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Lunedì 26 Novembre 2012 ore 14:00
Seduta di assemblea numero 723 della XVI legislatura
Resoconto stenografico
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Seduta di assemblea numero 723 della XVI legislatura del 26/11/2012
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- Lettura Verbale
- Missioni
- Progetti di legge: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali - (A.C. 2519-3184-3247-3516-3915-4007-4054-B) (Discussione del testo unificato)
- MUSSOLINI e CARLUCCI; BINDI ed altri; PALOMBA e BORGHESI; CAPANO e FERRANTI; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; BINETTI ed altri; BRUGGER e ZELLER: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali (Approvati, in un testo unificato, dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 2519-3184-3247-3516-3915-4007-4054-B)
- Introduzione
- Discussione sulle linee generali - A.C. 2519-3184-3247-3516-3915-4007-4054-B
- Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2519-B ed abbinati
- MUSSOLINI e CARLUCCI; BINDI ed altri; PALOMBA e BORGHESI; CAPANO e FERRANTI; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; BINETTI ed altri; BRUGGER e ZELLER: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali (Approvati, in un testo unificato, dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 2519-3184-3247-3516-3915-4007-4054-B)
- Progetti di legge: Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea - (A.C. 2854-2862-2888-3055-3866-B) (Discussione del testo unificato)
- Sull'ordine dei lavori
- Ripresa discussione - A.C. 2854-B ed abbinati
- BUTTIGLIONE ed altri; STUCCHI ed altri; GOZI ed altri; PESCANTE ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO: Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea (Approvati, in un testo unificato, dalla Camera e modificato dal Senato). (C. 2854-2862-2888-3055-3866-B)
- Proposta di legge: Disposizioni in materia di temporanea insequestrabilità delle opere d'arte - (A.C. 4432-A) ed abbinate (A.C. 1937-3832) (Discussione)
- S. 996 - D'iniziativa dei senatori: MALAN ed altri: Disposizioni in materia di temporanea insequestrabilità delle opere d'arte prestate da uno Stato, da un ente pubblico o da un'istituzione di rilevante interesse culturale o scientifico stranieri, durante la permanenza in Italia per l'esposizione al pubblico (Approvata dal Senato).(C. 4432-A)
e delle abbinate proposte di legge: ROSSO ed altri; CARLUCCI.
(C. 1937-3832)
- Introduzione
- Discussione sulle linee generali - A.C. 4432-A
- Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4432-A
- S. 996 - D'iniziativa dei senatori: MALAN ed altri: Disposizioni in materia di temporanea insequestrabilità delle opere d'arte prestate da uno Stato, da un ente pubblico o da un'istituzione di rilevante interesse culturale o scientifico stranieri, durante la permanenza in Italia per l'esposizione al pubblico (Approvata dal Senato).(C. 4432-A)
e delle abbinate proposte di legge: ROSSO ed altri; CARLUCCI.
(C. 1937-3832)
- La seduta, sospesa alle 17,35, è ripresa alle 18,05
- Disegno di legge: Bilancio di previsione dello Stato per il 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (A.C. 5535-A); Nota di variazioni (A.C. 5535-bis) (Seguito della discussione ed approvazione)
- Preavviso di votazioni elettroniche.
- Ripresa discussione
- La seduta, sospesa alle 18,10, è ripresa alle 18,30
- Ripresa discussione
- Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015. (C. 5535-A) (FAS)
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e per il triennio 2013-2015.(C. 5535-bis)
- Ripresa esame - A.C. 5535-bis
- Votazione Nota di variazioni - A.C. 5535-bis
- Esame ordini del giorno - A.C. 5535-A
- Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5535-A
- Coordinamento formale - A.C. 5535-A
- Votazione finale ed approvazione - A.C. 5535-A
- Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015. (C. 5535-A) (FAS)
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e per il triennio 2013-2015.(C. 5535-bis)
- Sull'ordine dei lavori
- presidente FINI Gianfranco
- VICO Ludovico (PD)
- Vice Presidente BUTTIGLIONE ROCCO
- LARATTA Francesco (PD)
- SBAI Souad (PdL)
- PATARINO Carmine Santo (FLpTP)
- TASSONE Mario (UdCpTP)
- Vice Presidente BUTTIGLIONE ROCCO
- LOVELLI Mario (PD)
- BARBATO Francesco (IdV)
- VIGNALI Raffaello (PdL)
- Deputato ZAZZERA PIERFELICE (ITALIA DEI VALORI)
- Gruppo parlamentare (Modifica nella denominazione)
- Ordine del giorno della seduta di domani
, legge il processo verbale della seduta del 14 novembre 2012.
. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Antonione, Bindi, Bongiorno, Boniver, Borghesi, Brugger, Bruno, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Dozzo, Dussin, Fallica, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Frassinetti, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, Leo, Leone, Lombardo, Lucà, Lusetti, Antonio Martino, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Palumbo, Paniz, Pecorella, Pisacane, Pisicchio, Rigoni, Paolo Russo, Stefani, Stucchi, Tenaglia e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna. Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto della seduta odierna. Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell' al resoconto della seduta odierna.
. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato dei progetti di legge, già approvati, in un testo unificato, dalla Camera e modificato dal Senato, d'iniziativa dei deputati Mussolini e Carlucci; Bindi ed altri; Palomba e Borghesi; Capano e Ferranti; d'iniziativa del Governo; d'iniziativa dei deputati Binetti ed altri; Brugger e Zeller: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali. Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 20 novembre 2012. Avverto che prima dell'inizio della seduta è stata presentata la questione pregiudiziale di costituzionalità Palomba n. 1. Poiché tale questione pregiudiziale non è stata preannunziata in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, essa sarà discussa e votata prima di passare all'esame degli articoli del provvedimento.
. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e Lega Nord Padania ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente. Il relatore, onorevole Mussolini, ha facoltà di svolgere la relazione.
, . Signor Presidente, noi oggi finalmente approdiamo a questo testo in materia di riconoscimento dei figli naturali. Ricordo che è in terza lettura e io mi auguro veramente che questo Parlamento - e, quindi, questa legislatura - possa licenziare questo testo che io definirei un grande passo di civiltà verso la reale equiparazione dei figli nati all'interno del matrimonio e dei figli nati fuori dal matrimonio, anche perché richiama espressamente gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione. Perché lo definirei addirittura storico? Perché - ricordo - che è un testo fatto a più mani, è stato approvato all'unanimità al Senato e noi legiferiamo su un punto fondamentale all'articolo 1, ossia dare finalmente una parentela ai bambini che sono nati fuori dal matrimonio all'atto del riconoscimento: in altre parole, noi stiamo cancellando l'istituto della legittimazione. Come è noto, quando un bambino nasce fuori dal matrimonio può essere riconosciuto, ma non è automatica la legittimazione. La legittimazione significa non avere vincoli di parentela con i parenti dei genitori, cioè zii e nonni; in altre parole, questi bambini non hanno nonni, non hanno zii, non hanno parenti al di fuori dei genitori che li hanno riconosciuti. Inoltre, si dice espressamente - modificando l'articolo 74 del codice civile - che «la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta dall'interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso (...)». Inoltre, per quanto riguarda l'articolo 258 del codice civile, si dice che il riconoscimento produce effetti immediatamente per quanto riguarda i parenti del genitore che ha riconosciuto il minore. Inoltre, questo provvedimento dà una delega al Governo su molti altri punti: ad esempio, per quanto riguarda le adozioni, il termine per la capacità genitoriale, migliorando anche i testi sull'argomento. L'ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano è un altro punto al quale questo Parlamento tiene moltissimo; il diritto del minore alla famiglia, a vivere all'interno della famiglia, questo anche è un punto molto delicato e molto importante; il fatto che, ad esempio, problematiche economiche non debbono portare all'allontanamento e all'adozione del minore, ma occorre portare aiuto alla famiglia che ha condizioni economiche problematiche, disagiate. Inoltre abbiamo un altro punto fondamentale all'interno di questo provvedimento, perché ricordo che il figlio nato fuori dal matrimonio è sottoposto al tribunale dei minori mentre i figli nati in costanza di matrimonio sono soggetti al giudice ordinario. Qui si opererà una vera e propria equiparazione perché si tenderà ad avere un unico giudice, quello ordinario, e questa è l'eliminazione di un'altra discriminazione che permane per quanto riguarda i figli nati fuori dal matrimonio. L'appello che faccio come relatore ai colleghi in quest'Aula è che bisogna essere realisti: chiaramente ogni testo può essere migliore di un altro o perfettibile, ma se noi cambiamo anche una sola virgola di questo provvedimento il testo sarà affossato perché è noto che non abbiamo più tempo - si è già in terza lettura - e se dovesse ritornare per una virgola cambiata - ricordo ancora che al Senato è stato votato all'unanimità - finirebbe qui. Infatti non credo che il Senato, essendoci un ingorgo di provvedimenti di legge, potrà avere il tempo per poter approntare un'altra modifica, approvarla e far tornare il provvedimento alla Camera, dunque questo provvedimento si potrà approvare eventualmente solo dopo la campagna elettorale. Si tratta chiaramente di una provocazione e mi auguro che il testo sia finalmente approvato così com'è perché è un testo che porta in avanti la società italiana ed è addirittura un passo in avanti rispetto alla legge sul diritto di famiglia del 1975. Ringrazio tutti i colleghi che hanno partecipato e tutte le forze politiche che hanno dato il loro contributo e anche il Governo perché è stato grazie al Governo che c'è stata una accelerazione su questo provvedimento.
. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica. È iscritto a parlare l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, a pochi mesi dalla fine della legislatura può ben dirsi che il provvedimento oggi in discussione rappresenti uno dei provvedimenti più significativi dell'intero quinquennio considerato che la cifra democratica di un Paese, di ogni comunità non si misura solo in funzione dell'atteggiarsi della sua forma di Stato o di Governo, ma anche, se non soprattutto, in base a come al suo interno si riesce a dare compiuta attuazione ai principi generali che la sua Carta costituzionale prevede e al livello di protezione e di tutela dei diritti che vi viene garantito. Ebbene qui si tratta proprio di compiere un passo importante in direzione dell'applicazione del canone dell'unicità dello di figlio quale che sia la natura del rapporto che lega i suoi genitori rispetto a cui naturalmente il figlio medesimo non porta alcuna responsabilità. In una battuta si tratta di informare l'intero settore della filiazione al fondamentale principio di eguaglianza, nonché al disposto degli articoli 2 e 30 della Costituzione. Intendiamoci non è che l'Italia si trovi all'anno zero in questa materia, al contrario i reiterati e puntuali interventi della Corte costituzionale e le modifiche legislative introdotte a partire dall'organica riforma del diritto di famiglia del 1975 hanno già consentito l'affermarsi di un sistema normativo più in linea con l'evoluzione del costume e col cambiamento culturale che ha investito l'istituto familiare non meno di altri gangli fondamentali del nostro vivere comune. Restano tuttavia alcuni aspetti su cui è parso necessario intervenire: cito, a mero titolo di esempio, l'inidoneità della filiazione naturale, come è stato appena ricordato, a dar vita a rapporti di parentela in linea retta o collaterale, con conseguenze rilevanti anche dal punto di vista successorio. Non a caso sul punto la Corte costituzionale, già con la sentenza n. 377 del 1994, aveva sollecitato il legislatore a rivedere la disciplina della successione del figlio naturale, sottolineando - sono parole della Consulta - come a distanza di venti anni dalla riforma del diritto di famiglia e in presenza di un notevolissimo incremento dei rapporti familiari di fatto, appaia sempre meno plausibile che fratelli e sorelle naturali del restino esclusi dalla successione a vantaggio anche di lontani parenti legittimi, sino al sesto grado. Su questo e su altri punti - doveri del figlio nei confronti dei genitori, ma anche suoi diritti nei loro riguardi e verso i parenti in generale, ridefinizione della disciplina del possesso di e della prova della filiazione, revisione delle norme relative al riconoscimento ed altro ancora - si interviene con questo testo unificato di progetti di legge, in molti casi attraverso un'ampia delega conferita al Governo. Certo ci sono profili, quali quello dell'apertura alla possibilità di riconoscimento dei cosiddetti figli incestuosi, introdotta dal Senato e su cui non intendo soffermarmi adesso, che potranno costituire oggetto di un ampio ed articolato confronto in sede di esame delle singole disposizioni normative. Noi riteniamo che anche questa modifica vada introdotta, ma più in generale, prescindendo dall'uno o dall'altro punto specifico, riteniamo che le due categorie di figli menzionate dall'articolo 30 della Costituzione, quelli nati in costanza di matrimonio e quelli nati fuori dal matrimonio, debbano essere destinatarie di una disciplina il più possibile omogenea, perché ogni eventuale diversificazione, in presenza delle modificazioni profonde intervenute nella concezione e nell'assetto della famiglia (penso ad esempio alla parità fra coniugi, alla cancellazione della patria potestà, allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, al sostanziale riconoscimento delle famiglie di fatto), dovrebbe essa stessa essere debitamente motivata, venendosi a calare in un contesto socio-culturale, in una diffusa percezione della famiglia e del matrimonio assai distanti da quelli che ispiravano il nostro vivere sociale ancora qualche decina di anni fa. Per concludere, signor Presidente, nella nuova formulazione dell'articolo 315 del codice civile che viene qui proposta si sostiene con chiarezza che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico. L'espressione racchiude assai bene la ispiratrice dell'intero provvedimento. Noi pensiamo che il tempo sia maturo perché si vari un provvedimento equitativo, da troppo tempo atteso da un numero crescente di cittadini, sinora ingiustamente penalizzato. La considerazione sociale del fenomeno della filiazione naturale ha largamente scavalcato gli equilibri fissati nella normativa in vigore. Non esistono pertanto reali ostacoli all'approvazione di questo provvedimento; un provvedimento, me lo si lasci dire, che forse potrebbe concorrere a dare un po' più di «smalto» ad una legislatura che sin qui non ha certo dato grandi prove di sé .
. È iscritto a parlare l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente e onorevoli colleghi, il testo del provvedimento che oggi esaminiamo, come ha ricordato poc'anzi la relatrice, è in terza lettura. Ciò significa che, pur avendo dei punti magari migliorabili, se non viene approvato non lo sarà mai più in questa legislatura. Quando introduciamo una norma nuova nell'ordinamento, la prima domanda che ci facciamo come legislatori, e la prima domanda che si fanno gli uffici, è se questa norma sia necessaria. Ebbene, noi riteniamo che questa norma, pur nella sua migliorabilità, sia necessaria, perché, innanzitutto, dà attuazione a principi che nella Costituzione, a nostro avviso, sono già inclusi da sessant'anni e che non sono mai stati effettivamente realizzati. Ricordiamo anche che essa dà attuazione a varie convenzioni internazionali, che vedono un'ingiustificata disparità di trattamento nell'ordinamento italiano tra i diritti del figlio cosiddetto legittimo e il figlio naturale o nato fuori dal matrimonio. Dobbiamo anche ricordare - come ha ricordato la collega Mussolini - gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione e dobbiamo prendere atto di un numero che, a mio avviso, deve per forza far riflettere: oggi, circa il 20 per cento dei nuovi nati nel nostro Paese si trova in questo di figli nati da coppie non sposate. Allora, solo un legislatore cieco può nascondere il problema, può non affrontarlo e far finta che non esista: quando riguarda un nato su cinque, evidentemente, il problema deve essere affrontato. Quando è stato affrontato? Il problema è stato già ampiamente dibattuto dalla Commissione presieduta dal professor Bianca - noto civilista, sui cui libri molti di noi certamente hanno studiato -, che, nella precedente legislatura, aveva compiutamente e in modo approfondito esaminato il problema. Aggiungo che il problema viene affrontato in molte parti e la Lega Nord, come movimento, come partito, come gruppo parlamentare, ritiene che ciò sia un fatto assolutamente positivo. È altresì vero che qualche deputato della Lega Nord ha delle obiezioni ed ha presentato degli emendamenti. Ebbene, essendo un movimento in cui il dibattito, specie su questioni di coscienza come questo, non è mai strozzato, ha lasciato libertà di coscienza ai propri deputati, pur essendo chiaro l'orientamento del gruppo di votare a favore di questo provvedimento, come già è accaduto in passato, nella precedente lettura. Questo perché - come ha ricordato, anche in questo caso, la relatrice - se non faremo questo, non porteremo a casa nulla, lasceremo aperto il problema a chi verrà dopo di noi, mentre, invece, riteniamo che sia giusto affrontarlo e risolverlo. Pensiamo alla situazione di un figlio che, solo perché i genitori non sono sposati, perde dei diritti, non ha diritto a veder riconosciuto un rapporto parentale con i parenti di suo padre o di sua madre, con i nonni, con i cugini, con tutta quella rete di relazioni parentali che, solo per una questione formale, non lo vedrebbero partecipe della loro sfera affettiva. Il problema - è inutile negarlo, e qui non voglio nascondermi - che si è posto alla coscienza dei più e, sicuramente, di alcuni deputati della Lega Nord, è quello sotteso alla modifica dell'articolo 251 del codice civile; quello che, secondo un'interpretazione legittima - a mio avviso, non veritiera ma, comunque, legittima -, vedrebbe in questa modifica una sorta di riconoscimento dell'incesto. Vale a dire che anche il figlio nato da un rapporto incestuoso può essere riconosciuto. Io ho letto, come credo che tutti abbiamo letto, con attenzione la norma, ma voglio ripeterla qui, perché sia chiaro a chi ci ascolta: «(Autorizzazione al riconoscimento). - Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio». Dunque, io credo che se uno legge le norme nella loro effettiva stesura e non rispetto a ciò che si dice esse siano, non possa non vedere che questo riconoscimento non è, automatico o senza filtri: c'è il filtro di un magistrato, il quale interviene non nell'interesse del padre che, molto spesso, non è persona commendevole - perché questi fatti, lo sappiamo dall'esperienza, nascono spesso da situazioni di violenza, di sottomissione o, comunque, da cose non belle nell'ambito della famiglia -, ma nell'interesse del figlio. Perché io credo che, sul piano umano, disconoscere il diritto di un bambino, di una persona nata in una situazione certamente aberrante, certamente fuori da ogni canone di legalità, ma che non ha nessuna colpa di aver determinato quella situazione, disconoscere a questo essere umano il diritto di avere comunque una sua identità, con tutte le cautele, con il filtro del giudice, sia una cosa che il legislatore, tutto sommato, non può ignorare di valutare. Questo, quindi, è il punto più dolente di questa normativa; tuttavia, ritengo che il prudente apprezzamento dei nostri giudici, dei nostri tribunali, saprà adeguatamente tutelare solo quelle situazioni in cui, lo ripeto, sia preminente e chiaro l'interesse del minore ad avere riconosciuta una posizione nata in questo modo, diciamo così, aberrante o, comunque, certamente non commendevole. Per quanto riguarda altri passaggi importanti della normativa, ricordo la questione della legittimazione passiva di cui all'articolo 276: il figlio nato fuori dal matrimonio acquisisce dei diritti in più che prima non aveva o il cui esercizio avrebbe potuto esercitare in modo molto più complesso. Ciò rappresenta un passo avanti della nostra legislazione che poi potrà essere sempre migliorata, perché sappiamo tutti che questo Parlamento non avrà ormai uno molto lungo, ma nulla vieta che una volta prodotta questa norma - che peraltro vede delle parti delegate al Governo, di cui il Governo dovrà occuparsi nei prossimi 12 mesi e che verranno, quindi, vagliate comunque dalle Commissioni competenti del prossimo Parlamento - quello che oggi magari non si è potuto fare bene al 100 per cento solo per mancanza di tempo, sicuramente potrà farlo il prossimo Parlamento nella prossima legislatura. Concludo dicendo che il voto del gruppo della Lega Nord Padania sarà favorevole a questo provvedimento, lasciando però quei deputati che ritenessero di vedere in questa norma alcuni passaggi non in linea con la propria coscienza, liberi di poter decidere autonomamente. Infatti, non è su queste questioni che si fa politica, su queste questioni si dovrebbe solo legiferare nell'interesse esclusivo delle persone interessate, che in questo caso sono dei bambini.
. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, sono pienamente d'accordo con i colleghi che sono intervenuti nel dire che questa è una legge molto importante, una legge attesa da lungo tempo, una legge che certamente compie un atto giusto e doveroso nei confronti dei figli naturali; essa contiene aspetti che sono sicuramente desiderati e, lo ripeto, attesi da lungo tempo; quindi, è una legge che tutti noi, quando è uscita dalla Camera dei deputati, abbiamo trovato assolutamente corretta. Non starò a ripetere le cose che sono state dette a favore di questa legge; quello che però diventa «una pietra di inciampo», ed è una pietra grande una casa, sono le aggiunte che al Senato sono state fatte, e che hanno riportato la lettura in quest'Aula, in questo ramo del Parlamento. Ovviamente, come è stato accennato dai colleghi, mi riferisco, e su questo invece mi voglio soffermare un attimo di più, al problema dei figli incestuosi. Va ricordato per chi ci ascolta, che viene completamente modificato l'articolo 251 del Codice civile, che riguarda proprio i figli nati da un rapporto incestuoso. Il precedente articolo diceva che non possono essere riconosciuti dai loro genitori i figli incestuosi, salvo che questi al tempo del concepimento ignorassero il vincolo esistente tra loro, o che il matrimonio sia stato dichiarato nullo, e nel caso in cui uno dei due sia in buona fede, può essere lui, e solo lui, a riconoscere il figlio nato da un rapporto incestuoso. Che cosa succede al Senato? Succede che si autorizza il riconoscimento del figlio nato da un rapporto incestuoso, cioè nato tra persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale di secondo grado, ovvero vincolo di affinità in linea retta. Traducendo: si autorizza, salvo il permesso di un giudice, il riconoscimento di un rapporto incestuoso. Quindi, un padre che violenta la figlia può riconoscere il figlio che nasce da questo rapporto incestuoso e diventare contemporaneamente nonno e papà. Questo non è per fare «terrorismo psicologico», questi sono fatti che sono scritti in questa norma. L'argomentazione a favore di questa strana decisione del Senato, è che bisogna garantire ai figli nati da incesto dei diritti successori e che quindi non si possono escludere da questa possibilità. Non è corretta questa argomentazione, perché sappiamo bene che i figli nati da una relazione incestuosa possono già ora chiedere di vedere riconosciuti cognome, famiglia ed eredità, come è stato previsto dalle citate e richiamate sentenze della Corte costituzionale del 2002. Ma una cosa è che sia il figlio, divenuto maggiorenne, a chiedere questo riconoscimento, perché se ne assume in pieno la responsabilità e le conseguenze, e un conto è, invece, che lo faccia il genitore che è stato un violentatore. Non ci nascondiamo dietro ad un dito dicendo che il legislatore risponde a una sentenza della Corte costituzionale, perché non è vero; semplicemente non è vero. Sappiamo anche bene che l'incesto non è quasi mai consenziente, è sempre frutto di violenza. Quindi, alla fine si consente, con questa norma, in qualche modo, di continuare un rapporto e di continuare una relazione con il violento e il violentatore, e quindi, in qualche modo, di perpetuare qualche abuso. Oppure si possono vantare sopra questo figlio dei diritti che diventano uno strumento per mantenere il legame con questa persona. Allora, può il legislatore avere la responsabilità, in nome di falsi diritti successori, di dare a questi bambini uno stigma che li accompagnerà per tutta la vita? Possiamo, tranquillamente, serenamente e senza porci il problema, lasciare che questi ragazzi vadano in giro, magari ereditando una grande cifra, però con un pesante fardello sulle spalle? E siccome l'incesto avviene quasi sempre in ambienti degradati - lo sappiamo, avviene dapper tutto, è un fenomeno drammatico e trasversale, però avviene quasi sempre in ambienti degradati -, non mi pare che in questi ambienti degradati vi sia moltissimo da ereditare o moltissimi vantaggi da acquisire. Allora credo fosse doveroso, da parte del legislatore, un ripensamento su questo aspetto, e sottolineo: solo su questo aspetto. Abbiamo cercato in tutti i modi, parlando con il relatore, parlando con i membri della Commissione giustizia, con le tantissime audizioni che sono state fatte, quasi tutte contrarie a questa norma, di chiedere lo stralcio di questo aspetto della legge, non ottenendo assolutamente risultati. Me ne rammarico molto, perché una responsabilità di questo genere io non mi sento di assumerla. Capisco che i bambini nati fuori dal matrimonio abbiano dei diritti, ma non si può accettare che questo doveroso riconoscimento dei figli naturali venga accompagnato da un peso intollerabile per quegli sfortunati bambini che nascono da un incesto. Infine, si apre un grave nella famiglia, nel senso che io ho l'impressione - e il tempo mi darà ragione - che si renda l'incesto accettabile in qualche modo. Se ce ne occupiamo, se lo scriviamo in una legge, in qualche modo lo si normalizza, in qualche modo si riconosce che esiste e che è una cosa che va normata, che va accettata, che in qualche modo va tutelato questo bambino, ma comunque è una questione che si può considerare possibile. Quindi, in qualche modo, si alleggerisce una condanna sociale che esiste in tutte le civiltà, che esiste in tutti i contesti e che esiste da secoli. Allora, io credo che non ci sia tanta urgenza di approvare questa legge - a queste condizioni, ovviamente - perché il Senato ha compiuto un errore gravissimo. Tra l'altro, le sentenze della Corte costituzionale tanto richiamate dicono che il figlio maggiorenne è l'unico titolato a decidere se superare le conseguenze sociali della negativa percezione dell'incesto e che il riconoscimento può essere effettuato dal genitore, anche in danno del figlio minore, se maggiorenne, quando potrebbe preferire che non si sappiano le sue origini incestuose. La sentenza dice che l'articolo 269, primo comma, del codice civile deve essere interpretato nel senso che la paternità e la maternità naturali, possano essere dichiarate nelle ipotesi in cui il riconoscimento è ammesso, ma non nel senso reciproco, cioè anche che il riconoscimento sia effettuabile in tutte le ipotesi in cui vi possa essere la dichiarazione giudiziale. Quindi, non è vero che la sentenza della Corte costituzionale induce il legislatore ad accettare pedissequamente queste sentenze, perché le sentenze dicono altro. Vado velocemente verso altri due punti che sono estremamente preoccupanti. All'articolo 2 viene data al Governo una amplissima delega per emettere dei decreti attuativi e delle norme che adeguino in qualche modo tutta la legislazione a questa nuova legge per evitare ogni discriminazione tra i figli, anche adottivi, nel rispetto dell'articolo 30 della Costituzione, e su questo non c'è nulla da dire. Io ho da obiettare - ma questa non è una obiezione dirimente - che con una delega così ampia al Governo, il Parlamento si autoesclude dalle proprie responsabilità, perché non può dare al Governo una delega amplissima, soprattutto in fine legislatura, quando ci sarebbe stato tutto il tempo per il Parlamento poi di affrontare questi termini e di dire lui cosa intende fare, senza dare deleghe amplissime. Tuttavia, col fatto che bisogna adeguare la legislazione anche per i figli adottivi, viene fuori che esiste un'altra stranezza per cui, alla lettera o), comma 1, dell'articolo 2, si chiede di intervenire, ove necessario, perché bisogna valutare - per rendere possibile l'adozione - la provata irrecuperabilità delle capacità genitoriali in un tempo ragionevole da parte dei genitori. Ora, questa questione è - anche qui - un'altra follia. Ci sono delle leggi che vanno riprese, riguardate e riviste quando ci sono dei contrasti nei giudizi, nelle sentenze, nella legislazione e quindi bisogna intervenire per correggere il tiro. Per quel che riguarda l'adozione, invece, la giurisprudenza è intervenuta senza contrasti, è intervenuta in maniera lineare e condividendo la norma che ha dimostrato di essere assolutamente valida e assolutamente univoca. Allora, alterare i criteri di adottabilità è un'altra follia, perché i criteri di adottabilità, fino ad ora, erano centrati sullo stato di abbandono del minore, cioè il caso in cui un minore vive in maniera negativa, con un disinteresse e con un abbandono non solamente economico. Quindi, si «centra» l'adottabilità di questo bambino, quando c'è una situazione grave e irreversibile per lui. Qui, invece, si mette l'accento sulle capacità genitoriali la cui irrecuperabilità deve essere provata. Ma chi lo può dire? Quando? Che cosa significa in tempo ragionevole? Quando il bambino è diventato grande? Quando va in prima media? Quando che cosa? Che cosa significa da parte dei genitori? Devono dimostrare la loro capacità genitoriale oppure la irrecuperabilità della capacità genitoriale in un tempo ragionevole? I giudici, tra l'altro, se questo minore non ha ricevuto l'indispensabile sostegno morale, devono verificare tutte le omissioni. Ma come fanno a dimostrare che c'è una provata irrecuperabilità in un tempo ragionevole? Una legge non può essere così generica, non può scrivere una cosa di questo genere, perché non ha alcun senso. Eppure qui c'è scritto. Quindi, si rischia - non è detto, mai il rischio è molto forte - di esporre questi bambini a procedimenti lunghi, ad attese lunghissime, a contenziosi, a dibattiti che non sono assolutamente accettabili.
. La prego di concludere, onorevole Capitanio Santolini.
. Oltre a questo, e concludo, c'è nell'articolo il punto per cui sono sempre i giudici che devono intervenire per denunciare le situazioni di disagio, scavalcando completamente le competenze degli enti locali. Si tratta di un'altra «follia» perché non si capisce perché gli enti locali (Stato, regioni, comuni) non debbano fare la loro parte, e non la debbano fare fino in fondo senza un giudice che si intrometta e che esuli dai propri compiti. Poi ci sono moltissime altre questioni che il tempo non mi consente di illustrare, ma che rendono questo disegno di legge, a nostro avviso, assolutamente problematico e assolutamente inaccettabile. Mi auguro davvero che durante il dibattito, e durante le votazioni noi presenteremo degli emendamenti che siano soppressivi delle cose che ho detto, i colleghi possano aderire a queste richieste e mi auguro che il disegno di legge ritorni a quello che era quando è uscito da quest'Aula e non si possa firmare tutti insieme un «obbrobrio» come quello di oggi.
. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, c'è il rammarico e anche il timore che una questione di così straordinaria importanza, come quella che riguarda i diritti dei bambini, passi in un'Aula distratta: distratta dai problemi «dell'avere», distratta dai problemi imminenti sul quadro politico di oggi e di domani, distratta, insomma. Invece, quando si tratta di diritti dei bambini, bisognerebbe avvertire un bisogno di coscienza di andare a fondo ai problemi senza limitarsi a seguire logiche di partito, logiche di gruppo, logiche di fretta, meglio poco che niente. Quando si tratti di diritti delle persone, soprattutto di diritti dei bambini, questa logica non può passare. Noi stiamo cercando in tutti i modi di sensibilizzare l'Aula, e non so quanti colleghi conoscano a fondo il problema. Cercheremo, con i mezzi possibili, di diffondere almeno una questione di coscienza, almeno sulla problematicità di questo tema. Ma non possiamo essere così ottimisti fino a pensare che ce la possiamo fare. Eppure, la Camera aveva approvato un testo meraviglioso. Aveva approvato all'unanimità il testo presentato dalla commissione Bianca e presentato dall'allora Ministro Bindi. Questo testo aveva presentato, in cui non c'erano alcune disposizioni che il Senato si è arrogato il potere di imporre anche a questa Camera! Due disposizioni intruse inaccettabili di fronte alle quali, trattandosi dei diritti dei bambini, non possiamo chinare la testa! Mi piace ragionare per paradossi, ogni tanto servono. Se in un testo perfetto, c'è una piccola cosa che dice: «Da oggi è lecito ammazzare la mamma», noi per approvare tutto il resto facciamo passare tutto questo? Non credo. Francamente non credo proprio, tanto più che bisogna sfatare una volta per tutte la questione per la quale, se queste due disposizioni intruse - e astruse - vengono cassate qui dalla Camera, cade tutto il testo. Se cade il testo è soltanto per volontà del Senato di non approvarlo, perché il testo sulla «anti-corruzione» è ritornato in Aula ed è stato approvato con due sedute di Commissione e due sedute di Aula. Voglio ricordare in più che al Senato il testo sul condominio negli edifici, che è uscito dalla Camera con 70 articoli, è stato approvato dalla Commissione al Senato in sede legislativa. Allora, approvare in sede legislativa il testo sul quale c'è la doppia conforme, sul quale c'è identità di vedute tra Camera e Senato, richiede due frammenti di seduta del Senato che si possono fare all'interno delle sedute ordinarie o, se c'è la volontà, si possono fare in sedute notturne o diurne. Si può fare! Quindi, noi respingiamo l'addebito di responsabilità alla Camera; nell'ipotesi in cui la Camera responsabilmente dicesse di escludere quelle due disposizioni imposte dal Senato e non approvate in prima lettura dalla Camera, noi riteniamo che la Camera abbia il diritto e il dovere - se lo ritiene giusto - di escludere da questo testo quelle due disposizioni intruse che sconvolgono - sconvolgono - l'impianto del testo. Sono meravigliato, sono meravigliato che il presidente della commissione, Bianca, che non aveva proposto questi temi all'interno della sua relazione e, quindi, della sua proposta, sia venuto a dire: «Ma sì, tutto sommato...». No, se non li ha proposti, vuol dire che non c'entravano niente con una logica del testo che lui aveva presentato e sono sconvolto a pensare che ci siano delle persone, dei colleghi e delle istituzioni che siano disposti a passare sopra ai diritti dei bambini perché tanto bisogna fare in fretta, perché tanto non c'è più tempo. Il tempo c'è. Se si ragiona nel senso che la Camera non può toccare una virgola, vuol dire che si è d'accordo con quelle norme. Vuol dire che le si accetta. Non creiamoci alibi e non portiamoli all'esterno, soprattutto. Non parlo soltanto per me: ho fatto dei convegni ai quali hanno partecipato anche colleghi qui presenti, che hanno potuto constatare come ci sia una amplissima posizione comune, convergente delle istituzioni, degli organismi e delle associazioni che si occupano di questi problemi, le quali ritengono queste norme intruse e prospettano alla Camera l'opportunità di espungerle. Loro parlano di stralcio, in un senso atecnico. Possiamo anche esaminare la questione dello stralcio, ma possiamo anche agire attraverso emendamenti soppressivi. Quanto tempo ho, signor Presidente?
. Una decina di minuti, onorevole Palomba, però veda lei.
. No, signor Presidente, utilizzerò tutti e dieci i minuti e qualcuno in più, se me lo dà, nella speranza che qualcuno legga il resoconto di questa discussione sulle linee generali. Non mi illudo, però io, in coscienza, voglio avere la consapevolezza di avere fatto tutto il possibile, anche per convincere, magari, i colleghi che finora si sono pronunciati in modo diverso. Il primo aspetto, che credo di avere chiarito, è il seguente: la Camera dei deputati non ha vincoli, la Camera dei deputati, se ritiene di non poter approvare queste disposizioni, non può lavarsi la coscienza dicendo che, se non le approva, poi al Senato cade tutto. La responsabilità sarebbe esclusivamente del Senato, che in questo caso agirebbe secondo materia, ma non secondo possibilità regolamentare e di iter parlamentare. Detto questo, affrontiamo i due aspetti, i due temi che sono intrusi ed astrusi. Il primo è quello che riguarda la possibilità di riconoscimento dei figli naturali che sono nati da relazioni incestuose. A me dispiace non essere d'accordo con l'analisi fatta dal collega Paolini, perché vi è una differenza di fondo: una cosa è il riconoscimento del figlio naturale, che è un atto unilaterale con il quale il genitore che ha prima abusato delle relazioni familiari nei confronti della mamma bambina o adolescente - è questo il - poi intende abusare del figlio, imponendogli uno che la Corte costituzionale ha detto essere tuttora circondato da disvalore sociale. Infatti, la Corte costituzionale ha affermato, nella sentenza del 2000, che il delitto di incesto è costituzionalmente legittimo, e lo è perché intende tutelare la correttezza delle relazioni familiari. La stessa Corte costituzionale ha detto che questo affonda le radici in un che si perde lontano nel tempo, ma che, tuttavia, esiste. Allora, se ci mettiamo dal punto di vista del diritto del bambino, non possiamo dire che il riconoscimento, che è un atto di imposizione unilaterale del padre-nonno o del padre-zio, comunque abusante della mamma, sia un atto nell'interesse del bambino o che risponda al diritto del bambino. Il diritto del bambino è un altro: se egli o chi per lui non lo vuole, se egli, diventato maggiorenne, non lo vuole, decide come vuole. Ma se egli, diventato maggiorenne, o anche minorenne, attraverso la mamma, decide che è opportuno che si abbia la anche sul suo stato di figlio nato da una relazione incestuosa, lo può ottenere, ma questo è il diritto del bambino, non il diritto del genitore di imporre al bambino uno sociale che il bambino potrebbe non volere. Ecco la differenza profonda che vi è tra azione per la dichiarazione giudiziale della paternità o della maternità naturale e il riconoscimento; ecco perché la Corte costituzionale, nella seconda sentenza, quella del 2002, ha affermato che è diritto del bambino promuovere l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, che è diritto del figlio promuovere l'azione, ma non è diritto del genitore imporre, attraverso l'atto unilaterale del riconoscimento, al figlio questo . Non prendiamoci in giro, per favore! Andiamoci a leggere i testi, andiamoci a leggere le sentenze della Corte costituzionale e non confondiamo le idee, non cerchiamoci alibi, perché, di fronte alla nostra coscienza, alibi non ne abbiamo. Potremo riuscire a confondere un'Aula distratta, potremo riuscire a confondere un'opinione pubblica distratta, ma con la nostra coscienza ci dobbiamo fare i conti noi. Soprattutto, dobbiamo avere l'onestà di dire le cose come stanno e l'onestà di dire che, se una cosa è sbagliata, è sbagliata. Non possiamo dire che una cosa è sbagliata e, tuttavia, la accettiamo perché bisogna fare in fretta, perché altrimenti tutto crolla. Non è vero, non creiamoci alibi morali, che non esistono. Sfido chiunque a fare ragionamenti tecnici diversi e anche ragionamenti etici diversi, sono qui pronto per affrontarli. Ho presentato una questione pregiudiziale di costituzionalità perché ritengo, profondamente, che non si possa violare l'articolo 2 della Costituzione, che tutela la persona, e neanche l'articolo 3 della Costituzione, consentendo il riconoscimento come atto naturale del genitore abusante. Queste sono alcune delle considerazioni che riguardano questo tema, aspetto considerazioni diverse, mi aspetterei che il Governo si pronunciasse con nettezza e con coerenza anche in questa Camera, così come ha fatto al Senato, dicendo che queste cose non vanno bene. Poi decida la Camera, decida il Senato di fare quello che vogliono, ma, secondo il Governo, queste cose non vanno bene. La seconda questione, intrusa ed astrusa, è quella che smantella di fatto le competenze del tribunale per i minorenni trasferendone una quota rilevante al giudice ordinario. Chi è il giudice ordinario? Il giudice ordinario è un signore, oberato di lavoro che deve occuparsi di liti condominiali, di incidenti stradali, di contratti e di altre amenità di questo genere, al quale noi scaricheremmo una serie di competenze che riguardano i minori senza che vi sia stato uno studio preventivo di tipo ordinamentale sulla questione degli organici, sulla questione degli strumenti che ha a disposizione, sulla formazione che non avrebbe. O forse il retropensiero è che parlare di diritti dei bambini non ha senso, che trattiamo le questioni dei bambini nello stesso modo in cui trattiamo le questioni che riguardano «l'avere», trattiamo le questioni «dell'essere» nello stesso modo in cui trattiamo le questioni che riguardano «l'avere». Ma è mai possibile, in questa situazione di sovraccarico di lavoro da parte dei giudici ordinari, sovraccaricarli anche delle questioni riguardanti bambini? E poi capita la questione di quel bambino di Cittadella per cui c'era un'esecuzione fatta male, era da cinque anni che si stava combattendo con questa cosa. Poi, in quel caso, noi diciamo «ci voleva qualche altra cosa» e poi, quando si tratta di vedere questa «qualche altra cosa» che ci voleva, cioè un giudice specializzato che desse le disposizioni, diciamo: «No, non c'è bisogno di un giudice specializzato, andiamo dal giudice che si occupa di contratti o di appalti di opere pubbliche». Questo giudice tratterà ogni tanto qualche caso di un bambino, lo tratterà ogni tanto, ma come lo tratterà? Non ha a disposizione strumenti, non ha un collegamento con i servizi sociali del territorio, non ha, nell'organo giudicante, professionalità che lo possano aiutare nel risolvere i problemi. Questo è quello che vogliamo? Diciamolo con nettezza che non vogliamo un giudice specializzato per i bambini perché non riconosciamo i diritti dei bambini ad un giudice per loro! Non prendiamoci in giro! Non molti conoscono, forse, la sentenza n. 222 del 1983 della Corte costituzionale, la quale ha detto: «Il tribunale per i minorenni, considerato nelle sue complessive attribuzioni oltre che penali, civili ed amministrative, ben può essere annoverato tra quegli istituti dei quali la Repubblica deve favorire lo sviluppo ed il funzionamento, così adempiendo al precetto costituzionale dell'articolo 31 che la impegna alla protezione dell'infanzia e della gioventù», il tribunale per i minorenni. «A conferma di tale configurazione» - continua la Corte costituzionale - «vi sono la particolare struttura del collegio giudicante, composto, oltre che da magistrati togati, anche da esperti dell'assistenza sociale, scelti tra i cultori di biologia, psichiatria, antropologia criminale, pedagogia, psicologia, nonché le peculiari garanzie che assistono l'imputato minorenne nell'iter processuale davanti all'organo specializzato». Qui cessano le virgolette della sentenza n. 222. Ci sarebbero altre cose, ma per brevità non le dico. A questo punto traggo alcune conclusioni che mi paiono assolutamente fondate. La sottrazione del minorenne al giudizio del giudice specializzato e la sua sottoposizione al giudizio di un giudice, che tale non è ed è privo di ausili specialistici, per giunta al di fuori di una seria analisi ordinamentale - carichi di lavoro, priorità nella trattazione, dotazione organica adeguata - si risolverebbe nella violazione del suddetto precetto costituzionale ed in una ridotta o inesistente protezione dell'infanzia e della gioventù. Questo è quello che ci accingiamo a «passare». Questo è quello che vi accingete a «passare»? Io sono stupefatto, stupefatto da coloro i quali dicono che vogliono la protezione del bambino e poi, nel momento giusto, dicono: no, no, le questioni «dell'essere» del bambino vanno trattate come le questioni «dell'avere» e insieme alle questioni «dell'avere» e le questioni del bambino non hanno una loro specificità né una loro trattazione specializzata né prioritaria, perché, secondo questa disposizione, disperse, magari, o anche accorpate - non fa niente - vanno a finire presso un giudice che non ha la specializzazione e che soffrirebbe più degli altri di avere queste competenze senza un'adeguata formazione. Quindi, io non colpevolizzo i giudici che sarebbero destinatari di queste ulteriori competenze. Non li colpevolizzo: li capisco. Forse pochi sanno che il Consiglio superiore della magistratura, solitamente adito anche per cose meno importanti, non è stato richiesto di un parere su questa disposizione, che incide così fortemente sulla questione ordinamentale e, quindi, attraverso di essa, sulla questione dei diritti dei bambini. E forse non molti sanno che è stata aperta, presso la VI sezione del Consiglio superiore della magistratura, una pratica per fare una verifica dei risultati e della ricaduta di un'eventuale approvazione di questo provvedimento. Si fa dopo, non si fa prima. È una cosa veramente sconsolante, veramente desolante! Io veramente sono allibito di fronte ad un pressappochismo di questo genere, di fronte ad un lasciar fare in situazioni che comportano una grave, se non gravissima, lesione dei diritti dei bambini. Potrei continuare ancora. Le persone che sono qui presenti hanno già affrontato il problema. Io mi sono permesso... con tutta la foga che la partecipazione a questi problemi mi impone, avendo fatto per diciotto anni il giudice minorile, non solo, ma anche per avere sentito qual è il livello di partecipazione di centinaia di associazioni, le quali - anche come potranno testimoniare persone qui presenti - hanno detto con molta nettezza che il riconoscimento dei figli nati da relazione incestuosa e lo stravolgimento delle competenze del tribunale per i minorenni non possono essere accettati ed hanno sommessamente chiesto alla Camera che espunga e che stralci, come dicono loro, tali disposizioni da questo provvedimento. Le richiamo: l'UNICEF, l'Autorità garante per i diritti dei minori, l'associazione dei giudici per i minorenni, le camere penali minorili che sono presenti in tutta Italia. Sono centinaia di associazioni. Tra queste ci sono quelle associazioni che contrastano la violenza intrafamiliare, che cercano di combatterla e che vedrebbero con desolazione e con dispiacere, a poche ore dalla celebrazione della Giornata per la lotta contro la violenza nei confronti della donna, l'ipotesi che la Camera, a poche ore di distanza, approvi un provvedimento che sostanzialmente «banalizza» la violenza intrafamiliare nei confronti di bambine - spesso inizia quando sono bambine - ed adolescenti che sono avviate verso una strada di abuso da parte di un genitore che poi pretenderebbe anche di esercitare un ulteriore atto di imperio con il riconoscimento del figlio naturale. Sono centinaia di associazioni, non ho il tempo per leggerle tutte ma le ho in questo documento.
. La prego di concludere.
. Una considerazione finale: non si dica che il riconoscimento è subordinato all'autorizzazione del Tribunale per i minorenni, perché, una volta che il ricorso è stato «calato» sulla scrivania del giudice, la è già avvenuta e il bambino magari non era assolutamente d'accordo.
