GIANNI MELILLA, legge il processo verbale della seduta del 6 febbraio 2015.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bombassei, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Casero, Castiglione, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Costa, Damiano, De Girolamo, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Faraone, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Garavini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Merlo, Meta, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sisto, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vitelli, Vito e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente novantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 9 febbraio 2015, la deputata Barbara Saltamartini, già iscritta al gruppo parlamentare Area Popolare (NCD-UDC), ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle questioni pregiudiziali Paglia ed altri n. 1, Busin ed altri e Rampelli n. 2, Palese n. 3 e Pesco ed altri n. 4 presentate ai sensi dell'articolo 96-, comma 3, al disegno di legge n. 2844: Conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti.
Avverto che, a norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno solo dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti. Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
L'onorevole Paglia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, il Presidente della Repubblica, nel suo discorso di insediamento di pochi giorni fa, ha voluto giustamente ricordarci la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando – ha detto così – l'esigenza di Governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare. È normale che sia così, dato che è la nostra Costituzione, all'articolo 77 – tanto richiamato quanto ignorato –, a prevedere che il Governo possa legiferare solo ed esclusivamente in casi straordinari di necessità e di urgenza, presentando alle Camere il decreto-legge nel giorno stesso dell'emanazione.
Questa previsione è peraltro già una concessione ad uno dei pilastri dello Stato di diritto, la divisione dei poteri, ed è per questo che dovrebbe essere esercitata nei limiti assoluti del dettato costituzionale.
Anche stavolta è invece, purtroppo, necessario intervenire in quest'Aula con una questione pregiudiziale per ricordare quanto lontani siamo dall'articolo 77, e quindi dalla legalità costituzionale e dallo Stato di diritto, e quanto questa Repubblica avrebbe bisogno, non di una riforma della Costituzione, bensì di un ritorno alla Costituzione. È infatti indice di una malattia molto grave del sistema democratico il fatto che si possa arrivare ad una violazione sistematica non solo dei diritti sostanziali, come il lavoro o la casa, ma persino delle regole formali e procedurali sancite dalla Carta, le quali non dovrebbero essere difficili da far rispettare, non prevedendo infatti altro onere che il rispetto della norma sovraordinata, peraltro molto chiara nella sua disposizione.
Io lo dico soprattutto alle colleghe e ai colleghi deputati, perché accettare passivamente questo stato di cose è soprattutto lesivo delle prerogative che la Costituzione ci dà a tutela non nostra – ricordiamolo sempre –, ma del popolo italiano e del processo democratico.
La centralità del Parlamento, vera tutela contro ogni autoritarismo, si difende soprattutto rifiutando di abdicare alla funzione legislativa, permettendo di essere preventivamente ingabbiati nella morsa decreto-legge e fiducia.
Già preannunciata la fiducia, anzi in questo caso contro la maggioranza, non certo contro la minoranza, violando così, di nuovo, la normale dialettica tra le forze parlamentari e tra il Parlamento e il Governo.
Ho voluto fare questa premessa, perché questa volta è del tutto evidente la totale assenza di necessità e urgenza straordinarie di tutte le disposizioni contenute nel provvedimento, a partire da quella politicamente centrale che riguarda le banche popolari. Per capirlo, sarebbe sufficiente pensare che di questo decreto-legge si è sentito parlare per mesi, come «», senza che delle banche si pronunciasse nemmeno il nome, salvo poi vederlo trasmutare in una notte in «», con l'apparizione dal nulla dello stravolgimento di dieci fra le prime venti banche del Paese, non casualmente – io credo – nel momento in cui al Quirinale mancava un Presidente della Repubblica.
A proposito della sua trasmissione in giornata al Parlamento, essa è rimasta naturalmente una pia illusione, con agenzie di stampa che rincorrevano invece i sussurri di commi continuamente cancellati, modificati, inseriti .
Alla fine, è uscito un testo in cui l'articolo 5 è rubricato: «Modifiche alla tassazione dei redditi derivanti dai beni immateriali e credito di imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi», senza però che nell'articolo stesso si tratti nulla di tutto questo, mentre si parla di riforma dell'Istituto italiano di tecnologia, che peraltro, nel titolo invece del decreto-legge è del tutto ignorato.
Questa sola discrasia tra intitolazione e contenuto sarebbe sufficiente a consigliare il ritiro del decreto-legge per manifesta illegittimità di una norma costruita, come sempre, senza prestare attenzione nemmeno alle regole formali più elementari, indice di un Governo preda di mani, manine e giravolte e chiaramente incapace di dare ordine al procedimento legislativo.
Stiamo, quindi, parlando di un decreto-legge pieno di errori sul piano delle regole di scrittura e di sbagli sul piano delle materie trattate.
Torniamo al tema delle banche popolari. Esiste ormai una rassegna stampa sterminata, che ha coinvolto giuristi, economisti, accademici e finanzieri, volta a sottolineare quanto un intervento riformatore del settore fosse necessario e richiesto da tempo da tutte le istituzioni internazionali, oltre che dalla Banca d'Italia.
Ora, premesso che il giudizio su istituzioni comunitarie internazionali dovrebbe probabilmente essere considerato una prova al contrario, visti gli esiti dei loro consigli, noi possiamo convenire, tuttavia, che l'evoluzione storica di quelle che chiamiamo «banche popolari» possa consigliare una riforma della loro condizione, che smetta di considerarle un indistinto e vada a dettare regole diversificate per un grande istituto quotato in borsa e una piccola cassa locale con una decina di sportelli.
Ciò di cui, tuttavia, dovremmo preoccuparci preventivamente è se lo strumento del decreto-legge sia quello adeguato alla bisogna. La risposta certamente è «no». Il fatto stesso infatti che si ripeta continuamente da quanto tempo esista una richiesta ad operare è la negazione in termini della straordinaria necessità e urgenza, così come lo sono le motivazioni adottate dal Ministro dell'economia e delle finanze, che ha parlato a più riprese di «necessità di dare un segnale forte sul piano politico della chiara volontà del Governo di intervenire sulla solidità del sistema bancario».
Il Governo e Bankitalia – mi chiedo – hanno forse notizie sulla solidità delle grandi banche popolari, diverse da quelle emerse dagli stress-test della BCE ? Perché giova ricordare che sette tra gli istituti coinvolti da questa pseudoriforma hanno appena approntato analisi sui loro bilanci considerate persino troppo severe dal nostro Paese, senza ricevere vincoli alla ricapitalizzazione, a differenza di quanto accaduto per Monte dei Paschi e Carige. Non si vede, quindi, dove stia la pressante necessità di provvedere a quegli urgentissimi aumenti di capitale che l'attuale renderebbe impossibili. Infatti, qui ad eccezione parziale della Banca popolare dell'Etruria, di parzialmente compromesso non c’è nulla e sarebbe curioso se, per facilitare la vita alla più piccola tra le dieci, si intervenisse per decreto-legge sulle restanti nove.
Quello che sta accadendo qui dentro è infatti il tentativo di modificare, con effetto immediato, la e l'assetto proprietario di istituti che rappresentano il cuore del sistema finanziario del Paese, quattro dei quali nei primi posti per capitalizzazione della Borsa. Sarebbe come se il Governo americano intervenisse nella notte, per legge, sulle banche d'affari e sulle società della Silicon Valley. Lo trovereste normale ? No, non lo trovereste nemmeno possibile e infatti non lo sarebbe, perché, in materie come questa, il processo legislativo è giustamente lungo, dato che si tratta di evitare di muovere il mercato finanziario in senso improprio, cosa peraltro già successa abbondantemente in tutta questa vicenda.
Io non ho dubbi che tutto il Parlamento abbia la piena consapevolezza che non stiamo parlando di togliere le banche ai signorotti locali, come ha detto con una battuta molto infelice il Premier, ma di cancellare per legge un patto liberamente sottoscritto tra soci e azionisti, nel contesto di banche prevalentemente quotate, su cui sono già presenti investimenti significativi anche di attori internazionali.
Se il Presidente del Consiglio è a conoscenza di soliti noti che, per mezzo del voto capitario, farebbero gli affari propri a discapito degli azionisti, dovrebbe fare i nomi, magari a partire da quelli delle banche a lui più vicine per origine territoriale. Ma, in caso contrario dovrebbe limitarsi a dare al Parlamento un impulso riformatore che noi coglieremmo volentieri, anziché intervenire a «piedi pari» nel mercato.
È curioso che debba sempre essere io qui dentro a difendere il mercato e le sue regole da una politica onnivora che crede, con un tratto di penna, di potere adeguare il sistema bancario alle necessità presunte della contemporaneità. Non è così che si interviene, non è invocando l'urgenza sulla base del fatto che oggi esiste la vigilanza unica europea, che non è una cosa nuova. Bisogna, invece, quando si parla di un settore come quello bancario, decisivo per le possibilità di ripresa dell'Italia, che ha problemi aperti grandi come 181 miliardi di euro di sofferenza, intervenire per garantire stabilità e per poter fare ripartire il sistema bancario e l'economia nel migliore dei modi possibili.
Questo decreto, invece, non genera stabilità, ma rischia solo di farci passare dalla tutela della mutualità, prevista senza limiti di capitalizzazione dalla Costituzione – su questo saremmo d'accordo – alla «tutela» dei fondi e delle banche estere sulla nostra finanza interna. Lo sapete che uno degli effetti della crisi è stata la propensione delle banche a trasferire in patria i vantaggi prodotti dalla presenza all'estero ? È così, lo dicono tutti i dati e io credo sia una cosa su cui riflettere nei prossimi giorni .
PRESIDENTE. L'onorevole Allasia ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Busin ed altri e Rampelli n. 2.
STEFANO ALLASIA. Grazie, Presidente. Siamo di fronte all'ennesima pregiudiziale di costituzionalità su un decreto adottato dal Governo in tempi non sospetti o, ancor di più, sospetti, perché è stato proposto all'interno di un periodo temporale in cui la discussione doveva essere accesa su altre argomentazioni. Il Governo, con un colpo di maestria – come sempre ha voluto fare, come è riuscito e come sta riuscendo a fare in queste ultime settimane – ha portato avanti il proprio programma, sia la legge elettorale e la riforma costituzionale. Dunque, il Presidente del Consiglio ha proposto questo decreto che, come dicono alcuni giornali, neanche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, avrebbe firmato, perché era notoriamente contrario. Ma siamo qui a discutere della sua costituzionalità.
Nell'intervento precedente, come altri interventi che sono avvenuti già nelle Commissioni di merito in queste ultime ore, si è già visto che, citando una serie interminabile di articoli della Costituzione, come gli articoli 77, 41, 45 e 47, questo decreto non sarebbe da fare e da portare avanti. Il Governo, la maggioranza, ha intenzione di portarlo avanti e se ne deve assumere la totale responsabilità, la responsabilità su cui chiediamo, nel dibattito parlamentare, una discussione approfondita. Con questa questione pregiudiziale, dunque, noi chiediamo la sospensione del decreto, perché lo riteniamo assolutamente tecnicamente inopportuno e incostituzionale.
Non c’è assolutamente norma che preveda che vi sia l'urgenza di un decreto del genere, perché non è una necessità. Forse è una necessità per i grandi investitori esteri quella di mettere le mani all'interno dei capitali dei privati, come sulle banche popolari, e forse per gli investitori quella di potere usufruire dei soldi italiani, dei soldi che la BCE ha già messo o che dovrebbe avere messo in circolazione all'interno delle banche. Perciò, è l'ennesimo favore che il Governo Renzi sta facendo alla BCE. Perciò, noi dobbiamo valutare su più fronti questa incostituzionalità: da un lato, il merito e, dall'altra parte, tecnicamente, la proposta.
Non entro neanche nelle questioni della moralità o dei conflitti di interessi, come qualcuno sta puntualizzando giustamente, perché in altri momenti, in momenti non sospetti, l'attuale maggioranza e il PD avrebbero gridato alla scandalo per situazioni nettamente inferiori all'effettivo conflitto che c’è, il conflitto d'interesse del Ministro Boschi.
Perciò noi riteniamo di dover proseguire l'iter con la questione pregiudiziale, perché riteniamo che, come ha già citato il collega precedentemente, ci siano numerosi testi che portano in evidenza l'incostituzionalità. Poi staremo a vedere l'ennesima farsa che la maggioranza porterà avanti sulla costituzionalità del provvedimento, perché devono citarci le argomentazioni riguardanti il sistema bancario e il sistema imprenditoriale, anche semplicemente guardando l'articolato, devono dirci quali sono oggettivamente le tematiche.
Nell'articolato indubbiamente si parla di piccole e medie imprese, di banche popolari, di conti correnti, di prestiti indiretti e società. Nel titolo si dice esclusivamente: «Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti», cosa per cui, leggendo esclusivamente il testo, il gruppo della Lega Nord avrebbe dovuto saltare sul banco gridando «vittoria !», dato che è un'argomentazione che tutto il sistema imprenditoriale e il sistema privato sta sostenendo da anni, se non da molto più tempo. Questo però, purtroppo, non è un vantaggio per i singoli cittadini, anzi va a togliere quella possibilità che per legge oggi non può essere data. Per legge si cambierà l'assetto societario, senza chiedere il permesso ai proprietari effettivi e, trattandosi di una banca popolare – ed è il motivo per cui è nata –, non c’è la possibilità ulteriore dei soci di dire la propria con il proprio voto.
Il problema dell'omogeneità, come ho già descritto, è intrinseco e connesso in quella sussistenza dei presupposti di necessità e di urgenza di cui costituisce una sorta di corollario. Il decreto-legge mira a riformare una parte del sistema bancario nazionale che il Governo giustifica come intervento necessario, perché richiesto dal Fondo monetario internazionale, dall'Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica e dall'Istituto dell'Unione europea quale strumento utile ad aumentare i finanziamenti e, quindi, a rilanciare l'economia. La trasformazione delle banche popolari in Spa, come ho già descritto e come cita il decreto, in realtà potrebbe produrre effetti diametralmente opposti a quelli indicati dal Governo, dirottando le risorse disponibili verso investimenti ad alto rischio e sottraendo le stesse al finanziamento delle famiglie e delle imprese.
Il decreto-legge, inoltre, introduce un'alterazione delle regole della libera concorrenza, dirottando gli investitori, anche stranieri, verso le nuove Spa, a discapito delle piccole banche rimaste con la forma giuridica di società cooperative, agevolando ulteriormente la speculazione da parte degli investitori stranieri.
Verrà abolito il sistema di come avevo detto, fondato su un voto a testa, introducendo il massimo di azioni e il numero minimo di soci: significa che le piccole banche potranno essere «cannibalizzate» dai grandi oligarchi della finanza internazionale. Queste sono situazioni che agevoleranno la BCE, che – come si è già detto, come abbiamo già visto ed è scritto – qui ha ordinato molto probabilmente di spianare la strada alla speculazione finanziaria e Renzi, come sempre, esegue fedelmente.
Indubbiamente rispetto ad altre questioni pregiudiziali, in cui si può gridare allo scandalo rispetto alle richieste dell'opposizione, in questo caso, per quanto riguarda le osservazioni di incostituzionalità del provvedimento avanzate dalla Lega, noi riteniamo che motivazioni politiche oggettive, e non soggettive, e tecniche di incostituzionalità ci siano e debbano essere prese in considerazione da tutto il Parlamento e da tutti i deputati.
Perciò ognuno si assuma la responsabilità del proprio voto, dato che ci deve essere coscienza culturale e morale da parte di tutti i parlamentari che siedono in quest'Aula. Quindi, ci deve essere la possibilità che tutti possano votare con propria coscienza, ma soprattutto con la propria moralità, rendendosi conto che con questo decreto-legge non si fa un regalo e non si agevolano gli investimenti, ma si regala esclusivamente il nostro patrimonio economico e anche culturale agli investimenti esteri speculativi, che porteranno successivamente purtroppo, ahimè, all'ennesimo tracollo economico-finanziario.
Concludendo l'intervento, faccio solo memoria di quello che ha detto il vostro Presidente del Consiglio, Renzi, quando annunciava questo decreto e chiedeva l'appoggio di tutti, perché riteneva che la politica – e con questo decreto riteneva di andare in tale direzione, ma non ve ne è traccia in alcuna parte del decreto stesso – giustamente – anche noi lo diciamo – debba uscire fuori dalle banche. Però bisogna essere coscienti...
PRESIDENTE. Collega Allasia !
STEFANO ALLASIA. Entro nel merito, adesso entro nel merito.
PRESIDENTE. Meglio, utilizzando anche un linguaggio consono.
STEFANO ALLASIA. Perciò ci deve essere la possibilità di capire quali siano gli interessi dei partiti, quali siano gli interessi degli investitori. Noi continueremo a rimanere dalla parte degli investitori, delle piccole e medie imprese, che con questo decreto saranno danneggiate. Perciò, riteniamo che questo provvedimento sia assolutamente incostituzionale .
PRESIDENTE. Comunico all'Aula che è presente in tribuna il Primo Ministro del Libero Stato di Sassonia Stanislaw Tillich, accompagnato da una delegazione della Repubblica federale tedesca. L'Aula lo saluta .
L'onorevole Palese ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 3.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti, giunge all'esame del Parlamento per la necessaria conversione a seguito di una serie di avvenimenti fortemente ambigui e sospetti, connessi ad attività finanziarie e informazioni privilegiate, peraltro vietate dalla vigente normativa, strettamente collegate al contenuto del medesimo provvedimento legislativo, che, ad avviso dei sottoscrittori, alimentano forti dubbi e perplessità, sia sulla natura delle norme di riforma delle banche popolari che dei presupposti costituzionali di necessità ed urgenza, che appaiono essere palesemente inesistenti. È stato qui evidenziato, anche dai colleghi che mi hanno preceduto, che è patrimonio ormai comune che non vi era alcuna necessità ed urgenza per poter emanare questo decreto-legge da parte del Consiglio dei ministri.
Il provvedimento infatti, secondo quanto riportato dalla ricostruzione svolta da numerosi organi d'informazione, è stato approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 20 gennaio a seguito di un'intensa attività, anomala, di compravendita di titoli azionari di banche popolari italiane, avvenuta nei giorni precedenti, determinando un impatto così immediato sui listini di borsa i cui effetti finanziari raramente si sono riscontrati per un provvedimento legislativo rigorosamente connesso con le norme d'interesse.
La decisione del Governo – che ha destato sorpresa, in quanto inizialmente non preventivata – di stabilire le norme riguardanti la riforma delle banche popolari attraverso il ricorso alla decretazione d'urgenza, anziché, come originariamente previsto, all'interno di un disegno di legge destinato a seguire il normale iter parlamentare, si rileva anche dagli stessi titoli che alcuni quotidiani riportavano prima del 20 gennaio, giorno in cui il provvedimento denominato «» è stato licenziato dal Consiglio dei ministri.
A tal fine, l'avvio dei necessari accertamenti preliminari da parte della Consob di verificare l'operatività dei titoli delle banche popolari, sia a valle che a monte delle notizie divulgate sulla riforma, connesse al decreto di riforma delle banche popolari, che potrebbero perfino far sospettare un caso di il cui regime sanzionatorio è disciplinato dal decreto legislativo n. 58 del 1998, conferma, a parere dei sottoscrittori, l'evidente gravità delle procedure con le quali è stato approvato il medesimo provvedimento.
L'ingiustificata decisione di introdurre interventi di riforma delle banche popolari all'interno del decreto-legge n. 3 del 2015, infatti, oltre che evidenziare l'insussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza, che legittimano, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, l'esercizio del potere del Governo di adottare atti aventi forza di legge, risulta, fra l'altro, contraria ai principi costituzionali di libertà di intrapresa e di cooperazione.
Ulteriori profili di criticità, che si riscontrano nei confronti del medesimo provvedimento, si rinvengono dalla disomogeneità delle norme che accomunano una pluralità di materie, dalla portabilità dei conti correnti ai nuovi requisiti indicati per la definizione di piccole e medie imprese innovative, alle modifiche sulla tassazione dei redditi derivanti dai beni strumentali e per il credito d'imposta per acquisto di beni strumentali nuovi, che ribadiscono l'insussistenza dei requisiti costituzionalmente previsti dall'articolo 77 della Costituzione, nonché di quelli indicati all'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988.
L'eterogeneità del decreto-legge n. 3 del 2015 si palesa a partire già dal titolo, in quanto si ritiene erroneamente al fine di raggirare le censure della Corte Costituzionale che sia sufficiente introdurre nel titolo tutte le materie trattate per far sembrare il testo omogeneo. Tuttavia l'omogeneità richiesta non è riferita al titolo bensì alle materie trattate.
Risulta, a tal fine, evidente l'assoluta mancanza di nesso tra l'articolo 1 di riforma delle banche popolari e l'articolo 2, che dispone la portabilità dei conti correnti, e l'articolo 3, che autorizza la società SACE Spa-Servizi assicurativi del commercio estero ad intervenire, con l'attività di rilascio di garanzie, anche attraverso l'esercizio del credito, in analogia con quanto già attuato in altri Paesi.
Come indicato dal Presidente della Repubblica, con lettera del 15 luglio 2009, inoltre, i provvedimenti eterogenei nei contenuti sfuggono alla comprensione dell'opinione pubblica e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge. È indispensabile porre termine a simili prassi, specie quando si legifera su temi che coinvolgono aspetti qualificanti della convivenza civile e della coesione economica e sociale.
I sottoscrittori inoltre evidenziano come il decreto-legge n. 3 del 2015 trasgredisca in maniera manifesta la sentenza n. 22 del 2012 della Corte Costituzionale, che ha confermato come l'urgente necessità del provvedere può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie, complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare.
A tal fine appare evidente come l'impianto normativo del suindicato decreto sia nettamente privo dei rilievi enunciati in precedenza dalla giurisprudenza costituzionale e contravviene, pertanto, ancora una volta alle esternazioni presidenziali avvenute nel corso della presente legislatura, che sono state tanto inflessibili quanto evidentemente isolate nel panorama istituzionale.
La recente prassi legislativa del ricorso continuo e reiterato all'uso della decretazione d'urgenza da parte dell'attuale Governo, più volte censurata dalle numerose sentenze della Corte Costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale, produce anche in questa occasione, uno svuotamento ed una mortificazione del ruolo del Parlamento.
Il decreto-legge presenta, inoltre, profili di illegittimità costituzionale anche in riferimento alla violazione dell'articolo 81, in considerazione che alcune disposizioni, pur comportando oneri a carico del bilancio dello Stato, secondo la relazione tecnica di entità minima, non provvedono a illustrarne l'ammontare certo, ovvero indicano in maniera vaga le modalità per farvi fronte, rivalendosi su entrate non certe. Si riscontra, pertanto, la palese assenza di elementi idonei a suffragare l'ipotesi di invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica. A tal proposito rileva in particolare l'articolo 6, comma 1.
Numerose norme contenute nel decreto-legge in esame, oltre a presentare profili di incostituzionalità, come in precedenza richiamato, non possono essere condivise neanche nel merito, in considerazione del fatto che le disposizioni di riforma che aboliscono il voto capitario delle banche popolari (ossia il principio di una testa un voto per cui tutti i soci sono uguali a prescindere dalle azioni possedute), rischiano di determinare effetti negativi per un Paese come l'Italia privo d'investitori di lungo periodo, oltre che in termini di esuberi per i dipendenti degli istituti di credito popolare, penalizzando un sistema quale quello delle banche popolari che ha storicamente sostenuto l'economia familiare e imprenditoriale dei territori.
Pertanto, per tutti questi motivi e per tanti altri che per brevità non espongo in questa sede, propongo all'Aula di deliberare di non procedere all'esame del disegno di legge di conversione n. 2844
PRESIDENTE. L'onorevole Villarosa ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Pesco ed altri n. 4.
ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Grazie Presidente, le chiedo di ascoltare con attenzione, perché lei sicuramente conosce bene l'importanza della cooperazione e sicuramente avrà letto le discussioni di Togliatti durante l'Assemblea costituente in merito all'articolo 45, quindi in merito alla cooperazione. Per questo le chiedo di prestare attenzione al discorso, perché, Presidente, non mi è mai capitata una pregiudiziale così «ricca». È la prima volta che ho una pregiudiziale piena di questioni da attenzionare, che dovremmo attenzionare tutti insieme.
Partiamo dall'articolo 77 della Costituzione: il Governo non può. Il Governo non può ? il Governo può. La sentenza della Corte costituzionale: l'adozione delle norme primarie spetta a chi ? Agli organi o all'organo il cui potere deriva direttamente dal popolo, Presidente. Qual è l'organo che deriva direttamente dal popolo ? Il Parlamento, quindi spetterebbe a noi deputati, a noi senatori, parlare di banche popolari, non al Governo. Lo fa il Governo ? .
Il decreto-legge deve essere usato, Presidente, per le urgenze, ricordo bene ? Infatti, il decreto-legge scade in sessanta giorni. Fra quanto tempo sarà operativo, Presidente, questo decreto-legge ? Fra 540 giorni. Quindi, è urgente, ma è operativo in 540 giorni.
E siamo ancora qui a fare questa farsa di presentare a voi, che avete scritto questo decreto-legge, che lo portate qui in Aula, le nostre questioni pregiudiziali e dovremmo anche credere che a un certo punto voi votiate a favore della nostra questione pregiudiziale e cancelliate questo decreto-legge. Questa è una farsa, è un modo di lavorare inutile, a parer mio.
Prendiamo l'articolo 41 della Costituzione. L'articolo 41 è sacro e recita una cosa molto, molto semplice da capire e difficilmente interpretabile: l'iniziativa economica privata è libera. Il Governo, invece, cosa fa ? L'ammanetta e la porta in galera, anzi al cimitero. Perché ? Se io, Presidente, ho comprato delle azioni di una banca popolare è perché volevo partecipare all'azionariato di una banca popolare. Non c’è stata una decisione interna, un'assemblea, una decisione presa a maggioranza, che ha modificato la struttura della banca di cui io faccio parte. No, sei tu, Stato, che mi obblighi ora a stare all'interno di una società diversa da quella nella quale sono entrato. Dopo che io sono già dentro, tu, Stato, in sessanta giorni vuoi distruggere una storia di oltre 160 anni. In questo caso praticamente, Presidente, stiamo mettendo in atto una revisione coatta, coercitiva di un'iniziativa economica privata libera, ma che libera più non è.
Continuiamo, articolo 45 della nostra Costituzione: la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. Dopo questo decreto-legge, le banche cooperative, le banche popolari, la cooperazione bancaria non esistono più, da questo momento non esistono più, ma l'articolo 45 le difende. E non mi dite che stiamo trattando, stiamo parlando di solo otto banche, perché queste otto banche detengono oltre la metà del valore di tutte le banche popolari. Non si può sentire Bazoli in TV che dice che si tratta di otto banche. Valgono più della metà del valore della totalità di tutte le banche popolari.
In più si parla, secondo me, anche di una norma retroattiva, perché ? Perché va a toccare, a inficiare la struttura di una banca popolare nata nel 1860. Nel 1860 non era previsto, Presidente, alcun limite agli attivi, non era previsto un limite. Oggi si sta prevedendo un limite. Quindi, questa norma è retroattiva, implicitamente retroattiva.
Il mio sospetto – ma naturalmente rimane un sospetto – è che dietro questa riforma ci siano appetiti di speculatori di breve e di lungo periodo. Abbiamo presidenti, Ministri, ex finanzieri tutti collegati, tutti che hanno guadagnato grazie a questa norma. Ci sono possibilità di esposti per aggiotaggio, per e noi qui dentro continuiamo a fra finta di niente, interessati chissà a cosa.
Il mio sospetto, Presidente, è che si voglia rubare il patrimonio di generazioni di risparmiatori, di sacrifici di famiglie e di piccoli imprenditori. Infatti, Presidente, se lei legge l'articolo 2514 del codice civile, che parla di cooperazione, che parla di banche cooperative, dice chiaramente, alla lettera che deve essere previsto l'obbligo, a chiusura, di devolvere il patrimonio, il capitale, i dividendi a fondi mutualistici. Dove finirà questo patrimonio ? Nelle solite banche private, perché, una volta diventate Spa, quel patrimonio, quei dividendi, quel capitale non potranno mai più finire all'interno di fondi che sviluppino il mutualismo o la cooperazione.
Presidente, mi sento sa quel senso di frustrazione che tutti i cittadini sentono ogni giorno ? Sento quel senso di frustrazione forse perché io ancora mi sento un cittadino. E se qualcuno qui dentro non la sente questa frustrazione, si dovrebbe fare qualche domanda. Si dovrebbe fare qualche domanda: chi ha scritto questo decreto-legge ? Perché Padoan non sapeva che il limite degli 8 miliardi di euro era riferito agli attivi ? Padoan è il Ministro dell'economia e delle finanze di questo Stato e deve sapere, perché non lo sapeva durante la conferenza stampa ?
Chi c’è dietro ? Vi sentite ancora cittadini o siete qualcos'altro qua dentro ? Il vostro atteggiamento è arrogante, rispecchia esattamente quello che fa il Presidente del Consiglio tutti i giorni: lo spocchioso. Atteggiamento spocchioso e arrogante. Continuiamo: se leggiamo bene la Carta costituzionale, vi vorrei dire che neanche potremmo trattarlo questo argomento, per un semplice motivo, ossia perché l'articolo 117 della Costituzione parla chiaro e in tema di cooperazione – le banche popolari sono cooperative – vi è la competenza esclusiva delle regioni, mentre le casse, cooperative e rurali, quelle di risparmio e di credito, appartengono alla legislazione regionale, quindi non ne potremmo neanche parlare. Non ne potremmo neanche parlare .
L'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 parla di principio di omogeneità. Dov’è l'omogeneità in questo decreto-legge ? Quante cose stiamo tirando fuori ? Quanti «vabbe’» stiamo tirando fuori ? Non c’è omogeneità. Si parla di riforma bancaria, importantissima riforma bancaria, fondi alle imprese, finanziamenti all'estero, informazione tecnologica. Si parla di tutto. Non viene rispettata neanche la legge n. 400 del 1988. In questo modo di operare si percepisce l'arroganza, l'arroganza dei potenti, l'arroganza cieca, fatta di numeri, di dividendi, di soldi, di interessi. È uno schifo questa proposta, è uno schifo, Presidente. Le banche si devono mettere una mano sulla coscienza perché le banche – forse voi non lo sapete – erano tutte pubbliche . Le banche erano nate per un interesse mutualistico. Qual è questo interesse mutualistico ? È quello di far sviluppare le nostre imprese, le imprese italiane, di supportarle, di farle crescere, non di comprare titoli derivati e far fallire una nazione intera. Questo dovrebbero fare le banche di oggi.
Le banche devono ricordarsi Intesa e Unicredit: 50 miliardi di euro di fatturato nell'anno in cui 10 mila aziende fallivano. Le banche queste cose se le devono ricordare. Diverso invece dovrebbe essere l'atteggiamento. Loro dovrebbero aiutare le popolari, non le dovrebbero ingurgitare, non devono diventarne proprietarie. Le motivazioni che avete sollevato per mettere in piedi questo decreto-legge sono inesistenti e sfido chiunque a dirmi diversamente. Sfido chiunque. Voi mi dite che le banche popolari non danno più credito alle imprese, ma ci sono dati statistici, dati di Banca d'Italia: le banche popolari sono le uniche che hanno registrato un più 6 per cento nell'erogazione del credito. Chi dice il contrario mente. La relazione di questo decreto-legge mente, Presidente. Questa è l'arroganza dei potenti.
Vi racconto un aneddoto che da poco ho visto, e riguarda il presidente Mattei – ve lo ricordate ? – a colloquio con le «Sette sorelle», tra cui la Exxon e la Shell, che andarono a incontrarlo e gli chiesero: ma lei cosa vuole fare in Tunisia ? Noi vogliamo aprire una raffineria, gli rispose. Sa cosa risposero loro, Presidente ? Voi non l'aprirete una raffineria in Tunisia, l'apriremo noi con le «Sette sorelle». Lo sa cosa fece Mattei ? Prese il taccuino, cancellò uno per uno tutti gli argomenti che voleva trattare in questa discussione e disse: noi e lei abbiamo finito di discutere. Noi in Tunisia ci andremo; ci andremo perché siamo poveri, perché siamo vogliosi di lavorare. Noi in Tunisia ci andremo. Ed è questo che dovrebbe fare il Governo. Quando gli tirano la giacchetta, quando vengono le banche a chiedergli favori, a chiedere di mettere in piedi decreti, il Governo deve dire «no» perché il Governo è il popolo italiano e deve dire «no». Mettetevi una mano sulla coscienza e votate nel modo giusto, almeno una volta qua dentro .
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carbone. Ne ha facoltà.
ERNESTO CARBONE. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, le questioni pregiudiziali su cui si apre il dibattito denunciano anzitutto l'assenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza cui l'articolo 77, comma 2, della Costituzione subordina l'esercizio, da parte del Governo, del potere di normazione primaria mediante lo strumento del decreto-legge. Le questioni pregiudiziali lamentano poi l'eterogeneità del contenuto del decreto-legge in oggetto. Tuttavia, dietro queste segnalazioni, che appaiono strumentali e carenti da un punto di vista sostanziale, si cela in realtà un'opposizione relativa al merito del provvedimento oggetto di discussione.
Per quanto riguarda la straordinaria necessità ed urgenza, appare opportuno inquadrare preliminarmente il contesto in cui il provvedimento si inserisce. Il sistema bancario in Europa è interessato da forti cambiamenti di notevole rilevanza. Ciò rende ormai urgente ed indifferibile avviare, anche nel nostro Paese, un immediato ed importante processo di riordino. In particolar modo tale riordino dovrà fare riferimento a tutti quegli istituti che possono avere perduto o non avere mai acquisito caratteristiche mutualistiche. Uno degli effetti della lunga crisi mondiale è stato sicuramente il . La prospettiva, quindi, di rafforzare giuridicamente, di capitalizzare e di ripensare il modello organizzativo delle banche popolari, costituisce un tassello essenziale per l'ammodernamento del sistema. In materia di diritto bancario una dottrina costante e prevalente ha da sempre sottolineato che le banche popolari hanno solo la forma della cooperativa, ma non hanno la sostanza della mutualità. Si può tranquillamente sostenere che esse vivono ai margini o all'esterno della cooperazione, con la conseguenza che esse, dunque, non sono tutelate dall'articolo 45 della Costituzione, non potendo tale norma riferirsi a organizzazioni nella quale la forma cooperativa è una mero schermo della natura lucrativa dell'impresa stessa.
La strada verso l'unione bancaria europea richiede una razionalizzazione delle forme organizzative delle imprese bancarie. A tale proposito va ricordato che le banche dell'area euro saranno vigilate dal SSM che include tanto la Banca centrale europea quanto le autorità di vigilanza nazionali, e che l'Europa si doterà di una nuova disciplina di gestione delle crisi bancarie al fine di superare le situazioni di difficoltà attraverso strumenti di mercato e senza interventi pubblici a carico dei contribuenti.
Nel mutato quadro dovremmo rispondere con rinnovati modelli in grado di promuovere immediatamente una efficace riforma organizzativa e una elevata capacità di finanziamento delle banche. L'attuale disciplina delle banche popolari non risponde a queste esigenze. Il modello delle banche popolari, sostanzialmente privo del fine mutualistico, rende non contendibile il controllo azionario, crea una forte differenza fra controllo della ricchezza e proprietà, paralizza la forma di governo societaria, pure in presenza di una natura capitalistica e in mancanza del fine mutualistico, che si desume dall'assenza (a differenza delle banche di credito cooperativo) del vincolo della mutualità prevalente.
Tali osservazioni sono anche contenute nella segnalazione del 4 luglio 2014 dell'Antitrust al Parlamento e al Governo. La forma di governo di tali imprese va quindi subito riportata a una logica di mercato. L'importanza di intervenire con urgenza si desume dai reiterati interventi su questa materia svolti dal Fondo monetario internazionale, dalla Banca d'Italia e dalla Commissione europea, i quali hanno più volte segnalato come i rischi del mantenimento della forma cooperativa determinano per le banche popolari una scarsa partecipazione dei soci in assemblea, scarsi incentivi al controllo sugli amministratori e difficoltà di reperire sul mercato nuovo capitale necessario per esigenze di rafforzamento del patrimonio. Il processo di rinnovamento è quindi indifferibile.
A tale riguardo si sottolinea come il tempo di 18 mesi non sia il termine di efficacia della disciplina, ma quello del completamento del processo di trasformazione. La trasformazione delle banche popolari in società per azioni costituisce un tassello fondamentale della ristrutturazione del sistema bancario italiano, necessaria per permettere al settore di tornare a finanziare l'economia. Tali circostanze spiegano l'esigenza di intervenire tempestivamente: non si verifica alcun dell'articolo 70 della Costituzione, stante l'esercizio da parte del Governo di un potere che rientra perfettamente nei suoi limiti, e che trova riconoscimento nella stessa Costituzione al citato articolo 47.
Le questioni pregiudiziali, inoltre, segnalano che il decreto-legge in oggetto non rispetterebbe l'eterogeneità dei contenuti mancando il contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Si richiamano a tal fine le previsioni della legge n. 400 del 1988, in particolare l'articolo 15, comma 3, e la recente giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha affermato la necessaria omogeneità – si sottolinea – delle leggi di conversione al decreto-legge (n. 22 del 2012 e n. 32 del 2014). Con riferimento alla natura ordinamentale – ho finito Presidente – si tratta di interventi che non superano i limiti di norme meramente organizzative dei confini tracciati dalla stessa sentenza della Corte costituzionale, n. 220 del 2013. Laddove inoltre non appaia ad un occhio superficiale il rispetto dei vincoli posti dall'articolo 81, si ricorda che il testo è adeguatamente corredato dalla relazione tecnica e dalla bollinatura della Ragioneria generale dello Stato.
PRESIDENTE. La ringrazio. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo la questione di costituzionalità posta appare alquanto strumentale. La sostanza sulle questioni delle popolari è da tempo all'ordine del giorno, ma troppi legati ad interessi particolari hanno fatto orecchie da mercante.
Casomai, si potrebbe obiettare al Governo che provvedimenti di questa natura vanno assunti il venerdì sera a mercati chiusi, ma certo non si può affermare il principio che non vi sia stata urgenza. Emerge, nel dibattito di questi giorni, uno sgradevole senso di : gli argomenti utilizzati anche da esponenti di rilievo di diverse forze politiche presenti in Parlamento per contrastare il provvedimento richiamano in ballo il rischio di trasferire la proprietà di una parte rilevante del sistema bancario alle grandi banche internazionali, ovvero il solito immancabile paravento della difesa dell'italianità; oppure, si è detto che la riforma delle banche popolari costerebbe tre punti di PIL, facendo venir meno alle aziende e alle famiglie 80 miliardi di crediti; e, ancora, si è paventata la possibilità di una perdita di 20 mila posti di lavoro.
Sono gli stessi argomenti utilizzati nel 2004 e nel 2005 per contrastare la riforma del risparmio, argomenti che, per fortuna, non ci impedirono di approvare, tra l'altro, l'abolizione del mandato a vita del Governatore della Banca d'Italia. Senza quella riforma, chi sedeva allora a Palazzo Koch, probabilmente, sarebbe ancora al suo posto e non avremmo avuto, dunque, Mario Draghi alla guida della Banca d'Italia prima e della BCE adesso. Presunta tutela dell'italianità, presunta tutela del credito alle famiglie e alle imprese, presunti rischi per l'occupazione erano gli argomenti di chi voleva che nulla cambiasse nella tutela del risparmio dopo lo scandalo Parmalat, le centinaia di migliaia di azionisti e risparmiatori truffati e i traffici dei furbetti del quartierino.
Oggi, con gli stessi discorsi, da un lato, si esalta la grande efficienza del sistema delle banche popolari e, dall'altro, ci si accorge che si finisce con lo smentirsi da soli, affermando che, in termini di personale, sono sovradimensionate. Delle due l'una: o sono efficienti o sono sovradimensionate in termini di personale. Peccato, che i dati reali smentiscano anche che le banche popolari – è quello che sostiene la questione pregiudiziale di costituzionalità dei colleghi di SEL – stiano sostenendo l'economia reale più delle altre. Non è vero: in realtà, la stretta creditizia, legata alla dimensione della crisi, riguarda in pari misura le banche tradizionali e le banche popolari. Né si può fingere di non vedere gli scandali che, negli anni, hanno riguardato numerosi istituti, nei quali il voto capitario ha finito col diventare una finzione giuridica per assicurare l'inamovibilità dei vertici, anche attraverso l'utilizzo di pieni di truppe cammellate.
Il decreto del Governo, peraltro, è estremamente rispettoso di questa realtà, in quanto riguarda soltanto dieci grandi banche popolari e non anche le banche del credito cooperativo, visto che nel ragionamento del collega che mi ha preceduto c’è un richiamo alla mutualità e al sistema delle banche di credito cooperativo: ma le banche di credito cooperativo non sono interessate da questo provvedimento. E aggiungo che delle dieci banche popolari, già sette sono quotate: quindi, quotandosi in borsa si sono avvalse di un meccanismo artificioso, tramite offerta di azioni al risparmio, per rendere ancora più opache la e le reali condizioni della banca stessa. Dietro il voto capitario, i controllori di fatto delle banche popolari, si nascondono dietro di esse, cioè, operano per interposta persona.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
BRUNO TABACCI. Non a caso – e ho finito –, il passaggio di questi istituti sotto il controllo della BCE e l'Unione bancaria ha evidenziato, attraverso i a cui sono state sottoposte tutte le banche europee, la permanenza di fragilità e di opacità note da anni e mai affrontate, nonostante le mille promesse di autoriforma, risalenti addirittura agli anni Ottanta all'epoca del presidente Parrillo, mentre la borsa ha accolto con entusiasmo – guarda un po’ – la notizia di una loro reale apertura al mercato, sia pure per decreto. Si tratta, dunque, di rendere più trasparente anche questo ambito ben individuato nel settore creditizio italiano.
PRESIDENTE. Deve concludere.
BRUNO TABACCI. Del resto, vorrei anche far notare a quanti si richiamano alle radici cristiane degli interessi originari che, perfino nello IOR, da qualche tempo, si è compreso che occorre trasparenza. Ecco perché appaiono antistoriche, assurde e sospette le grida di proteste che si levano contro la riforma. E mi auguro che la poderosa somma di piccoli e grandi interessi locali e di parte, questa volta, non riesca ad impedire che si realizzi l'interesse generale .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, Nuovo Centrodestra, Area Popolare voterà contro le pregiudiziali, però – per quanto sarà un voto contrario – noi chiediamo con forza – e ne spiegheremo bene le ragioni – che il decreto-legge subisca delle profonde modifiche, perché vi sono ampi profili di incostituzionalità. E non citerò fonti qualsiasi, ma autorevolissime, come per esempio Mirabelli, che identificano in maniera chiara quali sono i profili di incostituzionalità dello stesso. L'articolo 41, per esempio, è relativo alla libertà di iniziativa economica privata, così come vi è anche la fattispecie garantita dall'articolo 45 – la cooperazione – che ne indica i caratteri essenziali, ne valorizza il ruolo, ne assicura il sostegno delle istituzioni, ne promuove e ne favorisce l'incremento. Se la Costituzione, quindi, ne prescrive la promozione e la cooperazione e ne favorisce l'incremento, certamente non consente che si impongano limiti, siano essi riferiti all'ambito delle attività nelle quali la cooperazione può operare, sia che vengano rapportati alle dimensioni che la cooperazione può assumere. La cooperazione è espressione di libertà e solidarietà e non appartiene a un filone culturale da ricondurre solo alla Rerum Novarum, ma va oltre; affronta anche nella tradizione socialista e, quindi, a ben 50 anni prima. L'iniziativa economica e la cooperazione sono espressioni di libertà, ma con carattere di mutualità e senza fini e speculazioni private. Pertanto la Costituzione le giustifica per le organizzazioni di tal guisa. Anche il settore del risparmio è soggetto a una specifica protezione costituzionale, l'articolo 47 della Costituzione si integra e combina con quello della cooperazione. D'altronde il risparmio è bene intangibile di un Paese e privarsene è follia, i Padri costituenti avevano le idee molto chiare.
Di fronte a tutto questo è evidente, quindi, che già la discussione dovrebbe cessare e dovremmo tutti dire che questo è un provvedimento assolutamente da rimandare al mittente, se non fosse che abbiamo il senso del dovere e che siamo convinti che il provvedimento possa essere modificato. Ma siccome vogliamo aggiungere argomenti su argomenti, spieghiamo al Governo che non ci sono argomenti a favore, ma, semmai, sono tutti contrari. È di questi giorni la notizia che il dipartimento di giustizia americano ha condannato Standard and Poor's per manipolazione fraudolenta del negli anni 2010-2011. Anche i bambini dell'asilo lo capiscono, ma non i troppo abituati a scrivere sotto dettatura; i che hanno messo in ridicolo la procura di Trani e la Corte dei conti, chi non lo ricorda, che avevano evidenziato la inadeguatezza opportunistica di un attribuito per esercitare pressioni politiche.
Oggi, siamo in presenza di una vicenda simile e inviterei questo Parlamento a essere attento a quello che vota e al modo in cui si agisce, perché le grandi banche speculative sono alla ricerca di capitali reali, mediante operazioni di cioè acquisizione del controllo economico di una società da parte di un'altra, mediante acquisto di pacchetti azionari di maggioranza e allo scambio di capitali azionari. Tutto questo addirittura senza bisogno, nel caso specifico, di fare grandi spostamenti di azionariato, perché nelle banche popolari basta l'8 o il 10 per cento per controllare un'intera banca, essendo la proprietà della stessa, per definizione di cooperazione, molto polverizzata.
È evidente, ancora una volta, quindi, che ci sentiamo di dire che questo è un decreto-legge che va rispedito al mittente, ma lo accetteremo solo se ci saranno opportune modifiche, sostanziali modifiche. D'altronde non esistono argomenti: Padoan, il Ministro, soltanto nel 2013, nella sua qualità di Vicesegretario generale dell'OCSE scrisse: la morfologia del sistema creditizio italiano necessita delle banche popolari; cosa è cambiato oggi a distanza di un anno e mezzo ?
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Pagano.
ALESSANDRO PAGANO. Eppure, a pagina 3 della relazione sulla legge di conversione del decreto-legge si scrive che il Fondo Monetario Internazionale, l'Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica e le istituzioni dell'Unione europea, da tempo caldeggiano la trasformazione delle banche popolari maggiori in società per azioni. Dov’è scritto questo ? Area Popolare chiede e pretende che vengano portate in Commissione le fonti dove questo è stato detto, perché non esistono fonti di questo genere. Sappiamo per certo che è esattamente il contrario, tant’è vero che lo stesso Ministro Padoan, dall'alto della sua proverbiale correttezza, ha avuto modo di dire, su una testata nazionale, una settimana fa, che non esiste alcun da parte dell'Europa. Quindi, un motivo in più per spiegare che questo provvedimento non va bene.
Ancora: insussistenza delle motivazioni sostanziali in base alle quali è stato presentato il decreto-legge.
PRESIDENTE. Deve concludere.
ALESSANDRO PAGANO. A pagina 3 della di relazione si legge che l'intervento normativo è necessario perché costituisce, mi avvio alla conclusione, un tassello fondamentale per la ristrutturazione del sistema bancario italiano.
PRESIDENTE. No, concluda.
ALESSANDRO PAGANO. Ma quale ristrutturazione – concludo, ultimi 10 secondi – ma quale ristrutturazione, visto che il rafforzamento patrimoniale è avvenuto solo per le banche popolari che hanno superato gli stress test in abbondanza e visto che secondo fonti della Camera di commercio di Mestre sono state le uniche ad avere aumentato l'erogazione del credito di più 16 per cento rispetto alle Spa con un meno 5 per cento.
