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Lunedì 19 Dicembre 2016 ore 14:00
AULA, Seduta 715 - Ratifica dell'accordo sui lavori della Tav, discussione generale
Resoconto stenografico
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Nella seduta odierna si è svolta la discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 2551: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del Protocollo addizionale, con Allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016 (Approvato dal Senato) (C. 4151), in relazione al quale è stata presentata la questione pregiudiziale di merito Dadone ed altri n. 1. Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.
XVII LEGISLATURA
715^ SEDUTA PUBBLICA
Lunedì 19 dicembre 2016 - Ore 14
Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
S. 2551 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del Protocollo addizionale, con Allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016 (Approvato dal Senato). (C. 4151)
Relatori: CAUSI, per la maggioranza; SPADONI, di minoranza.
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- Lettura Verbale
- Missioni
- Disegno di legge: S. 2551 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del Protocollo addizionale, con Allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016 - (A.C. 4151) (Discussione)
- S. 2551 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del Protocollo addizionale, con Allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016 (Approvato dal Senato). (C. 4151)
- Discussione sulle linee generali - A.C. 4151
- Repliche – A.C. 4151
- Annunzio di una questione pregiudiziale – A.C. 4151
- S. 2551 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del Protocollo addizionale, con Allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016 (Approvato dal Senato). (C. 4151)
- Proposta di legge (Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa)
- Intervento di fine seduta
- Ordine del giorno della seduta di domani
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ANNA MARGHERITA MIOTTO, legge il processo verbale della seduta del 12 dicembre 2016.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Baldelli, Baradello, Bernardo, Michele Bordo, Boschi, Braga, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Brunetta, Bueno, Caparini, Castiello, Cirielli, Costa, D'Agostino, D'Alia, Dambruoso, Dellai, Di Gioia, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gelli, Giancarlo Giorgetti, Grillo, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Orlando, Pastorelli, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Francesco Saverio Romano, Rosato, Sanga, Sani, Scotto, Tabacci, Terzoni, Valeria Valente e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna allegato A .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4151: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del Protocollo addizionale, con Allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è in distribuzione e sarà pubblicato nell'allegato A del resoconto stenografico della seduta odierna .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle e del Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Marco Causi. Nel frattempo, prego di lasciare liberi i banchi del Governo. Prego, onorevole Causi.
MARCO CAUSI, Presidente, colleghe e colleghi, con la ratifica di questo accordo, siamo a un passo dalla chiusura di una vicenda più che ventennale che ha impegnato tante energie, tanta discussione e tanta polemica nel nostro Paese, ma fin dai primi mesi del prossimo anno si potrà finalmente dare avvio ai lavori di scavo del nuovo tunnel ferroviario sotto il Moncenisio, destinato sostituire la storica galleria del Frejus.
La Commissione affari esteri della Camera dei deputati ha effettuato, durante l'esame in sede referente, un ciclo di audizioni che invece non si era tenuto durante l'esame di questo importante provvedimento al Senato. Penso che abbiamo fatto bene, ritengo che abbiamo messo agli atti numerosi materiali che potranno aiutare la nostra discussione. È molto probabile che le opinioni politiche ormai consolidate dei diversi gruppi parlamentari sul progetto del tunnel non si modificheranno, però è mio auspicio che la discussione, anche serrata, possa svolgersi, all'interno dell'Aula di Montecitorio e anche al di fuori, tenendo conto fino in fondo dei materiali che abbiamo raccolto.
Nell'epoca della postverità molti pensano che qualsiasi baggianata o fandonia percorra molto velocemente la rete sia di per sé vera, ma i materiali a nostra disposizione consentono di non cadere in questo tranello. È necessario però un esercizio di vera onestà intellettuale. Nel 2015 l'Unione europea ha deciso di intervenire tramite cofinanziamento su quest'opera, con un cofinanziamento del 40 per cento, ma nell'ambito degli accordi europei il cofinanziamento è condizionato alla ratifica dell'accordo bilaterale entro il 1o gennaio del 2017 e in questo senso abbiamo agli atti le comunicazioni pervenute fra Commissione europea e Governo italiano e in questo senso si sta muovendo anche il Parlamento francese, che ha concluso l'esame in sede referente in Commissione, lo stesso giorno in cui l'abbiamo concluso noi, e va in Aula, all'Assemblée nationale, nel giorno di giovedì.
La nuova linea Torino-Lione non è una linea ad alta velocità. Al pari di tutte le linee di montagna e a quelle che afferiscono i tunnel di base alpini, l'attraversamento in galleria e i tratti di adduzione sono limitati nella velocità. Non è quindi corretto usare, parlando di questo progetto, il termine «TAV», oppure, alla francese, «TGV», che infatti non esiste in nessun accordo italo-francese, né nel programma europeo. Potrebbe sembrare questa una questione di mero formalismo definitorio, ma sappiamo bene che e dobbiamo evitare, ferme le diverse opinioni sull'opera, che siano invece le cose a diventare schiave e conseguenza di un nome sbagliato.
Il traffico merci che attraversa l'arco alpino occidentale – e viene rilevato ai confini di Stato – ammonta nel 2014 a più di 40 milioni di tonnellate di merci, ma la sua composizione modale è assolutamente distorta: 91 per cento su strada, solo 9 per cento su ferrovia. L'aberrante distruzione modale del traffico merci sull'arco alpino occidentale comporta il transito annuale di oltre 2,6 milioni di TIR, di cui 1,3 attraverso Ventimiglia, il resto divisi equamente fra l'autostrada del Frejus e l'autostrada del Monte Bianco.
I costi ambientali, economici e sociali di questa situazione sono imponenti e non vanno solo a svantaggio dei territori di frontiera alpina del Piemonte e della Valle d'Aosta, ma anche – forse soprattutto – di quelli del Ponente ligure sull'intera direttrice Genova-Ventimiglia. Una tonnellata di merci trasportata da un treno moderno produce meno del 20 per cento dell'anidride carbonica prodotta dall'equivalente trasporto su strada, oltre a costare la metà.
Se noi riusciamo – e questo è l'obiettivo di questo Progetto – a eliminare almeno un milione di TIR dalle strade quali la Genova-Ventimiglia e dalle altre strade che attraversano l'arco alpino occidentale, questo significa non solo far respirare le montagne e la Liguria, ma soprattutto ridurre le emissioni di anidride carbonica in una misura pari alla produzione complessiva di CO2 generata da una città di 300.000 abitanti. È ben noto – e sarebbe un errore non ricordarlo in questa sede e in questa occasione – che la gestazione progettuale dell'investimento di cui stiamo discutendo, cominciata più di vent'anni fa, è stata attraversata da ritardi, critiche, errori, ripensamenti. Nella fase più recente, però – e anche questo sarebbe un errore non ricordare o non riconoscere – le Amministrazioni incaricate hanno lavorato per un cambiamento significativo del progetto iniziale. L'attuale progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, di cui il tunnel è il pezzo centrale, è molto diverso da quello iniziale. Le critiche pressoché generali e l'opposizione alla prima persona del progetto hanno prodotto un risultato di un radicale cambiamento di rotta. Si pensi soltanto che il progetto iniziale prevedeva, sul versante italiano, la realizzazione interamente in nuova sede di 82 chilometri di nuova linea, con un costo complessivo di quasi 9 miliardi, mentre invece oggi il nuovo progetto di cui stiamo parlando limita a soli 32 chilometri la costruzione di linee in nuova sede, massimizza il riutilizzo e l'ammodernamento della linea storica, riutilizza altre infrastrutture, minimizza il consumo di suolo e il costo non è più di nove miliardi, ma si è praticamente dimezzato: 2,9 miliardi per la quota a nostro carico del tunnel e 1,9 miliardi per le linee di abduzione che porteranno da Bussoleno a Torino.
