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Lunedì 25 Novembre 2024 ore 09:00
AULA, Seduta 386 - Decreto flussi, Governo pone la fiducia
Resoconto stenografico
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Nella seduta odierna il Governo ha posto la fiducia sul decreto recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali (cosiddetto decreto flussi) (C. 2088-A).
Nella parte antimeridiana della seduta si è svolta la discussione sulle linee generali del disegno di legge recante legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023 (C. 2022-A).
Nella parte antimeridiana della seduta si è svolta la discussione sulle linee generali del disegno di legge recante legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023 (C. 2022-A).
XIX LEGISLATURA
386^ SEDUTA PUBBLICA
Lunedì 25 novembre 2024 - Ore 9
1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023. (C. 2022-A)
Relatori: MONTEMAGNI, per la VIII Commissione; PIETRELLA, per la X Commissione.
(ore 12, con votazioni non prima delle ore 15)
2. Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali. (C. 2088-A)
Relatrice: KELANY.
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- Lettura Verbale
- Missioni
- Disegno di legge: Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023 (A.C. 2022-A) (Discussione)
- Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023.(C. 2022-A)
- Discussione sulle linee generali - A.C. 2022-A
- Vice Presidente COSTA Sergio
- Deputata MONTEMAGNI Elisa (LEGA - SALVINI PREMIER)
- Deputato PIETRELLA Fabio (FRATELLI D'ITALIA)
- Deputata GHIRRA Francesca (ALLEANZA VERDI E SINISTRA)
- Deputato SCHIANO DI VISCONTI Michele (FRATELLI D'ITALIA)
- Deputato CASU Andrea (PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA)
- Deputato DI MATTINA Salvatore Marcello (LEGA - SALVINI PREMIER)
- Deputata PAVANELLI Emma (MOVIMENTO 5 STELLE)
- Deputato BENZONI Fabrizio (AZIONE-POPOLARI EUROPEISTI RIFORMATORI-RENEW EUROPE)
- Repliche - A.C. 2022-A
- Discussione sulle linee generali - A.C. 2022-A
- Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023.(C. 2022-A)
- La seduta, sospesa alle 11,15, è ripresa alle 12,05.
- Disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali (A.C. 2088-A) (Discussione)
- Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali.(C. 2088-A)
- Discussione sulle linee generali - A.C. 2088-A
- Vice Presidente COSTA Sergio
- Deputata KELANY Sara (FRATELLI D'ITALIA)
- Sottosegretaria di Stato per l'Interno FERRO Wanda
- Deputata BONAFE' Simona (PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA)
- Deputato URZI' Alessandro (FRATELLI D'ITALIA)
- Deputato BENZONI Fabrizio (AZIONE-POPOLARI EUROPEISTI RIFORMATORI-RENEW EUROPE)
- Deputata GHIRRA Francesca (ALLEANZA VERDI E SINISTRA)
- Deputato MAGI Riccardo (MISTO)
- Deputata CARMINA Ida (MOVIMENTO 5 STELLE)
- Deputata SCARPA Rachele (PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA)
- Repliche - A.C. 2088-A
- Esame dell'articolo unico - A.C. 2088-A
- Discussione sulle linee generali - A.C. 2088-A
- Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali.(C. 2088-A)
- Sul rinvio in Commissione del disegno di legge di conversione n. 2088-A
- Preavviso di Votazioni Elettroniche
- Si riprende la discussione
- Vice Presidente COSTA Sergio
- Deputata ALIFANO Enrica (MOVIMENTO 5 STELLE)
- Deputata BONAFE' Simona (PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA)
- Deputato ZARATTI Filiberto (ALLEANZA VERDI E SINISTRA)
- Deputata BONAFE' Simona (PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA)
- Deputata BRAGA Chiara (PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA)
- Deputato COLUCCI Alfonso (MOVIMENTO 5 STELLE)
- Vice Presidente COSTA Sergio
- La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 17,50
- Missioni (Alla ripresa pomeridiana)
- Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2088-A/R
- Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali.(C. 2088-A)
- Sui lavori dell'Assemblea
- Interventi di fine seduta
- Ordine del giorno della seduta di domani
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ROBERTO TRAVERSI, legge il processo verbale della seduta del 21 novembre 2024.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 79, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta odierna .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2022-A: Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi - già anticipato ai gruppi per le vie brevi - è in distribuzione e sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta odierna
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Le Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione ambiente, deputata Elisa Montemagni.
ELISA MONTEMAGNIOnorevoli colleghi, signor Presidente, il provvedimento all'esame dell'Assemblea si inserisce a pieno titolo nel quadro delle misure e degli interventi di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. L'approvazione annuale di una legge sulla concorrenza è, infatti, uno degli impegni assunti dallo Stato italiano, il cui adempimento costituisce una condizione necessaria per l'assegnazione dei fondi previsti dal già richiamato PNRR.
Le Commissioni riunite ambiente e attività produttive hanno svolto un'approfondita istruttoria, nell'ambito dell'esame del disegno di legge, attraverso un ciclo di audizioni informali che ha consentito di acquisire importanti elementi di informazione e valutazione, e un dibattito articolato sul contenuto del provvedimento, che è stato modificato nel corso dell'esame in sede referente.
Per quanto competenza dell'VIII Commissione, segnalo che il provvedimento contiene, agli articoli dall'1 al 16, previsioni volte ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati nel quadro del PNRR, relativi al riordino delle concessioni autostradali allo scopo di realizzare un modello di maggiore efficienza, in linea con la visione europea, che concepisca la concessione quale strumento contrattuale in grado di garantire un'efficace collaborazione tra la parte pubblica e la parte privata, assicurando la realizzazione degli interventi necessari e la prestazione di un servizio efficiente all'utenza.
Rammento, infatti, che tali previsioni rispondono alla necessità di conseguire, entro il 31 dicembre 2024, l'obiettivo del traguardo Missione 1, componente 2, intervento 11, del PNRR, di adottare una serie di misure relative al settore autostradale. Tra queste figura la previsione di un quadro normativo per le concessioni autostradali all'interno del quale rendere obbligatorio lo svolgimento delle gare per i contratti di concessione autostradale, impedendone il rinnovo automatico, nonché di misure in materia di affidamenti e risoluzione del contratto.
Per quanto riguarda il contenuto del provvedimento, passo ad elencare in sintesi le disposizioni, soffermandomi sulle modifiche introdotte nel corso dell'esame in sede referente.
L'articolo 1 individua le finalità e definisce il campo di applicazione delle disposizioni medesime. Viene, inoltre, precisato che tali disposizioni integrano la disciplina generale delle concessioni autostradali recata dal Codice dei contratti pubblici e sono fornite le definizioni dei termini utilizzati negli articoli che compongono il Capo I, il cui intento è quello di rafforzare gli strumenti di in capo al concedente, nel quadro di una regolamentazione orientata ad una serie di finalità.
L'articolo 2, modificato in sede referente, dispone che, ai fini dell'affidamento delle concessioni autostradali, l'ente concedente tenga conto degli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali individuate dall'Autorità di regolazione dei trasporti (ART).
L'articolo 3 stabilisce che l'ente concedente, cioè il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, aggiudica concessioni autostradali secondo procedure di evidenza pubblica. Sono, inoltre, individuati i casi in cui è, invece, consentito l'affidamento diretto ed è stabilito il divieto di per gli affidamenti delle concessioni scadute o in scadenza. Come specificato nella relazione accompagnatoria del disegno di legge, tale divieto, in conformità col divieto della proroga delle concessioni, intende evitare una posizione di vantaggio per il concessionario uscente, attraverso l'applicazione del diritto di prelazione.
L'articolo 4 disciplina il contenuto dei bandi di gara relativi agli affidamenti effettuati con procedure di evidenza pubblica e prevede, ai fini dell'aggiudicazione, alcuni importanti obblighi.
L'articolo 5 reca disposizioni per l'affidamento delle concessioni autostradali. In particolare, viene disciplinata la procedura da seguire per l'affidamento , che si conclude con l'approvazione, con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze, della proposta definitiva di convenzione.
L'articolo 6, modificato in sede referente, definisce l'oggetto del contratto di concessione autostradale, prevedendo che includa l'attività di gestione e manutenzione ordinaria dell'infrastruttura autostradale, nonché, in relazione ai progetti posti a base di gara, la progettazione di fattibilità tecnico-economica, la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori e delle opere di manutenzione straordinaria individuati dalla convenzione di concessione e dai relativi aggiornamenti. Lo stesso articolo dispone, tra l'altro, che sono a carico del concessionario i rischi operativi.
L'articolo 7 disciplina la remunerazione delle attività che formano oggetto del contratto di concessione. Sono, inoltre, recate disposizioni in merito agli oneri relativi alla progettazione e a quelli relativi all'esecuzione dei lavori e delle opere di manutenzione straordinaria.
L'articolo 8 individua i contenuti dello schema di convenzione che deve essere posto a base dell'affidamento di ogni concessione autostradale.
L'articolo 9, modificato in sede referente, dispone, al comma 1, che la stipula del contratto di concessione avvenga mediante sottoscrizione, da parte dell'ente concedente e dell'affidatario, di una convenzione corredata dal Piano economico finanziario (il PEF). Lo stesso articolo disciplina la procedura per l'approvazione della convenzione, precisando le modalità di intervento del CIPESS, nonché l'ipotesi di mancata sottoscrizione della proposta di convenzione, l'aggiornamento periodico o la revisione delle convenzioni dei relativi PEF.
L'articolo 10 dispone che la durata delle concessioni, affidate ai sensi della sezione IV (articoli 6-11) del capo I del disegno di legge in esame, è determinata dall'ente concedente in funzione dei servizi e dei lavori richiesti dal concessionario e non può superare di regola i 15 anni. Tale termine può essere derogato solo nel caso in cui il programma dei lavori da affidare in concessione non consenta il recupero degli investimenti effettuati e il ritorno del capitale investito nel termine di 15 anni, tenuto altresì conto del tempo necessario ad ammortizzare le eventuali somme corrisposte a titolo di valore di subentro. Al termine della concessione, l'ente concedente procede al nuovo affidamento.
L'articolo 11 reca, come chiarito dal comma 1, la disciplina specifica dedicata al settore autostradale, che integra quella recata dal codice dei contratti pubblici per la generalità delle concessioni. In particolare, l'articolo 11 disciplina l'estensione della concessione autostradale determinata da motivi di pubblico interesse o derivante da inadempimento del concessionario e individua la disciplina applicabile, nelle more dell'affidamento, a un nuovo concessionario.
L'articolo 12 disciplina la procedura relativa alla fissazione dell'aggiornamento delle tariffe autostradali in base a criteri specifici, quali distanza percorsa, flussi di traffico e indice inflattivo. Le tariffe sono determinate in base alle caratteristiche delle infrastrutture autostradali e garantiscono integralmente la copertura dei costi di costruzione, manutenzione e gestione, nonché eventuali oneri finanziari e costi esterni. La norma disciplina inoltre la destinazione delle risorse al Fondo nazionale per gli investimenti sulla rete autostradale e al Fondo per il riequilibrio economico-finanziario e le modalità di ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per gli investimenti sulla rete autostradale.
L'articolo 13 prevede l'adozione del Piano nazionale degli investimenti autostradali al fine di individuare lavori e opere di manutenzione straordinaria da inserire nei bandi di gara delle nuove concessioni, nonché coordinare in modo omogeneo il livello nazionale.
L'articolo 14 disciplina la procedura di aggiornamento del Piano economico finanziario (il PEF) delle società concessionarie, per le quali, alla data di entrata in vigore del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, è intervenuta la scadenza del periodo regolatorio quinquennale.
L'articolo 15, con una disposizione di rinvio, mira a confermare che alle concessioni autostradali in essere non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara di evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, si applichino le disposizioni sull'affidamento mediante procedure di evidenza pubblica di una quota tra il 50 e il 60 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture, stabilita convenzionalmente dal concedente e dal concessionario ai sensi dell'articolo 186 del codice dei contratti pubblici, che ha introdotto un sistema flessibile di individuazione delle quote dei lavori, servizi e forniture da affidare a terzi, da stabilire all'interno di un intervallo determinato e secondo parametri legislativi previsti.
L'articolo 16 contiene una serie di disposizioni di coordinamento normativo.
Con riferimento alle altre disposizioni di competenza della Commissione ambiente, segnalo che durante l'esame in sede referente è stato introdotto l'articolo 27, il quale reca modifiche al cosiddetto codice dell'ambiente, al fine di precisare che è sempre possibile costituire sistemi autonomi per il ciclo e il recupero dei rifiuti di imballaggi che siano relativi a più filiere e modificare, al fine di precisarne e ampliarne la portata, la disposizione che prevede l'esclusione, dalla corresponsione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, delle utenze non domestiche che hanno scelto di conferire al di fuori del servizio pubblico i rifiuti simili agli urbani. Tale nuova disposizione è rivolta in particolare a recepire, nel provvedimento in esame, le segnalazioni formulate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato circa la necessità di esplicitare la possibilità di costituire sistemi autonomi multi-filiera per la gestione degli imballaggi quando diventano rifiuti, nonché per prevedere la riduzione della tariffa rifiuti per le utenze non domestiche che decidano di conferire i propri rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico.
Infine l'articolo 36, anch'esso introdotto in sede referente, reca disposizioni volte all'estensione del limite del 5 per cento alle commissioni a carico degli esercenti, previsto dal codice dei contratti pubblici, a tutti gli accordi, comunque denominati, stipulati dalle imprese, che emettono i buoni pasto in forma cartacea o elettronica, e gli esercenti. Viene altresì stabilito che le clausole contrattuali contrarie sono nulle (comma 2). Tali disposizioni si applicano immediatamente agli esercenti non vincolati da alcun accordo oppure a decorrere dal 1° settembre 2025 in caso di accordi in essere (comma 3). Sono inoltre recate disposizioni finalizzate a regolare i buoni pasto emessi entro il 1° settembre 2025 e a consentire il recesso alle imprese emittenti per i contratti in corso, senza indennizzi o oneri (comma 4).