Allora presidente, noi non abbiamo altro da aggiungere se non altre decine di argomenti che spiegheremo nelle sedi opportune. Votiamo contro la pregiudiziale che è stata presentata, però manifestiamo con forza il diritto a chiedere modifiche sostanziali al provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barbanti. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO BARBANTI. Grazie presidente. Ancora una volta viviamo con estrema preoccupazione l'esautoramento del ruolo del Parlamento. Mi dispiace per i colleghi del Nuovo Centrodestra che dovrebbero essere i primi a non difendere questa riforma, quindi ad attaccarla, e che purtroppo vedo arrampicarsi sugli specchi per tenere in piedi la maggioranza, richiamandosi al senso di responsabilità quando non c’è un senso di responsabilità, ma in questo caso è una questione puramente tecnica, normativa. Mi dispiace. Appare evidente l'incostituzionalità della norma, non rientrando certamente questo intervento tra quei casi di straordinaria necessità ed urgenza. D'altronde qual è l'urgenza ? Quella di fare entrare i fondi esteri nel patrimonio italiano ? Di svendere un altro pezzo di patrimonio italiano ai fondi esteri ? O quello di salvare il Monte dei Paschi di Siena, che sappiamo che già ha usufruito di abbondanti soldi pubblici e che ora non sta in piedi ? Non basta, non è un attacco verso le piccole e medie imprese, in questo caso aziende bancarie. Non ha insegnato il ? Vogliamo ancora distruggere piccole realtà imprenditoriali che hanno servito e hanno dato credito alle piccole e medie imprese, tessuto vero e proprio economico della nostra nazione ?
E di certo non c’è necessità e urgenza, che è quello che dovrebbe, in base alla nostra Carta costituzionale, all'articolo 77 più volte richiamato, costituire un presupposto imprescindibile per il ricorso alla decretazione d'urgenza. Non si vede l'urgenza di emanare questo provvedimento che entrerà in vigore tra 18 mesi per le banche e, d'altronde, non c’è nessuna urgenza, visto che le nostre banche popolari hanno passato brillantemente gli della BCE. Lo ha detto anche il Presidente del consiglio Matteo Renzi: il nostro sistema bancario è solido, sano e serio. Vogliamo inoltre parlare anche del contrasto con la stratificata giurisprudenza della Corte costituzionale che ha precisato che l'assenza dei presupposti del decreto-legge configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto-legge, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione. Ma entriamo nel merito anche del provvedimento. C’è la violazione dell'articolo 2, la tutela delle formazioni sociali in cui si sviluppa la personalità umana, fra le quali gli enti cooperativi; dell'articolo 3 della Costituzione, con la possibilità di esercitare l'attività bancaria in forma cooperativa, e degli articoli 41 e addirittura 45: articolo 41, la libertà economica privata e articolo 45, che è la garanzia costituzionale del fenomeno cooperativo. Queste e tante altre sono le motivazioni addotte anche dal giudice Imposimato e da altri suoi esimi colleghi. Per questo e altri motivi, Alternativa Libera voterà a favore delle questioni pregiudiziali presentate. Grazie.
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali. Poiché non sono ancora decorsi i 20 minuti di preavviso, sospendiamo la seduta che riprenderà alle ore 11,10.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Paglia ed altri n. 1, Busin ed altri e Rampelli n. 2, Palese n. 3 e Pesco ed altri n. 4.
Dichiaro aperta la votazione.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, io chiederei, se vi è possibile, un attimo l'attenzione dell'Aula...
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, possiamo abbassare il tono della voce ? Grazie.
MASSIMILIANO FEDRIGA. ...intanto per esprimere un dispiacere personale come gruppo in quanto la Presidenza della Camera nella giornata odierna, 10 febbraio, non ha previsto un momento per la giornata del ricordo, che ricorda le migliaia di vittime nelle foibe del confine orientale dove famiglie sono state spezzate, dove persone hanno perso la vita per l'aggressività cieca, violenta dell'estremismo comunista titino e dove penso questa istituzione debba avere un momento di riflessione perché non bisogna dimenticare quanto le popolazioni di quei territori, territori dai quali provengo, hanno vissuto. Non si può dimenticare il dramma che il nazionalismo jugoslavo del tempo ha portato a migliaia di persone che hanno vissuto in quei territori, non soltanto i morti ma anche l'esodo delle popolazioni di Istria, Fiume e Dalmazia che, voglio ricordare a malincuore, hanno avuto in alcuni casi anche un'accoglienza indegna da parte di alcune frange estremiste presenti sul territorio nazionale.
Allora, mi consenta – e ovviamente concludo l'intervento, in quanto non era stato programmato nessun momento di riflessione e di ricordo – di esprimere, a nome del gruppo della Lega, che la Lega non vuole dimenticare e che la Lega continuerà, anche con iniziative sui territori, per far conoscere anche a tutte le giovani generazioni cosa hanno vissuto migliaia e migliaia di persone per conquistare la libertà.
PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, la vorrei informare che alle 16,30 è prevista una cerimonia ufficiale presso la Sala della Regina – adesso lei deve consentire, dopo che ha parlato, che qualcuno le risponda – alla presenza del Capo dello Stato, alla quale sono stati invitati espressamente e formalmente tutti i colleghi deputati. Quindi, c’è evidentemente un'occasione per celebrare questa importante giornata, è programmata e sono stati invitati tutti i colleghi.
GIAN LUIGI GIGLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Su cosa, onorevole Gigli ? Se è sul medesimo argomento, la Presidenza ha già risposto.
GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, vorrei però che chiarisse se sarà possibile interrompere i lavori d'Aula oggi pomeriggio per permettere ai parlamentari di partecipare alla celebrazione con il Presidente della Repubblica, come sarebbe doveroso nella giornata del ricordo.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Gigli.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato, in prima deliberazione, dal Senato, n. 2613-A: Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione; e degli abbinati progetti di legge costituzionale nn. 8, 14, 21, 32, 33, 34, 148, 177, 178, 179, 180, 243, 247, 284, 329, 355, 357, 379, 398, 399, 466, 568, 579, 580, 581, 582, 757, 758, 839, 861, 939, 1002, 1259, 1273, 1319, 1439, 1543, 1660, 1706, 1748, 1925, 1953, 2051, 2147, 2221, 2227, 2293, 2329, 2338, 2378, 2402, 2423, 2441, 2458 2462, 2499.
Ricordo che nella seduta del 27 gennaio 2015 è stato da ultimo approvato l'articolo 30 e il relatore per la maggioranza, Fiano, i relatori di minoranza, Matteo Bragantini e Quaranta, e il rappresentante del Governo hanno espresso i pareri sugli emendamenti riferiti all'articolo 31.
Avverto che nei fascicoli degli emendamenti non sono pubblicati: i subemendamenti integralmente soppressivi o sostitutivi degli emendamenti cui si riferiscono, secondo quanto stabilito, da ultimo, dalla Giunta per il Regolamento nella seduta del 28 febbraio 2007; i subemendamenti formali o incongrui, ai sensi dei punti 5.5 e 5.2 della circolare del Presidente della Camera del 10 gennaio 1997; i subemendamenti riferiti al testo alternativo del relatore di minoranza (si veda la pronuncia del Presidente del 4 febbraio 1999).
Atteso che l'articolo 31, volto a novellare l'articolo 117 della Costituzione, è stato già modificato – al secondo comma, lettera e al terzo comma – a seguito dell'approvazione, in data 27 gennaio 2015, dell'emendamento 30.900 della Commissione, devono intendersi precluse e non saranno pertanto poste in votazione le seguenti proposte emendative: gli identici emendamenti Dadone 31.90 e Quaranta 31.112, interamente soppressivi dell'articolo 31, il testo alternativo del relatore di minoranza, deputato Toninelli, in quanto interamente sostitutivo dell'articolo 31, gli emendamenti Civati 31.200 e Matteo Bragantini 31.134, che, nella parte consequenziale, sono volti a sostituire sia il secondo che il terzo comma dell'articolo 117, entrambi già modificati, D'Attore 31.36, in quanto la parte principale è integralmente sostitutiva del terzo comma dell'articolo 117.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 31 e delle proposte emendative ad esso presentate .
Avverto che, prima dell'inizio della seduta, sono stati ritirati dai presentatori i seguenti emendamenti: Plangger 31.54, 31.56, 31.57, 31.58 e 31.59, Gebhard 31.55, Schullian 31.202, Vargiu 31.519, 31.520, 31.712, 31.518, 31.515 e 31.521, Mazziotti Di Celso 31.11, 31.513, 31.16, 31.30, 31.31, 31.34 e 31.47, Monchiero 31.516 e 31.210, Dorina Bianchi 31.143, 31.144, 31.147 e 31.148, Rubinato 31.530, 31.538 e 31.524.
Avverto, infine, che la Commissione ha presentato l'emendamento 31.900, che è in distribuzione.
Passiamo, quindi, alla votazione dell'emendamento Matteo Bragantini 31.135, a pagina 15 del fascicolo.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Rampelli, c’è prima l'onorevole Centemero.
FABIO RAMPELLI. È sull'ordine dei lavori...
PRESIDENTE. Onorevole Rampelli, se è sulla questione di prima, abbiamo chiuso l'argomento.
FABIO RAMPELLI. Presidente...
PRESIDENTE. Onorevole Rampelli, siamo già entrati nell'ambito del provvedimento. Quindi, mi dica se intende parlare sull'argomento di prima, perché se è così non le do la parola.
FABIO RAMPELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Rampelli.
FABIO RAMPELLI. Presidente, io non capisco questa sua intolleranza...
PRESIDENTE. Non è intolleranza ! È il Regolamento, onorevole Rampelli.
FABIO RAMPELLI. Non siamo in corso di votazione, quindi il fatto che lei ha richiamato il provvedimento...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rampelli.
MATTEO BRAGANTINI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI, . Presidente, è stato presentato l'emendamento 31.900 della Commissione. Io chiedo un allungamento dei termini per presentare subemendamenti, in quanto c’è stato dato poco tempo, a mio avviso, su una tematica così importante come l'articolo 117.
Dunque, chiedo almeno altre tre ore per potere subemendare, in quanto riguarda tematiche che dalle regioni, come i servizi sociali, vengono spostate e vengono portate allo Stato centrale. Dunque, dobbiamo vedere tutte le implicazioni che questo emendamento comporta e soprattutto a nostro avviso, siccome riguarda i servizi generali e comuni, valutare se magari inserire altre cose o toglierne altre.
FRANCESCO PAOLO SISTO, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Sisto, lei vuole intervenire su questo ?
FRANCESCO PAOLO SISTO, . Sul provvedimento, signor Presidente.
PRESIDENTE. Allora, un attimo, perché devo dare una risposta all'onorevole Matteo Bragantini.
Onorevole Bragantini, la modifica non è così sostanziale come lei dice. Tre ore è escluso. Il Presidente pensa che il termine per la presentazione dei subemendamenti si possa portare ad un'ora. Ergo a mezzogiorno e mezzo. Va bene ? Scusi, onorevole Bragantini, a mezzogiorno, perché il termine era alle 11.
Onorevole Sisto, lei vuole intervenire sul provvedimento: in quali termini ?
FRANCESCO PAOLO SISTO, . Sul provvedimento in qualità di relatore, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO, . Illustre Presidente, colleghi parlamentari, in politica le persone contano. Con grande senso di responsabilità noi di Forza Italia abbiamo partecipato, attratti da un'intesa inusuale fra partiti da sempre avversari, a tracciare un percorso comune con il Partito Democratico sul decisivo tema dell'assetto strutturale del nostro sistema democratico: la riforma della Costituzione.
Con umiltà ed orgoglio insieme ho contribuito, da giurista e deputato, alla stesura, limatura, discussione appassionata di ogni dettaglio che potesse rendere più solide le fondamenta della nostra Carta costituzionale. Tutto è avvenuto tenendo sempre ferma una linea guida irrinunciabile: la cooperazione sulle riforme, per la sua rilevanza e la sua indispensabilità indiscutibili, non doveva costituire la dismissione del nostro passato, il disconoscimento del nostro presente, la compromissione del futuro del centrodestra tutto. Collaborazione critica sulle riforme, ma opposizione dura sui temi politici del Governo.
Il patto sulle riforme è una transazione temporanea. Ciascuno, pur di raggiungere l'obiettivo del bene comune, rinuncia a qualche cosa del suo e, secondo la tradizione, per il migliore risultato deve rimanere alla fine un po’ scontento. Per dirla in gergo parlamentare, ognuno dei contraenti talvolta ha votato anche quello che mai avrebbe votato, se non avesse scelto di privilegiare il nobile richiamo al senso di responsabilità.
Oggi, per atteggiamenti da tempo assunti da esponenti del partito e, da ultimo, per bocca diretta del nostro presidente Berlusconi, questa transazione non è più viva. Questo accordo sulle reciproche rinunce in nome delle istituzioni è sciolto, per cause che non spetta a me qui analizzare e, meno che mai, giudicare. So solo che Forza Italia è ora libera di non essere scontenta, di scegliere solo quello che le piace, senza dovere rinunciare alla coincidenza piena fra il suo DNA e i suoi voti, nel metodo e nel merito. La dura opposizione preannunciata e il numero dei subemendamenti depositati ne costituiscono plastica ed esaustiva dimostrazione.
In questo contesto, Presidente, bisogna che io sia consequenziale e, come nell'aggiunta proposta all'articolo 97 della Costituzione, trasparente.
Le scelte di Forza Italia di seguito all'incolpevole scioglimento del patto costituzionale con il PD sono incompatibili con il mio ruolo di giocatore, di centravanti di punta di questo provvedimento. Recependo l'invito del Presidente Mattarella, ritengo che i giocatori debbano aiutare l'arbitro ad essere imparziale e il Parlamento ad essere più credibile ed autorevole, e l'autorevolezza, a differenza dell'autorità, si misura con i fatti, con il coraggio nelle scelte e non si avvale della forza stucchevole del ruolo. Così, con il dolore profondo del giurista – non c’è nulla di più esaltante che scrivere di prima mano la Costituzione per chi, come me, è nato fra i codici – ma con la coerenza dell'appartenenza – e Dio sa quanto è necessario oggi ribadire la fedeltà al proprio partito, senza opportunismi indegni del mandato parlamentare – illustre Presidente, rinuncio al ruolo di relatore di questo provvedimento restando arbitro imparziale, ancor più di prima se possibile, lì dove in questi mesi abbiamo tutti insieme costruito il telaio che oggi regge la riforma, perché, Presidente, in politica le persone contano. Al collega Fiano, leale compagno di lavoro, il compito di proseguire
PRESIDENTE. Su questo argomento darò la parola ad un oratore per gruppo e poi ovviamente vi saranno le conclusioni del Presidente. Vi pregherei di essere rapidi.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, prendiamo atto anche della responsabilità del presidente Fiano...
PRESIDENTE. Del presidente Sisto.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Sì, mi scusi, Presidente. Prendiamo atto anche della responsabilità del presidente Sisto di rassegnare le dimissioni da relatore del provvedimento. Detto questo, non voglio entrare nel merito delle considerazioni fatte dallo stesso presidente Sisto, però credo che sia oggettiva la necessità di sospendere la seduta dell'Assemblea e chiedere alla Commissione di riunirsi, perché il fatto che un relatore, oltretutto così di peso come il presidente Sisto, venga meno nel prosieguo dei lavori di queste riforme istituzionali non può passare inosservato e non si può pensare che i lavori procedano esattamente come sono andati avanti fino adesso. Quindi, con estremo senso di collaborazione, chiediamo che la Commissione possa riunirsi secondo i tempi che la stessa deciderà opportuni, prenda atto della situazione e decida come proseguire i lavori.
CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLO SIBILIA. Signor Presidente, io commento le parole del presidente Sisto come un barlume di una premonizione che aveva già fatto il MoVimento 5 Stelle e che si sta manifestando, premonizione che purtroppo oggi diventa realtà. È ciò che noi abbiamo sempre contestato, ossia il fatto di avere una forza che, da forza di minoranza, cerca di inserirsi all'interno della maggioranza quando si parla di riforme costituzionali, di legge elettorale, tutto frutto di un patto fatto all'oscuro rispetto ai cittadini, all'interno delle stanze del Nazareno: il famoso patto del Nazareno fatto tra Berlusconi e Renzi.
Oggi il Paese prende atto di queste dimissioni, perché sicuramente va dato atto della lealtà al suo gruppo politico. Noi su questo non ci permettiamo di entrare nel merito, però pensiamo che sia un momento in cui il Paese ne esca sconfitto, perché tutto quello che è stato fatto finora diventa improvvisamente vano e deve essere sicuramente ridiscusso. Il fatto che un relatore, nonostante non sia solo relatore, ma anche il presidente della Commissione affari costituzionali, che stava, insieme alla forza del Partito Democratico, procedendo sulla modifica di quaranta articoli della Costituzione, oggi si dimetta è un dato fondamentale che va stigmatizzato.
Noi chiediamo che il provvedimento ritorni in Commissione e si ridiscuta tutto quello che è stato fatto fino a questo momento, perché non è possibile che abbiamo forzato in tutti i modi queste modifiche, alle quali il MoVimento 5 Stelle è assolutamente contrario dall'inizio alla fine, coerentemente con quello che è stato il mandato che i cittadini hanno dato a questa forza politica, che oggi, ancora una volta, si rivela come l'unica opposizione. Quindi, chiediamo anche noi, come gli altri colleghi, il rientro del provvedimento in Commissione
PRESIDENTE. Vi sono altri che intendono di intervenire ? Sull'argomento poi non darò più la parola.
LORENZO DELLAI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LORENZO DELLAI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per dare atto, innanzitutto, al collega presidente Sisto di avere dato all'Aula una comunicazione frutto sicuramente di un'impostazione di grande dignità e di grande correttezza istituzionale, e credo che l'Aula ne debba prendere atto in questo senso. Per quanto riguarda noi, il nostro gruppo, noi siamo sempre stati e siamo assolutamente leali al percorso di queste riforme, anche se, su alcuni passaggi della riforma costituzionale e della legge elettorale, abbiamo espresso e nutriamo dei dubbi e delle perplessità. Ma abbiamo sempre ritenuto che il percorso delle riforme fosse importante, non perché previsto da un patto fra forze politiche – il famoso patto del Nazareno –, ma perché richiesto dal Paese e dagli interessi generali della nostra comunità.
Ora, io penso che, proprio perché questo percorso delle riforme è importante, la formalizzazione della rinuncia al ruolo di relatore da parte del presidente Sisto comporti una riflessione politica, comporti che le forze politiche e i gruppi parlamentari che sono solidali con questo processo di riforma possano ritrovarsi, analizzare la situazione e, dunque, prendere in considerazione anche le modalità attraverso le quali perseguire questo obiettivo e continuare questo percorso.
Noi non abbiamo mai visto il patto fra PD e Forza Italia come una cosa demoniaca, non eravamo contenti di quel patto, ma abbiamo, con il Governo e con il Partito Democratico, un rapporto che intende essere un rapporto di chiarezza e di alleanza politica. Dunque, crediamo che, alla luce di quanto detto dal collega Sisto, sia opportuno rinnovare questo ragionamento e trovare – spetta al PD farlo – modalità e tempi per proseguire il cammino delle riforme, alla luce delle novità politiche e istituzionali che abbiamo appena sentito .
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, anche Scelta Civica, come gruppo, prende atto della decisione del presidente Sisto, che è coerente con il cambiamento di atteggiamento del suo partito, e credo che sia normale in questo momento, in quanto è stata dichiarata da parte di Forza Italia un'opposizione su tutti i punti che dichiarano di non condividere della riforma e un nuovo approccio a questa discussione.
Tralasciando l'argomento del patto del Nazareno, sul quale l'onorevole Dellai ha già detto bene che è un patto che in sé possiamo non avere apprezzato, ma che aveva comunque coinvolto una parte dell'opposizione nella discussione, e quindi aveva, sotto questo profilo, il pregio di coinvolgere almeno il principale partito di opposizione di centrodestra in questa discussione, adesso si tratta di andare avanti con le riforme.
Non credo che il punto sia quello di fermarsi: il punto è di continuare a lavorare sulle riforme, continuare a votare ciò che condividiamo e credo che anche Forza Italia abbia la responsabilità e il dovere di votare ciò che ha detto di voler condividere. Infatti, è vero che il patto del Nazareno era un patto esterno al Parlamento, ma è vero anche che nell'attività parlamentare si prendono decisioni che hanno a che fare con la Costituzione, il futuro di questo Paese e le scelte che noi dobbiamo e vogliamo fare per migliorarlo.
Quindi, così come abbiamo criticato il fatto che alcuni aspetti del patto del Nazareno abbiano condizionato, magari, la discussione in una direzione in passato, non pensiamo che adesso la fine di questo patto possa ragionevolmente implicare un'opposizione da parte di chi quelle riforme ha contribuito a scriverle.
Noi, come Scelta Civica, continueremo a porre i temi che abbiamo posto e quelli che abbiamo ancora da discutere su questa riforma; li discuteremo, ma non abbiamo alcuna intenzione di cambiare posizione su cose che abbiamo già discusso, perché, per coerenza, quello che abbiamo condiviso è condiviso. Discuteremo sui prossimi articoli. Ci aspettiamo che Forza Italia abbia la serietà di non cambiare posizione su cose che aveva condiviso, perché una cosa è il patto del Nazareno, una cosa è la Costituzione nei suoi contenuti sostanziali.
Quindi io mi aspetto che, chi aveva condiviso qualcosa, non abbia oggi cambiato idea, perché il Presidente della Repubblica che è stato eletto non gli è gradito
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.
PINO PISICCHIO. Signor Presidente, anch'io voglio esprimere una considerazione nei confronti del presidente Sisto, che ha ritenuto di compiere un gesto di coerenza con la scelta politica compiuta dal suo gruppo.
Mi permetto di intervenire solo per esprimere una considerazione sull'ingresso in quest'Aula di riferimenti a patti che sono estranei a quest'Aula.
In un processo legislativo così importante, così significativo e così decisivo ai fini del futuro dell'ordinamento costituzionale italiano, noi non possiamo immaginare che il nucleo di questo processo sia esito di un patto costruito fuori da questo Parlamento. Quindi, che un gruppo parlamentare o più gruppi parlamentari modifichino la loro posizione rispetto al processo legislativo medesimo di una legge costituzionale è più che legittimo, perché questo avviene in politica e questo avviene nelle aule parlamentari. Ma, per favore, non si faccia riferimento a nulla che si svolge fuori di qui. È il Parlamento il luogo sovrano all'interno del quale si verifica il processo di riforma costituzionale, così come ogni processo legislativo. Vorrà dire che, da questo momento in poi, il Parlamento riprenderà con lena ancora più forte e con consapevolezza ancora più piena, senza il riferimento a patti che sono sicuramente legittimi, ma non possono avere un precipitato di carattere parlamentare. Senza questi riferimenti il Parlamento continuerà il suo percorso e faremo una riforma del Senato all'altezza dei bisogni di questo Paese
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brunetta. Ne ha facoltà.
RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, colleghi, le dimissioni sofferte, generose e responsabili del relatore, presidente Francesco Sisto, discendono da un nostro «no» a questo percorso di riforme istituzionali e obbediscono alla logica della democrazia parlamentare. Noi rispettiamo forme e sostanza delle regole, non giochiamo ipocritamente con le cariche e gli accordi. Il nostro «no» nasce dalla decisione di far prevalere, una volta per tutte, la buona morale politica sulla prepotenza. Questo è uno dei casi in cui etica della convinzione ed etica della responsabilità coincidono. Per il bene della Repubblica, bisognosa più che mai di pacificazione e di un cammino di riforme condiviso, avevamo responsabilmente accettato di mettere tra parentesi le forti obiezioni che sono maturate dentro di noi sui contenuti di una riforma del bicameralismo paritario e del Titolo V della Costituzione.
Troppo importante, signor Presidente, colleghi, era trascinare fuori questo Paese da un clima di guerra civile e, insieme, dal pantano burocratico che rende impossibile al Governo decidere con efficacia i provvedimenti per cui il popolo sovrano ha fatto vincere il suo programma.
Il patto cosiddetto del Nazareno, presidente Pisicchio, del 18 gennaio, aveva per fondamento un accordo che veniva prima di un consenso sui contenuti specifici ed era la profonda sintonia – aveva detto Renzi nell'occasione – sulla necessità storica di un percorso di scelte istituzionali condiviso e leale.
La scelta unilaterale, rivendicata con protervia dal Presidente del Consiglio Renzi e dal Partito Democratico, del Presidente della Repubblica, alla cui persona non facciamo mancare, neanche in questa occasione, il giusto omaggio, è stata il colpo mortale premeditato che ha determinato la rottura di questo percorso di faticosa e responsabile condivisione da parte di Forza Italia.
Oggi sarebbe pura irresponsabilità insistere nel percorrere una strada che si sta palesando come una direttrice autoritaria. La violenza con cui il segretario del Partito Democratico e Presidente del Consiglio vuole imporre precipitosamente una riforma costituzionale importantissima ha indotto noi a dare il giusto peso a quelle che, per un bene maggiore, ritenevamo contraddizioni sanabili.
La buona scienza dei giuristi di alto profilo accademico, oltretutto arcinoti per aver sostenuto con il loro consiglio proprio il Presidente Renzi e, dunque, non sospetti di essere prevenuti, fornisce argomenti insuperabili a dire di no, in ogni modo e con vigore, a questa corsa precipitosa verso il disastro.
Mi riferisco qui, signor Presidente, signora Ministro, colleghi, alle critiche radicali che oggi il Presidente emerito della Corte costituzionale Ugo De Siervo lancia come monito dalle colonne del quotidiano . De Siervo dice a Renzi: «Fermati prima che il danno sia irreparabile». Ha scritto: «I danni possono essere gravissimi». E fa solo due esempi concreti, fra i molti che potrebbero essere possibili, sulle serie conseguenze che si potrebbero produrre. Anzitutto, scrive De Siervo: non appare affatto probabile che possa diminuire l'attuale pesante contenzioso fra Stato e regioni, malgrado l'enorme espansione dei poteri legislativi dello Stato che ci si ripromette, dal momento che la tecnica elencativa di ciò che spetta allo Stato o, invece, alle regioni appare largamente imprecisa e incompleta.
Mi scusi, signor Presidente, però questo è un momento fondamentale della vita di questa Camera.
PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, purtroppo ci sono 20 secondi anche in un momento fondamentale. Quindi, la pregherei di chiudere.
RENATO BRUNETTA. Apprezzo la sua scorrettezza, signor Presidente, e comunque concludo.
Per tutte le ragioni espresse dal Presidente emerito De Siervo e per le ragioni che ho elencato, in nome del principio di precauzione, dinanzi a così autorevoli allarmi, chiediamo alla maggioranza di fermarsi.
Noi faremo di tutto, in nome di una scelta morale di convinzione e responsabilità politica, per rallentare questo percorso verso il disastro .
PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, in effetti ha ragione, sono stato scorretto, perché le ho dato 35 secondi in più. Non lo farò più.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Scotto. Ne ha facoltà.
ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, non c'era bisogno di Nostradamus – lo dico con grande affetto nei confronti del collega Sibilia – per capire che entravamo in quest'Aula in una condizione molto diversa rispetto alle settimane precedenti.
Oggi accade un fatto significativo, rilevante: le dimissioni del relatore di maggioranza Sisto. E nei fatti viene sancito dalle parole del presidente Brunetta che si è rotto quel famoso accordo su cui poggiava il quadro della riforma costituzionale che stiamo discutendo. Ora, io credo che nessuno in quest'Aula abbia degli alibi. Lo dico con molta pacatezza: chi ha costruito e immaginato, insieme al Presidente del Consiglio e segretario del Partito Democratico, ha uguali responsabilità rispetto a quello che pensiamo sia un impianto di riforma sbagliato. E pensare che si possano trovare in questo momento scorciatoie non vale per nessuno.
Trovo affrettate e, dunque, sbagliate le parole utilizzate dal segretario del PD nel momento in cui denuncia sante alleanze contro le riforme tra Vendola, Grillo, Berlusconi e Salvini. Per noi ha sempre contato il merito: chi ha anteposto l'alleanza con Berlusconi rispetto al merito delle riforme è stato Matteo Renzi e ne deve rispondere davanti al Paese .
Oggi c’è un tema: come si riprende ? In una democrazia normale, si fermano le bocce e si ridiscute tutto. Se si ridiscute tutto, c’è una disponibilità da parte di SEL a mettere mano a un altro processo riformatore. Se, invece, si vuole andare nella direzione che si è perseguita fino ad oggi, noi pensiamo che l'opposizione radicale e profonda, sempre nel merito, che abbiamo portato avanti, sarà ancora più dura. Lo dico perché abbiamo dei passaggi decisivi e chiudo.
Leggendo Eugenio Scalfari, domenica, su accanto ovviamente alla descrizione della delicatezza del passaggio politico, venivano messi al centro alcuni punti, a cominciare dal tema del Senato, che continua ad essere un punto debole e fragile dell'impianto riformatore rispetto al fatto stesso, sia dell'autonomia che delle garanzie, se esso debba elettivo o di nomina. Secondo: il grande tema, aperto davanti a noi, del processo legislativo, di come esso garantisce una normale e naturale dialettica parlamentare. Inoltre, il tema enorme che abbiamo di fronte, rispetto anche alla discussione che è aperta in Europa. Penso alla riunione dell'Eurogruppo di domani, al pareggio di bilancio e alla scelta che fu sbagliata, due anni fa, di imporlo in Costituzione. Così come altre grandi questioni, dalla pace alla guerra, al sindacato di costituzionalità sulle leggi elettorali.
Io penso che questi temi debbano essere squadernati e discussi alla luce del sole, fuori da patti, tavoli e tavolini. E dobbiamo farlo sapendo che è ovvia ed è giusta ed è legittima la richiesta avanzata dalle opposizioni di riportare questa discussione in Commissione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Speranza. Ne ha facoltà.
ROBERTO SPERANZA. Signor Presidente, intervengo perché ritengo che sia fondamentale affermare tutta la volontà del Partito Democratico di andare avanti sul percorso delle riforme costituzionali. Vogliamo dirlo nel modo più convinto possibile: le riforme si fanno perché ne ha bisogno l'Italia.
Guardate, non le abbiamo mai fatte perché ne ha bisogno un leader politico o un altro, perché abbiamo bisogno di un'etichetta da attaccare da qualche parte. Delle riforme costituzionali ha bisogno l'Italia e noi andremo avanti con decisione su questo terreno.
Io penso che ha fatto bene il Partito Democratico, all'apertura di questo percorso, a chiedere la collaborazione delle altre forze politiche e voglio dirlo con forza: è stato un peccato che tanti pezzi della minoranza parlamentare avessero deciso di non partecipare e, invece, è stato un fatto positivo che un pezzo di quella minoranza (Forza Italia) avesse deciso di stare al tavolo.
Io voglio dirlo con franchezza: il confronto non è mai facile e dentro un dibattito così decisivo per il Paese come quello sulla riforma costituzionale è legittimo che ci siano opinioni diverse, tra i partiti e anche nei partiti. E queste opinioni diverse non vanno nascoste, ma vanno valorizzate e io penso che, pur nelle differenze, il confronto tra questa parte e Forza Italia poteva essere e ha potuto essere in qualche modo un fatto positivo e utile al nostro Paese.
Oggi siamo, però, di fronte ad un fatto nuovo, che non può essere in nessun modo sottovalutato.
Presidente Brunetta, me lo chiedo con turbamento nelle ultime ore: cosa è cambiato dal 31 gennaio al 2 di febbraio ? Cosa è cambiato ? È cambiato solo un fatto, cioè l'elezione di una persona straordinaria, di grandissima qualità, come Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica E ho un sospetto legittimo, che in quest'Aula non posso nascondere; è un sospetto che attraversa tutti noi: ma Forza Italia in questi mesi è stata al tavolo delle riforme nell'interesse del Paese, o è stata al tavolo delle riforme pensando che ci fosse uno scambio riforme istituzionali – Presidente della Repubblica ?
Io voglio dirlo con la consapevolezza di chi lotta ogni giorno per cambiare questo Paese: per noi non c’è scambio possibile, per noi quello non era uno scambio accettabile. Lo abbiamo detto fin dall'inizio: disponibilissimi a ragionare nel merito sulle riforme, anche con fatica, ma impossibile immaginare che ci possa essere uno scambio.
Noi siamo orgogliosi della scelta che abbiamo fatto e siamo convinti che Sergio Mattarella sia la persona giusta per quella carica fondamentale per il nostro Paese.
Io non voglio aggiungere altro, se non una convinzione: non stappiamo nessuna bottiglia. Il fatto che la maggioranza delle riforme sia più debole, più stretta, non è un fatto positivo ma non ci sono poteri di veto. Noi andremo avanti, perché continueremo a seguire l'interesse del Paese e l'interesse del Paese è che queste riforme, dopo tanti anni, finalmente si facciano. Il Partito democratico sarà impegnato, con tutta la propria forza, per portare a compimento questo percorso di cui l'Italia ha bisogno .
PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.
FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto, sul piano personale, devo dare atto al collega Sisto di avere compiuto un atto di responsabilità politica apprezzabile, nel senso che, nel momento stesso in cui il suo gruppo ha deciso un'altra linea politica, che da quello che capisco implica un dissenso sul merito e anche alcune procedure parlamentari di sostanziale ostruzionismo, ne ha tratto le conseguenze e, quindi, si è dimesso da relatore: di questo gliene do atto, a testimonianza anche di una storia parlamentare che lo caratterizza, sempre di grande correttezza e di elevato livello.
Detto questo, però, voglio anche dire un'altra cosa. Per quello che ci riguarda, per quello che riguarda Area Popolare, per ciò che concerne il Governo, noi abbiamo fatto un accordo di maggioranza che per parte sua non riguardava la Presidenza della Repubblica; di conseguenza, riteniamo che questo patto di maggioranza debba essere rispettato, tenendo conto da parte del Presidente Renzi e da parte del PD che il Governo non è un Governo monocolore, bensì un Governo di coalizione tra forze diverse. Quindi è necessario, dopo le tensioni che ci sono state sull'elezione del Presidente della Repubblica, che sia definito un quadro politico e programmatico che rilanci l'attività di Governo.
Detto questo, però, va anche detto che finora c’è stato un atteggiamento responsabile e costruttivo da parte di altre forze di opposizione, in primo luogo da parte di Forza Italia, un atteggiamento che noi abbiamo valutato positivamente sul merito della riforma costituzionale.
Allora, è legittimo il dissenso politico rispetto a un patto, quello di via del Nazareno, di cui, per quello che ci riguarda, noi abbiamo sempre ignorato i molteplici contenuti: visto che questo patto si è rotto, è legittimo trarne delle conseguenze politiche.
Tuttavia, trarre da queste conseguenze politiche, che attengono ad una accentuazione dell'opposizione al Governo, conseguenze per ciò che riguarda un lavoro di riforma costituzionale, che tutti quanti abbiamo portato avanti con un contributo da parte di Forza Italia e dei suoi più significativi rappresentanti in Parlamento, come l'onorevole Sisto, questo ci sembra un errore politico, perché l'intesa e il confronto sulle riforme costituzionali vanno al di là di qualsiasi atto o patto di altro tipo.
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Cicchitto. Onorevole Fiano. Onorevole Fiano !
FABRIZIO CICCHITTO. Quindi, trarre la conseguenza della rottura di questo, peraltro non chiarissimo, patto del Nazareno, non solo nel confronto sugli atti programmatici del Governo, ma anche sulla riforma costituzionale, ci sembra un errore politico.
Di conseguenza, noi manteniamo fermo il nostro impegno per la riforma costituzionale e, per quello che riguarda il Governo, riteniamo che non una verifica nel senso tradizionale vada fatta, ma che, invece, un approfondimento ed un rilancio sui contenuti politico-programmatici siano indispensabili.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FABRIZIO CICCHITTO. Questo perché non nascondiamo il fatto che, nella vicenda dell'elezione del Presidente della Repubblica, si è determinato un elemento di tensione derivante non dalla figura del Presidente della Repubblica, ma dal metodo che si è adottato. Questo lo abbiamo chiarito politicamente e, sulla base di questo chiarimento politico, noi riteniamo che si debba andare avanti per quello che riguarda il lavoro sulla riforma costituzionale .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare.
Colleghi, a questo punto, diciamo che c’è una questione formale, intorno alla quale ruota un ragionamento, un dibattito politico che non spetta certo alla Presidenza affrontare, i gruppi si sono espressi. Dal punto di vista formale, segnalo che io, ovviamente, non posso che prendere atto delle dimissioni del presidente Sisto da relatore, ma, dal punto di vista procedurale, ricordo che non cambia nulla, in quanto c’è un altro relatore, che è l'onorevole Fiano, che può tranquillamente portare avanti il carico di lavoro per quanto riguarda l'interlocuzione con l'Assemblea in quanto relatore per la Commissione.
D'altra parte, ci sono molti precedenti in questo senso, l'ultimo, addirittura, in questa legislatura: è presente al banco del Comitato dei nove l'onorevole Centemero, che si ricorderà che si dimise da relatore sul provvedimento sulle province e il dibattito andò avanti, ovviamente, con l'altro relatore, che era l'onorevole Bressa.
Quindi, la dichiarazione del presidente Sisto non può che essere per la Presidenza una presa d'atto di questa sua decisione, ma, dal punto di vista formale, salvo che non vi siano richieste formali, si va avanti.
CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Su che cosa, onorevole Sibilia, scusi ?
CARLO SIBILIA. Signor Presidente, grazie per la parola. In realtà, il gruppo del MoVimento 5 Stelle ha formulato una richiesta molto più precisa di quella che è stata adesso letta. Il punto è un altro sostanzialmente...
PRESIDENTE. Scusi, allora mi è sfuggito, mi dice qual è la richiesta ?
CARLO SIBILIA. Sì, adesso gliela spiego.
PRESIDENTE. Sì, ma non riapriamo un altro dibattito, onorevole Sibilia, mi dica qual è la richiesta.
CARLO SIBILIA. Non apriamo un altro dibattito. Semplicemente, siccome lei non l'ha letta, quindi, evidentemente, non l'ha recepita, la vado a spiegare un attimo meglio.
Il motivo per cui il MoVimento 5 Stelle chiede il ritorno in Commissione di questo disegno di legge...
PRESIDENTE. Onorevoli Sibilia, perfetto: lei fa una richiesta formale di rinvio in Commissione ? Bene.
CARLO SIBILIA. Sì, semplicemente perché questo atto dimissionario del presidente Sisto...
PRESIDENTE. Sì, ma lei è già intervenuto, onorevole Sibilia, non posso farla parlare una seconda volta.
CARLO SIBILIA. Ci arrivo subito.
PRESIDENTE. No, è già intervenuto sull'argomento, onorevole Sibilia, non posso farla parlare...
CARLO SIBILIA. Ho capito, ma lei non l'ha sentito, perché non l'ha detto...
PRESIDENTE. Onorevole Sibilia, ho capito che c’è una richiesta formale di rinvio in Commissione. Su questo do la parola ad un oratore a favore e ad un oratore contro. Chi è a favore della proposta di rinvio in Commissione dell'onorevole Sibilia ? Prego, onorevole Sibilia.
CARLO SIBILIA. Presidente, alle volte, è dura riuscire anche semplicemente a parlare in quest'Aula: si trasforma quasi tutto il dibattito in una semplice macchietta, quando, invece, qui fuori ci sono dei cittadini che chiedono a gran voce che vengano fatte effettivamente le riforme vere, quelle che veramente servono a questo Paese.
Stavo cercando di spiegare prima la gravità inaudita del fatto che ci sia stato il relatore delle riforme costituzionali decise all'interno di un patto segreto tra Berlusconi e Renzi al Nazareno nella sede del PD. È di una gravità incredibile per questo Paese, per un fatto molto semplice: perché si antepone a quello che è l'interesse dei cittadini l'interesse personale dei partiti, di convenienza. Dove sono le riforme che servono veramente a questo Paese ? Dov’è il dimezzamento degli stipendi dei parlamentari ? Dove sta ? Dov’è il reddito di cittadinanza...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Sibilia. Onorevole Fragomeli, gentilmente, lasci il banco del Governo, grazie.
CARLO SIBILIA. Dov’è il reddito di cittadinanza che serve alle persone che in questo momento soffrono di disoccupazione ? 12,8 per cento è l'ultimo dato della disoccupazione in questo Paese quando noi, invece, andiamo dietro a questi personaggi che fanno e disfano come meglio credono, ai danni dei cittadini italiani, senza alcun mandato. Dov’è la legge anticorruzione ? Ne buttano dentro uno ogni giorno dei vostri partiti, dove stanno queste leggi ? Dov’è la legge sull'autoriciclaggio, dove sono le leggi che riformano il meccanismo della prescrizione, dove sono queste leggi, signori ? Noi qui stiamo discutendo se far ritornare in Commissione o meno un testo che nessuno condivide, in questo palazzo; nessuno vi ha dato il mandato di modificare la Costituzione, perché in realtà questo Governo si sgretola oggi, perché questo patto tra Berlusconi e Renzi si sgretola su queste dimissioni del presidente Sisto.
Perché, in realtà, nessuno vi ha dato il mandato di modificare la Costituzione ! È questa la verità . Questo Governo non dovrebbe esistere, dovrebbe focalizzarsi su altro, ma non avete progetti, solo chiacchiere, chiacchiere e fumo per i cittadini italiani. Due anni di Governo Renzi e nessuna modifica a favore dei cittadini e delle persone oneste, soltanto mafia capitale, Expo, scandalo Mose, presidenti della Commissione cultura «patteggiati» per truffe. Allora, di cosa stiamo parlando in quest'Aula, signori ? Qual è la sicurezza che date voi a questo Paese ? Quella di un bambino o di un adolescente insicuro che per qualche screzio di qualcuno vuole addirittura bloccare le riforme costituzionali fino al disastro, queste le parole dei responsabili, di quelli che voi ci avete fatto credere essere i responsabili. Allora, subito vada via questo patto che non si capisce su cosa si stia fondando, onestamente.
Questo è attestare il fallimento di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi, due facce della stessa medaglia ! Questo è il fallimento che oggi si consuma in quest'Aula, tra l'altro nella sorpresa generale. Parliamo di tutt'altro sui giornali e poi oggi arrivate in Aula, con i vostri condannati, i vostri imputati, i vostri indagati, e mettete i cittadini davanti al fatto compiuto che non ci sono più i presupposti per fare la riforma. Ma voi credete veramente che stiamo ai vostri comodi, che siamo a vostra disposizione ?
Queste cose che succedono oggi, il MoVimento le aveva dette mesi fa. Non a caso la nostra opposizione è ferrea sulle riforme costituzionali e non ci voleva Nostradamus, è vero, non ci voleva Nostradamus, avete fatto perdere tempo ai cittadini italiani. Arrivano le cartelle pazze agli imprenditori, chi sta facendo qualcosa ? Cartelle pazze di Equitalia, gente che si deve suicidare, persone in pensione da otto anni alle quali vengono chiesti 7 milioni di euro di risarcimento da Equitalia. Ma di che cosa stiamo parlando, signori ? Di che cosa ? Un po’ di responsabilità nei confronti del vostro Paese !
Quindi, vi chiedo la cortesia, visti questi risultati pari a zero, di far ritornare questa riforma in Commissione affari costituzionali e si inizi a parlare di ciò che serve veramente a questo Paese. Magari del reddito di cittadinanza e del dimezzamento dei vostri lauti stipendi di oltre 17 mila euro al mese. Vergognatevi !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Bini. Ne ha facoltà.
CATERINA BINI. Grazie Presidente, vorrei, tramite la sua persona, dire all'onorevole Sibilia che comprendiamo che la difficoltà nella quale si sono ritrovati sull'elezione del Presidente della Repubblica – che li ha messi sostanzialmente in un angolo, all'oscuro da tutte le luci della ribalta – li metta oggi in difficoltà e che, quindi, cerchino tenacemente di arrampicarsi sugli specchi. Però riteniamo anche che ci sia bisogno che si mettano un po’ d'accordo con se stessi; fino a pochi giorni fa c'era questo tema: il patto del Nazareno, il patto del Nazareno un patto oscuro, cose terribili in questo patto del Nazareno; oggi apprendiamo che il problema è che si rompe il patto del Nazareno.
Decidetevi, cari colleghi. L'unica cosa grave, davvero, che è successa al Nazareno sono stati i vostri insulti a quei colleghi di questo Parlamento che si sono presentati a parlare con il segretario nazionale del Partito Democratico e Premier, Matteo Renzi.
Noi crediamo nella democrazia. Pensiamo che queste riforme debbano andare avanti. Riteniamo che, a fronte delle dimissioni di uno dei due relatori, si debba e si possa procedere andando avanti con l'altro relatore, andando avanti su temi come quelli della riforma della Costituzione che per noi, come ha ricordato prima il presidente Speranza, non sono caratteri di scambio con nulla, tanto meno con l'elezione di un Presidente integro, con la schiena dritta, che ha fatto della legalità e della rettitudine una sua bandiera di vita.
Quindi, per tutte queste ragioni, noi riteniamo di dover assolutamente proseguire questo percorso e pertanto voteremo contro questa proposta
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di rinvio in Commissione avanzata dall'onorevole Sibilia.
Guerini, Da Villa, Dallai, Savino, Folino, Gelmini, Famiglietti, Marzana, Librandi...
ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà per un minuto.
ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, sarò rapidissimo. Noi chiediamo alla Presidenza l'allargamento dei tempi e la concessione di un terzo come era previsto e riteniamo che, se questa richiesta non dovesse essere accolta, si tratterebbe di una grande lesione rispetto alla possibilità di intervenire nel merito delle questioni come abbiamo sempre fatto.
PRESIDENTE. Con riferimento alla richiesta di tempi aggiuntivi formulata dai gruppi, peraltro la stessa richiesta è stata avanzata anche dai colleghi del MoVimento 5 Stelle formalmente, per lettera alla Presidente – sto rispondendo, onorevole Sibilia, se vuole parlare ha un minuto – con riferimento a tale richiesta, allargata anche al MoVimento 5 Stelle, che è stata anche inviata formalmente alla Presidente della Camera, desidero ricordare che la questione è stata già affrontata nel corso di diverse riunioni della Conferenza dei presidenti di gruppo e che dunque i gruppi hanno avuto modo di essere edotti dell'orientamento della Presidenza ben prima che i tempi risultassero esauriti.
In particolare, all'esito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 22 gennaio scorso, è stato precisato che eventuali tempi aggiuntivi per i gruppi che ne avessero fatto richiesta sarebbero stati concessi per le fasi dell'esame degli eventuali ordini del giorno e delle dichiarazioni di voto finale. Tale orientamento è stato ribadito nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 4 febbraio scorso. A tali decisioni la Presidenza non può dunque che attenersi.
Sicché, alla luce dell'attuale programmazione dei lavori e del complessivo stato dell'iter di esame del provvedimento da parte dell'Assemblea, la richiesta di concessione di tempi aggiuntivi per la fase di votazione degli articoli e degli emendamenti non può essere accolta. Diversamente finirebbe per essere compromessa la stessa finalità del contingentamento che è strumento essenziale per l'attuazione del calendario dei lavori.
In questo senso il parere espresso dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 14 luglio 1993, in base al quale, esaurito il tempo assegnato ai sensi dell'articolo 24 del Regolamento, a ciascun gruppo e ad altro titolo non può essere ad alcuno concessa la parola ponendosi il tempo contingentato come limite generale ed invalicabile al diritto di intervento di ciascun deputato. Questo è quanto.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, su questo e poi...
