PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ROBERTO GIACHETTI, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
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PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 94, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta odierna .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1975: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 giugno 2024, n. 73, recante misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.
La XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Luciano Ciocchetti.
LUCIANO CIOCCHETTIGrazie, Presidente. Sottosegretario Gemmato, colleghi, il provvedimento di cui questa Assemblea avvia oggi l'esame reca misure urgenti finalizzate alla riduzione dei tempi nelle liste d'attesa delle prestazioni sanitarie. Il testo che vi illustrerò è quello risultante dalle modifiche apportate al decreto-legge emanato dal Governo, nel corso dell'esame in prima lettura presso l'altro ramo del Parlamento. La XII Commissione della Camera, che ha esaminato il provvedimento in sede referente, ha respinto le proposte emendative presentate dai gruppi di opposizione, che i proponenti hanno avuto modo di illustrare, e ha acquisito i pareri favorevoli espressi dalle Commissioni competenti in sede consultiva.
Entrando nel merito del contenuto, rilevo che l'articolo 1 istituisce, presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), la Piattaforma nazionale delle liste d'attesa, di cui si avvale il Ministero della Salute, diretta a realizzare l'interoperabilità con le piattaforme per le liste d'attesa relative a ciascuna regione e provincia autonoma del nostro Paese. L'obiettivo è, evidentemente, quello di governare le liste d'attesa - cosa che fino ad oggi non è stato possibile fare - per la realizzazione del quale i dati del flusso informativo del sistema tessera sanitaria sono resi disponibili al Ministero della Salute e all'Agenas con modalità da definirsi con apposito protocollo, che dev'essere approvato dal Ministero dell'Economia e delle finanze e dal Ministero della Salute, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
È rimessa a un decreto del Ministro della Salute, da emanare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, sentita l'Agenas e previo parere della Conferenza Stato-regioni, l'adozione di specifiche linee guida per definire i criteri di realizzazione, di funzionamento e di interoperabilità tra la Piattaforma nazionale e le piattaforme regionali. La Piattaforma persegue un particolare obiettivo, ossia garantire l'efficacia del monitoraggio di livello nazionale in merito a una serie di aspetti puntualmente individuati.
È, altresì, previsto che, a fronte di inefficienze o anomalie emerse a seguito del controllo delle agende di prenotazione, l'Agenas possa attuare meccanismi di nei confronti delle regioni nei cui territori insistono le aziende sanitarie titolari delle suddette agende, con finalità di verifica del corretto funzionamento del sistema di gestione delle liste d'attesa, con il preventivo parere della Conferenza Stato-regioni.
L'articolo 2 è stato ampiamente riformulato dal Senato, anche a seguito dell'istruttoria e delle interlocuzioni svolte con i rappresentanti delle regioni e delle province autonome, al fine di rafforzare le attività del sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS), di cui all'articolo 1, comma 288, della legge n. 266 del 2005. È istituito presso il Ministero della Salute l'Organismo di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria, il quale coopera alle dirette dipendenze del Ministro della Salute. In particolare, nel testo approvato dal Senato, rispetto al decreto originario, è stato circoscritto il potere di accesso dell'Organismo alle strutture sanitarie a fini ispettivi.
Non si prevedono più poteri istruttori esercitabili su segnalazione, né si prevede che gli esiti delle verifiche costituiscano elementi di valutazione ai fini sanzionatori e premiali, ma si stabilisce che le risultanze dei controlli effettuati vengano comunicate alla nuova figura del responsabile unico regionale dell'assistenza sanitaria (RUAS), che provvede a valutare i conseguenti interventi. Resta ferma la possibilità di avvalimento del Comando dei Carabinieri per la tutela della salute (NAS).
L'Organismo è costituito da un ufficio dirigenziale di livello generale e da quattro uffici di livello dirigenziale non generale. In relazione a tale previsione, sono dettate disposizioni in tema di: dotazione organica del Ministero della Salute, conferimento di incarichi dirigenziali, reclutamento di personale, autorizzazioni di spesa, quantificazione di oneri e relative coperture.
A seguito delle modifiche introdotte dal Senato, si prevede, in particolare, l'istituzione, da parte delle regioni e delle province autonome, dell'Unità centrale di gestione dell'assistenza sanitaria e dei tempi delle liste d'attesa, presieduta e coordinata dall'assessore alla sanità e composta da professionisti di area sanitaria e amministrativi, coinvolti nella funzione, che provvede a individuare il RUAS a cui sono attribuiti le funzioni e gli obiettivi tematici e temporali in termini di efficacia di attesa, da adottare con validità annuale.
Il RUAS è responsabile in ordine al rispetto dei criteri di efficienza nell'erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie e sul corretto funzionamento del sistema di gestione delle liste d'attesa e dei piani operativi per il recupero delle liste medesime, nonché dell'attuazione e del raggiungimento degli obiettivi contenuti nel Piano regionale sulle liste d'attesa e provvede al controllo sull'avvenuto adempimento.
Con cadenza trimestrale, il RUAS redige e invia all'Organismo centrale un rapporto di monitoraggio delle prestazioni critiche e delle liste d'attesa in ambito aziendale, segnalando le eventuali criticità e indicando le azioni correttive eventualmente poste in essere. In caso di mancata individuazione del RUAS o di ripetute inadempienze, l'Organismo centrale può esercitare i poteri sostitutivi in relazione ai compiti affidati alle regioni e al RUAS.
Un'altra disposizione molto rilevante è quella recata dall'articolo 3, il quale prevede che gli erogatori pubblici e gli erogatori privati accreditati ospedalieri e ambulatoriali afferiscano al centro unico di prenotazione regionale o infra-regionale. Sono elencate le modalità di accesso alle prestazioni, anche con riferimento alla presa in carico della cronicità e della fragilità, alla malattia mentale e alle dipendenze patologiche (comma 1).
Si stabilisce, in particolare, che la piena interoperabilità dei centri di prenotazione degli erogatori privati accreditati con i competenti CUP territoriali costituisce condizione preliminare, a pena di nullità, per la stipula degli accordi contrattuali che presiedono i rapporti tra erogatori e regioni (comma 2). L'implementazione di una piena interoperabilità del sistema di prenotazione e di accesso alle prestazioni con il sistema dei CUP da parte delle strutture sanitarie private accreditate costituisce un nuovo, specifico elemento di valutazione nelle procedure di rilascio da parte delle regioni e delle province autonome dell'accreditamento istituzionale (comma 3). Credo che questo sia veramente un fatto importante e una grande modifica all'attuale sistema esistente.
Una disposizione introdotta dal Senato prevede che le regioni e le province autonome possano riconoscere, nei bandi di concorsi pubblici per il reclutamento del personale presso le medesime amministrazioni territoriali, un punteggio aggiuntivo in favore dei soggetti che abbiano partecipato allo svolgimento del Servizio nazionale di supporto telefonico e telematico durante l'emergenza pandemica da COVID-19 (comma 3-). Si prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovano l'attivazione di soluzioni digitali per prenotare e disdire l'appuntamento autonomamente, per il pagamento dell'eventuale (comma 4).
Il comma-4 , introdotto dal Senato, stabilisce che gli erogatori pubblici e gli erogatori privati accreditati ospedalieri e ambulatoriali debbano garantire la piena trasparenza delle agende in ordine alle prenotazioni effettuate e ai relativi posti a disposizione per le singole prestazioni sanitarie. Tale adempimento costituisce elemento contrattuale qualificante.
Il comma 5 dispone l'attivazione da parte del CUP di un sistema di disdetta volto a ricordare all'assistito la data di erogazione delle prestazioni, per richiedere la conferma o la cancellazione delle prestazioni stesse, nonché di sistemi di ottimizzazione delle agende di prenotazione, secondo le indicazioni tecniche contenute in linee di indirizzo omogenee a livello nazionale.
Il comma 6 stabilisce che l'inadempienza contrattuale da parte dei soggetti affidatari dello sviluppo del CUP di una regione accertata definitivamente costituisca illecito professionale grave, ai sensi dell'articolo 95, comma 1, lettera , del codice dei contratti pubblici, con conseguente esclusione dalle gare avviate in qualsiasi regione e con l'impossibilità, per l'operatore economico, di avvalersi del ravvedimento operoso.
Il comma 7 precisa che, nelle linee di indirizzo di cui al comma 5, devono essere altresì disciplinate le ipotesi nelle quali l'assistito, che non si presenta nel giorno previsto senza giustificata disdetta, salvo casi di forza maggiore o impossibilità sopravvenuta, possa essere tenuto al pagamento all'erogatore pubblico o privato accreditato della quota ordinaria di partecipazione al costo stabilito dalle norme vigenti alla data dell'appuntamento per la prestazione prenotata e non fruita.
Il comma 8 prevede che, al fine di ottimizzare la programmazione sanitaria regionale nella gestione delle patologie cronico-degenerative e oncologiche, debba essere definito e garantito l'accesso alle prestazioni presenti nei percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali attraverso agende dedicate.
Al comma 9 è fatto divieto alle aziende sanitarie e ospedaliere di sospendere o chiudere l'attività di prenotazione delle prestazioni sanitarie. In caso di mancato rispetto di tale divieto, ai fatti commessi a decorrere dall'entrata in vigore del decreto-legge si applicano sanzioni raddoppiate, nel minimo e nel massimo edittale, rispetto alla disciplina già vigente in materia.
Il comma 10 stabilisce che, se i tempi di erogazione previsti dal Piano nazionale di governo delle liste di attesa non possono essere rispettati, le direzioni regionali aziendali sono tenute a garantire l'erogazione delle prestazioni richieste, nei limiti delle risorse previste dalla legge di bilancio 2024 per il recupero delle liste di attesa, attraverso l'utilizzo dell'attività libero-professionale intramuraria, delle prestazioni aggiuntive o del sistema privato accreditato, sulla base della tariffa nazionale vigente. I direttori generali delle aziende sanitarie vigilano sul rispetto della predetta disposizione, anche ai fini dell'esercizio dell'azione disciplinare di responsabilità erariale nei confronti dei soggetti ai quali sia imputabile la mancata erogazione della prestazione nei confronti dell'assistito.
Il comma 10-, introdotto dal Senato, elenca una serie di misure da adottare in caso di superamento dei tempi massimi stabiliti.
Il comma 11 stabilisce che, per le finalità di cui al comma precedente, il Ministero della Salute, con riferimento al 30 giugno 2024, provvede al monitoraggio dell'utilizzo delle risorse previste dalla legge di bilancio 2024 per il recupero delle liste di attesa. Tali risorse non possono essere utilizzate per fini diversi e, ove non utilizzate, sono accantonate nei bilanci del Servizio sanitario nazionale per attuare le misure di recupero delle liste di attesa attraverso specifici piani operativi regionali, da redigersi secondo criteri e direttive convenuti con apposito protocollo d'intesa tra Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze, e la Conferenza permanente Stato-regioni.
Il comma 11-, inserito al Senato, opera la revisione di una disciplina specifica che, nel testo vigente, consente alle aziende ospedaliere universitarie, rientranti in una determinata tipologia, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato con personale medico sanitario laureato da assumere con le modalità previste per il corrispondente personale del Servizio sanitario nazionale. La novella sopprime il limite temporale per i contratti in esame e il connesso divieto di rinnovo dei medesimi, prevedendo la possibilità di assunzione a tempo indeterminato di dirigenti sanitari, ivi compresi i dirigenti medici. Restano ferme le condizioni che subordinano la possibilità in oggetto alla sussistenza di esigenze assistenziali a cui non si possa far fronte con l'organico esistente dei professori e dei ricercatori universitari che svolgono attività assistenziale presso l'azienda in oggetto, nonché al rispetto dei limiti di spesa per il personale degli enti e aziende del Servizio sanitario nazionale.
L'articolo 4 detta disposizioni sul potenziamento dell'offerta assistenziale in relazione alle visite diagnostiche e specialistiche. Al fine di garantire il rispetto dei tempi di erogazione delle prestazioni sanitarie ed evitare le degenze prolungate dovute alla mancata disponibilità di esami diagnostici, si prevede che le visite mediche specialistiche siano effettuate anche nei giorni di sabato e domenica e che la fascia oraria per l'erogazione di tali prestazioni può essere prolungata (comma 1).
Spetta ai direttori generali della sanità vigilare sull'attuazione di tale disposizione e trasmettere un apposito rapporto alle competenti direzioni generali del Ministero della Salute. Il comma 2 prevede che, presso ogni azienda sanitaria ospedaliera, è in ogni caso assicurato il corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero-professionale, con il divieto che l'attività libero-professionale possa comportare per ciascun dipendente e per ciascun professore o ricercatore universitario inserito in assistenza un volume di prestazioni superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali.
A tal fine, l'attività libero-professionale è soggetta a verifica da parte della direzione generale aziendale, con la conseguente applicazione di determinate misure, consistenti anche nella sospensione del diritto dell'attività stessa. Il comma 1 dell'articolo 4, inserito al Senato, prevede la possibilità di apertura straordinaria dei centri trasfusionali nelle ore pomeridiane e nei giorni festivi.
L'articolo 5 dispone in tema di superamento del tetto di spesa per il personale del Servizio sanitario nazionale, altra questione lungamente discussa. In primo luogo, viene disposto - a decorrere dal 2024 e fino alla data di adozione dei decreti di cui al comma 2 - l'incremento dei valori massimi della spesa per il personale anzidetto autorizzati per l'anno 2023 ai sensi della normativa già vigente in materia.
Detti valori di spesa sono incrementati annualmente a livello regionale, nell'ambito del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, del 10 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Si stabilisce inoltre che, su richiesta della regione, l'incremento può essere aumentato di un ulteriore importo fino al 5 per cento dello stesso, compatibilmente con la programmazione regionale in materia di assunzioni e fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario nazionale.
Ai sensi del comma 2, a decorrere dall'anno 2025, viene demandata a uno o più decreti del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, la definizione di una metodologia per la definizione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, ai fini della determinazione della spesa per il personale delle aziende e degli enti del SSN delle regioni, nell'ambito del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del servizio sanitario regionale.
Le regioni, sulla base della predetta metodologia, predispongono il piano dei fabbisogni triennali per il servizio sanitario regionale, che sono approvati con decreto del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
L'articolo 6 - e vado a terminare - prevede, al comma 1, iniziative per il potenziamento dell'offerta assistenziale e per il rafforzamento dei dipartimenti di salute mentale nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia (regioni destinatarie del Programma nazionale Equità nella salute 2021-2027), da individuarsi attraverso un piano d'azione finalizzato al rafforzamento della capacità di erogazione dei servizi sanitari e all'incremento dell'utilizzo dei servizi sanitari e sociosanitari sul territorio.
Il comma 1, introdotto dal Senato, autorizza la regione Calabria a riprogrammare la quota residua di alcune risorse, già assegnate alla regione medesima nella prima fase di attuazione della normativa in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico. La disposizione è espressamente volta al rafforzamento della capacità di erogazione dei servizi sanitari e all'incremento dell'utilizzo dei servizi sanitari e sociosanitari sul territorio, nonché alla garanzia del processo di efficientamento del servizio sanitario regionale, al fine di agevolare il percorso di superamento del commissariamento. L'ultimo articolo, l'articolo 7, ai commi 1 e 2, assoggetta le prestazioni aggiuntive dei dirigenti sanitari e del personale sanitario del comparto sanità a un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 15 per cento. Si precisano, quindi: la quantificazione degli oneri e le relative fonti di copertura finanziaria; le modalità di attuazione relative alla data di decorrenza dell'agevolazione, nonché all'accertamento, alla riscossione, alle sanzioni e al contenzioso. Gli articoli 7 e 8 recano, rispettivamente, la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano e la disposizione sull'entrata in vigore del decreto.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Sottosegretario per la Salute, onorevole Marcello Gemmato.
MARCELLO GEMMATO,. Grazie, Presidente. Innanzitutto, un ringraziamento al relatore di maggioranza, l'onorevole Ciocchetti, per la puntuale esposizione, che ci racconta anche di un lavoro di Commissione puntuale; evidentemente, poi, al Senato, il provvedimento è stato integrato con degli atti - a nostro avviso - migliorativi rispetto al decreto adottato, se non ricordo male, il 7 giugno. Ciò è sintomatico del fatto che, anche con l'opposizione, in Commissione si sia cercata una sintesi per il bene dei cittadini e per il bene, ovviamente, del cittadino italiano bisognoso di salute - così come previsto dall'articolo 32 della nostra Costituzione - partendo da un presupposto, che su questi temi maggioranza e opposizione non si dividano, ma concorrano insieme alla determinazione del bene comune.
Registro meritoriamente che, anche in un atto analogo presentato dalla deputata Schlein, ci fosse larga parte di ciò che è contenuto in questo decreto. Penso, per esempio, al CUP unico nazionale, alla possibilità di integrazione, al superamento del tetto delle assunzioni già parametrato a quello dell'anno 2004 diminuito dell'1,4 per cento: c'era tutta una serie di spunti e provvedimenti che evidentemente venivano immaginati per poter superare l'innegabile criticità di questo momento, ovvero le liste d'attese lunghe, che non consentono di curare bene e tempestivamente gli italiani, con una presa in carico veloce e congrua del malato.
Ricordiamo, e giova ricordarlo all'Aula, che liste di attesa così lunghe sono state determinate probabilmente da una sedimentazione di criticità. A me piace ricordare che il nostro sistema sanitario nazionale pubblico ha più di 45 anni, è stato istituito il 23 dicembre 1978; un sistema che fotografava una Nazione diversa da quella attuale, con bisogni sanitari diversi da quelli attuali. Basti pensare che non esisteva tutto quello che è il tema della grande cronicità, ossia della presa in carico dei malati cronici; non esistevano i farmaci innovativi, che ora influiscono per miliardi sul bilancio dello Stato e che servono a curare - viva Iddio - bene i cittadini italiani.
Il fatto di avere un sistema sanitario normato 45 anni fa sottopone, evidentemente, lo stesso a uno , a delle criticità. Innegabilmente la pandemia da Coronavirus ha determinato l'espandersi delle liste di attesa, se è vero come è vero che per mesi, per anni, di fatto, era impossibile accedere a dei servizi sanitari diagnostici e questo ha provocato questa sedimentazione di problematiche. Servono più quattrini per compendiare tutto questo? Sì, voglio ricordare che questo Governo lo ha fatto, oltre a dotare il nostro sistema sanitario nazionale pubblico di 134 miliardi di euro per abbattere le liste di attesa, in legge di bilancio ha postato una quota pari allo 0,4 per cento del Fondo sanitario nazionale indistinto, vale a dire 520 milioni di euro. Cito questi dati non per fare un esercizio estetico o per sottolineare dei meriti del Governo, ma per dire che, insieme a una maggiore dotazione di carattere economico, servono dei nuovi provvedimenti, servono dei nuovi modelli organizzativi che, a nostro avviso, sono contenuti in questo decreto in conversione, che ha visto già un primo passaggio di carattere parlamentare al Senato.
Cosa prevede il decreto, lo ha espresso molto bene il relatore di maggioranza. Non vado a sovrappormi a tutte le innovazioni presentate, ma mi permetto di toccarne solo alcune, in maniera molto veloce: l'istituzione di una piattaforma nazionale delle liste d'attesa; l'omogeneizzazione, a livello nazionale, dell'offerta in termini di prestazione sanitaria a tutti i cittadini italiani, che è importante, così come è importante “matchare”, mixare, compendiare le due liste d'attesa, quelle del pubblico e quelle del privato convenzionato, che a me piace definire “diversamente pubblico”.
Voglio ricordare che, in legge di bilancio, prevediamo la possibilità di aumentare dell'1, del 4, del 5 per cento, nel 2024, 2025 e 2026, l'erogazione dei servizi per abbattere le liste d'attesa del privato convenzionato. Ma voglio rifuggire da quella narrazione per cui questo è un favore al privato. Voglio ricordare sommessamente che al cittadino italiano poco interessa la natura giuridica dell'ente che eroga il servizio. A mio avviso, ciò che deve essere tutelato è l'universalismo del nostro sistema sanitario, ossia l'accesso gratuito alle cure. Questo in Italia avviene e stiamo cercando di ridurre al minimo il fatto che i cittadini italiani debbano essere costretti a rivolgersi al privato puro, non a quello convenzionato, ma ciò deve essere fatto in tempi congrui. Quindi, molte volte, questo viene assicurato da quello che noi definiamo “diversamente pubblico”, ossia il privato convenzionato.
Il fatto che le liste d'attesa possano essere messe in continuità va nella direzione di cui vi parlavo. Allo stesso modo, vi è la rivisitazione dell'articolo 2 che sposta, a livello regionale, il livello di responsabilità e controllo attraverso il RUAS, il responsabile unico regionale dell'assistenza sanitaria, che, evidentemente, è un'assunzione di responsabilità da parte delle regioni che, se inadempienti ripetutamente, possono essere controllate o meglio coadiuvate dal Governo nazionale.
Ma è di tutta evidenza che, con la riforma del Titolo V della Costituzione, non voluta dalla nostra parte politica, la sanitaria è in capo alle regioni ed è giusto che le regioni si autodeterminano in modo da ridurre al minimo le liste d'attesa per i cittadini italiani.
Vi è inoltre il grande tema del cambio dei modelli organizzativi, che citavo prima, quindi una maggiore dotazione economica, da un lato, e, dall'altro, sicuramente, migliori modelli organizzativi. Il fatto di rendere possibile l'erogazione di servizi sanitari il sabato e la domenica, da un lato, offre la possibilità, espandendo i termini orari di erogazione di prestazioni, di abbattere le liste d'attesa, e, dall'altro, offre anche ai lavoratori che non possono accedere ai servizi sanitari, perché impegnati lavorativamente, la possibilità di usufruire di questi servizi anche di sabato e di domenica. Per un camionista impegnato fuori dalla sua sede di residenza, addirittura all'estero, fare quelle visite il sabato o la domenica lo pone in condizione di curarsi meglio e di attivare un percorso di prevenzione, e quindi di presa in carico precoce di patologie, che poi rende sostenibile il nostro sistema sanitario nazionale pubblico, nella misura in cui, se si diagnosticano prima e in maniera tempestiva alcune patologie, le stesse non si conclamano, non danno ospedalizzazione, non fanno ammalare ai cittadini italiani - e questo per noi è l'obiettivo primario -, ma, come effetto collaterale indotto diretto, fanno risparmiare le casse dello Stato.
Inoltre, vi è il superamento del vincolo assunzionale del 2004, meno l'1,4 per cento, che era una criticità. Orizzontalmente, da sette anni - ho l'onore di essere parlamentare da sette anni -, sento dire da tutti (da destra a sinistra, dal centro, da sopra e da sotto), che occorre superare il vincolo assunzionale del 2004, meno 1,4 per cento. Bene, questo Governo lo sta facendo e penso che questa sia un'operazione meritoria, alla quale anche chi non la pensa tatticamente come noi (e qui mi richiamo all'inizio dell'intervento), unitariamente, dovrebbe applaudire e dire: benissimo, è arrivato un Governo che fa ciò che noi dicevamo di dover fare, anche quando noi eravamo al Governo, che poi, per contingenza, non è stato fatto, quindi questo Governo ha ritrovato le risorse e le modalità per superare questo vincolo assunzionale che portava e porta alcune regioni a non assumere medici e personale sanitario infermieristico, e non solo.
Questa è un'altra criticità del nostro tempo, perché, probabilmente, l'attrattività del privato sottrae professionalità al pubblico. Con questo, ritengo che, insieme ad un aumento del percepito da parte dei sanitari (voglio ricordare che, nella scorsa legge di bilancio, sono stati appostati 2,4 miliardi per il rinnovo contrattuale), tutto questo contribuisca a rendere maggiormente attrattivo il sistema sanitario nazionale pubblico e ad andare incontro alle esigenze dei cittadini, difendendo sempre quello che è e deve rimanere uno dei migliori sistemi sanitari nazionali pubblici al mondo, che ha come principio cardine l'universalismo, ossia l'accesso gratuito alle cure.
Mi piace ricordare - e su questo mi avvio a conclusione - la possibilità straordinaria dei centri trasfusionali nelle ore pomeridiane e nei festivi, che è stata una richiesta forte veicolata. un po' orizzontalmente. da tutte le associazioni, da tutti i professionisti che se ne occupano, quindi è una risposta concreta che diamo in maniera puntuale ad una richiesta che ci veniva fatta da chi opera sul campo e pone criticità. Noi riteniamo che questo possa essere un grande passo in avanti per abbattere le liste d'attesa e per migliorare le del nostro sistema sanitario nazionale pubblico, affermando - lo voglio ripetere per la seconda volta - che, insieme a un migliore o maggiore dotazione del Fondo sanitario nazionale - e questo Governo l'ha fatto -, servono senz'altro nuovi modelli organizzativi e ritengo che questo provvedimento vada in questa direzione.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA(AVS). Grazie, Presidente. Un decreto-legge, capace di intervenire efficacemente sulla riduzione dei tempi delle liste di attesa, sarebbe stato davvero necessario e urgente; tuttavia, quanto previsto nel testo approvato dal Senato in forma blindata, senza alcuna possibilità per questo ramo del Parlamento di migliorarlo, è solo un intervento con effetto quasi nullo, in quanto non affronta alcuna delle cause delle criticità che hanno portato le liste d'attesa delle prestazioni sanitarie a essere così lunghe e così drammaticamente pesanti, fino a produrre addirittura la rinuncia alla cura e alla prevenzione di milioni di persone.
Questo in esame è un testo che aumenta la burocrazia, che non prevede un vero incremento di risorse per il Servizio sanitario, né un piano straordinario di assunzione di personale medico-infermieristico, ausiliario e tecnico. La cifra vera è data dalla frase, emblematica e ripetuta, “con le risorse disponibili a legislazione vigente”. Come se fosse, invece di un decreto-legge, un ordine del giorno. Si tratta di un provvedimento che, invece di attenersi alle previsioni costituzionali di necessità e urgenza - articolo 77 della Costituzione, comma 2 -, dispone misure di monitoraggio, vigilanza, controllo già previste e, in parte, presenti nel nostro ordinamento, o di carattere (questo è il problema fondamentale) programmatico.
Infatti, se non possiamo che condividere l'urgenza della soluzione del dramma delle liste d'attesa, ci sembra francamente una beffa il rinvio a successivi decreti ministeriali, di cui alcuni senza scadenza precisa, né risorse di copertura. A dire il vero il Governo e la maggioranza avevano urgenza quando il provvedimento fu approvato dal Consiglio dei ministri il 4 giugno 2024: mi riferisco alla necessità di presentare uno straccio di proposta in vista delle imminenti elezioni europee dell'8-9 giugno scorso.
Ma entrando nel merito: come pensate di intervenire sulle liste d'attesa, che sono, come ho detto, uno dei sintomi, degli effetti della crisi in cui versa il nostro servizio sanitario, senza un approccio di sistema, senza risorse adeguate, senza l'accordo necessario con le regioni, senza un rinnovato patto con le lavoratrici e i lavoratori tutti, comprese le figure spesso più trascurate come gli operatori e le operatrici socio-sanitarie e altre ancora? Nemmeno un accordo e raccordo al vostro interno è stato preventivamente chiuso, visto quanto è successo al Senato, dove il presidente Romeo ha presentato, addirittura, un emendamento soppressivo dell'intero articolo 2, dove si prevedeva - udite, udite - la possibilità per il Ministero della Salute di effettuare, con funzioni di polizia giudiziaria, attività di controllo sulle aziende sanitarie in relazione, appunto, al problema delle liste di attesa.
Ma noi vorremmo partire da un dato che prima o poi dovrete ammettere e assumere: il Governo Meloni, diversamente da quanto sostenuto anche da lei, Sottosegretario, e lo dico rivolgendomi al Presidente, ha prodotto, in termini effettivi, una riduzione delle risorse per la sanità, perché quanto stanziato nelle ultime due leggi di bilancio non ha recuperato neanche l'inflazione, né è avvenuto quel salto di qualità a livello di digitalizzazione, innovazione e ricerca, assistenza territoriale, reti di prossimità e telemedicina che il PNRR avrebbe dovuto garantire con il finanziamento di ben 19,7 miliardi. La povertà sanitaria in Italia ha raggiunto livelli quanto mai preoccupanti: il basso reddito o l'assenza di reddito determinano l'impossibilità di accesso alle cure mediche.
Secondo gli ultimi dati disponibili nel 2023 più di 427.000 persone si sono trovate in condizioni di povertà sanitaria, in aumento del 10,6 per cento rispetto all'anno precedente; quasi l'11 per cento delle persone ha dovuto chiedere aiuto a realtà assistenziali, Presidente, la carità per ricevere gratuitamente farmaci e cure. Nel 2023 il 6,2 per cento delle persone in buone o pessime condizioni di salute si trova in condizioni economiche precarie e questo è il problema al centro della nostra attenzione. Contemporaneamente la spesa farmaceutica delle famiglie aumenta, ma la quota a carico del Servizio sanitario nazionale diminuisce.