In conclusione, segnalo che la I Commissione ha espresso parere favorevole con osservazioni e che sono inoltre pervenuti i pareri favorevoli delle altre Commissioni competenti in sede consultiva, nonché il parere del Comitato per la legislazione, con condizioni e osservazioni, di cui le Commissioni hanno tenuto conto attraverso l'approvazione di un emendamento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la X Commissione (Attività produttive, commercio e turismo), l'onorevole Fabio Pietrella.
FABIO PIETRELLAGrazie, Presidente. In qualità di relatore per la X Commissione, procederò sui contenuti del disegno di legge in esame per le parti di competenza di questa Commissione.
Mi permetta però, prima di passare all'illustrazione del contenuto del DDL, di ricordare che il fine dell'adozione annuale della legge per il mercato e la concorrenza è quello di rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di garantire la tutela dei consumatori. Ai sensi della legge n. 99 del 2009, il disegno di legge deve essere presentato ogni anno entro 60 giorni dalla data di trasmissione della relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, su proposta del Ministro delle Imprese e del , tenendo conto anche delle segnalazioni eventualmente trasmesse, dalla citata Autorità, ai medesimi fini.
Nonostante negli anni non si sia riusciti ad assicurare la cadenza annuale della legge sulla concorrenza, oggi, grazie al lavoro e all'attenzione del Governo Meloni e, nello specifico, del Ministro Urso e del Sottosegretario Bitonci - che ringraziamo -, questa periodicità sembra finalmente trovata e quella di cui si avvia oggi l'esame è la terza legge sulla concorrenza consecutiva.
Passando all'illustrazione delle parti del disegno di legge in esame di competenza della Commissione X, ricordo che il capo II del disegno di legge contiene disposizioni in materia di rilevazione dei prezzi e degli usi commerciali e concernenti il settore assicurativo, i trasporti, le strutture amovibili funzionali all'attività dei pubblici esercizi e la concorrenza.
Più in particolare, l'articolo 17 integra la normativa in materia di compiti e funzioni delle Camere di commercio, specificando che la rilevazione dei prezzi e delle tariffe è limitata solo a determinati prodotti indicati dal Garante per la sorveglianza dei prezzi, attuata con modalità definite da apposite linee guida adottate dallo stesso Garante.
L'articolo 18 modifica il codice delle comunicazioni elettroniche, disponendo che l'Agcom è tenuta ad aggiornare il regolamento sulla portabilità dei numeri per i servizi di comunicazioni mobili al fine di introdurre modalità di monitoraggio e vigilanza che garantiscano un uso corretto delle informazioni acquisite dai fornitori di reti o servizi.
L'articolo 19 introduce alcune misure di del divieto, per i rappresentanti delle categorie aventi un diretto interesse nella materia in cui sono oggetto di rilevazione, di far parte dei comitati tecnici, istituiti presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, per la rilevazione degli usi commerciali. La norma, come integrata nel corso dell'esame in sede referente, interviene anche sulle informazioni che le società di vendita al dettaglio di energia sono tenute a fornire al cliente finale.
L'articolo 20 reca disposizioni volte a favorire la portabilità dei dati contenuti nelle cosiddette scatole nere. Nello specifico, vengono stabiliti un divieto di inserire clausole che impediscono e limitano all'assicurato la disinstallazione gratuita dei dispositivi elettronici alla scadenza annuale del contratto ovvero che prevedano penali per la loro restituzione dopo tale scadenza, a pena di nullità delle stesse; un meccanismo di portabilità dei dati registrati dalle scatole nere; e un meccanismo di compensazione monetaria per la messa a disposizione dei dati.
L'articolo 21 riconosce alle imprese assicurative la possibilità di istituire un sistema informativo sui rapporti assicurativi non obbligatori, volto a contrastare comportamenti fraudolenti e posti sotto la vigilanza dell'Ivass.
L'articolo 22, introdotto durante l'esame in sede referente, affida all'Ivass la gestione di un portale il cui scopo è consentire la comparazione trasparente dei contratti assicurativi stipulati a copertura dei danni cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali.
L'articolo 23 introduce nel codice di consumo una misura di contrasto alla pratica commerciale nota come riporzionamento, o , prevedendo un obbligo informativo, mediante specifica etichetta, circa la riduzione di quantità, di peso o di volume, per un periodo di 6 mesi dall'immissione in commercio del prodotto in questione.
L'articolo 24, inserito nel corso dell'esame in sede referente, prevede la facoltà per i clienti domestici vulnerabili dell'energia elettrica di chiedere, entro il 30 giugno 2025, l'accesso al servizio a tutele graduali. Si demanda ad ARERA la definizione delle modalità di attuazione di tali previsioni, ivi incluse quelle per l'attestazione circa la sussistenza dei requisiti di vulnerabilità.
L'articolo 25 modifica l'apparato sanzionatorio previsto per le violazioni delle norme in materia di trasporto pubblico non di linea, al fine di sanzionare la mancata iscrizione al registro informatico delle imprese esercenti l'attività di trasporto pubblico non di linea da parte di chi svolge servizio di taxi o di noleggio con conducente, nonché in caso di mancata presentazione dell'istanza di aggiornamento dei dati ivi inseriti, e di conferire ai comuni competenze in materia di accesso al registro e di verifica delle eventuali incongruenze dei dati contenuti nello stesso, riformando tutto il relativo apparato sanzionatorio.
L'articolo 26 prevede una delega per il riordino delle norme sulle concessioni di spazi pubblici di interesse culturale o paesaggistico alle imprese di pubblico esercizio per l'installazione di strutture amovibili funzionali all'attività esercitata (i cosiddetti ).
Il decreto legislativo deve seguire principi di ragionevolezza e proporzionalità, senza nuovi oneri finanziari, rispettando i principi e i criteri direttivi che prevedono, tra l'altro, la non applicazione dei regimi autorizzatori previsti dal codice dei beni culturali e la definizione di beni culturali immobili di interesse artistico. Il Capo III detta disposizioni in materia di , questo è molto importante. In particolare, l'articolo 28 introduce alcune modifiche al cosiddetto , aggiungendo ulteriori requisiti qualificanti il concetto di innovativa.
Si specifica che la innovativa debba essere una micro, piccola o media impresa che, entro il secondo anno dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese, disponga di particolari caratteristiche e impieghi almeno un dipendente. Inoltre, viene specificato che la privativa industriale relativa ad un'invenzione industriale debba anche essere essa stessa utilizzata nell'impresa. L'articolo 29 prevede che le innovative, iscritte nella sezione speciale del registro delle imprese, hanno diritto di permanervi a condizione che dispongano di un capitale sociale minimo regolamentato e impieghino almeno un dipendente entro 2 anni dalla data di entrata in vigore della legge.
L'articolo 30 introduce modifiche al quadro definitorio delle innovative e degli incubatori certificati previsto dal suddetto . In particolare, vengono incluse anche le attività di supporto e accelerazione in favore di innovative tra i possibili requisiti ai fini della definizione di incubatore certificato. L'articolo 31 introduce un contributo sotto forma di credito d'imposta a favore degli incubatori certificati che effettuino direttamente o tramite altri organismi specializzati investimenti in innovative.
L'articolo 32 modifica la quota dell'attivo patrimoniale che gli enti di previdenza obbligatoria e le forme di previdenza complementare possono destinare agli investimenti qualificati. All'articolo 33, introdotto durante l'esame in sede referente, si dispone che i comuni, entro il 25 luglio 2025, provvedano a dotarsi di componenti informatiche per il funzionamento telematico dello sportello unico per le attività produttive, conformi alle specifiche tecniche previste dal DM del 26 settembre 2023. L'articolo 34 modifica il Testo unico sull'immigrazione al fine di favorire l'ingresso e il soggiorno di investitori stranieri, anche nel caso di investimento nel capitale di fondi di .
L'articolo 35, introdotto durante l'esame in sede referente, è volto a sospendere l'efficacia di specifiche disposizioni in materia di accreditamento istituzionale, con particolare riferimento alla richiesta da parte di nuove strutture o all'avvio di nuove attività in strutture preesistenti. L'articolo 37 novella la normativa vigente in tema di lavorazione del plasma italiano derivante dalle donazioni di sangue da parte di donatori volontari non remunerati, introducendo la possibilità di commercializzare anche il sangue il cui plasma sia lavorato in regime di libero mercato.
Al Capo IV si dettano disposizioni finanziarie e disposizioni relative all'entrata in vigore della norma. Nello specifico, l'articolo 38 reca le disposizioni finanziarie per assicurare la copertura del provvedimento e nell'articolo 39 si dispone l'entrata in vigore della legge il giorno seguente alla pubblicazione nella . Concludo, Presidente, ringraziando la correlatrice Montemagni, i presidenti e i colleghi delle Commissioni VIII e X, nonché tutti i funzionari per l'ottimo lavoro svolto e per il clima di collaborazione e sano confronto che hanno contraddistinto questo nostro lavoro.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire.
È iscritta a parlare la deputata Ghirra. Ne ha facoltà.
FRANCESCA GHIRRA(AVS). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, permettetemi di esulare un attimo dal provvedimento in oggetto per ricordare che oggi è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne - visto che oggi non ne parleremo - ed esprimere un certo rammarico per il fatto che non si sia riusciti ad arrivare ad un testo condiviso e la maggioranza non si sia dissociata dalle parole della Presidente e di alcuni Ministri. Pertanto, confido che giovedì si possa trovare una sintesi per valorizzare gli sforzi dalla presidente Semenzato e il lavoro della Commissione contro i femminicidi.
Passando al provvedimento, come sappiamo, la legge annuale per il mercato e la concorrenza ha il fine di rimuovere gli ostacoli regolatori di carattere normativo o amministrativo all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della conoscenza e di garantire la tutela dei consumatori. La Commissione europea ha ripetutamente evidenziato gli ostacoli alla crescita della produttività e agli investimenti in Italia, sottolineando la necessità di affrontare le restrizioni alla concorrenza specialmente nel commercio al dettaglio e nei servizi alle imprese. Il 2023 ha riconosciuto i progressi, ma ha anche evidenziato criticità persistenti, in particolare nel settore dei servizi.
L'Italia, nonostante sia ben integrata nel Mercato unico europeo, mostra ancora livelli di restrittività superiori alla media europea in diverse professioni regolamentate e nel commercio al dettaglio. In particolare, vorrei segnalare che permangono preoccupazioni riguardo all'assegnazione di concessioni marittime, lacustri e fluviali per attività turistico-ricreative. Ma è del tutto evidente che per questo Governo non si tratta di un problema, visto che si continua a mantenere invariata la situazione per non far torto alla Ministra Santanche' e al suo amico Briatore, nonostante le procedure di infrazione aperte. Le sfide per la competitività riguardano il miglioramento dell'efficacia della pubblica amministrazione e dell'ambiente imprenditoriale, la riforma dell'amministrazione fiscale, il potenziamento di ricerca e innovazione e gli investimenti nella forza lavoro.
Eppure, nonostante il 2024 preveda che la competitività dell'Italia riceverà una spinta dai forti investimenti pubblici e dallo slancio delle riforme nell'ambito del PNRR, il nostro timore è che le vostre politiche di retroguardia non solo rallentino la crescita del nostro Paese, ma addirittura ci facciano retrocedere. Le misure che riguardano, in particolare, il mondo del lavoro, ove vi sono stipendi che, a differenza degli altri Paesi, sono fermi da anni; adeguamenti che coprono appena un terzo dell'inflazione; lavoratrici e lavoratori che perdono continuamente potere d'acquisto; le vostre politiche fiscali, che riducono la progressività a vantaggio dei grandi patrimoni e a discapito dei piccoli risparmiatori; la e la finzione rispetto al cuneo fiscale; la mancata riforma della legge Fornero e la rivalutazione delle pensioni, con la beffa dei 3 euro in più al mese.
Sono misure del tutto inadeguate a dare risposta a tante e tanti la cui qualità di vita è peggiorata notevolmente e continuerà a peggiorare. Per non parlare poi del vostro atteggiamento “climafreghista”. La Commissione europea rileva che l'Italia è altamente esposta ai cambiamenti climatici, esacerbati dalle attività umane. L'impatto dei cambiamenti climatici rappresenta un elevato onere per le imprese italiane, il Governo e gli assicuratori, ad esempio, a causa delle infrastrutture danneggiate. Secondo l'ISPRA, nel 2022 sono stati consumati 21 ettari al giorno di suolo, il dato più alto in 11 anni, con un costo annuo per l'ecosistema del suolo stimato fino a 5 miliardi di euro.
Ma voi continuate a infischiarvene e andate avanti a tutto gas verso un passato legato al fossile, rallentando la transizione ecologica e il passaggio alla produzione di energie pulite. L'adozione della legge annuale per la concorrenza 2023 rientra, come detto anche dalla relatrice, tra gli obiettivi PNRR da conseguire entro il 31 dicembre di quest'anno. Il Capo I riguarda il settore autostradale e, in particolare, la previsione di un quadro normativo per le concessioni autostradali, all'interno del quale rendere obbligatorio lo svolgimento delle gare per i contratti di concessione, impedendo il rinnovo automatico.
La rete autostradale italiana, come riportato nel , ha una lunghezza di circa 7.000 chilometri di tratte in esercizio ed è gestita tramite rapporti concessori con società pubbliche e private. In particolare, come viene evidenziato, la rete a pedaggio è gestita tramite 26 rapporti concessori e si sviluppa per 6.000 chilometri in esercizio, mentre la rete autostradale non a pedaggio è gestita dall'Anas e si estende per circa 939 chilometri in esercizio.
Inoltre, per la maggior parte della rete, il concedente è il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, mentre per la restante parte, soggetti concedenti sono le regioni Veneto ed Emilia-Romagna e la società Concessioni Autostradali Lombarde. Sempre secondo quanto evidenziato dalla relazione illustrativa, nell'ambito delle concessioni autostradali per le quali il concedente è il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, 17 scadranno nei prossimi 15 anni, e per queste sarà necessario procedere a un nuovo affidamento. Le norme introdotte prevedono che i bandi di gara debbano definire i criteri di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, indicando i maggiori punteggi da attribuire alle offerte in relazione ai livelli di servizio e alle prestazioni definite nella convenzione.