PRESIDENTE. No, su cosa, onorevole ?
MASSIMILIANO FEDRIGA. Presidente, su quanto ha appena affermato. Potremmo esprimere come gruppo un'opinione ?
MASSIMILIANO FEDRIGA. No, non possiamo ? Cioè noi non possiamo dire che un gruppo per le riforme costituzionali non può chiedere il tempo aggiuntivo ?
PRESIDENTE. Onorevole Giorgetti, anche lei, stia sereno ! Non è che se io do la parola lei può parlare a qualunque titolo . Si parla, onorevole Fedriga...
MASSIMILIANO FEDRIGA. È un diritto dei gruppi chiedere il tempo aggiuntivo.
PRESIDENTE. Onorevole Fedriga ! Per favore, togliete un attimo l'audio all'onorevole Fedriga. Onorevole Fedriga, mi ascolti un attimo, senza che si scalda, onorevole Fedriga, cerchi di ascoltare il Presidente perché se lei ascolta forse riusciamo anche a fare un passo avanti. Le sto dicendo che io non posso darle la parola a qualunque titolo, quindi o lei me ne fa richiesta per un richiamo al Regolamento e mi dice qual è l'articolo del Regolamento, oppure me la fa per un'altra ragione che è prevista dal Regolamento, perché come lei capisce ci sono 630 persone che da domani hanno lo stesso diritto che ha lei di alzarsi e dire: voglio dire la mia su una comunicazione del Presidente. Quindi, la pregherei di individuare, come spesso fa, un articolo del Regolamento e la sua abilità parlamentare sicuramente non le sottrarrà la possibilità di individuare magari nell'articolo 8 la possibilità di chiedere la parola per richiamo al Regolamento al Presidente e il Presidente le darà la parola.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, articolo 8 e seguenti.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, oltretutto adesso che ci fermiamo, è veramente una riflessione che è a prescindere dai soliti richiami al Regolamento. Adesso, che la Conferenza dei presidenti di gruppo possa... non entro nel merito di come è andata quella Conferenza perché la Presidente Boldrini lo sa benissimo, anche per le vie informali come si è svolta e cosa ha deciso quella Conferenza dei presidenti di gruppo, ma per rispetto – che evidentemente da parte della Presidenza non c’è – anche degli accordi informali presi con i gruppi, non la citerò, perché da parte dei gruppi c’è il rispetto; da parte della Presidenza, visto lo che lei ha letto, che ovviamente non è una sua responsabilità personale, da parte della Presidenza non c’è questo rispetto, e non vado oltre.
Detto ciò, penso che sia inammissibile che una Conferenza dei presidenti di gruppo, indipendentemente da come è andata quella triste storia, possa bloccare, su delle riforme costituzionali, la richiesta di alcuni gruppi di ottenere il tempo aggiuntivo. Non ci siamo, non è il Governo o le richieste del Governo a dettare i tempi della discussione in Aula sulle riforme costituzionali. Già i tempi previsti per questa settimana, con discussioni che vanno avanti fino alle 23 senza la possibilità di approfondire le riforme costituzionali, li riteniamo inaccettabili. Quindi chiediamo alla Presidenza di rivedere la decisione, vista la sua autonomia, autonomia anche rispetto alla Conferenza dei presidenti di gruppo, perché altrimenti sarebbe una forzatura senza precedenti. Presidente, quindi le chiedo – con lo spirito collaborativo che ho cercato di utilizzare nella proposta precedente con le dimissioni del presidente Sisto, spirito collaborativo evidentemente non colto dalla maggioranza, assolutamente non colto dalla maggioranza – di non comprimere i tempi della discussione dei gruppi, in particolar modo di quelli di opposizione e glielo dico da parte di un gruppo che ancora qualche tempo ce l'ha. Ma, indipendentemente dalle posizioni politiche e del merito della stessa riforma, riteniamo inaccettabile che ad alcuni gruppi sia impedita la discussione addirittura sui richiami al Regolamento e, se mi permette, Presidente, io faccio appello all'imparzialità, al ruolo arbitrale della Presidenza, che non può essere strumento della maggioranza ma anzi deve essere arbitro e in particolar modo strumento di tutela delle opposizioni che non hanno la forza dei numeri ma devono avere almeno la forza delle garanzie previste dalla Costituzione per questo Parlamento.
ANDREA CECCONI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.
ANDREA CECCONI. Signor Presidente, aggiungo qualcosa a quello che è appena stato detto dal collega Fedriga. Capisco che lei si richiama a riunioni della Giunta per il Regolamento che prevedono che quando la Conferenza dei presidenti di gruppo decide, poi ci sono stati precedenti in cui l'allargamento dei lavori non è stato dato, ma se è la stessa Conferenza dei presidenti di gruppo che ha deciso, allora le faccio richiesta formale di riconvocare questa Conferenza dei presidenti di gruppo perché le questioni politiche, gli assetti politici all'interno di questo Parlamento sono cambiati.
Quando è stata fatta quella Conferenza dei presidenti dei gruppi, tre giorni prima dell'elezione di Mattarella, gli equilibri all'interno del Parlamento erano dati proprio per il fatto che Forza Italia aveva un patto con il PD. Oggi, questo non c’è più e non credo che quel precedente – e finisco – preveda una riforma costituzionale. Ma voi vi rendete conto che state costringendo le opposizioni a non parlare sulle riforme costituzionali e non su un provvedimento qualsiasi ? Quindi – glielo ripeto – le faccio la formale richiesta di convocare immediatamente una Conferenza dei presidenti di gruppo per rivedere quello che è stato fatto due settimana fa.
IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Colleghi, stabiliamo che state chiedendo di intervenire tutti sul medesimo articolo del Regolamento, che è l'articolo 8, richiamato dall'onorevole Fedriga, così diamo anche un minimo di omogeneità agli interventi. Prego, onorevole La Russa.
IGNAZIO LA RUSSA. La ringrazio, Presidente, non ho intenzione di fare un richiamo al Regolamento, ma chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori.
Io credo, Presidente, che quello che stiamo vedendo è un fatto politico rilevante...
PRESIDENTE. Onorevole La Russa, allora deve aspettare perché c’è prima una richiesta di intervento per un richiamo al Regolamento che ha la precedenza rispetto agli interventi sull'ordine dei lavori. Onorevole Sannicandro, ne ha facoltà.
ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, si potrebbe discutere tanto del modo in cui la Conferenza dei presidenti di gruppo comprime i diritti dei singoli deputati, ma mi limito soltanto a questa considerazione: vedo dalla scheda che un terzo dei tempi, credo, è stato già concesso per gli interventi a titolo personale, perché erano assegnate tredici ore e quarantuno minuti e poi è stato concesso un tempo aggiuntivo di quattro ore e trentaquattro minuti. Sono trascorse diciassette ore e venti minuti, per cui c’è un debito.
Per quale motivo, mentre per gli interventi a titolo personale è stato aumentato il tempo, per i gruppi non è più consentito aumentare il tempo ? Questa è la domanda che le faccio. Mi limito alle considerazioni su quello che combinano i gruppi, o meglio i presidenti dei gruppi, in un altro momento.
FABIO RAMPELLI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, intervengo per partecipare a questa riflessione, per dirle intanto, ricordandolo a me stesso e a tutti i gruppi, che non siamo in presenza di un decreto in scadenza e quindi questa accelerazione su una materia fondamentale, verso la quale la sensibilità di ciascuno di noi è ovviamente positivamente orientata, non si comprende. Queste accelerazioni, cari colleghi, stanno producendo uno scollamento e un cambio di atteggiamento anche individuale verso le riforme costituzionali.
Prima dell'elezione del Presidente della Repubblica, c’è stato uno strappo inaccettabile legato all'articolo 21, eppure si è voluto andare lo stesso a testa bassa. Non si comprende la ragione per la quale occorra licenziare questo provvedimento entro un termine stabilito che non è sancito da nessuna regola e da nessuna scadenza formale ufficiale.
Quindi, io invito – e mi associo all'invito – la Presidenza a riconvocare la Conferenza dei presidenti di gruppo anche per apprezzare le mutate circostanze rispetto alla riforma costituzionale, quindi i modificati equilibri che sulla riforma medesima si stanno articolando e poi vorrei anche dirle, Presidente, che, quando nella Conferenza dei presidenti di gruppo non si raggiunge un accordo, ovviamente c’è la possibilità in alcune circostanze di fare intervenire l'Assemblea sulle decisioni della Conferenza dei presidenti di gruppo.
Infine – e taccio – vorrei dirle quello che non ho potuto dire prima. Lo farò telegraficamente in modo tale da non disturbare la sua sensibilità: oggi è il 10 febbraio, giornata del ricordo, una giornata molto difficile, molto dura rispetto alla quale, da un punto di vista intellettuale, tutte le forze politiche, nessuna esclusa, hanno fatto quello che dovevano, da un punto di vista culturale e storico. Penso che, anche da un punto di vista spirituale, varrebbe la pena di sintonizzarsi sulla gravità di questa giornata e di quello che rappresenta.
Prima, il collega Gigli le ha fatto una domanda alla quale non è stata data risposta, probabilmente perché si attende la risposta della Presidente Boldrini, ma l'Assemblea e i gruppi che la compongono hanno il diritto di sapere se i parlamentari sono autorizzati, con una sospensione dei lavori della seduta, a partecipare alla commemorazione prevista per le ore 16 alla presenza solenne del Capo dello Stato.
Ovvero, se questo non è consentito, le chiedo che la commemorazione della Giornata del ricordo, che è normata da una legge dello Stato, venga fatta in Aula, alla presenza di tutti i parlamentari che vorranno esserci.
DANIELE CAPEZZONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANIELE CAPEZZONE. Signor Presidente, intervengo ai sensi dell'articolo 8, comma 2, del Regolamento. Io mi permetto di appellarmi alla sua grande esperienza politica, alla sua grande esperienza parlamentare e alla sensibilità democratica che lei tante volte ha dimostrato.
È vero, lei ha ragione. Ha richiamato correttamente il fatto che, in altro contesto, alcune settimane fa la Conferenza dei presidenti di gruppo ha assunto, in un contesto, un determinato orientamento. Ma nulla vieta che la Conferenza dei presidenti di gruppo, i gruppi e soprattutto, io dico, la Presidenza, apprezzato un fatto non burocratico ma politico, possa adoperarsi per garantire che tutti i gruppi possano discutere in modo adeguato.
Signor Presidente, questa non è materia di maggioranza, da affrontare qui con un voto a maggioranza o anche a maggioranza nella Conferenza dei presidenti di gruppo. È una questione su cui io mi appello alla Presidenza. Non siamo alla conversione di un decreto-legge al cinquantanovesimo giorno. Stiamo discutendo della riforma costituzionale e sia consentito, colleghi, signora Ministro, questa è un'Assemblea costituente. Parla qualcuno che vorrebbe cambiare la Costituzione ed è contrario a questa proposta – e non lo è da oggi – e non ho avuto bisogno, diciamo così, di ordini ieri sera per cambiare idea e presentare magari subemendamenti raffazzonati . Invece, se anche mi metto nei panni dei colleghi che, diversamente da me, sono favorevoli a questo impianto, a maggiore ragione occorre una grande dignità del dibattito e della discussione.
Mi permetta, signor Presidente, con la stima per lei che lei conosce, io mi permetto di dire alla Presidente Boldrini, a lei e agli altri Vicepresidenti, che questa è un'Assemblea costituente e che voi siete nella posizione che fu di giganti come Giuseppe Saragat e Umberto Terracini. Decidete su questo come avrebbero deciso Giuseppe Saragat e Umberto Terracini. Ve la figurate quell'Assemblea costituente, con Croce, Einaudi, De Gasperi e altri ancora, che parla per trenta secondi sulla metà degli emendamenti che sono rimasti ?
Signor Presidente, ognuno di noi è un nano rispetto a quei giganti e forse non abbiamo neanche l'orgoglio e la dignità di poterli nominare, siamo ombre sul palcoscenico, su un palcoscenico triste della politica di questi mesi e di questi anni, ma di noi si ricorderà se almeno avremo dato dignità a questo momento, comunque la si pensi e anche se non si cambia idea dalla sera alla mattina sul merito della proposta.
Per questo, Presidente, mi appello a lei, alla Presidenza, perché decidiate in senso democratico, a prescindere dalle composizioni mutevoli di maggioranze e minoranze.
PRESIDENTE. Se non ci sono altri che non sono intervenuti e che intendono intervenire...
IGNAZIO LA RUSSA. Presidente...
PRESIDENTE. Onorevole La Russa, interverrà dopo.
Ora do una risposta e ovviamente su questo argomento...
CARLO SIBILIA. Signor Presidente, chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Sibilia.
CARLO SIBILIA. Presidente, intervengo sul tema...
PRESIDENTE. Onorevole Sibilia, una volta che ho risposto, il tema è concluso. Per il suo gruppo ha già parlato l'onorevole Cecconi.
Come dicevo, c’è un equivoco di fondo e lo vorrei dire a coloro...
CARLO SIBILIA. Voglio fare una richiesta, Presidente ! Posso fare una richiesta ?
PRESIDENTE. Dopo che ho risposto su questo punto, se è un'altra richiesta. Rispondo su questo punto e poi farà un'altra richiesta, onorevole Sibilia. Se vuole decidere anche quello che...
CARLO SIBILIA. Va bene, signor Presidente.
PRESIDENTE. Come stavo dicendo, e lo dico all'onorevole Sannicandro e dico a tutti i colleghi intervenuti, c’è un equivoco di fondo, nel senso che un po’ tutti avete affermato che questa è una decisione assunta dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Questa è una decisione che spetta unicamente al Presidente della Camera e che, ovviamente, ha la responsabilità di comunicarla, di volta in volta, in Conferenza dei presidenti di gruppo o in Aula.
Io ho semplicemente riportato in questo le diverse occasioni nelle quali il Presidente della Camera ha comunicato, alla Conferenza dei presidenti di gruppo e non solo, i suoi intendimenti e le sue decisioni riguardo all'aggiunta di tempi che spettano unicamente alla Presidente della Camera, ovviamente apprezzate, come è del tutto evidente, le condizioni del dibattito.
Alla luce di questo, io non potrò che riportare alla Presidente della Camera le valutazioni che sono state fatte da tutti quanti. È del tutto evidente che sarà la Presidente a decidere. Però, ripeto, non stiamo parlando di una decisione della Conferenza dei presidenti di gruppo, per cui sulla decisione della Conferenza dei presidenti di gruppo si possono tornare a prendere in Aula altre decisioni rispetto a quelle della Conferenza dei presidenti di gruppo, perché non è nella disponibilità della Conferenza dei presidenti di gruppo, ma è unicamente nella disponibilità della decisione del Presidente della Camera.
Quindi, assunto questo, io ho raccolto gli elementi e le preoccupazioni, li riporterò alla Presidente della Camera e ovviamente poi sarà la stessa Presidente a dare, se lo riterrà, una risposta adeguata.
IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, in estrema sintesi, questa mattina ci sono alcune novità di ordine politico, che è inutile ripetere, perché sono sui giornali, di ordine tecnico – un relatore di maggioranza che si dimette – e di ordine regolamentare, che riguardano la decisione di impedire, in assenza di una data di scadenza, un'aggiunta di tempi che, a mia memoria, è sempre stata concessa. In questa situazione, Presidente, intervenendo sull'ordine dei lavori, le chiedo, facendo esattamente seguito a quello che lei ha appena dichiarato, se non ritenga opportuno – e comunque le formalizzo la richiesta – sospendere i lavori fino alle ore 14, per consentire al Presidente di valutare il dibattito – sostanzialmente tale era – che si è sviluppato intorno all'articolo 8, per valutare la possibilità, anche da parte dei gruppi, di un nuovo approccio al lavoro parlamentare, stante la mutata situazione dei tempi, dello schieramento politico che sostiene la riforma, dell'assenza di un relatore e, quindi, della presentazione di altri – mi pare 700 – subemendamenti, che non abbiamo avuto neanche il tempo di leggere, di studiare e di guardare. Io credo che almeno una sospensione, per consentire al Presidente di valutare bene la gravità del negare un tempo supplementare e, comunque, ai gruppi di prepararsi alla nuova situazione che si è creata, non possa essere negata. Per questo le formalizzo una richiesta cortese, con preghiera ai gruppi di maggioranza di non considerarla ostruzionistica, ma di considerare che sono gli stessi gruppi di maggioranza che hanno bocciato la proposta di una Repubblica presidenziale, dicendo che era questa Camera quella in cui il parlamentarismo doveva avere...
PRESIDENTE. Non entriamo nel merito, onorevole La Russa, gentilmente.
IGNAZIO LA RUSSA. Non è nel merito.
PRESIDENTE. Sì sta entrando nel merito.
IGNAZIO LA RUSSA. I poteri del Parlamento sono stati alla base di vostre decisioni. Negarli adesso, in maniera così drammatica, è oltretutto una contraddizione in termini.
PRESIDENTE. Onorevole La Russa, il Presidente non ha bisogno di una sospensione per valutare, nel senso che ha valutato e sopratutto si muove secondo il Regolamento. Le decisioni sono state assunte dalla Presidenza e dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Peraltro gli argomenti sono stati già occasione di un dibattito che si è svolto questa mattina, che riguardava la richiesta dell'onorevole Sibilia di rinvio in Commissione e l'Aula si è già espressa per andare avanti e non procedere con il rinvio in Commissione.
CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLO SIBILIA. Signor Presidente, siccome anche io avrei voluto formalizzare la richiesta che ha appena fatto, un attimo, fa il presidente La Russa, alla quale lei già ha dato seguito, quindi già ha risposto, vorrei allora capire come si inseriscono all'interno di questo quadro le dichiarazioni fatte dal MoVimento 5 Stelle a seguito della Conferenza dei presidenti di gruppo avvenuta il 22 gennaio. Noi il 23 gennaio abbiamo fatto mettere a verbale, quindi lo trova nel resoconto stenografico del 23 gennaio, il fatto che il MoVimento 5 Stelle prendeva atto di quello che era scritto all'interno delle deliberazioni della Presidenza e, quindi, della Conferenza dei presidenti di gruppo sul calendario dei lavori, cioè che si sarebbero concessi dei tempi aggiuntivi nella fase degli ordini del giorno e delle dichiarazioni di voto, però cito testuale: naturalmente resta fermo il fatto che in base al Regolamento...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Sibilia.
CARLO SIBILIA. ... è possibile concedere tempi aggiuntivi anche sulla fase emendativa. Quindi, questo era il nostro e io aggiungo...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Sibilia.
CARLO SIBILIA. ...che l'ampliamento del terzo è sempre, sempre Presidente, stato concesso in tutte le occasioni...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Sibilia. Purtroppo devo rispondere per l'ennesima volta che lei fa riferimento a questioni che non riguardano la Conferenza dei presidenti di gruppo; stiamo parlando di una materia che è di unica pertinenza del Presidente della Camera. Ci sono precedenti che non rispondono esattamente a quello che lei sta dicendo adesso. Normalmente può accadere che il Presidente dia un terzo. Il Presidente può decidere, come in questa occasione e come ha comunicato anche nella Conferenza dei presidenti di gruppo, e ha deciso che avrebbe esteso di un terzo gli interventi a titolo personale, ma che non avrebbe concesso l'estensione per gli interventi dei gruppi. Quindi, la decisione è questa; qualora la decisione dovesse essere modificata, ovviamente sarà mio compito, compito del Presidente, darvi questa comunicazione. Adesso, però, io sarei per entrare nel merito del provvedimento.
ARCANGELO SANNICANDRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Su che cosa ? Onorevole Sannicandro, le ho risposto: la Presidente ha una decisione specifica su questo, che non è condivisa né con la Conferenza dei presidenti di gruppo né con l'Aula. È una sua spettanza, che è quella di stabilire se concedere o meno...
ARCANGELO SANNICANDRO. Volevo che lei dichiarasse ufficialmente...
ARCANGELO SANNICANDRO....che la Presidente ha cambiato opinione, che ha concesso 4 ore e 34 minuti, ho capito, a titolo personale...
PRESIDENTE. Onorevole, forse non ci siamo capiti. La Presidente non ha minimamente cambiato opinione.
ARCANGELO SANNICANDRO. Presidente, allora risponda alla domanda che le ho fatto prima. I tempi aggiuntivi per gli interventi a titolo personale sono di 4 ore e 34 minuti su 13 ore e 41 minuti. Qualcuno lo avrà autorizzato !
PRESIDENTE. La Presidente.
ARCANGELO SANNICANDRO. La Presidente della Camera. Mentre per i gruppi non è stato concesso.
PRESIDENTE. Glielo sto dicendo, onorevole Sannicandro ! È stata presa questa decisione.
ARCANGELO SANNICANDRO. E io sto soltanto dicendo che vorrei che lei ribadisse in Aula che è stata la Presidente a fare questa operazione.
PRESIDENTE. È una decisione della Presidente.
ARCANGELO SANNICANDRO. Io ritengo, come è stato già detto, che alla Presidente bisogna far capire che il contesto è cambiato. Quindi certe decisioni...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Sannicandro.
ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, penso che sia opportuna una sospensione, anche di pochi minuti, quello che sarà, perché la Presidente deve essere informata sull'andamento dei lavori e sul dibattito che questa mattina è avvenuto in Aula, cioè sugli eventi che si sono succeduti. Poi, la Presidente, come dice lei, in base al Regolamento, autonomamente, può prendere la decisione di confermare quello che è stato già deciso e che lei opportunamente ha comunicato all'Aula oppure modificare tale decisione, ma questo lo dobbiamo verificare. Quindi, le chiedo questo supplemento di riflessione: si faccia questa verifica con la Presidente.
PRESIDENTE. Onorevole Palese, la Presidente, come lei può immaginare, atteso che il Presidente di turno ha la responsabilità della gestione dell'Aula e decide, ovviamente, conformemente a quello che decide la Presidente, è stata costantemente informata. Se dovesse prendere decisioni diverse...Peraltro, siamo al primo emendamento, quindi, per quanto riguarda questa esigenza di sospendere adesso la seduta, un'eventuale rivalutazione della Presidente può accadere tranquillamente anche in corso d'opera, atteso che mi pare che non abbiamo 10 o 15 emendamenti, ma abbiamo un numero un pochino più cospicuo. Quindi, diciamo che vi è tutto il tempo per poter rivedere eventualmente le decisioni. Io vi sto dicendo che la Presidente è costantemente informata dell'andamento dei nostri lavori, e quindi avrà il tempo necessario, che riterrà necessario, per dare una risposta, qualunque essa sia.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, se la Presidenza e la Presidente dovessero confermare questa decisione, e lo diciamo a malincuore e ufficialmente, il nostro gruppo e, sono convinto, tutti i gruppi di opposizione non vedrebbero più la figura dell'arbitro nella Presidenza. Un precedente gravissimo sulle riforme costituzionali che elimini i tempi aggiuntivi durante la discussione degli emendamenti lo riteniamo una posizione inaccettabile da parte della Presidenza della Camera. Una forzatura...
PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, lei è già intervenuto.
MASSIMILIANO FEDRIGA....che sancirebbe, e concludo, una Presidenza della Camera a disposizione della maggioranza e del Presidente del Consiglio !
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fedriga.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Noi non ci stiamo, Presidente !
ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Su che cosa ? Anche lei è già intervenuto sull'argomento.
ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, visto che non abbiamo i tempi aggiuntivi, mi faccia dire una cosa, molto rapida. Ovviamente, noi non pensiamo che venga meno il ruolo di arbitro della Presidente della Camera, però è evidente che, rispetto a questo, che rischia di essere una lesione molto forte, noi ribadiamo la richiesta di convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo. E perché ? Perché...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Scotto.
Siamo all'emendamento Matteo Bragantini...
RENATO BRUNETTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, è già intervenuto anche per voi l'onorevole Palese. Prego, la pregherei di essere molto rapido, grazie.
RENATO BRUNETTA. Rapidissimo, signor Presidente. Anche io chiedo, come il collega Scotto, che lei sospenda i lavori di quest'Aula per una convocazione della Conferenza dei presidenti di gruppo che possa rivedere, alla luce di quanto è successo, le decisioni a suo tempo prese, e io lo ricordo bene, però alla luce di un quadro complessivo che oggi è completamente mutato. Insisto nel chiedere la convocazione urgente della Conferenza dei presidenti di gruppo perché la situazione oggettiva è completamente mutata. Non credo che fare finta di nulla e andare avanti con gli emendamenti sia buona prassi politica in questo particolare momento.
Quindi le chiedo, signor Presidente, di farsi interprete di questa richiesta, che viene da più parti di quest'Aula, e che mi sembra assolutamente razionale e di buonsenso.
PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, a questo punto recuperiamo anche la richiesta dell'onorevole La Russa – che non vedo più in Aula, no, eccolo, è presente – e anche di altri colleghi. Ci sono state motivazioni diversamente argomentate sulla richiesta di sospensione della seduta. È del tutto evidente che quella della Conferenza dei presidenti di gruppo è una questione che può essere avanzata dalla Presidente senza bisogno di interrompere la seduta. Però, a questo punto, ritengo che la cosa migliore sia quella che sia l'Aula a decidere se rinviare o meno la seduta.
Quindi, darò la parola ad un oratore a favore e ad uno contro sulla proposta del presidente Brunetta di sospendere la seduta atteso che, onorevole Brunetta, come ho cercato di spiegare, noi il tema della sospensione dei lavori, ancorché con motivazione diversa, lo abbiamo già affrontato e deciso in quest'Aula con un parere contrario. Però, siccome c’è una formalizzazione di richiesta di sospensione della seduta fino alle 14, il Presidente la mette in votazione.
Chiedo chi sia a favore della richiesta, motivata in vario modo, di sospensione della seduta fino alle ore 14, che di fatto sarebbe fino alle 15, perché alle 14 avremo la pausa. Nessuno ? Chi è contrario alla richiesta ?
CARLO SIBILIA. Signor Presidente, chiedo di parlare a favore.
PRESIDENTE. Però colleghi...allora, lei ha un minuto, onorevole Sibilia, prego.
CARLO SIBILIA. Presidente, io mi dichiaro ovviamente a favore della proposta di sospendere la seduta fino alle 14, per un fatto molto semplice. Ci sembra veramente assurdo che su un provvedimento così importante, come è la riforma costituzionale – stiamo cambiando 40 articoli della Costituzione –, i tempi siano finiti e non venga concesso un terzo aggiuntivo ai gruppi. È assurdo, semplicemente incomprensibile, anche perché in tutti i precedenti (tutti i precedenti !) è stato sempre su ogni provvedimento concesso un terzo aggiuntivo, come tra l'altro confermano gli uffici. Quindi, non stiamo citando neanche dei precedenti che non sono pertinenti: è sempre successo. Non vediamo per quale motivo, tra l'altro su un provvedimento, che, se vogliamo, assume dei toni di rilevanza e di importanza maggiori rispetto a tutti gli altri, la Presidenza non si prenda la responsabilità di fare la stessa cosa. Stiamo correndo, ripeto, su una cosa molto importante per il nostro ordinamento costituzionale della riforma...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Sibilia.
CARLO SIBILIA. ...quindi chiaramente tutti i gruppi si sono espressi anche per una sospensione. E magari cerchiamo di parlarne in questo periodo di sospensione con la Presidente direttamente in una Conferenza dei presidenti di gruppo.
PRESIDENTE. Chi è contrario ? Nessuno intende intervenire ?
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di sospensione della seduta fino alle ore 15.
Siamo con voto «palese», omonimo del collega.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, approfitto della dichiarazione di voto su questo emendamento, a cui daremo votato contrario – perché riteniamo che i vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea vadano discussi, non tanto eliminandoli dalla Costituzione, quanto proprio a livello europeo – per fare una considerazione di carattere generale.
Fino ad oggi noi abbiamo disquisito sul nome del Senato e sulla sua composizione, ma abbiamo tralasciato quello che è l'oggetto di questo articolo 31, che ci apprestiamo ad affrontare e dibattere in quest'Aula, che è un oggetto molto importante, che riguarda proprio il Titolo V della nostra Costituzione: le competenze dello Stato e delle regioni e, quindi, l'efficienza dei servizi per i cittadini del regionalismo.
Forza Italia non si è mai sottratta ad un confronto e ad un dibattito responsabile.
E non ci sottrarremmo neanche adesso a questo dibattito e confronto responsabile, continuando ad apportare indubbiamente un contributo serio e sostanziale al progetto di revisione costituzionale, che purtroppo non ha il dibattito, non ha l'ampiezza e il respiro di un'assemblea costituzionale, come qualcuno prima di me ha voluto erroneamente ricordare. Ma comunque lo faremo a partire da quelle che sono state da sempre le nostre proposte, proprio perché – almeno per me, questo è un valore grande – la serietà del lavoro, la serietà delle proposte credo che siano il primo punto da cui partire per un dibattito responsabile e leale, termine anche questo che è mancato a tratti nel confronto tra le forze politiche.
Le proposte che noi ribadiamo sono non solo quelle delle nostre riforme costituzionali del 2005 e del 2012, ma sono anche le proposte che la regione più popolosa e più grande d'Italia, la Lombardia, ha presentato proprio sul disegno di legge di riforma costituzionale proposto dal Governo. Sono proposte che sono il frutto della collaborazione e della cooperazione responsabile tra le forze di centrodestra, quindi Forza Italia, Lega Nord e anche Nuovo Centrodestra, che governano la regione Lombardia insieme.
Quindi, il nostro approccio sarà quello di ribadire la necessità di un superamento del bicameralismo perfetto, ma, al tempo stesso, facendo proprie le proposte emendative e le proposte della regione Lombardia, di ribadire come sia necessaria una semplificazione dei livelli istituzionali e come sia necessaria una revisione del Titolo V, che – voglio ricordarlo – non solo si è resa necessaria per il contenzioso enorme che è stato creato da una riforma voluta, da sola, dalla sinistra nel 2001, ma diventa anche una necessità per migliorare i livelli dei servizi per i cittadini. Ma il nostro intervento sul Titolo V, questa necessità di riformare il Titolo V non va assolutamente nella direzione di un neocentralismo, come in parte si vede nel trasferimento eccessivo di quelle che sono le competenze che erano concorrenti, che vanno sicuramente semplificate, allo Stato.
Per questo, tra i punti che noi ribadiremo vi è quello di riformulare il riparto delle competenze tra Stato e regioni, previsto dall'articolo 117, ma non come viene definito qui e di volta in volta puntualizzeremo la nostra posizione. Per quanto concerne la clausola di supremazia, noi troviamo una duplicazione all'articolo 117 e all'articolo 120 e crediamo che la clausola di supremazia, come abbiamo proposto nei nostri subemendamenti all'articolo 10, debba essere oggetto di una legge bicamerale.
Accanto a questo, proponiamo e sosteniamo sostanzialmente l'inserimento in Costituzione del principio dei costi standard per rendere effettivi i LEP, proponiamo e sosterremo il regionalismo differenziato, ma molto semplificato rispetto a quello che viene contenuto nell'articolo 116, e, con questo, l'accorpamento delle regioni secondo quella che è l'idea di un macroregionalismo che parte dal basso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Capezzone. Ne ha facoltà.
DANIELE CAPEZZONE. Signor Presidente, purtroppo, nonostante il cambiamento di scenari politici, il caso vuole che non si riesca ad essere d'accordo con la collega Centemero, che colgo l'occasione per salutare. Quindi, a titolo personale, esprimo, invece, il mio voto favorevole a questo emendamento. Perché ? È vero che questo è un anticipo della discussione che faremo su analoghi e più significativi emendamenti all'articolo 81 della Costituzione sul tema del pareggio di bilancio, ma la cosa ha già ora un valore simbolico e politico importante.
Noi, alcuni di noi, riteniamo che questo sistema di vincoli europei debba essere messo in discussione come fattore negativo di austerità e di non crescita. Naturalmente io non sono un fautore della «spesa allegra» e quindi proporrò un tetto di spesa e, però, naturalmente anche un tetto fiscale in Costituzione, ma rispetto a questo emendamento, a titolo personale, annuncio il mio voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bianconi. Ne ha facoltà. Speriamo che anche per lei l'Aula sia facilitatrice dei saluti con l'onorevole Centemero.
MAURIZIO BIANCONI. Presidente, no, io pensavo che ci fosse un reale cambio di rotta, invece mi sono accorto di essere su «Scherzi a parte». Confermo il voto favorevole a questo emendamento che fa riacquisire un minimo di sovranità al nostro ordinamento. Questa è l'opposizione che si fa alle riforme e non quella conclamata e poi non esercitata. C’è una preghiera che dice che il Nazareno, quando morì, dopo tre giorni risuscitò da morto. Qui non ha avuto bisogno di tre giorni, è bastata una nottata ed è già risuscitato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 31.135, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza di Sinistra Ecologia Libertà e con il parere favorevole del relatore di minoranza della Lega Nord e Autonomie.
Dichiaro aperta la votazione.
ELENA CENTEMERO. Grazie Presidente, per ribadire il nostro parere contrario a questi due identici emendamenti. All'articolo 81 si parlerà, come ha ricordato l'onorevole Capezzone, con cui ho sottoscritto lo stesso emendamento, non in quest'articolo, ma in un altro articolo, di quelli che sono i vincoli del pareggio di bilancio. Qui stiamo parlando del Titolo V della Costituzione; stiamo facendo propria quella che è una proposta unitaria del centrodestra che proviene, appunto, da una regione importante come la Lombardia. E non riteniamo opportuno eliminare, proprio da questa parte della Costituzione, il riferimento ai vincoli dell'Unione europea che forse sarebbe più opportuno ridiscutere in sede europea e non in sede costituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bianconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO BIANCONI. Presidente, dicevo che eravamo su «Scherzi a parte», ma qui siamo alla farsa. L'onorevole Centemero si iscrive per bruciarmi cinque minuti su un emendamento da me firmato. In altre parole, siamo al ridicolo del ridicolo. Qui io non so chi governa la questione. Prendiamo atto che Forza Italia è in maggioranza, che vota le riforme, che fa finta di essere all'opposizione e che, come ripeto, ha risuscitato il Nazareno dopo dodici ore. E chiedo ai colleghi in quale gruppo vogliono stare. Si iscrivano a un altro gruppo perché il loro presidente, il nostro presidente, avrebbe detto che bisognava fare opposizione e che io mi potessi, cavolo, almeno illustrare il mio emendamento, visto che siamo dalla stessa parte. Dovremmo essere dalla stessa parte, ma non lo siamo evidentemente.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Bianconi.
MAURIZIO BIANCONI. Al di là della deontologia parlamentare, è una cosa vergognosa !
PRESIDENTE. Onorevole Bianconi, solo per chiarezza perché si riflettono nell'Aula anche questioni che non ci appartengono dal punto di vista politico. Io ho l'onorevole Centemero iscritta su tutti ...no, le sto spiegando. L'onorevole Centemero è iscritta su tutti gli emendamenti. Ovviamente ho informato i responsabili del gruppo che questo comporta esattamente quello che sta accadendo . Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Toninelli. Ne ha facoltà.
DANILO TONINELLI. Presidente, io, ahimè, devo, in quanto primo firmatario di questo emendamento, dirle che, avendo solo un minuto, mi rifiuto di illustrare un mio emendamento . Mi rifiuto perché mi vergogno di rappresentare umilmente i cittadini e di avere un minuto per poter dire che avrei voluto eliminare le parole «Unione europea» dalla Costituzione perché nel 2001 voi avete sancito la sottomissione del diritto e della Costituzione italiana al diritto comunitario. Io mi rifiuto, Presidente, di illustrarlo e mi rifiuto di partecipare ad un disfacimento della Costituzione nel quale neppure si può fare contestazione al merito.
Noi abbiamo avuto un atteggiamento serio, Presidente, e troviamo un ostruzionismo totale da parte della maggioranza, che si difende dietro il volto di un Presidente debole, ed è inutile che afferma di avere lei e solo lei deciso di contingentare i tempi e di non dare il terzo in più !
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Toninelli. Solo una precisazione: siamo in fase di dichiarazioni di voto e non di illustrazione degli emendamenti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Quaranta. Ne ha facoltà.
STEFANO QUARANTA. La ringrazio, Presidente, mi prendo il mio minuto per dire questo. Siamo all'articolo 117 e su questo ci sarebbe molto da dire......
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Quaranta: onorevole Bianconi e colleghi, vi pregherei di consentire anche agli altri un minimo di ... Grazie, vedo che ha percepito esattamente la richiesta del Presidente. Prego, onorevole Quaranta.
STEFANO QUARANTA. Ci sarebbe molto da dire sia sulla coerenza di questo articolo, sia sul disegno riformatore, che da un lato istituisce il Senato delle autonomie, dall'altro toglie poteri alle regioni. Ci sarebbe molto da dire anche sull'efficienza, tanto sbandierata dal Premier Renzi, che invece questa riforma non porterà assolutamente, visto che di contenzioso costituzionale è destinato ad aumentare vertiginosamente.
Io, invece, mi limito a fare un'osservazione su come il Partito Democratico intende il percorso riformatore: prima vi siete chiusi in uno stanzino con Silvio Berlusconi, escludendo tutti gli altri; ora che il patto è saltato, avete scoperto incredibilmente che questo è un soggetto forse poco affidabile; infine, ci togliete la parola, perché in un minuto non si può parlare di nulla.
STEFANO QUARANTA. Allora, vi annuncio che avete perso un relatore di maggioranza e io, da questo momento, se le regole restano queste, mi rifiuto di intervenire come relatore di minoranza. Quindi, fate le vostre riforme e divertitevi !
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Quaranta. Ci sono altri che intendono intervenire ? Non mi pare.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bianconi 31.64 e Toninelli 31.94, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza di SEL e il parere favorevole del relatore di minoranza della Lega Nord.
Dichiaro aperta la votazione.
ELENA CENTEMERO. Grazie, Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario di Forza Italia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Toninelli. Ne ha facoltà.
DANILO TONINELLI. Vergognandomi per dovere esprimere in un minuto il senso di questo emendamento, ma la vergogna è un sentimento che dovrebbe provare a questo punto esclusivamente il Partito Democratico, non essendoci più Forza Italia ad appoggiare queste riforme, questo emendamento afferma semplicemente che ogni atto normativo di provenienza dell'Unione europea, che contrasta con la Costituzione, debba essere dichiarato illegittimo. Chi lo deve dichiarare illegittimo ? La Corte costituzionale. Questo significa poter mostrare un po’ di forza e un po’ di muscoli nei confronti di quell'istituto non democratico qual è la Commissione europea, che ci impone determinate cose e che non è eletta democraticamente .
PRESIDENTE. Se non ci sono altri che intendono intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Toninelli 31.95, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza Quaranta e il parere favorevole del relatore di minoranza Matteo Bragantini.
Dichiaro aperta la votazione.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, annuncio il voto contrario di Forza Italia.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Toninelli 31.93, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza Quaranta e con il parere favorevole del relatore di minoranza Matteo Bragantini.
Dichiaro aperta la votazione.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, annuncio il voto contrario di Forza Italia.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fraccaro 31.600, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza di SEL e con il parere favorevole del relatore di minoranza della Lega Nord e Autonomie.
Dichiaro aperta la votazione.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, annuncio il voto contrario di Forza Italia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Toninelli. Ne ha facoltà.
DANILO TONINELLI. Grazie, Presidente, questo emendamento aggiunge dopo la parola: «moneta», le parole: «e politica monetaria». Ha un senso prettamente politico e non per niente giuridico: noi affermiamo, anzi, non noi, ma i fatti affermano che oggi la politica monetaria è di spettanza esclusiva della Banca centrale europea, della BCE. Affermare «politiche monetarie» in Costituzione e non semplicemente «moneta», secondo noi, potrebbe rappresentare un primo passo avanti per aprire un dibattito – che in quest'Aula, ahimè, non è possibile, perché ci state mettendo il bavaglio, nonostante noi non abbiamo portato avanti alcun tipo di protesta o attività ostruzionistica particolare – per affermare che parlare di politica monetaria e di sovranità monetaria oggi è la principale necessità di questo Paese.
In realtà voi avete appaltato, avete regalato la politica monetaria alla BCE, organo che è antidemocratico.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Toninelli 31.89, con il parere contrario della Commissione e del Governo, sul quale il relatore di minoranza Quaranta si è rimesso all'Assemblea e con il parere favorevole del relatore di minoranza Matteo Bragantini.
Dichiaro aperta la votazione.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario di Forza Italia.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nuti 31.91, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza Quaranta e con il parere favorevole del relatore di minoranza Matteo Bragantini.
Dichiaro aperta la votazione.
GIANCARLO GIORGETTI. Grazie, Presidente, è difficile intervenire in un dibattito sulle riforme costituzionali in cui, prima, bisognava correre perché c'era da eleggere il Presidente della Repubblica e, quindi, non si poteva approfondire la discussione in un ambiente idoneo, e, adesso, bisogna correre anche quando questa esigenza di eleggere il Presidente della Repubblica non c’è più; ciononostante cercherò di portare qualche argomentazione a questo emendamento, che parla del tentativo finale di strangolare qualsiasi forma di autonomia finanziaria degli enti locali e delle regioni.
Oggi viviamo una situazione che è quella dei patti di stabilità, definiti in conferenza intergovernativa, che generano grida di dolore da parte di tutti i sindaci e di tutti i presidenti di regione. Eviterei di citare i presidenti di provincia, perché sarebbe in qualche modo prendere in giro anche la nostra intelligenza e quello che abbiamo fatto nei mesi scorsi.
Ora, con questa riforma si stabilisce che il Patto di stabilità, già di per sé così doloroso per gli enti locali, non basta più. Bisogna portare il coordinamento della finanza pubblica alla competenza esclusiva dello Stato, senza che il Senato, depotenziato delle autonomie, possa dire, sostanzialmente, alcunché; non bastando questo, lo si francobolla anche con la clausola di supremazia nazionale. Laddove lo Stato, nella sua assoluta possibilità di determinare i confini della finanza pubblica, non bastasse, può sempre richiamare anche in ogni singola circostanza la fattispecie. Poi su questo tema torneremo sull'articolo 119, ma quello che voglio dire a tutti coloro che hanno avuto anche una minima esperienza come sindaco, come amministratore locale o come amministratore regionale è: provate a ragionare, se non ora con questo emendamento, su quello che sta avvenendo.
Perché quello che stiamo approvando, anzi, quello che state approvando è un patto di stabilità elevato alla potenza, che elimina in radice qualsiasi forma di autonomia e di responsabilità per quanto riguarda gli enti locali. È per questo motivo che noi abbiamo presentato questo emendamento. Vedo che lo hanno fatto anche altri colleghi di altri gruppi, ma non so se avranno la forza e, in qualche modo, il coraggio di difenderlo. Lo abbiamo presentato per limitare e circoscrivere questa prerogativa dello Stato – questa competenza esclusiva dello Stato, questa competenza esclusiva della futura Camera dei deputati, esclusivamente statale, senza nessun tipo di influenza da parte del Senato – non tanto al coordinamento della finanza pubblica, ma al coordinamento generale della finanza pubblica, in modo che nelle forme dovute, naturalmente con i limiti dovuti e posti da questa Assemblea, secondo le future competenze e i poteri, questa forma di autonomia si possa in qualche modo esplicitare. Altrimenti non elimineremo semplicemente l'autonomia, noi distruggeremo anche qualsiasi forma di responsabilità che in qualche modo abbiamo la necessità e il dovere di garantire, perché soltanto attraverso questo, in qualche modo può cresce questo Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.
ELENA CENTEMERO. Grazie, Presidente. Io chiederei la votazione per parti separate di questo emendamento. Allora, praticamente dall'inizio, dove dice di sostituire i commi terzo quarto e quinto, compresa la prima parte, ad esclusione delle lettere ed . E poi ....
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Centemero, stiamo parlando dell'emendamento 31.140, a pagina 24 del nuovo fascicolo. Non so a quale emendamento lei si riferisca. Se si riferisce all'emendamento 31.134, è precluso. Stiamo a pagina 24 del nuovo fascicolo, Matteo Bragantini 31.140.
ELENA CENTEMERO. Allora mi scuso. Il nostro voto è favorevole.
PRESIDENTE. Se non vi sono altri che intendono intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 31.140, con il parere contrario della Commissione e del Governo e il parere favorevole dei relatori della Lega Nord e di SEL.
Dichiaro aperta la votazione.
ELENA CENTEMERO. Grazie, Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario.
PRESIDENTE. Non vi sono altri che intendono intervenire.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Quaranta 31.107, con il parere contrario della Commissione e del Governo e il parere favorevole dei relatori di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole di Forza Italia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Bianconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO BIANCONI. Faccio rimarcare all'Aula che quando parla l'onorevole Gelmini ha i cinque minuti, quando parla Bianconi, parla la Centemero.
PRESIDENTE. Le chiedo scusa ma non la seguo, onorevole Bianconi.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gelmini 31.8, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza Quaranta, mentre è favorevole il relatore di minoranza Matteo Bragantini.
Dichiaro aperta la votazione.
CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, nell'attesa ovviamente che la Presidenza della Camera ci faccia sapere se, oltre al gruppo della Lega, che sta facendo opposizione e che ha ancora un po’ di tempo, anche gli altri possono farla, per entrare nel merito dell'emendamento da noi presentato, riteniamo che vi sia sicuramente un allargamento eccessivo a favore dello Stato per quanto riguarda la disciplina e l'ordinamento giuridico del lavoro alle dipendenze degli enti pubblici.
Riteniamo che vi sia – ed è un'ulteriore conferma dell'impianto fortemente centralista di questa riforma – una subordinazione sicuramente non accettabile da parte degli enti locali nei confronti di colui che, in seguito a questa riforma, diviene il vero sovrano, che non sono cittadini, non è il popolo, non sono gli eletti dal popolo, ma è proprio lo Stato.
Con tutti questi emendamenti, onorevole Presidente, noi puntiamo ovviamente in qualche modo a correggere un impianto generale che non ci soddisfa ma al quale comunque abbiamo intenzione di collaborare in modo leale e in modo franco, a differenza di quello che un giorno sì e l'altro pure il Presidente del Consiglio, dottor Renzi, continua a ripetere.
Sembra che voler intervenire anche sulle riforme costituzionali sia un modo, per coloro che non vogliono cambiare nulla, per far perdere tempo a colui che il destino, il signore, Allah, Maometto o chissà chi ha destinato a questo triste Paese per poter essere proiettato nel futuro e nel nuovo millennio.
Quindi ogni tentativo di migliorare una riforma costituzionale che voi sapete perfettamente è migliorabile altro non è che una volontà insita quanto meno nella Lega Nord di far sì che vi sia la possibilità di consegnare non soltanto ai prossimi anni ma alle prossime generazioni una Costituzione che sia in qualche modo effettivamente fruibile, che sia una Costituzione che possa reggere, come quella che state modificando, per almeno 50, 60, 70 anni.
Vorrei fare una domanda semplice alla maggioranza. Chiedo a tutti, oltre che al Governo anche ai singoli parlamentari, se vi sia stata un'analisi sul perché comunque la Costituzione repubblicana, in vigore fin dal 1948, sia stata capace di superare alcuni decenni. Probabilmente perché all'interno dell'Assemblea costituente che le ha dato vita c’è stata, come è stato ricordato da parte di alcuni interventi precedenti, quella sintesi fatta tra le grandi tradizioni culturali, politiche e intellettuali allora vigenti in Italia, vale a dire liberale, comunista e democratico-cristiana.
