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Lunedì 01 Luglio 2024 ore 10:30
AULA, Seduta 315 - Decreto coesione, Governo pone la fiducia
Resoconto stenografico
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Nella seduta odierna il Governo ha posto la questione di fiducia sul disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione (approvato dal Senato) (C. 1933).
Nella parte antimeridiana della seduta si è svolta la discussione generale sul provvedimento.
XIX LEGISLATURA
315^ SEDUTA PUBBLICA
Lunedì 1 luglio 2024 - Ore 10,30
(ore 10,30, con votazioni non prima delle ore 16)
Discussione del disegno di legge:
S. 1133 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione (Approvato dal Senato). (C. 1933)
Relatore: MASCARETTI.
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- Lettura Verbale
- Missioni
- Annunzio di petizioni
- Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.
- Disegno di legge: S. 1133 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione (Approvato dal Senato) (A.C. 1933) (Discussione)
- S. 1133 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione (Approvato dal Senato).(C. 1933)
- Discussione sulle linee generali - A.C. 1933
- Vice Presidente RAMPELLI Fabio
- Deputato MASCARETTI Andrea (FRATELLI D'ITALIA)
- Deputato MANCINI Claudio (PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA)
- Deputata LUCASELLI Ylenja (FRATELLI D'ITALIA)
- Deputato ZARATTI Filiberto (ALLEANZA VERDI E SINISTRA)
- Deputato BARABOTTI Andrea (LEGA - SALVINI PREMIER)
- Deputato SILVESTRI Francesco (MOVIMENTO 5 STELLE)
- Repliche - A.C. 1933
- Discussione sulle linee generali - A.C. 1933
- S. 1133 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione (Approvato dal Senato).(C. 1933)
- La seduta e' sospesa, riprenderà alle 16
- Missioni (Alla ripresa pomeridiana)
- Si riprende la discussione
- Sui lavori dell'Assemblea
- Ordine del giorno della seduta di domani
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ROBERTO GIACHETTI, legge il processo verbale della seduta del 26 giugno 2024.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 86, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta odierna .
PRESIDENTE. Invito il deputato Segretario di Presidenza a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.
ROBERTO GIACHETTI, legge:
Maurizio Scazzeri, da Torchiarolo (Brindisi), chiede disposizioni per la stabilizzazione dei docenti precari appartenenti alla classe di concorso «Trattamento testi, dati ed applicazioni. Informatica» (A-66) ;
Alessio Paiano, da Cavallino (Lecce), chiede la definitiva eliminazione delle prove orali nei concorsi del pubblico impiego per posizioni non dirigenziali - ;
Francesco Di Pasquale, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
l'istituzione di un organismo di controllo della regolarità e dell'efficienza dei lavori pubblici ;
interventi per la tutela della riserva naturale del Borsacchio ; iniziative per la prevenzione del disagio giovanile ;
norme in materia di tutela dei monumenti ;
il differimento dell'abolizione del mercato tutelato per il gas naturale e l'elettricità e norme per garantire la trasparenza nel passaggio al mercato libero - ;
Rosanna Occhiodoro, da Ancona, chiede iniziative per impedire che i giovani italiani che si trovano in Ucraina siano costretti a combattere ;
Marco Goretti, da Rimini, chiede iniziative per assicurare il rispetto della legge 4 dicembre 2017, n. 181, nell'esecuzione dell'inno di Mameli ;
Aurelio Rosini, da Mariglianella, Napoli, chiede modifiche all'articolo 122 del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, concernenti la segnaletica che indica che le direzioni consentite sono la destra e la sinistra ;
Gianni Lanzinger, da Bolzano, chiede modifiche agli statuti delle regioni a statuto speciale, in attuazione dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione ;
Carlo Guglielminotti Bianco, da Biella, chiede modifiche alla recente riforma del lavoro sportivo e norme in materia di attività fisico-motorie nelle palestre;
Aniello Traino, da Neirone (Genova), chiede misure per migliorare l'efficacia della carta «dedicata a te» di sostegno al reddito ;
Mauro Battistini, da Seravezza (Lucca), chiede interventi per assicurare che le imposte siano commisurate alla reale capacità contributiva del contribuente ;
Michele Vecchione, da Villa Lagarina (Trento), chiede che le celebrazioni per festività nazionali non comportino spese aggiuntive ;
Maurizio Michele Blo', da Sciacca (Agrigento), e altri cittadini chiedono iniziative per la moratoria di tutte le attività di geoingegneria in Italia .
PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 29 giugno 2024, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VIII Commissione (Ambiente):
«Conversione in legge del decreto-legge 29 giugno 2024, n. 89, recante disposizioni urgenti per le infrastrutture e gli investimenti di interesse strategico, per il processo penale e in materia di sport» (1937) – ex bisex bis
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1933: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne ha chiesto l'ampliamento.
La V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Andrea Mascaretti.
ANDREA MASCARETTIGrazie, Presidente. Nella seduta di oggi, l'Assemblea della Camera avvia l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, già approvato dal Senato della Repubblica, e al termine dell'esame in sede referente presso la Commissione bilancio, che non ha introdotto modifiche al testo trasmesso dall'altro ramo del Parlamento.
Mi permetta, innanzitutto, signor Presidente, di ringraziare i membri della V Commissione per il lavoro svolto con grande collaborazione tra le parti. Iniziando l'esame di questo provvedimento, volto a realizzare la riforma della politica di coesione inserita nell'ambito della revisione del PNRR, mi corre l'obbligo di ringraziare il Ministro Fitto, grazie al cui impegno l'Italia è al primo posto in Europa per obiettivi raggiunti e avanzamento finanziario del PNRR. La scorsa settimana, infatti, è stata trasmessa alla Commissione europea la richiesta di pagamento della sesta rata del nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza, pari a 8,5 miliardi di euro, con il conseguimento di ulteriori 37 obiettivi e traguardi.
Per quanto riguarda il provvedimento in discussione, inizialmente costituito da 38 articoli, a seguito delle modifiche introdotte al Senato, risulta ora composto da 50 articoli, suddivisi in tre Titoli e 9 Capi. Come evidenziato dallo stesso preambolo del provvedimento, il decreto reca disposizioni finalizzate alla promozione dello sviluppo economico e della competitività del Paese, essenzialmente attraverso il rafforzamento delle iniziative dirette a migliorare l'efficienza e la qualità dell'azione dei programmi della politica di coesione relativi al periodo di programmazione 2021-2027.
In questo contesto, il decreto intende accelerare l'attuazione dei programmi della politica di coesione, assicurando una programmazione coordinata tra i diversi livelli di governo e la complementarità degli interventi della politica di coesione con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, promuovendo in questo modo la sinergia tra i diversi interventi da realizzare. A tale riguardo, occorre ricordare che il provvedimento dà attuazione a uno specifico traguardo della Riforma 1.9.1 della Missione 1-Componente 1 del PNRR, relativa all'accelerazione dell'attuazione della politica di coesione, introdotta in occasione della revisione del medesimo Piano approvata dal Consiglio dell'Unione europea l'8 dicembre scorso.
La riforma della politica di coesione è, infatti, una delle 7 nuove riforme inserite nell'ambito della revisione del PNRR e rappresenta l'ultimo tassello di un più ampio disegno strategico di riforma avviato con l'approvazione decreto-legge n. 13 del 2023, che ha ridisegnato la del PNRR e della politica di coesione, e proseguito, prima, con il decreto-legge n. 124 del 2023, che ha introdotto ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, e, poi, con il decreto-legge n. 19 del 2024, che ha perfezionato la disciplina relativa all'attuazione del PNRR, anche attraverso interventi di accelerazione e di semplificazione delle relative procedure.
L'obiettivo di rendere più efficiente ed efficace l'attuazione della politica di coesione europea assume un valore strategico per il nostro sistema economico, considerando che tale politica si sostanzia in una pluralità di programmi di investimento finanziati da 42 miliardi di euro di risorse europee e da 32 miliardi di euro di risorse nazionali per il solo ciclo di programmazione 2021-2027. Si tratta, quindi, di un totale di circa 74 miliardi di euro che sono destinati a investimenti volti a ridurre i divari territoriali.
In quest'ottica, con la riforma perseguita anche attraverso il provvedimento che oggi è giunto all'esame di quest'Assemblea, si intende dare concretezza e tempestività alla politica di coesione, accelerando la spesa e rafforzando la capacità delle diverse istituzioni centrali e territoriali coinvolte nei processi di attuazione.
In particolare, nell'ambito della riforma delineata dal PNRR, si individuano alcuni settori strategici selezionati tenendo conto dell'esigenza di dare effettiva attuazione agli strumenti di pianificazione richiesti dalle cosiddette “condizioni abilitanti”, definite dal regolamento europeo sulla politica di coesione 2021-2027 e che devono essere rispettate da tutte le regioni che vogliono accedere ai finanziamenti europei, nonché di accelerare i processi di adempimento delle suddette condizioni abilitanti per le regioni che non hanno ancora adottato le previste pianificazioni.
I settori individuati come strategici dal PNRR sono richiamati dall'articolo 2 del decreto in esame e sono, in particolare: risorse idriche, infrastrutture per il rischio idrogeologico e per la protezione dell'ambiente, rifiuti, trasporti e mobilità sostenibile, energia, sostegno allo sviluppo sostenibile e all'attrattività delle imprese, anche per le transizioni digitale e verde.