La riprogettazione è frutto di una discontinuità decisa dal Governo italiano e di un suo importante impegno ed è anche un impegno che è stato proseguito e svolto dal tavolo istituzionale di Palazzo Chigi e dall'Osservatorio tecnico, coinvolgendo le comunità locali, le istanze del territorio, gli enti locali e dando quindi nuova centralità ai vincoli derivanti dalle caratteristiche territoriali e ambientali della zona. La realizzazione dell'opera è affidata a una società di diritto pubblico francese, di cui sono soci paritari due Stati: anche questa è un'importante differenza al confronto con il ciclo di progettazione e di realizzazione di grandi opere pubbliche del primo decennio del secolo in Italia. Oggi non esiste più la legge-obiettivo, che tante giustificate critiche ha ricevuto: il promotore dell'opera non è un privato contraente generale a cui la Pubblica Amministrazione affida in concessione un ruolo esorbitante, spogliandosi di fondamentali competenze a svantaggio dello Stato. Il promotore è una società pubblica che risponde alle due amministrazioni statali nazionali e un elemento molto qualificante dell'Accordo di Parigi è che all'interno del programma di costruzione del tunnel e quindi a tutti gli appalti di Thales anche sul lato francese viene applicata la normativa italiana delle informazioni antimafia e cioè le regole volte a prevenire e contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti pubblici, ai sensi del decreto legislativo n. 159 del 2011.
Si tratta di un successo per l'Italia e per quanti hanno creduto e credono nella possibilità di realizzare le grandi opere tenendo fuori la criminalità organizzata. Abbiamo insomma convinto la Francia – e questo primo passo, inserito in un accordo internazionale, può diventare un punto di partenza per un'iniziativa italiana a più ampio raggio – che il fenomeno dell'infiltrazione della presenza della criminalità organizzata travalica i confini nazionali e che, per contrastarlo, le normative e le procedure adottate in Italia sono in sostanza le migliori.
In conclusione, nello svolgere il compito di relatore assegnatomi dalla III Commissione, mi sembra di poter affermare che il vero punto fondamentale che porta alcuni partiti e alcuni movimenti a manifestare opposizione nei confronti del nuovo tunnel ferroviario del Moncenisio, sia da collegarsi al mancato riconoscimento delle importanti modifiche che l'attuale progetto mostra rispetto a quello iniziale.
Si tratta ovviamente di una posizione legittima, finché sostenuta all'interno delle regole della legalità e del confronto democratico. E, tuttavia, si tratta anche di una posizione che paradossalmente tende a non riconoscere che il movimento di opinione contrario alla Torino-Lione ha ottenuto risultati rilevanti poiché, in sostanza, ha indotto il Governo ad accogliere molti elementi di critica e a ripensare radicalmente il progetto iniziale. Sul piano politico questo potrebbe essere catalogato come un successo del movimento e a me sembra paradossale che questo successo non venga apertamente rivendicato. Al contrario, a mio modo di vedere la vicenda della riprogettazione della Torino-Lione sembra un segnale di una dinamica feconda che si è innestata fra istituzioni e società civile nel nostro Paese, dinamica che non casualmente ha generato una progressiva contrazione delle basi di consenso dell'originario movimento contro l'opera. Quello che è rimasto in campo sembra ormai riconducibile, da un lato, a posizionamenti di natura prettamente politicistica e, dall'altro lato, alle frange estremistiche e paraterroristiche dei professionisti internazionali del sabotaggio.
Raccomando, quindi, una rapida conclusione dell'esame di questo provvedimento e non solo per motivi reputazionali, cioè per mantenere gli impegni siglati internazionalmente dall'Italia, ma per il merito del progetto e, cioè, per l'obiettivo riguardante l'abbattimento della produzione di anidride carbonica, la tutela ambientale delle montagne alpine e la diffusione internazionale delle normative italiane antimafia.
Vado ora naturalmente alla fine, Presidente, e chiedo di consegnare agli atti una relazione scritta molto ponderosa, perché naturalmente per raccontare una storia di vent'anni 10 minuti sono pochi. Tuttavia, mi sono curato di scrivere in venti punti sinteticamente le questioni anche emerse durante il dibattito in III Commissione...
PRESIDENTE. È autorizzato a consegnare ma deve concludere.
MARCO CAUSI, . Molti ritengono che la questione sociale si contrapponga allo sviluppo economico e sostenibile. Ciò non è vero per un Paese come l'Italia; noi abbiamo, in Italia, un attivo di bilancia corrente dei pagamenti secondo, in Europa, solo alla Germania, il che significa che milioni e milioni di posti di lavoro italiani dipendono dal commercio internazionale, soprattutto da quello intraeuropeo. È per questo che l'Italia ha un essenziale bisogno che il movimento internazionale delle merci, che deriva dalla sua economia, possa continuare e possa crescere con infrastrutture di trasporto adeguate e moderne, smettendo di generare i pesanti impatti ambientali e gli elevati costi economici oggi prodotti dai milioni di TIR...
PRESIDENTE. Deve concludere.
MARCO CAUSI, . .. che transitano alle frontiere.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, onorevole Maria Edera Spadoni.
MARIA EDERA SPADONI, . Grazie, Presidente. Proprio dopo le audizioni che sono state fatte in Commissione affari esteri e comunitari, audizioni che, ricordo, sono state volute fortemente dal MoVimento 5 Stelle, sono state riscontrate varie criticità sul provvedimento che stiamo esaminando quest'oggi. La prima criticità è una lesione dei principi costituzionali che riguardano la sovranità popolare e la partecipazione. L'accordo si inserisce in un complesso processo che ha inizio negli anni Novanta e che è stato caratterizzato, anche dopo la ratifica della Convenzione di Aarhus, da un mancato ascolto della popolazione interessata dal tracciato della linea ferroviaria. In Val di Susa sono stati violati: i diritti relativi alla piena informazione sugli obiettivi, le caratteristiche e le conseguenze del progetto della nuova linea ferroviaria tra Torino e Lione; sono stati violati i diritti di partecipare direttamente, attraverso i rappresentanti istituzionali, ai processi decisionali relativi alla convenienza ed eventualmente al disegno e alla costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione; la popolazione della Val di Susa ha a più riprese, con manifestazioni e presidi ma anche con petizioni e delibere delle amministrazioni locali, chiesto e non ottenuto ascolto. Quindi, in questo caso non stiamo parlando di frange paraterroristiche, come ho sentito precedentemente, ma stiamo parlando di una popolazione – io sono andata ieri proprio in Val di Susa e lo consiglio ai colleghi – che si oppone fortemente a quest'opera. Di certo – ripeto – non stiamo parlando di paraterrorismo, ma di un popolo che da più di vent'anni sta criticando e si sta opponendo a quest'opera inutile.
Nell'Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione sin dalla sua costituzione emerge il ruolo guida assunto dalle istituzioni nazionali e la difficoltà, per le amministrazioni locali, di far valere la propria posizione e di vederla correttamente rappresentata all'esterno, con alcune evidenti forzature nel percorso sino alla rottura del 30 dicembre 2008. Numerosi sindaci, infatti, si rifiutano di proseguire la partecipazione all'Osservatorio, eccependo il suo passaggio da organo di discussione sull'opportunità o meno della costruzione della linea ad organo che decide come costruirla. L'Osservatorio non può, quindi, essere considerato come un luogo di effettivo confronto e garanzia della partecipazione dei soggetti interessati.
C’è un'irragionevolezza di quest'opera. Da 15 anni i Governi italiano e francese continuano a non rispettare l'articolo 1 dell'Accordo di Torino del 2001, che ha stabilito che l'entrata in servizio dovrebbe avere luogo alla data di saturazione delle opere esistenti.