. È iscritta a parlare l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, lo hanno già detto i miei colleghi: ci apprestiamo a votare in terza lettura un provvedimento di civiltà che elimina ogni residua differenza tra lo di figlio legittimo e lo di figlio naturale. Una riforma molto attesa che riconosce l'unicità dello di figlio, estendendo gli effetti del riconoscimento anche ai parenti del genitore. Abbiamo dibattuto ampiamente in Aula delle importanti innovazioni introdotte durante l'approvazione in prima lettura. I miei colleghi e la relatrice le hanno richiamate durante la discussione e su queste non mi soffermerò. Concentrerò piuttosto il mio intervento sulle modifiche apportate dal Senato. Due sono i temi - come si è potuto vedere negli ultimi interventi - particolarmente delicati e controversi: il primo riguarda l'attribuzione al tribunale ordinario della competenza sulle cause relative all'esercizio della potestà ed al riconoscimento del figlio naturale, competenza affidata attualmente al Tribunale per i minorenni. Il secondo riguarda il riconoscimento dei figli nati da parenti. La principale contestazione sollevata sulla competenza del tribunale ordinario consiste nel pregiudizio che soffrirebbero i minori, sottratti così ad un giudice specializzato. In verità, l'equiparazione tra lo di figlio legittimo e quello di figlio naturale rende impropria una differente tutela processuale; non si capisce perché i figli, per esempio, di due persone che si stanno separando abbiano la competenza del tribunale e non per questo subiscano tutte le ignominie di cui ha parlato il collega Palomba. L'unicità dello di figlio comporta anche che i figli naturali abbiano gli stessi diritti ma anche le stesse tutele processuali attualmente goduti dai figli legittimi. Quello che si sta facendo con questo provvedimento è soltanto di equiparare la tutela processuale per i figli legittimi e per i figli naturali. Di questo si tratta. Io mi appassionerei di più invece ad un altro tema - questo vorrei dire al collega Palomba - Mi appassionerei di più al provvedimento che stanno discutendo in Senato. Quello per l'istituzione di un giudice unico specializzato per i minorenni e la famiglia. Questa sì è una riforma che deve attuarsi al più presto. Questa sì che darebbe tutela ai minori e offrirebbe la specializzazione in materie che sicuramente hanno bisogno di una cura e di una attenzione specifica. Ma è questa la via maestra, non ce ne può essere un'altra. Per ora si uniforma la tutela processuale, ma cerchiamo al più presto di approvare la riforma che istituisca il giudice per i minori e per la famiglia. Noi sappiamo bene che questo provvedimento morirebbe se ritornasse al Senato. Lo sappiamo tutti e lo sappiamo bene, perché i tempi stretti di questa legislatura non ne consentirebbero l'approvazione, perché il Senato - ricordo ai colleghi che sono intervenuti - ha votato all'unanimità questo provvedimento. Tutti i gruppi che oggi si stanno dividendo e che oggi stanno prendendo le distanze da questo provvedimento al Senato hanno votato all'unanimità questo provvedimento. Allora, credo che l'unico modo per garantire ai minori la specializzazione dei giudici e la funzionalità piena dei servizi sia quella di una riforma organica del diritto di famiglia. Solo così potremo conseguire questi obiettivi. Ma vengo al secondo punto: secondo il codice civile vigente, il riconoscimento dei figli di genitori incestuosi (non loro incestuosi: la Corte costituzionale ci ha invitato a correggere anche il lessico che usiamo) è ammesso solo dal genitore in buona fede o nel caso di nullità del matrimonio da cui deriva l'affinità. Fuori da queste ipotesi, l'azione è inammissibile e vige il divieto di indagini sull'accertamento della paternità, motivato dal senso di disgusto e disapprovazione che l'incesto suscita. Nell'ambito però degli accertamenti incidentali, le indagini sono ammesse, al fine del riconoscimento del diritto al mantenimento, all'istruzione e all'educazione. La dottrina già da tempo ha denunciato l'ipocrisia della disciplina contenuta nel codice, ritenendola in contrasto con le norme costituzionali, con il principio di eguaglianza e di non discriminazione, con l'esigenza di assicurare piena tutela e dignità a tutti i figli, indipendentemente dalle circostanze della nascita. La Corte costituzionale, con la sentenza già citata, n. 494 del 2002, anche se molto timidamente, fa proprio l'orientamento della dottrina, rendendo possibile il riconoscimento, su iniziativa del figlio, ma non il riconoscimento da parte del genitore incestuoso. Pur non approdando, quindi, alla piena tutela dei figli nati da incesto, la sentenza è però molto interessante per le sue motivazioni. La Corte sostiene che la disciplina della condizione dei figli nati da rapporti sessuali tra soggetti appartenenti alla stessa cerchia familiare è ciò che residua del tradizionale orientamento di radicale disfavore nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio. La conseguenza - dice la Corte - è una diminuzione perpetua e irrimediabile di diritti che questa categoria di figli soffre per fatti commessi da soggetti terzi. La Corte ridimensiona il principio secondo cui le colpe dei genitori ricadono sui figli e tenta di adeguare almeno in parte la nostra normativa alla Convenzione dei diritti del fanciullo e alla Convenzione europea sullo stato giuridico dei figli nati fuori dal matrimonio, che prevede che la paternità di qualsiasi figlio possa essere accertata anche in via giudiziaria. Contro l'introduzione di questa norma si obietta la necessità di evitare al figlio la notorietà della sua origine. Ma se così fosse non dovrebbero ammettersi neppure gli accertamenti incidentali necessari per l'azione di mantenimento. Infatti, quelli sì fanno emergere necessariamente la relazione tra i genitori. Si obietta che i figli così rischiano di non poter conseguire neanche il diritto al mantenimento in virtù dell'abrogazione degli articoli 580 e 594, ma la tutela riservata ai figli, nella versione che ci ha trasmesso il Senato, è ben più ampia che il semplice diritto al mantenimento. Si obietta ancora che il riconoscimento potrebbe recare pregiudizio al figlio, ma nel testo che ci apprestiamo a votare il riconoscimento non può aver luogo se non è previamente autorizzato dal tribunale. Non si tratta, quindi, di un riconoscimento incondizionato perché deve passare attraverso il filtro del giudice che potrà analizzare la situazione concreta, le dinamiche specifiche e concedere l'autorizzazione solo se dal riconoscimento non derivi al figlio alcun pregiudizio etico e sociale. Si obietta ancora che il riconoscimento consentirebbe all'autore della violenza incestuosa di assumere la potestà sul figlio nato da tale violenza. Anche questa obiezione è falsa perché l'autore incestuoso della violenza perde automaticamente la potestà genitoriale (si vedano gli articoli 564 e 609- del codice penale). Si teme, infine, da più parti, che questa norma possa costituire un attacco alla famiglia. È quasi una legittimazione dell'incesto. Senza dubbio, l'incesto costituisce un attentato all'ordine naturale della famiglia e, per questo, comporta una serie di sanzioni, anche di natura penale, ma non è possibile estendere queste misure sanzionatorie a soggetti incolpevoli come i figli. In una sua pubblicazione, Gilda Ferrando osserva acutamente che la tutela della famiglia cede di fronte all'innocenza dei genitori. Noi abbiamo visto che, anche a legislazione vigente, se un genitore è inconsapevole del rapporto incestuoso, può riconoscere il figlio. E, allora, dice la Ferrando: «perché non potrebbe cedere di fronte all'innocenza dei figli che sussiste sempre, che c'è sempre?». Qualche giorno fa, all'unanimità, quest'Aula ha approvato una mozione unitaria densa di proposte ed iniziative in favore dell'infanzia in occasione dell'anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Gli interventi svolti hanno egregiamente illustrato i quattro grandi principi che la ispirano (la non discriminazione, il superiore interesse del minore, il diritto alla vita, il dovere di ascoltare le opinioni del minore), principi spesso disattesi, non solo dalle nazioni in ritardo di sviluppo, ma anche dagli Stati cosiddetti evoluti. Dal dibattito in Aula è emersa la necessità di una lotta più decisa contro la solitudine dei bambini, l'emarginazione sociale, la povertà, qualsiasi povertà, anche quella morale di cui sono vittime innocenti. Oggi l'Aula ha un'occasione concreta per tradurre questi principi in norme, per riparare a una discriminazione non più sopportabile. Oggi i figli nati da genitori uniti da un vincolo di parentela sono «bambini invisibili», vittime innocenti che pagano le colpe dei padri. Il figlio oggi non può essere riconosciuto dalla propria madre anche se questa è stata oggetto di violenza. Il figlio deve essere dichiarato in stato di abbandono anche se la propria madre lo cura e lo assiste. Vorrei ricordare un fatto di cronaca, per passare dalla teoria alla realtà, agghiacciante, che ha sconvolto l'opinione pubblica. Lo conoscerete tutti: Elisabeth Fritzl. Ha vissuto prigioniera del padre in un sotterraneo per 24 anni, fuori dal mondo, sepolta vita insieme ai figli nati dalla relazione incestuosa, schiava di un genitore che abusava di lei in cambio di cibo, acqua e vestiti. Che ne facciamo di Elisabeth e dei suoi figli? Imponiamo un'altra segregazione, un'altra separazione? In nome di quale giustizia e di quale tutela dei figli? Sono sicura che, quando voteremo, ognuno di noi saprà trovare la risposta giusta .
. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, torna dopo alcuni mesi alla Camera per la sua approvazione definitiva il provvedimento che detta disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali. Lo avevamo discusso e approvato pressoché all'unanimità perché, davanti ai diritti dei figli, di tutti i figli, non possono esserci discriminazioni di alcun tipo; occorre lasciare spazio alla giustizia, abolendo ogni possibile forma di pregiudizio. Io stessa ho presentato una proposta di legge in tal senso proprio volendo rafforzare il senso di appartenenza di un bambino non soltanto ai suoi genitori - e quindi la possibilità di essere riconosciuto come prevede la nostra Costituzione - ma anche riconoscendogli il diritto di appartenere ad una comunità familiare fatta di nonni, di zii, di fratelli, di cugini. È un provvedimento positivo, sereno, concreto che aveva nel senso e nel valore della famiglia il suo punto di riferimento focale e anche la sua anima, capace di dettare criteri e stili di inclusione molto forti. Di fatto, si tratta di un provvedimento che ha lo scopo di tutelare il diritto dei figli naturali ad essere riconosciuti e ad vedere riconosciuti i loro diritti. Esso vuole riconoscere, intensificare o contribuire a creare rapporti di parentela tra il figlio naturale e la famiglia dei genitori, riconoscendo al valore famiglia il suo ruolo prezioso ed insostituibile nello sviluppo sereno ed equilibrato del bambino. Dopo l'approvazione alla Camera del 30 giugno 2011, il Senato ha approvato però una modifica che, da sola, smonta la del provvedimento. Il 16 maggio scorso infatti è stato modificato l'articolo 251 del codice civile che vieta di riconoscere i figli incestuosi, approvandone una nuova versione inserita nel progetto di legge che stiamo esaminando. All'articolo 251 è stato infatti aggiunto il riconoscimento del figlio nato da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale in secondo grado. Un padre di conseguenza potrà riconoscere un figlio nato dal rapporto con la propria figlia. Quasi sempre - come è stato già detto e riconosciuto dai colleghi che mi hanno preceduto - si tratta di un rapporto violento, di uno stupro che ha visto la figlia in condizioni di vittima di una violenza esercitata nella propria famiglia. Vorrei quindi provare a dimostrare l'intrinseca contraddizione di questo punto rispetto all'impianto generale del provvedimento. Dettato inizialmente dal desiderio di rafforzare il senso della famiglia attuando modalità di inclusione nei confronti dei figli naturali, finisce col comprometterne pesantemente il valore più profondo perché offre una strana legittimazione a coloro che da sempre sono considerati gli «orchi domestici», coloro che fanno violenze ai figli, alle figlie quasi sempre, stuprandole o manipolandone la volontà fino a creare condizioni di dipendenza inaccettabili. La collega che ha appena terminato il suo intervento ha fatto riferimento a questo caso che ha veramente sorpreso, scandalizzato, commosso, lasciato stupefatta l'opinione del mondo intero davanti ad un padre che, per diciassette anni, ha tenuto segregata una figlia, violentandola e stuprandola potremo dire veramente a sua richiesta. Noi ci troviamo a ridiscutere questa proposta di legge in un lunedì che segue di una manciata di ore il giorno che abbiamo voluto dedicare alla lotta contro la violenza alle donne. In questo caso, insisto, la violenza è più drammatica che mai perché colpisce spesso una figlia adolescente incapace, almeno inizialmente, di sottrarsi alla distorsione affettiva e morale di suo padre. Stiamo ponendo quello che è il diritto di un bambino a conoscere, a riconoscere i propri genitori, a vedersi riconosciuto dai propri genitori, in una sorta di distorto dovere dei genitori a imporre un riconoscimento di paternità a un bambino che è nato strutturalmente dalla violenza più profonda di quello che è il senso della vita di famiglia. Vorrei ricordare in proposito una delle tragedie più conosciute dell'antichità che ha nell'incesto il suo punto nevralgico. Mi riferisco ad Edipo e al ciclo tebano, ossia alla storia mitologica della città di Tebe, dove si narra come Edipo, re carismatico ed amato, nel breve volgere di un solo giorno, davanti ad una pestilenza che colpisce il suo popolo, venga a conoscere l'orrenda verità sul suo passato: senza saperlo ha ucciso il proprio padre, per poi generare figli con la propria madre. Sconvolto da queste rivelazioni, che fanno di lui un uomo maledetto, Edipo reagisce accecandosi, perde il titolo di re di Tebe e va in esilio. Sappiamo tutti quanti quanto l'incesto di un uomo abbia generato la perdizione di una cultura, la perdizione di una società, che di questo ha voluto consegnare ai posteri uno dei drammi più straordinari che vengano raccontati, proprio perché si capisca che nella contraddizione con quella che è la legge naturale, con quelli che sono i vincoli naturali che legano un padre ed una figlia, il danno che ne segue è un danno contagioso e spesso veramente capace di creare molta più sofferenza di quanto apparentemente non potrebbe trovare e sollevare l'approvazione di un emendamento di questo tipo. Troppo nota la tragedia per cercare di riassumerla e troppo nota anche l'interpretazione che quasi duemila anni dopo ne dà Freud, quando pone il complesso di Edipo al centro delle sue teorie sulla sessualità e affida al superamento del complesso di Edipo la necessaria sfida con cui confrontarsi per raggiungere una buona maturità sessuale. L'incesto, a lungo considerato un tabù, è oggi reso brutalmente noto dalle cronache di casi in cui la violenza e la brutalità non riescono a trovare forme di comprensione nella pubblica opinione. Il senso comune si ribella a queste dinamiche incestuose, in cui i ruoli naturali vengono capovolti e perdono quella naturale dimensione di ordine che vede nella dinamica intergenerazionale la forza del nostro sistema familiare e sociale. Per quanto riguarda l'attuale disegno di legge così come è stato modificato dal Senato, ritengo che non sia nell'interesse di un bambino sapere e vedere certificata apertamente la propria origine incestuosa. In ogni cultura l'incesto è da sempre ritenuto un disordine da evitare e non certo da normare, nella maggioranza dei casi frutto di violenza. Riconoscere l'incesto significa togliere protezione giuridica a tutti i membri della famiglia. La modifica che riguarda l'incesto corre il rischio di minare profondamente l'ordinamento italiano, che ha sempre protetto i nati dall'incesto. Non a caso il codice penale, con l'articolo 564, stabilisce che chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente od un ascendente o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Da tempo, nei vari Paesi membri dell'Unione europea, vi è una forte tendenza verso la completa equiparazione tra i diritti di tutti i figli, siano essi nati nel matrimonio o al di fuori. Davanti ad un figlio non c'è bisogno di ulteriori qualificazioni. Sono i diritti dei figli, proprio in quanto figli, a dettare una norma di giustizia, che pone tutti i diritti dei figli sullo stesso piano. Nel nostro ordinamento è l'articolo 2 della Costituzione ad offrire la chiave di lettura del fondamento che la Costituzione stessa offre alla famiglia, attraverso gli articoli 29, 30 e 31. La parificazione di tutte le forme di filiazione, quale che sia la fonte di costituzione del legame giuridico, è conseguenza diretta dell'impianto costituzionale. La nascita conferisce a tutti i bambini gli stessi diritti e la legge riconosce loro una parità di opportunità, così come prevede l'articolo 30 della Costituzione: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se sono nati fuori dal matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità». Io non so se ci rendiamo conto che in questo modo noi stiamo andando a modificare questo stesso articolo 30 della nostra Costituzione, perché stiamo andando a modificare quella legge che detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità. Si tratta di ricerca della paternità a cui un figlio ha il diritto ad aspirare, soprattutto nella sua maggiore età, ma che non può diventare per lui una sorta di stigma che l'accompagna nella sua vita. Attualmente in Italia la percentuale dei figli nati fuori dal matrimonio è di poco superiore al 18 per cento, ma è più che raddoppiata negli ultimi dieci anni. Una proposta di legge che voglia affrontare le tematiche connesse con la filiazione non può prescindere da una riflessione sulla famiglia e sulla complessa rete di modalità relazionali che oggi ruotano intorno al più tradizionale dei modelli: quello previsto dalla Costituzione all'articolo 29, con le puntualizzazioni contenute proprio all'articolo 30 in relazione ai figli nati fuori dal matrimonio, i figli naturali. La parità di diritto è di fatto però ancora imperfetta e questo era l'obiettivo del disegno di legge in esame: rendere perfetta questa parità di diritti. Infatti, ad esempio, come sappiamo, ad un bambino nato fuori dal matrimonio, sullo stesso piano affettivo, non si riconoscono gli stessi diritti dei suoi fratelli, per esempio, nel rapporto con i nonni o con gli altri fratelli. Il riconoscimento dei diritti vale solo in linea ascendente verso i suoi genitori. Un nonno che volesse vedere i suoi nipotini e, viceversa, un bambino che volesse incontrare i suoi nonni, potrebbero non vedere riconosciuti i loro diritti ed essere in balia delle eventuali capricciosità di un genitore o della sentenza di un magistrato. Era a questa discriminazione che noi volevamo dare risposta con questo testo unificato di progetti di legge; è in questa chiave che sono stati presentati diversi provvedimenti, tra i quali - insisto - considero anche quello mia prima firma: voler riconoscere diritti di filiazione e diritti di famiglia autenticamente circoscritti a tutti i bambini. Anche sotto il profilo dei diritti ereditari, la situazione non è così semplice e lineare come potrebbe far auspicare il dettato costituzionale. Di qui, la necessità di una legge che chiarisca, completi e corregga quanto non è strettamente funzionale alle esigenze del bambino. In questo senso - insisto - vi è l'aspetto buono di questo provvedimento. È per questo che duole che in un provvedimento di questo tipo, percepito da tutta l'Aula come un provvedimento positivo, a favore della giustizia, a favore dell'uguaglianza, a favore della famiglia, comprese le implicazioni nell'asse ereditario, si sia voluto inserire questo che considero un gravissimo, cioè quello della legittimazione dei figli nati dall'incesto. Questa sorta di va a pregiudicare esattamente la naturale aspirazione di un figlio ad un rapporto di fiducia nei confronti dei suoi genitori. Come potrà mai un figlio, sapendo che è nato dalla violenza che il padre-nonno ha fatto a sua madre, essere orgoglioso di essere riconosciuto e di appartenere a questa famiglia? Ma nemmeno la consapevolezza del diritto ereditario potrà, in qualche modo, cancellare questa ferita. Io chiedo veramente, e in tal senso abbiamo anche presentato un emendamento, che questo «inserimento violento» che viene fatto in questo provvedimento - che di per sé stesso era all'insegna davvero della pace e di una trasversalità fortemente percepita dall'Aula -, che questo punto venga espunto, che venga cancellato. E, comunque, su questo aspetto, anticipo che noi faremo di tutto per chiedere il voto segreto, perché ogni parlamentare sia messo davvero davanti alla propria coscienza, come è stato detto; che si interroghi davvero su quale risposta dare all'incesto o su cosa significhi immaginare una situazione in cui un padre possa fare una violenza ripetuta sui propri figli e, per di più, vedere riconosciuta la propria paternità. Ma come possiamo noi stravolgere quella che è la relazione più profonda di fiducia, cioè quella che lega il rapporto di un bambino con suo padre? E come possiamo immaginare che questa violenza fatta dal padre alla madre possa, in qualche modo, non intaccare profondamente la stessa fiducia nei confronti dell'istituto familiare? È un caso molto grave quello che stiamo discutendo, colleghi. A me duole soltanto una cosa, che su questo punto vi sia una scarsa percezione nell'Aula. Io mi auguro che domani si possa intervenire, intervenire con chiarezza. Mi addolora anche l'anonimato della stampa: voglio dire che soltanto è intervenuto coraggiosamente e più volte a richiamare l'attenzione sul rischio di questo provvedimento. Mi sarebbe piaciuto che altri giornali, sempre così attenti, sempre anche così capaci di denunciare - come è successo nei giorni scorsi - come, a volte, la famiglia sia il teatro delle violenze esercitate, non abbiano sentito il bisogno di intervenire con chiarezza, con durezza, per stigmatizzare questo punto. Non possiamo passare sotto silenzio quello che stiamo facendo, e non lo faremo domani in Aula: chiederemo di intervenire, chiederemo di intervenire ai nostri colleghi, chiederemo il voto segreto, chiederemo tutto quello che è possibile per sollevare il problema. Ma questa legislatura, che, devo dire onestamente poco ha fatto sulla famiglia - salvo, forse, le detrazioni che sono state approvate con la recente legge di stabilità - non può chiudersi con questo di essere la legislatura che, in qualche modo, ha avallato l'incesto. Ci rifiutiamo che ciò possa accadere.
. La invito a concludere.
. Ce lo richiede la consapevolezza forte e profonda anche che la crisi che stiamo vivendo, come abbiamo detto ripetutamente, non è solo una crisi economica, ma è anche una crisi di natura etica. E questo è un aspetto importante dell'etica pubblica, è un aspetto importante dell'etica familiare, è un aspetto importante che tocca l'etica del Parlamento, perché non sia distratto nel momento in cui si vota una cosa così grave. A questo punto, io credo, spero, mi auguro che tutti i miei colleghi, tutti coloro che davvero credono nel valore della famiglia, ma anche tutti coloro che credono nella dignità della donna, ma anche tutti coloro che credono nella dignità e nel riconoscimento dei diritti dei bambini, abbiano davvero un sussulto, domani. Mi auguro veramente che, accettando la legge, se ne rifiuti però quella che io potrei considerarne la parte marcia .
. È iscritto a parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, come è stato già ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto, la materia oggetto dei progetti di legge di cui discutiamo oggi, rappresenta, senza dubbio, una necessità sociale prima ancora che politica. È stata sottolineata più volte l'esigenza di adattare le disposizioni del codice civile in materia di filiazione naturale alle mutate esigenze sociali per le quali la condizione di figlio naturale merita una sostanziale equiparazione a quella di figlio legittimo; esigenza che è espressione del sentire comune del quale, oggi, il Parlamento prende atto ratificando, per così dire, una situazione sociale già esistente. L'iter del provvedimento è iniziato, bisogna ricordarlo, con la presentazione di un disegno di legge governativo, ma abbiamo poi ritenuto che il tema non si prestasse ad una totale regolamentazione in via di delega governativa e quindi è passato al Parlamento, in prima lettura alla Camera, poi al Senato, e oggi è qui in terza lettura ed è il Parlamento che ha individuato direttamente la disciplina applicabile in materia di riconoscimento di figli naturali. Poi, l'articolo 2 del provvedimento contiene: delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione; il compito di uniformare la normativa residuale alle norme del codice civile è stato, dunque, delegato all'adozione di decreti legislativi, ma credo che tale formula non contrasti con lo spirito di base da cui abbiamo preso le mosse. Ritengo anzi giusto che l'adeguamento formale delle disposizioni codicistiche avvenga in via di delega poiché ciò può andare a vantaggio di una maggiore uniformità della normativa, una volta approvati dal Parlamento i principi cardine della riforma che fungono anche, con la necessaria riformulazione, da principi quadro entro cui delimitare la successiva emanazione dei decreti. Il testo a cui siamo giunti dopo gli interventi del Senato mi sembra rispettoso delle esigenze emerse dalla base dei consociati ed è stato redatto con grande perizia tecnico-normativa. È un testo che disciplina nel dettaglio il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio ed i suoi effetti, affermando, finalmente, che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico, ciò che era ormai indispensabile e improcrastinabile. Oltre alla normativa di dettaglio che incide direttamente sulle disposizioni del codice civile, il testo prevede nell'ambito della delega l'uniformazione ai nuovi principi anche delle norme sulla dichiarazione dello stato di adottabilità, ciò al fine di eliminare ogni discriminazione tra figli anche adottivi. L'introduzione, dell'articolo 315- del codice civile denota una particolare sensibilità alla necessità che i figli crescano in famiglia e mantengano rapporti con i parenti, fatti determinanti per la formazione della propria identità storico familiare e culturale. Con ciò si spiega pure la conseguente affermazione del diritto del figlio ad essere ascoltato in tutte le questioni che lo riguardano, fissando nei dodici anni un limite di età non assoluto; si presume che a dodici anni un bambino abbia la capacità di discernimento necessaria affinché la propria opinione sia ascoltata e tenuta in considerazione ma non si esclude che ciò possa avvenire anche prima di quell'età, qualora il bambino si dimostri già capace di comprendere i termini della questione che lo riguardano. Per tali ragioni non posso che esprimere, dunque, il mio personale favore ai progetti di legge in esame che mi sembrano una apprezzabile sintesi delle molteplici esigenze sia politiche che giuridiche emerse nel corso dell'iter legislativo. Da ultimo, dopo le modifiche introdotte dal Senato sottolineo che avevo presentato in Commissione alcuni emendamenti a titolo personale che riguardavano esclusivamente il tema del giudice competente.
. La prego di concludere.
. Mi avvio a concludere, Signor Presidente. Nonostante sia convinto che avrebbero potuto migliorare il testo in esame li ho ritirati proprio per favorire la rapida approvazione del provvedimento così com'è arrivato dal Senato senza che fossero apportate modifiche. Ritengo infatti prevalente l'interesse a raggiungere le finalità che tali progetti di legge vogliono realizzare, ovvero l'eliminazione dall'ordinamento giuridico della discriminazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori di esso. Mi sembra che sia importante, dunque, da parte di tutti, tenere un atteggiamento responsabile, che dimostri una certa disponibilità a mettere da parte le proprie istanze in favore di una sollecita approvazione della riforma nel suo aspetto più sostanziale. La ringrazio, Presidente, anche per i minuti in più che mi ha voluto concedere.
. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
. Prendo atto che il relatore, onorevole Mussolini, ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato dei progetti di legge, già approvati, in un testo unificato, dalla Camera modificato dal Senato, d'iniziativa dei deputati Buttiglione ed altri; Stucchi ed altri; Gozi ed altri; Pescante ed altri; d'iniziativa del Governo: Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 20 novembre 2012.
. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Lega Nord Padania ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Avverto, altresì, che la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente. Il relatore, onorevole Gottardo, ha facoltà di svolgere la relazione.