Si tratta di settori caratterizzati da servizi e infrastrutture essenziali per i cittadini e le imprese, che, tuttavia, presentano nelle regioni del Sud un tasso di sviluppo non in linea con quello registrabile nelle altre aree del Paese. Lo sviluppo di tali settori, in particolare nelle regioni del Meridione, è pertanto fondamentale per accrescere la competitività e l'attrattività del Paese in generale e del Mezzogiorno in particolare, e per rispondere efficacemente alle sfide delle transizioni verde e digitale.
Il provvedimento rende, dunque, la politica di coesione più concreta e tempestiva, accelerando la spesa e potenziando la capacità delle istituzioni di ridurre i divari economici e sociali tra le diverse aree del Paese.
Ritengo importante sottolineare che le amministrazioni territoriali non saranno sole in questo compito, poiché il decreto prevede il rafforzamento della capacità amministrativa di tutti i soggetti coinvolti nell'attuazione della politica di coesione, con particolare attenzione alle regioni del Mezzogiorno. Inoltre, la riforma introduce un meccanismo incentivante per il raggiungimento degli obiettivi delle amministrazioni regionali che rispetteranno le scadenze stabilite per l'attuazione degli interventi e che potranno beneficiare di un ulteriore supporto, da parte del Governo, per il cofinanziamento dei programmi europei: questo permetterà di liberare risorse preziose per i bilanci regionali.
In estrema sintesi, i primi 3 capi del decreto, che comprendono gli articoli da 1 a 15-, contengono specifiche disposizioni mirate ad accelerare e a rendere più efficiente l'utilizzo delle risorse delle politiche di coesione europee, mutuando l'approccio orientato ai risultati sperimentato con successo con il PNRR, ferme restando le disposizioni e le procedure previste dal regolamento (UE) 2021/1060 del Parlamento e del Consiglio europeo e dai regolamenti specifici di fondo, che disciplinano la politica di coesione europea, con particolare riguardo a quelle in materia di ammissibilità al finanziamento e di selezione degli interventi, nonché ai compiti e alle funzioni dell'autorità di gestione del comitato di sorveglianza di ciascun programma, di cui all'articolo 38 del medesimo regolamento (UE) 2021/1060, anche in relazione a eventuali modifiche e aggiornamenti dei programmi, ove necessari.
Le successive disposizioni del decreto-legge recano misure specifiche di natura settoriale connesse all'attuazione delle politiche di coesione, mettendo in campo interventi, anche molto significativi, sul piano finanziario, attraverso l'utilizzo delle risorse europee.
Nell'ambito del lavoro segnalo, in primo luogo, gli incentivi per l'autoimpiego nelle regioni del Centro e del Nord Italia e la misura Resto al Sud 2.0, ai quali, negli anni 2024-2025, sono destinati complessivamente 800 milioni di euro. Ricordo, altresì, i benefici contributivi del giovani, ai quali sono destinati complessivamente oltre 1,4 miliardi di euro tra il 2024 e 2027, ai quali si aggiungono, nello stesso periodo, oltre 400 milioni di euro per il donne. Un ulteriore sgravio contributivo è legato all'assunzione a tempo indeterminato nella ZES unica per il Mezzogiorno, al quale sono destinati, negli anni dal 2024 al 2027, quasi 600 milioni di euro.
Nell'ambito dell'istruzione sono previsti 3 distinti piani, in favore delle regioni meno sviluppate, che prevedono, rispettivamente: uno stanziamento di complessivi 200 milioni di euro per il potenziamento delle infrastrutture e per lo sport nelle scuole; uno stanziamento di complessivi 150 milioni di euro per la realizzazione di laboratori innovativi avanzati per lo sviluppo di specifiche competenze tecniche e professionali, al fine di potenziare l'istruzione tecnica e professionale, nonché uno stanziamento di complessivi 100 milioni di euro per la fornitura di arredi didattici innovativi, al fine di rafforzare e migliorare l'offerta educativa nella fascia di età 0-6 anni.
In materia di università e ricerca, per assicurare l'integrazione tra le politiche di coesione e il PNRR, si prevede l'adozione di un Piano nazionale di ricerca per lo sviluppo del Sud 2021-2027, il Piano ricerca Sud, al quale sono destinati complessivamente circa 1,2 miliardi di euro.
Per sostenere la rigenerazione urbana e contrastare il disagio socio-economico-abitativo nelle aree caratterizzate da importanti criticità socio-economiche, e per promuovere la mobilità , l'inclusione e l'innovazione sociale si intende contribuire, anche in questo ambito, rafforzando la complementarità con il PNRR, attraverso il Programma nazionale Città metropolitane e città medie, destinato alle 14 Città metropolitane e alle 39 città medie del Sud, con una dotazione finanziaria di 3 miliardi di euro. Ulteriori finanziamenti sono destinati alla realizzazione di un Piano di azione nel settore della cultura, per il quale sono finalizzate risorse pari complessivamente a 488 milioni di euro.
In materia di rafforzamento della legalità del Sud, nell'ambito del Programma sicurezza e legalità, con dotazione finanziaria di circa 235 milioni di euro, il decreto punta alla reingegnerizzazione del sistema informativo della banca dati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
Infine, tra le modifiche al provvedimento introdotte dal Senato, voglio rimarcare che, per quanto riguarda le disposizioni in materia di sicurezza, viene, tra l'altro, istituito, con una dotazione di 30 milioni di euro per il 2024, il Fondo per il potenziamento delle capacità di cybersicurezza e delle tecnologie satellitari, oggi entrambe assolutamente strategiche per la sicurezza del Paese, mentre, tra le modifiche al provvedimento che riguardano gli enti locali, evidenzio in particolare - me lo consenta, Presidente, visto che sono di Milano - che viene autorizzata per Milano la spesa di complessivi 18 milioni di euro per garantire la copertura degli extracosti per la messa in opera del prolungamento della linea M1 della metropolitana milanese e che viene, altresì, autorizzata, per l'anno 2024, la spesa di 1,33 milioni di euro per lo svolgimento della procedura concorsuale, finalizzata all'assunzione di 245 segretari generali e comunali e provinciali.
Passando a una ricognizione dei contenuti essenziali dei singoli articoli, io rinvierei alla documentazione predisposta dal Servizio studi per maggiori dettagli e chiederei di poter consegnare la restante parte del mio intervento, per lasciarla agli atti.
PRESIDENTE. La ringrazio, ovviamente autorizzazione concessa, deputato Mascaretti.
Saluto gli studenti dell'Università di Firenze, Seminario di studi e ricerche parlamentari Silvano Tosi, che assistono ai nostri lavori dalle tribune . Preciso che siamo qui, questa mattina, impegnati nella seduta di discussione generale sul provvedimento in esame e quindi sono presenti in Aula coloro i quali sono interessati a intervenire.
Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, se lo ritiene; si riserva di farlo.
È iscritto a parlare il deputato Mancini. Ne ha facoltà.
CLAUDIO MANCINI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Lei mi perdonerà, Presidente, se ho qualche difficoltà nell'intervenire, ma ho ancora nelle orecchie il rumore fastidioso delle unghie sul vetro del collega Mascaretti, mentre cercava di spiegare all'Aula che oggi discutiamo di coesione dopo che, appena 13 giorni fa, in quest'Aula, con forzature inaccettabili, si è approvato un provvedimento che divide il Paese, in nome di un'autonomia differenziata che rende le regioni ricche più ricche e che rende il resto dell'Italia più debole .
Quindi, oggi, Presidente, discutiamo in Aula la legge di conversione del decreto Coesione, un decreto che, come abbiamo appena sentito, tocca vari temi, due su tutti: la gestione delle politiche di coesione del Paese e le politiche per il lavoro.
Leggendo l'articolato emerge chiaramente un dato: l'assenza di un progetto politico di questa maggioranza. Le misure di cui oggi discutiamo mancano di visione, di coerenza con le altre politiche che questo Governo ha presentato: una su tutte, proprio l'autonomia differenziata. Tutte queste misure, infatti, hanno un orizzonte di mesi, quando al Paese servirebbero politiche a lungo termine e una discussione su questo. Se esaminiamo il decreto troviamo - a partire dall'articolo 3, con il quale viene costituita l'ennesima cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio. questa volta per programmare la politica di coesione nel nostro Paese - una serie di misure volte a centralizzare la gestione dei fondi strutturali europei. Sempre presso Palazzo Chigi, l'articolo 4 istituisce un'altra cabina di regia per l'istituzione del Piano strategico della ZES unica del Mezzogiorno. Si definiscono i criteri per la scelta degli interventi prioritari della politica di coesione e le modalità attraverso cui avviene il monitoraggio degli stessi, ma sempre presso la Presidenza del Consiglio. Articolo dopo articolo, assistiamo a una centralizzazione completa delle responsabilità, come vediamo nei contratti di sviluppo, articolo 12, o nelle zone logistiche semplificate, articolo 13.
Il tutto è alternato a misure che servono a rafforzare le risorse umane della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri, come l'articolo 6, attraverso il quale non solo viene garantito circa mezzo milione di euro per il personale non dirigenziale del Ministero delle Infrastrutture, ma allo stesso Ministero si aggiungono anche 4 nuovi dirigenti al Gabinetto del senatore Salvini.
A questo segue il grande tema oggetto del decreto, ossia il lavoro. Il provvedimento presenta misure che affrontano temi di grande rilevanza, come l'occupazione giovanile, quella femminile e quella del Meridione, ma anche qui sempre con un respiro corto, poche risorse e una prospettiva a breve. Si aprono finestre di pochi mesi per accedere a dei che rappresentano le uniche misure per l'occupazione in molte aree del Paese, con nessuna certezza sul fatto che verranno riproposte.
