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Venerdì 17 Maggio 2024 ore 09:30
AULA, Seduta 294 - interpellanze urgenti
Resoconto stenografico
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Nella seduta odierna ha avuto luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti sui seguenti argomenti:
Iniziative di competenza volte a scongiurare gli eventuali rischi ambientali derivanti dalla realizzazione di un nuovo impianto di biodigestione nel sito di San Nicolao, a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), nonché a realizzare uno smaltimento dei rifiuti economicamente più sostenibile (Gribaudo – PD-IDP); Iniziative di competenza volte a verificare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 126 della Costituzione con riguardo alla regione Liguria, in relazione a recenti indagini giudiziarie (Traversi – M5S); Iniziative di competenza volte a contrastare il traffico illegale di uccelli in Lombardia e a tutela della biodiversità, anche alla luce delle procedure avviate da parte della Commissione europea per violazione delle norme in materia di caccia, ed elementi circa il fenomeno del bracconaggio in Italia (Cherchi – M5S).
Per il Governo è intervenuto il Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica, Claudio Barbaro.
Iniziative di competenza volte a scongiurare gli eventuali rischi ambientali derivanti dalla realizzazione di un nuovo impianto di biodigestione nel sito di San Nicolao, a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), nonché a realizzare uno smaltimento dei rifiuti economicamente più sostenibile (Gribaudo – PD-IDP); Iniziative di competenza volte a verificare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 126 della Costituzione con riguardo alla regione Liguria, in relazione a recenti indagini giudiziarie (Traversi – M5S); Iniziative di competenza volte a contrastare il traffico illegale di uccelli in Lombardia e a tutela della biodiversità, anche alla luce delle procedure avviate da parte della Commissione europea per violazione delle norme in materia di caccia, ed elementi circa il fenomeno del bracconaggio in Italia (Cherchi – M5S).
Per il Governo è intervenuto il Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica, Claudio Barbaro.
XIX LEGISLATURA
294^ SEDUTA PUBBLICA
Venerdì 17 maggio 2024 - Ore 9,30
Svolgimento di interpellanze urgenti (vedi allegato).
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- Lettura Verbale
- Missioni
- Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente
- Interpellanze urgenti (Svolgimento)
- Iniziative di competenza volte a scongiurare gli eventuali rischi ambientali derivanti dalla realizzazione di un nuovo impianto di biodigestione nel sito di San Nicolao, a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), nonché a realizzare uno smaltimento dei rifiuti economicamente più sostenibile - n. 2-00374
- Iniziative di competenza volte a verificare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 126 della Costituzione con riguardo alla regione Liguria, in relazione a recenti indagini giudiziarie - n. 2-00375
- Iniziative di competenza volte a contrastare il traffico illegale di uccelli in Lombardia e a tutela della biodiversità, anche alla luce delle procedure avviate da parte della Commissione europea per violazione delle norme in materia di caccia, ed elementi circa il fenomeno del bracconaggio in Italia - n. 2-00376
- Ordine del giorno della prossima seduta
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ROBERTO GIACHETTI, legge il processo verbale della seduta del 15 maggio 2024.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 84, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta odierna .
PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 16 maggio 2024, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VI Commissione (Finanze):
S. 1092. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 marzo 2024, n. 39, recante misure urgenti in materia di agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119 e 119- del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, altre misure urgenti in materia fiscale e connesse a eventi eccezionali, nonché relative all'amministrazione finanziaria» (1877) – exbisexbis
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
Poiché il suddetto disegno di legge è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da martedì 21 maggio 2024, ai sensi del comma 5 dell'articolo 96- del Regolamento, i termini di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo sono conseguentemente adeguati. In particolare, il termine per la presentazione di questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge è fissato alle ore 13 di lunedì 20 maggio 2024.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Gribaudo e Fornaro n. 2-00374 .
Chiedo alla deputata Gribaudo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
CHIARA GRIBAUDO(PD-IDP). Sì, grazie, Presidente. Sottosegretario, grazie per l'opportunità di portare in quest'Aula una questione molto sentita dalla mia comunità, una comunità per l'appunto preoccupata perché si sente la necessità di fare chiarezza, nei luoghi deputati a fare chiarezza, con riferimento a un'impiantistica di trattamento rifiuti da realizzare nel territorio piemontese - in modo particolare nel sito della discarica di San Nicolao a Borgo San Dalmazzo -, proprio rispetto alle ambiguità, diciamo così, dimostrate, poiché manca una pianificazione, dal mio punto di vista, piemontese sulla gestione degli impianti di biometano.
Infatti, negli ultimi anni, grazie naturalmente agli incentivi per la produzione di biometano, abbiamo assistito a una forte crescita degli impianti di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti solidi urbani. È una crescita significativa soprattutto nel Nord Italia, dove i digestori stanno sostituendo i più tradizionali impianti di compostaggio aerobico, e che sicuramente rappresenta un'importante opportunità di produzione di energia da fonti rinnovabili e di chiusura virtuosa del ciclo dei rifiuti.
Tuttavia, è fondamentale una pianificazione adeguata, torno a dirlo, della distribuzione territoriale degli impianti, per evitare, da un lato, una proliferazione che danneggerebbe innanzitutto i contribuenti rispetto agli impianti che vengono finanziati, e poi c'è naturalmente, eventualmente, anche una serie di considerazioni ambientali che aggiungerò dopo.
In questo caso, Sottosegretario, mi concentro soprattutto sulla parte finanziaria, economica e di sostenibilità di questo progetto, a parte il fatto che il progetto a Borgo San Dalmazzo era partito come un adeguamento tecnologico dell'impianto esistente, e invece non è così perché si tratta di un vero e proprio nuovo progetto. Quindi, questa storia è partita male dall'inizio e sta purtroppo continuando peggio. È il motivo per cui mi sono rivolta in quest'Aula per affrontare la questione. Rispetto a tale impianto, all'inizio, si era partiti con quantitativi decisamente superiori, poi, piano piano, a forza di discutere, siamo tornati ad essere un po' più ragionevoli. Ma comunque questo impianto è progettato per trattare 35.000 tonnellate di rifiuti organici e altre 10.000 tonnellate di sfalci; una capacità di trattamento adatta per 800.000 o 900.000 abitanti. Peccato che la nostra provincia ne ha poco meno di 600.000, primo dato. Come si potrebbe, dunque, saturare questa capacità di trattamento? È una domanda che mi sono posta. La nostra provincia, ammesso e non concesso che tutta conferisse lì, dovrebbe comunque importare rifiuti organici. Da dove? Come dicevo prima, il Nord Ovest è pieno di impianti di rifiuti organici.
Analizzando i soli digestori anaerobici, risultano presenti rilevanti capacità residue di trattamento nelle province confinanti e in quelle vicine, come quella di Pinerolo in provincia di Torino, San Damiano d'Asti, Cairo Montenotte in provincia di Savona, Casal Cermelli in provincia di Alessandria, dove peraltro già uno dei quattro consorzi della provincia (perché la nostra provincia è suddivisa in quattro consorzi) già oggi conferisce i suoi rifiuti. Perché? Perché c'è una tariffa più competitiva. A questo si aggiunge una considerazione: la provincia di Cuneo ha appunto quattro consorzi, come le dicevo, che gestiscono il ciclo dei rifiuti sui quattro quadranti, il proponente è uno dei quattro, l'ACSR, e opera nel quadrante di Cuneo dove la produzione di rifiuti organici occuperebbe meno di un terzo della capacità totale. Gli altri tre consorzi non sono tenuti in alcun modo a conferire i loro rifiuti all'impianto in progetto, anzi, in presenza di tariffe più competitive, com'è noto, possono scegliere naturalmente e sceglieranno senz'altro un'alternativa diversa. Altrimenti, lo sappiamo benissimo che cosa succede? Parliamoci chiaro, siamo stati tutti amministratori locali, si andrebbe incontro a un danno erariale che poi in qualche modo dovranno giustificare ai cittadini.
Come detto in precedenza, già uno dei quattro consorzi conferisce oggi altrove. In questo momento mi stanno dicendo che probabilmente si trova anche un accordo, perché uno di questi consorzi conferisca; facciamo che sono due, ma ne rimangono altri due e comunque rimane scoperto; nel frattempo, anche grazie alle risorse del PNRR si stanno alimentando, costruendo nuovi biodigestori e si stanno ampliando quelli esistenti.
Come dicevo ci sono grandi capacità di impianti altrove. Mi faccia anche dire che Borgo San Dalmazzo - anche se sono stata amministratrice di una città che considero tra le più belle, più significative di quella provincia - non è esattamente comoda dal punto di vista infrastrutturale; tutt'altro, abbiamo un problema di viabilità, che è complicato; inoltre, non siamo esattamente all'uscita dall'autostrada o in un posto comodo; siamo all'inizio della zona di montagna e questo è un elemento che non posso non evidenziarle, perché avrà un impatto anche su altri elementi che poi vado a considerare.