La linea esistente è oggi utilizzata al 17 per cento della sua capacità, tre volte meno che 15 anni fa. Manca una correlazione fra mezzi e fini, donde l'irragionevolezza del disegno di legge in discussione. A ciò si può aggiungere l'irragionevolezza del riparto dei costi fra Italia e Francia – ricordo che quasi il 58 per cento (il 57,9 per cento) è a carico dell'Italia, per 12 chilometri, e il 42 per cento è a carico della Francia, per 45 chilometri – e più ampiamente i dubbi circa l'impegno finanziario dell'Unione europea. Gli impegni attuali, quale l'Accordo fra la Commissione europea e i Ministri competenti fra Italia e Francia, non garantiscono la partecipazione definitiva dell'Unione europea al progetto. Inoltre, il disegno di legge di ratifica autorizzerebbe in futuro modifiche, anche sostanziali agli accordi sulla base di semplici scambi di lettere fra i due Governi. Questo è ciò che viene incluso all'interno dell'Accordo; cioè, attraverso semplici scambi di lettere si potrebbe modificare, anche in sede di bilancio, tutto quello che può essere modificabile, così esautorando Parlamenti e cittadini dei loro diritti e doveri costituzionali di controllo e ammettendo la possibilità di influenzare il bilancio dello Stato mediante procedure illegittime.
Bisogna utilizzare gli importi previsti per la realizzazione di opere utili, per ricostruire e mettere in sicurezza il territorio, dando priorità alle zone terremotate e a quelle alluvionate e restituire all'Italia la sua sovranità economica, annullando gli impegni nei confronti della Francia che obbligano il nostro Paese a farsi carico della maggior parte dei costi di un'opera transfrontaliera. In sintesi, il costo della galleria di 57 chilometri presenta dei calcoli inattendibili; la certificazione dei costi presenta un documento inaffidabile. Perché l'Italia paga ogni chilometro della galleria di base quasi cinque volte più della Francia ? Finanziamenti nazionali ed europei non sono disponibili per costruire l'intera opera. Per quanto riguarda il trasporto dei passeggeri, il tempo di percorrenza da Milano a Parigi verrebbe diminuito di pochissimo. Quindi, ha senso fare un'opera del genere e spendere 2,3 miliardi per l'Italia ?
In questo momento storico il traffico delle merci è in continua decrescita. Ricordo, poi, la posizione della Francia, che ha più volte sollevato riserve reali circa la fattibilità del progetto, e l'esclusione dei cittadini dal processo decisionale; quindi, è stata ignorata la Convenzione di Aarhus del 1998. È interessante poi notare nell'articolo 3 l'impegno per prevenire ogni rischio di tentativo di infiltrazione mafiosa delegando a una commissione intergovernativa l'incarico di elaborare un regolamento dei contratti estremamente rigoroso. Questo articolo 3 è un capolavoro in quanto fa sì che, con modalità del tutto singolari quanto improprie, sia l'accordo sia il protocollo producano effetti giuridici internazionali, ossia l'elaborazione di un regolamento dei contratti, prima ancora che i predetti atti siano stati ratificati e siano vigenti nell'ordinamento italiano. Ciò facendo si consente che il Parlamento esamini un atto, il regolamento, prima ancora che le fonti del medesimo atto vengano ratificate.
Il regolamento si compone di 15 articoli e di ben 2 allegati e ha come oggetto la definizione delle regole applicabili. Al fine di prevenire e contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa viene costituita una struttura binazionale, con due prefetti, che dovrà valutare i titoli delle ditte sulla scorta della italiana. Abbiamo visto, purtroppo, quanto sia complicata la gestione delle anche in Italia, con tutte le nostre banche dati; figuriamoci quando ci si dovrà confrontare con ditte che hanno sede all'estero e in tutta Europa. Da ultimo, dobbiamo ricordare i dubbi espressi il 10 giugno 2016 – quindi, stiamo parlando di pochi mesi fa e non di anni fa – dal presidente della Corte dei conti francese, evidenziando come l'Agenzia francese per il finanziamento delle infrastrutture abbia un ampiamente fuori portata rispetto al costo di questa opera.
Concludendo, per tutte le premesse di cui sopra non possiamo che essere fortemente contrari a quest'opera, che lede i principi di autodeterminazione dei popoli e i principi costituzionali, che vengono violati in ogni sua forma.
PRESIDENTE. Prendo atto che il Ministro Alfano si riserva di intervenire successivamente.
È iscritta a parlare l'onorevole Paola Bragantini. Ne ha facoltà.
PAOLA BRAGANTINI. Grazie, Presidente. In piazza Statuto a Torino, in mezzo al grande spazio urbano che di fatto costituisce la porta del centro città, c’è un grande monumento che raffigura degli uomini che arrancano, arrampicandosi su delle grandi pietre, su dei grandi massi di roccia: si tratta di un monumento dedicato alla costruzione del del Frejus.
Ma quello che ci piace di questo monumento, progettato da Luigi Belli e inaugurato nel 1879, è che sia stato dedicato non ai committenti, al re o alle imprese coinvolte oppure ai progettisti, che erano Sommeiller, Grandis e Grattoni, ma agli operai, agli operai che lavorarono in quell'enorme cantiere, che avevano condizioni di vita dure e anche rischiose. Erano circa 4 mila operai, una piccola città, lavoravano in un cantiere di cui tutta la comunità parlava e nel quale si riponevano grandi aspettative da parte del mondo dell'economia e della politica di allora. In meno di quindici anni, realizzarono quel tunnel che, per oltre dieci anni, fu il più lungo al mondo: 13.636 metri. Orgoglio del Piemonte, vanto anche per le innovazioni tecnologiche che esso apportò alla comunità delle scienze applicate, come la perforatrice pneumatica ad aria compressa, sperimentata proprio lì per la prima volta. Quegli operai costruirono una grande opera che unì i territori, popoli ed economie, un elemento di identità forte per il territorio, un dato di forza per l'economia locale e un orgoglio per le comunità: significativo che il grande monumento è stato pensato ed eretto ancor prima della chiusura del cantiere stesso. Grande era la consapevolezza del valore del lavoro, della fatica e del sacrificio delle maestranze, ma altrettanto grande l'orgoglio per il cimento dell'impresa. Sì finì di scavare il tunnel proprio il 25 dicembre 1870 e l'inaugurazione avvenne il 17 settembre del 1871. Cavour, Quintino Sella, il re Carlo Alberto, credettero nell'importanza di guardare lontano, di non fermarsi ai confini, ma di scommettere sulla propria possibilità di costruire il futuro del proprio territorio. Si accantonarono importanti risorse, si fecero accordi internazionali, e si partì.
Dopo, terminato il cantiere, l'Italia e la Francia erano più vicine e pareva incredibile. Da allora letteralmente sono passati secoli. Oggi il Frejus è il tunnel transfrontaliero più vecchio delle Alpi, con pendenze oltre il 30 per cento, incompatibili con le esigenze del moderno trasporto merci e del consumo energetico e, soprattutto, inadeguato, e ancor più inadeguabile, rispetto agli standard di sicurezza previsti dalle indicazioni relative ai tunnel: una galleria a unico fornice, priva di uscite di sicurezza e di adeguati sistemi di ventilazione. Da sempre sappiamo che per investire sul trasporto ferroviario è necessario avere un tracciato più lineare con pendenze più gestibili, così come si è fatto o si sta facendo in tutti i varchi alpini dove la scelta di scavare un tunnel cosiddetto di base, cioè insomma alla base della montagna, è la scelta obbligata per salvaguardare la competitività del trasporto su ferro: il Loetschberg, il Gottardo, il Ceneri, il Zimmerberg, il Brennero, il Koralm, il Semmering, tutti tunnel di base.