Spiace, quindi, che si sia persa l'occasione di specificare gli aspetti qualitativi, ambientali e sociali connessi all'oggetto della concessione, tenendo conto di detti criteri in via obbligatoria e non facoltativa, e rifiutando di aggiungere un'ulteriore specifica metodologica che tenesse conto in particolare dello sviluppo e del miglioramento degli standard a supporto della mobilità sostenibile, come ad esempio la rete delle colonnine di ricarica, e di garantire il contenimento dei costi per l'utenza, così come avevamo proposto.
Non pensiate che la partecipazione, seppure sul piano informativo, da parte del concessionario uscente alla predisposizione del bando di gara lasci l'amministrazione concedente in una situazione di dipendenza dal concessionario, rischiando di aprire la via a una condizione non più fisiologica, ma di patologica asimmetria informativa, nel momento in cui il concessionario uscente, che ha supportato l'amministrazione concedente nella ricognizione dello stato manutentivo dell'infrastruttura, decida di concorrere per l'affidamento della nuova concessione per il quale è previsto, ai fini della formulazione dell'offerta, un piano di manutenzione ordinaria.
Le norme che ci lasciano più perplessi, però, sono quelle che riguardano gli affidamenti , modello ritenuto coerente con le direttive comunitarie della Corte di giustizia europea solo se strutturato in modo da evitare che lo stesso possa risolversi in una ingiustificata compromissione dei principi che presiedono al funzionamento del mercato e, dunque, in una violazione delle prescrizioni contenute nel Trattato a tutela della concorrenza. In buona sostanza, il modello operativo non deve costituire il mezzo per consentire alle autorità pubbliche di svolgere, mediante la costituzione di apposite società o attraverso l'affidamento diretto a società esistenti, attività di impresa in violazione delle regole concorrenziali, che richiedono che venga garantito il principio del pari trattamento tra imprese pubbliche e private. Per questo noi abbiamo proposto di introdurre nell'affidamento delle concessioni autostradali l'obbligo di una motivazione rafforzata, in analogia a quanto disposto dal legislatore in sede di riordino dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Siamo soddisfatti dalla modifica introdotta al comma 1 dell'articolo 10, per evitare la proroga automatica delle concessioni, per cui noi avevamo proposto l'articolazione per lotti funzionali prevedendo deroghe solo per consentire il recupero degli investimenti e il ritorno del capitale investito. Confidiamo che, durante l'esame in Aula, possa essere accolto anche un altro dei nostri emendamenti, ovvero che, in caso di scadenza della concessione, vi sia la previsione esplicita dell'obbligo in capo all'ente concedente di avviare, con congruo anticipo, la procedura di gara per la selezione del nuovo concessionario, allo scopo di evitare l'eccessivo protrarsi della gestione transitoria.
L'articolo 11, inoltre, nel disciplinare l'ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento del concessionario, non prevede alcuna forma di temporanea interdizione dello stesso che si sia reso responsabile di rilevanti inadempimenti, con conseguente grave pregiudizio all'interesse pubblico. Abbiamo proposto di integrare il testo in tale direzione, anche al fine di consolidare una platea di concessionari affidabili per la partecipazione alle gare di riferimento. Confidiamo che, in Aula, si possa porre rimedio a questo problema.
Un altro articolo che ci lascia a dir poco perplessi e di cui abbiamo chiesto la soppressione è il 15. Si prevede, infatti, l'obbligo di esternalizzare tra il 50 e il 60 per cento dei contratti, una misura che può compromettere gravemente la qualità dei manufatti e la sicurezza di lavoratrici e lavoratori, oltre che degli utenti più in generale. L'ingresso di eventuali nuovi operatori senza la necessaria esperienza nel settore autostradale rappresenta, infatti, un rischio inaccettabile per lavoratori e utenti. Si dovrebbe garantire che le procedure di gara privilegino non solo il prezzo, ma anche la qualità, evitando ulteriori sotto-affidamenti che possano abbassare gli qualitativi in senso generale, ma per voi, evidentemente, la qualità e la sicurezza sono importanti solo a parole.
Al Capo II abbiamo proposto l'introduzione di un Osservatorio per il monitoraggio del rapporto tra costi medi di produzione e prezzi all'origine del settore agricolo, il cui non accoglimento è davvero incomprensibile. Si tratta di un importante strumento per garantire trasparenza nel mercato agroalimentare, contrastando eventuali anomalie di prezzo e tutelando il consumatore, la concorrenza leale tra gli operatori e la difesa del .
Attraverso il monitoraggio dell'Osservatorio, si sarebbe voluto individuare e segnalare criticità nel settore agricolo, come squilibri nelle filiere e comportamenti commercialmente sleali. I risultati sarebbero stati utili, poi, per sollecitare politiche di protezione e sostegno per il comparto agricolo, incluse misure di intervento e sanzioni in materia di pratiche commerciali sleali, nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare. La collaborazione con le organizzazioni professionali agricole, prevista dall'emendamento proposto, rappresenterebbe un elemento chiave per il successo dell'Osservatorio, che dovrebbe pubblicare relazioni trimestrali che riassumano i risultati del monitoraggio e le criticità emerse. È importante sottolineare, infine, che l'Osservatorio avrebbe operato con le risorse già disponibili, senza creare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Il vostro diniego, quindi, è davvero assurdo e anche su questo speriamo che ci sia un ravvedimento.
L'esame in Commissione ha migliorato l'articolo 19, che definisce misure per favorire la concorrenza nel settore assicurativo, introducendo alcune disposizioni a maggior tutela degli utenti. L'articolo 20-, infatti, prevede che la piattaforma gestita da IVASS consenta la comparazione dei contratti RCA in maniera trasparente, al fine di favorire una scelta consapevole e informata.
Non siamo, invece, affatto soddisfatti delle disposizioni introdotte in materia di trasporto pubblico non di linea. La legge n. 13 del 2018 aveva previsto l'istituzione, presso il MIT, di un registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il servizio taxi e di quelle autorizzate allo svolgimento del servizio di noleggio con conducente. L'articolo 32 rende obbligatoria l'iscrizione al registro, prevedendo le relative sanzioni e questa è, per noi, un'occasione mancata, ma soprattutto è un tradimento rispetto alle promesse che erano state fatte al mondo degli NCC. Durante la discussione sulle modifiche al codice della strada, era stato infatti ampio il dibattito sulla necessità di adeguare l'impianto sanzionatorio per i servizi NCC e taxi, considerando le richieste delle associazioni di settore ed evitando sanzioni eccessivamente pesanti per irregolarità minori.
Ci aspettavamo una modifica dell'articolo 85, in particolare del comma 4, ma invece il Ministro Salvini si muove sempre e solo per penalizzare ulteriormente un settore che conta oltre 25.000 imprese di noleggio con conducente e circa 50.000 operatori del settore, che in regioni come la mia, la Sardegna, dove le ferrovie sono ferme all'Ottocento e tanti piccoli comuni non hanno collegamenti con la rete dei servizi pubblici, garantiscono la libertà di movimento dei cittadini e la qualità della mobilità urbana. Sapete che i vettori NCC hanno l'obbligo di attendere un'ora tra la fine di un servizio e l'inizio di un altro, laddove la media europea è di soli cinque minuti; che non possono utilizzare nessuna forma di intermediazione, dalle piattaforme alle agenzie di viaggio ai consorzi sanitari; che per ogni viaggiatore hanno l'obbligo di comunicare preventivamente l'orario e il percorso del servizio, con evidente danno alla e problemi sull'eventuale impossibilità di rispettare orari e percorsi a seconda delle esigenze dell'utente; sapete che se vanno a un autolavaggio con la macchina di servizio rischiano una sanzione perché possono circolare esclusivamente quando trasportano un cliente. Quelle introdotte da Salvini, quindi, sono misure destinate ad aggravare ulteriormente l'emergenza del trasporto pubblico non di linea nelle nostre città e su questo speriamo che, prima o poi, vogliate intervenire, ad esempio approvando qualcuno dei nostri emendamenti.
In questo contesto, è assurdo che abbiate deciso di recepire solo in parte quello che noi abbiamo proposto. Chiedevamo di rendere piena l'integrazione tra l'offerta di trasporto pubblico non di linea con le altre modalità di trasporto pubblico e collettivo a livello urbano, rendendo necessaria l'attuazione dell'integrazione tra i dati delle singole modalità offerte e della piattaforma di aggregazione con i sistemi locali, comunali o sovracomunali, anche delle agenzie di mobilità, di aggregazione di domanda e offerta di mobilità con la piattaforma MAAS, tali da rendere efficiente, moderna e appetibile la fruizione da parte del cittadino dei servizi multimodali, al pari del resto dei Paesi europei. Ovviamente, ripresenteremo anche questo emendamento, anche se purtroppo non ci sembrate intenzionati a recepire queste proposte.
Un articolo che riteniamo osceno è quello che riguarda i cosiddetti . L'articolo 23 prevede una delega per il riordino delle norme sulla concessione di spazi pubblici di interesse culturale o paesaggistico alle imprese di pubblico esercizio, per l'installazione di strutture amovibili funzionali all'attività esercitata. Si prevede una sostanziale liberalizzazione, non si applicano queste norme solo qualora i insistano su spazi urbani strettamente prospicienti i siti archeologici o altri beni culturali immobili di interesse artistico, storico o archeologico eccezionale. Solo in questi limitati casi, permangono i regimi autorizzatori previsti dal codice dei beni culturali. La lettera , che abbiamo proposto di sopprimere, prevede una liberalizzazione della procedura, escludendo, come dicevo, solo i siti di eccezionale interesse.
Noi pensiamo, invece, che debba essere mantenuta l'applicazione delle autorizzazioni del codice Urbani, prevista dalle norme vigenti, e vi abbiamo proposto che la concessione degli spazi per l'installazione di strutture amovibili funzionali all'attività esercitata avvenga nel rispetto della tutela dei beni culturali e in coerenza col tessuto urbano e le aree a maggior rilievo storico-architettonico, nonché con l'interesse paesaggistico e il governo del territorio degli enti locali, che ancora una volta vengono esautorati dalle decisioni in questo ambito; così come crediamo che i regimi autorizzatori previsti dal codice debbano essere applicati a tutti i beni immobili di interesse artistico, storico o archeologico, anche se non eccezionali. Riteniamo, poi, folle prevedere l'applicazione del cosiddetto silenzio-assenso per l'autorizzazione all'installazione di in aree vicine a siti archeologici e beni culturali. Avete idea delle condizioni in cui versano gli uffici del Ministero della Cultura, dalla mole di pratiche che devono gestire? Ecco, voi, piuttosto che potenziare quegli uffici per garantire la tutela del territorio e dei beni culturali, la fate facile e prevedete che, nel caso in cui le risposte non avvengano in maniera tempestiva, si possa comunque procedere, con evidente nocumento della tutela delle nostre città, complimenti.
Quantomeno avete accolto il nostro emendamento che chiedeva che debbano essere definiti criteri uniformi per i comuni al fine di garantire sempre il passaggio dei mezzi di soccorso, bontà vostra. Sulla tutela dei clienti domestici vulnerabili, siete riusciti ad approvare un emendamento confuso al fine di consentire una proroga rispetto alla possibilità di restare nel mercato tutelato o passare al servizio a tutele graduali e al libero mercato, senza prevedere però coperture finanziarie.
E anche sulle siete riusciti a fare un pasticcio, Sottosegretario, che confidiamo riusciate a sanare in questa sede. L'articolo 24 specifica, infatti, che la innovativa debba essere una micro, piccola o media impresa che impieghi almeno un dipendente e che, entro il secondo anno dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese, debba disporre di un capitale sociale pari ad almeno 20.000 euro. Questa norma, che appunto confidiamo possa essere modificata come promesso, penalizza fortemente le innovative. Sulla base di estrazioni effettuate al 30 settembre di quest'anno da registri camerali, infatti, tale previsione andrebbe a riguardare circa 9.584 innovative su 12.842. In altri termini, quasi il 75 per cento di esse cesserebbero di essere qualificate come innovative, disponendo di un capitale sociale inferiore o uguale a 20.000 euro. Noi pensiamo che sarebbe fondamentale incentivare la costituzione di nuove imprese innovative senza l'imposizione di un capitale minimo eccessivamente elevato. Il capitale minimo di 10.000 euro non è richiesto neanche alle Srl ordinarie. Questa norma, oltre a eliminare il 75 per cento delle innovative, inciderebbe in maniera scoraggiante verso chi, tramite questa conformazione d'impresa, tenta di intraprendere attività economiche sperimentali, o quantomeno innovative, spesso giovani e donne, che diventano ancora una volta le categorie più colpite.
Chiudo con altri due episodi che confermano la nostra posizione contraria su questo provvedimento. Nell'ultima seduta della Commissione siete riusciti ad approvare un emendamento citato dal relatore che dà un duro colpo alla concorrenza nel settore dell'accreditamento sanitario. La riforma Draghi, Governo di cui noi non facevamo parte, approvata nel 2022, aveva offerto un'occasione importante. L'obiettivo era, attraverso gare e procedure di trasparenza pubblica, migliorare la qualità dei servizi e favorire l'efficienza attraverso la concorrenza per generare risparmi.
Gli emendamenti di Italia Viva e della maggioranza, approvati con la riformulazione del Governo, hanno, invece, scelto di posticipare di due anni con la riforma. Evidentemente alcuni interessi privati consolidati nell'attuale gestione della sanità sono ritenuti più importanti di obiettivi cruciali, come garantire la qualità del servizio e l'efficienza, la libertà di impresa e il risparmio di risorse. Risorse che, a parità di impatto sulle finanze pubbliche, potrebbero essere reinvestite per ridurre le liste d'attesa e migliorare il servizio pubblico. Ugualmente, con un emendamento sui buoni pasto, avete fatto l'ennesimo enorme regalo alla grande distribuzione. Presidente, ancora una volta, questo provvedimento segna la profonda distanza che c'è tra noi e la maggioranza. E, per questo, annuncio che il gruppo Alleanza Verdi e Sinistra non potrà che votare contro.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Schiano Di Visconti. Ne ha facoltà.