Nel 2022 la spesa farmaceutica totale è stata di 22,46 miliardi di euro, con solo 12,5 miliardi a carico del Servizio sanitario nazionale, poco più del 50 per cento (55,9 per cento, per l'esattezza). Il fenomeno della povertà sanitaria non è poi esclusivo delle famiglie indigenti. Negli ultimi 4 anni la diminuzione della spesa per la prevenzione e la rinuncia a visite mediche e accertamenti periodici di controllo preventivo (dentista, mammografie, Pap test, oncologici) coinvolge una famiglia italiana su 6. Pensate che riguardi solo le regioni del Sud? No, assolutamente no. I tempi di attesa sempre più lunghi della sanità pubblica costringono i cittadini a rivolgersi a quella privata. Per sostenere questi costi, sempre più numerosi sono coloro che chiedono un prestito. Pensate, in Veneto, secondo l'analisi realizzata da Facile.it e Prestiti.it, nel 2023 questo tipo di prestito rappresenta il 5,11 per cento del totale dei finanziamenti chiesti nella regione; si tratta mediamente di una cifra pari a 6.551 euro da restituire in poco meno di 52 mesi.
A fronte di una media nazionale del 4,70 per cento, il Veneto - la mia regione - risulta essere la quarta regione in Italia per incidenza dei prestiti destinati a pagare le cure mediche sul totale delle richieste. L'avreste mai detto? La salute, quindi, da diritto diventa merce e il mercato relativo si allarga e radica. Anche i prezzi si adeguano alla legge della domanda e dell'offerta e la finanziarizzazione dell'economia coinvolge anche la sanità. Nel 2021, le strutture sanitarie operanti in Italia erano 28.980, di cui il 57 per cento private e il restante 43 per cento pubbliche. Questo significa, rispetto al 2010, un aumento di 2.519 unità per i presidi privati e di 379 per quelli pubblici. Nel 2021, secondo l'area Studi Mediobanca, una trentina di privati attivi nell'assistenza ospedaliera e distrettuale con un fatturato superiore a 100 milioni di euro sono il sintomo del peso della sanità privata nell'economia e nella sanità. Eppure, il Governo si compiace nel presentarci un Servizio sanitario nazionale che è un'eccellenza riconosciuta a livello internazionale, lo ricordava, recentemente, il Ministro Schillaci in persona.
Condivido questo sentimento di orgoglio per il Servizio sanitario nazionale, istituito in Italia, come diceva il Sottosegretario poco fa, con la legge n. 833 del 1978. Questa legge, più di altre, appassionò la politica e coinvolse la società. Io stessa ne percepii la portata innovativa e storica, tanto che fu l'oggetto della mia tesi di specializzazione in diritto del lavoro e della sicurezza sociale. Sì, perché la legge n. 833 del 1978 fu il frutto di un lungo dibattito culturale e politico nel Paese e, soprattutto, fu, a seguito di lotte delle lavoratrici e dei lavoratori, una conquista del mondo del lavoro e di tutte le cittadine e i cittadini che pretendevano l'applicazione piena dell'articolo 32 della Costituzione.
Vorrei ricordare qui, Presidente, che quella riforma straordinaria fu opera soprattutto di una donna speciale, una mia conterranea, la prima Ministra della Sanità, Tina Anselmi: partigiana, sindacalista e parlamentare della DC, già prima donna Ministra nel 1976, a guida del Dicastero del Lavoro e della previdenza sociale. Nel suo partito la chiamavano “Tina vagante” per la sua indipendenza e imprevedibilità, ma alla riforma sanitaria si applicò con passione, competenza e coraggio. Presentò e fece approvare dal Parlamento, nel 1978, la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, assieme alla legge n. 180, riforma psichiatrica, e alla n. 194 in materia di interruzione volontaria di gravidanza. Anselmi seppe guidare il Parlamento sull'onda del cambiamento culturale, della modernizzazione, dell'innovazione, del vero progresso del Paese. E noi, proprio in fedeltà alle radici comuni, come opposizione abbiamo presentato proposte di legge, che mettono al centro il finanziamento adeguato della sanità, perché è questo lo snodo imprescindibile che anche questo provvedimento elude e rimuove.
Vede, Presidente, anche se avremo a disposizione la Piattaforma nazionale per le liste d'attesa, che dovrebbe consentire il monitoraggio rigoroso e analitico per le varie prestazioni sanitarie in tutte le regioni con le stesse modalità, sarà pur lecito chiedersi quanto ci vorrà per attivarla concretamente, considerata l'estrema eterogeneità e la limitata trasparenza di numerosi sistemi informativi regionali sulle liste di attesa. Anche questo emerge con chiarezza nelle audizioni al Senato. E una volta assunte le informazioni, come può il Ministero incidere sulla gestione delle liste di attesa a fronte dei poteri esclusivi delle regioni sulla programmazione ed erogazione dei servizi sanitari?
Attenzione: le regioni non si sono scagliate solo contro l'articolo 2 di questo provvedimento. Hanno espresso posizioni durissime, tenuto conto che la grande maggioranza sono a guida del centrodestra e sono state proprio le regioni anche del centrodestra, non solo l'opposizione, a sottolineare come una efficace attuazione di misure di contenimento dei tempi di attesa non può prescindere dalla disponibilità di congrue risorse economiche e finanziarie aggiuntive e di adeguate risorse umane, siamo sempre lì. Questo in quanto l'acquisto di prestazioni sanitarie e dei soggetti privati accreditati, l'assunzione del personale, il ricorso a prestazioni aggiuntive, lo svolgimento di attività sanitarie in orario di lavoro notturno, prefestivo e festivo, gli indispensabili adeguamenti tecnologici, gli aggiornamenti informatici, tutto ciò necessita di una adeguata disponibilità di finanziamenti e di personale. Con tutta evidenza, se si resta alle risorse disponibili a legislazione vigente, le regioni, in particolare quelle del Mezzogiorno, quelle più povere, non saranno nelle condizioni di finanziare il costo di misure e interventi aggiuntivi. Vorrei soffermarmi sull'articolo 5, ovvero sul superamento del tetto di spesa sulle assunzioni di personale sanitario. Le regioni sono state persino più dure. A loro dire, si sono introdotte limitate e insufficienti novità per l'anno in corso, poche novità per l'anno successivo. Peraltro, sono condizionate alla definizione di una metodologia - qua è tutto da capire - per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale e la conseguente approvazione del Piano dei fabbisogni triennali regionali del personale. Si tratta, quindi, di un'altra proroga nel tempo, ma non era indifferibile e urgente questo provvedimento? Sempre secondo le regioni, la definizione di tale metodologia rischia di rivelarsi priva di reale efficacia, atteso che la norma prevede che la sua adozione avvenga comunque in coerenza con i valori di cui al comma 1 dello stesso articolo 5, vale a dire nell'ambito degli attuali tetti di spesa per il personale. Infine, le regioni lamentano - e questo è evidente - che trattandosi di una misura organizzativa in attuazione di una metodologia ministeriale, la prevista approvazione da parte del Ministero della Salute sembrerebbe invasiva delle competenze regionali.
Arriviamo a un'altra bella trovata, quella della del 15 per cento che il decreto propone per far lavorare di più lo stesso personale medico e infermieristico, cioè oltre l'orario di lavoro, anche il sabato e la domenica, come se il Governo non sapesse che il Servizio sanitario non è che sia un ufficio, che il sabato e la domenica si chiude. Il personale sanitario già lavora sempre, già subisce carichi di lavoro eccessivi, che sono alla base, tra l'altro, dell'abbandono del Servizio sanitario nazionale da parte di migliaia di professionisti. Il Governo, in una situazione in cui il Servizio sanitario nazionale soffre di una carenza di personale, carenza che si accentuerà con i nuovi pensionamenti nei prossimi anni - come è noto -, pensa di effettuare le visite diagnostiche e specialistiche, quando? Il sabato e la domenica, aumentando, cioè il carico di lavoro già oggi inaccettabile, con il rischio di violare le norme in materia di limiti dell'orario e riposi obbligatori.
Il messaggio che si lancia al personale sanitario è semplice: lavorate di più, noi vi faremo risparmiare qualcosa sulle tasse. Ma è questo l'intervento che sostanzia la necessità del decreto-legge in esame? Si pensa davvero che aumentando i carichi di lavoro si recupereranno le liste di attesa delle prestazioni sanitarie? Così, si pensa di recuperare il divario tra le regioni del Sud e quelle del Nord? Le liste d'attesa, che riguardano aspetti importanti dei livelli essenziali delle prestazioni, visite specialistiche ed esami, avranno un qualche beneficio da medici e personale sanitario già stressati da orari di lavoro pesanti? Come si pensa di recuperare, poi, il diritto di quelle persone che addirittura hanno rinunciato a curarsi. Un decreto-legge questo che è stato capace, mentre il Governo esulta per l'autonomia differenziata, meglio conosciuta come Spacca Italia, persino di trovarsi tutte le regioni e le province autonome, tranne il Lazio, va detto, a bocciare in Conferenza Stato-regioni l'articolo 2, che entrava a gamba tesa sulle prerogative delle regioni. E il Governo è stato costretto, ovviamente, a fare marcia indietro.
Che dire poi di un intervento, apparentemente minore, recato dall'articolo 4, dove al comma 1- si propone di garantire l'autosufficienza del bisogno di sangue e dei suoi derivati. Si dovrebbe, anche in questo caso, provvedere, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente - solita frase ricorrente -, all'apertura straordinaria dei centri trasfusionali nelle ore pomeridiane e nei giorni festivi, come se questa aggiunta di aperture e pomeriggi nel fine settimana fosse sostenibile con le risorse attualmente disponibili.
Oltre alla questione delle risorse, non si comprende come non si sia pensato anche di affiancare, a tali aperture supplementari, almeno una campagna - quanto mai necessaria - capillare di sensibilizzazione per la donazione del sangue, che magari venisse fatta nell'orario ordinario.
Infine, come non segnalare il fatto che questo decreto-legge prevede ben 7 decreti attuativi, dei quali la metà senza prevedere alcun termine di emanazione: questo, da un decreto che doveva emanare interventi urgenti, indifferibili e necessari.
Noi, del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra, sia al Senato che alla Camera, abbiamo presentato emendamenti e presenteremo, anche qui, ordini del giorno. Abbiamo avanzato proposte per rendere questo decreto-legge più efficace in tempi più brevi e arrivare, da subito, ad attivare atti propedeutici al recupero delle liste d'attesa. Abbiamo chiesto un piano di assunzioni straordinario e il superamento del persistente precariato (comprensibilmente, ancora esiste nel Servizio sanitario nazionale). Abbiamo chiesto interventi, affinché, a tutti i cittadini e le cittadine residenti, sia data la possibilità di fruire dei medesimi livelli nella qualità della prevenzione, della cura e dei servizi sanitari. Riguardo ai centri di prenotazione degli erogatori privati, cosiddetti accreditati, abbiamo proposto che, tra gli elementi vincolanti per la richiesta di accreditamento, a pena di nullità, per la stipula degli accordi contrattuali, ci sia la necessità di prevedere l'obbligo di essere in regola con i rinnovi contrattuali, in modo parallelo a quelli previsti dalla sanità pubblica e alle scadenze contrattualmente fissate, nonché di prevedere che le strutture private siano in possesso dei medesimi requisiti organizzativi e di organico della sanità pubblica.
Chiediamo e insistiamo affinché il Governo, con la prossima legge di bilancio, si impegni, entro il prossimo triennio, ad un finanziamento del Fondo sanitario nazionale, in linea con i Paesi dell'Unione europea. Proposte concrete che potrebbero essere attuate senza lo spreco di risorse pubbliche per mega opere come il Ponte di Messina o per i cacciabombardieri . Qui si tratta di scegliere: vogliamo aumentare le spese militari? Vogliamo spendere per opere inutili o garantire il diritto alla salute e la piena attuazione dell'articolo 32 della Costituzione ?
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Vietri. Ne ha facoltà.
IMMA VIETRI(FDI). Presidente, Sottosegretario Gemmato, onorevoli colleghi. Oggi, ci apprestiamo a discutere su un importante provvedimento in materia di prestazioni sanitarie per la riduzione delle liste d'attesa. Sappiamo perfettamente che i diritti alla salute e alla sanità pubblica sono fondamentali per i cittadini. Per questo il Governo Meloni ha voluto intervenire con un decreto-legge d'urgenza e un disegno di legge che arriverà presto in Parlamento, nel quale abbiamo certezza di poter e dover affrontare tanti aspetti ancora aperti.
Non sfugge a nessuno che il tema delle liste d'attesa abbia assunto una vera e propria piaga tristemente consolidata negli anni e ne andrebbero indagate le cause, dai pesanti definanziamenti alla mancata programmazione di medici e personale sanitario. Un problema che sembra quasi impossibile da azzerare, ma che può e deve essere gestito, poiché affligge i cittadini in un bisogno essenziale, quello della salute, comportando, altresì, la perdita di fiducia nel Servizio sanitario nazionale e costi economici e sociali aggiuntivi, per la conseguente necessità di trattamenti più intensivi e prolungati.
Per comprendere la portata della problematica, è forse necessario fare un passo indietro e analizzare le cifre: negli ultimi 10 anni, il sistema sanitario nazionale ha subito tagli per oltre 37 miliardi di euro, penalizzando gravemente la capacità del nostro sistema sanitario di rispondere alle esigenze della popolazione e non c'era il Governo Meloni, non c'era Fratelli d'Italia al Governo, ai quali imputare queste responsabilità. Tuttavia, proprio grazie alle due manovre finanziarie poste in essere dal Governo Meloni, non solo siamo riusciti a invertire questa tendenza negativa, ma abbiamo anche raggiunto un risultato storico: la spesa sanitaria cresce fino a superare i 136 miliardi di euro, un importo mai raggiunto sinora e dobbiamo ricordare che il principale obiettivo di queste risorse è proprio l'abbattimento delle liste d'attesa. Merita, pertanto, un plauso l'impegno del Governo Meloni, del Ministro Schillaci e del Sottosegretario Gemmato in particolare, a porre in essere misure atte ad affrontare, per la prima volta e - lo sottolineo - finalmente in maniera organica il tema delle liste d'attesa e a superare la pratica delle loro chiusure; uno sforzo teso a garantire ai pazienti di ottenere le prestazioni di cui necessitano nei tempi di attesa corretti e a carico del Servizio sanitario nazionale.
Oggi, ci troviamo, infatti, di fronte a una richiesta di recupero delle prestazioni, che va a sommarsi alle carenze strutturali già presenti, gravando sul personale provato e sottoposto anche ad aggressioni verbali e fisiche. È proprio Agenas che riferisce come, dopo la pandemia, si sia assistito ad una crescita esponenziale della richiesta di prestazioni da parte dei cittadini: per cui, dal 2019 al 2023, il numero di medici è rimasto lo stesso, ma le prestazioni sono aumentate del 44 per cento.
Il Governo Meloni ha sempre lavorato per garantire una sanità pubblica nella sua accezione più ampia e il diritto alla salute di tutti i cittadini. Curarsi è e deve essere un diritto e non un lusso ad appannaggio solo di chi ha le risorse economiche necessarie per sostenere i costi di visite e cure. Inoltre, il cittadino deve avere la possibilità di accedere a soluzioni di prossimità, in tempi ragionevoli e di qualità. Bisogna investire sulla prevenzione, su un efficiente sistema di cura territoriale, sull'attenzione a tutte le malattie e, non da ultimo, sulla valorizzazione del personale sanitario e sociosanitario. Ed è in questa direzione che si muovono il decreto-legge e il disegno di legge in materia di liste d'attesa, approvati dal Consiglio dei ministri il 4 giugno 2024.
Entrando nel merito del provvedimento, l'articolo 1, in coerenza con l'obiettivo previsto dal PNRR di potenziamento del portale della trasparenza, istituisce, presso l'Agenas, la Piattaforma nazionale delle liste d'attesa, di cui si avvale il Ministero della Salute, per realizzare l'interoperabilità con le piattaforme per le liste d'attesa relative a ciascuna regione e provincia autonoma.
Per la prima volta, si avrà poi un monitoraggio congiunto delle prestazioni erogate dal pubblico e dal privato. C'è stato anche un momento di confronto con le regioni, da cui è derivato un articolo 2 riformulato, nel quale si è trovata un'intesa per la quale ci sarà un organismo di verifica nazionale, che risale al 2005 - ma che, ad oggi, non era mai stato messo completamente in funzione - e che, a sua volta, si interfaccerà con gli organismi regionali.
L'articolo 3 dispone l'attivazione da parte del CUP di un sistema di disdetta delle prenotazioni per ricordare la data di erogazione delle prestazioni e l'attivazione di sistemi di ottimizzazione delle agende di prenotazione, secondo linee guida omogenee di livello nazionale. L'altra novità fondamentale, che rendiamo obbligatoria per legge, è il meccanismo per il quale il medico, che fa la prescrizione, deve anche indicare la priorità e il tempo massimo di attesa possibile per quella prescrizione.
L'articolo 4 detta disposizioni volte al potenziamento dell'offerta assistenziale in relazione alle visite diagnostiche e specialistiche, estendendo le visite diagnostiche e specialistiche anche al sabato e alla domenica, oltre a prolungare la fascia oraria per l'erogazione delle prestazioni. Voglio poi ricordare quanto sia importante la disposizione all'articolo 5, che prevede l'aumento delle assunzioni in misura del 15 per cento rispetto alla spesa che le regioni hanno effettuato nel 2023 e che dal 2025 introdurrà una rideterminazione del numero del personale necessario, arrivando a quello che è il vero obiettivo di questo Governo: il superamento del tetto di spesa per le assunzioni già a partire dal 2025. Voglio ricordare ancora le liste d'attesa dedicate a chi ha patologie oncologiche o a chi ha malattie croniche, cosa che ad oggi non c'era, per cui non si garantiva il rispetto dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali.
L'articolo 6 prevede ulteriori misure per il potenziamento dell'offerta assistenziale e per il rafforzamento dei dipartimenti di salute mentale in una serie di regioni destinatarie del Programma nazionale equità nella salute 2021-2027, quali Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Non dimentichiamo però quanto fatto finora. Dopo ben 7 mesi di trattative, abbiamo chiuso un'intesa per i contratti 2019-2021 di 35.000 dirigenti medici e sanitari, che prevede importanti miglioramenti nelle condizioni di lavoro, oltre che incrementi degli stipendi fino a 300 euro. È un riconoscimento dovuto per quanto fatto nei difficili anni della pandemia, ma anche un primo passo verso il sostegno dei nostri operatori sanitari, la cui motivazione è fondamentale per assicurare a cittadini e imprese servizi efficaci ed efficienti. Ci siamo poi occupati di garantire maggiore sicurezza degli operatori sanitari e sociosanitari, di abolire il vincolo di esclusività per il personale infermieristico ed ostetrico fino al 2025, di introdurre un nuovo regime pensionistico per il personale in uscita, di facilitare l'assunzione di specializzandi, di ridurre reclutamento di medici a gettone, di aggiornare i LEA, di potenziare l'assistenza territoriale per nuove assunzioni di personale sanitario, di rideterminare tetti della spesa farmaceutica. Il decreto sulle liste d'attesa è un ulteriore atto verso lo snellimento della burocrazia, il potenziamento dell'offerta e il rilancio della sanità pubblica italiana.
In conclusione, il provvedimento in discussione rappresenta un ulteriore tassello dell'impegno che questo Governo sta mettendo in pratica per risollevare il nostro sistema sanitario nazionale, secondo i princìpi di universalità, eguaglianza e solidarietà. È uno sforzo che segue anni di definanziamento, carenza di programmazione e scarsa attenzione per il personale che opera nella sanità pubblica. Non esistono facili soluzioni, ma esiste un lavoro costante, fatto con competenza, in un ambito delicato come quello del diritto alla salute, che sicuramente non ha bisogno di strumentalizzazioni, specie di chi in passato ha avuto la responsabilità della gestione della sanità pubblica e che solo adesso sembra aver preso consapevolezza delle gravi difficoltà in cui versa il nostro sistema sanitario.
Invito pertanto tutti i colleghi a sostenere il decreto-legge oggi in esame con convinzione, riconoscendo l'importanza e la necessità di agire tempestivamente per migliorare l'efficienza del nostro sistema sanitario e ridurre le liste d'attesa. Solo così potremo garantire a tutti i cittadini un accesso equo e tempestivo alle cure di cui hanno bisogno, rafforzando al contempo la fiducia nel nostro sistema sanitario.
Abbiamo tracciato una strada, che è quella verso una sanità più efficiente, accessibile e di qualità, dove ogni cittadino possa ricevere finalmente le cure necessarie nel minor tempo possibile. Ritengo che quel che è stato fatto in questo decreto sia molto importante: nessun motivo elettorale, come qualche opposizione tende a sottolineare, ma un processo sul quale il Ministro Schillaci sta lavorando con il MEF dai primi mesi in cui il Governo si è formato. Ci sono infatti atti, firmati dal Ministro Schillaci e dal Ministro Giorgetti, che risalgono al gennaio del 2023, quindi in tempi non sospetti. Tanto c'è ancora da fare in tal senso. Mi rivolgo a voi colleghi, Presidente, per suo tramite: non esistono facili soluzioni a problemi atavici complessi, abbiamo ereditato il più grande debito pubblico, con il quale bisogna fare i conti, ma sicuramente noi abbiamo la certezza di essere sulla strada giusta .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Girelli. Ne ha facoltà.
GIAN ANTONIO GIRELLI(PD-IDP). Grazie Presidente. Stiamo esaminando un provvedimento dal titolo anche molto impegnativo - il decreto Liste di attesa - e la sensazione è che vi sia scarsa consapevolezza in chi l'ha prodotto riguardo a cosa significhi “liste di attesa” e l'impatto che hanno sui cittadini e sulle cittadine di questo Paese. Mi verrebbe da dire che ha a che fare con i 10 milioni di prestazioni sanitarie, che risultano inevase in lista di attesa, appunto, ma ancora di più - per limitarmi a pochi numeri - con i 4 milioni di persone che risultano rinunciare a cure sanitarie, per l'impossibilità di accedervi in tempi utili per affrontare lo stato di salute che devono sopportare e che non hanno le risorse per trovare l'alternativa alla lista d'attesa, ovvero rivolgersi a pagamento all'acquisto di una prestazione sanitaria. Tutto questo - guardate - sta avendo un impatto non di poco conto sullo stato di salute della cittadinanza, sulla disparità, quindi la mancanza di uguaglianza, nel poter avere la cura nel momento di bisogno. Se vogliamo introdurre anche una lettura un po' più cinica, anche su quanto ci vorrà in futuro per affrontare la cura di malattie degenerate, di patologie non intercettate alla loro origine, che comunque - almeno finché si vorrà avere un minimo di rispetto dell'articolo 32 della Costituzione - dovranno trovare risposte nel Servizio sanitario nazionale.
Parlare di liste di attesa implicava chiedersi il perché si è arrivati a questa situazione - che non è certo nata con il Governo Meloni, ma che con il Governo Meloni, a mio giudizio, ha un'ulteriore incapacità di lettura e di risposta -, che trova origini ben precise, che poi magari richiamerò. Riguarda una carenza di personale, che ormai appare in maniera evidente in ogni aspetto sanitario che andiamo ad affrontare in quest'Aula; riguarda uno scarso utilizzo ottimale del personale stesso: spesso e volentieri noi chiediamo a chi sa di sanità di occuparsi di burocrazia sanitaria invece che di cura della persona malata; riguarda la disorganizzazione generale che - guardate - non solo interessa i 21 sistemi territoriali presenti nel nostro Paese, che già di per sé sono una difficoltà non di poco conto, ma riguarda anche la scarsa qualità o addirittura la mancanza di comunicazione all'interno dei sistemi regionali.
Io sono lombardo ed è quasi cronaca giornaliera quella per cui i medici lamentano che il sistema informatico regionale è fuori controllo, non funziona, non riescono a immettere i dati, ma, soprattutto, non riescono ad acquisire i dati necessari per avere un giusto quadro della persona che hanno davanti e della quale dovrebbero occuparsi dal punto di vista sanitario, non solo nello specifico della patologia che ha denunciato, ma per un quadro più generale di prevenzione, di diagnostica, che dovrebbe essere l'elemento base di una sanità di qualità.
Tuttavia, il tema delle liste d'attesa ha a che fare anche con un rapporto pubblico-privato. Non dimentichiamo infatti che, è vero, attraverso il privato convenzionato, il ruolo che svolge non è di poco conto, però, andando ad analizzare i numeri, ci accorgiamo come questa attività sia molto orientata verso certi tipi di diagnostica, è molto distratta, lontana verso altri tipi di diagnostica che, stranamente, ha anche a che fare con il riconoscimento economico-finanziario della prestazione stessa. Ha molto a che fare anche con la presenza territoriale di questo privato accreditato, che ovviamente è molto più attento e molto più presente dove il numero dei cittadini e delle cittadine è di un certo tipo, quindi, c'è più mercato - mi si conceda la definizione -, è molto meno presente, se non totalmente assente, nelle aree interne, nelle zone montane, dove chiaramente la base delle possibili persone che hanno bisogno delle stesse prestazioni è minore.
Allora tutto questo come può essere affrontato per arrivare a dare una risposta alle liste d'attesa? Indubbiamente, con una riforma generale del Servizio sanitario e - mi permetto di sottolineare - continuiamo a chiamarlo “servizio”, non facciamo l'errore, anche lessicale, di chiamarlo “sistema”, perché il sistema è come organizzare il servizio; il servizio è qualcosa di più di un sistema, è un dovere dello Stato previsto in Costituzione, previsto da leggi nazionali di riferimento, che dicono che le persone, che hanno un bisogno sanitario, devono trovare una risposta.
Ecco che affrontare una riorganizzazione del Servizio significa dare una lettura anche molto attenta del contesto in cui bisogna intervenire, contesto molto diverso rispetto anche a un recente passato. Il COVID, anche da questo punto di vista, ci obbliga ad avere occhiali nuovi nel fare una valutazione della situazione che deve tener conto di una società che cambia per età media (il tema dell'invecchiamento, che oggi, non è ancora stato affrontato, è chiaramente una delle questioni che sempre di più caratterizzerà, con le implicazioni anche sanitarie, il nostro il nostro futuro), di una società sempre multietnica, sempre più ricca e varia, che implica anche ricadute di lettura dei bisogni sanitari per evidenti ragioni anche di genetica e di luoghi di provenienza. Inoltre, ha a che fare con la necessità di affrontare una volta per tutte, per esempio, la medicina di genere. Noi abbiamo una mentalità molto improntata a una sanità che parla al maschile e ci dimentichiamo che la maggioranza della popolazione di questo Paese è rappresentata da donne che hanno anche patologie molto specifiche; recentemente, ho avuto modo, con alcuni colleghi anche qui presenti, di analizzare il tema dell'emicrania, che - ahimè - è una caratteristica che colpisce soprattutto le donne. Ecco, la sanità ha bisogno di svilupparsi e di parlare sempre di più al femminile, non dimentichiamolo. Potremmo andare avanti, in questa lettura, e parlare di malattie rare, di necessità di investire fortissimamente in prevenzione, parlare di diagnostica, che deve intercettare l'origine dei primi sintomi, le malattie stesse. Parliamo di conoscenza ed elaborazione dei dati sanitari che dovrebbero anche portarci a sviluppare la cosiddetta medicina di iniziativa, che individua platee di persone che possono essere soggette a determinate patologie e, quindi, vengono maggiormente monitorate, controllate e verificate con un'adeguata opera di . Come dicevo, potremmo fare un elenco davvero lungo per dire cosa servirebbe, per poi arrivare all'abbattimento delle liste d'attesa.
Tuttavia, non voglio nemmeno dimenticare un altro aspetto - è già stato oggetto di una qualche riflessione anche in quest'Aula - che riguarda la cosiddetta medicina difensiva che porta, da un lato, ad un eccesso di richiesta di prestazione, quindi, anche l'adeguatezza, a volte, di alcuni approfondimenti diagnostici e, dall'altro lato, invece, anche lo “scarica barile” sulla specializzazione estrema rispetto a una medicina generale che, invece, a volte, dovrebbe sapere dare risposte diverse. Ciò è dovuto anche allo stato in cui abbiamo lasciato il personale sanitario con una indeterminatezza normativa, legislativa, dove molto spesso, anzi, il numero delle cause intentate ogni anno è lì a dimostrarci cosa significhi per loro.
Sullo sfondo di tutto quello che possiamo dire, in realtà, ciò di cui dobbiamo avere piena consapevolezza è la necessità che, se vogliamo cercare di dare una risposta a questo tipo di domanda, dobbiamo maturare la consapevolezza di immettere più risorse nel Servizio sanitario nazionale. Quando dico più risorse, intendo dire più risorse reali, che non siano qualche cifra, anche importante, in più rispetto al passato - nella storia sempre è stato messo qualcosa in più dal punto di vista del valore assoluto -, ma che ha a che fare con l'inflazione, ha a che fare con la necessità di affrontare campi diversi, approfondire attività diverse, fare di più, in poche parole. Da questo punto di vista, il tanto citato e anche molto contestato rapporto di investimenti in sanità, il PIL, non è banale: è la cifra, l'indicatore, è riconosciuto internazionalmente, che possiamo anche ulteriormente rafforzare con quanto investiamo per persone nel nostro Paese in sanità. Ecco, tutto ciò in questo decreto c'è?
Io mi sento di dire, con grande sincerità, no. Abbiamo a che fare con un decreto - non me ne voglia la collega che prima è intervenuta - che qualche dubbio sulla tempistica lo lascia, perché non dimentichiamo in che momento è stato presentato, in che momento è stato pubblicizzato, anche molto, salvo poi attraversare un percorso al Senato non così tranquillo, ma che si limita a dare una lettura anche molto superficiale, di titolo, al tema delle liste d'attesa (poi elencherò brevissimamente alcuni nodi, a mio parere, di particolare criticità), che non può, per sua natura, per come è concepito, per la limitatezza d'azione, affrontare i nodi di cui parlavo prima e, quindi, dare una risposta al titolo altisonante: le liste d'attesa.