L'obiettivo europeo è trasferire su ferro il 30 per cento del traffico merci entro il 2030 così come confermato dalla Commissione europea nel Libro Bianco del 2011, con la finalità di arrivare al 50 per cento nel 2050. Mai meno di 2, 5 milioni di mezzi pesanti attraversano i valichi italo-francesi, intasando con grave carico ambientale le strade che fiancheggiano le coste mediterranee di Ventimiglia, il Frejus e il Monte Bianco. Per farlo occorre che il trasporto merci sia ecocompatibile, economico, efficiente: quindi grandi trasporti, grande capacità piuttosto che velocità, treni in grado di trasportare volumi importanti su linee che evitino il più possibile dislivelli che causano dispendio energetico e allungano ovviamente il percorso. Si pensi che la nuova linea Torino-Lione accorcerà al tragitto rispetto all'attuale linea di circa 30 chilometri, si risparmieranno 545 metri di dislivello, portando le pendenze ad essere inferiori al 12 per cento e soprattutto sarà rettilineo, con uscite di sicurezza ogni circa 333 metri, e sistemi di ventilazione forzata moderni. Se la nuova linea Torino-Lione nasce con l'obiettivo di favorire e trasferire soprattutto il trasporto merci su rotaia, ovviamente la nuova linea servirà anche per il trasporto delle persone, rendendo competitivo l'utilizzo del treno rispetto all'utilizzo dell'aereo. Questa è un'esperienza comune per chi viaggia lavorando, nessun milanese oggi prende l'aereo per venire qui a Roma, lo sanno anche i colleghi, e anche per noi torinesi spessissimo il treno ormai è uno strumento di viaggio vantaggioso rispetto all'areo in termini di comodità, disponibilità oraria. Con la nuova linea Torino-Lione il tempo di percorrenza scenderà da 3 ore e 43 minuti a un'ora e 47, avvicinando quindi all'Italia tutta l'Europa nord-occidentale. Si pensi alla Torino-Barcellona che da dodici ore e mezza di percorrenza sarà dimezzata fino a poco più di sei e così ovviamente Parigi, Bruxelles, eccetera.
Oggi ci accingiamo a porre ai voti la ratifica di un accordo internazionale che renderà più vicine l'Europa e l'Italia: l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e insieme del Protocollo addizionale, sottoscritto a Venezia l'8 marzo 2016.
Si tratta dell'ultimo atto formale che ci separa dall'avvio del cantiere ufficiale della Torino-Lione, che nei fatti è già partito da tempo per le sue parti preliminari, in particolare il tunnel geognostico che sta avanzando verso i 7 chilometri e mezzo di scavo. Visitando il cantiere – cosa che con molti colleghi torinesi e piemontesi abbiamo fatto numerose volte – si vede tecnologia di altissimo livello, ci si emoziona entrando nella montagna sentendo il forte calore che ci avvolge nel buio. Lì si lavora in condizioni estreme, un'impensabile umidità scalda uomini e macchinari. Sulle bacheche degli operai leggi avvisi vari e ritrovi quell'orgoglio del cimento di cui parlavo prima: hanno festeggiato con un brindisi – gli operai – il raggiungimento del chilometro 6.
Oggi cosa rappresenta il TAV ? Rappresenta per molti una battaglia, una istanza di partecipazione, ma per molti rappresenta un feticcio, un'opera scelta come simbolo, scelta fra tante, senza particolari elementi che la caratterizzano rispetto ad altre opere, scelta per organizzare una generica protesta «contro» (contro il capitalismo, contro lo sviluppo, contro le istituzioni), facendo un lavoro piuttosto impegnativo dal punto di vista politico, organizzativo e anche economico di creazione di un vero il NO-TAV, che torna utile nelle manifestazioni più disparate, nelle quali spesso i vessilliferi del simbolo non saprebbero probabilmente nemmeno collocare la Valsusa in una cartina geografica.
Sicuramente molti errori sono stati fatti da parte delle istituzioni nel sottovalutare lo sforzo strutturato e organizzato di coloro che negli anni, sostenendo di muoversi per motivazioni ambientaliste, invece finiscono col favorire il trasporto su gomma anziché quello su rotaia e trasformano un'opportunità di lavoro e di sviluppo per un territorio profondamente in crisi in una occasione di guerriglia, peraltro sempre più stanca e demotivata. L'utilizzo politico che si è fatto di questo cantiere è stato sottovalutato non solo in Piemonte, ma a livello nazionale.
Ma oggi che cosa rappresenta la Torino-Lione ? Rappresenta semplicemente un modo per ammodernare le ferrovie italiane, un modo per avvicinare imprese e persone, un modo per migliorare il nostro territorio, la sua vivibilità, la sua sostenibilità. La Torino-Lione è un investimento concreto per spostare il traffico merci su rotaia, cosa che diciamo tutti di voler fare e che con questo accordo cerchiamo di fare in modo strutturato e strategico per il Piemonte, in particolare. Il cantiere è un'opportunità di lavoro nel distretto territoriale torinese con i più alti tassi di disoccupazione che è la Val di Susa. Il Fraunhofer Institut, uno dei principali istituti di ricerca europeo, afferma che lo sviluppo di questa complessiva rete ferroviaria, di cui la Torino-Lione è un pezzettino, potrebbe generare, da qui al 2030, una crescita di 1,8 per cento di PIL, pari a 2570 miliardi di euro, e addirittura 10 milioni di posti di lavoro, a fronte di investimenti di 457 miliardi di euro. Si tratta di porti, aeroporti, stazioni, connessi in modo efficace per costruire un vero e proprio sistema di trasporti su rotaia a livello europeo, pensato come un strategico con nove corridoi e 35 essenziali connessioni transfrontaliere che, sempre secondo il Fraunhofer Institut, sono essenziali, tanto che ogni euro investito su queste connessioni transfrontaliere genererebbe 17 euro in termini di delta positivo di PIL. Le compensazioni territoriali per il cantiere della Torino-Lione dovranno essere sfruttate fino all'ultimo centesimo per dare risposte ai bisogni del territorio, soprattutto per avviare altre opportunità di sviluppo per la Valsusa, terra di confine, di passaggio, terra di turismo, di viaggio e di produzioni locali.
Un pensiero e un lavoro dedicato e attento dovrà essere rivolto, ad esempio, ai collegamenti a livello locale, riutilizzando in modo intelligente la linea storica specialmente nei tratti montani. Le montagne costituiscono un ambiente ricco di potenzialità, di risorse umane e materiali e fornirle di collegamenti efficienti ed ecosostenibili è una leva di sviluppo fondamentale per rendere visibili e attrattivi territori che possono parere svantaggiati dalla loro distanza dei centri urbani e che invece, adeguatamente connessi, sono in grado di sviluppare economie forti e trainanti.
Per gestire la fase della progettazione prima e della gestione degli interventi relativi appunto alle opere di compensazione è stato costituito l'Osservatorio – lo citava il collega Causi prima – presieduto dall'ottimo Paolo Foietta che intendo ringraziare anche – penso – a nome dei colleghi, ma anche a titolo personale, per il suo impegno, per la passione e per l'intelligenza, che è profonda, nel suo modo di lavorare all'interno dell'Osservatorio. Chi ha seguito la vicenda della Torino-Lione sa bene quanto diversi siano i progetti che saranno effettivamente realizzati rispetto ai progetti che erano stati inizialmente ipotizzati. La linea Torino-Lione che conosciamo non è più neanche lontanamente quella che all'inizio era stata ipotizzata e questo perché si è fatto un lavoro; i progetti sono cambiati perché c’è stato ascolto; i progetti sono cambiati perché le amministrazioni locali hanno partecipato – certo non tutte, ma molte – e insieme si è arrivati a soluzioni diverse, più sostenibili dal punto di vista economico ed anche ambientale.
Ora, la parte più difficile è quella di decidere come spendere i soldi per le compensazioni e farlo in collaborazione con la regione. Stupisce la decisione del comune di Torino di sottrarsi alla partecipazione all'Osservatorio proprio nel momento in cui si deve progettare il complesso di opere compensative, rivolte specialmente all'ambiente e al territorio nell'ottica locale. È una scelta ideologica, di nessun valore pratico, tesa solo a pagare debiti assunti in campagna elettorale con i rappresentanti del No-TAV. Ma, certo, non sono impegni presi con i cittadini, perché di quelli assunti con i cittadini la nuova amministrazione torinese non pare conservare memoria alcuna. Rassicuriamo i cittadini: le risorse per le compensazioni saranno spese in opere utili al territorio e le amministrazioni vanno avanti, anche se chi si è candidato per amministrare, in realtà, si sottrae ai doveri dell'amministrare quando questi doveri si fanno difficili.