MICHELE SCHIANO DI VISCONTI(FDI). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, Sottosegretario, il provvedimento di cui oggi si tratta rientra tra gli atti legislativi da adottare nell'ambito dell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza; in particolare rientra nella componente 2 concernente digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo della Missione 1 in materia di digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo.
La decisione del Consiglio europeo del 13 luglio 2021 che ha approvato il piano richiede l'entrata in vigore della legge e di tutti gli strumenti attuativi, anche di diritto derivato, volti a realizzarne l'effettiva attuazione entro il 31 dicembre 2024. In base alla menzionata decisione, la legge annuale sulla concorrenza 2023 deve comprendere almeno i seguenti elementi chiave: rendere obbligatorio lo svolgimento di gare per i contratti di concessione autostradale e definire il quadro normativo per le concessioni autostradali, fatta salva la modalità entro i limiti stabiliti dal diritto dell'Unione europea: richiedere all'ART, l'Autorità di regolamentazione dei trasporti, il calcolo di un massimale di prezzo sulla base di un'analisi comparativa dei costi storici dell'intero settore economico, secondo criteri chiari, uniformi e trasparenti; richiedere lo svolgimento di gare per pacchetti di concessione autostradale; richiedere una descrizione dettagliata dell'oggetto del contratto di concessione e i potenziali controlli del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti sull'esecuzione delle opere autostradali; impedire il rinnovo automatico dei contratti di concessione e garantire la conformità degli affidamenti ; disciplinare le condizioni di risoluzione dei contratti; limitare le condizioni di risoluzione dei contratti; ridurre entro un periodo di tempo ragionevole (massimo cinque anni) la percentuale dei contratti dal 40 per cento al 20 per cento, fatti salvi i livelli occupazionali. Una norma di questa importanza merita un approfondimento dettagliato al riguardo.
In particolare, cari colleghi, il presente intervento normativo trova il suo fondamento nella necessità di prevedere disposizioni per la tutela della concorrenza, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera della Costituzione, e dell'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, finalizzate, in particolare, a promuovere lo sviluppo della concorrenza, tenendo in adeguata considerazione gli obiettivi di politica sociale connessi alla tutela dell'occupazione, nel quadro dei principi dell'Unione europea, nonché di contribuire al rafforzamento della giustizia sociale, di migliorare la qualità e l'efficienza dei servizi pubblici e di potenziare lo sviluppo degli investimenti e dell'innovazione in funzione della tutela dell'ambiente, della sicurezza e del diritto alla salute dei cittadini, oltre a rimuovere gli ostacoli regolatori di carattere normativo e amministrativo all'apertura dei mercati, ponendo l'attenzione sul garantire la tutela dei consumatori.
Per tali motivazioni, il provvedimento in esame si configura come in linea e coerente con il programma di Governo, in quanto volto a incidere in maniera organica sul settore delle concessioni autostradali, occupandosi anche di incidere sulla normativa delle , nonché di affrontare, tra gli altri, l'annoso tema della portabilità dei dati delle scatole nere nel settore assicurativo.
Nel dettaglio, le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 16, in coerenza con il programma di Governo e con gli obiettivi fissati dal PNRR da conseguire entro il 31 dicembre 2024 e, in particolare, nell'ambito della “M1C2 -11-12 Riforma 2 - Leggi annuali sulla concorrenza”, intendono operare un generale riordino della normativa inerente al settore autostradale, in particolare mediante la razionalizzazione della disciplina in materia di affidamento delle concessioni autostradali, la semplificazione delle procedure amministrative relative all'approvazione e revisione dei piani economici e finanziarie e la ridefinizione dei criteri di risoluzione dei contratti di concessione. Ciò con l'intento di rafforzare gli strumenti di in capo al concedente in un quadro regolamentare orientato alla promozione di condizioni di effettiva concorrenzialità tra gli operatori del settore, alla garanzia della contendibilità delle concessioni autostradali per i mercati di riferimento, alla tutela della sostenibilità economica e finanziaria dello strumento concessorio, al miglior coordinamento degli interventi di manutenzione tra i singoli concessionari al fine di contenere il più possibile gli impatti sulla mobilità, nonché alla tutela di livelli adeguati di servizio e di investimento a favore degli utenti.
Dunque, mediante la razionalizzazione della disciplina in materia di affidamento delle concessioni autostradali, si vuole applicare la semplificazione delle procedure amministrative relative all'approvazione e revisione dei piani economico-finanziari e definizione dei criteri di risoluzione dei contratti di concessione, intensificare i controlli finanziari sui concessionari da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e rendere più tempestive le azioni del concedente nell'ambito dei rinnovi dei periodi regolari.
La proposta di riforma tende a realizzare un modello di maggiore efficienza coerente con la visione europea, che concepisce la concessione quale strumento contrattuale in grado di garantire un'efficace collaborazione tra la parte pubblica e la parte privata.
L'articolo 17 interviene sulla disciplina in materia di attività di rilevazione dei prezzi e delle tariffe svolta dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di rimuovere alcune criticità concorrenziali. L'articolo 2, comma 2, lettera della legge 29 dicembre 1993, n. 580, come modificata dal decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, dispone che le Camere di Commercio, come ho detto prima la CGIA, singolarmente o in forma associata, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, svolgono, tra le altre, funzioni relative all'attività di rilevazione dei prezzi e delle tariffe. Tale attività, svolta secondo modalità che possono variare da ente a ente, è finalizzata, secondo l'interpretazione storica delle normative succedutesi nel tempo, a rendere il mercato maggiormente trasparente a colmare eventuali lacune nelle compravendite.
Lo scopo della rilevazione è l'individuazione di un prezzo medio e, a volte anche, del prezzo minimo e di quello massimo di un'ampia gamma di prodotti agroalimentari, prodotti agricoli - pasta, riso, vini, eccetera - e, in alcuni casi, di prodotti dell'industria tessile, chimica, siderurgica, della carta, nonché di prodotti relativi agli immobili.
La disposizione di cui si discute si pone l'obiettivo di superare le criticità evidenziate nella segnalazione del luglio 2023 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (l'AGCM), per il corretto completamento dell'attività di monitoraggio. L'articolo 18 interviene sulla disciplina della raccolta e pubblicazione degli usi locali di competenza della CCIAA e attuati dalle relative commissioni provinciali attraverso un apposito tecnico. La materia è regolata dal testo unico di cui al regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011, le cui disposizioni definiscono l'articolazione essenziale della procedura di accertamento, l'esperimento delle indagini necessarie da parte dell'ente e la predisposizione dello schema della raccolta, l'invito alle associazioni professionali interessate a formulare eventuali osservazioni sullo schema predisposto, la pubblicazione del testo definitivo e la revisione, almeno quinquennale, della raccolta, e dal decreto legislativo del Capo dello Stato 27 gennaio 1947, n. 152, al fine di garantire l'imparzialità nelle predette attività di rilevazione già con il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, il cosiddetto decreto Bersani.
Il legislatore è intervenuto escludendo che i rappresentanti di categoria, che abbiano un interesse diretto nella specifica normativa oggetto di rilevazione degli usi, possano partecipare ai comitati tecnici delle CCIAA e, quindi, effettuare direttamente l'attività di rilevazione di cui all'articolo 11, comma 5. L'obiettivo è quello di rafforzare il contenuto normativo della predetta disposizione anche alla luce delle indicazioni fornite dall'AGCM (l'Autorità garante della concorrenza e del mercato) con la segnalazione del luglio 2023, in modo da evitare possibili conflitti di interessi.
Gli articoli 19 e 20 intervengono nel settore delle assicurazioni private. In particolare, l'articolo 19 si inserisce nel complesso di norme che regolano la materia dei dispositivi elettronici per il monitoraggio dei dati dell'attività di circolazione dei veicoli a motore, la cosiddetta scatola nera. Si tratta di un obiettivo inserito nella decisione di esecuzione del Consiglio del 24 novembre 2023. La legge 4 agosto 2018, n. 124, ha introdotto l'articolo 132- del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, che disciplina le diverse condizioni che danno luogo a uno sconto sul prezzo della polizza in caso di stipulazione di un contratto di assicurazione contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli. Una di queste condizioni, prevista dal comma 1, lettera , è costituita dall'installazione, su proposta delle imprese di assicurazione, di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati scatola nera. Sebbene non siano stati adottati i decreti attuativi sui parametri tecnologici volti ad assicurare la portabilità e l'interoperabilità dei dati registrati dai dispositivi elettronici, le scatole nere hanno comunque trovato diffusione sul mercato assicurativo, anche in virtù degli sconti iniziali praticati dalle assicurazioni per i nuovi clienti.
Sul punto l'AGCM ha rilevato, nella segnalazione del 22 giugno 2023 (AS1893), un concreto rischio del cosiddetto , ossia di fidelizzazione forzata derivante dall'applicazione della riduzione del premio dal secondo anno di installazione della scatola nera solo nei casi in cui l'assicurato non cambi compagnia, che determina pratiche distorsive della concorrenza, consistenti nell'imposizione di costi ai clienti per la disinstallazione dei dispositivi elettronici e di clausole penali in caso di restituzione degli stessi, rafforzando, di fatto, il fenomeno del .
Di portata assolutamente innovativa è la definizione dei principi contenuti nella parte finale del testo. Gli obiettivi generali sottesi dal capo III, articoli dal 24 al 29, relativi alle misure in materia di riguardano la necessità di dare aggiornamento e nuovo impulso a quanto realizzato dal decreto-legge n. 179 del 2012, il cosiddetto italiano, ovvero quel sistema di norme e agevolazioni volto a creare un ecosistema favorevole alla nascita e allo sviluppo di un tessuto produttivo digitale e innovativo nel nostro Paese. In particolare, ci riferiamo: in primo luogo, all'aggiornamento della definizione di , al fine di focalizzare le agevolazioni verso le imprese con le maggiori potenzialità innovative in termini produttivi e di servizi; alla modifica alla definizione di incubatore certificato, al fine di ampliare le ipotesi di riconoscimento degli stessi e per l'effetto ampliare la platea dei soggetti iscritti all'apposito registro; alla promozione degli investimenti in da parte di investitori privati e istituzionali tramite la previsione di un credito d'imposta in favore degli incubatori certificati che effettuano l'investimento, nonché la possibilità per i cittadini stranieri di ottenere il visto di soggiorno attraverso la realizzazione di investimento nel settore; all'agevolazione degli investimenti in da parte degli enti di previdenza obbligatoria e complementare.
Gli interventi e gli obiettivi sopra riportati sono coerenti con il programma di Governo in quanto sono in linea con la sua visione strategica di politiche per la crescita e la competitività del Paese, che prevedono, tra le altre, la promozione e il sostegno del settore . Inoltre, le iniziative previste dal predetto capo danno attuazione agli obiettivi previsti dalla missione 1, componente 2, del PNRR, approvato dalla Commissione europea in data 24 novembre 2023, che prevedono, al punto M1C2-11, nell'ambito della legge annuale sulla concorrenza, l'impegno del Governo di realizzare norme volte ad effettuare il riesame e l'aggiornamento della legislazione in materia di , PMI innovative e capitale di rischio, al fine di razionalizzare la legislazione esistente, rivedendo la definizione di e promuovendo gli investimenti in capitale di rischio da parte di investitori privati e istituzionali.
Chiudo ribadendo, come fatto altre volte in altre sedi, che oramai la forza propulsiva e la visione politica di questa maggioranza parlamentare e del Governo Meloni si manifestano in ogni provvedimento. Questa norma, pilastro annuale sui temi che riguardano la regolamentazione di un processo sociale fondamentale come il libero mercato, è di grande spessore innovativo e segue le esigenze e le necessità sociali ed economiche del momento. In questo momento, stiamo portando avanti un'idea di Nazione molto più moderna, più produttiva, più attrattiva di investimenti e più recettiva agli scambi commerciali, in controtendenza con il recente passato.
Il Governo Meloni, il nostro Governo, sta provando a migliorare i punti cardine del sistema Italia, attraverso la modernizzazione e l'adeguamento del concetto di concessioni pubbliche e di investimento di settore per le nuove imprese. Le sfide tecnologiche ci aspettano, le partite decisive con i stranieri sono vicine e non ci faremo trovare impreparati. Avanti Governo Meloni, avanti Italia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.
ANDREA CASU(PD-IDP). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, oggi è il 25 novembre e non posso aprire il mio intervento senza un pensiero alla Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Eliminazione della violenza contro le donne: quanto siamo lontani da questo obiettivo e dico siamo perché il dramma infinito di ogni femminicidio, di ogni singolo atto di violenza fisica e verbale contro le donne non riguarda solamente le nostre madri, compagne, figlie, sorelle, amiche e mogli, ma riguarda soprattutto noi uomini, perché dietro ogni singolo gesto di violenza di genere contro una donna c'è sempre la mano, e non solo la mano, anche la mente, il corpo, l'azione di un uomo.
Dobbiamo sconfiggere la violenza, ma per farlo dobbiamo sconfiggere la cultura che genera questi pensieri, che genera queste azioni, e farlo non solo nei fatti. Non bastano i gesti simbolici, come il tratto rosso che porto anch'io oggi al volto, ma serve fare di più e questo è uno dei luoghi dove possiamo e dobbiamo fare di più. Servono impegni, servono risorse, servono leggi, come le leggi per l'educazione all'affettività, la legge sul consenso, i tanti provvedimenti che possiamo e dobbiamo portare avanti unendo maggioranza e opposizione, unendo parti politiche diverse nell'interesse dell'intero Paese. Per questo dobbiamo onorare questa Giornata, rafforzando il nostro impegno per portare avanti questo lavoro, per portare avanti questa battaglia, per farlo non solo oggi, ma ogni singolo giorno dell'anno.