Sullo sfondo, ancora una volta vorrei sottolineare lo scarso ruolo che viene consegnato alle Aule parlamentari. Tutti abbiamo visto il dibattito in Senato, dove francamente l'attenzione alle proposte emendative anche delle opposizioni, del Partito Democratico - per quanto mi riguarda, sono quelle che più ho approfondito, ovviamente - non hanno trovato alcuna capacità di ascolto e di accoglienza. Ora, è arrivato qua alla Camera, questa volta senza fiducia, perché stranamente non abbiamo questa imposizione, ma abbiamo quella formula del monocameralismo alternato che ormai caratterizza questa legislatura, laddove un qualsiasi provvedimento viene analizzato nella prima Camera e nella seconda, con buona pace di tutti - mi vien da dire delle minoranze, ma anche degli esponenti di maggioranza -, deve proseguire senza alcun cambiamento, per non andare in rilettura alla Camera precedente.
La caratteristica principale, al di là del tentativo di una lettura un po' diversa, è che, con questo decreto, non si affronta la questione economico-finanziaria. Ancora una volta, con un meccanismo comunicativo delle tre carte - non mi viene un'altra espressione più elegante -, si cerca di dire che ci sono più risorse, quando, in realtà, girano le stesse risorse, spostate di qua e di là, senza un intervento strutturale necessario, di cui parlavo prima.
Tuttavia, la cosa che vorrei sottolineare ancora di più è che si introduce il messaggio di voler controllare da parte dello Stato l'attività delle regioni nella loro capacità di dare risposte ai bisogni dei cittadini rispetto al tema delle liste d'attesa. Ciò lo si fa, ovviamente, introducendo un nuovo organismo. Voglio ricordare che, partendo da Agenas, ci sono già enti deputati a fare quel tipo di lavoro. Soprattutto si rischia di fare uno scaricabarile di fronte a una disfunzione patita da tutti i cittadini, sia pure in forme diverse e in maniera pesante, in ogni territorio del nostro Paese.
Poi, si dice alle regioni che - senza aggiungere risorse e senza qualcosa di davvero importante per poterle aiutare ad affrontare il problema -, molto semplicemente, saranno controllate e indicate come responsabili di quanto sta avvenendo. Ma forse qualche responsabilità c'è. Forse qualche mancanza di capacità di un maggior coordinamento nazionale anche in positivo rispetto a questo tema sicuramente c'è. Forse, mi verrebbe da dire, sarebbe da ricordare la bocciatura, dalle forze politiche che ora sono in maggioranza in quest'Aula, di un tentativo di riforma del nostro Stato che diceva parole anche piuttosto chiare e che dava indicazioni anche piuttosto precise rispetto alle responsabilità regionali e all'intervento sostitutivo dello Stato rispetto a queste inadempienze e magari ci dovreste spiegare, perché furono prese determinate posizioni riguardo a quel provvedimento e a quel referendum.
Andando ancora avanti, vorrei anche ricordare che si richiama, per esempio, la necessità di avere questa piattaforma nazionale di riferimento per poter agevolare anche la prenotazione delle visite e, quindi, intervenendo anche sotto questo profilo. Però, vorrei richiamare anche ciò che è stato detto prima, cioè cominciamo a far funzionare i sistemi regionali nella loro assoluta inadeguatezza anche in regioni come la Lombardia. Mi viene da pensare - e faccio un riferimento nuovamente territoriale - alle difficoltà degli ultimi 10 anni anche solo ad avere agende uniche di prenotazione, laddove il privato si è sempre ben guardato dall'entrare in questa agenda unica, si è sempre riservato aree molto particolari, nicchie di risposta, ma non vado a ripetere quanto già detto precedentemente.
Poi, sull'idea di aumentare le giornate di possibile attività diagnostica, vorrei ricordare che il tema del personale c'è e rimane. Infatti, non è che risolviamo il problema aumentando i giorni in cui le persone lavorano se, però, mancano le persone che possono lavorare. Certo, possiamo intervenire, come dicevo precedentemente, mettendo nella condizione di fare solo sanità a chi sa di sanità, magari prevedendo figure amministrative in campo sanitario, specializzandole nello specifico, facendo da supporto e liberando del tempo, da questo punto di vista. Possiamo intervenire nel rapporto che riguarda l'attività intramoenia ed extramoenia, possiamo fare tutto quello che vogliamo, però sinceramente faccio molta fatica a pensare che, con le forze attualmente a disposizione, possiamo affrontare il tema dicendo di aumentare i giorni in cui facciamo le visite. A tal proposito, mi sembra che le organizzazioni rappresentative del personale abbiano detto cose anche molto importanti e precise sull'inapplicabilità, appunto, di questo tipo di attività.
Vorrei sottolineare anche due altri aspetti che sono emersi nella Conferenza Stato-regioni. Non è stato un caso la presa di posizione non dura, ma durissima, delle regioni verso, in particolare, la prima stesura del decreto stesso. L'abbiamo letto tutti e abbiamo visto tutti quello che è avvenuto nei tempi in cui si è dovuto affrontare il tema in Senato, che è dovuto andare in in attesa di risolvere questo tipo di tensione.
Dunque, mi verrebbe da dire soprattutto ai colleghi della Lega che dovrebbero magari anche spiegare come sta assieme il messaggio, che poche settimane fa è uscito da quest'Aula - anzi poco fa, la settimana scorsa rispetto all'autonomia differenziata -, con quanto scritto in questo decreto, perché sono due cose che francamente vanno in direzioni anche molto diverse.
Andiamo d'accordo, cerchiamo di capire e ci troverete perfettamente d'accordo nella necessità di un maggior ruolo dello Stato riguardo a questo tema e con un ruolo organizzativo consegnato alle regioni per letture dei contesti territoriali diversi da realtà a realtà, però quello che non è possibile è promuovere un provvedimento che viene presentato come una riforma epocale, come un cambio di passo e come qualcosa che davvero darà risposta alle aspettative e anche alle aspirazioni di decenni e decenni di una forza politica con un provvedimento, il primo subito dopo l'autonomia differenziata, che dice l'esatto opposto.
Sempre per fare un breve elenco e anche per richiamare un po' ciascuno di noi a una qualche responsabilità, non posso non ricordare il tema dell'emendamento Borghi che ha caratterizzato questo decreto. L'emendamento del senatore Borghi voleva togliere l'obbligo vaccinale nell'infanzia e io credo che tutto il mondo scientifico e tutto il mondo della sanità nazionale, europeo e internazionale, l'abbia bollato per quello che è - verrebbe da citare Calderoli, ma non lo faccio -, ma è stato cassato semplicemente, perché non relativo al provvedimento stesso, senza che si sia levata da parte del Governo e della maggioranza una voce chiara che diceva al senatore Borghi che non si mette in discussione il valore e la scelta della scienza riguardo a certe partite. Infatti, strizzare l'occhio ai no-vax in questo Paese e mettere in discussione, attraverso anche questo meccanismo, quasi la validità del tema della vaccinazione con la ricaduta sugli e con tutto quello che gli sta attorno, significa non solo andare in direzione opposta rispetto all'abbattimento delle liste d'attese, ma significa andare a sabotare il Servizio sanitario stesso e distruggere quel livello, comunque, di qualità di salute della popolazione che si è conquistato grazie ai vaccini, perché malattie come la poliomielite non sono scomparse perché è avvenuto il miracolo di Lourdes, ma perché è stata fatta una scelta ben precisa dettata dalla scienza riguardo alla vaccinazione . Non si possono accettare strizzate d'occhio e ambiguità rispetto a temi di questo genere.
Quello che dispiace è che la possibilità che, come opposizioni, in particolare, come Partito Democratico, avevamo posto a quest'Aula con la proposta di legge Schlein sia stata mandata su un binario morto attraverso meccanismi d'Aula che sono e rappresentano sempre un po' una mortificazione del nostro ruolo, invece di essere presa come la vera occasione per aprire un dibattito fra tutti noi per cercare di dare risposte a quella domanda. Lo dico con sincerità e non con un'allusione: voglio credere al Sottosegretario Gemmato, attraverso di lei, Presidente, nel momento in cui dice che l'obiettivo è garantire il servizio a tutti i cittadini in un principio universalistico. Si tratta di avere il momento e l'occasione di poter entrare nel merito davvero e passare dalla fatica del confronto della politica a dire come riusciamo a farlo.
Allora, la proposta di legge Schlein era l'occasione vera, come anche il tentativo con gli emendamenti che sono stati presentati dal nostro gruppo al Senato. L'abbiamo fatto in Commissione e faremo quel che si potrà fare nel prosieguo di questo dibattito verso questo obiettivo, cominciando dalla provocazione dello stanziamento di spesa e del raggiungimento del 7,5 del rapporto col PIL, che è un atto di fiducia, un investimento e significa dire al Ministro Schillaci che noi vogliamo fare di tutto per dargli più soldi per fare quello che deve fare con i suoi Sottosegretari e con il suo Ministero.
Abbiamo voluto dire come i fondi non banali che sono stati messi a disposizione anche in sanità con il PNRR, se non sono accompagnati da investimenti strutturali, rischiano di essere banalizzati e di diventare persino inefficaci.
Abbiamo detto che investire in tecnologia e in digitalizzazione significa crederci davvero, investendo in formazione, investendo soprattutto per portare queste tecnologie al servizio non solo dei grandi ospedali, per aumentare la loro qualità ed efficienza, che è una cosa importante, ma, soprattutto, dei territori marginali, dove l'idea di territorio - altra sfida che ormai è nel lessico di tutti - non può essere concepita solo con il creare qua e là delle nuove strutture murarie, a cui i cittadini possano andare a rivolgersi, sperando di trovare all'interno anche il personale sanitario, ma significa sviluppare un principio di prossimità, laddove, specie nelle aree interne, specie nelle zone montane, la persona spesso anziana, in uno stato di salute precaria e anche senza una rete sociale di aiuto veramente forte, visto lo spopolamento e quant'altro, ma credo che non ci sia bisogno di dettagliare molto, trovi attraverso questi strumenti un momento di vicinanza; laddove l'infermiere, con un medico che si trova a valle, nella casa di comunità, nell'ospedale di comunità, riesca a leggere dei dati che gli vengono mandati attraverso questo meccanismo.
Perché, quando si parla di territorio, quando si parla di investimenti in tecnologia, molte volte penso che si guardi sempre alle sale operatorie o ai grandi presìdi ospedalieri, e ci si dimentichi che l'importante, invece, è tradurli anche in qualcosa di molto concreto e palpabile, che vada, soprattutto, vicino ai bisogni dei territori più deboli, più marginali, e delle persone che li vivono. Sempre per andare avanti in questo breve elenco delle necessità, con la proposta di legge si voleva affrontare in maniera anche molto convinta il tema della salute come estensione del concetto di sanità, dove parlare di salute non significa solo parlare di malattia, ma significa parlare di tutto quel contesto che evita o ritarda il più possibile la malattia e che ha a che fare con l'ambiente, la salubrità dei luoghi in cui si vive, con la sicurezza dei luoghi in cui si lavora, con una pressante educazione agli stili di vita, che riguardi l'alimentazione, ma non solo, che accompagni il cittadino e la cittadina dal momento in cui nasce fino alla fine della sua esperienza di vita.
È un qualcosa, chiaramente, che implica la capacità di relazione con il Terzo settore, con gli enti locali, con tutte le altre realtà che concorrono alla costruzione di un progetto di salute, ed è un qualcosa di diverso dal mettere qualche risorsa, che, tra l'altro, spostiamo da altri campi, rispetto a dei titoli e degli che purtroppo caratterizzano questo modo di governare. Però mi sento anche di dare un'altra risposta al che sempre accompagna questa discussione: ma cosa c'entriamo noi, ma governavate voi, ma abbiamo trovato una situazione che è quella che è.
Ebbene, vorrei dire che il tetto di spesa - vorrei ricordarlo - è stato fatto da un Governo in cui c'eravate tutti, tutti; la Premier mi sembra che fosse Ministro della Gioventù in quei Governi. Quindi, le responsabilità, se ci sono, sono di tutti, e vorrei anche ricordare che, se andiamo a fare una lettura temporale degli ultimi anni, ci sono forze politiche, che siedono in maggioranza, che hanno governato molto di più del Partito Democratico .
Partito Democratico che è stato chiamato, in stato emergenziale, in Governi emergenziali, non certo perché lo ha voluto, ma per un senso di responsabilità del contesto che ci vedeva in una particolare difficoltà. Perciò, se vogliamo fare una lettura di responsabilità, da questo punto di vista, evitiamo di dire cose inesatte, perché l'origine ha una data ben precisa, dettata anche da una contingenza economico-finanziaria ben precisa, vista l'incapacità di quei Governi di reggere minimamente nel contesto europeo internazionale con un minimo di credibilità.
Quindi, lasciamola da parte questa cosa, che davvero rischia di essere anche un po' una narrazione che stanca. Guardiamo, invece, un po' avanti, alziamo lo sguardo e affrontiamo le sfide che abbiamo di fronte. Ritroviamo quello spirito, e ringrazio tramite lei, Presidente, la collega Zanella per aver ricordato una grandissima donna, come Tina Anselmi, che caratterizzò quella stagione. Perché la capacità di Anselmi fu quella di fare sintesi riguardo a un dibattito che nel corso degli anni si era sviluppato nel nostro Paese e che aveva dovuto affrontare il tema delle delle mutue, che aveva dovuto scardinare una mentalità, anche di carità, nel modo di concepire l'attività sanitaria, il bisogno verso le persone che, poverine, sono malate e che, se sono povere, sono ancora più poverine e hanno bisogno di un intervento caritatevole.
E lo fece con un lavoro anche molto certosino di ascolto, di confronto, di costruzione dal basso, nel tessuto della società italiana, per far crescere la consapevolezza del dovere di dare attuazione e risposta a quanto previsto nell'articolo 32 della nostra Costituzione. Ed è, appunto, con questo spirito che noi dovremmo saperci confrontare, non avere timore di entrare nel merito, spacchettare proprio nel minimo dettaglio tutto il settore della sanità e trovare, soprattutto, quello spirito di fedeltà alla Costituzione che, ai tempi d'oggi, credo che ci ponga di fronte a un obbligo. Vorrei chiudere citando un illustre esponente che frequentò queste Aule ed ebbe responsabilità di Governo e politiche non da poco, e che viene dalla mia stessa terra, Mino Martinazzoli.
Ricordava che siamo in un tempo in cui si ha l'impressione di avere dei mezzi sempre più importanti, quasi infiniti, abbiamo quasi l'impressione di essere padroni della vita, ma siamo anche in un tempo in cui rischiamo di perdere di vista il fine di tutto questo. Non perdiamolo di vista, è la persona, la centralità della persona, la risposta ai suoi bisogni, partendo anche da quelli sanitari .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Loizzo. Ne ha facoltà.
SIMONA LOIZZO(LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, l'analisi e la discussione generale di un decreto così importante, come quello sulle liste d'attesa, prevede sicuramente un grande ringraziamento al Ministero della Salute, oggi rappresentato dall'onorevole Gemmato, per il grande sforzo che viene fatto, dopo circa 20 anni in cui non si è fatto nulla. La costituzione, l'idea di creare finalmente una piattaforma interoperativa tra i diversi sistemi sanitari regionali, che può essere, insieme ad Agenas e a tutti gli attori del mondo della salute, la prima in Italia a dialogare sulle liste d'attesa, è veramente, per noi, segno di un grandissimo impegno e di un grandissimo risultato da parte del Governo.
Le liste d'attesa sono un grandissimo problema in Italia, ma è la prima volta che, attraverso anche il modello della stratificazione, della classificazione della popolazione stratificata in salute, si vuole dare delle risposte, e, soprattutto, nei vari articoli si declina proprio la modalità con cui si vuole intervenire che, consentitemi, prevede anche di capire lo stato anche del consumo in termini di patrimonio tecnologico e della capacità professionale, perché oggi mettere mano alle liste d'attesa significa non soltanto, e lo abbiamo anche fatto, aumentare e togliere il limite del tetto di spesa al fabbisogno, ma anche calcolare quanto le liste d'attesa incidano sul nostro patrimonio tecnologico e sul nostro capitale umano.
Perché dietro lo smaltimento delle liste d'attesa non ci sono medici che guadagnano migliaia di euro, ma ci sono medici e infermieri che lavorano costantemente e a cui viene chiesto, perché si è in tre o in quattro, di fare un turno aggiuntivo, mentre molti di loro preferirebbero andare, come altri dipendenti della pubblica amministrazione, a casa. Quindi, il decreto sfonda, finalmente, per le regioni meridionali, come per esempio la mia, il tetto di spesa per il personale, ed è la prima volta, e mi sento di ringraziare questo Governo e questo Ministero per aver sfondato questo tetto di spesa.
Il che non vuol dire avere spese fuori controllo; significa che, laddove dobbiamo ricorrere a forme alternative di supplenza e sanitarie in senso medico e del comparto, si può ricorrere finalmente alle assunzioni. Il decreto presenta tantissime altre novità: l'Osservatorio di verifica e controllo, per esempio; e non è vero che va contro le regioni e le controlla. L'organismo ha nella sua principale natura quella di attingere ai dati. Finalmente i dati sanitari possono essere utilizzati dalla piattaforma per effettuare verifiche, perché ci sono aziende, al Sud come al Nord, che abbattono correttamente le liste d'attesa, ma laddove si dovessero verificare delle ipotesi non percorribili, lì il Ministero deve essere pronto ad intervenire, riducendo le premialità di quelle aziende e, soprattutto, verificando perché le liste di attesa non vengono rispettate. Poi c'è sempre il problema dell'interoperatività, se noi non cominciamo a fare strutture che dialogano all'interno del Ministero della Salute. E mi meraviglia che il MoVimento 5 Stelle e il PD questo decreto non lo vogliano votare perché, se noi avessimo avuto piattaforme di condivisione durante la pandemia e durante il COVID, molte delle difficoltà si sarebbero sicuramente risolte prima. Perché il problema è proprio la mancanza di comunicazione dei sistemi: la Missione dedicata al PNRR Salute parla di questa necessità, della digitalizzazione. Questa digitalizzazione oggi appare in maniera preponderante in questo decreto perché, per la prima volta, si parla di “piattaforme uniche”.
Un altro grande ringraziamento dalla Lega va ad Agenas che, insieme, del Ministero, ha voluto sostenere un progetto assolutamente innovativo. Poi parliamo del nostro capitale umano, oltre che del nostro patrimonio tecnologico, perché mi piacerebbe avere i dati su una TAC che fa 10.000 prestazioni l'anno, se può essere ancora in uso il secondo anno per smaltire le liste di attesa. Ma parliamo del nostro capitale umano. Finalmente le aliquote, il 15 per cento. Ma noi dobbiamo penalizzare, con la tassazione, quei medici e quegli infermieri che offrono il loro lavoro al servizio della comunità? Quale preoccupazione? A me sembrava che il PD e il MoVimento 5 Stelle, in tutta franchezza, fossero dalla parte di queste categorie. Allora, perché esprimiamo elementi di preoccupazione rispetto all'aver finalmente defiscalizzato gli oneri rispettivi alle prestazioni aggiuntive?
E poi, lasciatemi dire una cosa sull'autonomia differenziata e termino. La colpa del divario tra Nord e Sud - lo dico orgogliosa di essere un medico calabrese - non è l'autonomia differenziata; la colpa è di chi ha amministrato male le nostre regioni. C'è una responsabilità politica rispetto ai piani di rientro. Ogni piano di rientro, in ogni regione, risponde non solo alla logica economica, come si vuol far pensare, ma anche alla logica unica e importante della responsabilità politica.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Marianna Ricciardi. Ne ha facoltà.
MARIANNA RICCIARDI(M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, avete presentato il decreto-legge recante misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie in data 7 giugno 2024: è chiaro che dietro non c'è alcun calcolo politico, considerato che nei giorni 8 e 9 giugno si sarebbe votato per le elezioni del Parlamento europeo. Siamo certamente in malafede. Avete annunciato a giugno l'abolizione del tetto di spesa per l'assunzione di personale, che programmate per il 2025. Forse, a scuola, durante la lezione di educazione civica, eravate distratti: vi è sfuggito che il Parlamento fa le leggi; il Governo le attua o, eventualmente, fa leggi urgenti. Quindi, mi spiegate cosa c'è di urgente nel programmare qualcosa che avverrà, forse, tra sette mesi?
Allora, ho avuto l'illuminazione: non potevamo certo pretendere di avere tutto e subito; volevate creare un po' di . E se l'attesa dell'abolizione del tetto di spesa, fosse essa stessa l'abolizione del tetto di spesa? Ecco, ma non basta arrivare a gennaio 2025, toccherà aspettare i decreti attuativi. In genere, viene stabilito un limite temporale entro cui pubblicare i decreti, che può essere di 60, 90 o 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto. E se la scadenza non viene rispettata? Faccio un esempio. La legge recante norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica - la legge che permette di donare il corpo alla scienza, per intenderci - prevedeva che, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, con decreto del Presidente della Repubblica, si sarebbe dovuto adottare un regolamento per stabilire modalità e tempi per la conservazione, la richiesta e l'utilizzo del corpo del defunto, nonché per indicare le cause di esclusione dell'utilizzo dei corpi. Insomma, il decreto che avrebbe permesso di rendere realmente effettiva la legge. Altro che tre mesi, il decreto è arrivato tre anni dopo. E ancora siamo a zero, perché adesso il Ministero della Salute dovrebbe promuovere iniziative di informazione dirette a diffondere tra cittadini la consapevolezza e la conoscenza delle disposizioni della legge, così come a diffondere tra i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta tutte le informazioni per renderli realmente consapevoli sulle disposizioni della presente legge. A qualcuno è giunta notizia? A me, no.
Ancora, la legge recante disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie è la legge 8 marzo 2017, n. 24. Con l'articolo 14 veniva istituito il Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria. Si rinviava a un successivo regolamento, da adottare con decreto entro 120 giorni, la definizione delle modalità di intervento e funzionamento del Fondo. Voi l'avete visto questo decreto? Altro che 120 giorni, sono passati 2.670 giorni ad oggi: ben sette anni. Ma continuo, perché so che questa ricerca vi sta appassionando. Decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, codice delle assicurazioni private. All'articolo 138 veniva previsto che, con decreto, da licenziare entro 120 giorni, si sarebbe dovuto provvedere alla predisposizione di una tabella unica delle menomazioni all'integrità psicofisica, comprese tra 10 e 100 punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità, comprensivo dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso. Ebbene, dopo soli 19 anni questa tabella non ha ancora visto la luce. Ad oggi, pensate che mancano oltre 500 decreti attuativi. Incredibile avere così tante leggi, ma che in realtà non sono davvero attuate, non credete? Mi verrebbe quasi da chiedere a che serva e, soprattutto, a chi serva che sia così.
Ma tornando al nostro decreto, oggi in discussione, nel caso del tanto agognato superamento del tetto di spesa per l'assunzione di personale sanitario, entro quando andranno licenziati i decreti attuativi? Ecco, in questo caso non c'è nemmeno una previsione dei tempi. Vi leggo la procedura: “A decorrere dall'anno 2025, ai fini della determinazione della spesa per il personale delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni, nell'ambito del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale, con uno o più decreti del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, è adottata una metodologia per la definizione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale”. Traduzione: non è detto che verrà abolito il tetto di spesa all'assunzione di personale, ma andrà adottata, dopo tutte queste intese che richiedono chiaramente ognuna un certo tempo, una metodologia per definire il fabbisogno di personale. “Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale”: già l'ho sentita. Ah, sì, legge 30 dicembre 2022, n. 234. Avete previsto l'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale. Tale metodologia andava adottata con decreto entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione.
Ovviamente, inutile dirlo, sono passati molto più di 180 giorni. Un Governo che meriti questo nome si preoccuperebbe di fare il decreto per attuare la legge e non di fare prima un'altra legge, che prevede di fare un altro decreto, che permette quindi di adottare un'altra metodologia per la definizione del fabbisogno di personale e senza ovviamente stabilire una scadenza massima. A me, sinceramente, sembra che ci stiate un po' portando a sperdere. Altra traduzione: il decreto attuativo ci sarà, forse, sulla carta, prima o poi. Ma i pazienti che aspettano dieci mesi in lista d'attesa per fare una colonscopia, mi spiegate voi che se ne fanno di questa carta? Di sicuro non stanno a leggere il vostro decreto attuativo. La procedura che avete in mente è: io non lo scrivo e voi non lo leggete. Il problema è atavico e si trascina da anni. Qui facciamo opposizione seria e mai ci sogneremmo di dire che il problema delle liste d'attesa è un problema che ha creato questo Governo. Questo Governo, però, sicuramente, è reo di propaganda, e lo abbiamo visto nella plateale e sfacciata rivendicazione di un investimento mai visto prima in sanità. Propaganda, sì, perché quei 2 miliardi - briciole avanzate da una manovra economica che ha preferito foraggiare i privati - non bastavano nemmeno a coprire i costi aumentati delle bollette. E se vi ritrovate il Fondo sanitario più alto di sempre non è certo per merito vostro; non sono soldi che avete messo voi, ma dipende tutto da quanto è stato investito con il Governo Conte, nonostante le difficoltà di gestire una pandemia .
Altri 2 miliardi li avete dati alla sanità privata e, ogni volta che ve lo rinfacciamo, ci rispondete: sì, quella convenzionata, così smaltiremo le liste d'attesa. È ancora propaganda, perché di fatto gli ospedali e le cliniche private accreditate dovrebbero collaborare con gli ospedali pubblici per garantire i livelli essenziali e uniformi di assistenza su tutto il territorio nazionale. Ma in realtà, al netto di alcune realtà virtuose, la maggior parte segue la legge del profitto e, quindi, chiaramente, punta sulle attività più remunerative e più sicure, specialmente nel caso degli interventi chirurgici che spesso sono anche a rischio di inappropriatezza perché si lascia ampia discrezionalità nel decidere se sia utile o meno eseguirli. Peccato che gli ospedali privati siano anche carenti di pronto soccorso e di terapie intensive, visto che i ricoveri sono lunghi e rischiosi. Anche per questo gli ospedali pubblici sono costretti a dover ricorrere ai medici a gettone per fronteggiare la mancanza di personale nelle emergenze-urgenze.
Eppure, quando il Ministro aveva annunciato questo decreto, una piccolissima luce di speranza si era accesa. Infatti, se parliamo di salute e di dignità delle persone, e lo affermo da medico con ancor più convinzione, va bene qualsiasi tentativo per andare verso una direzione risolutiva. E le bandierine, certamente, non si piantano sulla pelle di chi soffre e ha bisogno di curarsi, o almeno così dovrebbe essere. Se poi pensiamo che avete abolito l'unico strumento di sostegno sociale esistente, solo perché l'aveva fatto il MoVimento 5 Stelle, sostituendolo con surrogati inefficienti, questa è un'altra storia.
Anche per il decreto Liste d'attesa, fin da subito, ci siamo accorti che la scatola dipinta come il cappello magico da cui dovevano uscire tutte le strabilianti soluzioni, invece, era la solita scatola vuota, con tante belle intenzioni, ma zero risorse. E la scusa è sempre la stessa: i soldi non ci sono, la coperta è corta. Strano, però, se si pensa alla vostra propensione a fare provvedimenti che indeboliscono la sanità, invece di rafforzarla, e che costano anche un botto. Avevate, infatti, adottato, ad esempio, l'estensione della possibilità di ricorrere, per tutte le specializzazioni, ai medici a gettone, nonostante i gettonisti siano molto più costosi a causa dell'intermediazione delle cooperative, ma non garantiscono, tra l'altro, nemmeno la continuità delle cure. E intanto lo avete fatto e ne avete ampliato l'utilizzo, nonostante le affermazioni del Ministro Schillaci che ha sempre detto di essere contrario e di voler combattere il fenomeno dei medici a gettone, i quali, però, si sono visti spalancare le porte e guadagnano tre volte rispetto ai medici che lavorano stabilmente nel pubblico.
Le promesse che avete tradito potevano sembrare quasi errori da incompetenza, tanto sono state plateali, ma poi il quadro si è fatto più chiaro e abbiamo capito tutti qual è il disegno che avete in mente: volete distruggere la sanità pubblica per farla diventare completamente privata . E ci siamo accorti, poi, che delle cose vi piace parlare tanto, ma “fare” proprio non se ne parla. È il vostro numero di illusionismo più riuscito: annunciate le cose con una pomposità che neanche i giochi circensi dell'antica Roma, grazie anche a compiacenti che vi consentono di perseverare nell'epopea di annunci senza contraddittorio, e poi, , queste cose spariscono. Ve la ricordate, ad esempio, la tassa sugli extraprofitti bancari o gli accordi miracolosi con l'Albania? Noi sì, voi invece simulate perdite di memoria. Ebbene, io temo che anche quello delle liste d'attesa sia l'ennesimo propagandistico, lanciato a tutta birra poco prima delle elezioni europee e che poi finirà, ahinoi, nella silenziosa palude dei nulla di fatto.
Ma vediamo quali sono le novità di questo decreto, che poi tanto nuove non sono.