Voi sapete perfettamente che state facendo, invece, una riforma costituzionale che non cerca la sintesi ma che si impone con la forza dei numeri e della maggioranza, È una riforma costituzionale i cui genitori, Berlusconi e Renzi, si sono separati non durante la nascita ma addirittura la gestazione, quindi una Costituzione che nascerà monca appunto di padre e di madre e soprattutto con un'ostetrica – mi permetta di dirlo – cioè la Presidente della Camera, che guarda da tutt'altra parte, mentre qui secondo noi, signor Presidente, effettivamente vi è un democratico.
Ci sono gruppi di opposizione che rappresentano – concludo – milioni di cittadini che ora si trovano con una manciata di minuti per poter parlare, per poter discutere, per poter cercare quanto meno di far sentire la propria voce e, malgrado tutti gli appelli fatti finora, ci troviamo nella situazione paradossale di discutere di una Costituzione nei confronti della quale c’è il totale disinteresse del partito, a questo punto dell'unico genitore, il Partito Democratico, e c’è l'impossibilità – anche se non fa parte della mia storia politica, penso a SEL – di potere dire la propria su situazioni magari come questa particolarmente importanti, cioè fin dove deve arrivare lo Stato – concludo – e fin dove invece le autonomie, in nome del principio di sussidiarietà, potrebbero fare forse meglio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.
Chiedo di lasciare libero il banco del Governo, grazie.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, questo è uno dei molti emendamenti, non tantissimi. Noi all'inizio di questo provvedimento avevamo presentato 70 emendamenti di merito e li avevamo presentati per tentare di rimediare agli errori di questa riforma; una riforma centralista, una riforma che rendeva la Costituzione ancora più pesante. E mi fa sorridere, per non dire altre parole, il Partito Democratico quando dice: noi abbiamo cercato il dialogo. Non so con chi l'abbiate cercato il dialogo, io ero in Commissione come gli altri colleghi dei partiti di opposizione e di dialogo non c'era nessun segnale.
Noi abbiamo chiesto degli emendamenti di buonsenso, alcuni molti importanti, li abbiamo risollevati, devono ancora risponderci dopo quindici giorni. Dunque, noi siamo costretti, e onestamente non ci piace trasformare l'Aula...
MATTEO BRAGANTINI. ...in una balcanizzazione. Fino adesso abbiamo presentato solo 2.100 subemendamenti, dal momento che ne possiamo presentare...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Matteo Bragantini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, questo emendamento mi consente di fare una riflessione generale circa quello che è stato lo spostamento e la revisione da parte del Governo sulle competenze, prima concorrenti e ricentralizzate, da una parte e, dall'altra, sulla revisione di quelle che erano le competenze esclusive dello Stato. La nostra posizione è una posizione che recepisce...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Centemero. Onorevole Morani, forse non mi sono fatto intendere.
Prego, onorevole Centemero.
ELENA CENTEMERO. La nostra posizione è quella che recepisce le indicazioni che le forze di centrodestra che governano la regione Lombardia ci hanno indicato. Quindi, per quanto riguarda le materie di competenza esclusiva dello Stato, il termine che ci convince di più e che vorremmo fosse maggiormente utilizzato in questa enumerazione ed elencazione di competenze è quello di «norme di principio» e «principi generali».
Mi permetta di sottolineare come la riduzione delle materie di competenza esclusiva delle regioni ci porta appunto verso un neocentralismo che non condividiamo ed è come se l'autonomia territoriale venisse vista come un ostacolo alla speditezza dei processi decisionali, come una delle innumerevoli corporazioni che hanno finora bloccato lo sviluppo del Paese, come un centro di interessi non generali di un territorio, ma particolari rispetto all'interesse nazionale, cosa che non è.
Nonostante questo, noi, rispetto ad altre forze politiche, riteniamo che alcune materie debbano comunque rimanere come principi e norme generali assegnate allo Stato. Esse attengono a tre ambiti in modo particolare: le norme che riguardano il lavoro, le norme che riguardano i principi generali sull'istruzione e anche quelle che riguardano la disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione.
Per il resto, riteniamo che invece lo Stato non possa e non debba riaccentrare una serie di poteri sulla base del fallimento della riforma del 2001 che la sinistra ha portato avanti da sola, senza andare ad analizzare quelle che sono veramente le cause di questo fallimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Prataviera. Ne ha facoltà.
EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, questo è un emendamento che, come nella e nella nostra linearità e mai contraddittorietà di pensiero, continuiamo a proporre per andare contro la logica di una riforma fortemente centralista, che vuole andare a colpire le amministrazioni senza entrare nel merito delle delle singole amministrazioni, nelle autonomie e nelle possibilità di migliorare, dove c’è da migliorare e di andare a premiare dove invece si potrebbe premiare. Questa ovviamente è una logica che non accettiamo e con questo emendamento proponiamo all'Assemblea proprio di premiare la meritocrazia.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 31.133, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza per Sinistra Ecologia Libertà e con il parere favorevole del relatore di minoranza Bragantini.
Dichiaro aperta la votazione.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, intervengo per annunziare il voto contrario di Forza Italia.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fraccaro 31.76, con il parere contrario della Commissione, del Governo, del relatore di minoranza del gruppo Lega Nord e Autonomie e con il parere favorevole del relatore di minoranza Quaranta del gruppo Sinistra Ecologia Libertà.
Dichiaro aperta la votazione.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, intervengo per preannunziare il voto contrario del gruppo di Forza Italia.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Quaranta 31.113, con il parere contrario della Commissione e del Governo, mentre il relatore di minoranza del gruppo Lega Nord e Autonomie si rimette all'Aula e con il parere favorevole del relatore di minoranza del gruppo Sinistra Ecologia Libertà.
Dichiaro aperta la votazione.
PIERPAOLO VARGIU. Grazie, Presidente. Colleghi, questo emendamento ha l'obiettivo di esplicitare, all'interno della Carta costituzionale, la tutela della garanzia dei diritti di salute di ciascun cittadino a carico dello Stato.
Qualcuno potrebbe pensare che questo emendamento sia pleonastico all'interno dell'attuale Costituzione, che già all'articolo 32 garantisce il diritto alla salute. Qualche altro sostiene, invece, che nella esplicitazione dei diritti sociali è contenuta ed è ricompresa, per giurisprudenza costituzionale consolidata, anche la garanzia dei diritti della salute.
Devo dire che di questo parere non sono le associazioni dei pazienti. In realtà, io sono semplicemente il portatore della volontà espressa da tante società dei pazienti: gli ammalati oncologici, i reumatici, gli affetti da diabete, Alzheimer, gli incontinenti, gli emofilici, i nefropatici, gli ammalati che sono affetti da malattie rare, che hanno inoltrato a tutti i colleghi parlamentari, a tutti i deputati della Camera, una richiesta di approvare questo emendamento, con l'introduzione della garanzia dello Stato per la tutela dei diritti alla salute di ciascun cittadino.
Devo dire che la stessa sensibilità peraltro – ed è questa la testimonianza che intendo rendere – hanno coloro i quali appartengono alla Commissione che si occupa di affari sociali e di sanità nella Camera dei deputati. Ce l'hanno perché, durante un'indagine conoscitiva che è durata quasi un anno, abbiamo sentito le lamentele, che provengono non solo dalle associazioni dei pazienti, ma da chiunque si occupi di sanità, sulle intollerabili discrepanze nell'erogazione dei Lea nelle varie regioni italiane e sulle intollerabili discrepanze nell'erogazione di diritti alla salute dei cittadini italiani. D'altra parte, colleghi, difficilmente potrebbe essere in un modo diverso. Oggi l'ISTAT dà dati che sono inquietanti: la differenza del reddito medio dei cittadini italiani varia dai 39 mila 800 euro medi della provincia di Bolzano ai 15 mila 500 euro medi della regione Calabria. È evidente che, se lo Stato non prende in mano con forza e con decisione la garanzia del diritto alla salute di ciascun cittadino italiano, le discrepanze di ricchezza tra le varie regioni italiane corrono il rischio di rendere assolutamente velleitario e soltanto sulla carta quel diritto alla salute che ciascun cittadino ritiene sia tra i primi diritti di cittadinanza e tra i primi diritti di garanzia di ciascuno di noi.
È per questo che noi chiediamo che venga approvato questo emendamento. Ci rendiamo conto che il clima non è il più adatto né alla riflessione né al ragionamento su un tema così delicato, ma crediamo che questa battaglia di testimonianza che inizia oggi, anche qualora l'emendamento non fosse approvato, è ben lungi dal terminare. Normalmente i diritti di civiltà di un popolo e di un Paese si misurano attraverso la tutela del principale dei diritti di garanzia di ciascun cittadino, che è quello alla salute. Non è tollerabile che un Paese come l'Italia non riesca a inserire all'interno della Carta costituzionale con chiarezza l'esplicitazione della garanzia di questo diritto
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baroni. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Signor Presidente, faccio presente un refuso nella presentazione...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Baroni. Onorevole Matteo Bragantini, gentilmente...
MASSIMO ENRICO BARONI. Faccio presente un refuso nella presentazione dell'emendamento, in quanto sembra che ci sia un piccolo errore. Comunque, prendo la parola per dichiarare che voteremo favorevolmente.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Baroni, mi dica quale sarebbe l'errore, così cerchiamo di capirlo anche noi, altrimenti rimane sospeso.
MASSIMO ENRICO BARONI. L'errore sarebbe nella presentazione dell'emendamento in quanto dice: dopo le parole: «ovvero la tutela» aggiungere le seguenti: «della salute e». Non so se ho fatto riferimento al capoverso sbagliato del comma, ma mi risulta non esserci la parola: «ovvero». In ogni caso, non credo che sia un errore sostanziale e non cambia la direzione in cui va l'emendamento, quindi prendo la parola per dichiarare che voteremo favorevolmente a questo emendamento. Riteniamo fondamentale osservare, nella battaglia dell'informazione che questo Parlamento fa a tutela dei cittadini, che troppe volte vengono separati la tutela della salute e il concetto di sanità dall'integrazione di una presa in carico, in particolare, delle malattie croniche degenerative, da cui molto spesso non si può guarire, ma che comunque lo Stato ha il dovere, per Costituzione, di curare. Quindi stiamo parlando veramente di un'alta...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Baroni.
MASSIMO ENRICO BARONI. Stiamo parlando veramente di tantissimi cittadini italiani che si trovano in condizione di avere malattie croniche o neurodegenerative, e alcuni di questi siedono anche in Parlamento.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Baroni. La ringrazio. Le comunico, comunque, che la parola: «ovvero» esiste. In particolare, la rimando alla pagina 115 degli atti parlamentari, dove c’è il testo della proposta di riforma. Esattamente al quarto comma ci sono le parole: «ovvero la tutela dell'interesse nazionale».
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.
ELENA CENTEMERO. Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole di Forza Italia su questo emendamento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vargiu 31.517, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza della Lega Nord e Autonomie e sul quale il relatore di minoranza Quaranta si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, forse ho capito male io, ma mi era stato comunicato informalmente che alle ore 13,30 vi sarebbe stata...
PRESIDENTE. La Presidente sta arrivando.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Toninelli 31.75, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza della Lega Nord e Autonomie e con il parere favorevole del relatore di minoranza Quaranta.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Colleghi, vorrei un attimo la vostra attenzione. Care colleghe e cari colleghi, come sapete, oggi si celebra il Giorno del ricordo delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata.
La celebrazione ufficiale, come noto da tempo, quest'anno si terrà proprio qui alla Camera dei deputati, oggi pomeriggio presso la Sala della Regina, alla presenza del Presidente della Repubblica. Questa mattina è stato chiesto alla Presidenza di avere anche in Aula un momento di riflessione e conforto e questa richiesta ho inteso subito di accogliere.
Il Parlamento, con l'approvazione a larghissima maggioranza della legge n. 92 del 2004, ha realizzato uno dei suoi atti più elevati e significativi, colmando finalmente un debito di riconoscenza verso la memoria delle migliaia di italiani che rimasero vittime di una violenza cieca e brutale, messa in atto da parte jugoslava. Come disse nel 2007 l'allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dobbiamo infatti assumerci la responsabilità – cito – di aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali.
L'istituzione del Giorno del ricordo è stato, quindi, un fondamentale passaggio di un percorso di verità, che ha consentito di ricollocare nella memoria nazionale i drammi di tanti italiani, ma anche di dare riconoscimento alla loro capacità di guardare avanti e partecipare alla costruzione dell'Italia democratica. La valorizzazione della memoria non è solo un atto dovuto verso le vittime e verso noi stessi. Essa, infatti, ha un significato educativo generale, perché consente specialmente alle generazioni più giovani di comprendere e di comprendere criticamente i fenomeni complessi del nostro mondo contemporaneo, nel quale il rispetto dei diritti umani, inteso nella sua accezione più ampia, non è un dato acquisito, ma una grande battaglia politica e culturale ancora tutta aperta.
Il 10 febbraio è, dunque, una giornata di ricordo, ma è soprattutto un monito per il presente e per il nostro futuro, un monito contro l'intolleranza, contro tutte le guerre, contro le dittature e contro ogni tentativo di nascondere la verità .
Ha chiesto di parlare il deputato Ettore Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Grazie Presidente. Intervengo per dirle che ci riconosciamo pienamente nelle sue parole e nelle cose che ha voluto ricordare e anche per ringraziarla dell'iniziativa che ha voluto che si tenesse qui alla Camera in questa giornata così significativa e importante per noi.
In un Paese che spesso vive di divisioni, noi abbiamo ricostruito un vissuto comune sulle vicende del confine orientale. Una memoria che ha rischiato di essere cancellata nel dopoguerra, cancellata per le omertà che lei ha ricordato, è stata ricostruita. È stato un percorso duro, faticoso, impegnativo dal punto di vista politico.
Io volevo ricordare tre o quattro tappe: il 1991, quando il Presidente Cossiga per la prima volta andò davanti alla foiba di Basovizza per riconoscerne la rilevanza; l'anno successivo, il 1992, quando il Presidente Scàlfaro riconobbe la foiba di Basovizza monumento nazionale. E poi le tappe della politica. Io ricordo in particolare il 1996, quando il Presidente Violante, per la prima volta, come esponente importante della sinistra di questo Paese, disse delle parole molto chiare rispetto al tema delle foibe e del confine orientale, orientando completamente in modo diverso il dibattito della sinistra, per arrivare, poi, nel marzo 2004, quando, come primo firmatario, un allora collega, l'onorevole Menia di Alleanza Nazionale, presentò una proposta di legge che, come lei ha ricordato, venne approvata quasi all'unanimità. Sono stati momenti politici e istituzionali che hanno consentito di cancellare quelle falsità che erano nella nostra storia, quelle citazioni nei vocabolari e nei libri di scuola, dove le foibe erano cavità carsiche, solo cavità carsiche o gli esuli erano fascisti che scappavano dopo la guerra.
Ecco, quelle pagine dure della nostra storia sono state cancellate. Oggi per fortuna abbiamo un modo diverso di ricordare quei momenti, abbiamo una sensibilità diversa, che è quella sensibilità che, con leggerezza e profondità, vediamo anche nei nostri teatri, dove, per esempio, Simone Cristicchi porta «Magazzino 18», uno spettacolo che insegna ai bambini delle scuole cosa è successo sul nostro confine e come è stata fatta la storia del nostro Paese .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Sandra Savino. Ne ha facoltà.
SANDRA SAVINO. Grazie Presidente. Oggi si celebra il Giorno del ricordo e, per chi come me proviene da quella parte d'Italia che porta sulla propria carne le ferite delle foibe e dell'esodo, oggi è un'occasione per portare la luce su una pagina di storia, quella degli istriani, fiumani e dalmati, che è stata scritta troppo tardi. Infatti, nonostante la doverosa opera di trasparenza compiuta in questi ultimi anni, molti italiani ancora ignorano quanto accaduto nel nostro confine orientale alla fine del secondo dopoguerra. E proprio per questo approfitto dello spazio privilegiato che mi viene offerto oggi come parlamentare per raccontarvi due di quelle pagine di storia che non hanno mai trovato spazio sui libri di scuola.
Zara era una città dalmata italiana rasa al suolo nel 1944 da un bombardamento che può trovare un coerente paragone solo con quello che subì Dresda: 2 mila morti, una storia di italianità azzerata senza un apparente motivo. Zara non aveva, infatti, alcuna importanza strategica, priva di collegamenti ferroviari importanti e senza alcun insediamento militare.
Qual è la causa, allora, di questo accanimento ? La risposta è emersa da alcuni documenti dei servizi segreti dell'ex Jugoslavia, in base ai quali vi furono delle false indicazioni date agli Alleati da parte dei partigiani di Tito, delle informazioni fasulle fornite agli anglo-americani per distruggere un’ italiana ed iniziare quell'opera di pulizia etnica che poi generò l'esodo. A Zara il nostro patrimonio culturale, artistico ed umano subì uno stupro mortale. Eppure, questo Stato non ha mai avuto la dignità di riconoscerlo. Stesso vergognoso silenzio per una delle stragi più gravi in tempo di pace mai accadute in Italia, quella avvenuta a Pola nel 1946. Su una spiaggia delle bombe nascoste nella sabbia esplosero mentre erano in corso delle gare natatorie. Il numero delle vittime non fu mai ufficializzato, ma i morti furono circa ottanta, di cui molti bambini. Pola, in quel momento città italiana, era retta da un governatorato alleato, in attesa che fosse decisa la sua sorte. Quella strage fu un attentato, come emerse da successive autorevoli inchieste, messo in atto dalla Jugoslavia per impaurire ed intimorire gli italiani affinché abbandonassero la città.
È per me un onore ricordare in quest'Aula oggi il nome del dottor Micheletti che, nonostante in quella tragica giornata perse i figli Carlo e Renzo di 9 e 6 anni di età, per più di ventiquattro ore consecutive non lasciò il suo posto di lavoro all'ospedale, per curare i tanti feriti. Un eroe italiano che meriterebbe il più alto dei riconoscimenti da parte di uno Stato che, invece, per troppi anni ha saputo solo girarsi all'altra parte e non guardare .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signora Presidente, la celebrazione di oggi porta alla mia memoria ricordi di quando ero bambino. Mio padre è stato uno di quelli che hanno scoperto, anzi più che scoperto, visitato le foibe riportando alla luce i cadaveri di quelli che vi erano morti. Io ricordo da bambino di avere ascoltato da lui, che era un uomo duro, racconti strazianti, gente buttata nelle foibe probabilmente ancora viva, legata ad altri che erano stati colpiti con armi da fuoco, con i polsi segnati dal fil di ferro, lasciati a morire nel buio, nella disperazione, di fame e di ferite, con una manifestazione di ferocia incredibile. Non si capisce la cultura e la storia della Trieste di oggi se non si porta nella memoria il ricordo di quegli eventi terribili.
E ricordo, più avanti negli anni, i miei primi dialoghi con gli amici sloveni e croati, tentando di renderci ragione di quello che era accaduto, e la progressiva scoperta di un fatto: non sono i crimini degli slavi contro gli italiani, nemmeno la vendetta di quelli degli italiani contro gli slavi, che pure ci sono stati (ricordiamo il massacro di Podhum, per esempio), ma sono i crimini del totalitarismo. I comunisti hanno ucciso molti italiani in un'opera di pulizia etnica, ma hanno ucciso altrettanti slavi, altrettanti croati e, anzi, molti più croati e molti più sloveni. Ricordiamo il nome di uno sloveno che non era nemico degli italiani, Alois Grozde, di cui è aperta adesso la causa di beatificazione, ucciso proprio perché non era nemico degli italiani. E come il comunismo ha oppresso gli sloveni, i croati e gli italiani, così il fascismo, sì, ha commesso atrocità contro gli sloveni e i croati, ma anche contro gli italiani. Certo, le dimensioni della pulizia etnica che si è avuta in quegli anni sono senza paragone anche con i crimini terribili del fascismo. Vi era un'intenzione, non solo di colpire quelli che erano stati i nemici fascisti, ma tutti quelli che potevano essere punto di riferimento di un'opposizione al comunismo e alla fine tutti gli italiani per liberare le terre da questa presenza. Io spero che questo oggi venga ricordato da tutti come un monito, un monito in positivo a coltivare l'amicizia tra i popoli e a difendere insieme ora e sempre la libertà .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Pellegrino. Ne ha facoltà.
SERENA PELLEGRINO. Grazie Presidente, oggi è la giornata del ricordo e vengono ricordate le vittime italiane della Seconda guerra mondiale sul confine orientale italiano e quanto la guerra ha causato alle popolazioni italiane e jugoslave in quegli anni.
Il ricordo per noi rimane un valore fondamentale e indispensabile per la storia e la genesi di qualsiasi popolo e di qualsiasi nazione. Riteniamo che livello di civiltà di un popolo venga determinato solo se la ricostruzione della sua storia viene affrontata con un'onestà, in merito al ricordo dei fatti storici, cruciali, senza manipolarne e piegarne il senso ai propri fini di appartenenza politica, o per costruirne un consenso basato sulla strumentalizzazione delle sofferenze di persone spesso ignare e incolpevoli. È necessario, quindi, rifuggire qualsiasi forzatura di parte che dimostra la protervia nell'imporre disvalori abbietti ed inutile diffusione di odio tra popoli, popoli che oggi – Presidente – vivono secondo una pacifica convivenza e con proficua amicizia. Noi dobbiamo prima di tutto tenere vivi i nostri errori. Chiediamo quotidianamente verità e giustizia alla storia, perché vengano riconosciuti i crimini e le sofferenze di tutte le parti, perché è necessario che eventuali strumentalizzazioni siano smascherate e soprattutto trovino le giuste condanne.
Diventa indispensabile, quindi, ricercare continuamente la verità, perché tutti coloro che in quegli anni trovarono la morte a causa di azioni atroci, possano essere riconosciuti come vere vittime, che avevano solo la colpa di vivere in territori contesi da una guerra dagli esiti disastrosi. Persone che sono state sradicate da terre e dai propri nuclei familiari consolidati.
In questo giorno noi abbiamo il dovere di rispettare e ricordare anche quei milioni di uomini e donne, italiani e non, che la guerra di aggressione nazifascista gettò nella disperazione, nella morte, nella distruzione materiale e psicologica, che vennero depredati di ogni cosa e a cui fu negato ogni diritto. È doveroso, di fronte al ricordo di quei tempi e di quegli accadimenti, il rispetto e la ricerca onesta della conoscenza e della verità.
Se noi non saremo capaci di ammettere ed emendare, come italiani, tutte le nostre colpe e i nostri crimini nella storia di quello scongiurato ventennio, non potremmo mai dimostrare di possedere quella onestà e quella dignità che sono la base fondante di un popolo che vuole essere civile, così come è stato chiaramente definito dalla nostra Carta costituzionale nata dalla resistenza al nazifascismo
PRESIDENTE. La ringrazio, deputata Pellegrino. Ha chiesto di parlare il deputato Massimiliano Fedriga. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie Presidente. Come Lega abbiamo chiesto questo momento di riflessione e di ricordo in Aula; lo abbiamo chiesto, Presidente, perché lo riteniamo importante, lo abbiamo chiesto anche perché la commemorazione, programmata alle 16,30, avviene durante i lavori di quest'Aula.
Presidente, io avevo ovviamente costruito un intervento, però, mi permetta di censurare l'omertà dell'intervento che mi ha preceduto. Da triestino, da persona che ha visto le famiglie scappate, uccise e trucidate, ritengo inaccettabile che in un intervento nella Giornata del ricordo, non si abbia neanche la cortesia di citare i carnefici – i carnefici – di quei drammi, ovvero l'estremismo comunista titino, e si tiri fuori il nazifascismo, che noi condanniamo e che vogliamo sempre ricordare, come nella Giornata della memoria poco tempo fa abbiamo fatto. Tuttavia, non si può essere omertosi su quanto avvenuto a Trieste, in Istria, Fiume e Dalmazia. L'ideologia politica di gruppi presenti in questo Parlamento, non può essere maschera di bugie sui drammi e i morti che abbiamo visto nei nostri territori
Presidente, voglio ricordare che onestà è anche onestà di dire che questo Paese, l'Italia, ha tradito ed è stato complice, nel silenzio, di migliaia di morti. Non a caso lo stesso Ferruccio Parri, il Presidente del Consiglio di allora, del 1945, e Alcide De Gasperi avevano denunciato la scomparsa di 8 mila deportati italiani in Jugoslavia: insomma, sapevano, ma questo Paese non ha fatto nulla per intervenire e difendere i connazionali presenti sul territorio. Non soltanto i più di 10 mila morti nelle foibe, ma anche i 350 mila esuli scappati dalle loro terre hanno dovuto abbandonare le loro radici e cito uno di questi.
Cito Pietro Tarticchio, che ha avuto dei parenti uccisi nelle foibe: uccisi con delle corone di spine e buttati dentro questi fossi in modo truce, dopo avere subito, in alcuni casi, addirittura, violenze fisiche.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Pietro Tarticchio dice: «La prima ondata di infoibamenti si accanì contro tutti quelli che avevano prestato servizio per lo Stato italiano». Persone che non avevano nulla a che fare con guerre di fazione, di parte o Fascismo o quant'altro. Persone comuni che semplicemente erano al servizio della loro gente. Lo stesso dice: «Noi scappavamo via del regime comunista di Tito» – e qua il secondo tradimento avvenuto nel nostro Paese – «che veniva visto allora come un paradiso. Per cui la parte rossa dell'Italia ci considerava dei fascisti reazionari». Abbiamo avuto dei treni arrivati nel nostro Paese con a bordo degli esuli presi a sassate e non fatti nemmeno scendere da quei convogli per avere l'assistenza di cui avevano diritto.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Quindi, Presidente, e concludo, io penso che sia dovere delle istituzioni intervenire per ricordare, come lei giustamente ha detto ai giovani, i drammi e dire la verità senza nascondere di chi è stata la colpa e, in secondo luogo, avere anche l'onestà politica di dare quel risarcimento che, da troppo tempo, deve agli esuli istriani, che hanno abbandonato le loro terre...
MASSIMILIANO FEDRIGA....che sono state svendute dallo Stato italiano, affinché gli siano riconosciuti quei diritti, anche economici .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gigli. Ne ha facoltà.
GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente, grazie anche per aver accolto la nostra richiesta di questa commemorazione, oggi, in quest'Aula. L'eccidio e l'esodo di cui furono vittime i nostri fratelli istriani, fiumani e dalmati tra l'8 settembre del 1943 e il definitivo ritorno all'Italia di Trieste nel 1954. Non sono stati, purtroppo, il primo e non saranno, purtroppo, nemmeno l'ultimo episodio di pulizia etnica.
Ad esso contribuirono molte cause, ma, in modo particolare, il combinarsi del nazionalismo panslavo e della spinta ideologica comunista. Certo alcuni esecrabili comportamenti di parte italiana durante il ventennio fascista e la guerra mondiale favorirono il clima di odio, ma nulla, nulla può giustificare l'eccidio; nulla può giustificare la pulizia etnica. Per questo, respingiamo forme inaccettabili di giustificazionismo e, ancor peggio, di negazionismo, di cui, peraltro, abbiamo ascoltato qualche eco anche quest'oggi, in quest'Aula.
Così come nulla può giustificare la connivenza politica che con l'espansionismo jugoslavo coltivò il Partito comunista dell'epoca, almeno fino al consumarsi del divorzio tra Stalin e Tito, né, tanto meno, può essere giustificato il pubblico ludibrio di cui furono fatti oggetto gli esuli, accolti dagli insulti dei militanti al loro passaggio nelle stazioni italiane.
Per questo è importante il ricordo delle vittime degli esuli, a cominciare dalle tante persone italiane, ma anche slovene e croate uccise malgrado fossero antifascisti militanti, soltanto perché facevano ingombro al progetto di espansionismo nazionalcomunista di Tito.
Vogliamo mantenere viva la memoria, non certamente per seminare odio o coltivare respinte revanchistiche, ma perché simili tragedie non tornino più a verificarsi, soprattutto oggi che una «terza guerra mondiale frammentata», come l'ha definita Papa Francesco, è già in corso e lambisce anche i confini dell'Unione europea, oltre che il Vicino Oriente.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIAN LUIGI GIGLI. Come cristiani, siamo sempre per il perdono, ma esso certamente non comporta il nascondimento della verità. Il perdono, tuttavia, rasserena gli animi dà la forza di guardare in avanti per costruire insieme un futuro migliore. Sarà il nostro contributo perché l'Europa non generi più dal suo seno laceranti conflitti, ma la comunione basata sul diritto, sulla solidarietà, sul rispetto delle differenti tradizioni, come ha ricordato l'arcivescovo di Udine, solo due giorni fa, in occasione del settantesimo anniversario dell'eccidio di Porzûs, la pagina più buia della Resistenza che, come affermò Pierpaolo Pasolini, fratello di una delle giovani vittime, imbrattò la bandiera rossa con una rossa macchia di sangue per lo stesso disegno espansionistico sul confine orientale.
È sulla verità e sul perdono che potremo costruire la speranza del nostro futuro. All'Europa – è una memoria condivisa – affidiamo la definitiva trasformazione dell'Adriatico in un mare di pace e il consolidamento dei ponti già realizzati tra Italia, Slovenia e Croazia .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà.
MANLIO DI STEFANO. Grazie Presidente, il MoVimento 5 Stelle, chiaramente, oggi, si unisce al ricordo di queste migliaia e migliaia di vittime, troppo spesso – come hanno detto alcuni colleghi – dimenticate da un ragionamento politico che da troppi anni dimentica volontariamente parti coinvolte, purtroppo, in massacri enormi, come quelli delle foibe, per pura appartenenza politica.
Credo che questo sia l'errore più grande che si possa fare perché un Parlamento è l'organo eletto per rappresentare la totalità dei cittadini e delle loro vedute e, come si diceva prima, anche il fatto che sia stato scelto storicamente, per un periodo storico fortunatamente interrottosi, di cancellare dal ricordo questo evento tragico è qualcosa di drammatico. È drammatico, però, anche vedere come ogni commemorazione sia sempre legata alla visione politica dei partiti in quest'Aula.
Noi abbiamo provato tante volte a farlo – io personalmente l'ho fatto quando ho parlato, per esempio, della questione palestinese, ma in generale tanti l'abbiamo fatto – ma trovo veramente che si dovrebbe tornare a parlare di diritti, tornare a parlare di legalità, tornare a parlare di giustizia a prescindere dall'appartenenza politica. Perché, quando vedo una scenetta nella quale dei deputati attaccano perché si parla di anticomunismo e altri di antifascismo, ritengo che dobbiamo andare veramente oltre questo tipo di ragionamenti e ricordare le vittime di questa tragedia, come è giusto che vengano ricordate, come le vittime di tutti gli altri eccidi che il XX secolo ci ha consegnato. Ricordo a tutti che il XX secolo è ricordato ufficialmente come il secolo degli eccidi; ce ne sono stati tanti, ce ne sono tanti che hanno coinvolto, se parliamo d'Italia, anche, per esempio, l'Italia del meridione che nei primi del Novecento è stata sterminata e cancellata dai libri di scuola, come tutti noi sappiamo.
Allora, vorrei che queste commemorazioni venissero fatte, sì, ma venissero fatte con l'onestà intellettuale di dire che non ci sono morti di serie a e di serie b e non ci sono morti di appartenenza politica. Il MoVimento 5 Stelle ricorda oggi le vittime delle foibe, ma ricorda anche tutti gli eccidi del XX secolo .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Aris Prodani. Ne ha facoltà.
ARIS PRODANI. Grazie Presidente, il 1945 per tutta Italia viene riconosciuto come l'anno in cui si chiuse il secondo conflitto mondiale. Per le zone dell'Adriatico nord-orientale, invece, non rappresentò l'inizio di un periodo di serenità e di prosperità indirizzato alla ricostruzione, ma l'inizio di un periodo di una guerra non dichiarata e in tempo di pace che si tradusse in una morte brutale per migliaia di persone, l'abbandono della quasi totalità dei territori di insediamento storico e la condanna ad una vita di definitivo sradicamento per altre centinaia di migliaia.
Per chi abbia vissuto direttamente quella storia, per chi non abbia finto di ignorare, appaiono evidenti le violazione dei fondamentali diritti umani che quelle popolazioni, in una generale indifferenza, subirono. Ma in quegli anni, e per molti a venire, tacere ha fatto comodo, ha fatto comodo tacere sulle responsabilità che ciascuna delle diverse forze politiche, ognuna a proprio modo, ha avuto. Ha fatto comodo tacere come, in tempo di pace, si fosse consumata una pulizia etnica di violenza inaudita, come ha fatto comodo tacere sul fatto che le proprietà private, costruite nel corso di generazioni, servirono al pagamento dei danni di guerra dovuti alla Jugoslavia; un debito di un'intera nazione scaricato su 300 mila persone.
PRESIDENTE. Deve concludere.
ARIS PRODANI. Ci sono voluti 60 anni affinché le istituzioni, in forma pubblica ed ufficiale, riconoscessero la necessaria assunzione di responsabilità per aver negato la verità. Superare le categorizzazioni ideologiche, da destra a sinistra, della storia di quei in territori e di quella gente è oggi un atto dovuto, per poter, così, essere liberi da pregiudizi e da preconcetti e custodire la memoria come un bene prezioso e condiviso. Non si abbia timore o vergogna di guardarsi indietro e ne deriverà maggior forza e coraggio per guardare avanti.
PRESIDENTE. Bene, questo è l'ultimo intervento...
FABIO RAMPELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Non si era iscritto a parlare.
FABIO RAMPELLI. Mi sono iscritto quando sono entrato in Aula.
PRESIDENTE. A me non risulta, comunque, le do la parola, ma lei non è iscritto qui nella lista di chi ha chiesto la parola.
MARIANO RABINO. Anche Mazziotti Di Celso si era iscritto !
PRESIDENTE. Neanche Mazziotti Di Celso mi è stato comunicato. Ne prendo atto. Prego, onorevole Rampelli, ha facoltà di parlare.
FABIO RAMPELLI. Le chiedo scusa. Quando sono entrato mi sono segnalato, anche se non ho fatto richiesta formale per iscritto, comunque avevo ampiamente... anche perché ho chiesto in Aula ufficialmente poco fa che si potesse accedere a questa commemorazione.
Vorrei partire da qui, Presidente, e spero che i miei minuti scattino da ora. Vorrei partire da qui perché ritengo che la celebrazione da parte della Camera dei deputati, tempio della sovranità popolare, della giornata del ricordo del 10 febbraio avrebbe meritato un qualcosa di più e di diverso rispetto a questo scampolo, ritagliato all'ultimo secondo su pressione dei gruppi parlamentari tra cui quello di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, in un'Aula deserta. E forse lei, svincolandosi dalle pressioni della maggioranza, con una sospensione alle quattro del pomeriggio, dovrebbe comunque far accedere i deputati alla celebrazione solenne in Sala della Regina fatta dal Capo dello Stato.
Penso che, alla fine, con l'atteggiamento che si è tenuto anche oggi, diverso da quello di un anno fa (un anno fa non c’è stato proprio nulla, neanche una traccia della celebrazione del 10 febbraio), oggi abbiamo fatto un piccolo passo in avanti, ma è come se non avessimo ancora fatto i conti con questa pagina di storia triste del popolo italiano.
Abbiamo ascoltato anche interventi che, da questo punto di vista, non ci lasciano molti dubbi al riguardo. Ancora c’è una sorta di scontro ideologico, una lettura che è politico-partitica che impedisce di ricostruire, come noi desidereremmo e che per tanti anni e decenni abbiamo invocato, una memoria storica condivisa da parte del popolo italiano che potesse giudicare le tragedie al netto delle casacche che indossavano i protagonisti di quelle tragedie, anche perché gli infoibati, i martiri istriani, fiumani, dalmati, i partigiani comunisti titini, ma purtroppo talvolta, come la storia ha dimostrato, italiani (sono le fonti, è che lo dice, non lo dice Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale) non avevano casacche: erano puniti in quanto italiani per associazione di idee e sillogismi inaccettabili che comunque dovevano essere smentiti da quegli italiani che sono stati carnefici e assassini lì, in Jugoslavia.
Ritengo, Presidente, che, ancorché esista un pezzo di legislazione che ci indica la strada da perseguire celebrando il 10 febbraio, il nostro lavoro sia ancora molto lungo. Ritengo che due minuti per celebrare i martiri delle foibe, gli esuli istriano-dalmati siano davvero poca cosa.
Penso che sia indispensabile stimolare il dibattito per arrivare ad accertare la verità storica sui libri di testo laddove nelle scuole medie superiori sono obbligatori e ancora oggi si leggono delle assolute bestialità, e chi prova a contrastarle o a contestarle viene paradossalmente additato come un pericoloso censore del diritto di dire bugie, di asserire verità del tutto diverse rispetto alla realtà ...
PRESIDENTE. Concluda per favore.
FABIO RAMPELLI. ... che meriterebbero di essere rammentate. Concludo. Quindi, mi associo alla richiesta indirizzata al Governo di prendere provvedimenti che siano concreti in ordine alle istanze di risarcimento da parte di quelle popolazioni che sono state offese due volte: prima per essere state perseguitate e poi per essere state dimenticate lungo l'arco di settant'anni dai Governi che si sono succeduti alla guida del Paese.
PRESIDENTE. La ringrazio.
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, anche Scelta Civica vuole unirsi al ricordo della tragedia delle foibe e all'omaggio alle vittime, sia alle vittime della violenza che agli sfollati.
Quello delle foibe è un esempio di come l'indifferenza e la faziosità politica possa portare a situazioni che nulla hanno a che vedere con la guerra, con la lotta politica ma possono portare a violenze di natura semplicemente etnica e a stermini, a tragedie, a esodi che avrebbero potuto sicuramente essere evitati se solo si fosse in quel momento e successivamente voluto guardare con attenzione.
Ancora più grave è quello che è accaduto successivamente perché quello che nacque dalla violenza comunista di Tito è stato respinto per anni e ignorato per anni per ragioni esclusivamente politiche.
È un fatto che deve costituire un monito, insieme a tutte le altre tragedie, a tutte le altre pulizie etniche, guerre di religione, guerre di altra natura, che non avevano altra motivazione se non, per l'appunto, pregiudizi, odio razziale, religioso o etnico. Devono costituire un monito per tutti noi ad evitare l'indifferenza e la faziosità politica che, purtroppo, vediamo ancora oggi, perché tutti i focolai di guerra e di violenza, sia quelli molto lontani da noi che quelli vicini a noi, sono dei potenziali rischi per la democrazia, per la libertà e per dei principi che non sono discutibili.
Noi siamo troppo abituati a fare discussioni politiche, anche sulla politica internazionale, in questa Aula, si parla spesso di convenienze economiche del Paese di fronte a tragedie che hanno a che vedere con i diritti umani. Si parla di prese di posizione politiche, si sentono prese di posizione che ignorano i temi dei diritti umani.
Questo deve essere il monito di questa giornata, perché tutte le tragedie di questo tipo, tutte le violenze e le pulizie etniche, tutti i casi in cui la violenza si scatena con queste modalità barbariche, basate soltanto su una differenza di religione, di razza, di nazionalità o di posizione politica, tutte queste situazioni, anche se lontane da noi, sono un rischio per la nostra democrazia
PRESIDENTE. La ringrazio. Questo era l'ultimo intervento.
Sospendo, quindi, la seduta, che riprenderà alle ore 15.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Alfreider, Amici, Baretta, Bindi, Boccia, Boschi, Bratti, Brunetta, Caparini, Catania, Chiarelli, Cicchitto, De Girolamo, Dellai, Di Gioia, Epifani, Fedriga, Ferranti, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Guerra, Losacco, Lotti, Merlo, Molea, Pisicchio, Portas, Rampelli, Realacci, Rughetti, Scalfarotto, Speranza e Tabacci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente centotrè, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna.
FRANCESCO PAOLO SISTO, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO, . Presidente, intervengo per una richiesta alla Presidenza: il Comitato dei nove ha bisogno di tempo, fino alle 15,30, per poter definire alcune questioni delicate in ordine ad alcuni subemendamenti. Quindi, chiederei alla cortesia della Presidenza e dell'Aula di consentire questo approfondimento per 30 minuti, tanto per essere netto nella richiesta.
PRESIDENTE. Sta bene. Se non ci sono obiezioni alla richiesta avanzata dal presidente Sisto, sospendo la seduta per 30 minuti, fino alle 15,35.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Avverto che prima della seduta gli emendamenti Gasparini 32.501 e Melilli 32.700 sono stati ritirati dai presentatori.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato da ultimo respinto l'emendamento Matteo Bragantini 31.507.
Dobbiamo pertanto passare agli identici emendamenti Gallinella 31.509 e Russo 31.512 alle pagine 32 e 33 del fascicolo.
ARCANGELO SANNICANDRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.
ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, per pregarla semplicemente di ripetere con maggiore lentezza, perché non riesco a trovarli.
PRESIDENTE. Pagina 32 e pagina 33. Cominciamo dall'emendamento Gallinella 31.509 e Russo 31.512.
DANILO TONINELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà
DANILO TONINELLI. Grazie Presidente, per chiedere per suo tramite alla Presidente Boldrini di giungere in Aula a dare spiegazioni nel merito della scelta e per la scelta che ha portato lei, e solo lei, come è stato affermato poche ore fa dal presidente che la sostituiva Giachetti, nella scelta di non acconsentire positivamente alla richiesta di ampliamento dei tempi.
Io, Presidente, le rendo noto come fino ad ora il gruppo parlamentare del MoVimento 5 stelle ha tenuto una condotta sobria e soprattutto una condotta nel merito. Io penso anche che la richiesta fatta di convocare una Conferenza dei presidenti di gruppo che poi non è stata accettata sia un'ennesima violazione. Noi abbiamo assoluta necessità per voce della Presidente di capire la motivazione effettiva che ha portato lei a decidere di non concedere i tempi.
MATTEO BRAGANTINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, vorrei appoggiare la proposta del collega Toninelli, in quanto ricordo a tutti che stiamo affrontando le riforme costituzionali. Vedere che non possano più parlare quei gruppi che hanno già finito i tempi, vuol dire uno svilimento del Parlamento e uno svilimento delle riforme che si stanno facendo.
Come ho già ribadito stamattina, noi abbiamo presentato 70 emendamenti al provvedimento di merito. Se c’è la chiusura totale anche di forma sulla tempistica e sulla possibilità di discutere sugli emendamenti e sugli articoli, e ne mancano ancora 20, vorrà dire che dovremo semplicemente fare un ostruzionismo il più pesante possibile: ad oggi mi risulta che siamo già riusciti a presentare 2.100 subemendamenti, nei prossimi giorni ne presenteremo ulteriori, e utilizzeremo tutte le tecniche parlamentari per bloccare questa riforma.
E questo ci dispiace farlo, perché basterebbe semplicemente un po’ di buonsenso da parte della Presidente, che potrebbe tranquillamente almeno dare un terzo di tempi aggiuntivi ai gruppi che ne fanno richiesta e li hanno finiti, e per quanto riguarda la maggioranza di utilizzare un po’ meno l'arroganza dei numeri e ascoltare i pareri e la volontà dei colleghi. Sennò vuole semplicemente dire che dobbiamo fare un caos totale, e non penso che per le riforme sia un bel risultato. La Presidente venga in Aula a spiegare le sue motivazioni.
PRESIDENTE. Onorevole Bragantini, intanto voi forse non avete ancora potuto sentire i vostri rispettivi gruppi: come però loro sanno, invece la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata per le ore 19 di questa sera, e quindi c’è una convocazione della Conferenza dei presidenti di gruppo in cui ci si confronterà su come procedere.
La decisione di non concedere tempi aggiuntivi è una decisione della Presidente che però fu presa e discussa in una sede piuttosto chiara, che è la precedente Conferenza dei presidenti di gruppo.
Quindi ora io andrei avanti con gli interventi di merito, sapendo che c’è una Conferenza dei presidenti di gruppo convocata per le ore 19.
RICCARDO FRACCARO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Abbiamo appena concluso la discussione con i suoi colleghi, comunque ne ha facoltà, per un minuto.
RICCARDO FRACCARO. Grazie Presidente, io capisco che adesso abbiamo la possibilità di esprimere la nostra posizione in Conferenza dei presidenti di gruppo, resta il fatto che comunque ci stiamo apprestando in questo momento ad affrontare degli emendamenti importanti, io come tutti i miei colleghi abbiamo studiato questi emendamenti e abbiamo studiato anche il modo per condividere la nostra posizione all'Aula e abbiamo parametrato questa condivisione sugli interventi di cinque minuti, perché, Presidente, da quando io sono in quest'Aula, cioè dall'inizio della legislatura, è sempre stato concesso, soprattutto per rispetto delle opposizioni, l'ampliamento dei tempi. Ora, che lei ci dica che stasera ci sarà la capigruppo, ma intanto non vi riconosciamo i vostri diritti, Presidente, non credo che sia una cosa accettabile, quindi vi chiedo di valutare e di modificare temporaneamente la decisione della Presidente.
PRESIDENTE. Vi ricordo che intervenendo sull'ordine dei lavori, consumate il tempo a disposizione dei gruppi e quindi questo è bene che voi lo sappiate, perché poi non ci veniate a chiedere tempi ulteriori. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gallinella. Ne ha facoltà.
FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, questo emendamento comporta una piccola modifica all'articolo 117, lettera m), perché penso che sia necessario da oggi in poi, se passasse questo emendamento, con l'augurio soprattutto che i colleghi della Commissione agricoltura spero lo vogliano firmare anch'essi, dare la possibilità di avere un piano agricolo nazionale, alla fine, ovvero che decisioni e strategia di politica agricola passino per il Governo, per lo Stato, per il Parlamento, perché purtroppo abbiamo visto che ci hanno messo per quest'anno la bocca in tanti e alla fine non si è ottenuto, con la distribuzione dei fondi PAC, quello che il Parlamento e il Governo avrebbero voluto. Quindi io mi auguro che molti dei colleghi, soprattutto della Commissione agricoltura, intervengano su questo e firmino questo emendamento perché credo che per il futuro e per la strategia comune appunto di politica agricola, che è comunque sia un'economia importante per il Paese e per il made in Italy, si possa in qualche modo lavorare insieme.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Grazie Presidente, proverei a sollecitare una attenta e accorta riflessione su una delle storture che a più riprese il mondo agricolo ha registrato e più volte segnalato, mi riferisco cioè alla possibilità che le competenze circa l'attuazione delle norme dell'Unione europea di politica agro-alimentare e della pesca siano in capo allo Stato. Da più parti ed a più riprese si rileva come la principale causa di inefficienza nella spesa delle risorse europee sia proprio la moltiplicazione dei programmi e dei progetti, in Italia sono più o meno oltre cento. Più direttamente penso al «nanismo» regionale del nostro Paese al confronto con l'azione unitaria dei nostri agricoli. Penso alla Francia o alla stessa Germania che si presentano in Europa con un solo progetto, una sola iniziativa strategica, poi divisa su scala regionale ma una sola azione capace nei numeri e nelle quantità di fare massa critica e così di incidere davvero sul piano delle politiche agricole. E noi in Italia invece ventuno micro-piani, ventuno strategie, ventuno vorrei ma non posso, ventuno ambizioni velleitarie, ventuno politiche agricole, ventuno idee progetto, ventuno idee guida, ventuno sogni di gloria e ventuno sussulti di ego.
A parte la banale considerazione che eviteremmo in questo modo più facilmente il rischio dei disimpegni delle risorse europee, ma ribadisco ancora di più come potremmo finalmente cominciare ad assumere un'iniziativa a supporto dei nostri strategici agricoli, senza segmentarli in mille rivoli, talvolta confliggenti e troppo spesso assolutamente inconcludenti.