Partiamo dalle politiche di coesione. Ripeto, sono passati 13 giorni da quando, in questa stessa Aula, questa maggioranza ha approvato il disegno dell'autonomia differenziata, con le bandiere sventolate dai banchi della Lega a celebrare una vittoria storica di chi ha spinto per la secessione delle aree più forti dell'Italia. Ma mentre ancora ricordiamo queste immagini, ci ritroviamo oggi a discutere di un decreto che centralizza tutta la politica di coesione a Palazzo Chigi. È una contraddizione che noi denunciamo dall'inizio, da quando autonomia differenziata e premierato viaggiano assieme: cioè, due leggi che portano avanti due idee di Paese differente e che la maggioranza ha la presunzione possano essere tenute assieme da un'idea politica per cui, da una parte, si centralizza e, dall'altra, si differenzia, come se queste due dinamiche, a un certo punto, non dovessero inevitabilmente andare in conflitto.
Ormai è evidente che l'unico obiettivo di questa maggioranza sia il mantenimento del potere e dell'unità dell'alleanza, anche con la consapevolezza di dare direttive e normative contraddittorie e incoerenti, sapendo che più avanti questo sarà un prezzo che il Paese pagherà; ma intanto la nave va, perché il patto tra Fratelli d'Italia e Lega regge in nome di una dimensione centralistica nazionale che piace a Fratelli d'Italia e di un provvedimento sulla differenziazione che piace alla Lega.
I fondi per la coesione europea - in realtà, lo sappiamo - sono nati dalla necessità di superare i divari tra le regioni, per arrivare a una convergenza e valorizzare i territori. Decentramento e accentramento sono due contraddizioni, in una politica di coesione devono avere un equilibrio: protagonismo del territorio e centralizzazione dei controlli; ascolto, perequazione ed efficacia degli interventi territoriali rispetto a un'asticella che il centro alza e verifica.
Ma, in realtà, ciò che fa il Governo è accentrare per gestire il potere: il risultato è la creazione di politiche inefficaci che si bloccano al momento dell'attuazione e che creano effetti distorsivi preoccupanti. Assistiamo così, anche oggi, all'impoverimento delle amministrazioni locali. Nel 2030 - ci dice l'INPS - ci sarà un milione di lavoratori pubblici in meno rispetto al 2008, di cui una larga parte in meno sarà negli enti locali. Questo vorrà dire amministrazioni pubbliche più deboli e meno proattive, nonché limitate capacità di portare avanti progetti complessi. Lo abbiamo già visto con il decreto PNRR e il decreto Sud: nel primo avete portato a Palazzo Chigi la cabina di regia del Piano nazionale di ripresa e resilienza e avete sciolto l'Agenzia di coesione; nel secondo avete deciso di rendere la Zona economica speciale unica per tutto il Mezzogiorno, e ne avete portato la gestione sotto il plenipotenziario Ministro Fitto, che adesso, prima di misurare il fallimento di questa strategia di accentramento, cerca di lasciarci per incarichi più prestigiosi.
Adesso, con questo decreto, vengono stabilite anche le regole che guideranno le cabine di regia da Palazzo Chigi. Non la vedete, colleghi, la contraddizione? Non la vedete la natura dell'autonomia differenziata di cui state parlando?
La realtà, colleghe e colleghi, è che il vostro modello è l'Italia a due velocità, con il Nord che si tiene risorse e responsabilità e il Sud, ancora più debole, che si deve affidare a un soffocante centralismo di Governo. Roma Capitale, Presidente, è capitale dell'intero Paese, non è la capitale burocratica del Sud. Voi con questo disegno, invece, confinate Roma ad essere il punto di interlocuzione solo delle aree più deboli del Paese.
Con politiche di questo genere, Presidente, le diseguaglianze non possono che aumentare anziché diluirsi, la distanza tra Nord e Sud si cristallizza, la nostra produttività e la nostra crescita diminuiscono.
Per mantenere il vostro accordo di potere state portando il Paese in un labirinto di specchi senza via d'uscita. Fin dall'inizio di questa discussione al Senato tutte le forze di opposizione si sono rese disponibili al dialogo, perché capiamo come il coordinamento degli investimenti comunitari e nazionali sia un tema fondamentale per il Paese. Questo è vero, ancora di più, in una fase economica globale così complessa come quella che stiamo vivendo e avendo compreso fino in fondo come la programmazione degli anni passati è stata decisiva per far ripartire l'Italia dopo la fine del COVID-19.
Qual è, invece, la vostra risposta? Accentrate a Palazzo Chigi, sotto il Ministro Fitto, con un livello di discrezionalità praticamente assoluto, non solo per la coesione, non solo per la ZES, e pensate di procedere a maggioranza nelle scelte che riguardano l'intero Paese e che riguardano il rapporto tra il centro e le autonomie del Paese.
Per fortuna, qualche nostro emendamento al Senato è stato accolto, altrimenti nel tavolo di confronto non ci sarebbero stati i comuni, non ci sarebbero state le province, non ci sarebbero stati i soggetti dei partenariati privati, la società civile, i sindacati e le associazioni di categoria. Ma nel complesso, rimane in piedi un impianto discriminatorio e arrogante, in cui rimane escluso il confronto con i territori. Il Governo, infatti, pensa che il ruolo di alcune realtà locali rimanga secondario e che le decisioni si possano prendere dall'alto senza troppe perdite di tempo. Questa è la vostra autonomia che riconoscete al sistema degli enti locali, a cui togliete risorse e possibilità.
C'è da aggiungere un secondo punto. Noi abbiamo proposto un ruolo di controllo del Parlamento, dicendo: state accentrando, ma se si accentra a livello nazionale si garantisca un ruolo di contrappeso al Parlamento. Ma niente, anche qui avete bocciato le nostre proposte. Lo abbiamo capito, è troppo difficile confrontarsi con le opposizioni, che siano nei territori o che siano in Parlamento.
Mi consenta, Presidente, di fare una considerazione. Questo Governo non affronta la questione della capacità amministrativa complessiva di mettere a terra le risorse, non propone nessun grande piano di investimenti e di assunzioni per rafforzare gli enti locali, ma definisce una linea di partenza: si propone lavoro precario e mal pagato, con piccoli interventi che hanno l'orizzonte della legislatura. Si rafforzano i numeri delle postazioni politiche, come se l'ampliamento continuo, la proliferazione degli intorno ai Ministri e ai Ministeri possa supplire alle debolezze della macchina amministrativa. Ma queste collaborazioni politiche per gli dei Ministeri servono a prendere le preferenze alle elezioni, non servono a guidare la macchina amministrativa e, in qualche caso - come abbiamo visto - sono anche scelte senza grande approfondimento e senza che il rapporto di fiducia poi sia così limpido, come abbiamo visto dopo l'inchiesta di .
Allora, se è una buona notizia l'assunzione di 245 unità di segretari comunali e provinciali, collega Mascaretti, però dobbiamo anche dirci che abbiamo 8.000 comuni in Italia, quindi non è una misura che modifica la situazione. Sicuramente aiuta ad affrontare il ricambio generazionale ma, insomma, non siamo di fronte a provvedimenti che “spostano” per gli enti locali.
Voglio concludere, Presidente, se mi consente, soffermandomi sulle misure che riguardano l'occupazione che sono contenute in questo decreto. Anche qui, manca un grande piano, lo abbiamo detto, per il lavoro, ci sono solo con finestre di 6 mesi che non sappiamo se verranno poi riproposte. Non c'è nessuna misura strutturale, il risultato sarà un caos informativo e amministrativo, che creerà solo altre diseguaglianze nella corsa a chi potrà partecipare ai . Le imprese, Presidente, faranno fatica a programmare gli investimenti e i lavoratori, soprattutto i giovani e le donne, i più colpiti dal mercato del lavoro attuale, dovranno barcamenarsi tra misure che oggi sono valide e domani non si sa.
Presidente, continuare a gestire le politiche della coesione, le politiche del PNRR e le politiche degli investimenti con questa logica solo di maggioranza e solo di Governo è una visione a breve: l'avete coltivata in vista delle elezioni europee, siete forse soddisfatti di un risultato elettorale che puntella l'azione di maggioranza, ma non potete non vedere, Presidente, come venga avanti nel Paese una sfiducia verso la capacità di questo Governo di affrontare e risolvere i problemi.
Ne è sintomo il vostro nervosismo, ne è sintomo il vostro silenzio nel momento in cui è stata approvata l'autonomia differenziata. La verità, Presidente, è che anche su questo provvedimento sulle politiche di coesione noi ci troviamo di fronte alla scena di una maggioranza che cerca di tenere stretto il suo patto di potere, in questo caso il protagonista è il collega Fitto, che anche oggi incassa un'altra cabina di regia e dà ai Ministeri, in cambio, altri , la possibilità di assumere altri collaboratori; questo patto di gestione è un patto di gestione, non ha nulla a che vedere con la coesione dell'Italia .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ylenja Lucaselli. Ne ha facoltà.
YLENJA LUCASELLI(FDI). Grazie, Presidente. Sino a prima dell'insediamento del Governo Meloni, quando si parlava del Sud, lo si faceva per frasi composte, come se fosse una litania da ripetere: bisogna aiutare il Sud, il Sud è importante, il Sud è la locomotiva d'Italia, ma, in realtà, nessun provvedimento, prima del Governo Meloni, prima che di questo si occupasse il Ministro Fitto, è stato varato, è stato fatto, affinché quelle bellissime parole diventassero realtà.
