PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ANNA RITA TATEO, legge il processo verbale della seduta del 13 ottobre 2021.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
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PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Bergamini, Enrico Borghi, Boschi, Brescia, Brunetta, Carfagna, Casa, Castelli, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Fantinati, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Marattin, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mulé, Mura, Nardi, Nesci, Occhionero, Occhiuto, Orlando, Palazzotto, Parolo, Pastorino, Perantoni, Rampelli, Rizzo, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Speranza, Tabacci, Tasso, Vignaroli, Vito, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente 92, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto della seduta odierna .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI(IV). Le chiedo scusa, Presidente, rubo solo poco tempo. Vorrei da lei - se è possibile - un chiarimento. Immagino che non me lo possa dare adesso, quindi, si tratta di una richiesta che rivolgo alla Presidenza e spero che la risposta arrivi in tempi rapidi. La premessa è che chi le parla ha fatto il vaccino un minuto dopo che ha avuto la possibilità di farlo per ragioni anagrafiche e ha fatto un vaccino che si chiamava AstraZeneca, che non andava tanto per la maggiore, quindi non è sicuramente una persona che ha dubbi sull'esigenza di fare il vaccino. Ovviamente, subito dopo il vaccino, ho ottenuto il mio e, senza bisogno di ulteriori passaggi, lo ho utilizzato in tutte le occasioni nelle quali chiunque – un normale cristiano - ha bisogno di avere il per entrare.
Per un'ulteriore garanzia nei confronti della Camera – e non ne avevo alcun bisogno - il martedì mattina, all'inizio della settimana, non ho mai mancato di fare anche il tampone (io ho sempre detto che qui viviamo in una situazione complicata), per dare ai colleghi il massimo di certezza possibile; cosa che ritengo sia utile per tutti quanti: i colleghi, il personale e via dicendo.
Questa mattina mi è capitata una cosa strana, Presidente, e vorrei chiederle una spiegazione. Sono andato a fare, come di consueto, il tampone - normalmente io ho il mio tant'è che sono entrato negli uffici con il - mi hanno dato l'esito ed è andato tutto liscio. Tuttavia, oggi apprendo le disposizioni date dalla Camera al gentilissimo personale medico, cui credo bisognerebbe dare merito perché il lavoro che sta facendo ormai da mesi e mesi, in condizioni anche non semplicissime, merita un plauso che dobbiamo fare e un ringraziamento . Quindi, non per scelta loro, ma per disposizioni della Camera apprendo che il tampone non è più il tampone: il tampone è il tampone, ma deve essere certificato come temporaneo. Il che significa, Presidente, che, se domani uscisse fuori, per una qualunque ragione, un elenco di deputati che hanno il temporaneo - che palesemente, per tutti quelli fuori da questo palazzo, è un motivato dal fatto che fai un tampone e non hai il vaccino (altrimenti avresti il normale) - io risulterei come uno che non ha fatto il vaccino, ma ha il temporaneo perché ha fatto il tampone.
A me, che penso sempre non benissimo, viene il dubbio che questa scelta sia stata fatta per fare in modo che non si distingua, dentro quest'Aula e fuori da quest'Aula, tra di noi, chi ha fatto il vaccino e chi non ha fatto il vaccino. Vale a dire che ci troviamo nella condizione per cui io che vado a fare un tampone solo per dare un ulteriore elemento di certezza alla Camera (e non perché ne ho bisogno) mi ritrovo in una lista che è quella dei temporanei, che si qualificano perché vivono sostanzialmente soltanto sul tampone. La trovo una cosa abbastanza fuori scala.
Per quanto mi riguarda, evidentemente, siccome ho il non andrò più a fare il tampone, oppure lo farò da un'altra parte, quando ci saranno altre esigenze: così non verrò classificato come uno che ha il temporaneo, che fuori da qui è riservato soltanto a coloro che fanno il tampone e che non fanno il vaccino.
Ecco, vorrei sapere per quale ragione noi, dentro questo palazzo, abbiamo trasformato questa vicenda per cui il tampone, anche se uno ha il di suo, deve essere trasformato in un temporaneo. È una curiosità, ma forse è anche utile per fare chiarezza .
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giachetti. Credo che il suo quesito verrà girato ai questori per competenza. Posso dare solo il mio piccolo contributo personale e penso che l'anomalia ci fosse prima, cioè quando il tampone unico della Camera non veniva registrato anche nell'applicazione preposta. Però, capisco il punto che lei sottolinea, che mi sembra un punto assolutamente di valenza politica nel senso alto e generale; quindi, è giusto che a risponderle sia la Presidenza della Camera ed eventualmente i questori.
PRESIDENTE. Invito la deputata segretaria di Presidenza a dare lettura delle petizioni pervenute.
ANNA RITA TATEO, legge:
Francesco Zanichelli, da Venegono Superiore (Varese), chiede iniziative per impedire la possibilità di adozione di minori da parte di coppie dello stesso sesso ;
Vincenzo Parisi, da Ficarazzi (Palermo), chiede norme per tutelare, in ambito condominiale, i proprietari di immobili che esprimono la loro contrarietà ad avvalersi del cosiddetto “Ecobonus 110 per cento” ;
Mariangela Rosen, da Roma, chiede di semplificare le procedure di risarcimento degli azionisti di Veneto Banca Spa con reddito annuale superiore a 35.000 euro e patrimonio mobiliare superiore a 100.000 euro ;
Gerardo Anna Antonio Coluccini, da Salza Irpina (Avellino), chiede iniziative per accertare se gli obblighi imposti per la prevenzione della diffusione del COVID-19 siano proporzionati e ragionevoli ;
Alessandro Amico, da Acireale (Catania), chiede l'introduzione del reato di apologia del comunismo ;
Antonio Sorrento, da Martano (Lecce), chiede la creazione da parte dell'Agenzia delle entrate e dell'INPS di un canale di comunicazione dedicato alle associazioni di categoria ;
Marco Preioni, da Domodossola (Verbano Cusio Ossola), chiede che non sia approvato il progetto di legge atto Senato n. 835 in materia di lite temeraria ;
Luca Cattaneo, da Gravellona Lomellina (Pavia), chiede la nomina di un commissario straordinario per la realizzazione delle opere relative al raddoppio della linea ferroviaria Albairate-Abbiategrasso -;
Francesco Romano, da Saviano (Napoli) chiede:
nuove norme in materia di detrazione delle spese per l'acquisto dei libri di testo scolastici e dei prodotti parafarmaceutici ;
che sia possibile espletare la pratica di registrazione della delega delle identità digitali anche presso i patronati ;
Tommaso Badano, da Sassello (Savona), chiede che sia vietato praticare vaccinazioni contro il COVID-19 fino a 29 anni di età e che sia eliminato l'obbligo dell'uso delle mascherine all'interno delle scuole ;
Giovanni Bello, da Ferrara, chiede la revoca di tutte le misure adottate per contrastare la diffusione del COVID-19 ;
Michele Vecchione, da Alatri (Frosinone), chiede l'istituzione di uno neuro-psichiatrico obbligatorio a cadenza biennale e l'introduzione dell'obbligo di segnalare al Servizio sanitario nazionale i casi di turbe psichiche da parte dei neuro-psichiatri privati ;
Francesco Di Pasquale, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
nuove disposizioni in materia di determinazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente - ;
l'attivazione delle cure domiciliari con farmaci antivirali e anticorpi monoclonali per il contrasto del COVID-19 ;
che la revisione degli estimi catastali non comporti aumenti delle tasse per gli immobili che si trovano in zone degradate o occupati abusivamente o danneggiati ;
Mariella Cappai, da Monserrato (Cagliari), chiede:
che sia ampliato di almeno cento unità l'organico del personale penitenziario della casa circondariale di Uta (Cagliari) ;
un aumento di 500 euro degli emolumenti del personale delle istituzioni penitenziarie ;
Daniele Granara, da Genova, e numerosi altri cittadini chiedono l'abolizione dell'obbligatorietà del certificato verde COVID-19 per il personale delle Forze di polizia e per tutti i pubblici dipendenti - .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3314: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, recante misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Avrebbe facoltà di intervenire il relatore deputato Cataldi, ma il Governo non è presente. Non vedendo il Governo presente, è evidente che… Onorevole Trano, se è su questo, stiamo già rilevando il fatto che non c'è il Governo, quindi saremo costretti a sospendere la seduta: la riprenderemo quando il Governo sarà presente. Sospendiamo la seduta e dopo le darò la parola.
PRESIDENTE. Grazie alla sottosegretaria, che è arrivata, possiamo riprendere la seduta.
PRESIDENTE. Chiede di parlare il collega Trano, che ha una richiesta, non so se su questo punto o su altro. Prego, collega Trano.
RAFFAELE TRANO(MISTO-L'A.C'È). Grazie Presidente. Oggi ci sarà l'informativa del Ministro dell'Interno, Lamorgese, sui fatti di Roma del 9 ottobre e si presenta con un ritardo abbastanza ingiustificabile…
PRESIDENTE. Non ho capito. Mi scusi, non ho capito.
RAFFAELE TRANO(MISTO-L'A.C'È). Sui fatti di Trieste.
PRESIDENTE. No, è un'informativa urgente che non è sui fatti di Trieste. É un'informativa urgente di contesto molto più ampio.
RAFFAELE TRANO(MISTO-L'A.C'È). Siccome il Ministro viene in modo intempestivo a raccontare quello che è successo il 9 ottobre, alla luce di nuovi fatti di ieri, ovvero che sono stati manganellati dei pacifici manifestanti e lavoratori al porto di Trieste, io chiedo al Ministro, che oggi deve intervenire per raccontarci cose anacronistiche, se può anche raccontarci che cosa è avvenuto ieri, in quanto lo sgombero è stato fatto con delle modalità inaudite, per quanto riguarda la violenza perpetrata su quei manifestanti pacifici che non avevano alcuna intenzione di bloccare i lavori al porto e che, semmai, hanno soltanto, diciamo, “imbracciato” le loro operazioni, ma consentivano comunque, contestualmente, l'ingresso e l'uscita dei camion, dei TIR e anche ai loro colleghi di poter lavorare; però c'è stata una risposta da parte dello Stato molto aggressiva e molto violenta. Quindi, per il suo tramite, chiediamo al Ministro dell'Interno se può raccontarci perché c'è stato quel comportamento eccessivo nei confronti di una popolazione inerme, che protestava in maniera del tutto pacifica.
PRESIDENTE. Grazie onorevole Trano, mi sembra che la sua sia una lettura dei fatti molto parziale, ma questo resta nel verbale, perché la Presidenza non è che deve asseverare o meno la sua lettura, però quello che deve asseverare è la richiesta cortese di leggere, da parte sua, l'ordine del giorno, perché, se lei avesse letto l'ordine del giorno, in cui c'è chiaramente scritto “nonché sugli ulteriori recenti fatti accaduti a Milano e a Trieste”, il suo intervento le sarebbe risultato ultroneo. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zucconi. Ne ha facoltà.
RICCARDO ZUCCONI(FDI). Grazie Presidente. Molto brevemente, anche a seguito dell'intervento del collega Trano, volevamo far rilevare questa piccola difformità di trattamento, nel senso che sottolineiamo che, in Italia, si possono organizzare e lo Stato ha una risposta molto permissiva e lascia fare, perché non si può intervenire; ci sono annunci preannunciati a una sede di un sindacato e lo Stato analogamente lascia fare, perché non si può intervenire; ci sono fenomeni legati all'immigrazione clandestina e lo Stato lascia fare, perché non si può intervenire per turbare in generale; Ecco, in questo caso, a Trieste, contro dei lavoratori che stavano scioperando, si usano gli idranti . È solo una sottolineatura.
PRESIDENTE. Onorevole Zucconi, lei vuole togliere il piacere all'informativa delle ore 14. Alle ore 14 ci sarà modo di intervenire ampiamente sulla materia e, immagino, ognuno porterà la sua posizione.
PRESIDENTE. Non togliamoci, invece, il piacere di ascoltare l'onorevole Cataldi, con la sua relazione sul provvedimento concernente misure urgenti in materia di crisi aziendali. Prego, onorevole Cataldi.
ROBERTO CATALDI, Credo che oramai noi tutti abbiamo preso confidenza con la parola “crisi”. Non so se sia tanto un'abitudine o una sorta di rassegnazione, ma sicuramente abbiamo cominciato a percepire sulle nostre spalle il problema della crisi economica, già a partire dalla grande crisi del 2008. Oggi questo fenomeno si è ancora acutizzato grazie alla pandemia. Ma in questi anni l'Italia, l'economia dell'Italia, ha subito delle progressive e conseguenti perdite, che hanno riguardato a volte anche delle aree geolocalizzate importanti. Penso, per esempio, alle aree di crisi industriale complessa - ne abbiamo 14 in tutta Italia - e ci sono aree dove, a volte, abbiamo perso addirittura il 50 per cento delle imprese. Penso anche alle aree colpite dal sisma. È come se fossero confluite tante piccole crisi in un'unica grande crisi e ciò ha portato a una situazione davvero drammatica. È come se si fosse formata una grande valanga, che ha lasciato dietro di sé una distruzione, che ha distrutto il tessuto industriale e produttivo. Su questo è chiaro che c'è bisogno urgente di intervenire, ed è qui che vedremo si innesta il senso anche di questo provvedimento. Chiaramente, in un contesto di questo tipo, dove oramai nessun italiano può dire di non sapere cos'è una crisi, perché, se non l'ha vissuta sulla propria pelle, l'avrà vissuta magari indirettamente, perché avrà avuto un familiare o un amico che ha perso il posto di lavoro, un conoscente che ha chiuso la sua impresa, diciamo, quindi, che questa volta la crisi la conosciamo davvero tutti. Si tratterà, quindi, di agire in due ambiti diversi. Sicuramente c'è da prendere delle iniziative, che non sono adesso oggetto di questo decreto, che siano mirate a mettere in campo misure di sviluppo. Pensate che alcuni Paesi lo stanno già facendo e, quindi, si tratterà, forse, anche di dare uno sguardo alle che stanno funzionando. Faccio il solo esempio della Spagna, che, incentivando investimenti produttivi capaci di creare occupazione, ha risollevato il destino economico di aree che erano in grossa difficoltà. Le misure di sviluppo richiedono tempo, quello che invece serviva era una misura salvagente, una misura che potesse davvero dare un aiuto alle imprese ad uscire dalla crisi senza trovarsi coinvolte magari in un fallimento. È proprio questo il senso di un provvedimento che ha anche un grande merito, quello di aver osservato e di aver codificato qualcosa che già in parte esisteva, sia pure in maniera se vogliamo un po' più gretta. Infatti, avvocati e commercialisti spesso hanno dato una mano a queste imprese, ma con mezzi limitatissimi. La mano si dava alle imprese per fare quelli che poi venivano chiamati i concordati stragiudiziali. Quando si fa un concordato stragiudiziale, lo si fa perché non ci sono quei requisiti indispensabili per fare, ad esempio, un concordato fallimentare, quando non si raggiungono certe percentuali. Però, questo strumento così, della prassi, aveva debolezze strutturali importanti. Lei pensi che non c'era innanzitutto un controllo, come ora avviene nello strumento che viene introdotto da questo decreto, perché non c'era l'omologa: avveniva tutto esclusivamente in fase stragiudiziale. Mancava l'esperto. Noi qui abbiamo esperti, che oltretutto sono nominati da un'apposita commissione, che ne garantisce la qualità. Abbiamo anche un altro elemento. Quando si accedeva a una procedura stragiudiziale di trattative con i creditori, succedeva quasi sempre che un solo creditore o due creditori non volessero dare il loro assenso e si creava un problema enorme, perché si rischiava di far fallire l'intera procedura, l'intera trattativa. Oggi, con il sistema del voto, questo non è più possibile, perché la proposta, che sarà comunque, tra virgolette, “garantita” dalla presenza dell'esperto, verrà sottoposta al voto dei creditori. Quindi, non c'è più il rischio di dover poi trovare il modo di sistemare quel creditore, che proprio di accordi non ne vuole sapere. Sicuramente è stato un piacere assistere a un evento de dove ho visto che il provvedimento è stato accolto con grande favore dai tecnici di settore. Quindi, c'è una grossa attesa sugli esiti di questo provvedimento. Si può migliorare, certo tutto si può migliorare. Noi stiamo ancora oggi lavorando su codici che sono del 1943.
Diciamo che il legislatore rimaneggia di continuo le proprie regole, perché il legislatore sa di avere a che fare con un diritto vivente, ed è vivente non soltanto perché c'è l'interprete della legge ma è vivente perché la stessa legge deve tenere conto della casistica, cioè deve tenere conto dell'esperienza; a volte c'è anche bisogno di andare avanti per prove ed errori, tant'è vero che uno degli elementi che introduce questo decreto è dato proprio da una diversa scadenza temporale dell'entrata in vigore, perché si vuole garantire gradualità. Non è possibile stravolgere un sistema così complesso senza prima metterlo alla prova; questo credo che sia un elemento fondamentale. Considerate che ci sono adesso tanti piccoli dettagli tecnici; su questo è stata preparata una nota per l'Assemblea. Vorrei risparmiarvi, quindi, la lettura, perché perderemmo forse troppo tempo e chiedo di essere autorizzato a depositarla, lasciando più spazio, ovviamente, a chi deve partecipare a questa discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva.
È iscritto a parlare il deputato Carelli. Ne ha facoltà.
EMILIO CARELLI(CI). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, in questa sede siamo chiamati a discutere un provvedimento chiave per la ripresa economica del nostro Paese. La centralità del decreto n. 118 del 2021 è dovuta principalmente all'obiettivo che questo provvedimento si propone, cioè di impedire, per quanto possibile, la chiusura delle aziende italiane. Il decreto n. 118, modificando la legge fallimentare, affronta una questione estremamente rilevante: la gestione delle imprese che versano in condizioni precarie, tali da rischiare di divenire insolventi. Le disposizioni contenute nel decreto, infatti, hanno l'obiettivo primario di salvaguardare la sostenibilità economica e finanziaria delle imprese italiane in difficoltà, cercando di evitarne il fallimento e tutelando lavoratori e creditori; un obiettivo pienamente condiviso da Coraggio Italia. Ciò viene fatto attraverso l'istituzione della composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa, delineata nell'articolo 2 del decreto. Tramite questa nuova procedura stragiudiziale, che avverrà in seno alla camera di commercio competente, si vuole, quindi, raggiungere il risanamento di un'impresa quando questa si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario. Chiaramente, tale salvataggio è possibile solo se l'impresa in questione ha le potenzialità necessarie per coadiuvare l'imprenditore nel valutare il contesto in cui versa l'azienda e pianificare il percorso per portarla al risanamento (viene anche inserita la figura di un esperto). È importante sottolineare che l'esperto in questione non prenderà il controllo dell'azienda e non si sostituirà in alcun modo all'imprenditore. L'esperto sarà una figura terza e indipendente, sia dall'impresa che dai suoi creditori, così come definito dall'articolo 4 del decreto. Inoltre, grazie all'articolo 8, nel corso delle trattative viene offerta agli imprenditori una tutela aggiuntiva. Infatti, con l'istanza di nomina dell'esperto, l'imprenditore può dichiarare che, sino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione della composizione negoziata, non si applichino nei suoi confronti gli articoli del codice civile che disciplinano gli obblighi e le cause di scioglimento delle società. Con questo decreto, quindi, siamo ad indicare per le imprese - e, di conseguenza, ai loro lavoratori e ai loro creditori - una strada percorribile in più, prima di arrivare alla chiusura, alla perdita di lavoro, di capitali e di investimenti.
Inoltre, questa modifica alla legge fallimentare evita di esporre l'Italia alla procedura di infrazione prevista dall'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Infatti, con questo decreto la normativa italiana sarebbe in linea con la direttiva europea. Tuttavia, per Coraggio Italia, il decreto n. 118 non è solo una misura necessaria per rispettare la normativa europea; è anche e soprattutto la misura cardine per la ripresa economica del nostro Paese. Senza di esso e senza la procedura di composizione negoziata per la soluzione delle crisi di impresa, abbandoneremmo le nostre aziende in difficoltà in un contesto estremamente sfavorevole. Abbandoneremmo anche tutti quegli investitori che hanno dato fiducia alle imprese italiane; abbandoneremmo, infine, tutti i lavoratori occupati nelle aziende. Pertanto, Coraggio Italia non può che recepire favorevolmente il decreto n. 118 e sostenerlo convintamente sin da subito. Mi scuso per la voce, ma sono molto raffreddato .
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Carelli. Le auguro di guarire presto.
È iscritto a parlare l'onorevole Vinci. Ne ha facoltà.
GIANLUCA VINCI(FDI). Grazie, Presidente. Buongiorno, membri del Governo. Con riferimento all'esame attento di questa norma, partirei dalla lettura del titolo, che è abbastanza esplicito: “Misure urgenti in materia di crisi di impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia”. Allora, chi legge un titolo di questo tipo si aspetta che il Governo intervenga seriamente e che questi provvedimenti riguardino in concreto quello che sta accadendo ormai da un anno e mezzo in Italia a seguito del COVID, cioè che molte imprese sane, purtroppo, stanno vivendo una condizione di crisi. Chi si appresta a leggere un testo di questo tipo è pieno di aspettative che, purtroppo, vengono velocemente disattese. Di che cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di qualche pagina, della norma, in cui il Governo cerca di rimodellare la normativa esistente, una normativa assolutamente vecchia e in nessun modo in grado oggi nel 2021 - ma neanche 10 anni fa - di risolvere il problema delle imprese italiane.
Ci si aspettava un intervento forte e chiarificatore: invece cosa ci troviamo a leggere? Ci troviamo a leggere un aumento di burocrazia, invece di semplificazione, invece di aiuto concreto alle imprese; invece di chiarire, ad esempio, finalmente qual è il concetto di insolvenza nel nostro Paese. Infatti, ricordiamo che nei tribunali si arriva sempre con un'incognita: che cos'è l'insolvenza in Italia. Nessuno, nonostante le nostre sollecitazioni anche con emendamenti, ha deciso di chiarire finalmente che cos'è l'insolvenza. Sembrerà una cosa banale, ma vi posso assicurare che non lo è. Nelle aule di tribunale spesso vengono dichiarate fallite imprese italiane che hanno all'attivo dei crediti nei confronti dello Stato, ma lo Stato non le paga . Allora, il giudice vede che c'è questo credito, ma il concetto di insolvenza gli permette di dichiarare fallita l'impresa anche se ha questi crediti nei confronti dello Stato in grado di coprire tutti i vari debiti della stessa impresa. Allora, non era il caso di chiarire, anche in questo caso, che cos'è l'insolvenza, cioè che un'azienda in Italia non può essere dichiarata fallita se ha dei crediti nei confronti dello Stato? Invece, è stata un'occasione persa anche questa volta .
Poi ci troviamo davanti a un provvedimento che è chiaramente frutto del buonismo e della propaganda elettorale del PD e dei 5 Stelle. Infatti, già nella prima pagina e mezzo si trova che bisogna costituire e creare una piattaforma; dico ciò anche per chi ci ascolta fuori da quest'Aula, perché le piattaforme servono quando sono utili, ma non serve una piattaforma che, in questo caso, possa rilevare e dichiarare gli esperti sul territorio nazionale. È una piattaforma che costerà 700.000 euro, più 200.000 euro di mantenimento tutti gli anni.
Sarebbe e sarà utile capire a chi andrà l'appalto per la creazione e la gestione di questa piattaforma. Da una parte, c'è quindi una spesa e un guadagno per qualcuno che farà questa piattaforma; dall'altra parte, vediamo che ci saranno degli esperti, che fanno parte di un albo, e ci sarà una commissione a livello regionale. Ogni regione, oltre alle province autonome di Trento e Bolzano, avrà una commissione, composta da un magistrato, da un incaricato del prefetto e da un nominato dalla camera di commercio che svolgeranno - e anche qui la cosa sembra abbastanza ridicola e probabilmente anche ingiusta - a titolo totalmente gratuito, senza gettoni, senza rimborsi, senza nulla, la carica di membri di questa commissione.
Teoricamente giustissimo, lavoreranno gratis, non si sa a che titolo, ma con dei compiti molto seri perché questa norma prevede che entro cinque giorni lavorativi dalla richiesta - e la commissione è regionale, quindi ci saranno centinaia di richieste ogni settimana - si dovranno incontrare e dovranno deliberare quale sarà l'esperto che andrà ad affiancare gli imprenditori in tutte queste centinaia di aziende sui territori. Tutto questo credete che verrà fatto agilmente e velocemente a titolo gratuito? Saranno rispettati questi termini, quando si dice a persone, anche preparate, di lavorare completamente gratis e poi si danno loro delle incombenze così stringenti, anche come tempi? Allora, la propaganda è una cosa, lo svolgere bene le mansioni e capire anche il carico di lavoro che ci sarà è tutta un'altra.
Poi si va a vedere questi esperti cosa dovranno fare e, per questo, viene indicata una serie di requisiti che dovranno avere: dovranno essere commercialisti, revisori contabili o avvocati. In quest'ultimo caso, agli avvocati, che sono di serie B rispetto ai commercialisti e agli esperti contabili, è richiesta anche una certa professionalità e la dimostrazione di aver maturato negli anni una esperienza in materia di crisi di impresa, come se gli avvocati non fossero abituati già a gestire questo tipo di situazione. Quindi, commercialisti e revisori contabili potranno accedere subito, gli avvocati, come al solito, c'è da valutarli.
A seguito di questa richiesta di conoscenze tecniche, ci si chiede quale lavoro preciso e magari anche encomiabile dovranno andare a svolgere questi professionisti. Poi, andando a leggere la norma, si evince che di fatto non avranno alcun tipo di potere amministrativo, non avranno alcun tipo di potere di gestione all'interno dell'azienda. Potranno soltanto guardare i bilanci, come potrebbe fare chiunque altro scaricandoli dalla camera di commercio, e nell'arco di sei mesi dovrebbero intavolare e chiudere delle trattative con i vari creditori per fare dei saldi e stralci, degli accordi con i creditori. Allora, a fronte di una serie di richieste che si hanno nei confronti di questi professionisti, che siano persone altamente qualificate, i poteri che si vanno a dare loro in concreto sono del tutto marginali, in quanto viene rilasciata comunque all'imprenditore la piena capacità e gestione dell'azienda, al 100 per cento, e anche, al 100 per cento, la responsabilità del proprio operato. Cosa abbastanza incomprensibile perché si tratta di fatto di un affiancamento che lascia le responsabilità totalmente all'impresa.
Una cosa che nel leggere la norma può sembrare magari marginale, può sembrare un particolare, non lo sarà però per i lavoratori: nel momento in cui dovessero esserci dei provvedimenti che riguardano l'organizzazione interna delle imprese, ci sono dei termini assolutamente ristretti per quello che riguarda i contatti e la gestione del lavoro e dei lavoratori. Nell'arco di cinque ed entro dieci giorni si intavoleranno eventuali discussioni sulla gestione del lavoro interno e i lavoratori dovranno attivarsi entro tre giorni da quando ricevono la richiesta di modifica dell'organizzazione interna o del lavoro, altrimenti decadono. La norma sul punto non è chiarissima. L'unica cosa che si capisce è che, mentre tutti gli altri possono gestire con una certa tranquillità e in termini medio-lunghi la crisi dell'impresa, per quello che riguarda la modifica dal lato dei lavoratori tutto potrà essere fatto molto velocemente e senza tanto coinvolgimento degli stessi, che si dovranno attivare - ricordiamo che di lavoro questi lavoratori fanno altro e, quindi, non sono dei tecnici - altrimenti decadranno perché si darà per appurata la modifica fatta e anche accettata. Insomma, un paio di righe che in un provvedimento come questo si potevano anche evitare. Si sarebbe fatta miglior figura perché ci potrebbero essere anche dei risvolti pratici molto gravi nella vita degli italiani coinvolti da questo provvedimento, che sicuramente non riterranno questo provvedimento risolutivo della loro situazione in quanto, da una parte, gli imprenditori avranno comunque le mani legate e, dall'altra parte, i lavoratori potranno avere delle conseguenze anche gravi dal far scadere questi termini ristrettissimi per opporsi a questa modifica interna.
Vorrei anche sottolineare come ci siano in tutto il provvedimento richiami del tutto inutili e che portano soltanto a creare una ridondanza sul fatto che questo provvedimento sicuramente risolverà le cose. In un provvedimento, in una legge, si può anche evitare di scrivere che l'imprenditore gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori e restano ferme le responsabilità dell'imprenditore. Si può anche evitare di inserire una serie continua di richiami ai creditori, dove si dice che i creditori sollecitamente dovranno rispondere e gli istituti di credito dovranno immediatamente partecipare alle trattative. Tutte cose che, oltre a non essere assolutamente precise e cadenzate, hanno anche il problema di non avere alcun tipo di sanzione nel caso in cui questo non accada.
Come anche una norma aggiuntiva che dice che il professionista che lavorerà all'interno o, comunque, che sosterrà l'impresa nei due anni successivi non potrà svolgere lavoro per questa impresa nel caso in cui poi sarà risanata o altro. Non si capisce per quale motivo un professionista che aiuti l'impresa ad uscirne non debba più dare una mano se ha veramente aiutato a risanare questa impresa e, d'altra parte, non c'è alcuna norma che imponga una sanzione al professionista che lo faccia.
Quindi, si tratta di poche pagine ma che, all'interno, hanno, oltre che contraddizioni e grossi buchi, molte disposizioni che sembrerebbero vincolanti ma che, in realtà, non lo sono perché sono del tutto generiche oppure non comportano alcun tipo di sanzione. Il pericolo concreto che c'è con questa normativa, e che, in parte, ritengo che chi al Ministero ha provato a buttar giù queste poche pagine abbia in qualche modo compreso, è la possibilità che l'attivazione di una procedura come questa comporti da parte degli istituti di credito, ma anche dei creditori, un allarmismo e, quindi, una chiusura delle linee di credito o un'interruzione dei contratti di fornitura. Questo sì che comporterebbe per un'azienda che è in bilico un pericolo concreto e, quindi, danni gravissimi perché si arriverebbe alla chiusura. Ritengo che le misure previste in questa norma, che sono la pubblicazione immediata alla camera di commercio della nomina e del di un professionista incaricato, senza indicare i dati dell'imprenditore, non siano sufficienti a garantire per l'impresa che queste conseguenze negative non ci siano.
Non si capisce cosa si debba pubblicare: il del professionista e l'assegnazione di questo incarico in un'impresa, senza indicare qual è l'impresa. Perché, con una metodologia di questo tipo, se qualcosa viene pubblicato, magari lo scoprono i giornali e il giorno dopo apprendiamo dai giornali - e lo apprendono anche le banche e i creditori - qual è quell'azienda in cui il professionista è stato incaricato. Quindi, ci sono dei buchi e c'è una pubblicità, perché sicuramente una parte della maggioranza avrà urlato “bisogna pubblicizzare, bisogna pubblicizzare” e un'altra parte avrà cercato di comprendere le esigenze delle imprese di non dare ampia visibilità ad una situazione di possibile insolvenza dell'impresa. Però, questa soluzione di mezzo trovata dalla norma, dove si pubblica ma non si pubblica tutto, sembra veramente più oggetto di una lotta tra partiti, che qualcosa che possa risolvere la crisi nel nostro Paese.
Vi è poi un altro punto che abbiamo cercato di sottolineare, cioè l'impossibilità per alcune aziende, per delle Srl, per alcune società cooperative, di nominare al proprio interno degli organi di controllo, perché comunque questi organismi hanno un certo costo e, soprattutto, negli anni si è anche vista la poca efficacia nel risolvere o nel denunciare prontamente situazioni di insolvenza. Il Governo va avanti e insiste nell'ampliare ancora numericamente le aziende sottoposte a questi organismi di controllo interno, che comporteranno costi aggiuntivi e magari qualche prebenda data in giro. Chiedevamo di inserire ulteriori requisiti per l'obbligatorietà e, quindi, ridurre la platea di queste imprese, il Governo si è rifiutato. L'unica cosa nella quale questo Parlamento, però, è sempre bravo è nel rinviare le decisioni, quindi c'è stata una proroga per quello che riguarda l'obbligatorietà della costituzione degli organismi interni, quindi collegati soltanto all'esercizio 2022, non più 2021, dunque siamo sicuri che questa volontà continua del Governo di posticipare, magari successivamente, anche con un provvedimento “Milleproroghe”, porterà ad un affievolirsi di queste esigenze e magari ad una volontà di cambiare, in futuro, con un'altra maggioranza, questa disposizione
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bisa. Ne ha facoltà.
INGRID BISA(LEGA). Grazie, Presidente. Membri del Governo, onorevoli colleghi, oggi in quest'Aula approda la conversione in legge del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, recante misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia. Quindi si parla di crisi d'impresa, ma non solo, si parla anche del settore della giustizia, che si inquadra ovviamente in un disegno più ampio, che riguarda la riforma del processo civile (già approvata al Senato, la Commissione giustizia alla Camera inizierà il suo esame a breve), la riforma del processo penale (che è stata licenziata da entrambi i rami del Parlamento), la riforma della giustizia tributaria e dell'ordinamento giudiziario (che sono in arrivo). È necessario - lo sappiamo - adeguare il nostro ordinamento alla direttiva (UE) 2019/1023. Il quadro generale va tenuto presente, innanzitutto perché abbiamo un rinvio sull'entrata in vigore del codice del diritto d'impresa al 16 maggio 2022. Questa data non è scelta a caso, ma tiene conto, appunto, del recepimento della direttiva a cui facevo riferimento prima. I meccanismi di allerta entreranno in vigore dal 31 dicembre 2023. Gli imprenditori onesti, ma insolventi o sovraindebitati devono poter beneficiare di una seconda opportunità, mediante anche l'esdebitazione dopo un ragionevole periodo di tempo e di conseguire una maggiore efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, anche attraverso la riduzione della loro durata.
Nel settore della giustizia gli interventi in materia di procedura di insolvenza vanno necessariamente inquadrati in quel contesto europeo a cui prima mi riferivo. Lo stesso Consiglio d'Europa, nelle annuali raccomandazioni, che sovente anticipano ogni anno, in particolare della II Commissione, ha sollecitato l'Italia a ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio e anche, ovviamente, dei procedimenti penali. Il problema della durata dei processi è una tematica di cui sentiamo parlare ormai da un po' di tempo in quest'Aula. Lo stesso PNRR individua nella lentezza della realizzazione di alcune riforme strutturali un limite potenziale di crescita del nostro Paese. Per raggiungere questi obiettivi, quindi, gli ambiti di intervento prioritari riguardano anche la modifica del codice di insolvenza.