Venendo al provvedimento in esame, la legge annuale per il mercato e la concorrenza, ricordiamo che l'adozione annuale, prevista dalla legge n. 99 del 2009, al fine di rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di garantire la tutela dei consumatori, non sempre ha trovato applicazione. Ci troviamo, infatti, dinnanzi all'esame della legge per il mercato e la concorrenza relativa all'anno 2023, la cui adozione entro il 31 dicembre 2024 rientra tra gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
In particolare, il testo deve comprendere alcune misure relative al settore autostradale, tra cui la previsione di un quadro normativo per le concessioni autostradali e all'interno del quale rendere obbligatorio lo svolgimento delle gare per i contratti di concessione autostradale, impedendo il rinnovo automatico. Inoltre, entro il 31 dicembre 2024 deve poi entrare in vigore tutto il diritto derivato, se necessario compresi tutti i regolamenti necessari per l'efficace attuazione e applicazione di tutte le misure derivanti dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023.
Ora, da questo punto di vista, per il secondo anno di seguito, ci troviamo in presenza di un disegno di legge che è debole riguardo alla rimozione degli ostacoli regolatori all'apertura dei mercati, la promozione della concorrenza e la tutela dei consumatori, è insufficiente per le aspettative di famiglie e imprese ed è chiaramente poco incisivo. Con il lavoro in Commissione, in VIII Commissione e in X Commissione, con il capogruppo Simiani, con il capogruppo Peluffo e con tutti i rappresentanti del Partito Democratico, abbiamo tentato di modificare e migliorare questo testo, ma i nostri emendamenti non hanno trovato la necessaria accoglienza.
Abbiamo proposto, tra l'altro, due emendamenti nella direzione della tutela dei consumatori, per bloccare il selvaggio e costringere le aziende e i ad evidenziare direttamente, nei del telefono, che l'utente sta per ricevere una chiamata di natura commerciale. Tali proposte non sono state ammesse con motivazioni incomprensibili e francamente inaccettabili. Da sempre, infatti, in questa tipologia di provvedimento vengono discusse anche proposte in tal senso.
In sede di esame sulla parte riguardante la messa a gara delle concessioni autostradali, la maggioranza ha respinto, tra gli altri, i nostri emendamenti volti a prevedere una motivazione qualificata e rafforzata in caso di affidamento in funzione pro-concorrenziale; a introdurre nei bandi l'obbligo di inserire le clausole sociali come requisiti per la valutazione dell'offerta; ad assicurare che tra i criteri di aggiudicazione siano premiati i progetti che prevedono la realizzazione di impianti lungo autostrade per la produzione e vendita di energia rinnovabile i cui proventi possano essere utilizzati per abbattere le tariffe per i pendolari a basso reddito e per l'adeguamento tecnologico e digitale della rete autostradale; a rendere obbligatoria la trasmissione del piano economico finanziario anche all'Anac, nonché a rendere prioritario l'affidamento mediante scorrimento della graduatoria, allo scopo di evitare che i ritardi nello svolgimento della gara si traducano in proroghe della vecchia concessione; ad applicare le penali previste a carico del concessionario anche in caso di ritardi nell'esecuzione dei lavori e di riparazione e manutenzione; nei casi di estinzione di una concessione autostradale per inadempimento del concessionario la sospensione del concessionario inadempiente dalla partecipazione alle gare per l'affidamento di concessioni autostradali per un periodo da 6 a 24 mesi.
Ancora, ad annoverare, tra le gravi inadempienze contrattuali del concessionario, anche quelle relative alla sicurezza sul lavoro. Un emendamento che, pur non comportando alcun aggravio economico, rivestiva un'importanza significativa sotto il profilo sociale, contribuendo in modo determinante alla tutela delle lavoratrici e dei lavoratori. Inoltre, abbiamo chiesto misure per garantire il rispetto da parte del concessionario di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e di favorire un maggiore equilibrio tra ente concedente e soggetto concessionario all'interno del rapporto di concessione.
Sono stati approvati, invece, due nostri emendamenti volti a stabilire un termine preciso per l'adozione da parte del MIT del decreto di approvazione della proposta definitiva di convenzione e uno volto a rendere il sistema più equilibrato e sostenibile, prevedendo che la deroga al limite massimo di durata della concessione fissata a 15 anni sia prevista nel caso in cui il programma dei lavori affidati in concessione non permetta il recupero degli investimenti effettuati e il ritorno del capitale nel termine stabilito, tenuto altresì conto del tempo necessario ad ammortizzare eventuali somme corrisposte a titolo di valore di subentro determinato secondo i parametri stabiliti dall'ART.
Pur prendendo atto delle norme concernenti le disposizioni che regolamentano la messa a gara delle concessioni autostradali, riteniamo che poco si sia fatto per garantire tariffe sostenibili per gli utenti, investimenti innovativi ed efficaci meccanismi concorrenziali. Per quanto attiene, invece, le strutture amovibili funzionali all'attività dei pubblici esercizi, i cosiddetti , come diciamo noi a Roma i “tavolini”, rileviamo che il provvedimento reca di nuovo la proroga, per un altro anno, dei provvedimenti emergenziali studiati per il rilancio economico del -pandemia e reca, altresì, una delega al Governo per disciplinare la materia.
Tale delega, però, viene sovrapposta a quella già incardinata ed in fase di esame presso la X Commissione. Per quanto ci riguarda, non è condivisibile in quanto elimina il principio dell'assunzione di responsabilità da parte di sindaci e amministrazioni locali, principio fondamentale da preservare in quanto i contesti e le vocazioni territoriali, paesaggistiche, sociali ed economiche sono assai diverse nel Paese e all'interno delle stesse realtà territoriali comunali. Solo gli amministratori locali possono garantire il bilanciamento del diritto alla mobilità dei cittadini, della tutela del decoro urbano e dei beni culturali e del paesaggio con le esigenze delle attività commerciali.
La nostra attività emendativa è andata nella direzione di riproporre il testo in esame presso la X Commissione, mantenendo la competenza dei comuni in materia di occupazione del suolo pubblico e delle regole per utilizzarlo e l'autorizzazione già prevista in tema di tutela dei beni culturali e del paesaggio, prevedendo il coinvolgimento delle associazioni di categoria comparativamente più rappresentative e delle imprese di pubblico esercizio per la somministrazione di alimenti e bevande, ed eliminando in questo modo la proroga di un altro anno delle misure attualmente vigenti ereditate dall'emergenza COVID.
Ecco, da questo punto di vista, questa scelta va ancora una volta nella direzione di rendere più difficile e non più semplice il lavoro dei nostri sindaci, il lavoro dei nostri comuni, il lavoro di chi è chiamato ogni giorno in prima linea a rispondere alle esigenze di una comunità, e solo ogni singola comunità può capire fino in fondo qual è l'equilibrio nella gestione dello spazio pubblico ottimale per contemperare le diverse esigenze che devono essere garantite e contemperate. Tuttavia, da questo punto di vista evidentemente il concetto di autonomia per questa maggioranza è solamente uno slogan.
Per quanto riguarda la parte relativa ai trasporti, c'è da rilevare che il Governo continua a dare risposte che vanno sempre a detrimento del settore del noleggio con conducente, che il provvedimento contiene disposizioni inidonee ad assicurare un'effettiva concorrenza all'interno del servizio del trasporto pubblico non di linea e che è carente sotto il profilo dell'assenza della condivisione dei dati relativi al trasporto pubblico, carenza che condiziona la capacità degli enti locali di programmare in modo efficiente la gestione dei relativi servizi.
E non c'è solo questo decreto, e non c'è solo l'incapacità che ha avuto di rispondere a quella che era un'esigenza che avevamo condiviso nel momento in cui avevamo discusso il codice della strada, che lo scorso 20 novembre è stato approvato anche in Senato e che è diventato legge dello Stato. In quell'occasione, avevamo posto il tema delle ingiustizie che erano insite nell'apparato sanzionatorio del codice della strada e ci era stato detto: ci sarà presto l'occasione per correggere queste ingiustizie. Nulla è stato fatto per lenire una disposizione sanzionatoria spropositata, che fin dalla prima sanzione rischia di mettere in discussione non il lavoro degli abusivi, ma il lavoro di chi correttamente vuole svolgere il proprio lavoro, e che, quindi, va nella direzione opposta rispetto alle dichiarazioni di principio.
Poi non possiamo non osservare - oltre il fallimento da questo punto di vista di un impegno che avevamo preso anche collettivamente, con un lungo lavoro in Commissione e in Aula sul codice, totalmente disatteso da questo provvedimento - il combinato disposto di queste norme e dell'attività del MIT. Adesso abbiamo anche assistito a questo ulteriore, assurdo obbligo di sosta di 20 minuti. Vengono presentate come norme anti-abusivismo, ma in realtà sono norme anti-lavoro, anti-cittadini. Lo abbiamo visto anche negli emendamenti, che ripresenteremo: noi avevamo presentato emendamenti che servivano a toccare punti che, a nostro avviso, servivano a garantire un'effettiva marcia verso una riforma del sistema.
Ricordo il tema dei veicoli sostitutivi, il tema della piena operatività del registro, il tema dell'omogeneizzazione della possibilità di richiedere, nel momento in cui si è iscritti, i permessi ZTL per poter svolgere il lavoro che poi si è chiamati a fare e si è registrati per poter fare. Poi ricordo un emendamento a cui tenevamo particolarmente e che, a nostro avviso, svela la vera impostazione di questo provvedimento. Noi abbiamo chiesto che tutti questi dati che saranno raccolti dai registri possano essere utilizzati anche dalle associazioni dei consumatori, dalle università e dagli istituti di ricerca.
Infatti, l'obiettivo della raccolta di questi dati non è solo quello di generare un onere nei confronti di chi deve fornirli, ma anche quello di fare sì che il trasporto pubblico non di linea concorra, nella dimensione dei dati effettivi di come viene garantito questo servizio pubblico nei confronti delle cittadine e i cittadini, a una determinazione sempre più orientata sui dati di studio di quella che è la costruzione di un nuovo paradigma della mobilità sostenibile che, integrando l'offerta del trasporto pubblico locale di linea, non di linea, il trasporto ferroviario, la micro-mobilità, costruisca un'idea di mobilità come servizio che possa andare incontro alle esigenze che stanno cambiando da parte delle cittadine e dei cittadini.
Domani sarà presentato il Rapporto ISFORT qui a Roma e ci consentirà di leggere, ancora una volta, quelli che sono i cambiamenti che stiamo attraversando. Ma, dentro questi cambiamenti, immaginare di non tenere conto che ne sia parte anche il trasporto pubblico locale non di linea, andando invece avanti su una strada - che è quella sbagliata su cui si sta andando - che cosa rischia di generare? Rischia di generare un problema nella domanda di trasporto. Infatti, se non si riesce a costruire attraverso un sistema di riforma che, anche nel sapere leggere i cambiamenti che stiamo attraversando, metta nelle condizioni le lavoratrici e i lavoratori di poter fare il loro lavoro e consentire un futuro per il servizio taxi, per un servizio universale di piazza, per il servizio a chiamata e per il noleggio con conducente - e sappiamo quanto gli NCC siano indispensabili, soprattutto nelle piccole realtà, nei piccoli comuni, in realtà dove il servizio taxi è totalmente assente -, ecco, senza questa capacità di lettura, noi rischiamo veramente di andare nella direzione in cui questa domanda di trasporto, a cui non riusciamo a dare una risposta soddisfacente, trovi altre soluzioni. È un modello che rischia veramente di precarizzare il lavoro, scaricando questa precarietà sui lavoratori e sulle lavoratrici, e voi sapete - ci sono manifestazioni anche in questo momento - quante persone stanno immaginando di smettere di fare un lavoro che sarà presto impossibile e che non riesce a garantire a quei cittadini quel diritto che noi dovremmo garantire nel momento in cui chiamiamo trasporto pubblico locale non di linea questi servizi.
Da questo punto di vista, tale occasione persa si inserisce in un disegno, in un disegno sbagliato, in un disegno che ci sta portando nella direzione opposta, in un disegno che non affronta, invece, il grande tema, ossia che la crisi del TPL non di linea è solo la punta dell'dell'immensa crisi del TPL.
Ne abbiamo parlato tante volte - l'assenza delle risorse -, anche oggi ci sarà un appuntamento al MIT per il gravissimo tema del rinnovo dei contratti, tutti scaduti, per gli autoferrotranvieri e, da questo punto di vista, bisogna fare di più, bisogna garantire di più per i servizi. Ma non si può ignorare che c'è un problema nel TPL non di linea e non si può fare lo scaricabarile sui comuni, dando loro la responsabilità senza dare gli strumenti per intervenire, così come non si può fare una divisione come se ci fossero un partito dei taxi ed un partito degli NCC. Noi dobbiamo garantire il trasporto pubblico locale non di linea e dobbiamo riformare ciò che non sta funzionando. Se continuerà a non funzionare, a pagarne il prezzo saranno le cittadine e i cittadini che non avranno quel servizio e saranno le lavoratrici e i lavoratori che perderanno il loro lavoro. Allora, sì, che sarà l'abusivismo a farla da padrone e allora sì che sarà veramente fallimentare l'impianto e l'azione di questo Governo, ma noi continueremo la nostra azione puntuale, emendativa e politica di pungolo nei confronti dell'azione di questo Governo, per chiedere di sanare quelle ingiustizie che, anche questa volta, non ha sanato. Chiederemo di intervenire, dal punto di vista delle sanzioni, laddove ancora non si è intervenuto, in una direzione opposta a quella che stiamo vedendo in questo momento, per cercare di creare un sistema di riforma complessiva, che garantisca servizi più efficienti ai cittadini.
Veniamo agli altri temi del provvedimento in esame: il Capo relativo alle , che non è stato oggetto di modifica, nonostante i numerosi emendamenti che abbiamo presentato, modifiche ritenute fondamentali da quasi tutte le forze politiche. Invece di favorire la creazione, lo sviluppo di queste imprese, il provvedimento in esame reca disposizioni che vanno a loro detrimento, disposizioni penalizzanti soprattutto riguardo ai requisiti dei livelli di capitale sociale e il numero di dipendenti richiesti. Inoltre, sul tema delle innovative è stato preannunciato un emendamento dei relatori da presentare direttamente in Aula. Attendiamo di vederlo e si sottolinea che è stato approvato dalle Commissioni un articolo aggiuntivo che prevede una tutela rafforzata per i clienti vulnerabili del mercato dell'energia elettrica, consentendo a questi di passare al servizio a tutele graduali. Si tratta di una misura auspicabile, ma non risolutiva, stante il fatto che il servizio a tutele graduali è a tempo e che sicuramente per il momento è conveniente, visti gli esiti delle gare svolte, però riteniamo rischioso consentire a coloro che sono il servizio di maggior tutela di passare al servizio a tutele graduali, senza stabilire esattamente che possono tornarvi in ogni momento.