Una prima cosa che voglio aggiungere è la seguente: questo impianto nasce su una vecchia discarica che si trova, a proposito di normative da adeguare (che sono state adeguate nei tempi), esattamente lungo le rive di un fiume. Lo voglio dire, perché realizzare un impianto su una scarpata del fiume Stura, in un'area di grande pregio ambientale, unica area a scopo produttivo, lungo il tratto di quel fiume, è un'unicità negativa che andava corretta con una ricollocazione di questo sito e non con un suo ingrandimento, come previsto dal progetto; ciò, anche in considerazione dei gravi danni ambientali che, negli anni passati, questo sito aveva creato all'ambiente circostante.
Un'altra cosa vorrei dirle, Sottosegretario: non è stata minimamente tenuta in considerazione - e questa cosa francamente mi disturba non poco - che qualcosa è successa nel corso del tempo. Noi abbiamo due fiumi in quel territorio, che sono appunto lo Stura e il Gesso, negli anni si è creato un grande parco fluviale e la zona della discarica rientra tra l'altro nel sito di tale area.
Capisce che è un controsenso immaginare un impianto per il quale sono state già espresse una serie di considerazioni in termini di antieconomicità, anche con riferimento alle conseguenze rispetto a come vogliamo valorizzare quei territori, al fatto di mantenere servizi - e va bene - ma non creare strutture che siano magari anche dannose rispetto a una visione di territorio che dovrebbe essere diversa, perché è un'area naturale protetta, ed è una zona umida, con investimenti di notevole portata che sono stati fatti sul territorio.
Quindi, credo sarebbe stato davvero opportuno, nell'ambito di una coerente politica di gestione del territorio, che si fosse provveduto alla ricerca di una ricollocazione appunto di questo sito fuori dall'area del parco. Poi stante la documentazione che è stata prodotta, non emerge nemmeno uno studio che rassicuri, in modo preciso e inconfutabile, le ricadute negative ambientali che ne potrebbero derivare ai cittadini residenti in zona. Ricordiamo infatti che l'impianto proposto dista appena poche centinaia di metri dal centro residenziale di Borgo San Dalmazzo e ancora meno dalle aree residenziali di nuovo insediamento, già previste dal piano regolatore aggiornato dal comune di Borgo San Dalmazzo.
Si osserva inoltre, cosa di primaria importanza, che l'impianto proposto nelle dimensioni indicate risulterebbe di fatto un impianto fortemente impattante, anche a livello ambientale, in un territorio dove migliaia di famiglie hanno acquistato o realizzato, negli ultimi decenni, la loro abitazione, sapendo che questo territorio era finalizzato a semplice destinazione residenziale, commerciale e agricola e ad attività produttive prive di impatto ambientale. L'ipotetica realizzazione di questo impianto andrebbe, dunque, a violare il preesistente su cui si era inserita un'intera collettività.
Si osserva, inoltre, che nella documentazione che è stata presentata sono stati inseriti documenti con pareri favorevoli, quando questi sono di fatto stati superati da scelte operate in tempi successivi e anche questo lo voglio dire, nella casa dei cittadini, perché è bene che le persone sappiano come sono andate le cose, perché le società pubbliche partecipate al 100 per cento hanno anche il dovere di restituire alla popolazione i passaggi di chiarezza.
Allora, mi preme ricordare in quest'Aula, per esempio, quello che è successo, come l'aver presentato il parere favorevole dell'Unione Montana Valle Stura del 2022, quando invece, nel febbraio del 2023, i sindaci di questa unione hanno espresso il loro voto contrario in sede di assemblea ACSR, in cui è stato trattato l'argomento, a seguito, ovviamente, dell'emergere di nuovi aspetti negativi; così come mi preme rappresentare che, in un verbale precedente l'allora sindaco di Cuneo, il dottor Borgna, aveva chiaramente messo nero su bianco che non si sarebbe proseguito nell'analisi e nella valutazione di questo progetto se vi fosse stata una contrarietà dell'amministrazione comunale.
Quando si è andati avanti con questo percorso, l'amministrazione comunale, che guida anche in questo momento la città di Borgo San Dalmazzo, ha espresso la sua contrarietà all'opera, eppure si è continuato e si sta andando avanti con questa ipotesi. E non risulta chiara la documentazione in merito allo stoccaggio del materiale, altro elemento importante che dovrebbe essere trattato, in tale impianto. Considerate le dimensioni proposte, è facile immaginare che la fornitura del prodotto da trattare proveniente dall'esterno non possa avvenire in modo regolare, 7 giorni su 7, e dunque necessiti di una specifica area di stoccaggio di cui non è chiara la dislocazione, la capacità volumetrica. L'area di stoccaggio dovrà, oltretutto, tenere presente i momenti in cui ci sarà un fermo dell'impianto per problemi di mancato funzionamento temporaneo o di manutenzione straordinaria.
Quanto sopra, ovviamente, vale anche per lo stoccaggio dei materiali in uscita dal processo produttivo. Nell'ipotesi progettuale prospettata non si fa alcun accenno alla questione del ripristino ambientale delle tre vasche di discarica chiuse negli anni scorsi in quanto giunte al loro completamento e - lo voglio dire, lo dico anche qui - se pensano di usare questo strumento per riaprire la discarica troveranno dei muri, troveranno persone che, giustamente, proprio perché non si può riaprire quella discarica, continueranno a dire “basta”, perché il comune di Borgo San Dalmazzo ha già dato, ha già dato anche troppo.
Un'azienda, prima di iniziare un qualsiasi nuovo insediamento, dovrebbe prima chiudere tutte quelle situazioni aperte e a cui tuttora non si è data risposta; in questo caso, anche in modo molto inspiegabile. Dalla documentazione presente c'è una mancanza precisa di riferimento anche al consumo d'acqua da usarsi nel processo produttivo e, nel caso fosse di derivazione dell'acquedotto comunale, facciamo notare che, in seguito ai cambiamenti climatici che stanno avvenendo ovunque e, dunque, anche da noi, a Borgo San Dalmazzo, è avvenuta più volte in certi periodi estivi, anche la scorsa estate, la restrizione del consumo con divieto di irrigazione di giardini o cortili.
Poi, appunto, come le dicevo, è evasiva l'analisi che viene fatta in merito alle emissioni di CO2. Serve, secondo noi, uno studio più approfondito, perché anche su questo i dati sono molto confutabili. L'ultimo punto è la questione che riguarda i problemi odorigeni, che per anni hanno colpito le aree residenziali dell'altipiano cuneese e che continuano a farlo, per la verità, e per cui osserviamo una sostanziale assenza di documentazione.
Ecco, le ho segnalato, signor Sottosegretario, una serie di questioni che ritenevo prioritarie rispetto a quello che ritengo dobbiamo fare tutti insieme, lo dico dall'opposizione.
Finché siamo stati al Governo questo progetto non era stato finanziato, per fortuna, oggi, è stato finanziato. Ma io mi domando perché, in una logica di progettazione, programmazione, riorganizzazione anche delle risorse del PNRR, non ci si possa fermare un attimo su un impianto che, come le dicevo, ha moltissime controindicazioni. Se non vogliamo mettere al centro quelle ambientali, mettiamo almeno quelle economiche e glielo dico con franchezza, perché sappiamo bene che ci sono tantissime risorse del PNRR, ma c'è anche un indebitamento su questo progetto, un indebitamento che, per le considerazioni che le esprimevo poc'anzi e che ho provato a illustrare, dimostra una cosa: che questo nuovo tipo di impianto - non un ammodernamento, ma questo impianto - non serve ai cittadini, non serve ai cittadini della provincia di Cuneo.
Allora, la prima domanda che mi faccio è: a chi serve questo impianto? Domanda a cui non ho mai ricevuto risposta.
Soprattutto, mi domando e chiedo al Governo e alla regione Piemonte - perché esiste l'ATO regionale -perché non ci fermiamo, non si ragiona e non si riprogramma un modo diverso di riorganizzare gli impianti in Piemonte.
Così non possiamo andare avanti, perché spenderemo male i soldi dei cittadini e, tra qualche anno, qualcuno dovrà aumentare le tasse; ecco, lo dico perché sono le tasse che pagheremo noi cittadini.
Dunque, io non sono assolutamente a favore di questo impianto e dico che, visto che abbiamo la straordinaria opportunità di realizzare degli impianti, di fare degli investimenti grazie al PNRR, questi soldi devono essere spesi bene nell'interesse dei cittadini e non creare dei danni per il futuro e per le future generazioni ().
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica, Claudio Barbaro, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO BARBARO,. Intanto, la ringrazio per il garbo con il quale ha illustrato la sua interrogazione. Nel merito, mi accingo a risponderle. In merito al quesito posto, giova segnalare in via preliminare che il Programma nazionale di gestione dei rifiuti, adottato con il DM 24 giugno 2022, n. 257, in attuazione dell'articolo 198 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ha individuato i macro obiettivi, i criteri e le linee strategiche cui le regioni e le province autonome si attengono nell'elaborazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti.
Compete, pertanto, alle regioni individuare gli interventi e gli impianti da realizzare sul territorio, tenendo conto, tra l'altro, dei principi di autosufficienza e prossimità, nonché dei criteri per la loro ubicazione, il cui impatto sull'ambiente è valutato in sede di pianificazione, nell'ambito di una specifica procedura di valutazione ambientale strategica e, successivamente, in sede di realizzazione, nell'ambito di procedimenti di valutazione di impatto ambientale.