Veniamo al decreto-legge in conversione, che si compone di 29 articoli. Innanzitutto, come sopra accennavo, viene rinviata l'entrata in vigore del codice della crisi di impresa e di insolvenza, ad eccezione delle disposizioni di cui al titolo II della parte prima del codice concernenti le procedure di allerta e la composizione assistita della crisi innanzi all'organismo preposto, per le quali l'entrata in vigore è fissata al 31 dicembre 2023. Le Commissioni al Senato hanno provveduto a un'integrale sostituzione dell'articolo 3. Rispetto al testo originale il nuovo articolo prevede numerose innovazioni, a cominciare dal potenziamento della piattaforma telematica. Nella nuova formulazione, essa è gestita dal sistema delle Camere di commercio, dell'industria, dell'artigianato e dell'agricoltura, per il tramite di Unioncamere e sotto la vigilanza del Ministero della Giustizia e del Ministero dello Sviluppo economico. Essa, inoltre, rende disponibile anche un protocollo di conduzione della composizione negoziata. Si prevede, altresì, esplicitamente di adeguare la lista di controllo anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese. Anche le procedure vengono migliorate, ad esempio rendendo più flessibile il ricorso a commercialisti ed esperti contabili, prevedendo un coinvolgimento maggiore degli ordini professionali di appartenenza dei rispettivi professionisti e dando maggiore flessibilità temporale al segretario generale della Camera di commercio nella comunicazione alle Commissioni. Viene, infine, data maggiore importanza all'esperienza formativa dei professionisti nelle materie rilevanti. Viene introdotta, quindi, la disciplina della procedura di composizione negoziata della crisi, nuovo istituto volontario cui si accede tramite un'istituenda piattaforma telematica nazionale. Viene offerto all'imprenditore l'affiancamento di un esperto terzo e indipendente, per agevolare in maniera riservata le trattative con i creditori. Il decreto-legge disciplina nel dettaglio le possibili soluzioni adottabili in esito alla procedura, provvedendo, tra le altre, nel caso di mancata individuazione di una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi, la possibilità per l'imprenditore di presentare una proposta di concordato per cessione di beni, unitamente al piano di liquidazione: il cosiddetto concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio.
Con le modifiche all'articolo 4, vengono rafforzati i requisiti di indipendenza delle persone che svolgono incarichi nelle procedure previste dal decreto-legge in esame. Gli esperti non possono, infatti, intrattenere rapporti professionali con l'imprenditore se non sono decorsi almeno due anni dall'archiviazione della composizione negoziata e devono risultare terzi rispetto a tutte le parti. Vengono apportati ulteriori miglioramenti. Innanzitutto, viene riformata la norma sulla non necessaria attestazione della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano di risanamento. L'imprenditore, inoltre, può proporre la domanda di concordato semplificato solo all'esito delle trattative. Infine, si introduce una norma specifica per le imprese agricole, le quali possono, in alternativa alle soluzioni proposte, accedere alle procedure di accordo di ristrutturazione dei beni o di liquidazione dei beni, disciplinati dagli articoli 7 e 14 della legge 27 gennaio 2012, n. 3. Vengono introdotte, poi, alcune misure e agevolazioni fiscali derivanti dal ricorso alla composizione negoziata da parte dell'imprenditore in crisi. Vengono apportate una serie di modifiche alla legge fallimentare, con l'anticipazione di alcuni strumenti di composizione negoziale previsti dal codice della crisi. Viene disposto un aumento di 20 unità del ruolo organico del personale della magistratura ordinaria, al fine di garantire che l'attuazione della normativa europea relativa alla procura europea, in virtù della quale sono stati attribuiti a 20 magistrati le funzioni di procuratore europeo delegato, non privi di magistrati le procure delle della Repubblica.
Vengono recate misure volte ad accelerare, attraverso il ricorso alla digitalizzazione, le procedure di pagamento degli indennizzi per equa riparazione, in caso di violazione del termine di ragionevole durata del processo e delle altre somme dovute sulla base di titoli giudiziari; viene introdotta una disciplina derogatoria, valida solo per l'anno 2021, in materia di assegnazione delle risorse del Fondo unico giustizia, prevedendo la riassegnazione immediata delle quote versate all'entrata del bilancio dello Stato nel 2020 agli stati di previsione dei Ministeri della Giustizia e dell'Interno.
Questo, in sintesi, il contenuto del provvedimento, relativo, come abbiamo visto, non solo alla materia della crisi di impresa, ma anche a implementare, sia come organico sia sotto l'aspetto della digitalizzazione, quella giustizia che deve essere messa in condizione di poter rispondere alle esigenze dei cittadini, che sempre più chiedono una giustizia giusta e in tempi celeri .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Saitta. Ne ha facoltà.
EUGENIO SAITTA(M5S). Grazie, Presidente. Membri del Governo, sottosegretaria Anna Macina, colleghi deputati e deputate, interveniamo oggi in quest'Aula per la conversione del decreto-legge n. 118 del 2021, che ha a oggetto misure urgenti in materia di crisi di impresa e di risanamento aziendale, una materia che già abbiamo affrontato in quest'Aula, infatti voglio ricordare la legge n. 155 del 2017 - che rispondeva alla raccomandazione n. 3 del 2017 del Consiglio europeo -, poi, attuata con il decreto legislativo n. 14 del 2019 che, in parte, è già entrato in vigore. Oggi, quindi, abbiamo la conversione del decreto-legge n. 118 del 2021, che risponde alla direttiva (UE) 2019/1023, riportata all'interno degli allegati del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il decreto-legge ha ad oggetto l'intento di fornire alle imprese in difficoltà nuovi strumenti per risolvere l'insorgenza di situazioni di crisi e per affrontare e risolvere tutte quelle situazioni di squilibrio economico nel momento in cui, però, questo squilibrio economico dell'azienda non è tale da essere irreversibile e, quindi, di offrire strumenti di composizione delle crisi stragiudiziali che permettano di evitare l'insorgenza di una crisi irreversibile per l'azienda. In un contesto socio-economico come quello che stiamo vivendo, questo è un provvedimento molto importante: sappiamo bene che la pandemia non è solamente una crisi sanitaria, ma è anche una crisi economico-sociale, che ha aggravato la situazione delle imprese e, quindi, una normativa che abbia ad oggetto proprio l'affrontare eventuali campanelli d'allarme prima che degenerino in una crisi irreversibile è oggi quanto mai attuale.
In particolare, volevo sottolineare, da un lato, la procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa, che è contenuta e disciplinata dall'articolo 2 all'articolo 19. Si tratta, appunto, di uno strumento di carattere stragiudiziale, per mezzo del quale all'imprenditore in difficoltà si affianca un esperto che gli consente la possibilità della ristrutturazione del debito e, quindi, di agevolare i concordati nei confronti dei creditori. Sono, inoltre, previste, e ciò è molto importante, anche premialità e agevolazioni di natura fiscale, all'articolo 14; ancora, agli articoli 6 e 7 vi è la possibilità di richiedere misure protettive del patrimonio: quindi, in pendenza di un tentativo di procedura di composizione negoziata è preclusa la possibilità, da parte dei creditori, di avere sentenze di fallimento o di stato di insolvenza, fino, appunto, alla conclusione delle trattative. Inoltre, ricordo la previsione dell'articolo 11, comma 3, secondo cui nel caso di mancata individuazione di una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi di impresa, l'imprenditore potrà avvalersi, oltre che delle classiche procedure concorsuali di cui alla normativa del 1942, anche della presentazione di una proposta di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio.
Come MoVimento 5 Stelle, abbiamo sostenuto fortemente l'approvazione e la conversione di questo decreto-legge, perché, oggi più che mai, bisogna dare un segnale soprattutto a quelle imprese e a quegli imprenditori che si trovano in difficoltà e hanno, anche loro, diritto a una seconda possibilità.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Mirella Cristina. Ne ha facoltà.
MIRELLA CRISTINA(FI). Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo a esaminare interviene in una situazione di diffusa e grave crisi economica, strettamente connessa alla pandemia del COVID-19. Questo disegno di legge prevede la conversione del decreto-legge n. 118 del 2021 e costituisce un nuovo, concreto strumento a disposizione delle imprese in difficoltà per affrontare e risolvere le situazioni di squilibrio economico-patrimoniale, situazioni nate da uno economico senza precedenti, con potenziali impatti molto rilevanti sull'occupazione e sulla dotazione di capitale delle imprese. Una situazione di crisi affrontata immediatamente da questo Governo del fare competente, che va a fornire, così, nuovi ed efficaci strumenti nell'ambito di una nuova e più flessibile cornice normativa, al fine di evitare che le aziende in sofferenza cadano in uno stato di insolvenza, così creando una dell'intero sistema Paese.
Questa situazione post-pandemica costringe a rivedere ciò che è alla base del cosiddetto codice della crisi di impresa, codice nato in un contesto economico ben diverso dall'attuale. Nell'odierno contesto, non si deve sottacere che sono proprio le piccole e medie imprese a essere quelle più colpite dalla crisi, che le ha private, soprattutto, della loro liquidità. È, quindi, evidente che, oggi, alcune norme devono essere riviste con assoluta urgenza, e proprio il decreto-legge al nostro esame è quello che deve meglio adeguarsi e deve adeguare i propri istituti innovativi alla direttiva europea “Insolvency”, ovvero la direttiva (UE) 2019/1023 e, per tale ragione, l'articolo 1 prevede l'entrata in vigore del codice della crisi d'impresa al 16 maggio 2022. Gli istituti previsti sono atti a garantire la continuità aziendale, evitando che le imprese in crisi incorrano nelle tradizionali soluzioni che conosciamo, che derivano dalla nostra legge fallimentare, più volte modificata, e che sono il fallimento e le procedure concorsuali. Viene, infatti, introdotto l'istituto della composizione negoziata volontaria della crisi.
Presidente, questi imprenditori e le loro attività sono da sempre all'attenzione di noi di Forza Italia, in quanto architravi della struttura produttiva italiana. Pensate che il nostro Paese è , tra i maggiori Paesi dell'Unione europea, per rilevanza dell'occupazione delle PMI, con circa il 78,7 per cento degli addetti delle imprese; sono quelle aziende che producono beni e servizi di alta, altissima qualità che permettono all'Italia di essere fra i maggiori Paesi esportatori nel mondo. Non possiamo permetterci, dunque, di dissipare questa enorme risorsa, che funge da volano, come anche quella delle imprese di maggiori dimensioni.
Per tali motivi, noi di Forza Italia condividiamo a pieno l'iniziativa del Governo di aver introdotto strumenti che possano aiutare a risolvere i problemi delle imprese, problemi che non potevano essere affrontati con gli ordinari istituti della legge fallimentare.
Lo strumento di maggiore impatto, come dicevo prima, è, senza dubbio, il nuovo istituto della composizione negoziata per la risoluzione della crisi di impresa, il cui obiettivo è quello di superare la situazione di squilibrio prima che si arrivi all'insolvenza. Si tratta di una procedura stragiudiziale, che interviene appunto prima che si verifichi lo stato di insolvenza, a cui partecipa un esperto che affianca, senza sostituirlo, - e questo è importantissimo - l'imprenditore, ciò a garanzia dei creditori e delle altre parti interessate.
In tale articolato contesto, credo che un ruolo di precipua rilevanza sia ricoperto dalla figura dell'esperto prevista da questo decreto, figura finalizzata ad aiutare le imprese in crisi. Non c'è alcun dubbio che l'esperto debba avere requisiti di riservatezza, professionalità e imparzialità, congiuntamente a quello di garante della giusta ed esatta applicazione del diritto; deve avere autorevole capacità di sviluppare - su richiesta dell'imprenditore in crisi - un progetto che serva alla gestione imprenditoriale in vista del superamento della crisi finanziaria in cui si trova e della salvaguardia dell'occupazione.
L'articolo 1 contiene anche un importante ulteriore rinvio, che è quello al 31 dicembre 2023, del Titolo II sulle misure di allerta; ciò per sperimentare giustamente l'efficacia della composizione negoziata e rivedere eventualmente i meccanismi di allerta, contenuti nel codice della crisi di impresa, con anche un aumento organico della magistratura ordinaria, al fine di assicurare adeguata attuazione ad una cooperazione rafforzata nell'ambito della procura europea, conservando le risorse del personale di magistratura presso gli uffici della procura della Repubblica individuati come sede di servizio dei procuratori europei delegati.
Dobbiamo menzionare, a questo punto, l'articolo 24, che prevede un aumento del personale di magistratura ordinaria di 20 unità, con concorso del 2021 ed assunzione nel 2022.
Sotto tutti questi aspetti, il lavoro del Parlamento ha sicuramente migliorato il testo originario del decreto. Ciò che deve essere chiaro è che l'attività dell'esperto - che è una prestazione di mezzi, ricordiamolo, e non di risultato - non deve portare sempre e comunque alla salvezza dell'azienda. Questo è un decreto che deve e vuole rendere un servizio all'impresa in crisi e al Paese stesso e non un'autorizzazione di spesa di risorse pubbliche, se il loro impiego non è utile allo scopo. Questa è la logica che noi dobbiamo chiarire con i nostri interventi in Aula, è l'interpretazione della norma, perché la norma vive non solo di quello che ivi è scritto, ma anche di come è interpretata da coloro che l'hanno scritta - la famosa della norma - e noi l'abbiamo scritta per rendere un servizio al Paese.
In questo momento di difficoltà, vogliamo dare un effettivo ausilio all'impresa, ma nello stesso tempo anche un contributo che sia tale da non disperdere denaro inutile, al fine di realizzare il massimo dell'occupazione possibile e superare le difficoltà del momento.
I molteplici interventi a sostegno delle aziende, messi a disposizione dallo Stato durante questa pandemia, hanno permesso di mitigare, almeno in parte, le difficoltà create alle imprese dall'emergenza sanitaria. Oggi ci stiamo avviando verso la normalità, normalità che però è caratterizzata da profondi mutamenti del tessuto socio-economico. Gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza ci permetteranno di uscire da questa crisi con rinnovato impegno e capacità. Non possiamo permetterci il lusso, in questa fase, di perdere pezzi importanti del tessuto produttivo del Paese ed è in questa logica che interviene questo decreto.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza fornirà grandi opportunità per l'ammodernamento dei sistemi produttivi, per una migliore utilizzazione delle risorse, per lo sviluppo di tutto il territorio del Paese, in particolare di quelle aree storicamente trascurate per la piena valorizzazione di tante risorse naturali, turistiche ed umane, fino ad oggi poco valorizzate. Stiamo ponendo le fondamenta della ripresa economica e solide basi per lo sviluppo del futuro, ripresa e sviluppo che produrranno molteplici benefici. La sfida del futuro è far sì che questi benefici possano essere ripartiti in tutte le aree del Paese a imprese e lavoratori, protagonisti attivi dell'economia italiana.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Hanno facoltà di replicare il relatore e la rappresentante del Governo, che si riservano di intervenire successivamente.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 1494-A: Delega al Governo per la riforma della disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
La X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, il collega Diego Zardini.
DIEGO ZARDINI, . Grazie, Presidente e colleghi. La proposta che oggi è all'esame dell'Assemblea, di iniziativa del deputato Benamati, reca una delega legislativa che ha ad oggetto la riforma organica della disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, di cui al decreto legislativo n. 270 del 1999, la cosiddetta legge Prodi- e la cosiddetta legge Marzano.
L'esigenza di tale riforma discende, in primo luogo, dalla necessità di dare ordine alla normativa specificatamente dedicata all'insolvenza delle realtà imprenditoriali di grandi dimensioni, anche a causa del susseguirsi nell'ultimo decennio di una serie di interventi legislativi finalizzati all'introduzione di modifiche e di varianti rispetto all'originario impianto del decreto legislativo n. 270 del 1999.
Sotto altro profilo, in sede di unificazione dei modelli procedurali, si è ritenuto di favorire l'accesso all'amministrazione straordinaria e di estendere il perimetro applicativo della relativa normativa attraverso la riduzione dei requisiti dimensionali e l'ampliamento dei soggetti legittimati a richiedere l'avvio della procedura.
Ricordo che il testo originariamente presentato dalla proposta di legge in esame riproduceva il testo del disegno di legge S. 2831, approvato alla Camera nella XVII legislatura, il cui iter, però, non si era concluso al Senato.
Prima di passare a descrivere più analiticamente i contenuti della proposta, riassumo brevemente l'iter seguito in Commissione. Infatti, il provvedimento è stato assegnato alla X Commissione il 24 giugno del 2020, poi è iniziato l'esame in luglio e si è arrivati, via via, dopo un breve ciclo di audizioni, sostanzialmente al voto con cui mi hanno dato il mandato a riferire all'Aula; quindi insomma siamo arrivati, dopo anche una serie di osservazioni della V Commissione - che ha dato un parere favorevole con una condizione che garantisse il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione - e alcune osservazioni del Comitato per la legislazione al testo che è arrivato in Aula.
Sostanzialmente, all'articolo 1, si delinea quello che è l'oggetto della delega del Governo, ovvero la riforma organica della disciplina dell'amministrazione straordinaria e la procedura per il suo esercizio.
Nell'articolo 2, si dettano i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della delega da parte del Governo, esercitata in coerenza con i principi generali che regolano la crisi d'impresa e l'insolvenza, in quanto compatibili. Il comma 1 contiene, infatti, un'articolata serie di principi e di criteri direttivi della delega. L'intento principale è quello di creare una procedura unica di amministrazione straordinaria con finalità conservative e finalizzata alla regolazione dell'insolvenza di singole imprese, ovvero dei gruppi. Resta ferma la cosiddetta struttura bifasica della procedura, secondo la quale il tribunale dispone l'ammissione del debitore all'amministrazione straordinaria, previa verifica dei presupposti, fra i quali in particolare le prospettive di recupero dell'equilibrio economico dell'attività imprenditoriale.
In tale quadro, si si inseriscono diversi profili innovativi. Con riferimento ai profili dimensionali dell'impresa e dei gruppi nelle imprese singole, il numero di dipendenti è stato stabilito in 250 e in complessivi 800, in caso appunto si trattasse di gruppi di più imprese. Il requisito dimensionale, inoltre, è stato affiancato - come concetto di grande impresa - non solo al numero degli occupati, ma è anche stato quantificato sulla base della media del volume d'affari degli ultimi tre esercizi.
Accanto alle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico, è stata altresì introdotta l'esigenza di salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione, sia diretta che indiretta. Ulteriori profili innovativi attengono all'attribuzione della competenza sulla procedura dell'amministrazione straordinaria, che è stata data alle sezioni speciali in materia di impresa presso i tribunali delle corti d'appello all'esito di un'istruttoria che è incentrata sulla massima celerità, nonché sulla necessità di disciplinare l'operatività di misure protettive analoghe a quelle previste per il concordato preventivo.
Uno dei punti qualificanti della nuova disciplina è l'istituzione presso il MiSE dell'albo dei commissari straordinari per l'amministrazione delle grandi imprese in crisi, attraverso anche una serie di requisiti come la specifica esperienza, almeno quinquennale, nella gestione di crisi di impresa. Il Governo dovrà provvedere, nel rispetto dei criteri di trasparenza ed efficienza, con periodicità almeno triennale, all'aggiornamento dell'albo. Inoltre, è stata inserita la specificazione dei criteri e delle modalità di remunerazione del commissario o dei commissari nei casi di particolare complessità, attraverso anche un'analisi dell'efficienza e dell'efficacia dell'opera prestata.
Altro criterio di delega attiene alla rivisitazione della procedura del cosiddetto accesso diretto, che era previsto dalla legge Marzano. Quindi, chiederò poi al Presidente di consegnare la relazione completa, che va anche a dettagliare meglio molti altri aspetti, vorrei sostanzialmente evidenziare come, all'interno della Commissione, sia stato fatto un lavoro molto completo, anche con tutti i gruppi che erano presenti in Commissione, e che questo è stato un punto qualificante. Mi auguro che anche in quest'Aula possa essere fatto un lavoro similare di condivisione e collaborazione da parte di tutti per la veloce approvazione di un importante testo di legge, che va a completare il codice della crisi di impresa per questo profilo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva.
È iscritta a parlare la deputata Scanu. Ne ha facoltà.
LUCIA SCANU(M5S). Grazie Presidente. Il provvedimento che abbiamo oggi in discussione rappresenta un tassello importante in materia di regolamentazione delle crisi di impresa e di risanamento aziendale. Il periodo di emergenza pandemica ha ampliato il fenomeno delle crisi delle grandi imprese, mettendo in luce una normativa non sempre adeguata a favorire l'accrescimento economico e il mantenimento dei livelli occupazionali. In questo settore, infatti, occorrono strumenti utili a leggere in maniera preventiva i segnali di staticità o di andamento negativo dei flussi di cassa, cercando di evitare problemi di liquidità, difficoltà nell'accesso al credito e perdita di fiducia degli aziendali. Nei casi più gravi, la crisi d'impresa è destinata a sfociare nell'insolvenza, ovvero l'incapacità di soddisfare regolarmente le obbligazioni e ciò rappresenta una condizione permanente di squilibrio patrimoniale irrimediabile, senza il benestare, da parte dei finanziatori, di rinunciare alla riscossione immediata dei crediti loro spettanti.
Il cortocircuito tra crisi aziendale e aggressività delle pretese creditorie spesso conduce alla chiusura delle attività economiche, con un inevitabile danneggiamento del tessuto produttivo e la conseguente perdita di posti di lavoro. Queste linee di criticità sono state affrontate in maniera organica dal provvedimento in questione, che si ispira alla direttiva 2019/1023/UE, con l'obiettivo principale di garantire alle imprese e agli imprenditori sani, che sono in difficoltà finanziarie, la possibilità di accedere a quadri nazionali efficaci in materia di ristrutturazione preventiva. L'obiettivo è quello di consentire alle grandi imprese di continuare ad operare ed agli imprenditori onesti, insolventi o sovraindebitati, di poter beneficiare di una seconda opportunità attraverso strumenti volti ad evitare gli effetti più drastici delle procedure fallimentari.
Con il provvedimento di delega legislativa per la razionalizzazione della disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, si è cercato di evitare soluzioni liquidatorie che non tenessero conto dei rilevanti interessi, privati e pubblici, alla conservazione e al risanamento dell'impresa. Contrariamente alle procedure concorsuali tradizionali, la cui funzione era invece quella di tutelare l'interesse privato dei creditori a soddisfarsi sul patrimonio dell'imprenditore fallito, le misure contenute nel provvedimento puntano a produrre un effetto conservativo dell'attività di impresa. La è che l'impresa, seppure in crisi, deve continuare ad operare sul mercato piuttosto che essere eradicata nel mercato tramite procedure meramente liquidatorie.
La necessità di una riforma organica della disciplina dell'amministrazione straordinaria, di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e successive modificazioni, è diventata oramai improrogabile. In un quadro economico colpito dalla pandemia, non si può infatti fare a meno di provvedimenti volti a fornire concrete prospettive di recupero e di riequilibrio economico delle attività imprenditoriali insolventi. Resta centrale il tema del sostegno all'esigenza di salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione diretta e indiretta. Si tratta di una legge delega accolta con favore dagli addetti ai lavori, perché può portare alla razionalizzazione e alla sistematizzazione di una normativa attualmente frammentata in differenti provvedimenti, che, all'atto pratico, si sono rivelati non adeguatamente efficaci e che erano nati proprio in occasione delle crisi delle grandi imprese italiane.
Venendo al contenuto, il provvedimento ha come oggetto la riforma organica della disciplina dell'amministrazione straordinaria e l'indicazione al Governo dei principi e dei criteri direttivi di delega. Essi riguardano, in primo luogo, una procedura unica di amministrazione straordinaria con finalità conservative, finalizzata alla regolazione dell'insolvenza di singole imprese, ovvero di gruppi di imprese. Il provvedimento è dedicato alle imprese singole che hanno un minimo di 250 dipendenti e di 800 complessivi, in caso di contestuale richiesta di ammissione alla procedura di più imprese del gruppo. La novità è che, accanto alle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, è stata altresì introdotta l'esigenza di salvaguardia delle continuità produttive e dell'occupazione diretta e indiretta. Per garantire la celerità della procedura, è stata attribuita la competenza alle sezioni specializzate in materia di impresa, presso i tribunali che sono sede di corte d'appello.
Punto qualificante della nuova disciplina è altresì quello concernente l'istituzione presso il MiSE e la disciplina dell'albo dei commissari straordinari per l'amministrazione delle grandi imprese in stato di insolvenza, per l'iscrizione al quale sono predeterminati i requisiti di indipendenza, professionalità, onorabilità e trasparenza. In particolare, nel criterio di delega, sono stati indicati vari requisiti necessari per la nomina a commissario, tra i quali l'assenza di conflitti di interesse, l'iscrizione nell'albo dei dottori commercialisti, avvocati o consulenti del lavoro, con specifica esperienza almeno quinquennale in gestione di crisi di impresa. Sono altresì specificate le modalità con le quali il Ministro dello Sviluppo economico deve procedere alla nomina del commissario straordinario, al quale sono attribuite l'amministrazione e la rappresentanza dell'impresa insolvente. Il testo contiene, infine, un principio delega, in base al quale il Governo deve prevedere l'applicazione dei criteri ispiratori della disciplina, di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sostituendo il termine: “fallimento”, con: “liquidazione giudiziale”.
In sede di esame del provvedimento sono state accolte diverse proposte emendative, presentate dal MoVimento 5 Stelle, che hanno migliorato il testo, tra le quali l'esclusione dall'applicazione per le aziende che sono soggette a confisca per ragioni di mafia e l'introduzione di alcuni casi di incompatibilità dell'incarico di commissario.
Questi, in sintesi, i punti di un provvedimento che affronta la materia in un'ottica proattiva, quanto mai opportuna nel momento storico che stiamo vivendo. Ricordiamo anche che, collegato in parallelo a questo tema, c'è anche quello della composizione negoziata per la soluzione delle crisi delle imprese meno grandi, comprese quelle agricole, oggetto del decreto-legge n. 118 del 2021, in votazione in questi giorni. C'è, quindi, la massima attenzione per il settore delle attività produttive, la cui spina dorsale - ricordiamolo - è costituita dalle tante imprese italiane che noi abbiamo il dovere di sostenere, per liberarle dalle difficoltà in cui stanno vivendo
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Toma l'onorevole. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO DE TOMA(FDI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, quest'oggi siamo qui a discutere sulla nuova proposta di legge delega, sul tema dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, proposta dal collega Benamati, che ripropone, a distanza di cinque anni dal progetto di legge A.C. 3671, la razionalizzazione e la sistematizzazione della normativa specificatamente dedicata all'insolvenza delle realtà imprenditoriali di grandi dimensioni. Vorrei riprendere le parole pronunciate nel suo intervento, dall'allora Ministro dello sviluppo economico, Patuanelli, nel 2019: non posso dire che sia un piacere venire a riferire su situazioni di crisi aziendali e sui tavoli di crisi al Ministero. Credo che nessun Ministro dello Sviluppo economico sia contento quando si apre un tavolo.
Ecco, signor Presidente, non lo siamo neanche noi del gruppo di Fratelli d'Italia , che da sempre ci battiamo affinché le imprese italiane restino con le serrande aperte, perché quando una di queste si abbassa è un pezzo dell'economia italiana che muore. Da quel lontano 20 novembre, in cui si auspicavano soluzioni alle crisi, anche con riferimento ai tavoli più emergenziali, come l'ex Ilva e l'ormai compianta compagnia di bandiera Alitalia, le cose sono solo peggiorate (lo sappiamo bene, ma affronteremo ciò più avanti); pare, piuttosto, che la linea seguita sia stata quella di non parlarne più. L'auspicio è che la proposta di legge delega sia finalmente risolutiva, a differenza di tutti i provvedimenti che, nel corso di questi anni, si sono stratificati, creando un complesso e confusionario quadro normativo che, all'atto pratico, non è stato determinante nella risoluzione delle gravi crisi aziendali, oltre a non tener conto del mutato e difficile contesto socio-economico, scaturito all'esito della pandemia.
L'attuale regolamentazione della procedura di amministrazione straordinaria è articolata su una disciplina base, contenuta nella legge Prodi-, il decreto n. 270 del 1999, e su una speciale, contenuta nella legge Marzano, il decreto n. 347 del 2003. Le 2 leggi prevedono discipline diversificate tra loro per l'accesso alla procedura e ne circoscrivono l'accesso a determinati requisiti di carattere dimensionale ed economico-finanziario. Come detto poc'anzi, il quadro normativo citato, negli anni, è stato oggetto di una serie di interventi legislativi disorganici, il cui risultato finale è stata una procedura complessa, inadeguata e inefficace per la tutela di tutti gli interessi dei soggetti coinvolti, tra cui la tutela del ceto creditorio, la salvaguardia del valore di avviamento e dei livelli occupazionali, tutti elementi essenziali per garantire e sostenere la continuità aziendale, senza dimenticare l'interesse vantato dai creditori. Oltre alle concrete e tangibili prospettive di continuità aziendale, la proposta di legge, ai fini dell'accesso alla procedura, richiede un requisito quantitativo rappresentato da un profilo dimensionale da quantificare sulla media del volume degli affari degli ultimi 3 esercizi dell'impresa, oltre che da un numero di dipendenti pari ad almeno 250 unità per la singola impresa e a 800 per le imprese appartenenti al medesimo gruppo. Rispetto alla normativa attuale, si vuole innalzare la soglia del numero dei dipendenti da 200 a 250 per l'accesso allo stato di insolvenza, ma, se il consorzio di imprese può arrivare a 800 unità, per le singole imprese i dipendenti sono 250. Dunque, ricapitolando per maggiore chiarezza: in un caso ipotetico potrebbe accadere che in un consorzio il numero di dipendenti sia superiore a 800 (quindi, a mio avviso, potrebbe essere incrementato il numero dei dipendenti). Inoltre, la legge delega stessa lo prevede: per la procedura di accesso va tenuto conto dei bilanci dei 3 anni precedenti e premiare le aziende più virtuose che si trovano a vivere un momento transitorio di difficoltà - ricordiamolo: sono sempre meno le aziende grandi e strategiche in Italia -, al contempo, eviterebbe ipotetiche infiltrazioni da parte di imprese poco strutturate e non salvabili.
Dall'analisi dell'iter procedurale di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, emerge che, dal momento del deposito della domanda di ammissione all'amministrazione straordinaria, presentata dal debitore, il tribunale dispone di 10 giorni per accertare la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa. Al termine di tale fase, il tribunale ha a disposizione ulteriori 45 giorni per l'ammissione all'amministrazione straordinaria, previo ottenimento del parere favorevole da parte del MiSE, qualora risultassero comprovate le concrete prospettive di recupero dell'attività economica dell'impresa, salvo non ritenga necessario incaricare un professionista che attesti, nei successivi 30 giorni, la sussistenza degli effettivi presupposti di recupero. In questo scenario, è evidente che si arriverebbe a dedicare alla sola fase di osservazione circa 90 giorni: si tratta di un lasso temporale davvero eccessivo per una procedura che dovrebbe essere improntata primariamente sulla celerità, ben comprendendo la necessità di una corretta valutazione delle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico-finanziario dell'impresa. Mi sia concesso di dire che nella proposta in oggetto manca un requisito di tipo qualitativo che tenga conto anche del grado di strategicità delle imprese, del numero dei dipendenti occupati e del prestigio a livello nazionale e internazionale. È un aspetto assolutamente non trascurabile, tenuto conto che moltissime realtà italiane hanno optato per la delocalizzazione e, nel peggiore dei casi, hanno chiuso per sempre i battenti. Lo Stato deve farsi promotore di iniziative volte alla ripartenza con un vero e proprio piano industriale robusto e strutturato, che non metta le toppe, ma che punti a rendere più solide le fondamenta delle aziende. Per tali ragioni, anche in un'ottica di semplificazione e di maggiore chiarezza, oltre che di accessibilità, reputo che la sedimentazione dei provvedimenti normativi abbia reso evidente la necessità di effettuare un intervento di riordino generale della normativa e di attuare una riforma organica della procedura di amministrazione straordinaria. È evidente che la nuova disciplina, sempre ricordando che si fonda sulla specialità rispetto alle regole generali, debba indirizzarsi a imprese di dimensioni significative, il dissesto delle quali possa sensibilmente incidere sulla collettività in modo straordinario. Ma ciò non toglie che il requisito numerico di 250 unità e di 800 per i gruppi di imprese, indicato all'articolo 2, lettera , sia eccessivo per uno e insufficiente per l'altro.
Ritengo utile segnalare alcuni aspetti che, a mio avviso, il Ministero competente per materia potrebbe migliorare e/o integrare con previsioni di maggiore coerenza rispetto anche e soprattutto al mutato contesto temporale in cui oggi ci troviamo a operare a seguito della pandemia. Alcune ulteriori integrazioni e modifiche possono essere apportate per rendere maggiormente efficiente la nuova amministrazione straordinaria e per semplificare la nuova procedura, sia nel rispetto dei diritti da tutelare, sia riguardo agli interessi di tutti i soggetti ivi coinvolti. Il ritorno in Commissione potrà essere fruttuoso in tal senso, oltre a migliorare il testo finale della legge delega.
È impossibile, per me, non menzionare il disastro Alitalia, a pochi giorni dal suo ultimo volo. Citerò giusto qualche episodio significativo per la materia oggetto del dibattito odierno. La prima crisi è avvenuta negli anni Novanta, ma colgo l'occasione per ricordare che, al momento del dissesto della compagnia, il Governo emanava il decreto-legge n. 134 del 2008 (“decreto Alitalia”), convertito dalla legge n. 166 del 2008, modificando direttamente la normativa della legge Marzano e della legge Prodi-, consentendo anche la cessione dei complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore a 1 anno e ampliando i poteri del commissario straordinario. È stato un susseguirsi sanguinario di crisi, ricapitalizzazioni, commissari e piani industriali sempre poco lungimiranti, sino ad arrivare sinteticamente a quel tristissimo 15 ottobre, sia per gli ex dipendenti Alitalia, sia per la Nazione intera, che ha dovuto dire addio alla sua compagnia di bandiera. È esattamente questo tipo di esperienze che non vorremmo più rivivere, se consideriamo che, dietro ai numeri, ci sono intere famiglie; esistono persone che rischiano di vedere sfumare il proprio lavoro.
E adesso veniamo all'ex Ilva. Di recente, Invitalia è stata autorizzata a sottoscrivere ulteriori apporti di capitale e a erogare finanziamenti in conto soci per assicurare la continuità del funzionamento produttivo dell'impianto siderurgico della società Ilva SpA di Taranto, qualificato stabilimento di interesse strategico nazionale. Allo stato attuale, l'ingresso del socio Invitalia non ha segnato alcuna discontinuità rispetto a una gestione che corre il rischio di perdere l'occasione di sfruttare la positiva fase di mercato dell'acciaio, in cui tutti gli altri produttori stanno procedendo con importanti investimenti. A distanza di quasi 1 anno dall'accordo, il Paese intero, il sistema produttivo legato alla siderurgia e i lavoratori dell'ex Ilva non conoscono ancora il destino del più importante della manifattura italiana. Di quell'accordo non si conoscono contenuti e obiettivi, ma i risultati sono purtroppo evidenti: migliaia di lavoratori in cassa integrazione, un'ambientalizzazione che tarda a essere realizzata e un intero sistema degli appalti fortemente penalizzato. Il Governo e il Ministero dello Sviluppo economico continuano a rimanere in silenzio. L'auspicio è che il Governo si sbrighi a intervenire e a decidere, convocando la nuova proprietà nella sua interezza, cioè parte privata e parte pubblica.
Ritornando alla proposta di legge in esame, l'articolo 2 prevede espressamente che il Governo, nel riordino della disciplina della procedura di amministrazione straordinaria, si attenga a una serie di principi e criteri direttivi. Si stabilisce di individuare i presupposti di accesso alla procedura con riguardo all'esistenza congiunta di: 1) uno stato di insolvenza; 2) un rilevante profilo dimensionale, da quantificare sulla base della media del volume di affari degli ultimi 3 esercizi; 3) un numero di dipendenti pari ad almeno 250 unità per la singola impresa e ad almeno 800 unità in caso di richiesta di ammissione alla procedura di più imprese appartenenti al medesimo gruppo di imprese; 4) concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali e di salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione diretta e indiretta. Quest'ultimo punto è di fondamentale importanza, in quanto la salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione sono i principi cardine per la buona riuscita del risolvimento della crisi da parte delle aziende. L'auspicio deriva dalla considerazione per cui le imprese siano indirizzate dal Ministero prima che la situazione diventi irreparabile, tramite provvedimenti da esso disposti per la situazione di crisi emergente che anticipano l'insolvenza. La mia osservazione deriva dai dati, di cui siamo tristemente in possesso allo stato attuale. Sono, infatti, circa un centinaio le società da monitorare e i tavoli aperti con il MiSE a causa della crisi. È imprescindibile un controllo preventivo prima di giungere alla dichiarazione dello stato di insolvenza.