Voglio spendere anche qualche parola su un tassello importante che costituisce gli accordi transfrontalieri. Il regolamento dei contratti antimafia, volto a garantire la massima trasparenza e un forte contrasto all'infiltrazione della criminalità negli appalti, a seguito della ratifica che discutiamo e che è in corso di approvazione anche nel Parlamento francese, avrà forza di legge ordinaria nei due territori coinvolti. Il regolamento definisce regole per prevenire e combattere le infiltrazioni mafiose in tutti i contratti conclusi dal promotore pubblico, che è TELT, e in tutti i contratti stipulati con subappaltatori e subcontraenti. Non deve essere la paura della malavita a fermarci. Noi dobbiamo combatterla, estirparla e realizzare i lavori nel modo migliore, per migliorare il nostro territorio. La grande attenzione alle leggi è garanzia, ma lo è, poi, ancora di più la trasparenza con cui viene gestito tutto il processo, che, come sappiamo bene tutti, è stato sempre sotto i riflettori dei media e sotto la vigile attenzione della procura e delle Forze dell'ordine.
È da sottolineare anche come grande sia stata l'attenzione rivolta alla sicurezza dei cantieri, tramite una precisa definizione di ispezioni, di verifiche e di protocolli, proprio con un occhio a quegli operai. Tutta l'Italia guarda questo cantiere, ormai diventato simbolo, suo malgrado, di una battaglia politica, ma si tratta di un treno. Si tratta di una linea ferroviaria che avvicina territori e tutela l'ambiente. Tutta la regione Piemonte, le imprese, le maestranze guardano a questo cantiere come a una straordinaria opportunità di lavoro e di sviluppo. Ora, approviamo questo accordo fra l'Italia e la Francia e spegniamo questi riflettori, che troppo spesso sono stati strumentali. Il nostro sguardo deve essere rivolto a quei tecnici e a quegli operai che, a centinaia, costruiranno, con le loro mani, questa nuova linea ferroviaria giorno dopo giorno. Buon lavoro agli operai che in questi mesi hanno scavato 7 chilometri di tunnel, mentre qualcuno cercava di impedire loro di lavorare, spesso mettendoli anche a rischio. Spegniamo i riflettori, abbassiamo le bandiere: adesso non è proprio più il momento di discutere, adesso è il momento di lavorare .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Airaudo. Ne ha facoltà.
GIORGIO AIRAUDO. Grazie, Presidente. È per me un piacere vederla oggi pomeriggio, perché ha ragione l'onorevole Causi: questa è una lunga vicenda. È una vicenda che per me inizia il 15 ottobre – un martedì – 1991 e il piacere di vederla è legato al fatto che le sue recenti esternazioni aiutano anche me, oggi, a fare una sintesi. Userò anch'io quell'espressione che lei ha usato ieri, cioè facce di bronzo, per capirci. Infatti, questa vicenda è fatta di molte facce di bronzo. Ce ne sono state molte in questa lunga vicenda. Si inizia con i dati che non sono mai stati veri, i dati previsionali sui trasporti, sulle aspettative per quel che riguarda la Torino-Lione. Si potrebbe dire che hanno sbagliato più dei sondaggisti. Infatti, in questo caso, i trasportisti, chi ha dato quei numeri li ha sbagliati alla lunga.
Allora, è utile, però, ricordare l’ di questa vicenda sui dati, cioè le ragioni per cui noi ci siamo impegnati sulla Torino-Lione. Nel 1991 l'allora ex presidente di Confindustria Sergio Pininfarina dichiara a che la TAV doveva essere fatta subito, perché nel 1997 – quindi sei anni in avanti rispetto al momento di questa intervista – quella linea, la linea storica, sarebbe risultata satura rispetto a un volume di traffico stimato in 4,3 milioni di passeggeri, 14,3 milioni di tonnellate di merci, che sarebbero poi salite ad opera conclusa, sempre secondo l'illustre presidente di Confindustria. Spesso l'Unione industriali di Torino e le Unioni industriali sono la sede di questi numeri, di queste previsioni, prevalentemente fallaci. Il traffico di merci sarebbe passato, poi, a 18,6 milioni di tonnellate. Sono passati venticinque anni, inutile ricordare che nel 1997 la linea Torino-Lione non era satura. È utile avere presente che questa quantità di tonnellaggi, di merci e di passeggeri non è mai stata neanche sfiorata; siamo molto al di sotto e non solo perché a un certo punto è arrivata la crisi, non solo perché nel frattempo sono state realizzate altre iniziative, ma perché in questo Paese è mancata totalmente una politica dei trasporti. Anche oggi si fanno le ennesime previsioni, altre facce di bronzo si cimentano nelle previsioni, come l'architetto Virano, che ha scelto anche lui la sede dell'Unione industriali. L'architetto Virano è ex membro della segreteria del Partito Comunista Italiano, ed è stato responsabile per gli enti locali negli anni Settanta. Come si dice, si tratta di un profilo noto a Torino, per capirci. Quando l'architetto Virano dice che è merito del movimento se alcune cose sono state migliorate, anche in quel caso ci si comporta come una faccia di bronzo. Infatti, ovviamente, in tutti gli anni quel movimento è cresciuto. Stiamo parlando di un movimento popolare, stiamo parlando di un movimento partecipato, di un movimento che ha prodotto proprie rappresentanze, che i cittadini hanno liberamente scelto in molte amministrazioni della Val di Susa. Molti altri amministratori hanno fatto parte di quel movimento, alcuni hanno dovuto cambiar partito perché le loro idee non erano più ospitate all'interno di quelle compagini politiche, ma questo attiene alle vicende della politica italiana, non alla vicenda dell'alta velocità. Ebbene, non solo quei numeri non sono mai stati rispettati. È certo che quel movimento ha ottenuto dei risultati e sono tutti i risultati di quel movimento; sono risultati legati alla sua capacità di leggere i numeri, di leggere i dati, di conoscere quel territorio, di abitarlo e viverlo. Per esempio, chi vive in quel territorio – come il sottoscritto – può dirvi che è inutile vaneggiare ancora sul fatto che nel sistema dei trasporti di questo Paese il trasporto su rotaia trasferirà il trasporto su gomma. Sapete qual è stato negli ultimi anni l'incremento sulle statali della Val di Susa (sono due: statale 24 e statale 25) ? Sapete qual è l'incremento di automezzi ? È quello sotto i 18 quintali...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Airaudo. Lei deve gentilmente lasciare il banco del Governo.
GIORGIO AIRAUDO. La ringrazio, ma io andavo avanti lo stesso.
PRESIDENTE. Ma io no. Prego, onorevole Airaudo.
GIORGIO AIRAUDO. Sono automezzi al di sotto dei 18 quintali e sono prevalentemente automezzi di società guidati da autisti dell'Est europeo (polacchi ed altri). Sono automezzi che fanno concorrenza allo stesso trasporto dei TIR, ovviamente riducendo la quantità di materiale che si può portare. Lo fanno anche perché in quel caso – sì – c’è un serio problema di diritto del lavoro e dei lavoratori. Infatti, c’è una straordinaria concorrenza sul costo del lavoro per quel che riguarda gli autisti, coloro i quali trasportano merci. Questo avviene nella totale assenza della nostra politica, nella totale assenza di un coordinamento di politiche, per cui, mentre noi progettiamo il trasferimento di merci che non ci sono più, per quantità che non arriveranno più, ci sono merci che vengono trasportate in tutt'altro modo, che non seguono i corridoi progettati dai grandi architetti europei, ma che, invece, seguono la materialità, la riduzione dei costi orari per il trasporto. Ovviamente, di questi autisti bisognerebbe preoccuparsi: sono coloro i quali, per mantenere i tempi di trasferimento, mangiano e dormono in cabina o mangiano e dormono lungo le statali. Basta frequentare quelle statali per andare a casa, come capita a me spesso, per vederli.