All'articolo 2 del decreto viene istituito l'Organismo di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria che opera alle dipendenze del Ministro della Salute e che affiancherà il Sistema di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS).
Mi verrebbe da chiedere perché questo nuovo organo dovrebbe funzionare meglio e cosa dovrebbe fare in più del SiVeAS, che già abbiamo, ma non vorrei fosse l'ennesimo stratagemma per dare qualche poltrona ad amici e parenti, dato che gli incarichi dirigenziali saranno assegnati non necessariamente mediante concorso. Il testo dice espressamente: anche mediante l'indizione di procedure concorsuali. Magari c'è qualche altra fidanzata di qualche altro Sottosegretario che va sistemata al Ministero della Salute, per non fare un torto a nessuno. Possiamo considerare il vostro decreto come una burla mal composta, tant'è che era stato bocciato anche da tutte le regioni, in virtù di quel comma 2 dell'articolo 2 che dava la facoltà all'Organismo di controllo di svolgere verifiche presso le aziende sanitarie sul rispetto dei criteri di efficienza e di appropriatezza nell'erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie e sul corretto funzionamento del sistema di gestione delle liste d'attesa e dei piani operativi per il recupero delle liste medesime.
Ora, quel comma è stato soppresso e nella nuova versione del decreto si prevede che le regioni, entro 60 giorni, istituiscano un'unità centrale di gestione dell'assistenza sanitaria e dei tempi delle liste d'attesa, e che, a sua volta, questa unità centrale provveda a nominare il Responsabile unico regionale dell'assistenza sanitaria (RUAS). Se il RUAS e l'unità centrale non fanno quanto previsto, allora subentrerà l'Organismo centrale di verifica e controllo. Insomma, avete fatto pace con le regioni individuando un capro espiatorio, il RUAS, che agirà, a quanto pare, senza compensi, senza gettoni di presenza e senza rimborsi di spesa, cioè sostanzialmente senza risorse, esattamente come il decreto.
Ancora, al comma 9 dell'articolo 3 prevedete il divieto di sospendere o chiudere le agende di prenotazione di esami e visite specialistiche. Anche qui, nulla di nuovo: era già previsto dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266. Cambia giusto la sanzione: adesso l'azienda che contravviene rischia di dover pagare 2.000 euro, anziché 1.000 euro. Giustamente c'è stata l'inflazione.
Al comma 10, sempre dell'articolo 3, prevedete che, se i tempi previsti dalle classi di priorità non possono essere rispettati, le direzioni generali, per erogare le prestazioni, potranno ricorrere alle attività libero-professionali intramurarie, alle prestazioni aggiuntive e al sistema privato accreditato. E comunque, anche qui, niente di nuovo: ci aveva già provato la regione Lombardia, chiedendo ai privati accreditati un aumento del 10 per cento della produzione delle prestazioni in convenzione, soprattutto per quelle prestazioni con tempi di attesa lunghissimi. Com'è andata a finire? I privati hanno fatto 700.000 prestazioni in meno in convenzione e 400.000 in più a pagamento. Hanno pagato anche una penale, chiaramente, per il mancato raggiungimento dell'obiettivo, ma, evidentemente, a loro conviene di più pagare la penale e fare le prestazioni in solvenza. E quindi, alla fine, si continuano a privilegiare le prestazioni più remunerative.
Ecco, forse l'unica novità per i cittadini è la possibilità di rivolgersi al privato per fare la visita e l'esame urgente, così come la prescrizione medica, senza dover anticipare i soldi per cui andava poi richiesto il rimborso. Per questo passaggio, però, è necessario un decreto ministeriale, da adottarsi entro 60 giorni dopo la conversione in legge. Se facciamo due conti da quando è stato licenziato il decreto, probabilmente se ne parlerà ad ottobre: campa cavallo che l'erba cresce!
E poi, ancora, la visita in libera professione dovrà essere garantita con il solo pagamento dell'eventuale . Però, anche qui, mi ricorda un altro testo, anzi più di uno: il decreto-legge n. 124 del 1998; l'articolo 55, comma 2, del contratto collettivo dei medici del 2000; e il Piano nazionale di governo delle liste d'attesa per il triennio 2010-2012. Indovinate un po': in tutti e tre questi casi, mai rispettato!
E arriviamo al comma 1 dell'articolo 4: le visite diagnostiche specialistiche sono effettuate anche nei giorni di sabato e domenica e la fascia oraria per l'erogazione di tali prestazioni può essere prolungata. Anche questa misura, già prevista dal Piano nazionale di governo delle liste d'attesa per il triennio 2019-2021, per la precisione, indovinate un po': mai applicata!
Ma il vero problema sta altrove, dobbiamo dirlo chiaro e tondo: è evidente che i 4 milioni e mezzo di italiani che rinunciano a curarsi sono un problema che non può essere risolto con quella copertura insignificante, che, tra l'altro, è l'unica copertura che avete previsto per la defiscalizzazione al 15 per cento degli straordinari del personale sanitario, visto che mancano 35.000 medici e 45.000 infermieri per soddisfare il fabbisogno degli ospedali. E fortunatamente, è stato dichiarato anche improponibile al Senato quell'emendamento che estendeva al personale docente la possibilità di essere trattenuti in servizio su richiesta fino a 72 anni, per comprovate esigenze assistenziali.
Vorrei capire quali esigenze. È davvero singolare che vogliate risolvere la carenza di personale con chi, ormai da tempo, notti e festivi non ne fa più, e il tutto, ovviamente, tenendo bloccato un posto che potrebbe essere dato ad un giovane specialista, che, magari, a 35 anni, notti e festivi li farebbe volentieri e, invece, volete che resti precario. Poi avete venduto come acqua santa l'innalzamento del tetto di spesa, ma il vostro testo è peggiorativo rispetto al decreto Calabria, in quanto l'incremento oltre il 10 per cento dei valori di spesa per il personale, con la nuova norma, può arrivare fino al 15 per cento, ma è vincolato alla richiesta da parte delle regioni e, soprattutto, a misure compensative, da approvare con apposito decreto e dopo un'intesa in Conferenza Stato-regioni.
Anche qui, hai voglia ad aspettare. Ma, soprattutto, se le regioni chiedono con quali soldi alzano il tetto di spesa, il Ministro risponde: con gli stessi già disponibili e impegnati per lo più su altri capitoli di spesa. Quindi, sostanzialmente, non più soldi, ma l'invito a spostarli e sottrarli ad altro. Mettiamo il caso che le opposizioni siano in malafede, e che, quindi, vi abbiano sottovalutato e che, per miracolo, si riuscissero a contenere le attese: queste attese si trasferirebbero dalla fase diagnostica alla fase terapeutica. E qui casca l'asino, perché gli ospedali pubblici quelli sono, i posti letto quelli sono, e dunque spiegateci: come pensate di evadere la domanda?
Ecco, quindi, che si evidenzia il dramma del cane che si morde la coda, perché, ove mai questo decreto irrealizzabile fosse, contro ogni pronostico, realizzato, si acuirebbe la percezione della reale entità dei veri problemi del Servizio sanitario nazionale, ovvero la mancanza di posti letto, la mancanza di sale operatorie, la carenza di personale medico e infermieristico; detto facile facile, il sottofinanziamento del Servizio sanitario nazionale. Proprio per questo, pensiamo al vostro decreto come alla carotina che smorza un po' la fame della pancia dell'elettorato: avevate promesso di occuparvene, in pompa magna lo annunciate il giorno prima delle elezioni europee, ma fate finta di dimenticare che il diritto alla tutela della salute non riguarda solo la fase diagnostica, bensì l'intero percorso di cure.
E se per rimettere in piedi il Servizio sanitario nazionale occorre reperire risorse, è necessario, però, anche non sprecarle; e di sprechi, invece, il Servizio sanitario nazionale abbonda, se pensiamo alla medicina difensiva, che incide sul 25 per cento delle prestazioni e ci costa circa 10 miliardi di euro l'anno. Significa che, con quel 25 per cento di prestazioni in meno, potremmo ridurre i tempi delle liste di attesa e anche risparmiare svariati miliardi di euro l'anno, che potrebbero, quelli sì, essere destinati al superamento del tetto di spesa per l'assunzione di personale sanitario.
Queste prestazioni sono prescritte - lo sappiamo - al solo fine di tutelarsi da eventuali contenziosi medico-legali, ma non aggiungono nulla al professionista per arrivare a formulare un'ipotesi diagnostica. Ma, se non si interviene in maniera decisa per rivedere la responsabilità dei professionisti sanitari, continueremo non solo ad avere questi sprechi, ma anche ad avere sempre più difficoltà a coprire quei posti nelle branche di specializzazione a più alto rischio di contenzioso, come il settore della medicina di emergenza-urgenza, così come non riusciremo a trovare chi in pronto soccorso voglia lavorarci.
E non finiscono qui i pozzi a cui potreste attingere. Per esempio, basterebbe investire meno in armi: le ultime spese pazze, tra carri armati e F-35, vengono stimate intorno ai 15 miliardi. O ancora, gli extraprofitti delle banche: non è entrato un euro da quella tassa farlocca che avete fatto. Per eliminare gli sprechi e reperire soldi da investire nella tutela della salute pubblica, potreste sostenere la nostra proposta di slegare le nomine in sanità dalla politica, visto che avere dirigenti davvero meritevoli ci aiuterebbe ad evitare quello sperpero dovuto al fatto che, in alcune realtà, c'è una gestione poco efficiente e con grandi errori di programmazione, spesso dovuti proprio al fatto che nei posti apicali non ci sono i più meritevoli, ma gli amici degli amici.
Ma tutte queste cose le sapete anche voi, voi che state portando avanti quella schifezza che è l'autonomia differenziata, un macigno di divari che si abbatterà sui più fragili, da Nord a Sud, determinando una legittimazione delle disuguaglianze e sempre di più alimenterà la vergognosa divisione tra chi è ricco, e può permettersi le cure, e chi, invece, non lo è e deve rassegnarsi ad aspettare i tempi delle liste di attesa . Mentre voi continuate a cantare le vostre mitiche imprese, ai malati tocca affrontare drammatiche odissee, perché tanto, se succede qualcosa a voi o ai vostri cari, mica dovete fare i conti con le liste di attesa. Ancora andate nei a dire che avete fatto il più grande investimento di sempre, peccato che nessuno abbia mai il coraggio di dirvi: Sì? E come mai non abbiamo la sanità migliore di sempre?
La domanda è retorica, e di retorica vuota è intriso il vostro decreto. Se lo avete fatto così, senza risorse, sapete cosa mi viene da pensare? Che lo avete fatto apposta per dire che il sistema pubblico non funziona, e favorire, quindi, il passaggio verso un sistema che sia privato e con il sistema delle assicurazioni. Ma io non ci sto e noi non ci stiamo, e, per questo, continueremo a lottare per difendere la salute pubblica e continuare a gridarvi: giù le mani dalla sanità pubblica .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, l'onorevole Luciano Ciocchetti, tenendo conto che ha terminato i minuti, quindi per un paio di minuti al massimo: rinuncia.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, onorevole Marcello Gemmato.
MARCELLO GEMMATO,. Grazie, Presidente. Non intendo svolgere un intervento conclusivo, all'esito di interventi in larga parte condivisibili, che fanno emergere ciò che dicevo poc'anzi, nella fase nel mio primo intervento, ovvero un profondo affetto nei confronti del sistema sanitario nazionale pubblico e la volontà da parte di tutti di difenderlo.
Tuttavia, per amore di verità rispetto all'unico tema che non è opinabile, ovvero quello della dotazione del Fondo sanitario nazionale, del rapporto rispetto al PIL, dell'inflazione, mi permetto di fare, garbatamente, alcune puntualizzazioni, perché, trattandosi di numeri, non possono essere interpretati - la mia formazione scientifica in questo emerge -, sono numeri secchi, che mi piace ricordare all'Aula non per esercizio contraddittorio, ma perché immagino che chi ci ascolta fuori voglia sentire questo e debba sentire questo proprio per capire che c'è un Governo che crede nella sanità pubblica e investe in quella sanità.
Oggi noi raggiungiamo il massimo di 134 miliardi di euro - mi dispiace contraddire la collega parlamentare dei 5 Stelle -, non perché sia stato appostato in passato; non è che un Governo che viene prima mette i soldi per il Governo che viene dopo, ma il Governo che viene dopo trova le risorse che sono state appostate. Riconosco, per onestà intellettuale, che, durante la pandemia da Coronavirus, il Governo dei 5 Stelle, per poter fronteggiare la pandemia, per acquistare i vaccini, le mascherine, i respiratori, gli straordinari, ha implementato il Fondo sanitario nazionale, sforando, cosa che questo Governo sta cercando di non fare; all'epoca fu data la possibilità, in generale durante il COVID, di sforare ampiamente la dotazione economica.
Ma ciò che mi piace ricordare è che il Governo Meloni non solo ha confermato quel livello di spesa, ma lo ha implementato, portandolo ai 134 miliardi di euro più volte citati in questo frangente, non esistendo la pandemia da Coronavirus. Quel posto dal Governo dei 5 Stelle, ripeto, giustamente, era servito per l'acquisto di mascherine, vaccini, respiratori, straordinari, eccetera. Noi non solo lo abbiamo confermato, ma lo abbiamo implementato, pur non esistendo quelle spese, a testimonianza della volontà di questo Governo. Tant'è vero che le riporto un parametro: nel 2019, prima del COVID, il Fondo sanitario nazionale si dotava di 114,8 miliardi di euro, quindi all'incirca 20 miliardi di euro in meno rispetto ad oggi. Quindi noi, a parità di condizioni - nel 2019, 5 anni fa, non c'era il COVID, oggi non c'è il COVID -, appostiamo più di 20 miliardi per la sanità pubblica.
Non mi affascina il tema del rapporto con il PIL, perché, se è vero che durante uno o due anni dei Governi passati si è raggiunta la percentuale del 7 per cento, è di tutta evidenza che quella percentuale derivi dal numeratore e dal denominatore. Al denominatore c'è il prodotto interno lordo: durante la pandemia, quel prodotto interno lordo era crollato, perché erano chiuse le fabbriche, gli studi, i ristoranti, era, sostanzialmente, chiuso tutto.
Crolla il denominatore, il prodotto interno lordo, schizza il coefficiente al 7 per cento, ma, in valore assoluto, questo Governo, come ho detto, sta ponendo più soldi. In ultimo, rispondo alla collega Zanella, anche il tema dell'inflazione, probabilmente, colpisce meno il Fondo sanitario nazionale pubblico. Perché questo? Se quella tematica è vera e può essere presa in considerazione per altri Ministeri e per altre dotazioni - penso, per esempio, alle infrastrutture: c'è, oggettivamente, un aumento dei costi delle materie prime -, il Fondo sanitario nazionale si compone per un terzo circa, per il 35 per cento, degli stipendi dati al personale sanitario.
Registro in un'Aula, che fa le leggi, che, da ragazzino - seguo la politica praticamente da sempre - c'è stato un referendum sulla cosiddetta scala mobile, per il quale si è svincolato il percepito dei lavoratori in generale dall'inflazione, quindi non è che se aumenta l'inflazione, aumenta lo stipendio. Significa che un 35 per cento circa del Fondo sanitario nazionale non viene colpito dall'inflazione.
Continuo: un'altra spesa fondamentale, un altro capitolo di spesa è quello della farmaceutica: il 15,3 per cento del Fondo sanitario nazionale. Registro, anche qui, che il costo dei farmaci erogati in convenzione, i cosiddetti “farmaci di fascia A” e i farmaci mutuabili in generale, viene contrattato per l'AIC, per l'autorizzazione all'immissione in commercio, dall'Aifa.
Dicono - e questo dai dati si evince - che l'Aifa italiana sia, a livello europeo, una delle agenzie più brave nel contrattare al ribasso e, quindi, abbiamo certi prezzi (e in questo c'è un elemento aggiuntivo che voglio rilevare per dare merito all'Aifa), ma, soprattutto, quei prezzi che vengono stabiliti hanno un orizzonte temporale lungo - la cosiddetta copertura brevettuale della proprietà intellettuale è all'incirca di otto anni - nell'ambito del quale quel prezzo rimane fisso. Terminati gli otto anni, non è che influisce l'inflazione. No, il prezzo diminuisce perché vengono, diciamo, formulati i cosiddetti farmaci generici e quindi anche un ulteriore 15,30 per cento della spesa farmaceutica, che si somma al 35 per cento, non subisce la tenaglia dell'inflazione.
Potrei continuare, le ASL naturalmente fanno gare d'appalto che non hanno un orizzonte di 6 mesi-1 anno, ma di 3, 4, 5 anni nelle forniture; anche queste gare non subiscono la tenaglia o comunque la restrizione dell'inflazione. Quindi, quando ci si appella all'inflazione, che è un tema generale condiviso, ripeto, per altri fondi, ho citato, non a caso, il Ministero, per esempio, delle Infrastrutture, questo non riguarda il Servizio sanitario nazionale pubblico. Pertanto, quando diciamo che abbiamo postato 134 miliardi di euro, per larga parte quei 134 miliardi di euro sono investimenti non colpiti dall'inflazione e che possono essere spesi per curare meglio gli italiani.
Ribadisco il fatto che, insieme a una maggiore dotazione economica, vi è bisogno di nuovi modelli organizzativi e questo decreto in conversione va proprio in quella direzione.
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate, a norma dell'articolo 96-, comma 3, del Regolamento, le questioni pregiudiziali Quartini ed altri n. 1, Braga ed altri n. 2 e Zanella ed altri n. 3 che saranno esaminate e poste in votazione prima del seguito dell'esame del provvedimento.
Poiché l'ordine del giorno prevede che si possa passare al seguito dell'esame non prima delle ore 13, sospendo l'esame del provvedimento fino a tale ora.
La seduta è quindi sospesa e riprenderà alle ore 13.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 20 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 13,20.
La seduta è sospesa.
PRESIDENTE. . Colleghe e colleghi, nella serata di ieri, a Napoli, alle 22,40 il crollo di un ballatoio nella Vela celeste del rione Scampia ha provocato il decesso di Roberto Abbruzzo, di anni 29, e Margherita Della Ragione, trentacinquenne, nonché il ferimento di altre 13 persone, alcune delle quali versano in gravi condizioni, tra questi, vi sono anche 7 bambini di età compresa tra i 2 e gli 8 anni. In attesa delle verifiche strutturali, molte famiglie sono state costrette ad abbandonare le loro abitazioni. Si tratta di circa 800 persone, tra le quali sono presenti 300 minori e 71 invalidi. L'auspicio è che nei tempi molto ravvicinati queste persone possano rientrare nelle loro abitazioni.
Sarà naturalmente compito della magistratura approfondire quali siano state le cause dell'accaduto e, in tal senso, auspico che venga fatta al più presto chiarezza, anche individuando i responsabili di questa tragedia, che ritengo inaccettabile. Quanto accaduto impone, comunque, a tutte le istituzioni di mettere ancora di più al centro dell'attenzione il tema del degrado urbano e della sicurezza delle abitazioni, adottando ogni iniziativa per evitare che tragedie come quella di Scampia si possano mai ripetere.
Esprimo, a nome dell'intera Assemblea e mio personale, profondo cordoglio e sentite condoglianze alle famiglie delle vittime e un augurio di pronta guarigione ai feriti che risultano ancora ricoverati negli ospedali della città, con particolare riguardo e premura nei confronti dei fanciulli coinvolti nel crollo.
Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio .
Ha chiesto di intervenire l'onorevole Gerolamo Cangiano. Ne ha facoltà.
GEROLAMO CANGIANO(FDI). Grazie, Presidente. Non ci sono parole per spiegare la tristezza di queste ore. Quello che è successo a Scampia - 13 feriti, 2 morti, tanti bambini - è una ferita che fa male al cuore. Quello che è successo è di una durezza incredibile, lo schiaffo che lascia è il segno del dolore. Da padre, pensare a quei bambini è veramente qualcosa di atroce. In tanti dicono che è una tragedia annunciata, ma adesso non è il momento delle polemiche. Adesso è il momento del cordoglio, della vicinanza ai morti, della vicinanza ai feriti, ai genitori di quei bambini e del ringraziamento a tutte le Forze dell'ordine coinvolte, ai Vigili del fuoco che, per tutta la notte, hanno combattuto e sostenuto i tanti feriti di Scampia.
Prendiamo, con coraggio, le parole del sindaco di Napoli, che questa mattina ha detto che l'impegno su Scampia continua, e noi di questo siamo felici. Quindi, tanta vicinanza alle vittime e un forte commosso ricordo per i morti .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sarracino. Ne ha facoltà.
MARCO SARRACINO(PD-IDP). La ringrazio, signor Presidente. Come lei ha detto, questa notte intorno alle 22,40 si è consumata un'ingiusta e assurda tragedia a Scampia: nella Vela celeste è crollato un ballatoio, sono state coinvolte 15 persone, di cui 2 purtroppo hanno perso la vita (avevano 29 e 35 anni), e tra i feriti ci sono 7 bambini.
Non molti lo sanno, Presidente, ma Scampia e il quartiere più giovane d'Europa, e quelle vele sono il simbolo di un territorio che, negli anni, ha pagato tanto e ricevuto praticamente pochissimo.
La macchina dei soccorsi si è immediatamente attivata, grazie al prefetto, al sindaco, alle Forze dell'ordine, alla Protezione civile, ai Vigili del fuoco e anche a chi, in quella municipalità, riveste ruoli istituzionali e agli stessi abitanti delle Vele. Ma in questo momento mancano molte cose, alcune elementari, come, ad esempio, le bottiglie d'acqua. Sono oltre 800 le persone evacuate, di cui 300 sono minori, numeri che, per quanto siano impattanti, non rendono assolutamente l'idea della gravità della situazione, del dramma sociale che quotidianamente si consuma in quel quartiere. Per anni, Presidente, che sono stati anche gli anni della mia adolescenza in quel quartiere, Scampia ha vissuto di un'ampia narrazione: da territorio ostaggio della criminalità organizzata a luogo inaccessibile per tutti, tranne per chi veniva da ogni parte d'Italia per acquistare ogni tipo di droga. Quelle Vele erano il simbolo non solo di una folle scelta urbanistica, ma anche di un degrado sociale e culturale che ha fatto il giro del mondo, Vele prima sgomberate, Vele poi rioccupate, Vele in parte buttate giù. Ne restano tre, ma in futuro, Presidente, ne resterà soltanto una, proprio quella in cui stanotte è crollato quel maledetto ballatoio. Sì, perché a Scampia è previsto uno dei più grandi progetti di riqualificazione e rigenerazione urbana d'Italia, un processo che non può e non deve essere messo in discussione. Negli anni, a Scampia è arrivata la metropolitana, è arrivata anche l'università, il tutto grazie a un grande processo di collaborazione tra le istituzioni e la fittissima rete associativa, grazie alla quale, ogni anno, centinaia di bambini riescono a usufruire di attività e di diritti che vengono loro negati per il solo fatto di aver avuto la sfortuna di essere nati nell'area nord di Napoli. Per questo, Presidente, ReStart Scampia non può e non deve fermarsi, rappresenta infatti il riscatto di chi, in quel quartiere, ha dovuto sempre lottare e combattere per cose semplici: per la casa, per il lavoro, per l'istruzione, per la cura di base. Per questo, al grido di dolore che si leva in queste ore va dato non solo il conforto, ma anche una risposta, perché quando si spegneranno le telecamere, come è successo sempre, chi abita nelle Vele, chi abita nei 7 palazzi, chi abita nelle case celesti, chi abita nel Don Guanella resta solo, insieme ai suoi drammi. Questa volta non potrà e non dovrà succedere .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ziello. Ne ha facoltà.
EDOARDO ZIELLO(LEGA). Grazie, Presidente. Anzitutto, ci tengo a ringraziare, in nome e per conto del gruppo della Lega-Salvini Premier, la Presidenza della Camera, per aver avuto la sensibilità per l'organizzazione di questo momento di cordoglio collettivo e unanime che l'intera Aula parlamentare si accinge a esprimere nei confronti delle 2 vittime, dei 13 feriti, di cui 7 bambini, e di tutta la popolazione napoletana e campana, ma, in questo caso, italiana, terribilmente sconvolta dall'accaduto.
Purtroppo, si parla di una zona dove regna la marginalità, il degrado, dove le politiche di inclusione a livello comunale sono difficili da far penetrare, dove ci sono conflitti in corso tra le associazioni che vogliono il riscatto di quel quartiere, che combattono ogni giorno con la criminalità organizzata insieme alle Forze dell'ordine, insieme alle istituzioni pubbliche, insieme agli amministratori locali.
Qui e adesso noi viviamo una fase di cordoglio in cui la politica deve, ovviamente, cedere il passo al dolore che tutti noi stiamo provando nei confronti dell'accaduto, un accaduto che si è registrato in un blocco popolare, quelle Vele che hanno scritto una parte di storia, nel bene e nel male del Paese, perché guardate, le Vele di Scampia non sono soltanto la Campania, le Vele di Scampia rappresentano un problema per l'intera Repubblica italiana, ed è per questo che, a livello istituzionale apicale è sempre più importante mantenere l'attenzione costante alle politiche abitative, al sostegno verso quelle politiche funzionali al potenziamento dei servizi sociali, che riescono a erogare in forma diffusa e capillare a livello territoriale quelle politiche di inclusione che permettono di sradicare anche fenomeni criminosi.
In questo momento, noi tutti dobbiamo fare uno sforzo collettivo, a mio avviso, per mantenere alta questa attenzione e per tenere sempre in cima, tra tutte le priorità che ogni partito ha legittimamente e sulle quali ci dividiamo ogni giorno, quella della lotta per le politiche della casa. Le politiche della casa devono rappresentare una priorità per tutti i gruppi politici, per tutti i partiti, a prescindere da tutto, perché è necessario - in una situazione di alta tensione abitativa come questa, dove le case popolari costruite, come le vele, tra il 1960 e il 1970 si trovano sempre più in una situazione di degrado - da parte del pubblico, ricevere quei finanziamenti funzionali alla ristrutturazione e alla riqualificazione.
Concludo, Presidente, esprimendo un sentito grazie alle Forze dell'ordine, ai Vigili del fuoco e a tutto il personale delle associazioni di volontariato e della Protezione civile per l'intervento capillare e puntuale che è stato fatto per tutta la notte e per tutta la giornata di oggi .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sportiello. Ne ha facoltà.
GILDA SPORTIELLO(M5S). Grazie, Presidente. È stata una notte dura, buia. Oggi, in quest'Aula, commemoriamo una tragedia, ed è difficile farlo prendendo la parola per un territorio che ha pagato tanto, ha pagato troppo, ha sempre pagato, anche quando non doveva.
Oggi pagano 7 bambini, hanno pagato Roberto, ha pagato Margherita, persone che stanno provando a costruirsi una vita in quello che è un territorio difficile.
A volte si dice che Napoli è faticosa, io sono la prima a dirlo, ma ci sono territori in cui è veramente difficile. Io sono nata a Scampia, ho passato lì i primi anni della mia vita, e con orgoglio lo dico; lo dico con orgoglio di una terra che ha sempre lavorato per non essere quella rappresentata, spesso, nella narrazione collettiva e popolare.
Oggi c'è il dolore, sì, c'è il dolore, ma c'è anche tanta rabbia. C'è la rabbia perché, come al solito, a pagare lo scotto più alto sono le persone più fragili, quelle che con più fatica ogni giorno si alzano, lavorano e cercano di invertire la rotta, non solo delle proprie vite, ma anche delle proprie comunità. E, allora, Scampia ha aspettato tanto, Scampia sta attraversando, come diceva qualche collega, sicuramente un momento importante, con l'università, con cambiamenti che attraversano il territorio e il proprio tessuto sociale. Però, manca ancora qualcosa di importante, manca la consapevolezza collettiva, non solo del territorio, ma di tutti, ed è soprattutto in quest'Aula che dobbiamo avere profondamente a mente che ci sono fragilità, ci sono persone a cui non possiamo girare la faccia, mai, non solo in momenti di dolore come questo, non solo in momenti in cui commemoriamo una situazione, una tragedia così difficile.
Oggi è il momento del dolore, oggi è il momento di chiedere a gran voce dignità, prospettiva certa, case per le persone che dovranno abbandonare la propria casa, il luogo dove avrebbero dovuto avere più sicurezza in assoluto. Allora, oggi sicuramente gridiamo questo. Oggi mi auguro e spero che il Governo faccia da sostegno alle amministrazioni locali che stanno cercando, in questo momento, in prefettura, soluzioni per darle queste prospettive a queste famiglie. Oggi mi auguro che, insieme al cordoglio, ci sia la volontà di non girare più la faccia a queste situazioni di fragilità e mi auguro che, tutti insieme, davvero, possiamo dare risposte, perché questa tragedia non deve soltanto oggi scuotere le nostre coscienze, ma deve ricordarci perché sediamo su questi scranni. Grazie
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Patriarca. Ne ha facoltà.
ANNARITA PATRIARCA(FI-PPE). Grazie, Presidente. Oggi è il giorno del dolore, ma non può essere il giorno della resa. Le vite spezzate di Roberto e Margherita, morti nel crollo della Vela Celeste a Scampia, lasciano un vuoto in tutta la nostra comunità. Alle famiglie e agli amici, a quanti li hanno conosciuti e che ora ne piangono la drammatica scomparsa, rivolgiamo sentimenti di vicinanza, di solidarietà e di profondo rispetto. Il nostro pensiero va anche a tutti coloro che sono rimasti feriti e che stanno vivendo momenti di angoscia e di sofferenza. Penso soprattutto ai bambini: le loro vite, segnate da questo terribile evento, meritano tutta la nostra premura e il nostro sostegno, in queste ore.