La consideriamo una norma manifesto, visto che, poi, il contenuto operativo è demandato ad ARERA e ci sono problematiche legate alla questione delle coperture degli oneri. Infine, va ribadito come sia insufficiente, nel contenuto e nel provvedimento in esame, il coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali nelle materie di competenza concorrente, quali la tutela della salute, la valorizzazione dei beni culturali, la promozione e organizzazione di attività culturali e, in particolare, il governo del territorio di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia.
Questo tratto, che vediamo in questo provvedimento, ma lo vediamo in tutti i provvedimenti, di non tenere nel giusto conto questi aspetti - l'abbiamo visto anche coi tagli nella manovra e ce ne accorgiamo ogni giorno -, così come la stessa crisi del trasporto pubblico locale che si scaricherà sulle regioni e sugli enti locali, che dovranno tagliare chilometri di servizi ai cittadini, che non potranno garantire servizi più efficienti, ebbene questo tratto distintivo è veramente uno degli aspetti più pericolosi dell'azione di questo Governo, perché sta generando un senso di ingiustizia sul territorio, un senso di ingiustizia che coinvolge sempre più persone, sempre più categorie, che vedono perdere opportunità che avevano e che vedono maggiori difficoltà nel poter fare il proprio lavoro.
Tante di queste persone avevano dato la loro fiducia a quella che è l'attuale maggioranza e stanno rendendosi conto, in questo momento, di come sia stata utilizzata questa fiducia. Dato che noi siamo qui in Parlamento e abbiamo il dovere di scrivere norme che vanno nell'interesse del Paese, che vanno nell'interesse nazionale, noi vi chiediamo di cogliere l'occasione - che non avete saputo cogliere in Commissione - in Aula, per votare alcuni degli emendamenti che abbiamo presentato, per correggere alcune delle ingiustizie di cui abbiamo parlato. L'effetto non sarebbe dare soddisfazione al Partito Democratico o dare soddisfazione all'opposizione, ma sarebbe dare una risposta a quei cittadini, a quei lavoratori che guardano sbigottiti alcune delle azioni contenute all'interno di questi provvedimenti e che chiedono un'inversione di marcia e di rotta il più rapidamente possibile.
PRESIDENTE. Salutiamo le ragazze e i ragazzi del Liceo scientifico statale “Giovanni Marinelli” di Udine, grazie di essere qui, ragazze e ragazzi . È iscritto a parlare l'onorevole Di Mattina. Ne ha facoltà.
SALVATORE MARCELLO DI MATTINA(LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, arriva all'esame di quest'Aula il disegno di legge n. 2022-A relativo alla legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023. È un testo che affronta temi cruciali per il nostro sistema economico e infrastrutturale e che riguarda non solo la libera concorrenza ma anche la gestione di risorse strategiche per il nostro Paese, un disegno di legge ben strutturato, che contiene numerose misure in diversi settori chiave (dalle concessioni autostradali al settore assicurativo, dal commercio alle ), ma è sulle concessioni autostradali che vorrei soffermarmi, dato il forte impegno del nostro gruppo in questo ambito. Questo provvedimento introduce un importante cambio di rotta rispetto al passato, definendo procedure più trasparenti e rigorose per l'aggiudicazione delle concessioni, l'iter delle convenzioni, la tariffazione dei pedaggi e la pianificazione degli investimenti autostradali.
Da tempo, sotto la guida del nostro segretario Salvini, Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, abbiamo evidenziato la necessità di ripensare il modello delle concessioni, un sistema che ha visto, per troppo tempo, grandi gruppi privati, spesso multinazionali straniere, beneficiare di ingenti introiti dai pedaggi autostradali. È ora di riportare nelle mani dello Stato una parte di questi proventi, come previsto da tale provvedimento. Per la prima volta, infatti, una porzione dei pedaggi autostradali non entrerà più nelle casse dei grandi gruppi concessionari ma sarà reinvestita dallo Stato in opere pubbliche essenziali. Un obiettivo chiaro e concreto per cui la Lega si è battuta e che il Ministro Salvini ha voluto ribadire in più occasioni e in più circostanze.
Questo è un cambio di paradigma. Non si tratta solo di recuperare risorse, ma di dimostrare che lo Stato può e deve giocare un ruolo diretto nelle grandi infrastrutture, garantendo non solo il corretto uso delle risorse pubbliche, ma anche un'equa distribuzione dei benefici ai cittadini. La Lega, come sempre, è dalla parte dei cittadini italiani e sostiene con convinzione l'introduzione di meccanismi che restituiscano ai cittadini una quota di quelle risorse che, fino ad oggi, venivano trattenute dai concessionari privati. Siamo convinti, infatti, che il mercato e la concorrenza siano strumenti importanti per stimolare efficienza e innovazione.
Tuttavia, non possiamo ignorare i rischi di una concorrenza sfrenata e priva di regolamentazione, specialmente quando sono in gioco settori strategici e fondamentali per la nostra economia e la nostra sovranità nazionale. È necessario garantire che nella tutela della concorrenza non si dimentichi mai la tutela dei cittadini e dei nostri lavoratori. Per la Lega concorrenza significa soprattutto garantire servizi di qualità ai cittadini italiani, nel rispetto delle loro esigenze e delle peculiarità del nostro sistema economico.
Per questo motivo, è fondamentale che il disegno di legge preveda misure a tutela delle piccole e medie imprese, del commercio locale e delle produzioni italiane, perché la concorrenza non deve diventare il pretesto per una che colpisca i piccoli imprenditori, lasciando spazio ai grandi gruppi multinazionali. Questo è un aspetto che ci sta particolarmente a cuore: proteggere il nostro tessuto produttivo e commerciale, sostenendo i piccoli operatori economici che rappresentano la vera spina dorsale della nostra Nazione.
Inoltre, questo disegno di legge riserva un'attenzione particolare agli investimenti in opere infrastrutturali, che rappresentano uno dei principali strumenti per migliorare la competitività del nostro Paese. Riteniamo che solo attraverso un rinnovato impegno nella realizzazione di infrastrutture moderne e sicure possiamo garantire la crescita economica e la qualità della vita dei nostri cittadini. Investire nelle infrastrutture significa non solo migliorare la mobilità, ma anche creare occupazione e valorizzare le nostre comunità.
Il Vice Premier Salvini ha sottolineato più volte l'importanza di utilizzare i fondi derivanti dai pedaggi autostradali per finanziare opere pubbliche. Questo è un impegno concreto che ci impegniamo a portare avanti con questo disegno di legge e che rappresenta una conquista di cui andiamo fieri. Opere pubbliche ben progettate e ben realizzate sono un pilastro del benessere e della competitività del nostro Paese e una priorità per il nostro gruppo.
Di particolare interesse è anche il tema dei , oggetto di una riforma che il nostro gruppo appoggia con convinzione. Entro un anno dall'entrata in vigore della legge sarà emanato un decreto legislativo per il riordino delle concessioni di spazi pubblici, con una particolare attenzione alle aree di interesse culturale e paesaggistico. Questa riforma rappresenta un'importante novità per le nostre città, poiché non solo garantisce decoro e ordine negli spazi pubblici, ma anche maggiore accessibilità per i cittadini, prevedendo zone libere per il passaggio di pedoni e persone con disabilità, anche in caso di occupazione dei marciapiedi.
Si tratta di un intervento che porterà benefici su più fronti: da un lato, permetterà una migliore gestione dei , rendendo le città più ordinate e accoglienti; dall'altro, fornirà ai comuni risorse aggiuntive e regole chiare per incentivare gli investimenti in questo settore. Fino al 31 dicembre 2025, e comunque fino all'entrata in vigore del decreto, sono prorogate le norme speciali introdotte durante la pandemia, dando così continuità a un regime che ha sostenuto i pubblici esercizi in un periodo piuttosto difficile. Riteniamo legittimo rimarcare l'emendamento che abbiamo presentato in Commissione attività produttive insieme ai colleghi Gusmeroli, Andreuzza, Barabotti e Toccalini.
Grazie a questa misura, estendiamo ai clienti vulnerabili ( 75, soggetti fragili e categorie protette) la possibilità di richiedere, entro il 30 giugno 2025, l'accesso al servizio a tutela graduale sulle bollette elettriche. Questo consentirà loro di risparmiare sulla bolletta elettrica, dimostrando concretamente il nostro impegno ad essere sempre più dalla parte dei cittadini e delle persone più bisognose.
Un nostro ulteriore intervento emendativo, fortemente voluto dal Sottosegretario Massimo Bitonci e dalla collega Simonetta Matone, merita di essere sottolineato, e riguarda il SUAP, lo Sportello unico per le attività produttive. Questo intervento spinge tutti i comuni a dotarsi delle componenti informatiche necessarie per renderlo operativo, semplificando così la vita di cittadini e imprese. In alternativa, i comuni potranno delegare queste funzioni alle Camere di commercio, garantendo, comunque, efficienza e funzionalità.
A questi si aggiunge l'emendamento, a firma dei colleghi Bof, Benvenuto, Pizzimenti e Zinzi, con il quale si favorisce una scelta consapevole e informata da parte delle imprese che devono stipulare contratti assicurativi per coprire i danni causati da calamità naturali ed eventi catastrofici. A tal fine, l'Ivass (l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) è incaricato di gestire un portale informatico per la comparazione delle offerte assicurative, per confrontare in modo trasparente le diverse proposte assicurative presenti sul mercato.
Questi emendamenti riflettono il grande lavoro di squadra del nostro gruppo, tra deputati delle Commissioni attività produttive e ambiente e i nostri tecnici legislativi, ai quali va il nostro grazie per l'ottimo lavoro che svolgono quotidianamente. Un altro elemento essenziale del disegno di legge riguarda il ruolo dello Stato. Crediamo in uno Stato forte e presente, che sappia intervenire quando è necessario, soprattutto nei settori strategici e di pubblica utilità. Le concessioni autostradali ne sono un esempio, ma non dimentichiamo altri ambiti cruciali come l'energia, le telecomunicazioni e il trasporto pubblico.
Lo Stato deve poter intervenire, stabilire regole e garantire che i cittadini ricevano servizi di qualità e a prezzi equi. In conclusione, il nostro gruppo esprime apprezzamento per un disegno di legge che mira a creare un mercato più giusto e a rafforzare la nostra economia, senza, però, sacrificare gli interessi degli italiani sull'altare di una concorrenza selvaggia e senza regole. Questo è un passo verso un'Italia più autonoma, più giusta e più forte. Con questo disegno di legge, finalmente, una parte delle risorse generate dalle nostre infrastrutture tornerà ai cittadini sotto forma di servizi, investimenti e agevolazioni.
La Lega sostiene con convinzione questo percorso, perché l'Italia deve essere padrona del proprio destino economico e delle proprie risorse. Noi continueremo a vigilare affinché questo disegno di legge sia applicato con serietà e con una costante attenzione nell'interesse dei cittadini.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pavanelli. Ne ha facoltà.
EMMA PAVANELLI(M5S). . Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, oggi intervengo in quest'Aula con un simbolo importante sotto l'occhio, contro la violenza sulle donne; un segnale di vicinanza alle ragazze e alle donne vittime di abusi, un fenomeno che va sicuramente combattuto oggi e ogni giorno affinché si fermi la violenza. Purtroppo, ogni giorno sento di giovani ragazze e donne che subiscono violenze e un grido di aiuto, di allarme. Credo che oggi e ogni giorno, in quest'Aula, dobbiamo fare tutto il possibile affinché si fermi, non è una questione di colore politico, bensì di un'emergenza nazionale.
Presidente, torno ora al mio intervento, parlando del disegno di legge concorrenza, l'ennesimo disegno di legge privo di una visione organica e di un sistema. Una carenza grave quando si parla di politiche che si riverberano direttamente su quello che dovrebbe essere il motore del Paese, cioè le nostre imprese.
Ve ne siete accorti anche voi, colleghi della maggioranza, che nonostante tutto nei prossimi giorni approverete un disegno di legge su cui, solo qualche settimana fa, avete congiuntamente presentato ben 171 proposte emendative, più dei due terzi del totale. Praticamente una parte della maggioranza ha fatto opposizione alla maggioranza: infatti, stupisce che l'opposizione di Forza Italia e di Noi Moderati sia stata fatta con gran voce in Commissione e più di ogni altra cosa stupisce la loro assenza oggi, qui in Aula.
Ma cosa troviamo in questo decreto? Tutto e nulla. Si va dalle concessioni alle tariffe autostradali, al sui prodotti, passando per il trasporto pubblico non di linea, i e le ; chi più ne ha più ne metta. Insomma, peccato che in questo modo si continui a dimenticare quale dovrebbe essere la natura stessa della legge sulla concorrenza. Allora, provo a rinfrescare la memoria, colleghi, al Governo: l'articolo 47, commi 1 e 2, della legge n. 99 del 2009, richiede al Governo di presentare ogni anno alle Camere il disegno di legge sulla concorrenza, con l'obiettivo - leggo testualmente, Presidente - “di rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di garantire la tutela dei consumatori”. Ma lo avete fatto in questo testo? Io dico di no. In altri termini, è stato ritenuto che la cadenza annuale nell'adozione di questo disegno di legge assumesse un'importanza fondamentale per il Paese per garantire l'apertura della concorrenza dell'intero sistema economico nazionale, ma anche per eliminare i vincoli normativi, che ostacolano ingiustificatamente la competitività e l'innovazione. In questo modo, secondo il legislatore del 2009, sarebbe stato, appunto, possibile far fronte a situazioni sopravvenute, che altrimenti avrebbero potuto alterare la struttura concorrenziale dei mercati.