, . Signor Presidente, onorevoli colleghi, il 23 marzo 2011, oltre un anno e mezzo fa, illustravo a questa Assemblea il testo del provvedimento in esame, frutto di un complesso e approfondito lavoro svolto dalla XIV Commissione in prima lettura che, partendo da cinque distinte proposte di legge, una delle quali di iniziativa governativa, era pervenuta ad approvare all'unanimità un testo unificato. Dicevo in quella sede che il Parlamento era chiamato a scrivere una bella pagina della storia del Paese, consentendo all'Italia di adempiere in modo compiuto al processo di formazione degli atti dell'Unione europea, di adeguarsi alle nuove disposizione del Trattato di Lisbona, ma soprattutto di rendere più efficace, sia nella fase ascendente di formazione del diritto dell'Unione europea, che nella fase discendente del suo recepimento nell'ordinamento nazionale, l'azione «sistema Italia». Oggi non posso che confermare la soddisfazione per il testo di legge che la Camera è chiamata ad approvare, auspicabilmente in via definitiva. Il lunghissimo esame svoltosi al Senato, che si è protratto per oltre un anno e mezzo, non ha infatti modificato l'impianto originario del provvedimento. Il tema che affrontiamo è quello di una fondamentale riforma di sistema, che riguarda il modo dell'Italia di fare politica europea. Senza dilungarmi nell'illustrazione dei 61 articoli che compongono il testo, voglio qui richiamare l'attenzione dei colleghi su quelli che considero i tre aspetti centrali della riforma. Il primo è costituito dal potenziamento del ruolo del Parlamento nel processo legislativo europeo attraverso un maggiore coinvolgimento delle Camere nelle decisioni assunte e la definizione puntuale di numerosi obblighi informativi in capo all'Esecutivo. Tutto ciò si pone in linea con l'esigenza - da ultimo evidenziata nella relazione intermedia del Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, predisposta in cooperazione con i Presidenti della Commissione europea, dell'Eurogruppo e della Banca centrale europea - di rafforzare la legittimità democratica dei processi decisionali dell'Unione europea, da conseguire anche attraverso la sempre più ampia partecipazione dei Parlamenti nazionali. In tal senso occorre leggere le norme del Capo II, specificatamente dedicato alla partecipazione del Parlamento alla definizione della politica europea dell'Italia e al processo di formazione degli atti dell'Unione europea. Si interviene in primo luogo - mi riferisco agli articoli 3, 4, 6 e 7 - per rafforzare i rapporti tra Parlamento e Governo, rendendo sistematici e vincolanti gli obblighi informativi che fanno capo all'Esecutivo, sinora adempiuti in via di prassi e in misura discontinua. Il Parlamento, cioè, deve conoscere meglio e prima ciò che succede a livello europeo. Nella stessa direzione interviene l'articolo 5 (già introdotto dalla XIV Commissione nel disegno di legge comunitaria per il 2012 in quest'Aula) con una attenzione specifica agli atti dell'Unione europea che intervengono in materia finanziaria e monetaria o comunque che producono effetti rilevanti sulla finanza pubblica, come è il caso, ad esempio, del . Il combinato disposto di queste norme consente al Parlamento, attraverso il Governo, di accedere ad una mole di informazioni assai più ampia che in passato, ciò che potrà determinare - è questo uno degli obiettivi che si intende raggiungere - un circuito politico virtuoso. Effetti positivi dovrebbe avere anche la previsione recata dal comma 3 dell'articolo 3, inserita al Senato, che prevede l'assistenza documentale informativa della rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea nei confronti delle Camere. Si attiva, così, una ulteriore fonte, autonoma e diretta, di informazione al Parlamento. Viene, altresì, confermato il meccanismo delle relazioni periodiche del Governo alle Camere (articoli 13 e 16), disciplinata l'informazione delle Camere in merito alla nomina di membri italiani di istituzioni dell'Unione europea (articolo 17), e previsto il dovere informativo con riferimento alle procedure giurisdizionali di precontenzioso (si tratta degli articoli 14 e 15), ciò che ci auguriamo possa consolidare la tendenza alla diminuzione del numero di procedure di infrazione (che sebbene si sia significativamente ridotto dall'inizio della legislatura - da 176 procedure nel luglio 2008 alle 101 attuali - ci pone sempre in coda nella classifica dei 27 Paesi europei). Mi permetto di sottolineare alcuni dati: rispetto al numero delle procedure di infrazione pendenti, se al 31 dicembre 2002 erano 201 e sono salite fino a 272, registriamo, all'avvio della XV legislatura, cioè nel 2006, un numero di 244, al 31 luglio 2008 176, al 30 settembre 2011 129, al 6 novembre 2012 l'ultimo dato registrato è di 101, con l'auspicio e l'aspettativa che possano scendere sotto alle 100 entro il 31 dicembre del 2012. Merito di questi risultati deve essere riconosciuto non solo al Governo, ma anche al Parlamento e - se permettete - al lavoro fatto anche nella XIV Commissione della Camera dei deputati. Ulteriori disposizioni concernono la partecipazione delle Camere alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà (articolo 8) e la partecipazione delle Camere al dialogo politico con le istituzioni dell'Unione europea (articolo 9, inserito nel corso dell'esame al Senato). In particolare - ribadendo quanto disposto, nel caso della Camera, dal parere della Giunta per il Regolamento del 6 ottobre 2011 e dalle modalità consolidatesi nella prassi - si prevede che, fatta salva la procedura di allerta precoce per la valutazione di sussidiarietà, le Camere possano far pervenire alle istituzioni dell'Unione europea, e contestualmente al Governo, ogni documento utile alla definizione delle politiche europee, tenendo anche conto di eventuali osservazioni e proposte formulate dalle regioni e dalle province autonome e dalle Assemblee dei consigli regionali delle province autonome. Le prerogative delle Camere nei confronti del Governo sono infine contenute negli articoli 10, 11 e 12, che disciplinano rispettivamente, la riserva di esame parlamentare (è di 30 giorni il periodo nel quale il Governo, in attesa della pronuncia delle Camere, non può procedere alle attività dirette alla formazione degli atti dell'Unione europea oggetto di esame parlamentare), le procedure semplificate di modifica dei Trattati o di decisioni la cui entrata in vigore è subordinata alla previa approvazione degli Stati membri, e l'attivazione del cosiddetto «freno di emergenza» con il quale uno Stato membro può chiedere in seno al Consiglio che le decisioni in ambito PESC, in materia di libera circolazione dei lavoratori, riconoscimento reciproco delle sentenze ed introduzione di ulteriori sfere in cui stabilire norme minime relative alla definizione di reati e sanzioni, siano rimesse al Consiglio europeo. Il Capo III della legge (articoli 18-21) reca disposizioni in materia di coordinamento della partecipazione italiana al processo normativo dell'UE. Le disposizioni del Capo IV (articoli 22-27) riguardano la partecipazione delle regioni, delle province autonome, e delle autonomie locali, al processo di formazione degli atti. Il Capo V disciplina il coinvolgimento delle categorie produttive e delle parti sociali nella fase di formazione della posizione italiana su iniziative dell'Unione europea. Il secondo elemento caratterizzante del provvedimento, cui è dedicato il Capo VI, è costituito dall'esigenza di rendere più efficace lo strumento del disegno di legge comunitaria, che dovrebbe garantire il tempestivo recepimento della normativa dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale e, nel contempo, depurare questi strumenti normativi da elementi estranei al loro oggetto proprio, che troppo spesso ne hanno rallentato l'. A tal fine è previsto lo sdoppiamento dell'attuale disegno di legge comunitaria in due distinti strumenti per l'attuazione del diritto europeo nell'ordinamento nazionale, ovvero la legge di delegazione europea e la legge europea (articoli 29, 30, 31). La prima, la legge di delegazione europea, da presentare alle Camere entro il 28 febbraio, dovrà assicurare l'adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea, indicando le disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive. La seconda, la legge europea, conterrà invece le disposizioni modificative o abrogative di norme interne oggetto di procedure di infrazione o di sentenze della Corte di giustizia, quelle necessarie per dare attuazione agli atti dell'Unione europea e ai Trattati internazionali conclusi dall'UE e quelle emanate nell'ambito del potere sostitutivo. È stata inoltre introdotta la possibilità per il Governo, nel caso in cui insorgessero nuove esigenze di adempimento, di presentare entro il 31 luglio di ciascun anno un ulteriore disegno di legge di delegazione europea relativo al secondo semestre dell'anno (articolo 29, comma 8), nonché l'ulteriore facoltà per il Governo, in casi di particolare importanza politica, economica e sociale, anche in considerazione di particolari atti di indirizzo delle Camere, di presentare un apposito disegno di legge volto a dare attuazione a un singolo atto normativo dell'Unione europea (articolo 38). Queste misure dovrebbero evitare per il futuro che la legge di delegazione europea e la legge europea, possano assumere il carattere, come purtroppo è assai spesso avvenuto per la legge comunitaria, di provvedimenti e anche di garantire il recepimento, nei termini prescritti, degli atti normativi dell'Unione europea con una conseguente riduzione delle procedure di infrazione a carico del nostro Paese. Gli articoli successivi del Capo VI dettano disposizioni che di norma erano previste nelle singole leggi comunitarie, quali i principi ed i criteri generali di delega (articolo 32) e la delega per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi (articolo 33). L'elemento di maggior rilievo, sul quale richiamo l'attenzione, è l'introduzione di un ulteriore principio di delega, relativo al cosiddetto volto ad evitare la possibilità che, in sede di recepimento degli atti normativi europei, siano introdotti nella normativa nazionale livelli di regolazione più restrittivi rispetto a quelli richiesti dalle direttive stesse (articolo 32). La XIV Commissione aveva già provveduto a introdurre una norma analoga nel disegno di legge comunitaria 2012, poi recepita nel provvedimento in esame, proprio perché dall'esperienza della XIV Commissione, ci si è resi conto di come molto spesso venivano incolpate le direttive dell'Unione europea di norme che erano penalizzanti, quando invece l'effetto di queste norme era dovuto a decisioni di carattere nazionale. Sono quindi disciplinati il recepimento di direttive in via regolamentare ed amministrativa (articolo 35), l'attuazione di atti di esecuzione dell'Unione europea (articolo 36), le misure urgenti per l'adeguamento agli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea (articolo 37), le relazioni sul mancato o ritardato recepimento di direttive europee (articolo 39), il recepimento delle direttive europee da parte delle regioni e delle province autonome (articolo 40) e i poteri sostitutivi dello Stato (articolo 41). Il terzo elemento saliente del provvedimento, contenuto nel Capo VII, riguarda il contenzioso, con una modernizzazione radicale dei meccanismi di interfaccia con la Corte di giustizia dell'Unione europea. Si pone fine, con queste norme, alla situazione che vedeva lo Stato italiano, così come le regioni, sempre difesi dinnanzi alla Corte di giustizia, dall'Avvocatura dello Stato, benché il coordinamento dei meccanismi di difesa non fosse necessariamente rimesso all'Avvocatura medesima. Il comma 3 dell'articolo 42 prevede, invece, che agente del Governo italiano previsto dall'articolo 19 dello statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, sia nominato un avvocato dello Stato con effetti certamente positivi sullo svolgimento del contenzioso. Vi sono poi le norme del capo VIII (articoli da 44 a 52) che introducono nell'ordinamento norme in materia di aiuti di Stato, con l'intento di disciplinare le principali problematiche emerse nella prassi in questa materia, riproducendo senza modifiche di rilievo il testo degli articoli da 41 a 48 come approvato dalla Camera. Nel corso dell'esame al Senato è stato inserito un nuovo articolo 47, probabilmente dettato dalla contingenza dei recenti eventi sismici, che detta norme in materie degli aiuti pubblici per le calamità naturali. Il capo IX dagli articoli 53 a 61 reca disposizioni transitorie e finali. Voglio, infine, segnalare che nel corso dell'esame al Senato, anche a seguito di una richiesta in tal senso da noi avanzata alla relatrice presso il Senato, il riferimento al Ministro delle politiche europee, è stato opportunamente sostituito con quello al Ministro degli affari europei, tenendo conto della delega di funzioni attualmente attribuite al Ministro medesimo. Si tratta di un elemento positivo di rafforzamento del ruolo del Ministro, anche volto a consentire che il Dipartimento per gli affari europei divenga un punto di coordinamento forte ed efficace, condizione necessaria affinché il nostro Paese possa svolgere un ruolo significativo nei processi negoziali. Ricordo, in conclusione, che il Trattato di Lisbona è entrato in vigore il 1o dicembre 2009 e che, a 3 anni di distanza, l'approvazione definitiva del provvedimento in esame è di estrema urgenza. Voglio rilevare come, sinora, nel corso dell'iter in commissione, tutti i gruppi si siano impegnati per raggiungere questo importante risultato. Non è stato, infatti, presentato nessun emendamento e nessuna delle commissioni competenti in sede consultiva si è espressa con condizioni. Si tratta di un risultato che ritengo sia anche frutto della comune consapevolezza che in questa fase è prioritaria, prima di ogni altra considerazione, l'entrata in vigore della legge e che vi è la volontà di attenersi al testo definito dal Senato, senza modifiche che implicherebbero un ulteriore passaggio presso l'altro ramo del Parlamento. Del resto, tutto ciò è sancito dal fatto che risulta non siano stati presentati emendamenti per l'Aula al testo in esame. Questo non significa certo che il testo non sia ulteriormente migliorabile, come sempre avviene nel caso di interventi normativi di così ampia portata.
. Onorevole Gottardo, la prego di concludere.
, . Ho finito. Il provvedimento reca alcune piccole incongruenze, che i pareri formulati in particolare dalla I e dalla III Commissione hanno contribuito a segnalare e che potranno essere oggetto di successivi interventi di modifica. Poiché ritengo, tuttavia, assolutamente prioritario che la riforma possa essere approvata dall'Assemblea in via definitiva in tempi rapidi, auspico che il testo venga approvato nei tempi più celeri possibili. Concludendo, ritengo, signor Presidente, onorevoli colleghi, che questa sia una riforma importantissima per l'Italia e un contributo fondamentale per un'Europa capace di interfacciarsi con la vita reale dei cittadini. Sarebbe importante che il sistema dell'informazione, che giustamente rende conto della causa dell'euroscetticismo cresciuto nel nostro Paese, dedicasse un po' di attenzione agli obiettivi che questa riforma si propone. Come ho già detto, con questa legge facciamo fare al «sistema Paese» un salto di qualità. Mai termine è stato più appropriato, tenuto conto delle difficoltà del nostro Paese a «fare sistema» per rendere l'Europa una opportunità e non più un problema. Per questo, alle nuove forme più efficaci di coordinamento del «sistema Paese» verso l'Europa, si deve aggiungere la necessità di rafforzamento della legittimazione democratica del processo legislativo europeo, ed è ciò che vogliamo. Non vogliamo più essere maglia nera in Europa per il numero di procedure di infrazione. Non utilizziamo bene i fondi strutturali e, invece, dobbiamo farlo. Dobbiamo fare in modo che le misure europee volte alla crescita e al potenziamento del mercato vengano non solo formalmente recepite, ma tradotte in effetto pratico, grazie al fatto che le forme di coordinamento qui previste possano rimediare alle difficoltà che incontriamo nella fase discendente per effetto del titolo V della nostra Costituzione che spesso è anche causa di procedure di infrazione.
. Onorevole Gottardo, deve concludere...
, . Basta leggere i rapporti della Commissione sulla «direttiva allargamento». Concludendo, insomma, tutto ciò per risparmiarsi un'immagine, che spesso è negativa, di un Paese membro indisciplinato e poco capace di fare sistema. Ricordiamoci che nel «condominio europeo» noi siamo terzi per millesimi, come ricorda il Ministro, e siamo il terzo conferitore netto. Spendere meglio e diventare più efficaci, aiuta a ridurre il differenziale di contributore netto, la cui dimensione non si misura solo con il parametro della solidarietà - siamo un Paese solidale - ma anche con quello dell'efficacia, ed è ciò che dobbiamo diventare .
. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, questa mattina - intervengo per segnalare questo accadimento - in via dell'Imbrecciato 136, alla Magliana, a Roma, è stato eseguito dalla forza pubblica uno sfratto esecutivo per morosità nei confronti di una famiglia conduttrice di un alloggio di proprietà del fondo pensioni della Banca di Roma; una famiglia che, però, fino ad oggi ha regolarmente pagato l'affitto al fondo. Questa famiglia dovrà lasciare l'alloggio entro il 30 gennaio. Dalle informazioni che provengono dalle organizzazioni sindacali che hanno seguito la vicenda, sembra, tuttavia, che l'alloggio fosse stato già venduto dal fondo ad un terzo, che, non recependo l'affitto, ha promosso lo sfratto. Se queste informazioni fossero confermate, saremmo di fronte ad una situazione paradossale e assolutamente ingiusta, che confermerebbe la situazione di incertezza, di precarietà e di grave confusione burocratica in cui si trovano le famiglie che sono oggi investite dal dramma della dismissione delle case degli enti, pubblici e privatizzati, previdenziali, delle casse e dei fondi. Per queste famiglie in Parlamento ci stiamo impegnando perché si pervenga ad una moratoria che impegni il Governo ad un riordino di questa materia e che coniughi criteri di equità e giustizia sociale e la necessità di reperire risorse fresche per gli enti pensionistici e per gli oneri previdenziali che devono onorare. In questo senso - ho concluso - nei giorni scorsi si è anche, in qualche modo, pronunciato pubblicamente sulla stampa il Governo, attraverso una proposta di soluzione che il Ministro Riccardi ha avanzato nell'ambito del disegno di legge di stabilità; una proposta che, però, non ha potuto fare passi concreti per i tempi, ormai stretti, di approvazione del provvedimento. Faccio appello, attraverso il Ministro dell'interno Cancellieri e il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione Riccardi, al prefetto e al questore di Roma, perché si faccia luce su quello che è accaduto questa mattina, e alla Presidenza della Camera e alla Conferenza dei presidenti di gruppo, perché, al più presto, si approvino le mozioni parlamentari che sono state già dibattute e proposte da tutti i gruppi della Camera, dal PD, dal PDL e dall'UdC, sulle vendite e sul rinnovo dei contratti di affitto delle case degli enti e dei fondi delle casse previdenziali dello Stato, pubbliche e privatizzate.
. È iscritto a parlare l'onorevole Formichella. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor Ministro, inizio questo intervento sulla modifica della legge n. 11 del 2005 con una battuta: meglio tardi che mai. Questa battuta racchiude, più o meno, tutto il percorso che noi abbiamo fatto fin qui, perché vale la pena di ricordare che questa riforma, che è una riforma sistemica per quanto riguarda il nostro Paese e per quanto riguarda il recepimento nel nostro ordinamento della normativa europea, viene da lontano, viene da quando, qualche anno fa, nella XIV Commissione, abbiamo iniziato a parlare dell'importanza di questa riforma, perché capivamo le difficoltà che avevamo in Commissione per svolgere in maniera efficiente il lavoro che la Commissione stessa è tenuta a compiere. Abbiamo immaginato, all'epoca, una serie di testi, su cui abbiamo lavorato. Ogni gruppo presente in Commissione ha dato il proprio contributo: abbiamo lavorato insieme e siamo riusciti, ognuno facendo qualche piccola rinuncia, a creare un testo condiviso, che poi è stato il testo che finalmente, un anno e mezzo fa, è approdato in quest'Aula, ed è stato da essa approvato. Come giustamente ha ricordato il relatore Gottardo, il lunghissimo esame che si è svolto al Senato e che è durato più di un anno e mezzo non ha apportato sostanziali modifiche all'impianto del testo unificato che noi oggi andiamo ad approvare. Questo per dire che, probabilmente, avremmo potuto fare più in fretta e magari qualche comunitaria l'avremmo potuta fare meglio e forse qualche procedura di infrazione l'avremmo potuta recuperare prima, però probabilmente è così che deve funzionare il sistema parlamentare nel nostro Paese e noi, che ci siamo dentro, ci siamo adeguati a questo tipo di funzionamento. Detto ciò - che credo sia una premessa utile per quello che abbiamo fatto - ritengo che questo provvedimento è importante per una serie di motivi, ma in particolare per due motivi. Il primo, perché potenzia il ruolo del Parlamento nazionale attraverso un maggiore coinvolgimento da parte del Governo rispetto alle Camere, ma, soprattutto, velocizza, nella fase di recepimento della normativa europea, il processo di diminuzione delle procedure di infrazione. Questo per noi diventa importante perché, come ricordava sempre il relatore Gottardo, l'Italia non è che brilli... per poche procedure di infrazione. Allora, faccio un plauso in particolare al presidente Pescante, perché ha avuto la caparbietà di spingere sempre sulla direzione dell'approvazione della legge n. 11 del 2005. Ringrazio anche il Ministro Moavero Milanesi che in questi ultimi mesi ha perfettamente capito quella che era l'esigenza della nostra Commissione e ci è stato molto vicino per velocizzare il tutto. Credo che l'approvazione di questa riforma sistemica della legge n. 11 del 2005 diventi un fatto importante per il nostro Paese perché, come ha detto giustamente il relatore Gottardo, dobbiamo rendere l'Europa un'opportunità e non un problema. Con questo slogan, credo che possiamo essere contenti del lavoro che abbiamo fatto .
. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor Ministro, noi non abbiamo presentato emendamenti, riteniamo, quindi, che sia necessario procedere rapidamente all'approvazione di questo provvedimento, anche perché appunto il tempo che è passato dall'inizio della sua discussione è stato anche troppo. È vero che le parti modificate dal Senato, per cui ci troviamo a discuterne in prima lettura, hanno anche un loro significato, qualcosa anche con qualche nostra riserva, perché noi continuiamo a creare sovrastrutture e non ne eliminiamo mai di altre, ad esempio il nuovo contingente di 20 unità da utilizzare per il funzionamento del CIACE. È vero che si tratta di personale in posizione di comando proveniente da altre amministrazioni, ma, certamente, se lo è vuol dire che non era utile da qualche altra parte e, forse, si poteva evitare magari di applicare il o, comunque, di sostituirlo, risparmiando così sulla spesa pubblica, che credo in questo momento ne abbia gran bisogno. Credo che dobbiamo abituarci, invece che a creare strutture nuove, ad eliminarne qualcuna e magari ristrutturare quello che c'è. Peraltro, credo che le altre modifiche che sono state introdotte, come quella che rende più pregnante la partecipazione del Parlamento al processo decisionale, in base a quanto previsto dall'articolo 3, e il fatto che, come previsto dall'articolo 9, le Camere possano comunque intervenire indipendentemente, anche in via residuale, mi sembrano altrettanto significative. Così come la consultazione prevista dall'articolo 5 sugli accordi in materia finanziaria e monetaria mi pare altrettanto degna di nota. Per quanto riguarda il resto, voglio solo citare una cosa che per me è importante - e con questo anche concludo il mio intervento - perché ha anche un senso la parte che è stata introdotta all'articolo 47 sugli aiuti pubblici per le calamità naturali. Infatti ciò che manca, secondo me, al nostro Paese - e ogni volta che c'è una calamità naturale ce ne rendiamo conto - è una sorta di provvedimento cornice, che renda esattamente identiche le metodologie e le modalità di intervento da parte dello Stato, tutte le volte che siamo in presenza di calamità naturali, in modo che ci sia anche un comportamento esattamente equo nei confronti di tutte le popolazioni che si trovano colpite da queste calamità. Oggi noi ci troviamo a rincorrere ogni volta situazioni, rispetto alle quali lo Stato si presenta e agisce in modo difforme, dando qualche volta di più, qualche volta di meno, creando semplicemente un malcontento rispetto ad un problema che è esattamente identico, che capiti a Trento piuttosto che a Palermo. Questo secondo me è sbagliato. Pertanto, il fatto che in qualche modo si sia creato un meccanismo, valido per chiunque e in ogni situazione, a me pare abbastanza importante, sia pure limitatamente all'intervento che poteva riguardare la questione degli aiuti pubblici concessi facendo riferimento, appunto, all'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Considero già concluso il mio intervento. Come ho già detto, ci sarà il parere favorevole del nostro gruppo, quindi ci attendiamo che rapidamente si passi all'approvazione definitiva del provvedimento
. È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, prenderò un po' più di tempo dei colleghi perché ci tengo molto, politicamente e anche personalmente, visto il lavoro che ho fatto e abbiamo fatto in questa legislatura con riferimento a questo provvedimento. Ci tengo anche rispetto al pessimo spettacolo che l'Europa di Bruxelles ha dato la scorsa settimana. Penso che sia una bella risposta, quella che noi a Roma diamo, perché la scorsa settimana a Bruxelles è andata in onda l'Europa dell'egoismo e l'Europa della miopia. Credo che, invece, oggi noi scriviamo una delle più belle pagine di questa legislatura, approvando un'importante riforma di iniziativa parlamentare, che è nata qui alla Camera, che è nata nel lavoro di Commissione, su come si fa e come si farà meglio - e io credo anche più - la politica europea dell'Italia. Infatti, l'obiettivo fondamentale di questa riforma, della riforma della legge n. 11 del 2005, è proprio quello di avere una politica europea più democratica e più efficace. Noi del Partito Democratico abbiamo voluto questa riforma sin dalla fine della scorsa legislatura e dall'inizio di questa legislatura, però io voglio apprezzare moltissimo la collaborazione che abbiamo trovato da parte di tutti gruppi, da parte del presidente Pescante e da parte dei tre Ministri che si sono susseguiti - e, da ultimo, il Ministro Moavero Milanesi - in questa riforma, perché è veramente una riforma nell'interesse del Paese. Quindi, credo che dobbiamo essere tutti molto soddisfatti e credo che, come diceva giustamente il relatore, anche a livello di attenzione pubblica e mediatica, queste belle pagine, pagine positive, pagine in cui in Parlamento tra Governo e gruppi politici si lavora in maniera concreta per migliorare qualcosa che è molto importante, che è il nostro modo di stare in Europa e il nostro modo di vivere l'Europa in Italia, meriterebbero e meriteranno molta più attenzione di quanta ne abbiano avuto negli anni scorsi. È una riforma che parte da una doppia constatazione, che vedo con molto piacere finalmente si sta diffondendo anche nel Parlamento italiano, se devo guardare anche al dibattito che si è svolto al Senato in sede di dichiarazioni di voto. La prima constatazione è che la politica europea non è più politica estera e che, anzi, è la parte centrale della politica interna di ogni Paese e, come tale, non come una questione esterna, ma come la parte centrale della politica di un Paese, va trattata e quindi occorre adeguarvi i procedimenti, i processi, gli strumenti e anche la mentalità, la cultura politica delle istituzioni, che con essa devono ovviamente confrontarsi. Quindi, come tale, deve essere al centro degli interessi del Parlamento. La seconda constatazione è che l'Europa del dopo Trattato di Lisbona è un'Europa molto più parlamentare, molto più parlamentare non solo per il maggior ruolo che è giustamente riconosciuto al Parlamento europeo, ma anche per l'ingresso - direi ufficiale - nell'architettura istituzionale in qualche modo dell'Unione europea, dei Parlamenti nazionali. Quindi, abbiamo il dovere e abbiamo l'interesse di adattarci per partecipare meglio, pienamente alla nuova vita democratica dell'Unione, il che è tra l'altro uno degli obiettivi del nuovo Trattato di Lisbona e quindi, è chiaro - e questo provvedimento lo fa -, occorre riconoscere al Parlamento nuovi poteri di indirizzo e di controllo, occorre organizzare nuovi processi che facciano uscire la politica europea dell'Italia dalla logica degli specialisti. Perché certamente occorre occorrono competenze tecniche. La politica europea non si improvvisa - lo sappiamo bene - e, con l'esperienza che ha maturato in Europa, lo sa benissimo il Ministro Moavero Milanesi, ma proprio noi, i cosiddetti esperti dell'Europa, abbiamo interesse a far uscire la questione europea dalla logica degli specialisti e a farla entrare in un dibattito politico pubblico più ampio, nazionale e credo che anche da questo punto di vista sia un passo in avanti quello che compiamo con questa riforma. Ci sono poi dei miglioramenti sostanziali nel rapporto tra Parlamento e Governo: penso all'assistenza documentale e informativa da parte della stessa rappresentanza permanente rispetto al Parlamento; penso a quell'obbligo di informare e consultare il Parlamento in capo al Governo, soprattutto - non solo ma soprattutto - sugli accordi in materia finanziaria e monetaria. La riforma riproduce il testo della comunitaria 2012, che avevamo concepito qui alla Camera, ma è un segnale molto importante in un punto sensibile delle questioni europee, e cioè le questioni finanziarie e monetarie, che richiedono un'attenzione particolare, un controllo democratico particolare, un dialogo rafforzato tra Governo e Parlamento. Certo, poi c'è il dialogo più generale di politica europea tra Governo e Parlamento, la partecipazione delle Camere al principio di sussidiarietà. Sono tutte riforme molto importanti, che danno piena attuazione e ci permettono di realizzare pienamente l'Europa parlamentare del Trattato di Lisbona. Una politica europea quindi che deve essere trattata meglio nelle Aule parlamentari, ma che deve uscire anche dalle Aule parlamentari, deve uscire degli uffici governativi, che va fatta vivere nel dibattito pubblico del Paese, perché in realtà quello che cerchiamo di organizzare, quello che stiamo tentando di organizzare, è un sistema a rete, aperto, che dal punto di vista del Parlamento mira a responsabilizzare tutte le Commissioni parlamentari attorno ad una Commissione che si occupa costantemente delle questioni comunitarie e così facciamo rispetto al Governo e rispetto alle amministrazioni centrali e locali, perché si migliora il potere di coordinamento del Governo e della Presidenza del Consiglio e si rafforza la partecipazione delle regioni, degli enti locali e delle parti sociali ai processi decisionali, e quindi certamente è una vera riforma del sistema. Penso anche ai miglioramenti apportati alla sessione europea della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, al rilievo che si dà al ruolo dei consigli regionali e delle province autonome per quanto riguarda il rispetto del principio di sussidiarietà, per quanto riguarda la partecipazione alla formazione dei dati normativi e al loro recepimento. E proprio rispetto al recepimento un altro passo in avanti molto importante lo compiamo attraverso lo sdoppiamento della cosiddetta legge comunitaria, con l'introduzione di due strumenti: la legge di delegazione europea e la legge europea, che hanno proprio lo scopo di rendere più tempestiva ed efficace l'attuazione delle norme europee e che sono il compimento in un processo che in questi anni abbiamo avviato e che ha introdotto tutta una serie di norme, anch'esse di sistema, orizzontali, non solo per migliorare i processi, ma anche per meglio tutelare e meglio bilanciare gli interessi nazionali con l'interesse europeo. Penso, da ultimo, alla norma sul e sul divieto di norma orizzontale che ci permette di evitare che le norme europee vengano utilizzate per aggravare gli oneri che incombono, ad esempio, sulle imprese, una norma anch'essa concepita qui alla Camera e che il Senato ha ripreso inserendola nella riforma della legge n. 11 del 2005, ma che è una di quelle norme che servono a vivere meglio l'Europa e ad attuarla, recepirla nelle sue norme, in una maniera più equilibrata. Ricordo ai colleghi che qualche anno fa abbiamo adottato una norma simile, quella del divieto di discriminazioni al contrario nell'attuazione delle norme europee e nei rapporti tra cittadini italiani e cittadini europei. Sono tutti pezzi, tutti tasselli di un mosaico che prende completamente forma oggi con la riforma della legge n. 11 del 2005 e che adesso dovremo far vivere in pratica, attuando la filosofia e le norme specifiche. Riorganizziamo - lo ricordavo - il coordinamento in capo alla Presidenza del Consiglio, prendendo spunto anche dalla buona prassi che è stata inaugurata dal Governo Monti e di cui credo che dobbiamo essere tutti consapevoli, cioè il ruolo del Ministro degli affari europei, e per questo noi abbiamo voluto nominarlo Ministro degli affari europei, in questa fase. Abbiamo visto come deve operare il Ministro degli affari europei, qual è il ruolo, qual è il suo rapporto con il Presidente del Consiglio, quale è il suo rapporto di coordinamento, qual è il suo rapporto di punto di riferimento all'interno di una rete amministrativa. Ed è questa certamente l'esperienza e la buona prassi che abbiamo inaugurato e sulla quale noi dobbiamo, vogliamo e possiamo costruire grazie alla riforma della legge n. 11 del 2005. A questo servirà anche la revisione del Comitato interministeriale per gli affari europei. Serviranno anche quelle venti unità che verranno distaccate dalle altre amministrazioni alla Presidenza del Consiglio. Perché lo voglio ricordare: certamente siamo in epoca di e certamente dobbiamo fare meglio con meno, però vorrei ricordare che l'organo corrispondente, al quale del resto nel 2005 l'Italia si è ispirata, cioè l'organo francese di coordinamento, dispone di 250 funzionari. Il Comitato alla Presidenza del Consiglio, invece, ha venti unità in più, rispetto ad un numero che rimane ancora molto ridotto. Certamente non sono io a chiedere maggiore spesa nella pubblica amministrazione, però dobbiamo anche capire le ragioni per cui abbiamo indicato la necessità di valorizzare e di rafforzare, anche a livello quantitativo, le presenze di funzionari presso il Dipartimento delle politiche europee, così come finalmente diamo delle indicazioni, che io spero più efficaci, per la valorizzazione degli esperti nazionali distaccati, che è appunto un altro buco nero nell'esperienza amministrativa italiana. Sappiamo benissimo quanto altre amministrazioni di altri Paesi - penso all'amministrazione britannica, a quella francese e a quella tedesca - siano riuscite ad utilizzare, sfruttare e valorizzare molto meglio il sistema degli esperti nazionali distaccati. Certamente, quindi, la costruzione di una banca dati di potenziali candidati, l'indicazione di aree di impiego prioritarie del personale da distaccare, la sensibilizzazione da parte dei centri decisionali delle informazioni relative ai posti vacanti, i nuclei di politica europea - è arrivato adesso il vicepresidente Buttiglione, è una sua proposta - sono molto importanti nell'organizzare questo sistema a rete attorno al quale dobbiamo fare meglio la politica europea dell'Italia. Certamente occorre, da una parte, aumentare, dicevo, l'efficacia - e questo dipende da noi, ma dipende soprattutto dalle strutture del Governo e dalle strutture amministrative - dall'altra, occorre migliorare la democrazia della politica europea. Ecco perché - è un altro punto - occorre aumentare la partecipazione del Parlamento, perché il nostro ruolo è un contributo indispensabile - non sufficiente, ma assolutamente indispensabile - per colmare il crescente deficit di legittimità democratica dell'Unione europea. Se vogliamo rendere l'Europa più democratica, se vogliamo ristabilire quel legame emotivo, che se mai esistito oggi si è certamente spezzato, tra Europa e cittadini, è un compito difficile, ma è un compito che passa anche - direi in questo periodo soprattutto - per le Aule dei Parlamenti nazionali. Certamente richiede molto altro. Lo sappiamo e non è materia di dibattito di oggi e domani. Richiede una vera europeizzazione dei partiti nazionali, richiede la creazione di veri e nuovi partiti politici europei, richiede, a mio modo di vedere, una seria riforma della legge elettorale per il Parlamento europeo. L'attuale, sia dal punto di vista nazionale sia dal punto di vista europeo è inadatta a creare quel legame vero ed emotivo tra Parlamento europeo e cittadini, ma richiede anche un ruolo centrale - ed è a questo che miriamo con la riforma - dei Parlamenti nazionali e di questo Parlamento nell'elaborazione della politica europea, nel dialogo con il Governo, nel dialogo politico con la Commissione europea, nei rapporti con gli altri Parlamenti nazionali. Con questa riforma dobbiamo dare un altro segnale: il segnale, pedagogico prima che politico, che le decisioni europee non calano dall'alto, ma sono il frutto di un processo di cui noi, cittadini e parlamentari, dobbiamo essere protagonisti sin dall'inizio e non di negoziati dei Governi e delle amministrazioni a porte chiuse, senza informazione al Parlamento, senza dialogo prima e dopo con il Parlamento su decisioni che incidono fortemente sulla vita degli italiani, non solo a carattere giuridico, ma anche a carattere politico. Penso semplicemente al patto Euro Plus. Il Patto Europlus è stato elaborato, indicando una serie di obiettivi di grandissima rilevanza - ad esempio, la riforma del sistema pensionistico o la riforma del mercato del lavoro, per dirne solo due - e non è mai stato dibattuto in questo Parlamento. Non dico che dovevamo essere contro o pro, ma dico che dovevamo dibatterne e, proprio per questo, occorre fare molta più politica europea, nelle Commissioni e in Aula, e da questo punto di vista certamente serve questa proposta. Quindi, non calano dall'alto, ma possiamo influenzare le politiche europee e possiamo influenzarle se abbiamo gli strumenti adeguati. E sono queste le ragioni all'origine di questa riforma. Noi vogliamo più politica europea in Italia e vogliamo più politica dell'Italia per l'Europa in Europa. Questo è il duplice obiettivo, ma non per il culto, che comincia ad andare di moda purtroppo anche nel nostro Paese, del sacro egoismo statale, della lotta di interessi nazionali contro interessi nazionali, quel sacro egoismo statale, cioè, che aveva ridotto a pezzi l'Europa del 1945 ed è proprio per cancellare quell'egoismo che l'Europa è nata; quel sacro egoismo statale che ha umiliato, a mio modo di vedere, l'Europa anche la scorsa settimana, sia sul bilancio dell'Unione europea, sia sul negoziato indegno che continua a farsi sulla pelle del popolo greco, che continua ad essere eccessivamente punito per gli sbagli della sua classe politica. Non per questo, ma per non rimanere spettatori passivi di fronte alla deriva dell'Europa delle piccole patrie; non per illudersi che il nanerottolo Italia debba scontrarsi con più sostegno parlamentare contro i nanerottoli Francia, Germania o Regno Unito, ma perché, come Parlamento, giorno dopo giorno, decisione dopo decisione, dobbiamo contribuire alla realizzazione di una vera democrazia sovranazionale, federale, senza la quale l'Europa incompiuta di oggi e i nanerottoli nazionali saranno tutti travolti. E ci vuole anche più controllo parlamentare, più Parlamento nel processo decisionale europeo, perché l'Europa intergovernativa, quell'Europa che mira ad escludere il Parlamento europeo ed a non informare e a escludere i Parlamenti nazionali, soprattutto in campo economico e finanziario, sta erodendo in maniera pericolosissima, dal punto di vista della tenuta democratica e sociale, le nostre prerogative di controllo democratico. È una deriva intergovernativa che sta delegittimando l'idea stessa di Europa politica, perché crea l'impressione che i cittadini siano in balia di poteri incontrollati o incontrollabili e, quindi, li spinge a rifugiarsi nel neonazionalismo, di destra o di sinistra, nel populismo, di destra o di sinistra. E per questo serve un maggiore ruolo parlamentare a livello nazionale di fronte alle questioni europee. Dobbiamo anche lavorare insieme, con il Governo e tra noi colleghi soprattutto, per aiutare il nostro Paese a ritrovare la memoria di ciò che l'Europa ci ha permesso di diventare, la consapevolezza di ciò che l'Europa ci ha portato, il senso dell'urgenza di realizzare un'Europa federale. Sono le ragioni di fondo che ci hanno spinto a volere questa riforma e che devono farci uscire - e concludo, Presidente - dal solito europeismo della domenica per spingerci a vivere e a decidere ogni giorno la politica europea e l'Europa che vogliamo .
. Constato l'assenza dell'onorevole Allasia, che era iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, Ministro Moavero, la discussione odierna che chiude un ciclo che dura nel tempo avviene, però, in un momento molto delicato per l'Europa: la mancata approvazione del bilancio europeo è come un macigno. Non è bello vedere l'Unione europea incapace di decidere sul proprio bilancio mentre vive una crisi economica e sociale drammatica. Però, con l'approvazione di questo provvedimento, il nostro Paese fa un bel salto in avanti, di solito poco sistemico, e finalmente rientra nel sistema europeo con una filosofia diversa, ne migliora, quindi, i rapporti. Si interviene, con questo provvedimento, sull'assetto legislativo nazionale adeguandolo alle previsioni del Trattato di Lisbona e a quelle più recenti, per esempio sul fronte delle politiche di bilancio. Non entrerò, Ministro, nel merito, perché ho pochissimi minuti a disposizione. Lo ha fatto il relatore, lo hanno fatto gli altri colleghi e mi ritrovo totalmente. Dedico però gli ultimi minuti, gli ultimi istanti a disposizione per ricordare quanto accaduto a fine ottobre nell'altro ramo del Parlamento - era presente il presidente Pescante - ad un importante appuntamento tra un europarlamentare, componente della Commissione affari economici e monetari, e deputati e senatori di varie Commissioni, tra le quali quella di cui faccio parte, la Commissione bilancio. I temi erano ben quattro: unione bancaria, unione di bilancio, unione economica e unione politica. Intervenni ricordando - perché c'erano alcuni dubbi da parte di colleghi, anche italiani - la riforma della Carta costituzionale a proposito dell'equilibrio di bilancio ed ho ricordato loro qual era il vero contenuto di quella riforma che addirittura non solo ha rispettato quanto contenuto nel ma addirittura lo ha anticipato, perché è venuta prima l'approvazione, almeno in prima lettura da questo ramo del Parlamento, proprio della legge di riforma degli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione. La mia preoccupazione sta non tanto - e concludo davvero, signor Presidente - sul fatto che i Paesi membri, soprattutto dell'Eurozona, cedano sovranità - ben venga, se questa sovranità è messa in buone mani come quelle europee - ma esiste il problema invece della democrazia; ecco perché occorre potenziare il dialogo tra Parlamento europeo e Capi di Stato e di Governo, occorre migliorare il dialogo tra Parlamenti nazionali e Governi nazionali. Mi ritrovo totalmente sulle cose dette dal nostro Presidente del Consiglio, anche di recente nella sua opera: «La democrazia in Europa. Guardare lontano». Dobbiamo partire di qui per guardare appunto all'Europa delle future generazioni. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
. Onorevole Cambursano, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. È iscritto a parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà. Le chiedo clemenza, però, perché dobbiamo affrontare un'altra discussione sulle linee generali e poi alle 18 inizierà il seguito di un'altra discussione, quindi adesso cerchiamo di accelerare i tempi.