Giova, inoltre, ricordare che, ai sensi dell'articolo 181, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, pur nell'ottica della libera circolazione sul territorio nazionale delle frazioni differenziate destinate al recupero, la movimentazione dei rifiuti deve essere contenuta in un'ottica di salvaguardia ambientale (principio di prossimità). Il recupero, pertanto, può avvenire in un territorio diverso da quello dal quale il rifiuto si origina, ma è auspicabile che il trattamento non avvenga a distanze tali da lasciare presumere impatti ambientali dovuti alla movimentazione del rifiuto.
Nel contesto di cui sopra, la regione Piemonte, nel corso degli ultimi anni, si è adoperata per assicurare al territorio la necessaria dotazione impiantistica per il trattamento dei rifiuti, tra i quali la FORSU, tenendo conto delle esigenze di riciclaggio e recupero e del criterio di prossimità, al contempo cercando di evitare le proliferazioni di impianti.
Più in particolare, la regione, con la deliberazione di giunta del 12 marzo 2021, n. 15-2970, ha adottato le linee guida per la valutazione della sostenibilità ambientale e territoriale, nell'ambito dell'istruttoria del procedimento amministrativo relativo agli impianti di recupero di rifiuto organico per la produzione di biogas e biometano.
Inoltre, con il DCR del 9 maggio 2023, n. 277-11379, ha adottato il Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e di bonifica delle aree inquinate, con cui sono stati individuati obiettivi, azioni e da raggiungere entro il 2035.
Con riferimento al polo impiantistico di Borgo San Dalmazzo, in funzione dal 2003 - di proprietà pubblica, gestito dall'Azienda cuneese smaltimento rifiuti, costituita da 54 comuni della provincia di Cuneo -, si evidenzia che, oltre al trattamento meccanico biologico e alla linea del compostaggio, è autorizzato a trattare 25.000 tonnellate all'anno di organico da raccolta differenziata e 10.000 tonnellate all'anno di scarti verdi da giardinaggio.
A seguito delle valutazioni circa il fabbisogno di trattamento dell'organico, in relazione al nuovo obiettivo di intercettazione (110 chilogrammi ) del predetto PRUBAI, è emersa la necessità di implementare tecnologie impiantistiche, al fine di migliorare le prestazioni del recupero, l'efficienza energetica e rendere sostenibile dal punto di vista ambientale tutta la filiera.
A tal fine, nel 2019, l'autorità d'ambito (di cui fanno parte i 4 consorzi della provincia di Cuneo) ha approvato un progetto di riqualificazione che prevede l'inserimento di una sezione di digestione anaerobica nell'impianto esistente e una sezione di purificazione del biogas che consente di produrre biometano, oltre al compost. Questo intervento trasformerà il polo impiantistico di Borgo San Dalmazzo, che attualmente consuma energia elettrica a combustibili fossili, in una bioraffineria con una produzione netta di energia rinnovabile sottoforma di biometano immesso in rete, per un risparmio di emissioni climalteranti equivalenti a oltre 1.500 tonnellate di petrolio equivalente.
Inoltre, è previsto un incremento della potenzialità dello stesso da 25.000 a 35.000 tonnellate anno di trattamento FORSU, coerentemente con il previsto dal Piano regionale dei rifiuti - 90 kg abitante anno - dal quale si può stimare, nella provincia di Cuneo, per il 2035 un'intercettazione di FORSU pari a circa 52.000 tonnellate l'anno.
L'intervento in oggetto è sostenuto economicamente per oltre l'80 per cento dal PNRR, all'intervento 1.1 linea B. M2 C1. Grazie a tale contributo, l'investimento inizialmente approvato dai soci gestori nel 2019, pari a 13 milioni di euro, è stato ridotto ai residuali 3 milioni di euro.
Nell'ambito dell'istruttoria di concessione del contributo PNRR, la regione ha fornito il proprio nulla osta che attesta la coerenza dell'intervento con gli obiettivi del Piano regionale di gestione dei rifiuti, sulla base dei criteri individuati dalla delibera regionale pertinente.
Si rappresenta, infine, che il progetto, già sottoposto a verifica di assoggettabilità a VIA nel 2019, è stato aggiornato per tenere conto delle indicazioni emerse in fase di verifica ed è attualmente in fase di autorizzazione unica PAUR, articolo 27- del decreto legislativo n. 152 del 2006, da parte della provincia di Cuneo.
PRESIDENTE. La deputata Gribaudo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
CHIARA GRIBAUDO(PD-IDP). La ringrazio, Presidente. Naturalmente ringrazio il Sottosegretario, ma non posso dichiararmi soddisfatta per questa risposta. Intanto, perché, Sottosegretario, io le chiedevo un ripensamento. Se ho capito bene, invece, la regione Piemonte ha deciso di andare avanti su questo progetto non solo senza avere una programmazione straordinaria, ma anche rispetto ai dati che lei ha poc'anzi illustrato in quest'Aula. Mi dimostra ancora una volta la bontà delle osservazioni che le ho presentato nella mia illustrazione, rispetto alle quali - purtroppo lo dico - mi auguro che invece ci sia un ripensamento delle strutture tecniche e che ci sia ancora la capacità di sedersi a un tavolo.
Se, dal punto di vista tecnico formale, si ritiene che questo nuovo impianto non possa avere niente di particolarmente sbagliato, mi faccia dire che non è così nella sostanza. Anche quei dati che lei ha riportato, in qualche modo, purtroppo non mi hanno dato conforto. Anzi, mi hanno confermato che questo impianto non serve ai cittadini della mia provincia, non serve ai cittadini della mia regione, serve probabilmente per alimentare e - come dire - concludere dei percorsi anche di finanziamento.
Sono convinta - glielo dice una che pensa che i soldi pubblici debbano essere spesi bene - che questi soldi andassero spesi per fare altro. Non solo magari per un impianto di biodigestione da un'altra parte, ma francamente avrei voluto, come dire, che risorse così cospicue - tanti milioni di euro - fossero investite da altre parti, anziché lì.
Abbiamo, anche su quel territorio, un problema di finanziamento delle scuole pubbliche. Non le dico delle infrastrutture: abbiamo un tunnel del Tenda che non si riesce a completare. Ecco, avrei voluto vedere lì le risorse e non su progetti che non servono alla collettività.
Inoltre, una cosa la vorrei aggiungere, anche rispetto al tema su cui si sostiene che vi sia un miglioramento della qualità del compost prodotto, a fronte di una realtà operativa che, nell'ultimo decennio, ha dimostrato nei fatti esattamente il contrario.
Ciò con il compost che viene regalato ai privati perché non c'è la possibilità di commercializzazione e tutte le persone del territorio lo sanno. Anche rispetto a questo ci vorrebbe più rispetto, magari meno teoria, sostenuta e finanziata, perché bisogna far vedere che il progetto serve; occorrerebbe, invece, più concretezza e più attenzione alle comunità locali che hanno investito, hanno costruito case, vivono, hanno attività produttive e, con questo impianto, vedono compromesse le loro attività quotidiane, scendere la qualità e i prezzi delle loro case e, quindi, vedono cambiata la loro situazione a fronte di un investimento che certamente sarà fallimentare.
Quando qualcuno dovrà alzare le tariffe - lo dico al presidente Cirio e a chi degli enti locali si è assunto le responsabilità di fare questa scelta -, mi troveranno, insieme ai cittadini, a dire che chi ha voluto questo progetto si prenda anche la responsabilità di non aumentare le tariffe perché questo è esattamente uno dei punti delicati su cui dobbiamo ragionare nell'interesse di tutta la collettività e di tutto il Paese. Con questo spirito bisognerebbe realizzare il ed è esattamente il contrario di quello che si sta facendo. Sottosegretario, la invito, con un ultimo appello, a riflettere e a fermarsi, visto che anche è stato ridefinito il vertice dell'ATO regionale, per ragionare insieme e, magari, bloccare, fare ciò che ancora si può fare: sarebbe un'operazione di buonsenso e un'azione utile per i cittadini del mio territorio
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Traversi ed altri n. 2-00375 . Chiedo al deputato Traversi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ROBERTO TRAVERSI(M5S). Ringrazio il Governo per la presenza, intendo illustrarla brevemente poi vediamo, in base alla risposta, cosa potrà seguire nel dibattito perché è un'interpellanza, come premesso, molto particolare. Partiamo dagli eventi che hanno riportato la Liguria al centro delle cronache, quantomeno italiane. Dopo essere stata al centro delle cronache mondiali per la caduta dal ponte Morandi, ritroviamo la nostra Liguria in prima pagina. Chiediamo, in un'interpellanza, come dicevo, particolare, un impegno del Governo deciso nel valutare questi fatti e poi ad agire in forza di quanto abbiamo premesso nell'interpellanza urgente.