Questa notte abbiamo assistito impotenti a una tragedia che è un grido di dolore che non possiamo ignorare. È il simbolo di una ferita aperta che affligge non solo Scampia, ma molte delle nostre periferie, non solo a Napoli, non solo in Campania, ma in tutta Italia. Il degrado e l'abbandono di vaste porzioni di territorio sono il frutto di anni di incuria e disattenzione che non hanno scusante. Non ci sono giustificazioni per quello che è accaduto stanotte a Scampia. Questo crollo è la testimonianza di un fallimento collettivo, una realtà che ci obbliga a riflettere profondamente sulle nostre responsabilità, a tutti i livelli.
Scampia, con le sue Vele, è il simbolo di un passato difficile, che non riesce a diventare un presente di speranza. Scampia è una terra che merita attenzione, rispetto e un impegno concreto per una riqualificazione che non può e non potrà mai essere solo la facile e superficiale lettura cinematografica che ne è stata data in questi anni. Le parole non possono restituire ciò che è stato perso, ma possono essere il catalizzatore di un cambiamento necessario e urgente. Le nostre istituzioni devono agire con immediatezza per garantire la sicurezza e la riqualificazione delle aree più vulnerabili. Dobbiamo investire in infrastrutture sicure, spazi verdi, servizi essenziali e opportunità di sviluppo per i residenti. La rinascita delle periferie non è soltanto una questione di edilizia, ma di giustizia sociale e di dignità umana.
Dobbiamo fare in modo che la memoria di Roberto e Margherita non venga dimenticata: la loro storia deve diventare un simbolo potente del nostro impegno per un cambiamento reale. Solo attraverso un'azione concertata e determinata possiamo sperare in un futuro in cui tragedie come questa non abbiano più luogo. Il nostro impegno deve essere quello di trasformare questo dolore in azione, affinché la memoria possa essere onorata, attraverso un cambiamento concreto e duraturo. Solo così potremo sperare in un futuro migliore per Scampia e per tutte le comunità che lottano contro l'abbandono e la marginalizzazione.
La Commissione periferie, presieduta dall'onorevole Battilocchio, è stata a Scampia qualche mese fa e tornerà a Scampia oggi. Il lavoro, l'attenzione, non mancherà da parte di questo Parlamento.
In questo momento di sofferenza e dolore, esprimiamo, al contempo, anche la profonda gratitudine ai soccorritori, ai Vigili del fuoco, ai medici, alle Forze dell'ordine, a tutti coloro che hanno prestato e prestano il loro aiuto con coraggio e dedizione. La loro prontezza e il loro impegno hanno salvato vite e portato sollievo in un momento di caos e di paura.
Oggi piangiamo insieme, ma da domani dobbiamo lavorare insieme per costruire città più sicure, dove ogni vita sia protetta e ogni cittadino possa vivere con sicurezza e dignità
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alessio. Ne ha facoltà.
ANTONIO D'ALESSIO(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Due morti e tredici feriti: il bilancio di una tragedia, lunedì nella Vela Celeste a Scampia. Quando il ballatoio del terzo piano è crollato a causa di un cedimento strutturale, sono state purtroppo travolte tante persone, tra le quali molti bambini. Subito la constatazione di un grande dramma: immediati i soccorsi di Polizia, Croce rossa, Vigili del fuoco, Protezione civile, volontari, che ringraziamo sentitamente. Sono state aperte le indagini, non si esclude alcuna ipotesi.
Oggi, peraltro, sono in strada centinaia di persone per la paura di nuovi crolli conseguenti a quello occorso.
Era ripartito non molto tempo fa il piano di riqualificazione dell'area con il progetto di abbattimento di due delle tre vele e la ristrutturazione, ironia della sorte, proprio della Vela Celeste, quella crollata. Il recupero dell'unica Vela, che nelle intenzioni dovrebbe restare in piedi come simbolo di un territorio alla ricerca di un riscatto di un futuro migliore per i propri figli.
In una circostanza del genere, cosa si può pensare, cosa si può dire? Che se gli interventi e le decisioni fossero stati antecedenti, più veloci, se lo Stato, inteso come amministrazioni, fosse stato più efficiente, si sarebbe evitata questa tragedia? Occorrerà ovviamente fare chiarezza. Per ora, purtroppo, non resta che attivarsi immediatamente per trovare sistemazione a chi ha dovuto lasciare la propria casa, ma soprattutto stringersi intorno alle famiglie così duramente colpite e non lasciarle sole. Esprimiamo, pertanto, il più vivo e profondo cordoglio, e partecipiamo al dolore e all'angoscia delle famiglie coinvolte .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mari. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MARI(AVS). Grazie, Presidente. Due morti, tanti feriti, tra cui moltissimi bambini: è una tragedia civile, ma è anche una - bisogna dirlo - sconfitta dello Stato. Decine, centinaia di sfollati, e anche la composizione degli sfollati - tanti bambini, tanti invalidi - ci dice di cosa è fatta Scampia e quale composizione sociale ha. Una composizione su cui, invece, bisognerebbe addirittura investire. Forse investire è la parola giusta. Investire nelle periferie di questo Paese, per dare un futuro al Paese complessivamente, per non rassegnarsi alle povertà.
Parlare di Scampia, come delle altre periferie, significa parlare delle povertà, ma una per una, non genericamente. Dovremmo parlare di quella abitativa, di quella culturale, di quella alimentare, di quella sanitaria, una per una, perché sono tutte queste povertà che poi producono quella condizione.
È una condizione rispetto alla quale, bisogna dirlo, ci sono 40 anni di lotte e di impegno sociale, perché Scampia è anche questo, è stato già detto. Quella comunità ha lottato. I risultati che vediamo in questo tempo, in questi mesi, sono il risultato di lotte, di impegno civile, di impegno sociale.
Siamo convinti - come dice il sindaco Manfredi - che non c'è nessuna relazione tra i lavori alla Vela Celeste e il crollo del ballatoio. Però, sebbene il crollo non abbia un nesso con i lavori in corso, ci dice quanto sia ancora importante il progetto di abbattimento, di riqualificazione, di realizzazione di nuovi alloggi.
Quindi, questo è un nuovo inizio nell'impegno dello Stato, degli enti locali, delle istituzioni locali per cancellare quella storia e aprirne una nuova. Quindi, per aprire una fase di investimento vero - questo è l'appello che ci sentiamo di fare, insieme al cordoglio ovviamente per le vittime e per i feriti -, un investimento vero dello Stato in quei luoghi e in quei territori per cancellare quelle povertà e costruire davvero un nuovo modo di vivere in quei territori. Questo è l'impegno che ci dobbiamo assumere oggi in quest'Aula insieme al cordoglio .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Grazie, signor Presidente. Innanzitutto, ovviamente, intervengo per esprimere il nostro cordoglio per le vittime e anche la solidarietà alle famiglie, perché c'è la distruzione dei morti, ma c'è anche la distruzione di coloro che rimangono. Probabilmente, soltanto immaginare cosa significhi per centinaia di famiglie essere costretti ad andare via in una situazione del genere è un dramma, che certo non è pari alla perdita di un figlio, ma sicuramente nella vita quotidiana delle famiglie ha un valore distruttivo.
Ovviamente la solidarietà agli abitanti che sono stati costretti, a causa di questo crollo - abbiamo sentito che sono centinaia -, a doversi trasferire da altre parti e agli abitanti di Vela Celeste. Un grazie ai soccorritori: ancora una volta emerge purtroppo in questi casi la parte migliore e noi sappiamo che gli interventi sono stati immediati e si stanno prodigando ancora.
Rimane di fronte a noi il tema che tutti i colleghi hanno avanzato, quello del patrimonio immobiliare pubblico che ovviamente va messo in sicurezza. Le Vele di Scampia sono le Vele di Scampia ma rappresentano, purtroppo, una realtà del nostro Paese che è molto più diffusa e rispetto alla quale pesano anni di incuria. C'è l'esigenza di una grande opera di riqualificazione a Scampia, proseguendo gli interventi che sono in corso - è vero che ci sono degli interventi in tante altre parti d'Italia -, innovando e producendo, magari attraverso la rigenerazione urbana. Insomma bisogna intervenire perché - ed ho finito, signor Presidente - vorrei dire che noi abbiamo oggi il problema di Scampia che…
PRESIDENTE. Colleghi, per favore!
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Almeno quando facciamo una commemorazione, però per carità. Abbiamo il problema di Scampia che rappresenta il tema del patrimonio pubblico e del suo abbandono, ma non è che quando ci occupiamo del dissesto idrogeologico ci troviamo in una condizione diversa, non è che quando vediamo quello che accade a Pozzuoli, per rimanere in Campania, non ci sono responsabilità che si protraggono nel tempo.
Allora, il mio ragionamento finale, signor Presidente, è questo: giustamente la magistratura dovrà accertare responsabilità a livello giudiziario, ma io penso che noi dobbiamo guardarci in faccia - e ho concluso, signor Presidente - e dirci che siamo tutti, tutti responsabili di quello che è accaduto a Scampia e di quello che è accaduto in passato.
Speriamo che questo serva nel riconoscere che siamo tutti responsabili, perché tutti abbiamo governato e avuto responsabilità amministrative negli ultimi 30 anni. Ognuno di noi può rivendicare che nel Governo Renzi, per esempio, fu fatto un Piano per le periferie che prevedeva proprio l'abbattimento delle Vele. A che serve, Presidente, se poi accadono cose come queste?
Ognuno, probabilmente, potrà dire che, a livello locale, amministrativo, a livello di Governo ha fatto qualcosa, ma quando accadono queste cose emergono soltanto il fallimento e la nostra incapacità di fare un salto di qualità e di fare in modo che queste commemorazioni e il nostro agire quotidiano producano qualcosa che, poi, i cittadini sul territorio possano vivere in modo felice e non disperato, come stanno vivendo in questo momento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.
PINO BICCHIELLI(NM(N-C-U-I)-M). Signor Presidente, questo è il momento del dolore, è il momento di raccogliersi attorno alle famiglie delle vittime, alle famiglie dei feriti e, soprattutto, ai tanti bambini; è il momento di augurare pronta guarigione, di ringraziare i soccorritori e di esprimere tutta la nostra solidarietà a coloro che, ogni giorno, vivono in una situazione di precarietà e di insicurezza.
C'è il dovere della politica di reagire e di attivarsi, perché tragedie come queste non sono mai giustificabili e non basta nemmeno ripercorrere la catena di eventi o la logica, dietro la quale si sono realizzate queste strutture; strutture ai margini della città, strutture che non hanno mai saputo diventare case e che hanno relegato sempre di più coloro che l'abitavano ai margini delle periferie, della società, della legalità.
Oggi, signor Presidente, abbiamo la dimostrazione che sono stati relegati anche ai margini della sicurezza. Ci sono responsabilità, che sicuramente saranno accertate, dovute all'incuria e alla mala gestione amministrativa, ma queste responsabilità sono ancora più gravi se consideriamo che lì esistono da sempre dei Piani di intervento. Non basta però ricostruire le cause, non basta trovare i responsabili: la responsabilità oggi è in capo a tutti quanti noi, che abbiamo il dovere di agire per riqualificare le Vele, per riqualificare Scampia e tutte le periferie del nostro Paese.
Coesione e unità, per noi, significano questo: vuol dire non consentire più che ci siano ancora cittadini di serie A, cittadini di serie B e, forse, molte volte, addirittura cittadini di serie C; vuol dire che non si può e non si deve più morire di incuria e di degrado. È necessario lavorare, per questo, a un Piano di ricostruzione e riqualificazione, a partire proprio dal patrimonio edilizio, che consenta di riportare sicurezza ovunque e, soprattutto, nelle nostre periferie.
Un contesto di vivibilità è il primo ed essenziale elemento per ricostruire quel grande senso di appartenenza alla comunità, ossia quel sentimento che deve unirci tutti.
Quindi alle famiglie il nostro cordoglio e un augurio di pronta guarigione ai tanti feriti e, soprattutto, ai piccoli bambini .
PRESIDENTE. Abbiamo terminato la commemorazione. Ringrazio, anche da napoletano, tutti quanti.
A questo punto sospendo brevemente la seduta al fine di consentire la predisposizione dell'elenco dei deputati in missione per la parte pomeridiana, il cui numero dovrà essere comunicato all'Aula alla ripresa della seduta. Pertanto, la seduta è sospesa e riprenderà alle ore 14.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 91, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Chiara Appendino. Ne ha facoltà.
CHIARA APPENDINO(M5S). Grazie, Presidente. Innanzitutto mi permetta di fare qualcosa che sicuramente è scontato e doveroso, ma ci tengo a farlo, cioè esprimere la piena solidarietà del mio gruppo, di tutto il MoVimento 5 Stelle, al giornalista, Andrea Joly, per l'aggressione squadrista - perché di questo si tratta - che ha subìto.
Vedete, aggredire un giornalista, che sta semplicemente svolgendo il proprio lavoro, è inaccettabile ed è totalmente fuori da qualsiasi logica civile e democratica. Permettetemi anche, sempre a nome del gruppo, di ringraziare le Forze dell'ordine, per il lavoro che stanno facendo per individuare i responsabili, però - e per questo ho chiesto di intervenire, Presidente - non si può esaurire così la questione, perché, guardiamoci in faccia, Presidente, questo episodio non è isolato. Queste sono responsabilità che non sono solo fuori dall'Aula, ma siedono anche qui, in questo Parlamento, perché io non posso accettare, noi non possiamo accettare, che ci si limiti, dai banchi di Fratelli d'Italia e della Lega, a banali dichiarazioni in cui si condanna la violenza; e ci mancherebbe pure, siete per la violenza?
Potevamo aspettarci forse qualcosa di più e vi dico perché io ritengo che siate corresponsabili. Vedete, il punto è un altro: siete voi che con CasaPound andate a manifestare, condividendo e avallando il loro ruolo sociale e politico, non noi. Siete voi che candidate - cercando anche un po' di mascherarli - esponenti di CasaPound nelle vostre liste, non noi. Siete voi che erigete a simbolo morale e politico persone come il generale Vannacci, permettetemi, uomini che in realtà sono piccoli piccoli e usano e sdoganano concetti e messaggi che sono fascisti . Siete voi che, con i vostri circoli giovanili, permettete che si alimenti quel clima culturale che poi sfocia in veri e propri atteggiamenti fascisti, non noi. Siete voi che, in quest'Aula, senza vergogna, mostrate il simbolo della Xa MAS o aggredite un nostro parlamentare - con un'aggressione, anche questa, reale e violenta - che, pacificamente, vuole consegnare una bandiera al Ministro. Siete voi che state smantellando uno dopo l'altro…
PRESIDENTE. Onorevole Appendino, mi scusi, ma dovrebbe arrivare alla richiesta di informativa.
CHIARA APPENDINO(M5S). Presidente, arrivo.
CHIARA APPENDINO(M5S). Siete voi che state alimentando il disagio e la disperazione con cui questi soggetti sguazzano.
Allora, Presidente - e mi avvio a conclusione - noi abbiamo bisogno che venga il Ministro a riferire in Aula; sa perché? Perché noi sappiamo da che parte stare. Noi sappiamo quando dobbiamo stare dalla parte dello Stato o dalla parte che è contro lo Stato. Guardi, le faccio un esempio, sicuramente lei se lo ricorderà. Qualche anno fa, io ero sindaca e c'è stato il Salone del libro a Torino, uno dei presìdi culturali più importanti e democratici di questo Paese, e noi dovevamo scegliere - sì, dovevamo scegliere - se stare dalla parte della casa editrice di estrema destra, Altaforte, legata a CasaPound e dichiaratamente fascista, o se stare dalla parte di Halina Birenbaum, scrittrice, traduttrice e poetessa ebrea, che era sopravvissuta ad Auschwitz. Sa che cosa abbiamo fatto? Non abbiamo avuto dubbi, noi siamo stati dalla parte giusta, noi abbiamo fatto un esposto contro la casa editrice di matrice fascista e abbiamo invitato, invece, questa signora, questa fantastica donna, a raccontare la sua esperienza.
Vede, Presidente - e chiudo -, perché serve il Ministro? Perché non ci bastano le parole - e lo dico, tramite lei, al collega Donzelli - con cui si prendono, come dicevo all'inizio, le distanze dalla violenza. Non ci bastano perché, oltre a condannare la violenza, bisogna avere il coraggio di riconoscere la matrice fascista che c'è in CasaPound, perché, sennò, si tratta semplicemente di fare lo struzzo e nascondere la testa. Questo a noi non basta. Non basta a noi e non basta al Paese fuori, che vuole parole chiare .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI(AVS). Grazie, Presidente. Intanto, ci faccia dire, qui a verbale, a nome di Alleanza Verdi e Sinistra, la nostra solidarietà ad Andrea Joly e a tutta la redazione de di Torino a tutti i giornalisti e le giornaliste che ogni giorno fanno il loro dovere e il loro mestiere. Già, perché, mentre si lavora, nessuno dovrebbe rischiare di essere atterrato da dei vigliacchi - perché, in questo Paese, i fascisti sono e saranno sempre dei vigliacchi - che, in quattro contro uno, atterrano quella persona, tentando di strozzarla, facendole quasi perdere i sensi per più di dieci secondi, ma c'erano delle voci (e non erano quelle dei sodali di CasaPound o dell'Asso di Bastoni), erano delle voci che venivano dai balconi ed erano precisamente delle voci giovanissime, che dicevano: “fermatevi, fermatevi!”.
Ecco, lo diciamo con tutta l'indignazione del caso, perché oggi chiediamo un'informativa urgente al Ministro Piantedosi, ma la scorsa settimana, qui in Aula, abbiamo chiesto la stessa cosa in un , abbiamo chiesto a che punto fosse l'analisi di tutte queste vicende. C'è una deputata nel nostro gruppo, si chiama Elisabetta Piccolotti, che ogni mese aggiorna questi tipi di attacchi vigliacchi, che voi non sapete chiamare con il loro nome: squadrismo! squadristi! Fascisti !
Di cosa avete paura? Di cosa avete paura? Il Ministro Piantedosi, non solo non è riuscito a dirci una parola di indignazione, non solo non è riuscito a pronunciare la parola “fascismo”, ma ha iniziato a parlare dell'antisemitismo che c'è nei cortei, caso strano -Palestina. Ma quand'è che vi vergognerete di continuare a tenere questo cordone ombelicale con queste organizzazioni? Già, perché l'Asso di Bastoni sa che non è frequentato solo da esponenti della estrema destra eversiva? Vada a vedere una locandina: c'è un Sottosegretario, si chiama Delmastro, che solo nel 2019, proprio in quella sede, l'8 novembre, faceva una “bellissima” iniziativa, proprio di quanto i non dovrebbero impedire all'eversione di destra di esprimere le proprie parole. Invece, noi lo diciamo; lo diciamo ai ; lo diciamo agli organi di informazione; noi parliamo con tutte e tutti; rispettiamo tutte e tutti, tranne con i fascisti, perché con loro abbiamo già fatto i conti ! Quella è l'unica - è l'unica! - ideologia che va contro tutte, perché va contro questa democrazia, va contro questa Costituzione, ed è per questo che noi non ci fermeremo finché non scioglieremo, in questo Paese, tutte le organizzazioni che fanno apologia di fascismo, e ve lo continueremo a chiedere, perché chi non è antifascista, prima o poi, ci cade in quel pozzo nero .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, l'onorevole Berruto. Ne ha facoltà.
MAURO BERRUTO(PD-IDP). Grazie, signora Presidente. Guardi, noi abbiamo richiesto, ieri, un'informativa del Ministro Piantedosi rispetto a questo fatto. Quindi, da deputato, ma anche da cittadino torinese, ringrazio i colleghi Chiara Appendino e Marco Grimaldi, per essersi aggregati a questa nostra richiesta che - ripeto - è stata avanzata ieri.
È passato un giorno in più, non è successo molto. Io non aggiungo altro alle parole che avete ascoltato, e che condivido naturalmente, dei due colleghi torinesi come me. Aggiungo solo una lettura ulteriore, se posso, che è quella successiva alle tante riflessioni e alle tante discussioni che si sono avviate dopo la recente inchiesta di , di cui tanto si è parlato, che è stata messa un po' in croce nel giudizio, in quanto qualcuno si sarebbe avvalso - nell'ottica e nel rispetto del giornalismo d'inchiesta - di una specie di introduzione in ambienti che dovevano essere riservati. Bene, io voglio solo sottolineare che quello che è successo a Torino due giorni fa è successo al numero civico 22 di via Cellini, cioè all'aperto, su un marciapiede, dove alcuni militanti di CasaPound, la cui matrice neofascista - non devo certamente ulteriormente sottolinearla - è abbastanza chiara da sé, erano in mezzo a una strada, a lanciare cori senza alcun equivoco, interpretabili per quello che sono, e facendo fuochi artificiali. Passava di lì un cittadino, che, contestualmente, era anche un giornalista e che si è interessato a cercare di capire cosa stesse succedendo, lo ripeto, in mezzo a una strada. Ecco, non c'è stata alcuna infiltrazione in questo caso; c'è stata evidentemente un'ulteriore di qualche cosa che ci preoccupa sempre di più.
Quindi, il motivo della nostra richiesta di ieri, che ribadiamo, naturalmente insieme ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, di AVS, in riferimento all'informativa al Ministro Piantedosi, è il tentativo di rispondere ad una domanda molto semplice: cosa altro deve accadere prima che il Ministro venga in Aula a spiegare quello che è successo in quell'occasione?
PRESIDENTE. Come lei ha ricordato, la richiesta di informativa… Onorevole Benzoni, scusi collega, non l'avevo vista. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento l'onorevole Benzoni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Intervengo per associarci, a nome del gruppo di Azione PER..
PRESIDENTE. Aspetti collega, si avvicini al microfono.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). …per associarci, a nome di Azione PER, alla richiesta di informativa urgente del Ministro Piantedosi. Ringrazio i colleghi che hanno fatto questa richiesta, che riteniamo doverosa. CasaPound si è dimostrata un'associazione fascista nel metodo e nel merito. Questo fatto è di una gravità infinita, soprattutto perché colpisce un giornalista in uno spazio pubblico e, quindi, la libertà di stampa all'interno del nostro Paese.
Chiediamo che il Ministro venga in quest'Aula e riferisca sulla situazione di fatto, sulle indagini in corso ma, soprattutto, sulla situazione di queste associazioni neofasciste che stanno continuando a proliferare nel silenzio del Governo .
PRESIDENTE. Come ha ricordato l'onorevole Berruto, già ieri era stata sottoposta alla Presidenza una richiesta di informativa. Naturalmente, riferirò al Presidente delle richieste pervenute oggi in merito.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1975: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 giugno 2024, n. 73, recante misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste d'attesa delle prestazioni sanitarie.
Ricordo che sono state presentate le questioni pregiudiziali Quartini ed altri n. 1, Braga ed altri n. 2 e Zanella ed altri n. 3.
PRESIDENTE. Passiamo quindi all'esame delle questioni pregiudiziali Quartini ed altri n. 1, Braga ed altri n. 2 e Zanella ed altri n. 3
A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, in caso di più questioni pregiudiziali, ha luogo un'unica discussione.
In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati, per non più di dieci minuti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi non firmatari, per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
Il deputato Alfonso Colucci ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Quartini ed altri n. 1.
ALFONSO COLUCCI(M5S). Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, oggi è in discussione la salute di milioni e milioni di cittadini. Parliamo di sanità, parliamo del decreto-legge n. 73 del 2024, relativo alle liste d'attesa. Questo provvedimento che, a prima vista, può sembrare una risposta ai problemi del nostro sistema sanitario, invece, è davvero preoccupante, sia dal punto di vista costituzionale, sia dal punto di vista organizzativo e finanziario. Diciamolo subito: è l'ennesimo specchietto per le allodole per la propaganda di Giorgia!
Il decreto-legge dichiara di voler ridurre le liste di attesa e garantire il rispetto dei tempi massimi per l'accesso ai livelli essenziali di assistenza, i cosiddetti LEA, eppure, analizzandone il testo, ci rendiamo immediatamente conto che la gran parte, se non addirittura tutte le misure proposte, sono già previste da normative vigenti e sono tutt'altro che innovative. Si tratta, per lo più, di misure di monitoraggio - mi riferisco all'articolo 1 -, di misure di vigilanza e di controllo - mi riferisco all'articolo 2 -, di misure già previste - articolo 3 - o di misure non vietate o in parte già utilizzate - l'articolo 4 - nel nostro ordinamento o di carattere programmatorio. Tuttavia, a questo punto, vi chiediamo: quali sono, quindi, le ragioni di straordinaria necessità e urgenza nell'adozione di questo decreto-legge, requisiti previsti dall'articolo 77 della nostra Costituzione?
In primo luogo, parliamo dell'istituzione della Piattaforma nazionale delle liste di attesa e dell'organismo di verifica e di controllo. Sono misure che non rappresentano in alcun modo una novità rispetto a quanto già previsto dal Piano nazionale di Governo delle liste d'attesa 2019-2021.
Quel Piano, ricordiamolo, adottato dal Ministro della Salute del MoVimento 5 Stelle Giulia Grillo, prevede già analoghe prescrizioni e misure di monitoraggio che le regioni e le province autonome sono già tenute a rispettare. Proseguiamo con la copertura economica: il decreto dispone numerosi rinvii a futuri decreti ministeriali, con le due fatidiche paroline, che oramai siamo abituati a leggere nei provvedimenti presentati da questo Governo e da questa maggioranza di destra, le due paroline “invarianza finanziaria”. Dico, davvero: questo è un segnale preoccupante, voi siete preoccupanti , perché non volete proprio affrontare il problema delle liste d'attesa. Ma come pensate di risolvere i problemi relativi alla salute dei cittadini senza metterci neanche un euro? Questo è l'ennesimo provvedimento che rimarrà sulla carta e non avrà alcun tipo di impatto sociale. Arriviamo alla centralizzazione dei controlli sul rispetto dei tempi delle liste d'attesa: se, da un lato, noi, del MoVimento 5 Stelle, possiamo considerare auspicabile una maggiore uniformità nel monitoraggio delle liste d'attesa, voi come pensate che ciò possa essere compatibile con la vostra scellerata autonomia differenziata? Da una parte, decentrate alle regioni funzioni e materie - autonomia differenziata -, e, dall'altra, presentate un decreto-legge che centralizza quello odierno. Ma non vi rendete conto che vi trovate in una totale contraddizione? Questa vostra incoerenza rischia di creare ulteriori conflitti e inefficienze nel nostro sistema sanitario, aggravando ulteriormente una situazione già estremamente grave e complessa.
Proseguiamo: all'articolo 2, il decreto prevede modifiche organizzative e fiscali che sollevano seri dubbi di costituzionalità. Penso, ad esempio, alle deroghe sulle procedure di organizzazione degli uffici dirigenziali del Ministero della Salute. È una deroga che bypassa le normali procedure vigenti che prevedono, invece, l'adozione di decreti del Presidente della Repubblica e, ulteriormente, consente di assegnare nuovi incarichi dirigenziali senza tener conto delle procedure concorsuali vigenti, praticamente consentendo di nominare i dirigenti, violando così i principi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione che sono sanciti dall'articolo 97 della Costituzione. E veniamo alla cosiddetta : durante l'emergenza e per affrontare le carenze di personale sanitario, i precedenti Governi hanno previsto l'aumento della tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive del personale medico e infermieristico. Diversamente, invece, la maggioranza introduce ora una sorta di dalla dubbia compatibilità costituzionale e dalla discutibile rispondenza a criteri di equità, uguaglianza e giustizia sociale che caratterizzano il nostro impianto costituzionale, secondo il quale la capacità contributiva e la progressività sono due principi cardini e, secondo il quale, dunque, chi ha maggiori disponibilità è tenuto a concorrere alla spesa pubblica più degli altri. Al personale medico e infermieristico occorrono più soldi in busta e non meno tasse nella dichiarazione dei redditi. Inoltre, non è tutto: questa minor tassazione viene addirittura da voi coperta mediante la sottrazione di risorse a soggetti talassemici, alla tutela della salute materno-infantile, della salute mentale, della salute degli anziani, oltre che a progetti finalizzati alla prevenzione e, in particolare, alla prevenzione delle malattie ereditarie ed altre. È una palese violazione dei principi di progressività e di capacità contributiva previsti dall'articolo 53 della nostra Carta costituzionale.
È una violazione del diritto alla salute, che è sancito dall'articolo 32 della nostra Costituzione. Torniamo adesso al continuo uso improprio della decretazione d'urgenza. La Corte costituzionale e il Presidente della Repubblica hanno più volte richiamato il Governo alla necessità di rispettare i presupposti di straordinaria necessità e urgenza nell'adozione dei decreti-legge e ancora una volta di questi presupposti neanche l'ombra. Continuando a proporre decreti, ben 3, 4 decreti al mese nell'era Meloni, il Governo altera sempre più il corretto rapporto col Parlamento, limita le prerogative del Parlamento e allontana i cittadini dalle istituzioni. La conseguenza è che poi assistiamo alla metà degli aventi diritto al voto che non si presenta alle urne.