Il Ministro se ne deve fare carico, istituendo una cabina di regia nella situazione di criticità, anche facendosi coadiuvare dal meticoloso lavoro svolto dalle camere di commercio, per evitare che le crisi siano consequenzialmente troppo onerose e gravino eccessivamente sul bilancio statale. Lo ribadisco, serve un vero piano industriale di rilancio. L'articolo 2, nella lettera della proposta di legge prevede di stabilire che l'intero procedimento si svolga su domanda del debitore, dei creditori, del Ministero dello Sviluppo economico o del pubblico ministero dinanzi al tribunale sede della sezione specializzata in materia di impresa, all'esito di un'istruttoria improntata alla massima celerità, omessa ogni formalità non essenziale al rispetto dei principi del contraddittorio e del diritto di difesa. La previsione è generalmente condivisibile, ma non è meglio specificato cosa s'intenda per celerità; serve un limite temporale certo, definito e non lasciato alla libera interpretazione. Ritengo doveroso che questo debba corrispondere ad un tempo massimo quantificabile in 12 mesi, a partire dalla data di richiesta di accesso alla procedura. Il fattore temporale non va assolutamente trascurato, specie nella fase iniziale, in quanto determinante per salvare la vitalità delle nostre imprese. In questo modo, a mio avviso, qualora ci fossero dei problemi di insolvenza, grazie a una tempistica certa sarebbe possibile tutelare al contempo sia il creditore sia il debitore. La lettera della proposta di legge stabilisce l'istituzione presso il Ministero dello Sviluppo economico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'albo dei commissari straordinari per l'amministrazione delle grandi imprese in stato di insolvenza, determinando in particolare i requisiti di indipendenza, professionalità, onorabilità, trasparenza e assenza di conflitto di interessi necessari per l'iscrizione nell'albo medesimo; prevede, inoltre, tra i requisiti per l'iscrizione nell'albo, l'avere svolto funzioni di amministrazione o funzioni direttive nell'ambito di imprese di notevoli dimensioni o nell'ambito di dodici procedure concorsuali di natura conservativa e l'avere maturato specifica esperienza e professionalità nel campo della ristrutturazione delle imprese in crisi. La lettera del medesimo articolo prevede che il Ministro dello Sviluppo economico nomini con tempestività il commissario straordinario ovvero, nei casi di eccezionale complessità, tre commissari straordinari, ai quali sono attribuite l'amministrazione e la rappresentanza dell'impresa insolvente. In ordine a quanto previsto, bene la previsione dei commissari che amministrino le grandi imprese e che non siano affidate loro più nomine, salvo che si tratti di imprese appartenenti al medesimo gruppo ovvero in casi eccezionali e motivati. Delle perplessità invece sorgerebbero circa la durata dei mandati che, come la storia insegna, necessitano di tempi nettamente più brevi e non a carattere quasi indeterminato - non fanno bene alle aziende, non sono risolutivi - e con le dovute precisazioni appena la previsione è condivisibile. Il criterio individuato nella lettera è di stabilire criteri e modalità di remunerazione del commissario che tengano conto dell'efficienza ed efficacia dell'opera prestata e che siano commisurati, secondo fasce coerenti con le dimensioni dell'impresa, all'attivo realizzato e al passivo accertato, nel rispetto dei limiti stabiliti per le altre procedure concorsuali, e al fatturato realizzato durante l'esercizio dell'impresa, nel rispetto dei limiti previsti dalla legge per i compensi degli amministratori delle società pubbliche non quotate.
Nel mese di giugno, il Ministro dello Sviluppo economico Giorgetti ha firmato il decreto che riforma la disciplina sui compensi dei commissari straordinari e giudiziali, nonché dei membri dei comitati di sorveglianza delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Reputo che la disposizione vada attuata nell'ottica di ridurre i costi dei compensi corrisposti ai commissari e ai membri dei comitati di sorveglianza. Arcuri e l'indagine della Corte dei conti sugli stipendi fuori norma di Invitalia, con danni stimati per 1,9 milioni, insegnano! Ciò che questo Governo deve capire è che è fondamentale salvaguardare le imprese e i posti di lavoro portando avanti delle strategie lungimiranti . Salvare le aziende significa salvare lo Stato e l'intera Nazione e un'opposizione patriottica come la nostra non può non tener conto del , tanto imitato all'estero e che rappresenta la salvezza della nostra economia. La produzione di sarti, orefici, fabbri, restauratori, falegnami, calzolai e vetrai italiani affonda le sue radici nel Medioevo. Il marchio del ha un ruolo ormai cruciale nell'economia mondiale e nella proliferazione di nuove opportunità lavorative sia per l' sia per l' di tutto ciò che viene prodotto all'interno dei nostri confini nazionali. Noto all'estero per essere dimora di un'eccellente artigianalità, cresce ogni anno di circa il 14 per cento e il suo fatturato ammonta a circa 97 miliardi di dollari. Il prestigio dell'industria italiana è dovuto a una serie di prodotti di eccellenza, ai quali vengono riconosciuti fantasia, cura dei dettagli, un alto livello qualitativo dei materiali impiegati, uno stile raffinato e innovativo, senza dimenticare la capacità di durare nel tempo. Una delle battaglie cardine del programma politico di Fratelli d'Italia è la difesa del , dei nostri prodotti di qualità e del marchio italiano. Lo diciamo a gran voce e con grande orgoglio, è la nostra forza nell'economia europea e mondiale che vogliamo difendere dalle continue minacce provenienti dall'Unione europea e dalla concorrenza sleale. Ma tutto questo necessita di un Governo che non sia sordo alle richieste di aiuto delle imprese italiane, che costituiscono una fetta importante del nostro PIL e sono il nostro vanto nel mondo intero. Concludo, signor Presidente, ribadendo la necessità di misure che richiamino la salvaguardia nazionale e responsabilità sociale nei confronti delle imprese virtuose che versano in situazioni di difficoltà.
Il Governo, come chiediamo da sempre, deve intervenire tempestivamente attraverso strumenti concreti che mettano la parola fine alle delocalizzazioni che regalano il nostro e la nostra produzione agli Stati esteri e portano al licenziamento selvaggio dei nostri lavoratori italiani .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Micheli. Ne ha facoltà.
MATTEO MICHELI(LEGA). Grazie, Presidente. La proposta di legge reca una delega legislativa al Governo su una materia che ha avuto già numerosi interventi e a cui è conseguita una forte stratificazione normativa. Lo scopo è quindi quello di unificare la disciplina mediando tra esigenze che sono quelle dei creditori, l'interesse pubblico, la conservazione dei dipendenti e, ovviamente, la tutela dell'occupazione, oltre ovviamente alla conservazione del patrimonio. L'attuale amministrazione straordinaria si delinea come una procedura bifasica, nel contempo giudiziaria ed amministrativa. La prima che inizia con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza e l'eventuale successiva apertura della procedura di amministrazione straordinaria. È prerogativa del Ministero dello Sviluppo economico, quindi un'autorità amministrativa, la gestione della procedura attraverso la nomina di un commissario straordinario. Il testo del progetto di legge si compone quindi di due articoli: il primo dove viene delineato l'oggetto della delega al Governo e la procedura per il suo esercizio e un secondo articolo che reca i principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega da parte del Governo.
La X Commissione ha premesso quindi un richiamo ai principi generali che regolano la crisi d'impresa e di insolvenza, in quanto ovviamente compatibili. Oltre alle prospettive di recupero dell'equilibrio economico dell'attività imprenditoriale e allo stato di insolvenza, sono previsti ovviamente un numero minimo di dipendenti, stabilito in 250 per le imprese singole e in complessivi 800 in caso di contestuale richiesta per imprese del gruppo, un rilevante profilo dimensionale, da quantificare sulla base della media del volume d'affari degli ultimi tre esercizi, e viene introdotta un'esigenza di salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione diretta ed indiretta.
Aspetto molto importante è quello dell'albo dei commissari previsto all'articolo 2, comma 1, lettera , il cui elemento centrale è l'istituzione presso il MiSE dell'albo dei commissari straordinari, con un aggiornamento che è previsto con cadenza almeno triennale e con requisiti per cui, ovviamente, devono esserci un'assenza di conflitto di interesse, un'iscrizione nell'albo dei dottori commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro, e con una specifica esperienza, almeno quinquennale, in gestione di crisi di impresa. Di questa modifica siamo soddisfatti perché è stata introdotta da parte del nostro gruppo con l'emendamento 2.17, a prima firma Bitonci. Poi ovviamente deve esserci l'avere svolto funzioni di amministrazione e funzioni direttive per imprese di notevoli dimensioni, oltretutto anche con professionalità nel campo della ristrutturazione delle imprese in crisi. Questa ovviamente è una garanzia per mantenere un alto profilo di questo commissario.
Sono poi previste anche le modalità di nomina e di revoca del commissario da parte del MiSE. È previsto, inoltre, che il Ministro dello Sviluppo economico possa direttamente disporre in via provvisoria una contestuale nomina del commissario straordinario, ove la crisi colpisca imprese con almeno 1.000 dipendenti, con un fatturato pari a un multiplo significativo di quello individuato per tutte le altre. Il testo prevede, altresì, la delega al Governo per disciplinare la modalità di nomina del comitato di sorveglianza da parte del Ministro dello Sviluppo economico e da parte anche del tribunale, per quanto riguarda i componenti da individuare, ovviamente, anche tra i creditori, nonché la sua composizione e i relativi poteri, specialmente con riguardo alla vigilanza sugli interessi dei creditori, punto molto importante e centrale. Un ulteriore criterio di delega è la legittimazione del commissario straordinario e del comitato di sorveglianza a presentare al tribunale istanza di conversione dell'amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale ordinaria in caso di mancata realizzazione del programma, ovvero di comprovata insussistenza, o del venir meno, appunto, delle prospettive di recupero dell'equilibrio economico, nonché anche l'attribuzione di analoga facoltà ad una percentuale non irrisoria dei creditori, consentendone l'esercizio non prima di un congruo termine.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Soverini. Ne ha facoltà.
SERSE SOVERINI(PD). Grazie, Presidente. Io mi limiterò a commentare solamente le giuste motivazioni di un intervento su una legge, la “Prodi-, dettate dalla particolare condizione in cui ci troviamo. Noi stiamo parlando di una serie di provvedimenti incrociati per quanto riguarda la crisi d'impresa, per quanto riguarda una situazione di crisi generale del contesto. Noi stiamo parlando, in questo momento, di provvedimenti che intervengono in una situazione di crisi sulla crisi, cioè della crisi epidemiologica, che si è innescata, si è anzi radicata su una crisi precedente, una crisi finanziaria che caratterizzava l'assetto del nostro sistema di impresa. Abbiamo necessità di arginare questo fenomeno, questo legame tra crisi pandemica e crisi strutturale, perché sappiamo che il livello di indebitamento del nostro sistema di servizi e di imprese è abbastanza alto, poi se saliamo nella scala dimensionale, è noto, è ancora più alto. Abbiamo bisogno, come dire, di rallentare i processi di crisi proprio per il fatto che dobbiamo definire alcuni passaggi, prima di definire la crisi d'impresa, che sono legati a un problema finanziario generale. Io voglio dare alcuni dati per spiegarmi ancora meglio. I dati di Bankitalia certificano una situazione grave di aumento di aziendali, con 4 mila imprese fallite lo scorso anno, anche se non dichiarate perché si trattava di fallimenti coperti dalla moratoria anti COVID; 4 mila imprese che si andranno a sommare ad altri 3 mila fallimenti previsti nel 2021. Questa è la situazione attuale nella quale noi ci muoviamo. Vale la pena di soffermarsi sulla situazione in essere, perché, oltre ai suddetti numeri, in Italia, a riprova della debolezza finanziaria del nostro sistema di imprese, Assonime, l'associazione italiana di società di capitale, che richiama una ricerca di Cerved, individua nel nostro Paese uno di debito delle imprese arrivato a 90 miliardi in più rispetto a quello del 2019. Vi sono, quindi, 20 mila aziende italiane sane che si trovano ad affrontare una situazione paradossale di liquidità negativa: vuol dire che hanno dovuto registrare più uscite che entrate e che le uscite superano lo di liquidità disponibile. A queste imprese illiquide fanno capo circa 600 mila posti di lavoro. Quindi, dobbiamo allargare le maglie e far sì che il percorso verso il fallimento, anche per le imprese illiquide, sia, come dire, molto più frenato, gestito diversamente, salvando il salvabile, perché questo dobbiamo fare. Anche questo provvedimento, che rivede la “legge Prodi-, deve entrare in quest'ottica. Non dobbiamo pensare ad una legge che ne certifichi la morte, ma ad una legge che recuperi situazioni di crisi, che sono recuperabili per una straordinaria mancanza di liquidità che si innesca su una precedente crisi di liquidità delle imprese. Quindi, la situazione è eccezionale. Questo provvedimento è soprattutto tempestivo, come altri che sono in corso, perché ancora ci troviamo in una situazione velata, nascosta dalle varie moratorie in corso sulle imprese, che, a gennaio, si presenterà per quello che è, con i numeri che ho appena detto. Se incrociamo i dati che ho appena elencato con quelli del Fondo di garanzia delle PMI, emerge un quadro di profonda crisi finanziaria che riguarda questa parte del sistema Italia, composta dalle società di servizi, ma anche manufatturiere, che va ben oltre le 20 mila aziende suddette e che riguarda un totale di 110 mila imprese in Italia in stato di liquidità negativa. Allora è da questa considerazione che dobbiamo partire. Fotografiamo l'esistente, cerchiamo di costruire percorsi che tengano conto dell'emergenza, che rallentino il più possibile il percorso delle imprese verso una certificazione di fallimento, che ne permettano il recupero, vista anche la condizione in cui siamo. Io sono anche convinto che occorra estendere tutto ciò, anche con riferimento alla diversa struttura dimensionale delle imprese, quindi non solo le grandi; oggi vi sono imprese che, per fatturato, riescono ad equipararsi alle grandi, con numeri di dipendenti molto inferiori, quindi la definizione di piccola, media e grande impresa oggi va allargata. Penso che questo sia un provvedimento puntuale nell'ottica che ci siamo detti prima, appunto, di costruire tutta una serie di dighe di contenimento delle condizioni di crisi finanziaria nel quale il nostro settore manifatturiero e di servizi si trova, di contenimento e, naturalmente, al fine di evitare la soluzione peggiore. Voglio solo aggiungere una cosa, perché poi credo che sul testo, per quanto riguarda il nostro partito, il mio collega Zardini possa essere molto più puntuale e preciso di me, avendo fatto un importante lavoro di ricerca in Commissione, dato che questo è un testo importante. Voglio soltanto dire, rispetto ad alcuni interventi che ho sentito svolgere prima, qualcosa sul : cerchiamo un attimo di essere cauti quando parliamo o, perlomeno, non cauti, perché chi è che non difende il in Italia? Cioè, voglio sapere chi è quella persona italiana che si alza la mattina e dice: speriamo che il fallisca. Il problema è il come. Intanto, per quanto concerne il che sta in giro per il mondo, dobbiamo smetterla di pensare che quello che esportiamo sia un fatto dall'artigiano chiuso nella sua bottega, che si alza la mattina e con un colpo d'ingegno inventa il prodotto, non è così. L'oreficeria, per esempio, guardo il mio collega Zardini, e, in particolare, il Veneto, che ha un potentissimo distretto di oreficeria. Ma si tratta, comunque, di sistemi di imprese. Il è in crisi per altri elementi molto più importanti, che riguardano, ad esempio, la pochissima considerazione che viene data nel nostro Paese al passaggio generazionale, al trasferimento di competenze: noi non formiamo più i ragazzi alla bellezza e alla competenza nel campo dell'artigianato. Questo sarebbe molto importante, un sapere da tramandare, con politiche di formazione e di sostegno dei giovani che intraprendono questa strada.
Per quanto riguarda il , perché dobbiamo far diventare il , che è un settore altamente globalizzato, una bandiera sovranista della conservazione dei confini nazionali, quando la prima cosa a cui aspira un imprenditore sano di mente è avere un mercato globale davanti, con logiche di mercato, non certo confinarsi in una logica Paese di autoprotezione, che è il contrario di quello a cui ispira un imprenditore artigiano? Però, è artigianato imprenditoriale, questo lo dico per chiarezza, perché siccome in quest'Aula parliamo al Paese, cerchiamo di far capire al Paese che qualche idea chiara l'abbiamo, non è la bottega, perché qui si confondono le idee alle persone. Stiamo parlando di imprese che hanno industrializzato un prodotto artigianale e che hanno bisogno di mercati globali. Poi, se vogliamo affrontare il discorso di una legge sul fallimento delle grandi imprese - che è necessario rivedere e riadattare al contesto, come dicevo prima, di doppio livello della crisi, la precedente crisi finanziaria, sulla quale si è innescata la crisi di liquidità del COVID -, se dobbiamo parlare di questi temi e agganciarli ai gravi problemi che hanno sempre afflitto casi come Ilva e Alitalia, dobbiamo dire che il problema non è tanto la gestione tecnica della crisi Alitalia, è che l'Italia non riesce ad avere una politica industriale sulle grandi imprese, su imprese di dimensione strategica, perché l'Alitalia è un problema di mancata visione industriale del Paese e di speculazione politica. Io penso che – è il discorso che facevo prima, rispetto all'artigianato -, anche qui, Alitalia si è ridotta in questo modo perché ne abbiamo fatto un problema di sovranità nazionale, perché non siamo riusciti a pensare al mondo per quello che è e si è fatta speculazione nazionale su una dimensione di impresa, è questo il guaio. Attenzione, non trasferiamo la logica di Alitalia al , perché il va già bene così, ha solo bisogno di due cose: liquidità e formazione di giovani; per il resto, gli imprenditori non hanno bisogno di alcuna bandiera sovranista per riuscire a vendere i loro prodotti, perché quello lo sanno fare bene, anzi, lo sanno fare benissimo e gli imprenditori che funzionano - vi do anche una notizia - in alcuni casi pagano volentieri le tasse, purché gli siano dati servizi fatti bene. È qui che noi dobbiamo insistere, con la qualità dei servizi. Io starei attento, perché su Alitalia abbiamo fatto danni; cerchiamo di evitare di farli anche sulle piccole e medie imprese artigiane .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cristina. Ne ha facoltà.
MIRELLA CRISTINA(FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, già nella scorsa legislatura si era posta l'esigenza di un riordino, sotto forma di delega al Governo, della normativa dedicata alle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, con l'obiettivo di creare una procedura unica, con finalità conservative e finalizzate alla regolazione dell'insolvenza di singole imprese, ovvero di gruppi di imprese. Non si riuscì nell'intento, perché il testo approvato dalla Camera nel maggio 2017 non fu poi definitivamente approvato al Senato. L'emergenza pandemica ha reso ancora più impellente l'esigenza di uniformare e adeguare ai tempi procedure che si sono stratificate nel corso dei decenni, sin dalla “legge Prodi-” del 1999. Non è un caso che questo testo giunga ad approvazione negli stessi giorni del decreto-legge n. 118 del 2021, in materia di crisi di impresa e risanamento aziendale. Entrambi i provvedimenti adottano una serie di misure specificamente volte ad arginare gli effetti della generalizzata situazione di crisi economica che ha pesantemente investito il tessuto economico e produttivo del Paese, a seguito della diffusione pandemica da COVID-19.
Il decreto-legge n. 118 del 2021 si occupa delle PMI, che sono la gran parte del nostro tessuto. Questo provvedimento, invece, riguarda le imprese con almeno 250 dipendenti e, complessivamente, almeno 800 dipendenti in caso di contestuale richiesta di ammissione alla procedura di più imprese del gruppo. Il requisito dimensionale non è solo ancorato non al numero degli occupati, ma è anche quantificato sulla base della media del volume d'affari degli ultimi tre esercizi.
Con riguardo all'impostazione generale, resta ferma la struttura a due fasi della procedura contenuta nel decreto legislativo n. 270 del 1999, secondo la quale il tribunale dispone l'ammissione del debitore all'amministrazione straordinaria, la cosiddetta fase giudiziale, previa verifica dei presupposti, tra i quali, in particolare, le prospettive di recupero dell'equilibrio economico dell'attività imprenditoriale, la cosiddetta fase di osservazione. Rispetto al testo approvato nel 2017 dal Senato, per l'accesso alla procedura, oltre alle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, è stata introdotta l'esigenza di salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione, diretta e indiretta. Per quel che riguarda gli aspetti giudiziali è introdotta una competenza sulla procedura di amministrazione straordinaria assegnata alle sezioni specializzate in materia di impresa presso i tribunali sedi di corti d'appello, improntata a un'istruttoria incentrata sulla massima celerità, e questa norma è in linea con le esigenze di snellimento e velocizzazione delle procedure giudiziarie, che sono tra i cardini del PNRR.
Inoltre, punto qualificante della nuova disciplina è l'istituzione, presso il Mise, dell'albo dei commissari straordinari per l'amministrazione delle grandi imprese in stato di insolvenza. Per l'iscrizione all'albo sono necessari requisiti di indipendenza, professionalità, onorabilità e trasparenza. In punto, ricordo che sono stati approvati due emendamenti di Forza Italia, nei quali si prevede un criterio di rotazione dei soggetti iscritti, tramite una revisione triennale dell'albo stesso e più stringenti requisiti di onorabilità, indipendenza e professionalità dei componenti. È importante anche la previsione che sia assicurata la flessibilità in funzione delle caratteristiche dell'impresa e dei mercati di riferimento nella definizione dei contenuti del programma di ristrutturazione, nonché della durata dei programmi di ristrutturazione e di cessione dei compensi aziendali.
Per i debiti contratti dalle imprese in amministrazione straordinaria, la proposta elaborata dalla Commissione attività produttive prevede anche che venga tenuta ferma la possibilità, per lo Stato, di garantirli, secondo quanto previsto dalla disciplina vigente e dentro i limiti consentiti dalla normativa dell'Unione europea.
Di grande rilievo, infine, è il coordinamento della “legge Prodi-” con la “legge Marzano” che era stata varata nel 2004 dal Governo Berlusconi per il salvataggio di Parmalat. Tra i criteri di delega viene, infatti, definita, in maniera compiuta e precisa, la cosiddetta procedura accelerata per le società quotate di rilevanti dimensioni e quelle che svolgano servizi pubblici essenziali. Queste hanno la possibilità di un accesso diretto alla procedura, in via provvisoria, tramite un atto dell'autorità amministrativa, il Mise, con contestuale nomina del commissario straordinario. La conferma della misura, verificati i requisiti, spetta al tribunale, che provvede entro breve termine.
Grazie a questo provvedimento e al decreto-legge n. 118 del 2021, il Paese avrà, tra breve, la possibilità di disporre una serie di strumenti efficienti per la gestione e la risoluzione delle crisi, con l'obiettivo di procedere a una tempestiva liquidazione delle realtà imprenditoriali meno produttive, ovvero a una ristrutturazione di quelle che, invece, presentano una situazione di difficoltà temporanea. Emerge, dunque, con chiarezza, la volontà di questo Governo di introdurre un'unica procedura di amministrazione straordinaria che abbia una finalità di tipo conservativo del patrimonio produttivo dell'impresa, ma che, al tempo stesso, miri ad aumentare la produttività generale del Paese. Giustamente, è stato osservato che il lavoro del Governo Draghi, nel quale convintamente Forza Italia opera, intende favorire il passaggio da un diritto dell'impresa a un vero e proprio diritto per l'impresa, che sia in grado di portare alla creazione di un ambiente favorevole alla tutela del tessuto imprenditoriale, come anche alla nascita e alla crescita delle realtà produttive e all'attrazione di maggiori investimenti.
I provvedimenti in esame hanno un effetto ponte, che consente di traghettare le realtà imprenditoriali verso un sistema giuridico che offra un terreno fertile per un tessuto sano e in grado di risanarsi.
Nell'esprimere il consenso favorevole di Forza Italia a tale delega al Governo, auspico che il Senato approvi rapidamente questo testo, in modo che già dall'anno prossimo si possa disporre di strumenti per il superamento delle crisi aziendali delle grandi imprese in amministrazione straordinaria, adeguati ai tempi ed alle esigenze.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cristina. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Zardini, che rinunzia; naturalmente, è autorizzato alla consegna della sua relazione. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che rinunzia. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Bologna ed altri n. 1-00426, concernente iniziative nell'ambito della ricerca, della cura, dell'assistenza e della riabilitazione a favore delle persone con esiti di grave cerebrolesione .
La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori .
Avverto che sono state presentate le mozioni Lapia ed altri n. 1-00530, Carnevali, Sportiello, Noja, Stumpo ed altri n. 1-00532 e Versace ed altri n. 1-00533, che vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione dall'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente . Avverto altresì che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Bologna ed altri n. 1-00426, che è stata anche sottoscritta dalle deputate Boldi e Noja che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventano la seconda e la terza firmataria . Il relativo testo è in distribuzione.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
È iscritta a parlare la deputata Fabiola Bologna, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00426 . Ne ha facoltà.
FABIOLA BOLOGNA(CI). Grazie, Presidente. L'attuale situazione epidemiologica da epidemia di COVID-19 ha accentuato la drammaticità della situazione delle persone che, in seguito a un grave danno cerebrale acquisito, presentano una grave disabilità cognitivo-motoria, o permangono in uno stato vegetativo o di minima coscienza. Questa drammaticità colpisce anche le famiglie di queste persone, aggravando ulteriormente il carico assistenziale necessario per la gestione di questa complessa condizione clinica. Seppure eterogenea, queste situazione è presente su tutto il territorio nazionale ed è difficile per diversi aspetti: in termini di sostegno economico e psicologico alle famiglie, di accesso alle cure di alta specialità, possibilità per i familiari di visitare i loro congiunti nei reparti di riabilitazione o di lungodegenza, appropriatezza e continuità dell'assistenza medica e riabilitativa domiciliare, nel caso di ritorno a casa, possibilità di avere sostegni sociali o sanitari a casa, possibilità di frequentare i centri diurni se in condizioni di grave disabilità e possibilità di ricevere cure appropriate se infettati da Coronavirus. La pandemia, quindi, per queste persone e le loro famiglie ha di fatto aggravato una situazione che già presentava delle criticità, che ora sono diventate drammatiche e richiedono azioni urgenti.
Dopo una grave cerebrolesione acquisita, il recupero della funzionalità motoria e cognitiva può essere molto eterogeneo, in un che si estende dal buon recupero funzionale, con un reintegro nella società, a condizioni di disabilità severa, con necessità di assistenza in tutte le attività della vita quotidiana, aggravata per una percentuale di pazienti dall'incapacità di recuperare la coscienza, o da un recupero solo minimale della stessa. Queste persone hanno delle serie menomazioni nella capacità di motilità e nella capacità di masticazione e deglutizione e necessitano di ricorrere all'alimentazione tramite gastrostomia, attraverso quindi un tubo nello stomaco, talora anche con alterazioni della funzione respiratoria e con necessità di ventilazione meccanica.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con una legge del 2009, riconosce che la disabilità è il risultato dell'interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di uguaglianza con gli altri. Inoltre, la disabilità viene definita dall'Organizzazione mondiale della sanità come la conseguenza e il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo ed i fattori personali e ambientali, che rappresentano le circostanze in cui l'individuo vive.
Tenendo in considerazione tali definizioni alla base della classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute, si può affermare che le persone con esiti di una grave cerebrolesione, ancor più se con disordini di coscienza, possono essere definiti come un paradigma di estrema disabilità, cioè sono persone che presentano un bassissimo funzionamento e che richiedono un alto e continuo intervento di facilitatori ambientali.
In Italia, questo sistema di cura e presa in carico è ancora disomogeneo e molto variabile. L'impatto della malattia è quindi estremamente gravoso e limitante, anche nei riguardi di coloro che assistono e si prendono cura di un loro congiunto malato, i cosiddetti , che di fatto svolgono spesso un vero e proprio lavoro di cura che, in quanto tale, necessità di tutele, formazione e assistenza specifiche.
Sul piano normativo dal 2009 con la legge n. 18 del 3 marzo 2009, che ha ratificato la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità da parte dell'Italia, vi è stato un progressivo impegno del Ministero della Salute, delle società scientifiche e delle associazioni di familiari per migliorare i percorsi di cura per le persone con gravi cerebrolesioni e con disordini di coscienza in particolare. Le associazioni nazionali di familiari delle persone con esiti di gravi cerebrolesioni sono e sono state parte attiva in diversi gruppi di lavoro con le società scientifiche e con il Ministero della Salute, con il quale hanno istituito per un lungo periodo un seminario permanente, che è pervenuto alla pubblicazione del “Libro bianco sugli stati vegetativi e di minima coscienza - il punto di vista delle associazioni che rappresentano i familiari”, e alla Carta di San Pellegrino, un decalogo di raccomandazioni per la tutela della dignità, della libertà e dei diritti delle persone con disordini di coscienza. Le associazioni di familiari hanno realizzato anche due con l'intento di dare risposte ai bisogni dei familiari e le raccomandazioni derivate dai documenti conclusivi delle due conferenze di consenso sono state diffuse e condivise con le istituzioni.
La recente emanazione del documento del Ministero della Salute del 17 dicembre 2020, contenente le indicazioni nazionali per le prestazioni in telemedicina è un passaggio fondamentale per rafforzare l'assistenza a domicilio anche in caso di gravi cerebrolesioni, degli stati di minima coscienza e degli stati vegetativi, e questo faciliterà l'introduzione di questo strumento nel percorso di presa in carico globale del paziente.
Sul piano economico, il Fondo per la non autosufficienza e quello per il sostegno del ruolo di cura del familiare risultano insufficienti a garantire un livello di tutele adeguato per i rispettivi beneficiari e, di conseguenza, necessitano di essere garantiti e incrementati per gli anni a venire, proprio anche in considerazione di esiti disabilitanti gravi e gravissimi e di specifici bisogni nel lungo termine.
Nonostante tutti questi sforzi, oggi è evidente come vi siano ancora delle macro lacune sulle implementazioni di percorsi di cura e presa in carico per le persone con esiti di grave cerebrolesione acquisita, gravi disabili in stato vegetativo e di minima coscienza, con estrema eterogeneità nazionale e soprattutto regionale in termini di legislazione vigente e servizi offerti ai pazienti e alle loro famiglie dai diversi sistemi di .
La pandemia da COVID-19 ha drammatizzato questa situazione, che peraltro si scontra con la farraginosità di alcune procedure amministrative fondamentali per la presa in carico precoce, come per esempio la nomina di un amministratore di sostegno per le persone .
E' importante che tutte le gravi cerebrolesioni trovino risposte adeguate nella propria regione di residenza e omogeneamente in tutte le regioni italiane, per cui con questa mozione vogliamo impegnare il Governo a sostenere la ricerca sulle gravi cerebrolesioni acquisite e sui disordini di coscienza, assicurando adeguate forme di finanziamento e di collaborazione tra pubblico e privato per la creazione di reti e per lo sviluppo di progetti di ricerca, finalizzata e non, sul tema; garantire un adeguato finanziamento a favore del Fondo nazionale per la non autosufficienza e del Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del familiare, in modo da assicurare una risposta effettiva alle esigenze dei pazienti colpiti da una disabilità grave o gravissima; promuovere percorsi virtuosi di cura e presa in carico dei soggetti con esiti di grave cerebrolesione del familiare fino alla fase degli esiti, per un progetto di vita e un'acquisizione di autonomia, facendo sì che l'implementazione di questi percorsi avvenga in maniera tempestiva e omogenea su tutto il territorio nazionale, sulla base di un approccio multidisciplinare e multiprofessionale, anche con l'obiettivo di creare le migliori condizioni, orientate, ove possibile, all'inclusione sociale, all'inserimento e al reinserimento scolastico e lavorativo.
Vogliamo impegnare altresì il Governo a sostenere e migliorare la presa in carico domiciliare da parte dei servizi assistenziali e riabilitativi per garantire percorsi di formazione per il e l'attivazione e implementazione di centri extraospedalieri, centri diurni specializzati per la presa in carico e il proseguimento di una riabilitazione estensiva, facilitando il reinserimento sociale, scolastico e lavorativo; a promuovere la creazione di percorsi certi e appropriati di cura e di assistenza, ampliando la disponibilità di posti letto e del personale sanitario dedicato in tutte le regioni italiane, perché il paziente, i familiari o le persone di fiducia del paziente possano avere una risposta appropriata alla sua libera scelta del luogo di cura; a garantire, con strumenti e fondi adeguati, la giusta e puntuale informazione sulla ricerca scientifica, sull'uso dei farmaci e sulle terapie adeguate; a garantire, a livello nazionale in tutte le regioni, l'accesso permanente delle associazioni dei pazienti più rappresentative ai tavoli istituzionali di riferimento e ai comitati che svolgono attività di indirizzo. Vogliamo impegnarlo altresì a promuovere iniziative atte a garantire l'operatività e la celerità della procedura di urgenza per la nomina di un amministratore di sostegno e a promuovere iniziative per sostenere le soluzioni tecnologiche che possano implementare i benefici dati dal sostegno e dai trattamenti tradizionali, dalla telemedicina alla teleriabilitazione e a tutti i dispositivi innovativi che possano migliorare la qualità di vita; ad istituire un registro nazionale delle persone con grave cerebrolesione acquisita, garantendo alle regioni risorse e strumenti adeguati allo svolgimento delle correlate attività che tale registro comporta, allo scopo di avere anche dati epidemiologici – di cui oggi non disponiamo - di incidenza e prevalenza della condizione, per migliorare la programmazione e l'allocazione delle risorse; a incrementare le risorse o a istituire un fondo nazionale dedicato allo sviluppo di servizi sanitari e sociali per le persone con grave cerebrolesione e per le loro famiglie, anche con i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza; a istituire, infine, una giornata nazionale del trauma cranico e una giornata nazionale dei risvegli, per la ricerca sul coma.
Tutta questa mozione è stata frutto di un gruppo di lavoro molto importante e, quindi, voglio citare la dottoressa Matilde Leonardi, direttore della struttura complessa di disabilità e Coma Research Centre, della Fondazione neurologica Carlo Besta di Milano; il dottor De Nigris, direttore del Centro studi per la ricerca sul coma, Gli Amici di Luca, capofila de “La Rete” Associazioni riunite per il trauma cranico e le gravi cerebrolesioni acquisite; il dottor Salvi, presidente de “La Rete” e presidente Associazione Genesis; la dottoressa Anna Estraneo, del direttivo Società italiana riabilitazione neurologica, Fondazione Don Gnocchi Firenze; la dottoressa Rita Formisano, direttore neuroriabilitazione e post-coma, Fondazione Santa Lucia, di Roma; il dottor Fogar, presidente della Federazione nazionale associazioni trauma cranico e i dottori Francesca Magnani e Davide Sattin, che hanno supportato il coordinamento per la preparazione della mozione, appartenenti alla struttura complessa di neurologia disabilità e Coma Research Centre sempre della Fondazione istituto neurologico Carlo Besta. Grazie a loro, per il lavoro che abbiamo svolto insieme.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carnevali, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00532. Ne ha facoltà.