. Signor Presidente, cercherò di tener conto al massimo possibile del suo benevolo incitamento. Signor Presidente, signor Ministro, credo che questa sia una buona giornata per il Parlamento italiano: torna in seconda lettura un buon provvedimento, ed io prima di tutto voglio ringraziare i colleghi della XIV Commissione, in particolare il presidente, l'onorevole Pescante, perché questo provvedimento è il risultato di un vero ed efficace lavoro comune, cosa che dimostra che persone che hanno orientamenti politici molto diversi possono lavorare bene insieme quando è chiara l'intenzione di costruire il bene comune della nazione italiana all'interno dell'Europa, quando è chiara l'intenzione di avere più Italia in Europa, per contare in Europa, ma anche più Europa per contare nel mondo, perché non si affrontano i problemi dell'Italia al di fuori del contesto europeo. Non esiste oggi più una politica semplicemente nazionale, la politica cammina sempre con due gambe: una nazionale ed una europea. Se una delle due non funziona, non si va avanti di molto, si va avanti solo a balzelloni ed i risultati alla fine sono deludenti. Noi abbiamo cercato di tener chiaro davanti agli occhi questo orientamento: dare una rappresentanza efficace all'Italia in Europa, non solo per un piccolo egoismo nazionale e per difendere gli interessi italiani in Europa, no, non si difendono gli interessi nazionali in Europa - è un'espressione, come giustamente diceva l'onorevole Gozi, sbagliata - bisogna formulare l'interesse comune europeo che non è vero, non è giusto, non è ben formulato se non c'è dentro un interesse italiano. L'Italia deve dare il suo contributo per formulare in modo adeguato l'interesse nazionale europeo, non c'è un bene comune europeo che lascia l'Italia a lato, come non c'è naturalmente un bene comune europeo che lascia a lato il bene comune di una qualunque delle nazioni che dell'Europa fanno parte. Non si tratta di trattare contro gli altri, ma per raggiungere dei risultati più equilibrati che sono più utili all'effettivo bene comune. Penso che i pilastri di questo provvedimento siano fondamentalmente tre. Il primo è l'idea di coordinamento: noi abbiamo oggi una Costituzione dell'Europa che io continuo a considerare bislacca, perché corrisponde ai principi fondamentali di una Costituzione federale; abbiamo un Parlamento che corrisponde un po' alla Camera dei rappresentanti negli Stati Uniti, abbiamo un Consiglio dei Ministri che corrisponde un po' al Senato degli Stati Uniti e che ha dodici formulazioni diverse a seconda dei temi che vengono discussi. Qual è il risultato? Che o c'è un fortissimo coordinamento nazionale, la capacità di definire quali sono gli interessi prioritari dell'Italia e poi di dare esecuzione a questi interessi prioritari, oppure si è destinati a perdere tutte le battaglie importanti. Se ogni Ministro va per conto suo, è destinato magari a vincere su piccole cose, ma a perdere tutte le battaglie importanti. È importante la funzione di coordinamento, che non può essere altro che del Presidente del Consiglio. È importante la funzione del Ministro per le politiche comunitarie, che poi di fatto deve esercitare questa funzione di coordinamento. Un Consiglio dei Ministri quanto potrà durare? Tre, quattro, cinque ore? In quelle tre, quattro o cinque ore c'è appena il tempo di dire: «Sono lieto di essere presente qui oggi in mezzo a voi, ringrazio il commissario per l'ottimo lavoro svolto» e poi di dare i propri pareri. Non è il luogo della discussione, in cui si elabora effettivamente la decisione, né lo è del tutto il COREPER, perché il COREPER è comunque un organo semplicemente tecnico. Abbiamo bisogno di avere chiarezza di interessi nazionali, abbiamo bisogno di Ministri per le politiche comunitarie o europee, come si dice adesso, i quali vadano in giro per le capitali a tessere accordi, a comprendere le esigenze degli altri, a far loro comprendere le nostre e a partecipare ad un grande lavoro preparatorio, che è l'unico da cui poi vengono fuori delle decisioni equilibrate. Per far questo, è evidente che ci deve essere il coordinamento: bisogna sapere su quali tavoli abbiamo interessi non negoziabili e quali sono i tavoli su cui invece possiamo negoziare ed anche cedere a giuste domande di altri europei. Bisogna costruire in anticipo il consenso e anche le maggioranze che eventualmente fossero necessarie. Il CIACE è lo strumento che ci consente di dare questa forza alla nostra politica europea. Per funzionare bene deve essere un organo di forte coordinamento politico, ma deve essere anche un organo tecnico, un organo che abbia un supporto tecnico abbastanza forte e diramato in tutti i Ministeri, in modo da fare sì che la dimensione comunitaria sia continuamente presente nell'azione di ogni Ministero, altrimenti il lavoro di coordinamento è straordinariamente difficile. Bisogna creare una mentalità europea nei Ministeri. A questo proposito devo dire che il Senato ha apportato qualche miglioramento, ma anche qualche peggioramento al testo che noi gli abbiamo comunicato. L'articolo 5 è un miglioramento, perché per la verità noi non immaginavamo la possibilità che si costituisse di fatto un'Unione un po' parallela o un'Unione a due velocità, quindi questo aspetto era rimasto nella nostra proposta insufficientemente considerato e bene ha fatto il Senato a proporci questo articolo 5. Mentre invece l'articolo 2, comma 9, che sostituisce il nostro vecchio articolo 17, è molto più debole del nostro vecchio articolo 17, e la struttura di sostegno e di supporto tecnico del CIACE ne esce fortemente indebolita. In modo particolare - mi associo a quello che diceva l'onorevole Gozi - non c'è sufficiente attenzione alla figura degli esperti. Ora, è vero che i funzionari europei fanno l'interesse dell'Unione europea, ma è anche vero che l'interesse di nazionalità non fa parte degli interessi dell'Unione europea ed avere un numero sufficiente di alti funzionari italiani è importante perché in questo modo è più facile che capiscano le esigenze italiane e ci aiutino a trovare la giusta modalità per inserirle nel quadro del bene comune europeo. Gli esperti non sono i funzionari europei, ma è ovvio che se noi abbiamo un numero sufficientemente ampio di esperti, intanto formiamo una nostra classe dirigente, la quale sa di cosa si tratta in Europa e quando vi sono delle o dei concorsi all'interno dell'Unione europea, è più facile che li vincano persone le quali sono state da due a quattro anni a Bruxelles, che conoscono non solo la legislazione, ma anche le modalità concrete di funzionamento, che sono conosciute, apprezzate e stimate, delle quali si sa che si inseriscono bene nel gruppo di lavoro che già c'è, piuttosto che persone che noi andiamo faticosamente a cercare magari fra gli ordinari di diritto comunitario, che saranno bravissimi, ma che non sono conosciuti e quindi suscitano comunque una certa diffidenza. Avere un po' indebolito questo aspetto non è una cosa saggia. Capisco tante difficoltà che vi sono nella finanza pubblica, ma mi pare che la sostituzione non ci porti grandi risparmi e rischi invece di rallentare un processo di europeizzazione della nostra pubblica amministrazione che è importante. La prima cosa, come dicevo, è il coordinamento; la seconda cosa è il controllo parlamentare. Il controllo parlamentare non indebolisce il Governo, lo rafforza: un Governo che va a trattare, sapendo che ha dietro il proprio Parlamento e sapendo che il proprio Parlamento gli ha dato delle indicazioni precise e gli ha posto anche dei limiti, chiedendogli di tornare a riferire prima di dare un voto definitivo, è un Governo più forte. È ovvio che bisogna salvaguardare la libertà di azione del Governo, perché in un negoziato complesso, è chiaro che, a volte, bisogna fare anche rinunce dolorose per ottenere cose ancora più prioritarie. Tuttavia, il controllo parlamentare aiuta, rafforza il Governo. Il controllo parlamentare aiuta i cittadini a capire che a Bruxelles comandiamo noi, non da soli, insieme con altri, ma non siamo sudditi di un'autorità che sta Bruxelles e, ogni tanto, ci manda le sue decisioni incomprensibili o contrarie ai nostri interessi. No: siamo noi dentro al processo, il quale conduce alla formulazione della decisione comune. Da questo punto di vista, è opportuno qualche rafforzamento, che il Senato ha fatto, degli obblighi di informazione. L'Unione europea è un meccanismo - lei lo sa meglio di chiunque altro, signor Ministro - lentissimo, ma implacabile: una volta che una tappa è passata, indietro non si torna. Dunque che, a partire dai libri verdi, che sono le domande, le indagini attraverso le quali si formulano le prime idee di una possibile linea politica, poi attraverso i libri bianchi, che la formulano in generale, per poi arrivare alle direttive, in ognuno di questi passaggi, le Camere siano informate è molto importante per aiutare a formare tempestivamente una posizione del Governo che sia sentita dalla nazione italiana come parte propria. Certo, rimane il problema di superare un altro un altro fossato, che è quello fra il Parlamento e la stampa. Spesso, la stampa informa di tante cose che non sono così essenziali, ma su questioni determinanti di questo tipo è distratta. Il popolo italiano, allora, non è consapevole del processo di cui egli è partecipe attraverso i suoi rappresentanti: bisogna renderlo partecipe. La partecipazione del Parlamento è già un primo elemento di questo tipo. Ugualmente importante - e anche questo è stato rafforzato da qualche punto - è l'idea che questo controllo parlamentare sia un controllo che si rivolge non solo verso il Governo italiano, ma anche verso la Commissione europea attraverso forme di coordinamento interparlamentare. Come tutti sapete, il Trattato di Lisbona dà una particolare valenza ai diritti dei Parlamenti nazionali coordinati tra loro verso la Commissione, soprattutto, per ciò che riguarda il controllo dell'effettiva applicazione del principio di sussidiarietà. Dunque, il primo pilastro è il coordinamento dei Ministeri, la definizione chiara dell'interesse nazionale, la costruzione di una base negoziale efficace sulla quale ottenere risultati; il secondo pilastro è il controllo parlamentare, in modo da rafforzare il Governo, ma da rendere anche il Parlamento partecipe. Io ricordo che, tanti anni fa, quando per la prima volta sono entrato nella XIV Commissione - che ancora non c'era, era una Giunta, non una Commissione -, essa sembrava la più piccola e la meno importante delle Commissioni parlamentari. Io ho visto crescere, anche nella coscienza dei parlamentari, la consapevolezza del ruolo fondamentale ricoperto e del fatto che qui l'interesse nazionale si gioca più che in molte Commissioni un tempo considerate più importanti. Dunque, il controllo parlamentare. Il terzo pilastro è la partecipazione regionale. Noi viviamo in un sistema che non corrisponde più alla vecchia idea del positivismo giuridico per la quale esiste un potere sovrano, il quale è punto assoluto di raccordo ed esercita la competenza delle competenze, come diceva Carl Schmitt. Viviamo in un sistema in cui esistono diversi livelli di sovranità che si articolano fra di loro e, certamente, le comunità - le quali sono elette dal voto dei cittadini, che corrispondono alle regioni e che sono comunità politiche - esprimono un livello di sovranità, certo da coordinare fra di loro, e con altri. Pertanto, il provvedimento ha cercato di creare le condizioni perché questa sovranità delle regioni nel proprio ordine potesse essere esercitata, creando, al tempo stesso, anche le condizioni perché si arrivasse ad una sintesi efficace attraverso l'idea che lo Stato ha il diritto di formulare norme che sono cedevoli e flessibili, nel senso che vengono formulate, ma che poi vengono sostituite dalla normativa regionale man mano che le regioni creano la propria normativa. Ma intanto tali norme vengono deliberate ed entrano in vigore perché davanti alle autorità europee responsabile dell'esecuzione dell'ordinamento comunitario è il Governo nazionale; se il Governo nazionale non agisce, arrivano sanzioni, anche molto pesanti. Qui ci muoviamo in un ambito che è un po' incerto; spero che presto venga approvata, o comunque credo che bisogna mettere mano, temo non in questa legislatura ma nella prossima, ad una riforma della riforma del Titolo V della Costituzione. Ho visto qualche disegno di legge che mi sembra ponga bene in luce questa esigenza di ricostruire un momento di coordinamento. Certo, in uno Stato federale perfetto questo momento di coordinamento è proprio delle competenze differenziate della Camera delle regioni; è lei che esercita, per conto di tutte le regioni insieme, queste competenze formulando norme che possono essere a loro volta più flessibili e cedevoli; ma questo, ovviamente, riguarda una riforma che dobbiamo lasciare a una legislatura successiva a quella presente. Vorrei aggiungere qualche parola sulla soppressione dell'articolo 50. Anche qui credo che forse non abbiamo migliorato il testo, perché la Commissione per l'attuazione del diritto dell'Unione europea così come qui formulata aveva una funzione importante. Noi abbiamo un di applicazione del diritto; un po' dappertutto, qualche volta anche in questa Camera, vedo considerati come ammissibili emendamenti che andrebbero qualificati come inammissibili perché in evidente contrasto con la legislazione europea. Allora, rafforzare, in generale, il momento della preoccupazione per l'attuazione del diritto dell'Unione europea è una cosa importante, e forse è stato un errore non mantenerlo nella formulazione originaria. Vorrei dire anche una parola sul nuovo articolo 38. Qui, invece, abbiamo un'innovazione utile che rende più flessibile la nostra capacità di dare esecuzione alla normativa comunitaria, perché svincola, a determinate condizioni, l'attività legislativa del Parlamento dalla modalità della vecchia legge comunitaria che adesso diventa legge di delegazione europea. Ci sarebbero molte altre osservazioni di dettaglio che si potrebbero fare, ma ho promesso di attenermi alle sue indicazioni, signor Presidente, e mi fermo qui. Credo che abbiamo fatto un buon lavoro, voglio congratularmene con i colleghi, con il personale tecnico che ci ha aiutato con grande dedizione e straordinaria competenza. Ritengo che in questo modo poniamo una pietra importante per la crescita della nostra partecipazione all'attività dell'Unione europea e quindi per la crescita di un'Italia più forte in Europa, in un'Europa più forte nel mondo .
. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
. Prendo atto che il relatore, onorevole Gottardo, rinunzia alla replica. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
, . Signor Presidente, onorevoli deputati, credo che questa norma che vi accingete a votare sia, come abbiamo ascoltato, una norma molto importante per il nostro ordinamento; rilevante perché consente, effettivamente, un riassetto sistemico, come abbiamo sentito anche in svariati dettagli, e importante per consentire al nostro Paese di interfacciarsi al meglio con l'Unione Europea. Un'Unione europea della quale noi condividiamo, credo, tutti, quell'ideale di comunità di destino; un'Unione europea nella quale crediamo, in quanto, attraverso di essa, gli Stati europei e in particolare il nostro Paese possono guardare al futuro con maggiore fiducia. Naturalmente è un'Unione europea che funziona attraverso meccanismi che vedono nel ruolo dei singoli Stati un elemento fondamentale proprio nell'assetto istituzionale, per non dire costituzionale, dell'Unione stessa quale è. Come sappiamo tutti, l'Italia è un membro fondatore di questa Unione, così come lo è stata della Comunità europea del carbone e dell'acciaio, della Comunità economica europea e dell'Unione economica e monetaria. L'Italia è anche - e lo abbiamo rinfrescato nella nostra memoria anche in questi ultimi giorni - il terzo Paese, come contributo, al funzionamento dell'Unione europea, al bilancio dell'Unione europea. Quindi, i nostri cittadini contribuenti partecipano in terza posizione, dopo i tedeschi e i francesi, al funzionamento dell'Unione stessa. L'Italia è anche un Paese che con la Germania, con la Francia e con il Regno Unito ha il maggior numero dei voti attribuiti agli Stati in sede di Consiglio, così come il maggior numero di parlamentari al Parlamento europeo. Quindi, abbiamo un blasone - se così posso chiamarlo - di assoluto riguardo e assoluto rispetto. Eppure, troppo spesso, noi - ed è un noi di primaria responsabilità naturalmente per chi occupa posizioni di responsabilità di Governo - ci troviamo a presentare un'immagine diversa del Paese, quel Paese che ha purtroppo da tantissimi anni il maggior numero di infrazioni alle norme europee, che, peraltro, con gli stessi nostri voti in sede di Consiglio o dei rappresentanti italiani in sede di Parlamento europeo vengono approvate. Sono violazioni che non riguardano solo il ritardo nel recepimento, ma spesso riguardano anche la violazione pura e semplice di precetti già in vigore, attraverso atti amministrativi o normative nazionali. Noi siamo anche il Paese che si trova ad avere il maggior numero di fondi dell'Unione europea non utilizzati, che ogni tanto temiamo anche di perdere e che sovente ci vengono presentati come elemento non positivo nella nostra efficacia. Inoltre, senza enumerare troppo, siamo anche, purtroppo, il Paese che sovente si distrae sulle questioni europee, considerandole terze e dimenticando che, invece, l'Europa siamo tutti noi: siamo copartecipi e dobbiamo copartecipare. Allora, rispetto a questi elementi indubbiamente positivi del nostro in Europa e a questi altri purtroppo di carattere negativo, la normativa che vi accingete a votare è una normativa che permette di affrontare meglio questo nostro stare in Europa. Non voglio parlare di sfida, perché noi stiamo in Europa non per sfidare, ma per copartecipare e portare questa Unione europea a funzionare meglio. Però, indubbiamente, ci si chiede uno sforzo di impegno, uno sforzo di efficacia, ed è giusto anche chiedere, così come lo sottolinea il rapporto dei quattro Presidenti - che, come sapete, nel corso dei Consigli europei di giugno, di ottobre e del prossimo dicembre costituisce un po' il filo conduttore dell'attività dell'Unione europea in questi ultimi mesi -, l'importanza di assicurare una maggiore legittimità democratica al funzionamento dell'Unione europea, che è garantita attraverso, certamente, il ruolo fondamentale del Parlamento europeo, ma anche attraverso il ruolo che assumono i Parlamenti nazionali, che possono assumere e che devono assumere i Parlamenti nazionali. E affinché per i Parlamenti nazionali, nello spirito del Trattato di Lisbona e nello spirito di quanto indicato dallo stesso rapporto dei quattro Presidenti, presentato poi al Consiglio europeo dal Presidente del Consiglio europeo stesso, Herman Van Rompuy, deve portare ad un miglioramento dei rapporti tra Governo e Parlamento. Rispetto a questo, il testo legislativo che abbiamo davanti indubbiamente permette un salto di qualità. Cito solo quegli elementi di snodo che mi sembrano più importanti. Anzitutto si prevede un dovere di costante informazione da parte del Governo al Parlamento, non solo attraverso le relazioni annuali, ma anche e soprattutto attraverso una regolare presenza dei Ministri - del Ministro degli affari europei in primo luogo - di fronte alle Commissioni parlamentari competenti, e questo deve riguardare tanto la fase cosiddetta ascendente quanto la fase di recepimento. La fase ascendente, quella in cui si elaborano i testi legislativi in sede europea, è - lasciatemi dire - essenziale per assicurare un miglior funzionamento e un miglior risultato proprio nella fase poi di recepimento, la cosiddetta fase discendente. Al fine di garantire al Parlamento una fonte primaria di informazione si è previsto, con un emendamento inserito al Senato, ma che oggi vi è sottoposto nel testo legislativo, che sia la stessa rappresentanza permanente a informare le Camere. In questo modo esiste una fonte di informazione diretta che si unisce a quella da parte del Governo. È prevista anche la facoltà per il Parlamento (per le Camere e per le Commissioni parlamentari) di chiedere ai Ministri di riferire prima di andare a un Consiglio in sede di Unione europea e dopo esservi stati. Mi permetto di dire che, laddove è giusto che questo sia lasciato nella facoltà delle Camere, il mio modesto consiglio sarebbe di farne uso quanto più spesso possibile, perché è solo in questo modo che il Parlamento potrà esercitare pienamente la sua funzione di sindacato sull'attività di Governo anche in sede europea. È comunque previsto che, quando trattasi di questioni finanziarie o di bilancio, questa facoltà sia per il Governo viceversa un dovere e il Parlamento ha la possibilità, ogni qualvolta un Ministro si reca in sede europea e passa prima nelle Commissioni - o anche, eventualmente, se trattasi di Consiglio europeo, di fronte all'Aula, come è accaduto per esempio quest'anno all'inizio dell'anno - di adottare degli atti di indirizzo preziosi, importantissimi per la presenza del rappresentante del Governo nelle sedi europee e per la presenza del nostro Paese in quelle sedi, proprio per corroborarne la forza. E, qualora questi atti di indirizzo non siano seguiti, si prevede nel testo che il rappresentante del Governo debba dare una motivazione quando ritorna e quando riferisce nuovamente alle Commissioni parlamentari. C'è, quindi, un rafforzamento del (chiamiamolo pure) gioco di squadra tra Parlamento e Governo che è molto, molto importante per il rafforzamento della legittimità democratica di quanto si fa in Europa e nelle sedi dell'Unione europea e di quanto si fa poi in patria nell'ambito dei doveri di appartenenza all'Unione europea stessa e che permette una verifica da parte del cittadino, non solo attraverso gli atti del Governo, ma anche attraverso l'atto di sindacato parlamentare, quindi proprio nel sinallagma più classico della democrazia parlamentare che conosciamo. Una seconda novità importante riguarda lo sdoppiamento dello strumento legislativo. Tutti conosciamo le vicende alterne, e sovente sofferte, delle cosiddette «leggi comunitarie» nelle Aule parlamentari e tutti conosciamo quanto a volte le deleghe che il Parlamento dà al Governo siano esercitate tardivamente. Tutto questo ci porta in situazioni di frizione e, a volte, di infrazione delle disposizioni europee. Ecco che suddividere in due strumenti legislativi, uno relativo alle deleghe, e l'altro relativo alle altre tipologie di provvedimento, consente un passo avanti importante. È già stato ricordato dal relatore il limite posto al cosiddetto che è elemento molto importante per evitare di andare poi ancora una volta in situazioni non necessariamente corrette con le disposizioni europee. Segnalo la presenza anche di un articolo che prevede la possibilità di trattare testi di origine europea particolarmente complessi in provvedimenti che la meritino, e questo ad iniziativa ovviamente tanto del Parlamento, quanto del Governo, così come anche quello (l'articolo 37) che prevede la possibilità di provvedimenti di urgenza per salvare il Paese da procedure di infrazione o in esecuzione di pronunce della Corte di giustizia. Proprio con riguardo al contenzioso, sono previste una serie di disposizioni che garantiscono trasparenza da parte del Governo verso il Parlamento. Anche questo è molto importante. Nel nostro Governo io mensilmente porto una sorta di tabella con tutte le varie situazioni di procedure che abbiamo aperte con l'Unione europea ai vari Ministri in maniera da sollecitarli. Ecco, io credo che nel dialogo Commissioni parlamentari-Ministri competenti anche questo sia molto importante, perché le infrazioni non sono solo degli illeciti veri e propri (quindi non positivi in assoluto per il Paese), ma sono anche delle procedure che possono portare in ultima analisi a delle sanzioni pecuniarie, quindi c'è anche un rischio di creare problemi e danni all'erario, e questo diventa un altro elemento di grande preoccupazione. Abbiamo previsto nel testo legislativo qualche cosa che sembrerebbe andare da sé, ma che in realtà non andava da sé, vale a dire che il cosiddetto agente presso la Corte di giustizia, vale a dire la persona che regola la difesa dello Stato, delle regioni e degli enti locali italiani di fronte alla Corte europea sia un rappresentante dell'Avvocatura dello Stato, che poi è quella che assicura la presenza reale nel corso delle udienze. Sono state ricordate le disposizioni relative agli aiuti di Stato. Sottolineo, in particolare, l'individuazione di una competenza specifica dei tribunali amministrativi per queste procedure, TAR e Consiglio di Stato. Infine, l'ultima osservazione riguarda il tentativo che si è fatto con questo progetto di legge di aumentare la focalità sulla responsabilità politica, sia essa a livello di Parlamento sia essa a livello di Governo, di regioni e di enti locali, e meno nell'apparato burocratico, che si è cercato di mantenere nella sua essenzialità proprio perché molte delle questioni europee che devono essere migliorate nel modo di funzionamento del nostro Paese riguardano proprio la presa di responsabilità politica. Concludo, signor Presidente e onorevoli deputati, ringraziandovi per quanto dichiarato nel corso della discussione sulle linee generali e confermando che, anche alla luce della mia esperienza, che qualcuno di voi ha voluto ricordare come lunga e che effettivamente tale è in termini temporali e d'intensità di impegno nelle istituzioni europee, penso che attraverso questa normativa il nostro Paese, la nostra Italia, faccia un passo avanti molto importante per poter effettivamente essere più efficace e poter contare quanto merita di poter contare in sede di Unione europea .
. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dalla Senato d'iniziativa dei senatori Malan ed altri: Disposizioni in materia di temporanea insequestrabilità delle opere d'arte prestate da uno Stato, da un ente pubblico o da un'istituzione di rilevante interesse culturale o scientifico stranieri, durante la permanenza in Italia per l'esposizione al pubblico; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Rosso ed altri; Carlucci. Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Lega Nord Padania ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Barbieri. Non le chiedo nulla, mi affido alla sua clemenza.
, . Signor Presidente, lei sa che ogni sua richiesta è da me presa in assoluta considerazione, anche perché - lo voglio dire ai colleghi che interverranno - sarebbe importante che riuscissimo a chiudere questa discussione sulle linee generali prima dell'avvio della seduta delle 18.
. Sì, altrimenti bisogna andare a dopo il successivo punto all'ordine del giorno. Lo dico ai colleghi, credo che sia giusto.
, Presidente, non per sostituirmi a lei, ma stavo tentando di dire ai colleghi proprio questo, per cui richiamo soltanto due questioni che mi sembrano importanti. Noi abbiamo elaborato un nuovo testo, l'abbiamo semplificato, devo dire in assoluto accordo con il Governo, rispetto al testo del Senato in modo tale da consentire di aggredire la questione di fondo che sta alla base di queste proposte di legge. Non abbiamo capito, per la verità, il motivo del parere contrario della Commissione giustizia, ma crediamo che si possa procedere anche con il parere contrario della Commissione giustizia. Allora è inutile che richiami un dato, che è di carattere politico-temporale. Presidente, con il suo permesso consegno poi la relazione che avrei svolto, però o riusciamo a chiudere l'esame di queste proposte di legge in un lasso di tempo rapidissimo o è ovvio che non riusciremo neanche in questa legislatura a dare una risposta seria ad un problema, che è un problema per alcuni versi addirittura drammatico, cioè la possibilità che delle opere d'arte non vengano sequestrate quando vengono esposte in alcuni Paesi . Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.
. Onorevole Barbieri, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Inoltre lei è anche apprezzato per la capacità di sintesi nel contenuto, cosa che non è da tutti. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, voglio esprimere innanzitutto un apprezzamento per l'arrivo di questo provvedimento in Aula e spero che - dopo il nostro voto, che auspico il più largamente favorevole, e la successiva definitiva approvazione del Senato - anche in Italia si possa avere uno strumento legale che permetterà alle istituzioni culturali e museali italiane di essere sullo stesso piano competitivo delle simili istituzioni di tanti altri Paesi europei e di altri continenti. Si tratta di paesi che già da anni hanno leggi analoghe a questa, che permettono di organizzare eccellenti mostre di capolavori provenienti anche dai più lontani angoli del mondo. Seguo da molti anni questa materia e mi vengono alla mente diversi episodi significativi di memorabili eventi in Francia, in Germania, ma anche in Cina e Taiwan, dove la storica distensione è arrivata fino allo scambio di un prestito dei reciproci tesori culturali, reso possibile proprio grazie alle leggi che i citati Paesi hanno approvato da tempo, al fine di garantire la restituzione dei capolavori prestati per quelle esposizioni. Al contrario, penso alla impossibilità tuttora presente nel nostro Paese, e ricordo che il provvedimento prevede che, fermo restando quanto disposto dalle convenzioni e dagli accordi internazionali vigenti per l'Italia e dalla normativa comunitaria vigente, e fatti salvi i rapporti internazionali anche discendenti da accordi di carattere bilaterale, al fine di semplificare l'importazione temporanea dei beni culturali destinati a esposizione, il Ministero per i beni e per le attività culturali può, su richiesta dell'istituzione che riceve in prestito il bene culturale, rilasciare all'istituzione straniera che concede le opere in prestito temporaneo, una garanzia di restituzione valida per la durata dell'esposizione. Questa legge, dunque, va a colmare un vuoto giuridico e rafforza nel suo complesso l'offerta culturale dell'Italia sia nei confronti dei nostri concittadini potenziali fruitori di tale offerta, sia verso il circuito culturale e museale internazionale al quale il provvedimento in esame assicura la certezza della restituzione ai prestatori stranieri delle opere d'arte concesse . Il testo normativo - frutto dell'intelligente lavoro dei commissari della VII Commissione (Cultura), del relatore, del sottosegretario ai beni e alle attività culturali - è pienamente integrato e complementare con tutte le normative vigenti in materia sottoscritte dall'Italia nell'ambito dell'Unione europea e delle convenzioni internazionali che disciplinano il contrasto e la repressione dei traffici illeciti di opere d'arte. Tali norme non si applicano ovviamente ai beni che costituiscono corpo del reato, qualora il reato sia stato commesso in Italia. Voglio soltanto sottolineare un fatto che, a mio avviso, è importante, e cioè che il testo al nostro esame ha ottenuto il parere favorevole del Comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale. Concludo sottolineando che le mostre, ancora di più nei nostri tempi di generale globalizzazione, rappresentano momenti alti e significativi di promozione divulgativa e scientifica, e contribuiscono ad avvicinare popoli, tradizioni e mentalità e fanno conoscere, a platee sempre più ampie, nazioni e culture diverse e lontane, che hanno lasciato segni profondi nella storia dell'umanità. A titolo esemplificativo - e concludo - voglio sottolineare il valore emblematico che, a questo proposito, rivestono per esempio opere d'arte presenti a Taiwan nel museo di Taipei, che in qualità e pregio culturale sono eccezionali testimonianze dell'antica civiltà cinese e che le autorità taiwanesi hanno prestato a paesi esteri solo sulla base di precise garanzie di restituzione. Questo provvedimento, dunque, che alle condizioni in esse contenute permette di superare il rischio di sequestro, agevola la circolazione delle opere d'arte nel mondo, e può così contribuire, attraverso la conoscenza, a promuovere il rispetto della dignità e della cultura degli altri. In tal senso, la diffusione culturale, oltre ad essere elemento di appagamento di conoscenza di ciascuno, costituisce anche momento di apprezzamento e convivenza di civiltà. Si tratta di una buona legge che mi auguro, quindi, sia, come ha detto il relatore, approvata rapidamente da questo ramo del Parlamento e anche dal Senato .
. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, dirò solo alcune cose e poi depositerò il testo integrale del mio intervento. Il provvedimento in esame garantisce la restituzione delle opere indipendentemente dalla natura e dallo stato di eventuali controversie sul diritto di proprietà. Il divieto di sequestro da parte dell'autorità giudiziaria non si applica, peraltro, ai beni che costituiscono corpo di un reato commesso in Italia nel caso di sentenza non più impugnabile. Il Ministero degli affari esteri predispone con decreto la lista delle opere insequestrabili, la durata del prestito e il responsabile dell'esposizione. Il testo risponde all'esigenza di colmare una lacuna normativa che oggi sfavorisce la circolazione delle opere d'arte. Esso, invece, si propone l'obiettivo di una diffusione della cultura e anche di un'implementazione del turismo legato proprio agli aspetti culturali. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di del testo integrale del mio intervento.
. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. È iscritta a parlare l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, colleghi, il relatore, in modo, come diceva lei, sintetico ma anche esaustivo, ha relazionato l'Aula sui contenuti del provvedimento che stiamo esaminando e sull'opportunità di approvarlo, e per questo lo ringrazio. Pertanto, le mie saranno solo alcune brevi considerazioni per sostenere l'approvazione della proposta di legge da parte della nostra Assemblea. La proposta di legge, già approvata dal Senato e che è stata ulteriormente migliorata con modifiche introdotte dalla VII Commissione, ha tenuto anche conto dei pareri espressi dalle altre Commissioni. Essa rappresenta un contributo alla diffusione della cultura in quanto rende possibile la più ampia circolazione e la conoscenza delle opere d'arte nel nostro Paese. Soprattutto, la proposta di legge rende possibile l'esposizione di opere conservate in altri Paesi del mondo, che possono, quindi, essere ospitate nelle mostre organizzate in Italia. In particolare, nel provvedimento si afferma il principio dell'insequestrabilità delle opere concesse in prestito temporaneo da uno Stato, da un ente pubblico o da un'istituzione culturale o scientifica stranieri per la durata della permanenza in Italia delle suddette opere. Come il relatore ha sottolineato, spesso si crea un blocco alla completezza di una mostra per la preoccupazione che si possa mettere in atto il sequestro di opere d'arte che sono oggetto di contenzioso tra Stati o istituzioni. Accade così che dei veri e propri capolavori non possano essere conosciuti e ammirati dai nostri cittadini e turisti, perché non vengono prestati al nostro Paese per non correre il rischio del sequestro. Già altri Paesi, come la Francia e Germania, ma anche gli Stati Uniti, si sono dati una normativa sulla certezza della restituzione di opere d'arte contese o prestate temporaneamente per mostre temporanee. È quindi arrivato il momento che anche il nostro Paese lo faccia. Sottolineo, come ha già precisato il relatore, che la normativa che si sottopone all'esame dell'Aula, non si applica, ovviamente, alle opere d'arte rubate o illecitamente esportate. Richiamo, altresì, l'attenzione dell'Aula anche sul punto che il nostro Ministero per i beni e le attività culturali, prima di garantire la restituzione, e quindi prima di avviare il processo dell'arrivo di queste opere nel nostro Paese, dovrà accertare che non vi siano incompatibilità con le norme e gli accordi internazionali esistenti, perché questo è uno dei punti che, probabilmente, aveva suscitato le perplessità della II Commissione (Giustizia), che mi sembra superato nella formulazione che la Commissione ha individuato con le proprie proposte emendative. Per concludere, il Partito Democratico ha condiviso e condivide questa proposta di legge, i cui contenuti sono all'attenzione del Parlamento da più legislature. Ci auguriamo, quindi, che si riesca a completare l' con l'approvazione del provvedimento rapidamente, in modo che possa andare al Senato per un'approvazione definitiva.
. È iscritto a parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, la proposta di legge in esame è volta a garantire, con alcune eccezioni, l'insequestrabilità delle opere d'arte prestate all'Italia per esposizioni temporanee. Costituisce, dunque, una deroga ai principi generali del diritto penale interno. Il relatore esprimeva meraviglia rispetto al parere contrario che è stato espresso in II Commissione (Giustizia) e siccome, signor Presidente, mi sono occupato direttamente di questo provvedimento come relatore per la Commissione giustizia, vorrei anche in questa sede mostrare le mie perplessità e la mia contrarietà alla deroga a principi cardine del diritto penale in funzione delle, seppur considerabili, esigenze culturali. Per gli stessi motivi sollevati in Commissione, resto contrario all'approvazione del testo in questione, ovvero perché, in primo luogo, l'obbligo di restituzione finisce per costituire una deroga ai principi dell'ordinamento giuridico interno, non diversamente dall'insequestrabilità. La nuova disciplina prevista dalla proposta di legge troverebbe applicazione, peraltro, solo per quei beni che non siano assoggettati a convenzioni ed accordi internazionali vigenti per l'Italia, risultando, dunque, del tutto marginale e comportando un diverso trattamento tra beni culturali senza corrispettivo interesse meritevole di tutela. La limitazione della normativa ai soli casi di procedimenti civili davanti al giudice italiano concernenti la loro proprietà o il loro possesso, inoltre, risolve solo formalmente il problema della deroga ai principi generali del diritto penale interno, posto che il giudice italiano nel procedimento civile può accertare anche l'esistenza di un fatto di reato quando si tratti di verificare se vi sia o meno il presupposto per l'azione di danno.
. La prego di concludere, onorevole Ria.
. Finirebbero, dunque, per soggiacere alla nuova disciplina dell'insequestrabilità anche beni culturali oggetto di reato, seppure solo in caso di esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno da reato in sede civile. Concludo il mio intervento perché mi rendo conto che il tempo a mia disposizione è finito. Cercherò di dimostrare, nel prosieguo dell'esame, che questo provvedimento non può essere approvato.
. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, anch'io chiedo di poter consegnare il testo integrale del mio intervento. Intervengo brevemente per sottolineare l'importanza di questa proposta di legge perché, in effetti, affronta un tema complesso come quello della restituzione delle opere d'arte. Sappiamo che in tutto il mondo vi sono le nostre opere d'arte, anzi, l'Italia è il Paese che probabilmente ne ha diffuse di più nel mondo, ma vi sono anche opere straniere presenti nel nostro Paese. Quindi, il problema si pone perché spesso si trovano grandi difficoltà ad allestire mostre e a far circolare una forma alta di cultura e di conoscenza dell'arte, proprio per la paura di alcuni Paesi di vedersi sottrarre queste opere d'arte quando sono state prestate. È chiaro che vi è una serie di paletti, di norme e di commi e, ovviamente, vi sono degli accordi che però permettono di far «agire» questa legge solo per la restituzione di opere legittimamente uscite dai vari Paesi. Quindi siamo favorevoli al provvedimento in oggetto ed esprimeremo voto favorevole. Ci auguriamo davvero che questo possa essere il più rapido possibile per arrivare all'approvazione definitiva della legge. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
. Onorevole Capitanio Santolini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. È iscritta a parlare l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, anch'io chiedo di poter consegnare il testo integrale del mio intervento. Svolgo brevemente un commento che riguarda la soddisfazione per il lavoro preparatorio fatto in Commissione e che ha visto una riformulazione migliorativa del testo, affinché fosse garantita la restituzione, con decreto ministeriale, allo scopo di semplificarne l'importazione temporanea, di beni culturali. Quindi, questo provvedimento prevede l'insequestrabilità temporanea dei beni durante la loro permanenza in Italia, con l'obbligo di restituzione dei medesimi, da parte dell'Italia stessa, una volta terminata l'esposizione temporanea. Evidentemente la disciplina si applica laddove non siano già applicabili convenzioni ed accordi internazionali. Dopo anni di fermo, penso che l'approvazione definitiva - vi sarà un nuovo passaggio al Senato - di questa attesa proposta di legge, sarà un progresso, soprattutto perché le opere d'arte potranno circolare. Quindi il pensiero sotteso alla norma e il suo utilizzo, riguardano sempre il fatto che la cultura possa diventare patrimonio di tutti a livello internazionale. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
. Onorevole Rivolta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. È iscritto a parlare l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, organizzare mostre d'arte di alto profilo e di grande interesse, non solo riservate agli studiosi, ma anzitutto accessibili al più vasto pubblico, è uno dei mezzi più idonei alla diffusione della cultura e corrisponde in questo senso al dettato della nostra Costituzione. In questo ambito, e con questa finalità, lo scambio di opere tra musei dei vari Paesi del mondo, è uno degli strumenti ai quali si ricorre con sempre maggiore frequenza, perché consente di riunire capolavori provenienti dai luoghi più lontani, rendendoli accessibili a grandi numeri di visitatori, i quali diversamente, per le distanze e i relativi costi di viaggio, non avrebbero avuto mai l'opportunità di goderne la bellezza e arricchire così le proprie conoscenze. Ecco dunque tutta la valenza sociale e culturale di questo provvedimento che oggi siamo chiamati a esaminare, e che in questa legislatura è stato sottoscritto da 122 colleghi deputati, di tutti i gruppi qui rappresentati, mentre al Senato è stato votato in Aula all'unanimità nel giugno dello scorso anno. Voglio ricordare che al Senato la Commissione giustizia votò all'unanimità in quella sede, a differenza di quanto successo in quest'Aula. Esso si propone, nell'ottica della promozione e della diffusione dell'arte, declinata in tutte le sue multiformi manifestazioni, di offrire al pubblico la possibilità di ammirare e di sentire l'emozione di capolavori di altissimo pregio, sovente non immessi nella circolazione internazionale dalle grandi manifestazioni espositive, a motivo dell'assenza in alcuni Paesi - e l'Italia è tra questi - di norme precise che ne garantiscano la restituzione al soggetto prestatore. Per questo motivo ormai è assai lungo l'elenco dei Paesi dell'Unione europea e del mondo che hanno da molti anni approvato norme in materia, dall'Austria alla Francia, dalla Germania alla Svizzera, dal Belgio alla Gran Bretagna, dall'Italia all'Olanda, per finire con gli Stati Uniti ed il Giappone. Lo dico all'onorevole Ria: è un elenco che comprende quasi tutti i Paesi europei. Perfino in Cina e Taiwan, i cui complessivi rapporti in tutti i campi registrano da qualche anno straordinari e positivi sviluppi - direi di dimensione epocale -, si sono reciprocamente approvate norme che hanno consentito lo scambio e la successiva restituzione, felicemente avvenuti, di opere d'arte tra i musei delle due parti. Si tratta, dunque, di un provvedimento perfettamente in linea con le analoghe legislazioni di tanti altri Paesi, anzitutto europei, ed esso viene a colmare da noi una lacuna, che già la Commissione cultura della Camera aveva affrontato alla fine della XIV legislatura con l'approvazione di una proposta di legge, poi successivamente ripresa nel 2006 da 142 deputati di tutti gli schieramenti, ma decaduta per la fine anticipata della XV legislatura. Vorrei evidenziare che il testo elaborato dalla Commissione cultura, con l'importante contributo del sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, architetto Cecchi - che desidero vivamente ringraziare - è pienamente coerente con tutta la normativa nazionale ed internazionale in materia. Infatti, nel testo al nostro esame è esplicitamente sottolineata la permanente vigenza di quanto disposto dalla convenzione, dagli accordi internazionali e dalla disciplina comunitaria in materia.
. La prego di concludere, onorevole Rosso.
. Inoltre, per quanto riguarda eventuali giudiziali già in corso, essi ovviamente proseguono secondo le procedure ordinarie. Signor presidente, concludo facendo il migliore auspicio espresso dal vicepresidente del Senato, senatore Chiti, a chiusura dell'unanime votazione del Senato il 16 giugno 2011, di una sollecita e definitiva approvazione di questa proposta di legge, che potrà dare anche nel nostro Paese un importante apporto alla diffusione ed alla conoscenza delle arti e delle culture .
. Grazie, onorevole Rosso, anche per l'auspicio finale. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
. Prendo atto che il relatore, onorevole Barbieri, rinuncia alla replica e che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel corso dell'esame dell'articolato del provvedimento. Il seguito del dibattito è, dunque, rinviato ad altra seduta. Devo sospendere la seduta, che riprenderà alle ore 18 con l'esame del disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e il bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015, con la relativa Nota di variazioni. Ringrazio i colleghi della Commissione cultura, anche per la disponibilità data alla Presidenza. Sospendo dunque la seduta.
. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015. Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e per il triennio 2013-2015. Ricordo che nella seduta del 22 novembre 2012 è stato approvato il disegno di legge di stabilità e che il Governo ha presentato una Nota di variazioni di cui la V Commissione (Bilancio) ha concluso nella seduta odierna l'esame di cui all'articolo 120, comma 7, del Regolamento.
. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
. Passiamo all'esame della Nota di variazioni. Ha facoltà di intervenire il Presidente della V Commissione, onorevole Giancarlo Giorgetti.
, Signor Presidente, la Commissione bilancio ha esaminato questo pomeriggio i nuovi elaborati prodotti dal Governo. La Nota di variazioni è stata esaminata e valutata dai relatori e dai componenti della Commissione come coerente, a questo punto anche con le tabelle rimodulate. Di conseguenza, abbiamo proceduto a valutarla favorevolmente, pertanto è possibile procedere all'approvazione in Aula.
. Sta bene. Prendo atto che il sottosegretario Polillo non intende intervenire. Nessuno chiedendo di intervenire per dichiarazione di voto, per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà con immediate votazioni alle 18,30.
. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015. Dichiaro aperta la votazione.
. Passiamo all'esame degli ordini del giorno riferiti al disegno di legge di bilancio . Avverto che gli ordini del giorno Galli n. 9/5535-A/1 e Gidoni n. 9/5535-A/6 sono stati ritirati. Se nessuno intende intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.
, . Il Governo accetta l'ordine del giorno Scilipoti n. 9/5535-A/2, purché riformulato nel seguente modo: nel dispositivo, dopo le parole «impegna il Governo» inserire le parole «a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica». Il Governo, inoltre, accetta l'ordine del giorno Agostini n. 9/5535-A/3, mentre accetta l'ordine del giorno Contento n. 9/5535-A/4, purché riformulato nel seguente modo: nel dispositivo, sostituire le parole da «con la massima sollecitudine» alle parole «all'immediato» con le parole: «nei tempi dovuti al». Il Governo accetta, altresì, l'ordine del giorno Frassinetti n. 9/5535-A/5, purché riformulato nel seguente modo: nel dispositivo, dopo le parole «impegna il Governo a valutare l'opportunità» inserire le parole «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica». Ricordo che l'ordine del giorno Gidoni n. 9/5535-A/6 è stato ritirato. Il Governo infine accetta l'ordine del giorno Lulli n. 9/5535-A/7.
. Onorevole Scilipoti, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/5535-A/2, accettato dal Governo, purché riformulato? Constato l'assenza dell'onorevole Scilipoti; si intende che l'abbia accettata. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Agostini n. 9/5535-A/3, accettato dal Governo. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Contento n. 9/5535-A/4 e Frassinetti n. 9/5535-A/5, accettati dal Governo, purché riformulati. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Duilio n. 9/5535-A/7, accettato dal Governo. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà, per dieci minuti.
. Signor Presidente, abbiamo votato contro la legge di stabilità e non potremo che votare contro il bilancio dello Stato, che di quella legge è una conseguenza necessaria. In dichiarazione di voto sulla legge di stabilità ricordavo che uno dei motivi principali per i quali noi abbiamo detto «no» è che, al di là delle dichiarazioni che il Presidente del Consiglio sta facendo, che non è vero che con questo Governo pagano i soliti noti, è invece vero che nessun recupero di evasione fiscale è stato utilizzato da questo Governo per abbassare la pressione fiscale. Questo è il principale indicatore che garantisce che questo Governo l'ha fatta pagare ai soliti noti. E, allora, è giusto che la gente sappia, è giusto che si capisca qual è in realtà il perimetro entro il quale il Governo ha lavorato per togliere dalle tasche degli italiani, insieme a quanto ha fatto il Governo precedente, qualcosa come 100 miliardi di euro all'anno. Lo ha fatto andandoli a chiedere sempre ai soliti noti, ai lavoratori dipendenti, che rappresentano l'80 per cento delle entrate delle imposte sul reddito, ai pensionati, tagliando le pensioni, e, in generale, senza mai riuscire ad abbassare la pressione fiscale che, non a caso, è diventata una delle più alte a livello mondiale, e non solo a livello europeo, ed è ancora in crescita. Infatti, sarebbe stato meglio se fosse riuscito nell'operazione di prelevare risorse al di fuori di quel perimetro, dove vivono quelli che le tasse non le pagano. Vorrei ricordare qui che ci sono 500 proprietari di aerei che dichiarano meno di 20 mila euro l'anno di reddito; ci sono circa 180 mila proprietari di automobili di grande cilindrata che dichiarano meno di 20 mila euro l'anno; ci sono circa 42 mila proprietari di imbarcazioni che dichiarano meno di 20 mila euro l'anno. L'Agenzia delle entrate ha riscontrato che, tra coloro che effettuano consulenze percependo importi superiori a 100 mila euro, uno su tre non li dichiara ed è un evasore totale. E, allora, come possiamo dire che questo Governo fa pagare le tasse, non solo ai soliti noti, ma anche a chi non le pagava se noi siamo di fronte a questi dati? Ogni anno si vendono in Italia 180 mila automobili con oltre 2 mila di cilindrata al costo di circa 100 mila euro e ci sono solo 70 mila italiani che dichiarano un reddito di 200 mila euro. Ma com'è possibile dire e sostenere che questo Governo ha fatto e sta facendo pagare le tasse a queste persone? E bastava un meccanismo, inserito nella legge di stabilità, perché si rendesse chiaro agli italiani che sta succedendo questo, un meccanismo capace di stimare come avviene in altri Paesi europei e negli Stati Uniti d'America, dove ogni anno si è in grado di determinare qual è il recupero che ci sarà dell'evasione fiscale. Inoltre, con coraggio doveva essere immediatamente portata in riduzione la pressione fiscale per coloro che le tasse le pagano. Ecco il grande nodo che questa legge di stabilità non ha minimamente risolto ed affrontato ed ecco il motivo principale per il quale noi diciamo che siamo di fronte ad un Governo che ha dichiarato di voler fare rigore, equità e sviluppo, mentre ad oggi nessun indicatore di sviluppo risulta migliorato, ma anzi sono tutti peggiorati, dal PIL alla disoccupazione, che è oltre l'11 per cento. Il Governo ci dimostra che di quello slogan ha fatto solo rigore e lo ha fatto solo ed esclusivamente a carico dei contribuenti onesti, dei lavoratori, delle famiglie .
. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, volevo dare un contributo, sia come relatore, ma anche come rappresentante del gruppo UdC, al dibattito che c'è stato prima di questo voto che ha determinato il rinvio, ad oggi, dell'approvazione del bilancio e fare quindi alcune precisazioni delle ragioni per cui ci troviamo qui oggi e non abbiamo approvato la legge di bilancio giovedì scorso. La prima precisazione è che la manovra per il 2013 con gli emendamenti ha prodotto, per quanto riguarda l'articolato, una maggiore spesa di 29,2 milioni ed una maggiore entrata di 32,4 milioni, ciò ha determinato un saldo conseguente di 3,2 milioni. Come si può ben capire, la Commissione - e il testo poi approvato dalla Camera - ha fatto una manovra con invarianza sostanziale dei saldi. Questa è una precisazione di grande significato politico. Naturalmente il tutto al netto degli effetti delle norme stralciate, che equivalgono a 21 milioni. La seconda precisazione è che gli effetti della riclassificazione della compartecipazione delle regioni alle entrate derivanti dalle accise su benzina e gasolio per autotrazione, pari a 1 miliardo 630 milioni, non erano stati evidenziati tra le entrate tributarie della manovra del Governo presentata alla Camera, in quanto gli allegati tecnici riportavano solo l'effetto netto delle disposizioni sul trasporto pubblico locale. Le entrate tributarie infatti presentavano nell'allegato 4 del quadro di sintesi delle previsioni di competenza un saldo negativo di 2.417 milioni rispetto al testo della manovra uscito dalla Camera, che per tale voce cifrava un saldo negativo di 754 milioni. Tale differenza era molto diversa dagli effetti della manovra fatta dalla Camera, così come detto nella precisazione che ho fatto e questo aveva destato in qualche modo un certo disorientamento fra i componenti della V Commissione e anche fra molti colleghi parlamentari. La terza precisazione vuole che la riclassificazione che è stata fatta a seguito della costituzione di un nuovo fondo per il trasporto pubblico locale, di 4 miliardi 979 milioni per il 2013, così come rimodulato nel triennio successivo, fa confluire una compartecipazione le cui somme vanno dalla tesoreria al bilancio dello Stato e il fondo per il trasporto pubblico locale, già esistente presso il Ministero dell'economia e delle finanze, di 2 miliardi 883 milioni per il 2013, così come rimodulato per gli anni 2014 e 2015. A detto fondo inoltre venivano destinate dalla legge di stabilità maggiori risorse per 465 milioni, quale quota di concorrenza della somma complessiva di 4 miliardi 979 milioni, come ho citato. Pertanto, al netto di poste di riclassificazione contabile, restano invariate le somme aggiuntive attribuite al fondo del trasporto pubblico locale, quindi lo schema sostanziale dei conti pubblici quadra. Quello che risultava falsato era la mancata rappresentazione contabile, nel testo iniziale, delle entrate dovute alla compartecipazione all'accisa riversate dalla tesoreria al bilancio dello Stato. La quarta precisazione: l'unico vero errore concerne la mancata scritturazione di 160 milioni della tabella E nell'allegato 4, riguardante il rifinanziamento per il 2013 degli interventi forestali in Calabria, ancorché già presenti nel testo iniziale del disegno di legge. La quinta precisazione riguarda la riclassificazione di altre due somme minori, riferite, una, alla riduzione dei tagli e alle risorse spettanti alle province per 137 milioni 600 mila euro, la seconda, alla riduzione dei tagli alle risorse delle regioni per il comparto sanitario per 37 milioni 700 mila euro. A conclusione si precisa, come nota politica, che la costituzione del fondo per il trasporto pubblico locale corrisponde alle esigenze di razionalizzazione ed accorpamento delle risorse da destinare ad una finalità considerata di preminente rilievo politico, preservandola così anche da eventuali rimodulazioni. Io ringrazio tutti i colleghi che hanno voluto questo chiarimento, perché risulti a verbale che questa seduta di oggi non è stata inutile, ma è servita soltanto a dare più trasparenza e chiarezza al bilancio .
. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, nel preannunziare il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico e nel chiederle di poter consegnare l'intervento nel suo complesso, vorrei fare alcune sottolineature. Abbiamo tutti auspicato ulteriori cambiamenti al Senato, e come Partito Democratico in primo luogo sottolineiamo la questione del rapporto tra regioni ed enti locali. I sindaci hanno ragione: bisogna invertire la tendenza rispetto a tutta questa legislatura, perché i comuni sono in ginocchio. È questione di patto di stabilità: rallentare per permettere investimenti diffusi sul territorio, soprattutto per l'edilizia scolastica, la sicurezza, la manutenzione, per offrire nuove opportunità di lavoro e per pagare le imprese in tempi accettabili. Oltre a questo. c'è il tema dei tagli, eccessivi anche quest'anno. Comuni e province non riescono a fare i bilanci. Va fatto tutto il possibile per dare un segnale forte - ripeto - di inversione di tendenza. Abbiamo rinviato l'approvazione di quattro giorni. Il collega Ciccanti e prima il presidente hanno spiegato perché. Io credo che sia stato un fatto grave dover rinviare di quattro giorni, perché una diversa classificazione senza alcuna spiegazione da parte della Ragioneria poteva far presumere che il Parlamento avesse aumentato la pressione fiscale e la spesa pubblica di 2 miliardi. Ritengo questo un fatto non casuale: credo sia l'effetto di come la Ragioneria dello Stato intenda il ruolo del Parlamento, quasi un passacarte che deve semplicemente approvare quanto da essa disposto. La Ragioneria dello Stato non può parlare al Parlamento con semplici «sì sì» «no no»; deve fornire tutti gli elementi affinché il Parlamento possa decidere con cognizione di causa, non può continuare ad essere una specie di convitato di pietra della Commissione bilancio. In Italia, c'è già uno che pretende di comandare questo Paese, parlando da un tabernacolo senza confrontarsi con nessuno, non abbiamo bisogno che lo faccia anche qualche struttura tecnica. E non è una questione tecnica: è questione politica, considerate le modifiche all'articolo 81 della Costituzione che il Parlamento ha approvato sull'equilibrio tra entrate e uscite. Riguardo al bilancio di questo anno, innanzitutto devo sottolineare che è un atto che si inserisce in un processo di riforma della contabilità nazionale in rapporto ai processi di modifica della europea, in particolare il Semestre europeo e la modifica dell'articolo 81 della Costituzione. E sulla legge rinforzata di attuazione dell'articolo 81 dovrà esserci una forte attenzione da parte di questo Parlamento. Nell'ambito degli obiettivi di finanza pubblica è poi fondamentale passare dai tagli lineari alla . Con questo Governo si è iniziato, però ci sono ancora troppi tagli lineari, in particolare, verso i comuni e le province, e troppo poca intesa come piano industriale della pubblica amministrazione a base zero, che si prefigga di eliminare sprechi e spese inutili, di ridurre la spesa di funzionamento, soprattutto dello Stato centrale e dei Ministeri, e di recuperare risorse per la spesa di investimento, per il per i diritti e i servizi fondamentali per i cittadini, per le politiche industriali. Una più corretta gestione del bilancio, soprattutto di cassa, deve, poi, contribuire, insieme all'attuazione delle norme e degli strumenti già vigenti o individuati e al recepimento della direttiva europea, ad affrontare con più efficacia un grande problema di questa fase di crisi economica: i tempi di pagamento della pubblica amministrazione. La crisi di liquidità delle imprese porta a fallimenti e all'aggressione da parte delle organizzazioni criminali mafiose, con enormi problemi per l'economia e la legalità. La crisi di liquidità è determinata dalle restrizioni del credito e dall'allungarsi dei tempi di pagamento dei clienti della pubblica amministrazione. Bisogna agire su tutti e tre questi aspetti, a partire da ciò che compete più direttamente alla pubblica amministrazione. Siamo consapevoli che, oggi, ogni problema è più difficile da affrontare e risolvere. In una fase acuta della crisi economica, in cui occorre mantenere il rigore della finanza pubblica, siamo però consapevoli che il rigore sarà tale non se torneranno in astratto i conti, ma se sarà accompagnato dall'equità e da politiche per la crescita e per il lavoro. Solo così il rigore darà risultati duraturi; altrimenti, saremo sempre da capo, ma con un Paese più impoverito. Vorrei tranquillizzare l'onorevole Cicchitto: tutto il centrosinistra - Sel compresa - sa che non si possono affrontare i problemi con politiche di lo abbiamo già dimostrato quando eravamo al Governo. Il Governo Monti ha evitato il fallimento, ha ereditato una situazione pesantissima, con recessione già iniziata, e diverse politiche si sono modificate.
. La invito a concludere.
. Concludo, signor Presidente. Ricordo che è più tassata la rendita finanziaria e il patrimonio, la ; che si è alleggerita l'IVA e che, con la legge di stabilità, ci sarà un fisco più leggero per le famiglie con figli a reddito medio-basso. Quindi, abbiamo già cominciato a non far pagare sempre gli stessi, ma anche altri. Con queste motivazioni e con i cambiamenti che auspichiamo al Senato, ribadisco il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
. Onorevole Marchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
. Passiamo alla votazione finale. Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 5535-A, e relativa Nota di variazioni, di cui si è testé concluso l'esame. Dichiaro aperta la votazione.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, apprendiamo da un'agenzia stampa di pochi minuti fa che il Gruppo Ilva, a seguito dell'odierno provvedimento di sequestro cautelativo da parte del GIP di Taranto, in ordine al prodotto acciaio finito e semilavorato, sta procedendo, in questi minuti, in attesa del giudizio di impugnazione, alla chiusura dello stabilimento di Taranto - già 5 mila lavoratori sono già stati messi in libertà - e degli stabilimenti che dipendono dalle forniture di Taranto, ovvero Genova, Novi Ligure, Racconigi ed altri minori. La gravità e l'impatto di tale evento sociale, economico, industriale, per le città siderurgiche e soprattutto per il Paese, ci impone di chiederle un urgente intervento nei confronti del Presidente del Consiglio, senatore Monti, affinché nelle prossime ore, a Palazzo Chigi, sia convocato un incontro sull'ILVA, al fine di assumere la necessaria responsabilità per salvaguardare la salute e l'occupazione.
. Signor Presidente, mi permetto di considerare questa richiesta comune a tutti i deputati di quest'Aula sapendo che nel contempo i sindacati metalmeccanici e i sindaci delle città siderurgiche stanno avanzando la medesima urgente richiesta.
. La ringrazio, onorevole Vico; voglio assicurarle che tutti quanti, in quest'Aula, condividiamo il dramma dei 20 mila lavoratori di Taranto e siamo convinti che non debbano essere costretti a scegliere tra il lavoro e la salute che sono due beni egualmente importanti e costituzionalmente tutelati.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, vorrei ricordare il drammatico e assurdo incidente di Rossano Calabro che ha visto, l'altro ieri, la tragica morte di sei rumeni investiti, in un furgone, da un treno locale. Questo tema, questo problema pongono la questione della sicurezza della tratta ferroviaria ionico-calabrese, in un'area già devastata da centinaia di gravissimi incidenti stradali che si verificano quotidianamente lungo la statale 106 Taranto-Reggio Calabria, da tutti conosciuta come la strada della morte. Lungo la fascia ionica calabrese i cittadini si sentono vere e proprie vittime; oltre all'insicurezza della statale 106 che miete feriti e morti da decenni, appare in tutta la sua gravità anche l'insicurezza della linea ferroviaria ad un solo binario, non elettrificata, dove viaggiano, per la verità, sempre meno treni, visti i devastanti tagli effettuati negli ultimi cinque anni da Trenitalia. L'incidente accaduto ai sei rumeni, tra lavoratrici e lavoratori residenti a Rossano, poteva e potrebbe capitare a chiunque, in ogni momento, in quel luogo; infatti, lungo quel tratto ferrato si trovano finti passaggi a livello, consegnati alla gestione di privati, privi di qualsiasi forma di sicurezza e assolutamente pericolosi. Sono il segnale, uno dei tanti, di un quadro gravissimo che insiste lungo la fascia ionica calabrese; un quadro fatto di rischi, pericoli e profonda insicurezza, cose che noi, in quest'Aula, come parlamentari calabresi, abbiamo più volte denunciato nel corso di questa legislatura e della precedente; così come abbiamo denunciato la scelta del Governo Berlusconi che, appena insediatosi nel 2008, ha revocato i finanziamenti previsti per un profondo intervento risolutivo sulla statale 106 ionica sulla quale da troppi anni si interviene e si fanno, per la verità, anche importanti passi avanti ma troppo lentamente, tanto che la sicurezza degli automobilisti è sempre meno garantita e gli incidenti mortali sempre più in aumento. Così come nel 2008 e nel 2009 siamo intervenuti per denunciare l'insicurezza totale della linea ferroviaria Taranto-Reggio Calabria che appare sempre più una ferrovia da terzo mondo, ma nessuno ha mai preso in considerazione queste nostre denunce; al contrario, si è continuato a tagliare i treni, a ridurre le corse, ad evitare ogni intervento per la sicurezza dei viaggiatori e dei cittadini. Chiediamo al Governo, anche dopo la drammatica sorte, la tragica morte, dei sei rumeni, che per guadagnare un pezzo di pane si sono trovati vittime di una ferrovia vecchia e insicura nell'area di Rossano, di intervenire in tutta l'area calabrese, della statale 106 ionica e della ferrovia Taranto-Reggio Calabria. In questa zona tutto è fermo a decenni fa, mentre i cittadini continuano a morire nell'indifferenza generale visto che dopo tragedie e funerali la commozione passa ma le tragedie si ripetono.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, la giornata del 25 novembre che ci lasciamo alle spalle è una data triste dedicata sempre alle donne e alla tutela delle vittime di violenza. Per chi se ne occupa è solo un giorno o al massimo due all'anno, certo questo appare più una circostanza di festeggiamento che non di riflessione amara. Alfabetizzare le donne e le giovani, anche laddove questo è vietato, salvarle dalla sofferenza e dal dolore, dalla segregazione, dal massacro morale e fisico: ecco cosa tenta di fare chi alle donne pensa tutto l'anno. Siamo ad un punto di non ritorno, se non agiamo ora, se chi ha la forza di prendere provvedimenti seri e duri non lo fa ora, le donne non hanno futuro. Lo sa bene Malala, la giovane pakistana sfuggita all'attentato dei talebani in Pakistan. Oggi, il conferimento della cittadinanza onoraria a lei, celebrato in Campidoglio grazie al sindaco Alemanno, è un segno importantissimo. Non facciamo spegnere una luce su quelle donne, apriamo tante finestre su di loro, non lasciamole nel buio. E non lasciamo nel buio neanche quelle donne che vivono nel nostro Paese sole, abbandonate, analfabete, che anche loro, purtroppo, non hanno più neanche la voce per denunciare .
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, mi associo con forza alla richiesta avanzata poco fa dal collega Vico, circa l'opportunità che il Governo, il Presidente del Consiglio si faccia carico della difficile e molto delicata situazione che sta vivendo la città di Taranto. Quanto sta accadendo a Taranto non deve destare e non desta preoccupazione soltanto per i cittadini di Taranto e per le sue autorità, deve preoccupare tutta quanta l'Italia, per quanto riguarda le condizioni di salute, per quanto riguarda le condizioni dell'ambiente che la città e la provincia di Taranto stanno conoscendo. Leggiamo su di oggi come Taranto sia all'ultimo posto per quanto riguarda la vivibilità e le condizioni di vita. Queste preoccupazioni, che certamente non possono lasciarci indifferenti, non possono lasciare indifferenti coloro che hanno responsabilità politiche locali, ma anche nazionali. Deve preoccuparci anche la sorte dei cantieri siderurgici, perché in caso di chiusura dello stabilimento di Taranto, le conseguenze non si fermerebbero lì; la tragedia non si fermerebbe soltanto a Taranto, ma gli effetti varcherebbero i confini cittadini e regionali, per spostarsi un po' in tutta Italia, giacché chiusa la storia a Taranto, per quanto riguarda l'acciaio, si chiuderebbe in tutta Italia. Allora è opportuno che, al di là delle questioni che riguardano la magistratura, nel merito delle quali non vogliamo entrare, credo sia arrivato il momento, dopo che abbiamo parlato a lungo della vicenda di Taranto e dell'Ilva in particolare, che una decisione concreta e definitiva venga assunta; diversamente vedremo diventare una polveriera, che sarà difficile controllare, la città di Taranto e la sua provincia .
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, anch'io vorrei richiamare la sua attenzione e quella dei colleghi sulla tragica vicenda di Rossano. Questa tragedia rischia di passare sotto silenzio, ma credo che riproponga alla nostra attenzione gli antichi mali e i grandi ritardi che riguardano soprattutto la regione calabrese, per quanto riguarda le infrastrutture, e sopratutto il trasporto su ferro. Lì c'è una ferrovia antica, mal servita, con ritardi enormi, per quanto riguarda l'ammodernamento. Quello che si evince chiaramente è una situazione che, nella tragedia, presenta un dato di grande eccezionalità, perché c'è un passaggio a livello che inerisce ad un territorio privato, con un'apertura incustodita. Non vorrei che questa vicenda e questa tragedia passasse sotto silenzio, senza nessuna responsabilità. Titolava un quotidiano della Calabria: «Strage di Stato». Io non so se è una strage di Stato. Certamente ci sono delle responsabilità, ci sono delle disattenzioni, ci sono dei ritardi, ma quello che colpisce grandemente è che non si è dato un grande risalto perché i morti sono stranieri. Sono dei braccianti agricoli che lavorano per 30 euro al giorno e hanno poi trovato questa morte. Trenta euro per raccogliere i mandaranci, i mandarini, le clementine. Per questo una simile tragedia fa ricordare anche quello che è avvenuto a Rosarno. C'è tutta un'umanità e c'è un mondo certamente diseredato e utilizzato - molte volte sfruttato -, che vive in una condizione di anormalità e soprattutto oggi di inciviltà. Io ritengo che noi dovremmo porre un'attenzione molto forte e significativa soprattutto su tutta la problematica che viene fuori e si evince da ciò. Allora, non c'è dubbio che noi, anche in questa occasione, chiediamo la presenza del Governo perché venga a riferire. Io ritengo che in questo si associno tutti i colleghi del gruppo dell'UdC, il collega Roberto Occhiuto, la collega D'Ippolito Vitale. C'è questo sentimento e c'è questa sensibilità che non deve appartenere semplicemente ad una parte o a chi nasce, vive e rappresenta quel territorio, ma ritengo che questo dolore dovrebbe coinvolgere tutti quanti noi altri e dare una spiegazione. Certamente quella strage, quella morte non ha spiegazioni, né giustificazioni. Essa è stata determinata dall'incuria, dai ritardi, da una grande responsabilità e dall'approssimazione. Ritengo che una sollecitazione in questo senso al Governo vada fatta, anche per capire qual è la politica delle Ferrovie dello Stato nei confronti della Calabria, perché quel territorio è stato abbandonato e sono state sottratte delle corse anche in quel territorio. Voglio ricordare che poi c'è la strada statale ionica, la 106, che è indicata come «strada della morte» e che anche lì ci sono ritardi rispetto a programmi e piani già deliberati da parte del Governo. Qui c'è da fare giustizia. Ognuno può fare e dire tante cose, tuttavia traspare chiaramente uno squilibrio tra il Nord e il Sud, tra gli impegni assunti verso il Nord - e mantenuti verso il Nord - e il Sud, certamente derelitto, che viene oggi alla ribalta semplicemente per questi fatti gravissimi e tragici. Signor Presidente, io ritengo che questo sia un momento importante. Voglio dire un'altra cosa e colgo anche l'occasione - credo di interpretare anche il sentimento e soprattutto la volontà di Occhiuto, che ha lavorato moltissimo su un documento per quanto riguarda la mozione Calabria...
. La prego di concludere.
. Ho finito, signor Presidente. Abbiamo perso le tracce della mozione Calabria, dove ci sono anche i problemi delle infrastrutture indicate. Ne abbiamo perso le tracce. Era posta all'ordine del giorno qualche mese fa, sta finendo la legislatura e non c'è uno straccio di dibattito che dia seguito alla discussione e che continui la discussione generale. Pertanto, sollecitiamo affinché tale mozione sia messa prioritariamente all'ordine del giorno. Sono stati importanti il bilancio, la legge di stabilità, la variazione del bilancio. Sono tutte cose importantissime e fondamentali, ma vogliamo capire che fine abbia fatto questa mozione che dava delle indicazioni importanti non soltanto per un una regione, ma per tutto il Paese, perché senza risolvere e affrontare seriamente i problemi e i drammi di questa regione, certamente non possiamo dire che il Paese nel suo complesso vada avanti e che possa sperare seriamente e tangibilmente a prospettive di sviluppo e di conquiste civili e democratiche
. Onorevole Tassone, la Presidenza provvederà a portare la sua richiesta a conoscenza del Governo e ad insistere per essa. Devo comunicarle che la mozione sulla Calabria è iscritta all'ordine del giorno di domani. Ahimè, per la verità è il nono punto all'ordine del giorno, ma, se c'è un'intesa tra i gruppi, si potrebbe provvedere a migliorare la sua posizione.
. È iscritta da molto tempo. Ogni tanto scompare e riappare.
. Intanto ricompare, vediamo di tirarla su.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, intervengo a supporto delle dichiarazioni che già ha svolto prima di me il collega Ludovico Vico a proposito della situazione che si sta creando nello stabilimento ILVA di Taranto e che, di conseguenza, rischia di crearsi in tutta la filiera produttiva dell'acciaio controllata dal gruppo Riva. Si tratta di una situazione gravissima, che richiede risposte immediate e chiare da parte del Governo. Da questo punto di vista so che si stanno mobilitando le organizzazioni sindacali e i comuni interessati. Ricordo che, oltre a Taranto, gli stabilimenti produttivi che potrebbero essere interessati da provvedimenti di eventuale chiusura dell'attività in essere sono quelli di Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica. A questo proposito è urgente che si chiarisca se il Governo, che ha appena approvato l'AIA a Taranto, intende muoversi immediatamente per creare le condizioni perché ci sia una continuità produttiva che possa salvaguardare un patrimonio industriale e occupazionale essenziale per il Paese. Sappiamo che giovedì prossimo è già stata convocata una manifestazione nazionale dei sindacati a Roma. Penso che il Governo debba, prima di allora, prendere le decisioni che servono, ossia incontrare le organizzazioni sindacali, incontrare le parti interessate e prendere un provvedimento d'urgenza che consenta alla produzione del gruppo di proseguire e di non mettere in discussione una situazione occupazionale molto critica. Quindi, le chiedo, signor Presidente, di rappresentare immediatamente al Governo questa situazione e di chiedere al Governo di farsene carico, sulla base delle sollecitazioni che in quest'Aula, insieme agli altri colleghi che provengono dai territori interessati, stiamo facendo, affinché ci sia un intervento utile a salvaguardare una situazione produttiva che è importante per tutto il Paese e che è però, nell'immediato, importante soprattutto per salvaguardare l'occupazione negli stabilimenti e salvaguardare la salute dei cittadini interessati.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Deputato Presidente, intervengo per segnalare un'operazione in corso nella giornata odierna, che stanno facendo i carabinieri del nucleo provinciale di Salerno, coordinati dalla direzione distrettuale antimafia della procura di Salerno, con cui si sta portando a termine una serie di arresti per rapporti con la camorra, con la criminalità organizzata. Guarda caso, in questi arresti ci sono amministratori comunali di un comune della provincia di Salerno, Cava de' Tirreni. Bene, signor Presidente, in una precedente interrogazione sottoscritta dal presidente Di Pietro, dal sottoscritto e da altri parlamentari dell'Italia dei Valori, avevamo richiesto lo scioglimento dell'amministrazione provinciale di Salerno, perché c'è tutta una filiera che vi ruota attorno, anche se si è da poco dimesso il suo presidente, l'onorevole Cirielli. Noi chiedevamo che per la prima volta si sciogliesse un ente provinciale perché denunciavamo questo verminaio che è in provincia di Salerno, con un intreccio perverso tra camorra, imprenditoria e politica. Allora, noi ancora una volta dobbiamo registrare che il vero presidio della legalità sulla provincia di Salerno è rappresentato dalla Procura della Repubblica di Salerno, a cui naturalmente vanno i nostri ringraziamenti e complimenti, ben guidata dal procuratore Franco Roberti e dai Carabinieri della provincia di Salerno, a cui pure vanno i nostri complimenti e il nostro sostegno. Ma non possiamo sempre delegare a magistratura e a forze dell'ordine che si faccia pulizia nella politica, nelle amministrazioni comunali e che siano loro che debbono liberare il campo da questa mala politica. Allora, io innanzitutto le chiedo, signor Presidente, che si dia una risposta a quella interrogazione che abbiamo rivolto al Ministro dell'interno, perché non possiamo rimandare alle calende greche o chiudere tutti e due gli occhi se un gruppo parlamentare vi segnala che l'amministrazione provinciale di Salerno è un verminaio intorno al quale si è annidato un covo di camorristi, di affaristi, di mala politica. L'anno scorso abbiamo visto Pagani con il sindaco arrestato per camorra, oggi Cava de' Tirreni, Angri, Nocera. Insomma, dove vogliamo arrivare? Il Ministero dell'interno vuole darci una risposta e possibilmente prendere provvedimenti in provincia di Salerno per quello che sta succedendo? Ma poi aggiungo, e concludo, signor Presidente: ma la politica quando prenderà iniziative e eliminerà dal suo interno questa mala politica, questo intreccio perverso con la criminalità organizzata? A nulla servono iniziative politiche, il che si propone, la corsa che si fa. Domani il PdL presenta pure le primarie, quando una sua amministrazione viene decapitata per rapporti con la camorra. A sinistra non è che sia molto meglio, per la verità, perché ormai è una palude che riguarda allo stesso modo destra, sinistra e centro.
. Onorevole Barbato, la prego di concludere.
. Allora, l'invito che rivolgo è che i partiti innanzitutto da soli si ricolleghino all'etica e alla morale e facciano pulizia al loro interno senza aspettare l'intervento di magistratura e forze dell'ordine.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, intervengo sempre sulla vicenda dell'ILVA. Aderiamo come Popolo della Libertà alla proposta fatta dal collega Vico, che si convochi a Palazzo Chigi da parte del Presidente Monti immediatamente un tavolo, perché la situazione oggettivamente può avere un riflesso molto pesante sul PIL di tutto il Paese, oltre che evidentemente sulla città di Taranto e sui lavoratori. Aggiungerei però anche un'altra cosa: chiederei alla Presidenza di sollecitare anche il Ministro dello sviluppo economico, perché risulta che ci siano già pronti all'ILVA grandi quantitativi di acciaio, di cui è stata bloccata la consegna. Questo significa mettere in ginocchio buona parte della nostra industria, quella a cui era destinata: non soltanto la trasformazione secondaria dell'acciaio, ma a cascata l'industria che riguarda l'edilizia, l'auto e il bianco. Si rischia veramente, con questo blocco, di fermare una grandissima parte del nostro sistema manifatturiero, ripeto, anche solo in ragione del blocco di quello che è già pronto e non viene consegnato. Quindi, chiedo veramente che la Presidenza faccia tutto il possibile perché si ripristini una situazione di normalità, tanto più in una fase economica come questa, dove non credo possiamo permetterci il lusso di lasciare sul terreno neanche un punto di PIL e, soprattutto, neanche un posto di lavoro .
. Onorevole Vignali, la Presidenza provvederà a portare la sua sollecitazione al Governo.
. Chiedo di parlare.
. Ne ha facoltà.
. Signor Presidente, intervengo per unirmi alle preoccupazioni di chi è intervenuto sulla vicenda di Taranto, dei lavoratori e dell'Ilva, però noi abbiamo sempre detto una cosa e vorrei che chi è intervenuto prima ascoltasse: noi siamo al 100 per cento con i magistrati e al 100 per cento con i lavoratori. Quindi, va bene la convocazione di un tavolo da parte della Presidenza del Consiglio, ma va anche detto che non bisogna interferire con l'operato della magistratura. Infatti, in questa vicenda ne abbiamo sentite di tutti i colori, comprese le ultime dichiarazioni, prima che la seconda parte di quella inchiesta venisse fuori, del presidente dell'Ilva, oggi indagato. Egli ha detto che, se non dissequestravano i reparti sotto sequestro dell'Ilva, avrebbe bloccato la produzione e licenziato i lavoratori, mettendo sotto ricatto il Paese e mettendo sotto ricatto i lavoratori e Taranto. Questo non è concepibile! Quindi, sì a un incontro con il Governo, ma avendo le idee chiare. Le idee chiare sono due: il diritto è sopra di tutto e non può esservi una legge speciale per Riva, per l'Ilva e per Ferrante. Vi è una legge che va rispettata e vi sono due provvedimenti da adottare, che vi hanno indicato i magistrati. Lo dico al Presidente, perché lo dica al Governo: se questo tavolo verrà convocato, deve andare in una direzione di risoluzione per cui l'Ilva fornisce i soldi per mettere a norma i suoi stabilimenti, che, a quanto dicono i magistrati, uccidono i tarantini. Seconda cosa rispetto a quello che è successo: vorrei che ciascuno di noi cercasse di capire che cosa sta emergendo da quella inchiesta. Sta emergendo un sistema che deve preoccuparci, un sistema di collusione tra l'impresa, il sistema della politica e, forse, anche il sistema dei sindacati, che avrebbero dovuto difendere quei lavoratori per cui oggi siamo tutti qui a piangere perché non vengano licenziati. Il miglior modo per difendere i lavoratori, quindi, e concludo, signor Presidente, è quello di far rispettare la legalità ed è quello di far mettere i soldi da parte di un'azienda che ha fatto profitto in questi anni e che non ha investito in sicurezza. Chiediamo a Riva, con la testa alta, e non, come è successo in questi anni, piegando la testa e mettendo il Paese sotto ricatto, di prendere le risorse e di investirle sulla sicurezza dell'azienda .
. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-ADC, Democrazia Cristiana), con lettera pervenuta in data 21 novembre 2012, ha reso noto che il gruppo ha modificato la propria denominazione in «Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-ADC, Intesa Popolare)».
. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.