Il nostro ruolo come rappresentanti dei cittadini è quello di garantire che le leggi siano adottate attraverso processi trasparenti e democratici e che, in particolare, i principi costituzionali siano rispettati. Colleghe e colleghi, stiamo discutendo del nostro sistema sanitario, stiamo discutendo della nostra salute, della salute dei nostri cari e delle persone che ci stanno attorno. Faccio un appello a quest'Aula: chiedo serietà e responsabilità. Provvedimenti come questi, privi anche di basi giuridiche, hanno un'unica funzione, che è quella di indebolire il sistema sanitario nazionale e con ciò favorendo la sanità privata, ma questo contraddice il carattere universalistico e collettivo della sanità pubblica italiana, che è sancito dall'articolo 32 della Costituzione.
A nome della comunità del MoVimento 5 Stelle chiedo, quindi, che l'Aula della Camera accolga questa pregiudiziale e non proceda all'esame del provvedimento, che, diciamocelo chiaramente, è scritto male e per di più non servirà a nulla. Chiedo che si avvii un serio percorso legislativo, un percorso ordinario che permetta davvero di porre in essere tutte le misure necessarie per ridurre le liste d'attesa. Confidiamo nel buonsenso di tutti i presenti e nella volontà di lavorare insieme per il bene del nostro Paese. La salute è un diritto fondamentale e non lo dico io, né lo dice il MoVimento 5 Stelle, lo sancisce l'articolo 32 della nostra Costituzione e noi, signora Presidente, con responsabilità dobbiamo fare tutto il possibile per garantirne l'attuazione .
PRESIDENTE. Il deputato Marco Furfaro ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Braga ed altri n. 2, di cui è cofirmatario.
MARCO FURFARO(PD-IDP). Grazie, Presidente. Ministro, Sottosegretario, colleghe e colleghi, il PD ha presentato una pregiudiziale di merito perché purtroppo riteniamo sia davvero complicato discutere in maniera seria di questo decreto. Lo dico e lo diciamo a malincuore, ma è sotto gli occhi di tutti che ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento che, purtroppo, non inciderà per niente sulle lunghissime liste di attesa che impediscono allo Stato di garantire il diritto alla salute, come previsto dalla nostra Costituzione. Lo so io, lo sa il nostro gruppo, lo sanno i colleghi, lo sapete pure voi al Governo e lo sa anche lei Ministro. Leggo testualmente: “Questo decreto non avrà effetti sulle liste d'attesa. Non immette forze nuove come medici e infermieri, che sono quelli che occorrono per recuperare le prestazioni. Certo, non basta la promessa di detassare loro gli straordinari per farli lavorare di più”. Non sono parole mie o dell'opposizione e nemmeno di qualcuno interessato malamente a far fare brutta figura al Governo, ma sono parole di Pierino Di Silverio, segretario Anaao Assomed, cioè la sigla principale dei medici ospedalieri, i primi che dovrebbero rispondere alla chiamata del Governo contro le liste d'attesa. Non è, purtroppo, il solo a dirlo. Avrei potuto citare professionisti del settore, esperti, medici, cioè le tante voci che si sono alzate in questi giorni per dire che questo decreto, purtroppo, non produrrà alcunché. È delle ultime ore persino la mobilitazione degli infermieri, che hanno usato parole durissime contro questo Governo. Eppure l'urgenza di occuparsi di liste d'attesa e occuparsene al meglio c'era eccome, perché i dati e la realtà che gli italiani vivono ogni giorno parlano di tempi lunghissimi in quasi tutta Italia per riuscire ad avere una prestazione medica.
Per una mammografia al seno all'ospedale di Udine i giorni di attesa sono ben 482, oltre un anno. Va peggio a chi ha bisogno di una visita endocrinologica all'ASL di Messina, perché nel poliambulatorio occorre prenotare più di 600 giorni prima. In generale, nel nostro Paese si devono attendere fino a 735 giorni per un ecodoppler, 645 per una colonscopia e 667 per una visita oculistica e succede che esami per patologie gravissime vengono previsti ben oltre il limite, cioè il limite previsto dal medico curante che li richiede, mettendo i pazienti davanti a un ricatto terribile: o ti curi pagando di tasca tua oppure rischi la vita. È un dramma inaccettabile in un Paese dove il diritto alla salute è previsto come fondamentale dalla Costituzione e nel quale ogni giorno oltre 4 milioni di persone non riescono più a curarsi perché le liste d'attesa sono troppo lunghe e quando un diritto, purtroppo, diventa accessibile per pochi non è più un diritto; diventa un privilegio e qui dentro, caro Ministro, noi e voi assieme avremmo il compito di lavorare per restituire quel diritto a chi non può più usufruirne, in particolare a coloro che sono i primi a rimetterci, la povera gente messa di fronte a un ricatto terribile.
Per questo nei mesi scorsi abbiamo passato il tempo a chiedervi di costruire insieme un percorso per finanziare adeguatamente il sistema sanitario nazionale, per sbloccare le liste d'attesa e il vincolo delle assunzioni. Vi abbiamo presentato un testo, la proposta di legge Schlein: lo avete ridicolizzato e brutalmente affossato, dimostrando che il re è nudo, cioè che non avete in testa la salute degli italiani come prima priorità e nemmeno pensate che lo debba essere per lo Stato. Così avete fatto un provvedimento in fretta e furia alla vigilia delle elezioni, provando a coprire il nulla di quel decreto e il fallimento del Governo con parole roboanti al solo scopo di ingannare le persone. A un problema urgente avete risposto con un decreto fuffa, che a sua volta prevede - altro che urgenza! - ulteriori 7 decreti attuativi. Siete celeri e risoluti nel fare condoni, ma rimandate a data da destinarsi persino quelle poche misure che avete previsto per migliorare la sanità .
Potevamo assieme votare la legge Schlein. Invece, vi siete piegati, una volta ancora, alla propaganda, con il dramma, però, che questa volta è sulla pelle dei pazienti, dei medici, delle persone in carne e ossa e della loro sofferenza. Abbiamo presentato una pregiudiziale di merito proprio per questo, perché di concreto in questo decreto, purtroppo, non c'è niente. Si tratta di una scatola vuota priva di qualsiasi contenuto reale, senza norme di sostanza né interventi strutturali. Non c'è alcuna risposta né alle 10 milioni di prestazioni inevase, né a quei 4 milioni di persone che rinunciano a curarsi. Purtroppo, è l'ennesima azione mirata di distrazione di massa del Governo, che prova esclusivamente a eclissare quella che purtroppo è la verità, cioè la volontà scientifica e puntuale del Governo Meloni di disintegrare il sistema sanitario nazionale e di favorire, purtroppo, esclusivamente il settore privato. Non sono le nostre ipotesi o le paure dell'opposizione, sono i dati e i fatti a dimostrarlo. Nel 2023 il rapporto della spesa sanitaria italiana rispetto al PIL è sceso dal 6,8 al 6,3. La media dell'Unione europea e quella OCSE sono al 7,1 e questa percentuale continuerà a scendere - lo avete previsto voi - relegando quella che voi chiamate orgogliosamente Nazione a essere lo zimbello di tutta Europa in tema sanitario.
Certo, il Governo Meloni rivendica di essere il Governo che ha fatto il più grande investimento della storia in spesa sanitaria. È semplicemente ridicolo dircelo tra di noi, perché ogni Governo del passato ha fatto il più grande investimento, ma il tema è se quell'investimento corrisponde alle scelte reali, al fabbisogno reale, e purtroppo non è così. Anche in passato si è definanziato o non si è finanziato abbastanza e credo che siamo i primi a riconoscerlo, ma c'è un tema che è qui ed ora e voi avete previsto nel DEF che le spese del sistema sanitario continueranno a diminuire rispetto al PIL. Questo è un problema gigantesco, perché per la prima volta sarà in discussione un pilastro della nostra società, della Costituzione e dell'impianto democratico: il sistema sanitario nazionale. Anche qui non siamo noi a dirlo, non è il PD. Il sistema sanitario nazionale sembra mostrare ancora una certa resilienza, che tuttavia sarà difficile da mantenere nel tempo se non si affrontano le carenze e gli squilibri attualmente presenti. Lo ha detto pochi giorni fa l'Ufficio parlamentare di bilancio.
Lo traduco: mentre discutiamo di un decreto fuffa, se non si costruisce con urgenza un intervento strutturale sulle risorse, il sistema sanitario rischia il collasso totale . La vostra risposta è un decreto, pensate, e mi spiace, Ministro, perché lo sa anche lei quanto me, le cui principali misure sono, aperte virgolette, “senza maggiori oneri per la finanza pubblica”, chiuse virgolette, in quanto vengono utilizzate, sottraendole ad altri capitoli di spesa, risorse già stanziate. Ma ci pensa, Ministro?
Abbiamo oltre 4 milioni di persone che non riescono a curarsi e il suo Governo riesce a trovare soldi per appaltare l'immigrazione all'Albania, soldi per aiutare le società di calcio, soldi per favorire gli evasori, ma non riuscite a trovare un euro, qui ed ora, per le persone che soffrono . Non solo vi rifiutate di investire nella sanità pubblica, ma, a un personale già stremato, chiedete straordinari per risolvere il problema enorme di quasi 20 milioni di prestazioni perse tra il 2019 e il 2021.
I medici già fanno tanto lavoro extra, anche oltre il limite delle norme europee, sono più di 60 ore settimanali, e il 65 per cento dei medici dichiara di avere la sindrome di . Questo ha portato a 3.000 dimissioni all'anno proprio a causa dei carichi di lavoro. Dove troveranno il tempo di lavorare di più? E, cari colleghi e care colleghe, vi chiedo: ma qualcuno di voi consentirebbe di farsi operare da un medico in o questo vale solo per la povera gente ?
Mancano chirurghi, assistenti, anestesisti, radioterapisti, ma nel provvedimento non c'è alcuna traccia di risorse aggiuntive e strutturali, solo qualche incentivo per ulteriori straordinari. Ma se i professionisti sono sempre gli stessi e con carichi di lavoro già inaccettabili, come possono garantire ulteriori prestazioni, senza, peraltro, violare la direttiva europea sugli orari di riposo, che prevede, le ricordo, oltre a 11 ore consecutive al giorno, almeno un giorno intero, 24 ore di riposo a settimana, senza mettere in pericolo la propria incolumità e quella dei pazienti?
Decine di migliaia di medici scappano dal pubblico per andare nel privato, altrettanti vanno all'estero. Avevamo bisogno di rendere più dignitoso e appetibile il mestiere degli “angeli” che ci hanno salvato la vita, come li abbiamo chiamati, con maggiori stipendi, minori turni e condizioni migliori. Avete deciso nuovamente di fare letteralmente il contrario. Infine, non c'è nessun superamento dell'anacronistico tetto di spesa, quel tetto di spesa che blocca le assunzioni, introdotto, nel 2009, dall' Ministra Meloni, o, meglio, dal Governo Berlusconi, di cui era Ministra Giorgia Meloni, che impedisce di assumere nuovo personale e che obbliga, paradossalmente, le regioni a spendere per i medici a gettone cifre esorbitanti. Nel 2025, avete previsto di sostituirlo con un meccanismo come quello del fabbisogno standard, che rischia - cito sempre i medici e i sindacati dei medici - di essere peggiore e più vincolante.
Quello che ci consola è che siete rimasti soli; non solo i medici, gli infermieri, le associazioni, i professionisti, chi studia la materia, ma anche le regioni hanno contestato questa scatola vuota; tra di esse, persino quelle che governate voi, dimostrando che questo è un provvedimento inutile, fatto a pochi giorni dal voto per ingannare le persone.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
MARCO FURFARO(PD-IDP). Di concreto, c'è solo la caparbietà che state mettendo nell'obiettivo che state perseguendo oramai da 2 anni, lo smantellamento della sanità pubblica, perché non si possono accorciare le liste d'attesa senza metterci un euro e senza misure di merito. Per questo, chiediamo di non procedere all'esame del decreto e di tornare a discutere seriamente di finanziamenti, sblocco delle assunzioni e misure efficaci che possano onorare non solo la Costituzione, ma, soprattutto, coloro che hanno diritto ad essere curati e coloro che li devono prendere in cura .
PRESIDENTE. Il deputato Devis Dori ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Zanella ed altri n. 3, di cui è cofirmatario.
DEVIS DORI(AVS). Grazie, Presidente. Con questo provvedimento ci troviamo, nuovamente, di fronte a un decreto-legge con il quale il Governo individua un problema, nel caso specifico le lunghissime liste di attesa in ambito sanitario, ma poi non sa cosa inserire nel testo. Se fossimo a scuola, andreste incontro a una sicura bocciatura, perché il titolo del tema ve lo hanno assegnato i presidenti delle regioni, ma poi, quando vi mettete lì, con il foglio bianco davanti, vi viene la sindrome da pagina bianca o, peggio ancora, abbozzate qualcosa, evidenziando, però, così una scarsa capacità nella sintassi, e non mi riferisco chiaramente alla sintassi grammaticale, ma a quella istituzionale.
Nel decreto-legge in esame individuiamo almeno due paradossi: il primo è nel rapporto fra i presupposti e gli effetti delle sue disposizioni. Il decreto-legge in esame, come si legge nella stessa relazione, dovrebbe recare misure per la riduzione delle liste di attesa, ma le sue disposizioni non affrontano e non risolvono nessuna delle criticità che hanno prodotto le liste d'attesa delle prestazioni sanitarie, con l'abbandono delle cure da parte di milioni di persone. Quello in esame è un testo che aumenta la burocrazia, che prevede almeno 7 decreti attuativi, che non prevede alcun aumento di risorse per il sistema sanitario, che non prevede un piano straordinario di assunzione di personale medico, infermieristico e tecnico, in cui ogni previsione è sottoposta al vincolo delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Ecco, fra un po', magari, vedremo decreti-legge esordire con la formula “a valutare l'opportunità di” . Quindi, abbiamo qui un provvedimento che, pur avendo tra i suoi presupposti la reale necessità di intervenire con urgenza rispetto alle 10 milioni di prestazioni sanitarie inevase e alla rinuncia da parte di 4 milioni di persone, poi, non contiene disposizioni in grado di dare risposte efficaci, urgenti e strutturali da parte del Servizio sanitario nazionale ai bisogni degli assistiti, quindi non tutelando, nei concreti effetti delle sue disposizioni, il diritto alla salute di cui all'articolo 32 della Costituzione, nonché il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione, continuando così a precludere a milioni di cittadini delle fasce meno abbienti la possibilità di curarsi, non potendo ricorrere alle prestazioni e ai servizi della vostra amata sanità privata.
Il secondo paradosso si rinviene quando il Governo, da un lato, si fa promotore del disegno di legge già approvato sull'autonomia differenziata e, dall'altro, interviene in materia di salute, oggetto di legislazione concorrente fra Stato e regioni.
Per quanto al Senato si sia cercato di mettere una pezza, resta comunque un elevato rischio di conflitto fra regioni e Governo rispetto ai provvedimenti attuativi previsti dal decreto-legge, e quindi con una palese violazione dell'articolo 117 della Costituzione. Siete, di fatto, già degli autonomisti differenziati pentiti: ciò che date con una mano, infatti, togliete con l'altra. Con l'articolo 4, invece, evidenziate carenze anche nella materia della matematica. Infatti, l'articolo 4, al fine di potenziare l'offerta assistenziale in relazione alle visite diagnostiche e specialistiche, nonché per le aperture straordinarie dei centri trasfusionali, prevede che tali prestazioni e servizi siano effettuati anche nei giorni di sabato e domenica e il prolungamento della fascia oraria, ma con l'immancabile limite delle risorse attualmente disponibili, di cui all'ultima legge di bilancio.
In una situazione in cui il sistema sanitario nazionale soffre di una gravissima carenza di personale, carenza che si accentuerà nei prossimi anni, non si comprende come si potranno effettuare le visite diagnostiche e specialistiche il sabato e la domenica senza aumentare i carichi di lavoro già oggi inaccettabili, visto, peraltro, che i medici e il personale sanitario già prestano la loro attività di sabato e domenica e svolgono ore di straordinari , senza altresì tenere conto del rischio di violare le norme in materia di limiti dell'orario di lavoro e anche dei riposi obbligatori.
La soluzione, al fine di fornire un'adeguata e tempestiva risposta alla domanda di visite diagnostiche e specialistiche, non viene individuata nella carenza di personale sanitario, e quindi da un congruo aumento del finanziamento del Fondo sanitario nazionale da destinare ad assunzioni a tempo indeterminato e al superamento del precariato, ma in un prolungamento dei giorni e degli orari in cui effettuare i servizi, che vanno ad aumentare i già pesanti carichi di lavoro sul personale. Questo è il tipico caso in cui 1 più 1 non fa 2, ma nemmeno 3, fa 10, perché con 2 voi volete fare 10.
Il vostro articolo 5, invece, è una sorta di romanzo di fantascienza, come hanno ammesso le stesse regioni, quando hanno affermato testualmente che, con questo provvedimento, si introducono: “limitate e insufficienti novità per l'anno in corso e poche novità anche per l'anno 2025” - sono le regioni che lo dicono - “peraltro condizionate alla definizione di una successiva metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del sistema sanitario nazionale ed alla conseguente approvazione del Piano dei fabbisogni triennali regionali del personale, tutta ancora da scrivere”. Così dicono: tutta ancora da scrivere.
Anche in questo caso, pertanto, sarebbero state necessarie iniziative urgenti, immediatamente attuabili, in coerenza con lo strumento della decretazione d'urgenza e le sue finalità. Ma si assiste solo ad una ulteriore proroga nel tempo. Di fatto, qui, l'unica urgenza di questo decreto-legge sta nel rimandare al futuro soluzioni che oggi non avete.
Sarebbe più serio affrontare il tema - e lo vedremo nella prossima legge di bilancio - anziché giocare a nascondino con un decreto-legge, anche se è evidente che il gioco è un po' sfuggito di mano e le lunghe liste, purtroppo, ora non ci sono solo in ambito sanitario, ma anche in ambito legislativo, con lunghe liste di decreti-legge.
Alla luce, quindi, di quanto ho poco fa esposto, come gruppo Alleanza Verdi e Sinistraappare del tutto evidente che questo decreto-legge sia totalmente incompatibile almeno con gli articoli 3, 32 e 117 della Costituzione e, per questi motivi, chiediamo di non procedere all'esame del presente disegno di legge .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio D'Alessio. Ne ha facoltà.
ANTONIO D'ALESSIO(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Qui siamo in sede di pregiudiziale di costituzionalità. Noi voteremo “no” nel merito del provvedimento - e lo argomenteremo nel corso dell'esame del provvedimento stesso, perché siamo d'accordo con tutte le considerazioni fatte dai colleghi -, non su ipotetici rilievi di costituzionalità. Infatti, questo è un provvedimento che non risolve i problemi e, soprattutto, che non prevede le necessarie coperture finanziarie: ma questi sono rilievi e doglianze che vanno a toccare, a esaminare, il merito del provvedimento.
Qui, invece, siamo in sede di pregiudiziali di costituzionalità e noi non vogliamo che questo momento diventi una stanca , cioè che lo spazio delle pregiudiziali di costituzionalità si trasformi in un automatismo.
I requisiti di necessità e di urgenza noi li rileviamo, invece; li ritroviamo e li riscontriamo su una materia come questa e non possiamo dire che non c'è necessità e urgenza su un tema di questo tipo. Tante volte abbiamo posto a fondamento e come argomentazione delle pregiudiziali di costituzionalità la mancanza di omogeneità: ma anche su questo versante, qui c'è un'omogeneità; non c'è un'eterogeneità. Tante volte l'abuso della decretazione d'urgenza porta il Governo a confezionare decreti in cui vi sono una eterogeneità dei temi, tanti Ministeri coinvolti, tante materie disorganiche l'una dall'altra. Qui tutto ciò non c'è. Allora, noi andiamo a eccepire una incostituzionalità che, invece, secondo noi non è fondata, laddove, ripeto, nel merito c'è tutta una fondatezza di contrarietà a questo provvedimento, perché è un provvedimento vuoto e assolutamente deprecabile per come è costruito nel merito.
Ultimamente, abbiamo votato una pregiudiziale di costituzionalità sull'autonomia differenziata, perché effettivamente impattava a livello costituzionale e si riverberava sull'assetto istituzionale tutto, per cui c'era un problema reale di contrarietà ai principi costituzionali. Qui, secondo noi, non c'è. Ovviamente, è una nostra opinione.
Ripeto: non vogliamo che lo spazio delle pregiudiziali di costituzionalità si trasformi in una stanca o in un automatismo. La pregiudiziale è il vaglio, la verifica della compatibilità del provvedimento che noi esaminiamo con i principi costituzionali. È un vaglio serio e rigoroso e naturalmente deve essere eccepito quando c'è una fondatezza.
Noi, invece - ripeto - tendiamo a trasformarlo e sfruttarlo come uno spazio minimo, piccolo, di pre-dibattito nel merito. Infatti, sento molte considerazioni fatte dai colleghi che entrano proprio nel merito e su cui noi ci troviamo assolutamente d'accordo, ma non riteniamo vi siano contrasti con la Costituzione. Ripeto, è una nostra opinione, però vogliamo evitare che il tutto si trasformi in una giostra.
Richiamo le parole della collega Pastorella di qualche giorno fa che diceva: a volte questa attività parlamentare mi sembra così ripetitiva; mai avrei pensato potesse essere così ripetitiva. Però, a volte, se noi utilizziamo male gli strumenti che abbiamo, non favoriamo la concretezza di un dibattito.
Ho già sottolineato altre volte che, se la pregiudiziale di costituzionalità fosse stata utilizzata due, tre o quattro volte dall'inizio della legislatura, probabilmente si sarebbe sviluppato intorno ad essa un dibattito reale e di verifica effettiva circa il contrasto tra il provvedimento esaminato e le norme costituzionali. Invece, diventa un automatismo anche il voto di maggioranza e opposizione.
Quindi, alla luce di tutto questo, per evitare di svilire questo strumento che secondo noi è fondamentale, anche se voteremo contro il merito del provvedimento, non riteniamo ci sia un contrasto con le norme costituzionali e, quindi, voteremo “no” alle pregiudiziali .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Isabella De Monte. Ne ha facoltà.
ISABELLA DE MONTE(IV-C-RE). Grazie, Presidente. Un po' sulla linea dell'intervento precedente, noi contestiamo che vi sia una vera fondatezza di queste pregiudiziali. C'è da dire, però, che una riflessione un po' più ampia forse andrebbe fatta sul fatto che ci troviamo, ormai settimanalmente, a discutere di pregiudiziali, perché ogni volta si tratta di decreti-legge: vuoi con la fiducia; vuoi senza fiducia. La settimana scorsa sono state poste due questioni di fiducia in una settimana. Ecco, si sta raggiungendo davvero un limite che mai si è raggiunto nel passato. Quindi, la nostra critica è principalmente su questo e, quindi, vi è condivisione anche sul riferimento all'articolo 77 della Costituzione.
Questo Parlamento, ormai, è stravolto nella sua funzione; è una sorta di ostaggio del Governo. E se noi rileggiamo bene l'articolo 77 della Costituzione - forse questo non è stato ben sottolineato - abbiamo contezza del fatto che si parla di “straordinaria necessità ed urgenza”. Indubbiamente, l'urgenza di intervenire nel settore sanitario c'è. Però, anche qui, ci ritroviamo sempre, come è stato detto la scorsa settimana in merito ad un altro provvedimento, ad aggiungere un pezzetto, senza affrontare il tema nella maniera più organica e complessa. Figuriamoci se si tratta non della casa, come la scorsa settimana, ma addirittura del settore della sanità.
Quindi, una riflessione profonda bisogna farla dai banchi dell'opposizione, come dai banchi della maggioranza; anche perché credo che sia interesse di tutti iniziare a discutere dei provvedimenti di cui abbiamo l'iniziativa legislativa: perché è inutile affermare di avere un'iniziativa legislativa - anche naturalmente a titolo personale, come previsto dalla nostra Costituzione - se poi questa iniziativa viene completamente vanificata e non solo da questa parte dell'emiciclo, ma anche appunto dalla maggioranza.
E la dimostrazione di tutto ciò, Presidente - chi è in capigruppo lo sa - è che il calendario di luglio è stato completamente annullato, perché noi dobbiamo avere l'obiettivo, prima della sospensione estiva, di “portare a casa” - parlo in termini plurali, anche se questo è un obiettivo della maggioranza - dei decreti-legge. Tant'è che siamo qui a discutere sempre delle stesse cose.
Dopodiché, devo dire che, nel merito - perché di questo sostanzialmente si tratta: prevalentemente di questioni di merito - c'è assoluta condivisione, perché quando noi parliamo di invarianza finanziaria arriviamo facilmente alla conclusione che discutiamo di cose affermate ma su cui non si mette la copertura. Quindi, che senso ha parlare di un decreto che cambierà la sorte delle liste d'attesa, quando in realtà non c'è neanche uno spicciolo che viene messo a disposizione? Questo è un grosso problema come, del resto, la necessità - oltre al fatto di avere dei decreti-legge - di avere poi dei decreti attuativi.
Quanto tempo ci vorrà? Che senso ha parlare di decretazione d'urgenza, quando poi ci vorrà del tempo, che sarà necessario per l'attuazione concreta? Ecco, un appiglio che mi sento di condividere, comunque - in parte, perlomeno - è il riferimento all'articolo 53 della Costituzione, perché l'imposizione progressiva in questo senso non è rispettata, tant'è vero che abbiamo, secondo la dicitura proprio del MoVimento 5 Stelle, una sorta di . Altro appiglio è quello dell'articolo 32 della Costituzione, ma il riferimento pratico è non tanto al fatto che noi abbiamo un contrasto costituzionale, ma, nei fatti, la circostanza che non abbiamo la possibilità di dare quello che il cittadino richiede, ossia un adeguato servizio pubblico, che dev'essere di carattere universale: il ricorso al servizio che dà la sanità a chiunque, non solo a chi se lo può permettere perché può andare nel privato.
Un altro elemento sicuramente condivisibile è quello del rischio della fuga dei medici. Si tratta di una realtà che stiamo già, purtroppo, riscontrando. La carenza di organico per cui pretendere un maggior carico di lavoro in capo ai medici, agli infermieri e tutto il personale sanitario, è qualcosa che, forse, è un po' fuori dalla realtà. Così come possiamo riscontrare il riferimento, previsto in un'altra pregiudiziale, all'articolo 117 della Costituzione, rilevando il fatto che le regioni, come sappiamo, non hanno espresso condivisione su questo provvedimento. Quindi, come bilanciamento tra il primo aspetto, quindi l'articolo 77, ossia il fatto che prevalentemente si tratti di questioni di merito, il nostro voto sarà di astensione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Patriarca. Ne ha facoltà.
ANNARITA PATRIARCA(FI-PPE). Grazie, Presidente. Il provvedimento che discutiamo oggi affronta il tema delle liste d'attesa delle prestazioni sanitarie e interviene sulla gestione del Servizio sanitario da parte del sistema pubblico costituito da strutture pubbliche e da strutture del privato accreditato, nel quadro di un'organizzazione del sistema sanitario governata dal pubblico, per quanto riguarda l'andamento dei processi di cura e di assistenza. Il decreto affronta puntualmente i problemi che causano le liste d'attesa, proponendo soluzioni, alcune immediatamente vigenti, altre che necessitano di disposizioni applicative, altre che vengono anticipate e faranno parte di interventi successivi, di portata più ampia. Ci troviamo di fronte, sicuramente, a gravi e persistenti carenze del Servizio sanitario nazionale, carenze e difficoltà palesi e che si trascinano nel tempo, stratificandosi, che noi abbiamo ben presenti. La stessa Corte dei conti ha parlato di crisi sistemica, di cui il sistema sanitario soffre, con un aumento delle criticità successivo allo sforzo che l'emergenza pandemica ha richiesto ai professionisti del settore, alle strutture e al complesso dell'organizzazione su tutto il territorio nazionale.
Il provvedimento introduce disposizioni di carattere urgente e puntuale nell'intento di individuare le prime risposte a questa richiesta di un fabbisogno di prestazioni sanitarie, cui attualmente il sistema non riesce a dare adeguata risposta. Accedere alle prestazioni sanitarie rappresenta la realizzazione concreta di un diritto, il diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione e messo nei fatti in discussione dalle criticità che presenta il funzionamento del Servizio sanitario. La necessità e l'urgenza sono date proprio dall'esigenza di intervenire nell'immediato, invertendo la rotta con misure anche di sistema, che avviino un processo di superamento di dette criticità e la cui risoluzione chiederà certamente ulteriori interventi di medio e lungo termine. È necessario e urgente rispondere alla domanda di salute che viene dal Paese. Ridurre la durata delle liste d'attesa è l'urgenza, potenziare l'offerta è la necessità. Ma non ci sfugge che molte ancora sono le difficoltà da affrontare. Colleghi, migliorare l'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario dovrebbe costituire un obiettivo comune delle forze che operano in questo Parlamento, mentre le pregiudiziali oggi in esame si muovono, a nostro parere, in altra direzione e sembrano rispondere solo a una logica dilatoria, in alcun modo diretta a produrre benefici e a individuare risposte.