Si tratta di una domanda, la mia e la nostra, che va nel senso della praticità e dell'efficienza. Durante la scorsa legislatura provammo a sostenere le ragioni di un disegno di legge che rendeva unico perlomeno il piano economico, poi articolato nelle declinazioni di sviluppo regionali. Un timido e per quanto apprezzato tentativo, peraltro sottoscritto da tutti i capigruppo in Commissione agricoltura, ma poi abortito. Questa è la sede propria; non domani, oggi, ora ! Non rinviamo ad un prossimo appuntamento un'occasione importante e strategica per il nostro Paese. Mi rivolgo a tutti i colleghi ma, in modo particolare, ai colleghi di cui apprezzo il diuturno lavoro in favore della nostra agricoltura e che, pure so, apprezzano questa opportunità che non stravolge alcunché, anzi adegua con pragmatismo la nostra Carta costituzionale alle mutate esigenze, ai nuovi assetti istituzionali ed al nuovo sentire.
Perché domani, chiedo ai colleghi ? Se condividete il merito che tutela i nostri agricoltori ed i nostri pescatori, se le aziende agricole ci chiedono questo, se il mercato ci sollecita in questo senso, se vogliamo provare a considerare la filiera agroalimentare italiana non solo come un'occasione economica ma anche come un modello di sviluppo etico ed innovativo, allora proviamoci. e votiamo questo emendamento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Gagnarli. Ne ha facoltà.
CHIARA GAGNARLI. Grazie, Presidente. Come componente della Commissione agricoltura non posso che sostenere questo emendamento, presentato dal collega Gallinella, in merito all'articolo 117. Come detto e spiegato bene dal collega Russo, l'agroalimentare italiano e l'agricoltura dovrebbero essere un impegno centrale per questo Parlamento e per il Governo, mentre finora sono stati relegati a decisioni regionali spesso in contrasto tra loro, senza vedere un obiettivo unitario.
Più volte in Commissione ci siamo ritrovati a trattare questioni legate alla sovrapposizione tra competenze statali e competenze regionali. In particolare, pensavo a quando si parla dei controlli dove spesso c’è una sovrapposizione che non si riesce a dividerli tra i vari e diversi organi di controllo e questo comporta solo confusione e malagestione.
Per questo chiediamo a tutti i componenti della...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Gagnarli.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Massimiliano Bernini. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO BERNINI. Grazie, Presidente. Intervengo a sostegno dell'emendamento proposto dal mio collega Filippo Gallinella. Quando parliamo di agricoltura parliamo anche di alimentazione, quindi parliamo di tematiche che riguardano scelte epocali che sono chiamate a fare oggi le nazioni. Quindi, serve una pianificazione che sia più che mai stabilita a livello nazionale, una pianificazione che risponda quindi al meglio alle esigenze in termini di fabbisogno alimentare. Serve una pianificazione che, in qualche modo, resista alla concorrenza nei confronti dei Paesi stranieri extraeuropei, una concorrenza molto spesso sleale, e questo emendamento tende anche a tutelare gli aspetti igienico-sanitari dei prodotti agroalimentari.
Quindi, ritengo che l'emendamento sia di assoluto buonsenso e che vada nella direzione di una resistenza ad una visione globale e globalizzante. Quindi, votate questo emendamento.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Massimiliano Bernini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole L'Abbate. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE L'ABBATE. Grazie Presidente, quanti provvedimenti utili per il settore primario, per l'agricoltura, sono fermi nella Conferenza Stato-regioni per via del braccio di ferro che c’è tra i vari «governatori» e assessori regionali ! Quanti di quei provvedimenti sono utili e servono per avere un piano nazionale ! Un esempio su tutti è il piano sull'olio alta qualità extravergine di oliva, fermo in Conferenza Stato-regioni dal 2012. Oggi l'Italia non ha un piano olivicolo e questo ci vede perdere sempre più terreno nei confronti di Paesi concorrenti come la Spagna, e tra un po’ anche il Marocco ci supererà come produzione. Quindi, questo emendamento è un emendamento che dovrebbe essere sostenuto da tutti i colleghi della Commissione agricoltura e di quest'Aula, da tutti i colleghi che vogliono realmente avere una pianificazione del nostro settore primario, vanto del nostro .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Parentela. Ne ha facoltà.
PAOLO PARENTELA. Grazie Presidente, anche io vorrei intervenire per appoggiare le nostre ragioni, che ci hanno portato a presentare questo emendamento, da me anche cofirmato. Reputo fondamentale inserire questo in Costituzione anche per il nostro Paese, che ha una grandissima vocazione agricola rispetto a tutti gli altri Stati. Comunque, l'Italia vanta una grande vocazione agricola, soprattutto per quanto riguarda i nostri prodotti certificati, e già da lì possiamo evincere che il nostro Paese è un grandissimo Paese, che potrebbe puntare sul settore primario, che, purtroppo, ancora a tutt'oggi, nonostante ci sia un lieve sussulto di crescita in questo settore, comunque non riesce a decollare. Secondo il nostro parere, con questo emendamento potremmo far decollare questo settore primario e dargli la giusta importanza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Benedetti. Ne ha facoltà.
SILVIA BENEDETTI. Grazie Presidente, l'emendamento in questione è importante non solo per rendere più facili le cose magari agli organi di controllo, che spesso si trovano anch'essi rimbalzati nelle varie interpretazioni tra regione e Stato per una data normativa, ma renderebbe le cose più facili per i professionisti del settore, coloro che fanno gli OSA, ad esempio. Già è difficile restare aggiornati sulle normative in materia di sicurezza alimentare, in materia di pesca, e spesso la difficoltà è applicare queste normative da parte delle stesse aziende che di queste attività vivono, che, quindi, si trovano a dover dividere il tempo tra l'attività produttiva ed eventualmente lo studio e la ricerca della giusta interpretazione delle norma. Pertanto, più le norme sono univoche, meglio è; più la cosa verrà data in gestione allo Stato, meglio sarà.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Gallinella 31.509 e Russo 31.512, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza del gruppo Lega Nord e Autonomie, e con il parere favorevole dei relatori di minoranza dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà.
Dichiaro aperta la votazione.
MATTEO BRAGANTINI, Presidente, ho espresso parere contrario.
PRESIDENTE. È contrario, l'ho detto. Onorevole Bragantini, l'ho detto, non le sembrerà, ma l'ho detto; è a verbale.
DANILO TONINELLI. Presidente, utilizzo questo inutile minuto a mia disposizione per affermare come il nuovo articolo 117, che stiamo trattando, proposto dal Governo, rappresenta, probabilmente, il pezzo, il passaggio più disastroso di tutti i circa 40 articoli di riforma del Governo medesimo.
Poche settimane fa il presidente dell'Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, intervenendo al «Anticorruzione e trasparenza», affermò che una delle norme più criminogene è stata la riforma del Titolo V. Parlo della riforma che fece il centrosinistra nel 2001, con l'aumento enorme dei centri di spesa e con l'aumento enorme delle spese da parte degli enti locali. Termino per poi prendere un altro minuto, parlando a singhiozzo, Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fraccaro. Ne ha facoltà.
RICCARDO FRACCARO. Grazie, Presidente. Il punto, toccato anche dal mio collega Toninelli, è che noi abbiamo assistito ad una rivoluzione nel rapporto tra Stato e regioni, compiuta con l'ultima riforma costituzionale, che ha creato un sacco di problemi, gravi problemi, è vero, perché poi, alla fine di questa modifica dell'articolo 117, vi sono stati continui ricorsi alla Corte costituzionale da parte delle regioni, che rallentavano i tempi di applicazione della normativa regionale e nazionale.
Effettivamente, questo è avvenuto, ma dopo un decennio la Corte costituzionale è riuscita ad armonizzare le diverse posizioni tra competenze locali degli enti locali e competenze nazionali. Nel momento in cui le cose iniziavano a normalizzarsi, ecco che arriva la tagliola di questo Governo e scompiglia, ancora una volta, le carte, affondando nel caos il rapporto fra Stato e regioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Silvia Giordano. Ne ha facoltà.
SILVIA GIORDANO. Grazie, Presidente. Noi, con questo emendamento, cerchiamo di allargare un po’ di più le competenze statali, perché, dopo la riforma del Titolo V, che ha portato a conseguenze veramente ammirevoli – complimenti per il lavoro fatto: mi raccomando, ovviamente era ironico –, si è creata tanta confusione tra la competenza regionale e la competenza statale, soprattutto per quanto riguarda la materia della tutela della salute e dei trattamenti sanitari.
E soprattutto per quanto riguarda i trattamenti sanitari, materia che noi volevamo andare ad aggiungere con questo emendamento, si ha una confusione unica, che ridicolizza veramente la condizione, arrivati a un certo punto, del malato, dando veramente uno schiaffo alla dignità del malato. Infatti, vi sono determinati trattamenti che non si capisce perché in determinate regioni funzionino e in altre regioni no – mi ricordo ancora adesso proprio una discussione fatta con il Ministro Madia sull'ossigeno, perché in alcune regioni, non so perché, non è previsto, non è ben regolamentato – e qui stiamo chiedendo, appunto, di cercare di attribuire tale materia alla competenza statale .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantero. Ne ha facoltà.
MATTEO MANTERO. Grazie, Presidente. Alla lettera di questo articolo, con questo emendamento, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su quali siano le competenze regionali e statali in merito alla sanità. Il problema principale del nostro Servizio sanitario è che noi, in realtà, non abbiamo un Servizio sanitario nazionale, ma 21 servizi sanitari regionali diversi uno dall'altro.
In ogni regione ci sono i livelli essenziali di assistenza e vengono recepiti in maniera diversa. In ogni regione ci sono medicinali che sono passati. È recente il caso del farmaco per l'epatite C, che in alcune regioni viene somministrato a carico del Servizio sanitario nazionale. In altre regioni, invece, i malati gravi che rischiano la vita devono pagarselo di tasca loro e si parla di 8 mila euro a confezione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Presidente, vorrei intervenire una volta su tutte queste proposte emendative che portano a sollevare un problema, ovvero che ci sono 21 sistemi sanitari differenti, che l'agricoltura ha 21 sistemi differenti e via dicendo per tantissime altre materie.
Il problema non è che vi sono 21 sistemi differenti, perché semplicemente il federalismo prevede che ogni regione si faccia le sue leggi nelle materie di sua competenza. Il problema dei livelli essenziali, ad esempio per la sanità, che doveva definire il Governo centrale, è che non sono stati fatti. Per quanto riguarda i costi il problema è che semplicemente non sono stati eliminati i duplicati, che c'erano a livello centrale. Per quello non è funzionata tutta l'impostazione che doveva portare ad un vero federalismo.
Dunque non è che il federalismo ha comportato dei costi maggiori. Si è intrapreso il federalismo all'italiana: si sono date le competenze alle regioni, ma lo Stato continuava lo stesso a legiferare e ad avere le strutture per quelle funzioni. Dunque c’è stato semplicemente un aumento dei costi ed un aumento dei centri di spesa.
Noi, invece, siamo per un sistema totalmente federalista, dove ogni regione, sul maggior numero di materie, deve avere la possibilità di essere autonoma, di legiferare e di avere le risorse proprie che provengono da una quota parte prevista dal livello statale o concordato con le regioni dei tributi, come IRPEF, IVA e via dicendo. I governanti che sono più bravi daranno dei servizi migliori e dunque avranno i voti. In più abbiamo sempre previsto, quando abbiamo fatto queste riforme, una scatola di compensazione per quelle regioni e quei territori con una capacità impositiva più bassa e che avrebbero avuto un aiuto temporaneo, dunque scaglionato in 5-10-15-20 anni, per arrivare anche loro a dei livelli ottimi di imposizione fiscale di servizi.
Questo è il percorso del federalismo. Tutto il resto invece è semplicemente riportare allo Stato centrale e fare un sistema centralista, che a noi non piace e che si è dimostrato, nei sessant'anni di questa Repubblica, un sistema che è stato molto iniquo e un sistema che ha creato un debito pubblico spaventoso
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE BRESCIA. Presidente, vorrei ricollegarmi all'intervento del mio collega Mantero riguardo la questione dei 21 sistemi sanitari regionali, che abbiamo diversi per ogni regione nel nostro Paese.
Voglio portare un esempio pratico. Se una donna incinta con una gravidanza a rischio non può recarsi al lavoro, deve sbrigare tutte le pratiche burocratiche, come recarsi all'ASL, recarsi dal medico legale e fare tutto quello che è necessario fare per attestare la sua gravidanza a rischio. Se poniamo il caso – magari sarà un caso raro, ma ce ne sono in Italia di questi casi – cambia residenza e si sposta da Napoli a Roma, questa persona farebbe prima a tornare al lavoro, mettendo a rischio la propria gravidanza, che a sbrigare tutte le pratiche burocratiche, che dovrebbe sbrigare per fare tutti i passaggi necessari e non perdere i contributi INPS. Questo è un caso magari estremo, ma è emblematico di quanto complicata sia la questione relativa ai sistemi sanitari regionali in tutta Italia
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cozzolino. Ne ha facoltà.
EMANUELE COZZOLINO. Signor Presidente, colgo l'occasione per intervenire sull'articolo 31, che riguarda le competenze dello Stato e delle regioni, esclusive dello Stato ed esclusive delle regioni.
Quello che abbiamo sollevato fin dall'inizio di questa riforma è che non si capisce, o almeno non è così chiaro ed evidente, qual è la linea di questa riforma, se volete uno Stato centrale o uno Stato federale, perché da una parte si fa un Senato federale, rappresentante delle regioni, e dall'altra si portano tante competenze allo Stato, togliendo potere alle regioni. Io chiederei che quanto meno il Governo ci spieghi e che, visto che al Senato avete finito la legge elettorale, il Ministro delle riforme, che aveva detto che sarebbe stata presente per tutta la discussione della riforma, adesso possa venire tranquillamente in Aula a spiegarci, considerato che in Commissione non c’è stato verso di ottenere questa spiegazione per potere, magari, discutere nel merito della riforma.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Incà. Ne ha facoltà.
FEDERICO D'INCÀ. Grazie Presidente, volevo aggiungere anch'io la mia opinione sul tema, in quanto è chiaro che le regioni hanno ventuno sistemi sanitari diversi, e questo è sicuramente un momento di grave difficoltà nelle gestione futura della sanità pubblica. È chiaro che, come ha detto il mio collega Cozzolino, c’è la forte volontà di concentramento nelle mani di un forte centralismo statale, che in questo momento è voluto da parte del Governo, a differenza di quanto si possa dire sulla gestione di un Senato federale, delle competenze anche in materie strettamente regionali.
Su tutto questo va evidenziato il problema della sanità. La questione della sanità, che noi vorremmo evidenziare in questo preciso emendamento, pone l'importanza di decidere quale sistema sanitario è migliore all'interno dei ventuno sistemi sanitari nazionali. Per questo chiediamo una profonda riflessione, anche nella verifica della nella nostra proposta all'interno dell'emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cominardi. Ne ha facoltà.
CLAUDIO COMINARDI. Grazie Presidente, credo che sia necessario chiarire il fatto che non è che vogliamo in assoluto uno Stato centralista, o cose di questo genere, però è chiaro che c’è ad oggi una disomogeneità tra le regioni. Quello che diceva poc'anzi il collega Mantero è proprio vero, non è possibile che certi farmaci vengano utilizzati in determinate regioni e in altre regioni no, per non parlare poi di tutta la questione dei direttori generali delle ASL e non solo. Forse bisognerebbe fare ancora un ragionamento rispetto alle nomine che vengono fatte, che sono nomine politiche, è sarebbe bello fare un concorso pubblico per far entrare queste persone, per far sì che ci sia più qualità e meno interessi .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frusone. Ne ha facoltà.
LUCA FRUSONE. Grazie Presidente, questo emendamento dovrebbe aprire anche una riflessione di più ampie vedute, perché stiamo parlando naturalmente dell'articolo 117 che è stato un disastro per questo Paese con la famosa riforma costituzionale del Titolo V, ma si parla soprattutto di sanità e noi stiamo vedendo come molte regioni d'Italia – si parla di federalismo e si parla di sistemi sanitari diversi – stanno venendo meno a quello che sancisce la Costituzione in merito al diritto della salute. Questa è una cosa incredibile per un Paese che si definisce moderno, che si definisce democratico. Io vengo da una regione, il Lazio, commissariata ormai da sempre, dove non si può nemmeno mettere una pietra per via del commissariamento, ma naturalmente si può chiudere, si può tagliare tutto per avere una uscita dal commissariamento. Quindi, noi alla fine ci troveremo magari con i conti a posto, ma saremo morti per questa assenza di diritto alla salute.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Prataviera. Ne ha facoltà.
EMANUELE PRATAVIERA. Grazie Presidente, noi, invece, ragioniamo in maniera molto diversa: un conto è parametrare i fabbisogni, parametrare quelle che sono le cure essenziali, i livelli minimi, o meglio gli standard qualitativi accettabili per un Paese moderno che deve andare verso un miglioramento della prestazione sanitaria, altro invece è andare a dire «centralizziamo e facciamo in modo che sia Roma a decidere come e dove allocare e quali investimenti fare», conoscendo perfettamente i modelli diversi, gli ospedali e le strutture sanitarie, che già anche in una regione sono diverse tra un'area piuttosto che un'altra, figuriamoci se dovessimo parametrare livelli eccellenti come quelli che abbiamo in Veneto, con modelli catastrofici come quelli che abbiamo in Calabria. È chiaro che se c’è un euro da parte dello Stato centrale, quell'euro andrà ad essere investita in Calabria e non in Veneto, con il risultato che non avremo una sanità eccellente né in Calabria e in Veneto resterà ferma. A chi faremo un aiuto con questo sistema ?
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Prataviera.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà per un minuto.
DAVIDE CAPARINI. Grazie Presidente. Perdoni la tardiva segnalazione. In merito a questo come ad altri emendamenti che i colleghi del MoVimento 5 Stelle propongono con una sorta di neocentralismo, oserei dire coloniale, visto che si va in senso diametralmente opposto e anche forzoso rispetto alle istanze autonomiste del territorio e delle genti del Paese, è evidente che laddove ci sono diversi sistemi in competizione – questa è l'essenza stessa del federalismo, è il motivo primo per cui il federalismo negli Stati moderni funziona –, laddove c’è la concorrenza tra sistemi c’è anche la qualità, c’è la rincorsa al modello che è più funzionale alle esigenze dei cittadini, quindi il modello che meglio risponde a quelle che sono le aspettative....
PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nesci. Ne ha facoltà.
DALILA NESCI. Aspettiamo che arrivi Salvini in Calabria per spiegargli come funziona la sanità. E c’è da dire anche a questo Parlamento che la Calabria aspetta da mesi la nomina del commissario per il rientro dal debito sanitario. Quindi, questo Governo si decida a nominare questa figura essenziale e necessaria, perché la gente negli ospedali della Calabria continua a morire per disservizi che continuano a persistere. Addirittura, proprio recentemente, abbiamo avuto la morte di un'anziana signora che vagava nell'ospedale di Crotone e nessuno si era accorto della sua presenza. Quindi, siamo in condizioni veramente tragiche. Invito soprattutto i colleghi del PD ad impegnarsi affinché questa nomina arrivi al più presto, perché la sanità in Calabria è allo sbando .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Presidente, senza voler entrare nelle polemiche, credo che le parole della collega siano la conferma che il sistema sanitario calabrese non funziona e anche la collega ne ha dato dimostrazione, tant’è che in Calabria la trasmissione dei bilanci avviene tramite una tradizione orale e non scritta, come, invece, dovrebbe essere in qualunque altro sistema di efficienza e di funzionalità. Non è ovviamente interesse nostro polemizzare con i colleghi, è, invece, nostro interesse ribadire sull'articolo 117 – che rappresenta sicuramente uno degli aspetti qualificanti dell'allora riforma costituzionale nella determinazione e nella differenziazione delle competenze tra Stato e regioni – come, laddove vi fu un'intuizione, che era quella di lasciare alle autonomie locali le giuste competenze, questa riforma – e ci dispiace che non sia presente il Ministro Boschi – va esattamente nella direzione opposta.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Toninelli 31.74, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza della Lega Nord e con il parere favorevole dei relatori di minoranza del MoVimento 5 Stelle e di SEL.
Dichiaro aperta la votazione.
EMANUELE FIANO, . Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sul subemendamento Brunetta 0.31.900.10, a cui credo siano state poi aggiunte le firme di numerosi colleghi, mentre esprime parere contrario su tutti gli altri subemendamenti.
PRESIDENTE. Relatore di minoranza Matteo Bragantini ?
MATTEO BRAGANTINI, . Signor Presidente, esprimo parere favorevole sui subemendamenti Matteo Bragantini 0.31.900.1 e Brunetta 0.31.900.10, mentre esprimo parere contrario sui subemendamenti Brunetta 0.31.900.2, 0.31.900.3, 0.31.900.4. Esprimo parere favorevole sul subemendamento Brunetta 0.31.900.5, mentre esprimo parere contrario sul subemendamento Brunetta 0.31.900.6.
PRESIDENTE. Scusi, non ha detto il parere sul subemendamento Brunetta 0.31.900.6.
MATTEO BRAGANTINI, . Contrario.
PRESIDENTE. Se l’è tenuto per lei, però va bene.
MATTEO BRAGANTINI, . Vado troppo veloce, mi scuso.
PRESIDENTE. No, guardi, se ci legge anche solo l'ultima cifra va bene.
MATTEO BRAGANTINI, . No, bisogna essere precisi.
PRESIDENTE. No, no, ma capiamo.
MATTEO BRAGANTINI, . Esprimo parere contrario sui subemendamenti Brunetta 0.31.900.7, 0.31.900.8, 0.31.900.9, 0.31.900.11, 0.31.900.12, 0.31.900.13, 0.31.900.14 e 0.31.900.15, mentre esprimo parere favorevole sul subemendamento Brunetta 0.31.900.16. Esprimo parere contrario sui subemendamenti Brunetta 0.31.900.17 e 0.31.900.18, mentre esprimo parere favorevole sul subemendamento Brunetta 0.31.900.19. Esprimo parere contrario sui subemendamenti Brunetta 0.31.900.20 e 0.31.900.21, mentre esprimo parere favorevole sul subemendamento Brunetta 0.31.900.22. Esprimo parere contrario sui subemendamenti Brunetta 0.31.900.23 e 0.31.900.24, mentre esprimo parere favorevole sul subemendamento Brunetta 0.31.900.25. Esprimo parere contrario sui subemendamenti Brunetta 0.31.900.26, 0.31.900.27, 0.31.900.28 e 0.31.900.29.
Esprimo parere contrario sui subemendamenti Brunetta 0.31.900.30, 0.31.900.31, 0.31.900.32, 0.31.900.33, 0.31.900.34, 0.31.900.35, 0.31.900.36, 0.31.900.37.
Esprimo parere favorevole sul subemendamento Brunetta 0.31.900.38.
Esprimo parere contrario sui subemendamenti Brunetta 0.31.900.39, 0.31.900.40.
Esprimo parere favorevole sul subemendamento Brunetta 0.31.900.41.
Esprimo parere contrario sui subemendamenti Brunetta 0.31.900.42, 0.31.900.43, 0.31.900.44, 0.31.900.45, 0.31.900.46, 0.31.900.47, 0.31.900.48, 0.31.900.49, 0.31.900.50, 0.31.900.51, 0.31.900.52, 0.31.900.53, 0.31.900.54, 0.31.900.55, 0.31.900.56, 0.31.900.57, 0.31.900.58, 0.31.900.59, 0.31.900.60, 0.31.900.61, 0.31.900.62, 0.31.900.63, 0.31.900.64, 0.31.900.65, 0.31.900.66, 0.31.900.67, 0.31.900.68, 0.31.900.69.
Esprimo infine parere contrario sull'emendamento della Commissione.
PRESIDENTE. Bene. Non ci sono gli altri relatori di minoranza, quindi si intende che vi abbiano rinunciato. Il Governo ?
IVAN SCALFAROTTO, . Signora Presidente, i pareri del Governo sono conformi a quelli espressi dal relatore Fiano.
IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signora Presidente, sono le 16,30. In questo momento sta per iniziare, nella sala della Regina, la celebrazione della giornata del ricordo alla presenza del Presidente della Repubblica. Le do atto che abbiamo fatto una veloce celebrazione in quest'Aula, me la sarei aspettata, come in occasione di altre date altrettanto importanti, un po’ diversa, tuttavia ringrazio la Presidenza per aver avuto questa sensibilità, ma le chiedo – e le assicuro che non si tratta di una richiesta ostruzionistica – di offrire la possibilità ai parlamentari che lo desiderano di poter partecipare a questa celebrazione che è figlia di una legge voluta da questo Parlamento.
Le chiedo, pertanto, di decidere, come è in suo potere, una interruzione dei lavori per consentire che la giornata del ricordo, quella che ricorda gli italiani infoibati al termine della guerra, con questa celebrazione alla presenza del Capo dello Stato, possa avere la degna cornice dei parlamentari che desiderino parteciparvi.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole La Russa, mi rammarico, ma non possiamo, non credo di poter accogliere la sua richiesta. Stamattina, come lei ha giustamente ricordato, la Presidenza ha ritenuto doveroso un momento di ricordo nell'Aula di questa giornata dedicata alle vittime delle foibe, c’è un'iniziativa che non sarà breve, perché prevede la premiazione degli studenti che hanno fatto dei lavori su questa materia, quindi, la manifestazione sarà abbastanza lunga. Quindi, credo che sia nostro dovere, proprio perché ospitiamo un appuntamento così importante, proseguire con il lavoro che la Conferenza dei presidenti di gruppo e il nostro calendario prevedevano. Tutti i gruppi, peraltro, erano informati che questa iniziativa si sarebbe svolta oggi.
ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signora Presidente, intervengo per associarmi a quanto, poco fa, il collega La Russa ha sostenuto. È vero che c’è stato un momento di commemorazione in Aula, ma è pur vero che questa richiesta era stata fatta nella mattinata. Mi sembra che la presenza autorevolissima del Capo dello Stato sia significativa e che possa esserci una sospensione, anche a tempo. Però, mi sembra una cosa doverosa e necessaria.
PRESIDENTE. Onorevole Palese, ho già risposto all'onorevole La Russa.
CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Sullo stesso argomento ? Ne ha facoltà.
CARLO SIBILIA. Signora Presidente, se lei ha già deciso la risposta, mi risparmierei...
PRESIDENTE. Io ho già dato una risposta, onorevole Sibilia.
CARLO SIBILIA. Allora, mettiamo agli atti l'ennesimo pensiero del MoVimento 5 Stelle inascoltato dalla maggioranza, a questo punto devo definirlo così. Come i nostri colleghi noi vogliamo semplicemente stigmatizzare questo fatto. Al di là dell'evento in sé, pensiamo che, come è successo in occasione di alcuni momenti importanti, commemorazioni importanti, come ad esempio il giorno della memoria, il Parlamento si è fermato, ha avuto il suo momento di . In questo momento il nostro Paese sta dando rilevanza a una questione che è sacrosanta, per l'amor di Dio, c’è anche il Presidente Mattarella che è arrivato alle 16,18 a Montecitorio per assistere e partecipare alla commemorazione per le foibe. Noi crediamo che sia doveroso, anche in questo caso, dare la possibilità a tutti i parlamentari, a chi ne voglia far parte, di partecipare a questo evento. Crediamo che non esistano stragi di serie A e stragi di serie B, olocausti di serie A o olocausto di serie B, ma che tutti debbano avere sicuramente lo stesso trattamento. Quindi, ci appelliamo alla sensibilità della Presidenza per una sospensione.
ANNALISA PANNARALE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANNALISA PANNARALE. Signora Presidente, in effetti lei ha già dato la sua risposta, però noi non possiamo non associarci a questa richiesta e soprattutto non sottolineare la singolarità del momento.
Infatti, è veramente singolare che, in questi minuti, vi sia un'iniziativa importante alla presenza del Capo dello Stato e che, in maniera assolutamente separata, parlamentari della Repubblica siano invece costretti a stare in quest'aula per rispettare – non su un decreto ma su riforme costituzionali – un ritmo che è assolutamente incomprensibile e insopportabile.
MAURIZIO BIANCONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Bianconi, ha già parlato l'onorevole Palese.
MAURIZIO BIANCONI. Una cosa che penso io non posso dirla ?
PRESIDENTE. La può dire sull'ordine dei lavori, perché sulla stessa questione abbiamo fatto parlare un deputato per gruppo, onorevole Bianconi, andrei avanti... mi dispiace di non poter accogliere la sua...
MAURIZIO BIANCONI. Presidente...
PRESIDENTE. Onorevole Bianconi, prego, tanto lei, se non parla, parla lo stesso anche senza microfono.
MAURIZIO BIANCONI. Siamo qui a fare un senza significato, l'hanno già detto, ma l'Ufficio di Presidenza non avverte un moto di vergogna nello stare prono a questa richiesta di non consentendo al Parlamento della Repubblica di partecipare ad una manifestazione a cui, non fosse altro, per la prima volta, partecipa il Presidente della Repubblica ? Un moto di idee, di essere dipendenti da una maggioranza che si fa i cavoli suoi e che si dà i tempi non è venuto all'Ufficio di Presidenza ? Ecco quello che volevo dire .
PRESIDENTE. Onorevole Bianconi, a maggior ragione perché lei la pone con questo tono accalorato, mi rammarico di non poter accogliere la richiesta di alcuni...
PIERO LONGO. La accolga e basta !
PRESIDENTE. Se mi fate parlare, è mia responsabilità. Non posso accogliere questa vostra sollecitazione per molte ragioni, non ultima il fatto che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha deciso, al termine di una discussione che i presidenti di gruppo sanno essere stata complessa, un calendario. Preso atto delle richieste dei diversi gruppi, delle richieste della maggioranza e delle richieste dell'opposizione, abbiamo deciso un calendario al termine di una discussione complessa e, quando abbiamo deciso il calendario, era stato già preventivato e previsto che vi fosse questo evento. Peraltro, ricordo a noi stessi, così sdrammatizziamo, che questo evento non si tiene per la prima volta perché, come giustamente è stato ricordato dall'onorevole La Russa, questa legge esiste da diversi anni. Ci sono state altre celebrazioni della Giornata del ricordo e in nessuna occasione quegli eventi, sia quando si sono tenuti al Senato sia quando si sono tenuti al Quirinale, hanno dato luogo all'interruzione dei lavori del Parlamento e quindi io credo che ci siano tutte le ragioni per poter andare avanti.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Matteo Bragantini 0.31.900.1, con il parere contrario della Commissione e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza della Lega Nord Autonomie.
Dichiaro aperta la votazione.
MATTEO BRAGANTINI, Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI, . Signor Presidente, esprimo parere contrario su questo subemendamento.
PRESIDENTE. Ecco, ha cambiato il parere.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Brunetta 0.31.900.25, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza del gruppo Lega Nord e Autonomie.
Dichiaro aperta la votazione.
FEDERICO GELLI. Signora Presidente, intervengo perché, alla fine di queste votazioni, ritengo importante sottolineare quanto stiamo approvando e di cosa stiamo parlando. Stiamo parlando di un elemento fondamentale del nuovo assetto del rapporto tra Stato e regioni e cioè dell'assetto che la materia fondamentale della salute, nella sua accezione più ampia, verrà, in qualche modo, gestita e affrontata con un profilo e una competenza diversa rispetto al passato.
Noi siamo reduci da un percorso pluridecennale delle modifiche del Titolo V che ha prodotto sicuramente molti elementi vantaggiosi per il nostro sistema, ma, come dicevano alcuni colleghi prima di me, ha creato anche situazioni di disparità nel nostro territorio e nel nostro Paese. Su questo noi vogliamo, con chiarezza, ribadire alcuni elementi, alcuni cardini fondamentali. Innanzitutto, vogliamo specificare che quando parliamo di salute non parliamo solo in termini sanitari del problema, vogliamo affrontare il tema salute nella sua concezione più ampia. Ecco perché affrontiamo il tema, ad esempio, della sicurezza alimentare, parliamo delle politiche sociali, parliamo dell'integrazione tra la sanità e le politiche sociali. È su questi principi fondamentali che noi vorremmo che l'Italia, in qualche modo il nostro Paese fosse unito da principi comuni e diffusi in tutto il territorio.
Ecco perché, in questa nuova riforma che stiamo approvando, andiamo a definire quelle che sono le disposizioni generali e comuni all'interno del nostro Paese che vanno a disciplinare non solo la materia salute ma anche le politiche sociali e la sicurezza alimentare. In analogia a quanto avveniva nel passato solo per le politiche della salute, oggi, abbiamo la possibilità, finalmente, di parlare di quell'integrazione socio-sanitaria, di quelle politiche di integrazione socio-sanitaria che hanno visto nel nostro Paese, purtroppo, fenomeni distorsivi e, a volte, anche molto negativi in alcune regioni del nostro Paese. Questo è un salto culturale importante, perché ci dà la possibilità di affrontare un processo di rinnovamento, di cambiamento nel nostro assetto istituzionale che respinge una richiesta, un richiamo di un neocentralismo che, in qualche modo, viene evidenziato dal MoVimento 5 Stelle, come se il neocentralismo potesse risolvere tutti i mali del nostro Paese, compresi anche i disservizi del nostro sistema sanitario, del nostro territorio e delle nostre regioni.
Così come respingiamo, ovviamente, quel federalismo esacerbato ed esacerbante, spinto al limite, anche, dell'indipendentismo di alcune regioni, secondo il quale è meglio salvare i problemi in casa nostra, lasciando le altre regioni in difficoltà ad affrontare i loro problemi.
Ecco, noi vorremmo trovare, invece, una terza via e cioè quella che guarda in maniera matura, in maniera evoluta a un nuovo assetto dello Stato dove, appunto, lo Stato ha le competenze per definire i principi fondamentali, i livelli essenziali di assistenza, i livelli essenziali di assistenza sociale che mai sono stati definiti nel nostro Paese, ma che sono un pezzo e un cardine fondamentale di quel diritto alla salute che prima vi dicevo. Ovviamente, a questi si associa, molto importante, anche il tema della sicurezza alimentare che non può essere rimandato solo ad una competenza statale, ma deve essere ugualmente, come è stato fatto nel passato, gestito con le competenze presenti nei nostri territori e nelle nostre regioni, attraverso i servizi ed i dipartimenti di prevenzione, perché le politiche di prevenzione, nel nostro Paese, ci hanno permesso di fare un salto di qualità. Se oggi quello del nostro Paese è considerato tra i migliori sistemi sanitari al mondo è perché noi abbiamo investito in prevenzione e perché la prevenzione e le culture di prevenzione del nostro Paese ci hanno permesso di far dialogare in maniera trasversale tutte le politiche che portano a quel principio fondamentale, a quel diritto fondamentale che è, appunto, la salute.
Ecco perché, a nostro avviso, lasciamo una competenza fondamentale alle regioni che è quella delle politiche organizzative e di programmazione perché le regioni hanno le competenze e la possibilità di poter esprimere al meglio quelle che sono le ricchezze e le peculiarità dei territori ma sempre ovviamente in un'architettura, in un quadro, in una cornice nazionale che ci permette di garantire un sistema Paese. Quello che noi vorremmo quindi ribadire con questi nostri emendamenti è che il diritto alla salute nelle sue dimensioni e nella sua accezione più ampia deve valere dal nord al sud del Paese e deve essere un diritto che vale per tutti
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.
MARISA NICCHI. Intervengo per esprimere il voto favorevole di SEL. Infatti questo emendamento raccoglie la nostra impostazione che tende a correggere, tra i tanti, un grave errore di questo testo di riforma costituzionale e mi riferisco alla separazione delle politiche sanitarie da quelle sociali. Si riunifica in questo modo ciò che, in modo sbagliato, era stato separato. Quindi, il voto è favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.
PAOLA BINETTI. Anche il nostro voto è favorevole. La possibilità di ricomporre le politiche sociali con le politiche familiari risponde a quella percezione dei bisogni così profondi che non permette in molte fasce della vita e davanti ad alcuni problemi concreti di distinguere che cosa è un trattamento strettamente sanitario, che cosa invece è quell'insieme di cure che permettano ad una persona di affrontare la disabilità, di affrontare la cronicità, di affrontare molte altre manifestazioni che non sono strettamente riconducibili a somministrazioni farmacologiche. La possibilità di guardare ad una politica sociale che, nella sua dimensione di risponda più frequentemente al versante sanitario e meno frequentemente ad un versante strettamente previdenziale corrisponde ad una delle anomalie del nostro sistema e della nostra organizzazione. Avere una competenza di schiacciata all'interno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del tutto sconnessa da quello che è il Ministero della salute provoca una serie di problemi che sono percepiti con grande drammaticità sulla pelle dei pazienti, sulla pelle degli anziani e sulla pelle delle famiglie. Per questo voteremo in modo convinto a questo emendamento che riconduce all'unità bisogni che sono stati forzosamente distinti.
PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi di prendere posto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 31.900 della Commissione, nel testo subemendato, con il parere favorevole della Commissione e del Governo e il parere contrario del relatore di minoranza della Lega nord Autonomie, Matteo Bragantini.
Dichiaro aperta la votazione.
GIUSEPPE DE MITA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE DE MITA. Presidente, intervengo per ritirare l'emendamento.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vacca 31.508.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.
ELENA CENTEMERO. Presidente, preannuncio il voto favorevole di Forza Italia su questo emendamento. Questo emendamento, come i successivi, riguarda il tema dell'istruzione come materia esclusiva dello Stato e in esso si parla non tanto d'istruzione ma si esprime il principio di norme generali, elemento su cui noi siamo d'accordo, proprio perché si parla di norme di principio che riguardano l'istruzione e quindi definiscono un quadro che poi viene specificato al comma terzo dello stesso articolo 117, così come modificato, laddove si specifica qual è la competenza della regione. Nella competenza, invece, che spetta esclusivamente alle regioni, c’è però il riferimento, fatta salva l'autonomia scolastica, ai servizi. Credo che sarebbe opportuno, così come è stato fatto per l'istruzione e la formazione professionale, che venisse fatto un ulteriore chiarimento in relazione a questi servizi e venisse riportata alla potestà esclusiva delle regioni l'organizzazione e la programmazione dei servizi relativi all'istruzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marco Meloni. Ne ha facoltà.
MARCO MELONI. Presidente, colleghi, intervengo su questo emendamento per dichiarare il voto contrario del Partito Democratico, ma ci tengo particolarmente ad approfondire un tema che riguarda il sistema dell'istruzione, ovvero il diritto allo studio, che costituiva oggetto di un emendamento, l'ex 31.206, di cui era prima firmataria l'onorevole Centemero e che, insieme all'onorevole Ghizzoni, avevo sottoscritto. L'emendamento è stato ritirato e mirava ad assegnare alla competenza statale la promozione del diritto allo studio. In effetti, riteniamo condivisibile questo ritiro, però crediamo sia necessaria una precisazione riguardo al riparto delle competenze tra Stato e regioni appunto nella materia del diritto allo studio. Mi sia consentita una breve premessa. Il diritto allo studio è trattato dall'articolo 34 della Costituzione che afferma che i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi; e poi afferma che la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni ed altre provvidenze che devono essere attribuite per concorso.
La norma viene considerata – cito per tutti un giurista del calibro di Cassese – una delle più importanti della Costituzione, con una precisazione (è di Cassese, nell'intervento a cui faccio riferimento, ed è del 2011): si tratta di una norma che deve essere ancora messa in atto. Lo stesso Presidente Mattarella, nel messaggio al Parlamento nel giorno del suo giuramento, ha citato il diritto allo studio per primo tra quelli attraverso i quali si realizza l'attuazione della Costituzione, definendolo il diritto al futuro dei nostri ragazzi.
Dunque il quadro è questo: una norma che afferma il diritto fondamentale della persona di disegnare il proprio percorso di vita, potendo fruire di eque opportunità, potendo far valere talento e impegno, almeno quanto le condizioni socio-economiche di partenza, è sostanzialmente inattuata. Ne pagano le conseguenze la mobilità e il dinamismo sociale e il benessere collettivo della nostra comunità nazionale, che non orienta in maniera opportuna i talenti e le vocazioni individuali.
La mancata attuazione di questo principio costituzionale è dimostrata dai dati, ed è strettamente connessa al basso livello di istruzione e ai ritardi del nostro sistema universitario. Basterebbe citare il calo delle immatricolazioni universitarie, che sono passate a poco più del 50 per cento dei diplomati mentre erano oltre il 70 appena dieci anni fa. Si sta verificando cioè un fenomeno opposto a quello di cui avremmo bisogno: l'Italia infatti ha bisogno di avere molti più giovani laureati, siamo al trentaquattresimo posto su 37 Paesi OCSE, e la strategia europea 2020 prevede che entro il 2020 ci sia il 40 per cento dei laureati; noi siamo al 20 per cento contro la media europea del 35 per cento.
Il nostro sistema coniuga tasse universitarie molto elevate – siamo terzi in Europa dopo Gran Bretagna e Paesi Bassi, che però spendono per ogni studente il doppio di noi – e un pessimo sistema di diritto allo studio, privo di risorse adeguate e di una vera regia nazionale: da noi hanno la borsa di studio il 7 per cento di studenti, in Francia il 25, in Germania il 30 per cento. Gli interventi degli ultimi due anni, dopo quattro anni di calo notevolissimo, oltre il 10 per cento gli investimenti, sono stati positivi ma sono troppo timidi e dunque insufficienti. A tutto questo si aggiunge lo scandalo italiano degli idonei senza borsa: i dati del 2012-2013 ci dicono che, su circa 170 mila studenti idonei, oltre il 20 per cento non ha ottenuto la borsa di studio. Solo in sei regioni la borsa è assegnata a tutti gli idonei, mentre, ad esempio, i beneficiari sono solo il 77 per cento degli aventi diritto nel Lazio, il 64 in Sardegna, il 61 in Piemonte, il 57 in Calabria e il 27 per cento in Campania. Diciamo spesso che l'istruzione deve diventare la priorità del Paese, la scuola, l'università, il diritto allo studio devono diventarlo; ma devono diventarlo non solo nella retorica dei discorsi, bensì nella concreta azione di Governo. A questo scopo è indispensabile, oltre una programmazione di risorse finalmente adeguate, una chiara ripartizione delle competenze tra Stato e regioni in materia di diritto allo studio.
Per queste ragioni – e concludo – credo che sia importante chiarire, anche attraverso l'autorevole ausilio del relatore del provvedimento, come il testo costituzionale in via di approvazione definisca il riparto di competenze tra Stato e regioni nei termini della delimitazione della competenza esclusiva regionale alla sola materia della promozione del diritto allo studio, affidando conseguentemente allo Stato, nell'ambito della sua competenza piena sull'istruzione universitaria, quella relativa agli altri aspetti costitutivi del diritto allo studio, dalla definizione dei principi e delle regole di organizzazione del sistema all'assegnazione di borse, assegni ed altre provvidenze, anche attraverso l'elaborazione di programmi per l'erogazione di borse di studio istituiti da questo Parlamento già a partire dal 2013 .
EMANUELE FIANO, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO, . Signor Presidente, intervengo per ringraziare l'onorevole Meloni, ma anche l'onorevole Centemero che avevano un emendamento firmato comunemente poi ritirato, per il tema che hanno sollevato; mi pare che sia già chiaro però nelle parole dell'onorevole Meloni quanto vado a ribadire per ulteriore certezza. E cioè che il testo di legge che noi approviamo delimita la competenza legislativa esclusiva regionale alla materia della promozione del diritto allo studio, mantenendo affidato conseguentemente allo Stato, nell'ambito della sua competenza esclusiva, piena sull'istruzione universitaria, quella sugli aspetti costitutivi del diritto allo studio: quindi dalla definizione dei principi e delle regole di organizzazione del sistema all'elaborazione di piani per l'erogazione di borse di studio.
Penso con questo di dare chiarezza a quanto sollecitava come risposta da parte del relatore l'onorevole Meloni e quindi certezza che questa divisione di compiti è chiara nel testo che andiamo ad approvare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.
GIANLUCA VACCA. Signor Presidente, mi fa piacere sentire il PD che parla in Aula quando elenca i suoi fallimenti in considerazione di quelli che sono gli obiettivi di Horizon 2020 e che noi mai raggiungeremo minimamente, lo sanno benissimo, il Governo lo sa benissimo. Io volevo un attimo spiegare la di questo emendamento che di fatto vuole lasciare inalterata la lettera dell'articolo 117 della nostra Costituzione, ovvero lasciare la formulazione che c’è adesso, attuale, cioè «norme generali sull'istruzione», perché l'intervento del Governo sostanzialmente, come abbiamo rilevato anche in altre occasioni, noi lo contestiamo per delle ragioni di metodo e di merito, di metodo perché in VII Commissione istruzione si è parlato, si è discusso e si è dedicato pochissimo tempo a questo cambiamento, nel merito perché si introduce l'istruzione universitaria come competenza esclusiva dello Stato.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vacca.
GIANLUCA VACCA. Non avevo cinque minuti ?
PRESIDENTE. No, onorevole, voi avete finito i tempi, aveva un minuto. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà, per un minuto.
GIUSEPPE BRESCIA. Presidente, visto che il mio collega non ha avuto il tempo di continuare il suo intervento, io mi prendo il minuto che ho a disposizione solo per sottolineare lo scandalo della propaganda del Partito Democratico e del Premier Renzi rispetto alla tematica dell'istruzione . Proprio il deputato del PD ha elencato tutti i risultati che non saranno mai raggiunti dall'Italia, perché si sta facendo appunto soltanto e propaganda ma di atti concreti non c’è assolutamente nulla sul tema dell'istruzione, anzi, si continua con la politica dei tagli della collega Gelmini e dei Ministri precedenti. Questo è quanto. Per quanto riguarda la buona scuola, a breve arriverà un decreto al riguardo e ce ne saranno delle belle, ci sarà da fare una bella...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brescia. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marzana. Ne ha facoltà.
MARIA MARZANA. Presidente, nel mio intervento vorrei rivolgere una domanda al sottosegretario e gradirei una risposta precisa, visto che la disposizione normativa invece è piuttosto vaga. Infatti, oltre a parlare di norme generali sull'istruzione, si parla anche di norme comuni, di disposizioni comuni. Mi piacerebbe capire che cosa si intende, perché se siamo noi invece a dare un'interpretazione a questo, noi pensiamo che qui di comune c’è solo il taglio che hanno subito tutte le istituzioni scolastiche del nostro Paese, la difficoltà che stanno vivendo nel portare avanti questo servizio fondamentale di formazione e una parte rilevante di finanziamento che arriva dai contributi volontari, che sono diventati obbligatori...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marzana. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Luigi Gallo. Ne ha facoltà.
LUIGI GALLO. Presidente, dalla norma che propone il Governo e la maggioranza, in sostanza sul tema dell'istruzione si continua a mettere in pericolo le norme che interverranno da parte dello Stato sul tema dell'istruzione, perché sorgeranno enormi conflitti fra le competenze locali, regionali e quelle statali. Noi invece cerchiamo di riportare allo cioè a una competenza totale da parte dello Stato nell'intervenire sull'istruzione.
Questo perché non vogliamo che ancora una volta, dopo che lo Stato ha scelto di sottrarsi negli interventi pubblici sulla scuola e sull'istruzione, facendo in modo che le risorse arrivassero dalle famiglie, accada anche che in sostanza lo Stato demandi alle regioni e ai comuni, così producendo tagli, anche l'intervento sull'istruzione, mandando ancora più in rovina il comparto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Simone Valente. Ne ha facoltà.
