Casa delle libertà. Vorrei che il parlamentare intervenuto in precedenza in maniera un po' ironica, intervenisse di nuovo e ci spiegasse perché la sua coalizione porta in aula un provvedimento così vergognoso. È molto semplice: non è accettabile che vi siano dei cittadini che pagano le tasse e che chiedono ai propri governatori stabilità di bilancio e assistenza sociale, attraverso le prestazioni delle ASL, quando poi ci accorgiamo che i debiti pregressi vengono affrontati, ancora una volta, con un provvedimento in virtù del quale lo Stato centrale risana i debiti delle regioni, invece di adottare misure a livello locale. Questo è inaccettabile. È inaccettabile soprattutto quando ci sono regioni come il Lazio e la Campania (la regione del vostro Bassolino)! Basterebbe vedere come vengono utilizzati i fondi della regione Campania per pagare i dipendenti che non lavorano nei consorzi di smaltimento dei rifiuti e che solo la trasmissione televisiva riesce a denunciare. Invece voi state zitti per comoda convenienza politica. Vergogna! Vergogna !
. Onorevole Gibelli, si rivolga alla Presidenza per cortesia.
. Mi rivolgo a chi sperpera le risorse del Paese, signor Presidente! Se lei viene da quella regione e si sente imbarazzata, mi dispiace molto. Questa è una denuncia politica.
. È un problema di rispetto del Regolamento, onorevole Gibelli: lei sa che quando si interviene ci si deve rivolgere alla Presidenza.
. La sua parte politica ha dato prova di rigore rispetto a determinate questioni; ci attendiamo che prosegua in quella direzione, perché non è accettabile che ci siano governatori che sperperano le risorse. Quindi, auspichiamo che il Governo ponga la questione di fiducia e speriamo di veder passare davanti alla Presidenza deputati del centrosinistra che dicano «sì» al provvedimento in esame (provvedimenti del genere in questo Paese non fanno più notizia sulle prime pagine dei giornali e stanno diventando costume). Ci si nasconderà dietro il fatto che i loro elettori non sanno che molti voteranno un tale provvedimento e quando si tornerà al nord a fare comizi, soprattutto in questo mese di campagna elettorale, si dirà: «No, è giusto il federalismo fiscale! È giusto che le regioni del nord abbiano autonomia! È giusto che i soldi dei cittadini del nord rimangano nelle loro regioni ». Invece tutto ciò è falso, quando si rapinano le tasche della gente con questi provvedimenti. È assolutamente falso ciò che, attraverso la propaganda politica, viene detto in campagna elettorale, perché vale il tempo di un mese! Nel silenzio di quest'aula, oggi, 8 maggio, si consuma l'ennesimo dramma: si prelevano i soldi dei cittadini e, anziché lasciarli a quelle regioni che producono e che garantiscono un equilibrio di bilancio che consenta alle strutture ospedaliere di funzionare, si sottraggono risorse e si sanano i debiti di chi se ne frega della solidarietà sociale! Da qui deriva la denuncia della Lega Nord. È una vergogna, ancora una volta, trovarsi in aula a votare questi provvedimenti, che non hanno nulla a che fare con il federalismo e con la solidarietà sociale Il fatto che un abitante della Campania non riesca ad andare in una struttura ospedaliera perché non ci sono i fondi per finire gli ospedali, perché c'è qualcun altro che, invece di costruire ospedali, preferisce assumere trenta persone nell'azienda per lo smaltimento dei rifiuti della Campania, costituisce una vergogna politica ! È il voto di scambio, camorrista! Ci saranno parlamentari del centrosinistra che voteranno questo provvedimento e che si macchieranno di questa colpa. Posso capire la gente che viene eletta in quella regione e che per questioni politiche ed elettorali è costretta a ciò. Non posso accettare, però, che in quest'aula ci siano persone elette al nord che tacciono rispetto a questa vergogna politica. Oggi la Lega userà tutti i mezzi a disposizione per denunciare questa situazione, che non sta né in cielo né in terra, e l'ipocrisia di un Governo che siede nei banchi di quest'aula - posso almeno rivolgermi al Governo - e che sta telefonando! Spero che il rappresentante del Governo stia telefonando al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Letta, che dice al nord che c'è il federalismo fiscale, mentre ammette provvedimenti di questo tipo. Vergogna!
. Sottosegretario Zucchelli, la prego di ascoltare il dibattito.
. Venga a riferire queste cose in aula. Venga a riferire perché il vostro Governo va al nord a parlare di federalismo fiscale, di giustizia sociale e di federalismo, mentre in aula ci sono provvedimenti che vanno nella direzione opposta, ossia verso l'assistenzialismo e la copertura di «buchi» di bilancio causati da persone che non permettono ai propri concittadini del sud di curarsi nelle proprie aziende ospedaliere, costringendoli a fare 600 chilometri per venire a curarsi al nord e allungando le liste di attesa. Questa è la società che volete costruire! È una vergogna! Avreste dovuto varare un provvedimento per costringere i governatori che hanno contratto tale debito a prevedere piani di ammortamento per rientrare dalla spesa sanitaria, senza la copertura dello Stato. Al contrario, invece, con tale provvedimento, si va nella direzione della prima Repubblica, seguendo la logica in base alla quale c'è sempre qualcuno che paga. Ciò non giova al nord, ma neanche al sud. Di questo chiederemo conto ai deputati eletti al nord ed a quei parlamentari e governatori che hanno chiesto un paese diverso. Ciò nonostante il governatore Bassolino continui a pontificare su un Mezzogiorno che può camminare con le proprie gambe. Con questo provvedimento si uccide il sud, poiché non vi è alcuna autonomia senza senso di responsabilità. Dovreste operare una modifica della Costituzione e chiedere che sia possibile «commissariare» quei governatori che non rispettano gli altri cittadini, che pagano le tasse, non permettendogli di vivere in un luogo sano, dove non ci sono ammassi di rifiuti e dove ci sono strutture ospedaliere che funzionano. Ciò non accade in alcune regioni d'Italia, dove i cittadini del sud affluiscono, percorrendo 600, 700, 800 chilometri, per curarsi. Questa è la vergogna ed io mi auguro che i parlamentari di centrodestra, in nome di quanto di buono abbiamo prodotto nella scorsa legislatura, intervengano tutti sul complesso degli emendamenti per costringere il Governo a porre una questione di fiducia che dimostri ancora una volta che i parlamentari di centrosinistra predicano bene e razzolano male
. Onorevole Gibelli, relativamente alle sue osservazioni circa l'applicazione dell'articolo 85- del Regolamento, le ricordo che tale norma fin dalla scorsa legislatura viene applicata indistintamente su tutti provvedimenti. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, non solo condivido i contenuti espressi dal collega Gibelli, ma richiamo l'attenzione sul tono da lui usato, perché mai nulla, come il tono usato dal collega Gibelli per il provvedimento in esame, ha rispecchiato - caro Sottosegretario, mi spiace che lei si sia distratto telefonando o pensando ad altro - la drammaticità del contenuto di tale decreto-legge. Non si tratta solo di un decreto-legge scandaloso, ma di un decreto-legge che nel suo contenuto e nel suo principio di fondo porta il Paese ad essere considerato come uno dei peggiori paesi che possa esistere nelle democrazie moderne, e cercherò di spiegarne il perché. Tra l'altro, tale insofferenza proviene anche dal fatto che da mesi ascoltiamo prediche del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, che ci parla di rigore, di ripiano dei conti pubblici, di efficienza, mentre egli stesso ed il ministro dell'economia e delle finanze propongono un decreto-legge il cui unico principio di fondo è premiare le regioni e gli amministratori che non hanno fatto il loro dovere, che non hanno saputo amministrare bene. Sembra, anzi, che con tale decreto-legge si intenda dire ai governatori: non preoccupatevi, poiché quanto più contraete debiti, quanto più create una voragine, quanto più siete inefficienti, tanto più lo Stato interverrà. Ciò avviene in quanto lo Stato, nella vostra concezione, può disporre di tutto e di tutti, può permettersi di varare una legge finanziaria come quella che avete presentato e mettere le mani nelle tasche dei cittadini, poiché per voi i cittadini sono sudditi a disposizione dello Stato. Lo Stato può permettersi, inoltre, di dire che in seguito avremo un cosiddetto «tesoretto» da distribuire a chi vogliamo; può permettersi di dire che non gli interessa che le regioni rispondano in maniera efficiente, chiara e coerente ai bisogni dei suoi cittadini, che venga tutelato il diritto fondamentale che un cittadino ha, che è quello alla salute, quello di veder curare bene la propria salute e di non vedere disperse le risorse che paga. Non mi interessa! Non ti premio! Premio invece chi crea voragini e crea buchi. Mi auguro dunque che non voteremo la conversione di questo decreto-legge, che segna una pagina brutta nella storia del Paese, brutta nel confronto fra maggioranza e opposizione, brutta per chi dalla maggioranza e dall'opposizione vorrebbe confrontarsi su un Paese che sia capace di guardare al proprio futuro, e rispondere e confrontarsi sulle formule che permettano la soluzione dei problemi. Non ci si può confrontare nel merito se poi vengono proposti decreti-legge scandalosi come quello in esame, che affermano un unico principio: non mi interessa del cittadino, non mi interessa del suo bene, non mi interessa dell'efficienza, mi interessa solo comandare e premiare coloro che sono della mia «cricca», quelli che sono dalla mia parte politica. Questo «decreto salvadebiti» è un provvedimento che dirotta ingenti risorse a regioni che si sono gravemente indebitate, il più delle volte per non aver chiamato i cittadini alla compartecipazione della spesa sanitaria, anzi, per aver fatto demagogicamente una politica elettorale senza chiamare i cittadini a partecipare alla spesa sanitaria. Non hanno introdotto i hanno creato una voragine ed oggi si vedono premiate per questo. Inoltre, tale decreto-legge premia le regioni non virtuose e penalizza quelle con bilancio in pareggio, i cui cittadini dovranno pagare. I cittadini della mia regione, della regione Lombardia, che hanno visto ed hanno sempre voluto un governo efficiente, che rispondesse ai loro bisogni, in cui la sanità potesse essere un fiore all'occhiello, ed hanno i conti in ordine, oggi, a causa di questo decreto-legge, dovranno pagare 233,5 euro all'anno per ripagare debiti che non sono loro e che sono stati creati in un altro luogo da amministrazioni inefficienti. Inoltre, il decreto-legge in esame lede un importante principio costituzionale che è uno dei fondamenti della nostra Repubblica, il principio dell'uguaglianza dei cittadini e quello della responsabilità finanziaria degli enti. Vi domando e mi domando il motivo per cui, nel momento in cui le regioni ed il Governo si sono trovati ed hanno sottoscritto lo scorso settembre un accordo, il patto per la salute, attraverso il quale si stabiliva l'entità del Fondo nazionale sanitario nazionale negli anni 2007, 2008 e 2009, il Governo, in quella sede, che è quella prevista istituzionalmente, abbia deliberatamente nascosto la somma di 3 miliardi di euro contenuta nel presente decreto-legge, violando senza alcun rispetto istituzionale il patto con le regioni. Non solo, le regioni che oggi sono oggetto e beneficiarie di questo provvedimento, si sono viste attribuire 4,5 miliardi di euro come tutte le altre regioni e in più i 3 miliardi che vengono stabiliti con questo decreto-legge. In quel tavolo sono stati assegnati questi fondi alle regioni a sostegno della difficile situazione in cui versavano i loro conti sanitari, e con quei criteri si è stabilito come erogare le risorse. Il decreto-legge che il Governo presenta è incostituzionale, e ciò è grave. Non è un caso, signor rappresentante del Governo e cari colleghi, che numerose regioni (non solo le regioni di centrodestra, non solo la regione Lombardia che è stata la prima a guidare e gridare allo scandalo riguardo al contenuto del decreto-legge) hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale riguardo al provvedimento. Chi governa si dovrebbe porre qualche domanda, a meno che non ritenga di essere un principe che può fare tutto ed il contrario di tutto; al contrario, come mi auguro ma purtroppo sono continuamente smentito, nessuno chiamato al Governo del Paese dovrebbe conservare tale concezione. Mi domando, ancora, quale sia il messaggio che oggi il Governo e la maggioranza inviino al Paese con questo decreto-legge. Il messaggio che si invia agli enti locali è: fate quello che volete, tanto poi c'è lo «Stato mamma» che ripiana i debiti che voi stessi avete contratto, venendo meno al dettato costituzionale. Questo è l'unico messaggio che viene dato agli amministratori e ai nostri concittadini. Nel precedente Governo, il ministro Tremonti, sollecitando e prendendosi anche le critiche, ma con coraggio, proprio perché volevamo il ripianamento dei debiti dello Stato e volevamo indurre la pubblica amministrazione ad una maggiore efficienza, emanò un decreto esemplare inviando una lettera alla Corte dei conti e alle banche, nel giugno 2002, con la quale queste ultime venivano diffidate, proprio in forza dell'articolo 119 della Costituzione, dal concedere crediti ad amministrazioni pubbliche a copertura dei deficit di gestione. Per quale motivo oggi il ministro Padoa Schioppa, che si vanta di essere il re del rigore - credo che sia solo il re delle tasse e basta! - va esattamente nella direzione opposta firmando questo decreto-legge? Quale principio è sotteso a un decreto-legge come questo, che contiene la norma che blocca i pignoramenti e sterilizza per dodici mesi l'esigibilità dei crediti da parte dei privati nei confronti degli enti ed aziende sanitarie rappresentando di fatto una minaccia alla libertà delle imprese dei cittadini, se non quello per cui il cittadino è un suddito? Nel nostro Paese viviamo una situazione paradossale, perché i cittadini e le imprese finanziano due volte lo Stato: con le proprie tasse e poi perchè non prendono i soldi neanche ad un anno di distanza, se per caso hanno la disgrazia o la disavventura di lavorare con l'ente pubblico impegnando i propri soldi. Oggi i cittadini e le imprese vedono - ma questa è una cattiva abitudine di questo Governo purtroppo già reiterata in tantissimi altri provvedimenti - cancellati o spostati nel tempo i loro diritti sacrosanti in virtù di un decreto-legge: se qualcuno non ti paga, prima avevi diritto a chiedere il pignoramento dei beni di questo signore; oggi non lo puoi fare! Non lo puoi più fare per legge! Lo Stato è intoccabile, ti può far pagare le tasse, ma contemporaneamente ti può anche dire di lavorare gratis per lui per finanziarlo. Ma di cosa stiamo parlando? Su cosa vogliamo confrontarci? Di quale bene comune stiamo parlando, se poi gli atti concreti di questo Governo sono solo quelli che vengono presentati qui? Inoltre, in questo decreto-legge ci sono tantissime violazioni della Carta costituzionale, che ricordo perché sono quelle contenute nei ricorsi presentati sia dalla regione Lombardia sia dalle altre regioni. Forse bisognerebbe porsi qualche domanda, signor rappresentante del Governo e signori membri della maggioranza. Viene violato il principio di uguaglianza, sancito dall'articolo 3 della Costituzione, viene violata la responsabilità finanziaria, vengono violate le competenze regionali delle singole regioni attribuite dalla Costituzione, viene eluso il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, viene pregiudicato, in maniera chiara e netta, il diritto alla salute. Ebbene, vi sembra poco? È sempre l'opposizione che di fronte a un decreto-legge vuole fare la solita opposizione dura e dimostrare che fa ostruzionismo, o forse, per una volta, la voce che si leva dai banchi dell'opposizione può indurre - mi auguro - i colleghi della maggioranza e forse i membri del Governo a riconoscere che così non va bene, che non si può fare? Non si può governare solo perché bisogna aiutare l'amico dell'amico, solo perché lo Stato può fare quello che vuole! Ha ragione il collega Gibelli: di cosa viene a parlare l'amico sottosegretario Letta? Viene a parlare di decentramento, di potere degli enti locali in Lombardia, ma poi nei fatti sottoscrive e condivide provvedimenti di questo genere! Patto per Milano, patto per lo sviluppo, il federalismo fiscale: sono tutte parole di cui ci si riempie la bocca, ma l'unico patto che questo Governo ha presente è quello di volere il potere per sé, di decidere lui stesso cosa fare dei soldi dei cittadini e decidere di premiare chi è inefficiente, chi è suo amico e non invece chi merita di essere premiato. Queste sono le considerazioni sul complesso degli emendamenti per le quali non solo siamo contrari, ma ci opponiamo duramente al provvedimento in esame. Mi auguro - ma purtroppo sono convinto che non ci sarà un ravvedimento neanche «operoso» - che queste parole non rimangano vane. E in ogni caso non rimarranno vane, perché il Paese sin dai primi mesi della legislatura ha tolto la fiducia accordata alla maggioranza e al Governo Prodi, non per la dura legge finanziaria o per altre ragioni, ma perché, sin dal momento in cui l'Esecutivo si è insediato, il Paese ha percepito la concezione che il Governo ha nei suoi confronti e nei confronti dei suoi cittadini: una concezione autoritaria, dispotica, non liberale, secondo la quale tutto gli è dovuto. Le imprese, i cittadini, la loro iniziativa, sono al servizio dello «Stato padrone», e non viceversa, e se per caso qualcosa avanzerà, lo Stato nella sua discrezionalità deciderà in qual modo restituire il «tesoretto», con ciò dimenticandosi, forse, che i soldi non sono dello Stato ma dei cittadini stessi !
. Saluto gli studenti del primo anno del corso di diritto costituzionale della facoltà di giurisprudenza dell'università LUMSA di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune . Secondo le intese intercorse tra i gruppi, la seduta riprenderà alle 15 con il seguito dell'esame del provvedimento.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, credo sia a tutti arcinota la tristissima vicenda degli otto decessi verificatisi presso l'ospedale di Castellaneta ed avvenuti a causa di inalazione di protossido di azoto al posto di ossigeno. È una vicenda di dimensioni enormi, che sta presentando, negli ultimi giorni e nelle ultime ore, dei lati oscuri a causa del rimpallarsi di responsabilità da parte dei vertici dell'ASL Taranto 1 e della ditta che avrebbe eseguito i lavori presso la detta sede ospedaliera. Si sono registrati smentite, distinguo, contraddistinguo, collaudi (alcuni dei quali sono stati poi smentiti), in altre parole si sta ormai ingenerando nell'opinione pubblica l'idea che tutto possa finire in una bolla di sapone, o che si possano scaricare colpe e responsabilità sui più deboli, magari sulla classe medica o paramedica, o, peggio ancora, sui malati che hanno avuto il solo torto di pensare che, andando in ospedale, potessero curarsi invece di trovare la morte. Pertanto la pregherei, anche a nome del presidente La Russa, con il quale mi sono sentito, di sensibilizzare il Ministro della salute affinché venga a riferire (facendo così chiarezza sulla vicenda) all'Assemblea e pertanto all'intera nazione. Sembra che il problema che ha investito il piccolo comune della provincia di Taranto stia riguardando altre ASL ed altri ospedali. Per tranquillizzare dunque i cittadini italiani (non solo quelli della provincia di Taranto e del mio comune) è opportuno che il ministro venga il prima possibile a riferire - sulla base dei dati che dovrà reperire - in modo da offrire finalmente le certezze di cui i cittadini hanno bisogno.
. Onorevole Patarino, è presente il rappresentante del Governo competente e prenderà sicuramente nota delle sue dichiarazioni. Comunque la assicuro che riferirò al Presidente della Camera perché verifichi la possibilità che il Governo venga a riferire in aula. Come preannunciato, sospendo la seduta fino alle 15.
. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bafile, Brugger, Bucchino, Catone, Fedi, Franceschini, Giovanardi, Holzmann, La Malfa, Meta, Pinotti e Realacci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta. Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto della seduta odierna.
. Avverto che è in distribuzione un fascicolo contenente proposte emendative presentate dalle Commissioni ed i subemendamenti ad esse riferiti. Avverto, inoltre, che la I Commissione (Affari Costituzionali) ha espresso l'ulteriore prescritto parere, che è in distribuzione. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi sul complesso degli emendamenti. Ha chiesto di parlare il deputato Astore. Ne ha facoltà.
. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, sarei tentato di fare un comizio per rispondere a quello che stamattina è stato detto in Assemblea. Invece cercherò di svolgere un ragionamento e di esaminare bene la proposta al nostro esame senza fare propaganda politica. A tale riguardo ricordo che i cittadini del sud, compresi quelli della mia regione, spesso scelgono di recarsi al nord per le proprie cure, non certo in Svizzera o negli Stati Uniti! Il problema dei debiti della sanità si trascina da diversi anni. Personalmente ho ricoperto il ruolo di assessore alla sanità nella mia regione dall'anno 1995 fino al 2000 e sono decaduto dalla carica proprio per i motivi di cui abbiamo precedentemente discusso. Durante l'ultimo di quegli anni, nel 2000, vi fu l'autorizzazione al mutuo per coprire il deficit sanitario. Come si può credere che tale soluzione possa essere vantaggiosa per gli enti locali - mi rivolgo agli amici della Commissione affari sociali - se due tra le sette regioni che erano entrate nei parametri per il piano di rientro hanno preferito liberamente escludersi dall'elenco e fare ogni sforzo per ricoprire il deficit autonomamente? Mi riferisco al Piemonte e alla Liguria. Ciò vuol dire che, diciamo così, entrare nella mannaia del decreto-legge non è certamente un favore, è piuttosto una forte penalizzazione, come dimostrerò. Il Piemonte con 662 milioni di deficit nel 2005 ha compiuto ogni sforzo per coprirlo con fondi propri. Non dimenticate che nel 2006 sono state avvertite la Puglia e la Sicilia, che stanno facendo ogni sforzo per rientrare. Ritengo necessario esaminare anche le cause. Concordo con gli amici della Lega quando parlano di «disamministrazione», ma certamente per diversi anni il Fondo sanitario nazionale è stato insufficiente. Vi è stata certamente una «disamministrazione» basata sulle clientele che dobbiamo denunciare; non sto qui a porre un discrimine fra le regioni di centrodestra e di centrosinistra. Prego gli amici di Forza Italia di andare a verificare chi amministrava queste cinque regioni tra il 2000 ed il 2005: non dobbiamo fare strumentalizzazioni . Io vedo la voragine del debito della mia regione - la più piccola tra quelle considerate e che certamente non è gestita da noi - che ha portato il debito ad essere il più alto d'Italia dopo quello del Lazio. In una regione in cui si moltiplicano unità operative giorno per giorno - considero positivo che il piano di rientro lo ricordi -, nella mia regione è stata istituita negli anni passati perfino una unità operativa complessa («complessa» per clientele e per altro) di neurofisiopatologia, che credo non esista neanche a Milano. Penso che non sia stata fatta la riprogrammazione ospedaliera nel momento giusto perché si spende più in ospedale e meno nel territorio. Su ciò dobbiamo essere assolutamente tutti d'accordo perché è facile spendere in ospedale. Dobbiamo assolutamente puntare alla riqualificazione ospedaliera; questo piano di rientro obbliga le regioni a fare la liquidazione ospedaliera. Scellerati provvedimenti amministrativi concernenti il personale, pagamenti senza controllo delle strutture private: li conosciamo bene quali sono i difetti di certi tipi di sanità in talune regioni. Anche la dilatazione stessa dell'accreditamento delle strutture private è stata una delle cause che ha portato a questo deficit. Nella mia regione, ad esempio, è stata istituita un'università statale con la presenza della Cattolica. Era necessario, mi domando, in un Paese come l'Italia, che ha il più alto numero di medici - la mia regione, fra l'altro, fa registrare il più alto numero di medici per regione - istituire un'università con la presenza di un istituto come la Cattolica, uno dei migliori istituti europei, che poteva benissimo formare i medici che servivano? Non parliamo, signor sottosegretario, di quanto avviene in altre regioni. Voglio anche avvertire, facendo parte della Commissione parlamentare antimafia ed avendo ascoltato certi discorsi, che la criminalità organizzata, anche quella dei colletti bianchi, in alcune regioni si è impadronita della sanità. Bande di affaristi stanno nel campo della sanità perché è uno dei settori che fa registrare una delle spese più alte: ordinariamente i due terzi del bilancio della regione sono devoluti alla sanità. Per tale motivo, ritengo meritoria l'azione del Governo. Pur avendo qualche dubbio su alcuni commi, credo che questo nuovo metodo del Governo - devo farvi i complimenti - preveda soprattutto la riscoperta della concertazione. È stato fatto un patto, cioè non è stato messo un livello di potere contro un altro, ma è stato concordato ad un tavolo il percorso da seguire e credo che all'unanimità le regioni abbiano accettato la quantificazione del fondo nel patto sulla salute firmato a settembre. Come pure va ricordato oggi che per la prima volta si utilizzeranno i fondi europei per proseguire le strutture previste nell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988 ed altre iniziative di questo genere. Mi sembra un dato assolutamente importante: ecco il motivo dell'aumento del Fondo sanitario, questo stanziamento straordinario di tre miliardi di euro, le liste di attesa. Sono tutti provvedimenti concordati al tavolo della concertazione. Ecco perché credo che non sia giusto strumentalizzare questo dibattito, andare ad affondare il coltello in certe piaghe. Ecco perché ci vuole collaborazione istituzionale, amici. Ma io dico, e parlo con dati di fatto rivolgendomi all'amico Garavaglia (con il quale abbiamo parlato tante volte e che ha anche letto ultimamente un mio articolo critico al presidente della mia regione), che quello che stiamo discutendo è un provvedimento federalista. Se due regioni fuggono, cioè dicono che utilizzeranno i loro soldi per poter ripianare il deficit, vuol dire che si tratta di uno di quei provvedimenti che usa la mannaia, usa la bacchetta verso determinate regioni. Questo decreto-legge unito al provvedimento prossimo di attuazione dell'articolo 117 della Costituzione, con l'abolizione del introdotta dalle Commissioni, mi sembra sia da valutare in senso positivo. Del resto, amici di centrodestra, la legge 30 dicembre 2004 n. 311, da cui parte questo provvedimento, non è certo stata approvata da questa maggioranza. Noi l'abbiamo riconfermata giustamente. Il Governo Berlusconi prima di lasciare l'incarico nell'aprile del 2006 ha diffidato tutte le regioni. Ha fatto bene perché la legge n. 311 del 2004 così stabiliva e in essa si prevede l'accordo Stato-regioni. Noi cosa abbiamo fatto in più? Bisogna riconoscere a questo Governo cosa ha fatto in più: oltre alle condizioni della legge finanziaria per il 2005, sono stati stanziati dei fondi, altrimenti le regioni sarebbero stati tutte commissariate. Questa è la verità. Va riconosciuto che in aggiunta alla legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono stati stanziati i fondi. Cerco di ragionare, non di fare dei comizi elettorali contro i sudisti o i nordisti. Non sono un leghista del sud, per esprimermi in maniera molto chiara. Sono d'accordo, ad esempio, su alcuni provvedimenti che proponete in merito alla penalizzazione degli amministratori. È giusto che sia così: non esiste federalismo se non si penalizzano gli amministratori e non si eliminano le clientele. Avere affermato che l'IRAP e l'IRPEF sono ai valori massimi, che tutte le tassazioni devono essere ai valori massimi obbliga le regioni a rientrare entro il 2010; credo che sia veramente una grande opera meritoria. Sono provvedimenti che si possono eventualmente correggere; ma, nel frattempo, sono questi i punti su cui dobbiamo assolutamente raggiungere un accordo. Sulla moratoria dei pignoramenti e su altri provvedimenti di questo genere, credo che ci sia da parte della maggioranza una volontà ampiamente condivisa; dobbiamo raggiungere un accordo anche sul monitoraggio trimestrale. Sull'affiancamento, che poi non è altro che un commissariamento, è un'«operazione verità» quella che le regioni devono assolutamente fare. Non possono più nascondere i loro debiti! Ogni atto, già da oggi, deve essere sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze. Ciò significherebbe avere veramente introdotto un patrocinio forte ed un commissariamento di fatto per le regioni che non adempiano a tali regole. Pertanto, credo che tale aiuto finanziario (e qui ha ragione la Lega) debba assolutamente essere transitorio. Lo dico agli amici del Governo: deve trattarsi veramente di una svolta, non più di un regalo. Deve rappresentare l'inizio di un nuovo modo di erogare servizi sanitari al nostro Paese. Amici del centrodestra, è assai rilevante aver inserito nel patto di rientro, come prima condizione inderogabile, che le regioni devono erogare i livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA). È molto importante che il Governo svolga il controllo della qualità, il controllo del servizio sanitario. Propongo - e mi assumo di tale proposta tutta la responsabilità - che il Parlamento si affianchi al Governo, con una Commissione di inchiesta, in un lavoro triennale volto a verificare come stanno operando le regioni per «rimettersi in regola». Oggi parliamo anche dei livelli di sicurezza (LS), da tutti dimenticati. Credo sia importante che il Parlamento partecipi a tale discussione. Non è un regalo, amici, ma l'inizio del federalismo. Quando si forniscono risorse, al tempo stesso si deve pretendere che i soggetti a cui tali risorse vengono fornite si autoresponsabilizzino. Ha ragione chi sostiene che il federalismo si traduce nel fatto che un pubblico amministratore paga in prima persona, si responsabilizza nell'esercizio delle proprie funzioni. È certamente un'impostazione differente da quella di chi afferma che tutte le imposte debbano rimanere nella regione che le esborsa. Siamo per un federalismo diverso, un federalismo solidale, nel quale le regioni ricche devono accompagnare le comunità povere. Per tale motivo, il Governo deve essere severo nei controlli. Dunque, propongo, come ho detto, l'istituzione di una Commissione di inchiesta. Non dobbiamo dimenticare che è nostro dovere essere vicini ai pazienti. In Assemblea si è parlato spesso degli amministratori. Credo che il provvedimento in esame sia stato proposto per essere vicini ai pazienti. Anche nelle regioni in cui la sanità è strumento di potere, è strumento di clientela, è strumento di soggiogamento della libertà dei cittadini, il paziente deve essere il vero protagonista. Chi è protetto culturalmente sceglie sempre strade alternative, ma la maggior parte dei pazienti, quando entrano nel tunnel della malattia, diventano dei cittadini deboli. Approfittare di tali situazioni, soprattutto da parte di un pubblico amministratore, è, a mio parere, un gravissimo reato, a cui dobbiamo assolutamente opporci. Non mi vergogno di proporre di metterci intorno ad un tavolo e di giungere ad un voto unanime, perché dobbiamo imboccare una strada diversa, senza strumentalismi né furbizie. Del resto - vedo che qualcuno sorride -, tre o quattro anni fa, sono stati dati alle regioni, senza alcun criterio, 4 mila miliardi. Credo che questi fondi, concessi oggi con determinati criteri e vincoli, rendano il provvedimento in discussione meritevole di essere approvato all'unanimità. Dobbiamo tutti dare un contributo in tal senso, perché credo che, se abbandonassimo un poco il senso esasperato di appartenenza, questo Parlamento potrebbe riscoprire l'utilità di dare all'Italia alcune riforme necessarie. Ciò vale anche per l'esame degli emendamenti, onorevoli colleghi. Tra questi, voglio segnalare al Governo un emendamento da me presentato per il gruppo dell'Italia dei Valori, in base al quale non è detto che il piano di rientro debba essere approvato dalla giunta. Sarebbe la prima volta che il Parlamento prescrive alle regioni che debba essere la giunta regionale ad approvare tale piano. Dobbiamo rispettare le autonomie locali, perché alcune funzioni devono essere svolte dalla giunta, altre dal consiglio. Se non erro, la stessa regione Lazio ha approvato il piano di rientro in sede di consiglio regionale. Nessun presidente di giunta è autorizzato a portare queste decisioni in giunta.
. Onorevole Astore, concluda.
. Concludo, Presidente. Pertanto, esaminando bene gli avvenimenti e cedendo rispetto ad un senso di appartenenza sbagliato, credo che potremmo veramente ridare al popolo italiano quella riforma, avviata negli anni Ottanta, che ha consentito di creare nel nostro paese una struttura sanitaria di buon livello
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bocciardo. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, con questo decreto-legge le lancette dell'orologio legislativo ritornano indietro di quasi quindici anni al periodo in cui lo Stato si faceva carico, a piè di lista, dei debiti che le autonomie locali contraevano indiscriminatamente. I comuni spendevano al di là delle proprie risorse di bilancio, presentavano il conto e lo Stato pagava. Questo gioco aveva creato un meccanismo perverso di spesa incontrollata. Poi venne il 1993: una data fondamentale per la finanza pubblica. Lo Stato rivoluzionò, finalmente, il sistema contabile e diede alle autonomie locali la responsabilità della spesa per investimenti del processo di indebitamento, fornendo in cambio un contributo compensativo: l'ICI. Prima del 1993 il ripiano delle spese fatte dalle autonomie locali al di là delle proprie possibilità finanziarie e l'assunzione da parte dello Stato dei mutui di indebitamento avevano creato forti e profonde disparità tra i comuni. Con questo sistema, infatti, venivano premiati i più spendaccioni e penalizzati i più virtuosi ed è quello che sta accadendo oggi con questo decreto-legge. È il peggiore intervento legislativo che si potesse immaginare, tra tutti gli interventi che sono stati adottati nel corso degli ultimi anni per fare fronte al grave e ricorrente problema dello sforamento, da parte delle regioni, dei limiti di spesa per il finanziamento del servizio sanitario nazionale. Alle regioni che non sono state capaci di contenere la spesa sanitaria lo Stato darà 3 miliardi di euro che saranno erogati nel 2007 per sanare i debiti accumulati dal 2001 al 2005. Il provvedimento va a incidere su situazioni retroattive e crea quindi una scandalosa deroga legislativa alla normativa vigente secondo la quale gli oneri di ripiano dei disavanzi nella gestione sanitaria sono a carico, non dello Stato, ma delle regioni. Su tre miliardi stanziati, due sono destinati alla regione Lazio: due terzi dell'intero stanziamento. E il miliardo rimanente come sarà distribuito? Qual è il debito reale contratto dalle regioni? A queste domande il Governo dà sempre risposte evasive. Come se non bastasse, all'articolo 1 del decreto-legge in discussione il Senato ha aggiunto alcuni dispositivi che, se da una parte fanno tirare un sospiro di sollievo ai cattivi amministratori, dall'altra gettano nella disperazione e nel caos il sistema dei fornitori e quindi dell'indotto di impresa. Mi riferisco alla norma secondo cui le azioni esecutive nei confronti di soggetti pubblici per il pagamento dei debiti accumulati nel settore sanitario non possono iniziare o proseguire: vengono praticamente congelate per un anno, a partire dall'entrata in vigore della legge di conversione di questo decreto-legge. Questa disposizione, oltre ad essere in contrasto con la direttiva comunitaria 2000/35, concernente la lotta contro i ritardi nel pagamento delle obbligazioni di natura commerciale, rischia di comportare conseguenze gravissime per molte aziende che operano nel settore, creano fallimenti di impresa e disoccupazione. Su questo punto, qual è la posizione della sinistra? Come può condividere una norma che getta nello sconforto e nella disperazione famiglie alle prese con un'improvvisa disoccupazione provocata proprio dal Governo? E, ancora, la riduzione, a partire dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e sino a fine anno, della quota fissa sulla ricetta riguardante le prestazioni di specialistica ambulatoriale: non più 10, ma 3,5 euro, con quali fondi? Vi sono profonde perplessità sulle modalità di copertura ipotizzate. È stata infatti reintrodotta, ed anzi peggiorata sensibilmente dal punto di vista finanziario, la copertura che fu già bocciata dalla sottocommissione per i pareri della Commissione bilancio del Senato. In pratica, la copertura dell'onere relativo alla cancellazione del verrebbe imputata per la massima parte - 381 miliardi di euro - al fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183. L'utilizzo di parte delle risorse del fondo, nella misura indicata, potrebbe pertanto pregiudicare l'attuazione di interventi già finanziati, ma non basta! Vi è poi l'emendamento presentato dai relatori nel corso dell'esame congiunto, alla Camera, da parte delle Commissioni bilancio e affari sociali, che cancella del tutto il sulla diagnostica, ma con quali fondi? Vi è inoltre il rischio reale che, per finanziare parte di questo decreto-legge, il Governo vada ad intaccare risorse già esigue, riguardanti la ricerca sulla salute (50 milioni di euro), il fondo per la famiglia (30 milioni di euro), il fondo per le politiche giovanili (altri 30 milioni di euro). Come è ormai consuetudine, questo Governo dà con una mano e toglie con l'altra! Nella scorsa legislatura molto è stato fatto per contenere l'espansione della spesa sanitaria regionale: sono stati conclusi una serie di accordi con le regioni; si è passati da un sistema di semplice monitoraggio e di discreto controllo della spesa regionale ad un sistema più severo di obiettivi, con la previsione di un meccanismo sanzionatorio, in caso di mancato raggiungimento del risultato, e di un meccanismo premiale, in caso di raggiungimento dello stesso. Con questo provvedimento, invece, si dà un segnale di senso contrario: i cittadini delle regioni virtuose hanno dovuto pagare più tasse e, contemporaneamente, hanno usufruito di minori risorse statali per il servizio sanitario nazionale; mentre i cittadini delle regioni meno virtuose sono stati premiati, perché grazie a questo decreto-legge si ripianano gli «sfondamenti» di spesa prodotti. Ricordo, infine, che il controllo della spesa sanitaria figurava tra gli interventi da realizzare nell'ambito delle riforme strutturali, annunciate dal Governo ad inizio legislatura, mentre ora è evidente che il Governo ha rinunciato a qualunque tipo di controllo, e non solo sulla spesa sanitaria! Questo decreto-legge, a mio avviso, è incostituzionale, perché prevede disparità di trattamento tra una regione e l'altra; è deleterio per la finanza pubblica, perché regala sostanzialmente ad alcune regioni 3 miliardi di euro; è drammatico, per la sopravvivenza delle imprese fornitrici e per chi vi lavora. Mi chiedo con quale coraggio i colleghi della maggioranza possano condividere un tale provvedimento !
. Ha chiesto di parlare la deputata Ceccacci Rubino. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, desidero esprimere tutta la mia contrarietà, tanto nella sostanza quanto nel metodo, ad un provvedimento che, già nel titolo, presenta evidenti elementi di incostituzionalità. Come hanno sostenuto i miei colleghi, la conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario è quanto mai irragionevole. Una legge, infatti, non può essere selettiva, perché lede l'articolo 3 della nostra Costituzione; né può essere, in questo caso, urgente, poiché disciplina il ripiano di disavanzi pregressi del settore sanitario, risalenti ad un periodo che va dal 2001 fino al 2005. Ci troviamo davanti ad evidenti forzature e non è la prima volta: già nella legge finanziaria, la decisione di ridurre in modo selettivo il cuneo fiscale ha ottenuto la giusta riprovazione da parte dell'Unione europea, che proprio in questi giorni sta costringendo il nostro Governo a fare marcia indietro, creando disagi ai nostri imprenditori e consolidando l'immagine di incompetenza che, in più occasioni, il nostro Governo si è procurato in Europa. Crediamo che, con questo provvedimento, possa accadere lo stesso, con l'apertura anche di ulteriori contenziosi da parte di quelle regioni che, poiché virtuose, vengono ingiustamente escluse da questi aiuti di Stato. Si tratta di una politica al rovescio, che calpesta i più elementari diritti costituzionali, come l'articolo 97 della Costituzione sul principio del buon andamento delle pubbliche amministrazioni, che premia chi fa peggio, gli incapaci e i demagoghi, coloro che hanno conquistato il potere proprio con un uso facile del populismo contro coloro che, pur assumendo decisioni impopolari, hanno portato i conti della sanità in pareggio. Bisogna attenersi ai fatti che mostrano come le regioni amministrate dal centrosinistra siano quelle che presentano i conti e gli di rendimento e di qualità più disastrosi e che le punte di eccellenza sono la Lombardia e il Veneto, da molti anni amministrate dal centrodestra, le quali, da diverso tempo, hanno avviato politiche di grande sacrificio sulla sanità, ma con risultati, alla lunga, vincenti. Non è un caso che più volte anche autorevoli esponenti della società civile abbiano denunciato dei «provvedimenti mostri» come questo, resi appositamente incomprensibili e di difficile lettura, proprio per inserire, al loro interno, tutto e il contrario di tutto. Come è avvenuto per il famoso emendamento Fuda, anche in questo caso si gioca allo scaricabarile. Infatti in sede di Commissioni riunite, Bilancio e Affari sociali, il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Lettieri, ha dichiarato che, come ribadito ieri in aula dal sottosegretario di Stato per la salute Zucchelli, l'evidente ingiustizia di sottrarre fondi ai non autosufficienti, alla ricerca medica, alle politiche giovanili e alla cooperazione internazionale per coprire il «buco» del « vergogna» sulla diagnostica, è stata una decisione presa al Senato contro le stesse indicazioni del Governo. Per ovviare ai propri errori il Governo attribuisce al Parlamento le proprie responsabilità. Non dimentichiamo, tuttavia, che è stato lo stesso Governo a decidere di inserire i sanitari anche contro il parere di una parte della stessa maggioranza. Ora, a pochi mesi dal varo della finanziaria, il Governo, contraddicendo se stesso, ha deciso di abolire il sulla diagnostica ambulatoriale per il 2007. Ciò solo perché ci si è resi conto in ritardo che questa tassa, paradossalmente, ha danneggiato la sanità pubblica favorendo, invece, quella privata, nell'ambito della quale i servizi diagnostici costano molto meno, creando così un ulteriore «buco» al nostro sistema già onerato. Non mi soffermo su altri profili di incostituzionalità di questo provvedimento, che lede in modo evidente anche gli articoli 81, 117, 119 e 120 della nostra Costituzione, sui quali si è già ampiamente dibattuto in Commissione. Tuttavia, vorrei soffermarmi brevemente su un'altra evidente contraddizione: la previsione di cui all'articolo 1 del provvedimento in discussione, di sospendere, per 12 mesi dalla entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, le azioni esecutive intraprese nei confronti di soggetti pubblici per il pagamento dei debiti accumulati nel settore sanitario e, per lo stesso periodo, che i debiti insoluti producono esclusivamente gli interessi legali di cui all'articolo 1284 del codice civile. Anche in relazione a quest'ultima disposizione ritengo siano assolutamente condivisibili le critiche sollevate dei miei colleghi a tale dispositivo normativo, in merito ai riflessi economici che questa decisione comporterà, sia per le aziende creditrici che hanno maturato crediti non corrisposti, sia per il sistema sanitario nazionale che subirà così ulteriori aggravi di spesa con relativi contenziosi che si apriranno, anche in questo caso, in opposizione a questo provvedimento. Pertanto, mi chiedo: se l'intento di questo decreto-legge è, come recita il titolo, un piano urgente e selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, per aiutare le regioni a rientrare dei debiti accumulati entro e non oltre il 2010, che ragione c'è, a questo punto, di congelare i crediti maturati dai soggetti privati, che al servizio pubblico hanno offerto prodotti e servizi? Probabilmente, tutto ciò è stato deciso solo per dare la priorità alle società cooperative che operano in ambito ospedaliero. I dubbi affiorano, considerando che questa disposizione non è applicata ai crediti dei lavoratori precari e stabili, molti dei quali prestano la loro attività nelle cooperative. È un dubbio riguardo al quale spero di essere smentita. Rinnovo quindi la mia forte contrarietà a questo provvedimento, perché è del tutto ricompreso in una pura e retrograda logica assistenzialista; esso non prevede alcun meccanismo sanzionatorio nei confronti di quegli amministratori scorretti che non raggiungono i risultati attesi, e nessun meccanismo premiale nei confronti di quegli amministratori che, viceversa, li raggiungono. In questo modo, invece, si premiano i furbi e si sanzionano i virtuosi. Per questo, il mio voto sarà contrario
. Ha chiesto di parlare il deputato Grimoldi. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, quando in Lombardia partecipiamo a tribune politiche con rappresentanti parlamentari della maggioranza, ci viene sempre detto che a livello regionale i fondi stanziati per la ricerca non bastano, i fondi stanziati dalla regione per migliorare le infrastrutture o i servizi ferroviari sono insufficienti, che i servizi e le risorse messe a disposizione dalla regione per il comparto scolastico sono inadeguati ed insufficienti. Dal modo di condurre la politica e di fare le osservazioni da parte dei rappresentanti parlamentari di questa maggioranza in Lombardia si deduce, con questo provvedimento, quale sia la loro reale convinzione sui problemi della gente e dei lombardi: fate semplicemente demagogia senza neanche credere in quello che dite! Se poi il Governo invece di chiacchierare mi ascoltasse, ne sarei felice. Detto questo, qual è il problema? Facciamo una piccola cronistoria. Quando la regione Lazio - citiamo tale regione non a caso: è facile dire che il provvedimento riguarda più regioni, ma ricordiamoci, e non prendiamoci in giro, per favore, che più del 70 per cento dei 3 miliardi di euro stanziati in questo provvedimento sono destinati alla regione Lazio - si è svegliata e si è accorta di avere questo «buco», questa gestione che produceva un disavanzo sulla spesa sanitaria, cosa ha fatto? Si è rivolta alla Cassa depositi e prestiti - che, per intenderci e per semplificare, per quei pochissimi che ci ascoltano fuori da quest'aula, è la banca degli enti locali - e ha detto: senti, cara «banca degli enti locali», io ho un «buco» sulla spesa corrente, mi presti i soldi? Sfido un normale cittadino, o una qualsiasi famiglia, o ancora una qualsiasi impresa a rivolgersi ad una banca e dire: senti, io ho un «buco» che mi si forma sulla spesa corrente: mi presti i soldi? La banca non solo non presterà i soldi, ma chiamerà anche il manicomio! Il bello è stato, poi, che la regione Lazio è andata a piangere dal Governo. Per quale motivo? Facendo un'annotazione di carattere politico, noi ci permettiamo di dire - a buona ragione - che sono andati a piangere dal Governo evidentemente perché il «padrone» della regione Lazio - cioè il signor Veltroni - ha alzato il telefono e ha detto al suo fedele amico Marrazzo: vedi di non mettere il al contrario di quanto è stato fatto nelle altre regioni per trovare le risorse, perché io, Veltroni, auspico di diventare il futuro capo del centrosinistra, possibilmente «facendo le scarpe» a Prodi che è un incapace, perché questo è quello che è successo! Quindi, nella regione Lazio si è deciso di non introdurre il perché il signor Veltroni ha le sue velleità. Ma il paradosso - che noi denunciamo con forza - è che nelle altre regioni il è stato introdotto. Nelle altre regioni le prestazioni sanitarie si pagano perché ogni regione deve fare i conti con la propria spesa sanitaria, com'è elementare che sia e com'è di comune buon senso. Il risultato è che i cittadini della regione Lombardia, i lombardi, oggi pagano il a fronte del fatto che invece nella regione Lazio, per i romani, il si è deciso di non introdurlo. Poi, lo Stato prende i soldi, pagati dai lombardi attraverso altre imposte, e stabilisce di ripianare i conti della regione Lazio, perché a Roma Veltroni ha deciso di non far pagare il . Ciò è assolutamente spaventoso e noi lo denunceremo con forza in tutto il nord, visto che le regioni del nord sono quelle virtuose. Denunciamo inoltre che il provvedimento in esame è incostituzionale, poiché lede il principio di eguaglianza. In proposito, poiché qualcuno ha la memoria un po' corta, voglio ricordare che la maggioranza ha già ampiamente violato tale principio con la legge finanziaria per l'anno 2007, peraltro con riferimento ad un aspetto che dovrebbe essere particolarmente caro alla sinistra: i finanziamenti alla scuola. Come ha denunciato per primo il mio caro amico onorevole Filippi, infatti, con tale legge, la maggioranza ha destinato 4 euro per ogni studente lombardo, a fronte dei 32 che arrivano ad ogni studente campano (per quelli veneti si è intorno ai 6 euro e per quelli liguri intorno ai 5,5). È stata questa una previsione che non esiterei a definire razzista - nel vero senso della parola - contro gli studenti del nord, in barba ad ogni elementare forma di eguaglianza. Gli studenti lombardi non chiedono di essere migliori: chiedono soltanto di essere trattati allo stesso modo in cui vengono trattati studenti delle altre aree del Paese. A questa palese diseguaglianza perpetrata con la legge finanziaria a danno degli studenti del nord (e lombardi oggi se ne aggiunge un'altra che va a colpire coloro che hanno bisogno di curarsi, e dunque le fasce più deboli del nord e in particolare della Lombardia. La regione Lombardia, infatti, viene costretta ad introdurre il per garantire il pareggio del bilancio regionale, laddove ad altre parti del Paese, il Lazio non viene fatto pagare assolutamente nulla. Cito la Lombardia innanzi tutto perché sono lombardo, ma anche per sottolineare un altro aspetto. Come sapete, all'interno del sistema delle risorse sanitarie, una parte importante è giocata dal fondo perequativo. A tale fondo, nell'anno 2003, la sola Lombardia ha contribuito con una devoluzione - il contributo di solidarietà, tanto per capirci - pari al 54,89 per cento del totale (la percentuale è stata del 55,07 per cento nel 2002 e del 51,17 per cento nel 2004). Se si sommano le devoluzioni provenienti da Lombardia, Piemonte e Veneto, queste tre regioni padane contribuiscono al fondo per il 74 per cento; e se si aggiunge l'Emilia Romagna, si arriva all'88 per cento! Dico questo perché - come altri prima di me hanno giustamente ricordato - la regione Lombardia ha presentato ricorso contro il provvedimento in esame, che è discriminatorio nei confronti di coloro che ben amministrano e danno buoni servizi. Deve essere però chiaro che tale ricorso non basta: noi chiediamo che la Lombardia non partecipi più al finanziamento del fondo perequativo! Non è accettabile che, quando i lombardi pagano, altri si portano a casa i loro soldi senza dar loro servizi, mentre quando vi è carenza di risorse si chiede ai lombardi semplicemente di aumentare le tasse, soprattutto quelle locali ! Ciò a differenza di quel che accade per la città di Roma e per il Lazio - signor Veltroni - che invece possono fare tutte le spese che vogliono, senza doversi preoccupare di far quadrare il bilancio, perché poi interviene la maggioranza di Governo a regalare loro i soldi! Chiediamo dunque che la Lombardia non finanzi più il fondo perequativo, e che si reperiscano in altro modo le risorse necessarie, poiché siamo stanchi di dover far pagare i nostri anziani, i nostri portatori di handicap, e tutte le fasce più deboli della nostra società che necessitano di servizi sanitari solo perché vi sono alcuni che sono incapaci di gestire la spesa pubblica sul proprio territorio (e probabilmente lo fanno per fini elettorali). Quando poi ci si dice che quello previsto nel provvedimento in esame è un prestito, e che vi è un piano di ammortamento, viene da dire: va bene prendersi in giro, ma a tutto c'è un limite! Un piano d'ammortamento trentennale - lo sapete bene, come lo sappiamo anche noi - non vuol dire nulla: una delle prossime finanziarie, infatti, conterrà un bel rigo che disporrà che il fondo destinato ad essere ripagato attraverso l'ammortamento dalla regione Lazio (perché ricordiamo che al Lazio sono destinati quasi tutti i 3 miliardi che il decreto-legge intende attribuire alle regioni male amministrate!) viene cancellato. Quindi, non potete raccontarci che si tratta di un mutuo, di un prestito, perché la storia del nostro Paese è costellata da provvedimenti di questo tipo, grazie ai quali i debiti di chi ha gestito male la cosa pubblica vengono cancellati da un giorno all'altro, alla faccia di chi ha ben lavorato, amministrato ed erogato servizi! Prima di me ha parlato l'onorevole Astore, che osservava giustamente che i cittadini del sud vanno a farsi curare nelle regioni settentrionali. Questo non attenua quanto stiamo dicendo, anzi, lo rafforza! È ancora peggio! Vuole dire che questi amministratori, nonostante abbiano fatto dei buchi di bilancio incredibili, non sono neanche riusciti ad offrire dei servizi minimi per curare i propri cittadini. Questa è una circostanza che aggrava ancora di più il senso del provvedimento che state portando avanti, di questo decreto-legge che volete convertire in legge. Quando poi ci raccontate che vi è un'assunzione di autonomia inderogabile e di responsabilità di bilancio da parte delle regioni, sia nell'utilizzo di eventuali maggiori risorse liberate da efficientamenti del sistema sanitario regionale, sia nell'adozione di misure di ripristino dei disavanzi, si tratta di belle parole, di belle promesse, ma sappiamo benissimo - se non volete credere a me, basta leggere quello che è successo negli anni passati - che restano delle belle frasette su pezzi di carta, che non trovano poi corrispondenza nei fatti concreti. Dovete andare davanti all'opinione pubblica delle regioni del nord, delle regioni padane e dei lombardi che da soli contribuiscono a circa il 55 per cento del fondo perequativo sanitario nazionale, a raccontare perché essi devono pagare mentre a Roma non si paga! Questo è il quesito, questo è ciò che noi, come Lega, denunciamo, e questo è il motivo per cui facciamo un ostruzionismo ferreo e determinato sul provvedimento in esame. Proprio ora che ci avviciniamo alla campagna elettorale per le amministrative - io sono di Monza, dove il sindaco della vostra maggioranza tra pochi giorni farà le valigie e andrà in vacanza per almeno 5 anni, ma anche per 10 o 15 anni se continuerete ad adottare provvedimenti di questo tipo - noi denunceremo con forza simili provvedimenti (questo, in particolare, che ha delle connotazioni assolutamente razziste verso la gente del nord). Faremo una campagna elettorale ricordando a tutti quali sono i parlamentari del nord, eletti nel centrosinistra, che hanno votato questo provvedimento.
. Bravo! Bravo!
. Questo provvedimento, infatti, discrimina gli elettori di sinistra del nord; gli elettori di sinistra lombardi devono sapere chi è che prende i voti raccontando barzellette in Lombardia e poi viene qui e vota un provvedimento per finanziare la campagna elettorale prossima ventura del signor Veltroni e del suo scudiero Marrazzo! La Lega si oppone e farà la sua battaglia, anche a livello regionale, attivando l'istituzione regionale lombarda per non pagare più questo fondo perequativo
. Ha chiesto di parlare il deputato Ceroni. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la necessità di affrontare l'emergenza della copertura dei deficit prodotti da alcune regioni nella gestione del servizio sanitario avrebbe potuto essere un'occasione propizia per aprire una discussione franca e serena, se volete, innanzitutto sul funzionamento del Servizio sanitario nazionale, sempre più spesso alla ribalta della cronaca per casi di malasanità, e, successivamente, sul finanziamento, per trovare una soluzione al fine di evitare la ricorrente problematica dello sfondamento dei limiti di disponibilità delle risorse da parte delle regioni. In relazione al funzionamento, una recente indagine internazionale ha messo a confronto i sistemi sanitari di vari paesi europei, rivelando che l'80 per cento degli italiani si dichiara insoddisfatto della qualità delle prestazioni sanitarie e giudica inaccettabili i tempi di attesa per accedere ad esami e prestazioni specialistiche, mentre il 64 per cento degli italiani ritiene che il sistema sanitario italiano abbia bisogno di una riforma urgente. Tuttavia, possiamo convenire sul fatto che il servizio sanitario italiano presenta un livello di qualità che varia da regione a regione, addirittura diverso all'interno della stessa regione. In altri termini, non tutti i cittadini possono godere di un servizio della stessa qualità: da questo punto di vista, quindi, è necessario ed urgente intervenire per operare un riequilibrio. Per quanto riguarda, invece, i criteri di finanziamento della spesa, essi sono stati modificati dal decreto legislativo n. 56 del 2000. Inoltre, prima il Governo Amato, il 3 agosto 2000, e poi il Governo Berlusconi, l'8 agosto 2001, hanno stipulato un accordo con le regioni al fine di responsabilizzarle maggiormente nella spesa, stabilendo un livello di finanziamento necessario a garantire i livelli essenziali di assistenza, ma lasciando a carico delle regioni la spesa derivante da prestazioni aggiuntive ovvero da inefficienze e inappropriatezze. Con il provvedimento all'esame si intende ripianare i debiti che alcune regioni hanno accumulato dal 2001 al 2005, facendo «carta straccia» del decreto legislativo n. 56 del 2000, dell'accordo Amato del 3 agosto 2000, dell'accordo Berlusconi dell'8 agosto 2001, dell'intesa del 23 marzo 2005 e del patto per la salute del 28 settembre 2006. Il relatore Piro, nel suo intervento, ha sostenuto che le risorse previste dal Fondo sanitario nazionale negli ultimi cinque anni sono state insufficienti; di conseguenza, le regioni avrebbero prodotto deficit che oggi dobbiamo risanare (concetto peraltro espresso anche da altri oratori). Tale argomentazione risulta del tutto insostenibile. Caro onorevole, le risorse non sono illimitate - e voi che siete forza di Governo avete il dovere di dirlo -, ma esiste un limite alla loro disponibilità. Il Governo precedente aveva messo a disposizione delle regioni una buona quantità di risorse: dubito che il Governo attuale saprà fare meglio. L'Istat ha pubblicato, il 22 febbraio 2007, le spese delle amministrazioni pubbliche per funzioni relativamente agli anni 1990-2005. Da tale tabella si può ricavare che nel 1990 la spesa sanitaria incideva per il 6,2 per cento del PIL. La stessa spesa ha poi avuto una progressiva riduzione, precipitando intorno al 5,6 per cento del PIL negli anni del centrosinistra al Governo, per poi risalire di anno in anno, con il Governo Berlusconi, fino al 6,8 per cento del PIL nel 2005. Il Governo Berlusconi ha destinato al Servizio sanitario nazionale una quantità di risorse come mai era avvenuto in passato, sia in valore assoluto sia in termini percentuali rispetto al PIL (come risulta dalla documentazione da voi fornita per approfondire il provvedimento al nostro esame). Non mi pare che il Governo in carica voglia fare altrettanto. D'altra parte, il Presidente del Consiglio e il ministro Padoa Schioppa sostengono, nel DPEF per gli anni 2007-2011, che la dimensione dello squilibrio dei conti pubblici rende indispensabile intervenire in maniera strutturale sulla spesa pubblica nei quattro grandi comparti: sistema pensionistico, servizio sanitario, amministrazioni pubbliche, finanze degli enti decentrati. Se ciò che avete stabilito nel DPEF ha un senso, non mi pare che abbiate intenzione di destinare maggiori risorse al servizio sanitario. Nella recente relazione economica sullo stato del paese si parla di una riduzione, già da quest'anno, della quota di PIL destinata alla sanità di almeno lo 0,1 per cento. Le regioni dispongono, a mio giudizio, di una quantità di risorse sufficienti al funzionamento del servizio sanitario. Mentre, però, alcune regioni hanno avuto il coraggio di adottare i provvedimenti necessari per conseguire il pareggio dei bilanci, approvando misure strutturali di riduzione della spesa (questa è la verità!), altre, pur registrando disavanzi, hanno adottato misure fiscali per aumentare le entrate necessarie a condurre in pareggio i conti. Le regioni oggetto di questo provvedimento non hanno adottato misure strutturali di contenimento della spesa nè misure fiscali di aumento delle entrate ed oggi, con la compiacenza del Governo, «battono cassa» e chiedono aiuto. È indubbio che il servizio sanitario rappresenti la più importante leva a disposizione delle regioni per gestire il potere. La sanità impegna oramai l'80 per cento dei bilanci regionali e rappresenta la migliore opportunità per soddisfare le esigenze delle clientele, ad esempio, nelle assunzioni e negli appalti per la fornitura di beni e di servizi. Perseguire una politica di efficienza, efficacia ed economicità del servizio costa caro in termini di voti (ne sa qualcosa il collega Fitto); per tale motivo, alcuni governatori preferiscono continuare a produrre debiti, perchè tanto, alla fine, qualcuno li pagherà. Il provvedimento in oggetto presenta numerosi profili di incostituzionalità, tanto che la regione Lombardia e la regione Veneto hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale. Tali ricorsi sono pienamente condivisibili ed evidenziano la violazione degli articoli 3, 32, 97, 117 e 119 della Costituzione, come hanno richiamato alcuni colleghi che mi hanno preceduto. Mi limito a ricordare l'ultimo comma dell'articolo 119 della Costituzione, secondo il quale i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. La spesa sanitaria, come affermava il collega del gruppo della Lega Nord Padania, è una spesa corrente e non certamente un investimento, come, ad esempio, la realizzazione di una strada, un ponte, una scuola, un nuovo ospedale. Non c'entra nulla quella disposizione che finanzia le strutture ospedaliere; non si possono contrarre mutui per coprire la spesa corrente! Questo principio costituzionale, da sempre presente nell'ordinamento giuridico degli enti locali, è stato inserito da voi nella riforma costituzionale del 2001. Con quale diritto andiamo a caricare sulle spalle delle future generazioni un debito per un servizio che, se gestito in maniera corretta e razionale, avrebbe potuto essere coperto con i fondi disponibili? Accenno brevemente alla questione dei che avete introdotto con la legge finanziaria di quest'anno e che con il provvedimento in esame avete ridotto da 10 a 3,5 euro; disposizione successivamente eliminata in sede di Commissione. Anche su ciò dimostrate una grande confusione (la collega Gardini ha fatto la cronistoria delle vostre proposte): se la sanità funziona, se il cittadino non deve aspettare mesi per poter accedere ad una prestazione diagnostica o alle prestazioni specialistiche, se la qualità delle prestazioni è adeguata, i cittadini sono disponibili a partecipare alla spesa. Naturalmente, bisogna esentare le categorie più deboli e quelle che non possono pagare il ma in tale situazione sono contrari a pagare anche un solo euro, perché sono stanchi di pagare tre volte per la stessa cosa (una volta con il fondo sanitario nazionale, una volta con le addizionali IRPEF ed IRAP a livello regionale e un'altra volta con il unicamente a causa del malgoverno e degli sprechi di denaro pubblico sotto gli occhi di tutti. Mi limito a definire sconcertanti le disposizioni volte ad inibire per un periodo di 12 mesi le azioni esecutive relative ai debiti nei confronti dei soggetti debitori, nonché ad impedire l'efficacia degli atti di pignoramento, anche già eseguiti. Si tratta di norme da paese sudamericano, non certo di norme di un paese che appartiene all'Unione europea. Per concludere, è evidente che nel nostro Paese vi sono regioni modello che offrono un servizio sanitario di qualità, efficiente ed economico, come la Lombardia, il Veneto e (se volete) alcune regioni «rosse» che, attraverso un'imposizione fiscale ragionevole, hanno bilanci in pareggio. Vi sono però altre regioni, come il Lazio, la Campania, la Puglia che da sole producono il 70 per cento del deficit complessivo del settore. È emblematico il caso della regione Lazio che, con 1800 milioni di euro di deficit, ha la spudoratezza di abolire il sulla farmaceutica, che è una delle cause dello sforamento dei conti. E adesso i cittadini di tutta Italia devono pagare per ripianare i debiti accumulati da Marrazzo! La regione Marche (mi dispiace che non sia presente il collega Vannucci, del quale ho letto l'intervento) non ha adottato alcuna riforma strutturale del Servizio sanitario nazionale; ha soltanto aumentato le tasse: 1500 miliardi di vecchie lire pagati in più dai cittadini di tale regione negli ultimi cinque anni. L'addizionale IRPEF è stata fissata non dell'1,4, ma addirittura del 4,5 per cento in più (misura precipitosamente ritirata dopo alcuni anni di applicazione a seguito del ricorso alla Corte Costituzionale). La regione Marche continua a produrre disavanzi, perché ha fatto 5 mila assunzioni inutili. Non è infatti pensabile che, dopo aver appaltato i servizi, si continui ad assumere - mentre l'appalto dovrebbe comportare la riduzione del personale - e che adesso, per far quadrare i conti, si venda il patrimonio. Questo è l'oggetto della polemica di questi giorni tra il governatore Spacca e il sindaco diessino di Ancona, essendo stato venduto l'ospedale al fine di ripianare i debiti. Con questo provvedimento, siamo dunque al paradosso. Infatti, non possono accedere a queste risorse le regioni che hanno applicato una politica più rigorosa nella gestione del servizio sanitario, che hanno adottato aliquote IRAP e IRPEF aggiuntive, che hanno introdotto i sulla spesa farmaceutica e sulle prestazioni. La situazione avrebbe consigliato l'adozione di provvedimenti esemplari nei confronti dei responsabili di questa situazione incredibile, anziché il ripiano dei debiti pregressi. Sarebbero risultate più opportune misure di carattere regolamentare per rendere più chiari i bilanci e più trasparenti gli appalti di beni e servizi, nei quali spesso si annidano la corruzione e il malaffare. Sarebbe stato più utile un provvedimento per mettere sotto controllo l'operato di quelle regioni in cui la destinazione delle risorse è difforme dai parametri medi e dove la sanità non viene utilizzata per la cura della salute del cittadino, ma come ufficio di collocamento per «sistemare» gli amici, gli amici degli amici e i parenti. Senza un intervento di buonsenso, volto a rimuovere alla radice le cause di questa situazione, a fine anno ci ritroveremo nella stessa situazione e dovremo adottare analoghi provvedimenti di ripiano del deficit. Vi è anche da considerare che nei bilanci delle regioni sono occultate montagne di disavanzo. Magari i deficit fossero questi! Con i trucchi contabili si nascondono nelle carte contabili miliardi di vecchie lire di passivo! Se abbiamo a cuore gli interessi di questo Paese, dobbiamo cambiare strada. Non possiamo continuare a premiare chi si comporta irresponsabilmente. Il caso della regione Campania è oramai un esempio negativo a livello internazionale, per le condizioni di insicurezza in cui vivono i cittadini a causa della continua emergenza nel settore dei rifiuti e per il deficit sanitario. Gli amministratori incapaci, per quanto blasonati, è ora che vadano a fare un altro mestiere! Abbiate il coraggio di dirglielo! La magistratura apra gli occhi e intervenga senza timore, senza condizionamenti politici, perché dietro queste situazioni di degrado si nascondono gravi reati penali (mi fa piacere che nel suo intervento lo abbia sostenuto anche l'onorevole Cancrini, del gruppo dei Comunisti Italiani). Le ragioni esposte giustificano la nostra contrarietà al provvedimento in esame, che rappresenta un segnale negativo per chi gestisce la cosa pubblica con serietà, onestà e senso di responsabilità. Questo provvedimento rende sempre più profondo il fossato che il Governo Prodi sta scavando tra sé e il Paese reale .
. Ha chiesto di parlare il deputato Cota. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente e onorevoli colleghi, questo provvedimento testimonia come il nostro Stato non possa essere considerato serio, ma giustamente venga considerato uno Stato da operetta. In un Paese normale chi non è in grado di amministrare se ne va a casa. In un Paese normale chi non è in grado di spendere il denaro pubblico e lo sperpera viene messo sotto accusa. In un Paese normale chi fa politica assistenziale invece di badare agli interessi dei cittadini, se ne assume le responsabilità. In questo Stato chi si comporta in questo modo viene premiato ed è quello che voi state per fare con questo provvedimento. Signor Presidente, rappresentanti del Governo e colleghi, nella provincia di Novara, di cui sono originario, la vostra presidente della regione Mercedes Bresso, che è ritenuta una della politica, vuole chiudere il piccolo, ma importante, ospedale di Galliate. Nella provincia di Novara c'è bisogno di un nuovo ospedale, perché l'attuale nosocomio ha una struttura di eccellenza situata nel centro della città e ha bisogno di nuove strutture. Ebbene, l'ospedale di Galliate è stato chiuso; la presidente Bresso ne ha disposto la chiusura e l'accorpamento con un'altra struttura, perché la regione Piemonte non aveva i soldi sufficienti per mantenerlo aperto! Il nuovo ospedale di Novara non è stato ancora realizzato, perché la regione Piemonte non ha i soldi per poterlo costruire. Dove sono finiti questi soldi? Sono finiti negli sperperi del presidente della regione Lazio (noi non guardiamo in faccia nessuno, non parliamo soltanto di Marrazzo, ma anche del suo predecessore)...
. Bravo! Bravo.
. ...e nella voragine della sanità della regione Campania. Quando torno nel mio territorio mi vergogno per come viene gestita la sanità. Mi vergogno, ma so di avere la coscienza a posto, perché appartengo a un movimento politico che ha sempre sostenuto questa battaglia, che ha sempre lottato contro l'assistenzialismo, che ha sempre cercato di trasformare questo Stato da operetta in uno Stato federale, dove tutti si dovrebbero assumere le proprie responsabilità! Ma voi colleghi parlamentari della sinistra, che siete stati eletti nel mio come in altri territori, dovreste vergognarvi di tornare nei vostri collegi dopo aver votato un simile provvedimento! Perché avvengono simili cose? Perché oggi dovete andare a ripianare questo deficit? Sicuramente perché abbiamo avuto a che fare con una categoria di amministratori pubblici incapaci, non vi è un altro termine per poterli definire. Quando si crea un buco di 11 miliardi di euro, ovvero ventimila miliardi di vecchie lire - pari alla manovra finanziaria di uno Stato di medie dimensioni -, abbiamo a che fare con qualcuno che non è stato capace di svolgere il proprio lavoro di governatore e di presidente di regione. Lo stesso possiamo dire con riferimento ad altre regioni, per esempio alla Campania. Tuttavia, ciò è potuto accadere non soltanto a causa dell'incapacità degli amministratori locali, ma anche perché questi presidenti di regione sono politicamente irresponsabili; non esiste un sistema che responsabilizza chi governa. Se ci fosse stato il federalismo vero, questo non sarebbe successo. Se ci fosse stato il federalismo, oggi non potrebbe pagare Pantalone, come sempre accade . Se ci fosse stato il federalismo, questi presidenti di regione sarebbero andati a casa; nella mia provincia sarebbe rimasto aperto il piccolo ospedale di Galliate e nella mia città avremmo già l'ospedale nuovo. Invece, questo non è stato possibile, perché non c'è il federalismo! Allora, capisco anche, membri del Governo e colleghi, perché il referendum non sia passato. Capisco perché il referendum non sia passato nelle regioni del sud! Certo, perché se fossero passati il referendum e il federalismo, la cuccagna sarebbe certamente finita! Certamente le cose sarebbero andate in questa maniera. Però vi invito a considerare che questo modo di procedere, questo Stato che non si riforma porterà verso il baratro. Ciò avverrà, perché di questo sperpero di soldi pubblici, in assenza di servizi efficienti, sono stufi non soltanto i cittadini del nord, ma anche i cittadini del sud. Occorre sicuramente mettere in luce anche un altro aspetto: la responsabilizzazione degli amministratori locali e le modalità con cui vengono spesi i soldi pubblici dovrebbero stare a cuore a tutti! Vorrei anche, da piemontese, fare un ragionamento entrando un po' più nel merito del decreto-legge in esame, perché il Piemonte e il Veneto sono due regioni andate in disavanzo nel 2006 ed oggi non concorrono al riparto delle somme che vengono stanziate con questo provvedimento. Infatti, il provvedimento, oltre ad essere una schifezza per come è stato predisposto, è stato adottato proprio per penalizzare alcune regioni e per premiare quelle che non si sono messe in regola. Il Piemonte ed il Veneto hanno coperto il disavanzo con un sistema di imposizione fiscale, cioè hanno aumentato le imposte e ne hanno introdotte nuove e, attraverso questo meccanismo, sono riusciti a coprire il disavanzo. Invece, chi se ne è fregato bellamente, magari pensando di assumere «super consulenti», pagati decine di migliaia di euro al mese, come è stato più volte denunciato nella regione Campania, l'ha fatta franca. La Lega certamente farà opposizione contro questo provvedimento - non so quanti altri gruppi ci seguiranno in questa scelta - perché pensiamo che così non si possa andare avanti. Questo decreto-legge è veramente una schifezza. È una schifezza come l'immondizia che i vostri amministratori lasciano nelle strade di Napoli. È la stessa cosa, è lo stesso modo di procedere: senza il federalismo succede questo! Senza il federalismo succede così nella sanità, come nella gestione dei rifiuti. Noi siamo stufi di soffrire e di pagare anche perché la mucca che è rappresentata dal Nord, dalla Padania, ormai sta per esaurire il latte. La gente è stufa di questo modo di procedere: penso però che vi ripagherà nel modo giusto, soprattutto nella cabina elettorale, alle prossime elezioni !
. Ha chiesto di parlare il deputato Crosetto. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, tutte le volte che in quest'aula ci avviciniamo alla discussione e all'approvazione di una legge ci chiediamo - almeno se lo chiede chi di noi cerca di rappresentare qualcosa - quale è la del provvedimento che stiamo esaminando. Allora, devo dire, rivolgendomi al sottosegretario Lettieri e al sottosegretario Zucchelli, che la di questo provvedimento è assolutamente chiara. Questo provvedimento infrange almeno cinque articoli della Costituzione e ci domandiamo come mai sia stato firmato ed oggi sia in discussione. Questo provvedimento dice sostanzialmente che amministrare bene la cosa pubblica non serve a nulla. Il messaggio che lancerà la Camera approvandolo è il seguente: chi in questi anni ha chiuso ospedali, ha ridotto reparti, ha cercato di portare in pareggio il bilancio della sanità di una regione, ha sbagliato. Ha fatto bene chi in questi anni non ha assolutamente guardato i conti economici e ha amministrato la sanità come se fosse una sinecura creando debiti enormi (3 miliardi di euro, ossia 6 mila miliardi di lire, dati ad alcune regioni e ad alcuni cittadini, in sfregio a tutte le altre regioni e a tutti gli altri cittadini). Ma qual è il merito per cui un cittadino laziale o della Campania riceverà questi soldi? La questione riguarda i loro amministratori: che siano o che fossero di centrodestra o di centrosinistra non è in discussione. Infatti, la Campania è sempre stata amministrata dal centrosinistra, mentre il Lazio non è sempre stato amministrato dal centrosinistra. Dobbiamo allora porci il problema: i cittadini laziali o campani hanno dei diritti in più rispetto ai cittadini che rappresento io o a quelli di Mantova che rappresenta lei, sottosegretario Lettieri? Come facciamo a votare un provvedimento che palesemente va contro gli interessi dei cittadini e contro la Costituzione? Per quale motivo lo Stato decide di regalare 3 miliardi di euro a chi ha dato come esempio soltanto quello di non essere in grado di amministrare la cosa pubblica? Noi dobbiamo porci queste domande! E le vorrei porre anche ai parlamentari eletti in Piemonte, che mi dispiace che non siano in aula. Sono piemontese e, a mie spese, farò pubblicare su tutti i giornali del Piemonte i nomi dei parlamentari piemontesi del centrosinistra, che votando questa legge faranno sì che ogni cittadino piemontese si troverà 232 euro in più di tasse da pagare, in favore di cittadini di altre regioni che hanno avuto il merito di avere presidenti di regione che hanno prodotto buchi colossali nella sanità Vorrei anche che la stessa iniziativa venisse assunta in Veneto, in Lombardia, in Puglia - mi rivolgo al sottosegretario Lettieri - e in Basilicata. Auspico inoltre che i colleghi parlamentari che voteranno a favore del provvedimento ci spiegassero perché tutelano non i diritti di tutti i cittadini, ma i diritti di alcuni cittadini. Non abbiamo mai accettato e non accettiamo lezioni di solidarietà. Ma questa non è solidarietà. Con questo provvedimento calpestiamo le basi su cui si regge una Nazione. Lo Stato non può premiare chi amministra malamente la cosa pubblica, non può decidere di regalare soldi a chi li ha sprecati, non può decidere di schiaffeggiare i cittadini di destra, di sinistra e di centro, di alcune regioni, soltanto perché i loro presidenti hanno amministrato bene. Non si può, è inaccettabile. Non capisco come il Presidente della Repubblica abbia potuto firmare questo atto. Non capisco perché alcune regioni, non inserite nel provvedimento, non abbiano ancora fatto ricorso alla Corte costituzionale: lo spiegheranno ai loro elettori. Devo chiedere formalmente ai rappresentanti del Governo perché tutti i cittadini italiani non sono uguali. Datemi una buona motivazione. Spiegatemi perché il diritto alla salute dei cittadini che abitano a Mantova è diverso da quelli che abitano a Roma o a Napoli. Spiegatemi perché, non lo capisco! Non capisco perché per compiere questo affronto alla Costituzione si siano dovuti impegnare 3 miliardi di euro e perché un cittadino, che già si è visto aumentare le tasse per pagarsi il deficit sanitario della sua regione - ed alcune regioni l'hanno fatto e voi lo sapete - si trova a pagare l'ulteriore somma di 232 euro di tasse per quelle regioni che non hanno potuto aumentarle ai loro cittadini. Non lo capisco! Non lo capisco! La vostra fortuna - lo diceva questa mattina il collega Lupi - è che i giornali hanno ritenuto di non dare spazio a questa vicenda (quindi, probabilmente questo provvedimento passerà ignorato). Sottolineo - mi dispiace che non ci siano i miei colleghi piemontesi - che in Piemonte, anche se dovessi pubblicare a mie spese un annuncio su ogni settimanale locale, tutto ciò non passerà inosservato. I nomi e i cognomi delle persone che, votando questo provvedimento, penalizzano i cittadini del Piemonte rendendoli cittadini di serie B rispetto a quelli di altre regioni, sarà noto a tutti. Infatti, è giusto che votando in questa Assemblea ci si assuma delle responsabilità. Su tale questione non posso non rivolgermi ai colleghi del centrosinistra. Come farà il collega Nannicini a spiegare ai cittadini toscani che ha deciso con questo voto di regalare soldi ad altri che non se li meritano? Così anche i colleghi di Rifondazione comunista. Le persone da tutelare ci sono in tutte le regioni, non solo in alcune. Desidero ricordare, pur non essendo un tecnico - affinché rimanga agli atti - ai rappresentanti del Governo e ai colleghi della maggioranza, gli articoli della Costituzione che, approvando questo provvedimento, violiamo: l'articolo 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza tra cittadini; l'articolo 119, sulla responsabilità finanziaria degli organi dello Stato e del Governo centrale; l'articolo 117, sulle competenze regionali; l'articolo 97, che sancisce il principio del buon andamento; e l'articolo 32, in quanto si reca un pregiudizio sul diritto alla salute. Tutto ciò avviene in un solo provvedimento. Mi sembra troppo! Così come mi sembra troppo, onorevole Lettieri, aver cercato di coprire questo provvedimento con l'abolizione del e non perché non la condivida, anche se considero estemporanea la copertura finanziaria utilizzando il FAS (tutti la troviamo estemporanea). Il motivo è un altro: essa vale solo per il 2007. Spero che i colleghi di maggioranza sappiano che non si tratta dell'abolizione del ma dell'abolizione del limitata al 2007, poiché tra un mese ci sono le elezioni amministrative e il provvedimento in esame dovrebbe entrare prima. Le risorse per l'eliminazione del sono sufficienti soltanto proprio in vista delle elezioni amministrative, mentre, come dovrebbe sapere la maggioranza, non sono disponibili per il 2008. Capisco che, nel clima che si è creato in questi anni, sia difficile chiedere al Governo e a questa maggioranza un atto di serietà, ma questo provvedimento calpesta totalmente i principi su cui si fonda la nostra Repubblica. Non potete approvarlo! Sarebbe come se, in tema di giustizia, il Governo decidesse di dare un premio ad un assassino, o decidesse di rimborsare, con i soldi di chi ha pagato le tasse, un evasore totale. Ha lo stesso significato! Dando i soldi a chi ha male amministrato, calpestate i principi su cui uno Stato si regge. È una responsabilità gravissima e mi stupisce, onorevoli colleghi, che non vi sia una persona in tutta la maggioranza - una persona, una su centinaia - che abbia la libertà di intervenire dicendo: è vero, non si può dividere l'Italia in cittadini che hanno diritti ed altri che ne hanno meno. Alcuni di noi, a parti invertite - vedo che l'onorevole Nannicini sorride - avevano il coraggio di alzarsi e su alcuni provvedimenti affermare che erano contrari.
. Bravo!
. L'abbiamo fatto più volte. Non abbiamo mai avuto paura, io per primo. Non capisco perché non ci sia una voce in questa maggioranza che si alzi per parlare contro questa - permettetemi il termine - schifezza: è un insulto ai cittadini italiani. Vorrei soltanto che la responsabilità pesasse su di voi. Da parte mia, lo ribadisco, invito i miei colleghi delle altre regioni, delle regioni che saranno beffate da questo decreto-legge, a farlo. Rivolgo l'invito a tutti i rappresentanti del centrosinistra che, fiducia o non fiducia, esprimeranno il loro voto favorevole sul decreto-legge in esame.
. Bravo!
. Bravo!
. Ha chiesto di parlare il deputato Fasolino. Ne ha facoltà.
. Da buon osservatore dei dibattiti in aula, ne ho tratto un convincimento: quando il Governo porta all'attenzione dell'Assemblea un buon provvedimento, il ministro firmatario fa bella mostra di sé sui banchi del Governo; quando, come in questa occasione, siamo di fronte ad uno dei provvedimenti più vergognosi della storia recente del Paese, tocca ai sottosegretari. Del resto il Ministro Turco, come il Ministro Lanzillotta e il Ministro Padoa Schioppa, impegnatissimi come sono nei dibattiti televisivi, possono essere scusati per questa assenza. Si tratta, però, di un'assenza comunque grave, perché siamo di fronte ad un provvedimento devastante che, caro collega Ceroni, uccide tutte le ansie di miglioramento e di cambiamento della stessa regione apparentemente più favorita da questa pioggia di milioni di euro, in quanto statuisce in modo definitivo che a Napoli e in Campania si debba continuare a vivere di elemosine. Invece noi campani vorremmo un'assunzione di responsabilità, un salto di qualità morale e propositiva e certamente questo provvedimento mette ancor più in ginocchio la credibilità di un popolo che ha la sola sfortuna di essere amministrato da uomini politici «sottordine», collusi ed incapaci di effettuare un rinnovamento delle strutture amministrative e politiche della regione Campania. Il decreto-legge in esame ci dice innanzitutto che il Governo Prodi si muove a tentoni in un comparto così importante come quello della sanità. Quattro mesi fa si son fatti pagare i per le ricette della diagnostica ai cittadini; dopo quattro mesi si cambia registro, si stabilisce che i non si pagano più e si prendono i soldi non da fondi che stanno lì a «sonnecchiare» inutilizzati, ma da fondi che sono stati già destinati a provvedimenti previsti da altre leggi e che, sottratti al loro cammino naturale e legale, rischiano di creare disturbi nella macchina operativa dello Stato. È questo un primo aspetto della vicenda. L'altro aspetto importantissimo è che il ripiano di questi disavanzi contravviene all'articolo 77 della Costituzione, perché un decreto-legge può essere emanato solo se attiene a provvedimenti urgenti. In questo caso, invece, i 3 miliardi di euro servono per ripianare i disavanzi del quinquennio 2001-2005. Un ulteriore aspetto da considerare è che il provvedimento favorisce - dico sempre, caro Ceroni, illusoriamente - la regione Campania. Il provvedimento crea una irritualità legale nei rapporti tra regione e regione e tra cittadini abitanti delle diverse regioni, poiché obbliga, lo hanno detto anche colleghi di altre formazioni politiche, i cittadini della Lombardia a pagare le spese dei cittadini della Campania. Desidero inoltre richiamare all'attenzione dell'Assemblea che il decreto-legge in esame non tratta spese strutturali. Per le spese strutturali in Campania come in Liguria, un decreto-legge va bene. Lo Stato ha il dovere di intervenire sulle spese strutturali perché con l'accordo Stato-regioni vanno onorati i livelli essenziali di assistenza. In questo caso, invece, il è determinato dalle spese superflue deliberate dalla giunta Bassolino. Sono un cittadino campano, mi onoro di appartenere alla provincia di Salerno, che è una provincia campana. Vi voglio raccontare cosa vi succede, perché un minimo di vergogna possa disegnare di rosso le gote degli amici della sinistra, che pontificano sempre di grande rinnovamento, di aderenza ai grandi temi morali del Paese e poi crollano di fronte ai grandi e puntuali appuntamenti della storia amministrativa. La regione Campania è una regione nella quale non c'è un polo di eccellenza! Se un malato di tumore maligno non prende la strada per Milano, per Brescia, per altre città del nord o dell'Europa, se la vede brutta. In Campania i soldi si spendono solo per duplicare i reparti inutili, anche per triplicarli. Si aprono reparti di ospedali che non servono a niente, perché una colica si può curare a dieci, a venti o a trenta chilometri di distanza. Ripeto: quello che mancano sono i centri e i poli di eccellenza. Sapete come sono nominati i primari, quelli che organizzano e dirigono i reparti? Mai per concorso pubblico! Mai per graduatoria di merito! Solo in base al «colore» e al peso specifico della loro tessera politica. È questa la sanità in Campania, amici della sinistra! Voi sapete che non c'è una sola ASL in Campania nella quale venga spesa la cifra del 5 per cento della dotazione che lo Stato affida alle regioni per la prevenzione, per cui non si fanno né sul cancro del collo dell'utero, né sul cancro del polmone, né sul cancro del colon e, quando si fanno, per ridurre le spese sono affidati solo ai direttori di cattedra senza coinvolgere la medicina generale, il che significa che non viene raggiunta neanche una percentuale del 5 per cento della «popolazione bersaglio». Se, invece, affidassimo gli alla cattedra universitaria e ai medici di medicina generale, potremmo arrivare all'80, 90 per cento della «popolazione bersaglio». La provincia di Caserta, la provincia di Salerno, hanno una grande risorsa economica nei derivati del latte di bufala; c'è una piaga però: l'animale bufalino in Campania è soggetto alla brucellosi. La regione disattende gli interventi di profilassi per eliminare la brucellosi sul proprio territorio: questo è lo stato dell'arte, per quanto concerne la profilassi nella regione Campania. Allora, concludendo, c'è veramente da mettersi le mani nei capelli. Desidero raccontare un piccolo episodio accaduto pochi mesi fa nel tentativo di dare una stretta alla spesa farmaceutica. L'assessore alla sanità, trovata una ASL nella quale il livello raggiunto autonomamente dai medici di medicina generale era di ventisei euro a paziente al mese, mentre in un'altra ASL era di quattordici euro, non ha ordinato ai medici della ASL con la spesa maggiore di scendere a quattordici euro: ha ordinato ai medici con il livello di ventisei euro di scendere a ventuno ed ai medici con il livello di quattordici di scendere a undici. Dirigere in tal modo la sanità è completamente da irresponsabili. Un altro aspetto devastante di questo decreto è che per legge si vuole imporre alle aziende fornitrici di beni e servizi il congelamento delle loro richieste di corresponsione dei crediti per cui verrebbero sospese tutte le relative iniziative giudiziarie. Immaginate un'azienda che conferisce alle Asl i suoi prodotti, beni e servizi e che debba rimanere congelata per un anno nella esazione dei crediti. Quale azienda può sopportare tale «sterilizzazione» del proprio ritorno finanziario? O si tratta di una azienda della camorra, oppure di quella che sia stata favorita in una gara di appalto, in modo da realizzare lucri enormi e spropositati. Approvare il decreto in esame, amici della maggioranza, significa mettere in ginocchio le aziende della regione Campania, o meglio, non tutte le aziende, solo quelle sane. Significa altresì offrire un altro aiuto all'espansione delle aziende camorristiche. Vi rendete conto della gravità di questo provvedimento? Non tutti i provvedimenti devono essere necessariamente approvati. Cerchiamo di cambiare qualcosa, considerato che sono stati presentati emendamenti davvero propositivi e coerenti: cerchiamo di accoglierli! Non vi trincerate dietro un muro che si rivelerebbe «un muro di omertà». La vostra immagine del resto comincia a decadere in tutta Italia, non solo nella regione Campania.
. La invito a concludere.
. Quando, nella detta regione, a seguito della nomina di Bertolaso come Commissario straordinario per la raccolta dei rifiuti si arresta un suo diretto collaboratore, proposto da un ministro in carica, ditemi quale credibilità sul piano morale può conservare il centrosinistra.
. Deve concludere.
. Quando il procuratore regionale della Corte dei conti, pur «bacchettando» Rosa Russo Jervolino e Bassolino in quanto, a suo dire, si riscontrano in Campania molte irregolarità contabili, afferma successivamente che le stesse sono difficilmente perseguibili, nasce il sospetto di un ben orchestrato colpo di spugna.
. Deve concludere.
. Chiediamo dunque ai vari organi dello Stato di svolgere il loro dovere e la loro funzione in difesa della democrazia al di là delle conventìcole e delle difese di parte.
. Ha chiesto di parlare la deputata Lussana. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, prendo la parola a seguito dei numerosi interventi dei colleghi del gruppo parlamentare della Lega Nord Padania per ribadire la nostra contrarietà al provvedimento in esame e per denunciare la vergogna - ancora una volta, se ce ne fosse bisogno - che effettivamente rappresenta tale decreto-legge. Proponete infatti l'ennesimo intervento dello Stato per ripianare i disavanzi creati dalle regioni in un settore molto delicato come quello della sanità. Quando si parla della sanità bisognerebbe parlare in modo serio, coerente, corretto, di tutela della salute pubblica, di efficienza dei servizi primari resi ai cittadini. Purtroppo, invece, tante volte, quando si parla di sanità, vengono in mente gli scandali, gli sprechi, le consulenze eccessivamente onerose, i sistemi clientelari e la poca trasparenza che caratterizza le scelte compiute in un settore delicato come questo. È cronaca di questi giorni il caso di Castellaneta, con le numerose morti in ospedale. Sicuramente è in corso un'inchiesta della magistratura ed accertamenti interni anche da parte della regione. Ma quello che è accaduto è gravissimo e significa che qualcosa all'interno dei sistemi di controllo non funziona, soprattutto quando si ha a che fare con le gare d'appalto. Ancora una volta, però, quando si parla di un bene così primario, così importante, cosa si fa? Si interviene coprendo le responsabilità. Si mette una «pezza» per far finta o per non vedere le inefficienze che inficiano il settore sanitario in molte regioni di questo strano Paese, di questo strano Stato. Ancora una volta, oggi state legittimando un principio che dovrebbe essere bandito in uno Stato di diritto, per il quale chi sbaglia dovrebbe pagare per la propria responsabilità. Invece, purtroppo, in questo strano Paese, chi sbaglia non solo non paga, ma addirittura viene pagato. Ho sentito gli interventi precedenti, alcuni anche dei colleghi della maggioranza, che hanno cercato di rispondere alle numerose sollecitazioni che sono venute dai banchi dell'opposizione. Vi abbiamo sollecitati, colleghi, perché voi state andando in giro, al nord soprattutto, a parlare di federalismo. Lo fate voi, in quel che resta degli ex collegi elettorali, lo fanno i vostri capi di partito, l'onorevole Fassino, lo stesso Presidente del Consiglio, Romano Prodi. Federalismo: una parola di cui vi riempite la bocca, ma che il provvedimento che si discute assolutamente non rappresenta, non va in quella direzione, anzi ne è l'esatto contrario. Vedete, il federalismo si accompagna ad un altro concetto altrettanto importante, quello della responsabilità: non c'è federalismo se non si attribuisce responsabilità. Voi invece con questo provvedimento, per l'ennesima volta, per la terza volta (perché questa è la terza regalia di Stato che avviene in soli due anni) le responsabilità andate ancora una volta a coprirle. Ho sentito alcuni accorati deputati sostenere che il provvedimento rappresenterebbe la svolta, la chiave di volta del settore sanitario: ciò rappresenterebbe la vostra politica nella sanità. Ma quale svolta! Si tratta di un'altra triste, tristissima pagina del vostro modo di governare e di ingannare i cittadini, di dire delle cose nelle piazze e poi di governare, di emanare provvedimenti che vanno esattamente nella direzione contraria. Scusi Presidente, posso avere un po' di acqua...?
. Si fermi in attesa che arrivi l'acqua. Sospendiamo il decorso del tempo, naturalmente. Emergenza acqua! Emergenza idrica! Chiamate Pecoraro Scanio!.
. Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta si interviene per coprire l'inefficienza, e lo si fa addirittura utilizzando lo strumento del decreto-legge, violando palesemente la disposizione in materia prevista dalla nostra Costituzione. Quando si adotta un decreto-legge, dovrebbe sussistere il requisito di urgenza, ma qui non esiste perché si vanno a ripianare disavanzi che risalgono agli anni 2002-2005; quindi, nessuna decretazione d'urgenza poteva essere giustificata. In realtà, però, voi, ancora una volta, non volete che vi sia un accertamento delle responsabilità che hanno portato a questi disavanzi e vi limitate ad un ulteriore finanziamento a pioggia, il terzo in soli due anni. Ho sentito alcuni colleghi dell'opposizione parlare di cambiamento; qualcuno ha addirittura sostenuto la necessità dell'istituzione di una Commissione d'inchiesta, per accertare il motivo di questi sprechi e di questi disavanzi. Ebbene, onorevoli colleghi, la Lega Nord Padania ha pensato a questa possibilità prima di voi. Noi infatti abbiamo depositato una proposta di legge volta ad istituire una Commissione d'inchiesta: a questo punto, vi chiediamo di sottoscriverla e di essere uniti insieme a noi nel sostenere l'esigenza di accertare i responsabili di queste inefficienze. Speriamo che si istituisca veramente questa Commissione d'inchiesta e che essa non faccia la fine di quella che si è occupata di un'altra pseudo-emergenza, di un'altra finta emergenza di questo Paese, cioè l'emergenza rifiuti della regione Campania, dove purtroppo ancora si vogliono coprire gli ammanchi, le responsabilità pubbliche ed anche, purtroppo, le collusioni con il sistema malavitoso e dove l'annosa problematica dello smaltimento dei rifiuti non è stata risolta. Abbiamo sentito poco tempo fa il commissario Bertolaso affermare che tale emergenza potrebbe richiedere addirittura l'intervento dell'esercito. Sono decenni che si parla di emergenza, ma nulla è stato fatto per risolvere questo problema e nessuna Commissione d'inchiesta è stata purtroppo in grado di accertare le responsabilità. Noi pensiamo che anche nel settore sanitario finirà, ancora una volta, come spesso accade in questo strano Paese, «a tarallucci e vino». Abbiamo evidenziato le nostre perplessità sul piano politico in merito a questo provvedimento e quelle sul piano tecnico; potremmo anche continuare, perché qui non c'è solo la violazione dall'articolo 77 della Costituzione in relazione ai requisiti di necessità ed urgenza, ma anche una palese violazione del principio di eguaglianza. In questo decreto-legge, infatti, si parla di ripiano selettivo dei disavanzi sanitari pregressi, testimoniando quindi la palese discriminazione tra le numerose regioni che hanno accumulato disavanzi nel periodo 2002-2005. Tra le regioni che hanno sforato, solo alcune beneficeranno del finanziamento, proprio quelle più inefficienti, meno capaci, le quali sono destinate ad accedere ai finanziamenti straordinari statali. In tal modo, si avrà una doppia violazione del principio di eguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione, che troppe volte viene citato a sproposito. Tale principio viene violato sotto il profilo dell'uguaglianza formale - tutte le regioni sono uguali dinnanzi alle legge -, ma anche sotto il profilo della ragionevolezza, perché è manifestamente irragionevole il criterio selettivo che viene utilizzato per regolare l'accesso delle regioni in disavanzo ai 3 miliardi di euro complessivamente disponibili. E potremmo continuare, con la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, o con la violazione dei principi di riparto della potestà legislativa. Il novellato articolo 117 della Costituzione determina in modo chiaro e netto quale sia il riparto delle competenze in campo sanitario fra Stato e regione, e allo Stato riserva una competenza esclusiva sulla sola determinazione dei livelli essenziali di assistenza. Allora, dovete spiegarci com'è possibile che si consenta allo Stato di intervenire nei confronti di alcune regioni con un finanziamento addirittura a potestà vincolata. Ciò non rientra nei compiti della Stato, come è stato segnalato da molte regioni (fra le quali è stata citata, nella Conferenza Stato-regioni, la Lombardia), che hanno presentato ricorso contro questo iniquo, ingiusto ed immorale decreto-legge, che voi oggi ci chiedete di approvare. Mi rifaccio a molte sollecitazioni che ho sentito in Assemblea. Noi non smetteremo di denunciare la vostra incoerenza, per cui siete federalisti a parole e poi, invece, nei fatti non lo siete, giacché approvate un provvedimento assolutamente centralista come quello in esame. Vogliamo anche sgombrare il campo da altri equivoci che si presentano, quando si parla di sanità, quando si parla di regioni povere, di regioni deboli, di regioni forti. Se si esaminano i finanziamenti delle regioni, ci si rende conto che in Italia non esistono discriminazioni per quanto riguarda la redistribuzione delle risorse. Le discriminazioni esistono, semmai, rispetto al gettito che ogni regione versa allo Stato. Si è parlato, da parte dei colleghi, del Fondo di solidarietà, del cosiddetto Fondo di perequazione: la discriminazione sta nel fatto che oltre il 55 per cento del Fondo perequativo nazionale è coperto dalla regione Lombardia! E continuate a chiamarlo Fondo di perequazione nazionale, chiamiamolo piuttosto Fondo a maggioranza qualificata della regione Lombardia, oppure Fondo perequativo della regione Lombardia, oppure assistenza assolutamente ingiustificata della regione Lombardia nei confronti del resto delle regioni d'Italia. Lo ripeto, lì è presente una discriminazione, ma non certo nella redistribuzione dei fondi. Se oggi si considera la quota cioè i soldi che ogni cittadino di ogni regione riceve per la sanità, si può affermare che non c'è assolutamente diseguaglianza. Si parla più o meno di 1.400 euro per ogni cittadino, in ogni regione, che viene ricevuto dallo Stato. Che cosa cambia, allora? Cambia il modo in cui tali risorse sono gestite, perché se da un lato ci sono delle regioni virtuose, come la Lombardia, che ha degli ottimi standard in campo sanitario, non solo a livello nazionale ma anche a livello europeo, dall'altro vi sono delle regioni che non sanno utilizzare tali risorse, che le spendono, che producono dei «buchi» e non forniscono i servizi sanitari ai cittadini. Questi, spesso, sono costretti a fare il cosiddetto «turismo sanitario», cioè a recarsi nelle regioni del nord, per avere un'assistenza sanitaria degna di questo nome. Cari signori, quando andavate in giro a fare campagna elettorale contro il cosiddetto referendum sulla affermando che esso avrebbe spaccato il Paese in venti sanità diverse, non tenevate conto del fatto che esso è già spaccato in venti sanità diverse! C'è la sanità efficiente, che dà servizi e paga per quelle inefficienti, che non danno servizi e per giunta sono sprecone. Tale è, purtroppo, il dato reale del Paese. Ciò ci richiama, da un lato, al concetto della responsabilità e dell'utilizzo accorto del denaro da parte di alcuni amministratori regionali, dall'altro, alla assoluta irresponsabilità di altri amministratori. È stato ricordato che le regioni che beneficeranno di questo contributo sono quattro; un contributo che non sarà straordinario, perché certamente ve ne saranno altri negli anni a venire. Non ci incantate con la favoletta secondo la quale le regioni che adesso ricevono il contributo entro il 2010 dovranno risistemare i propri bilanci, dovranno rientrare dal deficit. Troppe volte - e anche questa volta sarà così - abbiamo visto termini dal carattere meramente ordinatorio e sicuramente non perentorio. Si dice così per non scatenare l'opinione pubblica, per tenere tutto calmo, per tenere tutto fermo, ma quelli che hanno fatto i furbi in passato sanno che potranno continuare a farlo e che continueranno a farla franca perché, purtroppo, è così che funziona in questo strano Paese
. La invito a concludere.
. Concludo, Presidente. Dobbiamo dirlo con coraggio. Noi pensiamo che l'unico modo per determinare un vero cambiamento sia introdurre un concetto che, purtroppo, ancora stenta ad affermarsi: quello della responsabilità. Siete andati al Governo predicando la serietà: dimostratelo! Finora avete fatto esattamente il contrario !
. Ha chiesto di parlare il deputato Consolo. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero affrontare nel merito il provvedimento al nostro esame in materia di ripiano della spesa sanitaria; un provvedimento pomposamente intitolato: «Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario». Un provvedimento che chiamo, molto più semplicemente e molto più stringatamente, nefasto. Lo definisco così perché lo Stato interviene sui disavanzi in materia sanitaria, apparentemente a carico di alcune regioni, in realtà causati solo da alcune di esse, che graveranno su tutti i cittadini italiani i quali saranno obbligati a ripianare questo debito. Non facciamoci confondere dalla preannunciata eliminazione del sanitario perché, come ha ricordato bene il collega Crosetto, questa è una mossa prettamente elettorale che serve per raccogliere consensi nelle prossime elezioni amministrative e poi, con la fine dell'anno, «chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato». Signor Presidente, mi pongo - e pongo anche a voi - un interrogativo che ha sollevato nel suo intervento l'onorevole Roberto Ulivi, che ci rappresenta in seno al Comitato dei diciotto e che è uno dei maggiori esperti di Alleanza Nazionale in materia farmacologica e di sanità. Vi chiedo come sia possibile accumulare un così rilevante debito senza che dall'esterno nessuno, e sottolineo nessuno, abbia posto in essere un meccanismo di controllo. Mi soffermerò poi sulla lunghezza, sotto il profilo temporale, di questo sperpero; un profilo rilevante dal punto di vista dei requisiti di necessità ed urgenza. Non si dica che è colpa nostra in quanto spettava al Parlamento varare un provvedimento di legge che prevedesse un meccanismo di controllo. Tale provvedimento di legge esiste ed è la legge n. 405 del 2001, che all'articolo 3 imponeva ed impone alle regioni l'obbligo di mantenere un rigoroso equilibrio economico, prevedendo per esse la necessità di attivarsi al fine di ripianare le passività di disavanzo, sia attraverso misure di compartecipazione alla spesa sanitaria, sia varando e variando l'addizionale regionale IRPEF, sia attraverso altre forme di imposizione fiscale. Tutto ciò non è stato fatto e guai se fosse stato fatto! Perché allora la vicenda diverrebbe totalmente incomprensibile, kafkiana, e di essa dovrebbe occuparsi la magistratura ordinaria al fine di accertare le responsabilità. Come hanno ben detto i colleghi che mi hanno preceduto, la verità è una sola: la spesa in materia sanitaria è, in termini volutamente eufemistici, sfuggita al controllo di alcune regioni! Ciò è accaduto nonostante, nell'ultima legge finanziaria, la maggioranza che ora governa il Paese abbia introdotto un ora prontamente abolito «a termine» per motivi elettorali! Capiamo lo sforzo che bisogna fare soprattutto verso chi possiede meno, verso le classi sociali meno abbienti. Ma se è giusto abolire il è parimenti giusto introdurre forme di controllo sempre più stringenti in materia di spesa sanitaria. Quanto è stato detto dai colleghi della Lega è corretto: per quale motivo in Piemonte, piuttosto che in Veneto, si deve spendere meno e spendere meglio rispetto ad altre regioni? Non è un caso che sia previsto un obbligo di coordinamento delle disposizioni legislative in materia di spesa sanitaria, come rimarcato dal Comitato per la legislazione. Il Comitato ha infatti sottolineato che dovrebbe - sottolineo «dovrebbe», non «potrebbe»!! - valutarsi l'opportunità di procedere ad un coordinamento con quanto disposto dall'articolo 6- del decreto-legge n. 300 del 2006, al fine di chiarire se possa considerarsi superata la disposizione che stabiliva un termine finale di applicazione della lettera del comma 796 della legge finanziaria per il 2007. Dispiace che le Commissioni competenti non siano intervenute su questo punto, come hanno puntualmente sottolineato i rappresentanti di Alleanza Nazionale e di altri gruppi della Casa delle libertà. Si abolisce, quindi, il ma non sappiamo fino a quando, perché i provvedimenti di codesta maggioranza - di cui orgogliosamente non faccio parte! - vengono adottati unicamente per motivi che non sono legati al merito dei provvedimenti stessi, ma per fini prettamente elettorali. Tutto ciò è assolutamente vergognoso! Vi è poi un altro punto che grida vendetta, signor Presidente!
. Mi riferisco al comma 3 dell'articolo 1, che prevede l'irrisarcibilità per legge - e voglio sottolineare, per legge! - dei crediti vantati. Signor Presidente, questa disposizione è assolutamente incostituzionale! Lo Stato non può violare i più elementari principi in materia di rispetto dei diritti del cittadino e di contabilità pubblica. Si tratta di una norma destinata a cadere non solo sotto la scure del giudice delle leggi, ma anche sotto la scure dell'Unione europea! Si veda, infatti, quanto stabilito in materia dalla direttiva 2000/35/CE. Tuttavia, credo che non sia necessario richiamare la legislazione europea o i giudici della Corte costituzionale (quelli che rimangono, viste le recenti dimissioni del giudice Vaccarella!) per comprendere quanto sia contraria al buon senso la sospensione improvvisa, mediante un provvedimento legislativo, dei debiti. Sarebbe come se, a partire dall'approvazione del provvedimento, non fosse più possibile agire in sede esecutiva, nonostante l'esistenza di un provvedimento del giudice, poiché lo Stato, che partecipa ed è interessato a sospendere i ricordati debiti, in quanto non possiede il denaro per farvi fronte, ha dichiarato non esecutivo tale provvedimento. Questo sì che è un vero conflitto di interessi, a carico non di un parlamentare, ma dello Stato stesso, che non può pagare. Come stampare banconote al di fuori delle previsioni dell'Unione europea? Questa è una vera e propria licenza di uccidere il povero creditore che credeva di avere a che fare con un contraente serio ma, soprattutto, solvibile quale fino ad oggi è apparso essere lo Stato. Signora Presidente, lei che è così sensibile di fronte alle istanze della povera gente, il punto ancora più grave è che ciò colpisce i poveri, in quanto i grandi creditori delle regioni si sono tutelati prima ancora di stipulare e di contrarre debiti. Non era questa una maggioranza di Governo che andava incontro alle fasce sociali più deboli? I fatti dimostrano esattamente il contrario. Stendo un velo pietoso sulla palese violazione dell'articolo 77 del dettato costituzionale, che prevede: «Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge (...)». In casi straordinari di necessità e d'urgenza! Dov'è la necessità e l'urgenza di crediti che si sono accumulati via via, con gli occhi chiusi da parte di chi doveva controllare? Ma quale provvedimento di necessità ed urgenza? Quale decreto-legge? La verità è una sola! Ho iniziato il mio intervento dicendo che questo è un provvedimento nefasto, concludo dicendo che è vergognoso! Credo che ci siano sufficienti motivi per poterlo dichiarare, già da ora, incostituzionale ed iniquo. Onorevoli colleghi, il provvedimento in discussione non otterrà mai il voto di quella parte dell'Assemblea composta, non solo da gruppi seri, ma da quei singoli parlamentari che, prescindendo dalla loro collocazione politica, sono persone serie. Sono e siamo abituati a non sperperare il denaro dei cittadini !
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, onorevoli colleghi, chi mi ha preceduto ha già ampiamente illustrato la situazione del nostro Servizio sanitario nazionale e le ragioni del nord Italia che condivido e faccio anche mie. Ciò che mi preme affrontare è un'altra tematica e, in particolare, il rapporto fra lo Stato e l'industria farmaceutica che, in Italia, tende ad essere completamente frainteso e, ancora una volta, probabilmente, male interpretato, come dimostra questo decreto-legge. Lo Stato italiano ha completamente abdicato alla ricerca nel campo scientifico-farmaceutico. Lo Stato italiano, che giustamente si preoccupa degli investimenti e dello sviluppo delle reti di comunicazione e telefonia, ha relegato le sue attività in campo sanitario ad un mero controllo sui prezzi, pensando di risolvere il deficit di bilancio della spesa sanitaria tagliando di anno in anno il costo dei farmaci. Siamo obiettivi, l'Italia non ha una industria farmaceutica nazionale in grado di competere con i colossi europei ed extraeuropei, e questo perché l'impresa nel nostro Paese non è premiata e dipende, per la quasi totalità delle proprie necessità, dalla ricerca e dagli investimenti fatti dalle imprese estere. Il mercato italiano è sicuramente non di nicchia, ma non è certamente imprescindibile per le imprese straniere. Questo è il quadro di riferimento. In un simile quadro di riferimento si finge di ignorare che - piaccia o non piaccia, e proprio perché lo Stato non interviene in materia - la ricerca e gli investimenti farmaceutici sono una attività di mercato. È ovvio che l'industria farmaceutica si informa a regole di mercato; meno ovvio è che in Italia lo Stato abbia rinunciato a fare ricerca, ma così è. Lo Stato italiano corre il rischio che, continuando ad operare esclusivamente sul taglio dei prezzi e sulla penalizzazione delle imprese, si verificherà ciò che sta accadendo in altri Paesi, cioè che le imprese farmaceutiche abbandonano i territori dove si penalizza il mercato per dedicarsi e concentrarsi su mercati più redditizi. L'attuale Governo sta accelerando questo processo di esclusione del nostro Paese dal circuito del mercato farmaceutico e lo sta facendo in nome della cultura, del premio all'irresponsabilità del settore pubblico, e il decreto-legge che discutiamo oggi, come emendato dal Senato, secondo me ne è l'ennesimo esempio. Il provvedimento dispone, in particolare, dodici mesi di «congelamento» delle azioni esecutive dei creditori del servizio sanitario nazionale, i cui debiti produrranno solo interessi legali. Al di là del giudizio assolutamente negativo che credo - anzi, sono praticamente certa - daranno le autorità europee su questa particolare norma, si tratta certamente di una misura inaccettabile per fornitori e imprese, che dovranno rivolgersi al debito bancario, con la conseguenza di vedere impennati i propri costi di gestione. La misura del «congelamento» è, a mio avviso, inaccettabile in un Paese in cui le azioni legali per il recupero dei crediti verso le ASL durano in media quattro anni ed in cui i tempi medi di pagamento vanno da 348 a 500 giorni (come nelle regioni destinatarie del provvedimento): media che ci garantisce la in Europa. Questi ritardi nei pagamenti sono dovuti - chiunque conosca il settore lo sa - al fatto che, proprio con particolare riferimento alle regioni destinatarie del decreto-legge, gli enti locali non possono contrarre debiti finanziari causa la mala gestione dei propri bilanci, e quindi i loro debiti finiscono, in realtà, per influire proprio sul prolungamento dei tempi di pagamento. Tale determinazione, presa con legge dello Stato, avrà due gravi conseguenze. Da un lato indurrà - anzi, sta già inducendo - i potenziali investitori esteri a non investire sul nostro territorio, causa l'alta incertezza del nostro sistema normativo, che si arroga il diritto - di punto in bianco - di modificare le norme gettando nel panico i mercati. Dall'altro lato, piegherà ulteriormente le aziende italiane, e in questo caso e in special modo i piccoli fornitori, che si vedranno costretti a rivedere i piani aziendali e a limitare gli investimenti. Qual è il risultato di norme come questa? Un'Italia che non avrà accesso ai farmaci innovativi. Questo è un fenomeno grave, ma reale ed immediato, e credo di trovarne un esempio in un articolo del del 26 marzo scorso, che vorrei proporvi, il quale prende spunto da un caso di cronaca negli Stati Uniti, nel quale la moglie del candidato alla presidenza degli Stati Uniti John Edwards, essendo malata di tumore, ha tenuto una conferenza stampa ed ha avuto il coraggio di denunciare alcuni dati, riportati appunto dal che effettua un'analisi spietata e comparata tra il sistema statunitense e quello europeo rispetto alla cura dei tumori. Nel prendere spunto da tale conferenza stampa, l'articolo riporta che negli Stati Uniti, tra il 1990 e il 2002, le morti per tumore al seno sono diminuite del 2,2 per cento l'anno, e che il 98 per cento delle donne americane malate di tumore al seno ha un'aspettativa minima di cinque anni di vita sino a vita completa; precisa inoltre che ciò è possibile grazie a farmaci antitumorali americani di ultima generazione approvati negli Stati Uniti nell'ultimo decennio. Questa è una bella notizia. Però l'articolo evidenzia anche un dato meno piacevole, e cioè che a causa delle politiche di negoziazione al ribasso dei prezzi e delle reiterate ed estemporanee politiche di contenimento dei prezzi stessi (per lo più, senza distinzione tra farmaci innovativi e non), associato ad una scarsa propensione per gli investimenti in ricerca fattuale propri dei Paesi europei, la comparazione tra Stati Uniti ed Europa si sostanza in dati abbastanza raccapriccianti. Faccio alcuni esempi. Il riporta che i farmaci antitumorali innovativi sono disponibili sul mercato americano mesi prima che in Europa: fra il 1995 e il 2001, le quindici più innovative specialità antitumorali hanno impiegato 273 giorni di media per raggiungere i pazienti statunitensi e 468 giorni di media per raggiungere quelli europei.
. Lo stesso quotidiano riporta che la sopravvivenza a cinque anni per donne malate di tumore al seno in Inghilterra è pari al 78 per cento, rispetto al 98 per cento che si registra negli Stati Uniti; esso riporta infine che, fra il 1990 e il 1998, la mortalità per tumore è scesa negli Stati Uniti del 18 per cento ed in Germania e in altre nazioni europee solo del 9 per cento. Questi sono solo alcuni dati. In quest'aula, in sede di dibattito sulla legge finanziaria, più di una volta io ed altri colleghi abbiamo avvisato il Governo del rischio che, continuando nell'unica logica di tagliare il prezzo dei farmaci e di penalizzare le aziende - e la disposizione di oggi è un'ulteriore penalizzazione -, esse finiranno per abbandonare il nostro Paese, lasciando senza farmaci innovativi i pazienti italiani e senza lavoro molti dipendenti qualificati. Il presidente di Farmindustria ha ancora recentemente evidenziato questo rischio. L'impressione è che il Governo consideri la farmaceutica un settore assai ricco e che ritenga dunque doveroso tartassarlo, come se fosse doveroso per le imprese continuare a distribuire in Italia. La norma oggi in discussione, che - in deroga a qualsivoglia principio di tutela degli interessi dei creditori - riversa responsabilità altrui sulle industrie farmaceutiche e sui fornitori in genere, ci espone ad un rischio evidente: nessuno è costretto ad investire in Italia, e noi non lo stiamo capendo. Stiamo scherzando col mercato: il mercato ha forse regole ciniche, ma sono regole di cui dobbiamo prendere atto, soprattutto in un settore in cui di fatto l'impresa privata è l'unica a fare ricerca. Non possiamo, dunque, porre regole che siano considerate inique dal mercato, perché il settore sanitario è un settore troppo delicato per liquidarlo con la demagogia del «medicinali gratis per tutti»: l'obiettivo deve essere, dunque, quello di fissare prezzi e condizioni eque anche per il mercato, così da garantire la disponibilità di farmaci, ma al contempo impedire che una donna malata di tumore in Europa debba avere la metà dell'aspettativa di vita di una donna nata e cresciuta negli Stati Uniti. Fra l'altro, se almeno norme come queste (che penalizzano il privato, lo inducono a disinvestire, ad allontanarsi dal nostro Paese e a smantellare centri di ricerca e laboratori) risolvessero il problema del deficit, criticherei il metodo ma potrei probabilmente capirne gli obiettivi. La verità è che chiunque abbia un minimo di conoscenza del settore sa bene che il deficit delle aziende sanitarie ed ospedaliere è determinato solo in minima parte dal costo per l'acquisto di farmaci e di beni: il problema vero è la mancata aziendalizzazione del settore. La soluzione concreta è dunque la responsabilizzazione dei componenti e dei dirigenti di questo settore. I tragici fatti di malasanità degli ultimi giorni ci dovrebbero indurre ad avere il coraggio di prendere ben altre determinazioni, non quella oggi in discussione! Faccio alcuni esempi. Dovremmo cominciare ad applicare criteri di competenza gestionale ed operativa nella scelta dei dirigenti di ASL ed aziende ospedaliere, ed introdurre indicatori di e di costo delle singole aziende. Dovremmo mettere il paziente - che è lo principale - al centro del sistema, consentendogli di scegliere l'ospedale, valutandone efficienza ed affidabilità. Dovremmo imporre alle aziende ospedaliere di rendere pubblici i loro bilanci. Dovremmo applicare veramente le sanzioni, che già esistono, a carico di amministratori e politici locali che abbiano obbligato lo Stato (ovvero tutti noi) ad elargire aiuti finanziari. Anziché parlare solo del problema dei farmaci, poi, dovremmo introdurre controlli più stringenti sulla prescrizione degli esami diagnostici da parte delle aziende, responsabilizzando i singoli medici in merito alla necessità di dispensarli. Al contempo, dovremmo restituire agli stessi medici il ruolo di decisori, appannato negli ultimi decenni dall'ingerenza eccessiva dei burocrati, richiedendo nel contempo agli amministratori di svolgere appieno le loro funzioni. A tale proposito, penso ad un'amica, una bravissima neurologa, che mi ha detto di essere costretta a distinguere - come un commercialista - le sue poste di finanziamento, a decidere come investire e come materialmente indicare gli investimenti nella parte del bilancio dedicata al suo dipartimento. Credo che una simile imposizione sia inammissibile: il medico deve fare il medico e il ricercatore; sono gli amministratori che debbono essere responsabilizzati su queste competenze. Ancora, dovremmo riformare la del sistema sanitario ed operare controlli seri e severi sulla spesa. Invece di fare solo propaganda, perché non attuiamo - come ho sentito dire da molti colleghi - il federalismo sanitario, attribuendo alle regioni i poteri di stabilire le prestazioni, imponendo contemporaneamente loro l'onere di finanziarle in modo autonomo? Chi opera sul lato delle entrate fiscali e penalizza i cittadini verrà punito dall'elettore. Valorizziamo il ruolo dei nostri giovani ricercatori nelle università scientifiche e i medici specializzandi presso le aziende, sleghiamoli dai baronati e dai sistemi ad alto tasso di raccomandazione, abbandoniamo il concetto del finanziamento a pioggia, avviamo una ricerca seria da parte di ospedali e università, premiando solo quelli che portano avanti protocolli slegati da logiche di poniamo fine alla vessazione delle imprese farmaceutiche e cominciamo a trattarle come . Per esempio, perché non cominciamo a pensare a possibilità di sponsorizzazioni trasparenti da parte delle aziende sui nostri ospedali e sui centri universitari? Pensiamo a queste cose, invece di discutere su provvedimenti iniqui, non risolutivi, come credo sia quello oggi in esame. Troviamo il coraggio di fermare sprechi e privilegi, liberiamo il personale sanitario dalle logiche della politica, mettiamo al centro il paziente e premiamo le imprese che sviluppano, producono ed investono in innovatività. In questo modo, non ci troveremo più a discutere di deficit sanitario
. Ha chiesto di parlare la deputata Goisis. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, volevo partire dall'analisi del comma 2 dell'articolo unico del decreto-legge n. 23 del 2007, e in modo particolare dalla previsione dell'automatico innalzamento dell'addizionale IRPEF e dell'aliquota IRAP ai massimi i livelli per il periodo d'imposta compreso tra il 31 dicembre 2006 e l'anno 2010. Solo che, sempre nello stesso comma, si prevede che tali incrementi automatici non si applichino nelle regioni che, nell'accordo stipulato con il Governo, abbiano già previsto la disapplicazione di tale innalzamento dei tributi statali. Sottolineo ciò per mostrare come questo Governo sia razzista; purtroppo - l'abbiamo già detto tante volte - si tratta di una forma di razzismo che si rivolge contro le regioni del nord. Il Piemonte, per esempio, ha previsto l'IRAP al massimo livello. Con questa mia considerazione intendo dire che questo nostro Stato, intanto, fa in modo che i debiti di alcune regioni vengano pagati da altre regioni e - caso strano - si tratta sempre ed inevitabilmente delle regioni del nord; si determina, in questo modo, una disparità tra cittadini. Chissà perché, ci sono cittadini di serie A e di serie B, o, almeno, ci sono cittadini più furbi di altri, che non pagano la propria quota di spesa e che vengono viziati e vezzeggiati da questo Stato di sinistra, che naturalmente, attraverso il Governo, stipula degli accordi con le varie amministrazioni non virtuose. In questo modo, il resto delle regioni del nord deve sopperire alla copertura finanziaria di quei «buchi» - ma quale buchi, voragini! - che altre regioni (naturalmente non virtuose, ripeto) riescono a produrre. Quali sono queste regioni? Caso strano, nel caso specifico parliamo di Lazio, Campania, Abruzzo e Molise. Ma mi interessa molto sottolineare il caso del Lazio. Noi sappiamo che sono già stati previsti finanziamenti di 2 miliardi di euro per quanto riguarda il Lazio ed il ministro Turco ha avuto il coraggio di dire che questo è un prestito che la regione Lazio pagherà in trent'anni. Purtroppo, siamo tutti abituati a sentire queste barzellette, che ritroviamo anche in questo disegno di legge. Perché parlo di barzellette? Perché si viene a dire che il Governo ripianerà questi debiti con un fondo transitorio di ben 811 milioni. Il Governo giustamente parla di fondo transitorio, perché sa bene che adesso si tratta di stanziare soltanto una piccola quota (altrimenti nelle regioni del nord si avrebbe veramente la rivoluzione). Analizzando con attenzione gli studi commissionati dalla regione Lazio, si osserva che il debito della regione Lazio relativo al settore della sanità è di 3.700 milioni di euro. Quando e chi dovrà ripianare questi debiti? Una volta ancora il Governo dimostra la propria contraddizione: la sinistra, infatti, dapprima ha votato la riforma del Titolo V della Costituzione, che prevede appunto la responsabilità delle regioni in materia di sanità, e poi, invece, interviene regolarmente a sanare le «voragini» di cui parlavamo. Mi sembra di riascoltare la famosa parabola del figliuol prodigo: uno Stato che apre sempre le braccia, accoglie ed accetta, poverini, questi «figliuoli prodighi» incapaci di badare a se stessi. Occorre invece chiamare l'altro figlio, che sempre ha lavorato e per tutta la vita. E, caso strano, da chi è rappresentato questo figlio? Appunto, dalle regioni del nord. Il disegno di legge al nostro esame prevede l'eliminazione del famoso di 10 euro, ma si tratta di un'altra barzelletta dovuta a fini elettorali: ancora fino a stamattina in Veneto, dove abito, si continuava a pagare il di 10 euro. Ma crederete presto alla mie parole, se solo considerate che occorrerà «tirare fuori» i soldi per ripianare il debito dei famosi 3.700 milioni di euro della regione Lazio di cui parlavo prima. Ma voglio insistere ancora sulla questione e, soprattutto, sul fatto di uno Stato che vuole sempre intervenire e togliere competenze alle regioni, di uno Stato di sinistra che in tutti i modi sta dimostrando di non voler assolutamente realizzare il federalismo: non sarà mica pazzo, il Governo, a realizzare il federalismo fiscale! Dove andrebbero allora a finire le regioni in questione? Chi pagherebbe fior fiore di stipendi a infermieri, medici e ospedalieri di quegli ospedali fantasma, come, ad esempio, quello di Napoli? I posti di lavoro di cui parliamo sono stati trovati, come sappiamo bene, soltanto attraverso il voto di scambio; bisogna infatti dare stipendi a persone che altrimenti non avrebbero di che vivere, ma - ed è una domanda che dobbiamo porci - chi paga? A pagare è sempre il nord e le regioni virtuose (Piemonte, Lombardia, Veneto). Si sostiene che il Veneto abbia un debito di 1.300 milioni di euro, questo Veneto «spendaccione»! Ma, osservo, bisogna ricercare quale sia effettivamente la verità: i 1.300 milioni di debito sono in realtà 1.300 milioni di credito che il Veneto avanza dalle altre regioni, e proprio da quelle regioni del sud i cui cittadini vengono al nord a farsi curare, se vogliono vivere e sopravvivere. Se avete parenti, figli e genitori non li portate, ne sono sicura, negli ospedali di Palermo o dell'ultimo di cui abbiamo sentito parlare, ma negli ospedali del Veneto e della Lombardia. Ma poi succede che il Veneto chiaramente si ritrova ad avere crediti che non riesce e non riuscirà mai a recuperare, perché evidentemente questo Stato di sinistra, questa Repubblica «matrigna» pensa soltanto ai figli prediletti e favoriti che, caso strano, sono sempre quelli del sud, che mi ricordano la famosa favola della cicala e della formica. C'è sempre, infatti, una formica che lavora e che paga - ed è il nord -, e c'è sempre una cicala che canta, si diverte, balla, «mandolino e spaghetti»! Andiamo avanti in questo modo, tanto ci sono sempre i cittadini del nord che magari «brontolano», ma pagano sempre! Ne abbiamo la dimostrazione; non sono vane le parole che sto dicendo, ma vere e reali e voi lo sapete bene, perché ce lo avete dimostrato in tutti i modi. In questo Stato, purtroppo, chi non paga viene premiato, gli vengono dati anche soldi in più per essere stato così bravo da creare voragini impossibili. Chi è stato così «bravo», se, poverino, delinque, ha bisogno dell'indulto cosicchè viene portato fuori dalle carceri, e magari gli viene dato uno stipendio di 800 euro fintanto che non trova un lavoro e non «si redime». Pertanto, è veramente ora di finirla! Ricordiamoci bene che nel Veneto si usa una frase che devo riferire in lingua veneta: «». È ora di finirla! Il Veneto non vuole più fare il «»; non so se sappiate cosa significhi; se non lo sapete andatevelo a cercare, non ve lo dico io ). Vorrei esprimere un'ulteriore considerazione: come si fa a credere a questo Governo, che ha tirato fuori anche un'altra barzelletta, quella del piano di affiancamento, vale a dire un'azione di affiancamento per le regioni che non riescono a ripianare i loro debiti? Lo Stato sa bene che gran parte delle regioni della penisola italiana, fino a poco dopo il Po, hanno bisogno continuamente del tutore, di un commissario. In questo modo vengono nominati il commissario, poi i commissari del commissario, poi un'altra commissione che andrà a controllare i commissari dei commissari. È ora di finirla! Voi tutti, d'altra parte, ogni volta ci chiedete di ripianare e pagare ciò che le altre regioni non riescono a fare. Tuttavia, il Veneto è stanco di essere appellato come l'asino che continua a lavorare per gli altri! Il Veneto ha una forza, una dignità che deve difendere anche contro tutti i tentativi che state facendo di snaturare la stirpe del nord (voglio dirlo apertamente), la stirpe di questa penisola che nulla ha a che fare con tutti coloro che volete far entrare nel Paese con le ultime leggi!
. Vergogna!
. Non mi venite a dire che queste considerazioni non c'entrano; il discorso c'entra perché fa sempre parte della politica di questo Governo, di questa sinistra che preferisce distruggere la nostra stirpe, la nostra storia, le nostre tradizioni, le nostre capacità lavorative, le nostre virtù (d'altra parte siete stati proprio voi a fare riferimento a regioni virtuose e a regioni non virtuose). Non vogliamo che vengano annacquate o colorate di vari colori le virtù del nord! Vogliamo mantenere la tradizione, la cultura e la storia del nord. Fino a che ci saremo noi della Lega Nord Padania non riuscirete a portare avanti il vostro disegno, perché saremo sempre qui a pungolarvi, ad insistere e lotteremo fino a che non riusciremo ad ottenere il federalismo fiscale, che lo vogliate o no! Questa non è una minaccia, è una promessa! .
. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio Pepe. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, colleghi, intervengo molto brevemente per esprimere un giudizio fortemente negativo sul provvedimento, che interviene per far fronte allo sforamento da parte di alcune regioni dei limiti di spesa in campo sanitario. Il provvedimento, che prevede tra l'altro il concorso dello Stato per ripianare le passività contratte da alcune regioni nel periodo 2001-2005, presenta aspetti di dubbia costituzionalità, come è stato ben evidenziato da alcuni colleghi durante la discussione sulle linee generali e nella discussione sul complesso degli emendamenti, anche perché non pone tutte le regioni sullo stesso piano e quindi lede il principio di uguaglianza. Vorrei ricordare, in particolare, il parere che la Commissione finanze ha espresso esaminando il testo (ci tengo a dire che si tratta di un parere espresso con l'accordo di tutti i colleghi, sia del centrodestra sia del centrosinistra). Mi riferisco alla disposizione che congela i crediti dei fornitori impedendo la prosecuzione e l'inizio di azioni esecutive. La VI Commissione finanze ha invitato infatti a rivedere la formulazione del terzo, quarto e quinto periodo del comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame nella parte in cui prevede che «non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive relative a debiti sanitari nei confronti degli enti debitori, che gli atti di pignoramento già eseguiti non vincolano i predetti enti e i loro tesorieri e che i debiti insoluti producono, in tale periodo, esclusivamente gli interessi legali previsti dall'articolo 1824 del codice civile (...)». Inoltre, «tali previsioni appaiono in contrasto sia con il principio di tutela dell'affidamento dei soggetti contraenti nell'ambito dei rapporti contrattuali, sia con i principi costituzionali (...), sia con la normativa e la giurisprudenza comunitarie in materia». Il Governo ed i relatori hanno, tuttavia, fatto orecchie da mercante, non accogliendo la condizione avanzata dalla VI Commissione finanze. Così, un soggetto che ha fornito beni, merci e servizi al settore sanitario non potrà pretendere il rimborso di quanto dovuto; vedrà i suoi diritti bloccati per 12 mesi, ma nel contempo dovrà continuare ad adempiere ai suoi obblighi presso terzi. Vengono in questo modo congelati i crediti, ma ovviamente rimane fermo per l'impresa l'obbligo di pagare i propri debiti. Vi è il rischio che molte aziende vadano in crisi e che si perdano posti di lavoro. Tutto ciò è previsto in un provvedimento che, pertanto, appare evidentemente incostituzionale. Se il caso verrà sollevato innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee, l'Italia verrà sanzionata, poiché questa norma contrasta con qualsiasi principio di sana giustizia. In passato l'Italia è già stata sanzionata per i ritardi con cui interviene con sentenze definitive nel campo giudiziario. A maggior ragione, sarà sanzionata se interviene, come in questo caso, con norme che impediscono addirittura ad ogni cittadino di avere giustizia. Mi chiedo e vi chiedo, colleghi: che Stato è questo che chiede ai contribuenti di pagare tutto e subito quanto dovuto ad esso, alle regioni e ai comuni, che sanziona addirittura con multe pesanti i ritardi nei pagamenti, ma poi, quando i debitori sono le regioni, congela di fatto i pagamenti, bloccando le azioni esecutive? Questo è uno Stato che perde credibilità anche all'estero oltre che verso i suoi cittadini. Nel mio breve intervento vorrei evidenziare un altro aspetto: le coperture originariamente previste per il provvedimento in esame. Si riducono il Fondo per i paesi in via di sviluppo - e così alcune azioni già avviate in campo diplomatico o in Paesi esteri vengono di fatto bloccate - e gli stanziamenti nel settore della ricerca sanitaria. Si parla tanto di ricerca e se ne sottolinea giustamente molto l'importanza, poiché, grazie ad essa, vi può essere più prevenzione, con una conseguente riduzione delle spese sanitarie. Invece, con il provvedimento in esame si è pensato di ridurre addirittura gli stanziamenti per la ricerca. Per coprire questo provvedimento si riducono, inoltre, il Fondo per la famiglia, il Fondo per i non autosufficienti, il Fondo per la politica giovanile. Si parla tanto della famiglia e dell'importanza dei nostri giovani, che sono il nostro futuro. Noi, viceversa, riduciamo proprio il Fondo per aiutare le famiglie ed i giovani. È, pertanto, un cattivo provvedimento e mi auguro che il Governo, i relatori e i colleghi del centrosinistra vorranno ripensare a quanto previsto in questo decreto-legge, modificare l'articolo 1 nella parte che ho evidenziato - quella concernente il blocco dei crediti - per impedire una sicura ingiustizia verso alcuni cittadini ed alcune imprese e per impedire all'Italia di subire una sicura sanzione per infrazione comunitaria .
. Ha chiesto di parlare il deputato Di Virgilio. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor sottosegretario per la salute, onorevoli colleghi, questa discussione su un decreto-legge che è nato male, così come presentato dal Governo al Senato, ed è proseguito ancora peggio, ha visto finora partecipare esclusivamente i rappresentanti delle opposizioni. Onorevole Astore, mi domando come lei ci possa chiedere di votare all'unanimità un decreto-legge che è un obbrobrio e che presenta - come sosterrò e come è stato sostenuto da molti colleghi - delle norme improponibili ed assolutamente insostenibili! Mi associo a quanto affermato dall'onorevole Crosetto: onorevoli colleghi della maggioranza, abbiate il coraggio che avete dimostro - lo riconosco - nella V e nella XII Commissione, nonché nel Comitato dei diciotto, dove voi stessi avete criticato alcune parti improponibili di questo decreto! Quella è la via, probabilmente, per individuare una soluzione positiva, altrimenti questo decreto rappresenterà una pagina negativa per la storia della nostra salute pubblica ed un pesante aggravio a carico del Governo. La scorsa settimana, nella nostra questione pregiudiziale, avevamo richiamato alcune norme della Costituzione, come l'articolo 77, che prevede per la decretazione un'urgenza che in questo caso non sussiste: noi, infatti, andiamo a ripianare dei debiti degli anni 2001-2005. Inoltre, riteniamo che sia stato violato sostanzialmente l'articolo 97 della Costituzione, che impone il principio del buon andamento delle amministrazioni pubbliche, in quanto si privilegiano - come è stato ricordato più volte - le regioni che hanno amministrato il servizio sanitario con minore efficienza; risulta violato anche l'articolo 81, in quanto la copertura finanziaria del provvedimento è solo formale e non sostanziale. Vorrei analizzare rapidamente l'iter del provvedimento in Senato, insieme a quello svoltosi alla Camera nelle Commissioni V e XII. Risulta chiaramente lo «stato confusionale» del Governo - utilizziamo un linguaggio medico, considerata la materia trattata - nel tentativo di cercare modalità più convincenti per procedere al ripiano di disavanzi pregressi nel settore sanitario. Tuttavia, per comprendere bene la problematica, dobbiamo fare un passo indietro e tornare all'ultima legge finanziaria, quando da questi banchi criticammo aspramente e con valide motivazioni la crudele imposizione da parte del Governo dei sulle prestazioni per le visite specialistiche, fortemente penalizzanti per i cittadini, e quelli ancora più odiosi, come ricorderete, addirittura per il codice bianco ed il codice verde del pronto soccorso. Probabilmente, anche per la nostra insistenza, il Governo, dopo aver riflettuto, rinunciò al sul codice verde, ma diabolicamente insistette su quello di 10 euro per le visite specialistiche e su quello per il codice bianco del pronto soccorso, riconoscendo ai cittadini italiani una specie di laurea in medicina. Infatti, i cittadini, per evitare questi balzelli, dovrebbero autodiagnosticarsi una insignificante patologia, evitando di recarsi dallo specialista del pronto soccorso. Tuttavia, ciò non è accettabile, perché gli italiani hanno il diritto, anche in base alla Costituzione, di ascoltare un professionista che sappia tranquillizzarli sullo stato di salute. Ecco allora che il Governo, dopo appena tre o quattro mesi, anche su pressione di alcune regioni, si è accorto che il sulle visite specialistiche è fortemente penalizzante e propone con il presente provvedimento, all'articolo 1-, di ridurlo da 10 euro a 3,5 euro, cercando in qualche modo di reperire la copertura finanziaria per il gettito ridotto, calcolato per l'originaria imposizione. Qui inizia però un'altra farsa, perché al Senato, dopo una prima ipotesi di copertura, ne viene approvata un'altra «originale» (lo dico ironicamente) e fortemente contraddittoria rispetto a quanto sostenuto dallo stesso Governo nella legge finanziaria. In tal modo, si riduce la disponibilità per il Fondo per la famiglia, per il Fondo per l'autosufficienza, per le politiche giovanili che dovevano costituire - così dicevate voi - un fiore all'occhiello per le scelte di tipo sociale di questo Governo. Ma gli aspetti ridicoli non finiscono qui, perché, con riferimento ai sulle visite specialistiche, alla Camera, nelle due Commissioni di riferimento, si verifica un'ampia convergenza contro la proposta governativa e viene approvato un emendamento degli stessi relatori di maggioranza, che ha cancellato del tutto il balzello previsto all'articolo 1-. Aspettiamo ora al varco il Governo, che dovrà spiegare chiaramente come provvederà alla copertura di questo mancato introito, con l'abolizione del . Tornando all'articolo 1 del provvedimento, esso dispone, come sapete, il concorso dello Stato, con uno stanziamento di 3 miliardi di euro per il 2007, al ripiano dei disavanzi regionali del settore sanitario per il periodo 2001-2005, derogando alla normativa vigente, secondo la quale gli oneri di ripiano dei disavanzi in oggetto sono a carico delle regioni. All'articolo in esame, inoltre, sono state aggiunte, nel corso dell'iter presso il Senato, disposizioni concernenti le azioni esecutive intraprese nei confronti di soggetti pubblici per il pagamento dei debiti accumulati nel settore sanitario, le quali prevedono che non si possa iniziare o proseguire azioni esecutive, relative ai predetti debiti, nei 12 mesi successivi all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. Si tratta di un vero colpo di spugna, una norma ipocrita e assurda, che colpisce anche coloro che non sono addetti ai lavori. Ci troviamo di fronte ancora una volta, lo ripetiamo per i distratti, ad un uso distorto da parte di questo Governo dello strumento normativo della decretazione d'urgenza. Per quanto riguarda il merito del provvedimento dobbiamo ricordare che il Governo Berlusconi ha lavorato per tutta la scorsa legislatura per contenere l'espansione della spesa sanitaria regionale, non soltanto con un semplice monitoraggio, ma anche attraverso proposte concrete, miranti ad un sistema di obiettivi e con la previsione di un meccanismo sanzionatorio in caso di mancato raggiungimento del risultato. Non possiamo fare di ogni erba un fascio e unire buoni e cattivi, dobbiamo essere giusti nel dettare le regole dello Stato e prevedere per coloro che non sono in grado, non sono capaci o, meglio ancora, sono in malafede, delle sanzioni. In particolare, il Governo nel corso dell'esame del provvedimento al Senato ha trasmesso una documentazione sui disavanzi sanitari regionali da cui si evince per il periodo 2001-2004 che, ad esempio, la Campania ha un disavanzo di 2.144 milioni di euro, seguita dal Lazio con 2.048 milioni di euro e così via. Per il 2005 cambia poco, perché il Lazio è in testa con 1.800 milioni di euro e la Campania ha un disavanzo di 1.132 milioni di euro e così via. Tra l'altro, il Governo contraddice anche gli obiettivi di finanza pubblica definiti a livello europeo; ed ormai, sia che lo vogliamo sia che non lo vogliamo, facciamo parte dell'Unione europea, perciò non possiamo fare di testa nostra, ossia a volte seguire e altre volte non seguire quello che l'Europa ci chiede. Inoltre, con un colpo a sorpresa, al Senato è stato approvato un emendamento presentato dalla maggioranza che prevede la sospensione delle attività esecutive nei confronti dei creditori, come ho già osservato. Tale disposizione, oltre ad essere in contrasto con la direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la lotta contro i ritardi nei pagamenti delle obbligazioni di natura commerciale, rischia di comportare conseguenze gravi per molte aziende operanti nel settore e conferma l'incertezza del Governo sulla reale entità delle risorse necessarie al ripiano dei disavanzi in oggetto. Per quanto riguarda tale assurda sospensione delle procedure esecutive e dei pignoramenti, il Governo deve chiarire se ciò non possa determinare, inoltre, effetti negativi a carico della finanza pubblica sia per il prodursi di interessi - perché anche se questi debiti vengono congelati producono comunque interessi - sia per l'insorgere di un contenzioso che mi sembra veramente impossibile evitare. Non vanno inoltre sottovalutati i possibili profili di incompatibilità della sospensione delle procedure esecutive rispetto alla disciplina comunitaria appena ricordata. Infine, con riferimento all'intenzione del Governo di ripianare il debito delle regioni, va sottolineato non solo che questo soccorso contrasta con gli accordi Stato-regioni per cui queste, una volta stabilito il riparto del Fondo sanitario nazionale, devono essere in grado di garantirne una gestione oculata ed autonoma, ma anche che il sostegno statale non può essere definito in base ai piani di rientro, altrimenti si realizzerebbe un sistema distorto per cui le regioni possono spendere come vogliono perché tanto poi lo Stato interviene a ripianare a piè di lista, come avveniva un tempo ed oggi risulta inammissibile. È chiaro, inoltre, che si deve pretendere un criterio di serietà per cui se si concedono risorse economiche alle regioni in difficoltà, mettendo mano ad un intervento finanziario straordinario, come quello previsto dal provvedimento in esame, occorre anche pretendere che le regioni rispettino gli impegni assunti. È necessario, ad esempio, che non vengano ridotti i livelli di eccellenza, che siano garantiti i LEA a cui il cittadino ha diritto a norma dell'articolo 32 della Costituzione, così come stabilito nell'accordo Stato-regioni. Da qui deriva l'esigenza di prevedere anche una verifica da parte delle Commissioni parlamentari, che sono spesso scavalcate e che non vengono ascoltate sui piani di rientro né sull'accordo sottoscritto dal Governo con le singole regioni. Le Commissioni parlamentari sono escluse da questo colloquio diretto tra il Ministero della salute e le regioni. Ed è anche necessario che gli interventi ipotizzati o sottoscritti dal Governo siano accompagnati, lo ripeto, da forti sanzioni per le regioni che non si comportano oculatamente. Onorevoli colleghi, troppi e ripetuti sono i casi eclatanti di disservizi in campo sanitario e troppo spesso li si fanno ricadere, diciamolo con chiarezza e con coraggio, esclusivamente sugli operatori sanitari quando le responsabilità sono di altri. Le competenze non osservate e le inadempienze rischiano di diffondere tra i cittadini discredito e disaffezione per il nostro Servizio sanitario nazionale, che pochi anni fa l'OMS classificò come secondo nel mondo e che ha senz'altro aree di eccellenza accanto ad aree critiche, per cui sempre più spesso i cittadini sono costretti a rivolgersi alla sanità privata. Noi di Forza Italia non siamo affatto contro la sanità privata, siamo anzi per una giusta competizione ed un giusto equilibrio tra privato e pubblico, perché questa competizione può essere soltanto positiva. Non tutti i cittadini, però, hanno risorse economiche per ricorrere alla sanità privata. Viene lasciata la gente in coda ai CUP per i tempi troppo lunghi che occorrono per una prestazione e le liste di attesa si gonfiano. Il Ministro pone la sua attenzione su altre problematiche. Conosco la sensibilità del sottosegretario Zucchelli su questi argomenti. Egli, probabilmente, da ottimo medico e per la sua grande esperienza sindacale, non sempre - a mio avviso - condivide certe posizioni del Ministro. Ci si vuole accanire, ad esempio, contro i medici, per i quali si tarda a chiudere i contratti (abbiamo visto lo sciopero del 4 maggio, di pochi giorni fa). Costoro vengono penalizzati con provvedimenti sulla libera professione la cui non piena realizzazione, come è dimostrato - l'ha detto lo stesso Ministro -, è colpa delle regioni, le quali non hanno neanche attinto alle disponibilità economiche per fare in modo che questo avvenga all'interno delle strutture. Quanto al contratto degli specializzandi, al riguardo qualcuno ha parlato, come l'onorevole Lussana, del problema del personale che opera nelle nostre aziende sanitarie locali. Per questi specializzandi - onorevole Zucchelli, lei è sensibile - esistono i fondi che abbiamo introdotto con la nostra legge finanziaria. Esiste una normativa. Non è possibile che siamo quasi giunti alla fine di un anno accademico e costoro non hanno ancora avuto il contratto e si rischia per i nuovi specializzandi di saltare i bandi di concorso. Insomma, non è questa certamente la sanità che i cittadini italiani desiderano e che gli italiani sono stati abituati a conoscere nel passato. Per tali motivi Forza Italia è contraria al provvedimento in esame, nel testo sottoposto all'Assemblea: pertanto esprimeremo voto contrario, se non sarà introdotto un profondo cambiamento.
. Ha chiesto di parlare il deputato Mazzaracchio. Ne ha facoltà.
. Arrivati a questo punto devo confessare che non senza difficoltà prendo la parola, in quanto mi pare di fare un discorso tra sordi. Se dovessimo trattare il problema della sanità nella sua globalità, ossia il pianeta della sanità in Italia, credo non sarebbe sufficiente tutta la legislatura. Arriviamo quindi al tema in esame, vale a dire il risanamento dei debiti di alcune regioni. Ebbene, su questo argomento, signor sottosegretario, signor Presidente, signori della maggioranza, che cosa ci divide? Abbiamo già fatto un passo avanti e qualcosa è stato già eliminato: il problema del . Inoltre, è stata sollevata una questione - quasi una mediazione - dal sottosegretario Lettieri, il quale affermava che, per quanto riguarda i crediti e i debiti dei fornitori, dobbiamo stralciare il consolidato. Coloro che non hanno avviato l'azione giudiziaria devono stare fermi per 12 mesi. Tutti noi sappiamo ciò che propone il sottosegretario. È previsto il divieto per il giudice del riesame di esaminare nuovamente ogni questione coperta dal giudicato, la cui integrità rappresenta un cardine del nostro sistema giuridico, il quale resiste anche alla costante giurisprudenza della suprema Corte di cassazione. Il sottosegretario quindi non ci regala nulla. Se anche superassimo il problema dei non potremmo superare quello dei creditori, che oltre ad essere un problema economico, è anche un problema morale. Possiamo non pagare chi ha retto la sanità fino ad oggi nelle regioni inadempienti, poco accorte? Se si operasse in questo modo gli ospedali avrebbero dovuto già chiudere. Credo che nelle Commissioni anche i colleghi della maggioranza fossero d'accordo su tale argomento. Come mai ora si cambia idea? Il Governo, quindi, deve fare un altro passo avanti. Rimane un terzo problema, che ho sollevato anche stamattina: pensate davvero che le quindici regioni virtuose, che hanno provveduto ad imporre fiscalmente le loro iniziative ai cittadini dei rispettivi territori, possano non partecipare in alcun modo al riparto dei 3 mila milioni messi a disposizione? Tali regioni, peraltro, a mio avviso non sono quindici, visto che il Governo stesso confessa di non avere le idee chiare sull'entità della massa debitoria delle regioni nella sanità. Capisco che il Governo si sia trovato in difficoltà perché, amico Astore, esso ha seguito una strada che altri Governi, sia di centrosinistra, sia di centrodestra, non hanno seguito. Hai ragione quando affermi che anche nel 2001, nel 2002 e nel 2003 vi è stato il ripiano dei debiti, ma tale ripiano è avvenuto diversamente. Il Governo, infatti, ha messo a disposizione le cifre occorrenti, ma in seguito le regioni autonomamente si sono riunite - o meglio ci siamo riuniti, visto che in quegli anni esercitavo le funzioni di assessore alla sanità in Puglia - ed hanno di comune accordo stabilito la ripartizione dei fondi in base alle esigenze delle varie regioni. Ci siamo poi rivolti ai ministri competenti, al Ministro della sanità, ma soprattutto al Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, come potrebbe confermare il professor Sarda, che allora seguiva tali questioni, per comunicare l'accordo raggiunto dalle regioni. Potremmo oggi seguire lo stesso binario. Non vedo perché il Governo dovrebbe farsi carico degli errori che altri hanno commesso. Non lo capisco più! Oltre al problema del vi è il rischio del blocco dei fornitori, di fronte al quale il Governo si troverebbe in grave difficoltà. Una soluzione potrebbe essere lo stralcio di una parte dei previsti 3 mila milioni - non dico la fetta più consistente, ma una fetta che abbia natura simbolica - per dire alle regioni virtuose: siamo riconoscenti dei sacrifici che avete fatto. Stralciate una parte dei 3 mila milioni ed il discorso è chiuso. Altrimenti non ne usciamo più. Credo che su tale punto dovremmo essere tutti d'accordo. Se invece intendiamo aprire il discorso sul pianeta sanità, credo che potremmo concluderlo solo a fine legislatura. Questo è quindi il problema che attualmente ci riguarda da vicino e che ha formato oggetto di trattazione presso le Commissioni V e XII. Sullo stesso tema vi sono state anche altre riunioni. Si sono alternati cinque, sei sottosegretari, non abbiamo avuto il piacere di vedere un ministro, non perché i sottosegretari non vadano bene, ma gli argomenti sono rimasti gli stessi. Se riusciamo a superare questi tre problemi, se la maggioranza dei deputati converge nelle Commissioni su questi argomenti, se anche il Governo si associa, io credo che già questa sera potremmo chiudere questa contesa insensata.
. Ha chiesto di parlare il deputato Bricolo. Ne ha facoltà.
. Il provvedimento in esame presenta numerosi profili di illegittimità costituzionale, come abbiamo più volte evidenziato negli interventi svolti da altri colleghi del gruppo della Lega Nord Padania: la violazione del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione; la violazione dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza (poiché, come noto, la Costituzione prevede possano essere adottati dal Governo decreti-legge solo nei casi di straordinaria necessità ed urgenza, mentre, nel caso in esame, trattandosi del ripiano selettivo dei disavanzi risalenti al periodo 2002-2005, è evidente che non si ravvisano le condizioni per ricorrere allo strumento della decretazione d'urgenza); la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, previsto dall'articolo 97 della Costituzione; la violazione del principio del riparto della potestà legislativa, di cui all'articolo 117 della Costituzione, in contrasto anche con la sentenza della Corte costituzionale n. 423 del 29 dicembre 2004, la quale stabilisce che non sono consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie e funzioni la cui disciplina spetti alle leggi regionali; infine, la violazione del principio dell'autonomia e responsabilità finanziaria regionale, di cui all'articolo 119 della Costituzione. Di fatto, al di là di queste violazioni costituzionali, che dovrebbero di per sé fermare l'iter del provvedimento, è politicamente inaccettabile che l'accesso ai 3 miliardi di euro disponibili sia stato riservato solo ad alcune regioni, quelle meno virtuose. Queste sono state più volte elencate, in particolare le regioni Lazio e Campania, mentre le altre regioni vengono doppiamente danneggiate, avendo accumulato disavanzi o non avendo provveduto tempestivamente con risorse proprie al ripiano dei medesimi. È politicamente inaccettabile che lo Stato rinvenga tempestivamente 3 miliardi di euro per ripianare i disavanzi di queste regioni meno virtuose, mentre da oltre tre mesi, grazie alla legge finanziaria di questo Governo di centrosinistra, continua a rimanere in vigore l'iniquo di 10 euro a ricetta sulle prestazioni di diagnostica e specialistica, perché lo Stato - apparentemente - non riesce a trovare gli 811 milioni di euro necessari per la sua soppressione, meno di un quarto della somma complessiva che finanzierà il decreto-legge in esame. Si parla tanto di «tesoretto», ma è evidente che per coloro che amministrano questo Paese, dunque per il centrosinistra, non è importante risolvere i problemi dei cittadini e cercare di far loro pagare meno tasse, ma portare avanti una politica centralista e assistenzialista, che ispira gli ideali di questa maggioranza e di questo Governo. Noi - la prima firma è del collega Garavaglia - abbiamo presentato una proposta di legge che prevede l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause dei disavanzi nella sanità regionale. È una proposta che finalmente, se venisse accettata dall'Assemblea, farebbe luce su tutti gli sprechi che si registrano nelle tante regioni, soprattutto nel Mezzogiorno di questo Paese, che ricevono i soldi dello Stato centrale ma li sprecano e non riescono ad offrire un servizio sanitario efficiente ai loro cittadini. Tant'è che molto spesso, purtroppo, i cittadini meridionali sono costretti a trasferirsi al nord per curare le numerose patologie che li colpiscono, poiché non trovano al sud ospedali in grado di affrontare queste malattie in modo adeguato. Chiederemo a tutto il Parlamento di approvare la nostra proposta di legge, che finalmente permetterà di capire le vere motivazioni del disagio dei cittadini che pagano le tasse ma non ricevono un servizio adeguato da parte delle regioni, ma soprattutto perché la politica, nelle regioni del sud - penso al Lazio, alla Campania, ma non solo -, non riesce effettivamente a pareggiare i bilanci e a dare un servizio adeguato ai propri cittadini. Al nord, lo dico molto chiaramente, in Padania, noi siamo stanchi di vedere liste di attesa lunghissime nei nostri ospedali, soprattutto perché ci sono pazienti che arrivano da altre regioni. Chi paga le tasse in Veneto, molto spesso, se vuole essere visitato da un primario in un ospedale veneto, si rivolge allo sportello, dove gli dicono che il primario lo visiterà fra un mese, due mesi, tre mesi, a volte anche cinque o sei mesi, vista la lunghezza delle liste d'attesa; è chiaro che, poi, gli viene offerta immediatamente la possibilità di recarsi in una casa di cura dove, in due o tre giorni, potrà essere visitato dallo stesso primario. Se non si risolverà questo problema, è evidente che le nostre regioni saranno costrette a fare due liste d'attesa. In una lista d'attesa prioritaria avranno accesso i cittadini veneti che pagano le tasse in Veneto, i cittadini lombardi che pagano le tasse in Lombardia e quelli delle regioni in cui c'è una sanità che comunque funziona; poi verranno gli altri. Questa responsabilità non sarà a carico di chi amministra le regioni del nord, ma del Governo centrale, che con provvedimenti come questo non fa altro che incentivare chi crea disavanzo e non ha una gestione virtuosa della propria attività sanitaria. Siamo stanchi di vedere questi provvedimenti centralisti e assistenzialisti, che vessano sempre il nord e che determinano di fatto, secondo noi della Lega Nord, un disagio sempre più diffuso: basta leggere i giornali per vedere quanti comuni del nord chiedono l'annessione, per esempio, alle province autonome di Trento e Bolzano. Io sono veronese e nella mia provincia vi sono già diversi comuni che hanno iniziato l'iter per arrivare ad un referendum per l'annessione al Trentino-Alto Adige. Lo stesso avviene a Vicenza, nell'altopiano di Asiago, dove in alcuni comuni che hanno votato il 94 per cento dei cittadini ha chiesto l'annessione al Trentino-Alto Adige, non perché non si sentano più veneti, ma perché sono stanchi e stufi di essere considerati cittadini di «serie b». In Trentino-Alto Adige, giustamente, i soldi che si pagano con le tasse rimangono sul territorio, mentre questo non è concesso ai veneti: è inaccettabile! Chi governa in questo momento il Paese, rinchiuso nei palazzi romani, - questa è la colpa più grossa che avete -, ha perso qualsiasi contatto con i cittadini, con chi vive i problemi reali del Paese. Chiudendovi nei palazzi, di fatto, siete ciechi a qualsiasi richiamo di federalismo che proviene dal territorio: sbagliate! Il meccanismo che si è innescato con l'approvazione da parte delle Camere del progetto federalista della che poi è stato bocciato nel Paese, non ha certo fermato la voglia e la volontà di libertà, di indipendenza, di federalismo delle regioni nord, ma le ha accentuate. Provvedimenti come questo non fanno altro che portare sempre più disagio al nord e probabilmente causeranno prima o poi lo scatenarsi al nord di quella rivolta che permetterà di dividersi da questo Paese. Sono questi provvedimenti razzisti che non vengono capiti, come non è capita la politica di questo Governo, già realizzata con la legge finanziaria, che va sempre a penalizzare il nord - dimenticato nella stessa composizione dei ministri di questo Governo: da Milano al Friuli, non c'è un ministro veneto -, aumentando le tasse in Veneto, e che vede la Guardia di finanza scatenata nei confronti dei piccoli e medi imprenditori, dei commercianti del nord, del nord-est, che sono quelli che mantengono il Paese e che producono il 70 per cento del PIL. È una politica così cieca, così ottusa che di fatto, ancora una volta, va a «schiaffeggiare» chi lavora onestamente, paga le tasse e, in cambio, chiede il rispetto della legalità, ma anche servizi, che tra l'altro non vengono erogati in modo equo. Si va addirittura a tassare nuovamente e a penalizzare chi ha già pagato, comunque, «fior di tasse» per avere una sanità decente. Sono altri i provvedimenti che chiediamo a questo Governo. Per esempio noi in Veneto siamo stanchi e stufi di avere insegnanti non veneti nelle nostre scuole, e con le vostre proposte di legge ed i disegni di legge del Governo intendete ancora un volta aumentare il numero di insegnanti provenienti da altre regioni. Siamo stanchi di avere in Veneto solo magistrati originari di altre regioni, come la Calabria, la Sicilia, la Sardegna, la Campania, i quali evidentemente non amano la nostra terra. In questi giorni si ricorda l'anniversario dei patrioti serenissimi che ebbero il coraggio di issare la gloriosa bandiera di San Marco sul campanile di Venezia, e che furono incarcerati. Si diedero giorni di carcere senza indulgenza ai patrioti «venetisti», a fronte della libertà assoluta per chi magari non rispetta le leggi, come i tanti extracomunitari che i magistrati di questo Paese, invece di condannare, lasciano liberi sulle nostre strade. I provvedimenti che state portando avanti - ad esempio quello sul diritto di voto agli extracomunitari e quello sull'abbassamento del numero di anni per ottenere la cittadinanza italiana - urlano vendetta e sempre più provocheranno divisioni nelle nostre regioni. Al nord tali misure - lo posso assicurare - non sono volute dalla stragrande maggioranza dei cittadini e verranno fortemente contestate, non solo attraverso le nostre raccolte di firme sul territorio, ma dal popolo stesso, che non vuole più subire le angherie dei tanti extracomunitari clandestini, venuti nel nostro Paese per violare la legge, per spacciare droga fuori dalle scuole, per specializzarsi nei furti negli appartamenti, nelle rapine, nello sfruttamento della prostituzione, e che riempiono le nostre carceri per stupri e quant'altro. Tutto ciò non è più accettabile e prima o poi farà«saltare» il Paese. La Lega Nord da tempo lancia allarmi in tal senso ma nessuno ci ha ascoltato e molte volte ci date dei razzisti semplicemente perché vogliamo tutelare e difendere la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra cultura. Siamo orgogliosi delle radici della nostra terra e vogliamo difendere tali valori, al contrario di voi che, invece, volete in qualche modo sradicarli. Saremo sicuramente in prima fila per batterci contro il provvedimento in esame e contro gli altri che intendete portare in aula per farli approvare dal Parlamento. Alla Camera la maggioranza del centrosinistra è molto più forte, ma al Senato la battaglia sarà sicuramente ancora più dura di quanto il Regolamento della Camera ci consenta, ma il vero confronto sarà sul territorio: si terranno le elezioni amministrative, ci sarà la raccolta delle firme, ed è in tale ambito che ci confronteremo soprattutto con i tanti parlamentari traditori del nord che sono nel centrosinistra e che intendono votare questo provvedimento. Costoro, eletti nelle liste di Rifondazione Comunista, dei DS, della Margherita, dei Verdi, voteranno un provvedimento che di fatto vesserà ancora di più i cittadini che vivono nelle regioni le cui amministrazioni riescono, nei limiti dei loro bilanci, ad offrire un servizio sanitario adeguato. È una vergogna, lo abbiamo più volte dichiarato in questa aula e di questo dovrete comunque rispondere ai cittadini. Secondo i sondaggi siamo in vantaggio ma ciò ci interessa poco. Dobbiamo cercare in tutti i modi di bloccare l'azione del Governo, e se non ci riusciremo in Parlamento lo faremo nelle piazze. La gente è dalla nostra parte e ci sostiene sempre di più perché ha capito le falsità che avete asserito in campagna elettorale: tre miliardi di euro per ripianare i debiti del Lazio e della Campania mentre non si sono trovati 811 milioni di euro per eliminare l'iniquo che in Veneto, in Lombardia, è costretto a pagare chi si rivolge al pronto soccorso. È dunque evidente che un atteggiamento del genere non potrà non accelerare il processo di divisione che c'è nel Paese, nel quale il nord lavora e produce ed il centro-sud vuole farsi assistere da un Governo centralista e assistenzialista. Tale divisione sarà sempre più accentuata e - non nascondiamocelo - sicuramente determinerà anche scontri sociali. Chi paga le tasse al nord e fa fatica ad arrivare a fine mese, non è disposto - credo sia ovvio - a vedere sprecare i suoi soldi da un Governo che non vede i problemi del nord ma che pensa solo a ripianare le inefficienze dei suoi amministratori che in questo momento governano le regioni del sud, le quali sono tutte governate da amministratori di centrosinistra, incapaci...
. Deputato Bricolo, la prego di concludere.
... Marrazzo, un incapace, Bassolino, un incapace, persone che comunque guidano delle regioni che dovrebbero essere commissariate visto il buco che hanno provocato nel settore sanitario e che invece trovano il sostegno e l'appoggio di questo vergognoso Governo
. Ha chiesto di parlare la deputata Gardini. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo e colleghi, devo dirvi che in questi giorni ho cercato sui giornali, sui quotidiani di trovare notizia di quello che sta accadendo in questi giorni nelle aule del Parlamento e nelle Commissioni. Ritengo che qui stiamo parlando di cose fondamentali, importanti che riguardano tutti i cittadini italiani, cioè la salute dei cittadini italiani, qualcosa di fondamentale per la vita di tutti, soprattutto per le categorie più deboli e più esposte. Non trovo niente sui giornali se non qualche trafiletto su . Oggi, in particolare, si legge su un bell'articolo intitolato «L'economia del sentito dire; c'è un'indagine ISAE che rileva che due terzi degli italiani non sanno rispondere sugli indicatori economici. Insomma non sanno cose fondamentali che invece sarebbe bene che i cittadini sapessero per poter capire quello che fa la «politica dei palazzi». Secondo questo articolo, è il bombardamento di messaggi che confonde le idee: troppi dati, siamo subissati da tanti dati, nuovi mezzi tecnologici che ci forniscono troppe informazioni per cui noi ci perdiamo nel mare di queste informazioni. Credo, invece, che sicuramente questa tesi sia vera ma che ci sia un problema anche nel nostro sistema d'informazione. Colleghi, è curioso che i principali quotidiani e i principali telegiornali non diano informazione di quello che sta accadendo rispetto a questo decreto-legge, né quando questo decreto-legge era all'esame del Senato, né in questi giorni che è all'esame della Camera. Sale invece la voglia, sempre da molti di questi mezzi d'informazione, da molti protagonisti, giornalisti anche importanti del mondo dell'informazione, di sottolineare (ma più che sottolineare io dico fomentare) una sorta di distacco che ci sarebbe, secondo loro, tra il Paese reale e la politica. Io mi sento di sottoscrivere in pieno questa analisi se il distacco tra il Paese reale e la politica è il distacco tra il Paese reale e questa maggioranza, se è il distacco tra Paese reale e questo Governo! Noi siamo in campagna elettorale in molti posti; nei nostri appuntamenti elettorali ci sono centinaia di persone, migliaia di persone che accorrono, che vogliono partecipare, che vogliono mandare a casa questo Governo. Allora, diciamo le cose come stanno: la distanza non è tra il Paese reale e la politica la distanza è tra il Paese reale, da un lato, e questa maggioranza e questo Governo, dall'altro . Quello che stiamo trattando in questi giorni è la conferma di ciò, signori. Noi siamo allibiti! Se dobbiamo andare sul territorio di persona perché, lo ripeto, non ci sono mezzi di informazione che ci sostengono, dobbiamo spiegare delle cose che hanno dell'incredibile. Noi abbiamo seguito in queste aule con grande serietà i lavori, con grande disponibilità, con grande pacatezza, ma stiamo anche perdendo la pazienza, perché stiamo parlando di cose, ripeto, fondamentali per i cittadini italiani tutti. Non importa per chi hanno votato, se hanno votato la destra, la sinistra o il centro. Sono cose vitali per tutti i cittadini, sia per quelli che vivono nelle regioni virtuose sia per quelli che vivono nelle regioni non virtuose e che hanno degli amministratori che non si meritano e che vanno penalizzati e al più presto mandati a casa. Ci sono emendamenti in questo senso, che vorrei sottoporre alla vostra attenzione. Stiamo parlando anche di migliaia di posti di lavoro, perché pensiamo alle tantissime aziende, piccole e medie, che forniscono servizi alla sanità e che dal decreto-legge in esame potrebbero essere messe in seria difficoltà. Ho sentito su questo punto anche appassionati interventi dei colleghi della maggioranza, ma li aspetto al varco, voglio vedere come voteranno! A me sembra che questo sia il Governo delle chiacchiere, la maggioranza delle chiacchiere, ma poi quando c'è da votare si vota la qualunque. Il collega Astore - io l'ho ascoltato con attenzione - si congratulava per la concertazione con le regioni, per l'accordo tra le regioni. Caro collega, voglio ricordare che è stato presentato un ricorso dalle regioni Veneto e Lombardia alla Corte costituzionale. Quello di cui si lamentano i due governatori è proprio la mancanza di trasparenza; si lamentano perché il Governo ha disatteso l'accordo che si era raggiunto nella Conferenza Stato-regioni. Il ricorso solleva poi la questione della incostituzionalità del decreto-legge in esame. Noi siamo perfettamente d'accordo, perché se lo Stato interviene a pagare i debiti delle regioni che non hanno gestito la sanità con criteri virtuosi, è evidente che si penalizzano le amministrazioni virtuose, che hanno preso, come abbiamo fatto noi in Veneto, decisioni anche difficili, di impatto anche impopolare; ma quando si ha veramente il coraggio di scelte coraggiose, di politiche chiare, trasparenti, non demagogiche, i risultati si ottengono. Credo, quindi, che non sia un caso se in Veneto ancora oggi vengono a farsi curare quasi centomila cittadini delle altre regioni. Noi siamo orgogliosi di tale dato, ma vorremmo che questi cittadini potessero curarsi nelle loro regioni, perché sappiamo quanto è scomodo, quanto è gravoso fare i «pellegrinaggi della salute». Ci domandiamo perché i nostri cittadini, che si sono sempre pagati i loro debiti, dovrebbero pagare anche i debiti di altre regioni. Mi chiedo anche: perché salvare gli amministratori che si sono comportati male, che hanno penalizzato i loro cittadini, facilitando loro la strada? Anche i cittadini, lo ripeto, delle regioni mal gestite non traggono giovamento dal decreto-legge in esame perché continuiamo a lasciare queste regioni in mano ad amministratori che governano male, che continueranno a contrarre debiti. E guarda caso spesso i maggiori debiti corrispondono ai maggiori disservizi, alla peggiore sanità, al peggiore Servizio sanitario nazionale. Il Ministro Livia Turco afferma che col provvedimento in esame si toglie a queste regioni una parte di sovranità, quindi la penalizzazione c'è. Ma di quale sovranità parla? Le regioni in questione spendono, fanno debiti, e noi togliamo loro l'unica sovranità di pagarsi i debiti, perché arriva lo Stato e glieli paga. Io lo chiamerei centralismo, assistenzialismo, non direi certo che togliamo loro un pezzo di sovranità! La verità, cari colleghi, è che con il decreto-legge in esame il Governo sceglie di avallare e premiare il comportamento degli amministratori meno responsabili, oltre tutto sanando i debiti e anche qui in palese contrasto con l'articolo 119 della Costituzione, che afferma il principio della piena responsabilità finanziaria che le regioni devono assumersi in relazione alle funzioni di cui sono titolari. Questo non è certo il modo di stimolare una maggiore responsabilizzazione, tutt'altro. Con il provvedimento in esame si dice: fate quello che volete, tanto poi arriva lo «Stato-mamma» e sistema tutto, pagando. È un segnale veramente devastante ed inoltre, lo ribadiamo e lo continueremo a ribadire fino all'ultimo se le cose non cambiano, anticostituzionale. Ho qui trascritto parte dell'articolo 119 della Costituzione: «I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti». Cosa vuol dire? Ma c'è spazio per l'interpretazione? A me sembra chiaro! Vuol dire che lo Stato non può prestare garanzie, vuol dire che le regioni non possono indebitarsi per le spese correnti. A me sembra che le spese sanitarie siano spese correnti. Negli anni passati abbiamo lavorato per attuare questa norma; sicuramente è stato faticoso, ma ci abbiamo lavorato. Improvvisamente, adesso, la norma costituzionale non conta più e si pongono, invece, le premesse per altre, future richieste di finanziamento da parte delle regioni. Negli anni passati si è sempre cercato l'accordo con le regioni per stabilire la ripartizione dei finanziamenti relativi alla spesa sanitaria; il ricorso di varie regioni - lo ribadisco - conferma che questo accordo, questa volta, non c'è stato. Mi domando, poi, che fine hanno fatto quegli impegni - assunti dal Governo a livello europeo - che ponevano il controllo della spesa sanitaria nell'ambito delle riforme strutturali. Qui non solo non c'è alcuna riforma strutturale, ma è anche evidente che il Governo ha rinunciato a qualunque tipo di controllo sulla spesa sanitaria, anche se, ad onor del vero, non si tratta solo di questa. Passiamo all'esame di un altro punto che riguarda il problema della sospensione delle procedure esecutive nei confronti dei creditori del Servizio sanitario nazionale scaturite, queste, da un emendamento al Senato. Devo dire che, pure in questo caso, molti colleghi, anche appartenenti alla maggioranza, hanno espresso delle perplessità in quanto, di nuovo, ci troviamo in palese contrasto con una norma, con la direttiva 2000/35/CE. Non ne avete abbastanza di fare brutte figure a livello internazionale? Pensate al cuneo fiscale selettivo. Ciò non è accettabile. Se voi non cancellate questa parte del decreto-legge, portate l'Italia verso un'ennesima procedura di infrazione che comporterà nuove sanzioni, spese legali e interessi da pagare. Quindi, oltre al danno anche la beffa! Come ho detto anche ieri, credo che, su questo punto, abbiamo bisogno di un chiarimento del Governo. Infine, c'è la questione della copertura finanziaria, l'ultimo punto su cui mi voglio soffermare. Si tratta di una vicenda, anche questa, abbastanza singolare. Faccio riferimento alla copertura finanziaria relativa, prima alla riduzione e poi all'eliminazione del Tale questione presenta degli aspetti veramente paradossali ed è emblematica dello stato confusionale del Governo e della maggioranza che lo appoggia. Vale la pena di ripercorrere l'iter di questa vicenda, anche se molto brevemente, per sommi capi. Al Senato, il modo di procedere alla copertura finanziaria, inizialmente prevista dal Governo, che prelevava risorse finanziarie dal Fondo rotativo per le politiche comunitarie, è venuto meno perché ritenuto non percorribile. Successivamente, il Governo ha accettato la decurtazione dei Fondi per le politiche sociali, scatenando una guerra tra poveri. Ci sembra veramente una grande ipocrisia che un Governo, che pretende di sostenere e famiglia, avalli una guerra tra poveri. Abbiamo visto, al Senato, il Ministro e la sua maggioranza, finanziare la riduzione del con il saccheggio dei fondi sociali, del Fondo per la famiglia, per la non autosufficienza, per la ricerca - non una ricerca qualunque: la ricerca per la salute - tutti punti fondamentali. Nonostante questo saccheggio, la tassa iniqua non è sparita, ma è stata solo ridotta. Un saccheggio che ottiene, quindi, anche un risultato parziale, perché questa tassa - iniqua, lo ripeto - è stata solo ridotta, non abolita. E chi l'aveva introdotta? Guarda caso, sempre voi! Ve la siete venduta già due volte perché in due occasioni c'è stato il dei mezzi di informazione che seguono con attenzione e accortezza quello che accade in quest'aula. Innanzitutto, con il provvedimento cosiddetto «milleproroghe», con cui avete scaricato sulle spalle delle regioni l'onere di trovare la copertura finanziaria, tant'è vero che la regione Veneto ha presentato ricorso. Adesso, però, siamo ancora qui a discuterne e, quindi, per il momento, non ne siamo usciti. Tutto ciò dà l'impressione che si tratti di una mera operazione di comunicazione, ma tali operazioni, come ben vediamo, non risolvono i problemi contabili; mi sembra che sia un altro vero capolavoro. A questo proposito, per dimostrare che si tratta di un'operazione di comunicazione, un importante esponente della vostra maggioranza al Senato - non lo cito per carità cristiana - ha affermato: « Il fatto politico importante che emerge agli occhi dell'opinione pubblica è che il Senato ha contribuito a ridurre il sulle prestazioni sanitarie. Ciò è kafkiano, ripeto, perché avete contribuito a ridurre il che voi stessi avete introdotto!
. La stessa persona, poi, per convincere i colleghi ad accettare il "saccheggio" dei fondi del sociale, aggiunge: davvero si può pensare che non si disponga di risorse tra la Camera e il Senato, per riuscire ad elaborare, nel tempo che ci separa dalla data ultima di conversione del decreto-legge, una copertura più opportuna?
. Onorevole Gardini...
. Concludo, Presidente. E prosegue: bisognerebbe chiudere questa giornata in maniera da dire agli italiani: guardate che vi abbiamo abbassato il da 10 a 3 euro e mezzo, e da questo indietro non si torna. Concludo dicendo che sarebbe stato più semplice non prevederlo affatto, come avevamo detto noi. Resta infine lo stupore di un Governo che trova 3 miliardi per ripianare i debiti delle regioni e non trova la copertura...
. Onorevole Gardini, la prego di concludere.
. Vorrei aggiungere un'ultima considerazione: non abbiamo avuto il piacere di avere il Ministro qui presente, in questi giorni, però ringrazio i sottosegretari e mi auguro di non ascoltare ciò che abbiamo udito al Senato, dalla bocca del Ministro Turco, la quale ha affermato che il Governo si sarebbe rimesso all'Assemblea sull'intero emendamento a proposito del affermazione che mi sembra di aver ascoltato anche in questa sede, ieri, da un sottosegretario...
. Mi dispiace molto onorevole, ma ha già superato di molto il tempo a sua disposizione.
. È l'incapacità di questo Governo di garantire... .
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, anche noi socialisti, noi del gruppo DC-nuovo PSI, desideriamo apportare un contributo di critica aspra a questo decreto-legge. Condividiamo infatti i molti interventi che sono stati svolti, come quello dell'onorevole Gardini, sulla sua incostituzionalità. Tuttavia, onorevoli colleghi, vogliamo anche essere facili profeti: veramente pensiamo che i debiti di questa regione e di altre regioni meno virtuose ammontino solamente a 3 miliardi di euro? Veramente diciamo questo agli italiani? Sappiamo tutti che sono molti di più, perché nelle citate regioni vige la regola di spendere e di falsificare i bilanci. L'articolo 119 della Costituzione, citato dall'onorevole Gardini, stabilisce che le regioni e gli enti locali possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento e che è esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti. Cosa significa ciò? Che dal 2001 al 2005, in quelle regioni, sono stati falsificati i bilanci, con tanto di visto dei revisori dei conti! Si tratta di una materia che i giudici dovrebbero prendere in considerazione, perché stiamo parlando di frode! In queste regioni, onorevoli colleghi, non si tratta di una spesa che non è stata controllata non si tratta di una spesa legata ad questione di mera urgenza, come un'epidemia o una situazione sanitaria particolare per la quale si è dovuti intervenire. Si tratta di una spesa strutturale. Ed è strutturale perché nelle regioni di cui si è parlato, così come in quelle che hanno il debito e non lo dicono, la spesa riguarda il personale; tali regioni hanno un personale che, rapportato a posti letto e a prestazioni sanitarie, è dieci volte superiore a quello di altre regioni. E parliamo di altre regioni virtuose, che non sono solo la Lombardia e il Veneto, ma anche la Toscana e l'Emilia-Romagna. Se vogliamo essere seri e coerenti, dovremmo citarle tutte - mi rivolgo anche agli amici della Lega -, dovremmo riconoscere che ci sono anche altre regioni virtuose, come il Piemonte, però ce ne sono moltissime in cui la spesa è strutturalmente alterata. Perché avere una convenzione di importo dieci volte superiore in certe regioni rispetto ad altre, avere a nolo materiale sanitario per un importo cento volte superiore, significa che la spesa è strutturalmente alterata! Nel 2006, tali regioni hanno ancora spese e disavanzo, così come continueranno ad averne nel 2007 e nel 2008, in contrasto con quanto previsto dalla modifica del Titolo V della Costituzione. Non l'abbiamo voluta noi, bensì qualcun altro. Come prevede la Costituzione, lo Stato non deve intervenire in campo sanitario. Giustamente, la regione Lombardia, il Veneto e la Corte costituzionale hanno espresso riserve e si sono opposte a questo provvedimento. Vi invito, onorevoli colleghi, a recarvi in Campania e in altre regioni italiane in cui il disavanzo sanitario è sotto gli occhi di tutti, in quanto, in tali regioni, la campagna elettorale si fa con le assunzioni in campo sanitario. Si portano in tali aree le cooperative, rosse o bianche che siano. Questo è delinquenziale e veramente grave! Si agisce sulla salute del cittadino, il quale, dopo, per chiedere assistenza, si deve rivolgere al nord. Non posso condividere quanto dicono i colleghi della Lega, e cioè che si debbano fare due liste di attesa, una regionale ed una extraregionale, in quanto i livelli essenziali di assistenza devono essere diffusi su tutto il territorio nazionale. Questa è l'idea dei socialisti riformisti; gli altri sono comunisti e non hanno nulla a che vedere con questo tipo di idee. I livelli essenziali di assistenza sono e devono essere rispettati. Finalmente, sto riportando la verità nuda e cruda, anche se so che vi fa male sentir dire che, con i soldi della sanità, si fa campagna elettorale, per non parlare di tutto il resto. In Campania, oltre ad una sanità allo sfacelo, c'è anche la politica dei rifiuti. A Napoli (ci sono stato l'altro giorno), si vedono rifiuti dappertutto. È inutile decretare lo stato di calamità naturale insediando Bertolaso quale commissario straordinario. C'è un'alterazione strutturale ed una collusione tra regione, comuni, incapacità di amministrare e associazioni delittuose, mafiose, di stampo non certamente legale. Continuando in questo modo, se è vero, come è vero, che il disavanzo non è pari solo a 3 miliardi di euro, ma a sei o dodici, considerando tutte le ASL, gli enti inutili, le province, le comunità montane, l'ATO acque, i rifiuti, le agenzie, le aziende municipalizzate, si può arrivare a fare la fine dell'Argentina, che non è fallita a causa dello Stato centrale, bensì per i debiti che hanno consumato, a livello periferico, gli enti locali, le regioni. Pertanto, se non si pone rimedio a questa situazione, che è strutturale, e se il Governo non interviene, si altera quanto afferma la Corte europea dei diritti dell'uomo e, soprattutto, non si rispettano, non solo gli articoli della Costituzione (ne sono stati citati diversi: 3, 81, 97, 117, 119, 120), ma anche la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del Consiglio d'Europa, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Perché il Ministro della sanità, Livia Turco, non invia degli ispettori per verificare i conti e l'alterazione strutturale dei bilanci presso le ASL dove si sta perpetrando un falso in bilancio e ci sono conti sommersi? Non basta dire che vengono privilegiati, con questi fondi, i dipendenti precari, che diventano stabili. Questi ultimi non dovevano essere assunti in assenza della copertura finanziaria e, se ciò è avvenuto, è stata commessa un'illegalità. Pertanto, si compensano e si ripianano illegalità che sono all'attenzione della magistratura. Mi fa specie sentire che anche i rappresentanti dell'Italia dei Valori stanno perpetrando queste illegalità, le stanno condividendo e stanno tenendo «il sacco». Non avevo dubbi, in quanto anche il loro leader ha portato avanti concettualmente illegalità e giustizialismo a senso unico, e non certamente nel rispetto dei valori di quella che per noi socialisti è la giustizia. Riguardo anche alla proposta di inviare gli ispettori, il sottosegretario riferisca al Ministro della salute che forse dovrebbe mandare gli ispettori un po' dappertutto a controllare questi conti, perché anche altre regioni sono al limite, : io credo che abbiano il disavanzo - e ce l'hanno nascosto, sommerso - la Puglia, la Sicilia e molte altre regioni. Sono queste le considerazioni che volevo fare, come quella concernente i e concludo, signor Presidente. Questo Governo introduce i e poi dice agli italiani: adesso li ho tolti! Ma è lo stesso Governo che ha commesso un errore, addirittura con uno storico voto di fiducia, ad aver messo dei sulle visite specialistiche! Poi, al Senato afferma di ridurlo a 3,5 euro e poi, con un emendamento, a zero euro. I non si dovevano proprio introdurre! Questa è la dimostrazione che voi dovevate ascoltare chi sosteneva da questi banchi che quel era iniquo! Non dovete continuare a governare con i paraocchi, perché poi il Paese reale lo sa, si accorge di questa incapacità! Si sta giocando con la salute! In sede di Conferenza dei presidenti di gruppo abbiamo chiesto una informativa urgente da parte del Ministro della salute sui fatti accaduti in Puglia, perché sono gravissimi: si muore, si muore di malasanità! Bisogna stare attenti! Il Paese deve preparare, predisporre le possibilità di ispezionare, di verificare l'anarchia che esiste in certe regioni e in moltissime ASL! Soprattutto, i soldi a chi si tolgono? Alla ricerca! Lo voglio dire agli amici della Rosa nel Pugno ed al Ministro Mussi: sono stati sottratti alla ricerca i soldi per compensare le minori entrate dei ! Smettiamola quindi di dire che bisogna potenziare la ricerca: quando si sta per approvare un provvedimento volto a tamponare il ricordato disavanzo, si sottraggono fondi alla ricerca ed ai servizi sociali, soprattutto agli handicappati. Credo che oggi sia una giornata brutta per il Paese, per questo Parlamento, se dovesse essere approvato questo disegno di legge, già approvato dal Senato, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario. È una brutta pagina, di lutto per la ricerca e per le persone più deboli, anche perché - badate bene - questo è un provvedimento che non ha nulla di «sociale», sono stati solamente previsti tamponamenti di tipo assistenziale e clientelare. È questo un voto di scambio che non possiamo continuare a tollerare, non ...
. Barani, manca il Governo! Fai sospendere!
. Onorevole Elio Vito, non interrompa ...
. Signor Presidente, non è presente il rappresentante del Governo. Mi hanno fatto notare che il Governo non è presente in aula. Come posso proseguire, signor Presidente, senza il rappresentante del Governo? Mi deve dare la possibilità di ricominciare ...
. Il rappresentante del Governo è ora presente in aula, si è allontanato un istante ed è rientrato Prego, onorevole Barani, prosegua.
. Ora che è rientrato il Governo riprendo il mio intervento e prendo atto che al Governo non gliene frega nulla di ascoltare i problemi della sanità
. Il rappresentante del Governo si era allontanato, ma era presente in aula. Onorevole Barani, prosegua il suo intervento.
. Concludo, signor Presidente, anzi la ringrazio per la sua tolleranza. Volevo concludere con una riflessione a voce alta. Credo - e spero - che tutte le regioni, più o meno virtuose (perché da quello che ho detto regioni virtuosissime, secondo me, non ce ne sono), diciamo quelle che cercano di meglio adempiere ai loro compiti, agiranno di dovere. La modifica del Titolo V della Costituzione ha conferito loro poteri che non avremmo dovuto prevedere. Sicuramente il federalismo fiscale avrebbe aiutato maggiormente in tale direzione e lo Stato avrebbe dovuto partecipare in compensazione per le regioni più deboli. Quindi spero che anche altre regioni di centrosinistra che ho definito «virtuose», quali la Toscana o l'Emilia, presentino un ricorso, dimostrando così di essere capaci di ragionare con la propria testa, e di difendere davvero la sanità del loro territorio, che viene oggi depauperata di fondi in favore di regioni i cui governanti fanno della sanità un obiettivo di campagna elettorale, al fine del mantenimento del potere. La Campania col suo attuale governatore, la città di Napoli col suo attuale sindaco e il Lazio col suo attuale governatore saranno infatti condannati dalla storia - e credo, e spero, anche dall'autorità giudiziaria - per tutto il male che stanno facendo non solo alla sanità di tali territori, ma a quella di tutto il Paese.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palumbo. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa sera ci troviamo nuovamente a discutere in quest'aula di un argomento che è stato oggetto di dibattito già nelle passate legislature: il ripiano dei disavanzi pregressi nel settore sanitario. La sanità appare ancora una volta il «buco nero» per un gran numero di regioni, come ha detto il collega Barani, che non sono solo quelle cosiddette cattive, ma anche alcune delle altre: vi sono infatti regioni più ed altre meno virtuose, ma quasi tutte presentano un disavanzo in campo sanitario. È questa - me lo lascia dire la mia esperienza, anche come presidente della Commissione affari sociali nella passata legislatura - la terza o quarta volta che il Parlamento si accinge a ripianare il disavanzo sanitario delle regioni: questa volta sono stati stanziati 3 mila milioni di euro per il 2007. Eppure, tale disavanzo continua a crescere e sembra non fermarsi mai. Dunque, prima di entrare nello specifico oggetto del provvedimento in esame, su cui sono state già fatte molte considerazioni su cui mi trovo d'accordo, occorre soffermarsi su un problema: perché non si riesce a fermare il disavanzo nella sanità italiana? Mi pare sia necessario cominciare a considerare l'ipotesi che tanto il famoso decreto legislativo n. 229 del 1999, quanto il decreto legislativo n. 502 del 1992 - i due provvedimenti che hanno trasformato il nostro assetto sanitario nazionale -, forse non sono stati così lungimiranti e virtuosi come si era creduto, e che essi hanno forse creato alcuni danni nel campo sanitario. Dobbiamo cominciare a cercar di cambiare qualcosa, rivedendo questi provvedimenti, non dico per intero, ma sforzandoci di attuare un risanamento che ci permetta di governare meglio il settore della sanità. Dieci anni fa, prima dell'intervento attuato con i citati decreti nn. 229 e 502, ci si lamentava del fatto che la sanità fosse in mano ai baroni: ora che non lo è più, ma è in mano ai politici, non mi sembra che le cose siano molto cambiate; forse, anzi, sono anche peggiorate. Non parliamo poi della modifica del Titolo V della Costituzione, che ha attribuito alla competenza concorrente delle regioni la materia sanitaria e socio-sanitaria: questo ha creato una nuova falla, ancora più grave, in questo campo, dando luogo peraltro a disparità che non posso purtroppo non rilevare. Come sa il sottosegretario Zucchelli, che è persona che vediamo spesso in Commissione, vi sono discrepanze strutturali fra le regioni del nord e quelle del sud e questo va ripianato. Vi sono anzi in proposito delle proposte di intervento, anche da parte della sinistra, che mirano alla ristrutturazione della sanità nel Mezzogiorno, che bisognerebbe portare avanti. Perché senz'altro la differenza nel livello dell'assistenza fra nord e sud non dipende dai medici: non penso che un laureato al nord abbia determinati meriti e che un laureato al sud ne abbia meno. La causa sta evidentemente nell'organizzazione della sanità, che deve essere strutturata in maniera meno - direi - scriteriata e meno clientelare di quanto spesso non sia accaduto. Ma - come diceva il collega Mazzaracchio - se vogliamo discutere dell'universo sanità in generale, possiamo parlare per tutta la legislatura: ognuno di noi ha le proprie idee, che certo potrebbero portare ad un miglioramento dell'assistenza sanitaria. Come diceva la collega Gardini, nessuno degli assistiti delle regioni meridionali - lo dico ai colleghi della Lega, cui sono vicino - ama trasferirsi al nord per ricevere le cure, ma ci sono anche delle persone che si spostano dal nord al sud per essere curate in alcuni ottimi centri di eccellenza, che ci sono anche da noi. Faccio un solo esempio: il centro di adroterapia dell'università di Catania, in collaborazione con la facoltà di Fisica, è l'unico attualmente funzionante, istituito già da molto tempo; molta gente si sposta dal nord al sud per curare i tumori oculari. Si tratta di organizzare al meglio queste strutture e di farle sviluppare. Nella passata legislatura, in seguito a famosi casi di malasanità che sembrava avvenissero solo al sud - stiamo parlando di due o tre anni fa - abbiamo istituito una Commissione di indagine che si recò nel meridione, soprattutto in Sicilia appurando che vi erano, evidentemente, strutture di altissimo livello ed altre che non lo erano. Penso che anche al nord sia lo stesso. Certo, non tutte le strutture sono di altissimo livello e non tutte sono di basso livello. Ho detto questo per quanto riguarda il campo sanitario in generale. Ma veniamo al decreto-legge in esame, che rappresenta l'ultima «perla». Come ha ricordato l'onorevole Di Virgilio, noi l'avevamo detto al ministro. Prima, il codice verde e il codice bianco: proprio io intervenni in Commissione e il codice verde fu tolto mentre rimase il codice bianco. Ci eravamo opposti pure al discorso del che ci sembrava eccessivo e adesso si è tornati indietro un'altra volta: il ministro ha fatto un passo indietro, da 10 a 3,5 euro, in un testo approvato al Senato con una copertura che ha un po' «scandalizzato» tutti, sia maggioranza sia opposizione. Fortunatamente, un emendamento approvato da maggioranza e opposizione ha cambiato la copertura, come era giusto che succedesse, perché non si possono sottrarre i finanziamenti alla legge sulla non autosufficienza, che già non ne ha - vedo qui l'onorevole Zanotti, con la quale, ogni tanto, ci ritroviamo e non sappiamo come fare - o alle famiglie, ai disabili, alla ricerca universitaria o al FUS. Si trattava di coperture veramente risibili, da non prendere neppure in considerazione. Fortunatamente, la copertura è stata cambiata, ripristinando quella stabilita dal Senato. Poi, il è stato abolito; l'ho letto sul giornale. Ma, badiamo bene, è stato abolito solo fino al 2007. Bisogna chiarirlo perché dalla stampa si è era capito che era stato abolito totalmente. È un intervento temporaneo, relativo solamente al 2007. L'altro punto - giustamente ha fatto rilevare il collega Mazzaracchio che su di esso, al limite, l'accordo sarebbe stato trovato - è il discorso sui debiti pregressi di queste aziende. Se noi sospenderemo veramente il pagamento dei debiti ai fornitori per dodici mesi, credetemi, moltissime ditte fornitrici delle aziende ospedaliere si troveranno in gravissime difficoltà e probabilmente saranno costrette al fallimento, a chiudere o ad indebitarsi ancora di più. Un altro dei problemi è la spesa farmaceutica. Spesso si parla della spesa farmaceutica e la regione siciliana è una di quelle che sfora i limiti (lo dico tranquillamente); anziché attenersi al 13 per cento della spesa sanitaria, va oltre. I motivi sono tantissimi: può darsi che vi sia un'esagerazione di prescrizioni; c'è, infatti, una medicina che si va sempre più diffondendo - il sottosegretario Zucchelli lo sa -, la cosiddetta medicina difensiva, che spesso determina uno spreco di prescrizioni e di indagini di laboratorio, anche inutili e costose. Ma bisogna fornire l'assistenza ai nostri pazienti e spesso anche i colleghi si trovano costretti a fare questo. Il problema di bloccare i procedimenti esecutivi è grave e non può essere trascurato. Sarebbe opportuno trovare un accordo, come diceva il collega Mazzaracchio, per stralciare le parti aggiunte al Senato e cercare di procedere in altra maniera; altrimenti davvero vorrei vedere come si andrà a finire negli ospedali e come si opererà una volta terminate le riserve esistenti, nel momento in cui le aziende creditrici nei confronti delle ASL e degli ospedali non verranno pagate e taglieranno le forniture. Vi è poi un altro punto importante, che è stato evidenziato anche in questa sede, relativo alla ripartizione dei 3 mila milioni di euro. Effettivamente, i colleghi della Lega su questo aspetto hanno ragione; io, peraltro, provengo da una regione, la Sicilia, che forse potrebbe usufruirne maggiormente e, in un certo senso, potrebbe ottenere più fondi. Non possiamo fare di tutta l'erba un fascio e dire «chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato», e quindi «premiare» solo chi ha sforato moltissimo, che vedrebbe i suoi debiti riparati, senza dare agli altri niente. Ciò non è possibile, e lo dico quasi contro me stesso e la mia regione, con il rischio di riceverne politicamente un danno. Una spartizione in un certo senso più equa del fondo di 3 mila milioni di euro previsti per il ripiano dei disavanzi sanitari deve certamente essere operata. Prima di questo decreto, addirittura già si parlava di 2 mila milioni solo per il Lazio e di mille per tutta l'Italia: questo mi sembrava esagerato e mi sarei opposto, ma anche sulla ripartizione bisogna trovare un accordo. Infine, ed è questo il problema che più mi tocca e mi fa piacere rilevare in questa sede, tutto il ripianamento di cui stiamo discutendo è volto anche a far sì che le regioni predispongano piani di risanamento, in maniera che la situazione cui assistiamo oggi non abbia a ripetersi. Ma questa, signor sottosegretario e colleghi, è la decima volta che sento affermazioni di questo genere in Assemblea e non è più possibile andare avanti così. Molte regioni, non tutte, hanno trasmesso - come abbiamo letto dalla relazione del ministero - piani di risanamento dei debiti del Servizio sanitario nazionale. Si tratta di piani validi solo sulla carta, oppure ad essi hanno fatto seguito delibere attuative regionali e locali? Questo è il punto da appurare, altrimenti, non dico tra sei mesi, ma tra un anno o due, saremo di nuovo nella situazione odierna, non sapendo, evidentemente, se alle parole seguiranno i fatti; e ci troveremo di nuovo a rincorrere le regioni che non hanno realizzato un effettivo risanamento, avendo predisposto un piano sulla carta bellissimo, al quale però non sono seguiti atti deliberativi che possano effettivamente portare avanti il piano stesso, ritrovandosi così dopo uno o due anni con lo stesso problema. Infine, una questione che mi sta particolarmente a cuore e che riguarda anche la disorganizzazione sanitaria di cui stiamo discutendo. Nel novembre scorso, ho presentato una proposta per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta sugli errori in campo sanitario, la quale potrebbe anche allargare la propria indagine fino ad inviare commissari nelle regioni per vedere come vengono ripianati i debiti e spesi i soldi della sanità nelle varie ASL. Questa iniziativa è stata ritardata da novembre ad oggi; finalmente questa settimana, forse giovedì, riusciremo ad iniziare la discussione, mentre sui giornali leggiamo continuamente di incidenti sul lavoro e in campo medico. Ogni giorno viene denunziato un caso di malasanità: non è più possibile andare avanti così, perché i casi di malasanità, come lei ben sa, sottosegretario Zucchelli, non sono sempre e solamente dovuti a problemi di ordine professionale-medico, che pure esistono (e lo dico io, che sono un medico). Evidentemente, vi sono anche alcuni problemi organizzativi importanti, che non riescono ad essere superati, tanto che poi accade ciò che leggiamo di consueto sui giornali. Pertanto, se i e gli assessori regionali (al limite anche i primari) non riescono a far funzionare la sanità, vengono mandati a casa e sostituiti, poiché esiste la legge che lo consente. Non è possibile continuare con una tale situazione! Se le colpe sono di ordine organizzativo, in quanto, ad esempio, al posto dell'ossigeno viene erogato il protossido di azoto e non viene fatta compiutamente la pulizia dei locali, provocando in tal modo infezioni nosocomiali che determinano l'aumento delle complicanze, è necessario prendere in considerazione questi aspetti.
. La invito a concludere.
. Non basta costruire ospedali nuovi e bellissime strutture, bisogna anche saperle gestire e farle funzionare. Istituiamo la Commissione d'inchiesta al più presto, perché non si può continuare con questo «andazzo» che si riscontra nel campo della sanità, per cui, alla fine, tutti ci vogliamo bene, risaniamo tutto e su tutto viene messa una pietra sopra! Non è più possibile, né per i medici né, soprattutto, per i malati e per la nostra assistenza sanitaria. .
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, equità e giustizia sociale: queste, compagne e compagni, sono le vostre parole d'ordine. Le abbiamo sentite echeggiare anche nel recente congresso del partito democratico, ma, purtroppo, rimangono parole vuote, prive di significato, allorché, con il provvedimento in esame, smentite ciò che avete votato nel 2001, quando avete approvato il Titolo V della Costituzione, o nel 2000, quando è stata varata la riforma del sistema del finanziamento della sanità. In quelle occasioni, avete affermato il principio per cui vi deve essere la responsabilità delle regioni nella copertura dei disavanzi di gestione. Si tratta di un principio che, successivamente, siete stati celeri nello smentire quando, alla prova dei fatti, avete mancato l'appuntamento con i valori e con i principi ai quali vi appellate: equità e giustizia sociale. Avete derogato a tali principi nel momento in cui avete istituito i sulle visite ambulatoriali: 10 euro che significavano semplicemente una subdola operazione da parte di una sinistra col fiato corto, che aveva bisogno di risorse e quindi utilizzava le regioni per rastrellare ciò che ormai il Governo centrale non era più in grado di raccogliere. Si è trattato di una subdola operazione politica, che è miseramente fallita. Abbiamo visto i sindacati impegnati in una campagna di discredito nei confronti delle regioni «virtuose», quelle che sanno governare la sanità, e lo fanno con equità e giustizia, nel rispetto dei bilanci e anche nel rispetto delle opposizioni, contrariamente a quanto sta facendo adesso il sottosegretario, che non ascolta l'intervento...
. Invito l'onorevole Duilio a non interloquire con il sottosegretario Zucchelli, perché, altrimenti, l'onorevole Caparini giustamente protesta.
. Dato che siamo costretti (e purtroppo lo saremo ancora per lungo tempo) a subire i vostri provvedimenti, perlomeno abbiate la compiacenza di ascoltare i nostri interventi! Stavo facendo riferimento a manifestazioni contro le regioni, orchestrate dai sindacati, tesi a raffigurare governatori incapaci di gestire la sanità. Così non era. Abbiamo dimostrato - e voi avete calato la maschera proprio con questo provvedimento - che quei soldi non servivano alla regione Lombardia, né alla regione Veneto, ma semplicemente a ripianare il debito di altre regioni, ovvero quelle incapaci di offrire la sanità di eccellenza che noi lombardi e veneti siamo in grado di offrire. Ma c'è di più e di peggio. Per quanto riguarda le risorse che nel 2007 siete stati in grado di introitare, avete dovuto apportare alcune modifiche, avendo verificato che l'aumento a 10 euro rendeva poco concorrenziale la sanità pubblica nei confronti di quella privata; avete, pertanto, deciso strumentalmente di abbassare a 3 euro questo con evidente ritardo e imbarazzo. Proprio un Governo delle sinistre aveva, infatti, consegnato nelle braccia della sanità privata coloro che non erano in grado di pagare il conto salato che voi avevate imposto. Ancora più grave e scandaloso è, tuttavia, che il taglio che siete obbligati a fare per quanto riguarda il 2008, care compagne e cari compagni, andrà ad incidere sui fondi per la solidarietà per i paesi in via di sviluppo, per la ricerca sanitaria, per la famiglia, per le persone non autosufficienti, per le politiche giovanili (mancheranno all'appello 350 milioni di euro). Stiamo parlando di quei fondi che voi vi siete riproposti di finanziare non solo in campagna elettorale, ma ogni giorno sui giornali ed i compiacenti. Con l'utile di tali tagli, voi coprirete i soliti furbi, i soliti amministratori incapaci, coloro i quali non sono in grado di gestire la sanità e l'assistenza come andrebbe gestita. Smentite, insomma, il patto per la salute che avete da poco siglato, alla faccia delle dichiarazioni pre-elettorali di Prodi: la buona politica, la buona amministrazione, i buoni comportamenti! È questo che intendevate? Cari colleghi lombardi, dovete e dovrete spiegare ai nostri concittadini perché, a differenza che nel Lazio, loro sono costretti a pagare il per esempio, sui farmaci; per quale ragione nel Lazio vengono spesi 1,45 miliardi di euro per i farmaci, 450 milioni di euro in più del 13 per cento che è il tetto di spesa che avete istituito; per quale ragione i cittadini lombardi sono costretti a comportamenti virtuosi, mediante l'introduzione di un sui farmaci, che, per forza di cose, è impopolare e non crea consenso. Lo introduciamo, tuttavia, perché abbiamo delle responsabilità nei confronti loro e di tutti coloro che, onestamente, nell'esprimere il loro consenso elettorale, confidano che i loro soldi vengano ben spesi ed investiti. Alla faccia della buona politica e della buona amministrazione e dei buoni comportamenti, questo voi non lo fate, non avendone il coraggio. Invece, strumentalizzate politicamente laddove c'è chi, con responsabilità, gestisce la cosa pubblica e poi legittimate comportamenti come quelli del Lazio, della Campania, della Sicilia. Dovete poi spiegare perché vi accingete a coprire qualcosa come 11,2 miliardi di euro di debito, ovvero una cifra enorme che usualmente non trattiamo. Stiamo parlando di un terzo dell'ultima manovra «lacrime e sangue» che avete da poco approvato, una cifra che finanzierebbe in una sola volta l'autostrada direttissima Bergamo-Como-Varese-Malpensa, l'autostrada Brescia-Milano, la tangenziale est di Milano e tante altre opere pubbliche che stiamo aspettando da decenni. La finanza creativa, che pensavamo fosse prerogativa soltanto di Tremonti, ha trovato i suoi epigoni, perché su 11,2 miliardi di debito consolidato al dicembre del 2005, 5,8 miliardi saranno coperti attraverso un mutuo, in palese contrasto con la Costituzione che, quando vi fa comodo, difendete, ma quando si tratta di coprire i vostri interessi, la vostra incapacità o, peggio, le vostre collusioni siete i primi ad aggirare. Prodi aveva sostenuto in campagna elettorale che avrebbe governato con il buonsenso del padre di famiglia. Il buon padre di famiglia insegna ad un figlio sprecone, dopo che ha commesso un errore, a non sprecare ancora, a non sperperare; in ogni caso, contiene i soldi che gli versa, li controlla, verifica come li spende. La regione Lazio, signor sottosegretario Zucchelli, ha già presentato di fatto il conto per il 2006, alla faccia dell'equità e della giustizia! Per il 2006 ci sono altri 1,25 miliardi di euro che saranno pagati con ulteriori mutui. Quindi non è in corso l'opera di pulizia dal punto di vista amministrativo, dei tagli strutturali alle spese inutili e della riqualificazione dei servizi sanitari. Anche noi, colleghi, per parte della settimana - ahimè, avremmo voluto che non fosse così, ma purtroppo siamo ancora qui, il Parlamento è ancora a Roma - abbiamo a che fare con il sistema sanitario laziale e ci rendiamo conto del deficit di qualità, dell'incapacità di gestire il rapporto e i servizi ai cittadini; siamo pure dei parlamentari, vale a dire apparteniamo a quella «casta» privilegiata che, comunque, può vantare un qualche trattamento particolare. Ebbene, così non è: verifichiamo tutti i giorni la scarsa qualità di un servizio che costa più della media nazionale. Non è la prima volta - e non sarà l'ultima - che ci troveremo, cari colleghi, compagne e compagni, in questo Parlamento a discutere di come rimediare all'incapacità di altri. Ne abbiamo appena avuto una riprova con la tragicomica situazione della Campania, che, come abbiamo verificato, è ormai incancrenita ed irrisolvibile con gli strumenti, spuntati e incapaci di risolvere alla radice i problemi, che il centralismo offre. È di oggi la notizia, infatti, che la scorsa notte a Napoli hanno raccolto solo 400 tonnellate delle 1300 presenti nei cassonetti. I rifiuti sono stati ritirati solo dagli ospedali, dalle scuole e dai luoghi trafficati per consentire la circolazione. Perché non hanno raccolto la restante spazzatura? Semplicemente perché gli inceneritori non possono più funzionare, dato che sono ormai arrivati a un limite di saturazione e le discariche sono chiuse e non ricevono altri rifiuti. Insomma, siamo tornati esattamente al punto di partenza: ciò che noi avevamo paventato alcuni mesi fa si è verificato. Era facile prevederlo! Non avete la capacità di risolvere i problemi semplicemente perché lo strumento che utilizzate è inadeguato ed ormai sorpassato dal tempo: con il centralismo non si può...
. Onorevoli colleghi, per cortesia sta parlando l'onorevole Caparini.
. ... arrivare alla soluzione di problemi così complessi come quelli che il Parlamento troppo spesso è costretto ad affrontare. Appartengo ad una regione, la Lombardia, che dà tanto alla sanità in termini di prestazioni regione: oltre 3 milioni all'anno! Alla Lombardia, infatti, si rivolgono milioni di persone perché sanno che vi trovano servizi all'altezza delle loro aspettative, sanno che in Lombardia vengono effettuati oltre la metà dei trapianti a livello nazionale e sanno che siamo all'avanguardia negli interventi cardiochirurgici. Eppure, in Lombardia la spesa è al di sotto della media nazionale e tale regione, in percentuale, pesa in misura minore rispetto a molte altre, soprattutto a quelle che voi governate.
. La invito a concludere.
. Concludo, signor Presidente. «Compagni e compagne», abbiate un sussulto di orgoglio! Anche noi siamo stati maggioranza e abbiamo dovuto soggiacere alle logiche della coalizione; però, quando ci hanno presentato provvedimenti che non potevamo, e non dovevamo, condividere non l'abbiamo fatto. Vi ricordo il caso del policlinico Umberto I del 2002...
. La prego di concludere.
. ... quando si è trattato di regalare 350 miliardi la Lega Nord ha votato contro. Quindi, «compagni e compagne», anche voi fate qualcosa di sinistra e non votate questo provvedimento
. Comunico che dopo la conclusione del dibattito al Senato, intorno alle 19,30, avrà luogo alla Camera l'informativa urgente del Governo sulle dichiarazioni attribuite a componenti del Governo in merito al giudizio di ammissibilità del referendum elettorale da parte della Corte costituzionale, con la presenza del Vicepresidente del Consiglio dei ministri, onorevole Francesco Rutelli.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, mi rallegro della presenza del Vicepresidente del Consiglio dei ministri per lo svolgimento dell'informativa. Il provvedimento che affrontiamo nella fase di esame del complesso degli emendamenti, e su cui ieri si è svolta la discussione sulle linee generali, è stato oggetto dell'attenzione di diversi colleghi, appartenenti a vari gruppi parlamentari, per aspetti differenti tra loro ma che comunque hanno un comune denominatore, vale a dire un interesse importante verso il disegno di legge di conversione del decreto-legge recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario. Il provvedimento ci lascia molto perplessi in ordine ad alcuni aspetti che lo contraddistinguono. Innanzitutto per le ragioni si cui si fondano i presupposti di necessità e di urgenza di un decreto-legge, che ormai sembrano costantemente superati anche quando il Parlamento si pronuncia su una pregiudiziale di costituzionalità, in cui si fa esplicito riferimento a questi due requisiti. Tra l'altro, tali presupposti devono essere concomitanti e troppo spesso, per un voto politico che prescinde dal loro effettivo approfondimento, vengono ignorati. La decretazione d'urgenza diviene, quindi, un meccanismo di legiferazione di cui il Governo fa un uso ed un abuso che ci dovrebbe far riflettere, specie quando alla decretazione d'urgenza si abbina - come spesso è accaduto e come nessuno ci garantisce che non avverrà anche in questo caso o nei casi prossimi - il ricorso alla posizione della questione di fiducia. Crediamo che in questo dibattito si debba cogliere l'occasione per formulare una riflessione ampia, serena e profonda anche su questo meccanismo, ossia il ricorso alla decretazione d'urgenza in assenza dei requisiti di necessità e di urgenza, proprio perché, in questo caso, ci si trova di fronte ad un ripianamento di debiti pregressi - addirittura risalenti agli anni 2001, 2004 e 2005 - con diverse tabelle e rispetto ad un periodo già pregresso. Quindi, affermare che esistono i requisiti di necessità è forse possibile, ma, rispetto a quelli di urgenza, solleviamo le nostre perplessità. Diverse forze politiche hanno manifestato la loro contrarietà verso alcuni aspetti caratterizzanti di questo decreto-legge. Mi riferisco intanto al ripianamento selettivo, proprio perché taluni sostengono che ciò sia contrario all'autonomia finanziaria prevista per le regioni dalla nostra Costituzione: si tratta del ripianamento dalle casse dello Stato centrale di debiti o disavanzi che sono invece imputabili a conti dei quali sono responsabili le finanze regionali. Quindi, si viola da un lato la responsabilità finanziaria delle regioni, dall'altro un meccanismo di punizione delle realtà non virtuose e di premialità verso le realtà virtuose: questo dovrebbe essere il modo attraverso il quale devono essere affrontati i problemi di disavanzo all'interno delle varie regioni. In aggiunta a quest'ultimo problema, che comunque va posto all'ordine del giorno, nel provvedimento in esame sono presenti anche altri aspetti che ci interessano molto da vicino. Mi riferisco, in primo luogo, alla norma che prevede la sospensione per dodici mesi del diritto da parte dei creditori di agire in giudizio per l'azione esecutiva. Crediamo che questa sospensione si configuri per esigenze che risultano quanto meno discutibili, perché le risorse assegnate alle regioni possono e devono essere gestite in tanti modi, tra cui anche l'assolvimento di oneri finanziari ai quali le amministrazioni regionali devono fare fronte. Ciò perché sono presenti interessi di imprese, nonché di lavoratori che vanno salvaguardati. Quindi il fatto che ci sia una norma, peraltro introdotta per decreto-legge, che deroga per dodici mesi, ossia che sospende per dodici mesi le azioni esecutive, non costituisce un segnale di certezza del diritto e neanche un segnale di serietà delle istituzioni e delle regioni, nel loro dovere di adempiere alle obbligazioni che hanno contratto in passato con fornitori di beni e/o di servizi. Crediamo che sussista una forte violazione del diritto ed un pessimo segnale istituzionale. Dobbiamo dare certezza del diritto e certezza al sistema. Quindi ci siamo sostanzialmente trovati nella stessa situazione di quando affrontammo l'articolo 13 del decreto-legge 7 gennaio 2007, n. 7 (il cosiddetto «secondo decreto Bersani»), in tema di concessioni sulla TAV. Poteva infatti venire alla luce qualche caso in cui queste concessioni, questi lavori, andavano a rilento, ma sospendere od eliminare per decreto-legge le concessioni, avrebbe costituito - così come è stato - un pessimo segnale nei confronti di tutti gli operatori del settore, anche degli investitori stranieri e di quanti guardano all'Italia pensando che la nostra Nazione non sia un paese del Terzo mondo, ma un Paese dove esistono delle regole di diritto e dove colui che vede violato un proprio diritto e/o non si vede pagato da un proprio debitore, può ricorrere alla magistratura e alla giustizia, con la «g» minuscola (infatti non crediamo nelle battaglie per una giustizia con la «g» maiuscola, in quanto spesso creano giustizieri o fanatici, ma crediamo in quella «g» minuscola, in quella «g» di giustizia come servizio al cittadino, quando il cittadino deve far valere i propri diritti). Ebbene, quella giustizia non può essere messa da parte, tanto meno con un decreto-legge. Crediamo che questo sia un aspetto molto importante. Al pari di ciò, vi è l'abbassamento dei un'altra questione molto importante. Da questo punto di vista, credo che, al di là di uno sbandieramento di facciata, si debba affrontare con grande serenità la questione della copertura e della durata. Possiamo realizzare iniziative di riduzione o di facilitazione e sarebbe lungo, magari anche interessante, ripercorrere la storia dei ma non è questa la sede opportuna. Vorremmo però capire se, visto che il provvedimento in esame prevede una copertura che garantisce le riduzioni sui fino al 31 dicembre 2007, è intenzione del Governo e della maggioranza mantenere tale riduzione in maniera strutturale, e, quindi, fare in modo che la stessa prosegua anche negli anni prossimi. In tal caso, non si comprende perché la copertura non è stata cercata attraverso un sistema finanziario più strutturale, né perché la stessa debba avere termine il 31 dicembre 2007. Qualcuno della maggioranza ha obiettato che nella legge finanziaria per il 2008 sarà prevista anche la copertura finanziaria, che permetterà di eliminare i per gli anni a venire. A questo punto mi chiedo, però, perché non è stato accettato in Commissione un ordine del giorno che andava in tale direzione. Vedremo se e come verrà accettato un eventuale ordine del giorno che potrebbe essere presentato in questo ramo del Parlamento. Crediamo che sulla questione del ripianamento dei debiti delle regioni nel settore sanitario si sia fatto un gran parlare, spesso a torto, spesso senza grandi argomentazioni. Si è fatta anche tanta demagogia e si sono dette tante bugie.
. Basti pensare alla regione Lazio, per la quale qualcuno ha sbandierato un deficit di 10 miliardi di euro, mentre dai tabulati a nostra disposizione risulta che il deficit non supera i 4 miliardi e 200 milioni di euro, quindi meno della metà di quanto annunciato in pompa magna da qualche esponente del centrosinistra romano e nazionale. Addirittura la metà dei debiti accumulati, la metà dei 4 miliardi e 200 milioni, sono stati realizzati nell'anno 2005, quindi con una condivisione da parte di giunte di diverso colore politico della gestione del bilancio, delle attività e delle spese, anche sanitarie, della regione Lazio. Quindi, colleghi, attenzione a fare tanta demagogia, tanto populismo, a forzare i dati del deficit sanitario, cercando di strumentalizzarli al fine di condurre una battaglia politica. A nostro avviso, non vi sono ancora dati chiari. Ci sarebbe molto da dire anche sulle quote capitarie e bisognerebbe fare una riflessione più attenta sul fatto che, ad esempio, nel Lazio ed a Roma in particolare, dove esiste un sistema di accreditamento e vi è una grande quantità di istituti di sanità religiosa, che tra l'altro svolgono in maniera molto efficace il loro lavoro nella sanità romana e del Lazio, vengono a curarsi persone da tutta Italia. Ciò chiaramente non succede in altre regioni. Si pensi alla Campania: è possibile che un cittadino napoletano o campano venga a curarsi o ad operarsi a Roma, mentre meno frequente o quasi per nulla frequente è il fatto che i cittadini di Roma o del Lazio vadano a curarsi o operarsi in altre regioni. Ciò perché il Lazio, da questo punto di vista, garantisce non solo una certa qualità, ma la presenza di una eccellenza. Quindi, in tal senso, credo si debba spezzare una lancia in favore di una regione che non soltanto assiste i propri cittadini, ma rende un servizio di cui usufruiscono i cittadini di tutto il territorio nazionale. È stata fatta, noi riteniamo, tanta demagogia su questo provvedimento, sono stati commessi errori politici, ma crediamo che esso consenta a molti di dire la propria opinione su un ripianamento che non premia neanche le regioni virtuose; pensiamo al Veneto e ad altre regioni che hanno dato un esempio di buona sanità, di buona gestione della sanità, di buoni servizi ai cittadini e di rientro virtuoso nei conti. Crediamo che con questo genere di impostazione, con questo decreto-legge, il centrosinistra, oltre ad aver evidenziato alcune divisioni al proprio interno, abbia svelato in parte qual è la propria versione del federalismo. Un federalismo non di carattere fiscale, come vorrebbero i colleghi della Lega Nord, come abbiamo voluto noi, con la nostra proposta di riforma costituzionale, che abbiamo sottoposto al voto dei cittadini, che è stata sconfitta nel e che è stata fortemente contrastata dal centrosinistra, ossia quella relativa al federalismo fiscale. Il centrosinistra, con questa decretazione d'urgenza, porta avanti, nel solco di una tradizione molto lunga che dura da decenni nella storia della sinistra italiana, un provvedimento di natura redistributiva. Questo è il meccanismo con cui il centrosinistra affronta il problema del disavanzo. Un problema che il Governo Berlusconi aveva messo in cantiere, aveva cominciato a risolvere attraverso un controllo non leggero, ma molto efficace, che imponeva alle regioni l'obbligo di attivare i massimi delle addizionali per il rientro dal debito. In questo caso c'è un intervento di natura statalista e redistributiva, che può sollevare perplessità per il fatto che, alla fine della «fiera», è un intervento che premia chi ha lavorato male e sottrae risorse a chi ha lavorato bene. Un'ottica redistributiva che penalizza quanti vorrebbero effettivamente un'impostazione più improntata ad un principio di federalismo fiscale e di sussidiarietà, che non risolve in maniera strutturale il problema perché, anziché affrontare i meccanismi che determinano il deficit sanitario, si ripiana solo una situazione e non si riesce ad evitare che essa si riproponga tra pochi anni, con il rischio che il Parlamento si trovi ancora una volta ad affrontare provvedimenti come quello in esame. Per questo, Presidente, attendiamo con grande attenzione di conoscere la posizione del Governo sugli emendamenti, poiché riteniamo che la discussione in Parlamento, in quest'Assemblea, in Commissione, nel Comitato dei nove...
. La prego di concludere.
... sia un'occasione di confronto virtuoso su un provvedimento rispetto al quale il Governo potrebbe, insieme alla maggioranza, dare segnali di buon senso ed accogliere alcune delle esigenze che, in questa discussione sul complesso degli emendamenti, così come ieri in sede di discussione sulle linee generali, l'opposizione ha manifestato un grande senso di responsabilità e di concretezza
. Ha chiesto di parlare il deputato Lisi. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, onorevoli colleghi, naturalmente per chi vi parla, eletto in Puglia, non ci può non essere sconcerto, incertezza ed amarezza. Anche se sono un garantista, vorrei fare alcune riflessioni su ciò che sta accadendo ed è accaduto nei giorni scorsi a Castellaneta. Lo dico in premessa perché parliamo di sistema sanitario, di copertura di debiti e di «buchi» economici pregressi e, guarda caso, contestualmente, nella Commissione affari sociali si concludeva una indagine conoscitiva sullo stato delle famiglie italiane e nelle Commissioni riunite discutevamo su questo provvedimento, parlando di una copertura finanziaria «schizofrenica», a detta non solo dell'opposizione, ma anche di molti esponenti della maggioranza. Ci ritroviamo qui con un provvedimento che è simile a una dagli esiti ancora incerti, dato che ancora adesso non conosciamo l'esito definitivo. In Assemblea questa mattina circolava la voce di una fiducia imposta dal Governo per domani mattina, perché pezzi della stessa maggioranza continuano a dissentire e, da quello di cui sono a conoscenza, stanno aumentando i soggetti, i colleghi, le colleghe, i deputati, le deputate, contrari al provvedimento. Ecco perché noi diciamo ad un Governo e ad un provvedimento «schizofrenico», ad una maggioranza in stato confusionale, che non siamo concordi con quanto scritto e fatto al Senato e alla Camera. In Senato vi era un provvedimento iniziale con un fondo di rotazione, dichiarato non percorribile. Successivamente si è detto - citerò e riprenderò, perché importante, la battaglia fatta da tutti i parlamentari di centrodestra nelle Commissioni riunite bilancio e affari sociali - che la copertura del provvedimento era assicurata attraverso il prelievo di 50 milioni di euro dalle risorse destinate ai paesi in via di sviluppo, di 50 milioni di euro dalle risorse stanziate per la ricerca sulla salute - dopo gli attacchi subiti dal Governo Berlusconi in quest'aula per cinque anni - e di 30 milioni di euro dal Fondo per la famiglia. È stato bellissimo assistere alla conclusione dell'indagine conoscitiva sullo stato della famiglia italiana, con il Presidente Bertinotti, il Presidente Napolitano e tutti gli altri a presentare i risultati di questa splendida indagine conoscitiva nella Sala della lupa o nella Sala della regina mentre qui o in altre Commissioni si prelevavano i fondi ancora non utilizzati per le famiglie. Addirittura si sottraggono 30 milioni dal Fondo per le non autosufficienze, 30 milioni dal Fondo per le politiche giovanili, oltre 60 milioni dal Fondo per lo spettacolo, dato che lascerei comunque al margine. Da un lato, per il acceleriamo la conclusione di un'indagine conoscitiva compiuta in otto mesi e conclusa in breve tempo senza neanche la lettura del documento conclusivo. Dall'altra, si propone un provvedimento che al Senato viene più volte modificato. Il senatore Sodano, se non vado errato, di Rifondazione Comunista, propone un emendamento per portare il da 10 euro a 3,5, inserendo così un elemento nuovo nel provvedimento. Per il decreto-legge viene deciso questo tipo di copertura! Si parla della famiglia, si parla dell'indagine, si parla del si «tolgono» i Dico e i Pacs (anche se compariranno nuovamente dopo il 28 maggio dato che si tratta di un'operazione pre-elettorale), dobbiamo combattere nelle Commissioni riunite affari sociali e bilancio, anche per togliere definitivamente il - misura che viene condivisa da molti colleghi della maggioranza -, salvo poi prevedere nel testo il limite del 31 dicembre 2007. È, quindi, un «provvedimento a tempo», «a orologeria»; per l'ennesima volta siamo di fronte ad un'operazione di elettorale. Inoltre, siccome si è tanto parlato, in occasione dell'esame della scorsa legge finanziaria, fino a Natale, del fatto che questo Governo toglieva ai ricchi per dare ai poveri - ricordate i manifesti con su scritto: i ricchi piangeranno - e si diceva che molto si sarebbe fatto per la famiglia, per i giovani, per i non autosufficienti, questi fondi erano stati messi precedentemente a disposizione, ma tutto ad un tratto sono stati utilizzati per altre coperture: per coprire cosa? Spese sanitarie pregresse di alcune regioni, che io ho definito fortunate e canaglie, mentre le altre regioni sono virtuose e sfortunate perché hanno pagato anche in termini di consensi elettorali e lo hanno fatto proprio perché hanno agito come la regione Puglia con senso di responsabilità. In questa regione la giunta di centrodestra non solo ha ripianato il deficit sanitario - è presente l'onorevole Mazzaracchio, che saluto, che è stato anche assessore alla sanità - ma ha fatto anche progredire la sanità, al di là dello spiacevole incidente avvenuto nei giorni scorsi. Come mai le regioni cosiddette «virtuose» devono pagare e le regioni cosiddette «canaglia» devono essere aiutate? Inoltre altri colleghi come Cancrini - che stimo molto per la sua preparazione e per l'onestà intellettuale - hanno sottolineato che i grandi si sono «sistemati», scusate il termine, mentre i piccoli stanno soffrendo. Mi riferisco al privato sociale ed ai piccoli creditori, perché nel provvedimento in esame si prevede anche il blocco di dodici mesi che giudico pazzesco e incostituzionale, che reca danno all'industria farmaceutica, ai piccoli ambulatori, ai piccoli imprenditori privati ed altresì al privato sociale piccolo e medio, ovverosia anche alle comunità terapeutiche. Attenzione! Avete fatto riferimento ad una forte azione sociale. Nel mese di dicembre avete dichiarato di realizzare una legge finanziaria che avrebbe previsto una serie di fondi di milioni di euro per i più deboli, per i giovani, per le non autosufficienze, per la famiglia. Dunque, a pochi giorni dal al quale alcuni di voi parteciperanno perché siete davvero una maggioranza «arlecchino» e variopinta, vi trovate nella condizione di sottrarre risorse dal Fondo per la famiglia. Affermate quindi di sostenere la famiglia tradizionale, ma trovate una copertura finanziaria tale da contraddire quanto affermato nelle piazze e sui quotidiani. Le vostre contraddizioni sono nette e sono rese pubbliche dai resoconti stenografici e dai singoli relatori dei provvedimenti che hanno preso le distanze da quella copertura. Se oggi si è ritornati con questo testo al Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie è perché vi siete resi conto che davvero, in tale situazione stavate ridicolizzando la vostra stessa maggioranza, il vostro Governo e con essi tutto il Paese. Inoltre avreste sicuramente fatto una magra figura anche agli occhi dei cittadini onesti che chiedono una sanità seria, come state continuando a farla ora, perché in questo momento (sono le 19,45) non sappiamo se il Governo chiederà la fiducia per il provvedimento in esame. Nel momento in cui si tratta di attenzione per la sanità, la famiglia, le politiche sociali, argomenti propri della Commissione affari sociali, siamo in una situazione di profondo imbarazzo, anche per voi - lo devo dire -, perché per i cinque anni della scorsa legislatura ho sempre ascoltato gli attacchi dell'attuale Ministro Livia Turco, dell'attuale Ministro Rosy Bindi, nei confronti del presidente Palumbo, del Ministro Francesco Storace e dei suoi successori e dei sottosegretari, i quali venivano tacciati di essere solo populisti, di fare proclami e non provvedimenti seri. Se questo è un provvedimento serio, qualcuno direbbe, «Dio ce ne scansi e liberi»! L'articolo 1 è incostituzionale: è stato detto in tutte le lingue, da membri della Commissione Giustizia e anche dai colleghi che mi hanno preceduto. Il collega Ulivi del Comitato dei diciotto ha più volte ribadito che il provvedimento in esame, così come è costruito, non si mantiene in piedi ed è stato detto anche da colleghi della maggioranza: basti vedere i distinguo espressi nell'ambito della stessa. Riscontriamo altresì delle ingiustizie per le piccole e medie imprese ma anche e soprattutto per la salute dei cittadini e per i produttori di servizi sanitari, e poiché il testo è ricco di contraddizioni ritengo che dovreste darvi una «regolata» e decidere davvero nella nottata cosa intendete fare. Vi sono due possibilità: o si proseguirà l'esame del provvedimento anche nella giornata di domani oppure porrete sullo stesso la questione di fiducia. In tale ultimo caso dimostrerete ancora una volta che questa maggioranza non si regge se non a colpi di fiducia, e che noi avevamo ragione nelle Commissioni di merito a gridare allo scandalo per questo provvedimento. Non capisco come mai fino a dicembre era giusto istituire il nuovo mentre oggi in Assemblea Rifondazione Comunista dichiara che finalmente lo stesso, dopo la riduzione da 10 a 3,5 euro, prevista dall'emendamento del senatore Sodano, è stato abolito grazie al lavoro nelle Commissioni riunite della Camera bilancio e affari sociali. Delle due l'una: o avete mentito a dicembre o state mentendo adesso, o avete prese in giro gli italiani promettendo maggiore attenzione alla sanità, alle politiche sociali, alla famiglia, oppure avete affermato qualcosa che, come al solito, state contraddicendo attraverso i provvedimenti portati in aula
. Avverto che, secondo le intese intercorse tra i gruppi, il seguito dell'esame del provvedimento, che prevede ancora ventidue interventi sul complesso degli emendamenti, e degli altri argomenti previsti all'ordine del giorno della seduta odierna è rinviato alla seduta di domani.
. L'ordine del giorno reca l'informativa urgente del Governo sulle dichiarazioni attribuite a componenti del Governo in merito al giudizio di ammissibilità del referendum elettorale da parte della Corte costituzionale. Secondo quanto stabilito a seguito della Conferenza dei presidenti di gruppo, dopo l'intervento del Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Francesco Rutelli, avranno luogo gli interventi dei rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per otto minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
. Ha facoltà di parlare il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Francesco Rutelli.
, Signor Presidente, colleghi deputati, vorrei offrire a nome del Governo con la massima lealtà e con pieno spirito di collaborazione ogni utile elemento di informazione e valutazione alla Camera dei deputati. Lo faccio con atteggiamento di massima apertura ma, devo però sottolineare, proprio la posizione di indipendenza e di assoluta autonomia che spetta istituzionalmente alla Corte costituzionale deve definire rigorosamente nel suo contenuto l'intervento del Governo nell'ambito della presente discussione parlamentare. Il mio discorso si incentrerà principalmente sulla ricostruzione oggettiva della vicenda per poi riassumere in modo essenziale la posizione espressa dal Governo per la parte in cui esso è stato in qualche modo e, a mio giudizio, del tutto impropriamente, chiamato in causa. Il Governo è pienamente consapevole della circostanza che in linea generale le dimissioni di un giudice costituzionale prima della scadenza naturale del mandato costituiscono un fatto inusuale e serio. Esse suscitano l'attenzione dell'opinione pubblica e richiamano quella delle istituzioni tanto più per la riservatezza che contrassegna tradizionalmente lo svolgimento dei compiti della suprema Corte. Al riguardo, va sottolineato che in precedenza dimissioni anticipate di un giudice costituzionale si sono verificate solo in due occasioni. La consapevolezza del possibile rilievo delle dimissioni diventa ancor più evidente e acuta quando all'origine dell'atto il giudice dimissionario indica espressamente e pubblicamente il paventato rischio di una limitazione dell'indipendenza della Corte determinata, a suo dire, dalle dichiarazioni rese, secondo alcuni organi di stampa - seppure si siano registrate successive e in alcune parti radicali smentite degli interessati - da ministri e sottosegretari in carica dell'attuale Governo. Per queste ragioni il Governo, restando accuratamente nei confini delle proprie attribuzioni costituzionali, intende riaffermare con chiarezza, in questa sede, come ha già fatto tempestivamente in altri contesti istituzionali e attraverso i propri comunicati ufficiali e, nella stessa giornata di oggi, presso il Senato della Repubblica, la propria posizione sull'episodio. Ecco la descrizione cronologica dei fatti che, a mio avviso, conferma l'assoluto rispetto per il ruolo della Corte costituzionale quale istituzione di garanzia suprema del diritto e dell'ordinamento costituzionale. Il 30 aprile di quest'anno il professor Romano Vaccarella rassegna le dimissioni dalla Corte dopo averle verbalmente anticipate dal 28 aprile con comunicazione inviata al Presidente e al Vicepresidente della Corte costituzionale. L'atto viene motivato richiamando espressamente una notizia di stampa secondo la quale alcuni esponenti del Governo avrebbero svolto delle dichiarazioni in materia di ammissibilità del referendum elettorale giudicate - cito - offensive della dignità e dell'indipendenza della Corte stessa. Ma già il 29 aprile il Presidente del Consiglio, onorevole Romano Prodi, esprimendo il convincimento dell'intero Governo, aveva riaffermato con chiarezza l'indiscussa necessità di rispettare costantemente la divisione dei compiti attribuiti alle massime istituzioni, un riconoscimento del ruolo di autonomia sostenuto, naturalmente, anche con specifico riferimento ai compiti riguardanti il giudizio, sia pure futuro ed eventuale, sulla ammissibilità dei referendum elettorali. Questa attestazione di piena, e vorrei dire, ovvia conferma del rispetto del Governo per la Corte, i suoi giudici, le sue funzioni, viene ribadita dal Presidente del Consiglio il giorno 30 aprile, anche di fronte alla stampa, e poi ulteriormente ripetuta in una nota ufficiale della Presidenza del Consiglio, secondo la quale - cito - il Governo è pienamente consapevole della necessità di non interferire né direttamente, né indirettamente nel lavoro della Corte costituzionale, verso la quale nutre il dovuto e totale rispetto. Il 30 aprile il Quirinale dirama un comunicato stampa del seguente tenore: Il Presidente della Repubblica ha ricevuto dal Presidente della Corte costituzionale comunicazione telefonica della lettera di dimissioni del giudice Vaccarella e delle sue motivazioni. In proposito, nel corso della conversazione, il Presidente della Repubblica ha ricordato i suoi precedenti interventi sulla necessità dell'assoluto rispetto, da ogni parte, dell'alta funzione di garanzia della Corte chiamata ad esercitare in piena autonomia tutte le competenze attribuitele dalla Costituzione. Il 2 maggio la Corte costituzionale, riunita in camera di consiglio, delibera all'unanimità di respingere le dimissioni del giudice Vaccarella con motivata deliberazione. Il 4 maggio il giudice Vaccarella conferma irrevocabilmente le proprie dimissioni dalla Corte costituzionale. Lo stesso giorno la Corte delibera la presa d'atto delle dimissioni. Questo il testo della pronuncia: «La Corte costituzionale ha preso atto che il giudice Vaccarella ha confermato in modo irrevocabile le sue dimissioni dalla carica. Richiamate le considerazioni di cui alla delibera del 2 maggio e riaffermato che la propria indipendenza è garantita istituzionalmente dalla collegialità del suo operare, delibera all'unanimità di accettare le dimissioni del giudice costituzionale, professor Romano Vaccarella». Colleghi deputati, essendo questa oggettivamente la successione dei fatti che hanno condotto alle dimissioni del giudice Vaccarella, il Governo non intende e non può svolgere commenti o valutazioni sulla personale decisione finale di dimissioni assunta dal professor Vaccarella. L'indipendenza, l'autonomia della Corte e dei suoi giudici impediscono qualsiasi interferenza su scelte che conducono alla nomina, in questo caso parlamentare, dei componenti della Corte e, a maggior ragione, non spetta al Governo prendere posizione sulle autonome determinazioni di singoli giudici di lasciare l'incarico prima del termine di scadenza. Sarebbe del resto superfluo, signor Presidente, onorevoli colleghi, anche in questo contesto ribadire il senso di altissima considerazione per i profili professionali, culturali, istituzionali che caratterizzano da sempre la storia della Corte, sviluppatasi ormai in più di mezzo secolo di vita della Repubblica. Non sono mancate, a più riprese, espressioni di giudizio su decisioni della Corte, anche di tenore critico. Esse - va ricordato - sono legittime, come in tutti i casi in cui ci si confronta con l'esercizio della giurisdizione. Si sono registrate in passato anche prese di posizione preventive, da settori sociali, politici, parlamentari, alla vigilia di pronunzie della suprema Corte. Ciò non ha mai portato, tuttavia, a far ritenere che le successive decisioni della Corte siano state condizionate, o in alcun modo influenzate, da tali prese di posizione. Ho letto oggi un articolo del senatore Manzella, che, citando il Manzoni e il suo celebre «la sventurata rispose», chiarisce, a suo modo, che la Corte costituzionale non è «sventurata», e in generale non risponde in questi casi. Mi limito a richiamare, a questo proposito, il passaggio della delibera della Corte costituzionale del 2 maggio, in cui si riconosce la presa di posizione del Governo, che contrasta e disapprova ogni condotta diretta a minare l'autonomia e l'indipendenza della Corte stessa. Signor Presidente, onorevoli colleghi, proprio la descrizione dei fatti che ho appena compiuto conferma che per il Governo, così come la divisione dei poteri tra le istituzioni della Repubblica costituisce riferimento invalicabile per una condotta costante e inderogabile, lo stesso vale per l'autonomia degli organi costituzionali. In nessun modo si deve confondere questo assunto con l'espressione di valutazioni, di giudizi che, in una democrazia, certamente è legittimo riscontrare, anche se non sempre, come è ovvio, è giusto od opportuno condividere. Gentili colleghi, questi principi non si manifestano invalicabili solo attraverso dichiarazioni o affermazioni di principio, che pure rispecchiano le convinzioni profonde della nostra idea di democrazia costituzionale, la nostra adesione incondizionata ai principi dello Stato di diritto, ma si concretizza nella dinamica di svolgimento delle funzioni attribuite ai massimi organi costituzionali. Noi vorremmo, colleghi, e concludo, che la stessa posizione di rispetto della Corte costituzionale, di lealtà verso le istituzioni repubblicane, fosse mantenuta, sempre e da tutti, anche dagli esponenti di forze politiche i quali spesso, anche in un recente passato, rivolgendosi alla Corte costituzionale, hanno utilizzato toni assolutamente inaccettabili. Credo che la conclusione di questa vicenda, sancita dalla Corte stessa, che, signor Presidente, all'unanimità ha riaffermato sia la propria indipendenza, sia la garanzia assicurata dalla propria collegialità, debba consigliare a tutti - membri del Parlamento e del Governo, altri titolari di cariche istituzionali, esponenti della politica - di concludere ogni polemica ed anche di abbassare i toni, nell'interesse del sereno esercizio dei compiti che la Costituzione affida, in modo libero e responsabile, a tutte le istituzioni repubblicane .
. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi. Ha chiesto di parlare il deputato Gambescia. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor Vicepresidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il gruppo de L'Ulivo apprezza il contenuto e il tono dell'intervento del Governo. Il contenuto perché il punto centrale che viene ribadito è quello che ci sta più a cuore: la difesa dei ruoli delle funzioni e della divisione dei poteri. Il tono perché credo che non serva a nessuno - non serve al Paese - esasperare lo scontro su un tema così delicato. Colleghi, appartengo ad una generazione alla quale hanno insegnato che le istituzioni si possono cambiare e, quando è necessario, si debbono cambiare. Ma le istituzioni si difendono, e si difendono fino in fondo. È quello che ha fatto il Presidente della Repubblica nel suo intervento a proposito di questa vicenda; è quello che ha fatto sia il Presidente del Consiglio sia la stessa Corte costituzionale, nelle due decisioni che tutti noi abbiamo letto. Ed è quello che anche oggi ha fatto nuovamente il Governo. Difendere le istituzioni non è né di destra, né di sinistra, ma è un compito primario anche dello stesso Parlamento. La vicenda, che presenta alcuni aspetti singolari almeno dal punto di vista storico, solleva una serie di interrogativi: qualcuno ha voluto vedervi retroscena la decisione del giudice Vaccarella. La storia dirà se vi sono retroscena, a me invece interessa ciò che è accaduto, al Parlamento deve interessare ciò che è accaduto e, soprattutto, per il rispetto che si deve alle istituzioni, cosa ciò possa significare per i cittadini. Questa vicenda è singolare perché mai era accaduto, in cinquant'anni, che un giudice si dimettesse per un contrasto non all'interno alla Corte. Come ha ricordato il Vicepresidente del consiglio Rutelli, è accaduto due volte soltanto: la prima, quando De Nicola ritenne di non avere più la fiducia della Corte, la seconda con il giudice Ferrari, quando, al suo posto, venne eletto alla Presidenza della Corte un altro giudice costituzionale. Ma questa è la prima volta che un giudice pone al centro della sua posizione - antagonista rispetto a quanto è accaduto all'esterno - la sua non fiducia nella libertà e nella possibilità, per la Corte stessa, di assumere decisioni collegiali del tutto libere. Il giudice Vaccarella, denunciando presunte interferenze sulla Corte - utilizzo l'aggettivo «presunte» poiché non ve ne è traccia -, cosa ha detto in realtà? Giudici di altissimo livello, che sono sempre stati liberi, anche quando sottoposti ad attacchi durissimi (tutti ricordiamo la «Corte comunista» che il Presidente Berlusconi ha più volte evocato), non hanno mai parlato in questo modo e si sono sempre difesi in piena autonomia attraverso le sentenze, come deve fare un organo costituzionale. In questo caso, invece, ci troviamo di fronte ad un giudice che dice di sentirsi non libero, perché uomini politici e giuristi hanno sostenuto tesi che possono essere interpretate come una pressione indebita sulla Corte. Sarebbe ben grave se la Corte costituzionale italiana avesse il problema di mantenere la sua integrità, la sua libertà, la sua autonomia, e dovesse sentirsi condizionata da qualche intervista o dichiarazione in cui si fa riferimento alla possibilità che la Corte stessa si orienti in un modo, piuttosto che in un altro, anche sulla scorta di giudizi e di pareri di autorevoli costituzionalisti. Io non ci credo. Io difendo la Corte! Essa, come in passato, non si farà condizionare, e soprattutto non da interviste o dichiarazioni! Vorrei, infine, fare una piccola riflessione: è la prima volta che uomini politici ed esperti giuristi esprimono la loro opinione su una questione che viene posta all'attenzione della Corte costituzionale. Faremmo un torto alle istituzioni se pensassimo che esiste la benché minima possibilità che la Corte costituzionale sia, in qualche modo, condizionata da un'intervista o da una dichiarazione. Penso invece che tutti noi dovremmo - come sottolinea l'ultima parte dell'intervento del Governo - abbassare i toni e rispettare le istituzioni. Credo sia assolutamente necessario che, di fronte a questioni di questo genere, il tono sia mantenuto più basso possibile e che non si strumentalizzi qualsivoglia posizione che possa portare alla denigrazione del ruolo di un'altissima istituzione qual è quella della quale stiamo parlando, la Corte costituzionale. È un dovere di tutti noi. Stiamo attenti, perché il piccolo utile, che nasce da una polemica politica contingente...
. Onorevole Gambescia...
. ...non può e non deve mai inficiare ciò che è fondamentale, vale a dire il rispetto delle istituzioni e della libertà della magistratura, a tutti livelli, soprattutto quando quest'ultima deve esprimersi sulla congruità dell'applicazione della nostra Costituzione .
. Ha chiesto di parlare il deputato Boscetto. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, signor Vicepresidente del Consiglio, le parole che lei ha espresso sono rassicuranti perché collegate a dati obiettivi. Pur tuttavia, rimane uno spazio di dubbio riguardo a questa vicenda e al mancato tempestivo intervento da parte del Governo; su questo torneremo in seguito. Sicuramente, non vi sono spazi per mettere in dubbio ciò che la Corte costituzionale rappresenta per il nostro Paese. La Corte costituzionale, per tutti gli italiani e tutte le forze politiche, anzitutto quella che rappresento, cioè Forza Italia, è un elemento istituzionale supremo. Si è discusso di tutto nel nostro Paese, potremmo dire grazie al cielo, ma, rarissimamente a mia memoria o pressoché mai, si è discusso nel profondo la Corte costituzionale o le sue decisioni. Non possiamo mai dimenticare, né dimenticheremo, ciò che la stessa Corte ha fatto nei decenni trascorsi, interpretando la Costituzione, contribuendo a far superare una serie di norme non più compatibili con essa, facendo giurisprudenza interpretativa e perseguendo fortemente la civiltà giuridica, non solo del nostro paese. Pertanto, onorevole Gambescia, nessuno ritenga che Forza Italia voglia mettersi, in qualsiasi modo, in polemica con questo supremo organo, il quale gode della profonda stima della forza politica che rappresento. È lei, semmai, a cercare retroscena o a fare cenno ad alcune frasi polemiche per tentare di introdurre, in questo dibattito, argomenti che non dovrebbero essere introdotti. Conosco la sua elevatezza di pensiero e so che tale piccola «scivolata» certamente non era voluta. Non intendiamo assolutamente avanzare critiche di questo tipo, neanche minime. Sappiamo che si sono verificati alcuni accadimenti e sappiamo delle importanti dimissioni, seppure polemiche, di un giudice costituzionale stimatissimo come il professor Vaccarella. Egli, dando le sue dimissioni, dopo averle anticipate e confermandole in modo irrevocabile, ha evidenziato la sua serietà e, soprattutto, come la sua posizione non fosse né strumentale né strumentalizzabile. Pur tuttavia queste dimissioni, le terze nella storia della Repubblica, qualche cosa devono significare. Signor vicepresidente, lei non ce lo può dire, certamente lei non è nella mente del professor Vaccarella, tuttavia ci sono stati alcuni elementi che potevano essere recuperati tempestivamente, perché i discorsi giuridici, ma che diventavano talvolta politici, su ciò che avrebbe fatto la Corte costituzionale o che avrebbe potuto fare in materia di referendum richiamandosi ai precedenti ed alle ammissibilità che c'erano state in passato, distinguendo fra ciò che era successo appunto in passato e ciò che poteva accadere, tutto questo non era pura dissertazione giuridica, andava ad impingere in qualcosa di diverso e di più politico. Gli articoli apparsi sui giornali, da ultimo - ma solo da ultimo - quello sul più importante quotidiano italiano, riportavano gli interventi dei politici che, in qualche modo, si sentivano rassicurati da alcune appartenenze che presumevano essere di vicinanza. Noi sappiamo che non è vero. Sappiamo che ci sono giudici eletti dal Parlamento con una provenienza politica. Sappiamo che ci sono molti giudici espressi dalle magistrature dei quali non possiamo conoscere - e non conosciamo - l'appartenenza politica. Sappiamo che la collegialità è il manto nobile sotto il quale le decisioni vengono prese, e vengono prese secondo scienza e coscienza, nel modo migliore per l'interesse dell'Italia e dei suoi cittadini! Però forse un intervento più tempestivo del Presidente del Consiglio, un intervento di risposta ai primi focolai di notizia su queste presunte possibilità di intervento della Corte costituzionale a favore o no del referendum, ci sarebbe voluto. Egli è intervenuto, come lei signor Vicepresidente del Consiglio ricordava, quando le dimissioni erano già state annunciate e quindi quando aveva già ricevuto la notizia, non è intervenuto quando già sui giornali emergevano determinate notizie, alcune attribuite anche a membri del Governo. Quindi il suo intervento è stato tardivo. Non possiamo fargliene una colpa particolare. Ma, forse, se il giudice costituzionale professor Vaccarella avesse sentito più vicino il Governo, avesse percepito un Governo che diceva «abbiamo compreso le tue preoccupazioni, non vogliamo in alcun modo che ci sia alcuna interferenza, non di fatto ma neppure di pensiero, su quanto deciderà la Corte costituzionale», il professor Vaccarella sarebbe rimasto al suo posto.
. Onorevole Boscetto...
. Su ciò noi nutriamo un dubbio fondato. Ci avrebbe fatto piacere che queste dimissioni non fossero confermate, nel contempo la figura dell'uomo non permetteva che venissero revocate. Il dubbio che qualcosa sia successo e che non ci sia stato un intervento sufficiente da parte del Presidente del Consiglio rimane ...
. La prego di concludere onorevole Boscetto...
. ... ed è un dubbio che in qualche modo ci accora.
. Ha chiesto di parlare il deputato La Russa. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare il Vicepresidente del Consiglio, onorevole Rutelli, per la puntualità con cui, prima al Senato e poi qui alla Camera - sobbarcandosi ciò che può apparire anche un rito, che non dipende da noi, ma dal bicameralismo che avremmo voluto modificare -, è venuto a riferire in maniera completa e corretta. Certo, non si può essere d'accordo sulla sua valutazione dei fatti; pure, desidero ringraziarlo per la puntualità con cui ha ricostruito la vicenda e dato risposta all'esigenza di chiarezza. Alla correttezza del ministro Rutelli fa però da contraltare l'atteggiamento tenuto al Senato - vedo le note che già escono sulle agenzie - dai capigruppo di alcuni dei partiti della maggioranza, che hanno ritenuto invece di minimizzare la vicenda. Addirittura, una parlamentare pure molto rispettata ed autorevole come la senatrice Finocchiaro ha detto: francamente non mi sembra di grande utilità questo intervento dell'onorevole Rutelli. Peggio ancora ha fatto - ma ci siamo abituati - la senatrice Manuela Palermi, che ha detto: lo abbiamo dovuto fare solo perché c'era l'insistenza dell'opposizione, ma era del tutto privo di significato. Ci sembra che queste dichiarazioni assomiglino molto a quelle del Presidente del Consiglio, l'onorevole Prodi, che per la terza volta - la terza! A volte bisognerebbe davvero dirlo che il troppo stroppia - ha ritenuto di rifiutarsi di fronte alla richiesta dell'opposizione che lui o un suo ministro venissero a riferire in Assemblea su una vicenda così delicata. La prima volta - si trattava del caso di Rovati, che, se non sbaglio, qualche collegamento con il presidente Prodi pur aveva - il presidente Prodi disse addirittura: ma siamo matti a venire in Parlamento!; la seconda volta la ricordate; la terza è di due giorni fa. È davvero strano che, di fronte ad episodi delicati quali quello che stiamo esaminando, vi possano essere atteggiamenti di tal genere. Noi crediamo invece che occorrerebbe innanzitutto rivolgere al giudice Vaccarella un atto di estrema, totale e completa solidarietà. Con le sue dimissioni - un gesto raro e coraggioso, compiuto soltanto tre volte nella storia della Corte: non è facile che qualcuno rinunci ad un incarico così importante - il giudice Vaccarella ha cercato di difendere il prestigio, l'autorità, l'autonomia della Corte costituzionale. Onorevole Gambescia, non c'è bisogno che si realizzi concretamente un condizionamento della Corte: non penso proprio che la Corte possa esser stata sicuramente condizionata dalle dichiarazioni di ministri e sottosegretari. Se ci trovassimo in un'aula di giustizia, però, direi che questo è piuttosto un reato «di pericolo»: intendo dire che basta il tentativo, che è sufficiente cioè mettere in atto un meccanismo che in ipotesi e in teoria può condizionare, perché il reato si compia. In questo caso, poi, non può neanche valere l'argomentazione per cui tutti hanno il diritto di muovere critiche a qualunque organo. Certo, si potrebbe pensare, così come tutti hanno il diritto di possedere qualcosa; eppure, questo Parlamento giustamente - anzi, addirittura esagerando - si è assunto il compito di specificare che i ministri e il Presidente del Consiglio non possono possedere determinati beni, perché si crea un conflitto con le proprie competenze. Faccio un simile esempio per dire che quel che è consentito alla generalità può non essere opportuno - o consentito - a chi fa parte del Governo. Siamo di fronte non alle affermazioni di un privato cittadino che faccia delle ipotesi, ma a ministri e sottosegretari che hanno espresso quasi l'invito - o comunque il convincimento - che la Corte si esprimesse nel senso di dichiarare non ammissibile il referendum che sta per essere proposto. Ciò accade poi proprio nel momento in cui si stanno raccogliendo le firme: e questo è un fatto grave. Ecco perché è necessario l'intervento chiarificatore del Governo. Io ringrazio il Governo: mi auguro che sia vero, e sono convinto della buona fede e della sincerità del ministro Rutelli. Egli però mi consentirà di dubitare che non vi sia in atto un atteggiamento che produce un clima volto a creare situazioni di tensione attorno a questo referendum. Non era infatti mai successo prima che un referendum, nella fase in cui si inizia a raccogliere le firme, subisse da parte del Governo e da parte della piazza eventi quali quelli cui abbiamo assistito in questi giorni. È al combinato disposto che occorre guardare: da un lato, ministri e sottosegretari, che - in qualche modo minacciosamente - invitano la Corte a comportarsi in un modo piuttosto che in un altro; dall'altro lato, la piazza - la stessa piazza dove sono presenti altri ministri che hanno già firmato per il referendum - travolge il banchetto di un ex parlamentare qual è l'onorevole Segni, figlio di uno dei padri della Patria, non un bieco fascista, e gli impedisce di raccogliere le firme. Noi questa mattina non siamo intervenuti in occasione dell'informativa su questo argomento, perché, correttamente, vogliamo trattare insieme le due questioni. È per questo che sono intervenuto, immeritatamente, come capogruppo. Quello che denunciamo è il clima complessivo, un clima di intolleranza, di pressione, che vuole rendere i primi passi di raccolta di firme di questo referendum dei passi lenti; contro questo ci ribelliamo. Non basta la solidarietà a Vaccarella, che noi esprimiamo completa, né le assicurazioni del Governo di non volere interferire, né la fiducia che, con grande coraggio, vogliamo anche noi esprimere verso la Corte costituzionale. Occorre qualcosa di più da parte del potere politico! Occorre che il Governo indichi misure perché sia certo che non verrà in alcun modo intralciato il libero atteggiamento di chi vuole firmare questo referendum. Aspettiamo al varco le autorità, il Governo, i sindaci, i presidenti di provincia, le autorità che dipendono dal Governo, perché vigileremo con grande attenzione per evitare che ci sia uno sforzo di sbarramento nei confronti di questo referendum.
. Onorevole La Russa, concluda.
. Concludo, Presidente. Vede, onorevole Rutelli, questo è un referendum per il quale, come negli altri casi, si può votare «sì» o «no», ma sul quale, probabilmente, non si vuole che i cittadini si esprimano, perché il Governo - è la nostra ferma convinzione - pensa che il modo migliore per allungarsi la vita sia non avere il momento terminale del referendum e poter discutere a lungo di legge elettorale. Il referendum è una sorta di punto fermo che a questo Governo dispiace e quindi i nostri dubbi, le nostre perplessità e la nostra vigilanza, affinché nulla sia fatto contro la libera raccolta delle firme, saranno assolutamente totali .
. Ha chiesto di parlare la deputata Mascia. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, credo sia invece un grave errore tentare di mettere insieme quest'argomento con quello che abbiamo affrontato stamani, perché c'è un rischio di strumentalizzazione - se il presidente La Russa fosse stato presente avrebbe avuto anche egli argomenti per capire che le due questioni non si possono trattare insieme - ed anche perché, come è stato giustamente sottolineato, in questo caso discutiamo di un argomento molto delicato, come le dimissioni di un componente la Corte, avvenute per la prima volta con le ragioni che sono state utilizzate in questo caso. Io penso che queste siano questioni da affrontare con grande cura, per evitare il rischio di indebolire le istituzioni. Per questa ragione, proprio perché il tema in discussione non è il referendum, ma il ruolo della Corte costituzionale, la sua autonomia e la sua indipendenza, credo che abbia fatto bene il Vicepresidente Rutelli ad esporre, come ha fatto, solo la ricostruzione dei fatti e a ribadire, non solo l'assoluto rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della Corte e del suo ruolo di garanzia del diritto e dell'ordinamento costituzionale, ma anche che la divisione dei poteri delle massime autorità e delle massime cariche istituzionali sono beni preziosi, che tutti intendiamo salvaguardare. Quindi, non solo non c'è e non c'è mai stata l'intenzione di interferire da parte di alcuno, tanto meno da parte del Governo, ma mi pare che le immediate dichiarazioni del Presidente del Consiglio siano state più che sufficienti per evitare qualsiasi dubbio a tale proposito. Ciò, però, non impedisce di sottolineare anche il fatto che è necessario distinguere tra il rischio dell'interferenza e la possibilità, invece, di esprimere dei giudizi. Ciò è sempre avvenuto nella storia della Repubblica. Si esprimono giudizi sulle sentenze della Corte come su quelle della magistratura, e ciò non influenza minimamente, non diminuisce né attenua l'autorevolezza e il riconoscimento pieno delle decisioni di queste cariche e di questi poteri istituzionali; e si sono espresse sempre - avviene anche adesso, giustamente -, da parte di esponenti politici, ma anche di massimi giuristi e costituzionalisti, opinioni circa l'ammissibilità o meno di quesiti referendari. Ciò è sempre avvenuto ed avviene anche adesso, ed è non solo legittimo ma utile alla democrazia, né può essere letto come una volontà di interferire con alcuno. Non credo che vi sia componente della Corte costituzionale che abbia bisogno di essere rassicurato o di ricevere solidarietà in questo senso. Ogni volta che si è discusso a proposito di una sentenza della Corte, anche in quel caso, condividendo o meno la decisione, nessuno ha mai messo in dubbio che essa rappresentasse l'esito di una discussione autonoma, libera e indipendente, quindi tutti hanno sempre riconosciuto il valore, l'indipendenza e l'autorevolezza di quella scelta. Vorrei anche ribadire alcune considerazioni, che sono state oggetto di attenzione nel corso dei mesi scorsi e nella precedente legislatura, circa le caratteristiche della nostra Corte, poiché credo sia un punto importante. Vi è stato un lungo dibattito, anche in questa Assemblea, circa l'opportunità o meno di modificare l'equilibrio della Corte costituzionale, la quale dispone, ricordiamolo, di un prestigio internazionale indiscusso, dato proprio dalla sua storia e dalla sua autorevolezza, a sua volta garantita da un equilibrio che è stato il frutto di una discussione in sede di Assemblea costituente. Tale equilibrio deriva dal numero e anche da chi nomina i componenti della Corte. La nomina parlamentare non attenua minimamente il fatto che a tutti - anche ai componenti di nomina parlamentare - sia riconosciuta la totale autonomia ed indipendenza nello svolgimento della loro funzione. Come qualcuno ha scritto anche in questi giorni, è la collegialità del lavoro che garantisce tutti circa l'indipendenza e l'autonomia della decisione, nonché la facoltà del singolo di poter liberamente esprimere le proprie opinioni all'interno del collegio, della Corte costituzionale. Giustamente, nessuno - il Governo non l'ha fatto e neanche noi lo vogliamo fare - ha qui voluto esprimere delle valutazioni circa le decisioni del professor Vaccarella, anche perché abbiamo letto - e ci è stato qui riportato - le considerazioni della Corte nel respingere le sue dimissioni. Vorrei sottolineare ancora una volta, però, che ogni singolo componente della Corte, proprio per questo ruolo collegiale, ma anche per altri due elementi, quali il mandato revocabile e la non rinnovabilità del mandato stesso - due prerogative anch'esse previste dalla Costituzione proprio a tutela e a maggior garanzia dell'autonomia -, disponga della totale serenità nello svolgimento del proprio compito. Inoltre, è previsto nella nostra prassi, nonché nell'interpretazione fin qui data dal nostro ordinamento, l'anonimato delle espressioni e delle valutazioni che vengono svolte nell'assumere una decisione prima di una sentenza. In altri paesi non è così: la Corte americana prevede il e dunque, dopo ogni sentenza, chi ha dissentito dalle motivazioni e dalle decisioni assunte può intervenire per esprimere la propria valutazione. Sino ad ora, da noi il dibattito giuridico ha preferito mantenere questo anonimato, ed anche ciò rappresenta un ulteriore elemento di garanzia. Ritengo, dunque - senza, ripeto, voler disquisire e valutare le dimissioni -, che ogni singolo componente della Corte costituzionale abbia la possibilità, l'autorevolezza e la serenità di poter ascoltare il dibattito che si svolge nel Paese, e il riconoscimento comunque, che qualsiasi decisione venisse poi assunta dalla Corte sarebbe indiscutibile e rispettata da tutti come una scelta di assoluta indipendenza e autonomia. Credo sia opportuno ribadire tutto ciò nel corso dell'informativa che è stata richiesta, invece di politicizzare...
. La invito a concludere.
. ... questioni così delicate, come quelle che attengono ai nostri principali beni comuni, che devono essere assolutamente salvaguardati .
. Ha chiesto di parlare il deputato Ronconi. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, ringrazio il Vicepresidente del Consiglio per la sua puntuale informativa, che segue quella resa al Senato della Repubblica. Nella Conferenza dei capigruppo, l'UDC ha evidenziato la necessità di prudenza rispetto ad un dibattito parlamentare sulla questione in esame, che noi reputiamo molto delicato. Si rischia, infatti, un confronto nell'aula parlamentare, fra Parlamento e Corte costituzionale, la quale invece, a nostro avviso, deve essere difesa nella sua autonomia e nella sua alta funzione. Pertanto, continueremo ad attenerci alla prudenza che abbiamo già manifestato in questa sede. D'altra parte, le dimissioni del giudice Vaccarella sono un atto grave e preoccupante, anche perché i precedenti sono scarsissimi. Il giudice Vaccarella, esplicitamente, anche con una lettera, ha rivolto un'accusa chiara, in modo particolare al Presidente del Consiglio, per la tiepidezza delle smentite rispetto alle dichiarazioni precedentemente rese da esponenti del Governo. Oggi, in questa sede, il discrimine è molto labile: da una parte, dobbiamo tutti, come parlamentari, difendere l'autonomia e l'autorevolezza della Corte, dall'altra, dobbiamo anche garantire la libertà della politica di dibattere anche su questioni di cui è investita la Corte costituzionale. Vi è da dire che non solo in questa occasione, ma anche in altre precedenti, troppo spesso esponenti del Governo sono ricorsi a giudizi francamente poco appropriati e, nel caso specifico, persino irrispettosi verso la Corte costituzionale. Tuttavia, sappiamo bene, signor Vicepresidente del Consiglio, che ci troviamo di fronte ad un Governo in larga parte formato da ministri troppo loquaci, litigiosi ed anche, in qualche caso, (lasciatecelo dire) inesperti. La preoccupazione è che tali valutazioni, tali giudizi negativi - vi sono stati, infatti, giudizi negativi sulla Corte Costituzionale - possano creare un grave rispetto alle decisioni che la Corte Costituzionale dovrà assumere a breve in ordine alla eventuale ammissibilità del referendum elettorale. Si tratta di polemiche che possono aprire uno spazio di confronto improprio sulle decisioni che saranno assunte dalla Corte costituzionale: questa è oggi la nostra maggiore preoccupazione. A nostro avviso, con assoluta sincerità, ad oggi non esistono elementi per poter dire che la politica abbia in realtà influenzato la Corte. Abbiamo soltanto dei gravi segni di arroganza e superficialità nei giudizi, che sono anche impropri. D'ora in avanti, da una parte avremo il legittimo dibattito sui quesiti referendari - che si svolgerà non solo in questa sede parlamentare, ma in modo particolare tra i partiti e nelle piazze -, mentre dall'altra avremo i giudizi di ammissibilità della Corte costituzionale sui quesiti referendari. Sono due questioni da scindere in fretta, perché la prima riguarda e compete esclusivamente alla politica, l'altra è di competenza, anch'essa esclusiva, della Corte costituzionale. Con tutta sincerità ci auguriamo che così avvenga e che vengano riconosciute le funzioni e le competenze della politica da una parte e della Corte costituzionale dall'altra, con una separatezza di competenze chiara e assolutamente rispettosa delle istituzioni.
. Ha chiesto di parlare il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.
. Signor Vicepresidente del Consiglio, l'informativa che lei ci ha reso è stata esaustiva dal punto di vista del fatto, ma lo è stata un po' meno dal punto di vista del «retro-fatto». È difatti evidente che gli eventi si sono cronologicamente svolti come da lei puntualmente elencati, ma è altrettanto evidente che mancano fatti e/o considerazioni che credo maggiormente interessino quest'aula. Infatti, è stato riconosciuto fino ad ora dai rappresentanti di tutti i gruppi e dallo stesso Governo che il professor Vaccarella sia una persona stimatissima e di comprovate doti giuridiche ed umane. Trovo quindi abbastanza difficile che le dimissioni di una persona di quel livello e con quella carica siano state rassegnate, come è stato ipotizzato, in seguito a critiche avanzate da parte della dottrina ad alcune posizioni della Corte costituzionale, che possono avere indotto una persona di quel livello e con quella carica a rassegnare le proprie dimissioni. È, pertanto, evidente che siamo di fronte ad una circostanza che ha fortemente leso e turbato il comportamento del giudice costituzionale, che evidentemente si è sentito stretto, o probabilmente circondato, da una situazione che, di giorno in giorno, è sempre più politica e meno istituzionale. Credo, quindi, che in questa legislatura sia necessario procedere ad un riassetto costituzionale dei vari organi costituzionali del nostro ordinamento. Cosa vuol dire? Vuol dire che la Costituzione vigente, scritta tra il 1946 e 1947 ed entrata in vigore nel 1948, stabiliva un insieme di poteri e doveri con un elemento di garanzia: la Corte costituzionale. In tutto il mondo civile, dopo la rivoluzione francese, nell'organizzazione costituzionale degli Stati si è determinata una distinzione tra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, con meccanismi di controllo vicendevole. Il nostro ordinamento, signor Vicepresidente del Consiglio, non funziona in questo modo. Il costituente del 1948 ha stabilito che il potere giudiziario, insito nello Stato, non fosse esercitato da una magistratura titolare di un tale potere, ma da una magistratura sottoposta alla legge. Quindi, ha avuto una maggiore attenzione alla separazione dei poteri, al punto da far sì che la magistratura non fosse configurata come potere, ma come dovere, e che fosse in tal modo assicurato il primato della legge. È chiaro, infatti, che una magistratura che esercita un potere non può che essere assoggettata al popolo, perché il potere deriva dal popolo, e se così fosse si avrebbe una giustizia di maggioranza contro la minoranza. Si è scelta un'altra strada. La Corte costituzionale, a sua volta, è quell'elemento che funge da «cappello» della garanzia fra gli equilibri dei poteri dello Stato. È evidente che l'indipendenza necessaria ai due poteri dello Stato e a coloro che esercitano, come dovere e non come potere, il potere giurisdizionale deve essere garantita anche alla Corte costituzionale. Questo è un discorso serio. Tale garanzia, evidentemente, non è stata osservata al punto che un elemento di così alto spicco ha ritenuto necessario doversene allontanare. Avremmo voluto sapere se vi siano state altre interferenze non a conoscenza del Parlamento. Questo è il motivo per cui è stato chiesto lo svolgimento di un'informativa. Altrimenti dovremmo pensare che le interferenze siano dovute ad un inesatto assetto della Corte costituzionale al momento dell'istituzione di tale organo costituzionale, cioè nella fase costituente. Credo che non vi siano altre strade se non questa. La Corte costituzionale ha compiuto una serie di atti importantissimi e gode della più ampia fiducia di tutti. Forse ha esagerato nelle proprie attribuzioni nel momento in cui ha emanato le sentenze interpretative di rigetto, perché esse non sono altro che un modo di legiferare. Nel momento in cui è varata una norma, questa deve essere interpretata dai giudici. Il compito della Corte costituzionale - se non ricordo male la Costituzione - è stabilire se l'interpretazione è giusta o sbagliata. Nel momento in cui si scrive una sentenza interpretativa di rigetto, si invade il campo della suprema Corte. Il problema è che la politicizzazione - un dato innegabile con il quale dobbiamo confrontarci - dell'intera magistratura segue i criteri della Corte costituzionale. Certo, non arriviamo ad essere così brutali nel dire che si tratta di una Corte 'comunista', ma certamente, se andiamo a vedere una serie di posizioni e una serie di storie di vita dei giudici, prima e dopo la loro nomina, sicuramente possiamo affermare che la posizione dei singoli giudici non è asettica rispetto alla politica. Se è così - ed è così - noi dobbiamo pensare ad un meccanismo...
. La invito a concludere.
. Grazie Presidente, mi avvio a concludere. Dobbiamo pensare ad un meccanismo che possa restituire alla Corte costituzionale la dignità di un soggetto nei confronti del quale è possibile esprimere delle critiche da parte di tutti, meno che da parte di altri organi costituzionali, perché se così fosse, evidentemente, si sorpasserebbe un limite di accettabilità e di indipendenza di quell'organo.
. Ha chiesto di parlare il deputato Donadi. Ne ha facoltà.
. Signor Vicepresidente del Consiglio, la ringrazio veramente per il taglio che ha voluto dare al suo intervento. Un taglio nel quale la politica, i giudizi, le valutazioni e le opinioni non hanno alcuno spazio. Si è limitato ad un mero resoconto molto puntuale e dettagliato, peraltro, dei fatti accaduti e credo che esattamente questo, e nulla di più, fosse ciò che un Governo chiamato a riferire al Parlamento, con modalità sulle quali mi soffermerò tra breve, dovesse fare per tributare alla Corte costituzionale, organo fondamentale della nostra Repubblica e della nostra democrazia, il doveroso riconoscimento non solo nelle parole ma nei fatti, di autonomia, di autodeterminazione, di reale indipendenza e sovranità rispetto agli altri organi della nostra Costituzione. Allora, Vicepresidente Rutelli, se la sua risposta, che in realtà non è altro che un corretto elenco di fatti, era l'unica risposta che un Governo serio potesse dare, tanto più dopo che il Presidente del Consiglio dei ministri, con parole inequivoche, aveva detto che mai c'era stato e mai ci sarebbe stato da parte dell'Esecutivo non solo il tentativo, ma nemmeno l'auspicio, di condizionare l'operato della Corte e che mai questo si era verificato, viene da domandarsi in che cosa siano consistite le ragioni di questa insistita richiesta di informativa al Governo da parte dell'opposizione. Se devo rispondere alla domanda basandomi sugli interventi dei capigruppo dei colleghi dell'opposizione che finora si sono succeduti, ossia quello dell'onorevole La Russa, che si è interessato poco del caso Vaccarella e, in realtà, ha fatto un grande spottone sul referendum, spiegandoci perché per lui il referendum è così importante, e quello del collega della Lega, che da ultimo si è lasciato andare ad una serie di propositi sulla riforma delle competenze e delle attribuzioni della Corte costituzionale, devo pensare che in realtà la ragione unica di quanto sta accadendo questa sera sia stata esclusivamente quella di ricercare un momento di speculazione politica, di ennesimo confronto e contrasto tra i poli su una questione che sarebbe stato molto meglio lasciare all'autonomia ed alla sovranità degli organi che in questo caso erano chiamati ad esprimersi. Vorrei soltanto aprire una breve parentesi sul tema, ancorché estraneo all'oggetto dell'informativa, introdotto dall'onorevole La Russa, per dire che molto più della serena raccolta delle firme, che evidentemente ci auguriamo tutti, sarebbe il caso di ricordare in quest'aula che se nel Paese esiste oggi un'attenzione data dalla consapevolezza che questo Parlamento ha sì una pistola puntata alla tempia per l'approvazione una nuova legge elettorale, ma tale pistola non è rappresentata dal referendum, bensì da quella legge elettorale indecente, antidemocratica e totalmente autoreferenziale che la precedente maggioranza di Governo ha votato ed ha imposto al Paese. Si tratta di una legge che ha impoverito la nostra democrazia ed ha reso la politica ancora più lontana dai cittadini e rappresenta una pistola puntata perché è costruita per impedire a chi vince le elezioni di poter governare. Ciò che rende il confronto tra le forze politiche così teso e difficile è sapere che il Paese non può permettersi di arrivare ad un'altra legislatura nella quale si voti ancora con quella legge scellerata: sarebbe un'altra legislatura, come quella attuale del resto, pesantemente condizionata per tutta la sua durata dal fatto di dover subire una legge architettata ad orologeria per costruire maggioranze fragili o minime al Senato. Tornando al tema che l'opposizione con tanta insistenza ha imposto, vale a dire la vicenda delle dimissioni del giudice Vaccarella, credo che il concetto fondamentale, richiamato da molti, sia quello della collegialità della Corte costituzionale che è lo strumento principe che garantisce a noi tutti, sia semplici cittadini che autorità, la certezza dell'autonomia e dell'indipendenza della funzione. Tale garanzia si fonda sulla composizione della Corte che il costituente ha voluto mista, vale a dire di nomina parlamentare e di nomina giurisprudenziale. La collegialità non solo è lo strumento attraverso il quale la Corte raggiunge l'obiettività dei propri giudizi, ma deve anche essere lo strumento attraverso il quale la Corte tutela le proprie prerogative, a partire da quella prerogativa sovrana che è costituita dalla sua autonomia e dalla sua indipendenza. Io non metto in dubbio la buona fede e l'onestà intellettuale del giudice Vaccarella, ma è proprio con comportamenti come questi e con il fatto di uscire da questa collegialità e di far sentire la propria voce fuori da quel coro che un collega di Forza Italia ha definito come il vero scudo che dà la forza e l'autorevolezza alle decisioni della Corte e che si rischia di creare ombre di politicizzazione sulla Corte. Potrebbe essere inevitabile che poi inizino le dissertazioni, le domande, le verifiche da parte dei mezzi di stampa. Quesiti del tipo, ad esempio, chi è Vaccarella? Ha un'appartenenza politica? Quale è stata in passato la sua professione politica? Tutti quesiti che non devono in alcun modo trovare ingresso nel dibattito istituzionale, e sta proprio alla responsabilità della politica evitare di portare al confronto politico. Il fatto rilevante è la Corte nella sua collegialità. Credo che sia alla Camera sia al Senato l'opposizione abbia compiuto un grande errore nei confronti proprio di quella Corte costituzionale le cui prerogative diceva di voler tutelare. L'unico vero modo per tutelare la Corte è quello di rispettare non solo la sua libertà di decisione, ma anche la sua libertà di tutelare la propria autonomia con scelte sovrane ed autonome.
. Onorevole Donadi, la invito a concludere.
. Non posso da ultimo non rilevare che, nell'equilibrio tra i poteri, le autorità e le articolazioni istituzionali e politiche che una democrazia deve conoscere, diventa veramente difficile ritenere che chi, proprio in quanto Ministro, ricopre un ruolo e una carica fortemente politica, non possa vedersi riconosciuta la pienezza, la libertà e l'autonomia di un giudizio sia tecnico, sia giuridico, sia politico; è comunque eminentemente politico su un tema politico. Poi sta alla Corte saper sancire e tutelare la sua autonomia, che certamente non è stata rafforzata dalla condotta dell'opposizione.
. Ha chiesto di parlare il deputato Buemi. Ne ha facoltà.
. Il gruppo della Rosa del Pugno apprezza e ringrazia il Governo per l'informativa urgente che lei, onorevole Rutelli, ha oggi reso in questa Assemblea. È stata un'informativa rigorosa, puntuale e pacata su una vicenda che abbiamo difficoltà a collocare in modo oggettivo ed univoco. Condividiamo l'invito all'abbassamento dei toni delle polemiche. Aggiungiamo che è necessario abbassare i toni e non solo su questi argomenti. In democrazia conta il confronto sui contenuti e non la competizione sulle tonalità. E le tonalità, come si può constatare dal frastuono, sono alte su vari argomenti, mentre il confronto di merito non decolla. L'autonomia della Corte costituzionale è garantita dalla qualità dei suoi membri, dalla loro autorevolezza, dalla loro capacità di rendersi autonomi da ogni eccesso di influenza, consapevoli che di influenze ce ne sono state, ce ne sono e ce ne saranno. Essi devono essere in grado di avere un loro libero convincimento e devono essere garantiti dal modo collegiale di procedere della Corte stessa. Su questa vicenda è auspicabile che le dimissioni del professor Vaccarella siano frutto di libero ed autonomo convincimento, sia pure in una forma così radicale, di un legittimo dissenso e non invece parte di una regia che punta, questa sì, alla delegittimazione della Corte. In una democrazia autentica non vi possono essere aree di responsabilità sottratte alla possibilità di critica da parte di cittadini, siano essi liberi da responsabilità pubbliche che con incarichi istituzionali di vario livello. La tripartizione dei poteri e il loro libero diritto a manifestare opinioni e volontà con atti e prese di posizione responsabili, non devono avere altro limite che non sia quello delle leggi. Vi è ancora di più, oggi, l'esigenza di garantire a coloro che, pur appartenendo ad organi collegiali, non intendano condividere le decisioni degli stessi di manifestare in forma pubblica il loro dissenso, siano essi ministri, magistrati, giudici costituzionali o ordinari. La trasparenza in una società autenticamente democratica è un dovere per tutti, e non solo un diritto di chi dissente. In conclusione, vorrei rivolgere un gentile e cordiale invito ai colleghi dell'opposizione, ormai rappresentati solo dal collega Boscetto, che oggi si sono espressi in modo così duro su tale vicenda. Non trasformiamoci in marziani giunti in questi giorni sulla terra. Da tempo, ormai, la storia e la cronaca del nostro paese registrano critiche forti alle più alte responsabilità istituzionali da parte di cittadini, giornali, altre istituzioni, politici ed altri. Si aprono quasi quotidianamente conflitti più o meno espliciti tra le istituzioni. Tutto ciò è ormai giocato in termini mediatici, si fanno processi in televisione, nelle piazze. La realtà non è ciò che è, ma ciò che appare, ed anche le dimissioni del professor Vaccarella fanno parte di questo spiacevole, ma ormai irrefrenabile, rituale .
. Ha chiesto di parlare il deputato Boato. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, colleghi, vorrei esprimere la piena condivisione da parte del gruppo dei Verdi delle dichiarazioni rese poco fa dal Vicepresidente del Consiglio Rutelli a nome dell'intero Governo. Ritengo, tuttavia, che sia stato provocato un dibattito per molti aspetti inutile e pretestuoso in Parlamento, che non credo giovi alla Corte costituzionale, ma che si svolge - e da questo punto di vista giustamente si svolge - perché è stato richiesto dall'opposizione. Come tutti hanno rilevato, è stata corretta la ricostruzione dei fatti dell'onorevole Rutelli, e riteniamo pienamente condivisibili le sue valutazioni assai pacate e rispettose sulla Corte costituzionale, assai ferme sullo stato di diritto e sulla divisione dei poteri. A mio avviso appare, invece, assolutamente privo di giustificazioni e di motivazioni il comportamento dell'ormai ex giudice della Corte costituzionale Romano Vaccarella. Del resto, erano immotivate anche le precedenti dimissioni, in epoca ormai assai lontana - anzi, il primo episodio in epoca lontanissima -, sia da parte di De Nicola, il quale, come tutti sanno (ormai è un fatto storico), aveva le dimissioni «facili» anche in altri ambiti istituzionali, sia, più recentemente, da parte del giudice Ferrari, che aspirava a diventare Presidente della Corte e si dimise perché fu eletto un altro giudice. Non mi parve allora, e non mi pare oggi, un atto di particolare nobiltà e prestigio. La Corte costituzionale non vive in una torre d'avorio. Essa è il giudice supremo della costituzionalità delle leggi, il giudice dei conflitti tra i poteri dello Stato, il giudice dell'ammissibilità dei quesiti referendari, e proprio per questo, nella sua autonomia e indipendenza, la Corte giudica su materie che fanno parte della storia della politica e, come ho detto, degli stessi conflitti istituzionali. Colleghi, decine di volte in quest'aula noi deputati, così come i senatori al Senato, abbiamo espresso giudizi sulla costituzionalità delle leggi, anche con lo strumento delle pregiudiziali di costituzionalità, e questi interventi esprimono giudizi politici sulla costituzionalità delle leggi appunto, giudizi che possono essere confermati o smentiti dalla Corte costituzionale, nella sua piena autonomia e indipendenza. Ricordo quanto io stesso affermai nella scorsa legislatura in quest'aula sul cosiddetto lodo Schifani. La giudicai una norma incostituzionale e mi dimisi per tale motivo da relatore sulla legge di attuazione dell'articolo 68 della Costituzione, legge di cui ero anche il primo firmatario. Molti mesi dopo, la Corte costituzionale giudicò effettivamente incostituzionale quella norma, ma non mi passò allora, e non mi passa oggi minimamente per la testa che la Corte sia stata influenzata dai giudizi da me legittimamente espressi in quest'aula. Le dimissioni del giudice Vaccarella sono state pretestuose e sbagliate perché hanno certamente rischiato di mettere in dubbio l'autonomia e l'indipendenza della Corte costituzionale. Se lui si è dimesso e gli altri giudici no, cosa significa questa diversità di comportamento? Forse che gli altri giudici sono meno attenti alla propria autonomia ed indipendenza? Non ci rendiamo conto quanto pericoloso sia stato questo comportamento, che ha rischiato di delegittimare la stessa Corte costituzionale? Per questo hanno fatto bene gli altri quattordici giudici a respingere all'unanimità, in un primo tempo, le dimissioni e poi, quando sono state confermate, hanno fatto altrettanto bene a prenderne atto. Come tutti gli organismi umani, anche i più alti a livello istituzionale, come la Corte, possono sbagliare. Anche la Corte costituzionale può mutare nel tempo i propri giudizi e la propria giurisprudenza ed essere oggetto di valutazioni critiche, di riflessioni storiche e dottrinarie. Ci sono interi scaffali di biblioteca che testimoniano tutto ciò; ci sono migliaia di pagine di riviste giuridiche che lo documentano. Ma il dibattito e il confronto, anche critico, non solo non minano l'autonomia e l'indipendenza della Corte, ma la rafforzano e la rendono ancora più credibile. Perciò, consideriamo che questo episodio, le dimissioni del giudice Vaccarella, segni una brutta pagina, non nella storia della Corte, ma nella credibilità personale e istituzionale di chi ha dato vita a questa penosa vicenda. Confermo la piena condivisione delle dichiarazioni del Vicepresidente del Consiglio Rutelli, a nome del Governo, e confermo il pieno rispetto dei Verdi per l'autonomia e l'indipendenza della Corte costituzionale, che ancora in queste ore, in questi giorni, è stata fatta oggetto di una polemica strumentale e pericolosa. Mi auguro che gli apprezzamenti positivi e pienamente rispettosi espressi pochi minuti fa, in quest'aula, dal collega Boscetto, che fanno onore a lui, oltre che alla Corte, siano pienamente condivisi dal suo partito. Le dichiarazioni ripetute e sprezzanti del leader dello stesso partito fanno purtroppo ritenere che non sia così. Per noi, questo episodio è chiuso, è davvero chiuso, e forse non si sarebbe mai dovuto aprire, per la dignità della Corte costituzionale ed anche per quella del Parlamento .
. Ha chiesto di parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor Vicepresidente del Consiglio, onorevoli colleghi, non è il caso di soffermarsi ulteriormente sui contenuti, le modalità di funzionamento e le varie forme di esplicazione del pensiero della Corte costituzionale, visto che tutti coloro che mi hanno preceduto hanno richiamato questa formula. Faccio semplicemente presente un elemento: ai giudici della Corte costituzionale, proprio in virtù dell'alta funzione che è ad essi affidata, è attribuita anche una garanzia di oggi addirittura superiore a quella consentita ai parlamentari per quanto concerne la libertà personale, la libertà d'opinione, l'insindacabilità delle opinioni espresse, e così via. È questo un elemento che va sottolineato fortemente per dire con convinzione che la Corte costituzionale ha in sé tutti gli elementi, da sola, per difendersi ampiamente contro eventuali tentativi di intromissione, che nella vicenda in esame, effettivamente, non appaiono essere presenti. Per amor di verità, basta considerare due fatti: ci sono alcune forze dell'opposizione, come ad esempio Alleanza Nazionale, che stanno raccogliendo le firme per il referendum, e quindi stanno esprimendo un parere positivo in ordine ad esso, e ci sono alcune componenti del Governo che, sottoscrivendo il referendum stesso, hanno anticipato legittimamente una loro opinione sul tema. Mi pare alquanto scontato, direi addirittura banale, che ci siano altre forze politiche che dicano di non essere d'accordo esprimendo quella che è una guarentigia costituzionale, cioè la libertà di pensiero, di opinioni e di parola, o altri elementi del Governo che sostengano di non essere d'accordo. Tutto ciò fa parte del dibattito critico nella normale vita politica di un paese democratico, della cui assenza francamente mi stupirei. Mi stupisco, comunque, vedendo un partito come Alleanza Nazionale che ha votato convintamente questa legge elettorale e che poi raccoglie le firme per il referendum per abrogarla. Mi sembra un poco singolare ancorché contraddittorio; tuttavia mutare opinione è legittimo e quindi registro un legittimo esercizio dell'attività politica. Mi associo, in questo quadro definito, alle considerazioni di inopinatezza, di singolarità di comportamento già espresse da alcuni parlamentari che mi hanno preceduto, perché evidentemente il giudice professor Vaccarella si è sentito, come dire, disturbato dall'espressione di alcune opinioni e non dall'esercizio, dalla pratica di altre opinioni. Questo non dimostra serietà, non dimostra applicazione di una funzione, né livello di esercizio dei poteri dello Stato, questo attiene e fa pensare fortemente ad una pretestuosità, ad una presenza di «facciata», a un modo di riempire le colonne dei giornali che, francamente, non serve né alla Corte costituzionale né agli altri poteri dello Stato, la cui separazione è un principio consolidato mi verrebbe da dire da secoli considerando il costituzionalismo europeo moderno, quanto meno da qualche decennio. Tutto ciò ci lascia fortemente perplessi; mi associo alle considerazioni circa la pretestuosità e l'errore nel trascinare il Parlamento in un'analisi, in un dibattito che di fatto non porta a nulla, se non a valutare che, ancora una volta, stiamo impiegando il nostro tempo, affidatoci dagli elettori, su questioni che non portano a nulla, rispetto alle domande che vengono dal Paese. Mi riferisco alle domande di lavoro, di sicurezza, di legalità, di giustizia, di assistenza ai deboli e quant'altro. Mi sembra che, da un lato, dovremmo interrogarci un po' sulle questioni che emergono dal Paese rispetto a quelle che ci poniamo e, dall'altro, voglio sperare, considerare esaurita la problematica, nel momento in cui abbiamo - e di questo ringrazio il Governo e mi associo alle espressioni usate - una puntuale e doverosa esposizione istituzionale di quanto è accaduto, legittima nell'esercizio di poteri autonomi e indipendenti. Non mi considero un giurista di rango costituzionale, non mi avventuro nell'enunciazione ulteriore di divisioni, rapporti e incroci, però da uomo del popolo - come mi piace definirmi - registro uno strano svolgimento di una vicenda, che può avere una spiegazione, e io non credo al caso. Il tempo è galantuomo e quindi speriamo che farà luce e chiarezza più avanti su quello che sta realmente accadendo. A nome del gruppo Popolari-Udeur, invito tutte le altre forze politiche a considerare chiusa la vicenda questa sera, perché non v'è più di tanto da dire sulla stessa. Le dinamiche politiche e istituzionali continuano, proseguono e naturalmente si svolgono senza intrusioni o strani tentativi di «colpi bassi». Laddove questo dovesse dimostrarsi un tentativo di «colpo basso» su un tema che nulla c'entra con quelli che oggi sono i momenti emergenziale del Paese, allora torneremo sul punto più avanti, dicendo e additando anche le responsabilità di chi veramente, se così dovesse essere, può aver messo in discussione la sovranità, l'indipendenza e l'assetto dei poteri dello Stato che sono costati - ricordo - sangue, sacrificio e impegno da parte di molte generazioni.
. Ha chiesto di parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, credo mi sia affidato il compito di concludere i lavori di questa sera e di svolgere il ruolo che una volta l'onorevole Pajetta definì di colui che si accinge a spegnere la luce. Quindi sarò molto breve e voglio anzitutto dare atto al Vicepresidente del Consiglio, l'onorevole Francesco Rutelli, della puntualità e della precisione dell'analisi dei fatti, così come è stata prospettata nella sua breve ma chiara relazione. Inizio anch'io dal riconoscimento, che credo unisca tutte le forze parlamentari, del rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della Corte costituzionale, i cui poteri sono sanciti dall'articolo 134 della Costituzione e le cui modalità di nomina sono sanciti dagli articoli immediatamente seguenti. D'altra parte separerei su questo argomento le questioni. Innanzitutto, e giustamente ciò è stato ricordato dall'oratore che mi ha preceduto, nonché dall'onorevole Boato, distinguerei tra il rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della Corte costituzionale e l'esercizio della libertà di pensiero degli esponenti politici e dei leader dei partiti, i quali possono esprimere giudizi sui singoli atti e dubbi, perplessità e riserve anche sulla costituzionalità dei singoli atti, anche quando essi siano riferiti a referendum abrogativi di leggi elettorali. Non penso che dobbiamo dipingere la Corte costituzionale con toni di sacralità, come è stato fatto da qualcuno precedentemente al mio intervento. Non esiste il rispetto dell'infallibilità della Corte costituzionale (né è richiesto dalla nostra Costituzione) e poi all'infallibilità ha ormai rinunciato perfino il Pontefice, che ha scritto un libro sulla vita di Gesù Cristo e in premessa invita tutti a criticarlo. È assurdo che se rinuncia all'infallibilità il Pontefice dobbiamo riconoscere la stessa ad un consesso di uomini, in parte eletto oltre tutto dal Parlamento. Naturalmente se si entra nel merito del giudizio delle singole forze politiche, dei singoli esponenti sull'uso dei referendum abrogativi per cambiare le leggi elettorali, personalmente, e così anche il mio gruppo e il mio partito, rimaniamo della nostra opinione, che abbiamo già espresso in occasione del primo referendum abrogativo - proposto, per così dire, con uso propositivo - della legge elettorale, ovverosia quello del 1991 sulle preferenze, poi reiterato con l'uso ancora più puntuale dello strumento abrogativo per far «sorgere» una nuova legge. La Costituzione all'articolo 75 prevede la possibilità di usare il referendum abrogativo per sopprimere leggi o parti di leggi, ove per parti di leggi s'intende, a nostro giudizio, articoli di leggi. Ma dal 1991 si è usato lo strumento del referendum abrogativo per far «sorgere» nuove leggi, che è cosa diversa dall'uso abrogativo della legge. È un giudizio che esprimiamo non da oggi e non solo in riferimento alle dimissioni del professor Vaccarella, ma lo sosteniamo da tempo e ritengo senza ombra di dubbio che abbiamo la possibilità legittima di sostenerlo, attraverso il libero pensiero e l'espressione della critica anche rispetto ad alcuni atti della Corte costituzionale. Altra cosa potrebbero certamente essere eventuali ingerenze del potere esecutivo (potere previsto dalla Costituzione) nei confronti di un altro potere, di un altro organo dello Stato come la Corte costituzionale. E - diciamo la verità - ci sono esponenti che sono ad un tempo ministri e segretari di partito, o portavoce di movimenti e di partiti. Due di loro, ad esempio, sono - se vogliamo parlarci chiaro - sul «banco degli imputati»: l'onorevole Mastella, che è Ministro della giustizia e ad un tempo segretario dei Popolari-Udeur, e l'onorevole Pecoraro Scanio, che è ad un tempo portavoce dei Verdi e Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Diciamo che hanno espresso delle opinioni in quanto esponenti-leader, segretari o portavoce dei rispettivi movimenti e non in quanto ministri. Ormai c'è questa duplicità in Italia; non ci sono solo i conflitti di interesse di Berlusconi e a volte ci può essere conflitto di interesse politico tra il ruolo di ministro e quello di esponente politico di rilievo di un partito. Hanno espresso delle opinioni in quanto esponenti di rilievo dei loro singoli partiti o movimenti politici e per tale ragione non vedo assolutamente nulla di anomalo in questo comportamento. Naturalmente sono dispiaciuto che un uomo, autonomo e indipendente come il giudice Vaccarella abbia deciso di dimettersi da un organismo in cui è richiesto l'esercizio del massimo di autonomia ed indipendenza da ogni forza politica e da ogni altro potere. Mi dispiace che queste dimissioni siano state prima respinte e poi confermate e, alla fine, accolte dalla Corte costituzionale. Il rammarico si unisce però al rispetto di una libera scelta di un esponente che ha deciso di compiere un atto che, come è stato ricordato poc'anzi dall'onorevole Gambescia, non ha precedenti nelle motivazioni rispetto agli atti di dimissioni che sono stati praticati prima da Ferrari e da De Nicola. Un atto senza precedenti, ma un atto personale che, in quanto tale, mi sento di rispettare pienamente.
. Constato l'assenza dell'onorevole Neri, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.