Non è difficile, non bisogna fare ricerche particolari, non bisogna spendere soldi in particolari progetti di indagine. Abbiamo, allora, un problema molto semplice: siamo di fronte a un'opera che da lungo tempo è stata pensata male, per un trasporto che non esiste, senza una politica di trasporti integrata; e siamo di fronte a un'opera che, oltre a rivelarsi inutile perché non si sono realizzati i suoi presupposti iniziali (ho citato per questo i primi dati che venivano citati per giustificarla), non troverà più quel quantitativo. Peraltro faccio notare che alcune di quelle imprese e di quegli imprenditori che nel 1991 cominciarono a parlare di questa esigenza per sviluppare Torino, nel frattempo hanno lasciato Torino, non ci sono; e non se ne sono andati perché non c'era l'alta velocità: se ne sono andati per altre ragioni, per ragioni che si sono nel tempo realizzate. Cioè, per capirci: la FIAT non è che ha venduto meno macchine e ne produce meno a Torino (ricordo che lo stabilimento FIAT di Torino è ancora interessato dalla cassa integrazione, e che i dipendenti e il suo indotto vengono costantemente ridotti), ma se ne è andata per scelte di politica industriale di carattere addirittura globale, internazionale. E se devono spedire delle auto dall'Italia verso gli Stati Uniti, le spediscono come è noto, per ragioni logistiche anche militari, dal porto di Livorno, non le spediranno mai da un altro porto europeo; e c’è una ragione precisa per cui questo avviene.
Siamo di fronte quindi ad un'opera progettata male, lo ripeto, che arriva tardi, che arriva in un mondo già cambiato; siamo di fronte ad un'opera che ha avuto una fortissima resistenza civile sul territorio, civile, che non è stata capace – e anche qui ci sarebbero tante altre facce di bronzo – di essere rappresentata dalla politica dei territori, se non dagli amministratori di prossimità, quelli più vicini, i sindaci dei comuni e di quelle comunità interessate a quella vicenda. Politica che non ha saputo trovare risposte, soluzioni, politica che ha spesso cercato la furbizia, politica che ha spesso cercato e visto il trasformismo (anche questa malattia non legata alla TAV, assai diffusa in questo Paese: riguarda abbondantemente anche queste Aule, per capirci), ma una comunità che ha saputo studiare, documentarsi, produrre iniziativa; produrre addirittura iniziativa economica: ci sono iniziative economiche, non solo sociali, che sono nate intorno al movimento di contestazione critica alla TAV. Sono fatti straordinari di partecipazione, che hanno consentito in una zona che è depressa dagli anni Settanta (parliamo di circa 70 mila abitanti in Val di Susa, quella che Giorgio Bocca definiva la periferia ovest di Torino: perché si può avere anche una periferia che arriva in montagna, quando si è una città ai piedi della montagna, può succedere anche questo) di produrre una critica. Quella critica è stata in parte accolta: bene, ma non è stata accolta la critica di fondo, non è stato spiegato a quella comunità che si è documentata, ha studiato, che è dotta di questi temi, perché si devono impegnare soldi dei cittadini e risorse per un'opera che non serve; mentre nel frattempo quegli stessi cittadini, in quello stesso territorio, vedevano ospedali chiudersi, ridimensionarsi, vedevano luoghi di lavoro scomparire, vedevano i loro trasporti allungarsi. Ma non verso Lione: perché quando le merci diventano più importanti delle persone, le persone rischiano di diventare merce; e quando le persone diventano merce, è difficile pensare che possano essere felici, che possano progettare una propria vita in autonomia.
Allora quel territorio, che è un territorio dotto e competente, ha mosso una critica puntuale; ma quella critica non è stata ascoltata nel suo punto di fondo, perché non è stata data la risposta: perché impegnate così tanti soldi, per così tanto tempo, su previsioni sbagliate, per trasportare merci che non ci sono, per costruire un così basso numero di posti di lavoro ? Ben vengano tutti i posti di lavoro. Guardi, io ho un grandissimo rispetto per tutte le persone che lavorano, anche per chi lavora nell'industria delle armi; ma questo non mi impedisce, insieme a molti lavoratori dell'industria delle armi, altra industria importante nel torinese, di essere un pacifista. Non è che perché uno è costretto a lavorare, o non può o non ha alternative al lavoro in un cantiere dell'Alta velocità, è benemerito in quanto tale: uno può lavorare in un cantiere dell'Alta velocità, e magari essere critico e contrario a quella stessa opera.
Può anche succedere questo, e anche questo è successo in Val di Susa. Altrimenti non si capisce come molte cose in quella valle si sanno anche quando non si vogliono far sapere: perché anche i cantieri, come si dice, hanno le loro zone d'ombra, e molte volte quelle zone d'ombra sono illuminate da quei lavoratori che vi lavorano, che sono benemeriti; e non solo quando faticano, ma anche quando pensano, usano la testa, sono uomini e donne liberi, e sono capaci di esprimere un'opinione.
Siamo, quindi, di fronte ad un Trattato. Non credo che sarà l'ultimo episodio: vedo una certa fretta. L'ho vista e l'ho sentita nei commenti l'altro giorno a Torino, all'Unione industriale; la vedo e la sento in alcuni commenti giornalistici. Guardate, non finisce qui questa vicenda, non finisce con questo Trattato. Le bandiere di quel movimento non verranno ammainate. Quella pratica sociale che si è radicata e si è diffusa in quella valle resterà, crescerà, evolverà: sarà capace di distinguere tra i gesti solitari di testimonianza, di cui ognuno si assume innanzitutto individualmente le proprie responsabilità, e quelle che sono le pratiche democratiche e non violente che la stessa procura di Torino, di fronte ad arditi provvedimenti giudiziari, ha dovuto riconoscere nelle aule di tribunale; non nelle sedi della politica, nelle aule di tribunale.
Siamo quindi di fronte ad un altro episodio, ad un altro passaggio: siamo di fronte a degli altri denari pubblici, che per molto tempo vengono impegnati; siamo di fronte a dei cittadini informati in un territorio, siamo di fronte ad un movimento che ha fatto scuola nel Paese come modello di partecipazione, come modello di relazione, come capacità di non isolarsi, di non chiudere, di essere esattamente socialmente il contrario di quel fenomeno NIMBY con cui culturalmente si è cercato di contrastarlo. È tutto meno che un movimento chiuso dentro un territorio ! Parte dal proprio territorio, per criticare un'opera che non ha senso per quel territorio, ma noi pensiamo – e l'abbiamo affermato più volte, lo facemmo all'inizio di questa legislatura con una mozione presentata insieme ai colleghi del MoVimento 5 Stelle – sia un'opera inutile per il Paese; sia un'opera inutile per il Paese, a maggior ragione in questi anni di crisi che stiamo vivendo; sia un'opera inutile per il Paese, a maggior ragione per la situazione che questo Paese vive dal punto di vista della sua struttura territoriale: che frana sotto le piogge, che è violentata dai terremoti, che è impotente rispetto alle alluvioni.
E allora continua ad essere inevasa la domanda principale, che da quell'ottobre 1991 chiedeva: ma perché tutti quei soldi per spostare delle merci, e non delle persone ? Perché all'inizio si diceva che sarebbero state soprattutto persone; poi visto che ormai il tragitto è in galleria, e in galleria oltre una certa velocità non si può andare, si sa che il problema non sono le persone ! Quindi il problema non è raggiungere per il week-end la famiglia, il proprio figlio che studia a Parigi: il problema è il trasporto delle merci.