Veniamo allo specifico delle pregiudiziali. Quella sollevata dal MoVimento 5 Stelle mette in discussione la legittimità e l'efficacia del decreto, sostenendo che non giustifica la decretazione d'urgenza e che le misure proposte sono, per lo più, di monitoraggio e controllo, già previste e utilizzate nel nostro ordinamento. Tuttavia, la necessità e l'urgenza delle misure sono chiaramente giustificate dalla situazione critica del Servizio sanitario nazionale, aggravata dalla pandemia e delle carenze strutturali. Vi sono 10 milioni di prestazioni inevase e 4 milioni di cittadini che rinunciano a curarsi. La creazione di nuovi organismi, come l'Organismo di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria, è necessaria per rafforzare le attività di controllo e garantire l'efficienza delle prestazioni sanitarie. Inoltre, la trasparenza delle agende di prenotazione e la promozione di soluzioni digitali rappresentano miglioramenti significativi.
Obiezioni analoghe si possono muovere alla pregiudiziale del Partito Democratico, perché il decreto adotta un approccio sistemico e integrato per risolvere i problemi strutturali del Servizio sanitario nazionale. La piattaforma nazionale delle liste di attesa, istituita presso l'Agenas, è uno strumento fondamentale per garantire trasparenza e interoperabilità delle liste d'attesa a livello nazionale, permettendo un monitoraggio efficace e una gestione ottimale delle prenotazioni. La clausola di invarianza degli oneri finanziari non implica una mancanza di impegno economico, piuttosto una gestione responsabile delle risorse esistenti.
PRESIDENTE. Ha un minuto, collega.
ANNARITA PATRIARCA(FI-PPE). Analogo contrasto si può poi muovere alla pregiudiziale di Alleanza Verdi e Sinistra, perché il decreto in esame è concepito per rispondere in maniera efficace e strutturale alle emergenze del Servizio sanitario nazionale. La piattaforma nazionale delle liste d'attesa è un innovativo strumento di trasparenza e monitoraggio. Il decreto prevede misure per il superamento del tetto di spesa per il personale sanitario, autorizzando un incremento annuale dei valori della spesa e la definizione di un piano triennale dei fabbisogni del personale, e questo garantisce un approccio condiviso e coordinato con le regioni.
In sintesi, questo provvedimento adotta misure innovative e strutturali per ridurre i tempi di attesa e migliorare l'accesso alle cure sanitarie. Le critiche sollevate dalle pregiudiziali non tengono conto della reale portata e dell'efficacia delle soluzioni proposte. La piattaforma nazionale delle liste d'attesa, l'istituzione dell'Organismo di verifica e controllo e le misure per incrementare l'organico e migliorare l'efficienza del Servizio sanitario nazionale rappresentano risposte concrete e necessarie per affrontare le sfide attuali del sistema sanitario.
ANNARITA PATRIARCA(FI-PPE). Per queste ragioni, sulle pregiudiziali sollevate c'è la posizione contraria del gruppo di Forza Italia .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vinci. Ne ha facoltà.
GIANLUCA VINCI(FDI). Grazie, signor Presidente. Io leggo sempre con molta attenzione le pregiudiziali presentate dai colleghi. In questo caso, ne sono state presentate addirittura tre. Quindi, leggendo brevemente quello che viene contestato, non si può che verificare subito qualcosa di strano, cioè che, anche questa volta, e non è la prima volta, i partiti di opposizione si dividono nel ritenere la violazione di diversi articoli della Costituzione, che, fra l'altro, tra di loro poco c'entrano. Ciò rappresenta, più che altro, una differenza proprio ideologica dei partiti che hanno presentato queste pregiudiziali di costituzionalità.
Prima di entrare nel merito delle questioni pregiudiziali, voglio soltanto ricordare qual è il merito di questo provvedimento, ossia misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste d'attesa delle prestazioni sanitarie. E c'è qualcuno, nei banchi dell'opposizione, più di uno, che ha contestato che vi sia urgenza di un provvedimento per contrastare le lungaggini delle liste d'attesa nel nostro Paese. Probabilmente, i fatti e i cittadini italiani raccontano e vedono questa come un'emergenza, mentre in alcuni banchi dell'opposizione non è così.
Prima di addentrarmi oltre, voglio, però, smentire quanto detto da alcuni colleghi, ad esempio circa il Biotecnopolo di Siena, che non è affatto fermo, anzi, a brevissimo, l' antipandemico, grazie all'ottimo lavoro del Ministro Schillaci, sarà operativo, con un nuovo statuto e un nuovo direttore. Poi, abbiamo sentito dire che non abbiamo messo fondi: in realtà, ci sono 600 milioni per le regioni del Sud, proprio per adeguare e potenziare il loro sistema sanitario. Non è assolutamente vero che non abbiamo fatto alcuna misura per migliorare e velocizzare. Questo significa ridurre le liste d'attesa. Si tratta di una questione ridondante che viene affrontata in tutte e tre le pregiudiziali, ma che soltanto il MoVimento 5 Stelle, anche se oggi non ha avuto il coraggio di dirlo apertamente in Aula, pone nella propria pregiudiziale di costituzionalità.
Cioè, una modalità che il Governo individua per ridurre le liste di attesa è consentire che vi siano visite specialistiche anche in orario notturno, il sabato o la domenica; e viene risposto che questa possibilità, in realtà, in qualche modo poteva già esserci. Sì, ma il Governo individua un modo particolare e investe anche perché questo sia possibile, nel senso di una defiscalizzazione del lavoro degli operatori sanitari che opereranno di sabato e di domenica in orario notturno. Infatti, come richiamato nella pregiudiziale - ma non l'ho sentito ridire in Aula -, questo provvedimento introduce un'imposta sostitutiva sulle prestazioni aggiunte del personale sanitario, prevedendo che sulle prestazioni aggiuntive dei dirigenti sanitari e del personale sanitario del comparto sanità sia applicata un'imposta sostitutiva ridotta del 15 per cento.
Questo per aiutare il personale sanitario che decide di aumentare la propria attività lavorativa e venire incontro ai cittadini che si troveranno le liste di attesa ridotte proprio grazie a questo impegno aggiuntivo. Questo comporterà un costo, ma sono state trovate anche le coperture. Il MoVimento 5 Stelle viene a contestare, con una pregiudiziale, che si va contro il principio costituzionale di cui all'articolo 53, relativo alla progressività delle imposte sui redditi. Quando ci si trova davanti a un bene da tutelare come quello all'articolo 32, che viene prima dell'articolo 53, che è il diritto alla salute, quindi anche alla riduzione delle liste di attesa, non ci si formalizza sul fatto che i sanitari, perché lavoreranno di più in orari e in giorni in cui oggi non lavorano, potranno avere un incentivo, come in tanti casi è stato previsto per altri operatori. Per questo motivo, senza volermi dilungare, come gruppo, riteniamo che tutte le tre questioni pregiudiziali di costituzionalità siano assolutamente infondate e voteremo fermamente contro .
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Quartini ed altri n. 1, Braga ed altri n. 2 e Zanella ed altri n. 3.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Giuseppe Consolo, membro della Camera dei deputati nella XV e XVI legislatura e senatore nella XIV legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Essendo state respinte le questioni pregiudiziali, passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge .
Ricordo che, nella parte antimeridiana della seduta, si è conclusa la discussione sulle linee generali e il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica.
Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri , che sono in distribuzione.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili in sede referente: 01.01 e 5.01 Furfaro, 3.6, 3.8 e 3.02 Quartini, 4.5 Marianna Ricciardi, 6.3 Di Lauro, 6.02 Malavasi e 6.03 Gadda.
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso delle proposte emendative, invito il relatore e il rappresentante del Governo ad esprimere il parere. Prego, relatore. Glieli chiamo io?
LUCIANO CIOCCHETTI, . Sì, perché non ho potuto registrare gli inammissibili.
PRESIDENTE. Mi dà il parere complessivamente o vuole che glieli chiami uno ad uno?
LUCIANO CIOCCHETTI, . Possiamo darlo anche complessivamente: invito al ritiro o parere contrario su tutte le proposte emendative.
MARCELLO GEMMATO,. Parere conforme al relatore.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 1.1 Zanella.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.1 Zanella, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.2 Quartini.
Ha chiesto di parlare il collega Quartini. Ne ha facoltà.
ANDREA QUARTINI(M5S). Signora Presidente, colleghi, Sottosegretario Gemmato, dispiace che non sia potuto rimanere il Ministro Schillaci, visto che quello delle liste di attesa è un tema di grande importanza e dovremmo affrontarlo con una serietà assoluta, e non come un mero pubblicitario, con una becera propaganda, una settimana prima delle elezioni europee. Perché di questo noi stiamo parlando, di un decreto sulle liste di attesa che nasce vecchio rispetto ad alcune cose interessanti che poteva proporre, ma che è assolutamente pessimo rispetto a una deriva privatistica che questa maggioranza, rispetto alla salute, sta portando avanti in maniera, dal nostro punto di vista, vergognosa.
Questo emendamento, peraltro, è assolutamente di merito, assolutamente di buonsenso, che suggerisce che, nell'ambito della piattaforma di verifica e monitoraggio rispetto ai tempi di attesa, si rilevino le misurazioni anche nel contesto delle regioni e delle varie strutture sanitarie. Noi sappiamo benissimo che il tema delle liste di attesa va declinato in maniera importante rispetto alle prestazioni, perché non è la stessa cosa una TAC o una fisioterapia, non è la stessa cosa un'ecografia o una visita specialistica. Sono cose diverse, e anche fra le visite specialistiche bisognerebbe declinare, ma anche il contesto è assolutamente diverso.
Infatti, una cosa è affrontare il tema delle liste di attesa in Sicilia e altra cosa è affrontare il tema delle liste di attesa in Friuli. Ecco che la declinazione a livello regionale diventa un elemento fondamentale, ma evidentemente le indagini sulle regioni a voi non piacciono. A voi non piacciono perché implicherebbero trasparenza, implicherebbero in qualche modo anche un giudizio in maniera indiretta, attraverso questi indicatori, su come le regioni riescono a declinare i bisogni sanitari.
Non a caso, vi siete rifiutati di indagare le regioni nella proposta di legge sul COVID. Evidentemente avevate paura di confrontarvi su questo . Visto che, per esempio, il modello lombardo che vorreste estendere a tutta Italia nella gestione della pandemia è stato il più disastroso del mondo, ricordiamocelo : dalla medicina territoriale alle resistenze della sanità privata nella collaborazione, ai ricoveri inappropriati nelle RSA. E questo è un dato.
L'altro dato è che evidentemente, essendo la sanità a livello regionale un vero e proprio bancomat di consensi, anzi non solo di consensi ma anche di clientele e di appalti esternalizzati e di convenzioni con il privato, non volete confrontarvi su questo ed è per questo che avete deciso di votare contro un emendamento, che è assolutamente di buonsenso. Evidentemente, la vostra autarchia regionale competitiva e il livello che voi state portando avanti in termini di staterelli che entrano in competizione l'uno con l'altro, evidentemente vi piace. Non avete ancora capito che l'autonomia differenziata farà danni mostruosi anche al Nord, proprio anche in relazione alle liste d'attesa. Ecco, dire “no” a questo emendamento, dal nostro punto di vista, è una sciagura !
PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.2 Quartini, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.4 Sportiello. Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartini. Ne ha facoltà.
ANDREA QUARTINI(M5S). Presidente, anche questo emendamento è di un significato importante in termini proprio di contenuti. Noi si chiede che, nell'ambito della stessa piattaforma di monitoraggio, si rilevi anche la misurazione delle prestazioni erogate in libera professione suddivise per regioni, per struttura sanitaria e per professionista sanitario. Vedete, oltre che a misurare in termini di comparabilità le prestazioni tra istituzionale e diventa anche importante capire fino a che punto l' rappresenta un conflitto di interessi così significativo da rendere inutile qualunque tipo di azione rispetto all'abbattimento delle liste d'attesa.
Perché è evidente che c'è un conflitto di interessi strutturale per coloro che fanno attività nella stessa struttura dove fanno anche attività istituzionale , ed è alla base la trasparenza su questo per comprendere questo tipo di fenomeno. Non c'è un pregiudizio ideologico all', c'è un ragionamento che è opportuno fare. Per questo dico che è assolutamente di buonsenso. Abbiamo dei dati che chi va in non solo salta la fila rispetto alle liste d'attesa, ma salta la fila a volte anche nei confronti delle terapie successive. Le persone che passano in libera professione mediamente riducono il tempo d'attesa per un intervento chirurgico dai 40 ai 60 giorni rispetto a chi va in istituzionale.
Questo, ovviamente, non vuol dire che il giudizio dell'“intramoenista”, cioè del medico che ha fatto la sua valutazione, non sia valido in termini di valutazione dell'urgenza dell'intervento, ma il dubbio viene spontaneo: se io pago, non solo vado a migliorare la possibilità di avere una risposta rapida e salto la fila, ma allo stesso tempo se ho bisogno poi di un percorso terapeutico successivo, salto anche le file successive. Guardate non si può continuare a pensare in maniera truffaldina, almeno da un punto di vista semantico, che l'attività privata possa essere diversamente pubblica, come ha detto il Sottosegretario Gemmato. È come chiamare termovalorizzatori gli inceneritori, è come chiamare missione di pace una guerra. Dire che la sanità privata è semplicemente una sanità diversamente pubblica è un insulto al buonsenso di questa Assemblea .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.4 Sportiello, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.5 Marianna Ricciardi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartini. Ne ha facoltà.
ANDREA QUARTINI(M5S). Presidente, con questo emendamento, noi prevediamo e chiediamo che, nell'ambito di questa piattaforma che viene istituita per il monitoraggio e la verifica delle liste d'attesa, si faccia una rilevazione anche rispetto all'attuazione delle disposizioni che sono contenute nel Piano di governo delle liste d'attesa, tuttora vigente. Questo Piano nazionale di governo delle liste d'attesa fu adottato dall'allora Ministro della Salute Giulia Grillo, cioè dal Conte I.
Questo piano prevede gran parte delle misure che sono state inserite in questo decreto liste d'attesa. Mi duole dovervelo raccontare, mi duole che dobbiate esserne consapevoli: ma lo avete scopiazzato anche male , lo avete scopiazzato anche male perché era decisamente più completo. E di fatto non rende innovativo questo decreto, che è uno dei motivi per cui avevamo presentato anche una pregiudiziale su questo tema, perché non c'era niente di nuovo ed era già tutto vecchio quello che un minimo di buono ci poteva essere. Infatti, il Piano prevede l'elenco delle prestazioni ambulatoriali e delle prestazioni in regime di ricovero soggette a monitoraggio, il sistema nazionale di verifica e controllo dell'assistenza sanitaria, il Siveas, questo soggetto che verrà duplicato con un analogo soggetto nel contesto del Ministero della Salute, e di cui non si vede neanche la sua utilità, il Piano prevede che i sistemi CUP gestiscano in maniera centralizzata tutte le agende delle strutture pubbliche e private accreditate, sia per l'attività istituzionale sia per l'attività erogata in regime libero-professionale. Il Piano prevede lo sviluppo dei centri unici di prenotazione , che consentono la consultazione peraltro in tempo reale dei tempi d'attesa relativi a visite o esami in attività istituzionale e in libera professione .
Anche sotto il profilo delle risorse, lo voglio ricordare, a differenza di questo decreto dove non c'è un euro, noi mettemmo 400 milioni immediatamente per procedere all'attivazione del Piano e poterlo declinare a livello di tutte le regioni, come negli emendamenti che avevamo proposto precedentemente. Questo Piano prevede che le regioni e le province autonome debbano garantire il rispetto degli impegni assunti dai direttori generali per il superamento delle criticità legate ai lunghi tempi di attesa, che costituiscono primario elemento della loro valutazione. Vedete, questo Piano consentiva già di declinare ipotesi sanzionatorie o ipotesi premiali. Vedete… Presidente…
PRESIDENTE. Si, collega, ho richiamato…
ANDREA QUARTINI(M5S). Finisco…
PRESIDENTE. …i colleghi più volte senza interromperla…
ANDREA QUARTINI(M5S). Finisco…finisco rapidamente…
PRESIDENTE. …mi dispiace che lei si sia dovuto interrompere. Allora facciamo così, aspettiamo un attimo…
ANDREA QUARTINI(M5S). Ho voluto sottolineare - e qui concludo - che non c'è niente di nuovo in questo decreto, un decreto fatto esclusivamente per fini di becera propaganda, evidentemente con l'obiettivo di vendere a quest'Aula e ai cittadini italiani la Fontana di Trevi .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.5 Marianna Ricciardi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.1007 Zanella.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA(AVS). Grazie, Presidente. Allora, questo emendamento introduce, al comma 6, un successivo comma 6- Lo leggo, perché facciamo prima: “i dati derivanti dal monitoraggio, compresi gli accertamenti, effettuati tramite la Piattaforma nazionale di cui al comma 1, e dagli eventuali effettuati da Agenas, sono messi a disposizione dei diversi portatori di interesse, comprese le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. L'articolo 1 costituisce, come è stato già detto, la Piattaforma nazionale presso l'Agenas per governare le liste d'attesa delle prestazioni sanitarie. Questa Piattaforma è finalizzata a realizzare il collegamento, lo scambio con le piattaforme per le lista d'attesa a livello regionale…
PRESIDENTE. Collega Zanella, scusi, ma io non riesco a sentirla, quindi è evidente che è impossibile in quest'Aula… Colleghi!
LUANA ZANELLA(AVS). Se vuole, parlo più forte.
PRESIDENTE. No, no, lei deve parlare come sta parlando, sono i colleghi che devono stare in silenzio. In quest'Aula si ascolta chi sta parlando.
LUANA ZANELLA(AVS). Grazie, Presidente. Ecco, la Piattaforma dovrà garantire l'efficacia di questo monitoraggio, tra le altre, della misurazione delle prestazioni in liste d'attesa nazionali e la disponibilità di agende sia a livello del pubblico, sia a livello del privato. Contestualmente, l'Agenas può mettere in atto meccanismi di nel caso si riscontrino inefficienze o anomalie al fine del corretto funzionamento delle liste di attesa.
Con questo emendamento, Presidente, apportiamo una modifica sostanziale, direi, affinché i dati del monitoraggio, ma anche gli eventuali accertamenti effettuati dalla Piattaforma, nonché gli eventuali da parte di Agenas siano fruibili, trasparenti e portati a conoscenza dei soggetti portatori di interesse, in particolare delle organizzazioni sindacali più rappresentative. Questo perché le erogazioni delle prestazioni e le eventuali anomalie sono dati essenziali per le ricadute sul personale sanitario e, naturalmente, per coloro - le organizzazioni sindacali - che lo rappresentano .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.1007 Zanella, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.6 Quartini.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartini. Ne ha facoltà.
ANDREA QUARTINI(M5S). Sì, grazie, Presidente. Con questo emendamento noi suggeriamo, in qualche modo, che i dati rilevabili dal monitoraggio effettuato dalla solita Piattaforma e gli che la stessa Agenas promuove siano pubblici e messi a disposizione dei diversi portatori di interesse, comprese le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Lo dicevo prima, affrontare il tema delle liste d'attesa implica un lavoro di serietà, non un livello di approssimazione giusto per vendere, appunto, un prodotto agli italiani, visto che si tratta di un tema sentito. Noi sappiamo, da alcune indagini, anche molto, molto recenti, di questi giorni, che ben oltre il 92 per cento degli italiani ritiene che quello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale pubblico sia un tema prioritario, e lo sappiamo benissimo, è un'indagine fatta dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici insieme al Censis, in cui si ritiene che si debba fare il possibile perché questo Servizio sanitario nazionale funzioni al meglio. È un tema enorme, va affrontato con serietà. Allora, per affrontarlo con serietà è chiaro che bisogna aver chiaro che, se esistono liste d'attesa, questa loro esistenza è legata - ovviamente, e non insegno niente ad alcuno - a un cattivo bilanciamento, a un tra offerta e domanda. È ovvio, è talmente ovvio, quindi bisogna lavorare su entrambi i fronti. Ecco, non c'è niente in questo decreto che affronti sia il problema della domanda sia il problema dell'offerta rispetto ai servizi, niente, non c'è niente che lo giustifichi, in questa logica. Perché non c'è niente? Perché è chiaro che è un provvedimento di facciata, superficiale, legato alla contingenza; si affrontano gli effetti e non si affrontano le cause, con questo decreto, delle liste d'attesa, e, se non si affronta il problema nella sua complessità, ce lo ritroveremo negli anni, ce lo ritroveremo continuamente. Queste azioni, che io dico che dovremmo promuovere, devono essere, peraltro, assolutamente trasparenti. Nell'ambito della Piattaforma, dobbiamo riuscire a creare quelle condizioni di trasparenza della cosa pubblica che consenta ai cittadini, ai portatori di interesse e alle organizzazioni sindacali di fare le loro rispettive valutazioni.
A me sembrava il minimo sindacale riuscire a mettere tutti i portatori di interesse in condizione di fare questo, riuscire a capire a cosa fosse legato questo cattivo bilanciamento fra domanda e offerta e a quali suggerimenti gli stessi portatori di interesse potessero fare riferimento per avanzare proposte ed essere operativi. Quello che evidentemente non interessa a questa maggioranza è semplicemente la partecipazione dei cittadini. Tanto è vero che non vi sento particolarmente preoccupati se ci sono un po' di astenuti in questo Paese, anzi, tutto sommato la democratura potrebbe aiutarvi ancora una volta .
PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.6 Quartini, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.7 Faraone, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 2.1. Quartini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Quartini. Ne ha facoltà.
ANDREA QUARTINI(M5S). Grazie, Presidente. Noi chiediamo di sopprimere questo articolo, anche se comunque (ho avuto modo di dirlo anche al Ministro durante la discussione in Commissione) riteniamo che la centralizzazione dei controlli, prevista da questo articolo, abbia un senso, un significato importante - è un'opzione certamente auspicabile -, ma, dal nostro punto di vista, nell'ambito di un altrettanto auspicato quadro costituzionale che riporti la salute delle persone alla competenza esclusiva dello Stato . Noi vogliamo riformare quel Titolo V che ha sciaguratamente messo questo Paese in una situazione drammatica dal punto di vista dell'assistenza sanitaria e di salute e lo abbiamo visto sotto la pandemia.
È impossibile, però, non rilevare che l'opzione di centralizzazione delineata da questo provvedimento, che ha portato le regioni stesse a protestare fermamente sull'idea di poterle controllare, si ponga in una contraddizione gigantesca, macroscopica rispetto all'idea dell'autonomia differenziata. Mettetevi d'accordo! Facciamo un'operazione di intelligenza artificiale, visto che da soli non siete in grado di capirlo che c'è una contraddizione fra l'idea di centralizzare e l'autonomia differenziata
Proviamo a metterci d'accordo, perché uno più uno fa due, e se non siete in grado di farlo, allora facciamo un bell'algoritmo e facciamo gestire all'intelligenza artificiale il sistema; diventa assolutamente più semplice.
Vi è un altro elemento che ci ha un po' preoccupato rispetto a questo nuovo organismo, lo dico anche in questa sede, come l'ho detto anche in Commissione. Sono certo che non sarà così, ma le deroghe di assunzione di personale nelle nomine dirette sinceramente ci preoccupano. Ci preoccupano molto perché ci fanno pensare al solito sistema di “amichettismo” che, dal nostro punto di vista, è davvero deleterio .
PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.1. Quartini, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 2.3 Ciani.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Girelli. Ne ha facoltà.
GIAN ANTONIO GIRELLI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Questo emendamento si propone di sostituire completamente l'articolo 2. Articolo che, vorrei ricordare, è stato oggetto di particolare tensione tra Governo e regioni, tant'è che i lavori al Senato sono rimasti bloccati rispetto all'incapacità di trovare nell'immediato un punto di caduta, un compromesso che potesse dare una risposta, a livello regionale, tengo a sottolinearlo, non solo alle regioni governate dal centrosinistra, ma anche a quelle governate dal centrodestra. È un emendamento che tende ad essere giustificato e supportato da quanto avevamo previsto in un emendamento precedente, ritenuto inammissibile, nel quale affrontavamo il tema delle risorse finanziarie, proprio perché c'è la consapevolezza che è inutile utilizzare grandi parole se non si ritrovano le risorse per renderle praticabili.
Con quell'emendamento chiedevamo il raggiungimento, nel corso di qualche anno, della percentuale di 7,5 nel rapporto col PIL, ma, visto e considerato quanto emerso nella discussione generale, se vogliamo dirla in maniera diversa, occorre superare quel di più di 800 euro di investimento per singola persona che ci separa dalla media OCSE.
Dico questo perché, quando parliamo di PIL, ci viene sempre ricordato che è un dato del tutto infondato, perché, quando l'economia va bene, il PIL cresce, quindi il valore assoluto investito rimane comunque più importante; quando l'economia va male sembra che il rapporto sia virtuoso, invece di fatto non lo è. Io vorrei ricordare che il rapporto col PIL ci vede sofferenti sia prima che dopo, che durante le crisi economiche o nei momenti di espansione e rimane quella differenza.
Ma precisato questo, con la nostra proposta noi vogliamo anche affrontare un tema di assoluta importanza: la differenza fra voler prevedere un organismo di controllo sulle regioni e prevedere, invece, un piano di monitoraggio e di aiuto al superamento delle liste d'attesa. Sembra una cosa di poco conto, ma, in realtà, è fondamentale, soprattutto rispetto anche a quanto approvato in quest'Aula riguardo il regionalismo e l'autonomia differenziata, per meglio dire, perché, in quell'occasione, abbiamo sentito parole roboanti rispetto al nuovo ruolo delle regioni. È stato detto che bisogna renderle più autonome, bisogna attribuire loro maggior capacità decisionale e, poi, di fatto, sulle liste d'attesa, vorrei ricordarlo soprattutto a chi siede nei consigli regionali, il Governo sta dicendo che vi controllerà, quindi, in poche parole, vi accuserà rispetto a quello che succede riguardo le liste d'attesa.
Nella nostra proposta, invece, c'è l'idea di fare uno studio della domanda e dell'offerta, di individuare le condizioni da mettere in atto per rendere appropriata la prescrizione diagnostica, quindi fare un'opera di esame e di verifica del controllo della domanda nonché un intervento anche per quanto riguarda la risposta, che deve essere supportata da una serie di investimenti di vario genere (non mi voglio dilungare entrando nel merito, che verrà esplicitato anche in altri emendamenti successivi); il tutto garantendo anche una reale trasparenza riguardo i dati, uscendo un po' da quella confusione e da quella lettura a corrente alternata che, a seconda dei casi, viene data o non data, e sulla quale diventa davvero difficile riuscire a fare una comparazione o anche un'analisi di realtà.
È chiaro che è un emendamento che tende a sovvertire l'impostazione di questo provvedimento, laddove, con qualche frase, secondo me, un po' emblematica e altisonante, si cerca di dire che si vuole cambiare passo, ma in realtà si vogliono semplicemente introdurre meccanismi che tendono a spostare l'attenzione, la responsabilità dal Governo ai livelli regionali, quasi a dire che ciò che non funziona non è colpa delle scelte governative. Rimane, invece, una responsabilità forte che trova origine dall'incapacità di immettere maggiori risorse nel sistema.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.3 Ciani, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.4 Malavasi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 2.5 Stumpo.
Ha chiesto di parlare il deputato Furfaro. Ne ha facoltà.
MARCO FURFARO(PD-IDP). Grazie, Presidente. È un emendamento molto semplice. Praticamente questo articolo è stato molto dibattuto anche in sede di Conferenza Stato-regioni per l'Organismo di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria e sono stati diminuiti i poteri. Però c'è una cosa che davvero non riusciamo a capire sia per quanto riguarda la piattaforma e questo organismo sia per quanto riguarda l'unità centrale di gestione dell'assistenza, dei tempi e delle liste d'attesa. Non riusciamo a capire il perché, in un quadro nel quale il tema non è solo agire a valle, cioè l'offerta che serve e deve essere efficace, efficiente, dimensionata ai fabbisogni dei pazienti con tanto di medici e infermieri, ma anche alla domanda. Questo permetterebbe di avere un riscontro di verifica che possa essere disponibile - sugli accertamenti fatti da questo organismo - anche ai sindacati e alle parti sociali, cioè a tutti coloro che, in qualche modo, devono interagire con il sistema della sanità pubblica.
Un altro elemento scoperto che lascia questa maggioranza è dato dal fatto che non possiamo discutere di niente. Lo sentite dall'Aula: è talmente interessata, questa maggioranza, alle liste d'attesa che non fa altro che chiacchierare tra sé. Per questo chiediamo che almeno questo emendamento possiamo portarlo all'attenzione, perché non è un emendamento ideologico o politicamente di parte, ma un emendamento di buonsenso, cioè fare in modo che tutti quegli accertamenti che vengono fatti da questo organismo possano essere accessibili anche alle organizzazioni sindacali, in modo tale che il sistema di medici, operatori sanitari, infermieri e dirigenti possano migliorare e rendere attuabili operazioni e meccanismi di maggiore efficienza.
È un'altra di quelle lacune su cui sono già stati bocciati emendamenti all'articolo 1, che ci rendono veramente un po' attoniti rispetto al miglioramento del testo e che la dice lunga, purtroppo, anche su queste navette parlamentari, anche per la fretta e furia che ha avuto il Governo che, a un argomento emergenziale come quello delle liste d'attesa, purtroppo ha risposto con un decreto che non solo è una scatola vuota, ma non permette nemmeno alcuna miglioria da parte dell'opposizione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.5 Stumpo, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 3.1 Furfaro.
Ha chiesto di parlare il deputato Girelli. Ne ha facoltà.