Ci sono voluti, invece, tutto il coraggio, la coerenza e la forza di un partito come Fratelli d'Italia, di un Premier come il Premier Meloni, di un Ministro come il Ministro Fitto, che invece sul Sud puntano, e lo fanno non attraverso la politica dell'assistenzialismo, ma attraverso politiche che possono creare crescita, che possono dare la possibilità al Sud di diventare regioni a grandissima competizione industriale e che danno la possibilità, finalmente, di spendere le risorse economiche che troppo spesso, invece, sono rimaste incagliate.
E credo che sia doveroso partire proprio dalla ZES unica, prima ancora di arrivare al merito del provvedimento, perché la costituzione, fortemente voluta dal Premier Meloni e dal Ministro Fitto, della ZES unica per il Sud è una vera e propria rivoluzione, che consentirà al Mezzogiorno, finalmente, di crescere e colmare il divario con il resto dell'Italia e con il resto dell'Europa. E che il lavoro svolto dal Governo Meloni sia stato un lavoro importante e condiviso è stato riconosciuto anche dalla Conferenza unificata, dalle regioni, dalle province e dai comuni guidati non da un sindaco di Fratelli d'Italia.
Tutti questi organismi si sono espressi favorevolmente, e non lo hanno fatto perché dovevano dare un via libera di , non lo hanno fatto perché quel voto e quella espressione di favore rispetto al provvedimento in esame fossero un favore scontato. In realtà, lo hanno fatto perché la riforma della politica di coesione portata avanti dal Ministro Fitto e dal Governo porta finalmente al centro del dibattito il Sud e la propria capacità di rinnovarsi e di crescere.
Parlavo prima dell'incapacità di spendere le risorse economiche perché in realtà gli accordi di coesione verranno siglati con le singole regioni. Accordi di coesione sono stati già siglati con tantissime regioni, ne sono stati già siglati 18, e, guarda caso, mancano, per esempio, la Campania e la Puglia, perché, in realtà, l'incapacità di spesa di alcuni presidenti di regione e di alcuni amministratori locali è il vero peso che le regioni del Sud hanno avuto sino a questo momento.
Quindi, proprio in quest'ottica, proprio nella necessità di dare finalmente una visione organica alla spesa per il Sud, il Ministro Fitto ha disegnato la ZES unica, così come il provvedimento di cui discutiamo, il decreto-legge Coesione, che deve però essere letto, visto e interpretato in combinato disposto con l'obiettivo della Riforma 1.9.1 del PNRR, che prevede l'intervento normativo per accelerare l'attuazione e incrementare l'efficienza della politica di coesione, e il cosiddetto decreto-legge Sud, che già aveva delle disposizioni in materia di coesione e rilancio del Mezzogiorno e che ha inciso, ora, su due capitoli rilevanti: il Fondo sviluppo e coesione e, appunto, la ZES unica.
Tutto questo cosa comporta? Comporta che, attraverso una metodologia condivisa fra Stato e regioni, si ridurranno gli sprechi, si ridurranno le sovrapposizioni di spesa e dei progetti, il tutto in una cornice che aumenta al 40 per cento, dal precedente 34 per cento, la soglia degli investimenti minimi ordinari al Sud, in una manovra complessiva da ben 75 miliardi, quota di cofinanziamento compresa, e introduce anche la possibilità dello stralcio per le amministrazioni inadempienti.
Quindi, questo è il punto dal quale bisogna partire quando si analizza il decreto-legge Coesione nel quadro più ampio dell'attività del Governo Meloni, che attraverso questo provvedimento conferma di voler dare un reale supporto al lavoro, a differenza del passato, che permetta di sprigionare le energie dei moltissimi italiani che vogliono lavorare.
E come lo fa questo provvedimento? Lo fa attraverso tre misure sostanziali: misure per attuare la riforma della politica di coesione, interventi per lo sviluppo e interventi per il lavoro, perché l'obiettivo di questo provvedimento è sostenere l'autoimpiego e promuovere l'occupazione di giovani e donne soprattutto nel Mezzogiorno, investire sulle competenze, anche per i lavoratori in esubero delle grandi aziende in crisi, valorizzare le opportunità della tecnologia, con nuove azioni sulla piattaforma SIISL.
La riforma prevede proprio questo, l'individuazione di interventi prioritari in una serie di settori strategici, condivisi con la Commissione europea, secondo un approccio orientato al risultato, con l'obiettivo di rafforzare il livello di efficacia e di impatto degli interventi.
I settori strategici che sono stati individuati riguardano le risorse idriche, le infrastrutture per il rischio idrogeologico e la protezione dell'ambiente, i rifiuti, i trasporti, la mobilità sostenibile, l'energia, il sostegno allo sviluppo e all'attrattività delle imprese.
La riforma delle politiche di coesione introduce misure volte a migliorare l'efficienza della spesa e aumentare la coerenza di impiego tra le varie fonti di finanziamento disponibile per addivenire a un quadro complessivo in cui tutte le risorse della coesione - sia quelle europee sia quelle nazionali, in combinato disposto con le risorse del PNRR - vengano utilizzate in maniera sinergica, velocizzandone e migliorandone l'attuazione ma, soprattutto, eliminando una bruttissima abitudine dei Governi precedenti al Governo Meloni: quella dello spreco, quella di considerare il Sud come una parte del Paese non produttiva, della quale si può parlare ma non ci si deve occupare. Ecco, questo paradigma è finalmente cambiato.
Il sostegno allo sviluppo competitivo del sistema produttivo nel Mezzogiorno è trasversale a più misure e concerne diversi fronti: dalla dotazione infrastrutturale, con la revisione della disciplina del Fondo perequativo, per esempio, che è specificatamente dedicato al Sud, al potenziamento dell'attività di ricerca e innovazione, fino al recupero di siti industriali nei comuni del Sud con popolazione superiore a 5.000 abitanti, attraverso il finanziamento di investimenti in fonti rinnovabili.
Altro tema importantissimo, affrontato da questo decreto-legge, è quello del lavoro che rappresenta, negli obiettivi del Governo, l'altro capitolo portante del provvedimento. Il decreto-legge introduce una serie di incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato e si occupa sostanzialmente di lavoro, mediante tre direttrici: l'occupazione, della quale ho appena detto, quindi incentivare l'avvio di progetti di auto-imprenditorialità nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno, proprio perché questo Governo crede che lo Stato debba restare accanto a coloro che vogliono investire in Italia, con le idee e le qualità che ci rendono famosi nel mondo; sostenere l'occupazione nelle ZES e, infine, favorire l'assunzione di giovani e donne.
Politiche attive e sostegno all'inclusione sociale e lavorativa rappresentano un altro obiettivo che si raggiunge attraverso questo provvedimento. La prevenzione e il contrasto del lavoro irregolare sono un altro tema sul quale il Governo Meloni ha puntato l'attenzione e la propria attività legislativa sin dai primissimi giorni di questa legislatura.
Ricordo che è solo grazie a questo Governo che è stato reintrodotto il reato di somministrazione illecita di manodopera, che era stato cancellato dal Governo Renzi nel 2016 e che aveva portato a un aumento di queste fattispecie di reato del 39 per cento.
È proprio in quest'ottica e su questo solco - volendo il più possibile regolarizzare il lavoro, evitare le irregolarità, garantire i diritti dei lavoratori e premiare le aziende che si dimostrano virtuose nel rapporto con i propri dipendenti e nel rapporto con lo Stato - che sono stati inquadrati una serie di provvedimenti anche in questo testo.
Abbiamo un giovani, il donne: la misura, in particolare, riconosce l'esonero, per un periodo massimo di 24 mesi, del 100 per cento, dal versamento dei contributi previdenziali, dovuti dal datore di lavoro privato, nel limite dei 650 euro su base mensile, per ciascuna dipendente donna assunta a tempo indeterminato: donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; donne di qualsiasi età prive di un impiego retribuito da 24 mesi, anche se residenti in regioni diverse da quelle specificatamente indicate all'interno del testo.
Insomma, un provvedimento che si occupa a 360 gradi di garantire il lavoro, di facilitare l'accesso al lavoro e, contemporaneamente, di proteggere donne e giovani che, nel mondo del lavoro, molto spesso, hanno più difficoltà di altri a inserirsi.
Un altro punto fondamentale di questo provvedimento è rappresentato dalle infrastrutture, perché - come è scritto nero su bianco - è previsto che almeno il 40 per cento delle risorse venga riservato al Sud e alle infrastrutture del Sud. Non mancano gli interventi per le scuole e per gli istituti tecnici, nonché per diffondere la cultura della legalità e un sistema di controlli integrato, cioè per mettere a disposizione dello Stato le amplissime conoscenze tecnologiche di cui siamo dotati oggi.
Insomma, Presidente, un provvedimento che mette il Sud al centro dello sviluppo dell'Italia e dell'Europa; un provvedimento attraverso il quale, ancora una volta, il Governo Meloni dà un segnale forte: basta agli sprechi; basta all'assistenzialismo. Ora, facciamo le cose serie .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Filiberto Zaratti. Ne ha facoltà.
FILIBERTO ZARATTI(AVS). Grazie, signor Presidente. Colleghe e colleghi, signor rappresentante del Governo, penso sia arrivato il momento - per la maggioranza e il Governo stesso - di chiarire quello che intendono fare. Lo possono fare davanti al Parlamento ma, soprattutto, davanti al Paese, perché siamo, di fatto, davanti a un paradosso: parlare di conversione del decreto di coesione, ove c'è un evidente accentramento di potere, a ridosso dell'entrata in vigore della legge sull'autonomia differenziata, è una vera e propria beffa.
C'è una schizofrenia legislativa nel nostro Paese, perché, da un lato, andiamo avanti verso politiche di accentramento nazionale e, dall'altro, continuiamo imperterriti sulla strada della “super autonomia differenziata”. Questi due aspetti non sono conciliabili o, quantomeno, non abbiamo di fronte un disegno unitario che ci spieghi bene cosa accadrà con riferimento alle varie funzioni e ai vari livelli dello Stato, con la sovrapposizione di strumenti, molto diversi tra loro, che, spesso, sono inconciliabili. Qui, si fa tutto a giorni alterni, in funzione del provvedimento di turno, di fronte a un Paese sempre più povero, sempre più diviso, sempre più bisognoso e sempre più in emergenza economica e climatica.
In questo momento, come sapete, in Sicilia, in particolare, ma anche nel nord della Sardegna, registriamo situazioni gravissime: nell'ultimo anno è piovuto meno e quando piove, purtroppo, avvengono disastri, come quelli ai quali assistiamo in queste ore in Val d'Aosta e nel Piemonte. Ha piovuto meno rispetto alla media degli anni precedenti: addirittura, ci sono valori inferiori a quelli del 2002 e del 2003, anni di grande siccità.
Oggi, 93 comuni del Paese - quel Paese che ha ospitato recentemente il G7 - vedono interrotta la somministrazione di acqua potabile e, rispetto a danni che sono stati stimati fra 1 e 2 miliardi, avete stanziato appena 20 milioni: 20 milioni per dare acqua alle persone che non ce l'hanno, di fronte ai rubinetti secchi delle case dei nostri concittadini e delle nostre concittadine. Stanziare appena 20 milioni è come cercare di curare una grave malattia, un tumore, con un'aspirina: troppo poco, davanti alla catastrofe ambientale che abbiamo di fronte.
Distratti dalla farsa in Europa, state compiendo l'ennesimo atto di riaccentramento della politica di coesione, utilizzando il metodo PNRR. Coesione e PNRR ora avranno due sistemi di centralista. Sistema adottato con l'approvazione del decreto PNRR, che ha abolito l'Agenzia per la coesione territoriale. Metodo poi utilizzato con il decreto Sud, che ha riformato il Fondo per lo sviluppo e la coesione e le Zone economiche speciali.
C'è un filo rosso che lega la sequenza di questi provvedimenti: è un riaccentramento della , che è un azzardo, perché riaccentramento di per sé non è garanzia di maggiore efficienza ed efficacia. Così si rischia una bulimia amministrativa in capo al Governo, che frantuma il principio di leale collaborazione fra Stato, regioni ed enti locali; principio che resta cruciale nell'attuazione degli interventi di politica sociale. Ricordiamo che la politica di coesione dell'Unione europea è una delle leve fondamentali per ridurre le disuguaglianze economiche e promuovere lo sviluppo nelle aree meno avanzate, che nasce dall'idea molto precisa di superare i divari fra le regioni.
Quello che noi osserviamo, da un anno a questa parte, è una cascata di iniziative, dove il comune denominatore è solo una forte spinta all'accentramento, una riduzione del coinvolgimento dei territori, ma, soprattutto, l'ostinata caparbietà, da parte del Governo, di riallocare risorse che, secondo la programmazione europea, come per esempio il Fondo per lo sviluppo e la coesione, sono destinate alle regioni; lo sono, tra l'altro, con una precisa percentuale, perché il 70 per cento di circa 70 miliardi del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027 deve andare necessariamente al Sud. Così, invece, decide il Governo, in base alle convenienze politiche, se favorire un investimento in una regione o in un'altra. Così si rischia di passare da una repubblica parlamentare al sultanato.
Come si può armonizzare questa struttura che state costruendo con l'autonomia differenziata? È un mistero irrisolto, sul quale ostinatamente vi rifiutate di interloquire; eppure la contraddizione è evidente, è nei fatti. Basti pensare a ciò che è successo con la ZES unica del Mezzogiorno, un provvedimento che era stato salutato dalla maggioranza come la soluzione di tutti i mali, lo strumento per promuovere finalmente lo sviluppo del Sud e attirare gli investitori privati. Questa fantastica zona economica speciale del Mezzogiorno, approvata con decreto-legge, ancora oggi è solo una sigla, un acronimo, perché nel provvedimento in esame è previsto che, entro 60 giorni dall'approvazione, dovrà essere emanato un decreto attuativo del Piano strategico della zona economica speciale unica del Mezzogiorno.
Se siamo ancora all'approvazione di un piano strategico, figuriamoci quando arriveranno gli interventi. Intanto si boccheggia, si sopravvive, ma questo non crea coesione sociale. Sarebbe stato opportuno, anche a livello di cabina di regia, un coinvolgimento maggiore - oggi inesistente - dei corpi intermedi, dell'associazionismo e del Terzo settore, soggetti capaci di dare una spinta nell'attività di co-progettazione, di co-programmazione degli interventi previsti dalle norme, soprattutto negli ambiti che sono loro maggiormente propri, relativamente agli interventi legati alle politiche sociali, alle politiche di inclusione e di integrazione.
Fortunatamente, grazie agli emendamenti dell'opposizione, al Senato abbiamo recuperato della la partecipazione dei comuni e delle autonomie locali. Avete, però, lasciato fuori le parti sociali, che sono fondamentali per affrontare il problema, sia del governo dei processi di trasformazione sia degli indirizzi di politica industriale, economica e ambientale. Se riteniamo che il Mezzogiorno sia debole dal punto di vista dell'amministrazione pubblica e che manchino figure importanti, pensiamo che questi problemi si risolvano con i o con la decontribuzione oppure con un investimento serio in quella direzione? Se pensiamo che sia necessario sviluppare una filiera piuttosto che un'altra, occorre fare scelte e dare indirizzi. Questo non c'è nel blindato decreto-legge in discussione. Un Paese che è diseguale non cresce e, se non cresce, la sua competitività, e anche la sua credibilità a livello internazionale e nazionale, vengono meno. Poi vi chiedete perché gli altri europei mettono in cantuccio la nostra Premier.
Poi provate, con l'accentramento delle politiche presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, a compensare l'apparente contraddizione, con la legge sull'autonomia differenziata, che dovrebbe portare l'attribuzione di forme ulteriori di autonomia alle regioni che ne fanno richiesta. Apparente contraddizione, perché in realtà il disegno politico del Governo emerge chiaramente: l'autonomia differenziata per le regioni ricche del Nord, che avranno la possibilità di trattenere le risorse, indebolendo la coesione e la solidarietà nazionale; la più spietata centralizzazione nei confronti delle regioni del Mezzogiorno, con la centralizzazione della gestione della programmazione delle risorse europee e nazionali; ancora, lo smantellamento delle otto zone economiche speciali centralizzate, unificate ancora una volta in capo allo Stato centrale, sulla base di un pregiudizio implicito nei confronti della classe dirigente del Mezzogiorno, che di fatto viene spogliata completamente di poteri, di prerogative, di capacità di incidere e di co-determinare le politiche di sviluppo. Un pregiudizio negativo nei confronti degli amministratori locali e degli amministratori regionali, e la centralizzazione di tutte queste politiche in nome - questo sì - di un modello istituzionale differenziato, discriminatorio.
L'articolato di questo decreto-legge stabilisce che, anche per le politiche di coesione, il percorso è, appunto, quello dell'accentramento delle competenze e degli ambiti dei poteri decisionali del Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud, della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le conseguenze sono lo svuotamento, il mancato coinvolgimento, l'espunzione vera e propria delle regioni e degli enti locali dal sistema di governo e il rifiuto, il rigetto nei confronti di qualunque ipotesi di monitoraggio parlamentare.
Il ruolo che il decreto-legge in esame affida alla cabina di regia e i poteri affidati al dibattimento, di fatto, abbattono e ridimensionano i principi di partecipazione, di multilateralità e la multilivello, che era l'essenza delle politiche di coesione, per come sono state introdotte e implementate nel Paese. Invece di proporre concorsi pubblici - che dovrebbero essere la via maestra per il reclutamento, nella pubblica amministrazione, di quelle competenze, di quelle alte professionalità che servono per quel salto di qualità che, a parole, viene invocato come una delle ragioni fondative di questo provvedimento - la scelta è quella di assunzioni di carattere precario, di basso livello professionale e retributivo, quando, invece, sarebbe necessaria un'operazione radicalmente diversa.
Riteniamo molto discutibile la procedura di reclutamento fatta con la compilazione di un modello e un colloquio conoscitivo e, in caso di assenza di candidature o di candidature ritenute idonee, la possibilità di individuare collaboratori tramite selezione diretta. Addio a qualunque forma pubblica di reclutamento e vai con il reclutamento diretto, evidentemente su basi assolutamente discrezionali.
Si finisce con la farsa - perché questo è l'unico termine che si può utilizzare - del Fondo perequativo infrastrutturale, che è stato introdotto negli anni passati come parte attuativa della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Peccato che questo Fondo avesse 4,6 miliardi di dotazione nella versione iniziale e che siano rimasti 700 milioni, ovvero 100 milioni l'anno dal 2027 al 2033. Si può anche ridenominarlo Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno, destinando al Mezzogiorno il 100 per cento di queste risorse (e non l'80 per cento, come nella versione precedente), ma il 100 per cento di 700 milioni è comunque enormemente di meno dell'80 per cento di 4,6 miliardi. Questo noi lo denunciamo con forza, in questa sede. Questa è l'ennesima beffa ai danni del Mezzogiorno. Questo rende ancora più chiara la vostra intenzione di spaccare l'Italia con l'autonomia differenziata, ma noi non ve lo permetteremo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Barabotti. Ne ha facoltà.
ANDREA BARABOTTI(LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, nell'ottobre scorso, 2023, il Parlamento ha dato via libera alla conversione del “decreto Sud”, con cui abbiamo riformato profondamente il meccanismo delle zone economiche speciali, andando a costituire la ZES unica del Sud e riformando alcuni strumenti fondamentali per la messa a terra delle politiche di coesione. In quell'occasione, abbiamo sostituito i vecchi piani per lo sviluppo e la coesione che, negli anni, hanno prodotto una proliferazione incontrollata di progetti non strategici e, soprattutto, un ridicolo avanzamento della spesa. Abbiamo riformato i contratti istituzionali di sviluppo, li abbiamo riportati alla loro iniziale vocazione, superando la grande frammentazione e la grande inconcludenza dovuta al lassismo dei Governi precedenti, che hanno sottovalutato un problema.
Chiedo scusa per la digressione, Presidente, ma un passo indietro è doveroso, perché sbaglia chi in quest'Aula, anche oggi, fra le opposizioni vuole considerare questo decreto al di fuori della strategia complessiva che il Governo sta perseguendo in materia di politiche di sviluppo e coesione.
L'invito alle opposizioni è di guardare la luna e non soffermarsi sul dito. Non possiamo lasciare tutto così com'è.
Quindi, impieghiamo qualche minuto per riepilogare alcuni dati sintetici, ma assolutamente chiari, che riguardano le politiche di sviluppo e coesione nel nostro Paese. Tali dati sono contenuti in tutti i rapporti a disposizione di tutti i parlamentari. L'Italia riesce a spendere solo una minima parte delle risorse della programmazione. Si consideri che, nel febbraio 2023, alla scadenza del ciclo di programmazione che ci stiamo lasciando alle spalle, l'avanzamento della spesa era del 13,2 per cento, circa 6 miliardi e mezzo su un totale di risorse programmate di oltre 50 miliardi. A questo si aggiunga che il nostro Paese, spesso incapace di spendere tempestivamente le risorse europee, perde una buona parte di questi fondi a causa del meccanismo del disimpegno. A questa seconda evidenza, se ne aggiunge una terza, forse ancora più preoccupante: i dati ci raccontano - lo fanno i dati e non la Lega - che gli investimenti realizzati e gli sforzi profusi per i territori del Mezzogiorno e per le aree svantaggiate non producono gli effetti positivi attesi a livello macroeconomico. Anzi, nonostante gli sforzi, il PIL e la produttività non crescono in queste aree del Paese e le aree più beneficiate dalle politiche per lo sviluppo e la coesione negli anni passati paradossalmente arretrano, anziché avanzare.
L'Italia è il Paese che, più di ogni altro in Europa, è intrappolato nella cosiddetta “trappola dello sviluppo”. Nel nostro Paese, la dinamica di sviluppo e convergenza ha progressivamente subito una battuta d'arresto. Nelle regioni del Sud Italia, dopo la fase legata al finanziamento degli investimenti primari, rispetto a quelli legati alle infrastrutture di base, non si sono attivati quegli investimenti e quelle condizioni abilitanti allo sviluppo complessivo, come la formazione altamente qualificata, l'innovazione e il miglioramento della qualità dei servizi e delle amministrazioni locali. Questo - rispondendo a chi mi ha preceduto che ci ha contestato di voler dividere l'Italia - è avvenuto in un contesto dove l'autonomia differenziata era solo sulla Costituzione e ancora non applicata.
Alla luce di queste evidenze, all'alba di un nuovo ciclo importantissimo di programmazione, saremmo stati una classe politica vigliacca se non avessimo raccolto la sfida di dare al nostro Paese un sistema più moderno, più efficace, più trasparente e dinamico per implementare le politiche per il Mezzogiorno e per le aree svantaggiate. Una sfida che serve tanto alla crescita del Sud, quanto alla forza e alla crescita del Nord Italia e del Centro, perché se Atene piange, Sparta non ride.
L'Istat, nel suo Rapporto “La politica di coesione e il Mezzogiorno”, ha certificato come il nostro sistema Paese si stia distinguendo per un processo di progressivo allontanamento dal dato medio europeo di crescita. Nel 2000 erano ben 10 le regioni italiane che stavano nella 50 per PIL in Europa: in quella classifica, compariva, nelle prime 50 regioni d'Europa, anche la mia Toscana, che oggi addirittura è al novantanovesimo posto, avendo perso 40 posizioni in graduatoria. Nel 2021 fra le prime 50 ci sono soltanto altre quattro regioni italiane, mentre, fra le ultime 50, dove eravamo assenti fino agli anni Duemila, oggi compaiono quattro regioni italiane: la Puglia, la Campania, la Sicilia e la Calabria. In altre parole, le regioni più avanzate in termini di reddito hanno visto un progressivo allontanamento dalle regioni più ricche a livello europeo, registrando tassi di crescita medi annui fra i più bassi, così da perdere ricchezza, benessere, ma anche quella capacità di traino che hanno sempre esercitato nei confronti di tutto il Paese.
Ecco che il “decreto Sud” prima - come abbiamo detto - e l'autonomia differenziata poi, insieme al “decreto Coesione” che stiamo discutendo oggi, vanno a comporre una cornice coraggiosa di scelte strategiche che mettono al centro della nostra azione politica parole chiave come efficacia, efficienza, responsabilità e merito, per fare dell'Italia un Paese più forte e unito.
I fondi europei per la coesione, per il ciclo di programmazione che abbiamo davanti, ammontano a circa 43 miliardi di euro. Si tratta di risorse comunitarie assegnate per lo più, almeno per il 70 per cento, al Sud Italia. Tuttavia, nell'ambito delle politiche di coesione, un ruolo chiave è svolto sicuramente delle risorse nazionali che, assommate fra loro, raggiungono quasi quota 100 miliardi. In tutto stiamo parlando di 142 miliardi di euro che noi vogliamo spendere e che vogliamo spendere bene per risollevare l'Italia.
Per questo, con il decreto in discussione, andiamo a rafforzare e rimodulare il ruolo della cabina di regia istituita fra Stato, regioni e province autonome, ma andiamo anche a definire obiettivi fondamentali e priorità per massimizzare gli interventi in settori strategici, quali la gestione delle risorse idriche, la realizzazione degli interventi per far fronte al dissesto idrogeologico, la gestione del ciclo dei rifiuti, i trasporti, la mobilità, l'energia e il sostegno alle imprese.
A chi, della minoranza, critica queste scelte chiedo: è accettabile che ancora oggi paghiamo per vedere portare i nostri rifiuti all'estero? È accettabile che l'Italia continui a essere incapace di chiudere il proprio ciclo dei rifiuti? È normale che, dal punto di vista della risorsa idrica, il nostro Paese abbia la maggior percentuale di perdite di un bene fondamentale come l'acqua? È normale o no, essendoci lasciati alle spalle la crisi energetica più pericolosa di sempre, intervenire con decisione sul nostro approvvigionamento energetico? Investire in queste aree non è di destra o di sinistra: ci permetterà di rispettare le cosiddette condizioni abilitanti del regolamento europeo sulla politica di coesione, ma anche di garantire uno sviluppo sostenibile e inclusivo per tutti.
Sempre guardando alle novità che incidono sulla cornice delle politiche di coesione, un altro aspetto qualificante di questo provvedimento riguarda la norma che recepisce i contenuti di un emendamento - il cui primo firmatario era la collega Comaroli - che la Lega aveva già presentato al decreto PNRR. Si introduce, infatti, un meccanismo di premialità per le regioni che si dimostreranno particolarmente virtuose per raggiungere alti livelli di efficienza e di efficacia della spesa. Queste avranno accesso a un beneficio di grande valore: infatti, la quota di finanziamento a carico delle regioni per questi progetti potrà essere coperta da risorse nazionali e questo meccanismo premiante consentirà alle regioni italiane - visto che abbiamo parlato tanto di approccio centralista, che è stato condannato dalla minoranza in quest'Aula - di liberare risorse che potranno essere spese per altre finalità. Penso, ad esempio, all'implementazione di servizi sanitari oltre i livelli essenziali di assistenza.
Con questo decreto - l'abbiamo detto - diamo concretezza ad una visione strategica che consegnerà agli italiani un'Italia più forte e coesa nel suo complesso. Se, da un lato, abbiamo sostenuto - è vero - l'istituzione di una ZES unica del Mezzogiorno, anche il resto del Paese, dall'altro, presenta esigenze specifiche di cui vogliamo farci carico. Penso, ad esempio, all'articolo 13, che introduce un credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali da parte delle imprese già esistenti o di quelle che si insedieranno presso le zone logistiche semplificate. Fra la Toscana e la Liguria, ad esempio, sta vedendo la luce una zona logistica semplificata grazie a questo Governo e, grazie agli emendamenti presentati dalla Lega, in sede di conversione al Senato - prima firmataria la senatrice Pucciarelli - queste imprese potranno godere di contributi economici fino a un massimo di 80 milioni. Ancora. Con queste norme disponiamo l'incremento del Fondo di sostegno ai comuni marginali per la realizzazione di interventi di sostegno alle attività economiche finalizzate a contrastare la deindustrializzazione.
Un'altra tematica di grande importanza trattata in questo decreto riguarda il mercato del lavoro. Mentre la sinistra parla di un Paese spaccato, dilaniato e debole, mentre provano a minare alla base la reputazione della nostra Nazione, i dati pubblicati a inizio maggio dall'Istat sono destinati a dare l'ennesima delusione a questi gufi. Due numeri su tutti balzano agli occhi e sgombrano il campo dalle strumentalizzazioni: in Italia diminuisce il lavoro precario e aumenta quello stabile. Rispetto a marzo del 2023, ci sono 180.000 contratti a tempo determinato in meno e ci sono 559.000 contratti stabili in più. Le persone con un impiego sono arrivate a quota 23,8 milioni, con un tasso di occupazione del 62 per cento: una percentuale che non solo non è stata raggiunta prima, ma consente finalmente all'Italia di accorciare la distanza storica con il resto dell'Europa, dove gli occupati sono in media oltre il 70 per cento. Per avere un'idea, negli anni in cui governava il centrosinistra con Renzi e poi con Gentiloni, tra il 2015 e il 2017, la percentuale oscillava tra il 55 e il 57 per cento.
Mentre l'occupazione sale, la disoccupazione scende, anche qui con risultati sorprendenti. Nel 2015, quando il Partito Democratico occupava Palazzo Chigi senza essere stato eletto dagli italiani, la disoccupazione era al 13 per cento. A marzo di quest'anno il valore è sceso al 7,2 per cento: la metà.
Questo decreto oggi potenzia ulteriormente le politiche a favore dell'occupazione. Pensiamo alla misura denominata Autoimpiego Centro-Nord Italia, finalizzata a sostenere l'avvio di attività imprenditoriali e libero-professionali per i giovani di età inferiore ai 35 anni e alla misura Resto al Sud 2.0, finalizzata a sostenere l'avvio di attività imprenditoriali e libero professionali nel Mezzogiorno d'Italia. Per tali misure il Governo metterà a disposizione oltre 800 milioni di euro.
Permettetemi poi un approfondimento sul tema dell'occupazione femminile. Nonostante il nostro Paese sia la settima economia mondiale, si trova, purtroppo, al settantanovesimo posto nella classifica sul del World Economic Forum del 2023. Alcuni dati lasciano senza parole: un terzo delle donne in Italia non possiede un conto corrente e, quindi, non ha un vero e proprio potere economico. Il 14,5 per cento delle donne ha un lavoro a tempo determinato contro l'11,7 per cento dei colleghi uomini. Addirittura il 31 per cento delle donne ha un contratto , la percentuale crolla al 9 per cento rispetto ai colleghi maschi. Una lavoratrice su quattro risulta sovraistruita rispetto al proprio impiego.
Ora, queste sono dinamiche, sono risultati, sono numeri di cui abbiamo preso atto e che l'Italia si trascina da tempo. Abbiamo spesso sentito ripetere in quest'Aula da esponenti delle opposizioni che il primo Governo guidato da una donna non si sarebbe occupato delle donne, ma i numeri delle realtà, per fortuna, ci dicono qualcosa di diverso. Tanto c'è ancora da fare ma, evidentemente, qualcosa stiamo facendo e lo certificano i numeri, quelli dell'Ufficio parlamentare di bilancio, relativamente ai soldi veri che con la decontribuzione sono andati nelle buste paga delle mamme lavoratrici italiane. La misura avrà un impatto positivo su 811.000 mamme lavoratrici con un beneficio effettivo che si attesta intorno ai 150 euro mensili.
Ora, con questo decreto faremo un ulteriore passo avanti, perché l'articolo 23 riconosce un esonero contributivo, con un tetto massimo di 650 euro al mese per 24 mesi, ai datori di lavoro che assumeranno a tempo indeterminato delle madri lavoratrici dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025: donne ovunque residenti, senza un impiego regolarmente retribuito da due anni, in generale, o donne senza un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi nelle regioni del Sud Italia e nelle isole. In totale questo decreto stanzia oltre 2,8 miliardi per l'occupazione.
Ebbene sì, per l'occupazione: non certo l'occupazione delle case e, attenzione, mi rivolgo ai colleghi deputati di Alleanza Verdi e Sinistra, e nemmeno l'occupazione dei divani, rivolgendomi ai colleghi del MoVimento 5 Stelle. Parliamo di occupazione da lavoro per tanti nostri giovani, che vedono oggi delle prospettive anche nel Sud Italia, come ha certificato lo Svimez pochi giorni fa.
Concludo, signor Presidente, facendo mie le parole del Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti: il rilancio del nostro Paese non passa dal modello “LSD” e cioè lassismo, sussidi e debito, quello che ha costretto all'allucinazione il nostro Paese. Il nostro modello, il modello attraverso cui passa il rilancio del nostro Paese, passa attraverso tre parole chiave, che sono lungimiranza, responsabilità e lavoro. Parole chiave che i nostri nonni ci hanno tramandato e che ben definiscono, nei contenuti e negli obiettivi, il decreto-legge che quest'Aula si appresta a convertire.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Francesco Silvestri. Ne ha facoltà.
FRANCESCO SILVESTRI(M5S). Grazie della facoltà, Presidente, però devo essere sincero: mi auguro che nei prossimi mesi, da un punto di vista regolamentare, si rivedrà anche la modalità della discussione generale. Infatti, credo che l'immagine di ogni lunedì di un'Aula vuota - e non mi riferisco solo a questo provvedimento - non contribuisca a dare alle istituzioni quella credibilità di cui un po' tutti quanti abbiamo bisogno.
Parto proprio da questo, parto proprio dal contesto politico in cui si è sviluppato il decreto Coesione. Oggi, in discussione generale, si parla di cosa? Fondamentalmente, stiamo parlando di un decreto che è stato approvato mercoledì al Senato, incardinato mercoledì sera qui alla Camera e rispetto al quale giovedì è stato conferito il mandato al relatore. Di cosa devo discutere? Di cosa dobbiamo dibattere se fondamentalmente la Commissione non ha avuto il tempo di dare un contributo? In che modo io posso dare un contributo rispetto a chi non ha avuto la possibilità di farlo in Commissione?
Questo è un po' il destino del prossimo mese e mezzo. Gli 11 decreti che arriveranno, ovviamente, saranno tutti un po' così: una Camera approva e manda all'altra Camera il decreto che, in fretta e furia, dovrà essere approvato, con gli uffici che cambieranno nome ai testi: “Camera-Senato”, “Senato-Camera”. Questa sarà la grande democrazia italiana, dove il Parlamento sostanzialmente è relegato a un ruolo di timbratura dei decreti: arriva qui, si pone la fiducia, zero dibattito e zero tutto.
In tal senso, non c'è stata nemmeno - come al Senato - la possibilità di dare i contributi che volevamo. Infatti, vedete, non riesco bene a capire come si possa approvare qui un testo come quello dell'autonomia differenziata - che non ha altro scopo e non avrà altro effetto, se non quello di lasciare le regioni più sole e, quindi, i cittadini più soli con i loro problemi - e poi parlare di coesione. Sono due concetti assolutamente opposti: “autonomia differenziata”, “coesione”.
Ora, il punto è anche questo: noi abbiamo cercato di dare dei contributi proprio in tal senso. Parliamo della messa in sicurezza delle reti viarie, della transizione digitale dei territori, dell'efficientamento energetico delle nostre infrastrutture scolastiche che cadono a pezzi da Nord a Sud; 600 milioni per le aree interne e montane del Centro Nord, lì c'è bisogno di coesione. Eppure, non c'è stato nemmeno il dibattito, non abbiamo capito nemmeno perché certe proposte non sono state poi recepite. Non viene ripristinata la dotazione originaria del Fondo perequativo per il Mezzogiorno.
La situazione in Italia è del tutto diversa da quello che gli esponenti della maggioranza hanno rappresentato in questi interventi solitari su questo decreto. Parlo dello stato attuale del Paese, dove avanzano le disuguaglianze, aumenta l'astensionismo e la sfiducia nella politica, cresce l'indebitamento delle famiglie, cresce l'usura. Faccio un esercizio molto semplice: visto che qui ci sono una serie di analisi che dicono “finalmente arriva il Governo Meloni, quindi migliora tutto”, poi basta andare su Google - che a questo punto mi sembra di capire che abbia una capacità realistica maggiore di chi è intervenuto - e scrivere, ad esempio, la parola “usura”, poi mettere “notizie” e vedere cosa esce. Questo è un esercizio che possono fare tutti a casa.
Leggo: , “Caro-vita, cresce l'indebitamento delle famiglie. Aumenta rischio usura”; “Sovraindebitamento e usura: Roma, aumenta la richiesta di aiuto da parte delle famiglie”; , “Usura, l'impennata di casi nel Sud. «Pronti ad aiutare chi denuncia»”; , “Roma capitale dell'usura: da giugno più 30 per cento di casi. Allarme per i microdebiti”; “Anche bar e ristoranti sempre più strangolati dall'usura”; , “Usura, cresce il rischio in Italia. La classifica delle città più indebitate”; , “Famiglie italiane indebitate e a rischio usura”.
È un bollettino di guerra. Quindi, come si fa? Dopo l'approvazione di un disegno di legge, che ha visto, ad esempio, il Ministro Tajani fare un'intervista dove dice “non possiamo fare una legge come quella dell'autonomia differenziata che danneggia il Sud, produrremo un ordine del giorno”: quella frase non me la scordo più, per un Vicepremier che parla di ordini del giorno per un provvedimento dove ammette che il Sud verrà danneggiato.
Con la situazione del sovraindebitamento, con quello che è successo con i mutui, questo Governo ha sostanzialmente evitato di fare una battaglia alle banche per gli utili che hanno fatto e per un concetto di redistribuzione nell'ambito delle famiglie, perché chi ha avuto un mutuo a tasso variabile ha avuto un aumento della rata del 60-70 per cento. Invece la risposta è stata “ma quello era un tasso variabile, si sa che può aumentare”, ma nessuna famiglia può sopportare, nella propria economia, un aumento del 60-70 per cento.
Quindi il punto è questo, e vado a conclusione perché credo che il dibattito nel merito del provvedimento sia assolutamente inutile, laddove il dibattito in Commissione è durato nulla e non vi è stato, perché un dibattito prevede una persona che parla e l'altro che risponde. Qui ci sono le opposizioni che parlano e nessuno che risponde, e questo sta succedendo in tutti i provvedimenti, compreso quello dell'autonomia differenziata.
Credo che il termine “coesione” sia del tutto improprio, credo che la fotografia del Paese debba far mettere da parte gli elementi di propaganda elettorale in un senso o nell'altro, credo che questo Paese, per avere coesione vera, debba avere un progetto industriale di riconversione, perché noi stiamo perdendo tutta la parte industriale, non abbiamo più aziende e c'è una situazione che prevede un piano industriale completamente innovativo rispetto a quello che c'è stato.
Credo che per parlare di coesione si debba parlare di sovraindebitamento delle famiglie, di comunità che sono lontane dai centri, di una serie di proposte sul miglioramento delle infrastrutture scolastiche, proprio come avevamo detto noi, perché lì e il nostro futuro, e, quando mandi il tuo futuro in una scuola fatiscente, vuol dire che non c'è attenzione da parte dello Stato nella sua programmazione. Credo che, per parlare di coesione, si debba parlare di salario minimo, si debba parlare di sanità, e in questo provvedimento non c'è nulla.
C'è la parola coesione, ma non ci sono gli elementi che compongono la coesione. Quindi, è del tutto sbagliato continuare ad andare in una direzione dove si si pensa che il futuro di questo Paese è in mano ai nomi che noi mettiamo sui decreti. La cosa importante non è come chiamiamo questi decreti, ma quello che c'è dentro, come lo mettiamo a terra e in che modo, che è lo stesso problema anche del discorso del PNRR. Chiudo il dibattito, dicendo che questo Paese - come ho già detto - non ha bisogno di titoloni, di decreti, ma ha bisogno di una buona politica, che abbia contezza della fotografia attuale del Paese, che smetta di pensare che sta andando tutto bene e che esca da questo palazzo, entri nelle periferie delle città, entri nei posti più difficili, si renda conto, ascolti, dibatta veramente, non in Aule vuote o in Commissioni dove la maggioranza non sa cosa dire, e cerchi di rendere questo Parlamento un posto dove si fa politica e dove si dà un contributo con gli elementi che poi compongono la democrazia.
C'è una maggioranza che decide, c'è un'opposizione che fa proposte, è tutto molto semplice e mi auguro che prima o poi si arrivi a questo livello di maturità.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, il deputato Andrea Mascaretti: si riserva.
Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo.
MATILDE SIRACUSANO,. Grazie, Presidente, anche per far cambiare idea all'onorevole Silvestri. In questo caso, come in altri, l'opposizione parla e il Governo risponde, perché è giusto che lo faccia. Ho ascoltato tutti gli interventi con molto interesse, ho condiviso gli interventi del relatore Mascaretti, dell'onorevole Lucaselli e dell'onorevole Barabotti, ho ascoltato le critiche mosse dall'opposizione al Governo e le ritengo fisiologiche, cioè proprie dell'attività dell'opposizione, però mi preme ricordare all'opposizione alcune questioni consolidate all'insediamento di questo Governo.
La prima è che vi erano scarsissime possibilità di rimodulare il PNRR, e questo avrebbe comportato per l'Italia giganteschi problemi, perché l'Italia ha scelto di ottenere dall'Europa copiose risorse per superare la crisi -pandemica e vi erano scarsissime possibilità di poter spendere queste risorse in tempi ragionevoli, e questo, ripeto, avrebbe comportato per l'Italia un problema gigantesco. Un'altra questione consolidata, che non è stata menzionata anche dagli interventi di opposizione, però è stata riconosciuta dall'opinione pubblica e nel dibattito parlamentare da tutte le forze politiche che in passato sono intervenute più spesso per constatare un problema gigantesco relativo alla lentezza e all'inefficacia della spesa dei fondi comunitari.
Pochi risultati apprezzabili sono stati constatati in questi anni in termini di convergenza o di sviluppo delle regioni del Mezzogiorno, e quindi al Governo va ascritto il merito di avere impresso un'accelerazione decisiva in termini di riforma sul PNRR, rimodulandolo, e di avere ottenuto, nell'ambito della rimodulazione del PNRR, la riforma della politica di coesione. Oltretutto, aggiungo che il Governo è riuscito a rendere le risorse del PNRR complementari e non sovrapposte alle altre fonti di finanziamento europee, e in questo ha addirittura preceduto la Commissione europea, che ha dato successivamente all'azione posta in essere dal Governo questo tipo di indicazione.
Inoltre, chi trascura la storia della spesa dei fondi comunitari può disconoscere la circostanza per la quale molto spesso, in passato, le regioni hanno scelto di spendere le risorse, e quindi di rendicontarle, in ogni caso non per progetti che effettivamente erano orientati allo sviluppo, ma per progetti che sviluppo non ne comportavano alcuno. Quindi, apprezzeranno tutti, anche i gruppi di opposizione, che in questo ambito, in questo decreto è stata fatta una scelta strategica, cioè di privilegiare gli interventi su ambiti effettivamente strategici che rendono efficace la spesa e che hanno lo scopo di superare quei divari tra le regioni del Mezzogiorno e le regioni del Nord.
Sono gli ambiti relativi al dissesto idrogeologico, al ciclo dei rifiuti, all'idrico, all'energia, al sistema delle imprese. Ho sentito, anche in questa circostanza, diverse critiche sulla , su questa volontà del Governo di accentrare. Era la stessa critica che avevo sentito in precedenza, in quest'Aula, in riferimento alla riforma del Fondo di sviluppo e coesione e anche al PNRR. Queste scelte sono state fatte ascoltando le regioni.
Per la riforma della politica di coesione, il gruppo di lavoro si è riunito ben 5 volte, ha recepito tutte le indicazioni delle regioni e le stesse critiche che venivano fatte in quest'Aula sul Fondo di sviluppo e coesione sono state annullate dalla sottoscrizione degli accordi di coesione, in cui si evince chiaramente che i protagonisti assoluti sono proprio gli enti locali. I protagonisti assoluti sono state le regioni, per chi ha seguito tutto il procedimento che ha portato alla sottoscrizione degli accordi di coesione.
Sono state criticate anche le regole rigide imposte. In questo caso come in altri casi, si tratta di regole che servono a responsabilizzare i soggetti attuatori. Il rispetto dei cronoprogrammi precisi serve proprio a rendere veloce ed efficace la spesa. E in questo caso, oltre alle penalità, sono stati previsti anche criteri di premialità importantissimi per le regioni, perché, come sapete, il Fondo di sviluppo e coesione va cofinanziato e la quota di cofinanziamento viene rintracciata nei bilanci ordinari delle regioni, oppure attraverso dei mutui. In questo caso, le regioni che onoreranno i loro impegni, cioè chi spenderà veramente bene le risorse in quegli ambiti strategici prioritari, avrà una premialità, quindi una quota aggiuntiva di FSC per il cofinanziamento, senza fare ricorso ai bilanci ordinari o ai mutui che le regioni hanno sempre fatto e, di conseguenza, potranno destinare quelle risorse ad altri interventi necessari. Quindi, ci sono una serie di questioni importantissime, che sono state riconosciute anche dai gruppi di maggioranza - che ringrazio - e dagli onorevoli che sono intervenuti, l'onorevole Barabotti e l'onorevole Lucaselli. Ringrazio anche i deputati di opposizione, che hanno criticato questa riforma, però hanno criticato un percorso che, dopo anni di inerzia dei Governi nazionali rispetto al tema dell'inefficacia e della lentezza della spesa, finalmente si è avviato, proprio perché le regioni del Mezzogiorno hanno bisogno, più di tutte, di una spesa veloce ed efficace .
PRESIDENTE. Poiché l'ordine del giorno prevede che si possa passare al seguito dell'esame non prima delle ore 16, sospendo la seduta fino a tale ora. La seduta è sospesa, riprenderà alle ore 16.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 90, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge n. 1933.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge .
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, senatore Luca Ciriani. Ne ha facoltà.
LUCA CIRIANI,. Grazie, Presidente. Presidente e colleghi, onorevoli deputati, a nome del Governo e autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1933: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione”, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
PRESIDENTE. Secondo quanto convenuto nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo tenutasi il 25 giugno scorso, a seguito della posizione della questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge n. 1933, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, la votazione per appello nominale avrà luogo nella seduta di martedì 2 luglio, a partire dalle ore 16, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 14,15.
Dopo tale votazione, i lavori proseguiranno con l'esame degli ordini del giorno, dalle ore 17 fino alle ore 20 e con prosecuzione notturna dalle ore 21 alle 24, limitatamente alle fasi dell'illustrazione e del parere del Governo.
Nella seduta di mercoledì 3 luglio, dalle ore 9,30 fino alle 13,30 e dalle ore 16,15 fino alle ore 20, con prosecuzione notturna dalle ore 21 alle ore 24, avrà luogo la votazione degli ordini del giorno.
Nella seduta di giovedì 4 luglio, dalle ore 8,30 e fino alle ore 10,30, avranno luogo le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale.
Ricordo, altresì, che il termine per la presentazione degli ordini del giorno riferiti al disegno di legge in esame è fissato alle ore 17,30 di oggi, lunedì 1° luglio.
Estraggo a sorte il nominativo del deputato dal quale avrà inizio la chiama.
La chiama avrà inizio dal deputato Schiano Di Visconti.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
1.
S. 1133 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione (Approvato dal Senato). (C. 1933)
: MASCARETTI.