SIMONE VALENTE. Grazie, Presidente. Intervengo giusto per fare capire anche ai cittadini che ci seguono come viene cambiata la Costituzione. Io leggo, appunto, l'articolo 30 che dice che l'articolo 117 della Costituzione è sostituito nella maniera seguente e andando più in giù nel testo dell'articolo si legge che lo Stato ha legislazione esclusiva in certe materie. Andando alla lettera si legge proprio: «disposizioni generali e comuni sull'istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica».
Noi non vogliamo cambiare questa parte della Costituzione per un semplice motivo, che descriveva anche il mio collega Vacca, che è di metodo, ovvero per il fatto che i cittadini ci hanno votato per fare queste riforme costituzionali oppure per risolvere i problemi prioritari di questo Paese, che sono il lavoro, le imprese che chiudono, un sistema scolastico da rivedere ?
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Simone Valente.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cozzolino. Ne ha facoltà.
EMANUELE COZZOLINO. Presidente, la materia «università» non è espressamente citata nell'articolo 117 della Costituzione, nella formulazione attualmente in vigore. Soccorre, tuttavia, l'articolo 33, comma VI, della Costituzione, che contiene una riserva di legge e stabilisce che «le istituzioni di alta cultura, università e accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti da leggi dello Stato».
Già prima del 2001 la Corte costituzionale ha chiarito, con la sentenza n. 383 del 1998, che al VI comma dell'articolo 33 della Costituzione è conferita una funzione di cerniera, attribuendosi alla responsabilità del legislatore statale la predisposizione di limiti legislativi all'autonomia universitaria, relativi tanto all'organizzazione in senso stretto quanto al diritto di accedere all'istruzione universitaria.
Ciò premesso, perché inserire l'istruzione universitaria tra le competenze esclusive dello Stato ? Si vogliono ampliare le competenze legislative statali rispetto a quelle attualmente attribuitegli ? Lo si vuole rimarcare solo per sottolineare che alle regioni spetterà esclusivamente la competenza legislativa in materia di promozione del diritto allo studio anche universitario...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cozzolino.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vacca 31.508, con il parere contrario della Commissione, del Governo, con il parere favorevole del relatore di minoranza del gruppo Lega Nord e Autonomie e con il parere contrario del relatore di minoranza del gruppo Sinistra Ecologia Libertà.
Dichiaro aperta la votazione.
DANILO TONINELLI. Grazie, Presidente. In questi miei interventi a singhiozzo, perché è impossibile esprimere un pensiero compiuto in sessanta secondi, soprattutto se parliamo di riforme costituzionali – ed è una vera vergogna – cerco di esprimere il significato di questo emendamento che chiede la soppressione delle parole «disposizioni generali e comuni sull’».
Dicevo prima che Raffaele Cantone, capo dell'Autorità nazionale anticorruzione, ha affermato che la norma più criminogena della riforma costituzionale è la riforma del Titolo V che il centrosinistra ha fatto nel 2001; uno dei motivi è stato l'aumento dei centri di spesa e l'aumento delle competenze ibride che sono state assegnate alle regioni piuttosto che allo Stato. Sappiamo tutti come si è creato un immane contenzioso costituzionale, contenzioso costituzionale che è andato riducendosi a favore dello Stato in circa quindici anni. Voi, inserendo le disposizioni generali e comuni, ricreate la situazione di contenzioso costituzionale di allora. Complimenti !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Centemero. Ne ha facoltà.
ELENA CENTEMERO. Grazie Presidente. Forza Italia esprime un parere contrario a questo emendamento dell'onorevole Toninelli, perché l'emendamento sostanzialmente trasferisce tutta la competenza relativa all'istruzione allo Stato, quindi facendola diventare materia esclusiva di legislazione statale e togliendo, quindi, alla regione la potestà e la facoltà di organizzare a livello territoriale, così come è contenuto oggi nel disegno di legge di riforma, i servizi. Lo ripeto: andrebbe chiarito, nella parte delle competenze relative alle regioni, che cosa si intende per servizi, chiarendo che spetta alla regione l'organizzazione e la programmazione dei servizi. Mantenere invece il riferimento a norme generali e a norme di principio consente in quest'ottica di migliorare quello che è stato il contenzioso che si è creato fin ad oggi. Devo però sottolineare come all'interno di questo provvedimento si faccia riferimento, come ha ricordato prima l'onorevole Meloni, anche al tema del diritto allo studio. Il tema del diritto allo studio trova fondamento ovviamente nell'articolo 117 della Costituzione, ma trova fondamento anche nell'articolo 34 della nostra Costituzione, in cui i commi terzo e quarto dispongono che i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e che la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso. Purtroppo in Italia manca l'applicazione di un principio che è fondamentale, che è quello della libertà di scelta educativa delle famiglie. Le nostre famiglie e i nostri contribuenti pagano le imposte per la scuola pubblica, che non è la scuola statale, è la scuola di tutti, ma non possono sceglierla. Quindi, viene riconosciuta e denunciata una libertà che poi però non è attuata e non è garantita.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nuti. Ne ha facoltà.
RICCARDO NUTI. Grazie Presidente, in questa proposta di modifica dell'articolo 117 della Costituzione si nasconde una risoluzione del conflitto delle competenze fra Stato e regioni creandone un altro, cioè mentre prima era attribuita allo Stato la legislazione esclusiva nelle seguenti materie, nella parte concorrente ora è stata introdotta la dicitura disposizioni generali. La ritroviamo per esempio: alla lettera dove si dice: disposizioni generali e comuni per la tutela della salute e la sicurezza alimentare, per la tutela e la sicurezza del lavoro; alla lettera contenente disposizioni generali e comuni sull'istruzione. Ecco, bisogna assolutamente dire ai nostri cari colleghi, che pensano di riformare facendo credere ai cittadini che si migliora il rapporto fra Stato e regione, che, in realtà, questo sarà ripetuto semplicemente con il cambio di termini, ma nei fatti questo darà adito a tantissimi problemi e non si capirà chi fa cosa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dieni. Ne ha facoltà.
FEDERICA DIENI. Grazie Presidente, infatti quello che dice il mio collega Nuti è esatto. Si continua nell'opera di creare confusione che era stata iniziata con il Governo Berlusconi nel 2001 e con la riforma del Titolo V.
Si andrà a creare confusione: nessuno saprà bene chi dovrà fare cosa, perché si crea una sorta di competenza concorrente fittizia, dove, comunque, ci saranno un sacco di problemi. Le regioni non sapranno se dovranno intervenire o se dovrà intervenire lo Stato, se dovranno intervenire i comuni. Quindi, si andrà a riproporre quel sistema che per molti anni ha creato confusione e che è stato risolto parzialmente dalla Corte costituzionale, che, con molteplici sentenze, ha dovuto cercare di mettere ordine. Quindi, questa è una riforma che non soltanto non fa chiarezza, ma continua in quella sua opera di confusione e di...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Dieni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zolezzi. Ne ha facoltà.
ALBERTO ZOLEZZI. Grazie, Presidente. Sì, il chi fa che cosa, vi sono diversi livelli del chi fa che cosa. Qui in Parlamento lo stiamo vedendo: dovremmo essere noi a scrivere le leggi e invece abbiamo qualcosa scritto da altri. Con la riforma vediamo che quelli che votano per arrivare qui saranno spodestati del loro diritto, perché al Senato andranno persone non elette. Poi, addirittura, anche quelli che vengono eletti o quelli che sono al Senato a «soggiorno obbligato», perché magari sono inquisiti nelle regioni, non potranno fare altre cose, come quelle che si vedono nel TTIP, nel Trattato transatlantico.
Quindi, vedremo OGM che ci invaderanno, vedremo la nostra salute minacciata da azioni fatte da persone che non sono state scelte da nessuno. Queste riforme sono proprio nel canale del parassitismo, della mancata partecipazione, e quindi, da politiche fatte così, non si otterrà nulla.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cozzolino. Ne ha facoltà.
EMANUELE COZZOLINO. Grazie, Presidente. L'articolo 117 rappresenta un vero e proprio «Capo delle Tempeste». È assai condivisibile, invero, la volontà di attrarre al centro alcune competenze che la legge costituzionale n. 3 del 2001 aveva incongruamente regionalizzato: professioni, produzione e trasporto nazionale di energia e così via. Ma il processo di accentramento sembra essere andato troppo in là.
Invece di soffermarsi su una puntigliosa analisi delle varie materie, però, sembra più utile mettere in luce un dato: il nostro regionalismo, specie a causa delle grandi diversità fra aree del nostro Paese, non potrà mai funzionare bene secondo il modello competitivo, ma dovrà essere necessariamente cooperativo.
Ebbene, la forma di distribuzione delle competenze legislative più coerente con il regionalismo è il regionalismo cooperativo, cioè quello della loro condivisione, o con la soluzione tedesca, nella quale sia il che i possono occupare le materie, ma il diritto del primo prevale su quello dei secondi, o con la precedente soluzione italiana delle materie di competenza concorrente. Principi fondamentali allo Stato...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cozzolino.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Toninelli 31.82, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza della Lega Nord e Autonomie e sul quale il relatore di minoranza di Sinistra Ecologia Libertà si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
SILVIA CHIMIENTI. Grazie, Presidente. Ritengo che questo emendamento meriti un attimo di attenzione. Si vogliono aggiungere, dopo le parole: «ordinamento scolastico», le seguenti: «nel pieno rispetto e nella salvaguardia della continuità didattica a tutela della dignità della persona e di ogni alunno portatore di disabilità».
A questo proposito, vorrei aggiungere, per dovere di cronaca, che il MoVimento 5 Stelle ha depositato una proposta di legge che finalmente garantirebbe, appunto, la qualità e la continuità della didattica a tutti gli allievi d'Italia, e in particolare a quelli disabili e a quelli che hanno bisogni educativi speciali.
Questa legge va a stralciare la scellerata norma contenuta nell'articolo 64 della finanziaria di Tremonti del 2008, che è andata ad aumentare di un punto il rapporto alunni/docenti in classe, generando quello che sappiamo, ossia il taglio di 90 mila cattedre e l'annoso problema delle classi pollaio, uno scempio di cui la buona scuola non fa cenno
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole di Forza Italia a quest'emendamento dell'onorevole Toninelli, perché inserisce, all'interno di questa parte della Costituzione, dei principi che noi condividiamo. Penso innanzitutto alla continuità didattica, che l'onorevole Gelmini quando fu Ministro dell'istruzione cercò di attuare all'interno delle nostre scuole, ma soprattutto alla centralità della persona come centro della scuola e soprattutto in riferimento a chi nella scuola si trova maggiormente in difficoltà, in questo caso, in particolare, gli alunni portatori di disabilità.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Toninelli 31.79, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole dei relatori di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
EMANUELE COZZOLINO. Grazie Presidente, quest'emendamento va ad inserire in Costituzione i principi sulle forme associative dei comuni. Questo perché abbiamo assistito ad una legge Delrio, che ha creato quantomeno un caos nelle province e in queste città metropolitane, che sono tutto tranne che città metropolitane.
Inserire disposizioni di principio sulle unione di comuni quantomeno permetterebbe di avere, per così dire, uniformità nella penisola italica, perché con le province ogni regione avrebbe dovuto emanare regolamenti.
Si assisterà sicuramente, perché non tutte lo hanno fatto, a differenze da regione a regione. Quindi, questo emendamento è semplicemente di buonsenso per creare uniformità, perché la linea di questa riforma sembra andare verso un centralismo, verso un'unità nazionale.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cozzolino.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Toninelli 31.84, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza del gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, e con il parere favorevole del relatore di minoranza del gruppo Lega Nord e Autonomie.
Dichiaro aperta la votazione.
PAOLO RUSSO. Grazie. Proverei a suggerire a questa Assemblea costituente qualche riflessione di buon senso sul testo così come viene fuori dal lavoro sin qui fatto. Sarebbe competenza esclusiva dello Stato quella rispetto all'ordinamento, alla legislazione elettorale, agli organi di Governo, alle funzioni fondamentali di comuni e città metropolitane e alle disposizioni di principio sulle forme associative dei comuni.
L'emendamento che vorremmo offrire alla valutazione dei colleghi è quello di introdurre, accanto alle disposizioni di principio sulle forme associative dei comuni, anche la competenza dello Stato rispetto alle disposizioni di principio sulle comunità autonome di area vasta. Altrimenti è evidente il rischio che si celebra. E il rischio che si celebra è che in ogni regione, in modo diverso, si articolerebbero disposizioni di principio diverse di regione in regione per le comunità autonome di area vasta; il che determinerebbe un ginepraio di competenze articolate e diverse di regione in regione.
Credo che questo risultato non è quanto si vuole e soprattutto non è quanto auspicano le imprese, quanto desidera il sistema delle imprese del territorio, che si troverebbero nella straordinaria condizione, cambiando di area in area, di regione in regione, di dover interpretare, comprendere, studiare, valutare non solo le norme di dettaglio tipicamente regionali, ma anche le norme e le disposizioni di principio che muterebbero di regione in regione. Non credo che così scritta la disposizione, renderemo ragione del buon senso, dell'equilibrio, della ragionevolezza di un legislatore costituente attento.
Per questa questione, per questa ragione offriamo alla vostra e nostra valutazione la possibilità di introdurre un ulteriore elemento, cioè, accanto alla competenza sull'ordinamento per la legislazione elettorale, sugli organi di Governo, sulle funzioni fondamentali di comuni e città metropolitane, sulle disposizioni di principio sulle forme associative dei comuni, aggiungere anche le disposizioni di principio sulle comunità autonome di area vasta.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 31.25, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza della Lega Nord e sul quale il relatore di minoranza di SEL si rimette all'Aula.
Dichiaro aperta la votazione.
CRISTIAN INVERNIZZI. Grazie, signora Presidente. Con questo emendamento noi puntiamo a sottrarre alla competenza esclusiva dello Stato una materia fondamentale, secondo noi, nei cui confronti il contributo delle regioni è fondamentale. Ci riferiamo proprio al commercio con l'estero.
Se pensiamo alle grandissime differenze esistenti in Italia dal punto di vista dell'organizzazione aziendale e delle tradizioni, non si può pensare di ricondurre una materia così importante e, se vogliamo, anche così variegata ed eterogenea, alla sola ed esclusiva competenza statale, tagliando fuori, pertanto, da un tema così importante, un tema fondamentale, anche nell'ottica di un rilancio internazionale del quali interlocutori privilegiati, proprio le regioni. Questo è l'ennesimo esempio, se ancora ve n’è bisogno, del tratto marcatamente centralista, incredibilmente centralista, e sinceramente assurdo nel 2015 che, con l'approvazione di questa riforma, noi diamo alla Costituzione italiana. In altre parole, eliminiamo venticinque anni di dibattito pubblico, di dibattito politico, di inserimenti, all'interno dell'agenda politica, di temi fondamentali quali il federalismo o l'importanza degli enti locali e delle autonomie territoriali, e conduciamo aspetti, che sono anche fondamentali per i territori, quali appunto il commercio con l'estero, nelle mani esclusive di Roma, nelle mani esclusive dei Ministeri e, quindi, della burocrazia centralizzata.
Signora Presidente, continuiamo a non capire i motivi per cui sotto questi aspetti vi sia un arroccamento francamente non comprensibile da parte della maggioranza di Governo, da parte dei fautori di questa riforma costituzionale. Mi piacerebbe che venisse chiarito, non dico dal Governo, che siamo abituati ormai a vedere in un'inedita versione, cioè di mutismo assoluto rispetto invece a quello che avviene quotidianamente sulle televisioni o sui ma magari da qualche esponente della maggioranza parlamentare, come secondo loro sottrarre alle regioni la competenza legislativa, non dico esclusiva, ci mancherebbe, ma quantomeno concorrente, su un tema importante come il commercio con l'estero, sarebbe in qualche modo funzionale al rilancio del commercio stesso. Io credo che nel 2015 sappiamo tutti perfettamente anche l'importanza che assumono i vari distretti dell'industria presenti nel nostro territorio e sappiamo perfettamente anche come vi è la necessità di dialogare, soprattutto per coloro che si trovano geograficamente collocati in una zona importante dell'Europa (penso alla Mitteleuropa). Ecco, mi chiedo se è possibile immaginare che la Baviera, che, invece, essendo un Länder tedesco, per sua fortuna ha competenza sul commercio con l'estero, anziché dialogare con chi ha sostanzialmente potestà, ancora legislativa, fino a che non gliela eliminerete totalmente, cioè con le regioni, magari quelle più vicine, debba parlare invece esclusivamente con un Ministero romano. Com’è possibile ? Io chiedo veramente se siete convinti che per il rilancio del commercio estero sia quasi necessario eliminare qualunque tipo di competenza dei territori e concentrare tutto unicamente a livello centrale.
Non è una battaglia ideologica, ma chiediamo semplicemente che le regioni – e concludo, Presidente – non vengano tagliate fuori da una competenza così importante, soprattutto in questo momento. Non facciamo un salto indietro di quarant'anni, di cinquant'anni. Non possiamo pensare che oggi, nel 2015, i territori possano essere esclusi da temi così importanti per il rilancio dei territori stessi quali il commercio con l'estero. Non è una battaglia ideologica, non è una battaglia fatta per interrompere il cammino delle riforme e lo dico soprattutto al Governo. In conclusione, chiedo veramente se siete convinti che per rilanciare il commercio estero sia necessario eliminare il ruolo delle autonomie locali .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Presidente, quello che spinse, ormai quindici anni fa, una maggioranza simile all'attuale a modificare la Carta costituzionale fu proprio la presa d'atto che una visione ipercentralista, anche in questa materia, era totalmente inefficace e, quindi, non era in grado di interpretare quella che era la complessità del sistema economico del Paese.
Rispetto ad allora le cose non sono affatto cambiate, anzi sono notevolmente peggiorate. Quindi non si capisce la per cui la stessa maggioranza, a distanza di tre lustri, torni sui suoi passi. Ciò non si spiega se non con questa ormai evidente e marcata volontà di riaccentrare tutto, e comunque indipendentemente dalla funzionalità, dalla reale struttura del Paese e dalle sue necessità. È pertanto evidente la nostra contrarietà a questa proposta.
PRESIDENTE. Grazie onorevole Caparini. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO SIMONETTI. Grazie Presidente, noi vogliamo mantenere la competenza, almeno concorrente, sul tema importante per i territori con riguardo al commercio estero, perché la centralizzazione di questa riforma costituzionale, se la mettete in parallelo con la riforma delle Camere di commercio che state portando avanti, fa sì che gli imprenditori locali, le regioni non abbiano più la possibilità di essere fautori del proprio futuro, non abbiano più la possibilità di decidere le proprie sorti e di avere le possibilità di competere in un mercato europeo, che come ricordava il collega Invernizzi, fa sì che altre realtà abbiano la possibilità di potersi determinare, senza dover passare da Roma e senza dover passare da queste situazioni di burocrazia totale che annebbiano e impantanano qualsiasi tipo di spirito imprenditoriale. Così come portare al MISE tutte le competenze delle Camere di commercio non è che un rallentamento della possibilità propulsiva dei territori. Ricordiamo che l'economia del Paese non sta in piedi con operazioni finanziarie, con operazioni bancarie, bensì con operazioni della piccola e media impresa, dell'imprenditoria, del manifatturiero, non imbrigliati......
PRESIDENTE. Grazie. Aveva finito il tempo, mi sono distratta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie signor Presidente, solo per invitare, se possibile, il Governo e la maggioranza ad un momento di riflessione. Non è tutto oro quel che luccica nelle cose dette dagli amici della Lega. Io potrei raccontare molte storie di denari pubblici spesi inutilmente per sedi all'estero, che non servono praticamente a nulla e fanno soltanto danno, ostacolando l'attività di chi lavora davvero. Tuttavia, il ricondurre tutto soltanto allo Stato in questo ambito tradisce un'idea, che è quella vecchia in cui la nazione è tutta chiusa in se stessa e c’è un unico punto di contatto fra l'interno e l'esterno che è il Ministero degli esteri: non funziona così il mondo di oggi. Mentre abbiamo esempi di insuccesso, di politiche del commercio estero fatte dalle regioni e dalle province, abbiamo anche casi di successo. Il nostro è un sistema di piccole e medie imprese: si muovono in blocco e si muovono se vedono l'appoggio della loro banca locale e delle autorità provinciali, addirittura della provincia e non della regione (ma diciamo della regione in cui si trovano).
Le piccole imprese sono come le mandrie di bufali: non vanno mai da sole, non hanno gli strumenti per muoversi da sole. Se guardiamo ad esempi di successo, tipo il rapporto – dovrei dire – Italia-Romania, ma in realtà è stato il rapporto Veneto-Transilvania, vediamo che sono stati guidati in questo modo. Nelle osservazioni, dunque, c’è un filo di buon senso e sarebbe una bella cosa se la maggioranza, adesso o più tardi con un ordine del giorno, prendendo degli impegni, trovasse il modo di tenerne conto, perché il mondo di oggi vede una superficie di contatto tra il sistema Italia e il sistema mondo che non è riconducibile ad un punto governato dallo Stato centrale, ma che abbraccia la totalità del territorio.
PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Prataviera. Ne ha facoltà.
EMANUELE PRATAVIERA. Grazie Presidente, vorrei sottoscrivere quanto ha già citato il collega Invernizzi e per portare anche la testimonianza di una terra, quella del Veneto, che ha portato con esempi virtuosi un supporto anche all'integrazione. Penso all'esperienza importante di Alpe Adria, la comunità di lavoro Alpe Adria, che tra le istitutive, ancora quando esisteva la cortina di ferro, aveva proprio anche la promozione economica e l'integrazione economica tra i diversi settori e i distretti produttivi dell'area mitteleuropea. Quindi, si deve andare a supportare, non a togliere, questo tipo di iniziative. È chiaro che dove ci sono doppioni, naturalmente devono essere tolti, dove ci sono gli sprechi naturalmente devono essere tolti ed è bene che ci sia la regia dello Stato, ma non togliamo alle autonomie la possibilità di fare gli interessi reali e di andare soprattutto a valorizzare gli che sono già presenti e le infrastrutture che si potrebbero andare a migliorare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signora Presidente, intervengo anch'io, ovviamente, a supporto delle riflessioni che sono state fatte dai colleghi, portando al Governo un esempio di quanto importante possa essere la collaborazione e, quindi, il mantenimento di una competenza anche sul commercio estero, per quanto riguarda le autonomie locali. Il nostro Paese tra pochi mesi vivrà una delle esperienze più importanti che è l'esperienza di Expo. Io voglio ricordare che quell'esperienza è stata ottenuta, ed è stata una grande vittoria di tutto il Paese, grazie alla caparbietà, grazie alla determinazione, grazie al consenso che è stato coagulato sui territori; il comune di Milano, la regione Lombardia, le camere di commercio sono tutti enti territoriali legati a un processo di internazionalizzazione importantissimo per lo sviluppo delle nostre imprese che consentirà al nostro Paese tra pochi mesi di vivere l'esperienza di Expo. Quindi, sarà una grande perdita e una grande sconfitta per il sistema economico del Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signora Presidente, veramente questa è una visione miope del Governo che non riesce a capire che la valorizzazione e, dunque, tenere il commercio estero e dare la possibilità anche alle regioni di intervenire su questa grandissima materia, può essere una occasione importante per le nostre aziende per fare delle iniziative mirate. Si possono fare degli interventi a livello centrale, ma molto spesso quelli a livello di singole regioni, se amministrate bene, ci portano dei risultati molto ma molto migliori piuttosto che far semplicemente funzionare la solita macchina burocratica centralista che, per troppi anni, troppo spesso, è stato un sistema di spreco di risorse. Se ci sono dei doppioni, ben venga, andiamo a snellirli, ma non leviamo l'eccellenza e non leviamo le cose che stanno funzionando.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
STEFANO BORGHESI. Signora Presidente, come hanno ben sottolineato i miei colleghi, è più che mai opportuno che una competenza come quella del commercio estero non sia di esclusiva competenza statale, ma quanto meno che vi sia una concorrenza anche da parte delle regioni. Visto tutto quanto ricordato è una materia assolutamente cruciale, soprattutto per la nostra economia, per le nostre imprese, soprattutto in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando. Quindi, un ulteriore accentramento anche di questa materia, direi, strategica verso lo Stato non fa altro che, a nostro modo di vedere, aggravare questa situazione di crisi e gettare delle prospettive assai buie per il futuro.
Quindi, con questo emendamento, noi vogliamo sottolineare questo concetto che secondo noi è basilare, che secondo noi è fondamentale e sul quale spero che la maggioranza abbia un ripensamento, perché questa funzione deve assolutamente essere, anche, di competenza regionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fantinati. Prendo atto che vi rinuncia.
STEFANO ALLASIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Allasia, colgo l'occasione per comunicare che sono esauriti anche i tempi aggiuntivi concessi dalla Presidenza per lo svolgimento degli interventi a titolo personale.
Conseguentemente, come preannunciato nella parte antimeridiana della odierna seduta dal vicepresidente di turno, deputato Giachetti, la Presidenza non consentirà più lo svolgimento di interventi da parte di deputati appartenenti ai gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà e, a titolo personale, a tutti gli altri gruppi che hanno esaurito i tempi ad essi attribuiti dal contingentamento.
Il gruppo della Lega Nord e Autonomie ha i suoi tempi; abbiamo esaurito i tempi a titolo personale e questo vale ovviamente per tutti quanti i gruppi.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signora Presidente, in precedenza anche quando erano finiti gli interventi a titolo personale, qualche tempo ulteriore per interventi, comunque, da parte dei colleghi, era stato concesso, magari ridotto nei termini e nei tempi.
Pensiamo che sia inaccettabile, assolutamente inaccettabile che, per alcuni gruppi – sto parlando fuori dall'interesse particolare del mio gruppo, avendo il nostro ancora tempi a disposizione –, sia impedito a dei colleghi di poter intervenire perlomeno per motivare un voto favorevole o contrario rispetto ad un emendamento. Chiediamo nuovamente alla Presidenza di rivedere le proprie scelte perché sono scelte che, in questo caso, parlando in particolar modo di riforma costituzionale, andrebbero a creare un precedente gravissimo all'interno di quest'aula parlamentare. Dunque, con l'ennesimo senso di collaborazione e responsabilità che abbiamo manifestato in più interventi durante la giornata odierna, manifestiamo di nuovo questa richiesta alla Presidenza perché, se tale posizione rigida verrà mantenuta dalla Presidenza, significherebbe la fine della Presidenza della Camera vista come figura e vorrebbe dire, invece, una Presidenza della Camera che si appiattisce alle esigenze, nemmeno della maggioranza, ma del Governo che ha dettato i tempi sulle riforme costituzionali e riteniamo ciò inaccettabile. Non vorremmo che un giorno, anche con i tempi dei lavori della settimana dettati, doverci trovare imposta magari la tagliola sui decreti che dovremmo discutere. Ci sono questioni delicate in discussione. Credo che una riflessione generale vada fatta, vada approfondita. Dico queste cose alla Presidenza ma ho paura di dover parlare con il Ministro Boschi più che con la Presidenza: questa è una paura perché dovrebbe essere la Presidenza a dettare i tempi della Camera. Ma questa situazione si potrà ripercuotere nel futuro e noi questo non lo permetteremo e se viene calpestato così il diritto democratico del Parlamento noi utilizzeremo tutti i mezzi che abbiamo a disposizione – ribadisco: tutti quelli che abbiamo e, anzi, dico di più, anche quelli che non abbiamo a disposizione – perché la democrazia sia garantita all'interno di quest'aula
CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori, immagino! Ne ha facoltà.
CARLO SIBILIA. Grazie Presidente, lei naturalmente penso si renda conto, come tutti quelli che stanno seguendo queste riforme e questa attività che stiamo facendo in aula, si rende conto che...
MATTEO BRAGANTINI. Non si può !
DAVIDE CAPARINI. Vergognatevi !
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Sibilia, chiederei ai colleghi della Lega almeno di essere...
CARLO SIBILIA. Dico che lei si renderà conto che comunicare ad un gruppo parlamentare, che è il secondo gruppo parlamentare per voti alle politiche del 2013, che non può discutere più neanche un secondo su una riforma costituzionale, dire a cento deputati che non si può più discutere neanche un emendamento è qualcosa che non è grave ma è una barzelletta, anzi forse è una bestemmia in quest'aula, una bestemmia irripetibile . Poiché sono le 18,50 ed è prevista una Conferenza dei presidenti di gruppo alle 19, formalizzerei una proposta: dal momento che lei si rende conto che, se dovesse accadere che andiamo avanti in maniera tranquilla e stiamo a quelli che a questo punto sono i della Presidenza della Camera, significherebbe creare un precedente impressionante, un precedente per cui, per la prima volta, nella storia della legislatura, non c’è l'ampliamento di un terzo dei tempi...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sibilia.
CARLO SIBILIA. Un attimo, le sto formalizzato una proposta, Presidente.
CARLO SIBILIA. Poiché, per la prima volta, sta succedendo una cosa del genere, che sarebbe un precedente gravissimo – non allungare i tempi su una riforma costituzionale quando lo abbiamo fatto per tutte le altre leggi che abbiamo discusso all'interno di questo Parlamento e la riforma costituzionale è sopra tutte le altre leggi che abbiamo discusso – allora la richiesta è di sospendere l'aula per dieci minuti e attendere l'inizio della Conferenza dei presidenti di gruppo perché altrimenti non possiamo garantire la tranquillità di quest'aula.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sibilia, io non avrei nemmeno dovuto darle la parola per poter fare questo intervento. Quindi, come lei capisce, non può mettere la Presidenza nella condizione di aprire una discussione su questo. Io so che tutti quanti voi sapete che c’è una Conferenza dei presidenti di gruppo convocata tra dieci minuti. I lavori andranno avanti per i prossimi dieci minuti e poi in Conferenza dei presidenti di gruppo discuteremo di questo.
ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARTURO SCOTTO. Grazie Presidente, forse questo sarà l'ultimo intervento di Sinistra Ecologia Libertà in quest'aula, visto che avete deciso di chiudere la bocca all'opposizione.
E penso che sia un atto di cui si dovrà caricare innanzitutto il Governo, che ha la responsabilità di portare a casa questa riforma senza che un pezzo del Parlamento possa esprimere liberamente la propria opinione. Vede, qui c’è un problema, c’è un modo in cui Sinistra Ecologia Libertà ha deciso di affrontare questo percorso. Abbiamo provato a sfidare il Governo, il PD e il patto del Nazareno, anzi, «fu patto del Nazareno» sul merito e invece c’è stato risposto con il contingentamento. Questa riforma rischia di essere il testamento estremo sulla democrazia parlamentare. Non ve lo consentiremo, né qui né fuori da quest'Aula !
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scotto Ha chiesto di parlare l'onorevole Capezzone.
ARTURO SCOTTO. È una vergogna ! È una vergogna !
PRESIDENTE. Onorevole Scotto ! Onorevole Scotto, la richiamo all'ordine !
ARTURO SCOTTO. È una vergogna !
PRESIDENTE. Onorevole Scotto, la richiamo all'ordine !
Onorevole Scotto ! Onorevole Zaccagnini ! Onorevole Zaratti ! Onorevole Bordo ! Onorevole Zaccagnini ! Vi espello dall'Aula ! Fuori ! Onorevole Zaccagnini, fuori dall'Aula ! Non è possibile tirare oggetti in Aula ! Avete voluto dimostrare qual è il grado di tenuta di quest'Aula, perfetto ! Invito i colleghi... Onorevole Scotto, lei è il capogruppo di questo gruppo ! Onorevole Scotto ! Onorevole Scotto ! Colleghi ! Onorevole Sibilia ! Tra dieci minuti l'Aula verrà sospesa, perché c’è la capigruppo. Voi state costringendo la Presidente ad interrompere la seduta, questo schema mi è chiaro . Onorevoli colleghi ! Onorevoli colleghi ! Va bene, allora voi rimanete qui in Aula. Questo spettacolo non è uno spettacolo degno di un Parlamento che vuole discutere. Va bene. Sospendo la seduta.
PRESIDENTE. Avverto che, secondo quanto stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, la Presidenza per questa sera concederà a ciascuno dei gruppi che hanno esaurito i tempi a disposizione la possibilità di effettuare una dichiarazione di voto della durata massima di un minuto con riferimento a ciascuna votazione. Ricordo che, prima della sospensione della seduta, ha avuto inizio l'esame dell'emendamento Matteo Bragantini 31.131, a pagina 41 del fascicolo.
RICCARDO FRACCARO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Sull'emendamento, onorevole Fraccaro ?
RICCARDO FRACCARO. Presidente, scusi, è venuta qui a farci l'elemosina ? A dirci che noi abbiamo un minuto per spiegare l'emendamento e siamo in ottanta qui ...
PRESIDENTE. Onorevole Fraccaro, lei non ha la parola. Mi dispiace, lei non ha la parola, grazie.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Presidente, articolo 8 e seguenti. Io vorrei sapere, quindi, se questo è un precedente. Lo chiedo alla Presidenza della Camera, avendo partecipato anche alla riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo. In altre parole, la Presidenza della Camera decide di non dare tempi aggiuntivi e di concedere un minuto in dichiarazione di voto e non dare a quei deputati, che vogliono esprimere il dissenso, anche rispetto a quel minuto, neanche qualche secondo, il permesso di esprimere il dissenso stesso ? In altre parole, state togliendo il diritto di dissenso ai parlamentari di quest'Aula. È un precedente gravissimo perché immagino anche che quei deputati, magari del MoVimento 5 Stelle o di SEL, che non sono d'accordo sulla dichiarazione di un minuto, vogliono poterlo dire all'Aula e vogliono poter fare la dichiarazione di voto e dire che sono in dissenso. La Presidenza in questo momento sta creando il precedente di togliere la parola e non permettere, in una riforma costituzionale, di esprimere il voto libero di un parlamentare. Le comunico, vostro malgrado, malgrado la maggioranza, da cui vorrei qualche voce critica, perché non è una questione di merito, ma è una questione di democrazia, che noi non vogliamo morire servi di Renzi e utilizzeremo tutti i mezzi per farlo ben capire, non soltanto all'Aula, ma a tutto il Paese .
PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, lei ha partecipato quanto me e più di me alla Conferenza dei presidenti di gruppo e sa che la decisione della Presidenza assunta in quella sede è una decisione ponte. La discussione della Conferenza dei presidenti di gruppo non si è conclusa, ma la Conferenza dei presidenti di gruppo si è aggiornata e, quindi, il tema dell'eventualità di tempi aggiuntivi per la discussione degli emendamenti ai gruppi che hanno esaurito i tempi è ancora aperto e la Presidenza lo riaffronterà nella successiva Conferenza dei presidenti di gruppo. Per questa sera è stata presa una decisione ponte, che è quella che io ho comunicato e che non mi è consentito ovviamente di rimettere in discussione.
ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Scotto, lei avrebbe esaurito i tempi, quindi avrebbe la parola per un minuto sull'emendamento Matteo Bragantini 31.131 a pagina 41 del fascicolo.
ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Anche sull'ordine dei lavori avrebbe esaurito i tempi, comunque un minuto... !
MASSIMILIANO FEDRIGA. Stiamo andando nel ridicolo.
ARTURO SCOTTO. Un minuto sull'ordine dei lavori ?
PRESIDENTE. Prego, onorevole Scotto.
ARTURO SCOTTO. Vede, mi pare di capire che evidentemente non ci siamo spiegati bene. Proviamo a spiegarci bene e con educazione. Allora, per quello che ci riguarda, l'accordo ponte che è stato trovato non risolve il problema. Il problema che è aperto è come si dà la possibilità alle opposizioni di poter intervenire sulla riforma costituzionale. Ci auguriamo che la Conferenza dei presidenti di gruppo di domani risolva il problema. Sarebbe stato auspicabile probabilmente utilizzare queste due ore per costruire intese e mediazioni. Questo non è stato possibile. Noi stiamo qui, ma non partecipiamo al voto fino a quando non ci saranno le condizioni per poter definitivamente riaprire una prospettiva per l'opposizione.
PRESIDENTE. Onorevole Scotto, l'auspicio che lei ha espresso è, come lei sa, l'auspicio della Presidenza e, cioè, che le ore che abbiamo davanti prima della prossima Conferenza dei presidenti di gruppo possano consentire un accordo tra i gruppi tale da soddisfare sia le ragioni delle opposizioni, che le ragioni della maggioranza.
Colleghi, colleghi...
RENATO BRUNETTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENATO BRUNETTA. Signora Presidente, è un problema di metodo. Leggo un del Vicepresidente Roberto Giachetti: «Riforme, Forza Italia vota in tre modi, verde (favorevoli), bianco (astenuti) e rosso (contrari). Compatti a difesa del tricolore !», con l'hashtag: pocheideemaconfuse . Ricordo al Vicepresidente Giachetti che, in quanto Vicepresidente, lui non solo rappresenta questa Assemblea, ma dovrebbe rispettare tutti i gruppi, anche quelli diversi dal suo, e quindi richiamo la sua attenzione e stigmatizzo il comportamento del Vicepresidente Giachetti, perché non è questo il comportamento che un Vicepresidente deve tenere nei confronti dei gruppi parlamentari di una Camera di cui lui è stato eletto Vicepresidente .
CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Sibilia, ha già parlato per il suo gruppo, su questa materia ...
Io do solo la parola ad uno per gruppo ...
CARLO SIBILIA. Lei ha fermato il mio collega !
Io parlo come gli altri gruppi !
PRESIDENTE. Colleghi, colleghi ! Mettiamoci d'accordo, se l'intenzione è ...
Allora, ha partecipato una folta delegazione del gruppo del MoVimento 5 Stelle alla Conferenza dei presidenti di gruppo...
CARLO SIBILIA. Lei ha interrotto il mio collega !
Io parlo come gli altri gruppi.
PRESIDENTE. Onorevole Sibilia, ha parlato il collega Fraccaro.
CARLO SIBILIA. Voglio parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Onorevole Sibilia, va bene, allora, lei vuole parlare sull'ordine dei lavori. Ha un minuto.
CARLO SIBILIA. Io parlo come gli altri gruppi.
PRESIDENTE. Aveva già parlato un rappresentante del suo gruppo, però.
Onorevole Sibilia, la prego, siamo rientrati in Aula dopo due ore di Conferenza dei presidenti di gruppo a cui lei ha assistito come me. Quindi, lei ha sentito la discussione che abbiamo fatto nella Conferenza dei presidenti di gruppo e sa, perché le parole sono chiarissime, come ci siamo lasciati. Allora io le do la parola per un minuto, dopo di che passiamo alla votazione degli emendamenti.
Se lei vuole, ha la parola per un minuto, se lei non la vuole, non gliela do, proprio non gliela do, guardi.
CARLO SIBILIA. Assolutamente no. Io vengo qui e parlo con il suo microfono. Lei deve farmi parlare come gli altri gruppi.
PRESIDENTE. No, no, lei non può venire qui a parlare con il mio microfono, perché il Presidente della Camera, in questo momento, sono io. Mi dispiace. Se lei vuole la parola per un minuto ha la parola per un minuto, altrimenti non l'avrà.
CARLO SIBILIA. Parlo sull'ordine dei lavori. Lei deve farmi parlare come gli altri gruppi.
PRESIDENTE. Hanno tutti parlato un minuto. Ha parlato un minuto il collega Scotto, ha parlato più minuti il collega Brunetta, perché il suo gruppo non ha esaurito i tempi. Quindi, lei, se vuole, deve parlare un minuto sull'ordine dei lavori. Lei parla un minuto, onorevole Sibilia, perché siamo in fase di esame di un emendamento. Quindi, lei parla un minuto se vuole parlare, altrimenti non parla.
Prego, a lei la parola.
CARLO SIBILIA. Presidente, innanzitutto è veramente vergognoso il fatto che lei si sia permessa di interrompere un mio collega mentre stava parlando e stava facendo un commento sul suo annuncio . Questa cosa è antidemocratica e noi siamo preoccupati che le riforme costituzionali...
PRESIDENTE. Colleghi, lasciate concludere l'intervento.
CARLO SIBILIA. ... che queste riforme costituzionali vengano trattate da persone così che urlano e fanno gli urlacci quando uno difende il diritto del suo gruppo a parlare, come è nelle competenze del delegato d'Aula .
Allora io aggiungo, Presidente – lei lo ha detto espressamente –, che la questione è aperta, lei ha detto queste testuali parole, prendiamo lo stenografico, lei ha detto: la questione è aperta. Se la questione è aperta, l'Aula non può continuare, perché, nel momento in cui noi cominciamo ad accettare questo presupposto per cui c’è un minuto per le dichiarazioni di voto su un emendamento, ciò significa accettare una dittatura e noi non lo possiamo accettare !
Allora io le chiedo di sospendere questa seduta e di aggiornarci a domani mattina, perché se accordo deve essere, ci deve essere il tempo di parlarsi tra i gruppi politici e noi non possiamo alle 23 terminare una seduta e creare un precedente pericolosissimo per la storia del nostro Paese.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sibilia, ha finito il suo tempo.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Mi richiamo all'articolo 36 e seguenti del Regolamento. Presidente, vorrei soltanto capire una questione: lei ha appena detto che sarà la Conferenza dei presidenti di gruppo di domani a dirimere la questione sui tempi aggiuntivi. Quest'oggi però lei stessa o, meglio, un suo collega ha dichiarato che non è compito della Conferenza dei presidenti di gruppo ma è compito della stessa Presidenza. La Conferenza dei presidenti di gruppo non interviene e non può decidere se dare o non dare i tempi aggiuntivi. La Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata domani per vedere se c’è un accordo politico sul merito della questione. Vorrei capire in questo momento, è una decisione ovviamente della Presidenza e prendiamo atto che la Presidenza nega i tempi aggiuntivi ai gruppi dell'opposizione, vincolandola al fatto che li vuole costringere a raggiungere un accordo con la maggioranza. Non crediamo che questo sia compito della Presidenza e riteniamo inaccettabile che le opposizioni siano ricattate, non dalla maggioranza ma dalla Presidenza, impedendo loro di parlare. Se l'accordo politico c’è e mi auguro ci sia, è compito dei gruppi parlamentari, non è compito della Presidenza togliere la parola affinché l'accordo ci sia. Questo deve essere ben chiaro: è una responsabilità che si prende esclusivamente la Presidenza e nessuno dei gruppi parlamentari, i quali non hanno il potere e non hanno il diritto di togliere la parola ai loro colleghi
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fedriga. Come lei sa, è facoltà della Presidenza concedere tempi aggiuntivi. Ho semplicemente riportato, peraltro inutilmente a lei perché era presente e quindi ha chiaramente compreso come ci siamo lasciati al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo, ho semplicemente detto che non sto parlando di un accordo raggiunto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo. Sto parlando di una decisione della Presidenza che si è assunta la responsabilità per questa sera, in attesa di un eventuale accordo tra i gruppi e in attesa della prossima Conferenza dei presidenti di gruppo, di dare questo minuto per dichiarazioni di voto per ogni votazione ai gruppi che hanno esaurito i loro tempi. Così andiamo avanti a lavorare sino alle ore 23 come da calendario perché il nostro lavoro è organizzato secondo un calendario e domani mattina il tema, come è evidente, sarà discusso di nuovo nella Conferenza dei presidenti di gruppo .
WALTER RIZZETTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
WALTER RIZZETTO. Grazie Presidente, lei ricorderà perfettamente, come i colleghi qui presenti, che, durante la vacanza per l'elezione del Presidente della Repubblica, ovvero nei quindici giorni precedenti all'elezione, questo Parlamento ha continuato a votare incessantemente le riforme costituzionali anche se, in realtà, secondo noi, non era una cosa assolutamente giusta e da portare avanti. Non possiamo, Presidente, che stigmatizzare e biasimare la decisione che la Presidenza ha preso in seno a questo provvedimento e in seno a questo passaggio, pur essendo stata svolta una Conferenza dei presidenti di gruppo. Quello che lei ha tecnicamente definito una decisione ponte, in realtà, Presidente, lei probabilmente lo sa, è un tampone che, a questo punto, viene messo sulla bocca delle minoranze e delle opposizioni, creando, come già precedentemente detto, un precedente. Questo sarà ed è già un precedente ed è – penso, signor Presidente – anche una sorta di difetto di democrazia che stiamo vivendo all'interno di questa aula. Quindi, Presidente, visto che lei tecnicamente – lo ripeto – ha parlato di soluzione ponte o soluzione tampone per queste ore, le chiedo formalmente di informare la Presidente Boldrini affinché la Presidente sospenda i lavori di questa aula affinché una Conferenza dei presidenti di gruppo riesca, con decisione ferma e con decisione che si potrà protrarre nelle prossime ore piuttosto che nei prossimi giorni, a capire esattamente quello che quest'aula dovrà andare a votare e con i tempi, gli esiti che, rispetto ed in seno alle riforme costituzionali, potrebbero essere – mi permetto di suggerire – quanto meno cinque minuti per quanto riguarda l'esplicazione dell'emendamento a chi vorrà parlare sull'emendamento proposto per poi andare eventualmente ad un minuto in termini di replica. Tuttavia, Presidente, la prego di prendere in considerazione queste richieste che di fatto vengono avanzate dalle minoranze che lei mi insegna devono essere sicuramente tutelate in quest'aula.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Rizzetto, anche se vorrei far notare che la decisione della Presidenza è un passo nella direzione della richiesta delle opposizioni. In ogni caso, noi abbiamo discusso di questo fino a pochi minuti fa nella Conferenza dei presidenti di gruppi, quindi non credo che sia il caso di proseguire. Se nessun altro chiede di intervenire per dichiarazione di voto, pongo in votazione...
DIEGO DE LORENZIS. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Sull'emendamento ? Su cosa, onorevole De Lorenzis ?
DIEGO DE LORENZIS. Presidente, per un richiamo all'articolo 8, quindi su un altro articolo. Io chiedo gentilmente di essere ascoltato, non soltanto da quest'Aula ma anche dai cittadini fuori. L'onorevole Fedriga ha fatto riferimento al fatto che con questo comportamento, con questa deliberazione assunta in seno alla Conferenza dei presidenti di gruppo...
PRESIDENTE. Onorevole De Lorenzis, l'argomento è esaurito. Quell'argomento è esaurito. Se lei ha qualcosa di diverso...
DIEGO DE LORENZIS. Presidente, lei non sa cosa sto per dire, quindi come fa a dire...
PRESIDENTE. Mi dispiace, lei non ha la parola. Sullo stesso argomento non ha la parola, mi dispiace.
GUIDO GUIDESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Guidesi, lei su che cosa interviene ?
GUIDO GUIDESI. Sull'ordine dei lavori. Una domanda, Presidente.
PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori con il Regolamento in mano. Va bene, prego.
GUIDO GUIDESI. Come vuole lei.
PRESIDENTE. Come vuole lei. Gliel'ho domandato perché è lei che mi chiede la parola.
GUIDO GUIDESI. A sua discrezione. Va bene ?
PRESIDENTE. Cercherò di capire quando lei parla.
GUIDO GUIDESI. Vorrei capire solo ed esclusivamente una cosa: quando si dice che chi ha finito il tempo ha un minuto di tempo per fare la dichiarazione di voto, vorrei capire con quale criterio proporzionale è stato dato il minuto rispetto ai componenti dei gruppi. Ciò perché anche questo creerebbe un precedente. Infatti, in base ai componenti dei gruppi, cioè il numero dei deputati in ogni gruppo, che è evidentemente anche cambiato negli ultimi tempi, vorrei capire qual è stato il criterio di suddivisione. Altrimenti ci mettiamo tutti di là e parliamo tutti.
PRESIDENTE. Onorevole Guidesi, non c’è stata nessuna proporzionalità rispetto ai gruppi perché siamo in fase di eccezionalità e, peraltro, come lei sa, anche per quanto riguarda i tempi per la dichiarazione di voto in condizioni normali, il tempo è di cinque minuti a prescindere dalla grandezza del gruppo.