GIAN ANTONIO GIRELLI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Proprio in continuità rispetto a quello che dicevamo prima, perché non si tratta solo di dire “no”, si tratta anche di introdurre suggerimenti e proposte anche molto concreti, con questo emendamento noi chiediamo di sostituire l'articolo 3, prevedendo, all'interno del Piano pluriennale per affrontare il tema delle richieste delle liste d'attesa, di mettere mano ad alcuni punti di maggior criticità. Ci riferiamo al tema del personale dove, in maniera molto prescrittiva, andiamo individuare tempi e modi per indire concorsi e per immettere nel sistema personale a tempo indeterminato che va dalla dirigenza dei vari livelli di attività sanitaria, fino arrivare al tema dei medici, degli infermieri e dell'altro personale sanitario.
Vogliamo introdurre il sistema di prenotazione unico regionale, andando superare molte criticità presenti in tante regioni, anche in quelle che, magari per nomea, sembrano aver già affrontato e risolto il tema. Penso alla Lombardia e all'incapacità di far funzionare persino il sistema informatico più elementare, laddove i medici quasi giornalmente lamentano il malfunzionamento del servizio regionale, a tal proposito. Penso alla necessità di portare, all'interno di questo centro di prenotazione, in maniera reale e per tutte le prestazioni, un privato accreditato che viene pagato, dal punto di vista della prestazione, dal pubblico e che non può essere, chiaramente, lasciato a se stesso nel decidere cosa o non cosa fare.
Si introduce anche l'idea del superamento del regime regionale per aree omogenee laddove, spesso e volentieri, il confine amministrativo non tiene conto della situazione territoriale e della necessità di superare queste barriere per creare aree che afferiscono a determinati centri di erogazione di servizi per questioni di comodità e di composizione - anche sociale - della popolazione di quei territori e che deve far riflettere, in maniera anche molto seria, su cosa significhi regionalismo per quanto riguarda la sanità. Io credo che, dal Covid in poi, debba essere superata questa lettura anche molto rigida e poco attinente alla realtà e ai bisogni veri.
C'è poi il tema della gestione dell', laddove è chiaro che è una delle possibili risposte, ma deve essere affrontato in maniera chiara su chi sostiene la differenza della spesa e noi, qui, diciamo chiaramente che un servizio deve essere garantito gratuitamente a chi ne ha bisogno. Vi è, infine, il tema di avere - anche qui torniamo al tema di prima - una trasparenza e una comunicazione con criteri omogenei, stabiliti e prescrittivi da parte delle regioni alle autorità di controllo - in questo caso ad Agenas - di quelli che sono i flussi e dei reali i tempi di attesa, che incidono particolarmente su alcuni tipi di diagnostica.
Sono proposte molto concrete che, certo, sovvertono e cambiano radicalmente l'articolo, ma che, secondo noi, hanno la caratteristica di essere particolarmente concreti e capaci di incidere sulla situazione drammatica delle liste d'attesa.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.1 Furfaro, con il parere contrario della Commissione, del Governo, della I Commissione (Affari costituzionali) e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 3.2 Zanella.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA(AVS). Anche il nostro gruppo propone un emendamento sostitutivo perché il decreto-legge in esame non pone in essere alcun atto immediatamente attuativo del recupero delle liste di attesa e delle prescrizioni. Al di là dei proclami della propaganda, questo decreto-legge non prevede le risorse necessarie. Ripeto la parola chiave, la frase chiave è: “con le risorse a legislazione vigente”, quelle risorse la cui insufficienza è causa della situazione drammatica in cui versiamo.
Colpisce anche come un decreto-legge nato per affrontare una situazione critica e che chiede provvedimenti urgenti e immediati, rimandi, in realtà, a 7 decreti attuativi, alcuni senza termine. Abbiamo presentato questo emendamento per dimostrare che si poteva fare di più e meglio; vorremmo dire al Governo, su questo decreto, sotto di esso c'è poco o nulla. Per questo proponiamo, ad esempio, in deroga ai vincoli di spesa in materia di personale, previsti a legislazione vigente, e nel rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale, che si indìcano entro il 30 settembre di quest'anno procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione a tempo indeterminato di personale del comparto della dirigenza medica, sanitaria, veterinaria e delle professioni sanitarie e infermieristiche.
Personale necessario, indispensabile per far fronte alle esigenze assunzionali in relazione a quanto stabilito nel proprio Piano triennale del fabbisogno di personale per il servizio sanitario regionale. Un atto, quindi, proponiamo, immediatamente attuativo, e poniamo un termine al fine di garantire il rispetto dei tempi massimi di attesa, che non devono essere superiori a quelli recati, presenti e previsti dal Piano nazionale di governo delle liste d'attesa, che non devono quindi essere superiori a un certo termine, nonché di favorire una programmazione migliore e, come è stato detto anche dai colleghi che mi hanno preceduta, trasparenza dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie.
Quindi le regioni, entro 90 giorni dall'entrata in vigore di questa legge, sono chiamate a istituire un sistema di prenotazione unico regionale e, quando necessario, per aree intraregionali territorialmente omogenee dal punto di vista demografico, nonché del numero e della tipologia di strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, delle prestazioni specialistiche e ambulatoriali, erogate dalle strutture pubbliche e da quelle accreditate presenti nel territorio di competenza.
Chiudo, Presidente: si tratta, quindi, di porre rimedio a delle previsioni che non hanno nulla di concreto, e che quindi sono destinate a essere inefficaci, a promettere la soluzione di un problema e a non mantenere, invece, questa promessa, che, mi dispiace dirlo, ha un carattere molto, molto elettoralistico .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.2 Zanella, con il parere contrario della Commissione, del Governo, della I Commissione (Affari costituzionali) e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 3.3 Marianna Ricciardi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Dell'Olio. Ne ha facoltà.
GIANMAURO DELL'OLIO(M5S). Grazie, Presidente. Questo emendamento chiedeva una cosa semplice, evitare di avere liste di attesa sub-territoriali, sub-regionali, averne più di una. Era un emendamento che aveva una chiara indicazione di riduzione di costi dello Stato, e invece è stato posto, in Commissione bilancio, come un potenziale onere, quando oneri non genera assolutamente. Al massimo, avrebbe ridotto costi, perché il sistema di liste di attesa è ripartito su più strutture. Questo provvedimento in teoria dovrebbe contribuire a migliorarlo, mentre, in realtà, continuerà a tenerlo ampliato e largo. Ancora una volta, in Commissione bilancio si bloccano emendamenti esclusivamente per questioni politiche e non economiche.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.3 Marianna Ricciardi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 3.9 Di Lauro.
Se nessuno chiede di intervenire, passiamo ai voti… anzi, ha chiesto di parlare l'onorevole Di Lauro. Colleghi, se ce la fate a farmi un cenno un attimo prima, andiamo meglio.
Scusi, ho saltato io un emendamento. Collega, colpa mia.
CARMEN DI LAURO(M5S). Sì, Presidente, per questo.
PRESIDENTE. È per questo che lei non mi ha fatto un cenno, perché ho sbagliato, ho visto quelli inammissibili e ho saltato ben due emendamenti.
Passiamo, invece, all'emendamento 3.4 Faraone, quindi non all'emendamento 3.9 Di Lauro.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.4 Faraone, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 3.7 Sportiello.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Sportiello. Ne ha facoltà.
GILDA SPORTIELLO(M5S). Grazie, Presidente. Con questo emendamento noi prevediamo con chiarezza che l'implementazione di una piena interoperabilità da parte delle strutture private autorizzate con i CUP regionali, che noi definiamo regionali, ma che all'interno di questo decreto regionali non sono definiti, e ricordo che le stesse strutture private possono avere il proprio CUP, sia un requisito indispensabile per il rilascio, da parte delle regioni e delle province autonome, dell'accreditamento istituzionale, perché per noi le cose si devono fare per essere efficaci.
Lasciare così, invece, come è stato previsto all'interno del decreto, che rimane un po' lettera morta, perché, in realtà, se la struttura privata decide arbitrariamente, o comunque non attua una piena interoperabilità con il CUP regionale, sarà oggetto di valutazione. Per noi questo non basta, perché o la struttura privata decide di collaborare pienamente con il CUP regionale, oppure questo deve essere requisito per non concedere l'autorizzazione .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.7 Sportiello, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo - ora sì, e mi scusi ancora, collega Di Lauro - all'emendamento 3.9 Di Lauro.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Lauro. Ne ha facoltà.
CARMEN DI LAURO(M5S). Grazie, Presidente. Con questo emendamento chiediamo che il sistema per prenotare e disdire gli appuntamenti per le visite e il pagamento del sia non solo digitale, ma anche sempre tracciabile. L'assenza della tracciabilità del sistema CUP è infatti la prima causa degli abusi che spesso si registrano. Il fatto che la gestione sia ancora un po' arcaica, telefonica, e quindi non tracciabile, agevola proprio questi abusi.
Voglio ricordare che soltanto pochi mesi fa un blitz dei NAS ha portato alla denuncia di ben 26 persone per avere favorito conoscenti e propri pazienti privati, consentendo loro di essere sottoposti a prestazioni in data antecedente rispetto alla prenotazione ed eludendo anche le classi di priorità. Quindi, con questo emendamento, noi stiamo chiedendo due cose a nostro avviso sacrosante: la tutela dei pazienti e la trasparenza .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.9 Di Lauro, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 3.10 Ciani.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Malavasi. Ne ha facoltà.
ILENIA MALAVASI(PD-IDP). Provo a illustrare questo emendamento che riteniamo importante, perché sappiamo tutti come il PDTA sia un insieme di percorsi diagnostici terapeutici assistenziali che prevedono una complessità di interventi, una presa in carico articolata e coordinata di prestazioni a livello ambulatoriale, di professionisti e di specialisti che richiedono anche una tempistica precisa, proprio per una buona presa in carico che in questo momento fa fatica comunque a essere rispettata a causa di questo problema delle liste di attesa.
In modo particolare, in questo emendamento si parla di definire agende dedicate per alcune tipologie di pazienti cronici, con patologie cronico-degenerative e oncologiche, proprio per ottimizzare la programmazione sanitaria regionale per garantire l'accesso alle cure tempestivo, adeguato ed efficiente proprio per rispettare quei percorsi diagnostico-terapeutici che sono individuati dagli specialisti. Noi crediamo, però, che si dovrebbe riflettere comunque su queste due categorie che vengono individuate. Qui si parla di patologie cronico-degenerative e oncologiche ma crediamo che questa attenzione vada ampliata anche ai pazienti con patologie reumatologiche e infettivologiche. Quindi, con questo emendamento chiediamo di ampliare le categorie dei pazienti per le agende dedicate e chiediamo, inoltre, di sostituire, di modificare il secondo periodo di questo comma 8 proprio perché non sono citati i medici di famiglia. Crediamo, infatti, che, oltre alle agende dedicate, sia necessario comunque dotare di un sistema informatico idoneo i medici di medicina generale o i pediatri di libera scelta affinché siano loro stessi a poter garantire il primo accesso alle prestazioni attraverso una diagnosi qualificata, anche permettendo loro di accedere a queste agende dedicate, quindi, garantire quella continuità di presa in carico dal medico di medicina generale fino alla prestazione, evitando quello spezzettamento, quella fatica che spesso porta i cittadini e i pazienti a lavorare, a spendere tempo e risorse per provare a prenotarsi le cure necessarie. Crediamo sarebbe importante ampliare questa riflessione nell'individuazione di agende dedicate anche ai medici di medicina generale che, sappiamo bene, sono un perno importante del sistema sanitario nazionale e rappresentano anche un filtro importante non solo per migliorare il sistema della rete ospedaliera, ma anche per far funzionare quella medicina del territorio di cui tanto parliamo sia in quest'Aula che nella nostra Commissione.
Quindi, poiché condividiamo questa parte delle agende dedicate, chiediamo che vi possa essere un ampliamento anche ai pazienti che hanno patologie reumatologiche e infettivologiche, proprio per dare una risposta efficiente a pazienti che non si possono permettere tempi dilazionati e dilatati nella presa in carico, ma anche nella sequenza delle prestazioni ambulatoriali .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.10 Ciani, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 3.1011 Zanella.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ghirra. Ne ha facoltà.
FRANCESCA GHIRRA(AVS). Grazie, Presidente. Questo emendamento è relativo alla gestione delle patologie cronico-degenerative e oncologiche a cui fa riferimento il comma 8 dell'articolo 3. Infatti, al fine di ottimizzare la programmazione sanitaria regionale, il comma 8 dispone che sia definito e garantito l'accesso alle prestazioni presenti nei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali attraverso agende dedicate. Si prevede altresì che la gestione di tali agende possa essere effettuata direttamente dallo specialista di riferimento o dalla struttura appositamente dedicata dalla ASL di appartenenza. Noi, con questo emendamento, proponiamo che non sia solo garantito l'accesso, ma che sia garantito in via prioritaria rispetto alle altre patologie. Questo chiaramente perché parliamo di patologie cronico-degenerative e oncologiche per cui la tempestività è fondamentale, quindi dobbiamo garantire a questi pazienti di avere una via prioritaria alle cure
PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.1011 Zanella, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 3.11 Zanella.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA(AVS). Grazie, Presidente. Con questo emendamento proponiamo di inserire un comma 8- aggiuntivo, quindi, finalizzato alla definizione e adozione di linee guida che prevedano standard minimi omogenei per la redazione dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali a livello regionale in ambito oncologico. Quindi, si collega a quanto anche anticipato dalla collega Ghirra.
Questo emendamento è davvero necessario in quanto, ancora oggi, persone affette da patologie oncologiche, anche molto gravi, sono costrette a spostarsi da una regione all'altra, in particolare dal Sud al Nord, per evitare questo. Prima o poi sarà necessario che lo Stato intervenga e che vengano emanate linee guida attraverso cui questi divari regionali non esistano più ?
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.11 Zanella, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.12 Quartini, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.13 Sportiello, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.15 Faraone, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.14 Girelli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 3.16 Bonetti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pastorella. Ne ha facoltà.
GIULIA PASTORELLA(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Questo emendamento, benché breve, dice tutto quello che ci sarebbe da dire sulle liste d'attesa, ovvero fa riferimento alla questione delle risorse. Secondo le nostre stime basterebbero - si fa per dire “basterebbero” - ma, visto che oramai di miliardi ne sprechiamo tanti, in ogni sorta di misure passate, presenti e purtroppo future, basterebbero due miliardi per azzerare le liste d'attesa e ripartire con un nuovo sistema.
Noi siamo pure d'accordo, volendo, su alcune delle misure proposte in questo provvedimento. Penso, in particolare, alla piattaforma nazionale: benissimo utilizzare i dati a disposizione, benissimo rendere interoperabili , benissimo approfittare del fascicolo sanitario e della tessera sanitaria elettronica e questo è giusto anche farlo a costo zero, siamo anche d'accordo.
Il problema, poi, è tutto il resto, perché, una volta fatta una foto delle problematiche e delle inadempienze anche delle varie regioni e delle liste d'attesa, poi però bisogna avanzare. Quindi, con questo emendamento, banalmente chiediamo che siano stanziate le risorse per ripartire, per voltare pagina, e, a quel punto, implementare un sistema con le risorse che poi serviranno su tutto il resto, sugli stipendi, sulle infrastrutture e così via. Almeno, però, cominciamo da una situazione che sia un pochino più umana per quanto riguarda le persone che tutt'oggi non riescono neanche a essere messe su queste liste d'attesa, figuriamoci poi a fare gli esami necessari. Quindi, vi prego di riconsiderare il vostro parere, perché questo permetterebbe davvero un nuovo inizio e un inizio migliore della situazione drammatica ed emergenziale in cui ci troviamo
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.16 Bonetti, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.17 Stumpo, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.18 Bonetti, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.1 Malavasi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.2 Bonetti, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Non è riuscito a votare, collega Alfonso Colucci? Scusi, non l'ho vista, avevamo già chiuso la votazione. Adesso, se vuole, lo può segnalare agli uffici. Collega, abbia pazienza, vediamo se tutto funziona alla prossima votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.3 Ciani, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Vediamo, collega Alfonso Colucci, se funziona, altrimenti mandiamo subito un tecnico. Non funziona? Allora mandiamo un tecnico ad aiutare il collega Alfonso Colucci.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.4 Di Lauro, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.6 Faraone, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 4.01 Girelli.
Ha chiesto di parlare il collega Girelli. Ne ha facoltà.
GIAN ANTONIO GIRELLI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Su questo emendamento risulta davvero così difficile comprendere perché viene espresso un parere negativo, o meglio, lo comprendo nel momento in cui il parere negativo è esteso a tutti gli emendamenti presentati in questa fase del dibattito, perché ormai si è generato questo metodo per cui quello che viene approvato in una Camera, nel momento in cui arriva alla seconda, non viene più messo in discussione nella sua forma.
Ma cosa chiediamo? Chiediamo lo stanziamento di un fondo di 3 milioni di euro per dotare i medici di medicina generale e i pediatri territoriali della possibilità di avere sistemi digitali tesi a favorire e a rendere anche molto più semplice e molto più agibile per i cittadini il metodo di prenotazione delle visite. Sembra quasi assurdo dover dire, nel 2024, che vi è la necessità di stanziare ulteriori risorse, perché verrebbe da dire che i sistemi regionali dovrebbero già avere raggiunto il loro livello di efficienza in tal senso e dovrebbero essere capaci di dare risposta a questo tipo di domanda. In realtà non è così, perché sappiamo bene quante difficoltà hanno i cittadini, nel momento in cui fanno prenotazioni, nei confronti di sistemi molte volte obsoleti, molte volte inadeguati e, soprattutto, incapaci di dialogare fra di loro.
Ne patiscono i cittadini, le strutture sanitarie e il personale, che, spesso e volentieri, è costretto a dedicare tempi assurdi per svolgere delle attività che, in realtà, dovrebbero essere esercitate in pochissimo tempo. Un'ultima sottolineatura: è chiaro che, nel momento in cui stanziamo risorse per sistemi informatici digitali, dobbiamo anche essere consapevoli che dobbiamo investire in formazione del personale rispetto agli stessi. Non sempre la massima capacità dal punto di vista tecnico-scientifico in campo sanitario viene accompagnata dalla necessaria conoscenza informatica.
Certo, come avevo detto precedentemente, forse è il caso di prevedere personale amministrativo e tecnico in tal senso, ma una conoscenza di base c'è. Così come, per quanto riguarda il fronte dei cittadini, non dobbiamo dimenticare che a volte l'informatizzazione crea ulteriori disuguaglianze e disagio, perché non tutti hanno la cultura necessaria per poterla utilizzare e non tutti hanno quell'ambiente sociale o familiare che li aiuta nel farlo. Allora un intervento di questo genere presuppone, poi, anche un rapporto molto stretto con il Terzo settore e con le amministrazioni comunali, che possono, in questo senso, essere di grande aiuto per far diventare questi strumenti davvero un modo di accelerare i tempi, semplificare la gestione e contribuire ad abbattere le liste d'attesa.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 4.01 Girelli, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti 5.1 Zanella e 5.2 Furfaro.
Ha chiesto di parlare il collega Mari. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MARI(AVS). Grazie, Presidente. Da questo provvedimento si capisce tanto dell'azione di Governo, da questo punto di vista è importante e illuminante. Si capisce perché non fate provvedimenti stringenti contro il gioco d'azzardo, perché siete appassionati del gioco d'azzardo. Questo provvedimento è un classico gioco d'azzardo. Prima del voto per le europee si lancia questa idea per cui il Governo starebbe affrontando il tema terribile delle liste d'attesa, e poi, invece, a leggere, si capisce che su questa questione, che è maledettamente concreta, in realtà non si interviene concretamente.
Non cambierà niente per la vita dei cittadini, per le persone che aspettano una visita. Per coloro che sono in lista d'attesa continua l'attesa. Poi, si potrebbe pensare un'altra cosa a proposito dell'azione di Governo, e cioè che la mano destra non sa cosa fa la sinistra, mentre si interviene sul tema della sanità c'è il provvedimento sull'autonomia differenziata e, quindi, è un qualcosa di strano: si investe, da una parte - diciamo così -, tutto sul regionalismo, sulla sanità così com'è, anzi, di più, una questione pienamente regionale, sottratta alla capacità dello Stato di costruire un'idea di sanità pubblica, e, invece, poi, si fa un provvedimento che affronta un tema come le liste d'attesa. Non è così, da questo provvedimento, invece, proprio nel non fare nulla per le liste d'attesa, si capisce benissimo che la vostra idea di sanità è quella contenuta nell'autonomia differenziata: una sanità che non è più materia dello Stato centrale, non è più questione nazionale, non è più un diritto dei cittadini, e che diventa, invece, una cosa per cui è scritto che dipende da dove nasci, sostanzialmente, la sanità che ti tocca, a seconda di dove ti capita di nascere, di vivere o di lavorare.
Noi abbiamo presentato un emendamento a questo articolo, nel quale chiediamo semplicemente che, a decorrere dal 2024, i valori della spesa per il personale delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle regioni autorizzati per l'anno 2023 siano incrementati annualmente del 50 per cento dell'incremento del fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. È il minimo per affrontare la situazione che abbiamo davanti.
Tuttavia - e concludo su questo - c'è una cosa che davvero risulta grave: ci avete portato a discutere di sanità, oggi, sul nulla, questo è l'elemento di gravità. Questo Parlamento avrebbe, invece, il dovere di affrontare la questione della sanità ed è particolarmente grave, lo ripeto, è particolarmente grave, che voi ci abbiate costretto a discutere su un provvedimento come questo, che è il nulla, sulla questione più sentita dai cittadini italiani. Noi abbiamo provato a respingere nel merito questo approccio, come abbiamo fatto appunto con gli emendamenti, ma, più in generale, diciamo, non solo, che non è questo il modo, che non solo ribaltiamo e respingiamo l'approccio che avete avuto, ma anche che, a cominciare dalla lotta contro l'autonomia differenziata, metteremo in campo un'altra idea di democrazia e di Paese e un'altra idea di sanità .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Malavasi. Ne ha facoltà.
ILENIA MALAVASI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Mi unisco alla riflessione del collega, perché abbiamo presentato un articolato emendamento uguale, proprio perché crediamo che qui ci sia un po' il cuore della discussione che stiamo facendo. In realtà, crediamo che sia anche corretto che il Governo si faccia carico di un decreto per affrontare il tema delle liste di attesa, ma non ne abbiamo condiviso nel merito il contenuto e le soluzioni che sono state trovate, da un lato, perché crediamo che non risolveranno il problema, dall'altro lato, perché hanno anche trovato, comunque, la contrarietà delle regioni.
Dico questo, perché il decreto non mette risorse aggiuntive, risorse fresche, per potenziare comunque l'investimento sul sistema sanitario nazionale e va a detassare gli straordinari, ben sapendo quanto oggi, invece, il tema del personale, di mettere all'interno della rete ospedaliera personale nuovo, aggiuntivo rispetto a coloro che già oggi fanno turni massacranti e lavorano già su tantissime ore di straordinario, sia uno dei temi centrali proprio per la salvaguardia del sistema sanitario nazionale.
La nostra preoccupazione, in realtà, è che non ci sia l'idea, non ci sia il pensiero per mettere in campo un'idea vincente di sanità, nel momento in cui le criticità certamente ci sono e, oltre a tante promesse, non abbiamo visto finora alcun tipo di proposta concreta che possa veramente affrontare il superamento delle liste di attesa, anche perché questo decreto non prevede, comunque, assunzioni per supportare la pesantezza, la fatica quotidiana, tant'è vero che svaniscono le promesse, ma certamente non svanisce l'impegno costante e quotidiano del personale medico e del personale infermieristico.
In questo caso, abbiamo proposto di potenziare ulteriormente, di incrementare del 50 per cento il fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente, proprio per aumentare la copertura del personale, con piani triennali che possano essere rispondenti al vero fabbisogno di personale, perché crediamo che qui ci sia appunto davvero il cuore, per dare nuova linfa, nuove forze, nuove risorse umane al sistema sanitario nazionale nel supportare quel lavoro straordinario che fanno il personale medico e il personale sanitario. Anche perché crediamo che il modo migliore per attrarre nuove figure all'interno del sistema sanitario nazionale non sia solamente aumentare la detassazione degli straordinari, ma sia aumentare le retribuzioni e anche aggiungere persone nuove che possano supportare il lavoro che già oggi viene fatto. Crediamo, quindi, che sia necessario fare uno sforzo in più rispetto a quello che questo decreto mette in campo, che non ci soddisfa, anzi, ci preoccupa molto, perché abbiamo visto una sollevazione da parte delle regioni, da parte dei sindacati, da parte delle categorie interessate, una mobilitazione importante proprio per la preoccupazione di un decreto che, da un lato, continua a strizzare l'occhio al privato, dall'altro, non mette in campo risorse aggiuntive e manca di tutti quei decreti attuativi, ne mancheranno 7, per rendere veramente concrete queste misure.
Quindi, crediamo che non sia risolutivo e che continui a penalizzare il diritto alla cura dei cittadini che continuano, invece, ad attendere, ad aspettare, a spostarsi anche rispetto al privato per le attese troppo lunghe. Oggi, sappiamo bene che sono più di 4 milioni le persone che hanno rinunciato alle cure, ma sono altrettante coloro che si spostano comunque nel sistema privato per la difficoltà del pubblico di reggere di fronte alle richieste e alle aspettative dei cittadini. È finito il tempo delle promesse, ma è finito anche il tempo delle manutenzioni ordinarie. Oggi, serve prendere una decisione netta e forte a sostegno del sistema sanitario nazionale e del diritto alla salute e alla cura dei cittadini e delle cittadine, se vogliamo continuare ad avere un Paese che faccia dell'equità, dell'appropriatezza delle cure e della uniformità dell'accesso un principio fondante per i nostri cittadini .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 5.1 Zanella e 5.2 Furfaro, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 5.3 Quartini.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartini. Ne ha facoltà.
ANDREA QUARTINI(M5S). Presidente, è proprio esatto quello che è stato detto negli interventi precedenti. Stiamo discutendo del nulla, di una scatola vuota, di un meccanismo assolutamente propagandistico - lo voglio ripetere -, di uno -elettorale. Del resto, anche le difficoltà che vedo, nei banchi della maggioranza, nel replicare a queste affermazioni lo dicono in maniera chiara. Una delle promesse fatte rispetto a questo decreto, lo voglio ricordare, era giustappunto di superare finalmente il tetto di spesa all'assunzione di personale. Nel nostro Paese, si stima che manchino 5.000 medici di famiglia, più o meno, 150.000 infermieri, 8.300 ostetriche, 180.000 OSS; pensate un po', quindi, come siamo organizzati in maniera preoccupante. E mancano dove? Mancano nel Servizio sanitario nazionale pubblico.
E sono sempre più attratti dalle convenzioni private, dalla sanità privata e dai sistemi assicurativi. Guardate, il tema del tetto all'assunzione di personale ha a che fare direttamente con l'impoverimento del Servizio sanitario nazionale stesso. Che fosse detto chiaramente dalla destra, il cui obiettivo era quello sciagurato modello lombardo, o che fosse detto dalla sinistra, in questi 15 anni, che il loro obiettivo, in un'ottica neoliberista, era il contenimento della spesa, che fosse l'uno o che fosse l'altro, la finalità è sempre stata quello di impoverire il Servizio sanitario nazionale pubblico, universale, equo e solidale .
Guardate, il Servizio sanitario nazionale è stato istituito con la legge n. 833 del 1978, che rende compiuto l'articolo 32 della Costituzione: non è vecchio, come ha detto il Sottosegretario Gemmato, Presidente; è giovanissimo il nostro Servizio sanitario nazionale; è giovane, istituito da 45 anni. Ma la destra ha fatto di tutto per demolirlo perché, subito dopo Tina Anselmi, governò Altissimo, un liberale che era contro quella proposta di legge. Subito dopo è arrivato De Lorenzo, nel 1992, che ha voluto mettere in competizione la sanità pubblica con la sanità privata. E, ovviamente, nel momento in cui metti il pubblico e il privato in competizione, il gioco diventa troppo semplice per il privato: perché il privato deve fare giustamente e legittimamente il suo lavoro, ma il suo lavoro in questo ambito, purtroppo, è mercificare la salute e questo non è accettabile per l'articolo 32 della Costituzione stessa, perché è un diritto fondamentale che va garantito .
Allora, vediamo questo tetto all'assunzione. La prima limitazione la mise il secondo Governo Berlusconi nel 2004, con Siniscalco al MEF e Sirchia alla salute: vent'anni fa, quindi; pensate un po', la limitazione comincia nel 2004 con Berlusconi. Nel 2006, il terzo Governo Berlusconi fa la stessa cosa. Nel 2008, Prodi addirittura organizza un sistema ancora più stringente. E poi il quarto Governo Berlusconi, fino al 2011. Solo il MoVimento 5 Stelle, sia nel “Conte 1” che nel “Conte 2”, ha cercato di rompere questo ingranaggio. Nel “Conte 1” col decreto Calabria che oggi state copiando: non state aggiungendo una risorsa, un euro; non ci state mettendo nulla . Ecco che il nostro emendamento va in quella direzione.
Cominciamo a derogare in aggiunta e per davvero al decreto Calabria, in attesa - forse nel 2025, , di emergenza e necessità - di arrivare, finalmente, a qualche decreto attuativo per eliminare questo tetto all'assunzione di personale .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare,