PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
RAFFAELLO VIGNALI, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Baretta, Bindi, Catania, Cicchitto, D'Ambrosio, Damiano, De Menech, Epifani, Gentiloni Silveri, Giancarlo Giorgetti, Mazziotti Di Celso, Meta, Morassut, Piccoli Nardelli, Rossomando, Scanu e Schullian sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente centosette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna allegato A .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.
PRESIDENTE. Passiamo alle prime interrogazioni all'ordine del giorno Zardini ed altri n. 3-02308 e n. 3-02309, concernenti elementi ed iniziative in ordine all'obbligo di assunzione di persone disabili appartenenti alle cosiddette categorie protette da parte delle pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento all'INPS, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente .
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Angelo Rughetti, ha facoltà di rispondere.
ANGELO RUGHETTI, Grazie, Presidente. Come ricordato nelle interrogazioni, l'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito nella legge n. 125 del 2013, stabilisce che le amministrazioni pubbliche procedono a rideterminare il numero delle assunzioni obbligatorie delle categorie protette sulla base delle quote e dei criteri di computo previsti dalla normativa vigente, tenendo conto, ove necessario, della dotazione organica come rideterminata.
All'esito della rideterminazione del numero delle assunzioni obbligatorie, ciascuna amministrazione è obbligata ad assumere a tempo indeterminato un numero di lavoratori pari alla differenza tra il numero come sopra determinato e quello allo stato esistente.
La disposizione deroga anche ai divieti di nuove assunzioni previste dalla legislazione vigente, anche nel caso in cui l'amministrazione interessata versi in una situazione di soprannumerarietà.
Il successivo comma 7 prevede che il Dipartimento della funzione pubblica ed il Ministero del lavoro monitorino, per quanto di competenza, l'adempimento dell'obbligo di cui al comma 6.
Considerata l'importanza della tematica e l'esigenza di garantire che gli adempimenti in materia di collocamento obbligatorio siano rispettati dalle pubbliche amministrazioni, il Dipartimento della funzione pubblica ha già avviato i dovuti approfondimenti con il Ministero del lavoro al fine di condividere un percorso di raccolta dei dati informativi, nonché per adempiere al monitoraggio previsto dal decreto-legge n. 101 del 2013 e, soprattutto, per cercare di rendere effettivo l'obbligo in questione.
Aggiungo che sul portale della mobilità, finalizzato alla ricollocazione del personale in soprannumero degli enti di area vasta e della Croce rossa italiana, è previsto l'inserimento di specifiche informazioni che consentono alle pubbliche amministrazioni di adempiere agli obblighi di comunicazione, di cui all'articolo 7 del decreto-legge n. 4 del 2006 in materia di personale disabile in servizio. Inoltre, tramite il suddetto portale, vengono rilevate le informazioni relative al personale appartenente alle categorie protette, di cui alla legge n. 68 del 1999 in servizio presso le pubbliche amministrazioni.
Nel testo della legge n. 124 del 2015 – una delega sulla riforma del pubblica amministrazione – sono state introdotte disposizioni normative relative ai disabili che assolvono alle finalità richiamate nelle interrogazioni. In particolare, l'articolo 17, comma 1, dispone la previsione della nomina di una Consulta nazionale, composta da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali e territoriali, dei sindacati maggiormente rappresentativi e delle associazioni di categoria, con una serie di compiti, tra cui quello di controllare l'adempimento dell'obbligo della comunicazione relativa ai posti riservati ai lavoratori disabili non coperti ed al programma sui tempi e sulle modalità di copertura della quota della riserva prevista dalla normativa vigente, oltre a quello – molto importante – di prevedere adeguate sanzioni per i mancati adempimenti.
Con i decreti legislativi di attuazione della legge n. 124 si provvederà, quindi, a completare il quadro normativo per rendere la pubblicazione delle quote d'obbligo a favore delle categorie protette uno strumento ancora più efficace ed effettivo.
PRESIDENTE. Il deputato Pastorelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alle interrogazioni Zardini ed altri n. 3-02308 e 3-02309, di cui è cofirmatario. Prego, onorevole.
ORESTE PASTORELLI. Grazie, signora Presidente.
Ringrazio il sottosegretario per la risposta, ma voglio dire al sottosegretario, che rappresenta il Governo, che le nostre interrogazioni concernono un settore di totale importanza del nostro Paese, che tocca persone che hanno dei bisogni e, dall'altra parte, ci sono delle leggi di riferimento che non sono prese in seria considerazione.
È stato messo un controllore – chiamiamolo così – che deve monitorare il sistema delle assunzioni, ma questo controllore, ad oggi, non ha dato alcun risultato. Io chiedo con forza – e credo che il Governo si stia attrezzando per risolvere questo problema – che il Governo metta in campo tutte le iniziative necessarie che vengono indicate dalle normative e dalle leggi in essere affinché questo problema venga risolto nel più breve tempo possibile, perché deve essere anche posto un elenco delle strutture in cui le pubbliche amministrazioni hanno la necessità di assumere una quota delle persone disabili. Ad oggi non abbiamo nulla di questo: allora, invito il sottosegretario a far sì che questa normativa prevista dal decreto-legge n. 101, che, poi, viene riportata nella legge del 2015, nella legge di semplificazione, venga messa in grande rilievo, in modo da dare lavoro a persone che sono interessate e che ne hanno bisogno.
PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Ciprini ed altri n. 3-02307, concernente elementi ed iniziative in materia di criteri di nomina dei componenti degli organismi indipendenti di valutazione della .
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Angelo Rughetti, ha facoltà di rispondere.
ANGELO RUGHETTI, Grazie, Presidente. Il Dipartimento della funzione pubblica, ora competente in materia di misurazione e valutazione delle in attesa dell'emanazione del regolamento di cui all'articolo 19, comma 10, del decreto-legge n. 90 del 2014, si è avvalso delle indicazioni operative contenute nella delibera n. 12 del 2013 dell'ex Civit, oggi Anac, oltre che dei chiarimenti forniti dalla medesima Autorità nella seduta dell'11 giugno 2014 e degli orientamenti espressi in risposta alle in materia.
Il parere dell'Anac sulla nomina dei componenti degli OIV è obbligatorio, ma non vincolante, come attualmente è il parere del Dipartimento della funzione pubblica, che ha sostituito l'Anac nello svolgimento di questa funzione. L'Amministrazione che intenda discostarsene deve, dunque, fornire idonea motivazione.
Pur mancando nella disciplina vigente sanzioni a carico delle amministrazioni che non si adeguano, dobbiamo ricordare che l'assenza di motivazione rende l'atto di nomina suscettibile di impugnazione davanti all'autorità giudiziaria per carenza della stessa.
Inoltre, ricordiamo che permane l'obbligo per le amministrazioni di pubblicare sul sito istituzionale tutti gli atti del procedimento di nomina, compreso l'eventuale parere non favorevole del Dipartimento della funzione pubblica e che questo adempimento è utile per consentire alla collettività di controllare il corretto svolgimento della procedura, disciplinata dall'articolo 16 della legge n. 241 del 1990.
Ai sensi della norma citata, il parere deve essere fornito entro venti giorni dall'istanza, salvo che il termine non venga sospeso per consentire al Dipartimento di acquisire ulteriori elementi istruttori, anticipando, al contempo, all'amministrazione istante gli eventuali motivi che potrebbero comportare un parere non favorevole. Di solito, le amministrazioni si adeguano ai rilievi formulati dal Dipartimento, proponendo nuove candidature ed integrando la documentazione richiesta.
Nel caso specifico del comune di Perugia, non è così. Il Dipartimento, infatti, ha comunicato all'ente l'inammissibilità della richiesta, con riferimento ai due candidati già componenti dell'OIV del comune di Assisi, per violazione del principio di esclusività, di cui al punto 9 della citata delibera n. 12 dell'Anac. Il comune di Perugia, tuttavia, ha ribadito le proprie candidature e il Dipartimento si è trovato a dare all'ente un parere non favorevole, esplicitando i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, ai sensi dell'articolo 10- della legge n. 241 del 1990. Tuttavia, il comune di Perugia, con delibera di giunta n. 219 del 2015, ha confermato le proprie nomine, avvalendosi della non vincolatività del parere.
Si fa presente, a seguito di esplicita richiesta dell'interrogante, che il numero dei pareri non favorevoli espressi dal Dipartimento della funzione pubblica ad oggi è pari ad 11, considerando tali le comunicazioni di preavviso di rigetto che si sono rese definitive in assenza di osservazioni e documenti da parte delle amministrazioni nel termine di cui all'articolo 10- sopra citato.
Come sa l'interrogante, la disciplina sulla valutazione delle è oggetto della delega che il Governo ha ricevuto dal Parlamento con la legge n. 124 del 2015 e quindi, a breve saranno emanate le disposizioni attuative che disciplineranno l'organizzazione del funzionamento degli organismi indipendenti di valutazione.
PRESIDENTE. La deputata Ciprini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.
TIZIANA CIPRINI. Presidente, sono parzialmente soddisfatta, anche perché il Governo ha risposto prima del sindaco, dato che analoga interrogazione è stata presentata anche al comune e, quindi, al sindaco, e ancora non si è avuta alcuna risposta.
Ebbene, noi riteniamo disdicevole che il sindaco di Perugia e il comune – quindi nella persona del sindaco – non si siano adeguati a quello che era il parere dell'Anac, anche perché riteniamo che erano centrali nella riforma della pubblica amministrazione targata Brunetta gli organismi indipendenti di valutazione, quindi le professionalità che dovevano comporre questi organismi, professionalità che appunto, nella della riforma, dovevano essere in larga parte prese dal settore privato, in modo da evitare l'autoreferenzialità e anche per dare una spinta e un taglio più manageriale nella progettualità. Qui, invece, siamo di nuovo di fronte alla nomina degli amici degli amici. Tutto, quindi, viene sterilizzato a un mero adempimento formale.
Tra l'altro, la riforma degli OIV nominati direttamente dal sindaco dava una notevole autonomia a questi organismi e, in questa prospettiva, questi organismi sono uno strumento di grandissima utilità perché, valutando i progetti che servono poi a determinare la graduatoria dei dirigenti per poter ricevere la parte accessoria della retribuzione, possono chiaramente esercitare un effetto benefico nella prospettiva del miglioramento dell'amministrazione pubblica. Quindi, riteniamo che sia importante puntare sulla meritocrazia, quella vera, e sull'efficienza-efficacia della pubblica amministrazione e questo lo si fa anche dando centralità agli OIV e, dall'altro, rendendo le indicazioni dell'Anac vincolanti.
PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Terzoni ed altri n. 3-02057, concernente iniziative per la tutela dei consumatori italiani in relazione alla vicenda della rilevazione di quantità di glifosato in alcuni marchi di birre tedesche .
Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.
VITO DE FILIPPO, Presidente, la sostanza del glifosate è attualmente legalmente utilizzata nell'Unione europea per il diserbo di diverse coltivazione, tra cui l'orzo. I limiti massimi di residui LMR previsti dal regolamento comunitario n. 396 del 2005 per l'orzo e il luppolo sono rispettivamente pari a 20 milligrammi al chilogrammo e a 0,1 milligrammi per chilogrammo. Quindi, per valutare la liceità del riscontro di tracce di glifosate nella birra quale prodotto di trasformazione, il livello di presenza deve essere confrontato con gli LMR dell'orzo e del luppolo, tenendo conto del fattore di processo che porta dall'orzo e dal luppolo alla birra.
La presenza di glifosate a livello di traccia nella birra non rappresenta un nuovo rischio o una non conformità. Infatti, le autorità sanitarie tedesche, nell'ambito del sistema di allerta rapido europeo, non hanno notificato tali riscontri né giustificato l'adozione di provvedimenti di ritiro della birra tedesca a seguito degli stessi riscontri.
Si fa presente che in Italia per la verifica dei livelli massimi di residui dei prodotti fitosanitari negli alimenti si applica il piano nazionale annuale di controllo, previsto dal decreto ministeriale n. 23 del 1992 e un piano coordinato europeo adottato per l'anno corrente con il regolamento di esecuzione n. 595 del 2015. Ogni anno viene dato indirizzo alle regioni per il recepimento del regolamento comunitario e per l'aggiornamento del piano nazionale. Queste disposizioni prevedono, tra l'altro, campionamenti di cereali non trasformati e l'obbligo della verifica del glifosate. I campionamenti vengono eseguiti su prodotti presenti nel mercato ed includono, oltre ai prodotti nazionali, anche prodotti che provengono da altri Stati comunitari e da Paesi terzi. Inoltre, i controlli all'importazione sulle materie prime sono effettuati dagli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera – USMAF – del Ministero, il quale ne ammette l'introduzione nel territorio nazionale eventualmente anche a seguito di attività di prelievo, che sono effettuate sempre a campione. Peraltro, dai dati presenti presso il sistema informativo del Ministero della salute risulta un'esigua attività di importazione dai Paesi terzi di luppolo e di malto d'orzo: da gennaio 2015 ad oggi risultano solo nove importazioni per quantitativi molto ridotti.
Per quanto riguarda, invece, la sostanza attiva del glifosate, si rammenta che è in corso, proprio in questi giorni, un'ampia discussione in ambito europeo, relativa alla possibilità di prorogare o meno l'approvazione di questa sostanza. Il Governo italiano, nell'ambito del Comitato permanente sulle piante e gli animali e i mangimi, ha espresso una posizione non favorevole al rinnovo dell'approvazione, astenendosi al momento del voto. Quindi, al momento non sembra necessario intervenire con specifiche ulteriori attività di controllo; viceversa, nei prossimi mesi, in base al mutato quadro autorizzativo e a seguito di una probabile revisione dei limiti massimi negli alimenti, potrà essere necessario reimpostare le verifiche in merito alla presenza di glifosate negli alimenti.
PRESIDENTE. La deputata Terzoni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.
PATRIZIA TERZONI. Grazie, Presidente. Onestamente il voto di astensione non significa proprio un «no»; significa che non si vuole prendere una netta decisione negativa, ma si aspetta di vedere magari quello che succede. Quindi, onestamente non la ritengo un «no» netto. Inoltre, vorrei ricordare: sì è vero ! Il glifosato è legale in Europa, ma attualmente la deroga è scaduta. La deroga è scaduta e c’è in discussione, proprio al Consiglio europeo, la possibilità di rinnovare questa deroga e questo Governo ha preso un impegno molto importante, proprio in quest'Aula, ed è quello di andare in Europa e dire assolutissimamente «no» al rinnovo del glifosato sul territorio europeo e quindi, di conseguenza, sul territorio italiano. Se poi questo Governo mantiene gli impegni, anche una volta che c’è stata la deroga, al Consiglio europeo può benissimo dire che nel territorio italiano, per il principio di precauzione che ancora c’è, visto che l'accordo internazionale TTIP non è ancora in vigore, si può, dunque, ancora applicare il principio di precauzione e non far utilizzare il glifosato all'interno del territorio nazionale. Per questo c’è anche una proposta di legge, incardinata in Commissione ambiente, che purtroppo non va avanti, perché non c’è la volontà politica della maggioranza e di questo Governo di portarla avanti. È una proposta di legge proprio del MoVimento 5 Stelle per dire «no» all'utilizzo dei diserbanti, all'utilizzo dei prodotti chimici per la manutenzione delle strade, delle piazze e di tutti quei luoghi pubblici frequentati dai cittadini.
Per quanto riguarda i controlli sugli alimenti, onestamente dire che il glifosato si può utilizzare non giustifica il fatto che è presente all'interno degli alimenti, perché poi gli alimenti noi ce li mangiamo e ce li beviamo ed è inimmaginabile pensare che non possiamo stare tranquilli nel momento in cui andiamo ad utilizzare questi alimenti. Quindi, onestamente l'unica soluzione è quella proprio di non utilizzare più il glifosato, tant’è che sono usciti anche i rapporti ISPRA sul quantitativo di glifosato all'interno delle acque, sia superficiali che sotterranee, e i dati sono allarmanti. Sono allarmanti perché è presente in tutte le acque superficiali e sotterranee in quantitativi molto alti nelle regioni dove viene analizzato (ad esempio, in Lombardia o in Sicilia). In altre regioni, ad esempio nella regione Marche, abbiamo cinque contaminanti che vengono analizzati all'interno delle acque superficiali e sotterranee. Nella regione Sicilia centottanta. Ci rendiamo conto della differenza che abbiamo nelle diverse regioni italiane sul controllo di questi agenti chimici all'interno delle nostre acque e acque sotterranee significa che sono acque che tra qualche anno ci berremo. Quindi, onestamente vorrei più attenzione su questo tema, vorrei che il Governo puntasse di più i piedi a livello europeo perché non mi sembra che stia facendo il suo dovere per dire definitivamente «no» all'utilizzo del glifosato sia in Europa che in Italia.
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Melilla n. 2-00364, concernente iniziative per far fronte al fenomeno del sovraffollamento delle carceri in Abruzzo .
Chiedo all'onorevole Melilla se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
GIANNI MELILLA. Grazie, Presidente. Molto brevemente, quando abbiamo presentato questa interpellanza, avevamo una situazione molto grave per quanto riguarda il sovraffollamento della popolazione carceraria sia in Italia che negli otto istituti di pena della mia regione, l'Abruzzo. Avevamo 1935 detenuti allora, adesso ne abbiamo 1694. Quindi c’è stato un alleggerimento dovuto sicuramente alle misure legislative che il Parlamento ha adottato in materia di pene alternative e non è un caso che noi di Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia e Libertà, pur essendo all'opposizione, abbiamo sicuramente condiviso questo sforzo del Governo. Personalmente ritengo che l'invito rivolto dall'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ad approfondire questa tematica e a non escludere assolutamente interventi di clemenza più generali, volti a favorire un alleggerimento sostanziale della popolazione carceraria italiana, purtroppo non è stato preso in considerazione e nel nostro Paese vi sono personalità di altissimo profilo morale come Papa Francesco che, da tempo, ci chiedono di andare in questa direzione. A tale proposito, vorrei tributare un ennesimo omaggio a Marco Pannella e a quanto i radicali fanno quotidianamente per cercare di costituzionalizzare il trattamento nelle carceri italiane. In questa mia interpellanza naturalmente non parlavo solo del sovraffollamento ma parlavo in generale della situazione della condizione carceraria, in riferimento soprattutto ad una gravissima situazione in Abruzzo che si enuclea in un clamoroso esempio. Nel carcere di massima sicurezza di Sulmona, negli ultimi dieci anni, ci sono stati ben 13 suicidi tra cui quello della direttrice di questo istituto di pena, a testimonianza di una triste e intollerabile situazione. Allo stesso modo, riteniamo assolutamente inadeguati gli investimenti che il Governo fa in materia di lavoro, di mercede per i nostri detenuti e anche sulla situazione igienico-sanitaria noi dovremmo investire molto di più. Quindi con questa interpellanza chiedevo al Governo come intendesse affrontare in maniera globale la situazione carceraria nel nostro Paese.
PRESIDENTE. Onorevole Morani se può lasciare i banchi del Governo perché darei la parola al sottosegretario per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, che ha facoltà di rispondere.
COSIMO MARIA FERRI, Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole Melilla perché nell'illustrare la sua interpellanza ha dato atto anche del lavoro che è stato fatto in questi anni dal Governo. Lo ringrazio anche perché, come ha detto lo stesso onorevole Melilla, anche il gruppo di cui fa parte, pur essendo all'opposizione, ha contribuito e lavorato per alcune riforme importanti sul tema del sovraffollamento carcerario.
Il tema ha rappresentato subito per il Governo una delle priorità da affrontare e, quindi, il Governo si è subito messo al lavoro per dare risposte concrete che, devo dire, oggi consistono non solo nei dati ma anche nel lavoro che è stato fatto e nel coinvolgimento di tutti i soggetti. Infatti, per arrivare a risolvere il problema non bastano le norme ma occorre un gioco di squadra con tutti gli operatori, quindi l'Avvocatura, la magistratura, il volontariato, tutto il personale del Ministero della giustizia che è impegnato non solo dentro le strutture penitenziarie, quindi la polizia penitenziaria, gli educatori, gli psicologi ma anche tutti coloro che lavorano all'esterno e penso alle aree penali esterne, quindi a tutto quello che ruota intorno alle misure alternative. Quindi molto è stato fatto ma non ci fermiamo; stiamo continuando a lavorare e gli stati generali dell'esecuzione penale, che si è tenuta proprio alcuni mesi fa alla presenza anche del Presidente della Repubblica, hanno fornito e forniranno al Governo e al Ministero della Giustizia tante altri spunti e temi da affrontare continuando su questa strada. Devo nuovamente sottolineare anche in questa sede il riconoscimento che il Governo ha avuto anche a livello europeo. Avevamo iniziato con alcune sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo a seguito di procedure di infrazione. Oggi, alla luce della politica legislativa riformatrice di questo Governo, l'Europa ci guarda in modo diverso; ha riconosciuto un modello nuovo e ha riconosciuto all'Italia e al nostro Paese di aver affrontato questa problematica e di averla risolta in maniera seria, concreta ed efficace.
Tornando quindi all'interpellanza, vorrei nuovamente segnalare che il complesso delle iniziative assunte ha così costituito l'occasione per avviare un ripensamento integrale dei modelli di esecuzione della pena che potranno, tra l'altro, condurre ad un nuovo equilibrio tra esigenze di sicurezza della collettività, tutela delle vittime dei reati e concreta attuazione dei principi costituzionali e dei diritti fondamentali dell'individuo. Gli stati generali dell'esecuzione penale, istituiti dal Ministro della giustizia, nati proprio dall'esigenza di avviare un ripensamento multidisciplinare dell'esecuzione della sanzione penale, potranno segnare una tappa importante lungo il percorso avviato dalla necessaria attuazione delle prescrizioni della Corte europea dei diritti dell'uomo. L'esito dei lavori che hanno riunito oltre duecento diverse professionalità nella condivisa riflessione sulla pena e sul sistema penitenziario è stato illustrato proprio nelle giornate del 18 e 19 aprile a Rebibbia, alla presenza del Capo dello Stato e di esponenti delle istituzioni e della società civile. Tali lavori hanno registrato l'interessante partecipazione del Vicesegretario generale del Consiglio d'Europa e del Commissario europeo per la Giustizia; hanno aperto l'orizzonte di una nuova cultura della pena e hanno offerto alla pubblica riflessione una prospettiva nuova sul modello del carcere. Tale nuova prospettiva, unitamente alla definitiva archiviazione della vicenda Torreggiani, deliberata dalla Corte europea per i diritti dell'uomo lo scorso marzo, segna un passaggio avanzato del percorso riformatore intrapreso. In tal senso le misure normative adottate e la centralità accordata dal Governo all'utilizzo sempre più ampio delle misure alternative al carcere come elemento strutturale di una nuova politica di esecuzione della pena emergono anche dalla nuova architettura offerta dal regolamento del Ministero della giustizia che ha previsto l'istituzione del nuovo dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, coniugando la sperimentata capacità del settore minorile nel trattamento al di fuori del circuito penitenziario con l'esecuzione penale esterna per gli adulti. Il bilancio che può tracciarci all'esito dell'applicazione delle norme che su più fronti hanno inteso restituire alla detenzione carceraria il carattere di come previsto dalla Costituzione, è decisamente incoraggiante. Al 31 maggio 2016 la popolazione carceraria è scesa a 53.873 persone, di cui sono ben 42.535 i detenuti che si trovano in regime di esecuzione esterna. Ed è ancora più incoraggiante registrare il mutamento culturale sull'esecuzione della pena grazie al lavoro straordinario svolto dalla magistratura, dalla Polizia penitenziaria e anche dall'apporto degli enti locali chiamati sempre di più ad offrire possibilità di lavoro esterno per i detenuti come, peraltro, si sta sperimentando in occasione dell'anno giubilare in corso. I dati descrivono, dunque, un positivo, dimostrando da parte di avvocati e magistrati la condivisione di una comune cultura innovativa concretamente orientata nella prospettiva di cambiamento e di attuazione del dettato costituzionale. Ulteriori spazi di intervento saranno aperti in tal senso dall'esercizio della delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario, oggetto del disegno di legge di iniziativa governativa, l'atto n. 2067, approvato dalla Camera dei deputati ed ora all'esame del Senato. Gli interventi normativi finalizzati alla riduzione delle presenze in carcere sono stati accompagnati dal rafforzamento degli strumenti a presidio dei diritti delle persone detenute attraverso l'introduzione del nuovo articolo 35- dell'ordinamento penitenziario. Quale strumento complementare di tutela dei diritti è stato inoltre istituito il Garante nazionale delle persone private della libertà personale, figura che intende rappresentare da un lato un sostegno di particolare prossimità alle esigenze di protezione dei diritti delle persone private della libertà, complementare rispetto all'attività della magistratura di sorveglianza, e dall'altro lato un momento di interlocuzione e stimolo all'attività dell'amministrazione. L'istituzione della figura del Garante risponde ad una richiesta sollevata più volte a livello nazionale e soddisfa i principi che sono alla base del sistema previsto dagli articoli, tra l'altro, dal 17 al 21 del Protocollo opzionale alla Convenzione ONU contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, fatta a New York il 18 dicembre 2002 e ratificato con la legge 9 novembre 2012, n. 195.
E nel quadro così delineato si inseriscono anche i dati relativi alla popolazione detenuta nelle strutture penitenziarie abruzzesi. Alla data del 31 maggio 2016 la popolazione detenuta e internata presente negli otto istituti penitenziari della regione Abruzzo è scesa a 1.694 unità rispetto alle 1.754 unità registrate nello stesso periodo lo scorso anno, a fronte di una capienza regolamentare di 1.587 posti detentivi. E nonostante l'esubero dei presenti rispetto alla capienza calcolata sulla base del decreto del Ministero della sanità del 5 luglio 1975 in 9 metri quadrati per detenuto, più cinque per ogni detenuto aggiunto, non risulta violata la disposizione della CEDU atteso che tutti i detenuti hanno a disposizione non meno di 3 metri quadrati, spazio detentivo minimo tutelabile anche a fini risarcitori. E le iniziative volte a ridurre il sovraffollamento hanno dispiegato effetti anche sul fronte dei fenomeni autosoppressivi e autolesionistici in significativa flessione nel corso del tempo. Nel periodo gennaio-luglio 2015 di fatto nelle carceri abruzzesi non si è registrato alcun suicidio a fronte dei 5 casi purtroppo del 2012, dei 3 del 2011 e dei 4 del 2010. Si sono verificati 17 tentativi di suicidio, purtroppo, a fronte dei 47 del 2011, dei 43 del 2009 e dei 39 del 2010. Sono stati registrati 116 atti di autolesionismo a fronte dei 236 del 2010, dei 224 del 2011 e dei 209 del 2009. Sebbene in diminuzione il dato complessivo può e deve ancora migliorare. Proprio per questo il Ministero della giustizia ha emesso, il 23 maggio scorso, una specifica direttiva in materia per l'elaborazione di un piano di azione nazionale per la prevenzione dei suicidi in carcere nella crescente tensione a migliorare il modello di monitoraggio e gestione del rischio di un tale intollerabile fenomeno.
E la direttiva, che intende completare il quadro dei provvedimenti adottati dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, alla luce della recente riorganizzazione in conformità alle indicazioni del DPCM n. 84 del 2015, ricalca le specifiche linee guida dettate dall'Organizzazione mondiale della sanità, riprese anche dalla Conferenza unificata per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e valorizzate dal Comitato nazionale per la bioetica. Con essa si propone di introdurre, in armonia con le strategie di prevenzione e gestione proposte attraverso le nuove modalità detentive e in particolare con l'introduzione del sistema di vigilanza dinamica, un sistema maggiormente flessibile, in grado di attuare efficaci forme di controllo e soprattutto di approfondita conoscenza delle persone ristrette, al fine di garantire risposte efficaci e intercettare e gestire le situazioni di maggior disagio. Si inscrive, infine, nel complesso della revisione del sistema penitenziario in atto anche un diverso approccio all'edilizia carceraria, la quale, anche d'intesa con il Ministero delle infrastrutture, va modulata secondo criteri di equa distribuzione della popolazione detenuta e degli spazi abitativi sul territorio nazionale. Anche sotto questo profilo le riflessioni sviluppate sull'architettura carceraria, sulla migliore distribuzione e destinazione dei luoghi di esecuzione della pena rispondono a quell'esigenza di ottimizzare gli spazi e conformarne l'uso nel rispetto della dignità della persona e della sicurezza della collettività.
Nella programmazione – e concludo – per gli anni 2015-2020 è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti presso il carcere di Sulmona, i cui lavori sono in fase iniziale di esecuzione e per la cui realizzazione sono state stanziate somme pari a 15.610.904,53 euro. E proprio il 20 aprile si è inoltre riunito presso il Ministero della giustizia il Comitato paritetico per l'edilizia penitenziaria che, nel quadro delle complessive esigenze nazionali, ha preso atto dello stato di attuazione dell'intervento.
PRESIDENTE. Il deputato Melilla ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
GIANNI MELILLA. Grazie signora Presidente. Sono sicuramente soddisfatto dall'articolazione della risposta da parte del Ministero della giustizia. L'Europa ha avuto un'importanza eccezionale nello stimolare il Parlamento a prendere una posizione concreta contro il sovraffollamento che interessava alcuni anni fa in modo veramente grave e oggi in modo meno grave le carceri abruzzesi. Questo incide non solo sui detenuti, sulla popolazione carceraria, ma anche sul personale. Io non dimentico mai, quando visito gli istituti di pena della mia regione, di incontrare non solo i detenuti, ma anche il personale amministrativo, il personale di Polizia penitenziaria, le varie professioni sanitarie che vi operano, perché spesso questo personale è sottoposto, per le carenze di organico, a turni massacranti e condivide una situazione tra virgolette di «reclusione», non dico analoga, ma altrettanto preoccupante, come quella dei detenuti. Quindi, io non posso che condividere questi investimenti che il Ministero sta facendo per quanto riguarda il Piano nazionale per la prevenzione dei suicidi e per l'edilizia penitenziaria. Ma io invito a fare ancora di più perché purtroppo i nostri istituti di pena spesso sono ubicati in strutture vecchie, obsolete, che hanno bisogno di grandi investimenti da ogni punto di vista, non solo edilizio, ma anche tecnologico e di sicurezza. Così come è essenziale investire sui trattamenti sanitari, psicologici. Non dimentichiamoci che molti detenuti sono malati psichiatrici, sono tossicodipendenti. Così come è importante affrontare in una chiave naturalmente molto diversa il tema tra virgolette «dell'accoglienza» visto che molti detenuti sono stranieri e che purtroppo sono venuti in Italia a delinquere e riempiono le nostre carceri. Così come è necessario investire di più sulle attività di lavoro per i detenuti, perché noi abbiamo ancora una percentuale troppo bassa di detenuti che può utilizzare questa particolare ed efficace forma di rieducazione, che è, appunto, il lavoro. Ci sono carceri che stanno facendo esperienze molto importanti. Io vorrei citare il carcere di Pescara, in cui una direzione lungimirante sta operando un investimento anche verso professioni nuove, che possono determinare, quando questi detenuti escono, anche delle possibilità di sbocchi occupazionali molto concreti. A Sulmona, si trova un istituto di massima sicurezza in cui sono trattenuti molti ergastolani e, comunque, detenuti per reati associativi molto gravi, è in corso questo investimento per l'ampliamento di 200 posti. Io mi auguro che si intervenga anche in modo molto lungimirante, come si è fatto in carceri come Vasto, e che si faccia lo stesso anche in carceri che evidenziano, invece, delle problematicità molto serie, come quello di Teramo e quello di L'Aquila.
Quindi, concludo dicendo che noi, su questo tema, dobbiamo qualificare sempre di più la nostra iniziativa. Avere oltre 50 mila detenuti nel nostro Paese significa investire molto per costituzionalizzare il loro trattamento e per evitare che quando queste persone escano dal carcere, purtroppo, non ci tornino rapidamente perché non hanno nessuna possibilità di condurre una vita autonoma basata sul lavoro e sul rispetto della loro dignità.
PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Morani ed altri n. 3-00447, concernente spese per la gestione degli uffici giudiziari .
Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.
COSIMO MARIA FERRI, Presidente, ringrazio l'onorevole Morani per questa interrogazione, in quanto consente al Ministero di ricostruire e di aggiornare su una questione che sta molto a cuore agli enti locali, giustamente, e che rappresenta una delle novità più importanti, dal punto di vista organizzativo, introdotte da questo Ministero, che, come sapete, con la legge di stabilità ha modificato e introdotto una nuova disciplina.
Quindi, proprio mediante questo atto ispettivo, gli onorevoli interroganti sottolineano, nel contesto anteriore al trasferimento al Ministero della giustizia delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari, le esigenze dei comuni in relazione alla liquidazione dei contributi riferibili alle annualità pregresse. È un tema molto sentito perché sono soldi che sono stati anticipati, somme di denaro anticipate dagli enti locali, che, giustamente, chiedono oggi che siano restituiti dal Ministero. Com’è noto, la legge di stabilità 2015 ha radicalmente innovato la disciplina delle funzioni di spesa correlate alla gestione degli uffici giudiziari, sino ad allora poste a carico dei comuni per effetto della legge 24 aprile 1941, n. 392, attraverso il sistema dei rimborsi di spesa, offrendo l'opportunità, una volta fronteggiata l'emergenza, di costruire una prospettiva di maggiore efficienza, equità e risparmio economico.
Il Ministero della giustizia ha assunto nell'immediatezza una serie di iniziative preparatorie, nella prospettiva di agevolare l'indifferibile trasferimento di funzioni, previsto ed effettivamente entrato in vigore dal 1o settembre scorso, adottando nuove misure organizzative tese a garantire la continuità dei servizi e dell'attività giurisdizionale.
Al fine di raccogliere, attraverso il metodo del confronto, i contributi dei soggetti coinvolti dall'attuazione del nuovo modello di gestione, il Ministro della giustizia ha in particolare istituito un tavolo tecnico permanente, aperto alle amministrazioni interessate, per la coerente definizione degli indirizzi politici delle amministrazioni centrali e per il monitoraggio delle attività necessarie alla relativa coerente attuazione. È stata, pertanto, avviata e consolidata una proficua interlocuzione con gli enti istituzionali coinvolti, in special modo con l'ANCI, grazie alla quale si è pervenuti all'adozione congiunta di una convenzione quadro, sperimentando la praticabilità di forme di collaborazione tra amministrazione centrale e amministrazioni periferiche in termini di assistenza e supporto.
È stato, poi, adottato il regolamento sulle misure organizzative a livello centrale e periferico, pubblicato in il 28 agosto 2015, che assume la peculiare funzione, nel quadro generale consegnato dalla legge di stabilità 2015 e dalla recente adozione del regolamento di organizzazione dell'intero apparato ministeriale, di approntare le misure necessarie ad individuare i soggetti funzionalmente competenti alla definizione del procedimento decisionale di spesa, a delinearne i compiti e a definirne i rapporti con l'amministrazione centrale.
Nell'ottica di poter efficacemente gestire ed assicurare sul territorio la continuità dei servizi di custodia, telefonia, riparazione e manutenzione ordinaria in precedenza svolte dal personale dei comuni, già distaccato, comandato o comunque specificamente destinato presso gli uffici giudiziari, si è sostenuta l'introduzione, nel decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, dell'articolo 21-, che prevede come gli uffici giudiziari possano continuare ad avvalersi dei servizi forniti dal predetto personale comunale sulla base di accordi o convenzioni da concludere in sede locale; tutto ciò per garantire quella continuità dei servizi e soprattutto per evitare disagi allo svolgimento dell'attività giurisdizionale.
In tale quadro va sottolineato come il Ministero della giustizia sia attivamente impegnato anche nella promozione delle attività formative dei soggetti coinvolti nel procedimento di spesa. Già nel settembre 2015, infatti, si è svolta una giornata di riflessione condivisa sul nuovo modello di gestione con il procuratore generale presso la Corte di cassazione e i procuratori generali presso le corti d'appello, anche al fine di delineare linee guida comuni. Analoghe iniziative sono state rivolte, su impulso del Ministro e con la collaborazione della Scuola superiore della magistratura, ai dirigenti giudiziari ed amministrativi per agevolare una nuova cultura dell'innovazione.
L'impianto delle misure che hanno delineato il passaggio al nuovo modello di gestione della spesa si è incentrato, pertanto, sull'edificazione di comuni basi culturali e su un nuovo e rinnovato rapporto con gli enti locali, soprattutto con i comuni, chiamati a sostenere la giurisdizione secondo un rinnovato equilibrio, che intende valorizzare il patrimonio di esperienze ed il ruolo di prossimità tradizionalmente svolto, per potenziare i rapporti tra il cittadino e le istituzioni. Si è trattato di un cambiamento di fondamentale importanza ed innegabile complessità, nell'ambito del quale gli interventi successivamente elaborati e attuati dal Ministero, grazie al sostegno e alla collaborazione dei comuni ed alle sinergie sviluppate in sede locale, hanno consentito di contenere le inevitabili difficoltà che questa base di transizione ha comportato.
Nel passaggio al nuovo modello di gestione si scrive anche la definizione dei contributi ancora dovuti ai comuni in virtù della pregressa gestione diretta sulla spesa. Giova premettere come proprio la prospettiva di un corretto avvio del nuovo sistema abbia orientato l'impegno del Ministero nel regolare definitivamente e al più presto le posizioni pendenti, al fine di poter procedere in modo più funzionale agli impegni della nuova gestione. Il Ministro della giustizia ha adottato tutte le iniziative necessarie a far fronte alle spettanze dei comuni nel quadro legislativo di riferimento e con i limiti finanziari dettati dalle disposizioni normative che hanno regolato la quantificazione e la liquidazione dei rimborsi. L'interrogazione offre l'occasione per rappresentare come il procedimento di liquidazione dei contributi sia particolarmente complesso. Sul punto va preliminarmente rilevato come, ai sensi dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 4 maggio 1998, n. 187, la determinazione del contributo da erogare ai comuni dovesse essere assunta annualmente con decreto del Ministro della giustizia, adottato di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dell'interno, sulla base dei consuntivi delle spese effettivamente sostenute.
Al fine di riallineare le scelte di politica economica finanziaria con i generali obiettivi di contenimento della spesa pubblica fissati anche in ambito comunitario, il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», aveva poi previsto per il Ministero della giustizia risparmi in misura non inferiore ai 30 milioni di euro per l'anno 2012 e a 70 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013, in termini di minori contributi ai comuni per le spese di funzionamento degli uffici giudiziari.
I tempi e l'entità dei contributi erogabili sono stati, pertanto, essenzialmente condizionati dalle misure di risparmio previste dal citato decreto-legge n. 95 del 2012. Oltre ad attendere che le spese siano indicate a consuntivo dei bilanci comunali e sottoposte poi al vaglio della Commissione di manutenzione, la liquidazione è disposta con decreto interministeriale a firma dei Ministri della giustizia, dell'interno e dell'economia e delle finanze, secondo rigide percentuali di rimborso. E con riferimento all'anno 2012, dalle informazioni assunte presso il MEF e attraverso le competenti articolazioni ministeriali, consta come il decreto interministeriale, volto a rideterminare i contributi per le spese sostenute e rendicontate dai comuni, abbia assegnato una somma pari a circa 77 milioni di euro, fino alla concorrenza dell'importo stanziato sul capitolo n. 1551, da imputarsi all'esercizio finanziario 2013.
Per lo stesso esercizio era stato già erogato, con decreto del direttore generale delle Risorse e tecnologie di questo Dicastero del 5 marzo 2014, un acconto pari a circa 65 milioni di euro e lo stesso decreto interministeriale ha determinato, nel 25,88 per cento circa delle spese effettivamente sostenute dai comuni, la misura del rimborso liquidabile. Con decreto del direttore generale sempre delle Risorse e tecnologie di questo Dicastero del 7 dicembre 2015, si è pertanto provveduto all'erogazione del saldo e per alcuni comuni è stata operata la decurtazione degli importi erogati in acconto per annualità precedenti risultati eccedenti rispetto al contributo effettivamente determinato. Il decreto per le spese sostenuto nell'anno 2013, inoltre, è stato già firmato dal Ministro della giustizia e il 13 maggio scorso dal Ministero dell'interno, ed è, allo stato, in attesa della sottoscrizione del Ministro dell'economia e delle finanze.
Per venire incontro alle difficoltà rappresentate dai comuni e segnalate anche dall'onorevole Morani e dagli altri interroganti, la Direzione generale delle risorse ha disposto con decreto, in data 12 febbraio 2016, l'erogazione dell'acconto per le spese sostenute nell'anno 2014, precisando come per tale operazione occorra fare riferimento all'importo determinato per il contributo delle spese sostenute nell'anno 2012, che risulta, allo stato, liquidato in via definitiva. Lo stanziamento di bilancio del capitolo n. 1551, nello stato di previsione del Ministero della giustizia, risulta, inoltre, pari a circa 111 milioni di euro per il 2014 e 133 milioni di euro per il 2015.
Per quanto riguarda, infine, l'anno 2015, si sta procedendo all'esame dei rendiconti, al fine della determinazione dei contributi spettanti ai comuni fino al 31 agosto 2015 e saranno, comunque, in ogni caso poste in essere tutte le azioni che, nell'ambito delle disponibilità finanziarie assegnate a questo Dicastero, possano soddisfare nella misura più adeguata alle aspettative dei comuni sede di uffici giudiziari.
Questo è l'impegno del Governo, perché crede molto nella collaborazione tra Stato centrale, Governo ed enti locali, nella consapevolezza che si tratta di risorse importanti per gli enti locali, che possono essere ben utilizzate nei bilanci comunali anche per l'attività ordinaria e straordinaria di tutti i giorni.
Quindi, anche in questa collaborazione tra Governo ed enti locali, è una priorità per questo Dicastero portare avanti e cercare di velocizzare il più possibile questo per destinare queste risorse che i comuni hanno anticipato.
PRESIDENTE. La deputata Morani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.
ALESSIA MORANI. Sì, grazie Presidente. Io ringrazio il sottosegretario per la risposta e per la completezza, soprattutto, della risposta. Non mi stupisce che la risposta arrivi dopo quasi tre anni di distanza, perché, quando assieme agli altri colleghi proponemmo questa interrogazione, si trattava di modificare una prassi che oramai era consolidata, ma purtroppo era consolidato anche il mancato funzionamento di questa prassi. C’è voluto un po’ di tempo e uno sforzo anche, come ha ribadito il sottosegretario Ferri, di dialogo tra Governo e amministrazioni locali, dialogo che, evidentemente, prima dell'avvento di questo Governo, non c'era stato o, quanto meno, ci si trovava, come dire, in un di dialogo e anche di regolamenti e di pagamenti, che aveva messo in forte difficoltà i comuni, sedi, appunto, della giurisdizione.
Quindi, io credo che dopo due anni e mezzo si possa finalmente dire che questo Governo ha recepito quelle che erano le indicazioni da parte degli enti locali; soprattutto si è reso disponibile ad andare incontro alle richieste che venivano delle amministrazioni comunali, garantendo pagamenti pregressi e garantendo, soprattutto, una certezza per quelle che sono le annualità in corso. Mi piace pensare che questa interrogazione, insieme naturalmente al lavoro dei colleghi in Commissione giustizia, sia stata da stimolo per riuscire ad ottenere questo risultato che è un risultato importante.
PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Galgano nn. 3-01517 e 3-01910 e Ricciatti ed altri n. 3-02310, concernenti iniziative in relazione al progetto viario Quadrilatero Marche-Umbria, anche in relazione a presunte criticità in merito alla realizzazione della galleria «La Franca» .
Le interrogazioni, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente.
Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.
UMBERTO DEL BASSO DE CARO, . Grazie, Presidente. Rispondo congiuntamente agli atti dell'onorevole Galgano e dell'onorevole Ricciatti, in quanto vertono sul medesimo argomento.
In relazione a quanto segnalato dagli onorevoli interroganti, ANAS rappresenta che il progetto viario Quadrilatero Marche-Umbria si sviluppa su una serie di interventi stradali idonei a migliorare ed incrementare l'accessibilità alle aree interne delle regioni interessate. Il progetto fu approvato dal CIPE, con delibera n. 13 del 2004, ed è suddiviso in due maxi lotti, relativi alla strada statale 77, direttrice Foligno-Civitanova Marche (è il maxi lotto 1), e alle strade statali 318 e 76, direttrice Perugia-Ancona e Pedemontana delle Marche (maxi lotto 2).
I lavori di potenziamento della strada statale 77, Val di Chienti, tratto Foligno-Colle Sentino, completamento quattro corsie, ricompresi nell'ambito del maxi lotto 1, sono stati affidati con gara ad evidenza pubblica all'associazione temporanea di imprese costituita Strabag Ag, CMC e Grandi Lavori Fincosit, che hanno costituito, in regime di contraente generale, la società di progetto «Val di Chienti», Società cooperativa per azioni.
Per quanto riguarda le varie vicissitudini che hanno caratterizzato la realizzazione dell'opera, sempre ANAS riferisce che, a seguito delle verifiche disposte sulle gallerie realizzate dalla Quadrilatero Marche-Umbria, è stata confermata la presenza di vuoti e di sottospessori del rivestimento delle gallerie medesime, già evidenziati dalle precedenti campagne di indagine effettuate dal contraente generale.
Da dette indagini è stato, altresì, accertato che non esistono rischi di natura statica delle gallerie in argomento. A valle delle puntuali analisi e verifiche disposte dall'ANAS e dalla società Quadrilatero Marche-Umbria sulle tipologie di intervento proposte dal progettista per ripristinare le di progetto delle gallerie in termini di resistenza e di durabilità, sono state avviate da parte del contraente generale le operazioni di risanamento delle parti non conformi. Infatti, sono in via di completamento gli interventi di intasamento dei vuoti, mentre sono in corso di esecuzione gli interventi sui limitati casi di sottospessori significativi.
ANAS sottolinea, infine, che il ripristino delle non conformità è interamente a carico del contraente generale e che l'apertura al traffico dell'intera tratta è prevista per il prossimo mese di luglio.
PRESIDENTE. La deputata Galgano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alle sue interrogazioni nn. 3-01517 e 3-01910.
ADRIANA GALGANO. Grazie, signora Presidente. Sono soddisfatta della risposta nel momento in cui, effettivamente, si verificherà questo. Io desidero ricordare in quest'Aula che ai cittadini umbri che aspettano questa arteria stradale così importante è stato promesso, dopo vari ritardi dovuti al fallimento di due aziende e ai lavori che, evidentemente, non sono stati fatti come dovevano essere fatti, che sarebbero andati in vacanza con la strada aperta e la data che era stata indicata era il 30 giugno, sui giornali, tre mesi fa. Siamo adesso a luglio.
Io desidero ricordare al sottosegretario Del Basso De Caro – che saluto, perché ci vediamo frequentemente –, la situazione delle infrastrutture umbre: l'aeroporto che, in questo momento, ha perso voli, a causa della decisione del Governo di aumentare le tasse aeroportuali; il mancato raddoppio ferroviario della tratta Campello-Spoleto e della tratta Spoleto-Terni, che deve avvenire da vent'anni e che ancora non è costruito; l'inagibilità e, quindi, la chiusura della tratta tra Todi e Umbertide e il resto della ferrovia nord dell'ex FCU che interessa Città di Castello, che va a 40 all'ora; il fatto che non abbiamo un'autostrada.
Io veramente chiedo al Governo di seguire questa vicenda e di fare in modo che a luglio la strada venga aperta. Ve lo chiedo con tutta l'urgenza che la situazione delle infrastrutture umbre necessita e implacabile sarò qui, alla fine di luglio, a sollecitarvi ancora qualora non dovesse essere successo. Grazie di cuore per tutto quello che farete.
PRESIDENTE. Il deputato Melilla ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interrogazione Ricciatti ed altri n. 3-02310, di cui è cofirmatario.
GIANNI MELILLA. Grazie, signora Presidente. Naturalmente, prendiamo atto delle parole del sottosegretario e ci auguriamo che la scadenza di luglio sia rispettata. Io vorrei evidenziare la grande positività di una trasmissione della RAI come che su questa vicenda – ma anche su altre, come, ad esempio, la vicenda della Consob e del ruolo di Vegas in quelle vicende, – ha svolto una funzione di servizio pubblico vera. A differenza di trasmissioni in cui la professione è quella dell'antipolitica, quella dello sfascio istituzionale, quella di diffamare in continuazione la politica, i partiti e le istituzioni, ci sono trasmissioni, invece, come che svolgono una funzione di denuncia seria, che stimolano le istituzioni anche a correggere degli errori.
Noi, in questo campo, dobbiamo mettere a fuoco la necessità che l'ANAS controlli i lavori che i vari contraenti di appalti pubblici portano avanti nel nostro Paese, perché, purtroppo, spesso, siamo in presenza di controlli inefficaci che finiscono per danneggiare la sicurezza dei cittadini, oltre che portare un danno enorme all'erario pubblico.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 12.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 12,20.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle proposte di legge, già approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato, nn. 698-1352-2205-2456-2578-2682-B: Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare.
Ricordo che, nella seduta del 13 giugno, si è conclusa la discussione sulle linee generali e la relatrice e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato delle proposte di legge modificati dal Senato.
Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri che sono in distribuzione.
Avverto che non sono pubblicati nel fascicolo, a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, gli emendamenti presentati direttamente in Assemblea non riferiti a parti modificate dal Senato.
Avverto che, sempre a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, non saranno posti in votazione gli articoli 3, 7, 8 e 10, in quanto non modificati dal Senato.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate .
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
ELENA CARNEVALI, . Signora Presidente, la Commissione invita i presentatori al ritiro degli emendamenti Nicchi 1.3 e 1.4, Gregori 1.2, Nicchi 1.1, Baroni 1.5, Colonnese 1.14 e Mantero 1.13, altrimenti il parere è contrario.
FRANCA BIONDELLI, Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dalla relatrice.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Nicchi 1.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Beni. Ne ha facoltà.
PAOLO BENI. Grazie, Presidente. Su quest'emendamento e anche sugli emendamenti successivi all'articolo 1 la relatrice ha espresso parere contrario. Fondamentalmente sono emendamenti che tendono, in varia forma e in vario modo, a rimettere in discussione la definizione delle finalità e, in particolare, della platea dei beneficiari di questo testo di legge. Io devo dire che noi riteniamo particolarmente inopportuno ritornare su questo punto e ricordo che è stato discusso a lungo. Infatti, questo provvedimento ha avuto un iter abbastanza lungo: abbiamo iniziato il lavoro due anni fa, con un testo unificato di varie proposte di legge. È stato un percorso lungo in Commissione, con molte audizioni dei soggetti interessati, degli esperti, con una vivace discussione qui in Aula nella prima lettura, alcune opportune correzioni e integrazioni sono state apportate dal Senato e finalmente dopo due anni ci accingiamo ad approvare un provvedimento importante che ha un'incidenza concreta e diretta nelle condizioni di vita di tante persone in estrema difficoltà. Riteniamo che questa lettura debba essere quella conclusiva che consegna finalmente all'operatività un testo che raggiunge un buon equilibrio, considerando anche lo sforzo di destinazione di risorse che si fa in questa situazione. Vogliamo chiarire che la platea dei beneficiari a cui si rivolge il provvedimento in esame non può essere sovrapponibile a quella dei servizi che riguardano il sostegno alla disabilità per la vita indipendente che sono già regolati dalla legge n. 104 come tutti i colleghi sanno, ma in questo caso noi ci rivolgiamo ad una platea particolare di beneficiari che è quella di chi versa in situazioni di particolare difficoltà perché sono forme di disabilità grave, soprattutto per la tipologia di disabilità che molto spesso è intellettiva, cognitiva: cioè persone che una volta rimaste da sole – purtroppo noi sappiamo che questo nella vita avviene, quando a queste persone viene a mancare il sostegno dei familiari e il sostegno dei genitori – anche con le agevolazioni previste dalla legge n. 104 difficilmente potrebbero garantirsi una vita indipendente. Sono persone, sappiamo, destinate di fatto alla istituzionalizzazione, destinate a non avere più autonomia, a non avere più diritto a svolgere una vita indipendente. In quei casi, che sono la drammatica situazione di tanti genitori che dicono «cosa ne sarà di nostro figlio quando noi non ci saremo più, quando noi non potremo più pensare a lui o a lei ?», ecco che in quei casi noi pensiamo ci debba essere un intervento ulteriore dello Stato, un intervento ulteriore del servizio pubblico e il provvedimento si propone di agire in due direzioni. Principalmente si propone di prevedere una serie di servizi specifici per questa tipologia di beneficiari che i servizi del territorio dovranno erogare e, all'articolo 4, nel dettaglio viene spiegato quali sono questi servizi: la predisposizione di progetti specifici di domiciliarità ma anche di soluzioni extrabitative, di soluzioni sperimentali e innovative e di alloggio collettivo, ad esempio, ma anche processi di formazione e di allenamento all'autonomia di queste persone. Un secondo binario, sicuramente secondario – concludo – è quello che al comma 3 dell'articolo 1 definiamo sotto il gruppo delle agevolazioni che vanno a incentivare anche le forme assicurative, la stipula di polizze, la costituzione di o di vincoli di destinazione a favore di questi progetti. Per questo, Presidente, riteniamo che questo sia un provvedimento molto opportuno, atteso da anni da molte persone che cambia in concreto la qualità di vita, la fiducia di queste persone nel futuro; e per questo pensiamo che il testo, così com’è uscito con le ultime modifiche del Senato, sia sufficientemente migliorato per essere considerato il testo definitivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Vita. Ne ha facoltà.
GIULIA DI VITA. Grazie, Presidente. Veramente resto allibita quando sento questi interventi da parte del Partito Democratico e si è fatta una confusione, secondo me, abbastanza strumentale: quindi, a questo punto, è una determinata scelta politica quella di mischiare qualsiasi tipo di argomento. Vorrei chiarire che il provvedimento in esame tanto per cominciare non corrisponde minimamente alle bozze delle proposte di legge presentate dallo stesso Partito Democratico.
Infatti, come è stato detto forse alla fine dell'intervento del collega Beni, il provvedimento in esame, che dovrebbe assistere e dare una risposta alle famiglie che hanno al proprio interno un disabile grave (parleremo poi anche di questo, della discriminazione tra disabili gravi e non gravi a questo punto), in realtà serve semplicemente ad aiutare le famiglie che già in qualche modo riescono ad arrangiarsi autonomamente. Com’è stato detto dal collega, vengono riconosciuti incentivi e agevolazioni fiscali per negozi giuridici prettamente privati, per gente che quindi ha la disponibilità economica per stipulare polizze sulla vita o o fondi speciali o vincoli di destinazione quindi che hanno degli immobili, dei patrimoni da potere lasciare al proprio figlio tipicamente disabile. A tutti gli altri, a tutto il resto delle famiglie ? Infatti, voglio parlare di numeri e cito dei numeri sulla povertà: la presenza di una persona con disabilità nel nucleo familiare può essere una delle principali cause di impoverimento. Il 23,4 per cento delle famiglie con almeno una persona con disabilità è a rischio di povertà, a fronte del 18,4 per cento delle famiglie senza membri con disabilità. Questo che cosa significa ? Significa che, per quanto riguarda la platea che avete individuato – non lo dice il MoVimento 5 Stelle ma lo dice la Commissione bilancio così come la Ragioneria dello Stato – a fronte di 2,1 milioni di potenziali beneficiari – sono dati dell'Istat – in realtà la maggior parte degli strumenti che vengono inseriti in questa legge si rivolgono ad appena 1.430 persone e sto parlando del che è questo nuovo accordo tra privati che in Italia non è normato; è consentito solo dalla Convenzione dell'Aja ma non esiste ancora la normativa e qui parliamo di 1430 persone che hanno, come dicevo prima, patrimoni da potere lasciare al cosiddetto quindi colui che si dovrà poi occupare del figlio disabile alla morte dei genitori proprio per assicurare un'esistenza adeguata al proprio figlio quando loro non ci saranno più. Quindi mi chiedo: ma perché non essere sinceri, perché non dire le cose come stanno ? Si dice semplicemente: guardate, in realtà se noi volessimo dare una risposta alle famiglie, almeno alla maggior parte delle famiglie in condizioni peggiori, nelle condizioni più disperate dovremmo investire molti soldi. Abbiamo fatto una stima delle risorse economiche necessarie e parliamo di oltre un miliardo di euro. Chiaramente questa disponibilità economica non c’è ma non c’è nemmeno a livelli più ridotti e il Governo stesso si è approvato un piano biennale sulla disabilità, su cui tutti concordiamo e addirittura noi da opposizione abbiamo sollecitato il Governo ad attuare il suo stesso piano, ma non è stato investito un centesimo: si dicano le cose come stanno. I soldi servono per assicurare l'assistenza sia durante che dopo, il «dopo di noi», ma non li vogliamo mettere, non li volete mettere: ditelo. Quindi l'unica cosa che possiamo fare è semplicemente aiutare coloro che già in qualche modo riescono ad andare avanti grazie alla propria disponibilità economica, all'organizzazione familiare senza che comunque lo Stato riesca a dare invece risposte adeguate. Quindi non vendiamo questo provvedimento come un intervento che aspettavamo da vent'anni, un provvedimento che finalmente dà risposte alle famiglie perché non è così: è un provvedimento che aiuta solamente coloro che già si aiutano da soli ad avere maggiori incentivi e maggiori vantaggi nel continuare ad aiutarsi da soli. Ma coloro che non ce la fanno non avranno alcun vantaggio grazie a questo provvedimento e poi entrerò nel dettaglio su come avete destinato queste poche briciole che avete stanziato .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dall'Osso. Ne ha facoltà.
MATTEO DALL'OSSO. Grazie, Presidente solo per dire che fate schifo ! Mi fate schifo
PRESIDENTE. No, onorevole Dall'Osso, per favore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.3, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie Presidente. Mi ricordo che abbiamo fatto in Commissione, se la memoria non mi inganna, un lavoro importante, un lavoro di discussione, in cui inizialmente nel provvedimento da parte della relatrice era previsto di inserire la specificità della gravità per disabili gravi e gravissimi. Mi ricordo una delle dizioni e non so se altri deputati di Commissione mi possono confortare su questo. C’è stata poi un'importante discussione sull'incostituzionalità del mettere, tramite disposizione di legge, una discriminante relativamente all'accessibilità di servizi fondamentali e importanti. Infatti, la platea sarebbe stata comunque la platea degli aventi diritto di questa disposizione di legge e sarebbe stata comunque prevista, attraverso il calcolo per esempio della platea di coloro che hanno l'indennità di accompagno che, nella fattispecie, Presidente, sono 2 milioni in Italia. Invece, per quanto riguarda l'articolo 3, comma 3, della legge n. 104, che appunto identifica la disabilità grave, dopo questa discussione avevamo deciso in maniera unanime di togliere all'interno del testo di legge la parola «grave» perché inizialmente era prevista.
Quindi, come al solito, il MoVimento 5 Stelle ha aiutato a scrivere una proposta di legge, si è creata questa discussione e la maggioranza ha convenuto sulle posizioni dell'opposizione. Però c’è questo piccolo problema: non si parlano con il Senato. È arrivato il provvedimento al Senato e ci hanno rinfilato dentro la parola «grave» perché non sono andati a ricostruire all'indietro le ragioni per cui era stata tolta la parola «grave» per coloro che avrebbero diritto soprattutto a questa defiscalizzazione, perché questo è un provvedimento sulla defiscalizzazione, non sull'accessibilità ai servizi. Io chiedo, quindi, alla maggioranza come mai adesso sia silente e sia tranquilla relativamente a una posizione che ha preso all'inizio del provvedimento in discussione alla Camera in prima lettura e adesso, invece, le vada bene così e praticamente si accontentano di questo risultato. Per quanto mi riguarda, se la memoria non mi tradisce, voi state dando la sponda a questo provvedimento proprio di incostituzionalità perché non puoi fare un provvedimento di accessibilità su una parola «grave». In questo senso, noi definiamo che cosa è grave e che cosa non è grave in materia di disabilità e rispetto a situazioni di .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Nicchi. Ne ha facoltà.
MARISA NICCHI. Per spiegare che questo emendamento, che vuole cancellare la parola «grave» da tutto il testo, lo abbiamo presentato, intanto perché è stato sollecitato da numerose associazioni di disabili, ma anche perché questo riduce di sicuro la platea dei destinatari degli interventi di questa legge. Ma oltre alla riduzione e, quindi, a un elemento di discriminazione di cui veniva fatto cenno prima, c’è anche un pericolo: noi sappiamo che un disabile, anche non grave, che rimane senza la famiglia, senza il sostegno familiare e che, quindi, è a rischio di una situazione di isolamento e di abbandono, può facilmente trasformare la sua disabilità non grave in una disabilità grave, proprio per questa condizione di non sostegno, di abbandono. Quindi, discriminare è sbagliato sul piano del principio e può anche provocare dei processi assolutamente da evitare perché produrranno ulteriore sofferenza e abbandono in tante persone disabili che, invece, devono avere il diritto esigibile di una garanzia sul piano di tutti i diritti.
ELENA CARNEVALI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELENA CARNEVALI, . Signora Presidente, la ringrazio. Signora Presidente, e tramite lei, Governo e deputati, io credo che invece oggi sia una bella giornata per questa istituzione e per quello che stiamo facendo. E francamente ci sono narrazioni false, se posso così definirle, e anche manipolative che abbiamo sentito in quest'Aula, molto probabilmente perché siamo alla vigilia di una scadenza elettorale e, allora, perché non demolire anche le cose positive che stiamo facendo qui con la votazione di oggi. Io credo che questo sia soprattutto un errore e non solo per il mancato rispetto che ho sentito in quest'Aula. E io chiederei anche di usare la prudenza, in quanto le parole sono pietre e se noi diamo la licenza a parlare qui in un certo modo, vuol dire che consegniamo la stessa licenza a parlare fuori di qui. Io invece credo che meriti rispetto anche il confronto. Ma le narrazioni false e manipolative, no, a questo non ci stiamo. Non ci stiamo per molte ragioni. La prima perché è vero che, dopo tanti anni di assenza, in particolare nei confronti della disabilità, quella cognitiva, quella relazionale, quella che è stata ricordata anche nella giornata del 30 marzo, la Giornata della disabilità intellettiva, anche alla presenza del Presidente Mattarella, noi abbiamo sentito la voce di quelle persone che hanno chiesto il riconoscimento dell'autodeterminazione, rafforzato e contenuto in questo provvedimento, e la possibilità di vivere così come chiesto dalla Convenzione dell'ONU, chiedendo di poter avere il diritto, con lo stesso principio di uguaglianza degli altri, di scegliere come e con chi vivere. Noi, con questo provvedimento, ci occupiamo di questo articolo, nel rispetto e nel solco della Convenzione dell'ONU.
Ma non mi si venga a dire che, con questo provvedimento, noi ci occupiamo delle persone che già hanno qualche soluzione. Infatti, ciò vuol dire sempre ragionare in termini manipolati e forse affini a qualche scadenza. In realtà, per la prima volta, esiste una responsabilità pubblica e lo facciamo nell'ambito delle competenze, che sono soprattutto competenze sociali. Bene, i colleghi sanno che la nostra Costituzione pone queste competenze a carico, in particolare, delle regioni e degli enti locali. Ce le assumiamo noi, siamo noi che stiamo dicendo: «Vi teniamo per mano», nella volontà di infrastrutturare un sistema, che adesso è un sistema sperimentale, che esiste su alcuni territori grazie alla disponibilità degli enti locali, di qualche lungimirante fondazione o associazione. Ma non c’è, di certo, il sistema che vogliamo raggiungere, in una condizione progressiva, perché tutti possano, soprattutto, agire e scegliere sulla base della libertà. Questo è uno degli obiettivi che questo provvedimento si prefigge.
In questo articolo, in particolare su questo emendamento, stiamo parlando della disquisizione se togliere o non togliere la parola: «grave». Guardate, colleghi, forse state, peraltro, prendendo un abbaglio. Lo dico alla memoria del collega Baroni, che forse ha un attimo di cedimento: basta fare il confronto con il comma 2 dell'articolo 1 e si vede esattamente la definizione della platea. Sa bene quanto frutto di dibattito è stato questo, soprattutto nella Commissione della Camera, e così è stato definito e scelto. Abbiamo detto: partiamo dalla parte – permettetemi di usare questa espressione – forse più orfana in questo momento dal punto di vista dell'attenzione pubblica, sapendo bene che poi, nella previsione di estensione, questo dovrà accadere per tutti.
Quindi, io invito a riportare soprattutto parole di verità. Poi i giudizi possono essere diversi, ma credo che oggi sia un gran giorno, atteso, peraltro, da moltissime e moltissime persone e famiglie .
MASSIMO ENRICO BARONI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Presidente, faccio presente, siccome su questo provvedimento c’è molta mistificazione e ci sono molti da parte della maggioranza, che la collega non è minimamente intervenuta sull'emendamento ma ha fatto l'apologia di se stessa, nel momento in cui fa la relatrice...
PRESIDENTE. Sì, ma qual è il richiamo al Regolamento ?
MASSIMO ENRICO BARONI. ... di un provvedimento, che io ritengo vergognoso perché prevede 35 euro a disabile in termini di servizi per il 2016...
PRESIDENTE. Scusi, non è un richiamo al Regolamento, deputato. Se mi chiede la parola per un richiamo al Regolamento...
MASSIMO ENRICO BARONI. Non è intervenuta sull'emendamento, perché non ha spiegato per quale ragione...
PRESIDENTE. No, no, no non posso consentirle di procedere. Mi dispiace, non è un richiamo al Regolamento. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Occhiuto. Ne ha facoltà.
ROBERTO OCCHIUTO. Grazie, signora Presidente. Io approfitto di questo emendamento per segnalare a lei, signora Presidente, e all'Aula che il gruppo di Forza Italia non ha partecipato alla fase emendativa di questo provvedimento, pur magari condividendo, nel merito, il contenuto di alcuni emendamenti. Questo, che va nella direzione auspicata da taluni, quella di estendere la platea dei beneficiari, sarebbe anche condivisibile, ma non abbiamo partecipato alla fase emendativa e voteremo contro questo emendamento e contro la maggior parte degli altri emendamenti perché anche noi siamo convinti che questa debba essere la lettura definitiva di questo provvedimento.
Noi riteniamo che il provvedimento in questione sia un buon provvedimento. È un provvedimento che è nato per iniziativa parlamentare, ma che poi è stato formato anche grazie al contributo di associazioni, di case famiglia, di tutti quegli enti fondamentali per realizzare i principi di sussidiarietà. È un provvedimento che il Senato ci restituisce senza averlo stravolto, ma anzi avendo applicato ancor di più il principio della sussidiarietà, nella misura in cui ha esteso i benefici già previsti per i ad altri negozi giuridici.
Per queste ragioni noi siamo favorevoli a questo provvedimento e, per le stesse ragioni, voteremo contro questo emendamento e gli altri emendamenti, ritenendo che questa materia debba appartenere a quel terreno della politica che è zona franca. Al di là delle appartenenze, al di là delle responsabilità che in quest'Aula ci sono assegnate come maggioranza e come opposizione, occuparsi di queste vite – prendo in prestito le parole della deputata Argentin nella discussione generale di ieri –, di queste «bellissime vite», consegnate però a famiglie che per alimentare queste vite sono costrette a grandi sacrifici, occuparsi di queste «bellissime vite», alleviando i sacrifici delle famiglie è qualcosa di meritorio, sia che provenga dalla maggioranza sia che venga votato dall'opposizione. Per questo, sull'emendamento in questione e su molti altri, al fine di favorire una celere approvazione del provvedimento, noi voteremo contro, così come voterà contro la maggioranza, riconoscendo anche alla relatrice il lavoro e l'impegno che ha svolto su questo provvedimento, affinché diventasse un testo non solo di una parte politica, ma un testo condiviso anche da chi occupa i banchi opposti alla parte politica che oggi lo difende .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Di Vita. Ne ha facoltà.
GIULIA DI VITA. Grazie, Presidente. Io approfitto dell'invito della relatrice e rispondo punto per punto in questa, se vogliamo chiamarla così, «operazione verità». Tanto per cominciare, le accuse rispetto alle provocazioni di campagna elettorale possono tornare tranquillamente al mittente, perché mi risulta che noi abbiamo votato contro questo provvedimento già in prima lettura, mesi fa. Le nostre critiche non escono fuori oggi dal cappello, ma abbiamo partecipato ai lavori, abbiamo presentato degli emendamenti, che in prima lettura sono stati anche approvati, quindi, dal nostro punto di vista, c'erano tutte le intenzioni per fare un buon lavoro.
Dopodiché, chi è, delle associazioni di familiari a cui fate riferimento, che vi ha chiesto: «Per favore, istituite il perché senza il non sappiamo più come andare avanti». Vorrei sapere se alle audizioni eravate presenti anche voi o se le abbiamo ascoltate solamente noi. Io vorrei sapere quale familiare, quale associazione rappresentante di persone disabili vi ha detto: «Per favore, è vent'anni che noi in Italia aspettiamo questo senza cui non possiamo più vivere». Non c’è stato nessuno che lo ha chiesto. Semplicemente, lo ha chiesto qualche fondazione, di cui una è riconducibile al Partito Democratico, il cui presidente Enrico Sostegni, guarda caso . Quindi, non ve lo hanno chiesto i disabili...
GIULIA DI VITA. ... ve lo chiedete da soli. Dopodiché, concludo, se è possibile, dicendo che vi siete incartati su questa definizione di grave, semplicemente perché da vent'anni non stiamo seguendo la raccomandazione dell'Organizzazione mondiale della sanità...
PRESIDENTE. Deve concludere, deputata.
GIULIA DI VITA. ... sull'aggiornamento – ho concluso – dei criteri di accertamento dell'invalidità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Binetti. Ne ha facoltà.
PAOLA BINETTI. C’è un modo molto facile di affossare una legge e di affossare anche lo spirito stesso di quella legge: è quello che va sotto la locuzione: «ti dirò di più». Se questa è una legge che è stata pensata per disabili gravi, è molto facile dire: «Ti dirò di più: perché non per tutti i disabili ?». Ti dirò di più: se questa legge prevede una serie di aiuti, che, in qualche modo, lo Stato rende disponibili – non ci dimentichiamo che questa è una delle poche leggi che non sono a isorisorse, una legge per cui è previsto uno stanziamento positivo – è facile dire: «Ti dirò di più: perché solo e non il doppio di ?».
Se questa è una legge che, in qualche modo, integra in maniera straordinaria il contributo dello Stato, l'impegno delle famiglie, l'impegno delle associazioni, di fondazioni, per creare delle realtà composite che si fanno carico davvero dei bisogni delle persone affette da disabilità grave, è facile ancora una volta dire: io ti denuncio questo, perché questo è imparentato con quest'altro, o perché questo, avendo un figlio disabile e, metti caso, magari è iscritto al Partito Democratico, allora significa che questa è una legge, come dire, in sospetto conflitto di interessi. E non è così ! E non è così ! Questa è una legge che viene da diverse legislature, è una legge di cui io stessa avevo presentato, anche in questo caso, ma comunque in precedenti legislature, un progetto di legge, perché sono le associazioni che lo chiedono, sono i genitori ! Anzi, quello che i genitori ci hanno chiesto con grande intensità è che non sia la legge del cosiddetto «dopo di noi», ma che sia la legge del «tra noi», una legge che comincia insieme a noi ! Ma sono genitori che sono totalmente consapevoli della difficoltà a fare fronte, con sacrifici enormi, a rendere disponibili le pur esigue risorse che hanno a favore dei figli e che guardano a questa realtà composita come a un segnale davvero di speranza.
A me sembra che le parole durissime, anche al limite dell'insulto, sentite da parte dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, hanno molto di demagogico, non sono una risposta di quel realismo politico che fa le soluzioni concrete agibili ed esigibili da parte di chi ne ha bisogno. E noi vogliamo che questa legge sia già da domani – ci auguriamo di votarla e di approvarla oggi – una realtà disponibile per le persone. Non è possibile che si viva in una logica di continuo migliorismo, che ignora, però, le possibilità di questo momento e i bisogni che, invece, vengono da molto lontano. Quindi, io credo che questa sia una buona legge e che l'unico modo di vanificarla è quello di dilatarne la platea. Prima faceva riferimento un collega al fatto che – non so in base a quale formula matematica – hai 38 euro a disabile: perfetto ! Triplichiamo la platea, quadruplichiamo la platea, non ci dimentichiamo che c’è uno stato di disabilità non grave attraverso il quale transitoriamente passiamo tutti. Ogni anziano è un disabile potenzialmente senza supporto familiare, perché saranno già morti i suoi genitori. Cosa vogliamo fare ? Moltiplicare la platea in modo da arrivare ad un livello di diluizione quasi a dosi omeopatiche ?
Noi desideriamo che, invece, questo progetto diventi sperimentalmente agito quanto prima, poi la rivedremo, la rivaluteremo, la miglioreremo, ma da adesso abbiamo bisogno che questo Governo sia un Governo del fare e questo Parlamento si impegni a dare risposte concrete e non preelettorali, che servono soltanto a dipingere un'immagine di sé, che io mi auguro i cittadini imparino a riconoscere nella sua fallacia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il presidente Marazziti. Ne ha facoltà.
MARIO MARAZZITI. Grazie, Presidente. Interverrò solo su questo emendamento e su questo punto, perché tocca il centro, cioè la definizione della platea dei destinatari di questo provvedimento e perché tocca anche un po’ il significato di questo provvedimento di legge e del lavoro che abbiamo fatto in Commissione. Io credo che c’è un problema di verità e che sia un tempo di verità. Noi siamo di fronte a un provvedimento che, da forse quindici anni, forse venti anni, viene atteso dalle famiglie dei disabili gravi, dalle persone con disabilità gravi, da quelli che, quando arrivano a 65 anni, vengono automaticamente messi in una RSA perché entrano nella categoria anziani. Invece, con questa legge si interviene finalmente per una richiesta corale del mondo del volontariato, delle famiglie, delle associazioni, di quei disabili gravi che però pensano, lamentano e chiedono, e il cui grido e il cui lamento non è stato mai ascoltato fino in fondo, fino ad oggi.
Bene, con questo provvedimento, in realtà, si dà una risposta di cui dobbiamo essere tutti fieri e di cui la Commissione porta il merito, perché abbiamo lavorato in un clima molto civile e molto costruttivo, anche quando alcuni colleghi del MoVimento 5 Stelle chiedevano di più, portavano altre istanze, ma non è mai stato in discussione il fatto che siamo di fronte a un grande cambiamento di civiltà, cioè i disabili gravi, quelli che contano meno di tutti, sono al centro, il Parlamento li mette al centro, l'iniziativa parlamentare ne fa il centro e oggi diamo una risposta, un Fondo pubblico, l'istituzione del e di altre possibilità per poter dare risorse aggiuntive per progetti finalizzati e personalizzati, quanto più possibile, per vivere in situazioni di tipo familiare o semifamiliare, similfamiliare, cioè quello di cui c’è bisogno, e non gli istituti, non l'anonimato !
Allora, dico che è un momento di verità perché noi possiamo fare due cose: essere fieri dell'operato del Parlamento, quando il Parlamento è il Parlamento, porta i problemi degli italiani al centro, trova le soluzioni, trova il consenso e c’è un larghissimo consenso su questo, con un lavoro formidabile che è stato fatto alla Camera e ribadito nel lavoro del Senato, che non ha snaturato, ma ha perfezionato alcuni dispositivi.
Bene, allora è un grande momento in cui possiamo dire: vogliamo stare con le famiglie, vogliamo stare con le persone con disabilità gravi, vogliamo dire che la disabilità è una cosa che interessa il pubblico e non solo un problema privato delle famiglie ? Tutto questo noi facciamo e diciamo ! Lo dico come chi ha accompagnato queste persone nella propria vita, un po’ per grande parte della mia vita. Allora potrebbe essere una grande festa di tutto il Parlamento: chi si mette fuori, si mette fuori, ma questa è una festa del Parlamento, della democrazia, delle famiglie, delle fasce più deboli e io penso che dobbiamo essere molto contenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Grillo. Ne ha facoltà.
GIULIA GRILLO. Sì, io intervengo perché ho sentito gli interventi dei colleghi. In realtà nessuno di loro, però, è intervenuto nel merito dell'emendamento, che non c'entra con la contrarietà del MoVimento 5 Stelle a questa proposta di legge, che poi avrà ragione, come aveva ragione sugli 80 euro, che sono così paradossali da non toccare quelli che sono troppo poveri, e questo provvedimento non toccherà quelli che sono troppo poveri, ma questo lo vedremo dopo. Il punto era che la parola «grave», anche in seguito ad alcune sentenze della Corte costituzionale, come avevamo detto anche durante il primo passaggio in Commissione poteva essere una parola discriminatoria e questo incartamento deriva dal fatto che questo Governo, come gli altri, non ha mai riformato il sistema di accertamento dell'invalidità sull’ e quindi siamo ancora con metodi di accertamento quasi tribali. Quindi, gli interventi dei colleghi, magari, che sono così, diciamo, belli e populisti, però si potrebbero pure concentrare sul senso dell'emendamento e spiegare perché sono contrari nel merito .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gregori 1.2; i pareri sono contrari, anche quello della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
GIULIA DI VITA. Presidente, io non so quante volte ho preso la parola, da tre anni a questa parte, per parlare del Piano biennale d'azione per la disabilità, lo ricordo per l'ennesima volta, poi se il Governo o la maggioranza finalmente mi vogliono dare una risposta, se la vogliono dare ai cittadini prima che a me, ovviamente è più importante, io ringrazio. Che cosa è questo Piano ? È un piano che ha adottato il Consiglio dei ministri nel novembre 2013, quindi stiamo parlando di tre anni fa. Questo Piano è stato redatto grazie a diversi incontri fra i Ministeri, quindi il Governo, e soprattutto le associazioni di categoria. È un Piano che apprezziamo anche noi e che veramente, a differenza di questa legge, si ispira alla Convenzione ONU delle persone con disabilità e che è anche molto schematico, molto semplice. Quindi, io invito chiunque ci stia ascoltando anche ad andarlo a leggere. Si tratta di sette linee di intervento scritte veramente in maniera molto chiara e viene anche scritto chi deve fare cosa, quando e con quali fondi, e vengono anche specificate quali sono le linee di intervento addirittura a costo zero. Da tre anni a questa parte non abbiamo visto nulla di tutto quello che è stato scritto. Ora, siccome sembra che sia una proposta del MoVimento 5 Stelle che da opposizione noi rivolgiamo alla maggioranza e la maggioranza invece dice «no», io vorrei specificare, sempre per l'operazione verità di cui prima, che è la maggioranza che dice «no» a se stessa per l'ennesima volta, nel solito teatrino che vediamo da quando siamo qui dentro.
Voglio ricordare alla maggioranza ciò che la maggioranza stessa ha scritto. Abbiamo fatto riferimento in particolare alle linee di interventi 3 e 6. Allora la linea di interventi 3 stabilisce politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l'inclusione nella società direttamente ispirata alla Convenzione ONU. Visto che anche al collega Beni nel suo intervento iniziale ha fatto proprio riferimento alla vita indipendente (nel suo discorso abbastanza confuso), che con «il dopo di noi» c'entra abbastanza poco, razionalizzando e seguendo ciò che già la legge dice, ricordo che esistono già delle leggi che disciplinano ciò che facciamo finta di disciplinare per la prima volta in questa legge, mi chiedo perché il Governo semplicemente non si limiti intanto ad applicare ciò che lui stesso ha sancito. Quindi, prima rendiamo realtà, rendiamo concreto ciò che già è stato stabilito, dopodiché se ci rendiamo conto che non funziona, se c’è qualcosa da correggere, se mancano i soldi e quindi le risorse non sono sufficienti, allora si fa un'altra legge che possa andare incontro alle nuove esigenze. Ma io mi chiedo a questo punto: il fatto di avere dato parere contrario a questo emendamento che cosa significa ? State rinnegando il vostro stesso programma di azione per la disabilità ? Fatecelo sapere almeno così i cittadini lo sanno, noi lo sappiamo e ve la presentiamo noi una proposta di legge e facciamo l'iter parlamentare e vediamo se decidete di approvarlo. Oppure dite di «no», avete detto di «no» nel Comitato dei nove, perché questa legge ha forza maggiore rispetto giustamente a un regolamento al Governo. Allora dico a maggior ragione: stiamo parlando quindi di un regolamento che a detta vostra è assolutamente in linea con quanto dice questo testo di legge, però non volete citare le linee di intervento nello specifico, che invece noi vogliamo inserire. Vi ricordo che comunque nel testo che alla fine di questo iter approverete si fa riferimento al Programma biennale, anche se si fa riferimento in linea teorica, in linea generale, senza mai entrare nello specifico. Quindi, questo diniego che cosa significa ? Che diciamo «sì» in linea generica a tutto ciò che contiene il Piano biennale per le persone disabili che include quindi anche il progetto della vita indipendente (poi se viene fatto, bene, se non viene fatto, va bene sempre, sarà un problema della burocrazia e del raccordo fra Stato e regioni) oppure che state dicendo «no» in maniera esplicita alla vita indipendente, quindi alle linee 3 e 6 del Piano di azione sulla disabilità ? Io chiederei semplicemente un chiarimento, così se ci dite che rinnegate le vostre stesse proposte almeno noi lo sappiamo, tutti qua fuori possono venire a saperlo, e quindi capiamo anche di quale credibilità potete godere. Se si tratta di un Governo e una maggioranza che prima dicono una cosa, se la autoapprovano, la sponsorizzano (ricordo la pompa magna con cui l'avete presentata: comunicati stampa, audizioni alla Camera) e poi all'atto pratico invece rinnegano se stessi, ci rendiamo conto di avere a che fare con un Governo che dice una cosa e ne fa un'altra. Non che sia chiaramente una novità, è tanto per ribadire l'ovvio
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Baroni. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie Presidente. Allora cerchiamo di mettere un po’ d'ordine perché qua c’è chi ha cercato di iniziare con grandi slogan e grandi inesattezze. Io sono abituato, Presidente, a studiare e a vedere se effettivamente ciò che viene dichiarato da parte della maggioranza e da parte del Governo corrisponde a verità e quasi sempre, quando si vanno a scoprire le carte, lo scarto tra ciò che viene detto e ciò che effettivamente viene istituito oppure viene finanziato è praticamente lo stesso scarto che troviamo tra Davide e Golia. Praticamente quello che si fa con i provvedimenti che vengono dichiarati è che si parla della soluzione permanente a problemi, eccetera, eccetera, ma noi le leggi ce l'abbiamo già. Su quello che diceva Beni prima, incominciamo a mettere i «puntini sulle i»; diceva «la vita indipendente è la legge n. 104», non è vero, sta in questo provvedimento qui. È la legge del 2011 che, per la prima volta, inizia a parlare in maniera efficace di vita indipendente in un provvedimento di legge.
PRESIDENTE. La ringrazio deputato. Vi prego colleghi state nei tempi, sapete che sono interventi a titolo personale, restate nel minuto, per favore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Grillo. Ne ha facoltà.
GIULIA GRILLO. Si potrebbe pensare male e pensare che siccome era del Governo Letta, visto come il Partito Democratico ha trattato Letta, che non vogliono attuare un atto del Governo Letta, ma in realtà la vera motivazione è che voi con questa legge avete dimostrato chiaramente di non volere aiutare tutti i cittadini, ma solo le 1.340 persone individuate su 2 milioni dalla Ragioneria generale. Lo dimostra anche il fatto che voi scrivete nella legge di volere aggiornare i livelli essenziali delle prestazioni sociali, prima senza mettere un termine (quindi significa che non verranno aggiornati) secondo, entro i limiti di finanza pubblica, ovvero i soldi che voi mettete in questa legge andranno a fare gli aiutini ai delle assicurazioni, cosa che non vi aveva chiesto nessuno, ma non mettete un euro nella definizione che ancora non avete definito. Ricordo nel frattempo che ancora stiamo aspettando la pubblicazione dell'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza sanitari. Quindi, siete gli ultimi che potete parlare sia su questo, che su quello .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Baroni 1.5, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie Presidente. Giusto per dare un pochino l'esempio su come dovremmo fare questo dibattito. Lo ripeto si è iniziato il dibattito in maniera veramente vergognosa e la relatrice non ha dato sicuramente l'esempio. Questo emendamento prevede una cosa molto semplice, di aggiungere le seguenti parole: «al fine di conseguire la migliore autodeterminazione finalizzata al raggiungimento di una vita il più possibile indipendente e deistituzionalizzata». A questo proposito, quando la collega Binetti diceva che levare la parola «grave» significa aumentare la platea, non ha capito nulla: non ha capito assolutamente nulla del mio intervento ! Perché ? Perché non hanno studiato, signora Presidente. Quindi, in questo momento, quando noi stiamo parlando, noi parliamo delle prime proposte di legge, a firma del PD, che prevedevano 150 milioni di euro, 300 milioni di euro, altri 300 milioni di euro, però dopo alla fine ci si accontenta. Va bene; noi possiamo anche dire: «Va bene, vi accontentate: di cosa ? Di 90 milioni. Va bene !», ma poi, alla fine, di questi 90 milioni il 55 per cento dei 90 milioni in un anno sono strumenti per i privati, ovvero 750 euro per 143 mila disabili per farsi un'assicurazione e altri 5 mila euro per 1.400 disabili per farsi un'assicurazione. Il totale, a casa mia, fa 45 milioni di euro. Li si dividono per 20 regioni e ad una regione media, come la Toscana, sa quanto gli rimane nel fondo dopo di noi ? Lo sa quanto gli rimane, Presidente ? Un milione di euro, un milione di euro ! Solo a Roma abbiamo 350 disabili che accedono al servizio Meditral servizio del comune di Roma che serve per il trasporto. Questo solo a Roma. In Toscana, secondo lei, 350 disabili ci sono ? Come verrà ripartito questo milioncino di euro di servizi ? Questo è il vero scandalo di questo provvedimento, questo è il vero scandalo ! Sappiamo fare questi conti ? Allora, noi adesso stiamo parlando di intenzioni e sulle intenzioni noi andiamo nella stessa direzione; per quanto riguarda i soldi, i maledettissimi soldi che non fate uscire per gli ultimi, perché avete il reddito minimo garantito nel vostro programma e non ve ne siete occupati da tre anni, noi vi faremo un fiato sul collo che, porca miseria, vi faremo venire la cervicale !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Lenzi. Ne ha facoltà.
DONATA LENZI. Presidente, solo alcune piccole illustrazioni e risposte. Il piano biennale per la programmazione dei diritti delle persone con disabilità è previsto dalla legge; non abbiamo bisogno di scriverlo una seconda volta. È stato detto due volte: chi ha voluto il ? Noi sappiamo che è stato chiesto dalle associazioni che negli atti delle audizioni al Senato hanno chiesto l'allargamento ad altre tipologie già previste nel codice civile, ma forse non ricordiamo che nella fase degli emendamenti in Commissione, tre emendamenti dei colleghi del MoVimento 5 Stelle prevedevano il . Quindi, forse la domanda la dovrebbero fare al proprio interno.
Sono solo 1.400 le famiglie a cui interessa il ? No, c’è un equivoco tra lato fiscale e di bilancio e quella che è la platea. Il numero di 1.400 è la stima della Ragioneria di famiglie con persone disabili che abbiano un'eredità superiore al milione di euro, perché tutti gli altri casi, che sono la stragrande maggioranza, non pagano la tassa di successione, esattamente come non la paga nessun altro. Allora, la norma che qui è messa sul è una norma di tutela, perché già adesso si può fare il già adesso si può fare la gestione commissariale, ma non ci sono quelle tutele che alla morte dei genitori garantiscono a quella persona di continuare ad avere l'assistenza e le tutele di contenuto, che non sono solo relative ai soldi: ci sono le scelte che si fanno, il sostegno a stare nella propria casa, gli aiuti familiari, che invece è necessario che ci siano e sono la vera garanzia e risposta alla preoccupazione delle famiglie .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Di Vita. Ne ha facoltà.
GIULIA DI VITA. Presidente, tanto per cominciare io inviterei la collega Lenzi a indicarci quali sono questi emendamenti in cui il MoVimento 5 Stelle ha chiesto il perché quello che noi abbiamo fatto è stato quello di cercare di arginare i vostri danni. La Commissione affari sociali non ha alcuna competenza per normare il tant’è che la Commissione finanze ha fatto presente il fatto che era di sua competenza.
Quindi, quanto meno, visto che avete cambiato la natura delle vostre proposte di legge, l'esame andava effettuato congiuntamente (affari sociali e finanze). Perché ? Perché i membri della Commissione affari sociali non hanno competenze su questo.
Quindi, noi abbiamo studiato con gli uffici legislativi di finanze per cercare di normare al meglio il perché per come l'avevate scritto qualsiasi cosa era possibile. E allora abbiamo inserito dei paletti che andassero nella direzione di favorire e tutelare al massimo il beneficiario di questo . Un esempio per tutti è l'introduzione del controllore, il cosiddetto «guardiano», che in Commissione non sapevate neanche cosa era...
GIULIA DI VITA. ... e che serve proprio per controllare che il faccia esattamente le volontà del disponente .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Colonnese 1.14, su cui i pareri sono contrari.
Dichiaro aperta la votazione.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. Anche noi, come Sinistra Italiana, chiediamo l'abrogazione della parola «grave», coerentemente con i lavori di Commissione. Però, ci rendiamo conto che avete le vostre difficoltà e, tuttavia, almeno quando uscite da quest'Aula – in particolare i membri della Commissione – cercate di ricordarvi per quale ragione la Camera dei deputati, quando è uscito il provvedimento da qui, non aveva inserito la parola «grave». Va bene ? Perché è ovvio che a intuito, ad istinto, chiunque nel momento in cui vuole circoscrivere la platea... per quanto riguarda determinati servizi e per quanto riguarda determinate funzioni si deve circoscrivere la platea.
Poi, c’è la discussione sulla costituzionalità, poi c’è la discussione sui ricchi e sui poveri, ma nel momento in cui noi stiamo parlando di determinati servizi per gli ultimi e degli ultimi in termini di fragilità e in termini di reddito poteva essere importante inserire la parola «grave».
Una delle ragioni sta anche nel della Commissione bilancio, il n. 386 del 7 giugno 2016, che praticamente è una verifica delle quantificazioni, laddove, al riguardo, in merito alla introduzione del rinvio all'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, ai fini della definizione di disabilità grave, riferisce che «sarebbe utile una conferma che per effetto del medesimo non risulti sostanzialmente modificata la platea di riferimento». Perché, Presidente ? Per quale ragione ? Perché la platea di riferimento è stata fatta su un'altra legge che è quella dell'invalidità civile, che è quella del 1978, quella che dispone l'indennità di accompagno e, dunque, una persona può avere – e i malati oncologici sono, per esempio, un caso classico – l'articolo 3, comma 3, ma non avere nemmeno il 100 per cento di disabilità.
Quindi, si crea confusione nel momento in cui si va a normare in questo modo, perché da una parte c’è l'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, che ha citato prima il collega Beni (ma non c'entra nulla con la vita indipendente), e poi c’è la legge del 1978 sull'invalidità civile, che prevede l'indennità di accompagno al 100 per cento di disabilità che dà diritto alla pensione. L'ISTAT e i nostri bei lavori, che vengono fatti dai funzionari della Camera, hanno previsto che la platea iniziale fosse pari a 240 mila unità, cioè quelli con imponibile Irpef sopra i 20 mila ovvero quelli medio-ricchi sono circa la metà – ok – e poi dopo ci sono i ricchissimi e caso strano – e poi lo vedremo più avanti – il discorso va in quella direzione ma questo era un discorso di chiarezza normativa. Inserire la parola «grave» non solo fa tendere il provvedimento all'incostituzionalità ma confonde relativamente a chi decide chi è grave, si tende a confondere. Quindi, chiediamo l'abrogazione di questa parola in tutto il provvedimento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantero 1.13, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. Mi dispiace che la relatrice Carnevali abbia iniziato la discussione del provvedimento per dovere morale anche nei confronti dei molti disabili che abbiamo in Italia, nei confronti dei 240 mila disabili che accederanno a questa norma. Mentre altri, che sono circa 1.750.000, ne rimarranno esclusi. Tuttavia, abbiamo stabilito che doveva essere fatto per il «dopo di noi» con un occhio a volte un po’ strabico, se mi permette, Presidente, al «durante noi».
Quest'articolo praticamente è stato l'unico articolo su cui la relatrice, in sede di discussione alla Camera, ci ha permesso che venissero accettati i nostri emendamenti. Quindi, ci sono molti emendamenti presentati in prima lettura alla Camera che sono passati all'interno dell'articolo 1. Comunque, se non molti, alcuni in termini statistici, considerato che non passa alcuno dei nostri emendamenti, nonostante ci dovreste pagare come vostri collaboratori per il fatto di scrivere articoli a norma di buon senso.
Questo articolo contiene le finalità che ci piacciono molto perché le finalità sono le stesse, Presidente. Andiamo a richiamare la legge n. 328 del 2000 e qui parliamo dei Liveas o dei LEPS come si vogliono chiamare, livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie. È sedici anni che li aspettiamo, Presidente. In questo provvedimento, siamo nel 2016, ancora è «nelle more»: dobbiamo scrivere «nelle more di», «nelle more di», «nelle more di» e intanto stanziamo questi 90 milioni, poi l'anno prossimo altri 80, poi l'anno prossimo, eccetera.
Con i livelli essenziali di prestazioni sanitarie tu garantisci diritti esigibili che sono comunque già presenti perché la Corte costituzionale, nel 2013, ha previsto che ogni disabile ha diritto alla cura, che non significa guarigione, Presidente. Ripeto: cura non significa guarigione. Le malattie, le patologie, le disabilità che sono previste in questo provvedimento è ovvio che non sono guaribili ma ci sono prestazioni di cura, prestazioni di di prendersi carico. Quindi noi, all'articolo 1, voteremo favorevolmente.
È scritto molto bene, le finalità sono identiche. Il problema lo abbiamo ricordato prima e lo rivedremo successivamente. Purtroppo, in un certo senso, abbiamo fatto un errore di ingenuità ma gli italiani lo sanno perché ci seguono in molti: molti disabili ci seguono in rete e purtroppo, essendo allettati o avendo una scarsa mobilità, hanno molto tempo per informarsi e incrociare i loro dati e, in questo caso, noi non solo voteremo favorevolmente ma auspichiamo veramente che tutte queste dichiarazioni di intenti prendano forma in decreti attuativi, in leggi in cui voi non vi dichiarate riformisti e riformate o dite «stavano aspettando da vent'anni».
Infatti, se stavano aspettando da vent'anni una legge sul «dopo di noi», è da sedici che stavano aspettando i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie o prestazioni sociali e dove sono i vostri lavori, le vostre proposte, le vostre battaglie quando bisognava semplicemente attuare la legge della Turco ? Tale legge è diventata poi parzialmente incostituzionale a causa della riforma delle regioni ma non lo è assolutamente nel momento in cui bisogna garantire queste prestazioni dal punto di vista sanitario, dal punto di vista socio-sanitario. E, invece, mettiamo le pecette con queste leggine, (perché sono leggine): infatti, queste sono garanzie stabilite dalla Corte costituzionale e chiunque omette queste prese in carico e queste cure praticamente rischia la galera. Noi, però, siamo alla finalità e in queste finalità ci riconosciamo completamente. Il problema è come attuare questi fini; quali sono gli intermedi, quali sono i soldi ? Noi voteremo favorevolmente a questo articolo 1.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Nicchi. Ne ha facoltà.
MARISA NICCHI. Intervengo per esprimere il voto favorevole di Sinistra Italiana perché questa è una parte sulle finalità che noi condividiamo, malgrado gli emendamenti che abbiamo presentato per le novità introdotte al Senato.
È una parte che abbiamo anche contribuito a scrivere perché le finalità di questo provvedimento dicono «no» sostanzialmente alla istituzionalizzazione, aprono nuove strade, una fase sicuramente nuova che avremmo voluto più rigorosa, più definita ma che di sicuro in questa prima parte è prevista e, quindi, il voto di Sinistra Italiana è favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate .
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
ELENA CARNEVALI, . Grazie, signora Presidente. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Nicchi 2.2, Di Vita 2.4, Nicchi 2.1 e Nicchi 2.3.
FRANCA BIONDELLI, Il Governo esprime parere conforme alla relatrice.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Nicchi 2.2, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Nicchi. Ne ha facoltà.
MARISA NICCHI. Presidente, intervengo per ribadire il senso di questo emendamento e per chiarire che qui siamo di fronte a diritti fondamentali e questi diritti devono essere garantiti. Non possono essere vincolati dalle risorse disponibili e, quindi, noi ribadiamo con il nostro emendamento che devono essere garantiti i livelli essenziali di assistenza e non l'ossequio ai vincoli di bilancio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cozzolino. Ne ha facoltà.
EMANUELE COZZOLINO. Grazie, Presidente. Dichiaro il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Grillo. Ne ha facoltà.
GIULIA GRILLO. Giustamente su questo emendamento la Nicchi dice di sopprimere la parte che riguarda il vincolo di finanza pubblica. Infatti, si dice di aggiornare o definire i livelli essenziali quando ricordo che gli stessi erano previsti dalla legge n. 328 del 2000 mentre siamo nel 2016, quindi sono passati sedici anni e i Governi di destra e di sinistra non si sono assolutamente preoccupati di definire i livelli essenziali e poi ce ne andiamo all'estero a dire quanto siamo bravi noi italiani che abbiamo i livelli essenziali.
Allora, diciamo la verità: stiamo facendo una legge che va assolutamente verso un processo di ulteriore privatizzazione. Infatti, quando noi demandiamo al la volontà di parenti di disabili di definire quale deve essere la vita o comunque i criteri di vita delle persone disabili, significa che noi stiamo demandando ovviamente a terzi rispetto al pubblico questi servizi.
Aveva un senso levare le parole «vincoli di finanza pubblica» perché sarà lettera morta e questa legge servirà solo ed esclusivamente ad andare incontro a questo progressivo processo di privatizzazione, peraltro confermato dall'indagine Censis...
GIULIA GRILLO. ... su cui il Partito Democratico non ha detto una parola: 11 milioni di italiani che rinunciano a curarsi per motivi economici. Complimenti sempre !
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 2.2.
Dichiaro aperta la votazione.
GIULIA DI VITA. Presidente, questo emendamento praticamente fa una ricognizione di tutte quelle leggi che ho citato poco fa, che già esistono minimo da sedici anni, per parlare di quella più recente, e che praticamente smentiscono il fatto che oggi siamo davanti a una legge che per la prima volta sancisce determinati diritti o offre determinati servizi e che da vent'anni sembra che l'Italia stia aspettando.
Stiamo parlando, quindi, di articoli della Costituzione e parliamo della Convenzione ONU già citata e, soprattutto, parliamo della legge n. 328 del 2000, che è una di quelle buone leggi quadro che stabilisce tutta una serie di obblighi e, che, però, in sedici anni non abbiamo visto realizzarsi o quantomeno non abbiamo visto realizzarsi nel suo complesso.
Quindi, questa proposta di legge che oggi sbandierate appunto come una rivoluzione, come un grande giorno di festa, che cosa dice ? Semplicemente copia e incolla quello che già è scritto in una legge vecchia di sedici anni. Infatti, semplicemente andate a specificare che bisogna fare tutte quelle cose che già sono scritte in una legge di sedici anni fa. Quindi, io vorrei chiedere alla relatrice, che prima è intervenuta dicendo che questa è la prima volta che il Parlamento affronta e approva un provvedimento di tale importanza: è la prima volta che fate che cosa ? È la prima volta che invece istituite il questo sì. Il per rispondere alla collega Lenzi, certo che è consentito, ma anch'io l'avevo specificato prima, per la Convenzione dell'Aja che abbiamo ratificato, però ancora non è normato in nessuna legge italiana. In questo modo, invece, viene istituito.
E rispondo anche sul fatto che dire che ce l'hanno chiesto le associazioni in maniera generica in audizione, serve semplicemente per glissare e non rispondere. Io mi sono segnata – potete anche cercare di smentirmi andandovi a cercare le audizioni che abbiamo fatto – che il è stato richiesto dalla fondazione Il Trust in Italia (direi ! Se la fondazione Il Trust in Italia non richiede il mi sembra già una cosa paradossale) ed è venuto a relazionare l'avvocato Lupoi. In un articolo di addirittura Lupoi viene definito come estensore della legge.
Quindi, io vi invito a riflettere: questa proposta di legge l'avete scritta voi o, come al solito, ve le scrivono le fondazioni ?
La seconda richiesta è venuta da Enrico Sostegni, consigliere regionale del Partito Democratico. Di quale regione ? Guarda un po’ la Toscana. Ma non mi dire ! Anche lui ha parlato del . Le associazioni dei familiari non hanno mai chiesto il ma hanno chiesto servizi, hanno chiesto diritti, hanno chiesto l'applicazione di norme che già esistono.
E per accontentarli abbiamo questo articolo 2, che nelle intenzioni potrebbe sembrare pure positivo, perché finalmente, come diceva la mia collega Grillo, abbiamo la definizione di questi benedetti livelli essenziali delle prestazioni sociali, ma che, come anche ha specificato, visto che non volete investire un centesimo, probabilmente non verranno definiti, così come i LEA, i livelli essenziali di assistenza sanitaria, che ancora non sono stati aggiornati.
Quindi, semplicemente io chiedo alla maggioranza di dire le cose come stanno: se la legge avesse come titolo «Istituzione di strumenti privati per aiutare le famiglie a pensare autonomamente al futuro dei propri figli», ok, ne possiamo parlare, avremmo anche potuto votare a favore. Perché non agevolare chi già comunque un minimo di autonomia la possiede ? Ma non potete in alcun modo dire che questa è una proposta di legge che risponde all'esigenza delle famiglie, per la maggior parte povere, di assicurare un'assistenza al proprio figlio disabile e poi scrivere un articolo 6 che introduce esclusivamente istituti privati e che stanzia 90 milioni, la metà dei quali solo per finanziare le mancate entrate dovute a queste agevolazioni fiscali.
Su questo noi non possiamo mai concordare e non ce ne frega niente nemmeno del terrorismo che state facendo sul fatto che il MoVimento 5 Stelle vota contro i disabili e che noi siamo contro i diritti. Vi dovreste vergognare per queste accuse e vi dovreste vergognare di prendere in giro le famiglie con un titolo che dice una cosa e il contenuto che ne dice un'altra. Ma, come al solito, le assicurazioni e le fondazioni vi ringrazieranno, come sempre .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Binetti. Ne ha facoltà.
PAOLA BINETTI. Mi sembra che i colleghi 5 Stelle utilizzino la parola come se fosse una clava e in qualche modo come se fosse una parola dotata in se stessa di un potere nefasto.
In realtà, il è solo una delle misure che questo disegno di legge prevede. Il passaggio al Senato, che è stato un passaggio indubbiamente migliorativo, ha riconosciuto anche un'altra serie di negozi giuridici a cui si può fare riferimento per implementare le risorse da mettere a disposizione delle persone che presentano disabilità grave e delle loro famiglie nel momento in cui queste famiglie non ci saranno più.
Sono molti e diversificati gli strumenti a cui si può attingere. Sono strumenti familiari, ma sono anche strumenti associativi; sono anche quella molteplicità delle forme che tanti aspetti del volontariato riesce a creare quando, davanti a patologie conclamate, decide di farsi carico di quei bisogni mettendo dalla propria parte risorse, anche economiche, il più generose possibili.
Continuare a insistere come se l'unica cosa fosse il la formula che permette di sciogliere le necessità di queste famiglie e di risolverle, è quantomeno riduttivo e limitato e viene anche il sospetto che sia un po’ fazioso.
Noi siamo convinti che i diritti di queste persone vengano tutelati da questa legge in modo direi quasi . Pensiamo che si possa fare di più se ci saranno le occasioni e le opportunità di avere maggiori risorse da mettere a loro disposizione, ma riteniamo fondamentale che il modello scelto sia un modello sufficientemente flessibile e sufficientemente espandibile e adattabile da poter lanciare davvero un'operazione sperimentale di grande efficacia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Baroni. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Presidente, molto velocemente. Noi cerchiamo di mettere un correttivo, utilizzando questo articolo, relativamente al fatto che non si vuole mettere un ordine di priorità negli interventi sul «dopo di noi» negli articoli successivi. Quindi, di fatto richiamiamo poi l'articolo successivo e soprattutto mettiamo in luce la piaga italiana sociale dell'istituzionalizzazione delle persone con grave disabilità. E cerchiamo di mettere un tappo, cerchiamo di stornare i soldi che normalmente vengono usati nelle residenze sanitarie assistite, in modo che questo progetto sul «dopo di noi» non vada mai, mai, mai e poi mai in un'istituzione che possa minimamente assomigliare ai delle residenze sanitarie assistite, che diventano di tipo degradato, perché non sono più sanitarie, ma diventano assolutamente degradate.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Vita 2.4.
Dichiaro aperta la votazione.
MARISA NICCHI. Grazie, Presidente. Brevemente, con questo emendamento si tocca un punto molto delicato della legge, perché noi, siccome condividiamo, come abbiamo fatto con il nostro voto favorevole all'articolo 1, le finalità, pensiamo che sia necessaria un'attività molto rigorosa, molto precisa di verifica della realizzazione di quelle finalità, essendo queste molto, molto importanti, molto delicate.
Si tratta di deistituzionalizzare, trovare soluzioni diverse, ossia quelle che, in una fase di sperimentazione, legata molto al progetto personale del disabile o della disabile sono richieste. Ecco, verificare. Questa è una legge importante. Noi apprezziamo questo momento, perché sicuramente si tratta di una legge importante e poi abbiamo discusso. Però, è molto importante la sua verifica e con questo emendamento lo chiediamo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 2.3. I pareri sono contrari.
Dichiaro aperta la votazione.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. Cercherò di essere più sintetico possibile, però bisogna veramente fermarsi un secondo a leggere l'articolo 2.
Nell'articolo 2 abbiamo la rubrica che recita: «Definizioni delle prestazioni assistenziali da garantire in tutto il territorio nazionale». Uno legge la rubrica e dice: «Finalmente ! Sono arrivate ! Incredibile !».
Poi inizia a leggere il comma 1: si parla del procedimento di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, cioè quello che le dicevo prima, Presidente, nel mio intervento precedente, la legge n. 328 del 2000 – le stiamo aspettando da sedici anni – e degli obiettivi di servizio di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 68 del 2011, ovvero quello di cui parlava la mia collega Di Vita, ciò che poi richiama la linea di intervento 3 e la linea di intervento 6 nel Piano di azione biennale.
Praticamente, cosa si fa in quest'articolo 2 ? Nel comma 1 si va avanti, si arriva al comma 2 e ritroviamo queste splendide more, di cui il Governo e la maggioranza di questi anni si sono nutriti proprio copiosamente. Abbiamo proprio queste more che escono dalla bocca del Governo. Questo Governo è pieno di more, è pieno di more che sta mangiando e, nelle more dell'attesa infinita, come Godot, di queste prestazioni sanitarie e dei livelli essenziali di assistenza, noi stabiliamo fondamentalmente gli obiettivi di servizio per le prestazioni da erogare, ovvero quello che ho detto prima: pochi soldi, troppo pochi, divisi male, con una forbice tra i più ricchi e i più deboli che aumenta.
Però questo Governo continua a nutrirsi di more e, anche nell'articolo 2, facciamo tutto con le more. Allora, noi voteremo contro questo articolo 2, perché delle more ci siamo rotti le scatole .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate .
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
ELENA CARNEVALI, . La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Lorefice 4.3, Baroni 4.6 e Gregori 4.1 e 4.2.
FRANCA BIONDELLI, Il parere del Governo è conforme a quello espresso dalla relatrice.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Lorefice 4.3, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Vita. Ne ha facoltà.
GIULIA DI VITA. Con questo emendamento torniamo a chiedere chiaramente di sopprimere la parola «grave».
Volevo anche approfittare dell'occasione per dire che, comunque, una soluzione a questo incartamento sulla definizione di disabilità grave l'avevamo anche data. Vi siete ritrovati a dover aggiungere la parola «grave» perché in Italia ancora abbiamo criteri di accertamento delle invalidità obsoleti. Che siano obsoleti lo sapete benissimo anche voi. Infatti, torno a parlare sempre del vostro Piano biennale d'azione sulla disabilità, che, tra l'altro, ha citato anche la collega Lenzi, dicendo che già è legge. Se fosse legge, a quest'ora non avremmo questo problema di definire la disabilità come grave. Infatti, la prima linea di intervento di questo Piano, così come suggerito dall'Organizzazione mondiale della sanità ormai vent'anni fa, quindi forse dire obsoleto è anche poco, suggerisce di superare l'accertamento della disabilità vista come livelli di handicap, quindi percentuali, e di andare a vedere, caso per caso, di che limiti e di che capacità gode la persona che viene valutata.
Quindi io mi limito a leggere semplicemente quello che voi stessi avete scritto sull'introduzione dei cosiddetti ICF. Avete detto: la nozione di invalidità civile, così come formulata dalla legge n. 118 del 1971, viene superata. L'accertamento delle menomazioni della persona, elemento di riferimento anche per la Convenzione ONU, diventa parte nel percorso di valutazione della disabilità, che dovrà scaturire dalla modifica della legge n. 104 del 1992. La descrizione delle malattie e menomazioni della persona utilizza come riferimento gli strumenti dell'Organizzazione mondiale della sanità, classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati e la classificazione internazionale del funzionamento disabilità e salute (ICF) per la parte di funzioni e strutture corporee.
Questo, quindi, per dire cosa ? Che, se fosse vero che questo Piano d'azione è già legge, avreste già riformato le modalità e i criteri di accertamento dell'invalidità, quindi non staremmo qui ancora, come nel Medioevo, a dire invalidità all'80 per cento, al 90 per cento o al 100 per cento, ma avremmo una classificazione quanto più possibile puntuale delle capacità e dei limiti del beneficiario, e questo andrebbe anche incontro all'esigenza di contrastare il fenomeno dei falsi invalidi, che, comunque, sappiamo che qualcuno sicuramente avvantaggia.
E quindi, dato che il Piano d'azione biennale non è vero che è legge, tant’è che gli ICF non sono stati istituiti e la linea prima dell'intervento non è stata realizzata, ci ritroviamo ancora qui ad utilizzare delle definizioni obsolete, antiche, e quindi facciamo delle proposte di legge che, anziché andare a modificare ciò che dovrebbe essere modificato – e quindi ammodernare leggi, come dicevo, antiche –, stiamo qui a costruire delle finte proposte di legge che utilizzano già degli errori o, comunque, come dicevo prima, delle definizioni vecchie e da aggiornare.
Quindi, stiamo creando burocrazia su burocrazia, concetti complicati su altri concetti complicati, perché quando poi qualcuno – probabilmente il MoVimento 5 Stelle, quando sarà al Governo – dovrà applicarlo, questo Piano d'azione biennale per la disabilità, e dovremo veramente introdurre l'ICF, il lavoro poi di revisione di tutti i testi scritti male che state approvando andrà a discapito di tutti i cittadini, perché dovranno attendere e dovremo fare un lavoro di revisione veramente inutile, dal momento che qui, in questo momento, potremmo subito correggere e aggiustare il tiro.
Comunque, la vostra volontà è chiara, cioè vi serve solamente come probabilmente elettorale e quindi in quest'Aula, come al solito, saranno parole al vento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lorefice 4.3.
Dichiaro aperta la votazione.
MARISA NICCHI. Ecco, vorrei qui un'attenzione, perché questo è un punto molto, molto delicato. Questi nostri emendamenti vogliono limitare, nelle situazioni di emergenza, il ricorso al ricovero extra familiare, cioè all'istituzionalizzazione motivata per casi di emergenza. Noi vorremmo limitare le possibilità di questo ricorso, perché, chiariamoci, se questa emergenza è legata ad una situazione personale, magari ricercata anche con il consenso dei tutori dei soggetti, allora è necessaria e si fa, ma se, come può succedere, questa diventa la scorciatoia per risolvere le inadempienze dei comuni, degli enti territoriali – che, lo ricordiamo, sono stati falcidiati in questi anni e che, quindi, hanno impoverito le loro possibilità di risposta – noi crediamo sia sbagliato, sia negativo. Quindi serve molto delimitare questo ricorso all'emergenza, motivandolo solo per le situazioni personali dei soggetti coinvolti e non può essere legato alle inadempienze del pubblico. In altre parole, noi vogliamo evitare una istituzionalizzazione forzata in nome dell'emergenza, perché il pubblico è inadempiente. Questi sono gli emendamenti che noi abbiamo presentato, un punto molto delicato, sollecitato e, quindi, chiediamo con i nostri emendamenti di limitare questo ricorso.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gregori 4.1, i pareri sono contrari.
Dichiaro aperta la votazione.
MARISA NICCHI. Brevemente, per esprimere il voto favorevole di Sinistra Italiana, perché, pur avendo presentato degli emendamenti per delimitare quella possibilità di abuso su ricorso alle situazioni di emergenza, noi pensiamo che questo sia un articolo che introduce un cambio di paradigma, che punta molto sulla deistituzionalizzazione, su una fase innovativa e, quindi, noi votiamo favorevolmente.
PRESIDENTE. Avverto che il gruppo MoVimento 5 Stelle ha esaurito il tempo previsto dal contingentamento per il seguito dell'esame, ma, essendone stata fatta richiesta e come da prassi, la Presidenza concederà un tempo aggiuntivo pari a un terzo di quello originariamente previsto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Baroni. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. Visto che le finalità del Fondo, sono così elencate (punto a) vogliamo ottenere questo, punto b) vogliamo ottenere quello, e così via), si dovrebbe prevedere già naturalmente un ordine di importanza, perché una lista che comprende gli obiettivi e che cosa si andrà a fare con questi soldi dovrebbe essere istituita per ordine di importanza.
In uno dei nostri emendamenti alla Camera avevamo proprio previsto che venisse rispettato in maniera vincolante l'ordine di priorità, perché, negli ultimi punti della lista abbiamo proprio l'istituzionalizzazione dei disabili, per giunta, in alcuni casi, con soldi loro. Siccome non abbiamo la possibilità di prevedere il futuro, e nonostante Basaglia avesse deciso che l'istituzionalizzazione e i neomanicomi non avrebbero dovuto più esistere, di fatto ci troviamo continuamente in questa situazione. Io ho sostenuto e ho fatto un complimento alla relatrice del provvedimento, Carnevali, in un in cui si scandalizza dell'ennesimo scandalo di maltrattamenti di persone in residenze sanitarie assistite e con disabilità. Ebbene, si deve pretendere che le regioni che usufruiranno di questi soldi rispettino l'utilizzo e il vincolo delle finalità, dalla più importante alla meno importante. Come ci diceva la collega relatrice, Carnevali, in Calabria è addirittura difficile trovare una residenza che ospiti i disabili. Non possiamo parlare né di assistenza domiciliare, né tanto meno di assistenza domiciliare indiretta, quindi siamo ancora in una situazione in cui già un istituto, secondo la collega, sarebbe una soluzione comunque di presa in carico e di cura.
Comunque, per quanto ci riguarda, non è stato accettato questo vincolo di priorità della finalità del fondo, ovvero di attivare e potenziare programmi di intervento, soprattutto che tengano in migliore conto le opportunità offerte dalle nuove tecnologie in modo da impedire l'isolamento delle persone con disabilità, eccetera, eccetera. Quindi noi non voteremo a favore perché non si è voluto mettere un vincolo a delle persone che metteranno le mani sui soldi, che saranno anche dei privati e potrebbero avere l'utilizzo esaustivo dei fondi pubblici messi a disposizione, magari compartecipando con un 5 per cento, e decidere di fare una casa famiglia che poi non sarà all'altezza del compito e della situazione.
Per questa ragione, siccome non siamo stati ascoltati relativamente a questi pericoli, perché già abbiamo spiegato che non funziona il Sistema sanitario nella residenzialità di tipo psichiatrica e con disabilità gravi e gravissime, noi ci asterremo sull'articolo 4.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 e delle proposte emendative ad esso presentate .
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
ELENA CARNEVALI, . La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti parere contrario, sugli emendamenti Colonnese 6.10, Lorefice 6.15, Di Vita 6.16, Grillo 6.50, Nicchi 6.51 e 6.4 e Baroni 6.20.
PRESIDENTE. Sottosegretaria Biondelli, prego.
FRANCA BIONDELLI, Il Governo esprime parere conforme alla relatrice.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Colonnese 6.10, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
GIULIA DI VITA. Questo è per essere certi che alla costituzione del venga nominato appunto con certezza il controllore, ovvero il guardiano, colui che dovrà tenere sotto controllo l'operato del che è colui a cui viene affidata l'assistenza alla persona disabile e che viene ovviamente individuato dal disponente, nel caso in cui il disponente non l'abbia indicato prima o sia successo qualcosa all'atto della costituzione del
Quindi, proponiamo che a indicare il controllore sia chiaramente il disponente in via preliminare, è ovvio, perché il disponente è colui che praticamente decide quasi tutto, ma nel caso di indisponibilità, in alternativa, proponiamo che sia individuato nell'ambito degli elenchi degli amministratori di sostegno dal giudice tutelare del tribunale di competenza dove risiede il beneficiario. Questo chiaramente per evitare di eludere questa condizione ovvero che il guardiano, ovvero il controllore, sia sempre contemplato nell'istituzione del .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Grillo 6.50, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. Questo è il cuore pulsante dello scandalo contro cui noi puntiamo il dito, perché, nonostante in prima lettura fosse intervenuta la mia collega, la collega del PD Carnevali, affermando che la relazione della Commissione bilancio non era sufficientemente veritiera – poi un giorno ci dovrà spiegare cosa significa «sufficientemente veritiera» – nel momento in cui chiude il cerchio a una platea di beneficiari di 1.430 disabili, ovvero tutti quelli a cui si alza – si alza ! – la defiscalizzazione nel momento in cui accedono all'istituto giuridico del . Dunque, dinanzi a questo nuovo istituto giuridico che viene istituito con questo provvedimento, cioè un provvedimento di affari sociali – mi perdoni, Presidente – che a un certo punto istituisce un nuovo istituto di diritto privato, mi dica lei, Presidente, qual è eventualmente l'opportunità di fare questo tipo di operazione, che è veramente assolutamente barocca nel modo di legiferare. Dunque, stabiliamo che prima vi era a disposizione un certo tipo di detraibilità e adesso la detraibilità diventa fino a un milione e mezzo di euro. Per quale cifra ? Per 5 mila euro. Cioè, 1.430 persone che afferiscono al nuovo istituto giuridico del per fare questa operazione di cessione dei loro beni, perché stiamo parlando, comunque, di famiglie ricche di disabili e, quindi, stiamo parlando fondamentalmente di una persona su 240 dell'intera platea che di fatto circoscrive il provvedimento.
Infatti, il provvedimento ne circoscrive 250 mila circa e 1.430 famiglie con persone disabili, le più ricche, afferiscono a maggior quantità di soldi da parte dello Stato. Questo è il cuore pulsante dello scandalo, perché di fatto per coloro che hanno un imponibile IRPEF di 20 mila euro, sempre secondo la succitata relazione tecnica della Commissione bilancio, invariata nel passaggio dal Senato alla Camera e nel passaggio inverso, si stabilisce che la detraibilità fiscale sarà relativa solo a 143 mila famiglie con disabili, cioè coloro che hanno un imponibile IRPEF sopra i 20 mila euro e che quindi sono i più ricchi dato che ci sono quelli al di sotto. È una al Presidente, perché ci sono quelli più ricchi e quelli più poveri: a quelli più ricchi vanno 750 euro di detraibilità e a quelli ancora più ricchi 5 mila euro. Dunque, il nostro calcolo è semplice e fatto: prendiamo i 90 milioni in un anno, leviamo i 5 mila euro per i 1.430, leviamo i 143 mila che hanno un imponibile IRPEF sopra i 20 mila euro e ci rimangono circa altre 135 mila famiglie con disabili. Quali ? Le più povere !
Ebbene, abbiamo visto e abbiamo previsto che se tutti accedono ai servizi con questo provvedimento sul «dopo di noi» rimangono ai più poveri, ai restanti 143 mila, ben 35 euro di servizi. Capisce ? Sono 5.750, gli ultimi. La fetta di torta, circa la metà, cioè il 45 per cento della platea, rimane con 35 euro di servizi, se tutti accedono al servizio, se dicono: «Io voglio la mia quota parte di servizio», che viene monetizzata e così via. Certo, la maggioranza dice comunque: «Noi facciamo a dei privati e, quindi, i privati entreranno». Noi auspichiamo che loro abbiano ragione e auspichiamo di avere torto e che tutti questi privati entreranno con tanti bei soldini – 100, 200, 300 milioni – ma ne dubitiamo fortemente. Entreranno e vi diciamo noi cosa succederà: che una quota parte del 5 per cento o del 10 per cento dei progetti del «dopo di noi» saranno gestiti e saranno regolamentati dalle regioni terzializzandoli – terzializzandoli ! – e questa compartecipazione al 5 o 10 per cento metterà a disposizione questo milioncino o questi 2 milioncini che sono a disposizione della regione media.
Quindi, l'istituto del è una vergogna. Sono 10 milioni tra defiscalizzazioni...
MASSIMO ENRICO BARONI. ... bolli e carte bollate che non si pagano. È una cifra troppo grande e la forbice tra i più ricchi e i più poveri aumenta in maniera sbagliata e disuguale
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Di Vita. Ne ha facoltà.
GIULIA DI VITA. Presidente, intervengo solo per sottolineare che in questo articolo 6 oltre al che ha già denunciato il collega, in Senato sono stati aggiunti altri due negozi giuridici, ovvero i fondi speciali e i vincoli di destinazione. In particolare, voglio sottolineare che per la costituzione di fondi speciali è stato proprio specificato in maniera esplicita che l'affidatario può essere anche un'organizzazione non lucrativa di utilità sociale, una onlus. Quindi, vediamo come gli enti del terzo vettore vengono sempre chiamati in causa quando si tratta di assistenza, soprattutto socio-assistenziale, e su questo noi non abbiamo nulla in contrario. Quello che ci chiediamo, però, è perché non specificare quali caratteristiche, magari aggiuntive, devono avere queste onlus, perché viene solo specificato che queste associazioni devono operare prevalentemente nel settore della beneficenza. Siccome nella riforma del terzo settore avete rifiutato qualsiasi tipo di controllo e monitoraggio di quelli seri che noi avevamo proposto, noi crediamo che quest'ulteriore negozio giuridico, così come normato, possa aprire nuovi nuovi scenari rischiosi per le famiglie.
GIULIA DI VITA. Quindi, vogliamo aiutare le famiglie che in realtà potrebbero essere messe in pericolo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 e delle proposte emendative ad esso presentate . Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
ELENA CARNEVALI, . La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, su tutti gli emendamenti all'articolo 9.
FRANCA BIONDELLI, Il Governo esprime parere conforme alla relatrice.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Gregori 9.1. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gregori 9.1, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
GIULIA DI VITA. Noi introduciamo degli strumenti per il controllo di questi fondi perché voglio specificare – visto che in un minuto purtroppo non posso entrare nel dettaglio – che quella piccola parte di Fondo che resta statale, perché ricordiamo che la metà è finalizzata semplicemente ad agevolare gli strumenti privati, è demandata assolutamente alle regioni nel rispetto delle competenze. Però è demandato alle regioni proprio tutto: le modalità di programmazione dei servizi, dei progetti, la modalità di scelta delle eventuali associazioni o enti che parteciperanno ad eventuali bandi, alla verifica delle attività svolte e anche alla revoca; quindi allo Stato centrale come al solito non resta alcun tipo di monitoraggio. È la stessa critica che avevamo avanzato per la riforma del Terzo settore e chiedevamo semplicemente che ci potesse essere un controllo quanto più marcato, puntuale possibile proprio perché dalle esperienze passate, ad esempio, sul Fondo della non autosufficienza abbiamo visto quanto questo Fondo sia assolutamente inadeguato sia a livello di stanziamenti economici...
GIULIA DI VITA. ... sia a livello di servizi erogati in tutto il Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Baroni. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. È molto semplice: chiediamo che le funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sulla corretta gestione del Fondo di cui all'articolo 3 della presente legge siano esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali; cioè chiediamo che, in caso di terziarizzazione dell'affidamento del progetto sul «dopo di noi» tramite domicilizzazione oppure assistenza domiciliare indiretta, semplicemente che questi soldini vengano controllati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali – già è così o dovrebbe essere così per le cooperative, salvo poi scoprire che non controllano nulla ed esce fuori mafia capitale come e dalla Corte dei conti. Aggiungiamo anche la Corte dei conti, come se non avesse già abbastanza lavoro a beccare poi anche le malversazioni...
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
MASSIMO ENRICO BARONI. ... del nostro sottosegretario alla salute.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Vita 9.51.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Comunico che ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Biondelli, Boccia, Bueno, Capelli, Catania, Dambruoso, Epifani, Fontanelli, Formisano, Garofani, Locatelli, Losacco, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Piccoli Nardelli, Realacci, Rosato, Sanga, Sani, Scotto, Tabacci e Vignali sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta. I deputati in missione sono complessivamente 109, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza, che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Riprendiamo allora il seguito della discussione delle proposte di legge n. 698-1352-2205-2456-2578-2682-B in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è concluso l'esame degli emendamenti.
PRESIDENTE. Passiamo agli ordini del giorno.
Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno invito la rappresentante del Governo ad esprimere il parere.
FRANCA BIONDELLI, Grazie, Presidente. Sull'ordine del giorno Nicchi n. 9/698-B/1 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Matarrelli n. 9/698-B/2 il parere è favorevole con riformulazione: dopo le parole «iniziative normative», invece di «volte ad assicurare», la riformulazione è «migliorative dell'efficacia delle previsioni richiamate» e poi si continua anche attraverso un costante monitoraggio eccetera.
Sull'ordine del giorno Brignone n. 9/698-B/3 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Carrescia n. 9/698-B/4 il parere è favorevole, però volevo precisare che è già previsto, è un punto già previsto nelle finalità della legge.
Sull'ordine del giorno Marzano n. 9/698-B/5 il parere è favorevole.
Sull'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/698-B/6 il parere è favorevole.
Sull'ordine del giorno Giuseppe Guerini n. 9/698-B/7 il parere è favorevole.
Sull'ordine del giorno Silvia Giordano n. 9/698-B/8 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Lorefice n. 9/698-B/9 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Mantero n. 9/698-B/10 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Baroni n. 9/698-B/11 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Pesco n. 9/698-B/12 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Grillo n. 9/698-B/13 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Colonnese n. 9/698-B/14 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Dall'Osso n. 9/698-B/15 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Cecconi n. 9/698-B/16 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Di Vita n. 9/698-B/17 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Minardo n. 9/698-B/18 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Elvira Savino n. 9/698-B/19 il parere è contrario, perché il DDL comunque ha altre finalità, comunque è un problema che sicuramente affronteremo in altre sedi e che, quindi, teniamo in considerazione; però, la finalità del DDL è un'altra e, quindi, il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Rizzetto n. 9/698-B/20 il parere è favorevole con la riformulazione «a valutare iniziative idonee per riconoscimento» eccetera della firma mediante apposizione dell'impronta digitale.
Sull'ordine del giorno Vazio n. 9/698-B/21 il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Nicchi n. 9/698-B/1, su cui vi è il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MASSIMO ENRICO BARONI. Questo ordine del giorno riguarda il controllo e la filiera dei soldi. Il nostro voto è ovviamente favorevole, ce l'avete bocciato come emendamento, lo riproponiamo come ordine del giorno e chiediamo semplicemente un minimo di controllo in più.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Di Battista. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO DI BATTISTA. Presidente, la scorsa settimana, la Corte dei Conti ha chiesto a titolo di risarcimento circa 21 milioni di euro ad alcuni arrestati nell'ambito del processo dell'inchiesta di «Mafia capitale». È una notizia che è passata un po’ sotto silenzio, però, insomma, si tratta di 21 milioni di euro dei soldi dei romani. Noi crediamo moltissimo nella serietà e nella competenza appunto della magistratura contabile e per questo chiediamo almeno l'approvazione di questo ordine del giorno. Un controllo ulteriore dei soldi dei cittadini, ancor di più nell'ambito sanitario, da parte della magistratura contabile, pensiamo davvero che sia doveroso.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Dall'Osso n. 9/698-B/15, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
WALTER RIZZETTO. Grazie Presidente, «no», non accetto la riformulazione. Sottosegretario, sappiamo perfettamente che molto spesso mozioni e risoluzioni restano lettera morta, ora figuriamoci un ordine del giorno. Lo rinnovo per l'Aula, perché chiaramente non tutti avranno letto questo ordine del giorno: «ad assumere iniziative idonee per riconoscimento della firma mediante apposizione dell'impronta digitale per le persone, non inabilitate o interdette, affette da disabilità motorie che non consentono l'uso delle mani». Quindi, Presidente, io, su un ordine del giorno di questo tipo, non posso accettare una riformulazione; se evidentemente il sottosegretario non cambia idea e ripropone la riformulazione, lo mettiamo ai voti, e dopo vediamo qui in Aula chi voterà questa che mi sembra una regola di assoluto buonsenso, almeno, voglio dire, in seno ad un ordine del giorno.
PRESIDENTE. Sottosegretaria Biondelli, vuole intervenire ? Chiedeva la riformulazione della riformulazione, non ho capito bene. Prego.
FRANCA BIONDELLI, La riformulazione era «a valutare l'opportunità di iniziative idonee», anche perché comunque è una finalità su cui dobbiamo confrontarci anche con altri Ministeri, e quindi è presa in considerazione, però soltanto «a valutare l'opportunità di prendere iniziative idonee per il riconoscimento». Va bene ?
PRESIDENTE. Allora, insiste per la votazione, lo metto in votazione ?
WALTER RIZZETTO. No, l'unica cosa, Presidente, io ripeto...
PRESIDENTE. Però, non mi fate il ping-pong: mi dica se lo metto in votazione oppure no.
WALTER RIZZETTO. Se mi lascia terminare le dico se accetto la riformulazione. Non accetto la riformulazione, perché non accetto che ci sia «a valutare l'opportunità» su una cosa assolutamente legittima.
PRESIDENTE. D'accordo, è chiaro: quindi lo metto in votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Rizzetto n. 9/698-B/20, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà.
PIA ELDA LOCATELLI. Signora Presidente, l'approvazione di questo provvedimento rappresenta, credo, una delle pagine più belle di questa legislatura: sinistra, centro, destra, maggioranza e gran parte dell'opposizione, con l'esclusione dei 5 Stelle (e oserei dire i soliti 5 Stelle), hanno messo da parte le divisioni e si sono accordati in una larga, larghissima intesa per approvare un provvedimento che influirà sulla qualità della vita delle persone gravemente disabili e dei loro familiari. Il Parlamento interviene a dare risposte concrete a quelle famiglie e a quei genitori, spesso anziani, che si sono presi cura per tutta la vita del proprio figlio o della propria figlia gravemente disabili, e che vivono con una preoccupazione costante al pensiero di chi si occuperà dei loro familiari quando non ci saranno più, o quando loro stessi non saranno più in grado di assisterli. Lo facciamo con un testo già condiviso alla Camera, che questa volta ci torna dal Senato ulteriormente migliorato; un provvedimento che, dopo tagli al nonostante i tagli, stanzia più di 150 milioni di euro in tre anni, una cifra importante, che rappresenta un futuro più sereno per molte famiglie.
L'obiettivo di questa legge, che rispecchia la direttiva dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità divenuta esecutiva nel nostro Paese con una legge di sette anni fa (era, mi pare, del 2009), è quello di sostenere per quanto possibile la vita indipendente del disabile, ed impedirne la segregazione escludendo qualunque intervento che porti all'istituzionalizzazione, quando non sia strettamente necessario. Da qui la necessità di puntare a percorsi di sostegno in luoghi che riproducono le condizioni abitative e relazionali della casa familiare, mantenendo il più possibile le abitudini delle persone con disabilità e rispettandone la volontà. Il gruppo socialista, nel ringraziare ancora una volta la relatrice Elena Carnevali, preannuncia un voto convintamente favorevole al provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto Il deputato Mottola. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Signora Presidente, onorevoli colleghi, è innegabile come rappresenti motivo di forte preoccupazione per i genitori di una persona disabile tutto ciò che riguarda il dopo, il momento cioè in cui saranno anziani e non riusciranno a garantire i medesimi livelli di assistenza del figlio, il momento in cui non ci saranno più e qualcuno in loro vece dovrà occuparsi di lei. Questo problema è sempre più sentito, perché grazie allo sviluppo della medicina, le maggiori cure e percorsi di vita integrati, l'aspettativa di vita per le persone disabili si è allungata notevolmente.
Si rendeva opportuno, perciò, inquadrare all'interno di un testo unico una serie di disposizioni che potessero in qualche modo dare una risposta concreta a questa grave questione sociale, in considerazione degli impegni del nostro Paese a livello internazionale, sia attraverso la sottoscrizione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, sia dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
Inoltre, era necessario dare piena attuazione ai principi degli articoli 3, 31 e 38 della Costituzione, i quali sanciscono rispettivamente che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, agevolare con misure economiche l'adempimento dei compiti della famiglia e garantire ad ogni cittadino inabile al lavoro il diritto all'assistenza sociale.
Noi di Alleanza Liberalpopolare Autonomie siamo coscienti che sostenere e motivare il nucleo familiare di questi soggetti, per metterlo nelle condizioni di svolgere al meglio il suo difficile compito educativo, di cura e di socializzazione, deve essere uno dei principali obiettivi del legislatore; in particolare, devono essere differenziati progettualità e sostegni, con l'obiettivo di migliorare, attraverso azioni concrete, un sistema che riesca a dare risposte su tutto il territorio in maniera uniforme alle esigenze di queste persone e delle loro famiglie. In un principio di sussidiarietà verticale, vediamo quindi con favore l'esigenza di affiancare le iniziative esistenti con strumenti che, diversamente dal passato, siano di assoluto supporto per tutti coloro che vivono in questa delicata situazione sociale.
Osserviamo, inoltre, che il lavoro svolto in Commissione e nei vari passaggi parlamentari ha notevolmente migliorato l'impianto originario del testo, rendendolo finalmente conforme a quanto da noi auspicato originariamente, ovvero che le politiche per le persone disabili non potessero essere separate e disgiunte da quelle sulla famiglia in generale, e, pur con le necessarie specificità, devono integrarsi pienamente con queste.
Per questi motivi noi di Alleanza Liberalpopolare Autonomie voteremo favorevolmente al testo presentato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signora Presidente, anche noi voteremo a favore di questo provvedimento. È un provvedimento che viene incontro a bisogni gravi, sia da parte dei diretti interessati da gravi handicap, sia per quello che riguarda le famiglie.
Non è un provvedimento che sia da noi ritenuto sufficiente, perché l'agenda dei bisogni e dei nuovi bisogni in questo caso è veramente interminabile; comunque c’è un segnale, ed il Parlamento è bene che ne abbia discusso in maniera abbastanza serena e costruttiva, sia nel contesto delle Commissioni sia oggi durante questa discussione, che ha avuto anche momenti tendenti a migliorare, a cercare la possibilità di amplificare il venire incontro a bisogni veramente molto particolari e a necessità che hanno in maniera inequivocabile queste famiglie. Quindi, la cosa più importante e più sobria, al di là delle dichiarazioni (il merito lo conosciamo tutti), è quella di dichiarare voto a favore, e anche di votarlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Totaro. Ne ha facoltà.
ACHILLE TOTARO. Presidente, il gruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale voterà a favore di questo provvedimento, perché come dicemmo nella scorsa lettura alla Camera, prima del passaggio al Senato, era un provvedimento atteso da tanto, da molte ma molte famiglie. Un problema gravissimo, quello non solo del disabile grave, ma anche delle famiglie dei disabili gravi, in questo caso compresi in questa legge, che – lo dicemmo anche l'altra volta – a volte hanno anche il problema di pensare a cosa ci sarà dopo di loro: hanno dei figli, delle persone vicine che hanno dei problemi, e non hanno avuto nemmeno il diritto finora molto spesso di morire con tranquillità, perché il pensiero di avere tali problematicità nelle mura di casa è un pensiero molto grave, non sapendo poi i propri figli cosa faranno un domani, quando loro non ci saranno.
Quindi, sicuramente è un provvedimento che poteva essere anche migliore, nel senso che è un primo passo. Noi prendiamo anche in quest'ottica la sua approvazione, perché sicuramente molte altre cose possono essere fatte per aiutare le famiglie che hanno questo tipo di problematicità tra le proprie mura domestiche: ad esempio, interventi maggiori per quanto riguarda chi ha un disabile a domicilio, perché sappiamo benissimo i costi che ci sono all'interno delle strutture, che sono costi esorbitanti.
Forse, aumentando i fondi che riguardano gli interventi domiciliari probabilmente si risparmierebbero dei soldi e si aiuterebbero le persone a stare nelle mura domestiche, che è tutta un'altra storia, perché tra l'altro fanno affrontare meglio le problematiche connesse al proprio sia ai familiari che alle persone che subiscono questo tipo di situazione.
Quindi, è un primo passo, non può essere un intervento nel senso che noi siamo abituati ormai anche qui, nelle sedi istituzionali, nel nostro Parlamento, ad approvare molto spesso leggi che si estrinsecano in un .
Caro sottosegretario, io mi rivolgo a lei, conosco la sua serietà, qui non può essere soltanto un non può essere soltanto un provvedimento fatto prima di una importante competizione elettorale, ma deve essere qualcosa che si estrinseca in un processo che va al di là dell'approvazione anche di questo provvedimento e che porta avanti degli interventi importanti che riguardano le famiglie che vivono questo autentico dramma.
Quindi, dobbiamo seguire da vicino queste cose, queste problematicità che ci saranno sempre di più, come diceva un collega che è intervenuto prima di me. Il problema della disabilità grave è un problema che si acuirà nei prossimi anni e, quindi, serviranno maggiori risorse. I livelli essenziali di assistenza si devono garantire su questi temi, non si può fare della su queste cose; si fanno su altre cose le non su questo.
Quindi, noi riteniamo che comunque questo sia un primo passo che va nella direzione appunto di far vivere questo, che sicuramente è un dramma che nessuno può togliere a queste famiglie, del pensare al domani per i propri cari, comunque guardando al futuro in maniera meno negativa di quanto è stato fatto finora.
Quindi, è un passo in avanti e noi, il gruppo Fratelli d'Italia, non farà mancare il suo appoggio a questo provvedimento, però facendo capire ai rappresentanti del Governo e a lei, sottosegretario, che rappresenta il Governo in questa sede, che deve essere non un ma un primo passo verso interventi reali nei confronti della gente.
Per quanto riguarda altre polemiche che sentivo in Aula sui eccetera, maggiori controlli sicuramente, questo senza dubbio, chi sbaglia deve pagare, chi approfitta di queste cose secondo noi deve pagare doppiamente, però non fare niente non risolve il problema. Quindi, qualcosa si doveva fare, lo dicevano anche istituzioni sovranazionali che l'Italia era inadempiente su questi temi, andiamo in questa direzione e sicuramente noi comunque daremo il nostro appoggio e il gruppo di Fratelli d'Italia voterà a favore di questo provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marazziti, ma non lo vedo in Aula. Vado avanti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rondini, ma non è presente in Aula.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Monchiero, a cui do volentieri la parola.
GIOVANNI MONCHIERO. Signora Presidente... credo che possiamo ascoltare tranquillamente il collega Marazziti.
PRESIDENTE. Sì, magari sarebbe meglio rimanere in Aula quando c’è da intervenire. Prego, deputato Marazziti.
MARIO MARAZZITI. Grazie, signora Presidente. Ringrazio l'onorevole Monchiero, mi scuso con l'Aula, ma è un giorno troppo importante per non sottolineare che oggi approviamo una legge che toglie angoscia, restituisce il sorriso e la tranquillità a migliaia di famiglie, alla fine a milioni di persone e quando questo accade per chi conta di meno o è stato fatto contare di meno, per chi non conta, è una grande giornata.
È una legge corale, di iniziativa parlamentare, che la Commissione affari sociali della Camera dei deputati ha messo a punto, ha scritto con serietà e con un lavoro di tutti, e oggi siamo al momento di svolta.
MARIO MARAZZITI. È una bella giornata quando si liberano i prigionieri e quando finisce una guerra, perché questa legge significa la firma di una pace con i disabili gravi, con le famiglie dei disabili gravi, con chi è tenuto ai margini da una vita che corre troppo, dove chi è sano e forte spesso fa a meno o pensa di essere meglio di chi ha più difficoltà.
Oggi approviamo un diritto pieno in Italia per i disabili gravi e per le loro famiglie, poveri e ricchi, un diritto umano riconosciuto in tempi di confronto sui diritti civili. È il diritto per le famiglie dei disabili gravi di vivere senza terrore per il futuro dei propri figli, il diritto anche di poter morire in pace o di essere stanchi, sapendo che i propri figli, che senza aiuto non vivrebbero, hanno e avranno una vita vera dopo di noi, ma lo sappiamo mentre noi siamo vivi. Ci sono leggi che segnano una svolta culturale ed è il caso di questa legge sul «dopo di noi». Dopo di noi, è questo il diritto che si riconosce alle famiglie; il mio ragazzo, il mio caro vivrà in un luogo che è il più vicino ai suoi affetti e alla sua indipendenza e viene definito come opererà il cosiddetto o la persona di fiducia o il . La legge definisce non solo lo strumento, il quanto, i soldi che le famiglie possono destinare per questo diritto al futuro, ma anche il chi, il come, con chi. Le famiglie ed i privati cittadini possono, con agevolazioni fiscali doverose o ovvie, destinare beni per garantire condizioni di vita dignitose e affettivamente quanto più simili a quelle che vivono in una buona famiglia. Le famiglie, dicevo, vengono liberate da un incubo, quello di non dover essere disperate e sole davanti all'interrogativo: chi si occuperà di lei ? Chi si occuperà di lui ? Questo si può fare mentre si è in vita e già possono essere cominciati questi percorsi di vita. È l'universalismo dei diritti sociali che arriva anche in campo sociale per i più deboli nella popolazione italiana. Fondo pubblico e . Come gruppo Democrazia Solidale – Centro Democratico in Commissione affari sociali abbiamo fortemente voluto questo: solidarietà, sussidiarietà verticale e orizzontale che si incontrano; verticale, cioè Stato, regioni, il pubblico che si avvicina a tutti, ricchi e meno ricchi; meno istituzionalizzazione e più autonomia e forme di vita a misura familiare, persone e non categorie al centro. Chi è disabile grave ha diritto di essere aiutato come tale anche a 65 anni di età e a non finire in una RSA per anziani o in un istituto. Per me e per tanti di noi è anche la battaglia di una vita, superare gli istituti e creare reti di solidarietà e va fatto con delicatezza. Ci sono istituti dove si vive male e si muore e casi in cui persone invece non potrebbero vivere senza quell'istituto ma magari è meglio una casa famiglia. Solidarietà orizzontale: le famiglie, la società civile, le associazioni no profit che si integrano e creano vita più umana, risorse e opportunità aggiuntive. Troppa solitudine fino ad oggi per le famiglie, sole anche con il senso di colpa mentre una cultura dominante e arretrata ha bollato solo come le persone, incapace di vedere il valore della vita e della vita anche indebolita. Tanti ancora definiscono la vita a partire dall’ e non dalla vita tutta intera. Ho detto quando l'abbiamo approvata nel primo passaggio alla Camera che è una legge che ci dice molto anche di chi siamo noi, vale anche per chi disabile grave non è. Troppi di noi vivono nel sogno e nel mito dell'indipendenza; certo, è un valore l'indipendenza anche per chi ha una disabilità grave, ma non è un valore assoluto. Se essere disabili vuol dire dipendere da qualcuno, siamo tutti disabili, in maniera diversa. Dipendenza è anche relazione, affettività, rottura dell'isolamento, se tra uguali, quando si riconosce la dignità dell'altro, quando la si riceve dall'altro. Siamo sì tutti indipendenti ma tutti interdipendenti, tutti dipendiamo dall'attenzione di un altro, dalla considerazione degli altri, da un sorriso. La nostra è una società che fa fatica a scoprire quanta vita c’è quando non è fatta di sani, forti, intelligenti, di successo. Per questo questa legge è una grande occasione per tutti e anche di resurrezione per l'Italia per reimparare a vivere insieme. Non sto a ricordare quanti milioni di persone saranno coinvolti da questa legge: non sono solo i 2,2 milioni di persone con disabilità o le 580 mila persone con disabilità grave sotto i 65 anni, ma sono le famiglie. Allora è un'occasione straordinaria e controcorrente, ci fa vedere le nostre contraddizioni, in una società, come la nostra, dove sono lunghe le file di chi desidera adottare un bambino, ma dove i bambini con disabilità adottati sono appena lo 0,2 per cento; dove molti non nascono nemmeno, se si scopre presto una disabilità; dove molte persone con disabilità grave, oggi, temono programmi di eugenetica o di morte anticipata tutte le volte che sentono parlare di eutanasia o di trattamento anticipato delle volontà, di vita che non è più vita.
Per questo è una bella legge, che può aiutarci a pensare come dobbiamo ricostruire la nostra convivenza civile. Allora è una buona giornata, fa dell'Italia un po’ più l'Italia, meno dura, più diritti e più umanità, meno duri, meno distratti. Questa è la politica che vogliamo, questo è un successo del Parlamento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monchiero. Ne ha facoltà, stavolta davvero.
GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Comunque, nessun problema: ho ascoltato con piacere l'intervento del presidente della Commissione, che si è adoperato oggettivamente per il buon risultato di questa normativa, ma, come già detto nel primo passaggio alla Camera, il nostro gruppo è serenamente e fermamente convinto che si tratti di una buona legge. Non amo gli eccessi retorici: credo che sia già un giudizio particolarmente spinto l'esprimere la convenienza che si tratti di una legge buona; di sicuro, si tratta di una legge attesa. Le famiglie delle persone portatrici di ci chiedevano questa legge da tempo. La definizione stessa «dopo di noi» è chiaramente di provenienza di queste famiglie; non è un'invenzione fatta da politici affamati dal bisogno di sostenere innominabili fondazioni, ma sono le famiglie che ponevano questo problema, definendo questo problema la soluzione del loro problema, il «dopo di noi», e i noi sono loro.
Noi, invece, parlamentari, abbiamo cercato di rispondere a questa esigenza in un modo che il nostro gruppo trova assolutamente appropriato, così come riteniamo appropriate le modifiche apportate in sede di esame al Senato. Il bicameralismo perfetto per una volta non ha arrecato danni, non si è tradotto in un inutile ping-pong, in un passaggio dall'una all'altra delle due Camere, ma il secondo esame ha apportato alcune migliorie, che voglio qui sottolineare. Innanzitutto, la specificità della disabilità grave come ambito di applicazione di questa norma, che a noi pare un chiarimento non inutile, e che quindi apertamente condividiamo. Poi, la previsione che le misure di assistenza avvengano attraverso una progressiva presa in carico delle situazioni, il miglioramento di alcune definizioni tecniche, la concessione delle giusti esenzioni e agevolazioni tributarie e, soprattutto, l'estensione del ad altri negozi giuridici adottabili in favore dei disabili gravi per la soluzione del problema del «dopo di noi» cui accennavo prima.
Il Senato ha opportunamente introdotto la costituzione di vincoli di destinazione di cui all'articolo 2645- del codice civile e la costituzione di fondi speciali, composti di beni sottoposti a vincoli di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario anche a favore di organizzazioni non lucrative e di utilità sociale, riconosciute, ovviamente, come persone giuridiche e ONLUS, che operano prevalentemente nel settore della beneficenza in favore di persone con disabilità grave.
Ora, queste estensioni allargano il campo concreto di applicazione di questa iniziativa. Il merito principale di questa norma, a giudizio del nostro gruppo, è nel valorizzare e nell'estendere le possibilità di iniziative private volte ad integrare le misure già previste con l'intervento diretto da parte dello Stato e degli enti territoriali. Integrare attraverso un'iniziativa autonoma, integrare attraverso un'iniziativa che, magari, potrà anche non essere di tutti, ma che di certo va ad ampliare i diritti di queste persone, va ad ampliare la qualità dell'offerta, va a proporre soluzioni alternative, giustamente modulabili a seconda delle esigenze del territorio e del particolare tipo di società, di luogo di vita in cui queste persone sono già oggi inserite.
Così come la legge, fin dall'inizio, prevedeva molto opportunamente l'obbligo di definire i LEP, cioè i livelli essenziali delle prestazioni sociosanitarie, in particolare per quanto riguarda l'assistenza ai disabili. Si tratta, anche qui, dell'estensione di un principio applicato già da anni in sanità, applicato a volte con lentezza, applicato a volte con delle lacune, applicato anche con qualche errore, ma si tratta pur sempre di una formidabile assunzione di responsabilità da parte dello Stato nel definire come intenda concretamente garantire i diritti: per quanto riguarda il campo della salute, il diritto all'assistenza sanitaria, per quanto riguarda il campo del socioassistenziale, il diritto agli interventi socioassistenziali. Per tutte queste ragioni, ribadendo il concetto che questa legge ci viene richiesta a gran voce dai familiari delle persone portatrici di voglio richiamare ancora una volta un'esperienza personale.
I genitori che ci hanno chiesto il «dopo di noi» in questi ultimi anni sono gli stessi che nella mia città, quarant'anni fa, quando queste iniziative non erano così di moda e quando l'intervento pubblico non era così diffuso, diedero vita ad una serie di attività di cooperative, sensibilizzarono gli enti pubblici e riuscirono a dotare la nostra piccola città di provincia di assistenza per le persone portatrici di all'epoca assolutamente all'avanguardia nel nostro Paese. Ora, queste stesse persone che erano animate allora da un profondo spirito sociale e da una visione veramente – passatemi un termine che non si può più usare – di sinistra, ecco, queste persone oggi ci chiedono il «dopo di noi».
E, quindi, è con profonda convinzione, nella certezza di venire incontro ad un'esigenza, ripeto, fortemente sentita, che esprimo il voto favorevole del gruppo di Scelta Civica .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.
PAOLA BINETTI. Credo che questa proposta di legge giunga in un momento in cui il livello di attesa da parte degli interessati, le persone affette da disabilità grave e le loro famiglie, ha raggiunto un punto improcrastinabile. Troppi fattori concorrono ad accrescere la preoccupazione delle famiglie per quando non saranno più in grado di farsi carico di persone care la cui autonomia diventa sempre più problematica. Il rischio dell'indifferenza, il vago sentore dei maltrattamenti a cui sono sottoposte persone disabili ricoverate in istituti e la consapevolezza che la solitudine aumenta la loro fragilità crea nei genitori una sofferenza aggiunta, che si somma a un vissuto di tenerezza, di protezione, di lotta contro la burocrazia, di speranza nella medicina e nei suoi sviluppi, ma anche di desiderio di fare tutto, ma proprio tutto il possibile, per i figli, quando loro non ci saranno più. Questi genitori, queste associazioni reclamano a gran voce questa proposta di legge, reclamano il diritto dei figli ad una vita indipendente, ad una vita serena, nonostante l’ di partenza, il diritto di felicità di cui ha parlato Papa Francesco domenica scorsa, in occasione del Giubileo delle persone con disabilità.
Si ritiene che una persona malata o disabile non possa essere felice perché incapace di realizzare lo stile di vita imposto dalla cultura del nostro tempo, ma non è così. Il testo unificato oggi in esame, dopo il lungo iter nella nostra Commissione affari sociali, dove è stato approvato in prima lettura il 4 febbraio scorso, con alcune modifiche che ne hanno migliorato l'impianto è stato approvato dal Senato lo scorso 26 maggio, e oggi, 14 giugno, speriamo di votarne l'approvazione definitiva. Tempi molto brevi per chi conosce la macchinosità parlamentare e tempi ancor più brevi per il suo approdo, oggi, in Aula.
Non c’è, quindi, dubbio di quale sia la volontà politica condivisa da tutto il Parlamento, dalle due Camere e dal Governo stesso: vogliamo che questa legge diventi operativa quanto prima e sia strumento efficace di servizio nel miglior modo possibile. Le principali novità introdotte nel testo dal Senato – abbiamo sentito il dibattito questa mattina sulla specifica della disabilità grave con un rimando al comma 3 della legge n. 104, in modo da creare un parametro oggettivo a cui potersi riferire – riguardano, da un lato, il fatto che ogni prestazione debba tener conto del superiore interesse delle persone con disabilità grave, ma non è soltanto una proiezione: sono io che cerco di rendermi conto di quale sia il tuo maggiore interesse, c’è qualcosa di più, sei tu che dici a me qual è il tuo maggiore interesse; è una sorta di nuova alleanza che si stabilisce tra chi si prende cura della persona con disabilità e la persona stessa. C’è un riconoscimento di reciproco rispetto, c’è una sottolineatura positiva della reciproca dignità, pur nella asimmetria delle relazioni.
C’è un altro passaggio interessante; questa legge che resterà, io credo, comunemente conosciuta da tutti come la legge del «Dopo di noi» anche se le parole: «dopo di noi» non appaiono affatto nel titolo, è diventata la legge dell’«insieme a noi», perché questa legge riconosce ai genitori e alle famiglie un ruolo straordinario nella capacità di gestire la regia di tutte le misure che hanno come obiettivo principale il supremo interesse del figlio. Poi, senz'altro, l'altro aspetto positivo di questa legge è stato sottolineato, ma io credo che il nostro desiderio è che diventi il paradigma per tutte le altre decisioni che si prenderanno in questo senso, e cioè l'aver risottolineato la necessità che l'approccio alle prestazioni di cui hanno bisogno le persone con disabilità grave resti un approccio integrato di tipo socio sanitario, nella profonda consapevolezza che l'uno non si dia senza l'altro. Un altro elemento che, comunque, è venuto fuori anche nel dibattito di questa mattina è che si è passati oltre la dimensione del per recuperare tutti quei negozi giuridici che, di fatto, corrispondono a diverse modalità per venire incontro ai bisogni delle persone con disabilità grave.
La legge definisce un campo che non è un campo piccolo, ma che non è un campo impossibile; attraverso alcuni parametri forniti dall'INPS si è arrivati a supporre che i disabili gravi possano essere tra 100 e 150.000 e si è, anche qui, fatto uno sforzo concreto di non dare i numeri, per così dire, a casaccio e si è scelto come dato disponibile quello relativo ai percettori di pensione di invalidità con indennità di accompagnamento. Per cui anche questo significa lo sforzo di non fare una legge velleitaria, ma di venire incontro a bisogni di persone concrete, con modalità concrete, nel pieno rispetto della loro libertà. Mi piace, però, pensare un'altra cosa e mi piace citarlo perché giusto un anno fa partivano da Roma i ragazzi cosiddetti «della tenda», quei ragazzi che noi per due anni ci eravamo abituati a vedere in piazza Montecitorio, quattro fratelli affetti da disabilità al 100 per cento, quattro fratelli orfani di padre, perché il padre era morto della loro stessa malattia, una distrofia muscolare progressiva di tipo facio-scapolo-omerale, quattro disabili gravi a cui questa legge potrà e dovrà essere applicata il prima possibile. Questi ragazzi sono partiti dopo aver ricevuto una promessa da parte del Premier Renzi che, di fatto, fu mantenuta; lunedì prossimo è la prima giornata nazionale della distrofia muscolare di tipo facio-scapolo-omerale. Ci fu una promessa da parte del Ministro Lorenzin, del Ministro della salute che istituiva un protocollo di ricerca proprio per questo tipo di patologia, ma ci furono anche delle promesse da parte della regione e da parte del comune, nessuna delle quali è stata messa in pratica, per cui il sogno di questi ragazzi che era quello di poter tornare a casa e avere una sorta di vita indipendente, quale questa legge promette e quale questa legge si appresta a fare, si è infranto contro il muro dell'indifferenza, dell'ignoranza o, peggio ancora, di una burocrazia gommosa per cui ognuno rimanda dall'altro e non si viene a capo delle necessità degli uni e degli altri.
Per me la lezione dei fratelli Biviano è stata un criterio ispiratore nelle mie battaglie nella difesa di questa legge, perché potessimo dire, davvero, coraggiosamente, tutti insieme: mai più una storia così squallida di indifferenza istituzionale nei confronti di bisogni conclamati e facilmente verificabili sul campo. Questo lo dico perché questa legge ha una necessità urgente di approvazione, ma direi che ha una necessità ancora più urgente di applicazione. Non basterà che la legge venga approvata, noi cercheremo di attuare un monitoraggio, ognuno di noi lo farà con la sensibilità di cui è capace, tutti insieme lo faremo cercando di creare sinergie, per capire se, dove, come e quando questa legge è applicata e se, davvero, il desiderio, l'illusione di queste famiglie e di queste persone non si trasformi in una delusione, cosa che sarebbe ancora peggiore del male. Perché, signori, a chi tocca prendersi cura dei disabili ? Noi abbiamo bisogno che ognuno di noi faccia la sua parte, il Parlamento in questo caso ha fatto la sua parte, ma sappiamo tutti che le regioni dovranno fare la loro parte, non dovranno stentare ad arrivare alle regioni le risorse che abbiamo promesso, dovremo facilitare tutto ciò con una sorta di itinerario da semafori verdi, per cui le famiglie non dovranno misurarsi con la crudeltà di una burocrazia che si nutre dei pregiudizi che ancora abbiamo sentito salire sulla bocca di tutti ed invero sulla bocca di molti anche in questa nostra giornata di lavoro. Noi abbiamo bisogno che questa legge vada giù liscia come l'olio, che le persone dicano già: basta, abbiamo già dato molto, abbiamo già sofferto moltissimo; se questa legge dice «sì» alla qualità di vita che lo dica da subito, in modo coerente, in modo chiaro, in modo costruttivo. Stiamo parlando, e questo è uno dei principali meriti di questa legge, della sottolineatura del fatto che parliamo di un diritto, non stiamo parlando della benevolenza di una classe politica, non ci stiamo appellando alle regioni nella loro munificenza, stiamo parlando di qualcosa che è un fatto dovuto. Se il Parlamento, così com’è, vuole davvero che il fatto dovuto diventi anche un fatto opportunamente realizzato, allora io vi chiedo: siamo seri, ognuno di noi prenda in considerazione alcuni casi e faccia un monitoraggio intelligente e illuminato attraverso quei casi. Personalmente, lo farò attraverso i fratelli Biviano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.
MARISA NICCHI. Grazie, Presidente. La legge che stiamo approvando si pone l'obiettivo di dare una risposta alle famiglie che vivono l'innaturale condizione di desiderare di morire un attimo dopo i loro figli, quelle famiglie che vivono con l'assillo dell'arrivo del momento, più o meno lontano nel tempo, in cui non potranno più garantire loro l'indispensabile assistenza. Noi dobbiamo ricordare, perché questo è il punto di partenza non indifferente di questa legge, che il sostegno familiare rappresenta ancora la principale e più completa risposta ai bisogni esistenziali di chi è disabile, esistenziali ed assistenziali. Il provvedimento tenta di dare una risposta, seppure parziale, a questa sofferenza e per questo noi l'abbiamo salutato con favore, seguito con cura, tant’è che in prima lettura abbiamo dato un parere positivo, consapevoli della necessità – e con l'auspicio – che il Senato avrebbe dovuto migliorare il provvedimento e superare alcune criticità. Infatti, voglio anche qui ricordare che quanto previsto in questa proposta di legge è o dovrebbe essere garantito dalla normativa vigente, a partire dal pieno rispetto e l'attuazione dei livelli di assistenza e delle prestazioni sociali e che dovrebbero essi stessi comprendere tutti gli interventi sul «durante noi» e il «dopo di noi» e questo avrebbe bisogno di finanziamenti importanti dei fondi riferiti a queste politiche. La stella polare è l'attuazione dei principi stabiliti dalla Costituzione, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti della persona con disabilità; a questi principi si ancora il testo, come noi abbiamo chiesto e come il lavoro della Commissione ha arricchito e rafforzato, in particolare in riferimento all'articolo 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, mettendo al centro la necessità di favorire e sostenere la vita indipendente, impedire la segregazione, puntare sul benessere, l'inclusione, l'autonomia delle persone con disabilità.
Sotto questo ambito e sotto questo aspetto, il testo prevede dei passi importanti, però sarebbe stato molto più forte escludere in maniera più netta qualunque intervento che porti all'istituzionalizzazione del disabile grave, tra l'altro come auspicato e confermato anche in questa discussione essere l'obiettivo fondamentale.
La disabilità non è un problema da confinare, non è un fardello da togliere dalla vista, in recinti che possono essere purtroppo troppo spesso squallidi, qualche volta anche dorati e ce lo ricordava anche in questi giorni il Giubileo. Ma l'obiettivo prioritario del «dopo di noi» deve essere quello di impedire che le persone disabili siano oggetto di segregazione, che si eviti la residenza impropria in strutture che per numero di ospiti e caratteristiche non consentano la piena inclusione e rescindono le relazioni familiari ed affettive, negano diritti umani, gettano addosso uno stigma indelebile.
Solo se questo obiettivo sarà raggiunto – ed è compreso nelle finalità: noi abbiamo votato a favore dell'articolo 1 – solo se questo obiettivo sarà concretamente raggiunto si potrà dire che è valsa la pena di approvare questa legge e quindi la verifica della sua attuazione è un passaggio importante.
Ci sono momenti in cui le leggi possono produrre delle cesure creative, come possono innescare processi virtuosi ed in questo noi vediamo un seme per un netto cambiamento di paradigma, che superi l'asse portante delle politiche per la disabilità, che ha concentrato ancora sull'istituzionalizzazione per l'86 per cento, mentre soltanto il 3,7 per cento è riservato ai servizi residenziali.
La proposta di legge ribadisce in diversi passaggi – ed io lo ripeto: grazie ad un lavoro importante che la Commissione ha fatto – la necessità di questa priorità, ma ribadisco che bisogna vedere se e come questo si tradurrà nella pratica, in tutto il nostro Paese.
È indispensabile che nell'organizzazione dei servizi alla persona si passi ad un approccio che privilegi la presa in carico globale e che si attui l'articolo 14 della legge n. 328: avviene ancora in modo disomogeneo, con fatica, troppo lento e anche con qualche regressione, non rispetto al momento in cui siamo passati, abbiamo lasciato alle spalle l'istituzione totale, l'ospedale, il manicomio, per passare al domicilio, al territorio, all'ampliamento dell’ professionale, a specialisti non medici, infermieri, educatori, psicologi, assistenti, al coinvolgimento dell'utenza, delle famiglie e del volontariato; ecco, in questi anni vi è stata una spontanea iniziativa di associazioni, di comunità, di fondazioni che si sono occupate del «dopo di noi»; era giusto costruire un quadro di coordinamento di queste iniziative. Va però detto che al Senato, seppure con l'introduzione di alcuni miglioramenti – ne voglio citare uno: il fatto che si sia riconosciuto con pienezza il rispetto del principio di autodeterminazione nell'erogazione delle prestazioni – malgrado questo passaggio importante, tuttavia non si sono superate alcune criticità e debolezze.
Le voglio citare; la principale: noi siamo contrari ad ogni tassello che si aggiunge alla costruzione del secondo pilastro del su cui invece questo Governo sta spingendo, l'idea cioè di sostituire l'offerta pubblica di servizi con strumenti assicurativi, che permettano di sottoscrivere polizze a costi accessibili, per poter godere in futuro di assistenza e cura con oneri a carico dello Stato e a vantaggio delle assicurazioni.
Intendiamoci: ogni aiuto, ogni sollievo, che sia di sollevamento del peso burocratico, che sia di sostegno economico, che sia di sicurezza dato alle famiglie con disabili, noi lo vediamo con favore.
Ma ci preoccupa la china verso cui si sta piegando la politica del Governo, che va verso una privatizzazione delle risposte e quindi verso il sostegno a polizze assicurative per la tutela di persone con disabilità.
A noi – voglio ribadirlo – ci anima una domanda primaria; la domanda che vorrei dire è la ragione dell'esistenza di questo gruppo: ma chi non può fare le polizze ? Chi non può conferire beni ? Chi ha in sé, nella sua condizione, sia la diversità esistenziale, mentale, corporale della disabilità, insieme alla diseguaglianza economica ? Chi si occupa di questi ?
Ecco, io credo a questa domanda; il provvedimento non dà piena risposta, e a questa domanda è legata anche una delle nostre osservazioni, che abbiamo fatto vivere con ordini del giorno ed anche con gli emendamenti, quando abbiamo visto un testo dove non è ben delimitata la possibilità di ricorrere all'istituto in casi di emergenza. Vedete, perché seppure nel provvedimento si scrive che questo tipo di intervento sarà solo soluzione residuale, solo quando necessario, in realtà il rischio è che a questa istituzionalizzazione forzata si ricorra soprattutto per chi è più fragile, per chi è meno abbiente.
Ecco, noi pensiamo che questo provvedimento abbia in sé molte finalità positive, che però rischiano, con alcune criticità che permangono, di non essere messe in realizzazione, di non essere raggiunte, e quindi, per questo, noi consideriamo necessario e fondamentale vigilare, monitorare, controllare che l'attuazione delle cose buone che ci sono sia reale, perché ci anima un'idea centrale: che la diversità è una ricchezza della comunità, che le persone disabili hanno gli stessi diritti e le stesse opportunità in termini di libertà di scelta e di rafforzamento della propria consapevolezza e per poter vivere pienamente la propria vita, un'idea che noi vogliamo inverare con rigore e determinazione, che non vediamo però pienamente risolta in questo testo.
Per questo esprimiamo un voto di astensione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gullo. Ne ha facoltà.
MARIA TINDARA GULLO. Signor Presidente e onorevoli colleghi, oggi ci apprestiamo ad approvare, dopo circa due anni di cammino parlamentare, un provvedimento importante, largamente condiviso ed atteso, che interessa nel profondo la vita quotidiana di migliaia di famiglie. Il tema della disabilità – è stato già richiamato nel corso della discussione generale – interessa nel complesso circa il 15 per cento delle famiglie italiane. Se siamo arrivati qui, è sicuramente merito di un'attenzione certo diffusa da parte del mondo dell'associazionismo, delle case famiglia, delle fondazioni e degli enti locali che costituiscono da sempre il vero per le famiglie, che si confrontano ogni giorno con situazioni di disabilità.
Intendo anche sottolineare il chiaro messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che lo scorso 30 marzo, durante la giornata della disabilità intellettiva, ha toccato anche questo tema sinteticamente chiamato «dopo di noi».
Questo provvedimento contribuisce a costruire il sostegno e l'aiuto per le persone con disabilità e per le loro famiglie durante la propria esistenza, perché non c’è nessun «dopo di noi» se non si dà forma al «durante» oltre a noi, nella vita delle persone e delle famiglie che si confrontano con la disabilità.
Il provvedimento ha l'obiettivo meritorio di dare una risposta vera e concreta al disabile grave, puntando però anche sulla necessità di dare serenità e continuità a tutti gli sforzi che i genitori negli anni hanno fatto per supportare delle vite bellissime, ma complesse, faticose e pesanti.
Il tema vero è per i genitori la possibilità di garantire al proprio figlio le condizioni migliori per poter continuare a vivere la propria esistenza. È la cosa che ogni genitore desidera per ogni figlio, ancor più se ci sono importanti difficoltà di salute e ci si preoccupa dell'immediato futuro, pensando ad assicurare un domani più sereno per i propri figli.
È stato richiamato già nella discussione generale l'ultimo rapporto del Censis che fotografa il mondo della disabilità in Italia: si tratta di più di 4 milioni di persone, pari al 6,7 per cento della popolazione, con un in crescita; nel 2020 i disabili in Italia saliranno a 4,8 milioni, quindi pari all'8 per cento della popolazione. C’è quindi una platea assai ampia, ed è evidente che finché i genitori di figli con disabilità riescano direttamente, o con l'ausilio delle istituzioni, a far fronte ai problemi dei propri congiunti, una delle loro preoccupazioni riguarda comunque lo scenario che si apre dopo la loro morte. Il provvedimento che stiamo per votare affronta in modo particolarmente positivo il trasferimento delle eventuali proprietà e lasciti ai figli, con la finalità di guardare al futuro dei disabili, rafforzando la rete di protezione attraverso regimi fiscali agevolati per la loro assistenza, attivando percorsi per l'indipendenza degli individui con disabilità gravi, nonché creando case famiglia, comunità, coabitazioni di disabili in appartamenti a ciò dedicati, anche per evitare il ripetersi di casi di segregazione che spesso salgono agli onori della cronaca. Inoltre, il testo istituisce anche il Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, nonché eleva il limite delle detrazioni IRPEF e prevede agevolazioni tributarie per i .
Ritengo però giusto evidenziare che sul tema della disabilità, prima di questo provvedimento, poco è stato fatto. Un forte ritardo si registra rispetto ad un provvedimento di atteso molto a lungo, e inoltre si segnala un calo delle risorse attribuite. È certamente positivo che siano stati destinati 90 milioni di euro per il 2016, e così in avanti per gli anni a seguire. Si tratta certamente, come ribadito ieri in discussione generale anche dal Governo, di un intervento strutturale importante, ma anno dopo anno sono stati notevolmente ridotti i trasferimenti finanziari a livello locale previsti nelle ultime leggi di stabilità, perché nelle ultime leggi di stabilità sono stati notevolmente ridotti i trasferimenti finanziari a livello locale, quindi a livello dei comuni, per il settore sociale. Quindi è certamente positiva l'istituzione del Fondo, ma bisogna evidenziare che i comuni, che sono i primi destinatari, in questi anni hanno avuto una preoccupante riduzione dei trasferimenti.
L'intervento del Senato ha certamente migliorato un testo che in prima lettura Forza Italia aveva già condiviso. Le principali modifiche riguardano il già citato che garantisce una protezione legale tramite un rapporto fiduciario tra chi dispone di un bene e lo affida a un soggetto che deve amministrarlo in suo nome. Al sono state affiancate anche altri istituti giuridici come i contratti fiduciari, includendo anche le associazioni e le fondazioni benefiche. In tal modo si riescono a realizzare maggiori livelli di sussidiarietà. È importante mantenere alta l'attenzione circa i tempi di definizione e di applicazione dei livelli essenziali delle prestazioni, previsti dal comma 2 dell'articolo 2 del testo in esame. È auspicabile che siano rapidi e che il mancato coordinamento con i livelli essenziali di assistenza in ambito sociosanitario sia risolto in tempi brevi, perché altrimenti, oltre al percorso lungo e travagliato del provvedimento, ci potrebbero essere ulteriori inaccettabili ritardi.
È sicuramente una bella coincidenza che l'approvazione di questo provvedimento arrivi a pochi giorni dalle dolci e ferme parole di Papa Francesco di domenica scorsa, quando, nel corso del Giubileo dedicato ai disabili, ha messo in guardia la società dal ghettizzare i malati, appunto i disabili. Il Papa ha ammonito dicendo che l'uomo non comprende il vero senso della vita, che comporta anche l'accettazione della sofferenza e del limite; il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente perfette, per non dire truccate, ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l'accettazione reciproca e il rispetto. Per tutte le ragioni appena esposte annuncio il voto convintamente positivo del gruppo Forza Italia .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Vita. Ne ha facoltà.
GIULIA DI VITA. Presidente, in Sicilia esistono all'incirca 3.400 persone disabili gravi e gravissimi, ovvero che necessitano di assistenza sociosanitaria, e in certi casi si stima 2.500 che necessitano di assistenza continuativa H24.
La spesa per i servizi da erogare va, quindi, da circa 4.200 a 5 mila euro l'anno per ogni assistito, considerando il solo servizio di assistenza domiciliare. I soldi a disposizione, però, non sono sufficienti per assistere almeno tutti i 2.500 casi di disabilità gravissima e, come in Sicilia, lo stesso si ripete in tutto il Paese spesso, specie nel Meridione. I soldi vengono garantiti dal famoso Fondo nazionale per la non autosufficienza, quello che ogni anno traballa da una cifra all'altra, passando anche per l'azzeramento totale come è capitato non molti anni fa.
La ripartizione alle regioni avviene poi non in funzione del fabbisogno regionale, ovvero del numero effettivo di persone che necessitano di assistenza, così come vi abbiamo già proposto, ma in funzione semplicemente della popolazione e così ci ritroviamo ogni benedetto anno a sfornare innumerevoli interrogazioni, richieste al Ministero e agli assessorati, richieste alle ASL e ai comuni, petizioni popolari, per non parlare di cause e ricorsi al TAR, per far riconoscere a chi ne ha diritto il servizio pubblico di cui necessita, come se chi ha una disabilità grave o gravissima e la sua famiglia non avessero di meglio da fare.
Questo problema lo conosciamo noi, ma la conoscete meglio voi che state qua dentro da molto più tempo e cosa si è fatto per risolverlo ? Secchiate d'acqua gelate di solidarietà per far fare un bel al Presidente del Consiglio, accogliere ogni tanto i comitati dei cittadini che vengono a protestare periodicamente sotto la sede dei vari Ministeri e proposte di legge «farlocche» come, ad esempio, quella che stiamo discutendo oggi.
La gente soffre, il disagio si tocca con mano, qualcosa dovete pur inventarvela, e siamo qui oggi ad approvare definitivamente questa legge che, visto che il Governo non sa affrontare il cosiddetto durante noi, si dovrebbe occupare del «dopo di noi».
Non finirò mai di ripeterlo: se questo Stato fornisse l'adeguata assistenza alle persone disabili e alle loro famiglie mentre i genitori sono ancora in vita, probabilmente le preoccupazioni per il futuro sarebbero molto meno tragiche, perché ricordo a tutti noi che alcuni genitori ormai anziani, non vedendo via di uscita e abbandonati dallo Stato, sono stati spinti addirittura all'omicidio-suicidio per la condizione di disperazione vissuta pensando al futuro del proprio figlio disabile. Non ci dovremmo occupare di questi casi ? E badate che non sono casi limite. La condizione di disabilità, soprattutto se grave e complessa, è la causa principale di impoverimento della famiglia che è costretta a sostenere spese spesso al di fuori della propria portata e arrivano giustamente a indebitarsi fino al collo anche perché dal pubblico non ricevono risposte adeguate ; anzi, se è possibile, ricevano ulteriori mazzate, basta citare il caos indecente che avete creato con il nuovo ISEE a cui non siete stati nemmeno in grado di mettere una pezza decente; incompetenti e scellerati !
Quindi, piuttosto che partire da chi non ce la fa più, dai poveri, dalle situazioni più disperate, cominciate proprio al contrario, aiutando chi invece è benestante o in qualche modo riesce più o meno ad arrangiarsi, non certo grazie allo Stato, ma grazie solo a loro stessi si intende. E che male c’è a fornire strumenti e agevolazioni in più alle famiglie non proprio disperate, ma che già autonomamente utilizzano questo tipo di soluzioni ? Nessuno, l'inganno sta nel fatto che, mentre fate una legge rivolta ad appena 1.430 persone, platea calcolata dalla Ragioneria dello Stato, che farà uso di questi strumenti privati di cui sentivate solamente voi e alcune fondazioni l'impellente esigenza, restano fuori oltre 2 milioni di persone a cui di questa legge non può fregare di meno, perché non cambierà minimamente la loro vita . Però sentiranno in TV e leggeranno sui giornali che invece il Parlamento ha fatto qualcosa anche per loro; niente di più falso.
Vi prego davvero di mettervi una mano sulla coscienza e di avere il coraggio di dire le cose così come stanno. Si dica che, al momento, il Governo può e preferisce solo aiutare chi già si sa aiutare da solo e, purtroppo, chi rimane indietro deve aspettare tempi migliori che per fortuna stanno per arrivare. Nessuno deve rimanere indietro !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baroni. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. A me l'arduo compito di fare i conti della serva perché qui ho sentito preti, ho sentito antropologi, ho sentito sociologi, quello che non ho sentito è effettivamente il controllo dei conti; dicevano i Pink Floyd. E mentre, nel 2008, signor Presidente, noi avevamo un Fondo per la non autosufficienza di oltre 1 miliardo di euro, ci ritroviamo adesso, nel 2016, che da circa due anni il Governo fa il giochino di dotare il Fondo per la non autosufficienza di 250 milioni di euro, perché sa benissimo che la cifra è scandalosa (riguarda un fondo per i disabili gravi e gravissimi, per la loro sussistenza e per i loro servizi). Praticamente vengono a protestare, e il Governo tira fuori dal cappello altri 150 milioni di euro: l'ha fatto per due anni consecutivi, e ci ha rimesso la «pelle» Raffaele Pennacchio, grave malato di sclerosi laterale amiotrofica che veniva qui a Roma dalla Sardegna. Questo semplicemente per i propri diritti esigibili !
E quanto ai diritti esigibili, parliamo di soldi, signor Presidente: non si è mai pensato di andare a prendere i soldi che vengono spesi nelle residenze sanitarie assistite, nonostante la sentenza n. 36 del 2013 della Corte costituzionale, sentenza indefettibile che prevede che qualsiasi persona in situazione di abbandono, di handicap e anche di difficoltà economica ha diritto a servizi assistenziali che sono assolutamente primari per quanto riguarda le malattie croniche e neurodegenerative, e anche le malattie intellettive, a cui in questo provvedimento si punta fondamentalmente, ovvero al «dopo di noi»; però, non si poteva rinunciare al «durante noi».
Allora andiamo a vedere altri conti, e vediamo che, di questi 90 milioni di euro, solo per quest'anno abbiamo circa oltre 250 euro a disabile per una platea di 143 mila disabili, che verranno regalati dallo Stato solo nel caso in cui ti farai un'assicurazione sulla vita, o i genitori si faranno un'assicurazione sulla vita. Poi abbiamo una situazione di detraibilità di 5.000 euro per 1.430 persone, che la relazione tecnica ha individuato, che saranno coloro che avranno diritto ad accedere al neo-istituto giuridico di diritto privato, ovvero il e qui abbiamo 10 milioni di euro; e poi abbiamo i restanti soldi, circa 50-55 milioni di euro, che saranno i progetti per il «dopo di noi», o per il «durante noi», perché sono stati compresi anche quelli. Ebbene, in questa platea ci sono di nuovo 260 mila persone, che sono tutte le persone che ho citato precedentemente più quelli ancora più poveri, ovvero che non possono accedere al e che non possono accedere all'assicurazione che in media costa circa 100 euro al mese; ed è per questo che i disabili che vivono con i loro genitori o sono da soli effettivamente, coloro che hanno meno di 20.000 euro di imponibile Irpef, praticamente non potranno accedere ai primi due tipi di stanziamenti, che sono fondamentalmente detrazioni fiscali: però potranno accedere agli altri 55 milioni di euro. Andiamo a fare i conti: sono circa 50 milioni di euro per 260 mila persone che hanno diritto a questi servizi, che vengono elencati nella legge sul «dopo di noi», e troviamo una bella cifra: 192 euro. Come 192 euro ? L'anno, signor Presidente ! Li dividiamo per 12, e troviamo una bella tessera del bus (perché a Roma costa 35 euro la tessera del bus mensile) ai disabili che chiederanno che questi servizi vengano stanziati anche per loro perché ne hanno diritto; anche se lo Stato fa finta che quei 19, quei 15 miliardi di euro, a seconda di chi vuole fare i conti, che vengono erogati alle cliniche private annualmente, non esistono e non devono essere toccati. E questi sono istituti che in una buona percentuale degradano in lager, e stiamo parlando di circa 200-250 euro al giorno, che diventano 90 mila euro l'anno per circa 430 mila posti letto. Questo è il modo in cui voi fate le leggi, questi sono i conti della serva !
E non vogliamo nemmeno parlare, signor Presidente, dei 50 milioni annui che sono stati stanziati per le REMS, ovvero per i disabili psichiatrici che dovranno uscire dai manicomi, dagli OPG, e che di fatto sono diventate la nuova mangiatoia, ovvero le nuove residenze per l'esecuzione delle misure della pena.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
MASSIMO ENRICO BARONI. In questo provvedimento ci sono 50 milioni, esattamente quello che è previsto per le REMS, e questi sono i soldi veri per coloro che non hanno un imponibile Irpef di oltre 20.000 euro l'anno: lo ripeto ancora una volta, 35 euro al mese, se tutti richiedono i diritti di cui fondamentalmente hanno, appunto, diritto (scusi il bisticcio di parole) .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.
ANNA MARGHERITA MIOTTO. Presidente, siamo giunti finalmente al voto finale di una legge importante, della quale andiamo orgogliosi; ed è grazie al doppio passaggio alla Camera che molto si è detto, e quindi io mi astengo dal riproporre le caratteristiche di un provvedimento importante, che certamente da solo segna la legislatura.
Avrei preferito a dire il vero annunciare il voto favorevole, che con convinzione confermo a nome del Partito Democratico, dando atto alla relatrice Elena Carnevali dell'impegno straordinario profuso, ricordando l'assiduo appoggio del Governo ad una iniziativa parlamentare di ben sei proposte di legge, la prima delle quali è stata depositata dal collega Gero Grassi già all'inizio della legislatura, che ha ritenuto meritoriamente di raccogliere il lavoro svolto nella precedente legislatura in particolare da Livia Turco. Ed infine avrei desiderato fissare nuovi impegni, nuovi traguardi, sulla scia di questa importante tappa nella costruzione di un sistema di efficace, a cominciare dal riconoscimento del lavoro di cura dei familiari che 360 giorni all'anno si prendono cura dei loro figli con disabilità. Avrei voluto anche ricordare che per noi ci sono nuove sfide: per esempio la legge sul ; non vorrei che rinunciassimo a dettare nuove norme per quanto riguarda l'applicazione integrale del Piano biennale. Certamente molte altre cose avrei voluto dire, ma ho sentito anche stamani una distanza abissale fra ciò che si affermava in quest'Aula e ciò che invece c’è fuori di qui, nelle persone che abbiamo incontrato anche in questi mesi di discussione di questo progetto di legge, soprattutto le famiglie in difficoltà, che ci chiedevano – come ha ricordato Elena Carnevali ieri – di approvare questa legge e di fare presto. Perciò io non me la sono sentita di tacere sulle tante resistenze che sono state annunciate, anche pochi minuti fa nella dichiarazione di voto, da alcune forze politiche.
È singolare, guardate, che su una legge come questa abbiamo sentito affermazioni che davvero non obbediscono nemmeno ad una logica di natura elettoralistica: creano confusione, gettano una sorta di opacità sulla legge che stiamo approvando, creano apprensioni abilmente veicolate dalla rete. Ed allora io utilizzo questo tempo per cercare di confutarle: non già con argomenti che non stanno in piedi come tanti che sono stati espressi qui, davvero, ma per dire, come è stato detto stamani, come stanno le cose.
E iniziamo. Si è detto che questa legge probabilmente non era necessaria, cioè che era già tutto scritto. Allora facciamo l'esempio ? Ora una famiglia che ha un figlio con disabilità grave deve dedicare il 100 per cento del proprio tempo all'assistenza del proprio figlio, eccetto otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana, se ha la fortuna di frequentare un CEOD o un centro di occupazione protetta. Nelle altre sedici ore del giorno, sabato e domenica compresi, è la famiglia che se ne fa carico, cioè i genitori che se ne fanno carico e quando vengono meno i genitori questa persona viene inviata in una RSA. Questa è la ragione per la quale noi non vogliamo più l'istituzionalizzazione e pertanto abbiamo chiaramente detto che questa cosa deve finire e quindi serviva una legge. Serviva una legge non per riprendere ciò che il Piano biennale afferma già, lo sappiamo bene. Serviva una legge per dire che questo era un diritto esigibile e per essere tale non poteva che rientrare nei LEA e, siccome siamo realisti, sappiamo come stanno le cose, il LEP per la disabilità grave lo costruiremo mattone su mattone, attraverso gli obiettivi di servizio. Ecco l'innovazione che è contenuta nella legge e che i colleghi del MoVimento 5 Stelle si ostinano a non riconoscere, non leggono i primi articoli di questa legge, non li leggono proprio . Ma guardate che sbagliate se fate così perché sarete smentiti. Siete già smentiti dalla realtà, la realtà è già andata più avanti di voi e delle vostre preoccupazioni e nel territorio sono già partite queste iniziative, aspettano la legge e il decreto che verrà concordato fra Stato e regioni perché vogliono utilizzare queste risorse, perché hanno già un'idea, hanno già un progetto in testa di come affrontare queste questioni. Vedete, cari colleghi, voi avete criminalizzato ancora una volta il terzo settore, ma guardate che il terzo settore nel nostro Paese è stato il pioniere in questo campo, ha costruito l'anticipazione di ciò che poi nella legislazione noi rintracciamo, come i servizi essenziali. Ma andiamo avanti. Avete detto che limitiamo questa legge alla platea dei disabili gravi, ma non siete stati voi che giustamente, con il nostro consenso, avete detto che dovevamo distinguere chiaramente gli interventi per i disabili che possono accedere ai progetti di vita indipendente dai disabili gravi che invece non possono oggettivamente accedere a questi interventi ? Allora, aver delimitato la platea ai disabili gravi, ha questo significato semplice, semplice significato: per i non gravi ci sono i servizi appropriati, che sono i Progetti di vita indipendente qual è il punto ? Ed è su questo che noi siamo impegnati, siamo impegnati per il futuro, perché ripeto, siamo abituati a guardare ai prossimi traguardi. È che per i progetti di vita indipendente, che sono finanziati con una parte del Fondo per la non autosufficienza, c’è la necessità di stabilire anche in quel caso un nuovo obiettivo di servizio, perché diventi un diritto esigibile . Mi sorprende che la battaglia sui diritti non vi veda sul fronte, a difendere l'esigibilità dei diritti. Mi sorprende, perché guardate che il resto è assistenzialismo, è pietismo, non è promozione e integrazione delle persone con disabilità . Poi avete demonizzato i forse perché è una parola inglese. Ma guardate che tre proposte di legge sulle sei depositate contengono misure che sono uguali al e sono state presentate da tre dei presentatori. Andate a guardarle, risalgono al 2013, ma il assistenziale ha dieci anni di storia, cari colleghi, ha dieci anni di storia. Una di queste proposte l'aveva presentata anche la collega Argentin, si chiamano Fondi di sostegno e sono quelle misure alle quali è stata estesa l'agevolazione dell'articolo 6 sul perché oggettivamente sono assimilabili.
Perché avevamo previsto solo il inizialmente ? Per la semplice ragione che è più tutelante nei confronti della persona con disabilità, questa ci sembrava una scelta di valore che pensavamo dovesse essere apprezzata, ma chiaramente, quando si parla di scelte di valore, incontrate qualche difficoltà e lo capisco lo capisco. Poi mi dispiace aver sentito che questa è una misura di sostitutivo e non integrativo. Cara collega Nicchi, ma dove viviamo ? Quand’è sostitutivo il ? Quando si dice che un livello essenziale viene affrontato non con i soldi pubblici ma con i soldi delle assicurazioni . Qui non è scritto questo, è scritto il contrario ! È il LEP che definisce il diritto della persona, è con il LEP in questo caso, l'obiettivo di servizio, che noi definiamo i diritti universali. Questa è una misura universale, che si integra naturalmente con le risorse private, con quelle cioè che possono provenire dalle polizze di assicurazione – finisco subito, Presidente – che eventualmente possono essere contratte. Devo dire che è la seconda innovazione di questa legge, nel campo del sociale perché si interessa di assistenza, la riscontra quotidianamente e non vedo quale meraviglia, è l'incrocio fra risorse pubbliche e risorse private che insieme contribuiscono a creare servizi efficaci e di qualità, ma da quando in qua si demonizza tutto ciò che proviene – finisco, Presidente, davvero – dal privato e in particolare dal privato sociale ? Mi dispiace, Presidente, se rubo solo tre secondi per quanto riguarda l'esercizio aritmetico che è stato fatto dal collega Baroni, un po’ fantasioso, devo dire. Sa bene che più del 68 per cento di queste risorse sulla carta sono destinate agli interventi pubblici, nella realtà sarà più del 90 per cento, perché sa bene che abbiamo dovuto prevedere un teorico accesso alle esenzioni fiscali e delle assicurazioni che sarà più ampio di quello che realmente si realizzerà.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Miotto.
ANNA MARGHERITA MIOTTO. La norma finale di salvaguardia per cui le risorse non utilizzate vanno nel fondo pubblico è la garanzia che per noi questa è la scelta fondamentale
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bueno. Ne ha facoltà.
RENATA BUENO. Signor Presidente, vorrei chiedere di sottoscrivere questo progetto di legge ...
PRESIDENTE. Attenda un istante. Colleghi, per favore, anche quelli che prendono posto, se evitano...
RENATA BUENO. Gli applausi sono meritati, perché il progetto è veramente molto interessante e l'Italia ha sempre dato l'esempio nelle regole per questo tipo di assistenza, perciò vorrei chiedere di sottoscrivere questo progetto
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.
ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, veramente un minuto per dire grazie, per dire grazie a tutti quei deputati che hanno creduto in questo bisogno reale e concreto. Mi dispiaccio per chi non ha voluto con noi beneficiarie del senso di dare una risposta vera e concreta a chi ne ha bisogno, ma Presidente, le dico una cosa: molti mi dicono se oggi per me è un giorno di festa. Avrei preferito che non lo fosse, ricordate voi che avete deciso di non votare che la retorica non è mai vincente e soprattutto ricordate che essere diversi e indicati a dito è un problema che non deve ricadere sulle nostre famiglie. Per voi è facile perché non conoscete fino in fondo quant’è difficile essere diversi fino in fondo, la diversità è un patrimonio, ricordatelo, e votare contro è solo un limite. Se posso dire una cosa, mi permetta, sono molto fiera di essere da questa parte dell'Aula, del PD e insieme anche ai colleghi di centrodestra e tutti quelli che approveranno questa legge, perché la vita è un diritto che spetta anche a noi, anche se voi avete deciso che alla morte dei genitori finisca .
ELENA CARNEVALI, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Per il consueto ringraziamento, immagino.
ELENA CARNEVALI, . Grazie, signor Presidente. Permettetemi, anche con una certa commozione, se devo dire, di ringraziare in particolare i funzionari della XII Commissione, tutti i colleghi della Commissione, il Governo e anche tutti i componenti degli altri gruppi, anche quelli che hanno, di fatto, non apprezzato questo provvedimento, non lo apprezzeranno, magari, con il voto finale, ma rispetto ai quali, siccome noi guardiamo al merito, abbiamo anche preso e fatto proprio alcune delle loro proposte. Credo che oggi sia una pagina bella per questo Parlamento, una pagina bella di un po’ più di democrazia, un po’ più di libertà in questo Paese e, soprattutto, un po’ di giustizia .
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulle proposte di legge già approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato, nn. 698-1352-2205-2456-2578-2682-B, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare: Coppola ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni statali e locali e sugli investimenti complessivi riguardanti il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Doc. XXII, n. 42-A).
Ricordo che nella seduta nella seduta del 13 giugno si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di inchiesta parlamentare e delle proposte emendative presentate.
Colleghi, per favore, se riusciamo a far sedere al Comitato dei nove i colleghi che seguono questo provvedimento senza particolare scompiglio e, magari, posticipando il momento delle congratulazioni o, perlomeno, spostandolo dall'emiciclo in altra sede, è cosa buona e giusta.
La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere che è in distribuzione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate .
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione, se lo mettono in condizione di poter svolgere questa funzione. Prego.
PAOLO COPPOLA, . La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Boccadutri 1.11, a condizione che venga riformulato come l'emendamento D'Alia 1.10.
PRESIDENTE. A questo punto, li voteremmo come identici, qualora dovesse essere accettata la riformulazione. Immagino che sull'emendamento D'Alia 1.10 il parere sia, quindi, favorevole.
PAOLO COPPOLA, . Favorevole. La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Cozzolino 1.2.
PRESIDENTE. Perfetto. Il Governo ?
ANGELO RUGHETTI, Parere conforme al relatore.
PRESIDENTE. Perfetto.
Passiamo all'emendamento Boccadutri 1.11. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione proposta dal relatore.
A questo punto, l'emendamento Boccadutri 1.11 va in votazione insieme all'emendamento D'Alia 1.10.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boccadutri 1.11, nel testo riformulato, e D'Alia 1.10, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Non essendo stati presentati ordini del giorno, passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Grazie, Presidente; intervengo per annunciare il voto a favore a questo provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capelli. Ne ha facoltà.
ROBERTO CAPELLI. Presidente, intervengo per una breve dichiarazione di voto. La questione che la Commissione in via di istituzione andrà ad esaminare non è certo di poco conto; infatti, nonostante gli evidenti progressi dovuti anche all'azione del Governo, il nostro Paese evidenzia ancora un ritardo nell'utilizzo delle risorse informatiche da parte della pubblica amministrazione. Bisogna ricordare, preliminarmente, che una delle aree chiave previste dall'Agenda digitale per l'Europa, la DAE, nel 2012, era relativa proprio alla necessità di creare nuove infrastrutture per i servizi pubblici digitali. Da allora vi sono stati ottimi risultati ma, come spesso accade in Europa, dietro una statistica generale positiva, si leggono dati diversificati tra le diverse realtà europee. In particolare, appare sempre più evidente il ritardo del nostro Paese. Per quel che riguarda i servizi pubblici digitali, l'Italia si colloca, infatti, al quindicesimo posto della classifica europea, con un effettivo livello dell'uso dell’ ancora troppo basso per le problematiche legate alla situazione attuale, legate alla diffusione dei servizi e alle scarse competenze digitali. Il livello di connessione tra gli enti pubblici della pubblica amministrazione, inoltre, è pari al 33 per cento e questo dato causa una solo parziale interoperatività tra gli enti, impedendo di raggiungere quell'efficienza operativa di tutta la pubblica amministrazione che è un obiettivo necessario, in modo da migliorare fattivamente il rapporto con cittadini e imprese.
Esistono già oggi elementi positivi ed esempi, come quello della digitalizzazione del settore sanitario, che evidenziano il guadagno in efficienza dei servizi e il risparmio di spesa che la digitalizzazione ha portato, ma si tratta di esempi troppo isolati e non sufficienti. Si ritiene che una migliore digitalizzazione della pubblica amministrazione porterebbe a un risparmio stimabile in circa 25 milioni di euro l'anno, favorendo anche una maggiore inclusione sociale. Ci si rende conto che si tratta di un cambiamento epocale di mentalità, di strutture tecniche, ma è un cambiamento che deve essere fatto in tempi quanto più rapidi possibili. Per questo è necessario conoscere la situazione attuale e questo è lo scopo che l'istituenda Commissione si propone. Non si tratta, quindi, come qualcuno potrebbe sostenere, di un ennesimo strumento inutile che il Parlamento mette in piedi quasi per giustificare se stesso, ma di un mezzo utilissimo per comprendere lo stato dell'arte, per indicare, per quanto possibile, strade praticabili per una rapida e sempre più completa digitalizzazione della pubblica amministrazione. Se un suggerimento posso dare, possiamo dare come gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico, sarebbe opportuno anche verificare, allo stato dell'arte, su quel 33 per cento che ho appena citato di digitalizzazione, anche la congruità degli investimenti. Solo un esempio, Presidente, ci sono regioni che hanno un sistema di digitalizzazione abbastanza efficiente, ma dobbiamo tener conto anche di quelle regioni che hanno investito e investono costantemente nei loro bilanci centinaia di milioni di euro, un esempio per tutti è, per esempio, il sistema SISaR del controllo dell'efficienza sanitaria nella regione Sardegna o il sistema SIBAR per quanto riguarda i sistemi di digitalizzazione e semplificazione del sistema delle autonomie locali. Tali sistemi, si potrà riscontrare, e spero che questa Commissione possa riscontrare, hanno dei costi elevatissimi, quasi 46 milioni di euro investiti per un sistema che da oltre sei anni non funziona.
Quindi, occorre verificare l'opportunità e la congruità degli investimenti rispetto ai benefici attesi e rispetto ai progetti presentati e non ancora messi in opera e l'efficienza degli stessi. Credo che questa Commissione dovrà in ogni caso farsene carico. Ribadisco il voto favorevole del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Invernizzi, che non è in Aula.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galgano. Ne ha facoltà.
ADRIANA GALGANO. Grazie, Presidente. Lo sviluppo e il progresso tecnologico connesso ad un sempre più frequente utilizzo degli strumenti informatici hanno migliorato molti aspetti della vita del cittadino, ma non ancora la qualità delle sue relazioni con la pubblica amministrazione. Sebbene, infatti, l'importanza di questo tema fosse evidente già negli anni Ottanta del secolo scorso, dobbiamo, purtroppo, constatare che l'impatto tra informatica e pubblica amministrazione non ha avuto i risultati che era legittimo aspettarsi. Il cittadino si rapporta, infatti, con una pubblica amministrazione che, da tempo, non risulta adeguata e tempestiva nel rispondere alle nuove situazioni create dall'estensione delle funzioni pubbliche, dal decentramento dei poteri, dalla crescita delle autonomie locali e dalla rivoluzione digitale che ha profondamente modificato la vita dei cittadini e delle imprese. Da una parte, infatti, nella pubblica amministrazione si introduce l'informatica per aumentare la produttività e l'efficienza e, dall'altra, i nuovi strumenti, spesso, non sostituiscono i vecchi, ma si affiancano a loro, maggiorando costi e inefficienze. Inoltre, sentendosi impreparate rispetto all'informatica, molte amministrazioni hanno affrontato la questione decentrando attività e funzioni ad agenzie esterne e, anche in questo caso, il risultato non è stato spesso coerente con l'obiettivo, perché è mancata la fase del controllo. Può essere positivo delegare, ma certamente non farlo senza controllo. Il punto nodale è allora il modo in cui l'informatica viene introdotta nella pubblica amministrazione, perché è ciò che può costituire fattore di crisi o fattore di sviluppo. Perché sia un fattore di sviluppo, alla struttura pubblica e al legislatore si impone di dimostrare la capacità di governare, come opportunità, la rivoluzione digitale e, fino ad ora, non lo abbiamo certo fatto. È importante sviluppare la consapevolezza che la pubblica amministrazione deve cambiare non perché vi sono macchine o nuovi da installare, ma perché cambiando si può migliorare la qualità della vita dei cittadini e influire significativamente sulla ripresa dell'economia. Cambiare non significa solo cambiare macchine e ma anche e soprattutto i processi. Dobbiamo essere consapevoli, colleghi, che spendere 5 miliardi di euro d