ELENA CARNEVALI(PD). Grazie, Presidente, Governo. Prima di iniziare a presentare la mozione, per la quale ringrazio, in particolare, il lavoro svolto dalla collega Bologna, voglio aggiungere e dichiarare anticipatamente che noi voteremo la mozione a firma Bologna ed altri, nella sua completezza, e ciò anche rispetto ai numerosi contributi offerti da importanti esperti scientifici, dal mondo dell'associazionismo dei pazienti e, in particolare, anche da rappresentanti territoriali bergamaschi - perché veniamo dalla stessa terra – oltre che, devo dire, per la qualità del lavoro svolto in tutti questi anni e anche grazie alla volontà non solo di riuscire a identificare, nel nostro territorio nazionale, i bisogni delle persone con grave cerebrolesione acquisita, ma pure di assolvere a tutti i bisogni di queste persone e delle loro famiglie.
La differenza sostanziale – quindi, non entrerò nel dettaglio della presentazione della mozione e spero di riuscire a spiegarne i contenuti all'esterno, in un linguaggio semplice, perché vorrei che quanto sto per dire fosse compreso da tutti i cittadini - intercorre tra coloro che hanno una disabilità congenita e una famiglia che ha un impatto importante quando deve fronteggiare una disabilità dal momento della nascita, con gravità diverse, con compromissioni molto diverse, e coloro che, invece - famiglie e persone - si trovano a fronteggiare una disabilità chiamata cerebrolesione acquisita, in altre parole la differenza che intercorre tra una condizione vissuta quasi come se non fosse di disabilità e una condizione, invece, di disabilità che può essere severa, importante, o grave e gravissima - termini che noi ancora usiamo anche nella dichiarazione per usufruire delle previsioni della legge n. 104 del 1992 - e che ha un impatto, naturalmente, molto rilevante.
Non faccio un trattato, né medico, né clinico, né riabilitativo, né assistenziale, perché credo che non ce ne sia bisogno. Le persone citate in precedenza dalla collega Bologna, insieme ai lavori del Ministero, ci hanno fornito tutto il quadro di carattere epidemiologico, clinico e assistenziale con riferimento alla volontà - e necessità - di avere sempre uno sguardo multidisciplinare e interdisciplinare sulla materia. Dobbiamo, inoltre, ricordare che non stiamo parlando di patologie con un'incidenza bassa nel nostro Paese, come nelle altre Nazioni. Stiamo parlando di persone - sono i dati epidemiologici, di cui disponiamo adesso, non proprio fortemente tipizzati - che per il 40 per cento possono acquisire questa condizione da episodi traumatici. Alcuni - credo che tutti li conosciamo – sono rappresentati dagli incidenti stradali (auto, moto, eccetera), altri da incidenti sul lavoro, oppure da patologie, o da danni di carattere emorragico, da ictus o da casi di anossia.
Gli esiti di tali eventi possono condurre - come dicevo in precedenza - a una condizione di disabilità importante, sul piano motorio, sul piano sensoriale, sul piano cognitivo, sul piano comportamentale, e possono determinare condizioni, su cui, in particolare, la collega Bologna si è concentrata nella sua mozione, così come anche noi, nella nostra, che noi definiamo stato vegetativo persistente o stati di minima coscienza. Tali stati hanno bisogno necessariamente di adeguati, qualificati, appropriati supporti medici, infermieristici, assistenziali, riabilitativi, di dispositivi medici, di ausili, di continuità assistenziale, in tutta la sfera della vita personale, compresi i sostegni sociali, oltre quelli economici, formativi e di sollievo alle famiglie e ai . Abbiamo ascoltato dagli interventi svolti precedentemente - e anche noi, in XII Commissione, abbiamo affrontato molte volte il tema - che vi è, in particolare, un tema strutturale, ossia l'indisponibilità, o la poca disponibilità, di posti letto, in particolare nelle strutture riabilitative di secondo e di terzo livello, oppure di lungodegenza iperacuta. Allo stesso tempo, dobbiamo migliorare gli strumenti - è quello che, peraltro, auspichiamo molto, anche grazie agli interventi contenuti nella Missione 6 – diretti a una presa in carico adeguata per garantire continuità e tempestività nell'organizzazione della gestione delle casistiche, sia nella fase acuta sia nella fase post-acuta sia, ancora, in quella fase che possiamo definire di cronicità che dura nel tempo, anni, una vita, per tutte le famiglie. Questo cosa significa? Che quando noi dobbiamo affrontare il tema delle gravi cerebrolesioni acquisite dobbiamo anche pensare e ricordarci che l'esito può essere molto eterogeneo, da un recupero che può essere funzionale con reintegro nella società, a una condizione di disabilità severa che necessita un'assistenza in tutte le attività della vita quotidiana, fino a considerare quella parte non irrilevante di pazienti che sono nell'incapacità di recuperare la coscienza, di essere consapevoli di sé o dell'ambiente circostante, o a pensare a coloro che hanno la possibilità di un recupero minimale della stessa coscienza; queste ultime, nel nostro ambiente clinico-ospedaliero, vengono inquadrate nella condizione definita disordine persistente della coscienza e hanno bisogno di tutta una serie di ausili, come abbiamo ascoltato anche in precedenza; si tratta di persone che poi possono trovarsi nella condizione di dover subire una gastrectomia, di persone che hanno una respirazione artificiale, con tutto ciò che questo comporta nei casi assistenziali.
Bene, se quindi abbiamo capito e sappiamo quali sono i bisogni che queste persone e queste famiglie avvertono - è uno degli intenti della mozione Bologna ed altri, che abbiamo letto, che è stata depositata, per cui voteremo a favore, e adesso mi sembra di capire che tale mozione sia stata anche integrata - vorrei anche porre particolare attenzione sull'impatto che ha la neuroriabilitazione cognitiva perché mi sta particolarmente a cuore; io l'avevo, purtroppo sottovalutato. Ci sono moltissimi pazienti che hanno capacità di recupero anche nel tempo, che magari hanno difficoltà a comunicare, a comprendere messaggi verbali, ad apprendere nuove informazioni, che hanno magari disturbi nell'abilità della concentrazione, della progettazione, del ragionamento, anche di aggressività, di disinibizione, di inerzia, di apatia e del tono dell'umore; disturbi che, se affrontati tempestivamente, in modo continuato, non spezzettato nel tempo, come purtroppo a volte accade, con un stabilito, possono riuscire ad avere esiti diversi rispetto alle condizioni in cui tali persone si trovano. Così come giustamente veniva ricordato, rilevante è il contributo che hanno dato le due conferenze di consenso delle associazioni dei familiari, così come importanti sono state naturalmente molte conferenze di consenso sia per la parte relativa alla riabilitazione neuropsicologica sia con riferimento al gruppo di lavoro che poi è arrivato alla definizione delle linee guida e del decreto ministeriale che è arrivato all'approvazione della Conferenza-Stato regioni il 4 agosto ultimo scorso.
Io credo che dovremmo soffermarci - mi avvio alla conclusione e penso possa essere utile leggere poi i testi che abbiamo presentato - su alcuni impegni della mozione, vista la presenza del Governo e del sottosegretario Costa.
Il primo è quello di rendere operativi su tutto il territorio nazionale, in seguito alla loro entrata in vigore, il decreto sui criteri di appropriatezza dell'accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera e le linee guida per l'individuazione dei percorsi appropriati nella rete di riabilitazione, che toccano, quindi, il tema della riabilitazione ospedaliera e della lungodegenza, quella famosa che poi è normata da alcuni codici. Mi permetto di fare una sottolineatura importante: non dimentichiamoci di quella parte - a nostro giudizio un po' manchevole - che riguarda soprattutto le problematiche delle attività dell'età evolutiva in termini di programmazione, organizzazione e potenziamento. Io credo che dovremmo sempre avere uno sguardo ampio e non dimenticarci di una parte rilevante, perché le gravi cerebrolesioni acquisite possono riguardare anche la sfera dell'età evolutiva.
Il secondo è un impegno che noi chiediamo con la legge di bilancio. Noi sappiamo molto bene che le regioni hanno chiesto un rifinanziamento del fondo sanitario - lo dico con molta trasparenza, perché sono informazioni pubbliche, oggetto di dibattito pubblico - di almeno di 2 miliardi di euro e, ciò per riuscire a far fronte anche agli sforzi che le regioni hanno messo in campo per affrontare gli esiti di pandemia. Da una parte, credo - e doverosamente - che siano sempre utili i fondi ; poi, quando le vedi ripartite tra le regioni, magari scopri che le risorse non sono così tangibili da riuscire a cambiare o, in qualche modo, permetterci di avere un rafforzamento strutturale e sistemico in questo Paese. Dall'altra, considerando che questi finanziamenti avvengono attraverso il Fondo sanitario nazionale, occorre fare in modo che siano orientati alla disponibilità di misure che servano a finanziare e sostenere economicamente anche la ricerca nelle gravi cerebrolesioni acquisite.
Se, come abbiamo detto prima e tutti siamo d'accordo, abbiamo la possibilità di realizzare concretamente (è anche nei piani della Missione 6) ciò che chiamiamo integrazione sanitaria, la fase delle dimissioni protette, l'accompagnamento nelle strutture riabilitative o di lungodegenza o un'altra Missione per poter organizzare la continuità assistenziale domiciliare di qualità, dobbiamo anche tener presente la necessità di rafforzare alcuni fondi, che ci sono già e che sono storici. Io ricordo che sono entrata qui in questo Parlamento nel 2013 ed il Fondo della non autosufficienza forse non arrivava nemmeno a 200 milioni di euro. Siamo ad oltre 600 milioni, ma, per quanto abbiamo fatto passi avanti, non sono comunque risorse sufficienti. Serve inoltre anche arrivare - e spero davvero in tempi brevi - all'approvazione al Senato della legge concernente il Fondo per il riconoscimento dei familiari e della legge sul “dopo di noi”. Per quanto riguardo il metodo - è una proposta di legge che è in discussione - spero che il di salute diventi uno strumento utilizzato anche nelle condizioni delle gravi cerebrolesioni acquisite. Serve un'omogeneità su tutto, di servizi e di offerta per avere un'integrazione riabilitativa sanitaria e sociale. C'è un tema che riguarda la disponibilità di posti letto e di personale sanitario dedicato. Questo è un tema che affronteremo nella legge di bilancio sia dal punto di vista del tetto di spesa del personale sia delle esigenze di stabilizzazione.
Concludo con gli ultimi tre temi e ho finito. Il primo: dal 2017 abbiamo dato un parere riguardo all'approvazione e all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e del nomenclatore tariffario. Lo dico qui, ancora una volta (ero relatrice in quell'occasione). Noi ci aspettiamo il “decreto Tariffe”; noi abbiamo bisogno del “decreto Tariffe”; c'è bisogno di fare quell'aggiornamento! Di fronte all'avanzamento tecnologico e alle capacità dei modelli organizzativi, non possiamo avere un “decreto Tariffe” targato 2017: fate i calcoli voi di cosa voglia dire dal 2017 ad oggi.
La stessa cosa vale per la parte dedicata agli ausili, alle protesi e alla grande tecnologia che permette a coloro che possono comunicare magari con uno sguardo o a coloro che hanno bisogno di ausili di altissima tecnologia di poterli avere. Io credo sia un diritto per le famiglie e le persone che ne hanno bisogno e mi riferisco anche a tutti i supporti di carattere psicologico. Mi auguro inoltre si possa normare ed introdurre la figura del fisioterapista di comunità, purtroppo a volte molto ostacolato da alcune società. Spero si possa arrivare a superare questa difficoltà.
Ebbene, noi oggi con la nostra mozione - e mi auguro vi sia l'approvazione di tutte le mozioni al riguardo, vedremo poi il vaglio naturalmente del Governo - abbiamo risposto all'esigenza di porre il tema delle gravi cerebrolesioni acquisite, dei bisogni di cura delle persone, di continuità assistenziale e - ribadisco - di inserimento sociale, quando possibile, nonché il tema della qualità della vita che possiamo offrire a queste persone. Mi auguro che questo tempo di discussione, non particolarmente lungo, diventi poi un motivo di impegno da parte del Governo, in particolare del Ministro, perché quel diritto all'equità e all'uguaglianza per tutti i cittadini, così come è scritto nell'articolo 32 e negli articoli della nostra Costituzione, valga anche per questi pazienti e per le loro famiglie
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Marrocco, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00533. Ne ha facoltà.
PATRIZIA MARROCCO(FI). Grazie Presidente. Le mozioni oggi all'esame dell'Aula affrontano un aspetto sanitario di estrema rilevanza, sia ovviamente per le tante persone che ne sono interessate, sia per le ricadute sanitarie e le capacità del nostro Sistema sanitario nazionale di dare una risposta all'altezza ai bisogni di cura e di assistenza che ne derivano. Stiamo parlando delle persone colpite da gravi cerebrolesioni acquisite.
La cosiddetta grave cerebrolesione acquisita è un danno cerebrale esteso, di origine traumatica o anche di altra natura, che comporta, in chi ne è colpito, una condizione di coma più o meno protratto, oltre che menomazioni sensoriali, motorie, cognitive o comportamentali che danno luogo a disabilità. Queste forme più severe di danno cerebrale rappresentano una delle principali cause di morte e disabilità in Italia così come in Europa e i pazienti che sopravvivono sono molto spesso delle persone che necessitano di un percorso riabilitativo totale. I numeri ci dicono che nel nostro Paese ogni anno tra le 40 e le 100 persone su 100.000 vengono colpite da una grave cerebrolesione acquisita non traumatica, ossia non da incidente ma per cause legate alla persona. A questi numeri vanno poi aggiunti quelli, numerosi, collegati a traumi cranici da incidente stradale, infortuni domestici, e così via.
Le gravi cerebrolesioni acquisite rappresentano un problema sanitario e sociale estremamente rilevante sia per l'elevata incidenza di questa grave patologia, che di solito rende, purtroppo, difficile e a volte impossibile una vita autonoma, sia per le sue inevitabili pesanti ricadute sulle tante famiglie coinvolte, sia per le conseguenze legate alle difficoltà di reinserimento sociale del paziente, laddove è possibile. Quando un paziente si risveglia dal coma conseguente a una grave cerebrolesione, gli esiti generalmente sono molto importanti. Spesso si tratta di disabilità multiple e complesse, da gravi menomazioni fisiche a disturbi sensomotori e di comportamento, di attenzione e di linguaggio. Una persona affetta da grave cerebrolesione acquisita necessita di ricovero ospedaliero per trattamenti rianimatori o neurochirurgici di tipo intensivo, che possono prolungarsi nel tempo. Nella gran parte dei casi, dopo la fase di ospedalizzazione permangono sequele che rendono necessari interventi di carattere sanitario e riabilitativo a lungo termine per poter affrontare disabilità persistenti e difficoltà di reinserimento familiare, sociale, lavorativo e scolastico. Risulta evidente, quindi, che il trattamento dei pazienti affetti da queste patologie e la presa in carico delle loro famiglie costituiscono un compito impegnativo ed estremamente complesso non solo sul piano clinico ma anche su quello organizzativo e psichico, che impone un processo di riorganizzazione di tutti gli aspetti della vita di queste persone e delle loro famiglie. Quello delle gravi cerebrolesioni è uno dei campi più complessi della riabilitazione, proprio perché si tratta di patologie multidimensionali e, come tali, richiedono di essere affrontate da un team multiprofessionale. Oltre alla terapia farmacologica, il principale trattamento per questi pazienti è la riabilitazione. Nel caso di queste forme più gravi di danno cerebrale, i programmi riabilitativi spaziano dall'aspetto meramente sanitario al recupero delle abilità tipiche della vita quotidiana, dalla gestione del dolore alla rieducazione delle menomazioni respiratorie, sensomotorie e cognitivo-comportamentali. A ciò si aggiunga il determinante ruolo che viene svolto da altri specialisti, tra il cui il neurologo, il neuropsicologo, il fisiatra e il logopedista. Insomma, queste persone hanno necessità di una presa in carico integrata che assicuri loro un percorso continuativo dalla fase iniziale dell'evento patologico fino al recupero psicofisico e il ritorno, laddove è possibile, alla vita sociale. Tutto questo, evidentemente, impone un servizio sanitario e una rete di servizi territoriali all'altezza della situazione. I servizi sanitari regionali devono assicurare l'assistenza a un rilevante numero di persone gravemente disabili in seguito a un danno cerebrale. La complessità dei bisogni, l'elevato impegno assistenziale e l'elevato peso psicologico dei pazienti con grave danno cerebrale e dei loro familiari rendono quanto mai necessaria un'efficiente rete integrata di servizi dedicati, una volta che il paziente viene dimesso dall'ospedale. Alla fine della fase di cura e riabilitazione ospedaliera, è, infatti, compito delle strutture riabilitative assicurare la continuità con le strutture territoriali che svolgono la funzione di gestione dei percorsi di deospedalizzazione, reinserimento, assistenza e riabilitazione a domicilio delle persone con gravi cerebrolesioni. Questo è ancora più importante per quelle persone che permangono cronicamente in stato vegetativo o di gravissima disabilità, per le quali va agevolata la possibilità del rientro al proprio domicilio o, nel caso questo sia possibile, va assicurata un'assistenza appropriata in strutture di accoglienza protratta. Nella nostra mozione abbiamo voluto evidenziare il grandissimo lavoro che viene svolto quotidianamente dalle tantissime ONLUS, presenti su tutto il territorio nazionale, a supporto dei servizi sociosanitari territoriali. Grazie al loro lavoro, sono garantiti quotidianamente servizi e sostegno alle tante persone non autosufficienti e alle loro famiglie colpite da un caso di grave cerebrolesione acquisita, una volta conclusa l'ospedalizzazione. Nella nostra mozione abbiamo chiesto degli impegni chiari al Governo. Intanto, c'è la necessità di incrementare fin dalla prossima legge di bilancio per il 2022, che inizierà a breve il suo iter parlamentare al Senato, le risorse del Fondo per le non autosufficienze, anche prevedendo che una quota specifica venga destinata agli interventi riabilitativi e assistenziali delle persone con gravi cerebrolesioni, così come va aumentata la dotazione finanziaria del Fondo per gli interventi legislativi di valorizzazione delle attività di cura non professionale dei . È, inoltre, indispensabile potenziare i centri specializzati e migliorare l'integrazione con le attività territoriali per garantire la massima continuità assistenziale, riabilitativa e sanitaria dei pazienti con gravi danni cerebrali. Chiediamo, infine, l'istituzione di un registro regionale delle gravi cerebrolesioni, al fine di disporre di dati precisi sulla loro incidenza a livello regionale, necessari per garantire una migliore programmazione regionale nell'ambito dei servizi riabilitativi e assistenziali per le persone colpite da queste forme più severe di danno cerebrale. Nostro compito è quello di dare i mezzi e i supporti per risvegliare la speranza per pazienti, familiari, medici e . Forza Italia farà la sua parte per la qualità della vita da offrire a queste persone.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gemmato. Ne ha facoltà.
MARCELLO GEMMATO(FDI). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, l'ottimo sottosegretario Costa, noi ringraziamo i colleghi e le colleghe che hanno prodotto questa mozione, non fosse altro perché si pone l'accento su una tematica molto importante che investe, purtroppo, migliaia di famiglie in Italia e che ha una valenza sociale prima ancora che sanitaria. Parliamo, evidentemente, dei danni cerebrali gravi acquisiti; quindi, di persone che purtroppo nascono sane e che durante il corso della vita vanno incontro a problemi che portano ad acquisire questa patologia e che, purtroppo, si trovano a doverla non curare bensì a gestirla, perché non esiste, evidentemente, né medicina né cura che possa far ritornare in condizione di equilibrio e di normalità le persone che hanno subito questi traumi e, quindi, afflitte da questa patologia. La mozione, però, ci offre la possibilità, da un lato, di inquadrare il tema e, dall'altro, di fare delle considerazioni di carattere politico - non polemico - che purtroppo non ho sentito fare dai colleghi che mi hanno preceduto.
L'inquadramento della patologia è difficile. Sostanzialmente c'è difficoltà nella codifica della patologia, tant'è che i numeri non sono paragonabili non solo fra Nazioni diverse a livello mondiale e a livello europeo, ma abbiamo anche difficoltà di codifica della malattia a livello regionale. Abbiamo un'incidenza di 235 persone all'anno su 100.000 abitanti (abbastanza alta), un 9 per cento delle persone che conclamano o che, comunque, hanno questa malattia in maniera grave, un numero di 2 persone su 100.000 che praticamente persistono in una condizione vegetativa, con grave danno, ovviamente, per la persona - ed è una banalità quella che sto dicendo - che purtroppo è in queste condizioni ma sostanzialmente - ed è stato richiamato da altri colleghi - anche per le famiglie che si trovano, insieme al malato, a dover gestire con difficoltà la patologia. Ovviamente, c'è una fase acuta che richiede un ricovero ospedaliero, la rianimazione e, quindi, in fase incidentale, la rianimazione fa riecheggiare altre considerazioni.
Mi riferisco al fatto che, nella fase pandemica, le rianimazioni hanno avuto un tasso di occupazione del 40-50 per cento in alcune regioni - parlo del momento dei picchi pandemici - a nocumento di queste persone che, purtroppo, si sono trovate a dover essere ricoverate e che, probabilmente, non hanno ricevuto una cura appropriata, perché in Italia il numero delle terapie intensive – ovviamente, non è un rimprovero, ma è un fatto - non era sufficiente ad accogliere tutti i malati italiani, sia quelli di COVID, sia quelli con altre patologie, tipo questa. Poi vi è la gestione della patologia che prevede una lunga riabilitazione. È evidente che, proprio in questa fase, proprio in questo momento storico della nostra Nazione, la telemedicina può assumere un ruolo fondamentale, perché possiamo curare e cercare di gestire la patologia a distanza - quindi, nell'alveo familiare, nelle case, nelle dimore dei malati -, dando un vantaggio ulteriore. Infatti, è del tutto evidente che permanere in uno stato vegetativo in ospedale è cosa ben diversa di rimanerlo all'interno del domicilio o, comunque, nel caldo della propria casa.
Questo è il quadro. Ciò che si richiede in questa mozione - non voglio ripetermi, né sovrappormi a ciò che è stato detto da altri colleghi - è sostenere la ricerca, adeguati finanziamenti a favore del Fondo nazionale per la non autosufficienza, la presa in carico del paziente, l'implementazione di questi percorsi, la presa in carico domiciliare con l'integrazione grazie ai fondi e ai quattrini del PNRR – Missione 6, Salute -, quindi la telemedicina, l'aumento dei posti letto (è stato toccato anche questo tema), il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti e dei loro familiari ai tavoli di concertazione, la possibilità di nominare un amministratore di sostegno, l'istituzione di un registro nazionale per le gravi cerebrolesioni acquisite e, ovviamente, l'implementazione del Fondo nazionale dedicato ai servizi sanitari e sociali per le persone affette dalla patologia.
Questo è il quadro. Tuttavia, l'analisi di carattere politico va fatta fino in fondo, altrimenti ci troviamo di fronte al fatto di rappresentare eventi, di sprecare parole di sostegno, di prospettiva, anche nei confronti dei malati e delle loro famiglie, ma poi conseguono azioni politiche concrete che vanno in senso diametralmente opposto a ciò che ci raccontiamo e a ciò che ci diciamo. A cosa alludo, sottosegretario? Alludo al fatto che nella NADEF, che è appena stata licenziata da questo ramo della Camera, nella prospettiva pluriennale abbiamo un definanziamento del sistema sanitario nazionale pubblico. È di tutta evidenza che, se noi vogliamo fare ciò che brevemente e nei minuti a mia disposizione ho delineato, ciò che è scritto nella mozione, dobbiamo dotare il Fondo sanitario nazionale. Bene, noi passiamo dal 2020, in cui il Fondo sanitario nazionale era dotato di 123 miliardi, ai 129 miliardi di quest'anno, ed è una cifra che poi va a calare, fino a ritornare a una cifra di 124 miliardi, che è quella sostanzialmente COVID.
Quindi, anche con questa mozione, allarghiamo l'aspettativa dei malati della nostra Nazione, dicendo che vogliamo fare questo, quell'altro, e che vi veniamo incontro, però poi non dotiamo il sistema sanitario nazionale, il Fondo sanitario nazionale, di quattrini, per fare in modo che ciò avvenga. Nelle cifre è ancora più evidente quello che sto dicendo, se noi rapportiamo il finanziamento del Fondo sanitario nazionale al PIL: passiamo dal 7 per cento del 2020 al 7,3 per cento del 2021 - ed è evidente perché quest'anno purtroppo abbiamo dovuto rincorrere la contingenza della pandemia che ci ha travolto -, però poi si arriva dal 7,3 al 6,1 del 2024. Quindi, se noi vogliamo che la politica sia consequenziale anche e soprattutto a ciò che noi raccontiamo in quest'Aula agli italiani, dobbiamo dotare economicamente il Fondo sanitario nazionale, perché diversamente noi ci ritroviamo nella condizione di raccontare o di poter raccontare, nostro malgrado, delle corbellerie.
Questo lo dobbiamo fare in ossequio di verità, così come, sottosegretario, oggi noi assistiamo ancora all'ignominia per cui in diverse regioni della nostra Nazione l'approccio alla cura delle persone affette da cerebrolesioni sia differente. Ci sono centri di eccellenza in alcune regioni, ma non esistono centri di eccellenza e centri di cura in altre regioni, a spregio dell'articolo 32 della nostra Costituzione, che prevede che tutti gli italiani debbano avere pari livello di assistenza sanitaria, che nascano in Sicilia, in Sardegna, in Puglia, piuttosto che in Lombardia, in Veneto e in Val d'Aosta. Quindi, una rivisitazione anche del Titolo V della Costituzione, e, quindi, del regionalismo sanitario, deve essere messa in campo, perché, se noi ci diamo una strategia politica per la quale approviamo mozioni come queste – e, vivaddio, il voto di Fratelli d'Italia ci sarà, perché non può non esserci rispetto a cose di buon senso, non solo, ma di profondità e che toccano migliaia di nostri concittadini sfortunati, aggiungo, e molte volte anche lavoratori che incorrono in incidenti sul lavoro, e non voglio aprire questo fronte -, ma, rispetto a questo albo dei desideri, a questo nostro orientamento politico, se noi non finanziamo economicamente, se non dotiamo il Fondo sanitario nazionale, se noi non torniamo ad investire pesantemente sulla sanità pubblica, ci ritroveremo, purtroppo, a creare una discrasia fra ciò che noi raccontiamo e ciò che facciamo.
E in mezzo a questo, chiaramente, succede che si impianta il sentimento di antipolitica, si impianta il sentimento dei tanti italiani che non vanno più a votare, perché non credono nella politica. Noi continuiamo a credere nella politica con la P maiuscola, e per questo, sottosegretario, le riportiamo questo grido di dolore nel vedere il definanziamento del Fondo sanitario nazionale che occorrerà nei prossimi anni e, anche durante l'approvazione di questa mozione, non possiamo non levare forte il nostro grido di dolore, non per noi, ma per la nostra Nazione .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Il Governo si riserva di intervenire successivamente.
Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.
Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14 con l'informativa urgente del Governo sui gravi fatti accaduti a Roma il 9 ottobre scorso, in occasione della manifestazione svoltasi presso Piazza del Popolo, nonché sugli ulteriori recenti fatti accaduti a Milano e a Trieste. La seduta è sospesa.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, la deputata Paita è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente 93, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una informativa urgente del Governo sui gravi fatti accaduti a Roma il 9 ottobre scorso in occasione della manifestazione svoltasi presso Piazza del Popolo, nonché sugli ulteriori recenti fatti accaduti a Milano e a Trieste .
È stata disposta la ripresa televisiva diretta.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi, per dieci minuti ciascuno, e delle componenti politiche del gruppo Misto, per un tempo aggiuntivo, in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la Ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese. Colleghi, per favore. Prego, Ministra.
LUCIANA LAMORGESE,. Signor Presidente, onorevoli deputati, rivolgo un sentito ringraziamento a questa Assemblea per avermi offerto l'opportunità di svolgere un'informativa sui gravi disordini verificatisi in occasione della manifestazione contro l'introduzione del svoltasi a Roma il 9 ottobre scorso. Nella seduta del di mercoledì scorso alla Camera dei Deputati, in un'interrogazione a me rivolta erano già stati chiesti chiarimenti riguardo a quella manifestazione, con specifico riferimento alla circostanza che vi fossero presenti esponenti di Forza Nuova. I tempi estremamente contingentati, che connotano lo specifico strumento di sindacato ispettivo, mi hanno consentito di trattare solo molto parzialmente un tema - quello dell'ordine pubblico e delle infiltrazioni criminali nelle manifestazioni di protesta correlate alle misure governative di contenimento della pandemia - che merita una più ampia e approfondita disamina. Per questo motivo, ho dato immediatamente la mia disponibilità a riferire anche sui successivi fatti di Milano e Trieste, in considerazione del fatto che essi si inquadrano nello stesso contesto, essendo collegati alle medesime forme di protesta.
Prima di entrare nel merito degli episodi di violenza accaduti a Roma, riguardo ai quali rinnovo la mia solidarietà alla CGIL e la mia vicinanza alle Forze di polizia è questa l'occasione per offrire ad entrambi i rami del Parlamento una complessiva visione di come è stata impostata, in questi due anni circa di pandemia, la politica dell'ordine pubblico.
È apparso subito chiaro che le restrizioni alla mobilità e i sacrifici imposti dalle misure anti contagio potessero suscitare uno stato di insofferenza diffusa, anche esasperato dalle ricadute di ordine economico ed occupazionale derivanti dal blocco o dal rallentamento delle attività produttive e commerciali. In questo periodo è stata messa alla prova la capacità di resilienza dell'Italia, che ha reagito in maniera seria e composta, attingendo al patrimonio delle proprie migliori qualità morali e civili.
La tenuta del Paese, anche dal punto di vista dell'ordine pubblico, deve molto all'elevato senso di responsabilità con cui è stata vissuta e si sta vivendo questa difficilissima prova. Non sono mancate, tuttavia, nel 2020 e anche nel corso di quest'anno, manifestazioni di acceso dissenso, indirizzatesi verso le diverse misure che il Governo ha di volta in volta adottato e calibrato in ragione dell'evolversi della curva pandemica ai fini della limitazione del contagio.
È risultato evidente il rischio che la protesta e il malcontento sociale, innescati dagli effetti depressivi della pandemia, potessero essere oggetto di strumentali intrusioni da parte di frange eversive di vario orientamento politico e ideologico, interessate a rilanciare progettualità conflittuali e istanze destabilizzanti, anche canalizzando forme spontanee e trasversali di ribellismo, rimaste finora prive di una regia unica.
La consapevolezza di questo complesso scenario ha portato a sensibilizzare, con una mia direttiva dell'aprile del 2020, la rete delle prefetture per monitorare attentamente segnali di criticità e prevenire possibili derive violente in grado di turbare l'ordine e la sicurezza pubblica.
Con successive indicazioni operative non si è mancato di raccomandare il ricorso a modalità di gestione della piazza improntate al più grande equilibrio, contemperando il diritto a esprimere pacificamente il dissenso con la necessità di salvaguardare l'ordinata convivenza civile.
Non sfugge peraltro come una diversa strategia, che non rapporti l'impiego della forza a questa esigenza di equilibrio, presenti il rischio di offrire speciosi argomenti a narrazioni antisistema, in grado a loro volta di coagulare e dare copertura alle spinte più decisamente oltranziste.
Vorrei affidare questa mia analisi all'evidenza dei dati. Dal febbraio 2020 al 18 ottobre 2021, si sono tenute in tutta Italia 5.769 manifestazioni di protesta contro i provvedimenti governativi di contenimento del virus. Più della metà, precisamente 3.668, si sono svolte nel 2021, di queste 1.526 tenutesi tra il 22 luglio e il 18 ottobre di quest'anno, e hanno riguardato la contestazione al . Nello stesso periodo (22 luglio - 18 ottobre 2021) lo sforzo di contenimento delle contestazioni di piazza alle certificazioni verdi ha portato all'assegnazione di 17.470 unità delle Forze mobili di polizia alle autorità di pubblica sicurezza. La percentuale delle iniziative di protesta, che nel suddetto arco temporale hanno registrato episodi di rilievo sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica, si attesta al 3,4 per cento, riguardando soltanto 52 manifestazioni.
Il principio per il quale l'ordine pubblico in piazza deve essere gestito sempre con equilibrio lo ritengo un elemento cardine della democrazia. È un principio a cui le Forze di polizia si stanno attenendo - e non da oggi - e che risulta imprescindibile se non vogliamo che tra chi manifesta e chi ne difende il diritto a manifestare si crei una pericolosa cortina di ostilità e diffidenza .
Passo ora a riferire sulla manifestazione del 9 ottobre, che ha rappresentato senza dubbio l'evento più gravemente critico nell'ambito della mobilitazione nazionale contro il . Premetto che, nell'immediatezza dei fatti, ho chiesto al capo della Polizia, direttore generale della pubblica sicurezza, una dettagliata ricostruzione delle evidenti criticità che - occorre riconoscerlo - hanno contrassegnato la gestione dell'ordine pubblico di quelle ore. È palese che non si sia riusciti a contenere tutti i propositi criminali da cui era mossa la parte violenta dei manifestanti, specie quella istigata dagli elementi più politicizzati e, in conseguenza dei quali, vi è stata una grave turbativa dell'ordine pubblico.
Il successivo 13 ottobre, nella riunione del Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica convocata per le misure relative al G20 di fine mese, alla quale hanno partecipato i vertici degli organismi di , il prefetto e il questore di Roma, i rappresentanti del Ministero della Difesa, oltre che ovviamente i vertici delle Forze di Polizia, ho sottolineato l'esigenza che il deficit di sicurezza, determinato da una situazione che ha superato - come dirò - ogni ragionevole previsione, non debba più ripetersi, ciò soprattutto in considerazione della delicata fase che si sta attraversando e per il combinato effetto di diversi fronti, dall'applicazione del , alle crisi aziendali, fino ai delicati riflessi della protesta dei portuali e degli autotrasportatori sulla logistica delle merci.
Ci attende un periodo ancora molto impegnativo, che peraltro vedrà, a fine ottobre, come dicevo, proprio lo svolgimento del G20. È da considerare prezioso, in questa fase, l'apporto informativo, volto a focalizzare ogni fonte di rischio e i pericoli maggiori, nonché ad indirizzare le stesse attività di mediazione, che pure hanno dimostrato, in svariate occasioni, la loro efficacia nell'abbassare la tensione e nel decongestionare la piazza.
La mia informativa si baserà anche sugli elementi fornitimi dal capo della Polizia e si soffermerà su alcuni interrogativi che hanno caratterizzato il dibattito politico e mediatico sviluppatosi nei giorni successivi.
L'iniziativa di Roma ha visto, come è noto, una partecipazione composita e assai eterogenea. Accanto, infatti, a esponenti di gruppi e movimenti politici, appartenenti sia alla destra radicale che alla galassia della sinistra antagonista e alla componente anarchica, vi hanno preso parte rappresentanti di categorie economiche e anche semplici cittadini, intenzionati a contestare le misure del contenimento del COVID, ritenendole l'espressione di un disegno autoritario, volto ad affermare la cosiddetta dittatura sanitaria.
Un primo aspetto da chiarire attiene all'adeguatezza del dispositivo di ordine pubblico approntato dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza in relazione all'elevato numero di manifestanti, tra le 10 e le 12 mila persone, riversatosi a piazza del Popolo e nelle altre strade del centro di Roma. È stata rimarcata, infatti, una sproporzione tra i due elementi in raffronto, al punto da interrogarsi se ci sia stata o meno una sottovalutazione dell'evento, dipesa anche da una carenza del circuito informativo. Chiarisco che gli organizzatori della manifestazione, nel darne il prescritto preavviso alle autorità di pubblica sicurezza, avevano indicato in mille persone il numero orientativo dei partecipanti. Avuto, però, riguardo al fatto che l'iniziativa si sarebbe tenuta appena una settimana prima dell'introduzione dell'obbligo di , le stesse autorità hanno ritenuto che l'affluenza effettiva si andasse, invece, ad attestare sulle 3-4 mila unità. Coerentemente a tale previsione, la forza pubblica messa a disposizione dalla questura di Roma era di 590 elementi, a cui si andavano a sommare 250 operatori della forza territoriale, appartenenti anche all'Arma dei carabinieri, e alla Guardia di finanza. Pertanto, il dispositivo complessivo poteva contare su 840 unità effettive, da ritenersi pienamente adeguato in termini di proporzionalità rispetto alle stime previsionali.
Non sono poi mancati, nella stessa mattinata del 9 ottobre, diffusi controlli su caselli autostradali, agli snodi della mobilità cittadina, che avevano portato all'individuazione e identificazione di poco meno di un migliaio di manifestanti, provenienti prevalentemente dalle regioni del Nord Italia, segnalando un flusso in arrivo in linea con quello preventivato.
Anche la manifestazione di piazza del Popolo, al pari delle precedenti contro il , e le altre no-mask e no-vax, era stata preannunciata da un'intensa campagna informativa, lanciata sui più diffusi . Tuttavia, diversamente dalle precedenti manifestazioni, che, pur sostenute dallo stesso ampio , avevano fatto registrare presenze assai contenute e ben distanti dagli enfatici richiami degli organizzatori, quella del 9 ottobre, inaspettatamente, ha attirato un numero di partecipanti più che triplicato rispetto a quello previsto, addensatosi in poco tempo in piazza del Popolo. Peraltro, l'assenza di elementi informativi di qualsivoglia fonte non consentiva di prefigurare un indice di partecipazione così anomalo rispetto ai precedenti.
Un altro aspetto critico attiene alla partecipazione di esponenti di Forza Nuova. Tale presenza, che ha complessivamente raggiunto circa 200 unità, non fa che confermare l'acceso interesse di questa formazione, notoriamente appartenente all'area della destra radicale ed estremista, ad acquisire, attraverso l'adesione alla protesta, spazi di visibilità che ne accrescano il bacino di consenso. Gli esponenti di spicco di Forza Nuova che hanno preso parte alla manifestazione si sono poi evidenziati soprattutto nella fase degli scontri e durante l'assalto alla sede della CGIL, come dimostrano le misure cautelari disposte nei loro confronti. È stata al centro dell'attenzione la presenza in piazza del Popolo di un noto esponente romano di Forza Nuova, Giuliano Castellino, vicesegretario nazionale del movimento. Da più parti, infatti, si è chiesto come sia accaduto che un soggetto ben noto alle Forze dell'ordine per i suoi trascorsi delinquenziali, destinatario di un Daspo, con divieto di partecipare alle manifestazioni sportive, nonché dalla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, si sia potuto recare a una manifestazione pubblica e vi abbia preso parte attiva. Va chiarito che, secondo un rigoroso orientamento che tiene conto dei più recenti esiti della giurisprudenza nazionale e sovranazionale, ossia della CEDU e della Corte costituzionale, in materia di misure di prevenzione, la facoltà di arresto della persona soggetta a sorveglianza speciale, disciplinata dall'articolo 75 del decreto legislativo n. 159 del 2011, viene ora correlata alla violazione di quelle prescrizioni che abbiano un contenuto determinato e specifico, e che siano, quindi, compatibili con i princìpi costituzionali. Tale più stringente orientamento è stato oggetto di pregresse interlocuzioni con la magistratura requirente, con riguardo proprio all'applicazione, nei confronti del Castellino, della generica prescrizione di non partecipare a manifestazioni pubbliche, se non dopo averne dato preavviso all'autorità di pubblica sicurezza. In sostanza, solo la ricorrenza, nel pomeriggio del 9 ottobre, di altri validi motivi di legge, ne hanno poi potuto giustificare, a diverso titolo, l'arresto. È stato riportato, dai vari servizi giornalistici, che Giuliano Castellino, salito sul palco di piazza del Popolo, ha indicato a tutti i manifestanti, con particolare violenza verbale, che di lì a poco si sarebbero diretti verso la sede della CGIL, per assaltarla; sicché ci sarebbe stata una sorta di proclama di un disegno criminoso, a cui non si sarebbe data una adeguata risposta. Da qui una lettura politica che, utilizzando espressioni e riecheggiando stagioni drammatiche della nostra storia della Repubblica, tende ad accreditare la tesi secondo cui tale disegno sarebbe stato quasi assecondato, nella sua attuazione, dal comportamento delle Forze dell'ordine. Devo respingere fermamente questa lettura , perché essa, oltre a non tener conto del susseguirsi dei fatti, insinua il dubbio che le Forze di polizia, a cui dobbiamo la difesa delle istituzioni e il mantenimento della pace sociale, si prestino a essere strumento di oscure finalità politiche ). È un'ingiusta accusa, che getta un'ombra inaccettabile sull'operato delle Forze dell'ordine, le quali, nella manifestazione…
ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE(FDI). Sul tuo!
PRESIDENTE. Colleghi, colleghi… dobbiamo far continuare il Ministro. Colleghi, colleghi! Delmastro Delle Vedove, per favore… per favore…
LUCIANA LAMORGESE,. Le quali, nella manifestazione del 9 ottobre scorso hanno pagato il tributo di ben 41 feriti…
SALVATORE DEIDDA(FDI). È colpa tua!
LUCIANA LAMORGESE,. …anche per fronteggiare i facinorosi intenzionati ad assaltare le sedi istituzionali .
Si è poi anche adombrata l'ipotesi della possibile presenza in piazza di agenti di Polizia infiltratisi tra i manifestanti. Sento di dover escludere anche questo inquietante retroscena. Nel dispositivo era prevista, come è normale, la presenza di agenti in borghese appartenenti alla DIGOS, con compiti di osservazione e monitoraggio e anche di mediazione con i manifestanti. Agli stessi compiti era addetto anche l'operatore di Polizia, che, in abiti civili, compare in alcune immagini diffuse dai , presente all'azione di alcuni esagitati che intendevano provocare il ribaltamento di un furgone della Polizia; in realtà, quell'operatore stava verificando anche la forza ondulatoria scaricata sul mezzo e che non riuscisse ad essere effettivamente concluso .
Si tratta dello stesso agente che più tardi, aggredito…
ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE(FDI). Basta!
PRESIDENTE. Delmastro Delle Vedove, la richiamo all'ordine ! Delmastro Delle Vedove Andiamo avanti, dobbiamo far terminare il Ministro. Colleghi, colleghi … Delmastro Delle Vedove … Colleghi, non è aperto il dibattito su questo, ora .
Collega Delmastro Delle Vedove, la mascherina… Colleghi … Deputato Fiano, deputato Sensi… Colleghi, andiamo avanti !
Deputato Mollicone! Deputato Mollicone, la richiamo all'ordine!
Prego.
LUCIANA LAMORGESE,. Si tratta dello stesso agente che, più tardi, aggredito da un manifestante da lui arrestato e tuttora in stato di detenzione, ha reagito in modo scomposto, per questo motivo si è auto-segnalato e ora la sua posizione è al vaglio dell'autorità giudiziaria.
Ritornando alla figura e al ruolo di Giuliano Castellino, è importante precisare la tempistica dei suoi interventi dal palco di piazza del Popolo, soprattutto rispetto a un altro punto critico che qui intendo approfondire e cioè l'assalto alla sede della CGIL. Dopo aver preso la parola una prima volta, poco dopo le 15, e senza fare alcun riferimento alla CGIL, Castellino riprende a parlare in pubblico alle 16,30, ossia un quarto d'ora dopo che Luigi Aronica, altro esponente di Forza Nuova, facesse richiesta ai responsabili della sicurezza di consentire lo svolgimento di un corteo che, attraversando Villa Borghese, arrivasse fino alla confluenza con Corso d'Italia. Nei pressi della sede della CGIL, i manifestanti, secondo la richiesta in quel frangente formulata, ma non autorizzata, si sarebbero soffermati, a loro dire, per scandire slogan di protesta e disapprovazione. È evidente , dunque, come l'intenzione dei manifestanti di dirigersi verso la sede sindacale non sia stato il frutto estemporaneo dell'incitamento di Castellino, bensì fosse emersa già prima, in quanto oggetto di un'esplicita richiesta in corso di valutazione da parte delle autorità di Polizia, le quali, frattanto, avevano invitato i manifestanti ad attendere, anche al fine di indicare loro eventuali percorsi e siti alternativi.
Alle 16,45, senza che fosse stata accordata alcuna autorizzazione, un considerevole numero di dimostranti, circa 3 mila, iniziava improvvisamente a muoversi in corteo verso piazzale Flaminio, con l'intenzione di raggiungere piazzale del Brasile. L'avanzata dei manifestanti è avvenuta in maniera tanto impetuosa, quanto disordinata e per un breve momento è riuscita a superare gli stessi operatori della Polizia. Ciò ha fatto sì che le Forze dell'ordine abbiano accusato una grave difficoltà di reazione, causata essenzialmente da una situazione venutasi ad accelerare in pochissimi minuti.
Non di meno, esse sono intervenute immediatamente per frenare la rapida avanzata del corteo, anche invitando i manifestanti a desistere, e, allo stesso tempo, per predisporre la rimodulazione dei servizi al fine di approntare una barriera di contenimento in piazzale del Brasile alla confluenza con Corso d'Italia. In questa fase assolutamente dinamica, i funzionari di Polizia hanno avuto interlocuzioni anche con Castellino, il quale, frattanto, aveva raggiunto la testa del corteo; interlocuzioni che erano, tuttavia, esclusivamente funzionali a guadagnare tempo per il rischieramento del personale e dei mezzi.
Alle 17, in piazzale del Brasile, si sono schierate 6 squadre dei reparti inquadrati, per un totale di 60 uomini, dirette da un funzionario della Polizia di Stato, mentre ulteriori 2 squadre, per complessive 20 unità, andavano a posizionarsi nei pressi della sede della CGIL. Frattanto, un consistente dispositivo di contenimento veniva disposto verso via del Tritone per fronteggiare il prevedibile concomitante tentativo dei manifestanti di raggiungere le sedi istituzionali. Il numero esorbitante dei partecipanti al corteo e anche il loro impeto hanno, tuttavia, rappresentato una forza d'urto capace di superare lo sbarramento velocemente approntato a piazzale del Brasile, aprendo un varco ai manifestanti dei quali circa 1.500 si dirigevano verso l'ingresso principale della CGIL, mentre gli altri defluivano verso via Veneto, con il chiaro intento di arrivare a ridosso di Palazzo Chigi e Montecitorio.
Durante questa turbolenta fase di scontro, caratterizzata da un'evidente sproporzione tra la massa dei manifestanti e le Forze dell'ordine in campo, impegnate a coprire vari fronti, è rimasto seriamente ferito, riportando la frattura di una costola, il funzionario della Polizia di Stato che comandava i nuclei in servizio. L'intervento delle Forze di polizia a difesa della CGIL, pur avvenuto in un frangente di estrema concitazione, si è dispiegato, almeno inizialmente, in modo tale da non evitare il prevalere dell'azione eversiva. È accaduto, perciò, che, grazie all'effrazione di una finestra laterale, avvenuta alle 17,27, un piccolo gruppo di facinorosi sia riuscito a penetrare all'interno del piano terra e, conseguentemente, a forzare la porta principale d'ingresso, consentendo anche ad altri manifestanti presenti all'esterno l'accesso all'edificio. Questo è stato il momento più drammatico di quel sabato pomeriggio, che ha turbato fortemente l'opinione pubblica per la violenza dell'azione distruttiva e per lo sfregio alla democrazia che esso ha rappresentato, un momento durato otto angoscianti minuti e che ha avuto il suo apice dalle 17,32, quando i manifestanti irrompono nella sede sindacale, alle 17,35, allorché le Forze di polizia riprendono il pieno controllo della situazione e liberano i locali della CGIL, proteggendoli dalle ulteriori possibili pressioni dei manifestanti.
I principali responsabili di questo vile assalto, in virtù dell'istituto della flagranza differita, sono stati tratti in arresto; si tratta di 6 persone accusate di devastazione e saccheggio, istigazione a delinquere, danneggiamento, violazione di domicilio aggravata, resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Tutte le persone arrestate sono ancora detenute in custodia cautelare. Le misure coercitive hanno raggiunto i due capi di Forza Nuova, Roberto Fiore e Giuliano Castellino, il loro sodale Luigi Aronica, Salvatore Lubrano, esponente di un'organizzazione della destra radicale, e Pamela Testa, aderente a Forza Nuova dopo essersi evidenziata in occasione di manifestazioni no-mask, e, infine, Biagio Passaro, tra i del movimento “IoApro”.
Informo che sono in corso serrate attività di indagine e verifiche dei filmati registrati dal sistema di videosorveglianza per individuare altri responsabili di condotte penalmente rilevanti in relazione ai fatti accaduti presso la sede della CGIL.
Tali attività hanno portato ieri sera all'esecuzione di misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di ulteriori due persone, riconosciute grazie alle immagini che li ritraggono durante l'assalto alla sede sindacale. Si tratta di Massimiliano Ursino e Lorenzo Franceschi, appartenenti entrambi al sodalizio Forza Nuova, accusati di devastazione e saccheggio in concorso con altri e di violenza e resistenza a pubblico ufficiale.
Un ulteriore punto da approfondire è poi rappresentato dall'inedito tentativo di portare effettivamente l'assedio a Palazzo Chigi e a Montecitorio, dando così seguito a propositi quasi di carattere insurrezionale, minacciati anche in precedenza attraverso i . Per lunghe ore una fiumana di manifestanti, provenienti in prevalenza da via del Tritone, ha tentato, a più riprese, di avvicinarsi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con intenti palesemente ostili. Gli scontri si sono poi susseguiti nell'adiacente via del Corso e anche in prossimità di largo Goldoni, laddove i manifestanti hanno eretto improvvisate barricate al riparo delle quali hanno lanciato vari oggetti contundenti all'indirizzo delle Forze dell'ordine. Nell'occasione gli assalti, come hanno mostrato le immagini in diretta televisiva, sono stati contenuti con l'impiego di lacrimogeni, di mezzi speciali, idranti; si è dovuto ricorrere a cariche di alleggerimento per disperdere i manifestanti più esagitati allorché i loro tentativi di sfondamento si facevano più intensi e pericolosi. Tra le Forze di polizia si sono alla fine contati - come ho detto - 41 feriti, 11 dei quali appartenenti alla questura capitolina, 21 al reparto mobile di Roma, 3 all'Arma dei carabinieri, 6 alla Guardia di finanza.
In occasione degli scontri si è proceduto all'arresto in flagranza di altre 6 persone, 5 delle quali per violenza, resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale e una per lesioni personali aggravate dall'uso di arma impropria. Il dispositivo di sicurezza che ha protetto le sedi istituzionali più rappresentative e quelle del Governo nazionale e del Parlamento ha, dunque, fronteggiato una situazione che, per dimensioni, intensità e durata, non ha avuto precedenti.
La giornata del 9 ottobre si è conclusa registrando presso il pronto soccorso del policlinico di Roma un ulteriore episodio collegato ai disordini avvenuti nel pomeriggio. Intorno alle 24 alcuni familiari di Paolo Marchetti, manifestante rimasto contuso nei tafferugli e sottoposto a per le cure del caso, cercavano di raggiungere il loro parente, il quale, dopo aver riferito di non essere vaccinato, aveva anche rifiutato di sottoporsi al tampone. I parenti del Marchetti, inveendo all'indirizzo dei sanitari, tentavano un accesso forzoso all'interno del pronto soccorso, non riuscito grazie all'intervento degli agenti della Polizia di Stato, anche essi presenti occasionalmente sul posto per le necessità mediche determinate dall'incidente avvenuto poco prima. In quel frangente, lo stesso manifestante dava in escandescenze, aggredendo il personale infermieristico e spintonando un operatore sanitario che tentava di fermarlo. Il Marchetti si è poi allontanato dall'ospedale unitamente ai suoi familiari. La DIGOS sta svolgendo un'attività di indagine per valutare gli aspetti penali delle condotte venute in rilievo durante l'episodio che, comunque, non ha determinato la devastazione dei locali sanitari richiamata da alcune testate giornalistiche.
Passo ora a riferire sui fatti accaduti sabato scorso a Milano. Nel primo pomeriggio, intorno alle 16, si è radunato a piazza Fontana un folto numero di manifestanti che protestavano contro l'introduzione delle certificazioni verdi. La composizione dei partecipanti è risultata, come al solito, molto variegata, con la parte più consistente priva di una precisa connotazione e con la presenza di circa 80 persone riconducibili all'area anarchica. L'iniziativa ha visto un immediato intervento delle Forze di polizia, le quali hanno provveduto a predisporre nuclei di sbarramento sulle principali vie di uscita dalla piazza, avvertendo i partecipanti che la stessa iniziativa sarebbe potuta proseguire solo in forma statica e delle conseguenze legali dell'inosservanza di tali indicazioni.
La manifestazione, che ha visto l'iniziale partecipazione di qualche migliaia di persone, già intorno alle 17 raggiungeva, però, circa le 3 mila presenze. Poco dopo i manifestanti, interloquendo con i responsabili dell'ordine pubblico, hanno espresso l'intenzione di volersi indirizzare verso la camera del lavoro, ma è stato categoricamente escluso che tale destinazione potesse essere ricompresa in qualunque forma dinamica della protesta. Alle 17,30 i dimostranti si sono mossi in direzione di piazza del Duomo dove, nel frattempo, si era provveduto a proteggere i punti più sensibili proseguendo, quindi, per piazza San Babila lungo corso Venezia, fino a raggiungere piazza Oberdan. In quel frangente, con ulteriori contingenti di forza pubblica coordinati da funzionari, si è provveduto anche a proteggere la sede del quotidiano , già oggetto di contestazioni in precedenti analoghe manifestazioni. Vi è da dire che l'iniziativa vedeva intanto incrementare i partecipanti, raccogliendo in quel momento 8 mila unità circa. È in questa fase che uno sparuto gruppo di militanti anarchici ha tentato di proseguire verso corso Buenos Aires. Tuttavia, tale improvvisa devastazione è stata fronteggiata e impedita grazie all'invio di un ulteriore contingente di polizia rimasto sul posto sino al completo passaggio dei manifestanti. Nello stesso tempo circa 80 anarchici, appartenenti al centro sociale Telos di Saronno, raggiungevano la testa del corteo per tentare un ulteriore deviazione verso la sede della regione Lombardia; ma anche in questo caso venivano prontamente bloccati mentre intanto si provvedeva a proteggere quella sede istituzionale con un apposito presidio.
Anche successivamente i manifestanti, con ripetuti tentativi di deviazione del corteo, hanno provato a indirizzarsi verso altri obiettivi sensibili, tra i quali la sede del , della camera del lavoro, del tribunale, di Assolombarda. Anche queste continue e ripetute manovre, che intendevano trascinare le Forze di polizia verso uno scenario di guerriglia urbana, sono state contenute e respinte in virtù di un notevole dispendio di energie necessarie a proteggere tutti i vari possibili obiettivi, tra i quali anche quello della stazione Centrale opportunamente presidiata. I fatti accaduti a Milano, durati diverse ore, hanno creato una prolungata situazione di disagio alla cittadinanza sia per il blocco veicolare, che in taluni momenti ha compromesso la circolazione, sia per il clima di tensione che ha interessato le principali vie del centro. In occasione della manifestazione sono stati eseguiti due arresti in flagranza per resistenza aggravata a pubblico ufficiale per i quali è già avvenuta la convalida, nonché otto fermi per identificazione per altrettanti soggetti indagati per i reati di violenza privata, interruzione di pubblico servizio e mancato preavviso di manifestazione pubblica. Informo che eventuali responsabilità verranno accertate a carico di altre 66 persone, la cui posizione è attualmente al vaglio dell'autorità giudiziaria.
Riguardo a quanto è avvenuto ieri mattina a Trieste, ritengo sia necessario un preliminare chiarimento. La manifestazione era stata preceduta da un'intensa attività di confronto e di mediazione che ha visto impegnati, per diversi giorni, il prefetto di Trieste, il presidente della locale autorità portuale in uno strenuo tentativo di scongiurare che l'iniziativa di blocco delle attività dello scalo giuliano venisse attuata e ciò in considerazione dei gravi danni che ne avrebbe sofferto non solo quell'importante sito della logistica, ma anche l'intera filiera produttiva e distributiva che vi è collegata.
L'iniziativa era stata assunta dal coordinamento lavoratori portuali Trieste che ha, peraltro, una rappresentanza dei lavoratori minoritaria ed è stata immediatamente oggetto di strumentali adesioni da parte di ambienti ideologizzati, sebbene non sia mancata una marginale presenza anche di altre categorie.
Elemento, quest'ultimo, che fa riflettere rispetto a quella trasversalità politico-ideologica della protesta , capace di far convergere formazioni e gruppi, anche contrapposti, sull'obiettivo comune della violenta opposizione alle istituzioni e alle misure di prevenzione sanitaria.
Tengo anche a precisare che la proclamazione dello sciopero indetto per ben 5 giorni, cioè dal 15 al 20 ottobre, era stata oggetto di una comunicazione da parte della Commissione di garanzia per l'attuazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, che ne aveva rilevato l'illegittimità, sia sotto il profilo del mancato rispetto del termine del preavviso sia sotto quello dell'inosservanza della regola della rarefazione oggettiva, preordinata a evitare gravi pregiudizi alla continuità del servizio e relativi riflessi sull'utenza.
Nonostante il richiamo del prefetto di Trieste alla palese illegittimità dello sciopero e ai risvolti di illiceità che vi erano connessi, dal 15 ottobre è stato attuato un presidio al varco 4 del molo VII del porto giuliano, che ha visto nella sua punta massima la presenza di 8 mila manifestanti. Grazie, tuttavia, all'utilizzo degli altri varchi disponibili, le attività portuali - cui ha potuto accedere la stragrande maggioranza dei lavoratori in disaccordo con la protesta - non hanno subito un blocco e hanno continuato a svolgersi regolarmente, seppure registrando alcune criticità.
La presenza a Trieste, divenuta polo di attrazione della protesta contro il , di migliaia di manifestanti, provenienti anche da altre regioni d'Italia, è proseguita anche nelle giornate successive, di sabato e domenica, di fatto impedendo ad oltre i 700 mezzi pesanti di raggiungere l'area portuale per effettuare le operazioni di carico e scarico, nonché di eseguire lo sbarco delle merci da una nave attraccata allo stesso molo VII.
A fronte di tale situazione, nel pomeriggio di domenica 17 ottobre, il prefetto di Trieste ha indetto un comitato urgente per l'ordine e la sicurezza pubblica, alla presenza dei vertici locali delle Forze di polizia, dell'autorità portuale e del procuratore della Repubblica. Si è condiviso, in quella sede, di effettuare per la mattina seguente lo sgombero del varco 4, in considerazione dei disagi già accusati e destinati ad aggravarsi. Alle 8,30 di lunedì 18, pertanto, hanno avuto inizio le operazioni di sgombero dell'area portuale interessata e, nonostante il ripetuto invito del dirigente del servizio di ordine pubblico a liberare il sito, i manifestanti hanno improvvisato un , bloccando l'avanzamento di uomini e mezzi, e hanno anche rifiutato la proposta di trasferirsi in un'altra piazza per continuare in quella sede la protesta. Nei momenti di maggiore tensione, in cui si è prefigurato il chiaro pericolo di una degenerazione della situazione dell'ordine pubblico, è stato necessario ricorrere all'uso dei mezzi idranti e dei lacrimogeni, per superare la resistenza opposta dai manifestanti più esagitati. Si è fatto ricorso, pertanto, a un intervento tecnico-operativo, che ha avuto caratteristiche analoghe a quelle già illustrate in relazione ai fatti di Roma, accaduti in prossimità di Palazzo Chigi e Montecitorio. Anche durante le fasi più concitate, il confronto con i manifestanti è stato sostenuto con moderazione e modalità di contenimento della forza, come dimostra il fatto che, nonostante la presenza di migliaia di persone, la gran parte del tutto estranea alle maestranze portuali, non si siano registrati che pochissimi casi di malore - 3 soltanto - tra i partecipanti, dovuti allo stato di panico per la ressa. Tre operatori del reparto mobile hanno riportato lievi contusioni. A seguito dello sgombero dell'area portuale, la protesta, con la presenza di circa 200 manifestanti, ha impegnato anche le zone attigue al porto e il centro cittadino, in cui per alcune ore del pomeriggio si sono registrati tafferugli con le Forze dell'ordine, al cui indirizzo sono stati lanciati sassi e bottiglie; anche in questo caso si è fatto ricorso all'uso di idranti e lacrimogeni. Allo stato risultano deferite all'autorità giudiziaria quattro persone, per i reati di interruzione di pubblico servizio e istigazione a disobbedire alle leggi, nonché per mancato preannuncio di manifestazione, ai sensi dell'articolo 18 del TULPS. Sono in corso attività di indagine per identificare eventuali altri autori di condotte delittuose.
Nella serata di ieri, una delegazione del comitato di coordinamento dei lavoratori portuali di Trieste, insieme ad altri rappresentanti del variegato mondo sono stati ricevuti dal prefetto ed è stato chiesto di poter avere un incontro con un esponente del Governo, a fronte dell'impegno a non riproporre il blocco delle attività portuali, a liberare piazza Unità d'Italia, dove frattanto era stato istituito un presidio, e a spostarsi in un'area del Porto Vecchio. Dopo breve tempo, è stata comunicata la disponibilità del Ministro Patuanelli - sorretta ovviamente dal mantenimento degli impegni assunti - a presenziare a un incontro prossimo.
Informo che attualmente l'area portuale di Trieste è tornata pienamente agibile e che non si registra alcuna criticità nelle attività dello scalo. La difesa dell'ordine pubblico ha sempre corrisposto ad un impegno severo, quanto delicato. Lo è divenuto, in modo particolare, in questo difficile periodo, in cui la protesta ha finito per investire minacciosamente pressoché ogni ambito: quello politico-sindacale, come quello sanitario e scolastico, facendo emergere nuovi soggetti da tutelare e nuovi obiettivi sensibili da proteggere.
Rileva anche il carattere sfidante di questa protesta, intenzionata a non fermarsi, nonostante gli inviti alla moderazione, e a proseguire a oltranza per raggiungere il suo scopo, organizzando ripetutamente presidi, fiaccolate e
L'obiettivo che dobbiamo prefiggerci è guidare il Paese ad uscire dalla pandemia, senza che le effervescenze della conflittualità producano traumi o ferite profonde. L'andamento delle manifestazioni svoltesi nell'ultimo fine settimana fa sì che non si possa in alcun modo abbassare la guardia e, anzi, induce a mantenere costantemente massima l'attenzione, per garantire che non sia turbata la tranquillità della comunità nazionale. Lo strumento per raggiungere questo obiettivo è garantire il doveroso equilibrio tra il diritto di manifestare anche il proprio dissenso e la tutela dei diritti di libertà dei cittadini, nel rigoroso rispetto dei principi costituzionali.
Garantisco, nella mia responsabilità di Ministro dell'Interno, in coerenza con i valori che hanno accompagnato la mia lunga esperienza al servizio della Repubblica, che tutti i cittadini potranno essere certi che questi due diritti saranno sempre tutelati nel rispetto dei principi democratici, che sono alla base del nostro Paese- Dimissioni! Dimissioni!).
PRESIDENTE. Colleghi, colleghi! Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare la deputata Baldino. Prego. Colleghi, colleghi! Prego, deputata Baldino.
VITTORIA BALDINO(M5S). La ringrazio, Presidente. Signora Ministra, Governo, le immagini che abbiamo visto, sabato scorso a Roma, ieri a Trieste, ma anche a Milano, sono immagini che non vorremmo mai vedere. Fa effetto, Ministra, vedere le due piazze. E fa effetto osservare come la reazione dello Stato non sempre sia stata adeguatamente preparata, come nel primo caso, quello di sabato, quando, nel pieno di una piazza composita, un gruppo di facinorosi e violenti ha deciso di assaltare la sede del più rappresentativo sindacato nazionale, evocando e richiamando i tempi più bui della nostra storia repubblicana, quando il sindacato, inteso come presidio della classe lavoratrice, rappresentava un obiettivo storico dello squadrismo fascista. Fa effetto vedere come quello stesso gruppo, capitanato da una persona che, no, non ci doveva e non ci poteva stare lì, avesse minacciato anche di procedere verso altri obiettivi sensibili, simbolo dello Stato democratico e delle istituzioni, come le sedi del Governo e del Parlamento. A quel punto, i pochi uomini e donne in campo hanno concentrato i loro sforzi come meglio hanno potuto. Dico pochi uomini e donne, perché, se un cortocircuito c'è stato - e noi riteniamo che ci sia sicuramente stato, come peraltro ha riconosciuto anche lei, Ministra -, abbia riguardato prima di tutto la non corretta valutazione della quantità delle persone attese in piazza.
Questo deficit informativo ha senza dubbio compromesso la gestione corretta e ottimale dell'ordine pubblico, gestione che, come certamente saprà chi ha ricoperto l'incarico di Ministro dell'Interno, compete agli organi di pubblica sicurezza territorialmente competenti.
Voglio essere molto chiara: che ci siano stati errori è innegabile ed è nostro dovere ora capire come e perché, cosa e perché non abbia funzionato e fare in modo che simili episodi non si ripetano più. Agli uomini e alle donne delle Forze dell'ordine va ancora il nostro ringraziamento per il grande sforzo che gli stiamo chiedendo in questa fase politica e sociale così concitata e controversa . Fa effetto anche osservare come una parte del centrodestra, che ha fatto della strenua difesa delle Forze dell'ordine proprio la sua bandiera politica, in questo caso, pur di colpire un obiettivo politico di turno, si lascia andare oggi ad accuse indegne nei loro confronti. Fa effetto, dunque, osservare come movimenti di piazza vengano strumentalizzati e plasmati a proprio uso e consumo pur di continuare a mandare messaggi ambigui, sposando tesi no-vax, no-pass, no-mask, pur di continuare a speculare sui sentimenti di malessere che esistono .
Sono state mosse accuse molto pesanti a questo Governo. Si è parlato di complotto e di strategia della tensione, affermazioni serie e gravi che non hanno di certo contribuito ad alleggerire un clima già di per sé molto teso. Siamo convinti che tutto questo non porterà da nessuna parte. Non si può dare solidarietà alle Forze dell'ordine da una parte e poi gridare al complotto dall'altra, insinuando il dubbio nei cittadini ancor prima di avere chiarezza e contezza di quanto sia effettivamente accaduto . La politica ha il dovere di ascoltare le piazze, ma ha anche il dovere di saperle riconoscere e di distinguere quando un moto è legittimo, pacifico e risponde a uno stato di effettivo disagio rispetto a quando quello stato di disagio viene cavalcato da gruppi di violenti, che hanno come obiettivo quello di destabilizzare e di sovvertire i principi dello Stato democratico. Bisogna riconoscere e prendere le distanze.
Allora, osserviamo la realtà. La realtà ci dice che in una situazione di crescente sgomento di settori sempre più alti della nostra società, mentre rischiano di dilagare povertà, disuguaglianza e disoccupazione, i movimenti di estrema destra, ma anche di anarchici non riconducibili sempre e solo a una certa ideologia, trovano gli spazi lasciati vuoti dalla politica. Allora, la politica e le istituzioni hanno un dovere, che è quello di riempire nuovamente quegli spazi, di non bollare e liquidare i movimenti di piazza come dei puri e semplici rigurgiti fascisti. Si rischierebbe di sottovalutare il fenomeno e questo non fa altro che alimentare quella distanza sempre più netta tra popolo e politica che i dati delle urne ci hanno consegnato in una fotografia molto chiara, direi quasi plastica. Abbiamo bisogno di una politica che ascolti per dare risposte, non di una politica che strumentalizza senza saper dare risposte . Noi dobbiamo parlare alle persone che manifestano un malessere diffuso, che si sta concentrando in questo momento sulla questione del , che non va sottovalutato. I cittadini hanno bisogno di certezze. Per questo chiediamo al Governo parole di chiarezza rispetto alla stagione che si aprirà se i dati buoni, che stiamo osservando, si consolideranno.
Dal primo giorno della pandemia il Governo in carica ha intrapreso ogni decisione, facendosi orientare sempre da 2 principi cardine: adeguatezza e proporzionalità. Ogni misura dev'essere suffragata e sostenuta da questi 2 principi. Così è stato quando non conoscevamo gli effetti della pandemia e quando abbiamo dovuto chiedere a tutti i cittadini sacrifici enormi, mentre altri urlavano un “liberi tutti” strumentale e sconsiderato ai fini elettorali, e così deve essere in questa fase, ma questa volta tutte le forze politiche devono essere unite. Chiediamo, quindi, al Governo, proprio per ascoltare il malessere diffuso, ma anche per rispetto dei cittadini che hanno osservato sempre diligentemente ogni misura ritenuta necessaria, di prevedere quella soglia scientificamente adeguata entro la quale allentare queste misure. Lo diciamo davvero con spirito collaborativo e responsabile e come MoVimento 5 Stelle continueremo a lavorare e a portare avanti la nostra proposta dei tamponi a prezzi calmierati, per venire incontro alle esigenze non solo di chi non si vuole vaccinare, ma anche di tutte le famiglie che vogliono fare uno e questo non deve pesare sul bilancio familiare .
Non si penalizzino, quindi, le libere e pacifiche manifestazioni di dissenso, ma si predispongano tutte le cautele, attraverso quell'equilibrio che citava lei, Ministra, per affrontare nel modo più efficace questa fase politica e sociale così delicata. Il nostro compito ora è quello di alleviare il sentimento di disagio e di confusione che aleggia nella società. Possiamo farlo solo parlando con un linguaggio univoco, senza alimentare ulteriori contrasti, né paventare presunti complotti e instillare nei cittadini paure e insicurezze che, in questo momento, proprio non servono .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tonelli. Ne ha facoltà.
GIANNI TONELLI(LEGA). Grazie, Presidente. Signor Ministro Lamorgese, desidererei, in premessa, stigmatizzare l'irrispettosità e l'inopportunità con le quali lei, in più occasioni, ha posto in essere la sua difesa preventiva, sostenendo che quelli rivolti alla sua persona dalla Lega sono solamente degli attacchi personali. Come potrà riscontrare, il gruppo Lega ha i suoi buoni motivi per avere riserve sul suo operato e, nel doveroso rispetto delle prerogative parlamentari, darà il proprio contributo al dibattito.
Nella sua informativa sui noti fatti di sabato 9 ottobre a Piazza del Popolo, emergono in maniera dirompente le falle della sua azione. Settimane prima dei noti fatti, lei aveva messo in guardia su pericolose congiunture: “I toni salgono. Rischio di lupi solitari ed estremismi nelle manifestazioni” (, 10 settembre 2021). E allora? Come mai il dispositivo di prevenzione non ha per nulla funzionato? Come mai al Castellino e ai suoi sodali è stato consentito di raggiungere la piazza, di salire sul palco e di aizzare la folla contro la CGIL? E, per quanto questa espressione possa espormi, dobbiamo individuare i soggetti come dei rubagalline del disordine pubblico. Dunque, lei si è fatta mettere in scacco da questi? Come mai in 2 ore dal nefasto invito, non è stato possibile inviare la forza necessaria a proteggere l'obiettivo sensibile, che, si badi bene (si badi bene!), era tale anche a priori, Castellino o non Castellino, visto che era nelle vicinanze del luogo dove si teneva la manifestazione e la CGIL era stata oggetto di non secondarie polemiche da alcuni ambienti aderenti alla manifestazione stessa? Alla CGIL va la nostra vicinanza e a tutte le vittime in genere della protervia, dell'arroganza e della violenza. In Italia dobbiamo ricordarci che manifestare pacificamente e senza armi è un dovere, ma è anche un diritto. È un diritto e un dovere, perché il proprio pensiero va manifestato (sono i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale di cui all'articolo 2 della nostra Carta). La sua informativa, signor Ministro, ci appare come un goffo tentativo di autoassolversi, alla stregua di quella del di Viterbo, nella quale si tentò maldestramente di deviare l'attenzione su una responsabilità inaffrancabile dell'autorità nazionale di pubblica sicurezza (la risposta se la può dare da sola). E se invece di essere un gruppo di 10.000 sbalestrati, intenti a inebriarsi di droga e decibel e in gran parte stranieri, si fosse trattato di un gruppo con finalità eversive? Ci saremmo aspettati, oggi come ieri, un'ammissione delle falle del sistema, una loro analisi e l'indicazione degli strumenti per far sì che ciò che è stato non accada più. Valutiamo molto negativamente la sua intransigente linea di autoderesponsabilizzazione, che rileviamo essere una costante fissa sulle materie di competenza del Viminale. Poche settimane fa, a Rimini, ha affermato che i tragici fatti in cui un somalo, noto per la sua aggressività, sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, itinerante da anni in Europa e richiedente asilo in più Nazioni, ha accoltellato numerose persone, tra cui un bambino al collo, sarebbero potuti accadere dovunque.
Cosa dire, poi, sul fronte dell'immigrazione, che scolpisce sulle roccia un totale fallimento rappresentato dalla decuplicazione dei dati in ingresso?
Questi ultimi impongono necessariamente di dover riflettere sul fenomeno migratorio e sulla gestione dello stesso, perché la questione apre collettori immensi di responsabilità non solo politiche, ma anche morali verso coloro che sono deputati a gestire il problema e chi subisce situazioni inaccettabili . Stiamo sopportando un flusso migratorio che non riusciamo, in alcun modo, a gestire e a controllare; con questi numeri e l'attuale situazione economico-sociale l'integrazione è solo uno slogan ideologico. E a questo punto forse è ora di aprire un grosso interrogativo sulla natura tecnica del suo ruolo: lei si è gettata mani e piedi nel terreno politico e ha tentato un'azione di autoderesponsabilizzazione tecnica, nascondendosi dietro l'Europa. Un tecnico, se ritiene una trave inidonea, la sostituisce con una adeguata; lei invece ha tolto la trave dei “decreti Salvini” e l'ha sostituita con un fuscello, dichiarato inidoneo a Bologna il 14 settembre ultimo scorso persino dal Premier Draghi.
Lei ha demolito la scelta politica dei “decreti Salvini”, sostituendola con una non scelta, facendosi scudo della sua natura tecnica, che tale non è, visto che entra a gamba tesa in temi strettamente politici, quali lo , o è intervenuta in città interessate dalla campagna elettorale, quale Rimini, promettendo 40 milioni per cittadelle della sicurezza con opere faraoniche, nonostante la stridente contraddizione rappresentata dal fatto che, tra poche settimane, verrà inaugurata la nuova questura. E qui, su questo, lancio una riflessione a tutto il Parlamento, ai colleghi e alle forze politiche: se la politica vuole riacquistare dignità e fiducia da parte del corpo elettorale, se vuole riuscire a riparare a quel rapporto sfilacciato, non può nascondersi dietro scudi tecnici o falsamente tecnici, perché questo è un errore !
Abbiamo visto a Trieste anche ieri, signor Ministro; forse voleva recuperare in parte ciò che non era stato fatto il 9 a Roma. Devo dire la verità, da poliziotto ho visto un'infinità di manifestazioni, soprattutto in un momento come quello, come dice oggi , quindi non si può dire certamente che era un nostro comunicato. Non tutti all'interno del Ministero dell'Interno condividono questa impostazione per tre motivi, ossia quello, ieri, dello sgombero coattivo: perché è giorno di elezioni, perché si tratta, comunque, di una manifestazione di lavoratori e perché chi è davanti al porto non pare intenzionato a mettere in atto clamorose azioni di disturbo o di devastazione, che ho visto mille volte nell'inerzia di tutti. Da quanto trapela dai sindacati di Polizia nei ranghi operativi della questura di Trieste si apprende dell'intervento deciso a Roma con un misto di sorpresa e irritazione, e devo dire che questo sgomento non ha lasciato insensibili tutti noi, la mia persona, ma voglio dire in generale gran parte dell'opinione pubblica. Hanno visto di peggio, di molto peggio, nell'inerzia totale, e forse ieri questa è stata la scelta più sbagliata. Lei ha demolito la scelta politica dei “decreti Salvini”, sostituendola con una no scelta, facendoci solo scudo della natura tecnica, che tale non è. Signor Ministro, guidare il Viminale è un fardello, ne siamo consapevoli, e lo sa il suo predecessore, Matteo Salvini, che proprio per questo è a processo per aver servito il suo popolo e fatto quello che lei non ha avuto il coraggio di fare .
Il suo campo di azione, signor Ministro, è, come per tutti i miei colleghi poliziotti, carabinieri, finanzieri, penitenziari e Polizia locale, la metà del cielo negativa, e lo dimostrano anche i 41 feriti tra i miei colleghi, ai quali va la nostra piena e totale vicinanza e solidarietà . E non si faccia scudo nelle sue informative degli operatori di Polizia con parole come ho sentito prima, non si faccia scudo di questo , anche per un motivo: nessuno ha pensato in senso negativo o sono veramente quantità infinitesime. Le responsabilità ci emergono molto chiare e si indirizzano verso la gestione del Viminale, verso la sua persona. Come le dicevo, la sua azione è su un terreno estremamente insidioso e negativo, quello della metà del cielo in cui operano i mascalzoni, i delinquenti, la mafia, la criminalità.
Un terreno di lavoro che impone coraggio, determinazione, spirito di servizio e sacrificio, che a volte porta inesorabilmente a sporcarsi le mani in senso nobile e virtuoso. Scelte difficili e combattute, ma necessarie. Glielo dico con chiarezza ed energia: non si può fare il Ministro dell'Interno in guanti bianchi, declinando le proprie responsabilità; il ruolo e il dovere verso gli italiani lo impongono. Su questo dovrebbe imparare dal suo predecessore, chiamato ingiustamente e indegnamente a pagare il prezzo della coerenza e del servizio all'Italia .
GIANNI TONELLI(LEGA). Ma pensi, però - vado a conclusione, Presidente -, provi a immaginare con quanta serenità il senatore Salvini appoggiava il proprio viso sul cuscino all'atto di coricarsi, pensava di evitare
PRESIDENTE. Colleghi! Colleghi!
GIANNI TONELLI(LEGA). …a centinaia di donne, cosa che non avete fatto voi, di bambini e sventurati di affogare in mezzo al mare di avere strappato alle grinfie degli schiavisti e della tratta degli esseri umani migliaia di persone, di avere evitato coltellate alla giugulare di bambini, stupri, degrado, lavoro nero, spaccio e paura, togliendo foraggio alla greppia indegna dei predatori autocrati della falsa accoglienza !
GIANNI TONELLI(LEGA). Su queste cose, signor Ministro, rifletta, ci pensi, perché credo che una riflessione se la debba fare anche lei .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Serracchiani. Ne ha facoltà.
DEBORA SERRACCHIANI(PD). Signor Presidente, signora Ministra, colleghe e colleghi, desidero innanzitutto rivolgere un ringraziamento alle donne e agli uomini delle Forze dell'ordine che, ancora una volta, in questi giorni difficili, a Roma, a Milano e a Trieste stanno dando prova di elevata professionalità e assoluta dedizione. A nome del mio gruppo, le chiedo inoltre, signora Ministra, di far giungere agli agenti feriti gli auguri di un rapido ristabilimento . Desidero anche ribadire in quest'Aula, nel Parlamento della Repubblica, il nostro sdegno e la nostra condanna per l'assalto e la devastazione alla sede della CGIL, di chiara matrice fascista, ripeto, di chiara matrice fascista !
Un evento gravissimo e inquietante, che riporta alla nostra memoria gli anni bui e tragici che precedettero il Ventennio. Alla CGIL e al suo segretario, alle iscritte e agli iscritti rinnovo la nostra solidarietà e vicinanza, e voglio qui ricordare la risposta all'offesa fascista verso il mondo del lavoro offerta dalla bella, pacifica, partecipatissima Piazza San Giovanni di sabato . In quella piazza della democrazia, della libertà e dei valori costituzionali è stato un onore esserci. Lo dico con rispetto ai colleghi della destra: quella piazza non era elettorale, quella piazza non era di qualcuno. Quella piazza era dell'Italia e disertarla è stato un errore . La ringrazio, signora Ministra, per questa informativa circostanziata sugli incidenti verificatisi a Roma sabato 9 ottobre, su quelli successivi di Milano e Trieste e sulle linee di azione della gestione dell'ordine pubblico.
Questa relazione consente all'intero Parlamento di avere un quadro chiaro sui gravi fatti, e quindi di esprimersi in maniera approfondita e ponderata. Il mio auspicio è che almeno in questa occasione si superi la tentazione della propaganda e dell'uso strumentale degli avvenimenti a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi, anche perché ormai i ballottaggi sono alle nostre spalle. Signor Presidente, è ancora più evidente, alla luce di quanto abbiamo oggi ascoltato, il disegno eversivo preordinato delle frange di Forza Nuova e delle altre sigle della galassia neofascista che miravano ad assaltare la sede del potere esecutivo, Palazzo Chigi, e la sede del potere legislativo, il Parlamento. Un quadro che definire allarmante è davvero dire poco. Ebbene, dinanzi a questo disegno, che oggi ci è stato descritto in maniera ancora più circostanziata, abbiamo ascoltato nei giorni scorsi, proprio in quest'Aula, una di partito accusare il Governo di mettere in atto una - cito testualmente - strategia della tensione.
Quindi, dobbiamo dedurne che non i gruppi neofascisti, ma nientemeno il Governo, cioè il Presidente Draghi, la Ministra Lamorgese – e, dobbiamo supporre, anche tutti o quasi tutti i Ministri - stanno tentando di danneggiare un partito e, accusa gravissima, stanno tentando di sovvertire l'ordine democratico.
Questo Governo è custode della democrazia e simili accuse vanno rigettate con la massima fermezza ! Già era apparsa poco comprensibile, rispetto alle immagini dell'assalto, rispetto agli arresti effettuati, la riluttanza, da parte di Fratelli d'Italia e della sua , la collega Meloni, a riconoscere la matrice fascista all'origine degli incidenti di sabato, in particolare dell'irruzione nella sede della CGIL. Ma se era incomprensibile questa difficoltà, è stato inammissibile costruire la tesi di un complotto ordito contro la destra, sfruttando, addirittura manovrando, gli esponenti neofascisti all'opera sabato. Io credo che, anche nella foga delle campagne elettorali, dovremmo imparare, colleghi, a usare misura nelle parole, soprattutto quando si evocano tempi e stagioni segnati dal sangue, dalle stragi, dalle bombe, dalle piazze cosparse di cadaveri, dai treni sventrati. Dovremmo evitare di piegare la storia, soprattutto quella tragica e dolorosa di questo Paese, agli interessi di giornata e anche ricordare che i protagonisti di quei tempi, così inammissibilmente richiamati, sono stati i gruppi eversivi, neri e rossi, che usavano la violenza omicida per provare a distruggere la democrazia e le istituzioni democratiche.
Signor Presidente, signora Ministra, il Paese vive una fase assai delicata. Da un lato, i dati della ripresa economica, dei consumi delle famiglie, la fiducia degli imprenditori e, sebbene in misura non ancora soddisfacente, il recupero dei posti di lavoro persi con la pandemia, ci fanno guardare al futuro con una certa fiducia, dall'altro lato però, il disagio sociale causato da quasi due anni di sofferenze, di restrizioni, di preoccupazioni per la nostra salute e per quella dei nostri cari e un senso diffuso di precarietà e di smarrimento spinge aree, certo non maggioritarie, ma comunque presenti nella nostra società, a protestare e a manifestare nelle piazze, con rischio di infiltrazioni e manipolazioni proprio in quel malessere. Anzi, per quanto riguarda la diffusione di informazioni false o deformate sui possiamo dire che la manipolazione è già in atto. Condividiamo, dunque, l'amarezza per quella che il Presidente della Repubblica ha definito una deriva antiscientifica che si respira nel Paese, accompagnata da atti di violenza che sembrano quasi voler ostacolare la ripresa economica. È una fase, questa, che forse più che nei mesi passati impone a tutti responsabilità e capacità di procedere con saggezza e lungimiranza sulla strada del rigore e della gradualità, che ci ha permesso di fare passi in avanti sicuri per uscire dalla crisi e, in particolare, richiede a tutti parole e comportamenti che non mostrino alcuna ambiguità sul rilievo assoluto - e cito, assoluto - della campagna vaccinale come strumento per sconfiggere la pandemia .
È il vaccino, non il tampone che ci farà vincere questa drammatica battaglia ! Perciò, signor Presidente, è il tempo dell'unità e della coesione, a cominciare dalla politica; ed è questo l'appello che mi sento di rivolgere, quest'oggi, da questi scranni. Unità non è cancellazione delle diversità, soprattutto tra chi è in maggioranza e chi è in opposizione, ma è sforzo comune di vincere, prima di tutto, la pandemia.
Signora Ministra, appare evidente che quanto avvenuto a partire dal pomeriggio di sabato 9 ottobre rappresenti un evento non omologabile a tutte le altre manifestazioni; è chiaro che la presenza delle frange neofasciste di Forza Nuova e di altri soggetti legati a quest'area, all'interno della manifestazione promossa dalle associazioni e dai cittadini contrari all'uso del , ne ha radicalmente mutato natura e linea di svolgimento, rendendo inefficace la strategia di contenimento perseguita nella gestione dell'ordine pubblico. Apprezziamo che abbia riconosciuto che ci sono state delle sottovalutazioni e che ci siano state delle responsabilità. Per questi motivi, signora Ministra, siamo convinti che adotterà tutti i provvedimenti opportuni e necessari per evitare che ciò avvenga di nuovo.
Nei fatti successivi, di Milano e di Trieste, così come lei stessa ci ha descritto, la gestione dell'ordine pubblico, anche nei frangenti assai complessi e rischiosi come quelli che si sono verificati nel capoluogo lombardo per opera di appartenenti all'area anarchica, non ha registrato le criticità osservate sabato 9 ottobre a Roma. In particolare, per Trieste credo sia giusto esprimere apprezzamento per l'azione prudente, ma ferma, a tutela dei lavoratori portuali e dell'attività del porto che, ricordiamolo, è, per importanza, il settimo in Europa, il primo per traffico merci e la porta essenziale per l'intera economia italiana e davvero mi pare incomprensibile come colleghi della Lega e di Fratelli d'Italia abbiano potuto accusare proprio le Forze dell'ordine di comportamenti brutali verso i lavoratori .
In conclusione, la sua relazione, signora Ministra, ci ha fornito un quadro dell'accaduto e indicazioni sulle cose da fare che noi consideriamo positivamente. Nell'azione di contrasto e repressione di tutte le forme di violenza, come quelle accadute nel corso degli ultimi giorni, il Governo sappia di avere il sostegno pieno del Partito Democratico e siamo convinti - speriamo - di tutto il Parlamento. Un'unità che è fondata sulla consapevolezza che siamo immersi, da mesi, in un tempo tra i più difficili, dal punto di vista sociale, economico e produttivo, della nostra storia e che questa crisi, che non ha risparmiato nessuno, ha comunque aggravato squilibri e disparità.
Vogliamo, e dobbiamo, uscire da questa crisi con un Paese più forte, con un Paese più giusto, più moderno, più capace di proteggere le fasce e le aree più deboli. E questo non sarà possibile o, comunque, riuscirà più difficile senza una tensione unitaria, senza una volontà di coesione, di cooperazione tra tutte le forze, a cominciare da quelle politiche, che consenta di condividere ricette coraggiose e arrivare al più presto possibile all'uscita dalle difficoltà. Il Partito Democratico per questo c'è e Si impegnerà .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Calabria. Ne ha facoltà.
ANNAGRAZIA CALABRIA(FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, Ministro Lamorgese, abbiamo vissuto mesi durissimi e, guardando al passato da una prospettiva finalmente migliore, quello che appare con grande chiarezza è che se siamo riusciti ad avvicinarci alla fine della fase emergenziale della pandemia, sia come singoli sia come collettività, è stato grazie alle regole e alla capacità degli italiani di rispettarle. Sono state infatti le regole del lockdown ad arginare una situazione persino peggiore dei contagi e delle morti, che pure abbiamo drammaticamente subito. Sono le regole che hanno deciso le priorità per la somministrazione dei vaccini e che hanno consentito una campagna vaccinale ordinata ed efficace e sono sempre le regole, l'obbligo del tra tutte, a permettere il rientro in presenza negli uffici, la ripartenza delle aziende, la progressiva ripresa di sempre maggiori ambiti di libertà e di socialità per i cittadini. È grazie ai vaccini e al che il Paese - come ha autorevolmente evidenziato il Presidente Mattarella - torna a respirare e a vivere, perché sono i vaccini e il gli unici strumenti per garantire la salute dei cittadini e la ripresa economica e sociale .
Dunque, Ministro Lamorgese, noi le chiediamo di far rispettare queste regole, di mettere in campo tutti gli strumenti a disposizione del Viminale, sia in termini di prevenzione, sicuramente più facile e anche più efficace, sia di repressione, per impedire il ripetersi degli inauditi fatti che si sono, purtroppo, verificati a Roma e a Milano lo scorso 9 ottobre. Intendiamoci, il diritto di manifestare il proprio pensiero e di riunirsi liberamente è intoccabile - è la Costituzione italiana a sancirlo -, ma quello che è accaduto pochi giorni fa va ben oltre – va ben oltre - questo diritto. C'è un limite oltre il quale la tolleranza cessa di essere virtù e, se come detto, il diritto di manifestare pubblicamente è una delle massime espressioni di salute di una democrazia, la violenza è la negazione stessa dei nostri principi democratici . La guerriglia urbana si è verificata tra le strade del centro di Roma, con il lancio di bombe carta, bottiglie e bastoni contro le nostre Forze dell'ordine, alle quali desidero rinnovare tutta la nostra vicinanza, stima e solidarietà , perché in quel momento esse rappresentano, sono lo Stato e, quindi, ogni aggressione, ogni violenza contro le Forze dell'ordine è un'aggressione contro lo Stato .
Ebbene, quell'assedio non ha nulla a che vedere con la manifestazione legittima del dissenso e altrettanto vale per l'inaccettabile assalto alla sede della CGIL, che ha giustamente e doverosamente suscitato la reazione indignata di tutte le forze politiche, a iniziare proprio da Forza Italia.
Allora, Ministro, tornando alle regole, non ne servono di nuove, ma vanno rigorosamente applicate quelle che già esistono e Forza Italia le chiede, dunque, tolleranza zero nei confronti di ogni tentativo di far riaffiorare nel nostro Paese lo spettro di una violenza, che, in questo caso, non definirei politica, ma piuttosto legata alla sfiducia nei confronti di quelle istituzioni democratiche che hanno indicato regole condivise. E a conferma di questo, non è un caso che le degenerazioni violente, a Roma come a Milano, non abbiano avuto un solo colore politico, ma siano state fomentate tanto da chi professa teorie neofasciste, quanto dagli anarchici.
Ci aspettiamo, perciò, indistintamente, una reazione ferma e decisa, quella che una democrazia matura come la nostra si può permettere di affermare contro coloro che provano a metterla in discussione. E ci tengo a sottolineare “indistintamente”, Ministro, perché riteniamo che piegare quanto accaduto ad una polemica politica contingente, guardando al dito dei ballottaggi delle elezioni amministrative piuttosto che alla luna, come alcune parti politiche hanno fatto, ha significato una vera miopia di fondo.
Quelle di sabato scorso a Roma e a Milano e di ieri, a Trieste, non sono semplicemente delle manifestazioni contro il , Ministro, sono manifestazioni che rivelano un malessere sociale profondissimo, che affonda le sue radici nella disperazione sociale che la politica, tutta, non ha saputo intercettare. Intendo dire che tutti noi, oggi, forse, ci dovremmo interrogare, prima di tutto e mettendo da parte le ideologie e le nostalgie, su quello che possiamo fare e dobbiamo fare per restituire agli italiani la fiducia nel futuro, la fiducia nello Stato .
Forza Italia sostiene convintamente il Governo, perché crede nel progetto di rinascita e di ricostruzione sociale di questo Esecutivo ed ogni giorno lavora e costruisce le politiche di questo Governo per la crescita, per lo sviluppo, per l'occupazione. Mentre stiamo parlando, abbiamo previsioni di crescita del PIL di oltre il 6 per cento. Parliamo di questo al Paese, raccontiamo quello che stiamo facendo al Governo, degli investimenti nel PNRR.
Io credo che le forze politiche responsabili debbano cavalcare i sogni e le speranze degli italiani, non le angosce e le paure. E ancora di più credo che le forze politiche che ambiscono a guidare il Paese, debbano scommettere e promettere il lavoro, non i sussidi. Offriamo attenzione e rispetto, dunque.
C'è un'immagine che vale più di mille parole ed è quella dell'abbraccio tra il manifestante e il poliziotto, a Trieste, qualcuno lo avrà visto: è la testimonianza più viva del senso di comunità, di condivisione, nella legittima diversità di ruoli e di opinioni, che penso debba albergare nello spirito di ognuno di noi, italiani, uniti nella più grande delle battaglie che il Paese ha dovuto affrontare dalla seconda guerra mondiale, uniti nel vivere dapprima le necessarie restrizioni e privazioni, e poi uniti nel rispettare le regole che ci permetteranno di tornare alla normalità; uniti, perché lo Stato e le istituzioni rappresentano il senso più profondo del nostro essere persone, individui, in una comunità.
Vede, Ministro, noi di Forza Italia abbiamo sempre sostenuto l'importanza del , uno strumento necessario che sta funzionando, simbolo ed espressione di un dovere morale, oltre che giuridico: quello di considerare la libertà personale non come assoluta, ma come strettamente correlata ai princìpi costituzionali di solidarietà sociale e di tutela della salute come interesse della collettività, perché non vaccinarsi non significa solo mettere a repentaglio la propria salute, ma vuol dire anche mettere a rischio la salute degli altri , in particolare dei più fragili, di chi non può sottoporsi al vaccino, e vuol dire inficiare la possibilità di chi soffre di patologie diverse dal COVID di accedere alle cure adeguate.
Inoltre, penso che sussista un equivoco di fondo sul tema generale della libertà, perché, guardate bene, l'alternativa non è tra l'obbligo del e la libertà per tutti di circolare liberamente ovunque; l'alternativa è tra l'obbligo del e un nuovo lockdown, E io non penso che ci sia qualcuno, in quest'Aula o fuori da essa, che possa credere che il nostro Paese, le famiglie e le imprese italiane possano permettersi davvero nuove restrizioni e nuove privazioni.
In conclusione, ci uniamo alla tristezza espressa proprio ieri dal Presidente della Repubblica nel constatare che l'esplosione di fenomeni di violenza e di aggressiva contestazione sta avvenendo proprio oggi che vediamo una ripresa incoraggiante, economicamente, socialmente e culturalmente. E se è compito di ciascuno di noi contrastare la deriva antiscientifica indicata da Mattarella, a lei Ministro chiediamo, invece, di concentrarsi sul far rispettare le regole, perché questo è davvero il presupposto dell'efficacia di qualsiasi azione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lollobrigida. Ne ha facoltà.
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA(FDI). Grazie, Presidente. Governo, cittadini italiani, ai quali ci rivolgiamo oggi in diretta televisiva, noi siamo qui per una richiesta specifica di Fratelli d'Italia, che il 10 ha prodotto una lettera indirizzata a lei, chiedendo di sapere immediatamente la verità su ciò che era avvenuto nella piazza il 9 ottobre, seguita, il lunedì, dal collega Fornaro di LeU, che ha fatto analoga richiesta, e ci troviamo oggi a conoscere alcuni fatti in diretta televisiva, perché i cittadini devono conoscere e capire bene che cosa avviene qui dentro, con la dovuta attenzione che meritano argomenti di questa natura.
Abbiamo chiesto di ampliare la discussione, perché un'informativa si definisce urgente, quando il Parlamento, nella pienezza delle sue funzioni, può conoscere immediatamente ed intervenire immediatamente, specie in una fase contingente come quella di una campagna elettorale, per chiarire i fatti e per capire bene se quello che si sta suscitando nell'opinione pubblica possa modificare anche quello che avviene nelle urne.
E allora noi avevamo chiesto che avvenisse urgentemente: 10 giorni per informare il Parlamento, un caso atipico rispetto a fatti così gravi come quelli che sono stati raccontati e quelli che sono stati denunciati. Abbiamo chiesto di ampliare, ieri, l'informativa ai fatti di Milano, perché i fatti di Milano, come la Ministra conferma, sono analoghi a quelli accaduti a Roma. Perché? Perché le Forze di polizia hanno dovuto proteggere il quotidiano dall'assalto di squadristi rossi , hanno dovuto proteggere la Camera del lavoro dall'assalto di squadristi rossi.
Vede, collega Serracchiani, noi non abbiamo dubbi a definire le violenze contro la Camera del lavoro di Roma, la CGIL di Roma, come violenze provenienti da ambienti neofascisti, non abbiamo dubbi. Ci è sfuggita, però, la definizione e la matrice sui fatti di Milano; non abbiamo sentito una parola di condanna , cercatela nei giornali, da parte del Partito Democratico della violenza rossa, che, grazie alle Forze di polizia, non ha potuto devastare quotidiani, lo ha detto la Ministra, non ha potuto aggredire la Camera del lavoro, la stessa di Roma.
E poi ci sono i fatti di Trieste, altrettanto gravi: gravi! Qui ancora non è stata definita la matrice. Abbiamo visto, però, a poche ore dalla chiusura dei seggi, dopo 5 giorni che quella manifestazione era in corso, la Polizia utilizzare quegli idranti – che, probabilmente, non avevano acqua quando si trattava di spegnere i fuochi dei di questa estate - per disperdere una manifestazione di lavoratori che, in quel momento, non commettevano violenze.
Vede, l'articolo 17 della nostra Costituzione, se ancora ha un valore anche in quest'Aula, recita che “i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi”. C'erano persone armate? Erano persone non pacifiche, quelle che erano sulla piazza? Le manifestazioni possono essere vietate soltanto per comprovati motivi di sicurezza e di incolumità pubblica: che cosa è accaduto in quel frangente? Perché non ci ha chiarito il motivo per cui ci sono state le cariche di Polizia a disperdere la gente che pregava? La mia solidarietà va a quella piazza, non per l'argomento, che pure ha delle ragioni. Infatti, la vicenda del incide sul diritto, sancito dalla nostra Costituzione all'articolo 1, di lavorare, e va anche correlato con quanto in Europa è stato disposto, ossia il divieto di discriminazione dei lavoratori , così dice l'Europa, che scelgono di non vaccinarsi. E lo dice una persona vaccinata, una persona che crede nella vaccinazione, che invita a vaccinare.
Però, ricominciamo daccapo. Torniamo a sabato 9 perché lei, su sabato 9, ha mentito e ha fatto una cosa ancora più grave. Leggo su , un giornale che cito raramente ma di cui voglio citare la definizione che dà del Ministro dell'Interno: il Ministro dell'Interno è, per definizione, autorità nazionale di pubblica sicurezza ed è colei che decide; il dipartimento da cui dipendono le questure ne è lo strumento tecnico operativo, che è chiamato ad eseguire. Ministro Lamorgese, non scarichi sulle nostre Forze di polizia le sue responsabilità ! Si vergogni di avere un atteggiamento così irresponsabile nei confronti degli uomini e delle donne che si sacrificano ogni giorno per garantire la sicurezza nella nostra Nazione! Noi, dal primo giorno, al contrario di quello che dicono quelli di sinistra, abbiamo sempre distinto i piani. C'è un piano politico, rappresentato da lei e anche da qualcun altro, Ministro, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gabrielli: non l'ha informata di quello che stava per avvenire il 9? I nostri servizi segreti sono così inefficienti? Possibile che, se vanno 8.000 persone a Valentano, lei viene qui a raccontare all'Aula che non se ne è accorta? Se, invece di 1.000 persone, arrivano su una piazza 12.000 o 15.000 persone e lei dice che non se ne è accorta, questo è normale? È normale che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Pubblica sicurezza non le passi informazioni tali da metterla in condizione di accorgersi di quello che accade in questa Nazione ?
Allora, Ministro, lei qui ha mentito e lo dico assumendomene la responsabilità. Lei ha raccontato che non si poteva fare niente, però ha dimostrato, a Trieste, che, quando vuole, quel pugno di ferro contro gli inermi lo sa usare ma contro i neofascisti non è in grado di farlo . E che si fa, invece, con quelli di Forza Nuova? Chieda al sottosegretario Gabrielli, perché è nel 2015 che Giuliano Castellino comincia a fare un po' come gli pare in questa città, e lui era prefetto. Chissà, chissà… E lascio la domanda inevasa. Però, le leggo il rapporto della questura redatto alle 6 del mattino del giorno 10: durante la stessa manifestazione, verso le ore 17,30, attesa l'insistente richiesta di effettuare un corteo da parte di numerosissimi manifestanti attestati sulla citata piazza, è stato loro permesso di effettuare un percorso dinamico verso i locali della CGIL, ciò al fine di ottenere un incontro con un rappresentante della suindicata sigla sindacale, così come richiesto dal di Forza Nuova Giuliano Castellino . Giuliano Castellino… Lei dice: beh, era sottoposto a Daspo; e ci ha citato una serie di cose. Sa che qualche tempo fa, ma non tanto, il 1° settembre, tutti i giornali d'Italia - lei non se ne sarà accorta - hanno raccontato di come Giuliano Castellino sia andato allo stadio. Ma è vietato andare allo stadio quando sei sottoposto a un provvedimento di questa natura , è previsto l'arresto, il processo, da sei mesi a due anni di condanna per la violazione del Daspo; non se ne è accorta ? Guardi, se ne sono accorti tutti i colleghi, perché dicevano: quello è contro il ma lo ha usato per andare allo stadio.
Allora, è strano che quel signore potesse raccordarsi con le nostre Forze di Polizia; questo è il rapporto della DIGOS che racconta l'accordo per essere condotti impunemente presso la sede della CGIL. A che fare, presso la sede della CGIL? L'aveva detto Castellino dal palco: o ci portate da Landini o ce lo andiamo a prendere noi. Una palese minaccia della quale doveva avvisare Landini. Non so se l'abbia fatto, perché noi abbiamo sentito il capo della CGIL, di fronte a un assalto che poteva essere evitato, ringraziarla. Non capisco bene di che cosa l'abbia ringraziata, di aver schierato pochi agenti a difesa della Confederazione generale del lavoro? Ce lo dirà lui se è questo il motivo del ringraziamento. Resta il fatto che noi abbiamo espresso solidarietà piena in difesa della democrazia; ma la democrazia non si difende solo in quella circostanza, la democrazia si difende avendo ben chiara qual è la pietra miliare su cui si costruisce questa Nazione e che si chiama Costituzione italiana. Non si può girare intorno a questo concetto, la libertà di manifestare deve essere garantita, deve essere garantito il diritto al lavoro e deve essere garantita la sicurezza in questa Nazione. Abbiamo presentato anche una proposta di legge per iscrivere in Costituzione la parola “sicurezza”, perché si garantisca ai cittadini un diritto fondamentale.
Lei ci poteva raccontare la verità, non l'ha fatto, ma non smetteremo di chiederla, Ministro Lamorgese. In ogni sede dovrà rispondere di ogni riga, di ogni rapporto, di ogni foto, perché noi davvero continuiamo a pensare che gente come quella di Forza Nuova sia strumentale, rispunti ogni volta che ce n'è necessità, durante una campagna elettorale, per annebbiare la vista agli elettori, per spaventare la gente . Noi siamo convinti che tutte le organizzazioni eversive vadano sciolte, quelle che agiscono a destra, all'estrema destra, ma anche, colleghi, quelle che agiscono all'estrema sinistra e che evidentemente voi coprite ogni qualvolta non le condannate esplicitamente . Fatelo anche oggi, definendole per quello che sono: organizzazioni comuniste, un altro totalitarismo che ha messo in ginocchio popoli, che ha massacrato gente ed è questo che noi vogliamo riuscire a capire .
Chiudo, Presidente, perché è passata la campagna elettorale e un dibattito di questa natura serve a chiarire. I giorni da qui in poi ci permetteranno ancora meglio di far luce sulle connivenze e sulle complicità, se esiste in Italia il tentativo di utilizzare forze eversive per stravolgere il sistema democratico, ma capiremo anche da quale parte questo tentativo proviene. Allora, abbiamo chiesto di fare questo dibattito davanti ai cittadini italiani in diretta televisiva, in modo tale che potessero giudicare quello che diciamo noi, quello che dicono gli altri e, soprattutto, le menzogne e la vigliaccheria Cdi chi, oggi, ha rappresentato un Governo che tenta in ogni modo di restare al suo posto, anche di fronte ai fallimenti di una Ministra inadeguata che si chiama Luciana Lamorgese e che abbiamo più volte invitato alle dimissioni Dimissioni! Dimissioni!!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Migliore. Ne ha facoltà.
Colleghi, andiamo avanti, senza cori…
Prego, deputato Migliore.
GENNARO MIGLIORE(IV). Signor Presidente, signora Ministra, signora Vice Ministra, signor sottosegretario, si è aperta una grande ferita nel cuore democratico del nostro Paese. Alle 17,27 del 9 ottobre si ricorderà un episodio che è uno di quei tornanti della storia, dove bisogna comprendere se si va in una direzione o in un'altra. Non è stato un evento semplicemente delittuoso e criminale, è stato certamente un evento vile e io indirizzerei la parola “vigliacco” innanzitutto a coloro i quali hanno sfasciato la casa dei lavoratori perché questi sono i vigliacchi. Tuttavia, è stato un episodio che ha rappresentato, nel corso di questa vicenda strana che è la nostra storia a seguito della pandemia, una condizione particolare, nella quale noi dobbiamo ritrovare il filo dell'autorità, il filo della serenità e il filo della democrazia in questo Paese. Abbiamo osservato quello che stava accadendo con ripetuti eventi sempre più violenti che hanno caratterizzato una scena che potrebbe, da un momento all'altro, anche erompere in forme diverse. Ci sono state anche in altri Paesi forme di che hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone, migliaia di persone, e hanno prodotto episodi violenti, hanno bloccato Paesi, abbiamo visto quello che è successo ai gialli.
Tuttavia, noi abbiamo, in questa vicenda del 9 ottobre, innanzitutto da decodificare quello che è accaduto nella testa e nell'organizzazione di queste organizzazioni neofasciste. Vede, signora Ministra, io voglio innanzitutto esprimere la solidarietà nei confronti delle Forze dell'ordine che hanno prestato servizio , che io incontro spesso e che mi raccontano anche della difficoltà di stare in piazza quando si tratta di affrontare vicende complesse che, magari, non hanno una preordinazione chiara.
Voglio anche però complimentarmi con loro, perché oggi - credo che i colleghi lo sappiano e lo voglio dire in diretta televisiva - sono state effettuate 26 perquisizioni su ordine della procura di Napoli nei confronti di personaggi che, da Torino a Ragusa, passando per Napoli e per Roma, sono appartenenti ad organizzazioni neonaziste e suprematiste . È una pianta infetta, sono uova di serpente che cercano di schiudersi all'interno di quello che è il magma dell'insofferenza sociale; sono persone che hanno un disegno criminale eversivo, sovversivo. Questo è quello che rappresenta Forza Nuova e lo dico ai colleghi di Fratelli d'Italia. Lo scioglimento delle organizzazioni si fa innanzitutto se le organizzazioni esistono; queste organizzazioni hanno avuto l'impudenza, Forza Nuova e CasaPound, di essere addirittura presenti all'interno di alcune competizioni elettorali. Questa è stata per me una grande sofferenza. Vedere quel simbolo fascista sulla scheda elettorale, che per me è il simbolo della democrazia, , rappresentava un già da allora. Ma oggi dobbiamo sapere che, proprio perché c'è quel tornante, proprio perché c'è quel problema che dobbiamo affrontare con grande equilibrio e anche con grande rispetto per chi ci ha consentito di arrivare sani e salvi a questo momento storico, abbiamo la necessità di dire che non sono quattro scappati di casa, perché la loro è una matrice antica: sono quelli che si richiamano a Ordine Nuovo, ad Avanguardia Nazionale, a quelle organizzazioni che furono giustamente sciolte in virtù di una rigorosa applicazione della “legge Scelba”
Penso che ciò metta il Ministero dell'Interno nella condizione di dover prefigurare una forma diversa di ordine pubblico perché effettivamente penso che ci possano essere - come ha detto lei - criticità. È stata in questo onesta, ma non si può non riflettere sulla matrice, che non è semplicemente la matrice fascista dal punto di vista ideologico, ma è il disegno eversivo che vuole utilizzare spazi di contestazione che avvengono nel nostro Paese.
Il ringraziamento, oltre che alle Forze dell'ordine, però oggi lo voglio fare a tutti coloro i quali hanno consentito che vi fossero queste migliaia di manifestazioni; lo voglio fare ai cittadini che ci stanno ascoltando, a quelli che si sono vaccinati, a chi gli ha consentito, come gli operatori sanitari, come il generale Figliuolo, di avere un in tasca che fosse la patente per essere liberi, ma non certamente lo strumento per essere vittimizzati da episodi di violenza che si sono manifestati anche a Milano, anche a Trieste.
C'è stata, diciamo così, una frase che mi ha inquietato, quando si è detto: sono eroi quelli che bloccano il porto. Gli eroi sono altri, lo ha detto il Presidente Berlusconi; eroe è chi blocca un treno per andare ad Auschwitz, non uno che blocca un porto perché non vuole il . Io non l'ho mai citato il Presidente Berlusconi, ma credo che sia una frase che esemplifica quello che oggi vuol dire un contesto di unità nazionale in cui la serenità, colleghi di Fratelli d'Italia, deve essere trasferita a un Paese che è frantumato, un Paese che è insicuro, un Paese che deve uscire da una forte crisi economica.
Non facciamo della polemica politica lo strumento per rendere ancora più fragile una ripresa che, invece, sta ricominciando a far partire il Paese. Allora, bisogna dire grazie a quei lavoratori che hanno senza problemi, ma con un grande senso di appartenenza alla propria comunità, fatto valere le ragioni del lavoro. Bisogna essere convinti, però, che quelle manifestazioni non sono sempre l'espressione solo di un disagio, ma sono anche il territorio di conquista di organizzazioni eversive. Per questo motivo, Presidente, mi rivolgo a lei perché questa è la suprema Aula nella quale dobbiamo anche decidere qual è l'orientamento del Parlamento.
Io credo che bisogna fare oggi un appello all'unità delle forze politiche e che bisogna prendere le distanze realmente, senza esercizi di benaltrismo e lo dico ai colleghi di Fratelli d'Italia. Noi dobbiamo trasferire al Paese una visione di come uscire da questa pandemia che non si immiserisca nella polemica politica, che non diventi un terreno di conflitto perché, altrimenti, ce ne sarebbe da dire rispetto alla mancanza di assunzione anche di responsabilità da parte di tanti. Io penso in questo, Ministro Lamorgese, che noi sosteniamo questo Governo, che sosteniamo questo Esecutivo che ci sta facendo uscire dalla pandemia perché abbiamo il senso e la dignità delle istituzioni e il rispetto della comunità nazionale; la comunità nazionale si è vista nella sua forza, che non è nuova, è una forza eterna, nel movimento dei lavoratori che è sceso in piazza e che ha riempito piazza San Giovanni con la democrazia, la forza delle parole giuste che hanno identificato l'unità del Paese. Noi siamo con quella forza lì e lì rimarremo .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Michaela Biancofiore. Ne ha facoltà.
MICHAELA BIANCOFIORE(CI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Ministro Lamorgese, visto il suo lungo ai vertici dell'amministrazione del Ministero dell'Interno, non può che convenire, spero, che non esista civiltà senza la massima sicurezza. Il 9 ottobre scorso, innanzi alla sede della CGIL, abbiamo assistito attoniti alla massima espressione dell'inciviltà e, purtroppo, all'assenza di sicurezza esattamente come già accaduto per i di Viterbo e in ogni luogo di crescente approdo dell'immigrazione clandestina, accompagnata da bivacchi e delinquenza in ogni città italiana, a discapito di quegli italiani che pagano le tasse e portano il Paese sulle spalle; come è accaduto anche l'altro ieri, a Milano, e ieri, a Trieste, dove i lavoratori comuni sono stati trattati come violenti, vi sono state le ennesime infiltrazioni ed è emersa, in tutta la sua portata, una crisi di organizzazione dell'ordine pubblico che lei ha, con onestà intellettuale che le riconosciamo, ammesso. Spettacoli che hanno contribuito oltremodo alla sfiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella politica e al dilagante senso di ingiustizia che mortifica gli italiani, vero delle piazze. Il popolo italiano ha perso la speranza, Ministro. Sbagliano coloro che minimizzano e pensano che la gente manifesti per il o per il vaccino; gli italiani disertano le urne e riempiono le piazze perché sentono soffocato come non mai, forse davvero solo come nel ventennio fascista, il proprio diritto naturale, poi sancito anche dalla Costituzione, alla libertà, ma anche altri diritti come quelli al lavoro, al libero pensiero, opinione ed espressione, alla libera circolazione, allo sciopero, alla giustizia, alla salute, all'emancipazione sociale, al diritto di manifestare, al decoro pubblico, all'igiene, alla sicurezza. Italiani che sono anche disorientati innanzi a regole che non vengono fatte valere per i banditi, ma imposte, viceversa, alle persone perbene. Qui sta uno dei cortocircuiti più pericolosi per la coesione sociale, perché lei, Ministro, per la gente comune dovrebbe essere l'emblema del ; lei è la legge per i cittadini e, invece, in diverse occasioni è stata percepita, purtroppo, lo dico veramente a malincuore, come colei che avverte maggiormente le reazioni dei fuorilegge che quelle delle persone perbene, con relativa mortificazione - e lei lo sa bene Ministro - dei poliziotti che non sanno cosa rispondere agli italiani quando li interrogano per le strade.
Ministro, mi creda, ho ascoltato con il di una cittadina normale preoccupata la sua risposta al di mercoledì scorso di Fratelli d'Italia e la sua informativa di oggi e, francamente, pur sostenendo noi di Coraggio Italia convintamente il Governo del Presidente Draghi, non riesco a capacitarmi dell'accaduto sia sul fronte della sicurezza, sia su quello politico.
Vede, Ministro, nessuno potrebbe crocifiggerla, se un manipolo di delinquenti comuni - chiamiamoli con il proprio nome, non solo “neofascisti” - a sorpresa lasciano una manifestazione pacifica e organizzata per compiere crimini non prevedibili. Ma, viceversa, come si fa, anche volendo sollevarla noi umanamente - mi creda - dalle responsabilità che spettano a chi comanda, quando, sia per il che per Piazza del Popolo, risultano esistere ben due informative dei suoi dirigenti, che avvertivano dei fatti, di certo informative anche della nostra eccellente ? E come si fa, dopo che è risultata autorizzata e accompagnata la virata vetero-fascista verso la CGIL, quando lei stessa ha ammesso in Aula che sapeva della presenza di un sottoposto a Daspo urbano, Castellino, in piazza, che incitava la presa di Roma, delle istituzioni e della CGIL e che ha ritenuto di non doverlo far fermare in quel contesto? Cosa - mi creda con un grande sforzo - sarebbe anche comprensibile, ma solo a noi addetti ai lavori, ma non la che ammette la falla in quell'organizzazione della sicurezza, da lei guidata, che doveva garantire che Castellino stesse ai domiciliari e gli fosse vietato di entrare in quella piazza. Oggi dalle sue parole, viceversa, Ministro, apprendiamo che lei, in realtà, non avrebbe dovuto e potuto fermare Castellino. Ma, viceversa, si fermano ovviamente i lavoratori a Trieste. Pur comprendendo le difficoltà, Ministro, nel gestire una situazione anomala, come quella attraversata dall'Italia negli ultimi due anni, che lei ha ben evidenziato, si è oggettivamente verificata una notevole sottovalutazione dei rischi per l'ordine pubblico, da lei condivisa. Ma non c'è piaciuto, Ministro, mi creda, che lei abbia scaricato le responsabilità proprie dell'autorità pubblica sui nostri poliziotti e sulle nostre Forze dell'ordine, perché loro veramente fanno il loro dovere, ci difendono in ogni momento nelle piazze e non possono essere strumentalizzati politicamente. Noi non dimentichiamo, infatti, che le proteste No-vax e no- hanno avuto tra i loro obiettivi anche gli uomini e i mezzi delle Forze dell'ordine, ai quali ci stringiamo col cuore. Si contano, infatti, almeno 41 poliziotti feriti, esito della violenza dei manifestanti, saldatura tra neofascisti, anarchici e gente comune, e di un'organizzazione della gestione dell'ordine pubblico che li ha, di fatto, abbandonati. In un'intervista a del segretario generale nazionale del sindacato di Polizia “Italia celere” è stato evidenziato come fosse stato segnalato da circa un anno che le manifestazioni dei gruppi No-vax e no venivano infiltrate da uomini di Forza Nuova. I reparti mobili, quelli deputati all'antisommossa, sono reparti inquadrati, che si muovono soltanto quando ci sono ordini che arrivano dall'autorità di pubblica sicurezza. Se l'ordine non arriva, il reparto non si può muovere. Se non era arrivato l'ordine di spostarsi verso la CGIL, il reparto non ci poteva andare in maniera autonoma e risulta che non sia stato inviato alcun tipo di comunicazione dal Ministero dell'Interno. L'annuncio di Castellino preannunciava un attacco alla sede della CGIL, che non è stato, ed è lecito chiederselo, come lei ha evidenziato, Ministro, dunque, volutamente arginato? Proprio prima che l'assalto al sindacato trascinasse su tutti i quotidiani le immagini della sede devastata, il di Forza Nuova aveva dichiarato in chiaro le intenzioni del corteo: assalire la CGIL e costringere Landini a scendere a Roma per proclamare lo sciopero generale. E qui c'è una domanda, Ministro, francamente che mi arrovella il cervello e che vorrei che lei declamasse, di fronte agli italiani, al popolo italiano e alla Repubblica italiana. Lei crede davvero, Ministro - da liberale, glielo chiedo - che in Italia ci sia un rischio fascismo? Perché questo noi non lo abbiamo capito dalle sue parole . E, ancora, una domanda che si fanno gli italiani: perché il della CGIL l'ha ringraziata dal palco di piazza di San Giovanni ? Converrà che è curioso il ringraziamento per chi ha consentito la devastazione della propria sede. Forse, la strumentalizzano per avere autorizzato una manifestazione deliberatamente politica, all'antivigilia del voto, proprio da parte sua, cioè di chi dovrebbe far rispettare la legge sul silenzio elettorale? O, forse, mettendola in seria difficoltà, perché l'aver lasciato assaltare la sede della CGIL ha dato l'occasione alle sinistre di reinventarsi il pericolo del fascismo, che ha condizionato il voto amministrativo? Sarebbe interessante sapere perché quelle stesse sinistre, i sindacati e, purtroppo, nemmeno il Viminale - e ne abbiamo parlato più volte in passato, Ministro - non dicono mai una parola sulla persistente esistenza di partiti filo-terroristici nella mia terra, l'Alto Adige , su gruppi paramilitari folcloristici armati, che sarebbero vietati dall'articolo 18 della Costituzione. A pensar male si fa peccato, lo so, Ministro, ma è evidente che - le sottolineo questo passaggio, perché è importante per lei, Ministro, e per il Governo Draghi - sono le sinistre a metterla nel mirino della pubblica opinione, utilizzandola politicamente Matteo Salvini è stato un ottimo Ministro dell'Interno, Ministro, molto amato dagli agenti e dagli apparati del suo Ministero, e lei lo sa bene…
PRESIDENTE. Colleghi, non c'è bisogno di commentare!
MICHAELA BIANCOFIORE(CI). …non ha chiesto solo le sue dimissioni, le ha anche offerto più volte di supportarla nella sua difficile missione. Colga l'occasione per uscire dall'abbraccio mortale degli orgogliosi comunisti, che vorrei ricordassero lo sgomento avuto, negli scorsi giorni, per la comparsa della stella a cinque punte. Gli italiani, Ministro, vedono aumentare la povertà e le diseguaglianze ed emigrano sempre più numerosi all'estero, convinti che vi sia in atto una sostituzione etnica. Non vanno a votare, perché tanto governano sempre quelli che hanno perso le elezioni, quelli che stanno alla nostra destra, ma che sono la sinistra, e che solo le sinistre sono legittimate a governare e si sono convinti che nel Paese spiri un vento di anti-sovranità – attenzione, non di anti-sovranismo! -, la sovranità sancita dalla Costituzione, in favore di una tecnocrazia, che il più delle volte mostra i suoi limiti nella distanza dal sentimento popolare. La gente, Ministro, è poi pericolosamente esasperata da quello che gli americani chiamerebbero delle sinistre sempre, cioè di coloro che si sentono autorizzati a decidere cosa e come si debba pensare. La politica interpreta la necessità dei cittadini. Io amo, infatti, sempre ripetere che, se Helmut Kohl non fosse stato un politico, non avrebbe mai avuto la visione di unire le due Germanie. Quindi,
PRESIDENTE. Deputata Carla Cantone!
MICHAELA BIANCOFIORE(CI). Ministro, tutti gli sforzi che sta facendo il Presidente Draghi per dare nuova credibilità all'Italia non possono infrangersi su immagini di teppisti e precarietà della nostra sicurezza interna. Noi non la sfiduciamo, non chiediamo le sue dimissioni, ma, come donna delle istituzioni, credo che lei sia ben conscia che, per governare in un Ministero fondamentale come quello dell'Interno, non ci possono essere dubbi circa la partigianeria politica, che metterebbe in grave difficoltà il Presidente Draghi, visto che trattasi – ricordo a tutta quest'Aula - di un Governo teoricamente di pacificazione nazionale.
PRESIDENTE. Grazie, deve concludere. Concluda.
MICHAELA BIANCOFIORE(CI). Mi lasci finire, Presidente, su un'altra donna, perché immagino quanto sia difficile sedere sulla sua poltrona. Non so se ci sia un modo per rimediare, ma quel che è certo è che noi vorremmo aiutarla a sgombrare il campo dal dubbio che l'autorità di pubblica sicurezza giochi più una partita politica, indossando una maglietta di parte, piuttosto che garantire la sicurezza della Repubblica…
PRESIDENTE. Grazie, deve concludere. Concluda.
MICHAELA BIANCOFIORE(CI). …anche, magari, esprimendo solidarietà, da donna a donna, ad un'altra donna come Giorgia Meloni, che ha subito un linciaggio immeritato e intollerabile dagli estimatori della falce e martello .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.
FEDERICO FORNARO(LEU). Grazie signor Presidente e signora Ministra. Due premesse sono d'obbligo rispetto al dibattito pubblico di questi giorni. La prima è che nessuno poteva pensare e ha mai pensato che le piazze di Roma, di Milano, di Trieste, fossero composte tutte da violenti o da neofascisti. Erano composte in larghissima maggioranza da cittadini che dissentivano. Quindi, da questo punto di vista, i problemi sono altri. La seconda questione, di cui siamo stati accusati ed è stata accusata anche la Ministra, è il fatto che solo oggi si parli di infiltrazioni della destra fascista, nonché radicale, nei movimenti di protesta. Mi sia consentito citare una nostra interrogazione del 27 ottobre 2020 – quindi, quasi un anno fa -, in cui denunciavamo con chiarezza che, a Roma in particolare, l'estrema destra stava tentando di porsi a capo del movimento No-mask e che, durante il lockdown, militanti di Forza Nuova avevano cercato di forzare il divieto di movimento, presentandosi a piazza Santa Maria Maggiore, dove erano stati fermati dalla DIGOS, e che negli ultimi mesi movimenti dell'estrema destra e del neofascismo erano stati presenti alle manifestazioni organizzate dai gruppi contrari alle misure di contenimento della pandemia.
L'allora Vice Ministro Crimi ci rispondeva, in tale contesto, che il movimento di Forza Nuova, a partire dallo scorso giugno, aveva preso parte a diverse manifestazioni, per lo più a carattere estemporaneo, e che in numerosi casi aveva trovato sostegno nell'ambito dei più diffusi. Ed ancora, riferendosi a un'iniziativa del giorno precedente, alcuni manifestanti, la cui consistenza numerica è gradualmente aumentata, hanno iniziato i disordini, accendendo fumogeni e petardi e intonando cori contro le Forze di Polizia presenti. Per essere chiari, di fronte a queste manifestazioni, non abbiamo ascoltato alcuna critica e alcun distinguo da chi, oggi, siede nei banchi dell'opposizione .
La terza premessa è quella, ovviamente, di un ringraziamento alle Forze dell'ordine. Lei ha citato le migliaia di manifestazioni che si sono potute tenere, quasi tutte, in assoluta tranquillità grazie all'operato delle Forze dell'ordine.
Entrando nel merito, io credo che sia da ringraziare, signora Ministra, per la sua onestà intellettuale. Lei ha ammesso - questo è agli atti - che ci sono state evidenti criticità nella gestione della piazza di Roma, che c'è stata una sottovalutazione della dimensione di quella manifestazione. Noi le chiediamo di essere conseguente: occorre andare fino in fondo, per verificare le responsabilità e per verificare l'adeguatezza al ruolo dei responsabili della sicurezza della capitale. L'attacco alla CGIL, l'accerchiamento a Palazzo Chigi e a Montecitorio potevano essere evitati, e credo che questa debba essere una lezione anche per il futuro.
L'attacco alla CGIL è una ferita che non sarà facile da rimarginare, e sapete perché? Perché riporta alla storia, alle ferite della storia. Nel primo semestre di cento anni fa, nel 1921, gli squadristi fascisti attaccarono 726 sedi istituzionali operaie, che furono saccheggiate o incendiate da loro: 119 sedi di camere del lavoro, 59 case del popolo, 107 cooperative, 83 leghe contadine. Il fascismo nacque così, e noi non dimentichiamo !
Ascoltando alcuni interventi mi è venuta alla mente una parabola evangelica, che chiede: “Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?” e questa trave si chiama infiltrazione neofascista dentro i movimenti di protesta, e non riguarda soltanto Forza Nuova !
Una delle persone che sono state responsabili - e oggi sono in custodia cautelare - è il del movimento “IoApro”, che formalmente non fa alcun richiamo ai simboli e alla simbologia neofascista, ma che ne ha i tratti e le modalità. Eppure, quando noi denunciavamo, in quest'Aula, quei tentativi la risposta era di continuare a dire che non era vero, che erano, spesso e volentieri, proteste spontanee. Credo che aver alimentato un'idea sbagliata del ruolo del Governo dell'epoca e dello Stato oggi abbia portato a dare fiato a questo tipo d'infiltrazioni e, quindi, noi siamo perché si eviti. Occorre fare uno sforzo comune, per non rivedere più le immagini di Roma, di Milano e di Trieste. Che ci sia la possibilità, come è giusto che sia, in un Paese democratico, di protestare democraticamente, però, al tempo stesso, non bisogna strumentalizzare le proteste, non bisogna demonizzare l'avversario, non bisogna ascoltare alcuni giudizi ingenerosi e ingiusti nei confronti della Ministra. No, quindi, ad attacchi strumentali a una Ministra che, lo ricordo, svolge un ruolo tecnico, non è aderente ad alcun partito e ha messo al servizio dello Stato la sua esperienza. Chissà cosa avremmo sentito se al suo posto ci fosse stato un di partito.
La fase difficile e complessa che stiamo vivendo e che vivremo nei prossimi mesi - ricordo che c'è il tema della fine del blocco dei licenziamenti, che c'è un'oggettiva difficoltà nel Paese, che c'è sofferenza, tanta sofferenza – impone, a tutti noi, ancor più senso di responsabilità. Impone di evitare di continuare a soffiare sul fuoco delle proteste, impone di difendere, in primo luogo, le istituzioni democratiche, impone ancora maggiore rispetto dei ruoli di maggioranza e opposizione, e non vedere continuamente una gara alla delegittimazione. Inoltre, impone ascolto di chi dissente, se pure la scienza - e non la politica! - ci dice che l'unica strada da percorrere per sconfiggere definitivamente la pandemia sono i vaccini; e se la politica avesse tutta, all'unisono, continuato a dire questo forse molte di quelle immagini noi le avremmo evitate ! Impone, infine, che non sia concessa cittadinanza politica e alcuna giustificazione ai gruppi violenti, a chi cerca, attraverso la violenza, di attaccare le istituzioni dello Stato. Non dev'essere più concessa cittadinanza politica alle associazioni neofasciste, che, ai sensi della Costituzione e della legislazione vigente, vanno fermate e sciolte, tutte e subito .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Corda. Ne ha facoltà.
EMANUELA CORDA(MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, signora Ministro. Ministro, le sue argomentazioni non ci convincono, così come non ci convince l'azione di questo Governo, forte con i deboli e debole con i forti. Questo è un momento drammatico per il Paese, ma non lo è solo perché si tenta, con fatica, di uscire da una crisi sanitaria ed economica senza precedenti. Oggi, purtroppo, a tutto questo si è aggiunta l'emergenza democratica, e chi fa finta di nulla è complice. Lo dico soprattutto ai miei ex colleghi del MoVimento 5 Stelle, che, in tempi non sospetti, per molto meno, avrebbero bloccato i lavori d'Aula e fatto un gran baccano. Invece, oggi sono muti e conniventi, e questo mi spiace parecchio.
Le immagini di ieri del porto di Trieste, con la polizia in assetto antisommossa, lacrimogeni e idranti puntati contro i cittadini inermi che rivendicavano un diritto a manifestare contro il nei luoghi di lavoro, misura, peraltro, esistente solo in Italia e in poche altre realtà al mondo, non propriamente democratiche, gridano vendetta. Lei, visto il suo ruolo, non è esente da responsabilità e dovrebbe interrogarsi su questi eventi. Quelle di Trieste sono immagini violente e tristi, che non avremmo mai voluto vedere e anche per questo oggi ci saremmo aspettati da lei ulteriori chiarimenti. Ma quelle immagini sono ancora più gravi e inquietanti alla luce di quello che è accaduto il 9 ottobre scorso a Roma, con centinaia di migliaia di manifestanti criminalizzati a causa di uno sparuto gruppo di mazzieri fascisti, mandati da chissà chi (appunto con un mandante, probabilmente). È interessante notare come lei abbia candidamente informato quest'Aula che la scelta di non intervenire con la forza contro un manipolo di delinquenti sia stata frutto di una decisione precisa, e non un errore dettato da incapacità di gestire la situazione, e oggi l'ha ribadito come se fosse una cosa normale. Una scelta strategica per non provocare ulteriormente la rabbia di certi soggetti che, guarda caso, erano già interessati da provvedimenti restrittivi e non avrebbero nemmeno dovuto partecipare all'evento.
Oggi la sua relazione ha toccato picchi di elevata comicità, e mi scusi se lo dico con queste parole. Lei, oggi, ha sdoganato una nuova categoria: gli agenti in borghese meccanici, quelli che colpiscono le camionette della polizia per testarne la capacità ondulatoria ; se non è questa una barzelletta. Ad oggi, il disegno è chiaro: questo Governo approfitta clamorosamente della sua maggioranza bulgara, annichilita da interessi di partito, per reprimere qualsiasi barlume di dissenso, e lo fa in modo sfacciato, senza ritegno, in spregio a qualsiasi diritto costituzionale. Lo stato perenne di eccezione vi ha annebbiato il cervello e amplificato il delirio di onnipotenza. È ormai chiaro a tutti che è stata imboccata una strada di non ritorno e, con la scusa della pandemia, stiamo assistendo alla devastazione dello Stato di diritto.
Lei, Ministro - e vado a concludere - continua a inanellare errori su errori e oggi è venuta a raccontarci persino che era tutto frutto di una strategia: lasciar fare i violenti e massacrare i lavoratori e i manifestanti che esercitano un diritto costituzionale.
In un Paese normale un altro Ministro, dopo un tale disastro, si sarebbe già dovuto dimettere. Ed è ciò che oggi chiediamo ancora una volta, dimissioni , ma qui siamo in Italia e chiaramente lei resterà al suo posto con il beneplacito di tutti i partiti di maggioranza, troppo impegnati a guadagnare nuove poltrone in vista di nuove elezioni e poco attenti al dramma in atto nel Paese reale .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Lapia. Ne ha facoltà.
MARA LAPIA(MISTO-CD). Presidente, signora Ministro, credo che a Roma non si sia arrivati alla violenza per ragioni esclusivamente politiche, cosa che comunque non avrebbe giustificazioni, ma al contrario si sia usata strumentalmente la politica per esercitare la violenza. È stato un atto squadrista contro la sede di un sindacato che ha riportato indietro di decenni il nostro Paese. Siamo di fronte a un gravissimo problema culturale: lo spettacolo mortificante per la nostra società a cui abbiamo assistito non è solo espressione di ideali politici, ma è anche lo sfogo di una rabbia repressa, colpevolmente fomentata e amplificata da chi aveva interesse a destabilizzare il nostro Governo. Da criminologa, ho, peraltro, il sospetto che la maggioranza delle persone che si sono rese protagoniste di questi gesti non sarebbero in grado di esprimere quali ideali morali e politici li abbiano spinti a tanta brutalità.
Abbiamo davanti un grave problema sociale, fatto, da un lato, di analfabetismo funzionale, e non solo, dall'altro, di persone che queste carenze le utilizzano come arma da brandire politicamente. Non possiamo assolutamente tollerare nostalgici ritorni che tingano di sangue le nostre piazze. Superiamo questi estremismi, che suonano obsoleti, e concentriamoci su approcci educativi dettati dalla prevenzione. È questa la politica che ci deve vedere oggi impegnati in quest'Aula, facendo in modo che la storia non sia dimenticata. Abbiamo visto nei servizi televisivi cosa può arrivare e far ritornare il neofascismo. Facciamo in modo che si ritorni a scegliere sulla base di ideali, perché, nel momento in cui le persone conosceranno davvero gli ideali politici che animano gli estremismi, resto convinta che difficilmente vi aderiranno. Educhiamo i giovani nelle scuole a ripudiare la violenza, a perseguire i propri obiettivi con proteste costruttive.
Cambiamo il metodo per affrontare queste situazioni, facendo in modo che le persone non si rendano semplice strumento per mettere in atto disegni altrui, rischiando anche la propria incolumità. Abituiamo le nuove generazioni a capire e a conoscere ideali prima di sposarli, senza farseli raccontare da chi li vuole trasformare in estremismi per raggiungere altri obiettivi che non hanno nulla a che vedere con la democrazia e la libertà .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lupi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LUPI(M-NCI-USEI-R-AC). Signor Presidente, signor Ministro, il dissenso è il sale della democrazia, la violenza la uccide. Compito del Ministro dell'Interno - lo ha ribadito lei qui, in Aula - è fare rispettare le regole, isolare i violenti, tutelare sempre i diritti costituzionali, evitare che il rischio di infiltrazioni eversive possa ripetersi. Compito della politica, invece, è quello di ricostruire l'Italia, correggendo errori, e qui lo sottolineo, dando il giusto peso ad atteggiamenti violenti e antiscientifici. Siamo con il Presidente Mattarella quando ha detto, il giorno successivo gli scontri: sono turbato, ma non preoccupato. Non ingigantiamo, come qualcuno di noi fa, i no-vax, minoranza della minoranza, ma, altrettanto, non strumentalizziamo - e lo dico agli amici della sinistra - l'antifascismo.
Non c'è un pericolo fascista nel nostro Paese. La storia del centrodestra, la storia di Fratelli d'Italia, in tutti questi anni, è qui a dimostrare quanto la cultura politica del centrodestra sia contro la violenza, contro il fascismo e contro qualsiasi ideologia. C'è il pericolo della esasperazione, invece, delle tensioni sociali, e mi permetta un nota bene conclusivo: è nella esasperazione delle tensioni sociali che le infiltrazioni eversive, che le strumentalizzazioni dei violenti che bisogna isolare si infiltrano e creano le tensioni che abbiamo. Concludendo, l'esempio di Trieste è un altro esempio, ha fatto bene lei a ricordare quanto - lo dico da già Ministro delle infrastrutture - i porti siano un'infrastruttura nevralgica e strategica del Paese. E di fronte a infrastrutture nevralgiche e strategiche del Paese, non c'è tolleranza che tenga, perché lì si mette in gioco il bene di una comunità e di un Paese.
Si dialoga con le proteste legittime, ma c'è un momento in cui si interviene e si interviene con chiarezza, perché non si può, in nome anche di una legittima protesta, mettere in ginocchio l'interesse comune di un'intera Italia o di un'intera economia. L'unica osservazione, e su questo condivido quanto detto da alcuni colleghi, anche dal collega Fornaro: verifichi le responsabilità. Se ci sono delle responsabilità, e concludo, le accerti, perché certe cose sono sotto gli occhi di tutti. Un'osservazione su Trieste: eravamo nel giorno delle votazioni, quel giorno si doveva andare a votare. Forse - lo dico, ovviamente, tra virgolette - l'orario in cui intervenire, proprio in nome di quella responsabilità che appartiene alla politica, poteva essere deciso in modalità e orari assolutamente diversi, per non impedire alla gente di andare a votare in un ballottaggio importante, come era quello di Trieste .
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente.
Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16,20. La seduta è sospesa.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Boldi ed altri n. 1-00236 concernente iniziative per potenziare gli strumenti per la diagnosi e la cura della depressione .
La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori .
Avverto che state presentate le mozioni Bagnasco e altri n. 1-00528, Ianaro, Carnevali, Noja, Stumpo ed altri n. 1-00529 e Leda Volpi ed altri n. 1-00531 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente . I relativi testi sono in distribuzione.
Avverto, altresì, che è stata presentata un'ulteriore nuova formulazione della mozione Boldi ed altri n. 1-00236, che è stata sottoscritta anche dalla deputata Bologna, che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventa la seconda firmataria . Il relativo testo è in distribuzione.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. È iscritta a parlare l'onorevole Patrizia Marrocco, che illustrerà anche la mozione n. 1-00528, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.
PATRIZIA MARROCCO(FI). Grazie Presidente, questa mozione pone l'accento su un tema molto complicato, purtroppo sottovalutato e pericoloso: la depressione. La depressione è una patologia che riguarda oltre 3 milioni di italiani, di cui circa un milione soffre della forma più grave, ossia la depressione maggiore. Oltre 2 milioni e mezzo di persone assumono farmaci antidepressivi. Questi sono i numeri; numeri importanti per la loro vasta diffusione. La realtà è che la depressione è ancora troppo sottovalutata anche perché chi ne è afflitto prova a nascondere la situazione di una sofferenza prima a se stesso e poi agli altri. Dobbiamo, appunto, partire da un concetto base che la depressione è una malattia e non è uno stato d'animo; infatti, solo un terzo dei pazienti affetti da questa patologia risulta in terapia. Lo stigma verso la malattia, i pregiudizi rispetto alla possibilità di cura, il timore degli effetti collaterali, sono tra i principali ostacoli all'accessibilità ai percorsi terapeutici. Quando una persona è interessata da una forma depressiva generalmente tende a non riconoscerla perché tutti abbiamo vissuto sensazioni di tristezza, di mancanza di speranza, di diminuzione di energia nella nostra vita, si tende così a legare queste sensazioni ad eventi di vita oppure a situazioni solo momentanee. Un altro motivo è la percezione sociale; si tende a voler nascondere queste situazioni, anche legate alla depressione, perché si teme il giudizio sociale. Il rischio assai frequente è quindi quello di tardare troppo la diagnosi e pertanto ritardare le cure appropriate per affrontare quella che è a tutti gli effetti una vera e propria malattia.
Si calcola che nel nostro Paese meno della metà delle persone con depressione maggiore ricevono un'adeguata diagnosi e trattamento e questo ritardo nella diagnosi e nella cura può rivelarsi pericoloso, soprattutto per coloro che soffrono della forma più severa. Le statistiche ci dicono che la forma più grave di questa patologia, se non trattata correttamente, è associata ad un'elevata mortalità che è stimata intorno al 15 per cento.
L'Organizzazione mondiale della sanità individua la depressione come prima causa di disabilità a livello mondiale e secondo le sue stime questa patologia riduce l'aspettativa di vita di oltre vent'anni e oltre il 60 per cento dei suicidi che si verificano annualmente a livello globale possono essere ad essa ricondotti. Peraltro, va evidenziato che la depressione ha effetti negativi anche sulla stessa speranza di vita in quanto si registra un aumento della mortalità sia per il maggior rischio di suicidi, ma anche per l'adozione di stili di vita negativi e lo sviluppo di altre malattie come quelle cardiologiche metaboliche e oncologiche. Sono sempre più numerose le evidenze scientifiche che documentano, infatti, come la stessa depressione aumenti il rischio di malattie croniche in quanto, connotandosi per una scarsa propensione alla cura della propria persona, predispone a comportamenti scorretti e ad abitudini quotidiane non sane, i disturbi alimentari che colpiscono soprattutto i nostri giovani, il fumo, l'abuso di alcol, chiunque ne soffra lo deve affrontare ogni giorno come se fosse una grande sfida.
Alla luce di questi dati, è quindi del tutto evidente l'impatto che questa patologia ha sulla salute pubblica e sulla stessa capacità di risposta del nostro sistema sanitario nazionale. Si prevede che nel 2030 la depressione sarà la prima malattia più invalidante per diffusione, con evidenti e conseguenti altissimi costi sociali ed economici.
Se sono evidenti i costi sanitari legati alla cura di questa patologia e l'impatto che ha sulla qualità di vita di chi ne soffre, meno evidenti ma altrettanto importanti sono gli effetti della depressione in termini di costi sociali ed economici che risultano molto elevati, sia quelli diretti che quelli indiretti. Complessivamente si stima che i costi indiretti rappresentino ben il 70 per cento dei costi totali; è evidente quindi che diagnosi tempestiva e diffusione dei trattamenti sono fondamentali per ridurre questo impatto economico, considerato che le complicanze della malattia e la loro gestione comportano un dispendio nettamente superiore ai soli costi della cura. Ne consegue che prendere in carico il paziente nella prima fase della malattia consentirebbe non solo un miglioramento della sua qualità di vita, ma anche una riduzione dell'impatto dei costi per il sistema sanitario e sociale. Voglio ricordare che in Italia il costo sociale della depressione in termini di ore lavorative perse è valutato in circa 4 miliardi di euro all'anno a ciò si aggiungono i dati relativi all'impatto sociale sulla popolazione, tenendo conto che per ogni paziente sono coinvolti almeno due-tre familiari.
Per quanto riguarda invece i costi diretti a carico del Servizio sanitario nazionale, la spesa media per il trattamento di un paziente depresso ammonta a circa 5 mila euro; costi che tendono ad aumentare con il cronicizzarsi della malattia. È proprio di questi giorni il rapporto Unicef nel quale emerge drammaticamente che in Europa 9 milioni di adolescenti, tra i 10 e i 19 anni, convivono con un disturbo legato alla salute mentale e il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani, con tre ragazzi al giorno che si tolgono la vita. Numeri, questi, devastanti.
Peraltro, la drammatica pandemia da COVID, che ci ha coinvolti e travolti in questi quasi due anni, ha acuito enormemente i fenomeni di disagio mentale nelle sue diverse forme: depressione, ansia, solitudine. Fortissimo è stato l'impatto del lockdown sulla salute fisica e sul benessere psicologico degli individui, in particolare dei più giovani che più di altri hanno subito pesantemente il distanziamento sociale, le limitazioni della mobilità e la chiusura delle scuole imposto dalla pandemia.
La pandemia ha prodotto una pressione senza precedenti sul Servizio sanitario nazionale e sui servizi di psichiatria in particolare, con un aumento enorme delle richieste di prestazione volte a fronteggiare le conseguenze psichiatriche del COVID. È stato stimato un aumento di almeno il 30 per cento delle persone con disturbi psichici e psichiatrici, rispetto al periodo pre-pandemia. In particolare, i sintomi depressivi nella popolazione sono quintuplicati; il nostro Paese si è trovato a far fronte a questa vera e propria emergenza con un servizio sanitario, in particolare con il settore della salute mentale, in grande difficoltà. Ricordiamo che nei dipartimenti di salute mentale manca il 20 per cento degli psichiatri, così come 1.500 psicologi, altrettanti terapisti della riabilitazione psichiatrica e assistenti sociali, più 5 mila infermieri.
Nella nostra mozione abbiamo chiesto, quindi, specifici impegni al Governo per affrontare e gestire al meglio questa troppa e diffusa malattia. Le priorità sono quelle legate alla necessità di potenziare i modelli di presa in carico globale del paziente e percorsi diagnostico-terapeutici più adeguati per migliorare la gestione della depressione. Accanto a questo è indispensabile incrementare le risorse del Servizio sanitario nazionale destinate ai servizi di psichiatria e al settore di salute mentale, da troppi anni sottofinanziati e con carenza di personale medico e sanitario, affinché siano in grado di garantire un equo e adeguato accesso alle strutture e rispondere ad una domanda crescente di intervento e di supporto sociosanitario. Così come un ruolo importante deve essere svolto da una maggiore formazione dei medici in medicina generale e degli specialisti coinvolti nella diagnosi e cura della depressione in un'ottica di sempre maggiore integrazione multidisciplinare. Da ultimo chiediamo che una quota delle risorse del PNRR vengano effettivamente destinate al rafforzamento dei servizi sociosanitari, all'assistenza distrettuale e alla riduzione degli squilibri territoriali con particolare riguardo ai servizi per la gestione e la cura delle persone con disagio mentale.
Mi permetta, Presidente, una considerazione personale. La vita non deve essere perfetta, gli alti e bassi sono la dimostrazione che stiamo andando avanti per la nostra strada.
È molto facile che la depressione ci impedisca di vedere tutto ciò che di meraviglioso abbiamo, ma ciò non significa che smetta di esistere. Pensiamo alle persone che ci amano e soprattutto a chi amiamo. Concediamoci un po' di tempo per essere deboli, poi però rialziamoci e continuiamo a costruire la vita che desideriamo. È obbligatorio imparare a essere felici. Prendiamo la nostra vita in mano, quindi, e facciamone un capolavoro .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Penna, che illustrerà anche la mozione n. 1-00529, di cui è cofirmatario.
LEONARDO SALVATORE PENNA(M5S). Grazie, Presidente. La depressione è ormai uscita dalle mura domestiche e dal ristretto perimetro del privato, finendo per approdare tra le gravi patologie, che, pur non essendo epidemiche e quindi non suscitando le attenzioni riservate alle epidemie come il COVID-19, sono però gravide di gravi conseguenze, sia per la vastità dei soggetti coinvolti in Italia, come ha ricordato la collega poc'anzi, il 5 per cento della popolazione e quindi 3 milioni di persone, sia per le gravi ripercussioni sanitarie e sociali connesse al radicamento di questa grave patologia e ai numerosi effetti invalidanti e aggravanti che vi sono connessi.
Proprio perché è uscita dai ristretti perimetri domestici e individuali, la depressione è divenuta un male sociale, un moltiplicatore di varie patologie: il diabete, le malattie cardiovascolari, l'osteoporosi, la demenza e una accelerazione del ciclo di vita, fino a condurre a morte precoce. C'è tuttavia un aspetto ancora poco investigato ed è il seguente: di depressione patiscono non solo gli individui, o di depressione possono soffrire non solo gli individui, ma anche le società. E se una società mostra i sintomi della depressione, come può incidere questa atmosfera tossica sui suoi cittadini, già immersi e catturati dalle sabbie mobili della sindrome depressiva?
I sintomi della depressione individuale si potrebbero indicare come tristezza, angoscia, disperazione, insoddisfazione, solitudine, senso di impotenza, perdita della speranza, senso di vuoto e rabbia: sentimenti che potrebbero ascriversi non solo ai singoli soggetti, ma anche ai corpi sociali. Il senso di angoscia che sta pervadendo, oggi più di ieri, la società italiana, crea un senso di insicurezza e frustrazione, che si riverbera in ogni campo di attività della società. La disperazione, vissuta come paura della crisi, incertezza del futuro e certezza della difficoltà a mutare il proprio destino, è un altro inequivocabile segno di una tara che affligge l'individuo come le società. L'insoddisfazione, vissuta come limite orizzontale di una società che, smarrendo i sogni, impedisce le visioni che sono motori dei cambiamenti e delle innovazioni. La solitudine o l'atomizzazione della società attraversata dalla distruzione del reticolo associativo, che, come una rete, trattiene gli individui preservandone la caduta nel vuoto della disillusione. Il senso di impotenza, come incapacità di seppellire le energie individuali e sociali per procedere al superamento di gravi ostacoli che si frappongono tra il corpo collettivo di una società e la sua ricerca della felicità come meta e come percorso. La rabbia che percorre ampi settori del corpo sociale e che spesso si esprime in violenza, intolleranza e crisi del sentimento di fratellanza e accoglienza. Ecco, dunque, che la depressione individuale ha una nuova causa, quella sociale o collettiva, che, invece di essere alibi, deve servire ad affrontare in altra chiave una patologia che ha bisogno, come ricorda la nostra mozione, di un avvistamento precoce del malessere, di figure mediche adeguate, sempre qui ricordato nella mozione, che leniscano le pene e la sofferenza del depresso, ma dobbiamo anche cambiare il contesto sociale in cui la depressione si manifesta e si rafforza, cronicizzandosi. La società deve ritrovare il gusto della sfida, il sogno del cambiamento, allevare la speranza e, come mutamento individuale e collettivo, fare un deciso percorso verso una felicità possibile come diritto dell'individuo .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bologna. Ne ha facoltà.
FABIOLA BOLOGNA(CI). Grazie, Presidente. Come noto, la depressione è un disturbo psichiatrico molto diffuso, si registra un continuo aumento dei casi e i sintomi afferiscono alla sfera cognitiva, comportamentale, somatica e affettiva dell'individuo, con un impatto sulla sua qualità di vita e su quella dei familiari. La depressione si caratterizza per una compromissione del funzionamento personale e sociale, e con sintomi affettivi, cognitivi, comportamentali e somatici.
Tutti i domini cognitivi sono interessati, dalla memoria, all'apprendimento, alle funzioni esecutive, attenzione, pianificazione, memoria di lavoro, flessibilità mentale e processi decisionali. Spesso si manifesta nel periodo più florido e produttivo della vita, con gravi ripercussioni sul piano affettivo-familiare, socio-relazionale e professionale.
Le donne sono particolarmente esposte, direttamente e come : difatti, l'incidenza della patologia si pone in un rapporto donna-uomo di 2-3 a 1. Questo dato ci permette di ricordare che a giugno 2019 è stato firmato il decreto ministeriale con cui è stato adottato il Piano per l'applicazione e la diffusione della medicina di genere, previsto dall'articolo 3 della legge n. 3 del 2018. Con l'approvazione di tale Piano, per la prima volta in Italia è stato inserito il concetto di genere nella medicina, al fine di garantire in modo omogeneo sul territorio nazionale la qualità e l'appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale, e successivamente, con l'istituzione dell'Osservatorio dedicato, l'Italia è divenuta avanguardia rispetto al tema nel contesto europeo.
L'approccio scientifico verso la personalizzazione delle cure ci consente di valorizzare le differenze tra donne, uomini, bambini e anziani, per un migliore approccio diagnostico e terapeutico, centrato sulla persona. La medicina, quindi, letta attraverso un approccio di genere, è obiettivo e punto di partenza strategico per il sistema sanitario nazionale. In questa ottica, la lettura dei dati forniti dalle letterature internazionali concorda sul fatto che le donne risultano affette da depressione da 2 a 3 volte più degli uomini e che tendono a sviluppare la malattia più precocemente, manifestando un corredo sintomatologico più grave rispetto agli uomini.
A ciò si aggiunge il profondo cambiamento del ruolo della donna nella società, che la vede impegnata su molteplici fronti e, quindi, sottoposta a un forte stress fisico e psico-emotivo: l'aumento della quantità di lavoro, i carichi di responsabilità associati a ruoli professionali, anche apicali, da conciliare con la famiglia, l'acquisizione di abitudini di vita scorrette, i disturbi del sonno, sono tutti i fattori di rischio.
Il cambiamento della struttura sociale della famiglia e la crisi economica hanno, inoltre, fatto sì che la cura degli anziani, dei soggetti fragili della famiglia, nonché dei figli minori, ricada sempre più spesso sulle figure femminili. Altri fattori di rischio significativi sono la violenza fisica e psicologica, di cui sono, purtroppo, vittime le donne, nella maggior parte dei casi fra le mura domestiche, nonché le condizioni di discriminazione femminile assai più diffuse di quanto si possa immaginare anche nel nostro Paese.
È necessaria, inoltre, una particolare attenzione all'infanzia e all'adolescenza: due fasi dello sviluppo in cui si affrontano cambiamenti sul piano fisico, cognitivo, affettivo e comportamentale. L'inserimento a scuola, l'integrazione con i coetanei, l'apprendimento delle regole sociali dello stare in gruppo, i mutamenti corporei, sono alcune delle prove che un minore deve affrontare per crescere e che possono dare origine a un disagio che non bisogna sottovalutare e per il quale occorre attuare tutte le azioni preventive del caso. La prevalenza della depressione è tra lo 0,5 e il 3 per cento nell'infanzia, raggiunge il 10-15 per cento nell'età prepubere e si manifesta con un'alterazione del tono dell'umore, facilmente incline all'irritabilità per la maggior parte del giorno, e con alti livelli di intensità, che si associa a un mancato interesse per le attività, a una perdita o a un aumento del peso corporeo, a disturbi del sonno, insieme a numerosi altri sintomi, che possono compromettere il vissuto quotidiano e che richiedono un trattamento tempestivo e adeguato, dalla psicoterapia fino alla terapia farmacologica se necessaria.
Il costo sociale della depressione è molto elevato: include sia i costi sanitari diretti, che riguardano la diagnosi, il trattamento, la riabilitazione, l'assistenza e la prevenzione delle ricadute a lungo termine, che i costi indiretti, connessi alla perdita di produttività in termini di ore lavorative perse.
La depressione è riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità come la prima causa di disabilità a livello globale. In Europa i cittadini affetti da questa problematica sono più di 35 milioni, mentre in Italia la situazione è analoga e riflette il medesimo : si tratta di circa 3,5 milioni di italiani. Questi dati stanno aumentando esponenzialmente a causa dell'emergenza epidemiologica causata da COVID-19, i cui effetti si prolungheranno a lungo termine; difatti, oltre il 40 per cento degli italiani ha riportato un peggioramento dei sintomi ansiosi e depressivi durante il lockdown, con una riduzione della qualità di vita in più del 60 per cento dei soggetti e ripercussioni sul ritmo sonno-veglia in oltre il 30 per cento di quelli considerati. La percentuale di italiani che ha assunto psicofarmaci durante il lockdown è superiore rispetto a quella del periodo pre-COVID per ogni categoria: l'11,4 per cento ha assunto almeno una tipologia di psicofarmaco durante le misure restrittive; inoltre, la depressione è uno dei sintomi più comuni della sindrome cosiddetta Long COVID, con una incidenza pari al 67,2 per cento.
Il 26 gennaio 2021 è stato istituito il tavolo di lavoro tecnico sulla salute mentale presso il Ministero della Salute, con il compito di predisporre linee-guida, indirizzo e documenti scientifici, compresi accordi sanciti in sede di Conferenza Stato-regioni e Conferenza unificata, per verificare l'appropriatezza e la qualità dei percorsi di trattamento e riabilitazione erogati per i disturbi mentali, tra cui la depressione. Sempre nel 2021, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha illustrato i criteri di allocazione e destinazione delle risorse di derivazione europea per la ripresa successiva all'emergenza. È evidente la necessità di destinare una cospicua porzione dei fondi al fine di predisporre un apposito piano per la presa in carico di ogni livello generazionale e costituire una rete di servizi in considerazione delle conseguenze negative sul piano psicologico derivanti dalla pandemia. A seguito dell'intesa tra Stato e regioni, dello scorso 4 agosto 2021, sono stati stanziati ulteriori 60 milioni di euro destinati a finanziare un progetto di rafforzamento dei dipartimenti di salute mentale, per la qualificazione dei percorsi, per la effettiva presa in carico e per il reinserimento sociale dei pazienti con disturbi psichiatrici, a completamento del processo di attuazione della legge n. 81 del 2014, nonché per l'effettuazione e l'attuazione degli obiettivi di presa in carico e di lavoro in rete per i disturbi dell'adulto, dell'infanzia e dell'adolescenza.
Concludendo, la mozione si prefigge il raggiungimento di molteplici obiettivi, tra cui la sensibilizzazione della popolazione al fine di rimuovere lo stigma sociale e promuovere una corretta informazione; il potenziamento della ricerca in campo scientifico, volta all'individuazione di trattamenti terapeutici efficaci all'avanguardia; la promozione della prevenzione per ridurre i tempi medi di diagnosi del disturbo; lo sviluppo di una rete di servizi sanitari dedicati alla salute mentale, in un'ottica di medicina di genere e con un'attenzione particolare all'età infantile e adolescenziale; la promozione di iniziative sul territorio nazionale con il coinvolgimento di tutti gli interlocutori. Per fare questo, occorre aumentare il finanziamento e creare una rete di dialogo, costruttivo e di collaborazione sinergica, tra istituzioni nazionali e regionali, società scientifiche, professionisti, associazioni e coinvolti su questo tema, con una visione proiettata al futuro, sia per una visione di società che sappia guardare al benessere quotidiano dei suoi cittadini, sia per una medicina di genere e di precisione che guardi alla prevenzione da una parte e a trattamenti innovativi e personalizzati dall'altra
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Siani. Ne ha facoltà.
PAOLO SIANI(PD). Grazie Presidente, sottosegretario, colleghe e colleghi. Presidente, è con piacere che stasera intervengo in discussione generale su un tema che quest'Aula ha visto, già un'altra volta, in pochi mesi, affrontare con una mozione a prima firma della collega Lorenzin, proprio sulla neuropsichiatria in generale e infantile in particolare; ma questo Parlamento si è occupato della materia anche presso la Commissione affari sociali, con una specifica risoluzione. Questo mi fa piacere, perché è un'emergenza sommersa, è una emergenza nota, molto ben nota, alle famiglie e agli operatori, ma era sconosciuta alla politica, che, da poco si è resa conto che il Covid ha svelato anche questo tema. Lo hanno già spiegato i miei colleghi ricordando che di depressione vi sono coloro che sono colpiti di più e chi di meno. Io voglio solo portarvi alcuni punti schematici in discussione, che possono aiutarci e aiutare il Governo a prendere decisioni in merito. Questa non è una malattia che colpisce solo gli adulti o solo gli anziani - questo è chiaro a tutti - ma colpisce anche i ragazzi e, in questa emergenza, colpisce soprattutto i ragazzi. Pensate che in Europa il 19 per cento dei ragazzi tra 15 e 19 anni soffre di ansia e depressione; in Italia è il 16 per cento nel 2019, quindi in fase precoce di pandemia. C'è poi un dato veramente allarmante, che i pediatri non avevano mai visto prima e i neuropsichiatri in Italia nemmeno, cioè i ragazzi che si suicidano: sono 1200 in Europa, un numero altissimo. È inspiegabile che tanti ragazzi scelgano volontariamente di togliersi la vita. Questo è un dato allarmante che in quest'Aula non può non essere sottolineato. Non possiamo osservare inermi una tale situazione così grave - così grave -, che è la punta di un iceberg.
Secondo punto: non è solo un problema medico o di sanità pubblica, o di salute pubblica. È un problema economico, perché il costo sociale di questa subdola malattia è di 4 miliardi l'anno. Un Paese che rincorre sempre il debito, un Paese che è affannato nel trovare risorse, se decidesse di investire più soldi sulla prevenzione, avrebbe un risparmio enorme e i 4 miliardi scenderebbero. I 4 miliardi derivano dal fatto che - lo ha detto adesso la collega Bologna - sono costi diretti, dovuti alla diagnosi, al trattamento psicologico, al trattamento di terapia psicologica, alla prevenzione della cura della depressione; sono tutti costi indiretti, cioè riferiti alla capacità di un individuo di non poter lavorare o di lavorare male. Tali costi indiretti sono rivolti anche alla famiglia, perché chi ha avuto esperienza di una persona depressa in famiglia o tra gli amici, o che ha visto una cosa del genere, sa bene che è la famiglia che si ammala, non solo il soggetto ammalato, quindi va fatta una terapia di gruppo e familiare. C'è poi un altro dato che non ci può lasciare indifferenti e che tutti gli scienziati hanno sottolineato e hanno messo in evidenza, oggi ancora più di ieri: c'è un rapporto molto stretto tra depressione e svantaggio sociale. I disoccupati, i poveri, le persone poco istruite, hanno una possibilità che è del doppio rispetto a un'altra persona che non ha queste caratteristiche di diventare depressa. Quindi, capite che l'emergenza sanitaria si associa, si accumula ed aumenta nell'emergenza sociale che stiamo vivendo: dove sta aumentando la povertà, aumenta la disoccupazione e aumenta la mancanza di istruzione. Non solo: aumenterà, perché non è una cosa che stiamo contenendo. Questa cosa aumenterà perché aumenteranno i disturbi - lo avete sentito prima, con riferimento al Long-Covid - perché aumenteranno le persone in difficoltà, soprattutto tra le donne e i giovani adulti; questo anche perché aumenteranno nel nostro Paese - lo stiamo osservando - le disuguaglianze. Allora, se è una malattia che coinvolge il lato sanitario, ma che costa tanto e che ha un legame molto stretto con il con le disuguaglianze, con la società, c'è bisogno di nuove azioni. Non possiamo solo chiedere interventi sanitari, ma c'è bisogno di interventi anche per il mercato del lavoro, per l'istruzione e interventi di . Sarebbe riduttivo pensare che aumentando gli psicologi si riduca di fatto la depressione: no, la depressione non si riduce soltanto così, ma si riduce intervenendo su più settori (e questi che vi ho detto sono quelli decisivi).
È un'emergenza sommersa perché, secondo ciò che ci dicono tutte le società scientifiche di psicologia e di neuropsichiatria, il rapporto tra fabbisogno assistenziale e capacità assistenziale - cioè assicurare a tutti gli ammalati percorsi di cura adeguati, secondo le linee guida nazionali - era sfavorevole: si riusciva, prima della pandemia, ad assicurare un rapporto pari al 55 per cento del fabbisogno, cioè, quasi la metà di questi ammalati noi non riuscivamo a seguirli prima. Oggi è certamente peggio e sarà peggio per i sanitari, perché ciò aumenterà a causa del Long-Covid. Stiamo scoprendo una malattia nuova, il Covid, che dà problemi in acuto molto gravi, molto importanti, ma stiamo anche scoprendo che esiste un Long-Covid, cioè che sei mesi dopo la guarigione da una malattia acuta, una parte enorme di pazienti in tutto il mondo manifesta segni di Long-Covid, ovvero segni fisici, respiratori, cardiologici, articolari ma anche di tipo psicologico e, tra questi, la depressione sta al primo posto. Per questo, se è vero che stiamo nell'ultimo miglio della pandemia, cioè che stiamo arginando questa gravissima pandemia, è anche vero che - così ci dicono gli scienziati - gli esiti li vedremo ancora per qualche anno oltre la fine della pandemia. Ciò, peraltro, aumenterà nella fascia pediatrica.
I ragazzi che manifestavano sintomi come lo stato d'ansia, l'umore deflesso, la mancanza di energia, ma anche l'aggressività, l'abuso di sostanze, di tabacco o di alcol e la depressione erano pochi prima, oggi stanno aumentando in maniera vertiginosa. Vi ricordo che i posti letto dedicati all'infanzia erano 94 fino alla pandemia e non riuscivano a dare risposte adeguate. Se non interveniamo subito su questo dato, noi avremo grandi problemi tra qualche anno, ma soprattutto se non interveniamo sul territorio, se non riusciamo a dare risposte territoriali. Allora, è necessario un nuovo approccio. Come abbiamo posto tante risorse straordinarie sulla sanità pubblica, servono altrettante risorse per la salute mentale, che va considerata un capitolo a parte .
C'è un altro tema che vorrei sottolinearvi e cioè che la depressione non arriva all'improvviso, ma ha origini nelle fasi precoci della vita. Allora, voi sapete - e se non lo sapete, ve lo dico io - che le mamme depresse hanno un rischio 5 volte maggiore di far nascere bambini di basso peso e c'è anche un rischio, per questi bambini, di diventare depressi da adulti e questo rischio aumenta se la mamma depressa è anche una mamma povera e che ha debiti economici.
Il senso del mio discorso finale e, quindi, anche il senso delle richieste che facciamo al Governo è che dobbiamo occuparci della depressione già prima che si manifesti, assicurando a ogni bambina e a ogni bambino del nostro Paese una partenza della vita il più possibile felice, quindi, occupandoci di queste mamme che hanno depressione prima della gravidanza o dopo la gravidanza e, dunque, occupandoci delle mamme povere, assicurando loro una vita stabile e felice, perché facendo questo noi avremo un numero di ragazzi depressi e di adulti depressi certamente minore, e i 4 miliardi che spendiamo oggi per la depressione diminuiranno in maniera vertiginosa.
Quindi, il mio invito al Governo e a quest'Aula è di provare a ragionare con uno sguardo lungo, che investa sul futuro e che dica che noi oggi appostiamo le risorse per fare fronte alla fase acuta, ma anche per prevenire ulteriori e nuovi casi di depressione o di alterazione della salute mentale.
Concludo dicendo che l'OMS, già 10 anni fa, ci avvertiva che la depressione sarebbe stata un problema importante per il nostro Paese, e per il mondo intero; oggi, ci dice che nel 2030 potrebbe diventare la prima causa di disabilità e sofferenza. Allora, è ora il tempo di occuparci di questa malattia, è ora il tempo di fare scelte politiche che guardino lontano, più avanti cioè del COVID e di questo momento storico .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bellucci. Ne ha facoltà.
MARIA TERESA BELLUCCI(FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Costa, in quanto psicologa e psicoterapeuta, sono certamente contenta che il Parlamento si interessi della salute mentale, del benessere psicologico e, segnatamente, come in questa mozione, della depressione e del potenziamento degli strumenti di prevenzione e di cura della depressione; però, sottosegretario, le devo dire che sono estremamente preoccupata per la poca attenzione che presta il Governo rispetto a questa questione, cioè alla protezione della salute mentale e perché, sottosegretario? Verrò al punto e alle motivazioni che sono alla base di questa mia preoccupazione e di questo mio dispiacere.
Sottosegretario, lei sa benissimo che nel PNRR e, quindi, in quei 250 miliardi di euro, non una voce è stata destinata alla protezione della salute mentale, non una volta, in quelle oltre 300 pagine, viene citata la salute mentale e questo, quindi, certamente sostanzia la mia preoccupazione. Fratelli d'Italia ha presentato mozioni in Aula, ha presentato risoluzioni in Commissione che andavano verso il potenziamento proprio degli strumenti di prevenzione e cura della salute mentale; ha offerto proprie proposte per mettersi a disposizione e a servizio degli italiani ma, purtroppo, nonostante l'approvazione di quelle mozioni e di quelle risoluzioni, non ultima proprio quella approvata in quest'Aula il 16 giugno di quest'anno, una mozione che ha visto tutto il Parlamento unirsi nella difesa della salute mentale e nella protezione del benessere psicologico - mozione che ha presentato non solo Fratelli d'Italia, ma anche la maggioranza - e seppure il Parlamento si è unito con una sola voce, dicendo “sì, deve essere una priorità”, chiedendo al Governo un impegno in tale direzione, noi non abbiamo visto traccia, poi, di fatti concludenti rispetto all'impegno che veniva chiesto da questo Parlamento al Governo. Da ciò nascono anche le mie preoccupazioni e io mi pongo alcune domande; mi chiedo: ma che senso ha presentare mozioni, approvarle all'unanimità, quando, poi, rimangono lettera morta? Devo dire che quando è arrivata tra le mie mani la mozione che stiamo esaminando oggi, sul potenziamento degli strumenti di diagnosi e cura della depressione, la prima cosa a cui ho pensato sono i tanti altri atti già approvati che non hanno avuto alcun tipo di esito rispetto al miglioramento delle cure e dei sistemi di cura in ambito di salute mentale. Quindi, che senso ha? Io penso ad un Governo che, nel momento in cui vede che un'iniziativa parlamentare è approvata all'unanimità, mette tale questione, tale materia tra le proprie priorità e non ha dubbi rispetto alla necessità di stanziare giuste risorse economiche, umane, risorse che devono mettere al centro dell'azione governativa quell'impegno e quella tematica. Ma non è così. Noi ci troviamo, in questo caso, a discutere su una mozione che parla certamente di un'emergenza, perché la depressione è il primo disturbo psicologico al mondo; in Italia, come dicevano prima anche i miei colleghi, colpisce 3 milioni di cittadini, 1 milione soffrono di depressione maggiore, persone che, fra l'altro, non sanno cosa fare, perché non sanno a chi chiedere aiuto, sono afflitte da una sofferenza indicibile, non riescono ad uscire fuori da quel senso di impotenza, di tristezza, di afflizione e vedono che lo Stato è assolutamente inerte e manchevole.
Oggi, in Italia, chi si cura per un disturbo psicologico lo fa con le proprie economie, ma quando se lo può permettere; delle 10 persone che sono in cura, 8 vanno privatamente, il che significa che la protezione della salute mentale è accessibile soltanto a chi appartiene a un ceto sociale medio-alto; quindi, in questo sistema di cura noi troviamo certamente la discriminazione, la disuguaglianza, la non protezione dei più fragili e dei più bisognosi da parte di uno Stato che è consapevole di quali sono le priorità, perché le conseguenze sono notevoli, sono di carattere personale, ma sono anche di carattere sociale, di carattere familiare, di carattere lavorativo.
Studi a livello nazionale e anche europeo hanno sottolineato come le persone che hanno problemi di depressione perdono 15 giorni all'anno di lavoro e 25 giorni hanno una prestazione che è inficiata dal proprio disturbo psicologico.
C'è una problematica che attanaglia in maniera cogente la nostra Italia da decenni, dal momento che l'Italia, fra l'altro, tra i Paesi del G7, è quella che stanzia meno risorse per la protezione della salute mentale. Pensi, sottosegretario, che in Italia, per la salute mentale, si stanzia il 3,5 per cento della spesa sanitaria, mentre nei Paesi del G7 si arriva dall'8 al 15 per cento. In Italia abbiamo uno psicologo ogni 12.000 abitanti, mentre nelle altre nazioni occidentali ne hanno uno ogni 5.000 abitanti. In Italia la protezione della salute mentale e la protezione del benessere psicologico sono davvero chimere. Noi siamo l'unica nazione, tra i Paesi occidentali, che non ha il servizio di psicologia scolastica, con uno psicologo scolastico inserito in pianta stabile nelle scuole, perché noi non riconosciamo, o meglio, i diversi Governi che si sono succeduti non riconoscono l'importanza, nel sistema di educazione, della promozione dell'intelligenza emotiva, cioè della capacità di ogni persona di conoscere se stessa, di cercare di migliorare la propria relazione con sé e con gli altri, di gestire la conflittualità, di gestire i rapporti e, quindi, di essere più capace di autodeterminarsi e di determinare in senso evolutivo la comunità e lo sviluppo della comunità a cui appartiene. È come se in Italia si scotomizzasse tutto un aspetto che entra nella vita delle persone, della società e della nazione, che è quello della capacità di essere più produttivi, a partire dalla conoscenza di se stessi, delle proprie emozioni e del modo con cui stare in relazione con gli altri.
Certamente la pandemia ha aggravato tutto questo. Sì, sono aumentati del 30 per cento i ricoveri nei reparti di neuropsichiatria infantile, per tentati suicidi e per atti di autolesionismo. Sono aumentati certamente per la pandemia, ma anche perché l'Italia non era preparata e pronta a fronteggiare tutto questo. Non erano pronti né il suo sistema di istruzione e di educazione e nemmeno il sistema sociosanitario. Non era pronta. E, nel momento in cui arrivano in Italia risorse straordinarie e importanti, come i 250 miliardi del PNRR, non si pensa di utilizzare quelle risorse per riempire unche è cronico e grave, ma si continua ad ignorare un aspetto vitale della nostra comunità e della vita di noi tutti.
Allora, sottosegretario Costa, è per questo che io sono preoccupata, perché noi, certamente, come Fratelli d'Italia, proporremo la nostra mozione. L'abbiamo già fatto e abbiamo dimostrato quanto le nostre idee erano idee di buonsenso, scientificamente fondate e, fra l'altro, condivise da tutto il Parlamento. Anche in questo caso ci metteremo a servizio e presenteremo una nostra mozione, per dare indicazioni su come si promuovono i sistemi di prevenzione e cura: certamente, inserendo lo psicologo scolastico; certamente, inserendo lo psicologo di base, insieme al medico di medicina generale, all'interno della medicina territoriale di prossimità; certamente, facendo campagne di informazione e di promozione, per uscire fuori dallo stigma sociale che c'è nei confronti di chi ha una problematica legata alla sfera psicologica e mentale; certamente, inserendo adeguate risorse economiche e umane, aumentando l'assunzione di personale e, quindi, di psicologi, psicoterapeuti e neuropsichiatri infantili.
Sono tante le nostre proposte e continueremo a metterle all'attenzione del Parlamento e del Governo, ma devo dire che quello che ha proposto in questi mesi il Governo ha tolto molte delle nostre speranze, le ha cancellate, perché abbiamo visto anche che, nonostante ci sia l'approvazione all'unanimità da parte del Parlamento, il Governo tace, non vede questa come una priorità, non capisce che è una priorità e non si comporta in maniera coerente e adeguata rispetto a questo. Siamo inevitabilmente, quindi, preoccupati che l'esito di questa mozione, anche se verrà approvata, sarà lo stesso delle mozioni e delle risoluzioni approvate in questi oltre tre anni e questo è un dispiacere, un dispiacere per la democrazia, un dispiacere per l'importanza che il Parlamento dovrebbe avere per il Governo, un dispiacere per gli italiani, perché, sa, oggi gli italiani non vanno a votare ed è vero. Queste amministrative ci dimostrano questo, ma probabilmente sa perché non vanno a votare? Perché hanno perso la speranza, la speranza in uno Stato giusto, la speranza in istituzioni credibili e autorevoli, la speranza che la democrazia oggi abbia un senso in Italia .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare l'onorevole Furgiuele. Ne ha facoltà, per 2 minuti.
DOMENICO FURGIUELE(LEGA). Grazie, Presidente. Intervengo per denunciare che nel cuore della Calabria, in prossimità di uno degli scali ferroviari più importanti del Mezzogiorno d'Italia, presso la stazione ferroviaria di Lamezia Terme Centrale, da diverso tempo, con cadenza quasi giornaliera, si vivono momenti di tensione - da troppo tempo - senza che l'Esecutivo e il Ministero dell'Interno prendano i dovuti accorgimenti. Nell'importante stazione ferroviaria di Lamezia Terme ci sono scorribande di e ci sono atti delinquenziali che la polizia, la Polfer, quella che si occupa della stazione ferroviaria, difficilmente riesce a fronteggiare, dato anche il vergognoso impoverimento dal punto di vista del personale e dal punto di vista dei mezzi. Nessun potenziamento di personale è stato registrato negli ultimi anni e questo comporta che i pochi agenti devono operare con grande difficoltà, con atti quasi eroici, fronteggiando soprattutto orde di immigrati clandestini che giungono dal vicino centro d'accoglienza di Isola Capo Rizzuto.
Negli ultimi giorni c'è stato un ulteriore atto delinquenziale che ha visto protagonisti, loro malgrado, i pochi agenti della Polfer, che hanno agito eroicamente (lo voglio ripetere e a loro va il mio ringraziamento). Un atto gravissimo che è stato denunciato e segnalato dagli agenti e soprattutto dai sindacati, con i quali manifesteremo il prossimo venerdì.
In merito a questo, ho presentato un'interrogazione parlamentare al Ministro Lamorgese. L'ho fatto oggi, proprio nel momento in cui a Locri sono sbarcati altri 300 immigrati clandestini, e al Ministro Lamorgese chiedo di ripristinare soprattutto la sicurezza per i passeggeri ma, anche e di più, la dignità degli agenti della Polfer. Signor Presidente non è possibile aspettare che ci scappi il morto .
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
1.
S. 2371 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, recante misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia (Approvato dal Senato). (C. 3314)
: CATALDI.
2.
3.
4.
BENAMATI ed altri: Delega al Governo per la riforma della disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. (C. 1494-A)
: ZARDINI.
5.
6.
7.
Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia. (C. 2561-A)
: DE FILIPPO.
8.
FORMENTINI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dello scoppio della pandemia di COVID-19 e sulla congruità delle misure adottate dagli Stati di origine del virus SARS-CoV-2 per evitarne la propagazione nel mondo. (Doc. XXII, n. 42-A)
: FORMENTINI, per la III Commissione; STUMPO, per la XII Commissione.
9.
Relatrice: GAGLIARDI.
10.
11.