Se in più ci mettiamo di mezzo anche velocizzare l'attuazione del PNRR, capiamo bene che era di massima importanza soprattutto quest'anno, visto che stiamo piano piano andando verso la scadenza del PNRR. Tuttavia, nulla di tutto questo viene realmente perseguito in questo testo oggi in esame. Eppure, vista la presenza di politici - tra l'altro, di lunga data - in questa maggioranza, dovrebbe essere chiara l'importanza che riveste un sistema economico realmente concorrenziale e come esso rappresenti il presupposto primario della crescita economica del Paese. Infatti, una normativa antimonopolistica favorisce direttamente il benessere sociale a parità di risorse, tutelando la libertà di iniziativa economica, ma anche i diritti dei consumatori.
Il disegno di legge oggi all'esame in quest'Aula, invece, non riesce e non vuole neanche arrivare a questo traguardo, badando bene a non toccare la situazione di alcuni oligopoli di fatto, come i settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Ma andiamo con ordine seguendo un po' l'articolato. Come anticipato, ampio spazio è stato dedicato alla disciplina delle concessioni autostradali e al riguardo basterebbe richiamare il giudizio espresso dalla Banca d'Italia, che ha di fatto certificato l'irrilevanza delle misure legislative proposte perché non in grado di incidere né sulla struttura istituzionale per l'affidamento dei contratti né sulla vigilanza e sul rispetto delle clausole convenzionali. Dall'altro lato, la regolamentazione in temi di concessioni autostradali rischia persino di ostacolare la flessibilità operativa dei concessionari. Occorre scongiurare il rischio che una maggiore stabilità della si traduca in un eccesso di burocrazia, che rischia di frenare o ritardare investimenti e adeguamenti nello svolgimento del contratto.
Non poche criticità, in termini di concorrenzialità, emergono anche con riguardo agli affidamenti delle deroghe sulla durata del contratto, in primo luogo per la potenziale distorsione del mercato correlata al rischio di creare posizioni monopolistiche di lungo termine. Più in generale, non possiamo condividere una norma che, sostanzialmente, ammette una deroga in bianco per i grandi investimenti senza specificarne le condizioni. Il rischio concreto è che, nel tempo, diventi uno strumento utile ad aggirare i limiti temporali. Mi auguro, inoltre, che nella definizione del sistema tariffario autostradale sia stato considerato che l'obiettivo primario deve essere quello di favorire gli investimenti dei concessionari. Oltre alle concessioni si fa difficoltà a trovare, in questo provvedimento, altre misure degne di rilievo, perché se, come si suol dire, sbaglia solo chi fa, questo è proprio il caso dell'eccezione che conferma la regola, Presidente, perché il Governo è riuscito nell'impresa di sbagliare tanto facendo pochissimo.
Allora cercherò di concentrarmi su due aspetti che ritengo fondamentali: in primo luogo, c'è il tema delle innovative, destinatarie di una norma del tutto irragionevole e ingiustificata, che riguarda, a partire dal secondo anno, l'obbligo di un capitale minimo di almeno 20.000 euro. E che dire, poi, degli emendamenti del MoVimento 5 Stelle bocciati sulle specifiche, sulla definizione delle . Abbiamo fatto tante proposte, come l'inclusione di tradizionali, ma innovative; abbiamo provato a proporre di allargare la platea e questo perché conosciamo giovani che stanno facendo , perché noi andiamo sui territori e conosciamo la realtà, ma forse questa maggioranza non ha ben capito chi sono coloro che fanno le dal basso. Se vogliamo soltanto promuovere le grandi aziende, che fanno con, magari, importanti, ebbene hanno già abbastanza fondi per poter andare avanti e, quindi, noi dobbiamo anche proteggere i piccoli.
È una disposizione che rischia di essere soltanto un'ingiustificata tagliola e sembra non tenere affatto conto delle difficoltà normalmente incontrate dai giovani imprenditori nell'avvio dell'attività imprenditoriale, un momento cruciale durante il quale si procede spesso con difficoltà, proprio alla luce della nuova ricerca di capitale tra , e accedendo alla finanza agevolata. Dovrebbe essere chiaro che il requisito del capitale sociale non rappresenta e non può rappresentare, soprattutto in un primo momento, la solidità di un'azienda né l'innovatività di una . Se l'obiettivo era quello di favorire la concorrenza, con questa norma, il risultato conseguito è esattamente l'opposto, Presidente, imponendo un criterio che rischia di limitare la libertà di iniziativa economica e, dunque, anche la crescita del Paese. In sostanza, possiamo chiaramente affermare che il Governo non ritiene strategici per lo sviluppo sostenibile del Paese le né tantomeno il settore dell'innovazione. Per questo non ci facciamo tante domande sul perché i giovani magari vanno all'estero per istituire le loro , perché, probabilmente, hanno anche più possibilità.
Un altro tema, di cui mi sono personalmente occupata, riguarda lo , ovvero quella pratica commerciale con la quale i diminuiscono la quantità di prodotto, lasciando inalterato il prezzo e la dimensione della confezione esterna, ingannando di fatto il consumatore. Al riguardo, devo stigmatizzare la bocciatura del mio emendamento, che prevedeva una soluzione tanto logica, Presidente, quanto semplice, cioè il divieto di tale pratica.
La soluzione del Governo, invece, come al solito, è stata addirittura peggiorativa, con la previsione di un'etichetta, da applicare sulla confezione, che creerà ulteriore confusione nel rapporto tra produttori, grande distribuzione e consumatori finali. E sono proprio questi ultimi che, purtroppo, continueranno ad essere illusi a causa della totale mancanza di trasparenza. Su questa nota, Presidente, io vorrei di nuovo cercare di far capire al Governo e alla maggioranza l'importanza di tutelare i consumatori, perché rientra proprio nella richiesta contenuta nel disegno di legge annuale sulla concorrenza e, invece, qui non si vogliono proteggere i consumatori. Tra l'altro, come abbiamo sentito in audizione, gli stessi produttori hanno detto chiaramente: non siamo noi a fare il prezzo finale, bensì la grande distribuzione. Pertanto, come sarà possibile aggiungere questa etichetta, questa scritta sulle confezioni, se, poi, saranno, magari, quelli della grande distribuzione ad aumentare il prezzo?
Sorprende, poi, Presidente, la delega al Governo in materia di strutture amovibili, funzionali all'attività dei pubblici esercizi, cioè i . Se, da un lato, questa maggioranza ha votato compattamente per l'autonomia differenziata, dando maggiore libertà, maggiori poteri agli enti locali - soprattutto, alle regioni -, dall'altro lato, li toglie ai sindaci. Infatti, è abbastanza anomalo pensare che il Governo possa decidere sul posizionamento, sulla regolamentazione dei nei comuni, quando sappiamo bene che nel nostro Paese, da Nord a Sud, vi è una varietà tale di città, di comuni, di varie dimensioni e caratteristiche, che, dunque, sono i sindaci, che conoscono il loro territorio, a dover decidere in autonomia il regolamento e la definizione su come, dove e quando posizionarli. Anche in questo caso, la maggioranza, da un lato, toglie diritti agli enti locali e, dall'altro, gliene vuole regalare talmente tanti che, se non fosse stato per la Corte costituzionale, i nostri Ministri sarebbero quasi tutti licenziati, perché non avrebbero più le materie sulle quali legiferare perché sarebbero state date tutte alle regioni.
Cosa dire, poi, della concorrenza nel settore dell'accreditamento sanitario? La riforma approvata nel 2022 poneva la base per favorire, attraverso gare e procedure trasparenti e, quindi, attraverso un'effettiva concorrenza, il miglioramento dei servizi e il conseguimento di importanti risparmi. Oggi la maggioranza, invece, con l'appoggio esterno di Italia Viva, ha scelto di posticipare questa riforma di altri due anni. È l'ennesimo caso in cui questa maggioranza preferisce gli interessi di pochi rispetto a temi cruciali, come la qualità del servizio sanitario, l'efficienza e il risparmio di risorse che potevano essere reinvestite per ridurre le liste di attesa e migliorare il sistema sanitario, in costante apnea.
Da ultimo, duole constatare, Presidente, la sistematica eversione delle indicazioni fornite dalle autorità di settore, in questo caso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che, nel 2023, aveva evidenziato le riforme concorrenziali prioritarie per favorire la ripresa economica del Paese. Insomma, interi settori ritenuti strategici sono stati del tutto dimenticati: mi riferisco a quello farmaceutico, al servizio postale universale, al commercio al dettaglio, alla gestione dei rifiuti, alla concessione di acque minerali. In sostanza, il provvedimento che oggi vi apprestate ad approvare rappresenta l'ennesimo tassello che, invece di favorire la concorrenza, riesce persino a peggiorare la normativa per le nostre imprese, per le , per le filiere produttive, che oggi avrebbero, invece, bisogno di misure decisive per spingere la crescita economica dell'Italia. Non ci basta dire “ve lo avevamo detto”, perché, purtroppo, a pagare il conto dei vostri errori, alla fine, saranno sempre i cittadini.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Benzoni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). . Grazie, Presidente, parlo anch'io con un segno simbolico sulla mia faccia in occasione della Giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne, un tema che, con un gesto simbolico, vogliamo ricordare, ma che dovremmo ricordare ogni giorno, non tanto con i simboli, quanto con le azioni concrete e spero che questa settimana possa essere anche l'occasione, attraverso la mozione che voteremo, di farlo congiuntamente.
Arrivo all'oggetto di oggi e, quindi, al disegno di legge Concorrenza. Non sarò lungo, perché c'è un'opinione molto netta rispetto a questo provvedimento e cercherò di riassumerla brevemente, ringraziando, in particolare, il Sottosegretario e i relatori per il lavoro che abbiamo svolto in Commissione, ma del quale non possiamo essere soddisfatti.
Benissimo - e lo riconosciamo a questo Governo - che il disegno di legge Concorrenza venga portato in Aula con regolarità ogni anno, cosa che non sempre è accaduta in passato, ma, forse, dobbiamo chiarirci qual è l'idea di concorrenza, perché, evidentemente, abbiamo qualche idea differente, tra maggioranza e opposizione o tra la maggioranza e sicuramente il gruppo che oggi rappresento in quest'Aula. La concorrenza, infatti, è lo strumento che dovrebbe aiutare il mercato e aiutare il Paese a crescere, ad essere più efficace e più efficiente, a rimuovere gli ostacoli e i problemi di ingresso in alcuni settori, ma, soprattutto, è quello strumento che dovrebbe tutelare gli utenti e, di conseguenza i cittadini, nel mercato, in un Paese che di problemi ne ha.
Partiamo da qui. È la stessa Autorità della concorrenza e del mercato a raccontarci di un mercato che ha ancora gravi sacche di inefficienza e di anticoncorrenzialità; è l'Autorità a raccontarcelo e a darci un grido di allarme, ma è anche l'Autorità a spiegarci come introdurre maggiore concorrenza, in quei settori in cui ancora oggi non è attuata pienamente, potrebbe comportare ottimi risultati per il mercato, per la crescita del Paese, per le opportunità di lavoro, per le opportunità di impresa e per la tutela dei consumatori. Già qui ho riassunto il motivo per cui siamo contrari a questo provvedimento: perché, all'interno del disegno di legge Concorrenza, si applica un provvedimento anti-concorrenza in tanti settori, con norme che vanno esattamente in direzione opposta rispetto a quello che, in qualsiasi libro di economia, si studia a proposito del tema della concorrenza.
Parto dal settore delle autostrade. Autorità terze, autorità esterne, ancora più alte, ci dicono come le misure messe in atto per introdurre un sistema concorrenziale all'interno delle concessioni autostradali non siano in grado di garantire una reale concorrenza e un reale miglioramento, di cosa? Di quello che vorremmo tutti, cioè di una rete autostradale più efficiente, di una maggiore concorrenza per tutti per poter accedere a questo settore e creare un miglior servizio per chi in autostrada deve muoversi e circolare. Invece, ancora una volta, si introducono alcuni fattori: l'uscente è, comunque, sempre favorito per una differenza informativa evidente anche nella partecipazione ai bandi pubblici; c'è un tema di mantenimento molto importante dell', che, però, non è accompagnato da una giustificazione reale per cui esso stesso possa produrre un risultato migliore.
Quindi, questo provvedimento che, in sostanza, è questo, perché tutto il resto è contorno, non porta quello che ci aspettavamo. Perché dico che il resto è contorno? Perché di questo che abbiamo, oltre due terzi riguarda le concessioni autostradali e, poi, un po' il Governo, un po' l'attività in Commissione, attraverso l'attività emendativa, hanno cercato di ragionare su altri temi che necessitano, evidentemente, di un intervento, ma che, nella misura immaginata e pensata dal Governo, non andavano nemmeno toccati.
Intanto, non c'è traccia dei balneari, che è un tema che ogni anno si ripropone e che è un settore dove la concorrenza mi pare proprio non esista e dove siamo stati richiamati più volte anche dall'Unione europea, e quindi su cui ci sarebbe dovuto essere un intervento - e se non si fa nel DDL concorrenza, dove? - ma non si ha. Ci sono, invece, degli interventi sull'altro settore cardine, quello del trasporto pubblico non di linea, parliamo degli NCC, dove il Governo mostra tutta la sua ideologia contro gli NCC, ma soprattutto contro la concorrenza.
Siamo in un momento disperato per questo Paese dal punto di vista del trasporto. L'introduzione del codice della strada elimina anche, praticamente, la micromobilità o lo nelle nostre città, il caos dei treni è davanti a tutti ed è impossibile muoversi, c'è un tema di mancanza di taxi e c'è uno strumento, quale gli NCC, che producono lavoro, se non sbaglio, per 50.000 persone in questo Paese, che vogliono governare e su cui noi facciamo delle norme che riducono la concorrenza e la possibilità di competere e di effettuare un servizio, anche laddove il trasporto pubblico non c'è e dove ci sono delle difficoltà. Questa non può essere la direzione che noi auspichiamo.
