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Giovedì 21 Gennaio 2010 ore 09:00
Seduta di assemblea numero 270 della XVI legislatura
Resoconto stenografico
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Seduta di assemblea numero 270 della XVI legislatura del 21/01/2010
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- Lettura verbale
- Missioni
- Proposte di legge (Approvazione in Commissione)
- Sull'ordine dei lavori
- Comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150
- Svolgimento
- Introduzione
- Intervento del Ministro della giustizia
- Discussione
- Annunzio della presentazione di risoluzioni
- Replica e parere del Ministro della giustizia
- Dichiarazioni di voto
- Svolgimento
- Saluto del Presidente agli studenti in aula
- Ripresa discussione
- Preavviso di votazioni elettroniche.
- Ripresa discussione
- Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo e sull'ordine dei lavori
- La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 15,05
- Missioni (Alla ripresa pomeridiana)
- Informativa urgente del Governo sugli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito le regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana
- Interpellanze urgenti (Svolgimento)
- Iniziative per la dichiarazione dello stato di calamità naturale nel comune di Casamicciola Terme (Ischia) - n. 2-00570
- Iniziative per la salvaguardia dei livelli occupazionali degli stabilimenti Novartis presenti in Italia e chiarimenti in merito al contratto stipulato con tale azienda farmaceutica per la produzione del vaccino contro il virus H1N1 - n. 2-00581
- Elementi in ordine alla richiesta di alcuni genitori di allontanare un'insegnante dalla scuola elementare «Jean Piaget» di Roma in quanto appartenente ad un ordine religioso - n. 2-00566
- Iniziative a salvaguardia dei livelli occupazionali e per garantire la continuità produttiva dello stabilimento Omsa di Faenza (Ravenna) - n. 2-00580
- Ipotesi di costruzione di una raffineria nel territorio pugliese - n. 2-00561
- Iniziative in merito al piano industriale Italtel e intendimenti del Governo in ordine all'incremento della copertura finanziaria dei contratti di solidarietà e allo sviluppo della banda larga - n. 2-00579
- Ordine del giorno della seduta di domani
, legge il processo verbale della seduta di ieri.
. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buttiglione, Conte, Evangelisti, Garavini, Genovese, Granata, Jannone, Laboccetta, Marchi, Marinello, Milanato, Angela Napoli, Andrea Orlando, Piccolo, Stucchi e Veltroni sono in missione a decorrere dalla seduta odierna. Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto della seduta odierna.
. Comunico che nella seduta di ieri, mercoledì 20 gennaio 2010, la X Commissione permanente (Attività produttive) ha approvato, in sede legislativa, il seguente progetto di legge: Stefani ed altri: «Modifiche all'articolo 25 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, concernente le sanzioni per la violazione della disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi» (326); Raisi ed altri: «Nuova disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi» (1010); Mattesini ed altri: «Modifiche all'articolo 5 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, in materia di marchi di responsabilità per gli oggetti in metallo prezioso, e all'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, in materia di contraffazione di prodotti nazionali, e altre disposizioni per la tutela del mercato dei prodotti di oreficeria, argenteria e gioielleria» (2032), in un testo unificato e con il seguente titolo: «Nuova disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi» (326-1010-2032).
. Chiedo di parlare.
. Onorevole Zampa, in via eccezionale le concedo la parola, ma questo tipo di intervento dovrebbe essere svolto alla fine dei lavori, comunque, ne ha facoltà.
. È eccezionale anche il tema, signor Presidente.
. Le regole sono sempre quelle, però.
. La ringrazio. Signor Presidente, colleghe e colleghi, è ben presente ai nostri occhi, credo, il dramma umanitario che ci arriva tutte le sere dalle immagini televisive di quanto accaduto ad Haiti. Richiamo l'attenzione di quest'Aula, ancora una volta, e di noi tutti, su un dramma nel dramma, che è quello che stanno vivendo migliaia di bambini haitiani, migliaia di bambini che hanno perso la vita sotto le macerie ed altrettanti che stanno soffrendo per mancanza di cibo, di assistenza, per le ferite, ma soprattutto per l'abbandono nel quale si trovano. Si tratta di una vera emergenza nell'emergenza di fronte alla quale il nostro Paese sta rispondendo anche in maniera straordinariamente affettuosa, con la richiesta di poter aiutare questi bambini. Perciò rivolgo un accorato appello al Governo, perché si attivi in maniera tempestiva con procedure di affido temporaneo sull'esempio di ciò che si fece quando accaddero i fatti di Chernobyl. Il piano di affidi temporanei, al quale avevano aderito tante famiglie italiane, ha funzionato e credo che possa essere un modello da replicare, almeno fino a quando non sussisteranno le condizioni idonee per un successivo rientro in patria di questi bambini e per eventuali procedure di adozione. Aspettare fino alla fine dell'emergenza, come invece ha sostenuto il senatore Giovanardi, per attivare procedure di adozione è, infatti, sbagliato. Questi bambini hanno bisogno di sostegno ora e nel nostro Paese moltissime famiglie hanno chiesto di poterlo fare. Credo che si debba e si possa far tesoro di questa disponibilità, anche perché, considerate le condizioni di questo Paese così tragicamente colpito, è difficile pensare ad una fine dell'emergenza a breve .
. L'ordine del giorno reca la discussione sulle comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150. Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
. Ha facoltà di parlare il Ministro della giustizia, onorevole Angelino Alfano.
, . Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche quest'anno ho l'onore di riferire in quest'Aula sull'attività del Dicastero che rappresento e del Governo in materia di giustizia e di evidenziare i provvedimenti adottati in attuazione dell'indirizzo politico approvato dalla maggioranza degli italiani che ci hanno affidato la responsabilità di governare il Paese. Prima di tutto, desidero rivolgere un ringraziamento al signor Presidente della Repubblica, Capo dello Stato, Presidente del Consiglio superiore della magistratura e garante dell'unità nazionale, per la saggezza che ha avuto modo di dimostrare intervenendo nella delicata materia della giustizia, pronunziando parole sempre decisive per il mantenimento dei necessari equilibri istituzionali. Lo scorso anno ero partito dalla individuazione del più insidioso dei nemici della giustizia: l'insopportabile lentezza nell'affermazione giudiziaria delle ragioni e dei torti, della innocenza o della colpevolezza, che ha fatto del nostro Paese un luogo in cui la durata eccessiva dei processi disincentiva financo gli investimenti stranieri. Tutto questo accade malgrado diverse migliaia di magistrati, avvocati e personale giudiziario fanno quanto è nelle loro possibilità per adempiere al proprio dovere. Oggi, sono qui per dire che la lentezza è un nemico insidioso, ma è un nemico che si può vincere e il Governo ha la strategia per riuscirvi. Vorrei offrire a quest'Aula le cifre chiave del sistema giustizia in Italia, poiché alcuni dati fotografano con nitore lo stato della giustizia in Italia. Vi sono 5.625.057 procedimenti civili pendenti, con un aumento del 3 per cento rispetto al 2008; 3.270.979 sono quelli penali, con una riduzione modesta rispetto all'anno precedente; 65.067 detenuti (di cui 24.152 stranieri) sono reclusi nelle 204 strutture penitenziarie; 20.959 minorenni sono segnalati dall'autorità giudiziaria minorile agli uffici di servizio sociale per i minorenni, con una crescente incidenza dei fenomeni di devianza minorile straniera. Questa enorme mole di lavoro - che non ha eguali negli altri Paesi dell'Unione europea - viene gestita da 9.080 magistrati togati (6.402 giudici e 2.090 pubblici ministeri); 3.513 giudici onorari; 40.456 unità di personale giudiziario; 1.399 addetti al settore minorile; 46.662 dipendenti dell'amministrazione penitenziaria. Tra questi dipendenti, ben 5.183 (circa il 12 per cento) sono impegnati ad effettuare 28 milioni di notifiche manuali ogni anno (pari a 112 mila notifiche al giorno), di cui oltre la metà destinate agli avvocati. Circa il 12 per cento dei soli processi penali viene rinviato per omessa o irregolare notifica e lo stesso processo penale brucia, in media, 80 milioni di euro ogni anno per dichiarare prescritti 170 mila processi (cioè 465 al giorno, festivi compresi). Oltre 30 mila cittadini hanno chiesto di essere indennizzati a causa dell'irragionevole durata del processo, ottenendo decine di milioni di euro di risarcimenti, con un di crescita delle richieste pari al 40 per cento l'anno. La giustizia costa 8 miliardi di euro l'anno, cioè circa 30 milioni di euro per ogni giornata lavorativa. La giustizia italiana è, dunque, com'è noto, in crisi. Per esprimere questo giudizio e formulare questa diagnosi non era necessario, però, pronunziare oggi, in Aula, questa relazione. Sono qui a dirvi, dunque, non solo la diagnosi, ma la nostra ipotesi di terapia. In questo quadro, l'azione che ho avviato rispetta tre linee guida essenziali: l'adozione di misure organizzative; innovazioni legislative in materia sia ordinamentale che procedurale; previsione di un programma di impegni per l'anno 2010. Ed in tal senso proseguirò nella mia relazione illustrando, anzitutto, per ogni singolo settore, gli interventi svolti e i risultati ottenuti. Ma prima di ogni cosa desidero evidenziare gli straordinari risultati conseguiti dal Ministero della giustizia a L'Aquila, in esito al tragico terremoto che il 6 aprile 2009 ha colpito l'Abruzzo. Per la prima volta in epoca repubblicana, poiché l'unico precedente risale al terremoto di Messina del 1908, si sono resi contemporaneamente inutilizzabili tutti gli uffici giudiziari del distretto, insieme alla modernissima sala inaugurata pochi mesi prima del sisma, dove erano allocati dati essenziali e riservati. Ebbene, con uno sforzo eccezionale, dopo due giorni si è organizzato un efficiente servizio provvisorio per gli affari urgenti ed in soli quarantasette giorni si è messa in opera una nuova sede, interamente cablata ed informatizzata. Si è così restituito il servizio giustizia a una intera regione, garantendo la trattazione dei procedimenti in grado di appello relativi agli altri tribunali del distretto. Rivendico con soddisfazione ed emozione questo tributo dovuto ai tanti aquilani che hanno perso affetti, lavoro e proprietà, e sono fiero di aver preteso ed ottenuto che gli uffici giudiziari riprendessero a funzionare proprio all'Aquila, senza dare seguito ad ipotesi di trasferimento in altra sede. Il mio impegno non si è esaurito qui, poiché nei prossimi ventiquattro mesi riusciremo a restituire alla funzione giudiziaria il palazzo di giustizia gravemente danneggiato e sarò, inoltre, presente personalmente all'Aquila, avendo scelto quella sede, il 30 gennaio prossimo, per la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario . La prima parte della relazione vuole riferire all'Assemblea le misure di efficienza, aventi rango legislativo e non, che hanno contributo e potranno contribuire al miglior funzionamento del sistema giustizia in Italia. Dunque, riferisco che secondo noi, per restituire efficienza al sistema giudiziario, sono state operate, anzitutto, scelte di forte innovazione tecnologica ed amministrativa. Avevo già affermato, lo scorso anno, che il Ministro della giustizia deve riappropriarsi della funzione organizzativa che l'articolo 110 della Carta costituzione gli affida e dissi che l'autonomia e l'indipendenza dei giudici non può scindersi dall'efficienza del servizio, precisando che non può chiedersi al Ministro di essere responsabile del servizio giustizia senza che lo stesso abbia potestà organizzative effettive. Ebbene, questo percorso nel corso dell'anno appena concluso ha avuto un forte e positivo impulso pervenendo a risultati significativi, che provo ad illustrare distinguendoli in sette capitoli. Il primo riguarda il piano nazionale di diffusione delle cosiddette . Sul piano amministrativo, il piano nazionale di diffusione delle coinvolge ormai circa un centinaio di uffici giudiziari. È stato definito il progetto di «Diffusione del modello di autoanalisi e miglioramento del servizio giustizia», realizzando una versione personalizzata del sistema giudiziario. Sarà possibile ora attenuare le differenze di rendimento che danno luogo ad una giustizia che si muove a macchia di leopardo, con una inaccettabile disarmonia di trattamento dei cittadini destinatari di un servizio che, a seconda della sede, dà risposte differenti e che, a legislazione invariata e a parità di risorse, fornisce ottimi livelli di efficienza ovvero ritardi e disservizi inaccettabili. Le differenze possono essere clamorose, come in due tribunali del nord Italia distanti solo settanta chilometri, dove il primo raggiunge un indice di smaltimento dell'arretrato del 148 per cento, dimezzando la pendenza dell'ultimo quinquennio, mentre il secondo, nello stesso periodo, vede esplodere il numero dei procedimenti arretrati. Tali divergenze dipendono dal deficit di tipo organizzativo e, talvolta, da una scarsa capacità manageriale e di del capo dell'ufficio. Oggi la temporaneità degli incarichi direttivi e la verifica richiesta dalla legge dopo il primo quadriennio di dirigenza offre una importante opportunità al CSM per una efficace selezione dei capi degli uffici, che si spera non condizionata da logiche correntizie e corporative. Il secondo aspetto riguarda una nuova cultura dell'efficienza della dirigenza negli uffici giudiziari. Per il recupero dell'efficienza del sistema occorrono interventi radicali anche sul piano legislativo e ordinamentale, finalizzati ad affermare il primato delle professionalità gestionale e organizzativa dei dirigenti degli uffici. Il disegno di legge n. 1440, di iniziativa governativa, che è stato depositato al Senato, contiene norme che esprimono una nuova cultura della dirigenza degli uffici giudiziari. Mi riferisco specificamente al disegno di legge di riforma del codice di procedura penale, approvato dal Consiglio dei ministri e oggi all'esame della Commissione giustizia del Senato. È ben noto che un ottimo magistrato può rivelarsi un pessimo dirigente. Per questo abbiamo previsto una formazione specifica per i magistrati che aspirano al conferimento degli incarichi direttivi, con corsi mirati allo studio dei criteri di gestione delle organizzazioni complesse, e abbiamo previsto l'obbligo per il magistrato dirigente di vigilare sul rispetto dei programmi per l'informatizzazione predisposti dal Ministero. Si è poi previsto che il concerto espresso al CSM dal Ministro per il conferimento degli incarichi direttivi debba essere motivato con riferimento alle capacità organizzative e che tale specifica valutazione sia estesa alla conferma delle funzioni di direzione degli uffici giudiziari dopo il primo quadriennio. Un terzo aspetto dell'efficienza riguarda gli interventi in materia di costi e di disciplina delle intercettazioni. Sapete, per avere approvato in questo ramo del Parlamento la legge che era qui all'esame, che in questa materia due questioni rivestono particolare importanza: la e la necessità di razionalizzare i costi del servizio. Nell'ottobre del 2008 ho constatato un debito contratto dal Ministero nei confronti di società che gestiscono i servizi di intercettazione a partire dal 2006 pari a quasi 500 milioni di euro. Gli amministratori di queste società minacciavano, in caso di ulteriore morosità, l'interruzione dei servizi, con intuibili conseguenze gravissime sulle indagini in corso. L'immediata azione del mio Dicastero non solo ha fatto sì che i debiti pregressi fossero onorati, ma, attraverso l'istituzione di un'unità di monitoraggio sulle spese per le intercettazioni, ha evidenziato come il Ministero pagasse, per medesime prestazioni, da 4 a 25 euro al giorno per ogni singola intercettazione telefonica. La presa d'atto di questo ingiustificabile spreco del denaro dei contribuenti e le verifiche disposte hanno determinato nel corso del 2009 un abbattimento della spesa, senza incidere sulla quantità di intercettazioni disposte, con un risparmio dei costi unitari erogati dall'amministrazione stimabile nell'ordine del 25-30 per cento. Si è poi proceduto anche alla creazione di un apposito capitolo di bilancio per sganciare le procedure di pagamento di queste spese dal capitolo generale. Oggi, dopo la larga approvazione presso la Camera dei deputati del disegno di legge di riforma del sistema delle intercettazioni, il Governo aspira ad una sua rapida e definitiva approvazione. La concentrazione delle operazioni di registrazione a livello distrettuale e la previsione di un termine di durata massima delle intercettazioni determineranno un'ulteriore diminuzione dei costi ed una più responsabile ed attenta gestione di tale strumento investigativo. Vorrei ricordare che proprio poche settimane fa, in sede di approvazione della legge finanziaria, quest'Assemblea ha approvato la norma che impone agli operatori telefonici la consegna gratuita dei tabulati telefonici in caso di richiesta da parte dell'autorità giudiziaria, con un risparmio di 18 milioni di euro in riferimento proprio a questo servizio. Quanto al merito delle scelte operate, desidero ribadire che il rafforzamento del sistema del cosiddetto doppio binario lascia inalterato l'utilizzo dello strumento per i reati in materia di criminalità organizzata e terrorismo. Un quarto aspetto su cui siamo intervenuti per assicurare l'efficienza del sistema giustizia è quello delle cosiddette sedi disagiate. Prima di illustrare quanto fatto dal Governo Berlusconi per risolvere il problema delle sedi giudiziarie sgradite ai magistrati, appare necessario sgombrare il campo da una mistificazione. Non si tratta di un problema che nasce in questa legislatura, ma che affligge da sempre il sistema giudiziario. Le cause di questa situazione sono da ricondursi: al fatto che ci sono sedi che sistematicamente non vengono scelte dai magistrati; alla prassi del CSM di destinare tali sedi ai magistrati di prima nomina; alla conseguente fuga verso altri lidi, non appena possibile, di tali magistrati; alla rigidità del sistema di mobilità dei magistrati. In questo contesto, il divieto di destinazione dei magistrati di prima nomina all'esercizio di funzioni monocratiche, introdotto nella precedente legislatura da una diversa maggioranza, non ha determinato effetti catastrofici, ma, semmai, possiede il merito di eliminare il cronico ed imperante «nonnismo giudiziario». In pratica per decenni si è, da un lato, provveduto alla copertura delle sedi sgradite con gli ultimi arrivati e, dall'altro, dopo avere formato in tali sedi i giovani magistrati, si è loro garantita una sede più comoda proprio quando avrebbero potuto spendere efficacemente sul posto la professionalità acquisita. Il Governo è fattivamente intervenuto per porre rimedio a tale situazione e la migliore prova di ciò risiede nei due decreti-legge che, in poco più di un anno, sono stati dedicati alla soluzione di questo problema. Il primo, adottato poco dopo l'esordio di questa legislatura, prevede incentivi anche economici per la copertura delle sedi. La normativa si è rivelata utile, giacché circa la metà dei posti messi a disposizione sono stati coperti, ma non è stata una misura risolutiva. È stato pertanto necessario, nelle scorse settimane, adottare un decreto-legge riguardante «interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario». È stato introdotto un sistema di maggiore cogenza, che ha scatenato polemiche, e mi riferisco specificamente alle norme sul trasferimento d'ufficio. Si tratta - è utile ribadirlo proprio mentre la Commissione giustizia è al lavoro su tale argomento - di una normativa transitoria, che trova un limite temporale nella data del 31 dicembre 2014, poiché entro tale termine andrà a regime la modifica ordinamentale oggi in discussione alla Camera, e idonea a risolvere in via definitiva il problema. Si è anche proceduto ad un aumento del numero delle sedi annualmente individuabili come disagiate dal Consiglio superiore della magistratura, estendendolo ad ottanta, nonché dei magistrati ivi destinabili, aumentati a centocinquanta. Riferisco con soddisfazione all'Assemblea che la Commissione giustizia della Camera ha individuato ieri una soluzione di convergenza parlamentare amplissima, che consente di mettere a regime la norma dal 2014, mantenere fermo il principio del trasferimento d'ufficio, garantire il «no», per l'oggi e per il domani, al «nonnismo giudiziario» con una deroga che riguarda i vincitori di un determinato concorso, che possono rappresentare la soluzione-tampone, unica ed emergenziale, unita alle altre due soluzioni individuate dal Governo. Per questa soluzione esprimo la mia personale soddisfazione, perché garantisce al Paese un'unità del Parlamento e una convergenza parlamentare su temi di tale delicatezza. Un quinto intervento in materia di efficienza è stato sempre previsto nel decreto-legge riguardante «Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario», e che contiene disposizioni per assicurare risparmi di spesa e l'abbattimento dei tempi del processo. Mi riferisco all'anticipazione dell'entrata in vigore del processo telematico, che completa la digitalizzazione della giustizia, applicando l'informatica a tutti gli atti del processo, civile e penale. In particolare, si rendono immediatamente applicabili - e dunque lo sono già - le comunicazioni e le notificazioni telematiche tra gli uffici giudiziari e gli avvocati, ed infatti, salvo che per le notifiche agli imputati, sarà possibile utilizzare la posta elettronica certificata. Su tali interventi mi aspetto una larga condivisione di tutte le forze parlamentari, trattandosi di innovazioni sostanzialmente condivise. L'obiettivo finale è quello di realizzare un'unica «piattaforma di servizi documentali», che consentirà una drastica riduzione del cartaceo, l'abbattimento dei costi e la velocizzazione di tutte le procedure. Sesto capitolo dell'efficienza, è quello che riguarda i risultati del Fondo unico giustizia. Lo scorso anno avevo anticipato che il recupero di efficienza e la razionalizzazione delle risorse disponibili passava anche dall'operatività del Fondo unico giustizia. Com'è noto, confluiscono nel Fondo le somme di denaro e i proventi sequestrati, confiscati o depositati nell'ambito di procedimenti civili, penali, amministrativi e per l'applicazione di misure di prevenzione. Questo innovativo strumento assicura una pronta disponibilità delle risorse da reinvestire nel sistema giustizia, di cui ottimizza la gestione anche sotto il profilo finanziario. Oggi sono già confluiti nel Fondo unico giustizia oltre 1 miliardo 590 milioni di euro, cioè oltre 3 mila miliardi di vecchie lire, che erano giacenti nei conti correnti e che hanno fatto ritorno allo Stato, e che potranno essere utilizzati per la migliore funzionalità del sistema giustizia. Nell'ambito di questa somma, si evidenziano 631,4 milioni di euro disponibili per la riassegnazione al settore giustizia. Ben può dirsi, dunque, che anche questa è una scommessa vinta, grazie al lavoro del Governo, un lavoro che ha condotto all'emanazione del regolamento con il decreto interministeriale del luglio 2009. Un altro risultato - ed è il settimo - è l'ipotesi di accordo-stralcio del contratto collettivo nazionale integrativo del personale non dirigenziale del Ministero della giustizia-Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi e Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, contenente un nuovo schema di ordinamento professionale. Si tratta di una prima fondamentale tappa per il raggiungimento dell'obiettivo dell'efficienza della macchina giudiziaria, perseguito anche attraverso la valorizzazione del personale dell'amministrazione giudiziaria. Molto rimane ancora da fare per l'adeguamento degli organici, per la loro ottimale distribuzione sul territorio nazionale, per implementare ulteriormente le procedure di valorizzazione e per il riconoscimento sia economico che giuridico delle professionalità acquisite. Proprio per queste ragioni sento la necessità di ribadire, in questa solenne occasione e nel luogo in cui risiede la sovranità popolare, il mio sentito ringraziamento a tutti i dirigenti e a tutto il personale amministrativo, che continua a dare quotidiana prova di grande professionalità e di spirito di servizio. Onorevoli colleghi, esaurita la prima parte di questo mio intervento - quella relativa alle misure per assicurare l'efficienza al sistema giustizia - vorrei dire a quest'Aula degli interventi e delle innovazioni legislative che certamente quest'Aula, per esserne stata protagonista, è tenuta a conoscere, ma che io ho il dovere di riferire ulteriormente per dare il senso di un lavoro organico che interviene sia sulla sfera amministrativa sia sulla sfera legislativa. Concluderò poi il mio intervento prendendo alcuni impegni per l'anno 2010. Prima di riferire però sulle importanti iniziative legislative assunte nel 2009, ritengo doveroso rendere conto della intensa attività internazionale che si è svolta nel 2009, sia sul piano bilaterale che su quello della partecipazione agli organismi internazionali. Il 2009, da questo punto di vista, è stato contrassegnato dalla Presidenza italiana del G8, evento di rilevanza mondiale sui temi della lotta alla criminalità organizzata e sulle strategie internazionali nella lotta al terrorismo. L'obiettivo finale di una strategia unitaria da parte della comunità internazionale è stato raggiunto nella Conferenza ministeriale dei Ministri della giustizia e degli affari interni che ha avuto luogo a Roma il 29 e 30 maggio scorso, il cui più importante risultato è stata la dichiarazione finale, sottoscritta da tutti i Ministri, che ha adottato il modello di legislazione italiana in materia di aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati come modello di riferimento per i Paesi aderenti al G8 (e questo per noi è stato un elemento di grande orgoglio e di grande soddisfazione). Particolarmente rilevante è stata, poi, la partecipazione alle attività dell'Unione europea nel settore della giustizia e degli affari interni, e cioè al Consiglio GAI, così com'è stata costantemente fattiva la collaborazione al programma di Stoccolma: nel 2009 si sono svolti, con la partecipazione italiana, sei Consigli di giustizia e affari interni, venti incontri bilaterali, in Italia ed all'estero, e due vertici bilaterali oltre a due conferenze multilaterali. Importante è la collaborazione che si è avviata con il Canada e con gli Stati Uniti, Governo quest'ultimo con cui si è affrontata la vicenda dei detenuti di Guantánamo, tre dei quali sono stati già accolti nelle nostre strutture penitenziarie. Intensi sono stati anche i rapporti con il Ministero della giustizia russo, dai quali ha preso avvio una preziosa attività di cooperazione, culminata nel vertice italo-russo tenutosi alla Farnesina nel dicembre scorso. In questo anno 2010 ci riproponiamo di porre l'Italia al centro del dialogo tra gli ordinamenti giuridici dei Paesi del Mediterraneo, con ciò intendendo contribuire al processo di pace nell'area del Mediterraneo. Passando ora ai provvedimenti legislativi, desidero ricordare che lo scorso anno avevo sottoposto alla vostra attenzione un elenco di settori su cui intervenire, per consentire allo Stato di fornire al cittadino - un cittadino utente del servizio giustizia - una risposta certa, pronta ed efficace nel riconoscimento dei propri diritti. Avevo così distinto precise linee d'intervento riguardanti il processo civile, il processo penale, le norme antimafia, gli interventi sul sistema carcerario, la riforma della magistratura onoraria, la riforma delle professioni del comparto giuridico-economico: si tratta di un programma ambizioso, impegnativo e caratterizzato da un percorso attuativo denso di ostacoli e fonte di polemiche. Devo dire che di quel percorso annunciato oggi, al consuntivo di un anno, sono soddisfatto, a cominciare dagli interventi sulla giustizia civile. A fronte della intollerabile lentezza e farraginosità della giustizia civile, su iniziativa del Ministero della giustizia nel giugno del 2009, come voi sapete, è stata approvata la legge n. 69 del 2009 di riforma del processo civile, ispirata al contenimento dei tempi del giudizio. In questo senso, è stata prevista una nuova disciplina delle spese processuali per ridurre la litigiosità e sanzionare le parti che abusano del processo, cagionando con il loro comportamento danni sia alla controparte sia all'amministrazione giudiziaria. Per ridurre i tempi del processo è stata operata una diffusa riduzione dei termini collocati nel codice di procedura civile. È stato introdotto l'istituto del filtro in Cassazione, che limita l'accesso dei procedimenti al giudizio di legittimità ai soli casi necessari, nonché quello dell', volto a disincentivare, con le penalità anche risarcitorie prefissate dal giudice, inadempimenti non facilmente sanzionabili quali quelli degli obblighi di fare infungibile o di non fare. Vorrei ricordare in quest'Aula che tale norma ha già trovato applicazione da parte dei giudici del nostro Paese. La stessa legge ha poi conferito delega al Governo per la disciplina di un ulteriore istituto fondamentale per la definizione dei processi civili: la mediazione finalizzata alla conciliazione. La mediazione ha lo scopo di evitare la controversia, come già accade in altri Paesi ed in coerenza con una direttiva dell'Unione europea. La delega ha già trovato attuazione mediante l'approvazione del Consiglio dei ministri del relativo decreto e si attende il parere delle competenti Commissioni parlamentari per procedere alla sua approvazione definitiva. Riguardo la giustizia penale, mi sento di dire che questa è stata oggetto di un imponente intervento normativo su impulso del Governo, con particolare attenzione alla sicurezza e all'azione di contrasto alla criminalità organizzata. Merita, al riguardo, un'espressa citazione il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, che ha introdotto, tra i delitti contro la libertà morale, il nuovo reato di atti persecutori (il cosiddetto che punisce le minacce e le molestie reiterate, prima che possano evolvere in delitti ancor più gravi, quali la violenza sessuale o l'omicidio. La norma è già stata applicata numerose volte dall'autorità giudiziaria che ha accertato - in quest'Aula è la prima volta che viene riferito il dato e, quindi, lo dico volentieri - nei primi mesi di vigenza della norma sullo : 5.153 delitti, con l'arresto di 942 persone. In materia di sicurezza pubblica, la legge 15 luglio 2009, n. 94, è intervenuta per reprimere la particolare efferatezza e diffusione di alcuni fenomeni delinquenziali, nell'ottica della tutela della sicurezza dei cittadini. Le nuove norme assicurano, tra l'altro, la difesa dei minori e dei disabili, prevedendo anche un rafforzamento del contrasto al fenomeno dell'immigrazione clandestina. Tra le tante innovazioni, meritano una speciale citazione: l'aggravante per i delitti contro il patrimonio commessi in danno di soggetto portatore di minorazione fisica, psichica o sensoriale; l'aggravante per i soggetti adulti che commettono il reato in concorso con minorenni; il delitto di impiego di minori nell'accattonaggio; l'aggravante per il delitto di violenza sessuale commesso all'interno o nelle immediate vicinanze di istituti d'istruzione o di formazione frequentati dalla persona offesa; l'innalzamento della pena per il delitto di violazione di domicilio; l'arresto obbligatorio nei casi di furto commesso da soggetto che porta indosso armi o narcotici, senza farne uso, ovvero da tre o più persone; l'introduzione della truffa aggravata ai danni di soggetti deboli o anziani. Onorevoli colleghi, sono norme che sono già entrate in vigore nel nostro ordinamento giuridico e che hanno trovato applicazione da parte dei nostri giudici. Norme che prima non c'erano, di cui il nostro Paese sentiva il bisogno di cui rivendichiamo l'importanza perché sono interventi che sono serviti a colmare gravi lacune del nostro ordinamento, soprattutto a tutela di soggetti più deboli e indifesi. Nel contrasto, poi, alla criminalità di stampo mafioso, il Governo Berlusconi ha varato, nei primi 20 mesi, il più efficace e rilevante pacchetto di norme antimafia dai tempi successivi alle stragi di Capaci e di via D'Amelio. La legge 15 luglio 2009, n. 94, a cui facevo poc'anzi riferimento, il cosiddetto pacchetto sicurezza, contiene importanti modifiche in materia sostanziale, in materia di misure di prevenzione antimafia, di sequestro e confisca, così come nella materia dell'ordinamento penitenziario. Tale legge introduce due nuove figure di reato volte ad arricchire la punibilità delle condotte rilevanti nel sostegno illecito delle associazioni mafiose, tra cui spicca il nuovo articolo 391- del codice penale, che punisce l'attività di chiunque consente a un detenuto sottoposto a particolari restrizioni di comunicare con altri. Ma, soprattutto, la legge n. 94 del 2009 fornisce alle forze dell'ordine ed alla magistratura strumenti di straordinaria efficacia nell'azione di recupero dei beni frutto delle attività criminali delle associazioni mafiose, ampliando l'ambito di applicazione delle misure di prevenzione. Si prevede che le misure di sicurezza patrimoniali possano essere applicate indipendentemente dalla pericolosità del soggetto: il principio è che si deve colpire il bene in quanto pericoloso in sé. In tema di sequestro e confisca, si è proceduto al rafforzamento delle ipotesi di cosiddetta confisca estesa, di modo che, disperso il denaro o i beni illecitamente acquisiti, il giudice può ordinare la confisca per un valore equivalente, incidendo sul patrimonio posseduto dal reo anche per interposta persona. Vengono finalmente disciplinate in modo chiaro le modalità di esecuzione dei sequestri preventivi e viene istituito l'albo nazionale degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati, che garantirà una specifica professionalità nella gestione dei beni sottratti alla criminalità organizzata in grado, dunque, di produrre economie legali, assicurando il mantenimento dei posti di lavoro. Le forze di polizia saranno dotate dei beni mobili registrati sequestrati, che potranno essere loro affidati per lo svolgimento dei compiti di istituto. Molto importanti sono anche le altre misure di natura amministrativa, introdotte con la legge sulla sicurezza pubblica. Al fine di prevenire le infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti, è attribuito al prefetto il potere di disporre accessi ed accertamenti nei cantieri. Infine, la legge modifica la normativa in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali a causa di infiltrazioni e di condizionamenti di tipo mafioso. Queste modifiche legislative stanno già producendo risultati importanti, direi straordinari, mai conseguiti in passato, dei quali le forze dell'ordine e la magistratura sono le prime testimoni e protagoniste. La imponente mole di sequestri e confische definitive operata anche in queste ultime settimane - anche ieri mattina a Napoli - dimostra il concreto valore di questi provvedimenti e l'azione dello Stato sarà anzi rilanciata di fronte a tanto violente quanto vili forme di reazione. Ne è prova l'azione ferma, immediata ed efficace del Governo Berlusconi in risposta ai recenti e gravi fatti di Reggio Calabria. In questo senso il mio Ministero ha già avviato le procedure per incrementare gli organici degli uffici giudiziari di Reggio Calabria, dotandoli di due posti in più sia nella procura generale sia nella procura della Repubblica sia nel tribunale. Veniamo ora al sistema carcerario. La situazione carceraria nel nostro Paese mi ha spinto, il 13 gennaio scorso, a chiedere - esattamente il giorno dell'approvazione delle mozioni in questa Aula sulla situazione carceraria - il pronunciamento da parte del Consiglio dei Ministri dello stato di emergenza, così come avevo preannunciato appunto in quest'Aula. Svanito l'illusorio effetto dell'indulto del 2006 in conseguenza del continuamente crescente degli ingressi nelle carceri del nostro Paese, la dichiarazione dello stato di emergenza costituisce uno strumento fondamentale per provvedere ad interventi strutturali di medio e lungo periodo, che consentano di rispettare il precetto dell'articolo 27 della Costituzione, secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Il piano carceri che scaturirà dagli atti conseguenti alla dichiarazione di emergenza si poggia su tre pilastri fondamentali: gli interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione, in prima battuta, di 47 nuovi padiglioni e la successiva realizzazione di nuovi istituti detenzione; gli interventi normativi che introducono la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità; l'assunzione di 2 mila nuovi agenti di polizia penitenziaria. A partire dal 2011, poi, saranno realizzate le altre strutture previste dal piano. Complessivamente tali interventi porteranno alla creazione di 21 mila 709 nuovi posti negli istituti penitenziari e al raggiungimento di una capienza totale di 80 mila unità. Per realizzare tutto ciò saranno utilizzati 500 milioni di euro, già stanziati in finanziaria, e altri 100 milioni di euro provenienti dal bilancio della giustizia. Parallelamente a questo intervento, ho avviato, con l'appoggio del Vice Presidente della Commissione europea, del Ministro della giustizia spagnolo (il cui semestre si avvia proprio domani mattina a Toledo) e del Ministro della giustizia svedese (che proprio oggi conclude il proprio mandato semestrale), un'azione europea per dare soluzioni concrete a quei Paesi nei quali il problema del sovraffollamento nelle carceri è determinato anche dalla massiccia presenza di detenuti stranieri. L'obiettivo è quello di ottenere il trasferimento dei detenuti nei loro Paesi d'origine e di giungere all'elaborazione di un piano europeo per le carceri, anche tramite l'uso dei fondi dell'Unione. Ebbene, nel quadro dell'approvazione del Programma di Stoccolma 2010-2014 per un'area di libertà, di sicurezza e giustizia europea, il Parlamento europeo ha approvato nel novembre scorso una risoluzione che getta le basi per il raggiungimento di tale duplice obiettivo. Questa risoluzione e l'inserimento nel programma di Stoccolma è frutto dell'iniziativa politica italiana, di questo Governo e dei parlamentari europei eletti in Italia, senza distinzione di schieramento partitico e politico. Quanto alla concreta applicazione del regime detentivo di cui all'articolo 41- dell'ordinamento penitenziario, esso riguarda ad oggi un totale di 645 detenuti. Le donne sottoposte al 41- sono tre. Al 14 dicembre 2009 erano stati emessi 112 decreti ministeriali di prima applicazione, a fronte degli 87 emessi nel corso di tutto il 2008. Nell'ultimo anno il regime del carcere duro ha potuto trarre un notevole rafforzamento anche dalle novità introdotte dalla recente legge n. 94 del 2009. Si è infatti resa ancora più impermeabile la possibilità di contatto tra il mafioso detenuto e gli associati in libertà, allo scopo di stroncare ogni possibile forma di comunicazione sia interna che esterna. Inoltre, è stata introdotta una sostanziale innovazione dell'istituto, i cui punti più rilevanti sono: l'estensione della durata del provvedimento ministeriale e delle successive proroghe; la precisazione dei criteri cui il giudice si deve attenere nel valutare se disporre o meno la proroga stessa; l'accentramento della competenza in materia di reclamo in capo al tribunale di sorveglianza di Roma, per il quale è stata opportunamente avviata la procedura di aumento dell'organico. A riprova della funzione strategica che abbiamo inteso attribuire al regime detentivo speciale dell'articolo 41-, vi segnalo che - qualche giorno fa -, in perfetta sincronia con la direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, ho disposto, nei confronti di cinque pericolosi esponenti della mafia nissena già detenuti, l'immediata applicazione del regime speciale, così contribuendo a sventare il progetto di attentato, ordito dagli stessi, contro un magistrato ed altri esponenti della società e delle istituzioni operanti nella medesima sede giudiziaria. Ancora una volta, dunque, la collaborazione tra procura antimafia ed uffici ministeriali ha consentito di dare una risposta immediata nel contrasto alla mafia, dando prova dell'importanza dell'impegno unitario dello Stato contro la criminalità organizzata. Onorevoli colleghi, ho descritto le sette grandi misure di efficienza che abbiamo già avviato, e alcune già concluso, per restituire efficienza, anzi per dare efficienza al sistema giustizia. Ho tentato di riepilogare le importanti innovazioni legislative che si sono sviluppate in Parlamento e che hanno avuto epilogo positivo nel corso dell'anno appena concluso. Adesso riferisco degli obiettivi che ci prefiggiamo per l'anno appena iniziato. Abbiamo intenzione di proporre al Parlamento un piano straordinario di smaltimento dell'arretrato civile; di dare soluzione definitiva al problema dei vuoti di organico nelle sedi disagiate; inoltre, la riforma della magistratura onoraria; la riforma dell'avvocatura; la legge sulle intercettazioni; la riforma del processo penale; il disegno di legge sulla ragionevole durata del processo penale, il quale, benché di iniziativa parlamentare, è sostenuto dal Governo; l'attuazione delle deleghe del processo civile, tra le quali la semplificazione dei riti e la previsione dell'atto pubblico entro precisi termini previsti dalla legge delega; l'istituzione del tribunale della famiglia; l'introduzione nel codice civile del contratto di fiducia e del contratto informatico; l'attuazione del principio di sussidiarietà mediante un'organica riforma degli enti giuridici; un nuovo piano antimafia e le riforme costituzionali. Alcuni di questi argomenti meritano qualche approfondimento prima di rassegnare le mie conclusioni. Per quanto concerne il piano straordinario di smaltimento dell'arretrato civile, soltanto con l'alleggerimento dell'enorme fardello dei procedimenti arretrati sarà possibile ottenere concreti benefici dalla riforma del processo civile e dal grande processo di informatizzazione e digitalizzazione cui stiamo sottoponendo il sistema giustizia. L'intera analisi dei flussi consente di affermare che il sistema processuale civile riesce a smaltire quasi per intero il totale dei processi annualmente sopravvenuti: nel 2008, su 4.826.373 procedimenti sopravvenuti, quelli esauriti sono stati ben 4.605.551, con un saldo negativo di circa 220.000 processi (il 3 per cento cui mi riferivo in premessa). Il vero problema da risolvere non è dunque quello di assicurare che ogni anno venga smaltito un numero di processi civili pari a quello che in quell'anno entra perché ci siamo quasi: c'è un 3 per cento di efficienza da aggiungere al sistema per raggiungere il 100 per cento di smaltimento. Il vero problema è che, anche smaltendo il cento per cento di quelli che entrano, si fanno sempre i conti con i cinque milioni di arretrato. Per questo motivo il vero problema da risolvere è quello dell'eliminazione di tale arretrato. Per questo motivo, presenterò in tempi brevi al Consiglio dei Ministri il piano straordinario per lo smaltimento dell'arretrato civile, poiché anche quest'anno il rapporto 2010, recentemente pubblicato dalla Banca mondiale, vede l'Italia al 78o posto su 183 nazioni e dimostra l'incidenza negativa del sistema giudiziario sugli investimenti delle imprese straniere, mentre il in materia di contratti vede precipitare l'Italia al 156o posto. Ecco perché abbiamo la consapevolezza e il dovere di considerare lo stato della giustizia civile una vera e propria emergenza nazionale, da affrontare con strumenti straordinari e fortemente innovativi. Sul fronte della riforma della magistratura onoraria, il Consiglio dei ministri è in procinto di varare un provvedimento di riordino complessivo del suo ruolo e delle sue funzioni della magistratura onoraria, così come previsto dalla legge n. 127 del 2008, il cui esame è già stato avviato prima della sospensione natalizia. Il disegno di legge persegue l'obiettivo di attuare una riforma organica della magistratura onoraria, muovendosi lungo tre direttrici fondamentali: la predisposizione di uno statuto unico della magistratura onoraria, applicabile ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari; la rideterminazione del ruolo e delle funzioni dei giudici onorari di tribunale; la riorganizzazione dell'ufficio del giudice di pace. L'intervento è altresì finalizzato a contenere la durata del processo entro il termine di ragionevole durata imposto dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, attraverso una migliore organizzazione e gestione delle risorse disponibili. Inoltre, vi è la riforma delle professioni. Già lo scorso anno avevo riferito che il Governo intende procedere ad un'organica riforma delle professioni, coinvolgendo direttamente gli ordini degli avvocati, dei notai e dei commercialisti. Il confronto è iniziato da tempo ed è già stato elaborato un testo condiviso, che il Governo non ha voluto fare proprio, presentandolo in Consiglio dei ministri, al fine appunto di consentire che fosse il Parlamento a promuoverlo ed il Governo a sostenerlo nelle aule parlamentari. Alcuni aspetti di tale disegno sono fortemente innovativi e danno luogo a nuove importanti garanzie per i cittadini utenti, come la disciplina delle società tra avvocati, e tra avvocati ed altri professionisti; la riserva esclusiva agli avvocati della difesa in ogni giudizio; il mantenimento dell'iscrizione all'albo condizionato dalla prova dell'esercizio effettivo e continuativo della professione; l'eliminazione dell'iscrizione automatica all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, condizionata ora al superamento di un esame o di un corso-concorso. Come si vede, è una riforma incentrata sulla qualità professionale ulteriormente rafforzata da nuove modalità di accesso alla professione. Signor Presidente e onorevoli colleghi, il quadro che ho illustrato offre - e mi avvio verso la conclusione - il senso di un'azione organica del Governo finalizzata a concretizzare un solenne impegno preso non soltanto con i nostri elettori, ma con tutto il Paese: riformare cioè un sistema giudiziario da troppo tempo malato ed autoreferenziale. Il tempo trascorso in questa prima parte di legislatura è servito a convincermi, definitivamente, che per ottenere risultati duraturi non basta un'azione di tipo ordinario, anche se attenta e scrupolosa. Occorre procedere alla riscrittura di alcune fondamentali e strategiche regole costituzionali che, ferma l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, attribuiscano al giudice il ruolo centrale nell'esercizio della giurisdizione e garantiscano ad un separato ordine dell'accusa piena autonomia nell'esercizio dell'azione penale nonché nello svolgimento delle indagini sulle notizie di reato che ad esso pervengano. Bisognerà, inoltre, prevedere le giuste procedure che consentano - fuori da ogni logica punitiva ma nello stesso tempo lontani da difese corporative - di affermare il binomio potere - responsabilità anche nell'esercizio della giurisdizione. In quest'ambito dovranno anche essere adeguate e ripensate la struttura, la composizione e la funzione del Consiglio superiore della magistratura, ben oltre l'esigenza di innovarne il sistema elettorale che, com'è noto, può essere modificato con legge ordinaria. Occorre, infatti, restituire, in concreto, al Consiglio superiore la sua funzione di organo di garanzia, superando ogni equivoco su una malintesa sua funzione rappresentativa, che non pare coerente neppure con il disegno originario dei nostri Padri costituenti e che, invece, si è insinuata spesso nella prassi consiliare. Occorre, infine, garantire assoluta autonomia, separatezza ed esclusiva natura giurisdizionale - anche riguardo alla sua composizione - alla giustizia disciplinare, in modo da evitare le negative conseguenze di una giurisdizione domestica. È con questi intendimenti che, onorevoli colleghi, sono certo che, con il sostegno dei partiti e dei singoli parlamentari sensibili al processo delle riforme anche costituzionali, questi temi potranno rappresentare il punto centrale del dibattito pubblico ed istituzionale per il 2010, che ci auguriamo possa rappresentare l'anno della compiuta riforma ordinaria e costituzionale del sistema giudiziario italiano
. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Ministro della giustizia. È iscritto a parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, eccellenza Guardasigilli, abbiamo seguito con estrema attenzione la sua relazione, che è esaustiva per quanto riguarda i problemi che sono sottoposti al suo Dicastero. Ritengo di doverle sottoporre degli ulteriori problemi, che penso siano, quanto meno, di altrettanta serietà. Mi riferisco, ad esempio, al caso Tolin di qualche anno fa. Tolin era il direttore di e fu arrestato da Vittorio Occorsio (che, poi, fu ucciso da Concutelli). I magistrati che si riunirono, all'epoca, a Bologna, dissero: «L'assemblea nazionale di "Magistratura democratica" riunita a Bologna (...) di fronte ai ripetuti recenti casi che hanno messo in pericolo, in vario modo, la libertà costituzionale di manifestazione e diffusione del pensiero e hanno provocato allarme ed apprensione nell'opinione pubblica e nella stampa, la quale ultima, giustamente, ha rilevato che i provvedimenti adottati hanno creato un clima di intimidazione (...)». A fronte di questo, vi è stato un altro caso, quello di Umberto Bossi. Egli disse una cosa, che all'epoca era abbastanza naturale e che abbiamo sentito dire numerose volte dagli esponenti della sinistra: cioè, che i fascisti avrebbero avuto un trattamento, per così dire, particolarmente vivace. A fronte di ciò, Bossi fu incriminato e condannato. Vi sono due pesi e due misure, ma non è un caso, signor Ministro, che vi sia uno schieramento così preciso ed univoco. Il dato è che, oggi, la magistratura ha assunto una funzione politico-istituzionale che non può essere assolutamente negata. Non siamo qui a difendere il Premier o le varie persone che sono imputate di reato: ci chiediamo il motivo per il quale queste persone sono state assolte più e più volte. Il problema non concerne i due processi a carico del Premier, ma le centinaia di processi nei quali è stato assolto...
. Prego, onorevole Brigandì.
. Signor Ministro, le chiedo scusa, ma ci terrei alla sua attenzione. Quindi, è evidente che siamo di fronte ad un momento non di mera persecuzione giudiziaria, ma ad un momento di involuzione del sistema, che ha portato la magistratura a porsi come postsessantottina (senza, però, essere stata processata come sono stati processati gli altri) e a fare in prima persona la rivoluzione. In buona sostanza, oggi, la magistratura è nient'altro che la diretta opposizione di questo Governo. Il cosiddetto processo breve risponde a criteri di tutta evidenza. Non si può pensare - come abbiamo visto nei giorni scorsi - a processi che durano diciassette anni, dopo i quali, poi, si dice: mi scusi, ma lei è innocente. A loro cosa interessa? Non le decine di processi brevi che andava a far cadere in perenzione, ammesso che sia vero; a loro, piuttosto, interessa che non vada a far cadere in perenzione quel processo. Questo è l'unico meccanismo per cui metà di questo Parlamento si sta schierando in lotta per difendere quel processo che è l'unica arma che si ha per sovvertire il voto popolare. Questa è la questione ! Pertanto, noi non possiamo ancora non evidenziare le interpretazioni collettive: se lei controlla, all'interno dell'associazione nazionale dei magistrati, vi è un giro di e-mail dove i giudici chiedono agli altri come poter aggirare la legge Bossi-Fini, come si possa scarcerare questa gente che deve rimanere in carcere. In altre parole, vi è, sostanzialmente, un allargamento di vedute che non può non essere politicamente inserito nell'ambito di un complotto generalizzato, perché di quello si tratta! Pertanto, signor Ministro, a lei spetta un compito ben più gravoso: reinserire la magistratura nell'ambito di un ordine, perché ormai è un potere che si contrappone e si giustappone a quelli che, attualmente, vengono esercitati dallo Stato. Si pensi, addirittura, a ciò: con tutto il rispetto che noi tutti abbiamo - io per primo - per la persona del Capo dello Stato, quando il Capo dello Stato ha avuto da dire qualcosa nei confronti dei magistrati, l'ha detto in conferenza stampa, non ha riunito, lui, come Presidente, il CSM per andare a parlarci di persona, cosa che avrebbe avuto probabilmente una maggiore efficacia. Pertanto, il primo punto del suo impegno, o meglio, quello che noi pensiamo di doverle suggerire, signor Ministro, è la riforma del Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio superiore della magistratura, ormai, è un organo deviato, non fosse altro perché, ogni volta che ci apprestiamo a fare una legge, esso viene a spiegarci se la legge è giusta o sbagliata, se è conveniente o sconveniente; e quando la variamo, i singoli giudici spiegano come aggirarla. Ebbene, se la magistratura è sottoposta alla legge, non può, evidentemente, interferire nel processo di formazione. Nel momento in cui lo fa, evidentemente, si crea un meccanismo al quale noi dobbiamo dare una risposta politica, qui e adesso. Noi non facciamo leggi per difendere Silvio Berlusconi, ma stiamo facendo leggi che servono a difendere il Presidente del Consiglio dei ministri, chiunque esso sia, se è di centrodestra! Dunque, vi è un unico meccanismo che mi permetto di suggerirle, a costituzione vigente e in forma costituzionale: a costituzione vigente, dobbiamo pensare di togliere l'efficacia dei provvedimenti del CSM, quando essi siano impugnati davanti al TAR. Oggi, se lei guarda il contenzioso (che poi tutti i cittadini pagano) del CSM di fronte al tribunale amministrativo regionale, vedrà che esso è di proporzioni enormi. Ed è di proporzioni enormi perché? Chiedo scusa...
. Prego, vada avanti.
. Come dicevo, il contenzioso è di proporzioni enormi perché? In quanto il CSM, presso un tale posto in procura, mette Tizio piuttosto che Caio, rispondendo a determinate esigenze di carattere correntizio; Caio fa ricorso al TAR; finito il ricorso al TAR, intanto, Tizio ha già preso il posto dirigenziale. Morale: Tizio è contento perché ha preso un posto che non gli spettava, Caio è contento perché verrà risarcito e il CSM è contento perché stabilisce che lì comanda lui e non vi è nessuno che sia in grado di «metterci becco». Pertanto, la prima nostra considerazione è che almeno i provvedimenti del CSM non siano viziati di eccesso di potere, violazione di legge e incompetenza, quindi rendiamoli effettivi dopo la decisione del TAR e che questa sia breve. In secondo luogo, sempre a Costituzione vigente, dobbiamo eliminare il meccanismo disciplinare per il quale si assolvono gli amici e si condannano i nemici e rimandarlo - sia pure ad altri magistrati, sorteggiati come possono essere i componenti di una Corte d'assise, e certamente non sottoposti al Premier - al di fuori del Consiglio superiore della magistratura: che il Consiglio superiore della magistratura adempia al compito per il quale la Costituzione lo ha istituito, quello di amministrare i giudici. Ancora, signor Ministro, dobbiamo pensare ai magistrati onorari come a una risorsa seria, perché sono la risorsa seria. Infatti, se i magistrati onorari non ci fossero, la nostra giustizia sarebbe paralizzata. Non possiamo considerarli come dei colleghi di rango minore. Perché, signor Ministro, non pensiamo che essi possano costituire degli elettori attivi all'interno del CSM? Perché non pensiamo che, al pari di qualsiasi altra categoria di lavoratori, abbiano diritto a un posto non precario e alla comparazione di cui all'articolo 106 della Costituzione? Altra questione, gli atti politici della magistratura nei confronti dei politici di questa Assemblea sono atti con una valenza di lacrime e sangue. Abbiamo sentito ieri della problematica sorta in seguito all'assoluzione del collega Mannino. A fronte di tale problematica, signor Ministro, proprio il leader del partito in cui milita l'onorevole Mannino sostiene che dobbiamo operare insieme, maggioranza e opposizione, perché i casi Mannino non accadano più. Sono rimasto stupito dall'intelligenza e dall'acutezza di questa affermazione. Chi avrebbe mai pensato di dover fare qualcosa di questo tipo? Incredibile. Per non saper né leggere, né scrivere, quindi per non andare a fare cattive figure con l'altra parte dell'Aula, si aggiunge che accelerare il processo è una priorità, ma attenti ai rimedi, che a volte sono peggiori del male. State quindi attenti: i processi vanno fatti in maniera celere per tutti tranne che per uno, perché se facciamo un processo breve nei confronti di «quello lì», il processo sarà peggiore del male. Parlo di Mannino, ma parlo anche di Del Turco. Questo signore è stato tirato giù, nonostante sia stato eletto dal popolo; è stato sovvertito il potere amministrativo all'interno di una regione, e quale è stato il risultato? Parlo di questo per non parlare di Mastella. Ci trovavamo in una situazione in cui il Partito Democratico era un partito di plastica e in Aula erano presenti dei deputati inseribili in partiti diversi rispetto a quello Democratico; quale migliore occasione, se non prendere il Ministro della giustizia e far sì che cadesse il Governo? Questo è avvenuto per mano della magistratura, alla faccia della volontà popolare. Dobbiamo pensare, signor Ministro, ad una Non possiamo pensare che una persona che va a finire in carcere per sette giorni e a cui viene distrutta la vita, la sua credibilità politica - che è la sua credibilità come uomo - e la sua vita familiare, costruite in anni di duro lavoro, sia compensata, come avviene oggi, con circa cento euro per ogni giorno di carcere. Dobbiamo trovare un meccanismo per la dobbiamo trovare un meccanismo per il quale ai giudici che hanno sbagliato vengano quanto meno inserite nel loro fascicolo personale le sentenze in cui hanno sostenuto delle stupidaggini: questo è un dato con il quale dobbiamo confrontarci E che dire della diffamazione ad oltranza che certi giudici fanno per amore del loro processo? Devo citare il caso Andreotti in relazione al quale, pur essendo stato assolto dalla Cassazione che ha detto che il reato associativo non è quello del primo grado e neppure quello dell'appello, ma è un caso diverso; ebbene, a fronte di ciò, è stato pubblicato un libro dove si afferma che la Cassazione ha sostanzialmente condannato Andreotti e che il Senato - non i senatori, signor Ministro, ma il Senato - per ritorsione nei confronti di quel giudice, ha approvato delle leggi quando tutti sanno che quelle leggi non erano applicabili a quel giudice, ma che questi semplicemente non era stato preferito dal CSM rispetto a colui che, invece, ha vinto il raffronto. Signor Ministro, avrei piacere di sottoporre alla sua cortese attenzione un'altra questione; i giudici facciano i giudici. Il loro stipendio, come noi tutti sappiamo, è praticamente equiparato al nostro (in teoria, perché il nostro è fermo, mentre il loro è andato avanti) quindi è di tutto rispetto e i giudici hanno raggiunto i loro livelli di remunerazione in base al principio che fanno il massimo straordinario possibile. Allora, signor Ministro, come possiamo pensare a dei giudici che hanno delle cattedre universitarie, come se i professori universitari non facessero nulla? Come possiamo pensare che se abbiamo bisogno di ricorrere ad un lodo arbitrale risolviamo il nostro problema con il magistrato «Tizio» nel tempo di tre mesi, mentre se portiamo la stessa controversia davanti al tribunale la risolviamo nel giro di quattro anni? I giudici non possono fare dei lavori diversi, come ad esempio l'arbitrato. Un ultimo problema. Lei, signor Ministro, lo ha accennato nella sua relazione, è una persona preposta all'amministrazione e alla predisposizione dei criteri organizzativo-amministrativi del suo Dicastero. Ebbene, mi vuole spiegare per quale motivo un soggetto laureato in legge, che non sa nulla di e che finalmente è riuscito, tramite gli amici degli amici, a ottenere un posto dirigenziale, deve andare a dirigere delle persone? Il problema non è tanto quello che va a dirigere delle persone con incompetenza, perché certamente non è quello il suo mestiere, ma soprattutto il fatto che sottrae il tempo che deve dedicare alla giustizia per svolgere delle attività diverse. Mi chiedo: a quante udienze ha partecipato il presidente del tribunale di Milano? Quante sentenze ha scritto il presidente della Corte d'appello di Milano? Quante accuse ha portato in tribunale il procuratore generale di Milano presso la procura e presso la Corte d'appello? Nessuna. Quindi, dobbiamo trovare dei meccanismi per ricondurre la magistratura all'interno di quello che è, cioè un ordine giudiziario sottoposto alla legge, in cui deve essere garantita l'indipendenza dei singoli magistrati non solo nei rapporti con la politica e con il Governo, ma anche nei confronti del resto della magistratura affinché un giudice, per compiacere il Consiglio superiore della magistratura, non renda delle sentenze che gli permettono di fare carriera. La ringrazio per l'attenzione, signor Ministro .
. È iscritto a parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.
. La ringrazio, signor Presidente. Signor Ministro, l' della sua relazione anche quest'anno, da un lato, dà il senso della ritualità dell'atto che la maggioranza si appresta ad approvare, cioè le sue comunicazioni, e dà anche il senso della solennità, come lei l'ha definita, di quest'atto, Dall'altro lato, però, consente a noi di dire e di registrare che anche quest'anno le questioni di merito affrontate - anche in ordine al modo in cui lei intende affrontarle - non solo sono un po' sotto tono rispetto alle attuali esigenze, ma soprattutto sono inadeguate rispetto alle esigenze che il nostro Paese ha a causa delle molteplici defezioni del sistema giudiziario. Anche quest'anno, signor Ministro, sarebbe sufficiente che lei andasse a rileggere - penso che l'abbia fatto - la relazione dello scorso anno affinché quest'Aula verifichi che anche quest'anno gli obiettivi che lei intende perseguire, e con i quali lei ha concluso la sua relazione, sono esattamente quelli contenuti nella relazione dello scorso anno. Quindi, anche quest'anno siamo ancora agli annunci, ad una elencazione di dati e di cifre e ai diversivi, perché gli obiettivi a cui ha fatto riferimento sono gli stessi di un anno fa. Anche un anno fa, infatti, lei ha parlato di un piano straordinario per eliminare l'arretrato per ciò che concerne il contenzioso civile, di informatizzazione e di digitalizzazione dei processi, in particolare, di quello civile. Anche un anno fa lei ha parlato in quest'Aula di volere affrontare e risolvere il problema delle sedi disagiate su cui tornerò tra un attimo trattandosi di un problema di attualità. Con il decreto-legge che arriverà in Aula tra una settimana, invece, noi siamo costretti ad approvare l'ennesima proroga. Anche un anno fa ci ha detto che avrebbe affrontato - e se lo è posto come obiettivo - una riforma della magistratura ordinaria, delle professioni e del processo penale. A distanza di un anno, ci troviamo a registrare gli stessi annunci, quindi abbiamo perso un anno e, ormai, stiamo per raggiungere i due anni di questa legislatura. Mentre un anno fa potevamo anche capire, in quanto era il suo primo anno come responsabile del Dicastero della giustizia, oggi è passato un altro anno e nulla è stato fatto. Ciò è dovuto, signor Ministro, al fatto che è mancato il senso di un'azione organica che pure lei ha sottolineato come suo merito e come merito di questo Governo. È mancata, invece, signor Ministro, proprio quest'azione riformatrice ampia e organica, come lei l'ha definita. Si ha, al contrario, proprio un'azione di inerzia riformatrice che non può essere ulteriormente tollerata, così come non può essere più consentito ricorrere, in luogo delle riforme di sistema e delle riforme ampie, a provvedimenti scorciatoia quale il disegno di legge sul processo breve approvato ieri in Senato. Allora, signor Ministro, a distanza di un anno chi ha responsabilità come la sua si sarebbe dovuto chiedere come viene percepita dai cittadini e dall'opinione pubblica la situazione della giustizia. Secondo noi continua ad essere partecipata come un elemento di ritardo e di rallentamento. Tutto ciò avviene in questa fase delicata di crisi economica e finanziaria che il Paese sta vivendo. Se non riusciamo a liberare veramente il Paese da questo macigno, che lo rallenta - non tanto e non solo in ciò che accade nelle aule di tribunale, ma nelle sue ricadute sulle dinamiche dello sviluppo e del progresso del Paese -, non faremo il nostro dovere, proprio perché è anche attraverso il sistema giudiziario che si misura l'indice di funzionalità del sistema economico e sociale del nostro Paese. Signor Ministro, l'Unione di centro ha invece voluto affermare - e continuerà a farlo, con la risoluzione che abbiamo presentato - una profonda azione riformatrice, il che significa fare in modo che il «sistema-giustizia» diventi veramente efficiente ed efficace per soddisfare le esigenze e i diritti dei cittadini. Vi è e continua ad esserci, nel nostro Paese, un'ingiustizia quotidiana e milioni di cittadini non comprendono perché non vi possa essere certezza della pena e perché sia ancora troppo limitato, ovvero protratto nel tempo, il risarcimento del danno. Ci permettiamo ancora una volta, con la nostra risoluzione, in questo frangente, non di frenarla o di contenerla nella sua ansia riformatrice di produzione dei provvedimenti legislativi, a cui lei ha fatto riferimento. Noi dell'Unione di centro vogliamo invece continuare a spronarla, perché nelle riforme si proceda davvero nel dettaglio e non le si enunci soltanto, poiché se abbiamo qualcosa da lamentare è il fatto che finora gli annunci sono stati molti, ma le proposte sono state davvero poche. Noi non ci siamo limitati, in fatto di proposte, sin dall'inizio della legislatura, a dare il nostro contributo: siamo voluti scendere sul terreno del confronto reale, cercando di entrare e di sviscerare nel merito i problemi e le diverse questioni, che sono e rimangono anche molto complesse. Lo abbiamo fatto con un approccio non ideologico o di facciata, ma con un atteggiamento proprio di chi è capace di non dire soltanto «no», in ossequio al ruolo che pure rappresentiamo in quest'Aula - che è quello di opposizione -, ma neanche con l'approccio di chi dice per forza e sempre solo «si», in qualche modo uniformandosi al Governo e alla maggioranza. Signor Ministro, lei lo sa: con il nostro capogruppo, l'onorevole Vietti, ci siamo fatti carico di presentare una nostra proposta sul legittimo impedimento, una soluzione «ponte» che può consentire di uscire dall'attuale situazione di stallo che si è venuta a creare, perché riteniamo che lo scudo per le più alte cariche dello Stato sia un tema fondato e percorribile, ma abbiamo detto che noi lo facciamo nella chiarezza complessiva. Abbiamo chiesto di bloccare il provvedimento sul processo breve, perché questa è la nostra condizione per poter procedere sul legittimo impedimento, e invece non vi siete fermati. Al contrario, continuate a parlare di riforme e le declinate solo in termini di interesse del singolo, di un singolo, e di un trattamento diversificato dei parlamentari, ma in questo modo, signor Ministro, non si andrà da nessuna parte. Non è pensabile accettare di stravolgere il sistema processuale penale e civile, poiché questo rappresenterebbe - così come volete che avvenga con il processo breve - un'anomalia tutta italiana ed un serio per l'intero impianto giuridico e giudiziario del nostro Paese e per le tutele di tutti i cittadini. Faceva un accenno prima alla soluzione del problema delle sedi disagiate. Ancora una volta, noi abbiamo dato la prova, con un emendamento presentato ieri in Commissione dall'onorevole Rao, di come vogliamo affrontare e risolvere i problemi. Lo abbiamo fatto con una soluzione che consente di ridurre il fenomeno della scopertura delle sedi disagiate. Il nostro emendamento consente di tenere in giusto conto la professionalità dei giovani magistrati, destinandoli a svolgere funzioni requirenti al termine del tirocinio, nonché di trovare una soluzione condivisa tra le diverse parti politiche. Signor Ministro, è questo l'approccio che noi vorremmo si avesse nell'affrontare queste questioni. La soluzione di quel problema è la testimonianza di come, anche in materia di giustizia, sia possibile trovare la soluzione dei problemi quando il dibattito parlamentare è davvero animato da spirito costruttivo da parte di tutte le forze politiche. Noi riteniamo che tale spirito abbia caratterizzato i lavori della Commissione ieri, ma questo non avviene quando si tratta di affrontare le questioni più serie, che sono davvero di sistema e possono portare ad una riforma ampia della giustizia nel nostro Paese. Nella risoluzione, noi continuiamo a fare delle proposte concrete: c'è la proposta della modifica delle circoscrizioni giudiziarie. Lei un anno fa si è impegnato in questa direzione e sa che, se questo Paese non cambia la sua geografia giudiziaria, non sarà nemmeno possibile un'allocazione delle poche risorse disponibili in modo razionale e tutti i nostri progetti sui cambiamenti diventeranno così velleitari. Proponiamo ancora di modificare il sistema delle impugnazioni. Per quanto riguarda il giudizio civile proponiamo un giudice monocratico per tutto il primo grado. Si salvi il giudice collegiale in appello, ma si faccia un giudice monocratico con un unico rito di cognizione ordinaria per il primo grado. Insomma, noi abbiamo manifestato la nostra disponibilità: abbiamo cercato con forza la disponibilità da parte della maggioranza, promuovendo e partecipando - concludo - ad ogni momento pubblico di confronto, dentro e fuori il Parlamento. Non siamo un'opposizione intransigente e incapace di proposta, ma abbiamo dimostrato, quando ci viene data la disponibilità dal Governo e dalla maggioranza, di esserci anche noi con le nostre proposte serie e concrete e con la nostra volontà riformatrice. Non sappiamo se ciò sulla giustizia potrà avvenire, ma siamo fermamente convinti e auspichiamo che si possa instaurare quel clima di collaborazione indispensabile se si vuole davvero costruire un consenso intorno a riforme condivise, che servono effettivamente al rilancio e allo sviluppo del Paese
. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor Ministro, svolgerò nella seconda parte dell'intervento le considerazioni di carattere tecnico, ma adesso è il momento di occuparsi degli aspetti politici, dei rapporti tra politica e giustizia. Ebbene, signor Ministro, dopo la sua relazione, constato che non ci siamo. Sono passati due anni e la politica della giustizia che la sua maggioranza, il Presidente del Consiglio e i consiglieri del Premier le hanno imposto non è quella che interessa ai cittadini e probabilmente non è quella che lei vorrebbe. Forse, anche lei sente la delusione dello scarto tra ciò che vorrebbe fare e ciò che è costretto a fare o non fare. Noi non troviamo nella politica della giustizia di questa destra italiana alcuna idea di come risolvere i gravi problemi che riguardano i cittadini. Ne abbiamo un chiaro esempio nella sua imbarazzata relazione, che contiene l'elencazione di poche cose fatte, ma che, al contrario, a parte le omissioni sulle leggi contiene proclami, alcuni senza contenuto, come sulle riforme ordinamentali e strutturali, e altri che incombono minacciosamente per i contenuti detti non nella relazione, ma nelle infuocate e devastanti dichiarazioni del Presidente del Consiglio e dei suoi ripetitori di provocazioni, come a proposito delle riforme costituzionali sulla giustizia. Ma se anche la sua relazione fosse un miracolo di precisione, dovremmo pur sempre partire dall'abc della giustizia, che significa uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e rispetto per una delle tre funzioni sovrane, qual è la giustizia. La magistratura è sì un ordine, perché è sorretta da norme ordinamentali, ma è indipendente e autonoma dagli altri poteri dello Stato, come afferma l'articolo 104 della Costituzione, che voi vorreste stravolgere e travolgere. Non si può parlare di riforme quando il Premier ha una sola idea fissa in testa: demolire la giustizia, delegittimare chi la esercita, intimidire i magistrati direttamente o a mezzo di lacchè, giornalisti o altri, possibilmente «sterminare» chi la pensa diversamente con dossieraggi a orologeria. Sarà pure lecito qui specularmente ribaltare sul Presidente del Consiglio le espressioni che egli usa rovesciare sui magistrati, fedeli servitori dello Stato. Li definisce eversivi, ma, allo stesso modo, dobbiamo dire che, in realtà, è lui un eversore dell'ordine costituito. Per lavare le sue macchie, non esita a rovesciare fiumi di insulti e di calunnie sui magistrati e sui pubblici ministeri, soprattutto. Una volta li ha definiti non sani di mente, anzi, meglio, geneticamente tarati - io ho fatto per quarant'anni il magistrato, così come è un magistrato il sottosegretario Caliendo: non ce ne siamo mai accorti, ma se lo dice lui... - e un'altra volta li definisce plotoni di esecuzione, come indecentemente ha detto ieri, con il contorno degli attacchi insensati a tutte le istituzioni di garanzia, Presidente della Repubblica e Corte costituzionale inclusi. È ormai gigantesco il dossier del CSM a difesa dei giudici contro gli attacchi del Premier. La demolizione del senso comunitario e del rispetto delle regole che lo governano è talmente profonda che ci vorranno decenni per ripristinare il senso della legalità e del rispetto delle istituzioni, senza i quali una società organizzata si trasforma in un aggregato fondato sulla legge del più forte. Il Capo del Governo è insofferente dinanzi ad ogni controllo; chi è troppo pieno di sé o ha cose da nascondere vuole comandare solo lui. Il Parlamento è già svuotato di compiti e poteri, esclusi quelli semplicemente notarili di cose che non possono non passare per esso; per le altre, si decide fuori. Vorrebbe pure piegare ai suoi voleri la superstite istituzione di controllo, la magistratura, ma siccome non ci riesce, né con la minaccia né con la lusinga, pensa a stravolgerla con riforme costituzionali, il cui obiettivo finale è quello di controllare l'azione penale dei pubblici ministeri, sottoponendoli al controllo dell'Esecutivo insieme al CSM, affinché sia sempre e solo lui a governare, a decidere le leggi, ad interpretarle e ad applicarle, a fare le sentenze. Un unico ed assoluto padrone di tutto: così sì che la giustizia sarebbe politicizzata nel senso letterale del suo controllo da parte della politica, ma se ai cittadini si chiedesse se vogliono una giustizia controllata e diretta dai politici di turno o una giustizia indipendente, magari imperfetta, non ho dubbi che, al 100 per cento, preferirebbero la seconda, perché la selvaggia delegittimazione operata dal Capo del Governo avrà pure indebolito il consenso dell'istituzione giudiziaria, ma i politici sono infinitamente indietro nella considerazione sociale, all'ultimo posto, perché la politica viene vista come lo strumento per fare gli affari propri e sfuggire la giustizia. Ci rivolgiamo con rispetto e fiducia al Capo dello Stato e gli chiediamo di esercitare il massimo controllo, e se necessario di bloccarli, su quei provvedimenti che stravolgono l'ordine costituzionale, deprimono uno dei poteri dello Stato ed esaltano l'arroganza dell'uomo al comando. Ma diciamo anche ai cittadini: aprite gli occhi, perché il «capo supremo» vuole anche una giustizia fatta da lui e sotto il suo controllo, come era al tempo del Medioevo e prima dello Stato di diritto. Signor Ministro, vi sono 5 milioni e mezzo di cause civili pendenti: i cittadini penserebbero che bisogna ridurre i tempi di queste cause, e che per ottenere tale risultato ci vogliono più magistrati, più personale di cancelleria, più risorse finanziarie, norme più agili e stringenti che evitino l'ostruzionismo processuale. Ma la destra al Governo non la pensa così: è abile nel cavalcare questo bisogno di giustizia civile e di processi più rapidi per dire che questa giustizia non va, ma al solo scopo di rispondere con leggi che hanno l'unico obiettivo di evitare al Primo Ministro di dover partecipare alle udienze penali che lo riguardano, come fanno tutti i cittadini. E così il Parlamento, con una batteria impressionante messa in campo, è ingessato, non per risolvere i drammatici problemi che la crisi economica scarica su tante famiglie, e neanche per consentire alla giustizia di funzionare meglio: l'unica riforma che la destra introduce è «ammazzare» 100 mila processi per far morire i due che riguardano il Presidente del Consiglio, applicando retroattivamente le disposizioni calibrate sulle sue esigenze. Si dice che non si vuole concedere una nuova amnistia per svuotare le carceri, ma di fatto la si concede, «uccidendo» un'enorme quantità di processi. Così facendo, si distrugge la difesa sociale nei confronti dei criminali, alla faccia della sbandierata volontà di garantire la sicurezza. Ma dove sono finiti i proclami di rispetto della legalità e di lotta alla criminalità di quanti un tempo facevano parte di Alleanza Nazionale? Niente: si deve soccombere alla «legge del capo», a costo di lasciare liberi centinaia di migliaia di delinquenti. E dove sono finiti i proclami leghisti, che a parole affermano di voler contrastare la criminalità, ma poi lasciano passare ogni legge che salva i delinquenti pur di mantenere il patto con «Roma ladrona», che garantisce loro privilegi ed enorme potere? E riguardo alla giustizia penale, ci si accorge che i processi sono lunghi solo quando li si deve «uccidere» per salvare il Premier, altrimenti nessuno se ne sarebbe occupato; allora, invece, i cervelli si «strizzano», e vengono fuori tutte le idee di salvataggio. La Camera è bloccata, non da interventi a favore delle famiglie o delle imprese che stanno morendo, malgrado la propaganda in una televisione, anche pubblica, ormai asservita alla maggioranza, non da interventi organici per la giustizia, ma da una fantasiosa definizione del legittimo impedimento a comparire in udienze, come necessariamente conseguente al fatto di essere Premier o ministro: per 18 mesi si pretende che egli sia sottratto alla giustizia italiana, che è fatta per tutti i cittadini. In tal modo, si inventa con una legge ordinaria una prerogativa per i politici, che può essere introdotta solo con legge costituzionale. L'ha ripetutamente detto la Corte costituzionale che non si può fare, quando ha annullato il cosiddetto lodo Alfano, approvato nel tempo record di 72 ore; l'hanno ripetuto gli illustri studiosi che la Commissione ha sentito; e lo sanno benissimo anche le tante persone oneste della maggioranza, ma a loro non importa. E sapete perché? Hanno fissato il tempo di validità della legge in 18 mesi, perché è quello prima del quale la Corte costituzionale non potrebbe ancora una volta spazzare via questa legge illegittima, ed è il tempo entro il quale la maggioranza spera di far approvare con legge costituzionale il cosiddetto lodo Alfano ed il ripristino dell'immunità parlamentare. Questo è cinismo! Intanto approviamo lo scudo, quando sarà caduto ne avremo già altri. Questa è l'idea di giustizia che le impongono, signor Ministro: come evitare la giustizia ai potenti, gli altri si arrangino; se sono cittadini normali, non importa niente a nessuno. Ma agli italiani non dovrebbe interessare sapere se chi li governa è un lestofante o un'immacolata persona prima, e non dopo che abbia governato? E se poi risultasse un delinquente? Sapete che soddisfazione saperlo a cose fatte, oltre il danno anche la beffa! Chi è inquisito per gravi reati non dovrebbe potersi neppure candidare: prima si faccia giudicare, se sarà assolto potrà farsi eleggere ed eventualmente assumere responsabilità di Governo. C'è un che di perverso nel ragionamento del Capo del Governo... . Mannino è stato assolto da un giudice, da altri giudici! C'è un che di perverso nel ragionamento del Capo del Governo, che dice che il consenso di cui afferma di godere lo mette al riparo da tutto. È proprio sicuro che gli italiani attribuiscano un salvacondotto a chi hanno eletto, e che può fare tutto? Forse che non gli hanno dato il consenso per governare la cosa pubblica, e non per fare affari personali? Mai il livello di aggressione della politica sulla magistratura era stato così infuocato, determinando quel clima di odio e di isolamento che in altri tempi è stato il terreno di coltura delle stragi di mafia: Livatino, Chinnici, Ciaccio Montalto, Falcone, Borsellino, oltre che fedeli servitori della Polizia e dei carabinieri ! L'attentato agli uffici della procura di Reggio Calabria è un segnale gravissimo, il richiamo ai plotoni di esecuzione evoca purtroppo anche tutto questo e chi compie questo richiamo si assume una pesantissima responsabilità per quello che potrebbe accadere. Ministro, non ho parlato di giustizia perché ne parlerò dopo, ma è certo che il suo capo non fa altro che delegittimare i giudici della Repubblica italiana e la giustizia amministrata nel nome di quello stesso popolo italiano al quale il Premier si appella per dire che vale di più la funzione di Governo di quella dei giudici. Il Premier governa per il consenso del popolo, ma il giudice amministra la giustizia rendendo le proprie decisioni nel nome dello stesso popolo italiano. Negli Stati Uniti i processi sono promossi dallo Stato, e quindi dal suo popolo, nei confronti dell'imputato: quale popolo vale di più, quello al quale lui si appella per sottrarsi alla giustizia o quello che dovrebbe giudicarlo per accertare se è colpevole o innocente? Il Premier la smetta con questa inutile, stucchevole pantomima: gli italiani non si lasceranno ingannare .
. È iscritto a parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.
. Onorevole Presidente, onorevole Ministro della giustizia, onorevoli colleghi, credo che tutti dobbiamo fare uno sforzo per ragionare di giustizia così come fanno i cittadini, non per enunciare il classico registrando che la giustizia non va ma cercando di delineare un quadro d'uscita dall'emergenza infinita in cui sembriamo ineluttabilmente precipitati e per evitare, dunque, che comunicazioni come quelle che ci ha reso oggi il Ministro appaiano soltanto degli adempimenti burocratici e rituali. Ancora una volta la crisi della giustizia è percepita, dal lato dei cittadini, innanzitutto come crisi dei tempi della giustizia - ha ragione il Ministro - con l'insostenibile dilazione dei suoi responsi, una dilazione che si fa così diniego di giustizia. Abbiamo ascoltato i numeri dei tempi perduti che non sono soltanto un insulto al senso comune, ma rappresentano un'eccentricità colpevole nel panorama europeo e costituiscono un vero e concreto nei confronti dei cittadini in giudizio, perché in tutto questo tempo gli interessi delle parti sono sospesi con l'effetto di generare danni gravissimi sul piano personale e sul piano economico. Bisogna domandarsi però, pur accettando di discutere senza pregiudizi di carattere ideologico sulla possibilità di snellire i tempi dei procedimenti (quindi anche sul processo breve, rispetto al quale manifestiamo obiezioni anche di tipo costituzionale per come si è concretamente declinato ieri al Senato), se e come questa riforma del processo breve potrebbe essere realizzata senza destare sospetto di una utilità immediata e diretta per il ceto politico, o per una parte di esso. Risulterebbe infatti davvero letale, dal punto di vista della credibilità delle istituzioni, un'attività legislativa costruita in favore di potenti legislatori; ma negare che la lentezza della nostra giustizia sia, in concreto, un modo per negare la giustizia sarebbe del tutto irragionevole. È necessario allora, onorevole Ministro della giustizia ed onorevoli colleghi, riprendere un percorso riformatore ma con uno spirito nuovo, con un nuovo senso collaborativo, con aperture e non con arroganti chiusure, con sensibilità alte. Noi accettiamo, signor Ministro, di confrontarci sul merito, ma chiediamo che la maggioranza accetti un metodo nuovo e che si spogli dall'atteggiamento dell'autoreferenza e dell'autosufficienza. Fuori da questo metodo nuovo non vi è possibilità reale di scambio e di dialogo in questo Parlamento; dentro questa nuova sensibilità, che raccoglie anche il senso dello spirito costituente che i nostri padri ci hanno insegnato e trasmesso, vi è la possibilità concreta di portare la giustizia fuori dalle secche in cui oggi versa.
. È iscritto a parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, nelle parole riferite alle considerazioni sullo stato della giustizia, abbiamo apprezzato il richiamo che ha fatto al concetto di responsabilità. Una responsabilità che si può ricavare dagli impegni che il Governo ha voluto attuare in ambiti importanti come quelli dei provvedimenti che lei, signor Ministro, ha riferito per la lotta contro la mafia. Ritengo che basterebbe questo richiamo per smentire le argomentazioni pretestuose, che spesso vengono rivolte alla maggioranza e al Governo, in ordine al fatto di occuparci esclusivamente delle vicende del Presidente del Consiglio. I provvedimenti che sono stati ricordati dal Ministro dimostrano, in realtà, l'esatto contrario, ovvero che sulle emergenze individuate da parte del Governo e dalla maggioranza vi sono stati numerosi provvedimenti la cui attuazione sta arrecando colpi mortali alla criminalità organizzata, soprattutto nelle aree meridionali dove essa purtroppo esplica ancora la propria attività. Accanto a questa responsabilità del Governo, vi è la responsabilità personale del Ministro della giustizia, che si è impegnato personalmente, a cominciare dalle considerazioni svolte l'anno precedente, sulle questioni - è bene sottolinearlo - che non sono mai state affrontate negli ultimi decenni da numerosi Governi che si sono succeduti e che hanno la responsabilità diretta del malfunzionamento della giustizia. Credo, quindi, che la responsabilità che ha assunto il Ministro della giustizia vada riconosciuta non solo per quei provvedimenti, ma anche nell'atteggiamento. Le sue considerazioni sono dettate soprattutto dal pragmatismo di chi ha voluto conoscere a fondo la macchina della giustizia per evidenziarne i difetti e per suggerire le correzioni necessarie. Vorrei sottolineare qualche banale esempio: non era nella relazione dell'anno scorso che parlavamo della drammatica situazione carceraria che è andata esplodendo grazie anche, permettete di dirlo ad un uomo che viene dalle file di Alleanza Nazionale, ad un indulto che nell'arco di due anni ha dimostrato il completo fallimento delle politiche che non aggredivano direttamente i problemi del sistema carcerario ? A distanza di neanche 24 mesi siamo qui a riconoscere che buona parte di quelli che erano usciti sono rientrati, aggravando una situazione già drammatica. Allora, il piano di edilizia carceraria non è un concetto vuoto, ma si tratta di un piano a cui si accompagnano risorse finanziarie per consentire, nell'arco di pochi anni, di dare avvio a quella ristrutturazione del sistema carcerario che consente di assicurare la giustizia e soprattutto la sicurezza a milioni di cittadini che la rivendicano come elemento qualificante dei confronti della politica del Governo. Vi è un'altra responsabilità a cui il Ministro ha fatto riferimento. È abbastanza singolare, signor Ministro, mi permetta di rivolgermi direttamente a lei, la considerazione che si va facendo in queste settimane circa la non copertura degli uffici giudiziari, circa la «prima linea» nei confronti della criminalità. Si tratta di procure sprovviste di magistrati perché, onorevoli colleghi, nessun magistrato vuole prestare servizio nella «prima linea» e negli avamposti della lotta alla criminalità. È per questo che Governo e Parlamento sono costretti, nell'arco di pochi mesi, ad intervenire ben due volte con provvedimenti che cercano di dare risposta a questa carenza e a questa mancanza. Ricordiamocelo quando prendiamo la parola, magari in forma retorica, per richiamare la lotta alla criminalità, perché è giusto nel concetto di responsabilità non soltanto richiamare quella del Governo e quella del signor Ministro della giustizia, ma anche quella diretta della magistratura. Se quegli avamposti sono scoperti - lo ripeto - è perché non ci sono magistrati che vogliono combattere quella battaglia in prima linea nelle trincee che sono scoperte. Questo non significa - sia ben chiaro - che non vi siano altri magistrati che combattono quella battaglia, perché, se dobbiamo dare atto al Governo di essere intervenuto con provvedimenti incisivi nella lotta alla criminalità, dobbiamo dare atto e sottolineare il lavoro fatto in maniera encomiabile dai magistrati e dalle forze di polizia che hanno attuato quei provvedimenti, assestando quei colpi mortali nei confronti della criminalità organizzata. Ma questa responsabilità è abbastanza singolare, perché viene invocata da più parti la copertura di quegli uffici scoperti, ma quando si porta all'attenzione del Parlamento un provvedimento che vuole attraverso - purtroppo - un trasferimento d'ufficio rispondere a quell'esigenza vi sono ampi settori delle forze politiche che non vogliono sentire ragioni, che preferiscono appiattirsi sulla difesa dell'esistente per salvaguardare chi in quegli avamposti - come ho detto - non ci vuole assolutamente andare. A proposito di emendamenti, per essere chiari in relazione al decreto-legge che si occupa di funzionalità della giustizia e che ha concluso l'esame in Commissione, ebbene, capisco che si possa rivendicare la capacità di avere - per così dire - convinto il Governo ad attuare questi provvedimenti e ad ascoltare i suggerimenti, ma vorrei dire che fu il Ministro, proprio nei giorni precedenti, a prendere l'impegno di fronte naturalmente alla magistratura e di fronte alla carta stampata e ai giornalisti, dicendo che avrebbe accolto i suggerimenti che andavano nella stessa direzione per rispondere a quella esigenza. Non vorrei dimenticare che questo atteggiamento di responsabilità è un atteggiamento che consente di affrontare temi della giustizia non parlando e, come troppo spesso e anche oggi si vuole fare, invocando le questioni di Berlusconi, ma continuando invece ad occuparsi concretamente - come tutti insieme abbiamo saputo fare - proprio di quei passaggi delicati del provvedimento. Mi consenta, signor Ministro, di dire che quel provvedimento ha risposto ad alcune indicazioni che venivano dal Consiglio superiore della magistratura, a dimostrazione che gli emendamenti della maggioranza tenevano conto di quei suggerimenti e li hanno fatti propri nel confronto politico traducendoli in norma di legge in Commissione, e io mi auguro che possano trovare attenzione altrettanto positiva nel corso del dibattito in questa Aula. Ma quando si parla di responsabilità, la responsabilità - come ci è stato ricordato - deve essere connessa al potere. Allora, nel preciso istante in cui si criticano - come si vorrebbe fare - i ritardi sull'informatizzazione e sulla digitalizzazione ci si deve anche porre il problema di come può il Ministro assumere questa responsabilità nei confronti di quei dirigenti degli uffici giudiziari che possono essere confermati dal Consiglio superiore della magistratura senza che al Ministro sia attribuito il potere di sindacare questa riconferma anche quando quegli uffici giudiziari non attuano o non intendano attuare, magari per incapacità o per negligenza dell'incaricato che ha la responsabilità di quell'ufficio, i provvedimenti legislativi in materia. Vogliamo parlare di digitalizzazione? Allora che senso ha insistere per l'informatizzazione nei confronti delle notifiche quando al Ministro non è dato esprimere il proprio dissenso nella conferma di un dirigente dell'ufficio giudiziario che non si è fatto carico della responsabilità di attuare i provvedimenti normativi, o peggio, di non rispondere nemmeno a quelle sollecitazioni che servono a dare l'indicazione e i dati di riferimento per potere intervenire sul piano dell'organizzazione degli uffici. A tal proposito, signor Ministro, mi permetta un'altra sottolineatura riferita questa volta ad uno degli elementi che, nel principio di collaborazione nel rapporto che la maggioranza ha e vuole avere a sostegno del Governo, può trovare da parte sua un'ulteriore attenzione. Lei sicuramente saprà che il Consiglio superiore della magistratura con una delibera del gennaio di quest'anno, recentissima quindi, ha riproposto il tema dell'organizzazione giudiziaria attraverso una rivisitazione della sua geografia. Ritengo che quella nota del Consiglio superiore della magistratura meriti attenzione e una risposta. Infatti non vorrei, signor Ministro, che dal momento che questa liturgia da parte del Consiglio superiore della magistratura si trascina ormai da molto tempo, come ricorda quella delibera, si venisse poi a dire che quelle indicazioni non sono state né analizzate né tenute in considerazione da parte del Parlamento e del Governo. Quindi, all'interno di questa ipotesi di lavoro, che lei oggi ha portato all'attenzione del Parlamento, mi permetto di suggerire anche un confronto che potrebbe avvenire magari nei prossimi giorni o nelle prossime settimane all'interno della Commissione giustizia della Camera, circa quelle riflessioni che il Consiglio superiore della magistratura fa e che si basano su due questioni fondamentali: una è l'ottimale pianta organica di un tribunale per il suo funzionamento più efficiente; la seconda è, attraverso questo suggerimento, la maggiore specializzazione dei magistrati per ottenere una risposta più efficiente di fronte alla domanda di giustizia. Credo che possiamo assumere questa responsabilità e, continuando in questa indicazione, mi voglio rivolgere anche all'opposizione. Ho sempre ritenuto che sui temi della giustizia il confronto e il dialogo e possibilmente il consenso sia la chiave di volta per rispondere a questa emergenza di carattere nazionale. Ritengo che il senso di responsabilità debba essere dimostrato anche da parte di chi può affrontare il tema giustizia in due direzioni. La prima è evitare di continuare ad agitare, in modo a mio avviso non corretto, la questione riferita al Presidente del Consiglio come elemento esclusivo che condiziona il confronto politico nella discussione dei temi della giustizia. La seconda direzione, pur mantenendo correttamente e onorevolmente le proprie posizioni, è superare questa e contribuire in materia determinante e responsabile ad affrontare i temi che il Ministro ha sottolineato e che sono nella responsabilità di tutti. Infatti i cittadini italiani terranno conto prima di tutto dell'atteggiamento del Governo e della maggioranza, ma chiederanno conto anche all'opposizione delle responsabilità di fronte a processi che durano decenni, di fronte ad inefficienze e di fronte a dinieghi di giustizia che diventano sempre più clamorosi. Ritengo - concludo - che il concetto di responsabilità sia quello che può rappresentare meglio il confronto politico sui temi della giustizia. Non ho difficoltà a dire che noi, come Popolo della libertà, siamo pronti ad ascoltare i suggerimenti, a discutere e a confrontarci; che siamo pronti ad immaginare un percorso comune nelle riforme soprattutto di carattere costituzionale riguardo la giustizia, ma che chiediamo in cambio, e non credo sia troppo, il rispetto anche per quegli indirizzi di politica sulla giustizia e sul rapporto tra politica e giustizia che riteniamo fondamentali per restituire serenità al dibattito politico e per consentire così di rispondere con maggiore efficienza ed efficacia ai problemi del Paese, a cominciare da quelli della giustizia .
. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor Ministro, la sua relazione e comunicazione al Parlamento ci lascia ampiamente insoddisfatti. Cercherò di spiegarle il perché. In questa sua comunicazione, in realtà, vi è un'aggregazione di dati a volte non omogenei che mirano soltanto ad esporre gli effetti negativi di una giustizia che ha tempi lunghi. Lei, tuttavia, come sarebbe suo dovere, come Ministro della giustizia, in questa sede non sta illustrando un programma o uno elettorale, ma sta riferendo al Parlamento sulla situazione della giustizia. Noi dunque avremmo voluto che questi dati fossero stati adeguatamente analizzati nelle cause. Perché la giustizia è lenta? Non basta riportare soltanto dei numeri che fanno riferimento alle pendenze dei procedimenti civili e dire che in realtà quest'anno, rispetto all'anno scorso - io sono andata a confrontare i dati all'anno scorso - non vi è stato alcun movimento in meglio, rispetto ad una definizione di procedimenti civili e penali. Quindi, poiché al Governo vi è lei, caro Ministro, se lei a distanza di due anni non ha apportato alcun miglioramento in questa lentezza ed in questo grande carico che grava sulla giustizia italiana (e che non riguarda soltanto i magistrati, ma riguarda tutti i cittadini), allora qualcosa non funziona nella sua politica di Governo. Sono sconcertata perché io credo che un Ministro della Repubblica italiana, a prescindere dalla parte politica a cui appartiene, debba essere in grado e debba avere la lealtà di rappresentare i dati nella loro schiettezza. Invece qui noi vediamo che lei ha commesso delle forti omissioni. Vedo che lei sorride e non sta nemmeno ascoltando quello che le si dice e questo non è un atteggiamento da Ministro della Repubblica! Se la sta ridendo in barba ai cittadini italiani e questa è una cosa gravissima!
, . La sto ascoltando e le risponderò nel merito.
. Onorevole Ferranti, ma che modi sono? C'è un Presidente in quest'Aula! Si rivolga alla Presidenza!
. Stai calmo, Baldelli! Stai calmo!
. Prego onorevole Ferranti, vada avanti.
. Ascolti questi dati perché lei li ha omessi, signor Ministro, in modo tale che poi potrà dare le giuste risposte. Lei non ha adeguatamente valorizzato quello che tra l'altro risulta in un rapporto del 2008 della Commissione europea sull'efficacia della giustizia, che ha individuato, a seguito di un esame comparativo su 46 Paesi che compongono il Consiglio d'Europa, qual è il grado di efficienza e lo stato della giustizia italiana. Quando si offrono al Parlamento i dati globali e non vengono disaggregati e razionali, non sì può capire perché noi abbiamo queste grandi pendenze. L'Italia sostanzialmente è il Paese in Europa che ha un carico di procedimenti civili superiore alla Francia, all'Inghilterra, al Portogallo, alla Spagna, alla Germania. Come carico di contenzioso - e questo è confermato dai dati ISTAT di quest'anno - viene solo dopo Olanda e Russia. Inoltre è al quarto posto, signor Ministro - ma lei questo non l'ha detto qui in Parlamento - per numero di affari penali ricevuti dalla procura della Repubblica e al quinto posto su tutti i Paesi d'Europa per numero degli affari penali che vengono definiti. Lei, con un discorso che è sempre quello e che sentiamo ribadire in tutte le salse dall'inizio di questa legislatura, parla della giustizia disciplinare per i magistrati, ma sempre in questo rapporto della Commissione europea per l'efficacia della giustizia organo del Consiglio d'Europa, - quindi non un rapporto che è stato fatto da una parte o dall'opposizione - si indica qual è la situazione europea e quindi italiana delle pronunce sulle disciplinari: tra tutti i Paesi dell'area europea - ciò lei lo può verificare perché questo rapporto è pubblico - l'Italia risulta avere delle sanzioni ogni mille giudici pari all'8 per mille, la Francia ha il 2 per mille, il 4 per mille ha la Spagna, l'1 per mille ha la Germania, l'8 per mille hanno l'Inghilterra e il Galles e il 14 per mille ha il Portogallo. Quindi l'Italia si colloca tra i primi posti non solo per il rigore dell'inizio dell'azione disciplinare, ma anche per il numero delle sentenze che hanno riconosciuto la fondatezza dell'incolpazione. È difficile parlare di giustizia domestica a fronte di 267 condanne e di 146 casi di abbandono dell'ordine giudiziario prima della sentenza di giudizio disciplinare (e quindi dimissioni). Vogliamo, poi, controllare cosa accade nei giudizi disciplinari delle altre categorie? Signor Ministro, questo non l'ha detto: ha parlato genericamente di giustizia domestica che va smantellata, non che va perfezionata, migliorata e resa ancora più efficace. Con riferimento a 170.143 avvocati, nel 2008 si sono avuti 174 procedimenti disciplinari, cioè l'un per mille. Questi sono i dati. Signor Ministro, lei si limita a riportare i dati generici, in cui fa riferimento alle pendenze, alla pianta organica di giudici, pubblici ministeri, giudici onorari, personale giudiziario, addetti al settore minorile e dipendenti dell'amministrazione penitenziaria, ma solo in astratto. Non dice che tutti i citati operatori devono far fronte a quel carico di lavoro con una percentuale di scopertura, rispetto agli organici, superiori al 30 per cento. Non dice che mancano 1.000 magistrati, ma dice solo che i magistrati non vogliono andare nelle sedi sgradite. Non avete potuto pubblicare nel 2009 il concorso concernente i magistrati di prima nomina - e lo avete fatto solo adesso - perché non vi erano i fondi per pagare gli stipendi, perché avete fatto tagli alla giustizia. Senza personale, senza magistrati, senza giudici onorari e senza personale qualificato, come si fa a rispondere al carico della giustizia, che è tra i più alti in Europa? Vogliamo parlare del personale della giustizia? Gli uffici giudiziari versano in condizioni gravissime, mancano le risorse.
. Devono lavorare anche loro! Sono degli ometti ormai!
. Alle ore 14, devono terminare le udienze, ma alcuni cancellieri ed assistenti giudiziari continuano il proprio lavoro, assistendo i giudici senza pagamento di straordinari. Voi lo sapete benissimo, perché vi è un contenzioso aperto. Il personale della giustizia, forse, ha avuto una sfortuna grandissima: quella di lavorare con i magistrati, che fanno parte di una categoria non molto amata. Cosa è accaduto a questo povero personale? Che dal 2000, è l'unico personale del comparto Ministeri a non aver avuto alcuna riqualificazione. Questo significa rispondere alle esigenze della giustizia? Signor Ministro, non mi parli del contratto che è stato siglato recentemente dal capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi (DOG), perché sa benissimo che è stato firmato solo da alcune forze sindacali non rappresentative rispetto alla totalità. Quel contratto collettivo - che è stato realizzato dopo dieci anni - non è stato siglato da tutte le forze sindacali, perché ha un obiettivo: quello di dequalificare, demansionare e scoraggiare il personale giudiziario. Questa non è una buona amministrazione della giustizia. Signor Ministro, lei è a capo dell'organizzazione giudiziaria, ma deve avere a cuore il suo personale: un Ministro della Repubblica coltiva, valorizza e forma il personale che opera nel settore della giustizia. Se si dequalificano e si demansionano le categorie professionali del personale, degli assistenti, dei cancellieri, degli operatori e si frammentano ulteriormente le loro funzioni, si va in controtendenza. Infatti, la pubblica amministrazione va verso la fungibilità e l'interscambiabilità delle mansioni, ma in questo modo, si va anche a creare un disservizio. Se l'assistente non potrà più svolgere, in base alle mansioni, l'assistenza all'attività giudiziaria e, quindi, all'udienza, a quel punto non si sarà fatto un passo avanti, ma un passo indietro. Infatti, non si potrà mai costituire quell'ufficio del processo in cui avevamo tanto creduto e per cui sono state presentate proposte di legge da parte dell'opposizione che, ovviamente, giacciono lì perché nessuno le vuole considerare; e questo per rispondere anche a chi ci chiede collaborazione e confronto. Collaborazione e confronto con l'opposizione possono venire laddove, da parte della maggioranza, vi sia un'attenzione alle nostre proposte ed un confronto con tutti gli operatori della giustizia. Non si vada avanti a furia di decreti-legge nei quali, nel corso dell'esame in Aula, si infilano emendamenti, che vanno, poi, a scardinare il sistema! Non si vada avanti con provvedimenti con cui, in realtà, da una parte, si dice: svuotiamo le carceri o, comunque, non creiamo un sovraffollamento, e poi, dall'altra, criminalizziamo e rendiamo sempre più impegnativa l'attività e la lotta della magistratura, della polizia e delle Forze dell'ordine! Infatti, se ci si fa vanto di un pacchetto sicurezza, quello recente, dove si dice che si è fatta la lotta alla mafia, aumentando e rendendo più stringenti le misure del 41-, tuttavia, ci si dimentica di dire - questo non l'ha detto, signor Ministro! - che poi nello scudo fiscale sono rientrati, in pratica, tra i capitali che devono venire dall'estero, anche quelli che provengono da reati di falso in bilancio, di frode fiscale e altre fonti di riciclaggio. Tra l'altro lato, poi, ci si dimentica di dire che la legge finanziaria una mano dà e l'altra toglie, anzi una toglie e l'altra dà, perché si è irrigidito il 41-, ma subito dopo si è consentito che i patrimoni della mafia ritornino alla mafia stessa, ponendo nel nulla quel principio cardine che era stato unanimemente condiviso. Dunque la mafia si combatte non solo con il 41-, non solo con gli arresti, ma soprattutto con la confisca dei patrimoni e con la destinazione per pubblica utilità, per utilità sociale, di quei patrimoni. Questo, guarda caso, in una relazione che dovrebbe essere obiettiva, noi non lo troviamo! Allo stesso modo, poi, vogliamo parlare del carcere. Signor Ministro, sul carcere abbiamo aspettato dal 7 novembre 2008 fino ad oggi, anzi fino al 13 gennaio 2010, per avere l'annunciato, sembra approvato, da noi mai conosciuto, piano carceri. Si è dovuto sollecitare con mozioni dell'opposizione per dichiarare uno stato di emergenza, ma lei, nel frattempo, per il carcere, che cosa ha fatto, se non riempirlo attraverso ulteriori norme che hanno criminalizzato soltanto i reati di strada e poi cercare, con la cosiddetta filosofia del doppio binario, di liberare, con il cosiddetto processo breve - che in realtà andrebbe rinominato «ammazza processi», i colletti bianchi? Questa, infatti, è la filosofia della nostra politica! Si vuole criminalizzare l'immigrato, il violentatore, e va bene! Così pure lo per il quale, peraltro, vorrei vi fosse stato il riconoscimento che questo provvedimento ha origine parlamentare, sul quale poi si è innestato un disegno di legge del Governo, ma non è un fiore all'occhiello del Ministro, è un fiore all'occhiello del Parlamento, della Commissione giustizia! Pertanto, questo è un agire schizofrenico, è un modo di fare per cui, in realtà, non vi è una presa d'atto di quali siano le vere problematiche: per esempio, non l'ho sentita parlare - lo ha accennato adesso, anzi lo ha sollecitato l'onorevole Contento - ma io non ho sentito parlare e mi aspettavo, invece, che lei lo facesse, del libro verde del Ministero delle finanze, del suo Governo, che le indica la strada per risparmiare, per ridurre i costi della giustizia. Non basta dichiarare quanto costa la giustizia ogni giorno, perché lo sappiamo che abbiamo il carico più alto d'Europa. La strada che le segnala il Ministero dell'economia e delle finanze in quel Libro verde - non l'ho fatto io, non lo ha fatto l'opposizione - non è quella di tagliare le risorse agli uffici, ai programmi e alle missioni che riguardano la giustizia civile, penale e minorile, e non è quella di tagliare le risorse, anzi, di prevedere un capitolo a parte sulle intercettazioni telefoniche, cosicché indirettamente si crea un limite all'utilizzo dello strumento investigativo delle intercettazioni, perché non ci sono i fondi per pagarle. Il Libro verde le dice che occorre una razionalizzazione delle risorse e una redistribuzione sul territorio e questo mi sarei aspettata oggi, non dei dati disaggregati, non un elogio a qualche provvedimento che lei ha ritenuto di dover adottare e che non ha risolto alcun problema, considerato che, a distanza di due anni, ci troviamo allo stesso punto. Quel Libro verde le dà i suggerimenti esatti per arrivare, come ogni buon amministratore e ogni buon organizzatore, all'analisi della ridefinizione degli ambiti territoriali, delle piante organiche e delle situazioni. Lei in questa relazione, in maniera molto sbrigativa, cosa afferma? Lei afferma che da Lampedusa a Trento, a legislazione invariata, vi sono leggi tutte uguali e parità di risorse. Ma stiamo scherzando? Ma lei crede con questo di dire il vero? Lei sta affermando cose non vere. Lei dice che a parità di risorse c'è chi fornisce ottimi livelli di servizio e chi, invece, ha ritardi e disservizi inaccettabili. Ma lei e i suoi uffici non avete fatto alcun monitoraggio? In due anni non avete verificato dove ci sono situazioni di organici pieni e dove ci sono scoperture che arrivano all'ottanta per cento? Non ne avete avuto il coraggio e solo grazie alla forza delle opposizioni siete riusciti ieri, attraverso il decreto-legge sulle sedi disagiate, a fornire una immediata risposta, anche alla sua Sicilia, signor Ministro. Lei sa benissimo, così come lo sa l'onorevole Contento, che da parte del Partito Democratico non vi è stata alcuna forma di opposizione e di ostruzionismo, ma vi è stata un'azione costruttiva anche sul trasferimento d'ufficio. Il problema, però, andava risolto immediatamente. La Sardegna, la Sicilia e la Calabria non possono essere lasciate in attesa di un trasferimento d'ufficio, da dove? Da sedi limitrofe, quindi altre sedi povere che vanno ad aiutare i poveri. Ieri noi del Partito Democratico abbiamo dichiarato in Commissione che, se c'è bisogno di dare una mano alle sedi disagiate dove è alta la criminalità, allora occorre che lo faccia tutta l'Italia, anche le regioni che sono più fornite. Questo, però, non è stato accettato dal Governo, perché non si vuole che Roma dia una mano alla Calabria, che Milano dia una mano alla Sicilia o che Torino dia una mano alla Sardegna: si vuole che la Calabria prenda i suoi giudici - che già sono pochi - e li trasferisca d'ufficio in Sicilia. Questo è un modo di fare che non risolve i problemi, questo è uno pubblicitario continuo, che in realtà, tra un decreto-legge e un colpo di fiducia, si pone l'unico obiettivo di ottenere delle leggi che consentano di porre nel nulla i processi a carico del Presidente del Consiglio. Non parleremo più di questo problema, come chiedeva l'onorevole Contento, quando voi non porterete più in Parlamento leggi .
. Allora, solo in quel momento, non se ne potrà parlare più, perché quando tutti i provvedimenti, dal lodo Alfano, al legittimo impedimento, a quello sul processo cosiddetto breve, che io invece definirei «ammazza processi», sono mirati a risolvere quel problema, allora quello è l'obiettivo che il Ministro Alfano deve perseguire. Ministro, lei non è libero di pensare ai problemi veri della giustizia, lei è piegato nei confronti di esigenze personali che non possono stare a cuore agli italiani, stanno a cuore soltanto ad una, due o tre persone. Su questo vi è una denuncia pubblica da parte nostra: noi continueremo, come abbiamo fatto fino adesso, a proporre, a costruire, a confrontarci nell'attesa che venga un momento in cui anche voi capirete che la riforma della giustizia si fa attraverso il confronto con le forze dell'opposizione e con tutti gli operatori della giustizia .
. È iscritto a parlare l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, Ministro Alfano, la ringrazio per la qualità e per il contenuto della sua relazione e la prego di ringraziare il Governo per l'attenzione con la quale segue in maniera così efficace il tema della giustizia. Ringrazio lei, ringrazio i sottosegretari e ringrazio anche le strutture del Ministero della giustizia, alle quali non si guarda mai in maniera diretta, ma che lavorano dietro le quinte per far sì che il sistema possa migliorare. Il problema giustizia non è un problema di oggi, il problema giustizia non è un problema di questo Governo, è un problema che interessa tutti da sempre. Se lei ha giustamente evidenziato una serie di dati fortemente preoccupanti, come quelli relativi all'arretrato civile e a quello penale, al numero delle persone in carcere e così via, se lei ci ha mostrato tutti questi dati, è perché essi sono frutto di un accumulo che ha radici profonde e che non riguardano questo o quel Governo, ma tutto il sistema Italia nella sua globalità. La giustizia evidenzia problemi di sempre e ciò che a me fa piacere rilevare è che lei abbia in maniera concreta indicato alcune strade e che alcune di queste siano già state percorse con risultati efficaci che è giusto sottolineare. Le faccio i complimenti per come si è risolto il problema giustizia a L'Aquila, dopo quella grande tragedia che ha caratterizzato quell'area del nostro Paese, e le faccio i complimenti per come il Governo ha guidato il G8 anche con riferimento alle tematiche della giustizia che interessano il nostro Paese sul piano internazionale. Giustamente lei ha evidenziato che il tema fondamentale è quello della lentezza della giustizia nel nostro Paese. Ma quando evidenziamo che questo è il tema fondamentale dobbiamo anche evidenziare che in questo Paese tutti parlano di riforme, tutti lanciano dei messaggi, ma non c'è una sola persona, non c'è una sola categoria che accetti che le riforme intervengano nel proprio territorio, nel proprio ambito e che minino in qualche modo lo che si è consolidato. È troppo facile parlare di riforme senza pensare che le riforme si devono fare anche a casa propria. I magistrati hanno poco da dire quando segnalano che la giustizia deve migliorare: comincino a dire che sono dei funzionari dello Stato e che devono accettare le regole dello Stato. Comincino a dire che devono avere il coraggio di andare ad intervenire in sedi che sono profondamente difficili, nelle quali amministrare la giustizia non è così facile come in altri territori dove si gode di un maggior rispetto e di una maggiore efficienza. Comincino a dire che se c'è un problema di lentezza e di inefficienza della giustizia questo è frutto anche di un'incapacità di molti uffici di gestirsi, perché, come lei, Ministro, ha giustamente sottolineato, essere un bravo magistrato non significa essere un bravo organizzatore del proprio ufficio, non significa essere in grado di far sì che quell'ufficio funzioni. Allora, noi abbiamo il dovere di sottolineare che in questo Paese ci sono uffici che a distanza di poche centinaia di chilometri, per non dire di poche decine di chilometri, si comportano in modo straordinariamente diverso. Non è vero che la giustizia non funziona in tutto il Paese, in quanto ci sono tanti uffici nei quali la giustizia funziona, in cui si lavora in tempo reale e che non hanno arretrati significativi. Tuttavia, ci sono altri uffici nei quali, proprio la disorganizzazione determinata fondamentalmente dall'inefficienza dei capi degli uffici (non solo da carenza di strutture e di mezzi), ha determinato effetti disastrosi. All'opposizione, agli onorevoli Ferranti, Palomba e Ria che sono intervenuti, ovviamente con l'efficacia dei rispettivi interventi, chiedo collaborazione. La giustizia non è un problema della sola maggioranza, ma di tutto il Parlamento e noi dobbiamo lavorare assieme e cercare assieme le strade per ridare la migliore efficienza, senza la logica della contrapposizione, del contrasto e di dover dire: «io isso la bandierina su questo o quel provvedimento, perché solo in questo modo si raggiunge un risultato». Questa è una logica sbagliata, mentre la logica corretta è quella della reciproca collaborazione con l'individuazione di quelle che possono essere le strade migliori per ridare efficienza ad un sistema che è andato incancrenendosi nel tempo, determinando quei risultati di arretrato che sono stati giustamente sottolineati. Mi piace evidenziare che la logica dell'intervento previsto dal Governo, soprattutto con il piano straordinario di smaltimento dell'arretrato civile, rappresenta una risposta molto concreta a chi evidenzia i 5,5 milioni ed oltre di cause civili arretrate, o i quasi 3,5 milioni di procedimenti penali arretrati. È inutile accusare il Governo di un'amnistia strisciante perché non è intervenuto in maniera immediata nell'eliminare la logica di 170 mila prescrizioni che ogni anno vengono dichiarate in questo Paese. Non si risolve dalla sera alla mattina un problema di questo genere, in quanto si risolve con la logica della collaborazione e di interventi mirati come quelli evidenziati. Grazie per aver pensato ad una riforma organica della magistratura ordinaria e di tante persone che dedicano il loro tempo per cercare di migliorare una struttura. Grazie per aver lavorato insistentemente con il Parlamento perché la riforma delle professioni diventi una realtà, così come i protagonisti dell'avvocatura, del notariato e del mondo dei commercialisti richiedono da tempo. Grazie anche di aver lanciato un messaggio per la riforma del settore del diritto di famiglia attraverso la creazione del tribunale della famiglia che, finalmente, potrà rappresentare un modo organico per affrontare e risolvere una tematica alla quale dobbiamo dedicare energie. La famiglia, infatti, rappresenta un nucleo importante e i figli rappresentano il futuro di questa nazione. Grazie, Ministro, per le leggi sulle quali il Governo si è impegnato in questo ultimo anno. La realtà della legge n. 94 del 2009 e i forti interventi per cercare di recuperare beni alle organizzazioni criminali e metterle a disposizione del sistema giustizia rappresentano una risposta effettiva e concreta, così come il numero delle persone che il sistema giustizia ha assicurato alle patrie galere quando da tempo erano latitanti. La legge sullo è diventata una realtà come sono diventati una realtà gli interventi che, giorno dopo giorno, portano all'aumento della disponibilità nell'ambiente carcerario che si proietta verso gli 80 mila posti dei quali, lei Ministro, ci ha parlato. Noi abbiamo bisogno di lavorare sulla struttura informatica del sistema giustizia e le notifiche, che rappresentano una piaga di dispersione di denaro e di energie personali, devono essere totalmente informatizzate. Abbiamo bisogno che il sistema dell'efficienza e della rapidità consenta di non rinviare quelle decine di migliaia di processi che, ogni anno, vengono spostati con tutti i conseguenti danni che minano poi la capacità di investimento nel nostro Paese, soprattutto in realtà straniere che potrebbero qui contribuire a migliorare il grado di economicità del Paese stesso. La cultura dell'efficienza della quale ci ha parlato, gli interventi soprattutto nel settore delle intercettazioni, i risparmi operati attraverso interventi mirati che hanno consentito di calmierare prezzi che andavano ora qui ora lì, in alto e in basso a seconda delle esigenze o degli interventi dei vari uffici, rappresentano una risposta concreta che in quest'anno è stata data. I risultati derivanti dall'istituzione del Fondo unico giustizia sono una risposta tutt'altro che umiliante, ma sono una risposta precisa rispetto ad esigenze che erano state evidenziate. Analogamente, il piano di diffusione dei migliori servizi attraverso un'ottimizzazione dei capi degli uffici ed un miglioramento della loro qualità individuale - per riuscire a far sì che essi sappiano essere, oltre che ottimi magistrati, anche buoni dirigenti dei rispettivi uffici - rappresenta ancora una volta una risposta concreta rispetto ai problemi che sono stati evidenziati. Signor Ministro, noi abbiamo bisogno di lavorare tutti assieme per far sì che la risposta sia precisa e unica. Abbiamo bisogno di fare in modo che nel «sistema-giustizia» non vi siano ragioni di conflittualità e che la collaborazione intervenga da parte di tutti. Su questo lei sappia di poter contare, in maniera efficace, concreta e continua, sul nostro aiuto .
. È iscritta a parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, colleghi deputati, signor Ministro, lei è venuto in quest'Aula a esporre una relazione quasi esattamente un anno fa. In quell'occasione, glielo ricordo, fu approvata una risoluzione che chiedeva al Governo di presentare in tempi brevi, con il più ampio dibattito in quest'Aula e in Parlamento, una riforma organica della giustizia che prevedesse tutta una serie di riforme, che non sto qui a ricordare perché il tempo a mia disposizione è di pochi minuti. A distanza di un anno, di quella riforma organica non troviamo oggi traccia nella sua relazione, né l'abbiamo trovata nel corso dei mesi passati. Per questo motivo, con la risoluzione da noi presentata le chiediamo se intenda ribadire quei punti di riforma, che noi crediamo siano necessari al nostro Paese per attuare finalmente quella riforma che i cittadini italiani, spesso, hanno voluto richiedere, esprimendo un voto positivo ai referendum proposti dai radicali, come quello sulla responsabilità civile dei magistrati. Questo è l'interrogativo che noi le poniamo. Signor Ministro, lei, parlando del sistema carcerario, ha voluto fornire un solo dato, parlando dei detenuti stranieri. Non ci ha ricordato, ad esempio, che il 50 per cento dei detenuti ristretti nelle nostre carceri sono in attesa di giudizio, in carcerazione preventiva: questo è un dato che veramente ci distingue da tutti gli altri Paesi europei. Quel voler sottolineare la cifra, la percentuale riguardante i detenuti stranieri, ci rammarica, glielo devo dire, perché è quasi un'espressione che sottolinea una diversità che dipende semplicemente dalla propria condizione. D'altra parte, ciò rientra, purtroppo, nella logica di questo Governo, che ha voluto sanzionare i cittadini che si trovano nel nostro Paese perché non regolari, inventandosi la fattispecie di reato penale della clandestinità, alla quale sono sottoposti. Signor Ministro, lei sa benissimo che le cifre riportano che in Italia ci sono almeno, a dir poco, 500 mila clandestini irregolari. Che cosa vogliamo fare? Vogliamo sbatterli tutti in galera? Allora, altro che piani carcere ci vorrebbero per fare quello che voi avete deciso in base alle leggi approvate da questo Parlamento. Signor Ministro, nella nostra risoluzione, che accompagniamo con la nostra iniziativa non violenta, iniziata ieri sera da Marco Pannella, sottolineiamo anche quello che sarebbe necessario per il nostro Paese rispetto all'amnistia che voi tollerate, che voi tutti in quest'Aula tollerate, che è quella delle prescrizioni. È un'amnistia strisciante, schifosa, veramente ignobile, che si tollera in questo Parlamento. Non si ha il coraggio di prendere una decisione rispetto all'arretrato dei processi, perché non sono 3 milioni e mezzo i processi arretrati dal punto di vista penale. Ci sono anche i procedimenti pendenti che riguardano gli ignoti, i reati dei quali non si è ancora identificata la persona che potrebbe essere sottoposta a procedimento. Allora, noi diciamo che nessuna riforma può essere fatta se non si pone mano a questa riforma, che è la prima, quella propedeutica a qualsiasi riforma organica. Su questo, signor Ministro, le chiediamo una risposta: ribadisce o meno quello che lei e quest'Aula hanno accettato un anno fa ?
. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Ministro della giustizia.
. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Costa, Brigandì e Belcastro n. 6-00036, Di Pietro ed altri n. 6-00037, Vietti ed altri n. 6-00038, Franceschini ed altri n. 6-00039 e Bernardini ed altri n. 6-00040
. Ha facoltà di replicare il Ministro della giustizia, che esprimerà altresì il parere sulle risoluzioni presentate.
, . Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato tutti gli interventi e, in base ad essi e al contenuto delle risoluzioni, svilupperò una breve riflessione e renderò il parere sulle risoluzioni. Tutti gli interventi si sono connotati per un tono propositivo. È chiaro che poi la divergenza avviene sulle proposte. Se posso permettermi di creare un crinale di separazione tra taluni interventi e talune proposte ed altre, direi che la sostanza è un approccio differente tra chi rivolge lo sguardo al futuro del sistema giustizia e chi lo rivolge al passato, tra chi si pone a difesa strenua dell'esistente e chi intende cambiare la giustizia italiana, modernizzandone l'amministrazione, innovando la legislazione e riformando la Costituzione. Questa è la grande differenza di approccio e proprio per questo mi sento di dare parere contrario alla risoluzione presentata dall'onorevole Franceschini ed altri n. 6-00039 e alla risoluzione Di Pietro ed altri n. 6-00037 dell'Italia dei Valori, mentre mi sento di dare parere favorevole, secondo un criterio di prevalenza, che pone al centro le cose condivise, che sono più di quelle non condivise, alla risoluzione Vietti ed altri n. 6-00038, presentata dall'Unione di Centro, e alla risoluzione Costa, Brigandì e Belcastro n. 6-00036, presentata dal Popolo della Libertà, che invece accetto per intero. Riguardo alle considerazioni dell'onorevole Bernardini, vorrei dire che ribadisco la volontà di procedere agli impegni assunti lo scorso anno e, più specificamente, alla grande riforma della giustizia, che abbia sede e luogo nella Costituzione della Repubblica. Non posso dare parere favorevole alla risoluzione Bernardini ed altri n. 6-00040 perché, con il richiamo all'amnistia, evoca un'idea alla quale noi siamo profondamente contrari; ci opporremo radicalmente ad ipotesi di questo genere, perché non le condividiamo e non consideriamo questa la strada giusta da seguire per migliorare il sistema della giustizia in Italia. Onorevoli colleghi, penso che il 2010 possa essere un anno importante e la maggioranza ed il Governo si pongono nella logica di non perdere l'occasione che quest'anno può offrire loro. Mi è capitato, onorevoli colleghi, di leggere in questi giorni l'autobiografia di un ex Ministro della giustizia e di un uomo che stimo, l'onorevole Martinazzoli. Ovviamente, raccontando la sua personale storia, richiamava gli anni trascorsi in via Arenula, al Ministero della giustizia. Riferendo di quegli anni, l'onorevole Martinazzoli diceva: «Avevamo bisogno di strutture». E poi: «Uno dei grandi problemi che discutevamo negli incontri con Scàlfaro era l'esigenza dell'informatizzazione». E poi: «Vi era il problema del sovraffollamento carcerario, delle risorse scarse del Ministero. Avevamo bisogno di nuovi istituti di pena, ma non avevamo le risorse». E poi: «Mi occupai anche, ma senza approdare a nulla, del tema della separazione delle carriere tra pubblici ministeri e magistrati giudicanti». Ancora: «Il grande tema, sempre inevaso e quasi insolubile, della razionalizzazione della geografia dei luoghi giudiziari, cosa facile a dirsi, ma non a farsi». Poi: «Vi sono tante cose che hanno aggravato - dice Martinazzoli - il sistema della giustizia». Ancora: «Accadeva allora che negli uffici giudiziari in cui più forte doveva essere organizzato il contrasto alla mafia, per esempio, non vi erano giudici che volevano andare. Si potevano mandare solo i giudici più giovani e gli altri non li muovevi più, se non volevano muoversi. Ci fu allora un tentativo di incoraggiare i passaggi alle zone più difficili, quelle dei tribunali di trincea, con degli incentivi economici». Ebbene, l'onorevole Martinazzoli giurò da Ministro della giustizia nel 1983, quando l'attuale Ministro della giustizia, cioè il sottoscritto, era un ragazzino che andava alle scuole medie. Lo dico soprattutto all'onorevole Ferranti: qui la grande sfida è se vogliamo riparlare nel 2037, fra 27 anni, quando magari Ministro della giustizia sarà un ragazzino che oggi è alle scuole medie, ancora una volta del bisogno di strutture, di informatizzazione, delle carceri sovraffollate, della separazione delle carriere, della razionalizzazione della geografia giudiziaria, del problema dei vuoti nelle sedi sgradite, oppure risolverli oggi e non nel 2037 ! Questa è la sfida che noi vogliamo lanciare al Parlamento e rispetto a questa sfida, lo dico con la franchezza dovuta ad un'Aula parlamentare come questa, sono dell'idea che occorra prendere di petto tutte le questioni. Il sovraffollamento delle carceri è stato finora risolto con 30 amnistie in 60 anni; noi intendiamo proporre la costruzione di 21 mila nuovi posti. Il problema che riguarda l'arretrato civile si è consolidato in 30 anni; noi vogliamo, nei prossimi mille giorni, in tre anni, diminuire radicalmente i cinque milioni di processi arretrati con un piano straordinario di abbattimento dell'arretrato civile. La digitalizzazione ha proceduto lentamente e noi, con il decreto, abbiamo inteso accelerare per rendere obbligatoria la posta elettronica certificata come meccanismo di comunicazione unico tra i protagonisti del processo. Noi vogliamo, e lo abbiamo già fatto, perseguire la criminalità organizzata anche con lo strumento del decreto. Lo abbiamo fatto a Napoli nel primo Consiglio dei ministri, lo abbiamo fatto poi col disegno di legge; lo faremo a Reggio Calabria il giorno 28, con un nuovo provvedimento antimafia e contro la criminalità organizzata . Perché svolgo questo ragionamento? Perché ho sentito l'esponente del Partito Democratico, che ha parlato, lanciarsi in una difesa della giustizia domestica del CSM che probabilmente neanche il rappresentante dell'ANM avrebbe svolto con tale zelo e con tale precisa difesa delle prerogative del CSM . Tanto per essere molto chiari: il Governo e la maggioranza si erano convinti che le posizioni del 1998, di dieci anni fa, proposte dalla bozza Boato della Commissione bicamerale D'Alema erano posizioni in una qualche misura sposate dal Partito Democratico, e per noi financo troppo timide; apprendiamo oggi che quelle posizioni, per noi timide ma comunque dignitose, raggiunte nella bozza Boato fanno, con il suo intervento, un salto indietro di vent'anni ancora, perché Martinazzoli nel 1983 sosteneva di introdurre dei cambiamenti che lei nega, onorevole Ferranti, nel 2010. Noi abbiamo la prospettiva di cambiare questo Paese. Potremo riuscirci o potremo fallire; di certo c'è che ce la metteremo tutta, perché non vogliamo difendere l'esistente. Ce la metteremo tutta, perché noi abbiamo una sola via per garantire una giustizia che funzioni ai cittadini: intervenire sui gangli di fondo di inefficienza del sistema, intervenire sull'arretrato civile, intervenire sulla parità reale nel processo tra l'accusa e la difesa; intervenire sul sovraffollamento delle carceri, perché il mondo delle carceri è un luogo del mondo attraverso il quale leggi il mondo, per la presenza degli stranieri, per la presenza dei tossicodipendenti, per i cittadini in numero altissimo presenti ma innocenti secondo la Costituzione, perché in attesa di giudizio; e quel mondo va riformato attraverso il lavoro, attraverso strumenti alternativi alla detenzione, attraverso la valorizzazione della dignità in carcere con la costruzione di nuove strutture. Infine, vogliamo fare sì che tutti questi nostri principi vengano trasfusi nella Costituzione repubblicana, dove noi non abbiamo assolutamente intenzione di procedere a regolamenti punitivi o ad azioni che rendano negletta la giurisdizione, perché noi crediamo nell'autonomia e nell'indipendenza della magistratura, che dev'essere soggetta soltanto alla legge, ma alla legge sì; e la legge la fa il Parlamento che è espressione del popolo sovrano e che deve trovare le modalità migliori per organizzare il funzionamento del sistema giustizia; sapendo che poi le leggi i magistrati devono applicarle essendo non soggetti al Ministro della giustizia, non soggetti al Governo, ma soggetti a quelle leggi che vengono approvate dal Parlamento espressione della sovranità popolare, espressione cioè di quella stessa sovranità del popolo in nome del quale i giudici emettono sentenza. È la medesima sovranità, quella dei giudici nel momento in cui emettono sentenza, e quella del Parlamento nel momento in cui approva le leggi: non vi sono due sovranità, una maggiore ed una minore. Ecco perché noi pensiamo che questa sfida sia «dividente» tra chi vuole la riforma nel nostro Paese, e chi non la vuole. Noi non accettiamo lezioni neanche in materia di organici. Onorevole Ferranti, io ho bandito un concorso per 500 posti di magistrato, il più grande concorso nella storia della Repubblica; stanno pubblicando le graduatorie, e apprendiamo che gli idonei sono stati meno della metà. È colpa del Governo, è colpa dell'opposizione, è colpa della maggioranza ? Io ho bandito 500 posti! Quel concorso si è concluso, e ne ho appena firmato un altro per altri 300 posti: spero che 300 bravi, meritevoli di vincere il concorso ci siano, cosa vuole che le dica?
. Ne mancano mille!
, . Di certo c'è che noi intendiamo allo stesso tempo - e lo dico ai colleghi dell'UdC, che lo hanno riconosciuto in una parte della propria risoluzione - valorizzare il ruolo dell'avvocatura, attraverso un'importante riforma della stessa che, acquisendo un rinnovato prestigio, ponga davvero, anche attraverso il prestigio, parità nel processo tra le due parti protagoniste, e cioè la difesa e l'accusa. Questo è un disegno, uno scenario che però misura nuovamente il confine da cui ho tratto le premesse e da cui ho preso le mosse: la sfida della riforma della giustizia non è solo la sfida della riforma della giustizia, ma è anche e soprattutto la sfida tra chi vuole cambiare la giustizia e l'Italia in direzione di un miglioramento e chi invece vuole lasciare la giustizia e l'Italia esattamente così come sono. Noi scegliamo la prima metà del campo. Grazie .
. Bravo!
. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulle risoluzioni presentate. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor Ministro della giustizia, onorevoli colleghi, se il giudizio sulle risoluzioni, onorevole Alfano, dovesse nascere soltanto dai propositi che lei ha enunciato questa mattina, credo che noi ed una larghissima maggioranza del Parlamento non potremmo che votare a favore. Credo infatti che i suoi propositi di miglioramento, di riammodernamento e di miglior funzionamento della giustizia civile e penale corrispondano ad una esigenza sentita dai cittadini e compresa profondamente da tutto il Parlamento, opposizione e maggioranza. In particolare, lei ha messo l'accento sul problema dell'efficienza dei processi nel campo della giustizia civile e di quella penale. Ed è qui, onorevole Alfano, che si pone oggi il problema, perché se queste sue comunicazioni e questa sua presentazione fossero avvenute in un altro momento probabilmente il Parlamento - ripeto - avrebbe giudicato ed approvato largamente le sue intenzioni di carattere generale. Ma ieri il Senato della Repubblica e la maggioranza di quel ramo del Parlamento (e di questa Camera probabilmente, quando il provvedimento arriverà) ha approvato un provvedimento che affronta il tema della giustizia penale in modo molto radicale, in un modo anzi radicalissimo, perché stabilisce che se un processo non viene esaurito nell'arco di un certo numero di anni quel processo risulta estinto: sostanzialmente, è una misura di amnistia che viene stabilita nei confronti dei reati. Naturalmente io non sono un giurista, onorevole Alfano, come lo è lei, ma stabilire che un procedimento penale si estingue vuol dire intervenire con una mannaia sul funzionamento della giustizia penale. Vorrei però far osservare ai colleghi di questa maggioranza il fatto, che è molto sorprendente, che il Ministro non commenti questa misura, perché i casi sono solo due: o quella misura che ieri il Senato ha approvato fa parte di quell'ampio disegno di riforma della giustizia cui lei fa riferimento (ed allora lei ne avrebbe dovuto parlare) o invece è un'iniziativa parlamentare (ed allora si vorrebbe sapere come il Governo valuta tale iniziativa). In ogni caso, signor Ministro della giustizia ed onorevoli colleghi della maggioranza di cui ho fatto parte fino a qualche mese fa, dentro quel provvedimento vi è una disposizione transitoria che ne svela il significato. Si può infatti anche - ed io non sarei d'accordo - intervenire con una mannaia sui processi, ma non si può definire una norma transitoria che prevede una mannaia speciale per i processi che riguardano uomini politici investiti di alte funzioni di responsabilità nella vita del Paese.
. Onorevole La Malfa, deve concludere.
. Se quella norma, onorevole Alfano, non viene modificata almeno nel senso di abolire la disposizione transitoria, i suoi propositi di riforma e di modernità della giustizia finiscono per non essere credibili e diventano la copertura retorica - e concludo, signor Presidente - di una amnistia limitata ad alcune personalità della Repubblica. Questa è la ragione per la quale voterò contro la risoluzione della maggioranza e a favore di quella dell'opposizione
. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, onorevole Ministro, vi sono alcuni punti fermi che vanno posti con vigore in quest'Aula nel momento nel quale ci apprestiamo a valutare le risoluzioni proposte, e anch'io anticipo il mio voto certamente non favorevole alla risoluzione proposta dalla maggioranza. Si tratta di punti che vanno posti con necessaria chiarezza. Uno tra questi è che nel nostro Paese non si può in alcun modo immaginare una condizione di conflitto tra potere legislativo e potere magistratuale. Onorevole Ministro, onorevole colleghi, troppo spesso abbiamo ascoltato - non dal Ministro - parole di emotività, parole intinte nell'inchiostro di un politicismo partigiano, parole «medializzate» in modo parziale che hanno prodotto negli ultimi anni l'immagine di un Parlamento che si fa casta e si richiude per contrastare un'altra casta, quella dei magistrati, in un conflitto perenne tra giustizialisti e nemici dei magistrati. Tutto questo è sbagliato e pericoloso, come sono sbagliate e pericolose le posizioni che non accettano la fatica di distinguere. La democrazia sta nella distinzione, che è individuazione delle responsabilità personali. Allora, vi sono politici che sbagliano e magistrati che sbagliano, ma ridurre tutta la politica a quell'errore, tutta la magistratura a quell'errore, è una perversione. Questo Paese non si salva senza ripristinare la regola fondamentale del rispetto delle reciproche autonomie, perché se la politica esonda e vuole condizionare la magistratura compie un sopruso costituzionalmente illegittimo, e così fa la magistratura se esorbita dal suo alveo giurisdizionale per rincorrere il compiacimento dei media, o peggio, per compiere gesti politici. È tempo, dunque, di ricollocare ogni potere nel suo alveo costituzionale, preservando l'esercizio del proprio da tentazioni di debordaggio. L'autonomia della magistratura va gelosamente garantita, da un lato, impedendo interventi impropri e normalizzatori da parte dell'Esecutivo (purtroppo non possiamo dire che nell'ultimo tempo non abbiamo assistito a tentativi di questo genere), ma anche attuando i principi costituzionali che garantiscono e tutelano la terzietà del magistrato. Gli eccessi di esposizione mediatica e il disinvolto passaggio dalle carriere magistratuali a quelle politiche non aiutano certamente la causa dell'autonomia. In questa difficile stagione in cui è tornata di attualità la questione della tutela e dell'autonomia della politica attraverso il tema dell'immunità parlamentare, forse va fatta qualche nuova proposta che dia valore e significato alla terzietà anche nella politica. Si possono, forse, rafforzare le guarentigie per i parlamentari quando il loro agire si svolge nell'ambito del mandato elettivo relativamente agli episodi direttamente connessi a quel mandato. Ma a giudicare della sussistenza di questi presupposti non potrà, e non dovrà, essere il Parlamento, ma un organo terzo come la Corte costituzionale. L'autodichia parlamentare è un retaggio del passato e va archiviata. È necessario, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, un cambio di passo, un tempo nuovo che recuperi lo spirito che animò i padri della patria, una nuova costituente per la giustizia, dunque, in cui i magistrati insieme agli altri soggetti della giurisdizione, come l'avvocatura, e la politica, con una dimensione condivisa, perché la giustizia non è né di destra né di sinistra, ritrovino uno spazio comune di dialogo per riscrivere le regole del gioco. Uno spazio che non può essere devoluto solo all'esercizio muscolare delle maggioranze, perché la politica ha il dovere di garantire una continuità legislativa sui temi cruciali della vita del Paese e non generare strappi continui e mutamenti ad ogni cambio di maggioranza. Dobbiamo ritrovare, signor Ministro, onorevoli colleghi, insieme il senso di un comune destino .
. Saluto, anche a nome dell'Assemblea, gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo Emilio Gadda e della Scuola media statale Paola Sarro plesso Fonte Laurentina, in visita a Palazzo Montecitorio . Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, avevo anticipato nel mio intervento sulle dichiarazioni del Ministro che quello sarebbe stato un intervento di politica essenzialmente incentrato sui rapporti tra politica e giustizia, e che questo secondo intervento sarebbe stato più tecnico, senza trascurare il fatto che la giustizia è comunque un fatto politico. Ora io vorrei dire al Ministro alcune cose prima di entrare nel merito di un rapporto collaborativo che l'Italia dei Valori non ha mai fatto mancare e non farà mai mancare sulle questioni serie, sulle questioni positive. Vorrei dire al Ministro che non vorremmo essere annoverati tra coloro che non vogliono il cambiamento. In realtà si tratta di capire di quale cambiamento discutiamo, e si tratta di capire di quali riforme si vuole parlare. Infatti dirsi disponibili alle riforme e al cambiamento non è ancora niente. Noi siamo disponibili a lavorare seriamente su riforme della giustizia che siano rivolte a far funzionare meglio la giustizia e non, per esempio, a non farla funzionare ammazzando centomila processi. Questo non è un cambiamento, Ministro, questo è un arretramento, questa è una constatazione d'impotenza sulla quale non siamo d'accordo, mentre se lei vuole parlare di cambiamenti e di riforme che mettano in condizione la giustizia di funzionare meglio noi ci siamo. Ne abbiamo dato una dimostrazione ieri sera quando abbiamo tutti insieme votato, anche con l'accordo del Governo, sulla questione del trasferimento d'ufficio una norma che in questo momento consente di superare problemi e difficoltà... Io non so chi sia questo illustrissimo collega che parla con il Ministro, ma vorrei parlargli anche io. Siccome penso che il Ministro possa dare attenzione ad una persona per volta, salvo che il mio intervento non serva... la ringrazio molto, Ministro. Noi siamo disponibili ad una riforma ordinamentale, strutturale, economica e finanziaria seria che faccia funzionare la giustizia, e tutte le volte che ella ci proporrà riforme in questo senso, o che ella accetterà di discutere con noi le riforme che noi abbiamo proposto noi siamo pronti a collaborare al massimo, perché riteniamo - come lei - che la giustizia sia un settore fondamentale. L'unica cosa che non possiamo accettare è che le riforme e il cambiamento si basino sullo stravolgimento della funzione giudiziaria, della pari sovranità della funzione giudiziaria rispetto alla funzione di Governo e rispetto alla funzione parlamentare (così come dice la Costituzione). Su questo certamente non potrà pretendere - e non ci chiede - di essere vicini, insieme e d'accordo con lei. Detto questo, vorrei cominciare, signor Ministro, da alcune cose sulle quali già altre volte noi abbiamo parlato e sulle quali spero di trovare ancora la sua benevola considerazione. Benché sembri una questione di importanza minore, per me non lo è: mi riferisco alla questione della giustizia minorile. Lei altre volte ha detto che la giustizia minorile è un fiore all'occhiello nell'ordinamento giuridico italiano, e che lei sarebbe stato pronto a difenderla e a tutelarla. Noi abbiamo apprezzato (io ho fatto anche dichiarazioni pubbliche), ma vorrei soltanto richiamare la sua attenzione, signor Ministro, con la stima che si deve alle persone che si occupano dei problemi seri. Vorrei che lei seguisse con particolare attenzione questo problema perché la giustizia minorile sta vivendo un momento di grave difficoltà: difficoltà economica, difficoltà di mezzi e di strutture. Comprendiamo tutti i tagli, ma il trattamento dei minori è una cosa troppo importante perché possa essere trascurato. La seconda difficoltà che questo settore sta vivendo è il rischio che ne sia vanificata la specificità e la specialità attraverso una riforma e un cambiamento che sotto il profilo della riorganizzazione sembra, invece, nascondere un dissolvimento delle professionalità e delle specificità in una più grande struttura giudiziaria poco idonea a salvaguardare le specificità. Credo, signor Ministro, che, su questa materia, se avesse potuto esprimersi per parti sulla nostra risoluzione, avrebbe espresso parere favorevole. Comunque, è una raccomandazione che le rivolgo. Allo stesso modo le rivolgo un'altra raccomandazione, signor Ministro: procediamo rapidamente alla riforma ordinamentale complessiva dei giudici di pace. Sono una categoria benemerita, nel senso che stanno svolgendo una funzione essenziale: nel civile trattano il 60 per cento delle cause, nel penale il 30 per cento delle cause, e definiscono i procedimenti entro un anno con una forma di processo breve, veramente tale. Ritengo dunque che sia giusta una riforma ordinamentale complessiva sulla questione dei giudici di pace. Noi vorremmo permetterci di segnalarle non solo la questione più generale dell'ordinamento, il reclutamento, la formazione, su cui siamo molto d'accordo, ma anche e soprattutto le modalità attraverso le quali trovare forme di continuità e anche di scudo previdenziale nei confronti di persone che magari per diciotto, venti o trent'anni svolgono un servizio essenziale per la funzionalità della giustizia e poi vengono buttate via senza che possano avere alcuna forma di scudo previdenziale. Non vogliamo parlare di una tutela previdenziale che li assimili e li equipari ai magistrati ordinari, perché questo non si può fare e non lo consente neanche la Costituzione, tuttavia sono sicuro che è possibile trovare forme intelligenti attraverso le quali garantire anche una vita serena a questi operatori della giustizia e una migliore retribuzione che non sia quella a cottimo, che oramai non si applica più neanche nei settori più umili del nostro mercato del lavoro. Detto questo, vorremmo passare a valutare invece le riforme più ampie. Riguardo all'amministrazione penitenziaria, signor Ministro, lei ci ha parlato di un piano carceri, noi lo vorremmo vedere prima di esprimere una valutazione complessiva. Quindi sospendiamo il giudizio ma sta di fatto che, purtroppo, dopo due anni ci troviamo in una situazione drammatica in cui mancano 5 mila operatori, in cui 3 mila svolgono funzioni diverse da quelle di istituto e in cui c'è un sovraffollamento straordinario. Noi siamo francamente preoccupati e sotto questo profilo vorremmo vedere anche riforme ordinamentali e normative che in taluni casi consentano di sostituire la pena detentiva con altri tipi di sanzioni. In questo senso anche su questo, se la nostra risoluzione fosse stata approvabile per parti, lei l'avrebbe condivisa. Noi stessi abbiamo rappresentato molte proposte in base alle quale nei casi di reati bagatellari, non certo per reati contro la pubblica amministrazione, sia possibile, sia in sede di giudizio sia in sede di modalità di applicazione della pena, tramutare la sanzione detentiva in altri tipi di sanzioni. È necessario un processo profondo di depenalizzazioni e sostituzione della sanzione detentiva in sanzione pecuniaria, di modalità di sospensione del processo con messa alla prova, di estinzione nei casi di scarsa rilevanza sociale del fatto. Nella nostra risoluzione sono indicati moltissimi interventi che è possibile già mettere in atto e che noi stessi in una proposta di legge avevamo annunciato. Quindi, come vede, signor Ministro, quando si tratta di metterci in una dimensione propositiva lo sappiamo anche fare. Questi sono i cambiamenti che noi approviamo, questi sono i cambiamenti per i quali ci mettiamo intorno ad un tavolo, ma le riforme che non possiamo accettare non le accettiamo, perché non accettiamo che vi sia un'equazione tra pendenza dei giudizi civili e magari poi la modifica e la trasformazione del CSM e la trasformazione del pubblico ministero non in un operatore di giustizia, ma in un operatore di parte, come un differenziato avvocato. Per questo, signor Ministro, spero che lei avrà apprezzato dopo la la . Noi comunque avremo sempre un comportamento leale: ci troverà contrari alle riforme che delegittimano la magistratura e costituiscono leggi ma ci troverà favorevoli anche per reperire risorse che il suo Ministero ha visto sempre più sottratte negli ultimi anni .
. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.
. Signor Ministro, ringraziamo lei ed i sottosegretari per la particolare attenzione dimostrata in questo scorcio di legislatura per il Parlamento e per il suo ruolo. Certo è sì superiore a quella di alcuni suoi colleghi, ma insufficiente in generale, come tutta l'attenzione del Governo nei confronti del Parlamento e del suo importante e sottovalutato ruolo. A nostro giudizio questo è un grave errore, dimostrato anche dai fatti di questi giorni, perché come dirò poi questo Parlamento ed in particolare la Commissione giustizia hanno dato prova più volte di saper migliorare le leggi con un atteggiamento laico, non pregiudizialmente contrario rispetto alle proposte anche del Governo, per tentare di risolvere i problemi della giustizia in Italia. Comunque, come dicevo all'inizio, ogni volta che il Ministro Alfano si è disposto all'ascolto con pragmatismo i risultati si sono visti in Commissione ed in Aula ed i benefici sono arrivati per il Governo, per i magistrati e per i cittadini. Abbiamo varato all'unanimità provvedimenti di cui lei oggi ha rivendicato successo ed efficacia: penso alla legge che ha normato il reato di votata appunto all'unanimità e di cui lei ha citato gli ottimi risultati raggiunti in questi mesi di applicazione, dimostrati dai quasi mille arresti; penso alle norme sulla violenza sessuale, che lei oggi ha giustamente citato; penso al grande risultato ottenuto ieri in Commissione giustizia, dove si è fatto un passo avanti molto importante per risolvere la drammatica copertura delle sedi disagiate, senza usarle come grimaldello per aprire il sistema di garanzia dell'inamovibilità del magistrato. Di questo bisogna dire grazie alla capacità di proposta delle opposizioni, al pragmatismo del Governo ed alla sensibilità anche dei magistrati. Dopo la manifestazione di sabato scorso dell'Associazione nazionale magistrati a Roma, nella quale i giovani magistrati avevano chiesto ascolto alla politica, confermando la loro disponibilità a svolgere funzioni anche nelle sedi disagiate, il Governo ieri ha deciso di accogliere i suggerimenti dell'opposizione e dei magistrati di fronte a questa ormai cronica carenza di organico in tanti cruciali tribunali italiani. Infatti, signor Ministro, è giusto esultare per gli arresti di mafiosi e criminali, è giusto il plauso al lavoro prezioso e sottopagato di polizia e carabinieri, ma non sguarnire le sedi disagiate, come lei con pragmatismo ha capito, significa non sguarnire la frontiera della lotta alla criminalità diffusa e organizzata. Se sono giovani magistrati ben vengano: sono bravi, professionali, i giovani magistrati non sono né ragazzini né bamboccioni. Quindi in queste ore consideriamo un importante risultato - in una giornata, quella di ieri, in cui di nuovo si sono scatenati conflitti sul tema della giustizia tra Governo, opposizioni e magistrati - il fatto che vi sia stato spazio per condividere un risultato nell'interesse della buona amministrazione della giustizia. Signor Ministro, in questa sede non possiamo non dire che ci siamo troppe volte divisi sulla giustizia. Ci siamo divisi su norme a nostro giudizio contraddittorie e confuse, ci siamo divisi su norme inutilmente ma sicuramente non si può imputare al nostro partito di non aver avuto un atteggiamento più che costruttivo. Cito soltanto gli ultimi tre esempi, oltre all'ordinario lavoro in Commissione che con il capogruppo Vietti, il collega Ria ed il contributo del collega Mantini abbiamo svolto sin dall'inizio di questa legislatura. Gli ultimi tre esempi sono: la proposta di legge dell'onorevole Vietti sul legittimo impedimento, la proposta di legge costituzionale del collega Ria sulla tutela delle alte cariche dello Stato - la cosiddetta costituzionalizzazione del lodo che porta il suo nome - e, da ultimo, l'emendamento di ieri sulle sedi disagiate, di cui ho appena detto. L'Unione di Centro ha fatto questo non per opportunismo - è una categoria, dispiacerà a molti, che non ci appartiene - non per di cui non abbiamo assoluto bisogno, ma solo per serietà e per coerenza. Lo abbiamo fatto - lo ripetiamo ancora una volta - per rimuovere dalla strada delle riforme il macigno dei processi del Premier ed il conseguente rapporto di questo Governo con i magistrati e con il sistema giustizia. Signor Ministro, non siamo garantisti a giorni alterni, lo siamo sempre, e la testimonianza vivente del dramma umano e politico del collega Mannino lo dimostra e dovrebbe essere un monito per tutti noi. Un dramma della restrizione della libertà personale che non si deve ripetere e che, siamo certi, nessun magistrato onesto e nessuna forza politica responsabile vorrebbe mai vedere ripetuto nel nostro Paese: diciassette anni di infamia e di denegata giustizia. Ci è molto dispiaciuto che la Lega Nord sia stato l'unico partito che non si è associato all'unanime riconoscimento, in quest'Aula, sulla definitiva assoluzione del collega Mannino, che ha affrontato un processo forse legittimo, ma che si è svolto in modo ingiusto. Signor Ministro, queste, come quelle vissute ogni giorno, in sede civile e penale, da migliaia di cittadini, sono sconfitte per la giustizia, ma non si risolvono tagliando i processi. Il cosiddetto processo breve non è una soluzione. Applicato nei termini in cui lo prevedete, è un'inutile amnistia: molte vittime dei reati non avranno giustizia e i processi non saranno più brevi, semplicemente, purtroppo, non saranno. Per queste ed altre ragioni, il provvedimento sul processo breve dovrà essere radicalmente migliorato in quest'Aula. Signor Ministro, lei ha fatto un lungo elenco di successi, alcuni, come ho detto, sarebbe stato opportuno li avesse condivisi. Vorrei, brevemente, illustrare la nostra risoluzione. Essa contiene un passaggio preliminare e cioè che, ad ogni intervento, bisogna prevedere la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, che consenta una più razionale allocazione delle risorse umane e materiali, che vanno, comunque, potenziate. Lei non lo ammette - non l'ha ammesso nella sua relazione - ma senza questo punto, a nostro avviso, non si va da nessuna parte. Il processo telematico deve passare dalle parole ai fatti con adeguato stanziamento. Non ne parliamo più, signor Ministro, basta con gli annunci sul processo telematico: solo quando saremo in grado di favorire i processi con il computer, ne riparleremo. Con riferimento al settore civile, siamo ancora in attesa di valutare i decreti legislativi attuativi della riforma processuale di inizio legislatura. Ribadiamo il giudizio non positivo sulla mancanza di organicità di quell'intervento e, più in particolare, sulla testimonianza in forma scritta. Giudichiamo un errore avere eliminato dalla riforma le previsioni introdotte dalla Camera sulla non ricorribilità per Cassazione nell'ipotesi di «doppia conforme» sul fatto. Inoltre, a nostro avviso, la proposta avanzata dall'onorevole Vietti di riforma organica del libro primo del Codice civile, deve essere rapidamente approvata senza inutili competizioni tra Governo e Parlamento. Invece, non viene esaminata in Commissione, perché il Governo ci chiede di aspettare la sua proposta, che, tuttavia, non arriva al Parlamento. In ordine al settore penale, abbiamo parlato in precedenza del cosiddetto processo breve. A nostro giudizio, esso è condivisibile solo a due condizioni: che riguardi procedimenti futuri, aperti successivamente alla norma che ne stabilisce i tempi di prescrizione, e che sia accompagnato dalle risorse necessarie a portare a termine, entro la durata prevista, il carico ordinario di procedimenti pendenti nei singoli uffici giudiziari. In merito all'effettività della pena, nessuna seria efficacia deterrente potrà essere assicurata dal sistema penale se la pena non torna ad essere effettiva. In sostanza, occorre una drastica depenalizzazione, accompagnata da istituti quali l'oblazione del processo penale per i reati bagatellari, l'archiviazione per irrilevanza sociale del fatto e, soprattutto, nella doverosa ottica di tutela delle vittime, l'estinzione del reato in seguito a condotte riparatorie. È assolutamente indispensabile una profonda revisione del modello sanzionatorio, che riduca l'utilizzazione della pena detentiva, troppo spesso tanto apparentemente pesante, quanto nei fatti meramente virtuale, e lo sostituisca con pene alternative alla detenzione. Signor Ministro, vorrei parlare anche del Piano carceri. Siamo contenti che in Ionta troveremo un nuovo Bertolaso, ma se questo non fermerà il sovraffollamento né i suicidi, le nostre carceri rappresenteranno, plasticamente, la sconfitta del nostro Paese nel settore giustizia. Signor Ministro, non siamo contrari ad una riforma del CSM che riequilibri i rapporti tra laici e togati, e crei un'alta Corte autonoma con funzioni disciplinari. Vorremmo un'azione penale che resti obbligatoria, a garanzia del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. E su questo vorremmo una riflessione sui criteri di selezione delle notizie di reato e, soprattutto, sui criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale, oggi sostanzialmente ancora purtroppo discrezionale. Da ultimo, prima di concludere, dall'inizio della legislatura, come primo provvedimento, abbiamo votato un ordine del giorno, che di anno in anno si rinnova, sulla riforma della cosiddetta magistratura onoraria, ma siamo ancora, purtroppo, all'anno zero.
. La prego di concludere.
. Un minuto ancora, signor Presidente. Signor Ministro, condividiamo buona parte della sua diagnosi sulla lentezza, sugli sprechi, sulla scarsa razionalizzazione delle risorse; condividiamo meno le ricette, le terapie troppo dettate dal contingente rispetto all'orizzonte di una grande riforma della giustizia che gli italiani aspettano almeno dal 1994. Applicheremo anche noi, come lei, il criterio di prevalenza nel voto sulle risoluzioni: quelle dell'opposizione sono tutte ampiamente condivisibili, mentre su quella della maggioranza ci asterremo perché abbiamo paura che, come quelle dell'anno scorso, resti tra un anno lettera morta. La nostra idea di giustizia non vede su fronti contrapposti maggioranza e opposizione, berlusconiani e antiberlusconiani, magistrati contro avvocati, in uno scontro in cui le ragioni degli uni dovrebbero sopraffare le ragioni degli altri, perdendo di vista quello che è, o meglio dovrebbe essere, l'equilibrio generale delle norme a garanzia dei diritti di tutti. La nostra è un'idea di giustizia utile ai tanti cittadini che pretendono un diritto costituzionalmente garantito e troppo spesso negato, come è stato richiamato nei mesi scorsi anche dall'Unione europea. L'Unione di Centro lavorerà, concludo, come abbiamo sempre fatto, in questa direzione, senza pregiudizio e nell'interesse esclusivo dei cittadini, perché una giustizia lenta è una giustizia troppo spesso negata e a pagarne i costi, in effetti, come sempre accade in questi casi, sono i più deboli, le vittime dei reati, i meno abbienti. Il nostro impegno è garantire una giustizia più giusta per tutti e non per i pochi che possono permettersela .
. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, eccellenza Guardasigilli, prima di ogni cosa, devo esprimere - e spiegherò perché ciò non è stato fatto a suo tempo - piena solidarietà nei confronti dell'onorevole Mannino. Questa piena solidarietà non è stata espressa per un motivo estremamente semplice: il taglio con cui si è espressa solidarietà - e non volevamo essere una voce fuori dal coro - era quello quasi di una commemorazione. Non è così: al mattino ti vengono a prendere, ti caricano su una macchina, ti portano in una caserma, ti riempiono le mani e le braccia con un inchiostro americano, ti fanno la fotografia davanti e di fianco, ti mettono dentro insieme a tutti gli altri e tu pensi che hai lavorato una vita inutilmente e che forse l'unico meccanismo con cui puoi rispondere è spararti in testa. Questa è una situazione alla quale non si può non dare solidarietà, ma se noi l'avessimo data, non avremmo potuto tacere il fatto che colpire qualcuno non è un fulmine a ciel sereno, una disgrazia casuale. Al contrario, sono cose preordinate che hanno un nome e un cognome, e guarda caso sempre lo stesso nome e lo stesso cognome, andate chiedere ad Andreotti ! Noi non possiamo tacere queste cose, dobbiamo dirle in maniera chiara, per cui esprimiamo la più ampia solidarietà all'onorevole Mannino e al Partito che lo ha supportato Signor Presidente, signor Ministro, anche noi nel nostro piccolo facciamo delle citazioni, proprio perché ci teniamo al fatto che le riforme che lei si sta apprestando a fare, non siano riforme apodittiche che hanno come punto di riferimento la risoluzione dei problemi amministrativi. Abbiamo un dissesto istituzionale che si può tradurre con questa frase: noi non possiamo lasciare che parte del proletariato compia da solo questa avanzata. Noi, non come individui, ma come massa di lavoratori intellettuali, dobbiamo parteciparvi per regolare il movimento nell'interesse comune, anzi, per assumerne la direzione. Indovinate a quale categoria appartenevano questi lavoratori intellettuali? Erano dei magistrati. Signor Ministro, lei deve riferirsi certamente a tutto quanto ha ricordato, ma deve riferirsi anche al fatto che se non si riporta la magistratura ad essere un ordine giudiziario e non un potere autonomo, non controllato e non controllabile, si arriverà ad una forma deviata dello Stato. Ciò detto, vale la pena sottolineare ancora alcuni punti. Il primo è qualcosa che ci portiamo dietro per un errore del Premier Craxi, quando, a suo tempo, nonostante il popolo italiano avesse votato per il mantenimento della responsabilità dei magistrati, emanò una legge che, sostanzialmente, la eliminò. Dobbiamo porre rimedio a questo . Il magistrato è come tutti gli altri e se sbaglia e ammazza qualcuno paga, come tutti gli altri . Abbiamo sentito da un oratore che ci ha preceduto che il capo supremo vuole la giustizia fatta da lui, come nel Medioevo. Ma quando mai, collega Palomba, quando mai? Il centrodestra e il Premier vogliono semplicemente avere una giustizia, come tutti gli altri. Ma voi pensate veramente che se nel processo Mills non vi fosse l'imputato Berlusconi quel processo sarebbe stato portato in aula, oppure sarebbe valsa la cosiddetta circolare Maddalena? Quel processo non sarebbe mai stato celebrato. Si dice che i processi brevi buttino all'aria centomila processi: non è vero. La preoccupazione è che non si butti all'aria quel processo. Signor Ministro, per non annoiarla ulteriormente, desidero sottolineare ancora un punto della risoluzione Franceschini n. 6-00039. Essa afferma: «(...) prevedere fra i compiti del procuratore della Repubblica... la fissazione di criteri... relativi alla priorità nell'esercizio dell'azione penale». Bisogna chiarirlo una volta per tutte: o la magistratura si atteggia a potere, e allora si faccia eleggere dal popolo, oppure essa ha due cardini su cui non può discutere e non può venir meno: la magistratura deve essere sottoposta alle leggi approvate democraticamente da questo Parlamento e ha l'obbligatorietà dell'azione penale, perché la discrezionalità dell'azione penale è esercizio di un potere e al massimo, se proprio vogliamo l'esercizio di un potere, esso non può che provenire dal Parlamento. La morale di questo discorso è che ci auguriamo che vengano realizzate tutte le riforme sagge cui lei, signor Ministro, ha accennato e cui ha accennato anche parte dell'opposizione. Noi tutti vogliamo una giustizia più celere, tutti vogliamo che non si verifichino più casi come quello dell'onorevole Mannino, ma ieri abbiamo visto, quando si è parlato di Mannino, che l'unica cosa che si è riusciti a dire è stato che questo fatto non deve accadere più. È naturale, non credo che qualcuno possa augurarsi che si ripeta, ma a questi fatti occorre dare delle risposte e la risposta non è che una: il riassetto della magistratura nell'ambito del potere, esattamente nei termini descritti dal Capo dello Stato .
. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà.
. Signor Ministro, voteremo contro la sua relazione, nella quale ci ha detto molte cose, ma non la più importante, cioè che ieri il Senato ha approvato la trentunesima amnistia della storia repubblicana. Lei stesso l'ha in qualche modo riconosciuto parlando della legge sul cosiddetto processo breve, pur non assumendone la paternità, come uno strumento per deflazionare il processo penale. Un anno fa parlò, e credo senza avventatezza, di un sistema giudiziario che aveva - cito testualmente - «ormai oltrepassato il limite di ogni tollerabilità». Oggi ci dice che la lentezza del sistema, che torna a definire malato, resta tale e quale, ma che nel frattempo il Governo si è dato una strategia per vincerla: è un po' poco, ci consenta. Ci ha spiegato, in pratica, che un anno è passato senza riforme strutturali. Sempre lo scorso anno indicò con crudezza i limiti del sistema, i termini dell'emergenza giustizia: la mole dei procedimenti, la situazione delle carceri, le disfunzioni dei tribunali, i limiti - che ci sono - dell'autogoverno della magistratura, gli sprechi. In questi mesi, però, noi non ci siamo occupati di questo. Dei quasi 9 milioni di procedimenti civili e penali pendenti davanti ai nostri tribunali una porzione molto circoscritta ha attratto la vostra attenzione, alcuni processi con imputazioni, sedi e tempi diversi, ma che in comune hanno una cosa: l'imputato. Proprio in questi giorni si è registrato il punto più alto del vostro sforzo riformista: la Camera è impegnata a discutere del legittimo impedimento, il Senato ha approvato il processo breve, il Governo forse - su questo le notizie sono controverse - discute dell'opportunità di emanare un decreto-legge per affrontare un singolo passaggio processuale. Con involontario umorismo, da una parte, si promette il processo breve, appunto, e, dall'altra, si studia una norma che eloquentemente viene titolata «blocca processi». Fatto sta, che se metà delle energie e delle attenzioni profuse in questo senso fossero state rivolte all'insieme o a parti del sistema, lei oggi potrebbe parlarci di risultati che, invece, purtroppo, non ci sono. A partire dal tema delle risorse, con riferimento al quale lei ha vantato un introito del Fondo unico per la giustizia, quota parte per il settore giustizia appunto, di 631 milioni di euro. A noi risulta che fino ad oggi siano stati incamerati 17 milioni di euro, e tuttavia si tralascia di ricordare che quest'anno la legge finanziaria ha tolto 349 milioni di euro dalla missione giustizia, 443 dal programma giustizia, 2,4 dal Fondo degli affari di giustizia, che finanzia tra l'altro il gratuito patrocinio, l'estradizione, e il finanziamento delle direzioni antimafia, e che 6,6 miliardi di euro sono stati tolti alla giustizia minorile. Il saldo è più che negativo se si aggiunge il fatto che con la legge finanziaria è stata introdotta una tassa che deve pagare chi vuol far valere i propri diritti presso la giustizia del lavoro. Ma il tributo più alto alla vostra disattenzione è pagato dalla giustizia civile. Siamo lieti che lei individui oggi questa come una vera emergenza, però facciamo notare che la riforma del processo civile è ferma non per oscure resistenze corporative, che costituiscono sempre un alibi formidabile, ma per il fatto che il Governo non ha ancora emanato i decreti attuativi previsti dalla legge delega, nonostante il fatto che la crisi abbia reso ancor più dirompenti le disfunzioni di quel settore. L'incertezza dei rapporti tra privati pesa, e molto, sulla competitività degli investimenti, ma prima ancora delle ricerche ce lo dicono gli imprenditori che incontriamo, soprattutto i più piccoli. Privati e aziende in crisi fanno oggi una cosa semplice: non pagano i fornitori. I tempi e l'efficienza della giustizia civile, la durata della procedura di fallimento certamente non disincentivano questo tipo di condotta. Di questo non si parla mai o quasi mai. Signor Ministro, se il 2010 è l'anno in cui intende far qualcosa per mettere questo tema al centro dell'attenzione troverà la nostra collaborazione. Le condizioni del sistema penitenziario sono esplose; aveva dichiarato l'obiettivo di assicurare 60 mila posti nelle carceri, oggi l'obiettivo è salito a 80 mila. Il piano più volte annunciato non c'è e lei ci ha indicato sommariamente i capisaldi, quando lo vedremo lo giudicheremo, intanto, però, vorrei sottolineare un aspetto. Credo che sia giusto dire che 2 mila poliziotti non bastano e che occorrono educatori e psicologi e non devo spiegare il perché, in un Paese nel quale i suicidi in carcere sono stati 72 nel 2009, già 7 nel 2010, di cui uno ieri, purtroppo, nel carcere di Spoleto. Rischiano di essere questi, signor Ministro, i veri plotoni di esecuzione che agiscono nel sistema giudiziario italiano. Con franchezza, sin da ora, dobbiamo dirle che al suo piano manca però un elemento che, se non affrontato, la farà tornare qui l'anno prossimo a spiegare che i posti necessari nel frattempo sono diventati centomila. È una discussione seria sulle modalità di repressione, sul tema della depenalizzazione: per voi un tabù, a meno che non si affronti naturalmente il reato di falso in bilancio. Noi condividiamo le misure di contrasto alla mafia di cui ci ha parlato, perché sono quelle che spesso abbiamo proposto, ma ci preoccupano quelle di cui non ha parlato. Lo scudo fiscale che offre alle mafie nuove opportunità di riciclaggio, la legge sulle intercettazioni che priva chi indaga di uno strumento fondamentale, la norma sui beni confiscati. Non ci può essere migliore per la mafia della casa di un boss acquistata da un suo prestanome, o un'asta indetta che va deserta per paura. Ieri, signor Ministro, sono successe due cose: una piccola cosa buona di cui parlava anche il collega Rao, cioè alcuni passi avanti intervenuti in Commissione per far fronte ai vuoti di organici; una gravissima, ovvero l'approvazione del cosiddetto processo breve al Senato. Sono fatti che indicano due strade. La prima non scomoda i massimi sistemi, evita gli scontri ideologici e si prefigge di fare passi concreti in direzione della funzionalità del sistema. Se si volesse affrontare il tema della revisione delle circoscrizioni dei tribunali noi saremo pronti. La seconda, con tutto il relativo dispiegarsi propagandistico, non è null'altro che il tentativo di piegare la legge ad un'esigenza particolare con effetti negativi per tutti. Voi dite di avere a cuore l'obiettivo di una ragionevole durata del processo: dimostratelo, tirate via le norme che riguardano i processi in corso, tutti i processi. Così facendo, noi lavoreremo per raddrizzare una legge che giuristi, magistrati e stavolta anche gli avvocati vi dicono essere storta, a prescindere dal suo carattere . Tuttavia, condurremo ogni forma di lotta consentita, qui e fuori, per impedire che questa legge, così com'è, sia approvata, per consentire di insabbiare 1.000, 100 o anche soltanto un processo. Signor Ministro, lei ha detto che esiste un diritto ad avere giustizia in termini ragionevoli ed è vero. Non lo si può realizzare, però, negando ad alcuni il diritto ad avere giustizia . Riteniamo che le famiglie delle vittime della Thyssen e dell'Eternit, le famiglie truffate da Tanzi, così come le migliaia di parti lese interessate nei processi che rischiano di non concludersi per effetto della vostra legge, abbiano diritto a chiedere ed ottenere giustizia . In ordine al bivio che si è presentato nella giornata di ieri, noi ci auguriamo che prevalga in voi la preoccupazione per lo sfascio che si può produrre. Lei, signor Ministro, ha annunciato riforme di rango costituzionale e l'intento può suonare come una promessa o come una minaccia. È una promessa se significa la volontà di abbandonare gli interventi estemporanei e strumentali per mettere sul tavolo una proposta d'insieme da condividere, secondo le indicazioni del Capo dello Stato. È una minaccia, però, stando al merito delle cose da lei dette. Le sue parole, infatti, suonano così, ma in questo caso le diciamo che non abbiamo paura. In primo luogo, perché metteremo in campo un'idea di riforma che, senza necessariamente mettere in discussione la Carta fondamentale, può rappresentare un'alternativa all'attuale idea pelosa di garantismo che ci proponete di frequente, legata alla classe sociale, allo alla visibilità degli individui. Noi non ci faremo inchiodare sulla difesa delle cose così come stanno e riguardo a ciò, signor Ministro, mi piacerebbe prima o poi che rispondesse ad una domanda. Dopo tanto tuonare di garantismo, oggi un povero disgraziato che entra nel circuito penale italiano è più al sicuro di un anno e mezzo fa, quando voi siete andati al Governo? Io credo decisamente di no . Noi affronteremo questo processo anche liberandoci da condizionamenti corporativisti; riprenderemo, facendo vivere con maggior forza di quanto sia avvenuto fino ad oggi, un'idea delle garanzie che muove dalle culture riformiste alle quali ci ispiriamo e che trova compimento nelle Carte costituzionali. In secondo luogo, signor Ministro, non abbiamo paura, perché gli italiani, anche quelli che votano a destra, hanno dimostrato che, a fronte di ipotesi strumentali e punitive di stravolgimento della Costituzione, si tengono la Costituzione che c'è: lo hanno dimostrato anche con la tanto evocata sovranità popolare, in un referendum che bocciò il vostro tentativo di stravolgimento. Noi stiamo con la sovranità popolare e da questo punto di vista non abbiamo paura delle riforme e del cambiamento, ma fino ad oggi non abbiamo visto né riforme né cambiamenti .
. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la relazione odierna del Ministro Alfano costituisce un importante momento di riflessione e di propulsione sull'amministrazione della giustizia. Il Guardasigilli, con efficacia, puntualità e precisione, ha saputo fornirci una fotografia realistica della situazione della giustizia nel nostro Paese: l'indicazione di linee strategiche chiare e puntuali, che si inserisce in un percorso che è stato tracciato ed è caratterizzato da una serie di provvedimenti normativi che questa Camera ha già approvato. Signor Ministro, innanzitutto desideriamo ringraziarla per il grande rispetto che, in questo primo scorcio di legislatura, lei ha nutrito nei confronti del Parlamento, facendo partecipe la Commissione giustizia, in molte circostanze, e l'Assemblea, in svariate occasioni, delle linee di azione che il suo Dicastero aveva intrapreso e di quelle che ha programmato. La risoluzione che oggi il Popolo della libertà, la Lega nord e l'MpA presentano per l'approvazione dell'Aula tocca molti punti affrontati nella sua relazione e parte, non a caso, dal tema della giustizia civile. Il Governo ha ottenuto un risultato molto importante nel corso del 2009, attraverso l'approvazione, in tempi molto rapidi, della riforma del processo civile, attraverso la quale i tempi processuali di alcune fasi del giudizio ordinario di cognizione sono dimezzati. Sono state introdotte modifiche normative finalizzate all'abbreviazione dei tempi, tra cui spiccano sanzioni processuali a carico delle parti responsabili della dilatazione cronologica dei processi. È stato poi presentato lo schema di decreto legislativo sulla mediazione in materia civile e commerciale, attraverso la quale si punta ad azionare metodi alternativi al processo. Non dimentichiamo che, in un momento di crisi economica, una giustizia civile lenta crea ulteriore incertezza, determinando talvolta fughe di investimenti. Un imprenditore che può scegliere in che Paese investire punterà senz'altro su quello che gli garantisce una giustizia rapida. Al contrario, l'effetto determinato dal cattivo funzionamento del processo penale è quello di attirare la criminalità, perché dove non vi è certezza della pena vi è una maggiore possibilità di sfuggire ad una sanzione per i propri delitti. Signor Ministro, lei ha ereditato, come ha ereditato questa legislatura, tra procedimenti penali e civili pendenti, quasi dieci milioni di fascicoli: più del doppio di quelli pendenti complessivamente in Germania, in Spagna e in Inghilterra. Lei ha ereditato una situazione difficile in cui, per recuperare un credito da una disputa commerciale - prima della riforma del processo civile - occorrevano 1.210 giorni, contro i 331 della Francia, i 394 della Germania e i 515 della Spagna. Sappiamo che per la giustizia, nel nostro Paese, si spende di più che in molti altri Paesi europei. Si aggiunga - questo è un particolare importante - che in Italia i salari coprono quasi il 70 per cento dell'intero della giustizia. Riteniamo, quindi, come abbiamo affermato nella nostra risoluzione, importante e opportuno agire sul tema dell'organizzazione. L'articolo 110 della Costituzione, purtroppo, oggi non è attuato da norme specifiche che attribuiscano al Ministro della giustizia la possibilità di intervenire sull'organizzazione e sul funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Per far ciò è opportuno che tale norma venga specificatamente attuata e occorre prevedere nuovi interventi legislativi che consentano al Ministro di monitorare efficacemente l'andamento del servizio, a beneficio dei cittadini, affinché possano adottarsi gli opportuni correttivi per il recupero dell'efficienza. Ciò non vada interpretato come un meccanismo per limitare l'indipendenza della magistratura, bensì finalizzato ad introdurre semplicemente un meccanismo di produttività degli uffici giudiziari. Lo dico perché sappiamo tutti che vi sono tanti magistrati che svolgono in modo puntuale e coscienzioso il loro lavoro e tanti capi degli uffici che hanno doti, caratteristiche e preparazione per organizzare in maniera efficace la loro struttura, ma vi sono anche situazioni di inaccettabile inerzia della macchina giustizia. Si deve consentire al Ministro di identificare tali sacche e di provvedere in modo rapido a porre rimedio. Non è accettabile - lo abbiamo apprezzato nella sua relazione - che vi sia una giustizia a macchia di leopardo, che incide sulla disparità di trattamento nei confronti dei cittadini. Il disegno di legge di riforma del processo penale vuole intervenire proprio sotto questo profilo. Auspichiamo, partendo dal Senato, che vi sia la possibilità che queste norme siano al più presto approvate. Ho parlato prima di capacità organizzative dei capi degli uffici. Ebbene, in molte, troppe circostanze, chiamati a questi ruoli sono ottimi giuristi con scarsissima esperienza manageriale. Occorre riflettere su questo aspetto, perché è bene affidare il timone di una struttura complessa come un tribunale o una procura della Repubblica a chi ha la preparazione sotto il profilo organizzativo per farla rendere al meglio. Troppo spesso, il Consiglio superiore della magistratura si è inchinato di fronte a logiche correntizie, trascurando criteri di preparazione e professionalità. Signor Ministro, i cittadini, soprattutto per i risultati che lei ha conseguito fino ad oggi, dimostrano una grande fiducia in lei e nel suo approccio pragmatico, finalizzato a risolvere i problemi quotidiani connessi all'ingranaggio di una macchina elefantiaca. La sua azione di Governo si è distinta per aver messo al centro l'uomo, la persona, perché, dietro ogni numero delle fredde statistiche che siamo abituati a leggere, dietro ogni fascicolo pendente, c'è una persona, una storia, ci sono emozioni, sentimenti, spesso famiglie che si logorano nell'attesa di una sentenza. Il suo approccio concreto, fatto di piccoli provvedimenti utili, è rivolto proprio a quelle tante persone che, per difendersi o per far valere i propri diritti, chiedono una giustizia più rapida. Questa sua filosofia non possiamo che ritrovarla nell'approccio al tema dell'emergenza carceraria e alla necessità che in un Stato civile si consenta un'esecuzione della pena in linea con la finalità rieducativa che la Costituzione ha sancito. Quindi, gli interventi che lei ha annunciato, dai nuovi padiglioni carcerari agli interventi normativi, sono sicuramente apprezzabili e vanno in questa direzione. I cittadini e le persone perbene non possono che avere apprezzato la sua fermezza nell'azione contro la criminalità organizzata, una serie di provvedimenti coraggiosi ed efficaci che affermano una volta di più la presenza dello Stato in territori molto difficili. Infine, riguardo alle riforme costituzionali - lo abbiamo accennato nella nostra risoluzione - auspichiamo, signor Ministro, che ci sia una condivisione. Abbiamo apprezzato la sua scelta di cercare e invocare un percorso comune con l'opposizione su questi temi. Una condivisione trasmetterebbe forza e credibilità alla giustizia, perché la giustizia che funziona è lo specchio della serietà di una nazione. Noi abbiamo un programma di Governo chiaro e trasparente, che gli elettori hanno votato. Mettiamo a disposizione queste risorse in termini di idee, perché il Parlamento possa affrontarle con la riflessione necessaria e arrivare ad un voto positivo, che possa finalmente creare uno stimolo ulteriore alla giustizia nel nostro Paese. Queste sono le premesse per annunciare da parte del Popolo della Libertà un'approvazione delle linee che sono state indicate e illustrate dal Ministro guardasigilli nella seduta odierna
. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, intervengo anche per annunciare la richiesta di votazione per parti separate della nostra risoluzione in tre parti: la premessa e le due parti del dispositivo, la prima che si riferisce alla conferma della risoluzione approvata un anno fa in quest'Aula per una riforma organica della giustizia e la seconda che si riferisce all'amnistia. Voglio ricordare - lo ha già fatto l'onorevole Orlando - che ieri un'altra persona, un giovane di 29 anni, si è suicidata nel carcere di Spoleto. È stato il suo modo di uscire da carceri dove si vive un degrado civile e umano, da carceri illegali, che devono presto essere riportate nella legalità costituzionale prevista dall'articolo 27, che lei, signor Ministro, prima ha richiamato .
. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
. Passiamo ai voti. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Costa, Brigandì e Belcastro n. 6-00036, accettata dal Governo. Dichiaro aperta la votazione.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, intervengo per sollecitare la risposta del Governo ad una mia interrogazione presentata la scorsa settimana e che riguarda la situazione che si è determinata nel sito dello stabilimento Ecolibarna di Serravalle Scrivia, in provincia di Alessandria. È un sito inserito nel programma nazionale di bonifica previsto dalla legge n. 426 del 1998 e per il quale è stato dichiarato, ai sensi della legge n. 225 del 1992, lo stato di emergenza ed è stata adottata l'ordinanza di protezione civile n. 3304 del 30 luglio 2003 (da allora successivamente sempre prorogata, da ultimo con un'ordinanza che ha prorogato l'incarico al prefetto di Alessandria come commissario delegato per la bonifica dell'area). Dato che il 31 gennaio prossimo scadono la dichiarazione dello stato di emergenza e l'incarico commissariale, avevo a questo proposito presentato fin dal 16 dicembre un ordine del giorno in Aula in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria, sul quale il Governo aveva espresso un parere favorevole, con il quale avevo chiesto la proroga del commissariamento ed il finanziamento con le risorse necessarie mancanti per completare la messa in sicurezza e la bonifica integrale dell'area. Successivamente peraltro, il Dipartimento della protezione civile ha inviato alla regione Piemonte ed agli enti locali una lettera (ciò è avvenuto l'11 gennaio) nella quale si richiede agli enti locali di mettere a disposizione risorse finanziarie per proseguire gli interventi. Questa iniziativa appare del tutto anomala e contraddittoria rispetto agli impegni assunti dal Governo, perché sembra che il Governo non sia intenzionato a mantenere il programma nazionale previsto per l'intervento di bonifica dell'Ecolibarna e che in tal senso voglia invece responsabilizzare completamente la regione e gli enti locali. Credo che il Governo debba rapidamente riflettere sul suo comportamento e debba farlo, a maggior ragione, perché il prossimo 31 gennaio scadono l'ordinanza in corso ed il commissariamento; se non interverrà l'ordinanza di proroga entro quella data, ci si troverà in una situazione ingovernabile e rischiosa per la salute pubblica, perché quella è un'area che ha bisogno di interventi urgenti soprattutto per la messa in sicurezza delle falde acquifere di tutto il comprensorio della valle Scrivia e quindi degli acquedotti comunali. Le chiedo quindi di segnalare al Presidente del Consiglio l'urgenza della risposta alla mia interrogazione e l'urgenza dell'adozione degli atti necessari, affinché sulla base degli impegni già assunti dal Governo si prendano le determinazioni più utili per raggiungere l'obiettivo che oggi ho ricordato .
. Grazie, onorevole Lovelli, la sua sollecitazione verrà fatta presente.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, vorrei sottoporre alla Presidenza la seguente questione. Il giorno 29 aprile del 2009 - vi è stato un periodo di preparazione che è cominciato quindi quasi un anno fa - è stata autorizzata dalla Presidenza della Camera un'indagine conoscitiva, approvata poi il 5 maggio 2009 in Commissione cultura, sull'accoglienza e l'integrazione degli alunni immigrati nelle scuole. Da allora il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - cui chiedevamo dei dati e la conoscenza sullo stato dell'arte delle politiche per l'immigrazione che svolge, nonché un intervento politico, se il Ministro lo desiderava - ha rifiutato di prendere parte alle audizioni. Io stessa ho parlato con il Ministro comunicandole di comprendere le difficoltà politiche e proponendo di scindere la parte tecnica dall'intervento politico, ma a tutt'oggi, con la terza proroga che abbiamo dovuto chiedere alla Presidenza della Camera, e che è stata concessa fino al 31 marzo, al Ministero affermano di non essere in grado di venire perché occupati in altri provvedimenti. Io al Ministero ci sono stata e so benissimo che ognuno svolge i suoi compiti, e chi si occupa di immigrazione non si occupa di regolamenti o di altro, ma mi sfugge per quale motivo un Ministero possa rifiutarsi di fornire dei dati ad una Commissione e il Parlamento non possa ascoltarne i rappresentanti. Per tale ragione, voglio sottoporre la questione alla Presidenza della Camera affinché sia risolta per la dignità del Parlamento.
. Onorevole De Torre, naturalmente accogliamo la sua sollecitazione, vorrei però ricordarle che forse l'altra sede nella quale lei può far presente quanto ci ha appena comunicato è quella della Commissione competente in cui si sta svolgendo l'indagine conoscitiva.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, intervengo semplicemente per sollecitare una risposta all'interrogazione n. 4-00885 del 2008 che non mi risulta sia stata svolta. Inoltre, le rivolgo una preghiera come parlamentare: io sono un non fumatore, capisco che anche i fumatori abbiano le loro esigenze, però qui dietro, dove vi sono i computer, nonostante vi sia il cartello «vietato fumare» è una camera a gas; la situazione è veramente un po' pesante. Propongo che alla Camera venga posto un vetro divisorio tra il locale dei computer e il corridoio. Nel corridoio, dove si aprono le finestre, i fumatori giustamente potrebbero fumare la loro sigaretta, e chi lavora al computer, magari per delle ore, non sarebbe asfissiato. Tutto questo l'avevo già fatto presente ai questori qualche tempo fa, ma non ho avuto risposta. Secondo me il modo per risolvere la questione sarebbe quello che è stato realizzato al Senato, «inscatolando» una parte del corridoio per contemperare le esigenze di tutti.
. Onorevole Zacchera raccogliamo la sollecitazione a rispondere alla sua interrogazione. Per quanto riguarda il problema dei fumatori, faremo presente ai questori di prendere in esame la sua richiesta.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, non è mia abitudine svolgere interventi per sollecitare risposte da parte del Governo. Ho atteso molto prima di prendere la parola e non mi riferirò solo alla risposta ad una specifica interrogazione o interpellanza, ma al metodo che si sta affermando nel rapporto tra parlamentari e Governo. Ci rimane sempre poco tempo per poter discutere, sappiamo come stanno andando avanti i lavori in quest'Aula (decreti-legge, questioni di fiducia) e, quindi, constatiamo che portare un contributo è sempre meno possibile. Io non cito uno strumento di sindacato ispettivo specifico, ma voglio solo far presente alla Presidenza che personalmente ho presentato due interpellanze tra aprile e giugno 2009, e circa sei interrogazioni nei mesi di febbraio, aprile, maggio e luglio 2009. Sapendo che vi sono delle difficoltà oggettive rispetto alla disponibilità del Governo e dei sottosegretari a venire in Aula, ho anche presentato una decina di interrogazioni a risposta scritta, appunto per non pesare troppo sul lavoro del Governo, quindi cercando di capire la situazione. Ebbene, mi sono state date zero risposte (come dice l'allenatore dell'Inter: «zero tituli») a tutte le interpellanze e le interrogazioni orali presentate. Una sola risposta, proprio ieri l'altro, è pervenuta per quanto riguarda le otto-nove interrogazioni a risposta scritta. Quindi, al di là del poco tempo, vi è anche la mancanza di buona volontà, la mancanza di rispetto nei confronti dei parlamentari, perché penso che gli uffici dovrebbero trovare il tempo almeno per le risposte scritte. Allora, nell'annunciare che a questo punto chiederò di trasformare a risposta orale le interrogazioni a risposta scritta, richiamo la Presidenza (e so che lei, signora Presidente, in modo particolare è sensibile a tali questioni) a fare in modo che, non dico il giorno dopo, ma almeno un mese o due mesi dopo (ancorché forse due mesi sono già troppi per rispondere alle reali situazioni sul territorio, perché si sa che le interrogazioni e le interpellanze non si fanno per sapere se si può andare a prendere un caffè con la o senza, ma si fanno perché vi sono problemi reali nel nostro paese), o nei tempi più brevi possibili questo Governo risponda in questa Aula alla richiesta dei parlamentari, o quanto meno alle mie.
. Onorevole Compagnon, le sue sottolineature e anche vive proteste saranno fatte presenti nelle sedi opportune. Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento dell'informativa urgente.
. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Bonaiuti, Bossi, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Fitto, Franceschini, Garavini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Leone, Lo Monte, Martini, Mazzocchi, Meloni, Migliori, Milanato, Molgora, Andrea Orlando, Leoluca Orlando, Pescante, Prestigiacomo, Romani, Rotondi, Stucchi, Urso, Veltroni e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta. Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto della seduta odierna.
. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sugli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito le regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana. Avverto che, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso.
, . Signor Presidente, com'è noto tra il 21 e il 26 dicembre dello scorso anno, il nord Italia è stato tutto interessato da intense precipitazioni atmosferiche ma in particolare la Liguria; soprattutto la parte di levante, la Toscana settentrionale e la parte emiliana dell'Emilia-Romagna hanno conosciuto situazioni particolarmente critiche con eventi anche di carattere alluvionale che hanno interessato corsi d'acqua abbastanza importanti come il Magra, il Serchio, il Secchia, il Panaro e il Reno, che sono stati interessati da tutta una serie di problematiche derivanti da una situazione meteorologica assolutamente inusuale, molto particolare, quasi sconosciuta per quella che è la storia almeno degli ultimi decenni. Durante il periodo di dicembre, le prime due decadi sono state caratterizzate da una situazione di particolare freddo. Ricordiamo anche quelle che sono state le gelate e i fenomeni di ghiaccio sulle strade e sulle linee ferroviarie che disagi e problemi hanno provocato agli automobilisti, al traffico aereo e al traffico ferroviario. Dopo intense nevicate e quant'altro, c'è stato all'improvviso un cambiamento molto brusco della situazione meteorologica che ha fatto passare una parte del nord Italia da una situazione tipicamente invernale ad una situazione di primavera inoltrata, con un afflusso di aria proveniente dall'Africa molto mite di natura di fatto subtropicale, con innalzamenti di temperatura che hanno anche riguardato un'escursione di circa 20-25 gradi e che hanno provocato soprattutto un brusco scioglimento delle nevi, la cosiddetta fusione nivale, provocata da questi venti di scirocco e quant'altro. Tutto questo ha creato una situazione sicuramente critica perché, oltre alle piogge intense che tra il 21 dicembre sino alla fine dello stesso mese di fatto hanno caratterizzato diverse regioni del nord d'Italia, abbiamo subito il problema dello scioglimento improvviso della neve che ha riversato a valle nei corsi d'acqua un quantitativo di acqua difficilmente valutabile. Infatti, abbiamo a disposizione gli strumenti che ci permettono di controllare quanta acqua sta cadendo su una porzione di territorio ma è difficile trovare una strumentazione che ci consenta di capire quanta neve si sta sciogliendo nella stessa porzione di territorio. Sapevamo tuttavia che questi due fenomeni si sarebbero abbinati e, quindi, che vi sarebbero state situazioni che potevano anche essere particolarmente critiche proprio per quanto riguarda l'aspetto idrogeologico. È per questa ragione che - oggi non ce lo ricordiamo più molto bene - a cavallo tra la seconda decade di dicembre (18-19-20 dicembre) e nei giorni successivi avevamo lanciato tutta una serie di messaggi oltre a quelli istituzionali di avviso di condizioni meteorologiche avverse. Avevamo anche cercato, tramite i di informare di queste situazioni che potevano creare alcune criticità. Purtroppo, non siamo ancora arrivati a capire esattamente quale minima porzione di territorio e quale argine di un determinato fiume potrebbe essere a rischio, ma certamente abbiamo sviluppato una tecnologia tale che ci ha consentito comunque di lanciare segnali di allarme e di attenzione per quello che riguarda la Liguria di levante, la Versilia, la parte settentrionale della Toscana e la parte emiliana dell'Emilia-Romagna. Abbiamo quindi allertato tutto il sistema e, oltre ai bilanci negativi, ai danni e alle situazioni sicuramente critiche, possiamo cercare anche di vedere l'aspetto positivo di tutto questo ragionamento, che è costituito proprio dal fatto che, grazie ad un'intensa opera di sensibilizzazione e di mobilitazione di tutto il sistema, a fronte di quei danni di cui adesso vi parlerò, in queste situazioni specifiche fortunatamente non abbiamo registrato perdite di vite umane, cosa che purtroppo in situazioni di questo tipo sappiamo essere se non usuale comunque molto frequente. Da un punto di vista cronologico, le prime situazioni di crisi le abbiamo avute in Liguria, nella Liguria di levante: il 23 dicembre il fiume Magra ha creato una serie di problematiche soprattutto nel territorio del comune di Amelia. Stiamo parlando della foce del fiume, la classica zona di Bocca di Magra. Ciò è stato causato, come dicevo, da una situazione meteorologica particolare e da piogge che, in certi punti, hanno anche superato i 150 millimetri nell'arco di sei ore, a monte ovviamente del Magra e del comune di Amelia; inoltre, a causa di un'altra delle questioni che purtroppo affliggono il nostro territorio, il mancato completamento di alcune opere di messa in sicurezza (cosa che purtroppo fa parte delle nostre criticità e delle nostre problematiche), l'ultima parte del fiume Magra ha creato maggiori problemi, perché non sono mai state completate le opere di arginatura del fiume medesimo, sebbene vi sia un progetto, un piano e vi sia stato un lavoro anche capillare da parte delle regioni interessate e delle due province, quella di Massa Carrara in Toscana e quella di La Spezia in Liguria, con anche un buon lavoro dell'autorità di bacino. Tuttavia, alla fine, a causa anche della presenza di diversi soggetti come l'Ente parco ed altri ancora, mentre le altre porzioni del fiume Magra sono state tutte messe in sicurezza, Bocca di Magra, che era però quella più a rischio e quella economicamente, socialmente ed anche da un punto di vista turistico più significativa, è la zona che invece non era stata messa in sicurezza ed in cui non era stata completata l'arginatura. In quel caso abbiamo avuto problemi con anche un paio di ondate di piena, che hanno raggiunto livelli significativi a Bocca di Magra e, di fatto, vi è stata l'evacuazione, per un certo periodo, di 600 persone nell'ambito del comune di Amelia. Siamo arrivati ad un punto di questa problematica tale che il presidente della regione Liguria, nel momento in cui abbiamo fatto una riunione proprio lì ad Amelia, per l'esattezza a Luni, quando ho fatto il mio primo dei tre giri che ho compiuto per andare a controllare quelle situazioni a cavallo fra Natale e Capodanno, ha richiesto, prima ancora di poter lavorare sui danni provocati da quel fenomeno specifico di cui sto parlando, che fosse lo stesso dipartimento nazionale della Protezione civile a prendersi carico della messa in sicurezza dell'arginatura della parte terminale del fiume Magra. Infatti per sua stessa ammissione, fatta pubblicamente di fronte anche ai fra tutti gli enti competenti non si riesce a trovare l'accordo per poter completare i lavori. Allora, come è accaduto anche in Liguria nel passato, in un clima di grande collaborazione è stato il presidente Burlando che ha chiesto a noi di poterci fare carico di questo intervento, un intervento che ha già la sua copertura finanziaria: vi sono 5 milioni di euro stanziati per sistemare il Magra fino alla foce, ma questi 5 milioni di euro non possono essere utilizzati perché non si mettono d'accordo nella conferenza di servizi che si è svolta più volte a livello locale. Credo che questo sia paradigmatico delle problematiche e delle difficoltà per quanto riguarda le attività che devono essere portate avanti in regime ordinario nel nostro Paese. Poi, per un motivo o per un altro, esse non vengono realizzate e ci si ritrova con seicento evacuati, con alcuni impianti industriali e alcuni cantieri, che si trovavano sulla Bocca di Magra, completamente allagati, quindi, con una serie di danni che largamente supera il valore di quei cinque milioni di euro che dovevano essere utilizzati per fare la messa in sicurezza, che, invece, non è stata realizzata. Sempre nell'ambito della parte ligure - e concludo - la situazione di Bocca di Magra è stata posta sotto controllo, esattamente il giorno di Natale. Successivamente, anche nella località Torenco, nel comune di Follo, che si trova ad una quindicina di chilometri più a nord, a monte di Amelia, abbiamo dovuto evacuare un centinaio di persone. Al riguardo, esiste un rischio di frane, poiché si tratta di un comune collinare: ebbene, trentasei di queste persone sono ancora fuori dalla propria abitazione. Più o meno la stessa situazione meteorologica e climatica che vi ho raccontato ha riguardato anche l'Emilia-Romagna. Fra il 20 e il 25 dicembre, abbiamo registrato delle situazioni di criticità a causa della fusione della neve e della pioggia che è caduta: sono stati raggiunti oltre 400 millimetri di pioggia nell'arco di tre giorni, con il record di 280 millimetri in ventiquattr'ore nella stazione di Lago Ballano, in provincia di Parma, che è il bacino del fiume Enza. In questa situazione vi sono stati fiumi che hanno raggiunto onde di piena, come l'Enza, il Parma, il Secchia, il Panaro, ed anche la parte montana del Reno. Di questi fiumi, quello che ha dato più problemi è stato il Panaro nel comune di Bomporto, dove abbiamo dovuto evacuare circa quattrocento persone fra il 23 e il 25 dicembre. Non vi sono state, poi, altre grosse criticità. Vorrei segnalare - visto che si parla sempre di ciò che è successo, delle tragedie, delle alluvioni e dei danni - che abbiamo anche lavorato insieme alla Protezione civile della regione Emilia-Romagna, che sappiamo bene essere, a livello territoriale, sicuramente, una delle meglio organizzate e delle più efficaci. Abbiamo corso un rischio molto grave, non in Emilia, bensì in Romagna, in provincia di Ferrara. Infatti, nel comune di Tresigallo, sempre in quei giorni e sempre a causa dell'innalzamento dei fiumi, si è verificato un cedimento di una porzione di una struttura in acciaio che conteneva, di fatto, un'area di possibile esondazione, con il rischio che la paratoia metallica, che regola l'afflusso del Po di Volano, saltasse e dovessimo essere costretti ad evacuare migliaia di abitanti in dieci comuni della provincia di Ferrara. Questo non è accaduto perché, nell'arco di ventiquattro ore, la struttura nazionale e quella regionale sono intervenute sulla citata paratoia: sono state realizzate strutture di acciaio e sono stati portati i cosiddetti massi ciclopici, che ci hanno consentito di mettere in sicurezza quella situazione. In Liguria, invece, il Magra usciva dagli argini, il Panaro si trovava nelle condizioni che ho rapidamente sintetizzato, e in Toscana - che sicuramente è stata la regione maggiormente colpita dai fenomeni - stava accadendo quanto mi accingo ora a descrivere. Dal 20 dicembre abbiamo iniziato ad avere problemi in Toscana, soprattutto nelle province di Lucca, Pistoia, Pisa, Prato ed anche altre, come Massa Carrara che reclama danni nell'ambito provinciale. Tali situazioni sono trainate da una locomotiva - da questo punto di vista negativa - che, nel caso della Toscana, si chiama fiume Serchio, che ha creato i maggiori problemi in quelle province. Nella zona a monte del fiume Serchio, infatti, fra il 21 e il 26 dicembre, è caduta molta acqua. Per darvi alcune statistiche: a Orto di Donna (la stazione dove abbiamo i pluviometri), in provincia di Lucca, sono caduti, in quattro giorni, 665 millimetri d'acqua; a Campagrina, sempre in provincia di Lucca, 622 millimetri. Pertanto, quantitativi che abitualmente si registrano in un anno sono stati registrati in quattro giorni. Questo, ovviamente, ha creato una serie di problematiche e se la prima ondata, precedente al giorno di Natale, è stata sopportata dal Serchio, la seconda, invece, che è proprio quella della giornata di Natale, ha fatto precipitare la situazione. Se il 23 dicembre l'onda di piena del Serchio è arrivata a 9,5 metri (e lì la situazione, fortunatamente, è rimasta tranquilla), il secondo evento, invece, dovuto all'intensificarsi dei fenomeni di precipitazione, che, ovviamente, si sono associati ad una incredibile saturazione dei suoli, purtroppo ha creato la mattina del 25 dicembre diverse problematiche, quali la rottura degli argini a Bagni di Lucca e a Vecchiano, in località Nodica, quando il livello del Serchio ha raggiunto il suo record storico mai registrato (almeno a memoria d'uomo) di undici metri al di sopra del suo normale livello. Tutto sommato, possiamo anche dire che, per quello che è accaduto e per quello che avrebbe potuto essere lo scenario, è andata anche bene, perché vi sono state tre brecce sul Serchio, due a Lucca e una a Vecchiano. La breccia di Vecchiano è quella che ha creato maggiori problemi; si è trattato di una rotta di 163 metri - altro fatto incredibile per un fiume come il Serchio - che, tra l'altro, non è avvenuta in una curva o in un'ansa del fiume, come sarebbe stato anche comprensibile, ma lungo l'asta dritta del fiume, a significare che c'è stato proprio un cedimento strutturale che va ancora studiato, ma che probabilmente dobbiamo far risalire anche ad una carenza di manutenzione dell'argine medesimo. La rotta, come ho detto, è stata di 163 metri, ma la cosa ancor più incredibile è che abbiamo avuto una depressione rispetto al livello dell'argine, quindi al letto del fiume, di quattro metri, che ha reso ancora più complicato il lavoro di intervento - di cui vi dirò subito - per ripristinare immediatamente l'argine, prima che nei giorni di capodanno potesse accadere qualcosa di davvero drammatico. Ma andiamo per gradi. Il 25 dicembre, quindi, abbiamo avuto trenta chilometri quadrati di totale e rapidissimo allagamento dell'area. Sono andate sott'acqua case, attività produttive e infrastrutture, in particolare, come sappiamo, la via Aurelia, la strada statale n. 1, e anche l'autostrada A12 in prossimità della zona di Migliarino, vicino al casello di Pisa nord. L'esondazione ha causato anche l'alluvionamento dell'area di bonifica e, quindi, il rialzo dell'area di bonifica di Migliarino, collegata direttamente con il lago di Massaciuccoli. Se andate a prendere una mappa del lago di Massaciuccoli del 1800, potete vedere che il lago arrivava ben oltre la località di Migliarino. È stata realizzata una bonifica in un certo modo e oggi il lago di Massaciuccoli copre una superficie che è pari a un terzo rispetto al suo letto originario. Di fatto possiamo semplicemente dire che, a causa di questa rotta, il lago si è ripreso lo spazio che aveva un secolo fa. Tutto ciò ha creato i problemi che vi ho descritto, oltre al rischio di esondazione nella frazione di Torre del Lago, compresa la famosa casa di Puccini, e anche nel comune di Viareggio e di Massarosa. Questi sono i danni che abbiamo registrato nel Serchio. Abbiamo poi registrato oltre 360 situazioni di criticità, oltre 360 frane, nella provincia di Lucca in particolare, ma anche nelle province di Massa e Pistoia. La Garfagnana è stata la zona che ha subito una «mitragliata» di frane in tutti i suoi comuni, le principali delle quali hanno interessato Castelnuovo di Garfagnana. A Santa Maria del Colle, frazione del comune di Lucca, 160 persone sono state evacuate e tutte le loro abitazioni sono andate a finire sott'acqua, perché in quel punto il Serchio ha rotto in due punti. Questo è lo stato dell'arte. Dovrei descrivervi tutto quello che abbiamo fatto in questi giorni a La Spezia, a Modena, a Pisa e a Lucca, ma vi risparmio la descrizione. Ricordo che era il giorno di Natale e abbiamo lavorato di fatto fino all'Epifania, senza interruzione, impiegando tutto il personale a disposizione del Dipartimento e richiamando anche alcune persone da L'Aquila per cercare di gestire situazioni che, altrimenti, avrebbero potuto essere molto più critiche. Dalla notte di Natale il vicecapo del Dipartimento della protezione civile, professor De Berardinis, prima si è posizionato a La Spezia per seguire il Magra e poi nella prefettura di Pisa, per lavorare insieme alle autorità locali per la gestione del problema del Serchio. Il 27 dicembre sono andato a controllare la situazione di Lucca e di Pisa; ho fatto riunioni con i prefetti, con i presidenti delle province, con i sindaci, soprattutto con quelli di Lucca e di Vecchiano. Quest'ultimo, infatti, è il rappresentante della comunità che ha subito indubbiamente i problemi maggiori. Nel mio sopralluogo del 27 dicembre ho visto ciò che era accaduto sul fiume, con la rotta di 163 metri e con la depressione di quattro metri, e ho capito che l'intervento di ripristino dell'argine sarebbe stato estremamente problematico. Vi devo confessare che mi sono preoccupato molto perché le nostre previsioni del tempo davano, già per la fine dell'anno - e quindi entro 2-3 giorni a partire da quel momento - una nuova situazione estremamente critica, con l'arrivo di un'altra perturbazione molto seria e difficile. Pertanto, era imperativo ripristinare questo argine prima del 30 dicembre, altrimenti avremmo avuto gravissimi rischi e problemi per tutta quella zona, ma anche per Viareggio, perché nella rotta di Vecchiano si sarebbero riversati milioni e milioni di metri cubi d'acqua nel lago di Massaciuccoli che, essendo già oltre i limiti di soglia massima sopportabile, sarebbe immediatamente esondato e le cui acque sarebbero arrivate tranquillamente al mare, attraversando, però, la città di Viareggio. Di ciò mi sono reso conto il 27 dicembre. Ho chiesto che si attivasse immediatamente un intervento speditivo per sistemare l'argine di questo fiume. Sono tornato, come è noto, il 28 sul posto e mi sono reso conto che i lavori stavano andando a rilento e che non avremmo mai potuto finire per tempo. A quel punto abbiamo, come Dipartimento per la protezione civile, preso in mano la situazione lasciando sul posto i nostri tecnici e lavorando in particolare con la provincia di Pisa e coinvolgendo il genio militare dell'esercito e il mondo del volontariato, mettendo in piedi un piano speditivo di vera e propria emergenza. Infatti, da un lato, si lavorava per ripristinare questo argine e, dall'altro, non avendo la certezza che l'argine sarebbe stato ripristinato, abbiamo cominciato a organizzare i piani di evacuazione per Massarosa, per Torre del Lago e per la stessa Viareggio, perché non potevamo essere sicuri che la situazione sarebbe stata risolta. Il nostro che è stato anche in qualche modo integrato dal più grande esperto di rottura di argini in Italia, il professor Luigi Da Deppo, ordinario di costruzioni idrauliche e fatto venire apposta, tra Natale e Capodanno, dall'università di Padova, si è collocato nella prefettura di Pisa e ha lavorato, appunto, sul ripristino delle capacità di contenimento idraulico del Serchio, sulla pianificazione dell'attività di emergenza e, comunque, sull'organizzazione dei soccorsi nell'area colpita, perché l'Aurelia era inondata d'acqua così come l'autostrada e ovviamente potevamo immaginare che le strade provinciali e comunali fossero in situazioni anche peggiori. Quindi, abbiamo creato un coordinamento interprovinciale, presieduto dal vicecapo del Dipartimento della protezione civile, e abbiamo cominciato questo lavoro soprattutto a Nodica, la zona del comune di Vecchiano, dove bisognava ripristinare questo argine prima che fosse troppo tardi. Nel frattempo, i nostri volontari hanno cominciato a parlare con la popolazione e ad informarla di quelle che dovevano essere, soprattutto nei comuni di Viareggio e a Massarosa, le misure da adottare nel caso in cui non fossimo riusciti a ripristinare questo benedetto argine in tempo. Nell'arco di due giorni abbiamo trasportato 10 mila tonnellate di materiale e di massi, con un movimento di macchine, di camion e di mezzi pesanti assolutamente incredibile, lavorando giorno e notte. Abbiamo portato l'argilla per impermeabilizzare e siamo riusciti a creare questo argine, da noi chiamato «argine provvisionale», che però doveva essere sufficiente per chiudere la rotta e garantire il passaggio di portate di piena che fossero o meno di piena ordinaria. La regione Piemonte e la regione Emilia Romagna ci hanno fornito idrovore ed altro materiale per la difesa idraulica della zona del consorzio di bonifica, abbiamo aumentato il pompaggio dei due canali che sono quelli che ricevono l'acqua dal lago di Massaciuccoli per portarla verso il mare, quello della Bufalina e quello della Burlamacca e poi abbiamo anche incominciato a preparare i sacchetti di sabbia, perché appunto non sapevamo se ce l'avremmo fatta. In 48 ore i nostri volontari hanno realizzato e collocato 40 mila sacchetti di sabbia per proteggere soprattutto Torre del Lago e Viareggio da quelle che potevano essere possibili situazioni di emergenza. In questo periodo abbiamo impiegato in quella zona circa 600 uomini del sistema di protezione civile nazionale, 200 volontari, 55 vigili del fuoco, circa 180 rappresentanti di carabinieri, polizia e guardia di finanza, 150 delle Forze armate e soprattutto del genio, l'ANAS, Autostrade e tutti gli altri sono stati mobilitati perché dal 31 dicembre sapevamo che ci sarebbero state delle problematiche e delle situazioni di criticità. Il 1o gennaio abbiamo avuto il passaggio della piena con 500 metri cubi al secondo. Il picco massimo si è registrato alle 18,15 del 1o gennaio con 580 metri cubi al secondo a Vecchiano. La Protezione civile nazionale era lì; il mio vicecapo dipartimento era lì; il sottoscritto era lì presente. Abbiamo trascorso il primo giorno dell'anno sull'argine del Serchio e con soddisfazione abbiamo registrato che l'argine, fatto così di corsa, ha retto, e quindi la situazione lentamente nei giorni successivi è tornata sotto controllo. Sono state avviate a quel punto tutte le attività di indagine e di verifica dei danni. I nostri ragazzi del volontariato, le squadre dei vigili del fuoco, insieme ovviamente ai cittadini, ai proprietari delle case, ai responsabili delle industrie, dei pastifici, delle strutture che erano state danneggiate dall'alluvione, hanno lavorato e stanno lavorando per ripristinare una condizione di possibile normalità. Il primo Consiglio di Ministri, che è stato quello del 13 gennaio, ha adottato lo stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e poi il giorno dopo ho convocato una riunione presso il mio dipartimento, che ha avuto luogo il 15 gennaio alla presenza delle regioni Toscana, Emilia Romagna, Liguria e delle province di Pisa, Lucca, La Spezia, Massa Carrara e Modena, con i prefetti competenti, invitando anche il Ministero dell'ambiente e il Ministero dell'economia, ed abbiamo fatto il punto della situazione. Abbiamo descritto le iniziative che avevamo in animo di avviare immediatamente, abbiamo disegnato e predisposto l'ordinanza di protezione civile che, di fatto, due giorni dopo, era già pronta ed è stata trasmessa alle tre regioni per avere l'intesa ed abbiamo potuto prevedere un primo stanziamento per la somma urgenza di 20 milioni di euro, che verranno utilizzati quindi per l'indennizzo delle criticità più importanti e maggiori che abbiamo registrato. Stiamo lavorando con il Ministro dell'economia e con il Ministro dell'ambiente per poter individuare uno stanziamento ovviamente molto superiore, più significativo e più importante che possa consentire di concludere gli interventi di emergenza e di garantire il ripristino delle condizioni di normalità ed anche la messa in sicurezza delle zone che sono state maggiormente colpite. Questo stanziamento richiederà una sua copertura e stiamo lavorando con il Ministro dell'economia per fare questo. Abbiamo il decreto-legge sull'emergenza dei rifiuti in Campania e sul passaggio di consegne della prima emergenza del terremoto a L'Aquila dal sottoscritto al presidente della regione Abruzzo, che diventa il nuovo commissario. È appena iniziato il suo iter legislativo, quindi bene potremmo inserire in quel decreto-legge l'emendamento che stanzia le ulteriori somme necessarie per garantire piena copertura e risposta alle cittadinanze colpite da questo problema. Voglio concludere anticipando l'iniziativa che ho in animo di adottare. Dovevo farlo già questa settimana, avevo deciso di farlo prima che il mondo venisse sconvolto dalla tragedia del terremoto di Haiti e, quindi, sono stato costretto a rinviare. Oggi ho volutamente atteso questa seduta per riferirvi e poi vado all'aeroporto per partire per Haiti e andare a vedere che cosa sta succedendo, che cosa l'Italia sta facendo e che cosa può fare di più. Appena rientrato da Haiti andrò immediatamente a Pisa e incontrerò coloro i quali hanno subito danni nel settore economico, industriale e agricolo, soprattutto nella zona di Vecchiano perché lì sappiamo (lo so, ci ho parlato, li ho visti e li ho incontrati) che molti imprenditori non hanno più nulla. Avevano lavorato, avevano investito, alcuni di loro avevano appena terminato di pagare le apparecchiature e le attrezzature che poi sono state distrutte dalla rotta del Serchio. Li incontrerò e intendo destinare immediatamente una percentuale importante di questa somma di 20 milioni di euro a tutto questo comparto economico, consegnando di fatto ad ognuno un anticipo abbastanza considerevole di soldi che consenta loro di pagare i fornitori e di ripartire immediatamente con le proprie attività, nelle more della definitiva quantificazione dei danni e, quindi, poi degli ulteriori stanziamenti che saranno necessari. Lo stesso farò con i sindaci, soprattutto quelli della Garfagnana, ovvero quelli che hanno subito i problemi maggiori per il dissesto idrogeologico. Anche a loro avevo detto, in occasione dell'incontro del 27 dicembre nella sala consiliare della provincia di Lucca, di andare avanti con i lavori di somma urgenza, che poi li avrei rimborsati. Quindi, darò loro quota parte di questa somma in modo che possano immediatamente rientrare dalle spese che hanno sostenuto per cercare di proteggere il loro territorio .
. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazzuca. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Bertolaso per la completezza dell'informazione e anche per il modo, ancora una volta veloce e rapido, con cui lei e la Protezione civile vi siete attivati per intervenire in Toscana, in Liguria e in Emilia di fronte a questa nuova emergenza idrogeologica. Quello che volevo sottolineare è che io, come lei sa, ho sempre avuto molta stima nei suoi confronti. Proprio questa mattina - è un piccolo - ho scritto un articolo in cui (sapendo che lei oggi partiva per Haiti e, quindi, sarò breve perché c'è un aereo che la attende) sostenevo che qualcuno forse dirà a Obama che arriva Bertolaso che potrebbe dare un aiuto non soltanto per la parte italiana, ma anche internazionale, visto quello che è successo ad Haiti e visto il precedente che vi era stato in Abruzzo. Detto questo, però, credo che oramai il rischio idrogeologico in Italia non sia più un'emergenza, ma purtroppo un fatto assolutamente continuativo e di normalità. Il 2009 è stato un anno disastroso sotto molti punti di vista: abbiamo avuto l'esperienza di Ischia, in primavera gli allagamenti e altre situazioni molto gravi nel nord Italia. Abbiamo poi avuto la situazione di Messina in autunno e, infine, questa situazione assolutamente anormale del dicembre 2009. Credo che questa emergenza sia una priorità assoluta per il Governo e per tutti noi. È stato facile profeta il presidente della Commissione ambiente della Camera, l'onorevole Alessandri, quando due mesi fa, ad ottobre, prevedeva e paventava il rischio di esondazioni nel giro di due mesi. In effetti proprio due mesi dopo è successo quello che è successo. In maniera particolare temeva un'esondazione del Tevere, cosa che per fortuna non è avvenuta, ma il rischio è molto grave. So che la Protezione civile lavora molto bene, però può fare interventi solo a macchia di leopardo; sappiamo bene come lavora nel Nord Italia, soprattutto in Valtellina e in altre parti, ma ci sono altre zone, soprattutto al Sud, dove obiettivamente l'aiuto della Protezione civile è molto più modesto proprio per le carenze dei finanziamenti e delle strutture. Credo sia giusto che il Governo dia una grande priorità al problema delle infrastrutture in Italia; soprattutto in un momento di crisi economica bisogna rilanciare le infrastrutture perché da esse si può ripartire con la ripresa. In questo momento però penso che il rischio idrogeologico abbia la precedenza su tutto il resto. Tempo fa, quando c'è stata l'alluvione di Messina, avevo sommessamente consigliato di rinviare di qualche tempo l'avvio della costruzione del ponte di Messina, proprio per dare la possibilità di avviare un'azione di risanamento molto più ampia nel messinese. Mi è stato risposto che non era possibile, perché i fondi erano già stati stanziati per il ponte e non potevano essere dirottati su un altro fronte. Tuttavia credo che di fronte a questa emergenza si possano sempre trovare delle vie d'uscita. Mi vorrei soffermare in particolare sul problema della mia regione, l'Emilia. Lei giustamente rivendicava l'efficienza della Protezione civile in Emilia Romagna. All'indomani delle ultime vicende Demetrio Egidi ha dichiarato: «Eventi così intensi rischiano purtroppo di non rimanere sporadici e questo, per una regione come l'Emilia che registra trentottomila frane, è preoccupante. È quindi indispensabile che l'opera di messa in sicurezza del territorio, avviata a livello regionale già da una decina d'anni, sia accompagnata da scelte governative adeguate, ma purtroppo non è sempre così. Speriamo che l'ordinanza di protezione civile, che farà seguito alla dichiarazione di stato di emergenza, tenga conto di questa necessità, perché la natura raramente suona campanelli d'allarme». Questo è un punto molto particolare e importante che dovrebbe farci tutti riflettere. In particolare per quanto riguarda l'Emilia Romagna i danni sono stati di 18 milioni di euro nel reggiano e di 9 milioni di euro nel modenese. A questa situazione si aggiungono 14 milioni di euro di danni riportati nella primavera del 2009, 10 nel nord a Piacenza e 4 in Romagna, finanziamenti e aiuti che non sono ancora stati accordati per quanto riguarda gli eventi di primavera. Mi chiedo in che modo lei potrà intervenire per cercare di sopperire a questi danni assolutamente importanti. Apprezzo il suo intervento in Toscana, al ritorno da Haiti, mi auguro che altrettanto possa fare in Emilia Romagna e anche in Liguria. Detto questo credo che sia assolutamente prioritario dare la precedenza a questi problemi, perché purtroppo si tratta di un campanello d'allarme troppo ripetuto.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fontanelli. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, intanto vorrei dire che rispetto alla relazione del sottosegretario Bertolaso debbo esprimere un apprezzamento per una parte, quella con cui ci ha descritto in modo puntuale gli avvenimenti, ma anche una grande delusione e una seria preoccupazione per quello che non ha detto, non in relazione agli eventi, ma per quello che bisogna fare adesso per uscire da una emergenza che è tuttora molto pesante. Lo dico perché sicuramente va dato atto, e su questo vorrei sgombrare il campo subito, che l'intervento della Protezione civile è stato tempestivo, chiaro ed efficace. Quindi la prima emergenza è stata affrontata con grande impegno dalla Protezione civile, insieme alle regioni, alle province e agli enti locali. Questo impegno ha permesso di contenere e governare una situazione difficile. Ora, però, quello che ci aspettiamo, che risponde anche all'intento con cui è stata richiesta questa informativa, è capire in che modo, attraverso quali strumenti, con quali risorse e con quali interventi si esca dall'emergenza delle zone che sono state duramente colpite in tre regioni, come è stato detto, con intensità diverse, ma con punti di crisi estremamente acuti, sia per la necessità di riportare alla normalità la vita delle famiglie e delle imprese e l'economia, sia per quanto riguarda la messa in sicurezza di queste aree che tuttora subiscono le conseguenze di quell'evento e che, se non ci saranno interventi adeguati, potranno ripresentare situazioni di grande difficoltà. Vorrei dialogare con il Governo, con il sottosegretario Bertolaso, per capire quali siano effettivamente le intenzioni dell'Esecutivo e quali possibilità di intervento ci siano. Noi disponiamo dei dati che abbiamo raccolto dalle regioni, ma occorre anche una stima complessiva per capire l'ordine delle risorse necessarie. Per quanto riguarda la Toscana parliamo di una stima complessiva dei danni - certo, poi quello che si restituisce non è tutto e si tratterà di capirne i modi e le forme - che deriva dalla previsione di interventi di somma urgenza, pari a 80 milioni di euro (già spesi), dalla messa in sicurezza dei territori e lavori strutturali, per 270 milioni di euro, e dai danni ad imprese e a privati per circa altri 200 milioni di euro. La regione Emilia Romagna stima il fabbisogno per gli interventi di somma urgenza in circa 8 milioni di euro, a cui se ne aggiungono altri per un totale di 40 milioni di euro, per un intervento finalizzato a rimettere a posto la situazione. Anche per quanto concerne la Liguria le stime sono dell'ordine di diverse decine di milioni di euro, superano i 100 milioni di euro. Quindi avere un quadro complessivo è importante per sapere in che direzione si va con il fabbisogno e cosa si fa. Poniamo tale questione perché dire che ci sono 20 milioni per la somma urgenza quando la somma urgenza è nettamente superata, non credo abbia molto senso. Certamente in Toscana la regione ha immediatamente deciso lo stanziamento di 54 milioni di euro (ai 50 se ne aggiungono 4 per la somma urgenza), ma credo che si debba uscire di qui con una stima valutata e condivisa per poter ragionare. Lo dico perché giustamente Bertolaso ha fatto riferimento al decreto-legge all'esame del Senato, al quale si pensa di agganciare l'intervento, ma noi abbiamo presentato degli emendamenti, abbiamo fatto una nostra stima e vorremmo capire cosa intenda fare il Governo e se queste risorse ci sono o meno. Il Ministro Matteoli è venuto nella zona, giustamente anche lui con spirito positivo, ed io ero presente quando sabato scorso ha incontrato gli imprenditori, che gli hanno consegnato il quadro della situazione dei danni nella zona di Pisa, nel comune di Vecchiano e nelle zone limitrofe: ci sono 158 imprese, con una stima di danno di 150 milioni, i danni alle imprese agricole, che sono 51, ammontano a circa 10 milioni e quelli ai privati (vi sono 894 famiglie) a circa 3 milioni di euro. Certo, se non si restituisce tutto, si ridà una parte, ma dovremo cominciare a dire cosa, con quali criteri, come e quali sono gli elementi di intervento. Gli imprenditori, sabato, hanno applaudito Matteoli e gli hanno consegnato questo quadro perché il Ministro ha detto che da subito il Governo avrebbe sospeso i loro obblighi fiscali. Non so se ciò sia stato fatto, vorremmo vedere il testo del provvedimento, perché il sindaco stamattina mi ha detto che ancora non ne sanno niente, anzi si sta ancora adoperando perché l'ANAS non riesce a comunicare al comune cosa sta facendo per riaprire la strada che tuttora è chiusa. Mi riferisco all'Aurelia, mentre l'autostrada è stata riaperta, anche grazie ad un intervento del Ministro, però c'è una situazione di grande incertezza. Le imprese e la gente ci chiedono cosa devono fare, e poi ci sono gli interventi di messa in sicurezza, su cui si sta lavorando. Allora, quello che vorremmo sapere è cosa si pensa di fare, una stima dei danni, quante risorse complessivamente si pensa di mettere in campo, cosa prevede l'ordinanza di protezione civile in relazione ai criteri per la riparazione, quanto meno, di una parte dei danni, perché lì ci sono imprese produttive, si fa ricerca, vi sono imprese agricole, ci sono attività che riguardano almeno duemila occupati solo nella zona di Vecchiano. Quindi sappiamo di cosa si parla, quando vi sono queste cifre e tali preoccupazioni. Vorremmo capire se il provvedimento sarà preso con un decreto, perché se si emanasse un decreto-legge subito, sarebbe immediatamente esecutivo, mentre i provvedimenti che si adotteranno con il decreto che è all'esame del Senato diventeranno operativi solo quando quel decreto avrà finito il suo iter. Tuttavia, se si tratta solo della parte relativa alle risorse, si tratta di vedere, avendo però chiaro qual è l'ordine di riferimento finanziario su cui si lavora, su cui ci si impegna e su cui si costruisce un'ipotesi di reale uscita dall'emergenza. In questo quadro mi auguro che nell'ordinanza di protezione civile vi sia l'indicazione dei presidenti delle regioni quali commissari, ovviamente con i diversi enti locali come enti attuatori delle opere necessarie. Credo anche vi sia la possibilità per i presidenti delle regioni, come ho visto che è stato previsto nel decreto sull'Abruzzo, di nominare una sorta di vicecommissario, anche per evitare che i presidenti, troppo gravati, non ce la facciano a seguire questa situazione. Lo dico perché in Toscana questa cosa non si basa sul niente: abbiamo avuto - e concludo - una drammatica alluvione nel 1996, molto distruttiva e con 14 morti nell'alta Versilia. La regione riuscì allora, attraverso il commissariamento, a gestirla, a portarla fino in fondo e a ricostruire, con un'opera di messa in sicurezza legata a un criterio di prevenzione per cui tutto il fiume è stato allargato, i ponti sono stati rifatti, e così via. È stata un'esperienza solida, anche per gli uffici che vi stanno lavorando. Credo che bisogna esprimere e costruire un rapporto positivo di fiducia e di collaborazione con le regioni e gli enti locali. Credo che questo sia nella volontà di Bertolaso e del Governo perché mi sembra di aver colto, in questo senso, un atteggiamento diverso, anche se abbiamo qualche preoccupazione sul decreto all'esame del Senato rispetto all'eccesso di commissariamenti sul rischio idrogeologico, che viene affidato al Ministero dell'ambiente non d'intesa con le regioni, ma solo sentite le regioni. Ci sembra un argomento su cui discuteremo in seguito, ma oggi volevo soprattutto avere delle rassicurazioni in relazione alle risorse e agli strumenti che dobbiamo mettere in campo immediatamente per fare fronte a una situazione di emergenza, che resta molto grave e preoccupante .
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, sottosegretario Bertolaso, ormai facevo il conto che è la quinta o la sesta volta che ci troviamo a svolgere informative che ci dicono che qualcosa che non funziona; ci diciamo tutte le volte che le cose non funzionano, ma alla fine non riusciamo mai a farle funzionare. Io dico sempre che sbagliare è umano, ma perseverare diventa diabolico. Abbiamo fatto un'operazione in Commissione, un'indagine conoscitiva, e devo ringraziare anche l'attenzione e la serietà di Bertolaso, del Ministero e dei commissari. Da questa indagine conoscitiva è emerso un quadro abbastanza chiaro. Non vi è da scoprire nulla: sappiamo dove sono le emergenze di questo Paese. I Piani stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI), quantomeno dove sono stati adottati in maniera coerente e seria, ci dicono seriamente e coerentemente laddove bisogna intervenire. Vi sono mancanze da parte delle regioni in alcuni casi, perché non spingono per fare gli interventi. Vi sono troppi soldi buttati via in questi 50 anni, soprattutto in alcune regioni di questo Paese (non mi stancherò mai di ripeterlo). Si stanziavano soldi, per esempio, con la Cassa del Mezzogiorno per la difesa idrogeologica e poi questi sparivano per fare piazze o altre cose; si stanziavano risorse per la difesa idrogeologica attraverso i fondi FAS e i POR e poi sparivano, magari in consigli di amministrazione strani e in mille rivoli, e ci troviamo oggi con un Paese che ha delle eccellenze a rischio, a grande rischio. Penso a Sondrio e alla Valtellina: sono grandi eccellenze, anche di pronto intervento, ma sono zone molto a rischio; vi sono, invece, altre zone, già finanziate 5 o 6 volte, che non hanno mai fatto la messa in sicurezza. Ma credo che questo decreto - prima veniva citato - che oggi è al Senato, all'articolo 17 presupponga un passaggio rispetto al passato, proprio partendo da questa indagine conoscitiva che abbiamo svolto in Commissione. È stata un po' la stura per determinare un cambiamento, dopo di che dovremo riuscire a farla funzionare bene. Si tratta di fondi che vengono dal CIPE attraverso fondi FAS, che dovranno essere destinati per una cifra importante: parliamo di un miliardo di euro, una cosa mai avvenuta. La cosa però che ci fa riflettere è la seguente: andiamo ad effettuare oggi un piano di messa in sicurezza per un miliardo di euro quando, a conti fatti, alla fine di quest'inverno, un miliardo di euro lo dovremo spendere per correre dietro ai disastri avvenuti. Questo la dice lunga su una cosa che da tanti anni ripetiamo: è inutile curare dopo, costa troppo, e soprattutto spesso si registrano anche vittime e situazioni di grande pericolo da cui è difficile tornare indietro; bisogna prevenire e prevenire costa cento volte meno che curare. Guai se non ci mettiamo in testa che è opportuno l'investimento sul territorio, sulla nostra terra, sul recupero del passato, riantropizzando i territori che abbiamo abbandonato, ridando loro vita, ridando loro linfa: i contadini che abbandonano la campagna smettono di coltivarla, di pulire i fossi, di tenerla antropizzata, e la montagna viene giù quando piove. Abbiamo canalizzato alcuni fiumi e oggi sono canali e non più fiumi, senza cassa di espansione; forse abbiamo permesso di scavare troppo in alcune zone. Noi abbiamo molte colpe da un punto di vista politico, sociale e anche economico. Se abbiamo capito gli errori, forse possiamo non commetterli più; se non abbiamo capito, diventa dura, perché bisogna correre dietro ai disastri. Diceva l'onorevole Mazzuca: l'Alessandri è stato facile profeta due mesi fa. Non ci voleva molto: l'aumento del terreno mediterraneo di quest'estate, con la corrente d'aria fredda dell'Atlantico ci diceva che sarebbe piovuto molto, era abbastanza normale prevederlo; e un per un Paese che ha l'82 per cento del territorio dei comuni in dissesto idrogeologico (poco più del 10 per cento dell'intero territorio nazionale è a rischio frane e alluvioni) purtroppo basta un certo numero di precipitazioni un po' importanti perché cominci a cadere giù tutto. Poi ci sono casi nei quali l'incuria umana e le colpe sono abbastanza evidenti: per avere «tombato» le vie di fuga dell'acqua, per aver fatto magari discariche abusive a monte. Vi sono tante situazioni in questo Paese. Quello che dobbiamo fare, lo dico al collega del PD (ed è previsto all'interno del decreto-legge, ma bisogna che si lavori in questo senso), è che vi siano dei commissari per le emergenze, che vi sono già e sono i presidenti di regione; e che vengano nominati commissari, ma non aggiuntivi, di controllo vero, affinché i soldi vengano davvero spesi bene, e questo va fatto insieme alle regioni, insieme agli enti locali, attraverso i PAI, che è l'unico strumento che ci può dire dove bisogna intervenire. Dovremmo avere un po' di fiducia in questo! Spendere un miliardo di euro in interventi che siano davvero risolutivi per il futuro. Sono stanco di vedere rimandare la presa di coscienza e dover sempre correre dietro ad una serie di risarcimenti, che questo Paese non si può più permettere. Concludo affermando che ho denunciato in Aula tre, quattro volte alcune situazioni (penso al Tevere) che sono a rischio e che ancora però non abbiamo visto affrontare: vuol dire che alla fine non basta denunciarle, c'è anche poca volontà di arrivare a risolverle. E rilancio una questione, perché ne abbiamo discusso anche in Commissione, ma poi non ne abbiamo più parlato: cominciamo davvero a prevedere anche la possibilità per il futuro non di correre dietro alle disgrazie, con cifre che spesso non si hanno neanche, ma di fare in modo che vi sia responsabilità; anche attraverso, magari, un sistema assicurativo che permetta di fare si che nel futuro non sia più sempre lo Stato a porre rimedio alle disgrazie, ma vi sia la responsabilità, perché un sistema assicurativo questo copre, qualora si siano fatti gli interventi che dovevano essere fatti. Se andiamo a responsabilizzare attraverso il federalismo, ben venga.
. La invito a concludere.
. In tutto questo contesto mi sento, a nome del movimento politico che rappresento, di ringraziare per l'ennesima volta la Protezione civile e Guido Bertolaso in particolare, perché rappresenta comunque la dimostrazione che le cose si possono fare bene. Loro però devono far bene l'andare a correre dietro alle disgrazie; mi piacerebbe, per una volta, veder far bene un'opera di prevenzione in questo Paese, il che sarebbe molto meglio e sarebbe utile per tutti .
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, intanto vorrei ringraziare il sottosegretario, sia per la sua relazione, sia per il modo in cui ha condotto questa situazione (ho seguito la mia zona della Toscana, non ho seguito le altre regioni), e anche tutte le istituzioni che si sono impegnate per affrontare il problema e risolverlo, anche dopo l'evento e quando potevamo pensare al peggio. Credo che però in tutti gli ambiti ci troviamo in Aula a ripetere le stesse cose dopo che, purtroppo, è successo il fatto e continuiamo imperterriti a non modificare la nostra situazione. Credo che, se in questo Paese non cambiamo mentalità, quando si parla oggi delle situazioni gravi che possono provocare tali emergenze, ma anche in altri casi, se non cambiamo il nostro metodo e lavoriamo sulla prevenzione, ci troviamo solo a discutere quando i drammi sono successi. Come lei ha detto anche nella sua relazione parlando dei danni che si sono verificati presso il fiume Serchio, lì si è registrata la rottura degli argini nella parte dritta del fiume e questo quindi fa capire che forse qualche cosa non ha funzionato prima, nel senso che potevano forse già esservi situazioni che necessitavano di manutenzione e dunque di prevenzione. Quanto ai danni che sono stati riportati nella nostra regione (ma ho ascoltato anche gli altri colleghi, che hanno parlato dei danni subiti dall'Emilia-Romagna e dalla Liguria), si parla preventivamente di oltre 500 milioni di euro sia per il ripristino, sia per la messa in sicurezza, sia per i danni sommariamente riportati. Mi fa piacere che lei abbia già preso in questa sede l'impegno di incontrare nella prossima settimana le aziende, i loro titolari e i privati, anche perché - come lei ha visto - sono coinvolti importanti posti di lavoro. In un momento in cui le aziende cercano di far quadrare i conti, certo non molto rosei, per l'anno 2009, se poi perdiamo anche tempo nel ripristinare le attività, nel frangente in cui ci troviamo tutto diventa ancora più difficile. Le chiedo quindi, come lei stesso ha riferito, la massima urgenza e la massima tempestività proprio per far ripartire immediatamente le attività e dare quindi sicurezza agli imprenditori circa una ripresa nel più breve tempo possibile, perché nel momento difficile in cui ci troviamo perdere tempo e ritardare gli aiuti potrebbe rivelarsi cosa molto poco giusta. Anche l'agricoltura ha subito danni, ad esempio nelle zone di Pisa e di Pistoia, ma anche nella Val di Nievole e nell'area vivaistica dell'Ombrone (importanti sono quindi i danni subiti anche dall'agricoltura). Credo che, al di là di quello che il Governo afferma circa gli stanziamenti, certamente in questo momento dobbiamo riparare danni che forse non dovevano verificarsi o che potevano essere evitati. Si parla del territorio, ed io provengo dalla Garfagnana: tutto va bene e non stiamo a ricercare le responsabilità, però a volte abbiamo fatto delle cose che non era giusto fare. Magari abbiamo costruito strade che passano per sentieri e luoghi dove forse, con qualche perizia o qualche giusto rilievo in più, non sarebbe giusto che passassero; inoltre, urbanisticamente parlando, a volte abbiamo realizzato insediamenti produttivi ed abitativi sui letti dei fiumi, e tutto questo riporta purtroppo ad una mancata programmazione di tutte le iniziative. Questo è ciò su cui dobbiamo lavorare, è su questo che dobbiamo ricercare i fondi. Lei ha detto che è giunta l'ora di andare in direzione di un piano nazionale della difesa del suolo: è su questo che bisogna investire e che bisogna realizzare programmi certi, intervenendo sui punti che purtroppo sono più a rischio e realizzando un programma serio da finanziare e portare avanti. Non si può in questo Paese, da parte dei vari enti, pensare sempre al dopo, mentre ciò che occorre è proprio un maggiore coordinamento tra gli enti. Nonostante - torno a ripetere - la competenza e la gestione della situazione che si è creata (rispetto alla quale devo solo ringraziare tutti, dalla Protezione civile, al volontariato, agli enti), serve maggiore sintonia e maggiore collaborazione tra gli enti stessi, tra i consorzi, tra le l'autorità di bacino, tra le regioni e le province, al fine di realizzare una sinergia maggiore ed evitare situazioni che, a volte, sono dovute anche alla noncuranza del territorio.
. Onorevole Poli, deve concludere.
. Credo, dunque, che sia importante la celerità e sicuramente reperire i fondi (ritengo infatti che, a fronte di queste calamità naturali, non sia possibile non trovare quei fondi che sono fondamentali per la sicurezza del cittadino e di tutti noi); cerchiamo però di cambiare metodo, perché ritengo che continuare in questo modo non sia giusto né per noi, né per il Paese, né per quello che dovremmo fare onde assicurare una certezza diversa al nostro Paese.
. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, volevo intanto rivolgere un apprezzamento effettivo alla Protezione civile, ai vigili del fuoco, alle Forze armate e di polizia, alle regioni, alle province e agli enti locali che hanno nell'emergenza bene operato. Al di là di questo, signor sottosegretario, vorrei però dirle alcune cose che riteniamo molto importanti. Lei ci ha detto che andrà in questi giorni in Toscana e in Garfagnana, appena finito di affrontare una tragedia particolare come quella di Haiti, a dare i primi soldi ai sindaci. Siamo contenti di questo, anche se sono stati stanziati solamente 20 milioni di euro a fronte di molteplici province interessate (il problema interessa tutto il Nord, ma le regioni più coinvolte dagli eventi meteorologici eccezionali sono Emilia-Romagna, Liguria e Toscana). Se lei fa una divisione per province e per comuni, non so quanto darà ad ogni sindaco: 100 euro, 200 euro, non lo so. Non ci ha detto quanto riuscirà a dare ad ogni sindaco per questi eventi importanti, per questa emergenza pesante, dove le imprese industriali, artigiane e commerciali sono state colpite pesantemente. Vi sono stati ingenti danni ai privati e molti, come ha sostenuto anche lei, addirittura, non hanno più nulla. Siamo stati ad ascoltarla quando ha parlato del mancato completamento delle opere in sicurezza e di molti fatti riguardanti aspetti molto importanti. Ha detto poco, però, riguardo al fatto che nella legge finanziaria non è stato previsto nulla per le mareggiate che hanno colpito fortemente alcuni settori come l'agricoltura, la pesca (ad esempio, i muscoli a La Spezia), e le problematiche nel settore olivicolo per le gelate. Sicuramente si tratta di eventi diversi ma importanti per l'agricoltura di regioni coma la Liguria, l'Emilia-Romagna, la Toscana. Ci deve spiegare come si possa dire che si possono realizzare interventi strutturali a La Spezia, a Lucca, a Pistoia, a Massa, a Genova, in parte dell'Emilia e della Garfagnana. Possiamo domandarci chi ha la responsabilità, chi doveva mettere i soldi, chi non li doveva mettere, chi ha fatto bene e chi ha fatto male; ma se parliamo solo della Toscana dobbiamo evidenziare che sono 200 milioni di euro i danni supposti, che ne servono 270 per la messa in sicurezza e che 80 sono stati già spesi. Nella vicina Liguria e in Emilia i danni sono di 40, 50 o 60 milioni di euro per ogni regione, e non parliamo della messa in sicurezza per altri 100, 200 milioni. Sono aspetti molto importanti. Era stato stanziato un miliardo di euro per il dissesto idrogeologico con una legge che mi auguro venga portata avanti e che non faccia la fine del Ponte sullo stretto di Messina; ci auguriamo che quei soldi vengano realmente spesi. Oggi, mi aspettavo che lei venisse e ci dicesse che avrebbe realizzato tutto questo. Al di là dell'apprezzamento per gli interventi del primo momento, su cui non ho nulla da dire (le forze che hanno operato, hanno operato bene al servizio della gente e della collettività), adesso esiste questa vera emergenza che colpisce le aziende, esistono dei danni ai privati che sono importanti. Il Governo oggi ci ha annunciato che vi saranno interventi straordinari che lei realizzerà, però non si sa quanti fondi verranno assegnati, e, soprattutto, non ci ha spiegato come, e dove verranno realizzati. Lei andrà in Garfagnana, ma non ci ha detto quello che vorrà mettere in atto, quello che vorrà realizzare con ogni sindaco, in ogni realtà. Mi auguro che non prenda le risorse solamente dai 20 milioni di euro che avete stanziato, altrimenti è meglio che lei non vada in Garfagnana a dire alla gente che darà loro poche centinaia di euro per una problematica così forte. Non abbiamo capito anche con quali provvedimenti vuole risolvere questa emergenza e come si vuol finanziare il tutto, considerate le somme che le ho appena ricordato, e quali saranno gli investimenti futuri del Governo
. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
. L'onorevole Nunzio Francesco Testa ha facoltà di illustrare l'interpellanza Libè n. 2-00570, concernente iniziative per la dichiarazione dello stato di calamità naturale nel comune di Casamicciola Terme (Ischia) di cui è cofirmatario.
. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario Bertolaso, il 10 novembre scorso, a seguito di uno straordinario evento meteorologico verificatosi nel comune di Casamicciola Terme sull'isola di Ischia, una grossa frana di fango e di detriti staccatasi dai costoni adiacenti ha investito buona parte del centro abitato causando un morto e ingenti danni materiali alla popolazione. Si trattava di una ragazza giovanissima e, solo per un caso fortuito, non è avvenuto il peggio. È stata sfiorata la tragedia in quanto lungo il percorso della frana di fango c'era una scuola che casualmente in quel giorno era chiusa per manutenzione. Dalle prime verifiche, che attualmente proseguono, operate da parte della Protezione civile, risultano ingenti i danni alle strutture idriche, fognarie ed elettriche dello stesso comune di Casamicciola, nonché l'inagibilità di alcune strade, in particolare della strada statale n. 270 che è l'arteria principale che collega l'intera isola (i vari comuni che sono sull'isola). Notevoli danni si riscontrano inoltre nell'intero territorio colpito dall'evento calamitoso che si presenta gravemente dissestato nel suo profilo idrogeologico, situazione che ha costretto gli organi preposti all'evacuazione di alcune aree abitative per un ammontare di circa 310 sfollati, e alla chiusura precauzionale di alcune scuole e di edifici pubblici. Dopo le prime operazioni effettuate sui luoghi coinvolti dall'alluvione per tamponare naturalmente l'emergenza, allo stato attuale la situazione dell'area interessata dal disastro presenta notevoli criticità, con la necessità di attuare interventi rapidi per la messa in sicurezza dei numerosi valloni e costoni che, interessati dall'alluvione, costituiscono attualmente un serio pericolo anche e soprattutto in ragione degli eventi meteorologici invernali. A seguito dell'alluvione il comune interessato e la regione Campania hanno provveduto a dichiarare lo stato di calamità naturale, mentre ad oggi non risulta invece disposto alcun intervento straordinario di emergenza da parte del Governo. È necessario un intervento chiaro e deciso, l'impegno di risorse per affrontare la fase di emergenza che ancora oggi persiste nell'area, nonché un intervento strutturale per realizzare quanto necessario al monitoraggio e alla messa in sicurezza di tutto il comprensorio dei comuni presenti sull'isola. Risulta per di più improrogabile, signor sottosegretario, un celere ripristino della normalità per rimettere in moto l'economia della zona che, già fortemente compromessa, rischia il definitivo collasso qualora dovessero chiudere le attività a vocazione turistica presenti sull'isola (che poi sono quasi sempre l'unica fonte di profitto delle attività economiche del comprensorio). Allora le chiedo, signor sottosegretario del Governo, quali urgenti iniziative intenda adottare per proclamare in tempi rapidi lo stato di calamità naturale nel comune di Casamicciola Terme, che permetta così l'invio di risorse straordinarie per fronteggiare la situazione di emergenza provocata dall'alluvione, e per adottare un piano di intervento straordinario per la messa in sicurezza sotto il profilo idrogeologico di tutto il territorio dell'isola di Ischia che da tempo attende queste risposte.
. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso, ha facoltà di rispondere.
, . Signor Presidente, temo che deluderò l'onorevole interpellante, perché io conosco benissimo il territorio di Ischia, conosco bene la vicenda di Casamicciola, so con esattezza quali sono le aree a rischio idrogeologico elevato (R3) e quelle a rischio molto elevato (R4), e sono stato anche il primo ad arrivare il 30 aprile 2006 a Ischia quando ci fu la tragedia del Monte Vezzi, quando morirono tre ragazze e il padre (probabilmente lei, onorevole, se lo ricorda). Presi degli impegni, feci delle promesse. Il 2 maggio fu dichiarato lo stato di emergenza per quello che riguarda il territorio comunale di Ischia; abbiamo stanziato allora immediatamente due milioni di euro ai quali poi si sono aggiunti altri soldi della regione Campania per un totale di due milioni e 300 mila euro, dopodiché non è successo assolutamente nulla. L'unico intervento che è stato fatto è stato compiuto da chi vi parla: portare, per quanto potesse valere e contare, un assegno alla madre di queste tre ragazze e vedova di questo marito. L'ho portato io: gli ho portato 150 mila euro, che ho prelevato dal nostro fondo, per dare a questa donna la possibilità di sopravvivere. Dopodiché non è successo più niente. Questa è la situazione di Ischia e, se vuole, posso farle anche l'elenco delle altre situazioni della Campania: Nocera Inferiore, Montaguto e le altre situazioni sulle quali abbiamo stanziato soldi per il ripristino delle condizioni di normalità, per mettere in sicurezza il territorio. Questi soldi non sono stati ancora utilizzati. Le sarà pure noto che in queste occasioni emaniamo l'ordinanza di protezione civile dopo la dichiarazione dello stato di emergenza e il commissario non è il capo della protezione civile, ma il presidente della regione Campania. Quindi, abbiamo più volte anche per iscritto sollecitato le autorità locali ad agire. Mi sono anche dovuto sorbire polemiche da parte del sindaco di Ischia che ha accusato chi vi parla di non aver fatto nulla dopo la tragedia del Monte Vezzi mentre, come lei sa, non è così perché abbiamo fatto tutto quanto era necessario. Abbiamo sollecitato più volte la regione sino a quando, nel gennaio di quest'anno, abbiamo potuto ricevere ulteriori richieste di finanziamenti da parte della regione per un ammontare di circa 32,8 milioni di euro per la messa in sicurezza di Ischia, del Monte Vezzi e delle altre situazioni. In questo momento, sulla base anche della tragedia di Casamicciola, stiamo predisponendo un'ordinanza non derogatoria di protezione civile. Quindi, per essere chiaro, non intendo proporre al Governo lo stato di emergenza per Casamicciola. Infatti, sebbene purtroppo vi sia stata una vittima, come sappiamo, il fenomeno è stato assolutamente circoscritto e non è più ammissibile che per questo genere di fenomeni gli enti locali debbano poi ricorrere all'autorità nazionale che deve andare a sostituirsi nell'esercizio delle competenze agli enti locali. Quello che faremo con un'ordinanza non derogatoria sarà autorizzare questi 32 milioni di euro a valere sui fondi FAS 2007-2013 della regione Campania affinché il presidente della regione Campania possa utilizzare queste somme da subito per garantire la messa in sicurezza di Casamicciola, il ripristino delle situazioni di danni e di altre problematiche che lei ha puntualmente evidenziato e auspicabilmente anche la messa in sicurezza delle parti del territorio di quell'isola bellissima che sicuramente necessitano di un intervento di messa in sicurezza la cui competenza, come lei sa, è degli enti locali piuttosto che di chi vi parla. Per non aprire ovviamente la pagina triste e dolorosa sulla realtà urbanistica ed edilizia di quella bellissima isola perché sappiamo che purtroppo è una concausa - vorrei dire - quasi determinante di quelli che sono i fenomeni che puntualmente e annualmente dobbiamo registrare in quel territorio.
. L'onorevole Nunzio Francesco Testa ha facoltà di replicare.
. Signor Presidente, sottosegretario, sono in parte soddisfatto di quanto lei mi dice perché conosco lei, essendo campano, il suo impegno e la sua serietà. L'isola di Ischia, indipendentemente dall'evento - lo sottolineo ancora una volta - ha problemi idrogeologici importanti che lei giustappunto qualche minuto fa sottolineava e che potrebbero essere in gran parte risolti da un intervento straordinario. Il mio timore è che questa frana che si è verificata pochi mesi fa possa innescare altre situazioni. Peraltro, lei sa bene che la frana ha percorso una strada preesistente e quindi l'abusivismo che è presente sull'isola in questo caso forse non ha avuto importanza. Forse l'abusivismo ha avuto importanza e l'avrà in altre situazioni, ma in questo caso assolutamente non è così. Averlo detto oggi ci pone in una situazione di tranquillità di coscienza. Ma non basta perché confido in quanto il Governo potrà fare con questo intervento straordinario. Infatti, per questa isola, che rappresenta sicuramente una delle perle più importanti del Mediterraneo ed è così ricca e così piena di turismo, tranne che nell'ultimo periodo durante il quale ha risentito molto della crisi esistente sul nostro territorio, è bene che non si riducano ulteriormente le presenze dei turisti perché essa non ha altre grandi risorse. Quindi la ringrazio per quello che potrà fare e mi farò io portavoce per quello che non è stato fatto sull'isola, lo farò attentamente nei prossimi giorni.
. L'onorevole Ceccuzzi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00581, concernente iniziative per la salvaguardia dei livelli occupazionali degli stabilimenti Novartis presenti in Italia e chiarimenti in merito al contratto stipulato con tale azienda farmaceutica per la produzione del vaccino contro il virus H1N1 .
. Signor Presidente, insieme all'onorevole Cenni e ad altri colleghi del Partito Democratico che ringrazio per aver sottoscritto l'interpellanza urgente in esame, abbiamo ritenuto assolutamente opportuno assumere un'iniziativa urgente per chiedere chiarimenti al Governo in ordine alle iniziative che intende assumere rispetto alle procedure di mobilità che l'azienda Novartis ha aperto nei giorni scorsi e pressoché in concomitanza con l'emergere delle notizie che riguardano il contratto di fornitura del vaccino per il virus H1N1, contratto che era rimasto fin qui segreto e rispetto al quale si è sviluppato un grande clamore ed un forte interesse dell'opinione pubblica, collegato a tanti interrogativi che ancora rimangono non del tutto risolti. Voglio premettere che non è assolutamente nostra intenzione strumentalizzare questa vicenda, né speculare su una questione molto delicata, al contrario di chi ha chiesto un'inchiesta parlamentare e di chi, anche all'interno della maggioranza di centrodestra, come ha fatto il senatore Gasparri all'inizio del mese di dicembre, addirittura ha parlato di speculazioni e di manovre planetarie riguardo alla questione dei farmaci, addirittura evocando una sorta di Spectre del farmaco che agirebbe nell'ombra per aumentare i consumi. Quello che tuttavia vogliamo sottolineare in questa sede è prima di tutto una forte solidarietà, vicinanza e sostegno ai lavoratori che in questo momento sono impegnati per la difesa del proprio posto di lavoro. Proprio ieri si sono tenute le assemblee negli stabilimenti di Siena e nel comune di Sovicille, perché la procedura di mobilità interessa 24 lavoratori, di cui 20 informatori scientifici e 4 impiegati. Si tratta di uno smantellamento del 75% della struttura commerciale dell'azienda, che fa temere non soltanto per il futuro di queste 24 persone, ma anche per le potenzialità commerciali e di dell'intera multinazionale, che - va ricordato - in Italia conta circa 1.600 occupati in provincia di Siena, 800 occupati a Varese e circa 600 occupati a Torre Annunziata. Le domande che vogliamo porre al Governo sono le seguenti: la prima perché sono state concesse condizioni così favorevoli all'azienda. In particolare, la nostra attenzione si focalizza su tre punti: in primo luogo, il non rispetto delle date di consegna, senza l'applicazione di alcuna penalità; si tratta di una commessa di 180 milioni di euro che, dal punto di vista dell'interesse dei cittadini, sia come consumatori sia come contribuenti, è senza dubbio molto rilevante. In secondo luogo, vi è l'esenzione completa dell'azienda dalla responsabilità rispetto alle implicazioni sulla salute che avrebbe potuto avere questo vaccino. Vi sono vicende storiche assai dolorose per i gravi danni causati da altre campagne di vaccinazione che si sono tenute nel nostro Paese. Vorrei ricordarne soltanto una, per fare un esempio: quella che tra il 1958 ed il 1964 riguardò il vaccino Salk contro la poliomielite, tant'è che nel nostro Paese sono state approvate due leggi (la n. 210 del 1992 e la n. 229 del 2005) per risarcire i cittadini che purtroppo contrassero la poliomielite a causa di questo vaccino, che venne inoculato per ottenere naturalmente l'esito esattamente opposto. Nel 1998 vi è stata anche una sentenza della Corte costituzionale, che ha riconfermato l'assoluto diritto al risarcimento di questi cittadini, che in tantissimi casi purtroppo ancora attendono una risposta da parte dello Stato. Poi vi è questo istituto singolare degli sforzi commercialmente ragionevoli, che abbiamo trovato nel contratto e che non trova riscontro se non in una concessione molto favorevole all'azienda. Inoltre, vogliamo sapere quali sono le iniziative che il Governo intende assumere per ricollocare il di vaccini che è emerso. Si tratta di moltissime dosi: come sappiamo, 10 milioni, su 24 milioni, sono state ritirate, 14 milioni giacciano ancora nei magazzini dell'azienda e soltanto 800 mila circa sono state inoculate. Rispetto a questo, siamo di fronte, purtroppo, al fallimento di una campagna capillare di vaccinazione, perché soltanto l'1,3 per cento della popolazione italiana è stata vaccinata, a fronte degli Stati Uniti dove si è raggiunto il 20 per cento, della Francia con il 7 per cento, del Canada con il 30 per cento e della Svezia, addirittura, con il 40 per cento. Se l'obiettivo era vaccinare il 40 per cento degli italiani, da questo punto di vista, siamo andati molto lontani! Vogliamo anche sapere quali iniziative intenda assumere il Governo rispetto alla salvaguardia dei posti occupazionali. Brevemente, voglio esporre le ragioni oggettive per le quali a noi non pare che nell'industria farmaceutica italiana si possano intravedere ragioni di crisi o di calo dei volumi o degli utili. Lo stesso Sergio Dompé, presidente di Farmindustria, ha dichiarato che nel 2010 l'industria farmaceutica italiana si attende un fatturato stabile e, addirittura, un aumento dei volumi, seppur leggero. L'ISTAT, qualche settimana fa, ha registrato che, tra novembre 2008 e novembre 2009, addirittura, il fatturato dell'industria farmaceutica italiana è aumentato del 10,1 per cento. Secondo Federfarma, in Italia, la spesa farmaceutica del Servizio sanitario nazionale è calata soltanto dello 0,2 per cento, e negli ultimi otto anni è rimasta pressoché stabile. Per quanto riguarda la Toscana, un di Unioncamere e di Confindustria, mentre registra un calo della produzione industriale del 15,5 per cento nel terzo trimestre del 2009, registra addirittura un incremento di produzione industriale nell'industria farmaceutica pari al 26,2 per cento. Voglio inoltre aggiungere che la regione Toscana ha stanziato 18 milioni di euro per la ricerca nella farmaceutica e nelle biotecnologie proprio nelle scorse settimane; e, infine, che gli enti locali senesi hanno assicurato all'azienda Novartis procedure urbanistiche accelerate per realizzare un investimento di 40 milioni di euro per rafforzare la presenza del proprio centro di ricerche internazionali, che si trova nella città di Siena. L'ultima domanda che rivolgiamo al Governo è la seguente. A nostro avviso - quando il committente è lo Stato, quando la commessa è di certe dimensioni e quando, come in questo caso, viene azzerato il rischio d'impresa - sarebbe stato il caso - come ha fatto il Ministero dell'economia e delle finanze nei confronti degli istituti di credito presso i quali ha sottoscritto delle obbligazioni per rafforzare i coefficienti patrimoniali - di far sottoscrivere all'azienda fornitrice della citata commessa un codice etico, attraverso un protocollo di intenti con il quale ci si lega a comportamenti virtuosi, assolutamente in via prioritaria, proprio dal punto di vista della tenuta delle relazioni industriali. A fronte di una commessa così rilevante, che azzera il rischio di impresa, a nostro avviso non è accettabile che sia stata aperta una procedura di mobilità. In questo senso, chiediamo un'iniziativa del Governo affinché questa procedura venga ritirata .
. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Francesca Martini, ha facoltà di rispondere.
, . Signor Presidente, onorevoli colleghi, fornisco di seguito gli elementi di risposta ai quesiti posti dall'interpellanza urgente, riservandomi una considerazione iniziale di carattere generale. Mi sia consentito osservare che le attuali e future iniziative di riorganizzazione dell'azienda Novartis non possono in alcun modo essere correlate alle funzioni istituzionali del Ministero della salute. Passo, pertanto, a fornire le valutazioni acquisite presso il Ministero del lavoro per le funzioni di rispettiva competenza. In merito al primo punto e, in particolare, all'iniziativa aziendale di ridimensionamento, comunico che non risulta pervenuta presso il Ministero del lavoro una richiesta di incontro per l'esame della situazione occupazionale, né alcuna richiesta di concessione di trattamento straordinario per l'azienda in questione. Lo stesso Ministero si è detto, comunque, disponibile ad esaminare le eventuali situazioni di criticità, onde mettere in campo tutti gli strumenti a sostegno della salvaguardia dei livelli occupazionali previsti dalla normativa vigente. Segnalo, inoltre, che il Ministero del lavoro, in data 16 aprile 2009, ha stipulato con la regione Toscana un accordo con il quale sono stati destinati 50 milioni di euro alla concessione o proroga degli ammortizzatori sociali, in deroga alla normativa vigente, a favore dei lavoratori delle imprese ubicate nella regione Toscana. Tali risorse sono state integrate da un'ulteriore risorsa finanziaria pari a 50 milioni di euro. Osservo, inoltre, che anche per l'anno 2010 la legge finanziaria ha previsto all'articolo 2, comma 138, lo stanziamento di risorse per gli ammortizzatori sociali in deroga. Da ultimo, da informazioni acquisite presso la regione Toscana, informo che la provincia di Siena ha chiesto l'attivazione di un tavolo con la Novartis che dovrebbe riunirsi entro il corrente mese di gennaio. Con riferimento al secondo punto, ricordo che con nota del luglio 2009, a firma del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri (con delega alla Protezione civile), veniva manifestato alle aziende farmaceutiche Novartis e Sanofi Pasteur l'interesse ad acquisire 24 milioni di dosi vaccinali da ciascuna società. Con successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 luglio 2009, è stato dato mandato al Ministero della salute di acquisire, in termini di somma urgenza, il vaccino, con i poteri di cui all'articolo 1, comma 2, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 marzo 2003, esercitando i diritti di prelazione acquisiti. Pertanto, sulla base dei poteri attribuiti dalle due citate ordinanze (possibilità dell'esercizio dei diritti di prelazione acquisiti e possibilità di acquistare a trattativa privata anche mediante affidamenti diretti) il Ministero della salute, dopo aver avviato la negoziazione con la ditta Novartis per la fornitura del vaccino da utilizzare nella prima fase della campagna vaccinale, ha sottoscritto il relativo contratto in data 21 agosto 2009. Il contratto con la Novartis prevede l'acquisto da parte del Ministero della salute di 24 milioni di dosi di vaccino, con tempi di consegna scaglionati. Il prezzo del vaccino acquistato ammonta a 184 milioni di euro per 24 milioni di dosi. Nel contratto è stato inserito il riferimento al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 88487 che ha autorizzato un'assegnazione integrativa di 220 milioni di euro sul pertinente capitolo di bilancio del Ministero della salute, al fine di procedere all'attività negoziale relativa all'acquisto di vaccini, farmaci antivirali e dispositivi individuali di protezione per contrastare la diffusione del nuovo virus influenzale di tipo A. La Corte dei conti ha riconosciuto la piena validità dell'operato del Ministero della salute, registrando regolarmente il contratto in data 10 settembre 2009. In particolare, la Corte dei conti ha preso atto che la stipula del contratto, caratterizzato da somma urgenza, appariva ineludibile sia per quanto riguarda le modalità e le condizioni, sia per quanto riguarda la scelta del contraente. Ha inoltre preso atto che i vaccini influenzali pandemici non possono essere prodotti con anticipo rispetto al verificarsi dell'evento infettivo: l'OMS ha infatti consegnato alle industrie farmaceutiche il ceppo virale A solo in data 1o giugno 2009, in un momento in cui l'epidemia era già in corso. La Corte dei conti ha preso atto, inoltre, del fatto che non essendovi la disponibilità sul mercato mondiale di un vaccino antinfluenzale A pronto per essere somministrato, l'amministrazione ha dovuto rivolgersi ad un'industria farmaceutica di accertate credenziali con la quale aveva in corso un'opzione di fornitura, come già precisato in precedenza. Inoltre, la stessa azienda aveva ottenuto dall'Agenzia europea dei medicinali (EMEA) nel maggio 2007 la registrazione del prodotto Mock Up per il vaccino anti-A (H5N1), del quale il vaccino anti-A (H1N1) rappresenta una modifica della composizione. Per quanto attiene al terzo quesito, relativo ad azioni del Governo in materia di sostegno degli enti locali e organizzazioni economiche e sindacali ai fini del rafforzamento della presenza di Novartis in Italia, si rimanda alle valutazioni preventivamente fornite nell'esame del primo punto.
. L'onorevole Cenni, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Martini per la sua presenza, però non posso ritenermi soddisfatta. Non ci riteniamo soddisfatti della risposta, sottosegretario, prima di tutto perché non è stata fornita una grossa «fetta» della risposta che ci saremmo attesi, di competenza, però, del Ministero delle attività produttive. Devo dire che non è la prima volta che questo accade. Ripetutamente abbiamo presentato, in quest'Aula e nelle Commissioni competenti, strumenti di sindacato ispettivo relativi a crisi di settori che hanno rilievo nazionale o, in qualche caso, internazionale e, quindi, mai ponendo questioni di piccola dimensione locale. Come lei avrà avuto modo di verificare leggendo l'interpellanza urgente, da parte nostra non vi è stata minimamente l'intenzione di speculare su questo tema dei vaccini e dei quantitativi che erano stati ordinati, perché ci rendiamo perfettamente conto che quando si parla della salute dei cittadini non si può scherzare, né si possono certo prevedere fino in fondo alcuni dati e alcuni aspetti, nonché la dimensione che un possibile rischio può assumere. Detto ciò, però, voglio anche precisare che da parte nostra non vi è né una visione che intende demonizzare la farmaceutica italiana, né una visione idilliaca. Lo dico sottolineando che gli interpellanti provengono da una regione in cui qualche anno fa un'importante multinazionale aveva anche commissionato finti sondaggi sul gradimento delle politiche sanitarie. Dunque, conosciamo anche la complessità che questo settore rappresenta nel nostro Paese. Proprio per questo ricordo che stiamo parlando di un'azienda di grande rilievo, nazionale e internazionale, al cui interno sappiamo esservi grandissime competenze di carattere scientifico e, quindi, con grandi garanzie da questo punto di vista, nonché grandi potenzialità, ancora in esplicazione, dal punto di vista economico ed occupazionale. Ciò, tuttavia, non può significare tenere un atteggiamento poco attento o di scarsa vigilanza nei confronti dell'attività di istituzioni di questo tipo. Sappiamo bene cosa stanno facendo le istituzioni locali, sottosegretario. Lei ci ha comunicato cose che conosciamo benissimo riguardo a quanto l'amministrazione provinciale e il comune di Siena e la regione Toscana hanno fatto per far sì che queste potenzialità crescessero. Tuttavia, credo che la vigilanza sia necessaria e che non possa essere consentito a nessuno, nemmeno a un soggetto di questo rilievo, di potersi nascondere dietro ad alcuni alibi legati all'andamento dell'utilizzo reale dei vaccini o all'andamento di mercato, che conosciamo, poiché tutti sappiamo leggere i dati, e ciò non può denotare una situazione di crisi. Sia per questa ragione sia per la delicatezza dei temi di cui stiamo parlando - ancora una volta la salute dei cittadini - avremmo ritenuto utile ed opportuno da parte del Governo, nell'ambito delle proprie competenze, mettere in campo qualche elemento di garanzia in più dal punto di vista occupazionale perché, ovviamente, credo che ognuno di noi oltre a rappresentare pienamente il nostro Paese rappresenti anche un territorio e abbia il compito di vigilare. Francamente, ci saremmo aspettati una risposta più esauriente da questo punto di vista .
. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00566, concernente elementi in ordine alla richiesta di alcuni genitori di allontanare un'insegnante dalla scuola elementare «Jean Piaget» di Roma in quanto appartenente ad un ordine religioso .
. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.
, . Signor Presidente, l'atto in discussione fa riferimento a notizie riportate dal del 10 dicembre 2009, riguardanti il caso verificatosi a Roma nella scuola primaria «Jean Piaget» di via Suvereto dove, secondo quanto riportato dall'organo di stampa, alcune mamme hanno chiesto l'allontanamento di un'insegnante perché suora. A tal proposito, la direzione scolastica regionale per il Lazio ha chiesto una informativa al dirigente scolastico del 145o circolo didattico «Anna Magnani» di Roma, cui appartiene il plesso scolastico «Jean Piaget», che ha inviato un'articolata relazione sulla vicenda, facendo presente in particolare quanto segue. L'insegnante in parola, ricevuta il 3 dicembre 2009 la proposta di assunzione a tempo determinato da parte dell'ufficio scolastico provinciale, ha assunto regolare servizio nel plesso «Piaget» (classe II, sezione C) su posto comune reso disponibile a seguito della utilizzazione triennale del docente titolare presso l'università di Roma Tor Vergata. Prima di affidarle la classe, il dirigente scolastico ha avuto con l'interessata un colloquio informativo per verificare le sue specifiche competenze didattiche e metodologiche dell'ambito disciplinare assegnato (italiano, storia, geografia, arte e immagine, cittadinanza e Costituzione) e, soprattutto, la sensibilità pedagogico-relazionale nei confronti degli alunni. La personalità della suora è apparsa percettivamente coerente con gli indicatori di una professionalità docente aggiornata e responsabile, ben circoscritta alle competenze disciplinari della funzione specifica di insegnamento-apprendimento senza interferenze ideologiche-religiose attinenti alle sue scelte private. La suddetta insegnante a tempo determinato, in data 4 dicembre 2009, ha svolto nel turno pomeridiano la sua prima attività docente con gli alunni della classe affidatale. All'uscita dalla scuola, alle ore 16,30, un piccolo gruppo di mamme ha contestato subito l'insegnante ed ha chiesto urgentemente un colloquio con il dirigente, invocando il diritto di laicità ed opponendo il netto rifiuto di accogliere come docente per i loro figli una suora. Il giorno 9 dicembre 2009 il dirigente scolastico ha ricevuto nel plesso «Piaget» otto genitori della classe che rifiutavano la presenza della docente-suora in quanto, secondo loro, con il suo abito poteva turbare gli alunni e proiettare insegnamenti religiosi non condivisi dalle famiglie. Ogni rassicurazione fornita alle famiglie relative alla neutralità ed equidistanza professionale della docente è stata contestata da una mamma che, in nome di una presunta laicità, chiedeva o l'allontanamento della suora o il cambio di classe per il suo bambino e per altri quattro di cui uno con genitori musulmani. Al netto rifiuto opposto dal dirigente scolastico al cambio di classe, motivato dal fatto che non sussistevano condizioni di incompatibilità, né tanto meno presupposti di commistione tra l'insegnamento disciplinare e interferenze religiose, il genitore «laico» si è rivolto ai giornali minacciando un ricorso al TAR. Quanto alla dichiarazione, riportata dalla stampa, relativa ai corsi di benessere yoga svolti nell'anno scolastico 2008/2009 nella classe I C dall'insegnante titolare, che curava l'ambito linguistico-espressivo (italiano, arte e immagine, educazione emotivo-affettiva, storia ed educazione motoria), il dirigente scolastico ha riferito che, venutone a conoscenza, è adeguatamente intervenuto nei confronti della stessa insegnante, trattandosi di libera iniziativa della medesima non coerente con le linee di indirizzo del circolo e le finalità disciplinari del piano dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica. A seguito dell'intervento del dirigente scolastico, l'insegnante titolare in questione ha corretto e orientato l'attività didattica verso una coerenza valoriale con le linee deliberate dal collegio dei docenti e dai consigli d'interclasse. Il dirigente scolastico ha inoltre fatto presente che il circolo didattico 145o «Anna Magnani» da anni realizza un'offerta formativa d'avanguardia con innalzamento dei contenuti culturali e disciplinari, progetti di integrazione multiculturale, percorsi di qualità e insegnamenti educativi quali: educazione emotivo-affettiva, educazione alla bellezza, cultura della sicurezza, cittadinanza, Costituzione e legalità. La finalità dell'insegnamento attuato nel medesimo circolo didattico è volta a: migliorare lo sguardo dei bambini sulle cose e sul mondo; modificare atteggiamenti comportamentali reattivi intolleranti e violenti attraverso l'ascolto, il dialogo e la dialettica delle diverse posizioni intellettuali e sentimentali sui problemi in discussione. In coerenza con tali finalità, nel circolo didattico si è proceduto all'istituzione del consiglio dei bambini, con rappresentanti eletti dalla classe, come pratica democratica di analisi, elaborazione delle diverse proposte dei compagni da finalizzare in gruppi di lavoro (detti «ministeri»), che si occupano del governo della scuola, della sicurezza e del benessere dei bambini, dell'ambiente e dell'integrazione. Il dirigente scolastico ha, infine, sottolineato che eventuali determinazioni diverse da quelle sopra esposte avrebbero disatteso e contraddetto le linee di indirizzo formativo e culturale della scuola, che deve educare gli alunni alla benevolenza, accoglienza e compassione culturale, volgendo lo sguardo con cura ed attenzione al senso e al significato interiore della persona oltre le apparenze e le visibili esteriorità. Dalla relazione del dirigente scolastico risulta dunque la correttezza del suo operato e la regolarità della nomina dell'insegnante a tempo determinato in parola, che è inserita nelle graduatorie ad esaurimento della provincia di Roma in virtù delle disposizioni normative che ne regolamentano l'accesso. Venendo, infine, al quesito sulla laicità della scuola, il quesito stesso trova soluzione nella sentenza n. 203 dell'11 aprile 1989 della Corte costituzionale, in cui sono richiamati i valori che concorrono a strutturare il principio supremo della laicità dello Stato e che costituiscono il nostro patrimonio culturale.
. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di replicare.
. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, mi dichiaro soddisfatto quanto al racconto dei fatti, che sono stati esposti con particolari e motivazioni ben precise. Resto un po' stupito per la laconicità delle risposte rispetto ai quesiti posti, in particolare su che cosa si intenda per laicità dello Stato, con un rimando abbastanza generico ad una sentenza della Corte costituzionale che non viene qui espressa. Soprattutto rilevo l'assenza di risposta al grande quesito che veniva posto: se, non tanto l'atteggiamento della dirigenza scolastica certamente encomiabile, quanto ciò che si è verificato in quella scuola non sia qualificabile come «atto di cristianofobia» o comunque di tentata discriminazione anticattolica. Non credo che si debba aver paura delle parole e siccome non c'è risposta ai miei quesiti, che non sono solo miei, ma dell'onorevole Toccafondi e di altri colleghi di maggioranza e opposizione, ben al di là quindi degli schieramenti, deduco che chi tace acconsente e quindi il Governo è d'accordo che vi sia stato un caso di discriminazione anticattolica e di cristianofobia. Si parla giustamente di casi di islamofobia e spesso anche di antisemitismo e di razzismo, ma questo è un caso di razzismo contro una persona, perché le suore, prima di essere tali, sono delle persone. In Italia si registrano svariati episodi di persecuzione o di diffusione di concezioni che, di fatto, sono offensive e che - non voglio inventare un altro neologismo parlando di «suorofobia» - alimentano un pregiudizio. Uno dei recenti casi si è verificato nella televisione di Stato su quando un noto conduttore televisivo ha sostenuto che i casi di eutanasia si sarebbero facilmente risolti se il parente avesse passato un biglietto da 100 euro ad una monaca. È stato detto nel silenzio e nell'accoglienza generale. Non mi risulta che ci siano state proteste all'interno di nessuna Commissione sulla vigilanza televisiva. Provo ad immaginare cosa sarebbe successo se una cosa del genere fosse accaduta ad un calciatore o ad un qualsiasi altro esponente di un'altra religione. Per fortuna ci sarebbero state delle reazioni, ma resto stupito che, invece, si sia rimasti passivi rispetto a queste cose. Mi dispiace che il Governo non dica una parola molto semplice: è stato un tentativo, per fortuna evitato da parte di una dirigenza scolastica molto preparata, di discriminazione religiosa. C'è una mentalità in questo senso che ritengo vada combattuta esprimendo un'idea corretta di che cosa sia la laicità dello Stato e la laicità della scuola pubblica dentro lo Stato italiano. Nei giorni scorsi il Presidente Fini ha usato un'espressione a mio giudizio molto interessante parlando di «laicità positiva», ovvero di una laicità che non è neutralità, ma un tentativo di accompagnare le persone nella riscoperta del senso della vita e del significato del suo essere al mondo, altrimenti la scuola a cosa serve? Mi stupisce molto come nel preciso resoconto del sottosegretario Pizza - che ringrazio sempre per la sua cortesia e disponibilità - si renda noto che se c'è in graduatoria un insegnante che deve subentrare ad un altro, nel caso che sia una suora viene sottoposto ad un esame particolare per accertare se possa insegnare senza interferenze ideologiche e religiose attinenti alle sue scelte private. Ritengo questa frase straordinariamente rivelatrice di un pregiudizio che investe una particolare categoria di persone. Mi colpisce anche il fatto che la concezione religiosa sia relegata nell'ambito della scelta privata. Se la scuola ha al centro di certo lo sviluppo della ragione, mi domando che ragione è quella che taglia via la cosa più interessante, cioè la questione se il nostro stare al mondo abbia un senso e se Dio implichi qualche cosa nella nostra vita quotidiana e nel nostro modo di conoscere le cose e di affrontare i problemi della realtà. Relegare ciò nella sfera privata non c'entra niente con la laicità. La laicità, lo ripeto, non significa neutralità, e questo credo che sia affermato anche nei «sacri testi» dei nostri padri costituenti. Lo Stato laico non può rimanere indifferente ai valori della tradizione nazionale predominante. La principale missione dello Stato è quella di garantire il libero e pieno esercizio della libertà e dei diritti di tutti cittadini, senza alcuna distinzione e discriminazione, per cui nell'insegnare occorre rispettare e avere benevolenza (come è stato detto con una bellissima parola nella risposta del sottosegretario Pizza) per tutto ciò che credono gli altri, ma nella consapevolezza che si può comunicare qualche cosa solo se si crede fortemente a qualcosa. Nella scuola questo è decisivo perché si comunica ai ragazzi che cosa è importante davvero. Chiedere la rinuncia a manifestare ciò in cui si crede, nel rispetto di ciò che credono altre persone o altre famiglie spirituali, per così dire, significa trasmettere come decisiva per il rispetto dell'altro l'idea di rinuncia a se stessi. Questo ritengo che sia profondamente diseducativo e sbagliato. Cito una frase a senso di quel grande santo che è stato San Bernardo che era molto deciso e determinato: «Non è l'aridità che purifica, ma la passione». Se ci vogliamo purificare dagli eccessi o dalle presunte interferenze educative sulla libertà dei ragazzi, non è togliendo o censurando ciò che amiamo e ciò in cui crediamo, ma mettendoci la passione che permette di voler bene anche al ragazzo che si ha davanti. Credo che sia questa la laicità: il permettere a ciascuno di essere pienamente sé stesso, nel rispetto totale di chi si ha davanti e di qualsiasi altra concezione del mondo .
. L'onorevole Albonetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00580, concernente iniziative a salvaguardia dei livelli occupazionali e per garantire la continuità produttiva dello stabilimento Omsa di Faenza (Ravenna) .
. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, insieme ad altri colleghi ho presentato questa interpellanza urgente per sottoporre all'attenzione del Governo la grave situazione in cui versano gli stabilimenti Omsa di Faenza e di Fermo, e in particolare la condizione dei 350 lavoratori della Omsa di Faenza (farei meglio a dire 350 lavoratrici, perché la quasi totalità sono donne) che sono in cassa integrazione ordinaria da un anno e per gli ultimi mesi a zero ore, cassa integrazione che scade il 16 marzo prossimo. La situazione è grave e la necessità di intervenire è urgente perché nei mesi scorsi, e ancora ieri, in un incontro tra la proprietà e i rappresentanti dei lavoratori che si è svolto a Faenza presso la sede di Confindustria, la proprietà ha comunicato l'intenzione di chiudere gli stabilimenti italiani dell'Omsa entro il 16 marzo. Anche per questa ragione i lavoratori e le lavoratrici stanno presidiando i cancelli dello stabilimento per impedire che vengano portati via i macchinari prima che una decisione ed un'intesa definitiva siano state raggiunte. Come lei capisce, signor sottosegretario, intorno a questa vertenza sta crescendo una forte tensione sociale che solo il senso di responsabilità che fino ad oggi hanno avuto sindacati, lavoratori e istituzioni sta tenendo su un terreno civile. Ciò che offende di più è che l'annunciata chiusura di questi stabilimenti non avviene a causa della crisi, ma cogliendo l'occasione della crisi. Non vi sono, infatti, ragioni particolarmente rilevanti legate all'andamento dei mercati e della produzione; i problemi che ci sono potrebbero essere affrontati, come è capitato in altre situazioni, con l'istituzione di un contratto di solidarietà dentro le aziende del gruppo. Non vi sono ragioni rilevanti che possano indurre a questa drastica decisione, ma più semplicemente la proprietà, il gruppo Golden lady, ha deciso di delocalizzare in Serbia le produzioni, per ragioni abbastanza ordinariamente comprensibili dal punto di vista del maggior profitto, trasferendo in questo modo fuori dai confini italiani e comunitari uno dei più classici prodotti del entrato nell'immaginario collettivo dei italiani grazie a decenni di pubblicità di molti, anzi direi, di molte dalle gemelle Kessler (che chi ha una certa età si ricorda) per arrivare fino a gentili ed autorevoli componenti del suo Governo che nella loro «prima vita» hanno prestato la loro avvenenza alla promozione delle calze Omsa. La risonanza che il marchio Omsa ha nell'opinione pubblica italiana e fra le consumatrici ha richiamato anche in questi giorni l'attenzione di popolari trasmissioni televisive. Sabato scorso è andato in onda a un servizio del Gabibbo che è venuto sul luogo e ciò ha contribuito a farne una grande questione nazionale, una questione simbolica del destino del . Come lei può ben comprendere, sottosegretario, si pongono due ordini di problemi sui quali sarebbe opportuno e urgente che il Governo facesse sentire la sua voce e mettesse in campo tutta la forza di cui può disporre unendosi alle iniziative delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni locali e regionali. Il primo ordine di problemi è quello relativo alla necessità di fare ogni sforzo per salvaguardare il punto produttivo e il lavoro delle persone coinvolte, in un momento nel quale il territorio - mi riferisco a quello faentino e romagnolo -, che pure è tradizionalmente uno dei più economicamente avanzati, ora si trova sotto i colpi della grave crisi che sta incidendo pesantemente su tutti i comparti produttivi che lo caratterizzano quali il tessile, appunto, la meccanica, la ceramica industriale e l'agro-alimentare. Vi sono in questo momento in quel territorio diverse migliaia di lavoratori e di lavoratrici che in questi mesi hanno perso il lavoro, e sono quindi disoccupati, o sono da tempo in cassa integrazione, senza sapere quando e come questa condizione potrà cessare e se, quando cesserà, si potrà riprendere un qualche tipo di lavoro. Dunque, il venir meno del lavoro, e quindi del reddito, di queste 350 donne andrà a riversarsi su situazioni familiari nelle quali spesso anche gli altri componenti sono in difficoltà, e sulla situazione economico-produttiva, nella quale è in questo momento assai difficile poter immaginare opportunità di lavoro alternative. Salvare il lavoro significa anche salvare la presenza dell'azienda a Faenza e in Italia. In particolare, a Faenza ha rappresentato per settant'anni una delle eccellenze dell'attività industriale: si tratta della prima grande azienda industriale insediata nel territorio nel lontano 1940, poco prima dell'entrata in guerra (fu inaugurata in pompa magna dall'allora Presidente del Consiglio, Benito Mussolini). Vengo al secondo ordine di problemi, e concludo, relativo alla necessità di salvare e di mantenere all'economia e all'industria nazionale il marchio Omsa. Se lei va sull' del sito dell'Omsa, leggerà in inglese «», cioè marchio italiano della calzetteria per le donne. Questo accattivante non potrà più essere utilizzato dal gruppo industriale, dato che la produzione si sposterà fuori dal territorio nazionale. Già oggi le leggi lo impediscono, ma ancor più domani, dopo che il Parlamento avrà definitivamente approvato la legge per la tutela del già approvata da questa Camera e ora in discussione al Senato; legge che, ricordo, ha raccolto l'unanime sostegno di tutte le forze politiche. Dunque, l'impegno che chiediamo al Governo su questa vicenda dell'Omsa riveste anche, come lei comprende, caratteri paradigmatici della strenua difesa del prodotto italiano di qualità e del suo buon nome nel mondo. In conclusione, onorevole sottosegretario, chiedo al Governo di assumere in fretta un'iniziativa forte e vigorosa, istituendo da subito un tavolo nazionale di confronto con le parti, come è già stato chiesto formalmente al Ministero dello sviluppo economico da parte della regione Emilia-Romagna, per consentire di affrontare autorevolmente le tre questioni fondamentali: la continuità produttiva degli stabilimenti Omsa, la salvaguardia dei livelli occupazionali e la difesa di un prodotto di qualità del . Come lei comprende, visto che la proprietà ha annunciato che procederà alla chiusura entro il 16 marzo prossimo e visto che il 4 febbraio è previsto un ulteriore incontro fra le parti, che rischia di essere, purtroppo, l'ultimo e quello definitivo, è assolutamente urgente che il Governo si muova nei prossimi giorni, per tentare la via di una soluzione positiva.
. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.
, Signor Presidente, con riferimento all'atto ispettivo dell'onorevole Albonetti, relativo allo stabilimento Omsa di Faenza, passo ad illustrare le informazioni acquisite presso i competenti uffici dell'amministrazione e quelle fornite dal Ministero dello sviluppo economico e dalla regione Emilia-Romagna. Mi sembra opportuno evidenziare, in premessa, che le situazioni più critiche del settore manifatturiero, della moda, dell'abbigliamento e del tessile, quali il rinnovo del distintivo, la riorganizzazione della produzione, il presidio dei mercati e il capitale professionale, hanno costituito oggetto di attenta analisi nell'ambito di diversi incontri tra le parti istituzionalmente interessate. Per quanto concerne la vicenda aziendale descritta nel presente atto, la medesima risulta connotata da situazioni di criticità riferibili alle contingenti situazioni di mercato e, più in generale, alla grave crisi che attraversa l'economia a livello mondiale. In particolare, nel corso del 2009 l'azienda in parola è stata interessata da una diminuzione della produzione pari al 18 per cento rispetto all'anno precedente; un ulteriore calo si è registrato a gennaio 2010. Ciò ha comportato il ricorso alla cassa integrazione ordinaria per circa 300 unità lavorative fino al 14 marzo 2010. Con riferimento, inoltre, alla dismissione dell'unità produttiva in parola, di cui si fa cenno nell'atto parlamentare, faccio presente che parte della produzione risulta già trasferita in Serbia, a fronte del crescente mercato rappresentato dai Paesi dell'est Europa, nonché dei minori costi affrontati dall'azienda attraverso tale delocalizzazione. Sono inoltre in grado di informare che nella giornata di ieri si è tenuto un incontro presso la sede dell'Associazione industriali di Faenza tra i vertici aziendali e le organizzazioni sindacali, nel corso del quale l'azienda ha ribadito la necessità, per ragioni inerenti la grave situazione di crisi innanzi descritta, di dismettere l'attività produttiva del sito di Faenza, con possibile ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria. Le organizzazioni sindacali hanno però avversato l'ipotesi della chiusura dello stabilimento, anche in considerazione della difficoltà di ricollocazione del personale di cui si tratta nell'ambito del tessuto produttivo faentino. Le parti hanno comunque fissato un nuovo incontro, previsto per il giorno 4 febbraio presso la medesima sede. Il Ministero dello sviluppo economico, interessato per i profili di competenza, ha comunicato che i propri uffici sono impegnati nel costante monitoraggio della situazione aziendale del Gruppo Omsa, con particolare riguardo allo stabilimento di Faenza, e che a breve sarà indetta una riunione al fine di discutere delle strategie del Gruppo in Italia e delle prospettive del sito di Faenza. In conclusione, nel fare presente che, ad oggi, le parti sociali non hanno richiesto alcun incontro per l'esame della situazione occupazionale presso gli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, né è pervenuta altra segnalazione al riguardo, non posso che ribadire la piena disponibilità dell'Esecutivo ad esaminare le situazioni di criticità venutesi a determinare al fine di individuare soluzioni in linea con la primaria esigenza di garantire i livelli occupazionali ed il che il Gruppo Omsa rappresenta.