A seguito dell'accertamento di episodi di corruzione che hanno riguardato i vertici della giunta della regione Liguria e dell'Autorità di sistema portuale, la Guardia di finanza, lo ricordo, la mattina del 7 maggio ha posto agli arresti Paolo Emilio Signorini, amministratore delegato di Iren ed ex presidente dell'Autorità portuale, Giovanni Toti, presidente della regione Liguria, e Matteo Cozzani, capo di gabinetto, quest'ultimo accusato, addirittura, di attività di stampo mafioso.
Abbiamo letto le parole del GIP e da queste partiamo perché sono veramente molto pesanti: si è letto che pur di ottenere “l'elezione o la rielezione” avrebbero “svenduto la propria funzione pubblica e la propria attività in cambio di finanziamenti, abdicando in tal modo ai propri importanti doveri istituzionali”.
La maxi-inchiesta ligure, iniziata nel 2020, sta portando alla luce un sistema corruttivo fatto di tangenti e favori fra amministrazione regionale e mondo dell'imprenditoria, di proroghe illegittime di concessioni demaniali portuali trentennali, di agevolazioni di iter di pratiche edilizie, di espansione di supermercati, passando dalla questione delle spiagge alla gestione dei rifiuti.
Mi riferisco particolarmente alla figura di Italo Cozzani, che non solo aveva questo ruolo all'interno della regione, ma è stato anche il coordinatore regionale della campagna elettorale per la lista “Cambiamo con Toti Presidente”, al quale, insieme a Maurizio Testa e Arturo Angelo Testa, è contestata, addirittura, l'aggravante di cui all'articolo 416- per aver commesso il reato di corruzione elettorale al fine di agevolare l'attività dell'associazione mafiosa Cosa Nostra. Analogo reato di corruzione elettorale viene contestato a Venanzio Maurici, quale elettore e referente genovese del clan Cammarata del mandamento di Riesi. Gli indizi a carico degli indagati sono stati raccolti nel corso di attività di intercettazione, pedinamento e osservazione da parte della Procura della Repubblica. La parte, forse più inquietante di quanto scritto, è che tra le carte della magistratura si parla di un sistema corruttivo abituale e sistematico, di un vero e proprio meccanismo perfettamente collaudato.
Cosa veniamo a chiedere al Governo? Stante che il governatore Toti, al momento, non ha ancora inteso fare un passo indietro per dimettersi da questo incarico e, alla luce dell'articolo 126 della Costituzione, ai sensi del quale il Presidente della Repubblica può disporre lo scioglimento del consiglio regionale e la rimozione del presidente della giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, chiediamo al Governo se non intenda verificare la sussistenza delle condizioni per proporre, ai sensi dell'articolo 51 della legge del 10 febbraio 1953, n. 62, lo scioglimento del consiglio regionale della Liguria e la rimozione del presidente della giunta, secondo quanto previsto dall'articolo 126 della Costituzione.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato, Claudio Barbaro, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO BARBARO,. L'articolo 126, primo comma, della Costituzione, prevede che “Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del consiglio regionale e la rimozione del presidente della giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica”.
Il cosiddetto scioglimento eteronomo o sanzionatorio del consiglio regionale e la rimozione del presidente della giunta rispondono a un'esigenza di carattere repressivo da parte degli organi dello Stato, scaturente da un contrasto ritenuto irredimibile tra organi di governo regionali e interesse nazionale. L'articolo 126 della Costituzione stabilisce sia i presupposti in presenza dei quali è consentito lo scioglimento sanzionatorio, sia gli organi costituzionali competenti a intervenire nel procedimento. In particolare, l'istituto non può ritenersi applicabile all'esito di una sistematica attività di controllo svolta dallo Stato sull'autonomia regionale, ma rappresenta - piuttosto - la risposta eccezionale, predisposta dall'ordinamento, a situazioni emergenziali talmente gravi da porre a repentaglio i rapporti tra lo Stato e la regione. In tal senso si è espressa la Corte costituzionale, con le sentenze n. 50 del 1959 e n. 219 del 2013. Lo scioglimento eteronomo presuppone il compimento di condotte consistenti in atti contrari alla Costituzione, gravi violazioni di legge, atti che pongono in pericolo la sicurezza nazionale. Evito di citare sia la bibliografia che le norme di riferimento, ma - ovviamente - le lascio agli atti e potranno essere consultabili in qualsiasi momento.
PRESIDENTE. Sottosegretario, mi perdoni, se vuole lasciare qualcosa a verbale, bisogna che lei lo legga.
CLAUDIO BARBARO,. Come vuole lei.
PRESIDENTE. No, non è una mia volontà: è proprio il Regolamento che lo prevede rispetto alle interpellanze urgenti.
CLAUDIO BARBARO,. Quindi, torno indietro e leggo tutti i riferimenti bibliografici?
PRESIDENTE. Se vuole che restino agli atti, sì, li deve leggere.
CLAUDIO BARBARO,. Perfetto. Allora, riparto dal punto 3: atti che pongono in pericolo la sicurezza nazionale. Sul carattere tassativo dell'elencazione di cui all'articolo 126, della Costituzione: G. Miele, Firenze, 1949, pagina 42; F. D'Alessio, Torino, 1949, pagina 487; C. Giannattasio, pagina 406; E. Sailis, pagina 312; G. Cuomo, Napoli, 1962, pagina 66; M. Scudiero, pagina 172; L. Paladin, pagina 428; T. Martines, pagina 215; M. De Nes, pagina 6.
Per atti contrari alla Costituzione si intendono uno o più comportamenti attivi o omissivi degli organi regionali riguardo ai quali, a prescindere dalle loro concrete modalità di verificazione e dalla loro intenzionalità, assume rilievo preminente il , il grado di disvalore, espresso con la formula della contrarietà alla Costituzione, che si configura non in termini di mera incostituzionalità, bensì in termini di vera e propria anticostituzionalità, vale a dire di incisione di principi fondanti dell'ordinamento repubblicano cui non è possibile porre altrimenti rimedio se non con la rimozione degli organi regionali di vertice responsabili.
Essendo lo scioglimento eteronomo un istituto di natura eccezionale, appare evidente che tale fattispecie debba ritenersi concretamente configurabile solo in casi di a) in presenza di una vera e propria attività anticostituzionale, contrassegnata da una pervicace volontà del consiglio di non rispettare i limiti posti all'autonomia regionale; b) quando si è di fronte a una sistematica e reiterata adozione di atti incostituzionali, dal momento che, come è stato evidenziato dalla dottrina, non possono di certo ritenersi atti contrari al dettato costituzionale sporadiche condotte e isolati comportamenti illegittimi, insuscettibili di turbare l'equilibrio generale dei rapporti tra lo Stato e la regione.
Per gravi violazioni di legge, inoltre, debbono intendersi le condotte gravi e, secondo parte della dottrina, reiterate, anche di natura omissiva, poste in essere in violazione di obblighi di fonte primaria o statutaria, a cui soggiace la stessa autonomia regionale e a cui debbono prestare obbedienza, nell'ambito delle rispettive competenze, il consiglio e il presidente della giunta.
La violazione di legge articolo 126, primo comma, della Costituzione, serve a garantire l'autonomia regionale, poiché in tal modo si esplicita che il potere di scioglimento e di rimozione non possa venire attivato, se non innanzi alla violazione di un puntuale precetto normativo legittimamente imposto alla regione. In questo caso, si pone l'esigenza di individuare coerenti parametri interpretativi, in grado di assicurare un accertamento obiettivo, anche in sede giudiziaria, della fattispecie e ciò soprattutto al fine di evitare un utilizzo abusivo dell'istituto dello scioglimento.
Lo specifico requisito della gravità induce, altresì, a ritenere che debba comunque trattarsi di violazione destinata a ripercuotersi traumaticamente sul sistema dei rapporti tra Stato e regioni, fino a tradursi, in definitiva, o in una sistematica trasgressione delle norme di attuazione della Costituzione e degli statuti o nell'inosservanza palese, rilevante e reiterata dei limiti delle potestà legislative e amministrative regionali. La violazione deve, comunque, afferire all'attività amministrativa e istituzionale della regione, dovendo trattarsi di violazione imputabile alla stessa e non a comportamenti personali dei suoi rappresentanti.
Inoltre, la Corte costituzionale, con sentenza n. 219 del 2013, ha esaminato l'istituto dello scioglimento eteronomo, delineandone le implicazioni sistemiche ad esso sottese.
Il potere di scioglimento e di rimozione - secondo la Corte - funge da elemento caratteristico della forma di Stato regionale, rispondendo alla perdurante esigenza di coniugare due fondamenti dell'architettura repubblicana che accomunano regioni ordinarie, regioni a statuto speciale e province autonome.
In particolare, “da un lato, vi è la necessità di preservare l'autonomia costituzionale e politica delle regioni, che si pone alla base dell'ordinamento delle autonomie territoriali, e che questa Corte ha già ritenuto caratterizzare «la stessa forma di Stato italiana come Stato regionale» (sentenza n. 229 del 1989). Dall'altro lato, tale autonomia si inserisce pur sempre nella cornice imposta dal principio fondamentale di unità e indivisibilità della Repubblica” (articolo 5 della Costituzione).
Appare evidente che l'articolo 126 della Costituzione consente il ricorso al potere sanzionatorio dello Stato verso gli organi regionali di vertice, solo a fronte di una situazione veramente eccezionale, determinata da atti contrari alla Costituzione, gravi violazioni di legge e ragioni di sicurezza nazionale. In nessun caso, in particolare, lo scioglimento del consiglio e la rimozione del presidente della giunta possono conseguire a un conflitto con il Governo concernente scelte discrezionali della politica, se non quando esse siano mediate da specifici obblighi legittimamente gravanti sul sistema regionale, in forza della Costituzione ovvero delle leggi che risultano, invece, trasgredite.
Autonomia non significa, infatti, potestà di deviare rispetto al comune percorso definito dalla Costituzione, sulla base della condivisione di valori e principi insensibili alla dimensione territoriale, tra i quali spicca l'adempimento da parte di tutti dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (articolo 2 della Costituzione).
In conformità al suo ruolo di responsabile dell'indirizzo politico generale, non può che spettare al Governo della Repubblica l'apprezzamento preliminare e, inevitabilmente, segnato da margini di discrezionalità, in ordine alla gravità delle violazioni in cui sia incorsa la regione, ai sensi dell'articolo 126 della Costituzione, anche con riferimento alla latitudine e alla profondità del pregiudizio che ne sia conseguito.
Tuttavia, a garanzia dell'autonomia regionale, l'articolo 126 della Costituzione non si limita a confinare il potere sanzionatorio dello Stato - per quanto interessa - alla violazione di specifici obblighi legislativi legittimamente imposti alla regione e ai suoi organi, ma consegna a un decreto motivato del Presidente della Repubblica la decisione di scioglimento e di rimozione, previo parere della Commissione parlamentare costituita per le questioni regionali.
La necessità di motivare il decreto di scioglimento e di rimozione non vale soltanto a rafforzare la posizione della regione soggetta al potere sanzionatorio, ma rende chiaro che il Capo dello Stato, mediante tale atto, interviene nella propria veste di rappresentante e garante dell'unità nazionale “non soltanto nel senso dell'unità territoriale dello Stato, ma anche, e soprattutto, nel senso della coesione e dell'armonico funzionamento dei poteri politici e di garanzia, che compongono l'assetto costituzionale della Repubblica” (sentenza n. 1 del 2013).
Egli, attraverso la motivazione del decreto di scioglimento e rimozione, si risolve a ritenere soccombente l'istanza territoriale, che di tale unità è parte costitutiva, a fronte delle esigenze della Repubblica compromesse dalle azioni, od omissioni, illegittime degli organi di governo regionali.
In tal modo, la Costituzione persegue e bilancia armoniosamente tutti gli interessi di rilievo prioritario sottesi all'esercizio del potere sanzionatorio: a tutela del sistema regionale contro un potere dai confini altrimenti troppo vasti, esige che all'organo regionale venga contestata una “violazione di legge”, ovvero un'ipotesi tipica di trasgressione agli obblighi di fonte primaria o statutaria cui soggiace la stessa autonomia regionale, e a cui debbono prestare obbedienza, nell'ambito delle rispettive competenze, il consiglio e il presidente della giunta; aggiunge che siffatta violazione in sé non è sufficiente, ma che ne deve essere valutata la gravità; coinvolge nell'esito di questa delicata valutazione il Presidente della Repubblica e il Governo proponente, chiamato tramite l'organo competente alla controfirma del decreto presidenziale di scioglimento; assicura che il procedimento possa valersi dell'apporto consultivo del Parlamento, espresso dalla Commissione per le questioni regionali.
Conclusioni: alla luce della ricostruzione dell'istituto dello scioglimento eteronomo, di cui all'articolo 126, primo comma, della Costituzione, si ritiene che, allo stato, non sussistano i presupposti per proporre, ai sensi dell'articolo 51 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, lo scioglimento del consiglio regionale della Liguria e la rimozione del presidente della giunta.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti, le studentesse e i docenti del 2° Circolo didattico Nicola Fornelli, di Corato, in provincia di Bari, che assistono ai nostri lavori dalle tribune.
Il deputato Traversi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ROBERTO TRAVERSI(M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio anche il Governo. Insomma, una risposta molto articolata, però in punto di diritto. La parte che mi lascia perplesso, comunque, è che non c'è una parola, che sia una, sulla vertenza nella pratica, proprio su questa vertenza.
Quando si parla di sicurezza del Paese, un po' di paura oggettivamente l'abbiamo, perché ci sono stati investimenti incredibili, anche per la Liguria, non solo con il PNRR, ma, come dicevamo, anche dopo la vicenda del ponte Morandi. Su quegli investimenti un effetto domino sarebbe, non solo negativo, ma costituirebbe veramente anche un pericolo per i conti del Paese. A parte che abbiamo letto che si parla anche di voto di scambio, quindi, insomma, non so cosa ci voglia di più.
Quindi, entrando nel merito, secondo me, il Governo poteva non perderla questa occasione. Abbiamo visto che c'è un po' di timidezza quando si tratta di rimuovere Ministri o Sottosegretari che nel corso dell'anno non si sono dimostrati adeguati. Speravamo che col governatore magari si potesse fare di più, perché, come dicevo, abbiamo letto di favori a parenti e amici per fare della Palmaria un'isola come Capri; di voto di scambio; di spiagge concesse a privati per uso privato; di spazi concessi a Esselunga (un titolo di giornale parlava anche di un ausilio del Ministro Brunetta). Insomma, cose molto preoccupanti ne abbiamo sentite, e poi ogni giorno pare emergere qualcosa di nuovo.
Oggi si poteva anche migliorare un po' la figura delle dichiarazioni, che hanno portato i Ministri, in serie, a raccontare, forse, anche di un mondo un po' surreale.
Infatti, quando si parla di una vicenda, è anche giusto che un Ministro possa dire cosa ne pensa. Invece - a parte il Premier Meloni, la quale, forse, è quella che si è espressa meglio, nel senso che non ha parlato su questa vicenda -, il Ministro Lollobrigida ha parlato della “giustizia a orologeria”, il Ministro Crosetto ha affermato che non è detto che Toti abbia avuto dei favori, abbia ricavato qualcosa a livello personale, il Ministro Salvini ha parlato dei suoi processi commentando questi e poi ha detto: se ci fossero microspie… Insomma, non vado avanti sulle sue dichiarazioni, tanto le potete leggere tutti. Il Ministro Nordio - dal quale ci aspettavamo, forse, una presa di posizione più forte -, invece, ha parlato del fatto che nel corso della sua carriera, alla luce della sua grande carriera, non avrebbe fatto ciò che ha fatto chi ha svolto le indagini, aggiungendo addirittura un arresto. Quindi, mi sembra che ci sia una completa paralisi. L'unico ad essere entrato nel tema è l'ex Ministro Lupi - che però, non è un membro del Governo - che ha detto che, secondo lui, è innocente. Quindi, perlomeno, sui fatti c'è stata un'espressione. Il Vice Ministro Rixi, invece, a parte per la frase: sa Toti cosa ha fatto, si è mostrato più preoccupato per il seguito della legislatura regionale che nel commentare gli eventi. Infatti, ha dichiarato che non sa se sarà facile reggere due anni, in queste condizioni.
Quindi, alla luce di questo, siamo qui oggi: insomma, non è un discorso di garantismo sì o no, perché nessuno viene a fare lo sciacallo, come già è stato, invece, dichiarato da qualche membro territoriale che appartiene al gruppo di Toti: non è sciacallaggio. Il nostro ruolo, lo ripetiamo anche stavolta, è svolto con disciplina e onore, nell'etica. I cittadini ci mandano a svolgere determinati ruoli e li dobbiamo assolvere, ovviamente, nell'interesse loro, e non nostro. Quindi, alla luce di ciò, è per questa ragione che siamo oggi qui e abbiamo posto al Governo tale questione. Lo sciacallaggio arriva se uno si sveglia quando apre il giornale e legge una cosa. Io, a quei tempi, ero Sottosegretario di Stato, proprio al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, avevo la delega ai porti; proprio in nel momento in cui si sono svolte tutte queste indagini e abbiamo sempre dichiarato tali anomalie, definiamole così. Si tratta di anomalie di un'autorità portuale, la più importante d'Italia, che ha avuto l'opera più rilevante del PNRR Italia, cioè la diga di Genova.
È stato un presidente molto anonimo: si faceva sovrastare dal governatore, dal sindaco di Genova ed è sempre stato un po' ai margini. Poi, ha predisposto il bando della diga, che è stato un disastro - ne parleremo pochissimi minuti dopo -, però, alla fine, alla luce di tutto questo, l'abbiamo richiamato più e più volte anche in Commissione trasporti, sia in merito al dislocamento dei depositi chimici a Sampierdarena sia in relazione alla diga. Purtroppo, aspetto ancora dal presidente Deidda l'autorizzazione ad ascoltarlo, sulla diga. Poi, è stato demansionato - o forse premiato, non lo so - per andare a gestire Iren: non so se sia una promozione o no, comunque sia è stato tolto da lì. Da quel momento, il Governo non è stato in grado, stiamo parlando dell'agosto 2022, di indicare un presidente dell'autorità portuale. Il segretario generale è andato a ruolo, quindi, in un porto per il quale, appunto, come dicevamo, ci sono finanziamenti incredibili. Questo è un altro tema che abbiamo sempre denunciato. Abbiamo raccontato cosa è successo per la diga, sulla quale non c'è ancora un'inchiesta, ma noi abbiamo paura, perché il finanziamento è arrivato dal Governo “Conte 2” e lo portammo noi a Genova, quindi, è un'opera che noi vorremmo vedere oggi, non come è stata poi progettata, perché è una progettazione assurda. È una preoccupazione che, da tecnico, rinnovo nuovamente, in quest'Aula, perché, praticamente, viene costruita con una piena a quota 50 metri, quindi, pensate, come un palazzo di 20 piani che deve andare sotto il mare con le sue fondazioni e reggere questa diga, che poi uscirà dal mare. Quindi, l'opera è diventata faraonica: poteva essere più modesta e più semplice, risparmiando un sacco di capitali. Ciò non è avvenuto, Signorini è andato avanti, sempre con l'ausilio del governatore e del sindaco Bucci, e ci troveremo un'opera che, dal punto di vista tecnico, poi vorrò vedere. Quindi, vorrei rimanesse anche agli atti questa mia espressione di sentimenti. Dopodiché, per l'appalto, ci sono stati un disastro dopo l'altro: la prima asta è andata deserta, la seconda è finita con una sorta di trattativa privata ed è stato affidato il lavoro. Chi ha perso ha fatto ricorso al TAR e, ovviamente, il TAR ha dato torto a chi ha predisposto il bando. Quindi, probabilmente, se anche ciò verrà confermato, ci sarà un indennizzo su un'opera che è costata più di un miliardo, pertanto, non so più come raccontare questa vicenda. Tuttavia, siamo ancora oggi qui, a dover raccontare e a chiedere che qualcuno si muova e prenda provvedimenti. Alla fine, è arrivata l'Anac, con contestazioni molto precise e severe, e Toti rispose, all'epoca, che erano burocrati che volevano impedire le opere. Quindi, veramente c'è un corto circuito pazzesco.
A parte questo, che potrebbe sembrare un dettaglio, poi tutto è finito con una variante, che offre 350 milioni di euro in aggiunta. Quindi, si sta ragionando come si sta ragionando con il ponte sullo Stretto: si parte da un progetto che sicuramente è fallato, e tutti lo sanno, viene portato avanti e poi si cerca di porre riparo. E porre riparo, in questi termini, significa: se la fattibilità dell'opera verrà garantita - ho dei dubbi, insisto -, alla fine dei conti poi qualcuno dovrà pagare. Quindi, un altro disastro.
Depositi chimici, altro problema: 30 milioni di euro che arrivano dal decreto Genova e passano per il trasferimento dei depositi chimici da un municipio di Genova a un altro; i pareri sono molto tirati e arrivano con molta fatica; a un certo punto, il CTR ligure si esprime e dà un parere negativo; nei 10 giorni, i giornali dicono, con una telefonata di un alto dirigente della regione, che questo parere cambia. Quindi, anche qui, vedremo poi cosa succederà. Sono molto preoccupato e insisto sul punto.
Voglio concludere, Presidente. Il ponte Morandi è stata una sciagura per Genova. Ci vergogniamo che le cose siano andate così, dal punto di vista della manutenzione non fatta, di un ponte caduto e delle vittime. Però, in forza di quello, abbiamo inventato - possiamo dirlo - un metodo Genova, del quale poi qualcuno si è appropriato. Il metodo Genova ci ha permesso di eseguire le opere in modo velocissimo e restituire dignità, anche nei trasporti, a Genova. Questo è stato fatto dal Ministro Toninelli e dal Presidente Conte , e qualcuno si è appropriato di quel metodo. Io fui uno dei pochi ad andare a dire che quel metodo non era applicabile poi, successivamente, mentre per qualcuno doveva diventare la prassi, perché poi lo svilimento di quel metodo è tutto quello che abbiamo letto adesso, nelle nostre carte. Addirittura, c'è chi “regala” un progetto, quindi è impensabile che poi qualcuno regali, nelle nuove pratiche, un progetto. Il dramma più grande è che, comunque, con questo metodo Genova, qualcuno forse ha pensato di potersi forse muovere sempre al di sopra delle leggi, ma non voglio esprimere alcun tipo di condanna, lo farà la magistratura, io già cerco di fare il politico per quello che mi riesce, ci mancherebbe che mi sostituisca alla magistratura. Però, il metodo Genova, purtroppo, è diventato un sistema Genova. Lo stesso imprenditore Spinelli ha detto che lui sognava un Governo di tutti, meno che del MoVimento 5 Stelle. Insomma, abbiamo denunciato queste cose, continueremo a denunciarle e non faremo un passo indietro in tutta questa situazione. E chiediamo che veramente il governatore Toti faccia un passo indietro, perché è impensabile condurre una regione dagli arresti domiciliari
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cherchi ed altri n. 2-00376 . Chiedo alla deputata Cherchi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
SUSANNA CHERCHI(M5S). Sì, Presidente, la illustro. La Commissione europea ha aperto la procedura EU Pilot n. 2023/10542 nei confronti dell'Italia, per violazione delle norme europee in materia di caccia, in particolare per il mancato rispetto della direttiva Uccelli. Tra i motivi di contestazione viene citata la mancata attuazione del Piano di azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici, la caccia su specie di uccelli durante la migrazione e su specie in cattivo stato di conservazione, in assenza di piani di gestione o, quando presenti, di piani non attuati. Ripeto: piani non attuati. Il traffico di richiami vivi e attività illecite di caccia vedono in Lombardia il loro epicentro, come ben evidenziato dal Piano d'azione nazionale per il contrasto al bracconaggio del 2017.
La Commissione ha, inoltre, deciso, nel febbraio 2024, di avviare una procedura di infrazione, inviando una lettera di costituzione in mora all'Italia - non sto a leggere i numeri, perché tanto sono inutili, il succo è un altro - per il mancato rispetto della direttiva Uccelli e del regolamento REACH, a causa delle modifiche introdotte nelle norme italiane sulla caccia.
La Commissione europea evidenzia che la legislazione italiana conferisce alle regioni il potere di autorizzare l'uccisione - l'uccisione, l'uccisione - o la cattura di specie di fauna selvatica anche nelle aree in cui la caccia è vietata - anche nelle aree in cui la caccia è vietata - come le aree protette e durante il periodo dell'anno in cui la caccia è vietata. La regione Lombardia ha sostituito l'articolo 26 della legge regionale, consentendo così, in violazione della legge del 1992, di sostituire, senza alcun controllo, gli anelli inamovibili dei richiami vivi ad uso caccia con delle fascette di plastica facilmente manipolabili (delibera della giunta regionale n. 2192 del 15 aprile 2024, per approvazione protocollo di prova delle fascette), azzerando qualsiasi forma di contrasto del traffico illegale di richiami vivi catturati illecitamente in natura e sanando coloro che detengono uccelli con anelli contraffatti.
L'anello inamovibile numerato distingue i legittimi richiami vivi da allevamento rispetto alle marcature apposte, in maniera fraudolenta, su esemplari catturati illecitamente in natura. Quindi la regione così ha dato una mano al bracconaggio, diciamo che è riuscita a rendere lecito tutto quello che è illecito. La regione Lombardia era stata indotta a istituire una banca dati dei richiami vivi nel settembre 2012 a seguito di censure da parte della Commissione europea per la non corretta applicazione della direttiva Uccelli, che chiedeva di dotarsi di una banca dati aggiornata che, attraverso i codici di identificazione di ciascun esemplare, consenta un controllo effettivo dei numeri di uccelli posseduti da ogni cacciatore.
Nel 2021, contravvenendo al formale impegno a suo tempo assunto al fine di ottenere l'archiviazione della citata procedura Pilot, ne ha disposto l'abrogazione, e solo dopo la sentenza della Corte costituzionale del 2022 è stata poi obbligata al ripristino.
Con la deliberazione n. XII/1849 del 5 febbraio 2024: “Attuazione dell'articolo 26, comma 9, della legge regionale n. 26 del 1993. Banca dati richiami vivi: indicazioni operative e modalità operative” è stata abrogata la vecchia banca dati e istituita una nuova piattaforma informatica, costata ben 176.461 euro - 176.461 euro -, una nuova piattaforma informatica costata, lo ripeto ancora una volta, 176.461 euro, che però è vuota, non c'è niente. In questo applicativo non c'è alcuna tracciabilità dei richiami vivi, sembra una barzelletta, ma è così. Non vengono inseriti né i codici anello identificativi degli uccelli allevati, né le nuove fascette di plastica che verranno a breve distribuite senza controllo, ma solo le quantità detenute.