ANDREA CECCONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Cecconi, anche lei, su cosa ?
ANDREA CECCONI. Sull'ordine dei lavori, Presidente. Sul Regolamento, l'articolo..
PRESIDENTE. Mi dica, perché non vorrei riaprire la discussione che abbiamo appena fatto. Se è su quello, io non le do la parola; se è su un altro argomento, lei ha un minuto.
ANDREA CECCONI. Presidente, è necessario fare un chiarimento rispetto a quello che lei ha appena detto, perché in Conferenza dei presidenti dei gruppi c'era lei e c'ero anch'io.
ANDREA CECCONI. E quando la Presidente ha posto la questione di un minuto per gruppo, sia il collega Fedriga che io abbiamo sollevato la questione...
PRESIDENTE. Infatti non ho detto che è frutto di un accordo. Onorevole Cecconi.
ANDREA CECCONI. È una questione molto semplice...
PRESIDENTE. Onorevole Cecconi, non possiamo riaprire qui questa discussione. È una decisione della Presidenza.
ANDREA CECCONI. Accordo o non accordo, non esiste !
PRESIDENTE. È una decisione della Presidenza e in quanto tale io sono tenuta ad attuarla qui al termine di una Conferenza dei presidenti di gruppo.
ANDREA CECCONI. Ma non è possibile legare l'ampliamento dei tempi...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cecconi. Grazie. Onorevole Sannicandro, su cosa ?
RICCARDO FRACCARO. Ma come si permette !
PRESIDENTE. Ma che cosa avete ! Che cosa state dicendo ! Non avete più il tempo per parlare. Volete parlare ? Parlate, per questa sera, un minuto per dichiarazione di voto. Non ha senso continuare questa discussione procedurale, perché voi sapete qual è la conclusione a cui è arrivata la Presidente alla fine della Conferenza dei presidenti di gruppo. È una decisione della Presidenza e questa decisione della Presidenza voi dovete rispettare.
MASSIMILIANO FEDRIGA. È la Presidenza che deve rispettare il Parlamento.
PRESIDENTE. La Presidenza ha rispettato il Parlamento. Ha ascoltato per due ore i gruppi, ha deciso di tornare a riflettere con una capigruppo domani mattina e ora noi dobbiamo andare avanti, come da calendario, perché anche il Parlamento si deve rispettare.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Appunto !
PRESIDENTE. Noi abbiamo un calendario dei lavori e quel calendario dei lavori va attuato . Colleghi, per favore ! Colleghi, per favore ! Mantenete la calma !
RICCARDO FRACCARO. Ma come si è permessa !
PRESIDENTE. Onorevole Miccoli, per favore !
MASSIMILIANO FEDRIGA. Adesso minacciano ! Ha detto: andiamo fuori !
PRESIDENTE. Onorevole Fedriga ! L'ho richiamato, ho richiamato l'onorevole Miccoli. Colleghi, onorevoli colleghi, vi richiamo tutti a tenere un atteggiamento tranquillo, sereno, pacato, fate una discussione nel merito e non vi insultate reciprocamente . Colleghi ! Scusate, colleghi, per favore ! Onorevole Sibilia, riprendiamo i nostri lavori, è la cosa migliore, guardate, la cosa migliore è riprendere i nostri lavori, andare avanti, esprimere le vostre opinioni nel merito e continuare a lavorare come previsto.
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, noi ci siamo rimessi ...
PRESIDENTE. Onorevole Nuti, lei non ha la parola ! Onorevole Nuti, la richiamo all'ordine. Onorevole Nuti, lei non ha la parola ora. Avete chiesto la parola per richiamo al Regolamento in venti e state dicendo tutti la stessa cosa ! Adesso ha la parola l'onorevole Rosato, poi ha la parola l'onorevole Nuti. Abbiate pazienza, siamo qui. Prego, onorevole Rosato.
ETTORE ROSATO. Presidente, io spererei che i colleghi del MoVimento 5 Stelle vogliano ascoltare come noi abbiamo sempre ascoltato anche loro. La Conferenza dei presidenti di gruppo, di cui lei ha riportato l'esito ...
PRESIDENTE. Onorevoli Colleghi !
ETTORE ROSATO. Noi abbiamo una santa pazienza e lunga pazienza ! Quindi voglio dire ai colleghi...
PRESIDENTE. Se tutti urlate contemporaneamente io adesso inizierò a nominarvi: onorevole Vacca, onorevole Nesci, onorevole Sibilia, vi richiamo all'ordine. Avete la parola quando...onorevole Nuti, appena avrà terminato l'onorevole Rosato darò anche a lei la parola . Onorevole Nuti, lei non ha la parola adesso, deve essere la Presidente a darle la parola. Onorevole Rosato, prego.
Onorevole De Rosa ! Perché parlate tutti insieme ? Non avete la parola Avrete la parola quando la Presidente vi darà la parola, abbiate pazienza, fate concludere l'onorevole Rosato, che ha già il microfono acceso. Prego.
ETTORE ROSATO. Presidente, intanto per richiamare un principio che in quest'Aula è sempre stato utilizzato, e cioè che per un gruppo per richiamo al Regolamento parla un parlamentare, non tutto il gruppo, perché è un principio d'ordine e quindi la pregherei di far rispettare questo principio d'ordine . La seconda osservazioni, Presidente, è che noi abbiamo fatto una Conferenza dei presidenti di gruppo, io ho ascoltato con grande attenzione le parole del collega Scotto, le parole del collega Fedriga e del collega Brunetta quando sono intervenuti, noi abbiamo dato la disponibilità a definire insieme un percorso, c'era anche il collega Cecconi. Abbiamo dato la disponibilità a definire insieme un percorso, la Presidente ha riepilogato la situazione, ha ricordato in quest'Aula come la Conferenza dei presidenti di gruppo abbia fatto di tutto per venire incontro alle richieste delle opposizioni, noi abbiamo dato la nostra disponibilità a continuare questo percorso con un'unica richiesta che sta nei nostri diritti, direi nei nostri doveri: noi abbiamo il diritto e il dovere di poter provare a portare a compimento questa proposta di legge e noi riteniamo che sia nostro diritto arrivare fino in fondo Di fronte a 2.600 subemendamenti ostruzionistici, noi non abbiamo preteso e non abbiamo richiesto nessun irrigidimento del Regolamento, abbiamo richiesto che da parte della Presidenza...
MASSIMO FELICE DE ROSA. Ma su che cosa sta intervenendo ? Su che cosa sta intervenendo ?
PRESIDENTE. Onorevole De Rosa ! La richiamo all'ordine ! Onorevole De Rosa, sta utilizzando il tempo concesso a quel gruppo per gli interventi sull'ordine dei lavori per concludere il suo ragionamento, ha ancora tre minuti . Onorevole De Rosa !
ETTORE ROSATO. Ci sono delle piccole regole che converrebbe imparare prima di parlare.
Io suggerirei veramente, ma lo dico di cuore, ai colleghi del MoVimento 5 Stelle di approfondire un momento il Regolamento : Vai all'asilo !.
Presidente, il mio voleva essere un intervento – lo dico con sobrietà – per tentare di riportare agli auspici della Presidente Boldrini il lavoro di quest'Aula, cioè completare queste due ore con una concessione che la Presidente Boldrini ha fatto in deroga al contingentamento già previsto, dando la possibilità ai gruppi di esprimersi sui singoli emendamenti, lasciando alla Conferenza dei presidenti di gruppo di domani mattina di costruire il percorso per verificare come arrivare alla fine delle riforme.
Se da parte dei gruppi di opposizione si prende atto che c’è stata una disponibilità, che è da parte dei gruppi di maggioranza e di opposizione, di andare avanti così, noi aderiamo volentieri a quella proposta. Altrimenti, saremo costretti noi stessi a dire alla Presidente Boldrini che non c’è la disponibilità al dialogo che, invece, nella Conferenza dei presidenti di gruppo tutti i gruppi di opposizione hanno rivendicato.
Allora, io pregherei di tornare a votare nel merito gli emendamenti che abbiamo davanti per poi tornare domani mattina a stabilire, in Conferenza dei presidenti di gruppo, il seguito del percorso.
PRESIDENTE. Io ho dato la parola a tutti i gruppi che la hanno chiesta sull'ordine dei lavori. Ora ha chiesto di parlare il gruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale.
GIULIA GRILLO. Arroganti ! Questo siete: arroganti !
PRESIDENTE. Onorevole Grillo, mi scusi: ma lei perché urla ? A che titolo ?
GIUSEPPE ROMELE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Romele, ma il gruppo di Forza Italia ha già parlato. Aveva chiesto di parlare l'onorevole Rampelli. Prego, onorevole Rampelli.
GIUSEPPE ROMELE. Signor Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori va bene. Il presidente Brunetta aveva parlato su un'altra cosa, effettivamente. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE ROMELE. Presidente, io sono una persona fondamentalmente mite e tranquilla. Non ho mai fatto invasioni di campo in quest'Aula...
PRESIDENTE. Spero che non cominci stasera.
GIUSEPPE ROMELE. ...però, sinceramente, mi sento molto, molto meravigliato di alcuni passaggi che lei sistematicamente questa sera porta avanti, non ultimo le due votazioni che non mi ha permesso di esprimere quando non ha colto il mio segnale. !
Però, mi meraviglia molto la sua frase, che ho registrato poc'anzi, rivolta ai signori, agli amici del MoVimento 5 Stelle: «Non avete più il tempo per parlare». Io voglio bloccare questo e chiedere: ma qui non siamo per caso, oltre che in Parlamento, in una fase costituente ? O siamo in un casino ?
PRESIDENTE. Onorevole Romele...
GIUSEPPE ROMELE. Allora, se questo è, signora Presidente...
PRESIDENTE.... mi fa pentire di averle dato la parola.
GIUSEPPE ROMELE.... per favore, mi conceda un minuto ! Mi conceda un minuto.
Allora, o c’è un buonsenso...
PRESIDENTE. Parli con un linguaggio adeguato. Prego .
GIUSEPPE ROMELE. Sto parlando di buonsenso !
PRESIDENTE. No, onorevole Romele ...
GIUSEPPE ROMELE. Lei lezioni di signora Presidente, a me non ne dà, perché ho parlato solo di buonsenso ! E ripeto: di buonsenso e non di subdoli giochini, a giocare un po’ sugli incroci vari, confondendo le cose. Se lei vuole seguire questo metodo sappia che va nel caos più totale e, ripeto, porta questa costituente nel casino più totale. Io mi auguro che questo non avvenga.
PRESIDENTE. Onorevole Romele, due volte !
Nuti vuole ancora parlare per un richiamo al Regolamento ? Non su questo argomento, però, perché questo argomento è chiuso.
RICCARDO NUTI. Come vuole lei, al suo buon cuore, faccia lei !
PRESIDENTE. Onorevole Nuti, vuole parlare per un richiamo al Regolamento su un argomento diverso da quello su cui hanno già parlato diversi suoi colleghi ?
RICCARDO NUTI. Presidente, mi dica di cosa posso parlare .
PRESIDENTE. Lei non può riaprire la discussione. Semplicemente, faccio prima a dirle di che cosa non può parlare. La questione di come andiamo avanti questa sera, per quanto riguarda la Presidenza, è risolta. Chi vuole intervenire dei gruppi che hanno esaurito il tempo sul singolo emendamento, sulla singola votazione, può farlo. Una persona per gruppo, per un minuto. Questa è la decisione che la Presidenza ha assunto. Di questo non parliamo più uno per gruppo, per chi ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori. Comunque, deve ancora parlare il collega Rampelli .
Onorevole Nuti, se vuole parlare di un altro argomento le do la parola per un minuto.
RICCARDO NUTI. Come previsto dal Regolamento. Io le dico l'articolo e ne discutiamo. Molto semplice !
PRESIDENTE. Solo se parla di un'altra cosa io la faccio finire.
RICCARDO NUTI. Presidente, non è che io posso parlare facendo un richiamo al Regolamento per qualcosa che non è nel Regolamento, altrimenti parliamo di che cosa andiamo a mangiare stasera, però non mi sembra attinente.
PRESIDENTE. Mi dica qual è il tema, qual è l'articolo e qual è il tema ?
RICCARDO NUTI. L'articolo è l'articolo 8. Si sono verificati, come tutti i colleghi hanno potuto vedere, dei disordini in Aula che lei stessa ha richiamato. Ci siamo ? Quindi, si vede che l'andamento dell'Aula non sta procedendo come la Presidente deve garantire, come deve porgersi nei confronti dell'Aula Detto ciò, faccio un richiamo al Regolamento proprio per questo.
RICCARDO NUTI. Quindi, questa è testimonianza che non si fa un richiamo al Regolamento per gruppo, perché ogni volta che ci sono delle violazioni si possono fare anche duecento richiami al Regolamento, se ci sono duecento violazioni, come in questo caso.
PRESIDENTE. Questo è un diverso argomento. Sullo stesso argomento parla uno solo per gruppo.
RICCARDO NUTI. Guardi, non continuo nella risposta perché penso che sia inutile. Detto ciò, fermo restando che il fatto che una Conferenza dei presidenti di gruppo di un Parlamento non riesca a trovare una soluzione è qualcosa di grave – e questo lo dovete riconoscere tutti – lei entra in Aula e dice: un minuto per gruppo. Fermo restando che è assurdo proprio matematicamente dare un minuto ad un gruppo...
PRESIDENTE. Onorevole Nuti, la ringrazio Onorevole Rampelli, vuole parlare sull'ordine dei lavori ? Onorevole Rampelli, prego, a lei la parola
DIEGO DE LORENZIS. Il richiamo al Regolamento non è contingentato !
PRESIDENTE. Onorevole Rampelli. Colleghi, fate parlare il collega Rampelli, che ha la parola. Allora, colleghi, non è possibile andare avanti con interventi che non hanno alcuna attinenza con il lavoro che stiamo svolgendo e che sono tutti uguali. Per cui mi dispiace, ma non vi darò più la parola per richiamo al Regolamento. Mi dispiace
Allora, onorevoli colleghi, intanto non potete parlare tutti insieme quando volete. Non potete più parlare tutti insieme quando volete !
CARLO SIBILIA. Lei sta conducendo in maniera vergognosa e antidemocratica.
PRESIDENTE. Onorevole Sibilia, lei non ha la parola. Il suo collega Nuti ha posto all'inizio una questione diversa e poi è tornato sul tema del dibattito di un minuto per emendamento. Quel tema è stato sollevato da molti colleghi del vostro gruppo ed è inutile ricominciare a discutere della stessa questione, perché avete espresso il vostro pensiero e la Presidenza vi ha risposto. Vi ha risposto !
CARLO SIBILIA. Ed è sempre sbagliata la risposta !
PRESIDENTE. La Presidenza si è assunta la responsabilità di darvi una risposta. Se fate la stessa domanda per 105 volte, per 105 volte non la potete fare, mi dispiace. Prego, onorevole Rampelli, a lei la parola
FABIO RAMPELLI. Sì, grazie Presidente, intanto...
MARCO MICCOLI. Ma basta, buffoni
PRESIDENTE. Collega Miccoli, la richiamo all'ordine. Collega Miccoli, la richiamo all'ordine. Non mi sembra il momento. Collega Miccoli !
RICCARDO NUTI. Deve fare finire la frase.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Rampelli. C’è un tale rumore che è difficile sentire anche le vostre frasi, che pure urlate. Onorevole Rampelli, vuole parlare ? Prego. Faccia quello che vuole e che può.
FABIO RAMPELLI. Mi era stata tolta la voce, quindi comunque anche se avessi voluto non avrei potuto. Intanto, Presidente, penso che ci siano almeno due problemi. Il prima e più importante è che è di tutta evidenza che ci si è incartati, come si dice in gergo, e forse questo dovrebbe indurre il maggiore partito presente qui in Parlamento ad una riflessione. Infatti, se fosse stata sincera la disponibilità data ai gruppi parlamentari di collaborare nell'approvazione delle riforme costituzionali, anche nel merito, ma almeno nel metodo, è probabile che noi non ci troveremmo qui alle 22 di oggi a discutere sull'ordine dei lavori e di richiami al Regolamento, cosa ben diversa rispetto a quello che è accaduto – invito ogni collega a rammentarlo – quindici-venti giorni fa, quando il clima era un altro, quando si andava spediti, quando si parlava nel merito degli articoli della Costituzione che stiamo tentando di modificare, finché questa disponibilità non si è trasformata in un atto di arroganza.
Colleghi della maggioranza in particolare, ma colleghi tutti, qui il tema è la tracotanza con la quale si intende accelerare l'approvazione della riforma della Costituzione...
RICCARDO NUTI. A me ha tolto la parola e lui sta dicendo le cose che volevo dire io !
PRESIDENTE. Onorevole Nuti !
RICCARDO NUTI. Ma sta dicendo le stesse cose !
PRESIDENTE. Il gruppo di Fratelli d'Italia non è intervenuto su questo argomento. Onorevole Nuti, l'onorevole Rampelli ha titolo a intervenire perché il gruppo di Fratelli d'Italia non è intervenuto sulla materia.
FABIO RAMPELLI. Il mio è l'unico intervento di Fratelli d'Italia, quindi penso...
RICCARDO NUTI. A me ha tolto la parola e lui continua a parlare !
PRESIDENTE. Non lo interrompa, lo faccia parlare. Onorevole Nuti, per favore ! Deve far parlare l'onorevole Rampelli, onorevole Nuti. Prego, concluda, onorevole Rampelli.
FABIO RAMPELLI. Presidente, dicevo che spero che per la Conferenza dei presidenti di gruppo di domani un po’ di disponibilità concreta, non di quelle che appartengono alla sfera delle petizioni di principio, e quindi delle astrazioni, prevalga, perché l'Aula è ingestibile e sarà ben difficile poter proseguire comunque il cammino su queste riforme, a meno che il Partito Democratico non abbia deciso di non fare questa riforma, e quindi non stia cercando l'incidente d'Aula per fare un altro tipo di politica e magari interrompere, in maniera fragorosa, una situazione che gli è sfuggita dalle mani, perché da un tentativo di approvare con larga maggioranza una riforma della Costituzione si è passati praticamente a una riforma della Costituzione che, di fatto, impegna soltanto un partito, uno soltanto, del centrosinistra.
Quindi, vi è anche un problema di carattere politico. Concludendo, Presidente, vi è anche la vicenda che è stata sollevata dai colleghi della Lega Nord e dai colleghi del MoVimento 5 Stelle: mi riferisco alla necessaria terzietà della Presidenza della Camera in ordine al suo ruolo di amministrazione della dialettica in quest'Aula.
Io sono sinceramente indignato per la mancata concessione dei tempi aggiuntivi ai colleghi dell'opposizione che hanno esaurito i tempi, che quindi dovrebbero stare zitti di qui all'eternità. Penso che sia un'ingiustizia, penso che sia al di fuori della consuetudine, penso che lo sia soprattutto in ordine al fatto che parliamo di riforme costituzionali e in tanti qui hanno evocato la metafora dell'Assemblea costituente.
Stiamo discutendo di un terzo degli articoli della Costituzione italiana e della loro variazione, e penso che prove muscolari siano inopportune, quando non del tutto patetiche. Quindi, sarebbe stato utile non riprendere i lavori, così come qualcuno nella Conferenza dei presidenti di gruppo aveva provato a suggerire. I fatti stanno dimostrando che è inutile stare qui, stasera, fino alle ore 23, perché non si parlerà, se non in maniera del tutto limitata, degli emendamenti e degli articoli della riforma della Costituzione.
Si parlerà dell'inaccettabilità di questa sorta di concessione, che viene data in maniera «pelosa» ai gruppi dell'opposizione, di un minuto, che non vuole dire nulla, che costituisce un precedente che va rifiutato in blocco, anche perché, ripeto, non è mai accaduto fino ad ora e questo precedente innesca un altro precedente. Quindi, da un lato, non si concedono i tempi aggiuntivi, dall'altro, si stabilisce, in maniera del tutto arbitraria, la concessione invece che il riconoscimento di un diritto a parlare e a contribuire al dibattito sulle riforme.
ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Presidente, vorrei fare un breve ragionamento e prego i colleghi di seguirlo. È facoltà della Presidenza dare o non dare tempi aggiuntivi: nel Regolamento i tempi aggiuntivi, per quello che ricordo io, non sono previsti. In questo senso, la Presidenza può dire : chi fa uso del suo proprio diritto non danneggia nessuno, fa uso di un suo diritto.
Tuttavia, esiste una tradizione consolidata per la quale si sono sempre dati tempi aggiuntivi pari a un terzo dei tempi originari, e questo è un dato che forse non è stato prudente revocare proprio in occasione della discussione di una legge costituzionale .
Aggiungo che, quando si è cominciato a parlare di questo, ho sentito richiamare una decisione della Giunta per il Regolamento del 1993, ma c’è una prassi interpretativa successiva che va tutta in un'altra direzione. Non potremmo prendere un impegno di convocare la Giunta per il Regolamento, invece di portare la questione semplicemente nell'Ufficio di Presidenza oppure nella Conferenza di presidente di gruppo, che inevitabilmente la politicizza ? Non potremmo prendere l'iniziativa di chiedere lumi alla Giunta per il Regolamento e di vedere se sia possibile ottenere una lettura del Regolamento, la quale possa essere imparziale e vincolante per tutti, per questa sera e anche per tutto il tempo futuro ?
L'idea di una regola provvisoria soltanto per le due ore di questa sera – che poi sono diventate ormai un'ora e qualcosa – forse non è molto saggia o molto opportuna. Io non condivido i toni esagitati, però capisco che ci si senta privati di quello che era diventato, nei fatti, un diritto acquisito in quest'Aula. Non potremmo trovare una via per riprendere il dialogo, portando la questione nella sede propria, che è la Giunta per il Regolamento ?
LUCA FRUSONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Frusone, su cosa ?
LAURA CASTELLI. Sul Regolamento !
PRESIDENTE. Lei è l'onorevole Frusone, onorevole Castelli ? Mi scusi, eh, è proprio insopportabile ! Onorevole Frusone, su quale articolo del Regolamento, prego ? Non c’è bisogno che lei parli per il suo collega ! Il suo collega parla per sé. Onorevole Frusone, su che cosa ?
LUCA FRUSONE. Presidente, il mio è un richiamo al Regolamento, articolo 41, quindi è una faccenda completamente diversa da quella che abbiamo affrontato fino adesso. Ed è proprio questo: lei, in questo momento, soggettivamente, prima ancora che noi possiamo parlare, stabilisce se i nostri interventi sono effettivamente su un argomento piuttosto che su un altro.
L'articolo 41 dice chiaramente che i richiami al Regolamento, per l'ordine del giorno, per l'ordine dei lavori o per la priorità delle votazioni hanno la precedenza sulla discussione principale. Da dieci minuti sto con il braccio alzato per potere parlare sul Regolamento e sulla soggettività delle sue decisioni, perché sta facendo una censura preventiva sui nostri interventi. Io posso capire quando lei dice: dovete intervenire uno per ogni argomento. Però lei, sinceramente, non ci ascolta e, prima ancora di sentirci, già censura, dicendo che è sempre lo stesso argomento. Nel mio caso non credo che sia lo stesso argomento, visto che non ho tirato fuori l'articolo 8 e non ho tirato fuori la questione della capigruppo, ma sto tirando fuori un altro articolo, che prima di adesso nessuno aveva tirato fuori. E lei già stava censurando il tutto preventivamente ! Questa è una violazione del Regolamento e non riesco a capire veramente lei come possa ogni volta stabilire la bontà dei nostri interventi. Ci dia qualche numero per domani, che ce li giochiamo, visto che ha la palla di vetro e può....
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Frusone, ha concluso il tempo. Non so, che cosa vi posso fare ? Allora, io la ringrazio, onorevole Frusone, perché lei ha citato un articolo del Regolamento che è esattamente quello sulla base del quale io sto procedendo in questa discussione, un po’ faticosamente e un po’ difficoltosamente, perché c’è anche molto rumore e molte persone che strillano contemporaneamente.
Per richiamo al Regolamento certo che c’è la priorità rispetto alla discussione principale ... onorevole Castelli, sto parlando e sto rispondendo all'onorevole Frusone, abbia pazienza ! Sto rispondendo all'onorevole Frusone a proposito dell'articolo 41 che lui ha citato, dal quale si desume che davvero i richiami al Regolamento hanno una priorità rispetto alla discussione principale. Ma, una volta che si sia conclusa con la decisione del Presidente su un determinato richiamo al Regolamento, la questione è conclusa. Quindi, io darò la parola a chi la chiede per richiamo al Regolamento, ma non possiamo riaprire la discussione sulle modalità di procedere questa sera, perché su quella questione la Presidenza ha già risposto.
LAURA CASTELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Castelli, su cosa ?
LAURA CASTELLI. È un fatto nuovo, Presidente, articolo 42, comma 1, del Regolamento: «È fatto personale l'essere intaccato nella propria condotta o il sentirsi attribuire opinioni contrarie a quelle espresse. In tal caso, chi chiede la parola deve indicare in che consista il fatto personale». Presidente, lei ha ritenuto che la mia presenza in quest'Aula sia insopportabile. Io ritengo che la sua condotta sia inadeguata e insopportabile, soprattutto inadeguata all'incarico che ricopre, quindi...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Castelli . Onorevole Castelli ... Voi state urlando tutti contemporaneamente da circa un'ora ed è questo che è insopportabile, non la collega Castelli. È insopportabile che, mentre parlate, urlate tutti contemporaneamente. Questo non è un modo normale di procedere in questa Aula.
ARCANGELO SANNICANDRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A proposito di che cosa ?
ARCANGELO SANNICANDRO. Sull'ordine dei lavori, niente di più preciso che sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARCANGELO SANNICANDRO. Presidente, da quello che ho capito pare che né i gruppi, né la Presidenza abbiano potuto assumere una decisione, ci devono ancora pensare. Ci deve ancora pensare, soprattutto, la Presidenza. Lei ha detto che è una seduta eccezionale. È proprio eccezionale, perché è anormale che non è stato ancora deciso quali siano le regole con cui dobbiamo giocare la partita e poi si dice «giocate un paio d'ore» sembra che stiamo a Napoli « come diceva quel tale sulla flotta dei Borboni. Ora il gruppo del PD deve sbloccare la situazione, se è vero quello che ha detto l'onorevole Rosato, deve sbloccare la situazione e deve dire che, appunto perché non è matura una decisione, né da parte dei gruppi, come sarebbero auspicabile, né in ultima istanza da parte della Presidente, è inutile stare a fare questa sceneggiata. Andiamo a domani mattina con la speranza che i gruppi o la Presidenza, domani mattina, vengano qui con una decisione, perché io mi rifiuto di essere umiliato quando si dice «ti do un minuto parla pure e intanto impiega queste due ore».
PRESIDENTE. La Presidenza ha già assunto una decisione, perché voi sapete che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha dato luogo ad un orientamento, ad una decisione, della Presidenza: proseguire come da calendario fino alle 23. Se qualcuno formalizza una proposta diversa, ovviamente, la Presidenza la deve porre in votazione.
ANGELO CERA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGELO CERA. Grazie Presidente. Volevo ricordare che nella precedente legislatura, per la ratifica dell'accordo Italia-Libia, il presidente Fini concesse un minuto aggiuntivo ad ogni parlamentare. Stiamo parlando di una ratifica di un accordo, anche se importantissimo. Io credo che proprio perché stiamo facendo la nuova Costituzione, un po’ più di attenzione non guasterebbe, per cui un atto di riflessione seria, lo dico ai partiti di maggioranza, giusto per non passare...
PRESIDENTE. Onorevole Cera, io le devo togliere la parola perché lei è dello stesso gruppo dell'onorevole Buttiglione. Stiamo continuando sullo stesso argomento su cui è già intervenuto l'onorevole Buttiglione, grazie.
RENATO BRUNETTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENATO BRUNETTA. Presidente, per un principio di buon senso e di ragionevolezza, come è a tutti evidente, non stiamo dando un grande spettacolo. All'interno della Conferenza dei presidenti di gruppo avevo rappresentato l'esigenza di utilizzare queste due ore, allora erano due ore e mezza, per trovare una soluzione sulla base anche di quello che poi ha detto con ragionevolezza il professore Buttiglione, sulla base della prassi, sulla base della storia di quest'istituzione. Si è preferito non trovare alcuna soluzione, dare un'indicazione parziale, un minuto per gruppo, che ha trovato tutta l'opposizione contraria in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo e di mandare nuovamente l'Aula allo sbaraglio. Io mi chiedo, signora Presidente, se volesse ascoltarmi per un minimo rispetto...
PRESIDENTE. Non ci crederà, ma sto ascoltando. Stavo domandando una cosa al dottor Lasorella sulle questioni che lei stava ponendo.
RENATO BRUNETTA. Il rispetto che lei chiede agli altri per se stessa io lo chiedo per me . se conoscete un po’ di latino .
PRESIDENTE. Collega Brunetta, non ci si metta pure lei.
RENATO BRUNETTA. Vale per tutti e due, signora Presidente. Da questo punto di vista – mi consenta anche un po’ di sorriso – io le sto dicendo che non mi sembra molto ragionevole continuare con questo clima, in questo modo. Il mio è un richiamo non al Regolamento, ma è un richiamo alla ragionevolezza e lo rivolgo al collega Rosato, al collega che rappresenta il gruppo di maggioranza relativa.
Forse sarebbe meglio, signora Presidente, sospendere i lavori e riunire le persone di buona volontà per trovare un percorso di risoluzione, che era abbastanza vicino in sede di Conferenza dei capigruppo, in maniera tale che domani mattina, prima dell'inizio dei lavori dell'Aula, una nuova Conferenza dei capigruppo possa disporre del percorso ottimale. È una preghiera che rivolgo a lei, ma che rivolgo soprattutto al capogruppo del partito di maggioranza relativa, chiedendo senso di responsabilità.
In questo caso sta venendo meno la credibilità dell'intera istituzione parlamentare, signora Presidente, e non credo che noi ce lo possiamo permettere in un momento come questo, in cui c’è una crisi internazionale ormai deflagrata a nord come a sud del nostro Paese. C’è una crisi economica, abbiamo dei decreti-legge da convertire e siamo in una sessione costituente di questo Parlamento. Non credo sia nell'interesse comune svilire il valore di questa istituzione, perché svilire il valore di questa istituzione significa svilire la democrazia nel nostro Paese .
PRESIDENTE. Sono costretta a chiedere ai colleghi di non ripetere questa discussione all'infinito. Questa discussione è una discussione politica assolutamente importante. La Presidenza non ci può entrare. È una discussione politica che auspico i gruppi possano svolgere per raggiungere anche un clima diverso e più sereno, migliore per poter proseguire con il nostro lavoro. Ma la Presidenza, avendo tenuto una Conferenza dei capigruppo dalle 19 alle 21, è costretta, perché tra di noi dobbiamo essere rispettosi di quello che facciamo, a proseguire con le votazioni. Quindi, non darò più la parola su questo tema.
RICCARDO FRACCARO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Su che cosa chiede la parola, onorevole Fraccaro ?
MASSIMILIANO FEDRIGA. Presidente !
PRESIDENTE. C'era prima l'onorevole Fraccaro.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Ma come ?
PRESIDENTE. Ho iscritto prima di lei l'onorevole Fraccaro. Se vogliamo parlare ancora di questo, però, vi toglierò la parola, ve lo dico subito.
RICCARDO FRACCARO. Presidente, io le devo dire che sono rammaricato della situazione che si è venuta a creare, anche perché è nata da un mio primo intervento molto focoso che lei ha interrotto bruscamente, probabilmente anche a ragione. Ma la situazione che si era venuta a creare ovviamente ha destato un po’ di rammarico da parte dei miei colleghi del MoVimento 5 Stelle.
Detto questo, Presidente, io sono anche dispiaciuto del fatto che tutte le lamentele che stanno arrivando da questa parte politica le stia assorbendo e gestendo lei. Sono dispiaciuto di questo fatto perché lei non è affatto responsabile...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fraccaro, lei ha esaurito il suo tempo. Mi dispiace.
RICCARDO FRACCARO. Ma è un richiamo al Regolamento !
PRESIDENTE. Ho capito. Grazie.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Articolo 41, per avere un chiarimento dalla Presidenza. Ovviamente è un argomento nuovo. Allo stato attuale mi risulta che per il gruppo della Lega, quando facciamo dei richiami al Regolamento, il tempo viene sottratto dai tempi che ha a disposizione. Mi domando, legittimamente i colleghi del MoVimento 5 Stelle intervengono e credo sia doveroso dare loro il permesso di intervenire per richiami al Regolamento, però non gli viene sottratto nulla, in quanto il loro tempo non c’è più. Quindi, chiedo di utilizzare lo stesso termine anche per noi, ossia che non ci venga sottratto tempo quando facciamo richiami al Regolamento, perché altrimenti sarebbe un comportamento discriminatorio verso quei gruppi che il tempo lo hanno mantenuto. Quindi, chiaramente noi chiediamo che non venga sottratto tempo quando svolgiamo richiami al Regolamento.
PRESIDENTE. Al contrario, onorevole Fedriga, mi scusi se la interrompo perché, proprio per questa ragione io non dovrei dare la parola a tutti questi interventi per richiami al Regolamento dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, altrimenti questo sarebbe un modo per rendere questi tempi infiniti. Se non dovessero essere sottratti dai tempi dei gruppi sarebbero un tempo infinito, espandibile all'infinito. Allora proprio per questa ragione sto cercando di sollecitare i colleghi del MoVimento 5 Stelle a interrompere questi interventi.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Mi è molto chiaro. Quindi lei sta dicendo che un parlamentare dei 5 Stelle che ravvisa che il Regolamento non è rispettato non può più segnalarlo alla Presidenza ? Ne prendiamo atto.
PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, io ho dato la parola a molti colleghi del Movimento 5 Stelle.
MASSIMILIANO FEDRIGA. E allora, dia il tempo anche a noi. Scusi, o l'una o l'altra. O ai 5 Stelle è permesso, come è giusto che sia, perché se ravvisano che il Regolamento non viene rispettato sarebbe assurdo che un deputato non possa segnalarlo alla Presidenza e al contempo sarebbe ingiusto che ad un gruppo parlamentare che ha mantenuto i suoi tempi, questi gli vengano sottratti rispetto alla discussione del merito del provvedimento. O l'una o l'altra. O lei sta dicendo che i 5 Stelle non possono più intervenire se ritengono ci sia un errore nell'applicazione del Regolamento, o sta dicendo che il gruppo della Lega è discriminato. Me lo dica lei.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 31.131, con il parere contrario di Commissione e Governo, favorevole del relatore della Lega Nord e contrario del relatore del MoVimento 5 Stelle.
Dichiaro aperta la votazione.
Folino, onorevole De Lorenzis, onorevole Spadoni, colleghi vi chiedo...colleghi ! Va bene, allora colleghi, se tutti hanno votato..., onorevole Sibilia. Se non intendete votare chiudo la votazione. Onorevole Sibilia, onorevole Bombassei, onorevole Librandi, onorevole Nuti. Se non avete la tessera nel banco è difficile che riusciate a votare. Onorevole Mucci, onorevole Valente Simone. Onorevole Brugnerotto, potrebbe sedersi per favore perché non riesco a vedere i suoi colleghi dietro. Colleghi....
DIEGO DE LORENZIS. Sospenda la votazione !
CARLO SIBILIA. Vergogna ! Vergogna !
DIEGO DE LORENZIS. Presidente, lei si comporta come una dittatrice.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
DIEGO DE LORENZIS. Signora Presidente, io ho chiesto la parola prima di questa votazione e vorrei conoscere la ragione per la quale lei ha deciso di ignorare la mia richiesta per farmi parlare adesso.
PRESIDENTE. Onorevole De Lorenzis, io ho spiegato perfettamente perché non potete utilizzare il richiamo al Regolamento come una modalità surrettizia per espandere all'infinito i vostri tempi che non avete più. Allora se c’è un tema specifico lo ponete, se non c’è un tema specifico non potete proporlo. Abbiamo discusso per più di un'ora di come andare avanti questa sera. Non è un tema da Regolamento, come andiamo avanti questa sera è stato deciso dalla Presidenza al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo. Onorevole De Lorenzis, prego.
DIEGO DE LORENZIS. Presidente, il comma 1 dell'articolo 43 recita: ciascun deputato può parlare una sola volta nella stessa discussione tranne che nella dichiarazione di voto, per fatto personale o per richiamo al Regolamento.
Ora, o questo Regolamento non vale nulla e ce lo dite in maniera chiara, più chiara di quella che state manifestando adesso in Aula, oppure lei fa parlare e non dà più la parola a persone che la prendono soltanto per difendere la maggioranza. Infatti, è assolutamente vergognoso il suo modo di condurre l'Aula. Mi risponda !
DIEGO DE LORENZIS. No, non va bene, Presidente, mi deve rispondere.
PRESIDENTE. Onorevole De Lorenzis, che cosa le devo rispondere ?
DIEGO DE LORENZIS. Deve rispondere per quale ragione lei vieta a un parlamentare di rappresentare la nazione in quest'Aula...
PRESIDENTE. Ha esaurito il suo tempo, grazie.
ALBERTO ZOLEZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Voleva parlare anche lei sul Regolamento o sull'emendamento ?
ALBERTO ZOLEZZI. Grazie Presidente, sul Regolamento, articolo 45, ma le do un suggerimento. Si è perso negli ultimi anni un termine che non c'entra con la Camera, che è l'immaturità concettuale. Per immaturità concettuale si intende quando non si è in grado di fare determinate cose. Queste riforme costituzionali sono pregne di immaturità concettuale, nel merito, nei contenuti...
PRESIDENTE. Onorevole Zolezzi...
ALBERTO ZOLEZZI. ...perché portano alla dittatura e nel metodo per come si stanno affrontando le votazioni. Visto che il servizio militare è stato tolto dall'attuale Presidente della Repubblica, le consiglio...
LUIGI DI MAIO. C'era la proposta di Sannicandro !
PRESIDENTE. Non c’è una proposta. Scusate, la proposta di sospensione che hanno avanzato, sia l'onorevole Brunetta, che l'onorevole Sannicandro, è facoltà della Presidenza metterla ai voti o no. Io non ritengo di dover mettere ai voti questa proposta – intanto, credo che anche voi capiate qual è il livello di drammatizzazione che facciamo mettendo ai voti questa proposta – per il semplice motivo che questo tema è stato affrontato in una Conferenza dei presidenti di gruppo poco più di un'ora fa.
Allora, a proposito dei richiami al Regolamento, io vi devo, però, porre questa questione. Gli interventi: limiti di ammissibilità e modalità di svolgimento dei richiami al Regolamento o per l'ordine dei lavori, parere della Giunta per il Regolamento – che fino a prova contraria ancora ci orienta – del 24 ottobre 1996: «Gli interventi incidentali, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento sono in linea generale ammissibili soltanto quando i richiami al Regolamento o per l'ordine dei lavori vertano in modo diretto e univoco sullo svolgimento e sulle modalità della discussione o della deliberazione o comunque del passaggio procedurale nel quale, al momento in cui vengono proposti, sia impegnata l'Assemblea o la Commissione». Naturalmente, poiché è sempre la stessa questione che molti interventi hanno posto, una volta esauriti l'esame e la discussione su questo punto, non ha senso proseguire con richiami al Regolamento sullo stesso punto, motivo per il quale...
IVAN DELLA VALLE. Come fai a saperlo prima ?
PRESIDENTE. Onorevole ! Onorevole Della Valle, la richiamo all'ordine ! Dicevo, è il motivo per il quale non potremo continuare a fare continui richiami al Regolamento.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Quintarelli. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE STEFANO QUINTARELLI. Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, per la prima volta prendo la parola in quest'Aula per fare un gesto che dimostra concretamente il mio sostegno al Governo ritirando il mio emendamento. Purtroppo, non sono stato capace, nelle ultime settimane, di spiegarne l'utilità e di convincere dell'importanza, sia di questo, tanto della sua riformulazione semplificata, ovvero l'emendamento 31.708, già ritirato dal collega Coppola. La lettera del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, che prevede una competenza centrale dello Stato nel coordinamento informatico solamente dei dati, nasce in un'epoca di fatto pre-Internet, quando ci si scambiava i dati con stampe, nastri e dischi. Oggi, nel secolo della rete, limitare il coordinamento informatico ai soli dati è come accordarsi su dimensione del pallone e del campo, ma non su come funzionano rimessa laterale e fuorigioco.
Sono convinto che, in un'epoca in cui Internet rende il mondo un punto, rinunciare al coordinamento informatico equivalga a rinunciare a una leva importante per l'efficacia della macchina amministrativa, anche in termini di riduzione di duplicazioni, sprechi e inefficienze, a beneficio di cittadini e imprese. Non sono riuscito a convincere il Governo di questo indirizzo, dell'opportunità di entrare nel merito dell'articolo 117, almeno in questo comma, ma sono fiducioso che vi possano essere nel prossimo futuro altre occasioni per provvedimenti che vadano nella stessa direzione. Con questo spirito di sostegno concreto all'azione del Governo, ritiro il mio emendamento 31.26 .
PRESIDENTE. Mi viene detto che il gruppo di Forza Italia ha fatto proprio l'emendamento 31.26.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palmieri. Ne ha facoltà.
ANTONIO PALMIERI. Signora Presidente, vorrei appunto annunciare all'Aula che io personalmente apprezzo l'intervento del collega Quintarelli che ha dimostrato la sua sensibilità personale e anche politica nel suo primo intervento in quest'Aula e di questo gli va reso atto, perché – lo voglio dire a tutti i colleghi che magari non lo conoscono – Stefano Quintarelli è uno dei padri di Internet nel nostro Paese. Per questo motivo ho chiesto al presidente Brunetta che il mio gruppo facesse proprio questo emendamento, perché, come l'onorevole Quintarelli testé ha detto, è un emendamento che serve, che è veramente utile, perché ci consente di superare quella drammatica frammentazione che impedisce che, nel nostro Paese, finalmente, la tanto auspicata da tutti noi digitalizzazione possa effettivamente avere atto e prendere piede. Da questo punto di vista, noi crediamo che sarebbe importante, e mi rivolgo in questo momento al Governo, accogliere questo emendamento.
Lo dico al Ministro Boschi e ai sottosegretari presenti; accogliere questo emendamento non modifica l'impianto di riforma della Costituzione, non modifica i contenuti della riforma, non modifica come è fatto il Senato, non modifica i poteri del Premier, è semplicemente una modifica necessaria per il nostro Paese e il funzionamento della pubblica amministrazione, che è uno degli obiettivi che questo Governo – così come anche i nostri governi – ha messo come caposaldo della propria iniziativa e per la quale ci siamo spesi noi con il Ministro Stanca e il Ministro Brunetta, con due codici della pubblica amministrazione digitale, proprio per tentare di superare questi ritardi che ancora ci angustiano. Allora, io veramente mi rivolgo al Governo, perché cambi il proprio parere, accolga l'invito che viene da un deputato della sua maggioranza, accolga l'invito che viene anche da altri parlamentari che fanno parte di Intergruppo Innovazione e che condividono il merito di questo emendamento, che fanno parte di questa maggioranza. È veramente un emendamento di totale sostanza, serve al Paese, serve a tutti. Lo dico per l'ennesima volta, non modifica l'impianto della riforma che state portando avanti, che stiamo portando avanti, nella fatica di questa serata e veramente sarebbe un gesto da parte vostra, non solo di attenzione rispetto ai parlamentari della vostra maggioranza, ma anche di rispetto nei confronti di quello stesso programma che voi dite di voler attuare.
Quindi, veramente, lo dico per l'ultima volta, mettetevi una mano sulla coscienza digitale, se ce l'avete, perché se realmente volete far fare al nostro Paese quel salto in avanti che da tanti anni, in tanti, stiamo cercando di fargli fare, questa è una gigantesca occasione. Lo avete già fatto accogliendo l'emendamento del collega Coppola sull'inserimento in Costituzione della trasparenza negli atti della pubblica amministrazione, fate anche questo secondo passo. È un passo piccolo, ma veramente importante e decisivo. Fatelo, veramente, è una cosa che serve davvero a tutti. Vi ringrazio – non lo farete e perderete un'occasione – ma vi ringrazio però, perché vedo che mi avete ascoltato in modo compunto e mi avete dato una soddisfazione che condivido con il collega Quintarelli che meritava una migliore sorte per il suo emendamento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo emendamento certamente non ha alcuna intenzione di alterare gli equilibri di questa riforma costituzionale. È invece un emendamento fortemente migliorativo perché porta la Costituzione su un terreno che è decisivo per il futuro del Paese: ci aiuta ad entrare in quella economia della conoscenza e a fare entrare nella coscienza del paese la priorità di una economia della conoscenza, di un'economia digitale e ci attrezza meglio per cominciare ad aprire una prospettiva politica che è tanto decisiva quanto – ahimè – trascurata e poco interiorizzata dalle forze politiche. So che l'onorevole Quintarelli ha discusso, preparato, riscritto questo emendamento con tanti parlamentari che sono in quest'aula e che appartengono a tutte le forze politiche (credo forse più al PD che ad altre, ma potrei sbagliarmi), al di là di ogni confine di partito con una preoccupazione veramente costituente. Vorrei pregare il Ministro Boschi e vorrei pregare il Governo di fare una riflessione su questo perché credo sia bene per l'Italia. Oltretutto, mostrare al riguardo una certa disponibilità metterebbe in evidenza il fatto che il Governo non è contrario a qualunque emendamento ma sa discernere ed accogliere quelli che, condividendo lo spirito fondamentale delle riforme, aiutano a fare riforme migliori, più calibrate sui bisogni dell'Italia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cozzolino. Ne ha facoltà.
EMANUELE COZZOLINO. Grazie Presidente, abbiamo l'opportunità di votare questo emendamento e la discussione in merito alle piattaforme informatiche. Sono due anni che siamo in Parlamento e si parla di agenda digitale: inseriamola in Costituzione se non siamo in grado di realizzarla per le vie normali, così avendo un principio in Costituzione, forse riusciremo ad attuarla quanto prima, visto che anche questo Governo si dice moderno e fare la digitalizzazione della pubblica amministrazione è il suo cavallo di battaglia, quando siamo ancora in ritardo con i decreti attuativi e sul funzionamento dell'agenda digitale. Quindi, invito anche la maggioranza a valutare questo emendamento perché adesso qui discutiamo nel merito. Abbiamo svolto una discussione prima e adesso nel merito, pensate. Pensate cosa potete fare. L'ha proposto un componente della vostra maggioranza, quindi potreste quanto meno appoggiarlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.
FILIBERTO ZARATTI. Grazie Presidente, faccio il mio intervento per fare un sentito ringraziamento alla maggioranza di questo Parlamento, un complimento davvero sentito per il fatto di aver trasformato una discussione sulla Costituzione in una specie di caravanserraglio, aver distrutto la consistenza proprio della parola «Parlamento»: Parlamento significa che si può parlare e io credo che sia davvero ingiusto il fatto che si debbano sentire colleghi del Partito democratico che possono articolare il loro pensiero su questa vicenda e, invece, negare agli altri gruppi la possibilità di parlare. Verrebbe da dire, imitando la famosa pubblicità, che agli amici del Partito Democratico «piace vincere facile».