. L'onorevole Albonetti ha facoltà di replicare.
. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta. Comprenderà che mi dichiaro non interamente soddisfatto Non è colpa sua: ha letto una risposta che gli hanno scritto gli uffici del Ministero che egli peraltro non rappresenta, è qui per sostituire qualcun altro; quindi non faccio carico a lui del giudizio che esprimo sulla risposta. Sono soddisfatto per l'impegno: se ho capito bene dal testo che è stato letto, vi è un impegno del Ministero dello sviluppo economico a dare vita, anche su questa vicenda, ad un tavolo nazionale fra le parti; questa era la richiesta sostanziale che noi avevamo posto nell'interpellanza urgente. Sono invece meno soddisfatto delle valutazioni, che capisco sono state tratte nelle ultime ore da alcune informazioni dei vari ministeri e di altri livelli istituzionali. Sottosegretario, come ho detto nella mia illustrazione, sappiamo anche noi quali sono i movimenti che ha in mente la proprietà rispetto a questa azienda e a questo marchio, sappiamo anche noi che vi sono state delle difficoltà contingenti legate alla crisi; ma la cosa che nessuno le ha detto è che l'azienda aveva annunziato la volontà di delocalizzare la produzione già tre anni fa, quando la crisi non era ancora cominciata. Questo le dimostra e significa per tutti noi che, se si trattasse soltanto di un calo della produzione del 18 per cento nello scorso anno ed all'inizio di quest'anno, la situazione si sarebbe potuta e si potrebbe affrontare - ed è quello che noi chiediamo - nell'ambito anche di misure straordinarie e di contratti di solidarietà all'interno del gruppo (che è un gruppo molto ampio, perché comprende molti marchi in Italia). Purtroppo però temo che la crisi e la contingenza vengano in questo caso utilizzate per ulteriormente motivare ed argomentare una decisione che era stata presa prima che la crisi emergesse e che è legata al fatto - come lei stesso ha detto - che vi è un interesse a spostare sui mercati dei Paesi dell'est la produzione per ragioni anche di costi. È il tema classico, sono le ragioni classiche della delocalizzazione delle aziende italiane, e non solo italiane, verso altri Paesi. La domanda che ponevo - ed a cui lei non poteva rispondere, ma cui neanche chi le ha scritto il testo ha risposto - è: che cosa fa il Governo per non limitarsi a prendere atto che questo succede? Che cosa facciamo per evitare che marchi importanti che appartengono alla storia dell'immaginario e dello stile italiano escano dai confini della nazione e della Comunità europea per andare ad essere prodotti altrove? Paradossalmente, non sono passati molti anni dal tempo in cui gli italiani andavano in quei Paesi carichi di calze Omsa per ragioni che non sto in questa sede a commentare, mentre oggi ci troveremmo probabilmente di fronte al fatto che quelle calze verranno prodotte invece in quei Paesi e probabilmente saranno poi importate qui da noi (e qualcuno tenterà anche di spacciarle nei mercati internazionali come . Tutto questo mi fa pensare e mi fa dire che, nel momento in cui - e mi auguro che sia fra poche ore, perché abbiamo poco tempo - il Governo (il Ministero dello sviluppo economico, ma anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) darà luogo a questo tavolo di confronto con la proprietà, con le rappresentanze dei lavoratori e con le istituzioni regionali e locali, spero che questo insieme di argomentazioni (perché non siamo di fronte ad un'azienda qualunque) possa aiutare il Governo e tutti noi a far sì che si possa impedire, suggerendo anche soluzioni che possano affrontare il tema della contingenza e della crisi, che l'Italia venga deprivata ulteriormente di un altro suo di un altro suo marchio che ne ha illustrato l'eccellenza nel mondo.
. L'onorevole Zazzera ha facoltà di illustrare l'interpellanza Donadi n. 2-00561, concernente ipotesi di costruzione di una raffineria nel territorio pugliese di cui è cofirmatario.
. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.
, . Signor Presidente, in risposta all'interrogazione presentata dagli onorevoli Donadi e Zazzera riguardante l'istanza per il permesso di ricerca idrocarburi al largo delle coste pugliesi presentata dalla Società Northern Petroleum, si rappresenta quanto segue. La zona al largo della costa pugliese risulta effettivamente interessata da una domanda di permesso di ricerca di idrocarburi, denominata «d149 DR-NP», presentata dalla società Northern Petroleum. Prima dell'eventuale conferimento, le istanze di cui trattasi vengono sottoposte all'esame della Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie, organo consultivo della Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello sviluppo economico, e a quello del Ministero dell'ambiente, cui è demandata la verifica di compatibilità ambientale. Pertanto, la citata istanza, presentata il 1o settembre 2006, è stata sottoposta all'esame del Comitato tecnico per gli idrocarburi e la geotermia (ora CIRM), che, dopo aver espresso, nella seduta dell' 11 aprile 2007, il parere favorevole, il successivo 7 agosto ha invitato la società istante a presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tutta la documentazione necessaria per la pronuncia di compatibilità ambientale. Da qui, la società di cui trattasi, l'8 settembre 2008, in vigenza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008, ha presentato l'istanza di valutazione di impatto ambientale. La comunicazione dell'esito positivo della verifica tecnico- amministrativa per la procedibilità dell'istanza e del conseguente avvio del procedimento è stata comunicata alle amministrazioni interessate, tra cui la regione Puglia, con nota del 29 dicembre 2008. In tale nota si invitavano le amministrazioni interessate a rendere i propri pareri, ai sensi del citato articolo 25 di cui al decreto legislativo citato, entro i termini nello stesso indicati. Non essendo pervenuto il parere della regione Puglia, nonostante fossero trascorsi oltre dodici mesi dalla presentazione dell'istanza, si è ritenuto di non poter più procrastinare l'espressione del parere di compatibilità ambientale e si è provveduto, con decreto n. 2009/1349, del 15 ottobre 2009, a formalizzare le proprie decisioni, rendendo parere favorevole di compatibilità ambientale, con prescrizioni. Il 2 novembre 2009 si è provveduto a notificare il decreto di cui trattasi alle amministrazioni interessate, tra le quali la regione Puglia-ufficio VIA, alla quale era dato compito, come chiaramente indicato nell'ultima pagina del decreto stesso: «di comunicare il presente decreto alle altre amministrazioni e/o organismi eventualmente interessati». Si è ritenuto, dunque, di delegare alla regione Puglia il compito di individuare sul proprio territorio quelle amministrazioni e/o organismi aventi un interesse all'intervento in oggetto. Riguardo alla mancata pubblicazione sulla si rappresenta che si è provveduto, con nota del 4 novembre 2009, a trasmettere un estratto del decreto di VIA al Ministero della giustizia, ufficio pubblicazioni per gli adempimenti di legge. Quanto al fatto che la pubblicazione dell'annuncio relativo alla domanda di pronuncia di compatibilità ambientale e al conseguente deposito del progetto e dello studio di impatto ambientale sia avvenuta in data 10 settembre 2008 sui quotidiani e ritenuti dagli interroganti a bassissima tiratura, non rileva ai fini della ammissibilità dell'istanza, non prevedendo la norma alcuna limitazione in tal senso e tali testate sono frequentemente utilizzate anche da altri operatori a tal fine. Giova ricordare che, per il progetto di cui trattasi, la compatibilità ambientale favorevole riguarda la sola fase di prospezione geofisica con e geofoni, la quale non prevede la realizzazione di alcuna opera, ma solo l'acquisizione di linee sismiche con apposite navi, e non la perforazione del pozzo esplorativo, attività per la quale, come chiaramente indicato nella prescrizione A4, dovrà essere presentata una nuova istanza di VIA. Le preoccupazioni espresse dagli interroganti in merito al possibile sversamento in mare di idrocarburi o allo smaltimento di fluidi e dei fanghi di perforazione, sono quindi nella fattispecie premature; tali tipi di impatti saranno oggetto di un'attenta analisi da parte della commissione tecnica VIA-VAS nel momento in cui verrà presentata una nuova istanza di VIA per la perforazione del pozzo esplorativo. In linea del tutto generale, si rappresenta, comunque, che è prassi consolidata da parte delle società petrolifere l'adozione di misure atte a minimizzare tale tipo di rischi, in particolare per i fanghi di perforazione che sono trasportati a terra e smaltiti a norma di legge.
. L'onorevole Zazzera ha facoltà di replicare.
. Signor Presidente, ovviamente non sono soddisfatto della risposta del sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca, pur manifestando ovviamente la mia stima e il mio apprezzamento per l'onorevole Pizza. Ma su un tema così delicato che riguarda la salute del territorio e quella dei cittadini e in merito ad aspetti che vengono confermati passo passo dalla risposta del Governo mi sarei aspettato la presenza del Ministero competente. È come se un paziente rivolgesse il suo consulto medico ad un ingegnere. Probabilmente ciò non favorirà i cittadini che in quel territorio stanno vivendo con grande disagio quanto sta accadendo. Ella, onorevole Pizza, mi ha riferito quello che non dipende certamente dalla sua volontà, ma che certamente le ha scritto il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; siccome parliamo di multinazionali del petrolio, di un pezzo importante del nostro territorio, che fa del turismo e dell'economia pulita, delle energie rinnovabili un esempio in Italia e forse in Europa, credo che occorra una riflessione sui motivi per i quali ben diciannove richieste di prospezioni sismiche da parte di tali multinazionali (non solo inglesi come la Northern Petroleum, ma anche altre) stanno riguardando l'Adriatico e una parte del territorio italiano tra i più belli e i più da preservare. Allora, le descrivo il sentimento dei pugliesi in questo momento. Signor sottosegretario, la mia regione, la Puglia, è una delle più inquinate d'Italia per emissioni di sostanze tossiche nell'aria. Nella mia regione, la Puglia, si muore di tumore ai polmoni, alla vescica, di leucemia per l'emissione di diossina, amianto e polveri sottili. In Puglia si sono ricoverati per tumore, dal 2001 al 2005, 313.718 persone e dal 2006 i ricoveri ogni anno sono di 60 mila persone. Dal 1998 al 2004 sono morti 62.205 pazienti e il tasso di mortalità è passato da 2,13 ogni 10 mila abitanti nel 1998 a 23,2 ogni 10 mila nel 2004. Nella mia regione, la Puglia, c'è Taranto dove viene emesso nell'aria il 92 per cento di diossina e furani prodotti in Italia, il 57,2 per cento del mercurio nell'aria, il 34,3 per cento del mercurio nell'acqua e il 95,8 per cento di idrocarburi policiclici aromatici. Lei sa che la diossina è cancerogena. Nella mia ragione, la Puglia, c'è l'ILVA, un'azienda che ha portato certamente lavoro, ma anche tanta morte e malattia; un mostro industriale che ha violato continuamente la legge, violentato il territorio e contaminato la salute dei cittadini. Nella mia regione, la Puglia, un bambino tarantino di tredici anni può morire per un tumore alla gola come se fumasse da settanta anni. Nella mia regione c'è, a Brindisi, l'ENEL dove 12 milioni di tonnellate di carbone vengono portati su nastri trasportatori non protetti. Nella mia regione avete deciso di installare il rigassificatore. Nella mia regione, la Puglia, c'è la raffineria dell'ENI che oggi ha chiesto e ottenuto il raddoppio. Nella mia regione, la Puglia, ci sono centrali a biomassa, inceneritori, a Modugno una centrale turbogas. Nella mia regione, la Puglia, ci sono discariche tra gli ulivi secolari sopra un sito archeologico neolitico a Grottelline e persino su una fonte di acqua potabile, come a Corigliano d'Otranto. Nella mia regione, la Puglia, il vostro Governo ha deciso di impiantare centrali nucleari. Nella mia regione, la Puglia, la Copersalento ha bruciato a Maglie rifiuti e contaminato con la diossina tutto, anche l'anima delle persone, e nessuno ha controllato nulla. Nella mia regione, la Puglia, sette capodogli possono morire spiaggiati di fronte al Gargano e lo fanno perché - dicono - hanno ingoiato buste di plastica scambiate per calamari. Sembra una barzelletta, sottosegretario, ma non è così. Sempre nella mia regione, la Puglia, il vostro Ministero il 15 ottobre del 2009 ha dato parere favorevole alla richiesta della Northern Petroleum, una multinazionale inglese di fare prospezioni sismiche per ricercare idrocarburi, cioè petrolio, nel Mare Adriatico. Il permesso di ricerca di cui parliamo è il d 149 D.R.-N.P, il primo in cui casualmente ci siamo imbattuti e poi, come una valanga, abbiamo scoperto altri diciotto permessi di ricerca di idrocarburi concessi tra il Mare Adriatico (sette) e il Mar Ionio (dodici), tra le Tremiti e il Mar Ionio. A questo punto sono andato a cercare sul sito del Ministero dello sviluppo economico, quello di Scajola, le centrali nucleari, ho cliccato sulla pagina dell'unità mineraria e mi sono accorto che avete deciso di «petrolizzare» quel pezzo di Adriatico, di trasformarlo in una sorta di Kuwait galleggiante, di avviare una massiccia campagna di prospezioni sismiche e ricerche di idrocarburi per eventualmente metterci su una serie di piattaforme petrolifere perché il rischio è questo: è vero che oggi non c'è materialmente questa possibilità ma con i tempi delle procedure in cinque anni questo sarà possibile. Magari, siccome ci sono le piattaforme petrolifere, quel petrolio da qualche parte dovrà essere stoccato e raffinato e, quindi, siccome su questo non mi ha risposto, credo che non possa neppure escludere che, presenti le piattaforme petrolifere, ci possa essere domani su quelle coste anche una raffineria. D'altronde in Abruzzo questo è già successo, basta vedere la raffineria dell'API a Falconara Marittima. Sono diciannove i titoli minerari, che sembra una definizione innocua, un titolo per collezionare pietre e invece no, parliamo della più grande colonizzazione petrolifera del tratto di mare ancora libero dagli interessi delle multinazionali. Infatti, nel basso Adriatico stanno arrivando come avvoltoi, mica solo la Northern Petroleum, sottosegretario, ci sono anche la Petroceltic irlandese, l'ENI, la Nautical Petroleum della Transunion Italia e c'è la Shell. Certo, parliamo ancora di titoli minerari ovvero di acquisizioni di un titolo in quell'area: la multinazionale ci può fare anche ricerche, si dice. Queste ricerche sono le prospezioni ovvero la mappatura del fondale marino che tuttavia non è indenne da impatto ambientale, voglio ricordare. E voglio ricordare lo spiaggiamento dei capodogli tra le cui cause, più che le buste scambiate per calamari, ci potrebbero essere proprio i dei cosiddetti : loro sparano cannonate ad aria compressa e le onde sonore, gli ultrasuoni possono determinare il disorientamento dei cetacei. Questo passaggio, pur con un impatto ambientale non di poco conto, è passato nel silenzio dell'autorità e dei cittadini. Quello che racconto oggi è che il Governo del mio Paese concede titoli minerari, autorizza con pareri del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'avvio di prospezioni sismiche ed il territorio non ne sa nulla, i cittadini sono all'oscuro. Apprendo oggi che almeno sappiamo che il 2 novembre, credo, è stato comunicato alla regione che il vostro ed il nostro territorio era interessato da queste situazioni. Ne è all'oscuro perfino l'amministrazione comunale, che ovviamente non è interessata dal procedimento autorizzativo, ma io credo che quando si interviene in vicende così importanti più informazione si fa più si coinvolgono e si rendono partecipi di processi così delicati gli enti locali, gli enti territoriali. Di fronte alla costa di Monopoli, nel tratto tra Mola di Bari e Ostuni, vi sono ben sei prospezioni, tutte l'una accanto all'altra, anche questo vorrei che si considerasse, per un'estensione ciascuna di 750 chilometri quadrati. Se il signor sottosegretario moltiplica per 6, ottiene una superficie immensa, dove potranno fare quello che vogliono. Insomma, domani di fronte alla Puglia vi potrebbero essere decine di piattaforme petrolifere, una sorta di Nigeria in miniatura, e multinazionali del petrolio che fanno affari all'insaputa di tutti noi. Non so se la Northern Petroleum ha violato la normativa autorizzativa, anche questo sarà oggetto di un ricorso al TAR, che hanno presentato la regione e i cittadini pugliesi. Ma le sembra normale dover informare i pugliesi attraverso un giornale che viene distribuito e scritto in Lombardia e che in Puglia non trova alcuna diffusione? Le sembra normale che si dia a il compito di informare, sapendo che perfino la federazione nazionale della stampa non lo considera un giornale di portata nazionale? Sarebbe stato sufficiente pubblicare quella comunicazione su che è il giornale più letto nella nostra regione. La multinazionale inglese Northern Petroleum arriva in Italia con i tappeti rossi, paga poche tasse. Lo dicono loro nella consulenza: paga pochissime tasse e cede bassissime perché il vostro è un Governo che ha deciso di non aumentare quelle che nel mare sono appena del 3 per cento per le piattaforme petrolifere. Insomma, questa è la volontà omicida che intende distruggere una delle parti più di pregio ambientale. È talmente folle che è incomprensibile, perché ha concesso titoli minerari davanti alle Tremiti, davanti perfino ad Otranto. La Petroceltic, società irlandese, dice che l'Italia è un buon posto dove fare : le condizioni fiscali sono favorevoli, i costi di estrazione bassi, non vi sono rischi politici, le infrastrutture sono sviluppate, la competizione è limitata ed i produttori possono beneficiare di prezzi elevati per quanto riguarda olio e gas. Questa come la chiama, signor sottosegretario? Non è colonizzazione economica del nostro territorio? Alcune di queste autorizzazioni - che non sono citate nell'interpellanza urgente, ma gliele dico tanto perché si informi - la D60, la D61, la D65, la D66 sono tutte in un'area ristretta. La D71 e la D72 si trovano di fronte ad una delle parti più belle della Puglia, a poche miglia da Otranto, a poche miglia da Melendugno, zone assaltate dal turismo. Qualcuno mi vuole spiegare come si può conciliare la bellezza delle coste salentine con le piattaforme petrolifere? Queste autorizzazioni spuntano come funghi e forse ne spunteranno altre, signor sottosegretario. Il Governo infatti, invece di venire incontro alle esigenze ambientali, invece di sentire le opinioni dei cittadini e delle istituzioni locali - quel federalismo che a chiacchiere invocate - se ne infischia. Avete fatto approvare una legge - lo voglio ricordare: è la legge n. 99 del 2009 - in cui riducete perfino i tempi autorizzativi, che è uno dei problemi, perché un conto è dare i titoli minerari, un conto è fare le prospezioni sismiche. Oggi, invece, chi entra in possesso dei titoli minerari può già eseguire le prospezioni sismiche, certamente, facilitando non gli interessi del territorio, non gli interessi di chi ci vive, ma solo gli interessi delle multinazionali petrolifere. Tali concessioni, di fatto, non sono più titoli minerari. Non solo. Signor sottosegretario, le ricordo, che è vero che la regione Puglia è stata informata con missiva da parte dell'ufficio tecnico per la valutazione di impatto ambientale (VIA), ma bisogna dirla tutta. Nel comitato tecnico VIA del Ministero dell'ambiente, la regione Puglia non è presente: in quell'occasione, non avete nominato un suo tecnico. Quindi, la nostra regione non ha avuto alcun rappresentante che potesse difendere gli interessi territoriali di fronte agli interessi petroliferi. Signor sottosegretario, quando inizierà l'estrazione di petrolio, si verificherà - perché già è accaduto in Abruzzo e altrove - l'azzeramento dell'attività della marineria, e la zona di cui stiamo parlando vive di pesca. Di fronte alla presenza di piattaforme petrolifere - come riportano i dati pubblicati su tutte le riviste specializzate - vi è un'alta incidenza di incidenti, anche gravi, e di sversamenti di idrocarburi. Voglio ricordarle, non da parlamentare, ma da medico, che gli idrocarburi sono cancerogeni, che entrano nel ciclo alimentare e che possono inquinare le coste, arrecando, quindi, molti danni. Oggi, quel gioco non vale la candela: per qualche decina di posti di lavoro in più, rischiamo, invece, di perdere un indotto di migliaia di posti di lavoro: sfido, infatti, a trovare chi verrebbe sulle nostre spiagge, se di fronte si vedesse la fiamma di una piattaforma petrolifera. È una questione di modello di sviluppo che volete proporre. Non volete un modello di economia che si basi sulle energie rinnovabili, sulla e sull'economia pulita. Volete un'economia dei petrolieri, un'economia del nucleare, volete ancora tentare, come se nulla stesse accadendo, in un'area - quella dell'Adriatico - che, insieme al Mediterraneo, risulta essere il mare più inquinato al mondo di idrocarburi. Il 10 per cento dell'inquinamento da idrocarburi è dovuto a piattaforme estrattive. Perché farlo in quell'area? Perché continuare a stressare una regione già stressata? Mi rivolgo al Ministro Prestigiacomo il cui papà, tra l'altro, detiene azioni societarie in società petrolifere: parliamo, quindi, anche di un interessante conflitto di interessi, e ci auguriamo che tutto si svolga in buona fede e che venga rispettato l'interesse del territorio. È noto da tempo che, nell'area che si trova dalla parte dell'Adriatico, vi sono residuati bellici. Siamo ancora alle prospezioni sismiche, ma se domani vi saranno le trivellazioni, valutate che, in quell'area, sono seppelliti residuati bellici della Seconda guerra mondiale e bombe all'iprite, che non sono state estratte dai fondali marini; che nelle aree dell'Adriatico sono state fatte affondare navi contenenti rifiuti radioattivi - come pubblicato da giornali autorevoli come - e che nell'area dell'Adriatico, durante la guerra del Kosovo, sono stati riversati in mare proiettili all'uranio impoverito. Si valuti tutto ciò quando si fanno scelte di questo tipo. Le ho raccontato quello che è il sentimento dei pugliesi, il sentimento di un territorio che non vuole essere più sfruttato e che vuole innanzitutto salvaguardare la propria salute, l'integrità dei propri cittadini, del proprio territorio e delle proprie bellezze, perché per noi il petrolio non è quello che si estrae dall'Adriatico - che, tra le altre cose, è di pessima qualità - ma il nostro petrolio sono le nostre ricchezze archeologiche, gli ulivi, la sabbia, il vento, il mare e il sole. Signor sottosegretario, sabato 23 saremo nelle strade di Monopoli, che è la città maggiormente interessata da questo provvedimento; saremo in piazza anche con il sindaco, che ha lo stesso colore del suo Governo, a protestare contro le scelte di questo Governo che vuole uccidere le bellezze del nostro territorio e della Puglia.
. L'onorevole Peluffo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00579, concernente iniziative in merito al piano industriale Italtel e intendimenti del Governo in ordine all'incremento della copertura finanziaria dei contratti di solidarietà e allo sviluppo della banda larga. .
. Signor Presidente, signor sottosegretario, il gruppo Italtel è un attore di primo piano nel mercato delle telecomunicazioni. La sua tecnologica consente all'azienda di progettare le comunicazioni del futuro e di definire nuovi standard di efficienza. Italtel progetta, sviluppa e realizza soluzioni per reti e servizi di telecomunicazione di nuova generazione basati sul protocollo IP, completati da servizi professionali di supporto all'operatività delle reti; offre soluzioni e prodotti proprietari di una spiccata capacità di integrare tecnologie di terze parti; offre, inoltre, servizi professionali di supporto all'operatività delle reti. Il gruppo Italtel ha chiuso l'esercizio 2008 con un fatturato consolidato pari a 407,8 milioni di euro. Il fatturato estero ammonta a 124,6 milioni di euro e gli investimenti in sviluppo e innovazione sono stati pari a 104,9 milioni di euro. Per quanto riguarda i punti di forza, Italtel detiene circa il 74 per cento dell'installato della rete fissa Telecom in Italia; ha realizzato la rete interdistrettuale di Telecom e la rete Fastweb in standard IP; inoltre, ha sviluppato una tecnologia all'avanguardia, per il passaggio rapido dalle reti tradizionali di fonia a quelle nuove che possono veicolare contemporaneamente le telefonate Internet e la televisione. Oltre al mercato italiano, Italtel è presente in Spagna, in America latina (in particolare Brasile e Argentina) e in nuovi mercati con clienti importanti, come France Telecom, Cegetel, Belgacom, Cable e Wireless, in Grecia con Tellas e On Telecom, Vodafone Romania e oggi sta puntando su Algeria e Libia. Al 31 dicembre 2009 il numero di dipendenti è di 1430 a Castelletto di Settimo Milanese, in provincia di Milano, di 225 a Carini, in provincia di Palermo, e di 214 a Spinaceto, in provincia di Roma. Nelle sedi estere sono presenti un centinaio di persone, quindi in totale i dipendenti Italtel sono 1970, di cui circa cento sono dirigenti e 1050 sono ricercatori, 830 a Castelletto, 170 a Carini e una cinquantina a Roma. Dallo scorso anno la vicenda di questa azienda storica del settore delle telecomunicazioni nel nostro Paese, poiché è stata fondata nel 1921, è diventata particolarmente tribolata. Il 24 marzo 2009, durante un incontro tenutosi in Assolombarda con FIM, FIOM, UILM nazionali e il coordinamento nazionale delle rappresentanze sindacali del gruppo Italtel, l'amministratore delegato di Italtel dichiarò, al termine dell'esposizione del piano strategico 2009-2011, che Italtel doveva ridurre il proprio organico di 450 persone nel biennio 2009-2010. In quell'occasione, l'amministratore delegato attestò che Italtel è un'azienda sovradimensionata rispetto al fatturato realizzato nel 2008 e che pertanto tale dolorosa riduzione del personale risultava necessaria. In particolare, l'amministratore delegato asserì che, nonostante la leggera crescita del fatturato nei primi mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008, per la sopravvivenza dell'azienda era necessario aumentare il fatturato, ma soprattutto l'efficienza, procedendo al taglio dei costi e in primo luogo dell'organico e che, a tal fine, risultava doverosa la riduzione dei dirigenti, del personale impegnato all'estero, la non sostituzione del personale dimissionario e la non riconferma di tutti i contratti a termine. Signor Presidente, in qualche modo la situazione dell'azienda non era del tutto sconosciuta a questo ramo del Parlamento. Infatti, in data 16 marzo 2009 l'onorevole Valducci, nostro collega e presidente della IX Commissione, visitava l'azienda e il comunicato ufficiale, su carta intestata di Italtel, riferiva che l'onorevole Valducci ha visitato i laboratori di ricerca e che - leggo da quel comunicato - nel corso dell'incontro Umberto De Julio, amministratore delegato di Italtel, ha tra l'altro illustrato le linee guida del piano industriale con il quale l'azienda conta di posizionarsi come di riferimento per operatori e imprese per realizzazioni e soluzioni per reti di nuova generazione, cioè lo stesso piano industriale presentato qualche giorno dopo, il 24 marzo in Assolombarda, cui facevo riferimento prima. La dichiarazione riportata dall'onorevole Valducci riferisce testualmente che «lo sviluppo di un sistema nazionale di comunicazione a larga banda è una degli ineludibili traguardi per la crescita del nostro Paese. Italtel» - ha sottolineato Valducci - «è stata protagonista dell'innovazione tecnologica delle reti Telecom nazionali e, credo, potrà essere uno degli attori del grande progetto di sviluppo della larga banda». Anche il Governo, signor rappresentante del Governo, era messo a parte della situazione. Infatti, è del 21 maggio l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01443 che ho depositato insieme al collega Lulli e che ancora attende malinconicamente una risposta. Come vede, l'opposizione ha attivato da subito tutti gli strumenti di sindacato ispettivo a propria disposizione ed è sui tempi di risposta del Governo che continuiamo a scontare ritardi inaccettabili. Ciò vale sia per questa interrogazione sia per le tante altre che non hanno ancora ricevuto una risposta. Tuttavia, tornando all'Italtel, ad oggi 1.400 persone in tutto il gruppo sono in contratto di solidarietà per un anno e mezzo, cioè da luglio dello scorso anno a tutto dicembre di quest'anno, lavorando mezza giornata in meno alla settimana per ridurre gli eccedenti, impedendo così il licenziamento di un centinaio di lavoratori. Tuttavia, entro la fine del 2010 circa 150 persone andranno, comunque, in mobilità. Il Governo, a fronte di quanto promesso a luglio del 2009, avrebbe dovuto emanare il decreto attuativo per l'aumento della copertura economica dal 60 all'80 per cento per coloro che stanno facendo i contratti di solidarietà e, segnalo di nuovo, che l'atto è ancora rimasto incompiuto. Nel frattempo, la situazione è ulteriormente precipitata. Infatti, l'8 gennaio di quest'anno l'amministratore delegato di Italtel ha annunciato 400 nuovi esuberi per effetto dei tagli sul fatturato di decine di milioni di euro da parte di Telecom. Sommandosi ai 450 del biennio 2009-2010 di cui prima, gli esuberi sono circa 850. All'interno dei nuovi esuberi si prevede anche la possibilità, come riferiscono fonti sindacali, della chiusura di una sede periferica tra Carini e Spinaceto, preoccupazione trasmessa dai lavoratori anche durante l'incontro di una delegazione parlamentare del Partito Democratico a cui hanno partecipato, tra l'altro, gli onorevoli Gatti, Damiano e Madia. Nei prossimi giorni l'amministratore delegato di Italtel presenterà un nuovo piano industriale al consiglio d'amministrazione in quanto quello presentato nel 2009 è ormai superato. Da questo quadro emerge la pressante richiesta da parte sindacale di un incontro urgente con il Ministero dello sviluppo economico, che anche noi sollecitiamo. Per le stesse fondate preoccupazioni circa il futuro strategico dell'azienda, chiediamo al Governo quali urgenti iniziative intenda intraprendere affinché vengano attivati tutti gli strumenti necessari al fine di evitare ogni ipotesi di taglio dell'organico dell'Italtel. Infine, vi è una questione più complessiva che attiene alle scelte di politica industriale che intende operare il Governo nel settore delle telecomunicazioni e dell'ICT. Secondo notizie di stampa, il Ministro Scajola, nel corso dell'ultimo CIPE del 2009, ha consegnato al Presidente del Consiglio un appunto per chiedere l'avvio di alcuni progetti per la banda larga, per i quali sono già state definite le risorse e - cito testualmente - si tratta di «misure che attuate consentirebbero di dare risposta anticiclica a molte crisi in atto potendo così difendere e creare complessivamente oltre sessantamila posti di lavoro». Voglio segnalare che i fondi previsti dal precedente Governo, per l'implementazione della banda larga, non sono mai stati stanziati e anche la volontà del Governo di fare di questo una priorità non traspare in maniera univoca né dagli atti, visto che non sono stati stanziati quei fondi, né dalle dichiarazioni. A quest'ultimo riguardo ho citato fonti di stampa rispetto a dichiarazioni del Ministro Scajola, però le voglio segnalare anche un articolo de del 25 novembre 2009 in cui il Viceministro Romani - «Sprint del Governo sul digitale» è il titolo - ipotizza un anticipo dello al 2011 e il Viceministro afferma, rivolto anche all'Unione europea: prima la transizione al digitale, poi la banda larga . Quindi o è una priorità la banda larga, come dice Scajola, e allora sbloccate i fondi, oppure non lo è, come dice Romani. Per questo, e concludo, interpelliamo il Governo su quali siano le iniziative che intende mettere in atto affinché si dia avvio a quei cantieri per la banda larga che potrebbero sbloccare molte situazioni di difficoltà e quali risorse intenda impegnare nei prossimi anni.
. Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.
, Italtel è un'azienda operante nel settore delle telecomunicazioni che sviluppa e installa soluzioni per reti integrate multiservizio di nuova generazione accompagnate da un'ampia gamma di servizi a supporto del delle reti. La direzione generale e le sedi commerciali di Italtel sono localizzate a Settimo Milanese e Roma, mentre l'insediamento di Carini e parte dell'area di Settimo Milanese costituiscono il cuore della ricerca. Il gruppo occupa oggi circa 2.000 addetti. Oltre a essere leader nel mercato italiano ha una forte presenza anche all'estero: Francia, Belgio, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Grecia, Polonia, Russia, Emirati Arabi Uniti e in America Latina, Argentina, Brasile, Colombia e Guatemala. Il Ministero dello sviluppo economico sta seguendo con molta attenzione le vicende che interessano Italtel vista l'importanza che la stessa rappresenta sia dal punto di vista occupazionale, sia nell'ambito del settore delle telecomunicazioni di cui è rimasto l'unico importante in grado di sviluppare prodotti innovativi. In questo ultimo periodo, come illustrato dagli onorevoli interpellanti, la società ha subito le conseguenze del ridimensionamento degli investimenti programmati da Telecom Italia (che con il 19 per cento è azionista dell'azienda) con il conseguente peggioramento del conto economico. Il Ministero dello sviluppo economico ha, quindi, aperto un tavolo di confronto con l'azienda e le parti sociali già dallo scorso aprile; in quella occasione fu illustrato un piano industriale che, pur prevedendo circa 400 esuberi, sembrava in grado di garantire una stabilità attraverso una diversificazione delle aree di che avrebbe potuto inserire Italtel nel campo della consulenza tecnologica di altissimo livello. Le difficoltà di mercato e la contrazione degli investimenti del settore delle telecomunicazioni hanno impedito la realizzazione del piano, determinando un aggravamento della situazione economica e finanziaria. Desta particolare preoccupazione l'incertezza sulla necessaria ricapitalizzazione della società poiché l'azionista di maggioranza, che è un fondo americano, non intende partecipare al suddetto aumento di capitale. Nei giorni scorsi l'azienda ha comunicato che ritiene necessaria una ulteriore riduzione di 400 unità e la chiusura di una delle tre unità in cui opera nel nostro Paese (Milano, Roma e Carini). Il Ministero dello sviluppo economico ha già convocato per la prima settimana di febbraio il tavolo di confronto per discutere tali criticità. Si evidenzia, inoltre, che il Governo sta agendo sia sul versante della tutela del reddito dei lavoratori coinvolti, sia nella individuazione di nuovi indirizzi di politica industriale che possano consentire ad Italtel di continuare ad essere un punto di riferimento italiano per l'industria delle telecomunicazioni. Il contemporaneo disimpegno di altre imprese multinazionali, infatti (ricordiamo Nokia Siemens, Alcatel, Nortel e così via), potrebbe trasformare il nostro Paese in un mercato di prodotti sviluppati all'estero. Un contributo per scongiurare tale rischio potrà venire dallo sviluppo del progetto banda larga che sicuramente metterà in moto investimenti la cui ricaduta potrà essere funzionale al consolidamento dell'industria nazionale delle telecomunicazioni. Si segnala, al riguardo, che il Ministero dello sviluppo economico sta operando per il completamento del piano nazionale sulla banda larga, messo a punto per azzerare il divario digitale italiano. Sebbene in attesa delle delibere CIPE per uno stanziamento finale di 800 milioni di euro, si evidenzia che oltre 500 cantieri sono stati avviati, impegnando e assegnando con gara nel corso del 2009 oltre 130 milioni di euro e prevedendo di impegnare nel 2010 ulteriori 200 milioni di euro (tra fondi del dipartimento per le comunicazioni e risorse regionali). Si sta procedendo molto rapidamente perché il piano è ambizioso e il suo completamento comporterà l'apertura di 33 mila cantieri, coinvolgendo, sino al 2012, 50 mila persone. In merito, infine, all'aumento della copertura economica dal 60 all'80 per cento del trattamento salariale di coloro che fruiscono dei contratti di solidarietà, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha comunicato che il decreto interministeriale che ne dispone le modalità di attuazione ha terminato il suo iter amministrativo e il controllo della Corte dei Conti articolo 3 della legge n. 20 del 1994, ed è stato inviato per la pubblicazione in il 19 ultimo scorso.
. L'onorevole Peluffo ha facoltà di replicare.
. Signor Presidente, intendo motivare, seppure brevemente, le ragioni di insoddisfazione per la risposta predisposta dagli uffici del Ministero dello sviluppo economico e così gentilmente letta dal sottosegretario Pizza. Innanzitutto, voglio dire che mi rendo conto che ci sono, almeno credo, circa 200 crisi aziendali che sollecitano un intervento e l'attenzione del Ministero dello sviluppo economico, ma proprio per questo penso che da parte dello stesso Dicastero dovrebbe esserci uno sforzo maggiore in termini di una proposta di politica industriale da parte di questo Governo e di indicazione non solo su come affrontare queste crisi, ma anche su come cercare di uscire da quella attuale, e secondo quali priorità. Credo che tra l'altro questo sarebbe un terreno di confronto su cui davvero sollecitare e coinvolgere tutte le parti presenti nel Parlamento. Si tratterebbe di un dibattito vero che ha a che fare con quanto accade nel Paese, ma che può nascere soltanto nel momento in cui il Governo decide di indicare quale strada intende intraprendere. In termini generali, per quanto riguarda le politiche industriali, mi consenta di riferirmi, nello specifico, al settore delle telecomunicazioni e dell'ICT. Infatti, se io penso anche solo al territorio che conosco meglio, quello della provincia di Milano, mi vengono in mente alcuni nomi: l'Italtel, di cui è oggetto l'interpellanza urgente che abbiamo presentato, Nokia-Siemens, Eutelia-Agile. Si tratta di tre aziende in questo comparto che dimostrano difficoltà; tre storie diverse che raccontano la difficoltà e l'esigenza di un indirizzo di marcia certo da parte del Governo. Peraltro, anche queste sono oggetto di tre interrogazioni in attesa di risposta. Il settore delle telecomunicazioni è un strategico per il nostro Paese. Continua a rimanere inevasa la domanda su che cosa fare e quali sono le priorità, all'interno della quale indubbiamente la banda larga costituisce per il nostro Paese un'opportunità da non mancare. Per questo sollecitavamo la posizione del Governo. Ho avuto modo di citare due esponenti diversi: Ministro e Viceministro che hanno detto sulla stampa cose diverse rispetto alla tempistica degli investimenti sulla banda larga. Quindi, innanzitutto occorre capire qual è la posizione, se essa costituisce o meno una priorità per il Governo e gli atti conseguenti, ovvero lo sblocco dei fondi per far partire i cantieri della banda larga. Infine, sugli esuberi, che sono strettamente collegati alle prospettive aziendali, confermiamo tutta la nostra preoccupazione. Prendiamo atto del fatto che il decreto verrà pubblicato in da qui a pochi giorni e, riconfermando - come dicevo - la preoccupazione, rimaniamo in attesa dell'incontro del 1o febbraio, del tavolo di confronto con i sindacati.
. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.