Non paga di ciò, la regione Lombardia ha recentemente presentato ufficialmente a Ispra richiesta per la caccia in deroga 2024/2025 alle seguenti specie protette: fringuello, peppola, pispola, storno e piccione. Oltre a questo, ha chiesto la riapertura degli impianti di cattura con reti di richiami vivi, roccoli, da cedere gratuitamente ai cacciatori, in palese violazione della direttiva Uccelli, esponendo l'Italia al rischio di dover pagare il conto di un'ennesima, salata sanzione europea, a carico delle nostre tasche.
Noi paghiamo con le tasse gli errori, per modo di dire, fatti da questo Governo. Chiediamo quali iniziative intenda adottare il Governo per affrontare risolutamente il problema del traffico illegale di uccelli in regione Lombardia, anche considerata la mancanza totale di norme regionali sulla loro tracciabilità e dell'inutilità della nuova banca dati dei richiami vivi, per come è stata istituita, e se intenda annullare i provvedimenti illegittimi - illegittimi, illegittimi - di ordine e distribuzione delle fascette di plastica, invece degli anelli inamovibili.
Chiediamo, inoltre, se, alla luce della procedura di infrazione e della Pilot n. 2023/10542 nei confronti dell'Italia non si ritenga opportuno assumere iniziative urgenti nei confronti della regione Lombardia, assumendo i passaggi necessari ad attivare l'intervento di annullamento statale di provvedimenti di caccia in deroga a specie protette - protette! - e impianti di cattura difformi da quanto previsto dalle normative, comportando così violazioni del diritto comunitario in nome delle cacce tradizionali fuorilegge.
Si chiede ancora, dalla data di avvio della EU Pilot da parte dell'Unione europea, quali attività di natura amministrativa, regolamentare o normativa siano state messe in atto dal Governo per evitare al nostro Paese di pagare altre sanzioni all'Unione europea; quali iniziative concrete abbia finora adottato il Governo per scongiurare la procedura di infrazione all'Italia (la n. 2187) e per impedire oggi una nuova messa in mora che si concluda con altre e ulteriori sanzioni per il nostro Paese; se il Governo intenda raccogliere e rendere disponibili i dati sulle dimensioni e la natura del traffico di avifauna viva destinata a essere utilizzata nella caccia da appostamento; quali siano le specie di fauna più colpite dal fenomeno del bracconaggio in Italia e quante persone siano state denunciate dai Carabinieri forestali per reati contro l'avifauna selvatica e quante di queste fossero titolari di licenza di caccia nell'ultima operazione del 2023, denominata “Pettirosso”, e se sia stata registrata una riduzione del numero di denunce contro noti negli ultimi 10-20 anni; se non si intenda valorizzare il reparto operativo, la SOARDA (sezione operativa antibracconaggio e reati in danno degli animali), in modo da consolidarne sempre di più l'azione di presidio della legalità e da contrastare, al tempo stesso, i tentativi operati da più parti per delegittimare questo decisivo e importante strumento di lotta al traffico dell'avifauna (cioè perché se il bracconaggio diventa legale è stato legittimato tutto); da ultimo, quali siano state negli ultimi anni le iniziative e le azioni del Governo in materia di conservazione della fauna e della biodiversità.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato, Claudio Barbaro, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO BARBARO,. Grazie, Presidente. Riguardo a quanto rappresentato dall'interpellante, si specifica che la Commissione europea, nell'ambito del caso EU Pilot (2023) 10419, ha chiesto chiarimenti in merito alle modifiche apportate dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197, legge di bilancio 2023, alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, con riferimento al comma 447 dell'articolo 1, che ha sostituito il testo dell'articolo 19, e al comma 448, che ha inserito il nuovo articolo 19-.
La stessa Commissione, con l'EU-Pilot (2023) 10542, ha chiesto chiarimenti anche in merito a una serie di problematiche tra le quali l'applicazione del regolamento (UE) 2021/57 della Commissione del 25 gennaio 2021, recante modifica del regolamento (CE) 1907/2006 (REACH) per quanto riguarda l'uso del piombo contenuto nelle munizioni utilizzate all'interno o in prossimità di zone umide riguardo alla definizione delle zone umide, all'inversione della presunzione giuridica e alla determinazione della sanzione.
I profili evidenziati nei predetti Pilot sono stati assorbiti dalla procedura di infrazione n. 2023/2187, con la quale la Commissione europea ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di messa in mora ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. In relazione ai diversi profili, oggetto della procedura di infrazione, per gli aspetti di competenza del Ministro dell'Agricoltura si rappresenta quanto segue.
Limitatamente al secondo e al terzo quesito, la problematica dell'incremento delle popolazioni di alcune specie di animali selvatici, in particolare gli ungulati, è da tempo all'attenzione delle diverse amministrazioni centrali e regionali, per ragioni di salvaguardia ambientale, motivi sanitari, economici e di tutela dell'incolumità delle persone, dal momento che la normativa definita dal previgente articolo 19 della legge n. 157 del 1992 si è rivelata complessivamente poco efficace.
Al fine di soddisfare tali esigenze, il legislatore ha ritenuto necessario modificare il citato articolo 19, anche per contribuire in maniera efficace al controllo dei cinghiali e di altre specie, il cui numero è cresciuto in maniera significativa anche in aree (quali quelle urbane o urbanizzate) tradizionalmente non interessate da simili presenze di fauna.
Tale disposizione è stata emanata nel pieno rispetto della normativa europea e, in particolare, in conformità all'articolo 16 della direttiva Habitat, il quale prevede che gli Stati membri possano derogare alle sue disposizioni “a condizione che non esista un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”.
Non si tratta, quindi, di norme relative all'attività venatoria, bensì di controllo attraverso un “Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica” avente durata quinquennale.
Si evidenzia che le attività ivi contemplate non costituiscono esercizio venatorio, dovendosi ascrivere alla funzione del controllo, e possono essere attuate anche nelle aree protette e in quelle urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio, proprio perché integranti funzioni di controllo e contenimento.
Il predetto piano, approvato il 13 giugno 2023 con decreto interministeriale dei Ministeri dell'Ambiente e della sicurezza energetica e del Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, costituisce uno strumento di natura generale e programmatica, avente lo scopo di indirizzare e coordinare l'attuazione, da parte degli enti territoriali, delle attività di gestione e contenimento della presenza eccessiva di talune specie di fauna selvatica sul territorio italiano, e si caratterizza per essere espressione del principio puro, ossia viene emanato per la durata di anni 5, non essendo prevista possibilità di riedizioni o di proroghe.
Nella redazione del Piano straordinario è stato dato specifico conto della sua coerenza in riferimento alle specifiche disposizioni di rango europeo e in particolare della direttiva Uccelli, dal momento che nessuna delle previsioni del Piano costituisce o apporta modifiche e/o deroghe al vigente regime unionale ovvero di derivazione unionale posto a tutela delle specie e dell'ecosistema.
Tanto premesso, considerato che la Commissione europea ha caldeggiato una modifica normativa che assicuri esplicitamente la perdurante vigenza del diritto eurounitario e il rispetto di tale normativa da parte del Piano, il 15 maggio scorso, il Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri ha trasmesso, ai competenti servizi della Commissione europea, le proposte di modifica del Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica e del Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste finalizzate al superamento delle contestazioni formulate dalla Commissione europea. Al riguardo, si precisa che le proposte di modifiche normative citate saranno oggetto di ulteriore concertazione tra le amministrazioni interessate, nell'ambito della definizione dello schema di decreto-legge cosiddetto Salva infrazioni, in corso di predisposizione.
Riguardo, poi, alle richiamate conseguenze sanzionatorie che deriverebbero dalla messa in mora, si evidenzia che non vi è alcun automatismo tra l'apertura di una procedura d'infrazione e l'irrogazione di sanzioni nei confronti dello Stato membro. Infatti, le stesse sopravvengono solo a seguito di una seconda messa in mora e se lo Stato membro decide di non adeguarsi e di non prendere in considerazione il parere motivato: in tali casi, la Commissione è legittimata ad avviare una procedura di infrazione dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea nei confronti dello Stato interessato.
Riguardo ai quesiti posti non di competenza del Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, si fa presente che, relativamente ai dati sulle dimensioni e la natura del traffico di avifauna viva destinata a essere utilizzata nella caccia da appostamento, alle specie di fauna più colpite dal fenomeno del bracconaggio in Italia e al numero delle persone denunciate dai Carabinieri forestali per reati contro l'avifauna selvatica, il censimento sui dati richiesti è di competenza dell'ISPRA, ente vigilato dal Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica.
Riguardo alla valorizzazione del reparto operativo SOARDA, fermo restando che la relativa attività è programmata dal CUFA e dal MASE, al momento, sono allo studio proposte in tal senso avanzate dal Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale.
Inoltre, circa le iniziative e le azioni del Governo in materia di conservazione della fauna e della biodiversità, si ricorda, per quanto riguarda il MASAF, che tra le azioni poste in essere vi è la ricostituzione del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, ove vengono dibattuti i temi di conservazione della fauna selvatica.
Infine, si informa che il Dipartimento per gli affari europei ha comunicato che non sono finora pervenute segnalazioni della Commissione europea in merito alle violazioni della direttiva 2009/147/CE concernente la conservazione degli uccelli selvatici, imputabili alla regione Lombardia e richiamate nell'interpellanza in oggetto.
Nondimeno, la regione Lombardia, con nota del 16 maggio scorso, in riscontro ai quesiti posti dall'interrogante, ha specificato quanto segue.
Quanto alla sostituzione degli anelli inamovibili, la regione precisa che l'attuale disposizione ribadisce il carattere inamovibile dei contrassegni numerati in materiale idoneo, certificati da un laboratorio di prova accreditato, sentito l'ISPRA.
Per quanto attiene alla banca dati, esplicita che l'articolo 26, comma 9, della legge regionale n. 26 del 1993, stabilisce l'obbligo dell'inserimento, da parte dei cacciatori che detengano richiami vivi per l'esercizio venatorio, dei dati relativi alla specie e al codice identificativo riportato sul contrassegno inamovibile.
La regione Lombardia ha altresì ritenuto di ricorrere alla procedura di deroga, articolo 9, comma 1, lettere ed della direttiva 2009/147/CE per l'abbattimento di fringuello, peppola, pispola nei limiti della “piccola quantità” come previsto dal citato articolo, quanto allo storno e al piccione, anche per prevenire gravi danni all'agricoltura, in entrambi i casi con relativa richiesta di parere all'ISPRA.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo Simonetta Salacone, di Roma e dell'Istituto comprensivo Piaget-Majorana di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune.
La deputata Cherchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
SUSANNA CHERCHI(M5S). Grazie, Presidente. No, naturalmente. Da quello che lei dice, sembra che la Commissione europea sia quasi d'accordo sul fatto che in Italia si violino le leggi sulla caccia, si violino le indicazioni che ci danno loro, e io questo non lo accetto.
Prima di iniziare a prendere la parola, lei ha detto “a condizione che non esistano alternative valide”. Lei si riferiva, ovviamente, all'uccisione degli ungulati o comunque degli animali che, a vostro avviso, possono essere pericolosi, eccetera, eccetera.
Io le do una notizia: esistono condizioni alternative valide che non prevedano l'uccisione degli animali, esistono vaccini, esistono sterilizzazioni. Quindi, non è necessario massacrare questi animali.
Sono alternative valide - è una notizia che le volevo dare - però, purtroppo, non vengono mai utilizzate, perché sparare è molto più semplice, ovviamente.
Quindi, quest'interpellanza che io ho presentato denuncia fatti gravissimi che, secondo me, non hanno avuto una risposta soddisfacente perché - sintetizziamo brevemente quello che ho detto prima - la Lombardia, alla fine, si disinteressa della Commissione europea in materia di caccia di specie di uccelli durante la migrazione in cattivo stato di conservazione.
Alla fine di tutte le considerazioni, anche in Lombardia si può sparare un po' su tutto, dovunque e sempre, perché se si può sparare durante la migrazione, se si può sparare sugli uccelli che sono in via di estinzione, vuol dire che si può fare un po' tutto e sempre, e ciò dà la sensazione che si favorisca il bracconaggio.
È veramente incredibile questa cosa, perché favorire il bracconaggio vuol dire favorire, comunque, qualcosa che è illecito.
Sempre la Lombardia si disinteressa del fatto che dovrebbero esserci più procedure di infrazione; saranno pecuniarie dopo la seconda volta, però ci stanno bacchettando da tanto tempo e, quindi, prima o poi, anche i contribuenti dovranno pagare le tasse su queste intemperanze del Governo e dei cacciatori.
Io ho la sensazione che si stia prendendo in giro l'Unione europea perché noi - e anche lei - abbiamo citato la piattaforma informatica. La vecchia piattaforma informatica è stata cambiata ed è stata sostituita da una nuova piattaforma informatica sulla tracciabilità dei richiami vivi, eccetera. È costata oltre 176.000 euro, però, come abbiamo detto, non c'è assolutamente niente, non c'è tracciabilità dei richiami vivi, non vengono inseriti né i codici anello identificativi degli uccelli allevati, né le nuove fascette di plastica che verranno a breve distribuite senza controllo, ma solo le quantità detenute.
Allora, mi chiedo, ma che fine hanno fatto i soldi utilizzati a questo scopo? Cioè, questi oltre 176.000 euro, dove sono? Nel mio mondo ideale, di rispetto e di amore per l'ambiente, io li avrei utilizzati per aprire un santuario per gli animali feriti, gli uccelli che non possono più volare per colpa dei cacciatori e magari le prede agonizzanti lasciate nei boschi o nelle paludi a morire, come se fossero delle cose e non degli esseri viventi.
Non paghi di ciò, la Lombardia alza il tiro. Chiede a ISPRA una deroga per uccidere, a loro piacimento, fringuelli, peppole, pispole, piccioni e stormi. Chiede la riapertura degli impianti di cattura con reti di richiami vivi da cedere gratuitamente ai cacciatori, in palese violazione della direttiva Uccelli esponendo così l'Italia - magari sarà la terza o la quarta, bisognerebbe leggerle e contarle esattamente quante sono le sanzioni europee - al rischio di pagare l'ennesimo conto salato.
Ma, io mi chiedo perché? Perché? Perché tutta questa voglia di far sparire uccelli che sono già in via di estinzione? A chi serve? Chi ci sta guadagnando? Perché i cittadini devono pagare queste sanzioni all'Unione? Chi c'è dietro tutto questo? Perché questo accanimento contro qualsiasi forma di sviluppo, di modernizzazione e di civiltà? Perché il rispetto degli animali e il rispetto dell'ambiente è una forma di civiltà. Stiamo tornando indietro di cinquant'anni, quando gli animali venivano considerati quasi delle cose. Quindi mi chiedo: ma quand'è che ripristinerete il delitto d'onore o il reato d'opinione? A quando il nuovo Minculpop? Perché la china a cui stiamo assistendo è spaventosa. Non è solo un problema della caccia: stiamo regredendo troppo. Noto, con preoccupazione e rammarico, anche da docente, che stanno aumentando grettezza, ignoranza, ottusità, violenza, odio. È di fronte agli occhi di tutti questa violenza e questo odio, che stanno aumentando. Metaforicamente parlando, mi sembrano ominidi e australopitechi che avanzano a passi veloci, con gli scarponi chiodati.
Sempre sulla caccia, io immagino i cacciatori che si svegliano alle 4 del mattino, con l'adrenalina a mille. Si vestono simil-Rambo, con giubbotti e pantaloni pieni di tasche, cartucce, fucili, stivali. Magari si danno appuntamento con altri cacciatori, probabilmente per fare colazione in qualche bar e comprare qualche merendina, e poi, tutti insieme, via. Via: i compagni di merendina a sparare e ad ammazzare quante più creature possibili. Non so se conoscete la canzone di . Può darsi che i cacciatori vadano a fare tutto questo con anche una bella canzoncina. Ora vi chiedo se qualche cacciatore abbia mai guardato negli occhi una vittima ferita, se l'abbia mai guardata respirare affannosamente, dignitosa, ma vinta dai fucili. Lo chiedo perché è stata un'esperienza vissuta da una persona che conosco, un ex cacciatore che ha guardato, a un certo punto, negli occhi la sua preda. Si sono guardati per lunghissimi secondi: la vittima con uno sguardo fiero, ma pieno di paura. Da quel momento, questi, che ha avuto questa esperienza così pregnante, si è vergognato e ha tentato di salvarla. Non c'è riuscito, ma è stata talmente violenta la sensazione che ha avuto, lui, di guardare negli occhi la sua preda, è stata talmente forte come esperienza che si è vergognato e, naturalmente, non è più andato a caccia. Provate a farlo anche voi, signori cacciatori: magari è un'esperienza che potreste non aver mai fatto e che, magari, potrebbe anche arricchire o, forse, far vergognare un po'.
Parliamo adesso, brevemente, dell'emendamento Foti, che è bellissimo. Gli emendamenti Foti e Bruzzone sono straordinari, proprio: le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la tutela - per carità, la tutela! - della biodiversità, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto. Ma chi volete prendere per il naso? Ma veramente: tutela della biodiversità? Ma, per cortesia! Da quando in qua si spara per tutelare la biodiversità? Riprendendo il discorso che facevo prima: qualora i predetti metodi si rivelino inefficaci, le regioni e le province autonome possono autorizzare, sentito l'Istituto superiore, piani di controllo numerico mediante abbattimento e cattura. Ribadisco il concetto: non considerate mai che esiste qualche cosa che non sia uccidere? Ci sono i vaccini, ci sono altri modi…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole, ha esaurito il suo tempo.
SUSANNA CHERCHI(M5S). …per controllare il numero degli animali, da non abbattere. E poi, signori, non uccidiamo 7 giorni su 7, in tutti i giardini pubblici, giardini privati, oasi protette. Ragazzi, tutti siete in pericolo. Se andate in giro, fate attenzione, perché ci sono i cacciatori che possono sparare su tutto, sempre e dovunque.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
1.
2.
SCHIFONE ed altri: Modifica dell'articolo 2407 del codice civile, in materia di responsabilità dei componenti del collegio sindacale. (C. 1276)
Relatrice: VARCHI