Ora, a quella domanda di fondo – perché lo fate ? perché tanto denaro ? non si può fare altro ? – non è stata data ancora risposta, e ancora oggi si preferisce tirare avanti. Tirare avanti, dire: ma come ? Sì, qualcosina vi daremo, le compensazioni, qualche contentino, c’è stata qualche correzione; e vivaddio, anche perché il primo progetto era spaventoso: voleva bucare una montagna, il Musinè, che ha una concentrazione di amianto significativa, come ammette lo stesso architetto Virano. Però me li ricordo gli anni, onorevole Causi, in cui mi veniva detto: sei un visionario; peccato che io su quella montagna ci andavo da bambino, perché sono nato lì sotto. La conosco, ci ho vissuto, so cos’è; ed è una montagna che storicamente, anche a primavera, è secca, cioè non cresce l'erba, l'erba ingiallisce, perché c’è una quantità di radiazioni, radioattività naturale, che sale dal terreno: è fatta così, è il territorio.
Penso, allora, che noi dobbiamo continuare ad insistere; ed è per questo che anche nell'occasione del Trattato in quest'Aula, anche domani, come abbiamo già fatto in Commissione, con gli emendamenti insistiamo perché si ripensi a quell'opera.
Noi come gruppo parlamentare di Sinistra Italiana abbiamo anche presentato, incardinandola, la proposta di una Commissione di inchiesta sui costi della TAV nel nostro Paese: non della Torino-Lione, ma della TAV. No, perché se l'architetto Virano ci dice che son stati capaci di fare tanti risparmi grazie anche ai movimenti, francamente mi chiedo perché continuiamo a fare tanti sprechi in tutti gli altri tratti di TAV, perché l'aumento di costo per chilometro è tantissimo, perché dobbiamo assistere alle indagini – che credo siano solo all'inizio – per quel che riguarda il Terzo valico, su cui mi aspetto e mi immagino che arriveranno altri provvedimenti nelle prossime settimane, a proposito di altri tratti.
C’è una vicenda complessa che grava intorno alle grandi opere. Io penso che i nostri concittadini preferirebbero, e vorrebbero, non solo in Val di Susa, delle piccole opere. Vorrebbero i piccoli cantieri, quelli che consentono di misurare – come si dice – la risposta della politica e delle istituzioni ai problemi quotidiani. Insomma, vorrebbero che qualcuno sostituisse il neon nella scuola del figlio di Matteo Renzi, invece che fare la TAV in Val di Susa. Ovviamente anche di tanti altri Matteo, anche non Renzi, in giro per l'Italia, o anche non Matteo, per capirci. Forse quei soldi faremmo meglio ad impegnarli nei prossimi anni su opere di questo tipo, perché a quella domanda iniziale – a che cosa serve ? –, dopo tutti i dati sbagliati, tutte le previsioni non realizzate, dopo tutte le correzioni accettate, dopo tutte le riduzioni, non c’è risposta. Alla domanda principale – a che cosa serve, e perché ? –, a questa domanda, non c’è risposta.
Io sono convinto che in questi anni si sarebbe potuto fare molto di più per il lavoro; si sarebbe potuto fare molto di più per il territorio; si sarebbe potuto fare di più anche socialmente, ed evitare che un conflitto tracimasse in un problema di ordine pubblico, con le responsabilità che, dove ci sono, vanno acclarate, e di cui chi è responsabile deve rispondere. Ma quando un problema sociale e politico e di governo di un territorio diventa un problema di ordine pubblico, lì la politica ha fallito. Ha fallito, e non può continuare a pensare di proseguire in questo fallimento. Quindi, penso che quell'opera richiederebbe di essere rivista. In ogni caso, come abbiamo fatto in Commissione, penso che ci siano alcune cose che vanno cambiate. Anche nel dibattito in Commissione ho visto che alcuni emendamenti, per esempio due che abbiamo presentato come Sinistra Italiana, sono stati considerati da Causi di interesse. Sono due emendamenti che per noi sono molto importanti, che sollevano due temi importantissimi: uno riguarda il coinvolgimento delle istituzioni e delle popolazioni, l'altro riguarda lo scostamento eventuale dei costi, che per quel che riguarda l'Alta velocità si è costantemente verificato. Si è costantemente verificato in tutti gli altri cantieri.
Quindi, che un problema ci sia, anche la maggioranza ne è consapevole. Che ci siano aspetti di questa vicenda che interrogano direttamente il rapporto tra coloro i quali rappresentano i cittadini e i cittadini, e tra gli organi di governo, le decisioni e la partecipazione dei cittadini, è evidente. È evidente che c’è. Io non sono convinto che perseverare nella continuità dell'opera risolverà questo problema; penso che ogni tanto il principe si deve inchinare al popolo, e quando il popolo negli anni dimostra che ha più ragioni che torti, quelle ragioni vanno riconosciute, non gli si può dare una pacca sulla spalla e dirgli: abbiamo utilizzato quel che ci serviva, ma andiamo avanti lo stesso. Ecco perché avremmo bisogno – ha ragione lei, Presidente Giachetti – di meno facce di bronzo e di più faccia a faccia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gianni Farina. Ne ha facoltà.
GIANNI FARINA. Presidente, sostengo oggi alla Camera l'atto confermativo alla costruzione del tunnel ferroviario di base Torino-Lione. Per l'occasione, in viaggio per Roma, ho preso il nuovo Intercity che passa attraverso la galleria di base del San Gottardo: affermo come un piccolo Paese al centro dell'Europa abbia vinto la sfida della modernità donando all'Unione un'opera destinata a costruire la storia dei collegamenti ferroviari del secolo XXI. La ripresa italiana, all'opposto, tarda a ripartire, anche per i gravi ritardi nell'ammodernamento e nella costruzione delle grandi infrastrutture, di cui la nazione ha bisogno, se vuol vincere la sfida della competitività all'interno dell'Unione europea e nel contesto globale.
La Lione-Torino ferroviaria attraverso il tunnel di base è un importante tassello per colmare i ritardi accumulati negli ultimi decenni. La rete dei trasporti transeuropea, che è la nuova metropolitana d'Europa, è stata ideata per favorire la circolazione delle persone, quindi l'incontro tra i popoli delle grandi nazioni europee, e il trasporto delle merci su di un mezzo ecologico e rispettoso dell'ambiente e della natura che è il treno. L'obiettivo storico, la sfida, vorrei dire, sta nel diminuire considerevolmente l'utilizzo del trasporto stradale, che incrementa l'inquinamento e le emissioni di gas serra. In questa rete transeuropea, il nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione si trova nell'intersezione dei due grandi assi di comunicazione tra il Nord e il Sud e tra l'Est e l'Ovest europeo: è, in definitiva, l'anello centrale del corridoio Mediterraneo al servizio – attenzione ! – di circa il 20 per cento dalla popolazione dall'Unione europea e di altrettanto Prodotto interno lordo. L'opera, come per il tunnel del Gottardo, contribuirà ai cambiamenti profondi della cultura dei trasporti, valorizzerà i contatti e i rapporti transnazionali, e favorirà l'avvento di straordinarie realtà macroeconomiche nell'interesse delle popolazioni delle regioni alpine e dell'Unione.
La linea per merci e passeggeri Torino-Lione si estende per una lunghezza di 270 chilometri, il 70 per cento in Francia e il restante 30 per cento in Italia. La parte fondamentale è rappresentata dalla sezione transfrontaliera, che supera l'attuale linea di montagna trasformandola in una direttissima di pianura, grazie alla realizzazione del tunnel del Moncenisio. Perché la nuova galleria ? Perché l'attuale linea ferroviaria di collegamento Italia-Francia nell'arco alpino è inadeguata a rispondere alla sfida della modernità. Il treno è competitivo se non si arrampica sulle montagne, come è avvenuto nei due secoli che ci hanno preceduto; il treno è competitivo se viaggia in pianura e riduce i tempi di percorrenza: navetta per le persone, chilometro zero o giù di lì per le merci. E l'unico modo per farlo, nel massiccio alpino, è costruire il tunnel di base, come già attuato nella Confederazione Elvetica con la recente inaugurazione dell'opera: un tunnel a due canne di 57 chilometri, del Gottardo, per unire Zurigo a Milano, e, in prospettiva, creare la verticale del trasporto merci in ferrovia da Rotterdam a Genova e ritorno, che, direi, è l'incontro del Mediterraneo con il Mare del Nord.
La linea esistente è totalmente inadeguata per gli standard di trasporto internazionali: nel tunnel ferroviario del Frejus i treni si arrampicano oltre i 1.300 metri, e necessitano spesso, per la traversata, di ben tre locomotive, sino a quasi il 50 per cento in più del costo energetico di una linea di pianura. Il progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, parte del corridoio transeuropeo 5, prevede tratte così suddivise: la Torino-Susa, la costruzione della linea Lyon-Saint-Jean-de-Maurienne, ed altre opere ancora. Il progetto, come già accennato, preventiva un costo di 8,6 miliardi di euro, ed è finanziato nel rispetto degli ultimi accordi sottoscritti.
L'importanza fondamentale dell'opera, che collegherà la Francia con l'Italia, sta nel rispetto dei più moderni criteri alla base della progettazione delle nuove linee ferroviarie, in particolare il portare la sagoma ferroviaria della galleria, il cosiddetto a dimensioni tali da permettere il passaggio di treni merci di ultima evoluzione. Inoltre, la tecnologia moderna permette di scavare meccanicamente gallerie con forti coperture tali da aumentare la lunghezza del tunnel e diminuire fortemente la quota della livelletta, passando dall'attuale 33 per cento di pendenza della linea storica al massimo del 12,5 per cento, e con grandi vantaggi di curvatura, così da permettere ai treni non di Alta velocità, dei 200 chilometri all'ora, come al Gottardo, e specialmente ai treni merci, velocità notevoli con forti riduzione dei tempi di percorrenza.
La messa a punto del progetto della linea ferroviaria è stata preceduta dalla costruzione di quattro discenderie, fra le quali quella di Chiomonte. Anche in questo caso, oltre all'individuazione dei principali dati di input per il progetto esecutivo del tunnel di base, Chiomonte risulta un cantiere scuola per lo studio del trattamento del materiale di risulta dello scavo, volgarmente chiamato in cantiere «smarino». Le quattro discenderie, una volta realizzate le gallerie di base, saranno utilizzate sia come vie per la gestione degli impianti che per la ventilazione delle gallerie, il trattamento delle falde acquifere e per gli eventuali soccorsi dovuti a incidenti.
La realizzazione delle attività propedeutiche è stata interessante sia per gli aspetti tecnici che per il supporto ai progettisti alla definizione del progetto esecutivo sia per la gestione delle problematiche ambientali dovute al trattamento delle acque dei fiumi in prossimità dei cantieri, il Dora Riparia dal lato italiano, l'Arc su quello francese, del trattamento delle polveri causate dallo scavo in galleria e dalle attività all'esterno del cantiere, e infine allo studio delle vibrazioni causate dalle macchine operatrici e in definitiva dovute a un protocollo di intesa che definisca le procedure e le modalità di monitoraggio ante opera, durante la fase di costruzione, e post opera, cioè in esercizio e verifica delle variazioni dei parametri di base e del non superamento dei limiti di legge.
Un altro aspetto importante del progetto è stato quello di adottare per la prima volta un confronto tra la committenza, istituzioni statali e cittadini, volto alla conoscenza delle fasi realizzative e degli eventuali futuri impatti sia per l'ambiente che per gli aspetti sociali delle comunità montane. L'esempio più importante è stato dato dall'Osservatorio governativo. Una volta completata la costruzione, il progetto farà parte, come già accennato all'inizio, del corridoio numero 5 della linea TENT, che dovrà collegare Siviglia con Kiev, passando per la Spagna, Madrid e Barcellona, la Francia, Parigi e Lione, l'Italia, Torino, Milano e Venezia, la Slovenia, Lubiana, l'Ungheria, Budapest, la Romania fino all'Ucraina, venendo così a costituire una delle linee ferroviarie più importanti di collegamento dall'Ovest all'Est, tale da rendere gli ex Stati dell'Est europeo sempre più vicini e uniti nel contesto dell'Unione.
Infine, ritengo altrettanto importante il coinvolgimento di più intelligenze e di più specialisti in progetti di simili dimensioni e importanza, per un confronto tra diverse culture di pensiero e di comportamento che costituiscono un buon viatico alla costituzione dell'Europa in termini concreti e reali. Per la realizzazione delle opere si sono riunite in consorzio le più importanti società di costruzione delle due nazioni, realizzando il motto che fu dei grandi idealisti del secolo XX. Il futuro, in definitiva, come disse Rainer Maria Rilke, entra in noi molto prima che accada. Ci sono coloro che guardano le cose per come sono e si chiedono: ma perché io sogno cose che non ci sono mai state e chiedo perché no, perché non lo posso fare ? Furono le visioni di Jacques Delors, l'economista francese e grande europeista in quel Libro bianco in cui disegnava i sogni dei cittadini europei per i decenni e il secolo a venire. Ho concluso: l'allora presidente della Commissione europea negli anni Novanta – egli fu Presidente dal 1985 al 1995 – seppe guardare oltre l'orizzonte delle alte montagne dei confini nazionali, indicandoci la strada del progresso, per unire i popoli e le nazioni. L'opera di cui parliamo – io lo penso, ci credo, sono convinto – è un prezioso tassello per avvicinare i sogni alla realtà . Chiedo di consegnare il testo, perché ho dovuto, naturalmente, abbreviare il tutto.
PRESIDENTE. Ovviamente, è autorizzato alla consegna del testo.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice di minoranza, onorevole Spadoni, rinunzia ad intervenire.
Al relatore per la maggioranza, onorevole Causi, non posso dare la parola, perché ha già consumato un minuto in più di quello che aveva all'inizio. Quindi, purtroppo, non gli posso dare la parola.
Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia ad intervenire.
PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la questione pregiudiziale di merito Dadone ed altri n. 1, che sarà esaminata prima di passare all'esame degli articoli del provvedimento, nella seduta di domani, a partire dalle ore 11.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la VII Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:
alla VII Commissione (Cultura):
S. 1892 – Mariani ed altri: «Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche» (1533-B).
MARIA EDERA SPADONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIA EDERA SPADONI. Grazie, Presidente. «I migranti sono raddoppiati in un anno; sinceramente, non sappiamo più dove metterli». Queste le parole e l'allarme lanciato dal prefetto di Reggio Emilia, Raffaele Ruberto. Parole che il MoVimento 5 Stelle accoglie, considerando fondamentale intervenire con estrema urgenza. Il piano nazionale di accoglienza presentato a marzo 2016 dal Governo sottostima fortemente i posti di accoglienza necessari e presenta grosse lacune sull'analisi della situazione geopolitica internazionale. Allo stato attuale, anche se la normativa in vigore prevede tutt'altro, più del 70 per cento dei posti disponibili in accoglienza è in strutture straordinarie. Ricordo che secondo l'Unione Europea l'80 per cento dei profughi arrivati in Italia sono irregolari, cioè privi di diritto all'accoglienza.
Queste le proposte del MoVimento 5 Stelle dall'inizio della legislatura per risolvere questa problematica, proposte che, ricordo, sono state approvate qualche anno fa, ormai: superare Dublino III e il suo assurdo principio «chi primo accoglie gestisce»; istituire delle quote per ripartire equamente i migranti sul territorio europeo; istituire il mutuo riconoscimento, ovvero chi gestisce il migrante e lo regolarizza lo fa a nome di tutti i Paesi europei, che si impegnano, quindi, a riconoscerlo; istituire dei punti di richiesta asilo direttamente sui territori di provenienza e non sul nostro territorio; assumere 15 mila cittadini italiani che abbiano conseguito una laurea in discipline giuridiche, proprio per capire chi è un falso profugo e chi, invece, ha il diritto di asilo. Ci vuole una chiara volontà politica per arrivare ad una soluzione di questo annoso problema. Basta visioni falsate di emergenza, basta strumentalizzare questa problematica.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.