MATTEO BRAGANTINI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI, . Grazie Presidente, intervengo come relatore per cambiare il parere sull'emendamento Quintarelli 31.26 e invitare il relatore per la maggioranza e il Governo a valutare davvero questo emendamento. Anch'io avevo espresso un parere contrario ma le motivazioni mi hanno convinto che potrebbe essere un buon elemento per la riforma della Costituzione. Quindi chiedo veramente al relatore per la maggioranza e anche al Governo di rivalutare il parere: non cambia la vostra riforma, è una cosa di buon senso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Catalano. Ne ha facoltà.
IVAN CATALANO. Grazie Presidente, ringrazio l'onorevole Quintarelli per aver presentato questo emendamento che sottoscrivo. Condivido nel merito pienamente questo emendamento ed è un passo importante approvarlo in Costituzione in quanto la gestione coordinata dei dati della pubblica amministrazione è importante per lo sviluppo del nostro Paese e per lo sviluppo della e della e di tutta quell'economia che si basa sulla condivisione dei dati e l'apertura dei dati anche in possesso della pubblica amministrazione. Senza questo passo importante non si può veramente sfruttare al meglio le potenzialità del nostro Paese e delle infrastrutture e dei trasporti e di tutto ciò che ne compete. Quindi, signor Presidente, sottoscrivo l'emendamento e chiedo la votazione positiva dell'Aula.
PRESIDENTE. Onorevole Fiano, però, durante la discussione, se si fanno delle richieste, vi alzate, vi mettete da una parte e lasciate che i colleghi svolgano i loro interventi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Latronico. Ne ha facoltà, per un minuto.
COSIMO LATRONICO. Presidente, nel merito, apprezziamo questa proposta emendativa, che sembrerebbe destare l'interesse di tutti; però, nello stesso tempo, la predicazione ammonitrice dell'onorevole Palmieri rischia di non avere il successo sperato, perché c’è un condizionamento politico che distrugge all'origine lo spirito costituente. Cioè, quest'Aula non è libera neppure di condividere gli aspetti più salienti da scrivere in Costituzione, perché c’è un gioco già precostituito. Questo è il punto politico grave, gravissimo, rispetto al quale quest'Aula si dovrebbe ribellare . E questo è il punto della mancata svolta: un emendamento che viene ritenuto importante per produrre un'innovazione all'interno della pubblica amministrazione, nel sistema della comunicazione, per un pregiudizio che ha però un rilievo politico grandissimo che a voi non sfugge, viene massacrato. Io credo che questa sia una lesione, Presidente, della libertà di questo Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Brunetta. Ne ha facoltà.
RENATO BRUNETTA. Signora Presidente, mettere in Costituzione la digitalizzazione del Paese o l'implementazione delle piattaforme informatiche ha un profondo senso strategico, perché digitalizzazione vuol dire efficienza della pubblica amministrazione, vuol dire controllo, vuol dire produttività, vuol dire vuol dire efficienza, vuol dire libertà per i cittadini di conoscere. Se non c’è un processo digitalizzato ma ancora cartaceo, il sistema non può funzionare. Non ci può essere alcuna riforma della pubblica amministrazione senza digitalizzazione. Non ci può essere efficienza del sistema delle imprese, perché al sistema delle imprese è proibito di dialogare tra di loro e tra loro e la pubblica amministrazione. Signora Presidente, il tema della digitalizzazione, il tema dell'informatizzazione, il tema della costruzione delle piattaforme informatiche è fondamentale per la democrazia sostanziale del nostro Paese.
RENATO BRUNETTA. Pertanto, io pregherei il Governo o quel che è rimasto del Governo, visto che la Ministra Boschi se n’è uscita con il relatore Fiano, di porre attenzione su questo punto...
RENATO BRUNETTA. Posso parlare anche a cappella . La mia esperienza di insegnamento mi fa parlare anche a voce senza microfono.
PRESIDENTE. Concluda il suo intervento. Non ero stata io a toglierle la voce.
RENATO BRUNETTA. Io le sto dicendo, signora Presidente, che questo qualificherebbe questa riforma costituzionale. Vuol dire democrazia, vuol dire efficienza, vuol dire produttività, vuol dire controllo, vuol dire lotta all'evasione fiscale, perché solo con le piattaforme informatiche si fa la lotta all'evasione fiscale.
PRESIDENTE. Adesso però deve concludere.
RENATO BRUNETTA. Per questa ragione, signora Presidente, le chiedo di consentire o di sollecitare il Governo ad accettare questo emendamento.
PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, lei ha segnalato il fatto che la Ministra Boschi si fosse alzata: si era alzata perché io stessa ho chiesto al relatore Fiano di non intralciare gli interventi durante la discussione, quindi erano lì a discutere esattamente di questo emendamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà, per un minuto.
ROBERTO OCCHIUTO. Presidente, anch'io intervengo per sottoscrivere l'emendamento e per dichiarare il mio voto favorevole, non solo per il contenuto e la valenza strategica dell'emendamento ma anche per la valenza simbolica che ha questo emendamento nel processo di riforma che il Parlamento sta compiendo. Come facciamo a dire di voler ammodernare la Costituzione del Paese e poi, allo stesso tempo, escludere dalla Costituzione un elemento di grande modernità, di grande innovazione, come quello proposto dall'emendamento Quintarelli.
Anch'io inviterei il relatore e anche il Governo a rivedere la loro posizione, perché non si può predicare in un modo esaltando l'importanza dell'agenda digitale, dell'innovazione e delle infrastrutture immateriali e poi dimenticandosi di queste necessità quando si pone mano alla riforma in senso più moderno ed efficace della Costituzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il relatore, però io ho ancora altri iscritti a parlare, se possiamo forse concludere il giro degli interventi su questo emendamento. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.
MARIO MARAZZITI. Presidente, avendo alzato la mano quando ancora nessuno l'aveva alzata, avevo pensato di fare mio e fare nostro come gruppo l'emendamento ritirato dal collega Quintarelli per la sua validità. Siccome è stato sottoscritto da altri, aggiungo la mia firma e ritengo di mettere agli atti semplicemente che sia necessario un ripensamento da parte del Governo e del relatore, perché l'agenda digitale e questa modernizzazione è una scelta profonda di questo Governo e quindi questo emendamento va esattamente in quella direzione migliorativa; ecco io credo che in questo modo noi possiamo dare al Paese una formulazione più compiuta, perché senza infrastrutture, senza piattaforme coordinate noi non riusciremo a raggiungere il risultato voluto.
RICCARDO FRACCARO. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento, articoli 24 e 11.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RICCARDO FRACCARO. Presidente, volevo solo farle notare che, non potendo io intervenire dopo il primo collega del gruppo, che ha un minuto, non posso nemmeno dirle se voglio per caso sottoscrivere quell'emendamento o se voglio semplicemente votare in dissenso dal gruppo . Lei mi sta precludendo la possibilità, ad esempio, di sottoscrivere un emendamento che magari qualcuno vuole ritirare e io invece voglio che venga messo in votazione. Questo è un diritto inalienabile che nemmeno lei, Presidente, nemmeno la Boldrini mi può togliere in quest'Aula . Quindi le chiedo almeno il diritto di alzare la mano per dichiarare il voto contrario rispetto al gruppo o per dichiarare se si vuole sottoscrivere o meno quell'emendamento. Questo è sancito dal Regolamento e nemmeno togliendo il minuto o la possibilità di spiegare l'emendamento si può togliere questo diritto.
PRESIDENTE. Onorevole Fraccaro, ha finito il suo tempo.
RICCARDO FRACCARO. Lei, Presidente deve prenderne atto, quindi se alzo la mano, mi guarda, mi dà la parola, un secondo per esprimere il mio parere e metto giù il microfono. Almeno questo .
PRESIDENTE. Onorevole Fraccaro, lei può sempre comunicare alla Presidenza l'intenzione di votare in dissenso dal suo gruppo. Questa situazione che lei denuncia deriva dal fatto che sono effettivamente esauriti i tempi sia dei gruppi che a titolo personale, che sono stati già aumentati del terzo previsto, per cui è evidente che questo tema – è vero quello che lei pone – ha come presupposto il fatto che i gruppi abbiano esaurito i loro tempi e che anche il titolo personale sia esaurito. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.
BARBARA SALTAMARTINI. Presidente, io credo di aver capito dai movimenti in aula che probabilmente il relatore e il Governo intendono finalmente intervenire e motivare o il parere contrario o eventualmente il cambio del parere sull'emendamento, questo significa che quando il Parlamento ha la possibilità di approfondire e di poter esprimersi e argomentare in maniera approfondita i contenuti degli emendamenti, forse si ha anche la possibilità di far cambiare al relatore e al Governo il proprio parere e, laddove avessi sbagliato l'interpretazione dei movimenti che ho visto in aula, mi piacerebbe ovviamente sapere dal relatore le motivazioni eventuali del parere contrario. Laddove invece ci fosse parere favorevole, io credo che sia giusto attribuire l'emendamento a chi lo ha presentato in prima analisi, perché credo che sia frutto della correttezza politica tra colleghi riconoscere a lui il merito dello stesso e comunque intendo sottoscriverlo ugualmente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gigli. Ne ha facoltà.
GIAN LUIGI GIGLI. Presidente, noi per la verità avremmo ancora tutti i nostri tempi, ma...
PRESIDENTE. Ma ha già parlato per il suo gruppo l'onorevole Marazziti, che ha parlato per cinque minuti.
GIAN LUIGI GIGLI. Ce la facciamo tranquillamente in un minuto.
Io credo che, come il Ministro sa, il nostro gruppo ha avuto in questa vicenda della riforma costituzionale un'impronta decisamente regionalistica. Tuttavia, abbiamo riconosciuto fin dall'inizio come le grandi reti di trasporti, le grandi reti energetiche dovessero essere di competenza nazionale. Quindi, proprio per questo motivo riteniamo che anche le infrastrutture digitali ed anche le piattaforme digitali debbano essere di competenza nazionale.
Ciò detto, ci auguriamo ancora che questo clima, in questo momento, così propositivo e cooperativo possa essere di buon auspicio, con la buona volontà di tutti, del Governo, del relatore, della maggioranza e delle opposizioni, per la ripresa dei lavori di domani.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. Intervengo semplicemente per fare una riflessione e un'annotazione. Abbiamo sentito più colleghi che con motivazioni molto pertinenti hanno sostenuto e sottoscritto questo emendamento. Vorremmo capire dal relatore e dal Governo, ove dovessero mantenere il parere contrario, quali sono i motivi della loro contrarietà.
PRESIDENTE. Onorevole Quintarelli, forse lei voleva parlare per dichiarazione di voto, visto che prima ha parlato per ritirare l'emendamento ?
GIUSEPPE STEFANO QUINTARELLI. No, Presidente, non intendo intervenire.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la Ministra Boschi. Ne ha facoltà.
MARIA ELENA BOSCHI, . Grazie, Presidente...
PRESIDENTE. Mi scusi. Aveva chiesto di parlare il deputato Romele. Altrimenti stasera pensa che ce l'abbia con lui. Prego.
GIUSEPPE ROMELE. Presidente, spero che non sia veramente un'antipatia anche nei miei confronti. Credo di essere una persona abbastanza mite .
PRESIDENTE. Quanto siete carini ! Prego, onorevole Romele.
GIUSEPPE ROMELE. Comunque, congratulazioni per il clima che adesso è stato reintrodotto, che è molto positivo, e mi auguro che poi, con l'intervento della Ministra Boschi, a maggior ragione si risolvano un po’ di questioni e si tranquillizzi il clima.
Il mio intervento è solo per sottoscrivere questo emendamento, ribadendo la positività a più riprese rilanciata in particolare dall'amico Antonio.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro Boschi.
MARIA ELENA BOSCHI, Grazie, Presidente. Intervengo per motivare l'iniziale parere contrario del Governo, condiviso anche inizialmente con i relatori e, quindi, poi anche la maturazione di un diverso orientamento alla luce del dibattito in Aula.
Sicuramente nella riforma che stiamo affrontando stiamo cercando di disegnare un equilibrio nuovo tra i poteri attribuiti allo Stato e quelli attribuiti alle regioni. È un equilibrio non facile da trovare, in cui abbiamo cercato, tutti insieme, di mantenere, appunto, un rapporto sano, che non portasse necessariamente ad attribuire allo Stato in modo esclusivo le competenze su ogni materia.
È una stesura, una scrittura, un equilibrio ovviamente che è ancora in fase di esame in queste ore qui in Aula e, quindi, sicuramente il dibattito è stato utile per approfondire come gruppi e sensibilità anche più, diciamo, federaliste o regionaliste abbiano un atteggiamento favorevole rispetto a questo emendamento.
Quindi, nell'esprimere il parere favorevole del Governo sull'emendamento, vorrei ringraziare sinceramente l'onorevole Quintarelli non soltanto per l'impegno che ha profuso in tutte le fasi precedenti alla discussione in Aula, per potere sostenere e in qualche modo spiegare il proprio emendamento, unitamente ad altri colleghi dell'intergruppo che si occupa di innovazione e, specificatamente, anche dell'onorevole Coppola, che più volte ha sostenuto questo emendamento e altri emendamenti similari, nonché i vari componenti dell'intergruppo di innovazione e, quindi, anche dei gruppi di opposizione che hanno lavorato su questi temi.
Il ringraziamento all'onorevole Quintarelli è sottolineato anche dall'atteggiamento che ha avuto in Aula con la sua disponibilità, nell'ottica di un lavoro a sostegno appunto della maggioranza e del Governo, con la sua disponibilità a ritirare l'emendamento nonostante l'attenzione per il tema. Quindi, mi sembrava doveroso questo ringraziamento poiché è il primo firmatario, fermo restando che ovviamente l'apprezzamento va al lavoro di tutti i colleghi che operano in questo settore e che si sono impegnati per questo emendamento e che lo hanno sottoscritto anche in questa sede .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Squeri. Ne ha facoltà.
LUCA SQUERI. Presidente, devo dire che l'intervento del Ministro ha portato una ventata di positività a questo dibattito. Intervengo solamente per aggiungere un nome tra quelli che ha fatto il Ministro, ma che, a mio avviso, è meritevole di essere citato, cioè quello dell'onorevole Palmieri che, a fronte del ritiro di Quintarelli, ha fatto proprio l'emendamento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie Presidente, come ha sottolineato poco fa il Governo, l'onorevole Quintarelli e il gruppo di Scelta Civica avevano accettato di ritirare l'emendamento e di non insistere per la votazione, per il posizionamento nella maggioranza e per lealtà verso il Governo. Ovviamente, siamo molto contenti del cambiamento di opinione del Governo e voteremo a favore dell'emendamento.
MARIA EDERA SPADONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIA EDERA SPADONI. Presidente, vorrei solo avere un chiarimento. Come possiamo fare a sottoscrivere l'emendamento ? Dato che mancano i tempi proprio concretamente, dovremmo venire da voi ?
PRESIDENTE. Lo fate al banco della Presidenza, certo, lo comunicate al banco della Presidenza.
MARIA EDERA SPADONI. Allora, sto venendo, grazie.
PRESIDENTE. Va bene, comunque me l'ha già detto, quindi va bene anche da lì. Non c’è problema, colleghi, lo fate tranquillamente, intanto io lo metto in votazione Allora, riprendete posto, scusate. Qui non stiamo a giocare.
MANLIO DI STEFANO. È lei che sta giocando con la Costituzione.
PRESIDENTE. Allora, se avete deciso di sottoscrivere l'emendamento, io prendo nota che il gruppo del MoVimento 5 Stelle intende sottoscriverlo . Se volete farlo singolarmente, lo fate con il telefono.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 31.26, ritirato dal presentatore Quintarelli e fatto proprio dal gruppo Forza Italia, con il parere favorevole del Governo e dei relatori.
Dichiaro aperta la votazione.
MATTEO BRAGANTINI, Con il parere favorevole solo del relatore di minoranza.
PRESIDENTE. Sì, ha ragione, il relatore per la maggioranza non ha potuto cambiare il parere, quindi solo con il parere favorevole del relatore di minoranza e del Governo.
DANILO TONINELLI. La ringrazio, Presidente. Sfrutto l'opportunità dell'intervento di poco fa del Ministro per le riforme costituzionali, Boschi, che è intervenuta positivamente su quell'emendamento, in questa circostanza, per chiedere al Ministro una risposta su un quesito di natura generale, ovverosia come interpreta e se vede criticità, come hanno visto parecchi costituzionalisti, nel passaggio molto frequente all'interno dell'articolo 31 di questa riforma relativo a norme generali e comuni – grazie Ministro, se mi ascolta, perché, per tramite della Presidente, mi sto rivolgendo a lei – e se non vede l'immane rischio che, nel passaggio che indica per lo Stato la competenza per norme generali e comuni, non vi sia il medesimo rischio di conflitto costituzionale che è avvenuto con la legislazione concorrente e con la distribuzione delle competenze tra Stato e regioni della riforma del Titolo V del 2001. Gradirei una risposta, grazie.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.
ARCANGELO SANNICANDRO. Presidente, per far considerare all'Aula in quale condizione è venuto a trovarsi l'onorevole Quintarelli. È stato fortunato, perché, inaspettatamente, il Governo ha preso atto della bontà della proposta dell'onorevole collega, anche se prima è stato costretto ad arrampicarsi sugli specchi per giustificare il ritiro, ma non sono stati fortunati gli altri – ricordo Rubinato o altri – che appassionatamente hanno illustrato i propri emendamenti, che erano razionali, erano di buonsenso, erano sistemici. Eppure sono stati costretti, costretti, a ritirare gli emendamenti; con amarezza, ma lo hanno fatto, in omaggio ad una presunta disciplina di partito. Approfitto del fatto che vi sia il Governo: ma non ritenete che la strada da seguire sia quella che oggi il Governo ha seguito nel caso dell'onorevole Quintarelli ?
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e quindi metto in votazione l'emendamento...
LAURA CASTELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ha già parlato l'onorevole Toninelli su questo emendamento, colleghi.
LAURA CASTELLI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Onorevole Castelli, per un richiamo al Regolamento su cosa ?
LAURA CASTELLI. Presidente, articolo 8 e seguenti, perché – già che sono fastidiosa e lei lo dice – ho assistito, e vorrei che venisse messo agli atti, ad una ritorsione. Il collega Bressa, che fa parte del Governo, è andato dai colleghi qua dietro, spiegando che, siccome avevano presentato troppi subemendamenti, allora l'incontro di Arno, di cui chiaramente noi non siamo assolutamente consapevoli, saltava.
Ora, non credo che in un momento come questo, che dovrebbe essere il momento più alto, in cui un Parlamento interviene sulla vita dei cittadini, ci si possa comportare in questa maniera, con una parte del Governo che minaccia un incontro con una tale ritorsione . Allora, questo non è il Parlamento dove i cittadini dovrebbero stare e questo non è il modo attraverso il quale si fanno le riforme, e lei, Presidente, deve prendere in maniera obbligata dei provvedimenti; lo deve fare !
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Castelli, anche se questa materia, come è evidente, non ha nulla a che fare con lo svolgimento dei lavori che stiamo tenendo in Aula.
MANFRED SCHULLIAN. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANFRED SCHULLIAN. Signor Presidente, vorrei solo precisare che non si trattava di minaccia e che non abbiamo chiesto il commento di colei che è appartenente al MoVimento 5 Stelle.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Toninelli 31.105, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole dei relatori di minoranza della Lega Nord e Autonomie e di Sinistra Ecologia Libertà.
Dichiaro aperta la votazione.
DANILO TONINELLI. Grazie Presidente, il mio intervento è come relatore, se possibile, per un minuto, e non come gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Tanto non avete proprio più tempo. Come relatore ha già dato il suo parere, per cui, a meno che non debba cambiare il suo parare, non ha altro tempo per intervenire come relatore. Quindi può parlare solo come gruppo.
DANILO TONINELLI. Comunque sia, la ringrazio Presidente. Ribadisco, dopo il quesito rivolto al Ministro di poco fa sull'interpretazione dei rischi tra norme generali e comuni, il fatto che porti nuovamente ad un conflitto tra Stato e regioni e, quindi, a un grande contenzioso costituzionale di fronte alla Corte. Per il quesito che pongo faccio un passo indietro: è di natura ancora più generale.
Sulla base dell'impostazione di quest'articolo 31, che modifica l'articolo 117, il Partito Democratico come visione ha uno Stato centrale o uno Stato federale ? Perché, se da una parte chiamate il Senato delle autonomie ed affermate che i senatori sono rappresentanti delle autonomie territoriali, in questo momento che cosa fate ? Date poche competenze alle regioni e create e immettete una clausola di salvaguarda, che centralizza per determinate condizioni. Io vorrei una risposta. Grazie, Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.
ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, ci avviciniamo credo alla conclusione dei lavori. Ma domani mattina riprendiamo nella stessa maniera ? Mi è stato detto che la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle 9. Ma cosa accadrà ? Che la Conferenza dei presidenti di gruppo si riunisce e discute e noi siamo qui a giocare a pallone, come abbiamo fatto stasera, anche se è stato un pallone fortunato quello che ha riguardato Quintarelli. Io ripeto e ribadisco che prima che inizi la partita bisogna sapere con quali regole dobbiamo giocare, altrimenti si ricreerà inevitabilmente, data l'assurdità della situazione, un comportamento assurdo da parte di molti in quest'Aula.
PRESIDENTE. Allora, metto in votazione l'emendamento Toninelli 31.86...
RICCARDO FRACCARO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Fraccaro, su che cosa ?
RICCARDO FRACCARO. Articoli 24 e 11, Presidente. Ho notato che abbiamo risolto un problema, cioè, non avendo tempo, siamo riusciti a capire come poter sottoscrivere un emendamento o togliere la firma a un emendamento, che è un nostro diritto. Quindi dovremmo avere i mezzi tecnici per farlo. Abbiamo capito che la possibilità c’è: dobbiamo scendere, passare sotto la Presidenza, dichiarare che vogliamo togliere la firma o mettere la firma...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fraccaro, non è oggetto...
RICCARDO FRACCARO. No aspetti, non ho finito !
PRESIDENTE. Non è oggetto della procedura che stiamo in questo momento attuando.
RENATO BRUNETTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, io avevo già indetto la votazione, per cui le chiedo... grazie.
RENATO BRUNETTA. Signora Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori di questa sera, ma anche di domani mattina. Visto che le cose sono andate (il tempo sta per scadere), così come sono andate, ed era prevedibile, a parte la positiva parentesi per cui devo ringraziare l'intelligenza della Ministra Boschi e ovviamente di tutti i colleghi che hanno portato a questo primo momento positivo di questa Assemblea costituente, io le chiedo e mi chiedo che cosa succederà domani mattina, signora Presidente, perché non ho ben chiaro se domani mattina alle ore 9 c’è una Conferenza dei presidenti di gruppo. Se sì, ovviamente l'Aula non può cominciare. Quindi, io vorrei capire da lei, signora Presidente, se c’è una convocazione formale della Conferenza dei presidenti di gruppo alle ore 8, alle ore 7, alle ore 6 e mezza, a che ora vuole la Presidenza. Però le chiedo che l'Aula ovviamente non cominci i lavori, perché ha ragione il collega Sannicandro, non si può ricominciare con l'Aula se non si sa con quali regole del gioco. Quindi, è fondamentale avere una Conferenza dei presidenti di gruppo che decida finalmente, dopo questa pausa inutile di questa sera, in maniera tale che da domani si ricominci in maniera seria, equilibrata, trasparente e responsabile. In mancanza di questo, naturalmente, domani si ripeterà quello che abbiamo visto quest'oggi, moltiplicato all'ennesima potenza, perché, signora Presidente, non consentiremo di andare avanti, senza definire prioritariamente, e con il massimo consenso possibile, le regole del gioco. La ringrazio, signora Presidente.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brunetta.
FABIO RAMPELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Su cosa, onorevole Rampelli ? Sulla stessa questione ? Io vi comunicherò in merito alla richiesta, però se altri gruppi vogliono porre domande simili, le pongano adesso.
FABIO RAMPELLI. Presidente, se lei ha qualcosa da dirci faccia pure, ma mi pare del tutto evidente che lei poco fa ha detto che non vuole che qualcuno giochi, neanche noi vogliamo giocare. Quindi, questo modo di condurre il dibattito parlamentare è inaccettabile, perché intanto si porta dietro delle sperequazioni, discrimina alcuni gruppi rispetto ad altri. È una soluzione tampone che lascia il tempo che trova e che crea problemi peggiori rispetto a quelli che cerca di risolvere. Quindi, facciamo che abbiamo giocato tutti questa sera, domani mattina quello che è successo oggi, in queste due ore, è inaccettabile che possa proseguire. Dunque, se c’è una convocazione della Conferenza dei presidenti di gruppo, ce lo dica, ma comunque mi pare del tutto evidente che senza la Conferenza dei presidenti di gruppo e, quindi, la decisione definitiva rispetto alla prosecuzione del dibattito e di queste votazioni, non si possano riprendere i lavori di quest'Aula.
PRESIDENTE. Allora, visto che chiedete una risposta: la convocazione della Conferenza dei presidenti di gruppo c’è già, dovreste averla probabilmente ricevuta, ma comunque la starete ricevendo negli uffici, alle ore 9 di domani mattina. La Presidenza, quindi, convocherà l'Aula alle ore 9,30. Come sempre, voi sapete, poi c’è un accordo nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo per eventualmente registrare anche l'inizio della seduta, però la seduta sarà convocata alle 9,30 e alla 9 la Conferenza dei presidenti di gruppo.
Allora stavo ponendo...
RICCARDO NUTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Nuti, su cosa ? Perché io stavo ponendo in votazione un emendamento.
RICCARDO NUTI. Presidente, solo per chiederle come poter esprimere il mio voto in dissenso dal gruppo.
PRESIDENTE. Visto che ha la parola, se lei lo vuole dire, lo dice subito se vota in dissenso. Quindi, lo ha già detto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Toninelli 31.86, con il parere contrario della Commissione e del Governo e favorevole dei relatori di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
RICCARDO FRACCARO. Presidente, lei non può fare così !
PRESIDENTE. Onorevole Fraccaro, lei non può fare così ! Voi non potete fare così ! Questa è un'Aula parlamentare ! Voi avete un minuto di tempo per conto del gruppo per esprimere la vostra opinione.
Passiamo all'esame dell'emendamento Pellegrino 31.204 . Colleghi ! Colleghi, non potete continuare così. Io posso continuare ad andare avanti, però non potete continuare così. Onorevole Spadoni, lei è richiamata all'ordine !
MARIA EDERA SPADONI. Mi mandi fuori !
PRESIDENTE. Ma io non ho interesse a mandarla fuori. Lei sa perché non ha votato !
GIULIO MARCON. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Ha un minuto, se ci riesce. Prego . Colleghi, tranquilli ! Sono le 22,55, onorevoli. Colleghi, fate parlare l'onorevole Marcon ! Onorevole Spadoni ! Onorevole Spadoni ! Onorevole Morani ! Onorevole Spadoni, vada al suo posto ! Onorevole Spadoni, vada al suo posto ! Onorevole Malpezzi ! Colleghi ! Colleghi ! Per favore ! C’è un deputato che ha preso la parola. Prego, onorevole Marcon.
GIULIO MARCON. Guardi, Presidente, rispetto alla convocazione di domani mattina, mi sembra assolutamente irrealistico che alle 9 si riunisca la Conferenza dei capigruppo e alle 9,30 comincino i lavori dell'Aula. Stasera ci è voluta quasi un'ora e mezza per svolgere la riunione della Conferenza dei capigruppo che non ha portato pressoché a niente, se non a un accordo ponte, che è quello che sta portando tutta la confusione che abbiamo vissuto questa sera. Pertanto, chiediamo di spostare l'inizio dei lavori dell'Aula, perché in mezz'ora non è assolutamente possibile e realistico che si raggiunga un accordo nei tempi e nelle modalità che tutti noi auspichiamo siano le più ordinate e coerenti possibili con l'orientamento che abbiamo anche discusso questa sera in quest'Aula. Quindi, chiediamo di spostare almeno di un'ora l'inizio dei lavori dell'Aula per dare modo alla Conferenza dei capigruppo di trovare un accordo e di discutere, a meno che non ci sia un'imposizione di questo accordo, ma questo sarebbe in qualche modo sgradevole dopo la discussione che c’è stata questa sera. Quindi, chiediamo che l'inizio dei lavori dell'Aula sia per lo meno alle 10,30, in modo tale da avere nella Conferenza dei capigruppo una discussione più approfondita possibile e per raggiungere la mediazione necessaria.
ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, io penso che la proposta fatta adesso dall'onorevole Marcon sia quella più realistica perché abbiamo già visto l'evoluzione che c’è stata con la Conferenza dei presidenti di gruppo precedente. Se domani c’è la convocazione per le ore 9, sarebbe auspicabile, ma sicuramente la Conferenza dei presidenti di gruppo non finirà i lavori e non assumerà decisioni fino alle ore 9,30. Quindi, non ho capito perché mai dovremmo far venire qui i colleghi alle ore 9,30 quando sappiamo già sin d'ora che poi la seduta sarà aggiornata alla conclusione dei lavori della Conferenza dei presidenti di gruppo. Molto più realisticamente, quindi, consulti la Presidente per aggiornare la seduta domani mattina alle ore 10,30. Penso che questa sia l'unica possibilità percorribile da questo punto di vista, auspicando che veramente domani si possa arrivare a una conclusione equilibrata che finora ancora non si è trovata.
RICCARDO FRACCARO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RICCARDO FRACCARO. Presidente, siamo arrivati a una situazione veramente paradossale e inaccettabile. Prima il mio collega le chiede come possiamo tecnicamente esercitare un nostro diritto; lei ci dà un'indicazione, veniamo sotto il banco della Presidenza, ma noi non siamo di serie B qui dentro, Presidente, i nostri diritti valgono come quelli della maggioranza, anche se loro sono qui con un voto incostituzionale e una maggioranza incostituzionale e noi no. Noi no ! Secondo: siamo venuti lì sotto, lei ci ha mandato in un altro tavolo dell'Aula dove non avevamo la possibilità tecnica di esercitare il nostro diritto e nel frattempo ha chiuso la votazione e non ci ha permesso, non ha permesso al MoVimento 5 Stelle, di votare . Lei sta gestendo l'Aula senza permettere a una forza politica di votare. Il nostro voto conta come qualsiasi altro voto e ci deve portare rispetto in quest'Aula, Presidente . Noi chiediamo il suo rispetto. Lo so, Presidente, che non è colpa sua ed è solo colpa della Boldrini che è così vigliacca da non venire in quest'Aula ...
PRESIDENTE. Onorevole Fraccaro !
RICCARDO FRACCARO. Vigliacca !
PRESIDENTE. Onorevole Fraccaro !
RICCARDO FRACCARO. Vigliacca la Boldrini in questo momento !
PRESIDENTE. Onorevole Fraccaro, non le consento di parlare così della Presidente della Camera ! Ecco, questo siete, grazie. Per quanto riguarda le questioni sull'ordine dei lavori, ci siamo consultati rapidamente, sulla scorta anche degli interventi dei colleghi, e la Presidente sta convocando la Conferenza dei presidenti di gruppo per le ore 8,45 con la convocazione dell'Aula alle ore 10 di domani mattina. A questo punto, essendo giunti alle ore 23, interrompiamo l'esame del provvedimento che, come avete capito, riprenderà nella seduta di domani a partire dalle ore 10. La seduta è tolta...Ah, no, scusate, è la stanchezza . Scusate, non è vero che la seduta è tolta. Onorevole Nuti, che cosa c’è ? Che cosa c’è, onorevole Nuti ? Onorevole Nuti, ho fatto male a chiederglielo in effetti.
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, Alessio Mattia Villarosa, ha reso noto che è stata eletta vicepresidente vicario, in sostituzione del deputato Andrea Cecconi, la deputata Fabiana Dadone, che assolve anche alla funzione di portavoce del gruppo, secondo quanto previsto dal relativo statuto, ferma restando la titolarità in capo al deputato Villarosa della carica di presidente del gruppo stesso. Con la medesima lettera, il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ha inoltre reso noto la seguente ulteriore nuova composizione del comitato direttivo: vicepresidenti i deputati Francesca Businarolo, Davide Crippa e Carlo Sibilia; segretario la deputata Silvia Giordano; tesoriere il deputato Vincenzo Caso.
PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sottoindicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento: alla II Commissione (Giustizia: S. 1344. – Senatore PALMA: «Divieto di concessione dei benefici ai condannati per il delitto di cui all'articolo 416- del codice penale» (2719).
PRESIDENTE. Comunico che il 9 febbraio è deceduto l'onorevole Angelo Iacazzi, già membro della Camera dei deputati dalla IV alla VI legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
CAMILLA SGAMBATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAMILLA SGAMBATO. Grazie Presidente, è un grande lutto per la politica italiana la morte di Angelo Maria Iacazzi, fulgido esempio di una lunga vita spesa nell'impegno politico e sociale.
Angelo Maria Iacazzi nasce a Gorizia nel 1926 e fin dalla più giovane età si contraddistingue come attivista del Partito Comunista italiano. Fra il 1943 e il 1944 milita tra le fila dei partigiani. Nel 1948 organizza a Eboli le proteste per l'attentato a Togliatti e all'inizio degli anni Cinquanta, dopo aver vissuto per un periodo a Valle di Maddaloni, si trasferisce definitivamente ad Aversa. Ricopre vari incarichi istituzionali, fino ad essere eletto deputato del Partito Comunista italiano ininterrottamente per tre legislature, nella IV, nella V e nella VI. Di lui si ricordano, in quel periodo, le battaglie combattute con gli amici storici, con Peppino Capobianco, altro casertano che ha legato il suo nome alla nascita e all'affermazione del Partito Comunista, e con don Salvatore d'Angelo, il sacerdote che nel secondo dopoguerra diede vita al Villaggio dei ragazzi di Maddaloni.
Dopo la svolta della bolognina, aderisce al partito della Rifondazione Comunista, per poi approdare nelle file dei Comunisti italiani.
Amico e collega del Presidente Napolitano, suo testimone di nozze, non ha mai cessato, fino alla fine dei suoi giorni, di interessarsi alle vicende politiche locali e nazionali. Perdiamo con Iacazzi un importante riferimento politico in terra di lavoro, un esempio di difesa dei diritti dei lavoratori e delle fasce sociali più deboli. È morto ieri nella sua Aversa e, oggi, una folla commossa di compagni, cittadini e amici lo ha pianto, nella camera ardente allestita nella sede del suo Partito Comunista, oggi PD, sede da lui voluta e acquistata con le sottoscrizioni di tanti militanti e inaugurata dal Presidente Napolitano. Con Iacazzi muore un vero leader, un uomo carismatico che seppe sempre essere a fianco dei più deboli, in tempi difficili e in una realtà complessa come quella casertana.
PAOLO GANDOLFI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO GANDOLFI. Grazie Presidente, chiedo di intervenire a fine seduta, cosa che non ho mai fatto, per citare delle vicende che sono accadute nel territorio emiliano-romagnolo nel fine settimana scorso, a causa di un evento atmosferico molto pesante che si è tradotto in pesanti nevicate e forti mareggiate sulle coste romagnole. Ci sono stati i disagi di sempre, aggravati da questo evento, per cui la regione Emilia Romagna, siamo qui a sostenerlo, chiede per questo motivo lo stato di calamità. Vorrei anche sottolineare con questo intervento soprattutto un aspetto che si è rivelato, forse, più grave di altri: infatti, a fronte di un'emergenza quale quella che abbiamo avuto questo fine settimana sul territorio emiliano-romagnolo, c’è stato un partito già dalla mattina di venerdì 6, per oltre 200 mila utenze, pari quasi a cinquecentomila abitanti, che è arrivato a coinvolgere questi cittadini fino alla giornata di oggi, in alcuni casi, per fortuna non per tutti, con anche la riduzione, in alcuni casi, della distribuzione idrica e la mancanza di riscaldamento. Quindi, una situazione di emergenza gravissima che ha visto, in questo caso, l'Enel non pronta sia nella parte di interventi iniziali, ma soprattutto nella capacità di risposta agli enti locali che si sono trovati, da soli, a dover affrontare l'emergenza atmosferica oltre che a dover gestire l'emergenza della mancanza di elettricità e di riscaldamento nelle case dei cittadini emiliano-romagnoli.
Questa cosa è molto grave, ci tengo a rimarcarla in questa sede. Chiediamo e avremo probabilmente la possibilità di vedere Enel qui dentro per farci spiegare quello che succede. Chiediamo che lo possano sapere e conoscere anche i sindaci nel nostro territorio e abbiamo presentato interrogazioni in merito, un'interpellanza che spero verrà discussa e un esposto all’ dell'energia perché chiediamo che questi fatti non avvengano. La rete elettrica non può essere così fragile ma soprattutto non si possono lasciare i cittadini al freddo per giorni interi.
PAOLO BERNINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO BERNINI. Signor Presidente, venerdì 6 febbraio è avvenuta una cosa vergognosa durante la manifestazione della Coldiretti a Venezia per denunciare la crisi del settore lattiero-caseario. Questa manifestazione consisteva nel trasbordo di alcune mucche su una chiatta per una mungitura pubblica, nonostante le avverse condizioni meteorologiche: acqua alta, forte vento e pioggia.
Durante il trasbordo delle mucche sull'imbarcazione una di queste è caduta nell'acqua gelida di uno dei canali veneziani. Tutto questo per permettere ai politici di turno, Zaia (Lega Nord) e Moretti (Partito Democratico), di farsi pubblicità elettorale per le regionali in Veneto davanti ai fotografi e videocamere, ripresi nell'atto della mungitura di queste mucche.
Questa manifestazione è il simbolo del distaccamento della reale condizione di questi esseri viventi senzienti. I e l'industria lattiero-casearia ritraggono mucche felici e in ottima salute ma in tutto questo, però, viene omesso il loro sfruttamento. Negli allevamenti industriali che rappresentano la totalità della produzione di latte vaccino, sono rinchiuse milioni di mucche, esseri viventi senzienti, in gabbie metalliche, vengono continuamente ingravidate artificialmente dall'uomo (uno stupro), e munte per mesi attraverso macchinari che causano dolorose infezioni. Inoltre i cuccioli vengono strappati dalle loro madri subito dopo la nascita, i maschi vengono destinati al macello a pochi mesi di vita o fatti ingrassare per essere macellati dopo due anni, mentre le femmine seguiranno il destino terribile delle madri. Mentre il latte che gli spetterebbe viene imbottigliato e venduto nei supermercati o va a far parte di qualche altro cibo prodotto industrialmente come formaggio, biscotti e merendine.
Questo non ha più senso, dato che in commercio esistono tantissimi altri tipi di latte di derivazione vegetale.
Io mi chiedo: ma se tutto questo capitasse alle vostre madri, mogli, figlie, sorelle, voi che direste, sono solo animali ? Sì è vero, sono animali come noi. Possono ragionare ? Possono parlare ? Il punto è che soffrono ed il loro dolore è uguale al nostro.
DALILA NESCI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALILA NESCI. Signor Presidente, intervengo perché ho trovato assolutamente fuori luogo e inopportuno il suo comportamento durante queste ultime ore. A parte il fatto che è insopportabile il suo atteggiamento e il suo sarcasmo perché, se lei è un parlamentare della Repubblica, lo sono anch'io e lo sono tutti gli altri miei colleghi del MoVimento 5 Stelle; l'altro comportamento che devo stigmatizzare in questo intervento è il comportamento del suo ufficio. Infatti, non è possibile che lei ci dà una indicazione, andiamo sotto gli uffici dell'Assemblea e questi ultimi ci rimandano al tavolo del resoconto e giustamente non sanno cosa fare. Ritorniamo al tavolo della Presidenza e il funzionario Santoro ci dice: «Onorevole non si preoccupi, sono le 23», quasi a voler dire che io avevo fretta e voglia di andare a casa, invece rimango in aula fin quando è il momento di rimanere. Questo comportamento non è accettabile né tanto meno quello del funzionario Lasorella che dice: «Onorevole, non so che dirle». Presidente, si assuma le responsabilità sue e anche dei suoi collaboratori perché non è possibile un atteggiamento del genere. Qui stiamo tutti lavorando in maniera seria e non accetto più questo suo atteggiamento nei confronti nostri e di tutto il gruppo. Qui non si scherza, qui non veniamo con leggerezza, qui ognuno di noi ha una storia precisa nelle proprie realtà locali e non è possibile ascoltare da quel banco della Presidenza queste parole
SILVIA GIORDANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SILVIA GIORDANO. Grazie Presidente. Una donna incinta deve essere costretta a partorire. Dobbiamo essere tutti costretti ad aiutarla ad accogliere il figlio. Va eliminata la possibilità di abortire. Il bambino è essere umano da subito. E ancora: noi ci curiamo tanto della mozzarella che sia DOP ma l'uomo e la donna DOP sono un maschio e una femmina che generano una vita, gli altri sono geneticamente modificati. Il progetto naturale sull'essere umano è che un maschio e una femmina generino una vita. L'uomo dell'anno, secondo Costanza Miriano, la donna che ha fatto queste affermazioni ? Niente di meno che Putin
PRESIDENTE. Onorevole Nesci, lasci parlare l'onorevole.
Le leggi sui gay sono giuste. Putin è contro la propaganda degli omosessuali; lui non permette la propaganda perché vuole difendere i minorenni. Presidente, io non voglio neanche dar tanto peso alle affermazioni di questa donna perché ognuno è libero di dire quello che vuole; la cosa che vorrei realmente sottolineare è che questa donna e queste sue affermazioni vengono giustificate in quanto lei viene classificata come una credente, una cattolica. Ebbene, da credente mi rifiuto di essere paragonata a queste persone che, quando dicono queste cose, non hanno nulla di credente ma solo un forte razzismo nei confronti del genere umano, dell'essere donna, dell'essere gay e non c’è niente di poco dignitoso in questo. L'unica cosa poco dignitosa sono le affermazioni di questa donna, che farebbe bene a non andare in televisione a dire queste falsità e soprattutto a non nascondersi dietro la scusa dell'essere credente. La religione è altro, qualsiasi essa sia: cattolica, buddista, islamica; non mi interessa. Qualsiasi essa sia, è altro, altrimenti giustifichiamo anche l'ISIS, perché tanto è un'esaltazione religiosa .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole De Lorenzis, che però non è più in Aula.
MASSIMO ENRICO BARONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Presidente, se la maggioranza si crede infallibile solo perché ha l'argomento schiacciante del numero e pensa che basti l'aritmetica a darle il diritto di seppellire l'opposizione sotto la pietra tombale del voto con accompagnamento funebre di eventuali dichiarazioni, questa non è più una maggioranza parlamentare ma si avvia a diventare una pia congregazione se non addirittura una società corale del tipo di quella che, durante il fatidico ventennio, dava i suoi concerti nell'Aula di Montecitorio. Ebbene, Presidente, in realtà, se l'opposizione intende l'importanza istituzionale della sua funzione, essa deve sentirsi sempre il centro vivo del Parlamento, la sua forza propulsiva e rinnovatrice, lo stimolo che dà il senso di responsabilità e dignità politica alla maggioranza che governa: un Governo parlamentare non ha, infatti, altro titolo di legittimità fuor di quello che gli deriva dal superare, giorno per giorno, pazientemente, i contrasti dell'opposizione, come avviene del volo aereo, che ha bisogno per reggersi della resistenza dell'aria. Ebbene, Presidente, io credo che lei possa far sue queste parole così come io le ho fatte mie. E forse, nelle pieghe del sarcasmo e un po’ di faciloneria con cui lei ha determinato la guida di questo aereo, potranno risuonarle alcune di queste parole .
PRESIDENTE. L'onorevole De Lorenzis, che aveva chiesto di parlare, è tornato. Prego, onorevole De Lorenzis.
DIEGO DE LORENZIS. Presidente, oggi è successa una cosa che io reputo gravissima: la Presidenza ha minacciato di non dare più la parola a nessun deputato per interventi per richiami al regolamento senza alcuna ragione. Ciò non soltanto lede, come hanno già ricordato i miei colleghi, le prerogative parlamentari, per il fatto di non poter spiegare, non solo all'Aula, ma ai cittadini, tramite il resoconto stenografico e gli interventi in diretta, le ragioni magari per cui si interviene in dissenso dal proprio gruppo parlamentare, ma si profilano anche dei precedenti molto gravi. Infatti, oggi si è verificata la situazione per cui l'onorevole Quintarelli ha ritirato un proprio emendamento e, paradossalmente, se un deputato del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle avesse voluto sottoscriverlo, non avrebbe potuto prendere la parola per sottoscriverlo; quindi banalmente una riforma costituzionale, che è il pilastro del nostro Paese in forma repubblicana così come la conosciamo, avrebbe potuto non avere un tassello fondamentale come, per esempio, l'emendamento approvato oggi, proprio perché la Presidenza, con un atto di imperio, evita a parlamentari di un gruppo di prendere la parola anche per sottoscrivere l'emendamento piuttosto che per esprimere le proprie ragioni di dissenso in rapporto alla posizione espressa dal gruppo. Questo è ovviamente un precedente gravissimo, non soltanto per il fatto di non aver potuto prendere parola in generale durante un provvedimento ma tanto più grave perché questo provvedimento è una riforma costituzionale con riferimento ad una parte importante della Costituzione.
ARIS PRODANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARIS PRODANI. Signor Presidente, il 1945 per tutta Italia viene riconosciuto come l'anno in cui si chiuse il Secondo conflitto mondiale. Per le zone dell'Adriatico nord-orientale, invece, non rappresentò l'inizio di un periodo di serenità e di prosperità indirizzate alla ricostruzione, ma l'inizio di un periodo di una guerra non dichiarata in tempo di pace che si tradusse in una morte brutale per migliaia di persone e l'abbandono della quasi totalità dei territori di insediamento storico e la condanna ad una vita di definitivo sradicamento per altre centinaia di migliaia. Per chi abbia vissuto direttamente quella storia, per chi non abbia finto di ignorare, appaiono evidenti le violazioni dei fondamentali diritti umani che quelle popolazioni, in una generale indifferenza, subirono. Ma in quegli anni, e per molti a venire, tacere ha fatto comodo. Ha fatto comodo tacere sulle responsabilità che ciascuna delle diverse forze politiche, ognuna a proprio modo, ha avuto. Ha fatto comodo tacere come in tempo di pace si fosse consumata una pulizia etnica di violenza inaudita. Come ha fatto comodo tacere sul fatto che le proprietà private costruite nel corso di generazioni servirono al pagamento dei danni di guerra dovuti alla Jugoslavia. Un debito di un'intera nazione scaricato su 350 mila persone. Ci sono voluti sessant'anni affinché le istituzioni in forma pubblica ed ufficiale riconoscessero la necessaria assunzione di responsabilità dell'aver negato la verità. Ma questo passo non può essere sufficiente a chiudere la partita. È necessario che la tragedia dell'esodo giuliano-dalmata e delle foibe diventino a pieno diritto parte integrante del patrimonio culturale e storico di questo Paese; è necessario il riconoscimento di un giusto ed equo indennizzo morale e materiale agli esuli ed ai loro discendenti, per riconsegnare loro quella dignità spesso negata; è necessario il sostegno delle istituzioni a chi intenda ancora oggi fare memoria sull'esodo e sulle proprie radici, ma anche a chi, come i «rimasti», organizzati nelle diverse comunità di italiani sparse in Slovenia, Croazia e Montenegro, desiderino fortemente mantenere il legame con le proprie tradizioni e le proprie origini. Superare la categorizzazione ideologica, da destra a sinistra, della storia di quei territori e di quella gente è oggi un atto dovuto, per poter così, senza pregiudizi o preconcetti, custodirne la memoria come un bene prezioso e condiviso. Non si abbia timore e vergogna di guardarsi indietro, ne deriverà maggior forza e coraggio per guardare avanti.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.