Noi auspichiamo che ci siano le condizioni per tutti per lavorare e che il maggiore effetto o esito sia per l'utente che deve muoversi, affinché possa scegliere il più ampio raggio possibile di soluzioni, ma anche il più economico, efficiente ed efficace. Anche in questo caso, perdiamo un'occasione per dare concorrenza a questo Paese e dare un risultato.
Arrivo al tema dei , perché il caso dei è singolare: noi abbiamo una proposta di legge in Commissione che stavamo esaminando, peraltro a prima firma della maggioranza, su cui si stava iniziando una grande discussione. Sui ci sono opinioni differenti tra gli amministratori, tra le forze politiche, sia nella stessa maggioranza che nell'opposizione, c'è un dibattito da fare, perché c'è la tutela del bene pubblico, dei monumenti, degli spazi per disabili, delle nostre strade, accompagnata dall'esigenza di fare impresa e di avere spazi esterni, dalla richiesta, dopo il COVID, sempre maggiore, di godersi gli spazi esterni, dalla richiesta che questi diventino anche occasione di presidio di sicurezza.
Allora, in questo dibattito, che è un dibattito complesso, in cui nessuno ha le ragioni in tasca, ma che sicuramente si poteva fare in quest'Aula, noi decidiamo di fare una legge delega al Governo e di togliere a quest'Aula la possibilità di intervenire e fare un ragionamento più complessivo. Sappiamo poi, peraltro, che le leggi delega che abbiamo fatto nel corso degli anni passati non sempre sono state attuate nei tempi concordati, per cui noi stiamo rimandando la palla in tribuna su un settore che aspetta una regolamentazione chiara, trasparente e, anche qui, concorrenziale.
Concordo con la collega Pavanelli, sulle innovative abbiamo fatto un disastro. Noi speriamo ancora che, nel Comitato dei nove, come ragionato con il Governo, arrivi un emendamento governativo che modifichi le attuali condizioni, ma oggi noi stiamo facendo un danno come se non conoscessimo cosa vuol dire fare una E le non sono quelle aziende, quelle costole, che nascono dalle multinazionali o dalle grandi aziende che costituiscono un nuovo o un nuovo e da lì parte un'attività, ma sono anche quelle fatte da tanti ragazzi e tante ragazze che, con il proprio intelletto e la propria idea, cercano di costruire un'impresa in questo Paese, con tutte le difficoltà normative e burocratiche per farlo.
Ebbene, noi diciamo che le imprese innovative, dopo due anni, devono avere 20.000 euro di capitale e un dipendente. Praticamente, se questa legge fosse stata attuata negli Stati Uniti qualche anno fa, avremmo ucciso Amazon al secondo anno, perché sappiamo bene come i soci, spesso, sono quelli che, quando costituiscono un'azienda, sono i primi a non prendersi lo stipendio, e quindi a non assumersi, perché quel costo è il costo maggiore di un'idea che va sviluppata, e quindi non c'è un dipendente, non c'è un socio che prende lo stipendio.
E quindi sappiamo bene come, con la difficoltà attuale di dare soldi a chi non ha soldi, farglieli bloccare in 20.000 euro di capitale è esattamente il contrario che farglieli investire nella ricerca e sviluppo di quell'idea o di quella genialità che potrebbe portarli ad essere, in futuro, imprenditori. Noi stiamo dicendo: se volete fare una , sapete cosa vi conviene fare? Vi conviene farla in un altro Paese fiscale.
Con un emendamento è passata, peraltro, una cosa che è esattamente contro la concorrenza: era il 2022, il Governo Draghi aveva fatto una riforma, quella dell'accreditamento sanitario, che doveva entrare in vigore alla fine di quest'anno, e con questo emendamento viene rimandata quantomeno ancora di 2 anni. Non so se sia, come qualcuno dice, la tutela degli interessi attuali, piuttosto che altro.
È certo che, in un momento, in una legge di bilancio, in cui tutti diciamo che c'è un'emergenza sanitaria, con la sanità al collasso, con la necessità di trovare risorse, sia per smaltire le liste d'attesa, sia per l'assunzione di medici e infermieri, sia per l'adeguamento dei loro stipendi, un sistema di accreditamento sanitario concorrenziale, che permetta a tutti di aggiudicarsi gare trasparenti per i servizi che la pubblica amministrazione trasferisce, sarebbe stato sicuramente un andare nella direzione di un risparmio da poter investire proprio sulla sanità.
E noi ancora, qui, nel decreto Concorrenza, rimandiamo un provvedimento che dovrebbe andare nella direzione della concorrenza. È qualcosa di abbastanza straordinario, ma riusciamo a farlo. con i buoni pasto: noi, anche in questo caso, attraverso un emendamento, non attraverso una norma completa e di riforma, mettiamo un tetto alle commissioni dei buoni pasto. Intanto è una buonissima notizia sapere che non è anticostituzionale mettere un tetto, però ci aspettavamo di poterlo fare anche contro i grandi poteri forti, ossia le banche, con riferimento alle quali, invece, abbiamo detto che il tetto alle commissioni dei POS non può essere inserito.
Ma non può essere inserito in un disegno di legge Concorrenza, che prevede che non si possano stabilire tetti e norme che impediscano la leale concorrenza. Già oggi, in questo settore, ci sono degli enti emettitori che hanno percentuali più basse e altri che le hanno più alte, c'è un mercato che permette ad altri soggetti di entrare, e quindi porsi in concorrenza con commissioni più basse, e noi mettiamo un tetto. Ma non solo.
Il tetto esiste ed esisteva già per tutto quello che riguarda la pubblica amministrazione e - lo dice esattamente l'Autorità - ha prodotto semplicemente un rincaro per la pubblica amministrazione, non per gli enti emettitori, non per chi ha ottenuto un abbassamento della commissione sul buono pasto, ma per i datori di lavoro che attraverso questo fanno e, di conseguenza, per i lavoratori che, attraverso i buoni pasto, hanno un pezzo del loro e hanno visto un danno da questa cosa. Peraltro, in una legge concorrenziale, vorrei capire con quale sistema pragmatico e concreto abbiamo deciso che fosse il 5 e non il 4, il 3 o il 2 per cento, piuttosto che il 7 o l'8 per cento, qual è il calcolo e chi ha deciso una cifra così simbolica.
Un po' come quando critichiamo l'Europa che mette delle date a caso, spiegatemi perché abbiamo fatto questo provvedimento con questa percentuale, che non si capisce da dove arriva, né si capisce perché debba essere questo il tetto. E l'ultimo è un altro provvedimento - e qui ringrazio il Governo e soprattutto il Sottosegretario Bitonci, che ha seguito questa partita e l'ha accolto -, ossia quello sulla . Non sono d'accordo con Emma Pavanelli, credo che alla fine sia una buona soluzione che ci porta a tutelare il consumatore che deve avere chiara l'informazione che in quella confezione c'è una quantità di prodotto inferiore a quella che immagina e, quindi, deve essere correttamente informato per evitare una confusione informativa che gli porta anti-concorrenza.
Ma nel pensiero originario di questa soluzione c'era il prezzo imposto sulla confezione, che è esattamente il contrario di quello che la concorrenza esprime. Ciò significa, esattamente, non conoscere neanche il mercato, perché sappiamo bene che chi produce quella confezione, poi la vende a prezzi diversi alla grande distribuzione o al venditore finale, che poi in un mercato concorrenziale applica il prezzo che ritiene più opportuno. Allora, anche in questo caso, c'è una grave differenza, un grave errore, che abbiamo colmato, ma che ci dà l'idea di come ci sia un'idea differente, tra noi e voi, di che cosa voglia dire un mercato concorrenziale.
Allora, a fronte di una legge che proroga norme che dovrebbero introdurre concorrenza, che introduce vincoli e massimali, che sono esattamente l'opposto di fare concorrenza, che gioca con questa cosa dei prezzi imposti, che non aiuta l'inserimento - e le innovative ne sono un esempio - in tutti quei settori in cui c'è un grave vincolo di resistenza all'ingresso, quali fondi, le difficoltà burocratiche e la necessità di competere con chi è già in quel settore, tutte queste sono le motivazioni per le quali noi voteremo contro questa legge annuale sulla concorrenza.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la Commissione ambiente, deputata Elisa Montemagni: rinuncia.
Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione attività produttive, onorevole Fabio Pietrella: rinuncia.
Ha facoltà di replicare il Sottosegretario di Stato per le Imprese e il Massimo Bitonci.
MASSIMO BITONCI, . Grazie, Presidente. Grazie a tutti gli intervenuti. Il primo pensiero, mio personale, del Governo e anche di tutta l'Aula, ad oggi, va alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, con un appello, soprattutto, che mi sento di lanciare, sempre a nome di tutti, a tutte le donne che sono in difficoltà e sono vittime di abusi: che chiamino il numero che tutti quanti abbiamo voluto, l'1522, per chiedere aiuto.
Sapete, chiedere aiuto non è un segno di debolezza ma penso che per una donna che chiede aiuto sia un segno di grandissimo coraggio. Quindi, io direi, tutti assieme dobbiamo continuare a diffondere questo numero, perché le donne possano difendersi da tutte queste infamie
Continuo ringraziando gli onorevoli che sono intervenuti oggi, di lunedì mattina (ma è il nostro lavoro), i relatori, Montemagni e Pietrella, i presidenti Gusmeroli e Rotelli e tutti i componenti della Commissione, perché devo dire che è stato fatto un ottimo lavoro, ognuno con le proprie posizioni, ma questo è normale in democrazia. Io penso che vi sia una nota positiva, ossia il fatto che noi, da due anni, portiamo comunque in Commissione e in Aula (l'anno scorso abbiamo iniziato al Senato, l'ho sempre seguita io, poi quest'anno alla Camera) la legge annuale sulla concorrenza e vi annuncio che quest'anno sapevamo già che vi era una parte preponderante legata al tema della riforma, che ci chiedeva l'Europa, sulle concessioni autostradali, quindi sulle gare, e una parte più limitata per quanto riguarda le tematiche, che abbiamo trattato in Commissione, legate al commercio, alle imprese, alle . Però, il prossimo anno avremo ampio spazio per quanto riguarda il settore commercio e l'accordo, anche in sede europea, è quello di parlare del tema delle professioni, che penso sia estremamente rilevante, perché, a parte le professioni ordinistiche, si è aperto veramente un mondo importante.
Io ho la delega sulle professioni non ordinistiche e, credetemi, ogni giorno nascono nuove professioni e molti giovani guardano a queste nuove professioni. Al nostro Ministero abbiamo questo importante elenco delle professioni non ordinistiche - ne abbiamo quasi 500 iscritte, quindi pensate di che mondo stiamo parlando - che guarda soprattutto al mondo dei giovani.
Per quanto riguarda gli interventi dei colleghi, devo dire che abbiamo cercato di gestire alcuni temi sempre tenendo conto della tutela del consumatore. Anche sulla questione della portabilità delle scatole nere, la tutela del consumatore si ha con la possibilità, quindi, di fare la portabilità della scatola nera e che non ci sia un vincolo da parte delle compagnie, che hanno iniziato - e noi ringraziamo ovviamente - questo tipo di attività, quindi che ci sia la possibilità di trasferire la scatola nera e i dati, con un riconoscimento, come abbiamo messo in norma, anche di carattere economico per quello che è stato fatto. Quindi, assolutamente a tutela del consumatore.
Così anche per quanto riguarda il tema dell'IVASS e del portale sulle catastrofali qual è l'idea? Quella di andare verso l'interesse delle compagnie o verso l'interesse del consumatore? Verso l'interesse del consumatore, ovviamente, pensando a una specie di preventivatore - un preventivatore come quello sull'RC auto - sulle catastrofali, in cui l'utente possa valutare qual è la condizione migliore. Per adesso sappiamo che non sono obbligatorie le catastrofali per quanto riguarda i cittadini privati, ma abbiamo lavorato all'attuazione, dal 1° gennaio, con linee guida, per quanto riguarda le catastrofali alle imprese, anche con tutta una serie di esclusioni. Sappiamo che non è obbligatorio, però è chiaro che il cittadino deve avere la possibilità di valutare quale sia la condizione migliore e penso sia un segno di grande trasparenza.
Così anche sullo abbiamo cercato di non mettere in piedi una norma ideologica, e magari non applicabile - perché poi è questo il tema - ma di lavorare, anche con l'aiuto della Commissione, a una norma sulla trasparenza, perché è logico che, anche in questo caso, vince il consumatore. Il consumatore ha la possibilità di individuare esattamente se quella è una porzione ridotta, fatta appositamente, oppure se si parla di una situazione completamente diversa.
Così anche sul tema dei vulnerabili. E' chiaro che questo è un disegno di legge che non ha coperture. Il tema della concorrenza sarebbe stato quello, nel senso che non è il decreto fiscale, non è la legge di bilancio, è comunque un disegno di legge che non tratta, o tratta solo parzialmente alcune coperture che devono essere poi già esistenti nelle norme di bilancio. Quindi, anche in questo caso, sul tema dei vulnerabili, si è lavorato su una proroga al passaggio alle tutele graduali ed è stato fatto intanto per arrivare al prossimo anno, sapendo già adesso che è vantaggioso. Proponiamo al cittadino e al consumatore un passaggio che è a suo vantaggio. Quando mi è stato chiesto in Commissione relativamente al costo, è chiaro che il costo va alle grandi realtà, che hanno i contratti e la contrattualistica in mano.
Così anche per quanto riguarda i . Io capisco che questo può essere trattato come un tema di limitazione della concorrenza oppure come il tentativo di non far partecipare a questa trattativa le amministrazioni comunali o le regioni, ma è abbastanza chiaro che il nostro è un Paese turistico. Il nostro è un paese turistico e la funzione delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, il tema dei in Italia è un tema delicato. Probabilmente in Svezia o in Norvegia non lo è, magari in altri Stati non lo è. In Italia è delicato perché in molte città - qui siamo a Roma ma così è in molte città turistiche - le attività turistiche vivono anche sul fatto che ci sia la possibilità di sedersi all'esterno e quindi di occupare spazi che siano assolutamente ordinati. Qui il Governo non ha voluto entrare a gamba tesa. Il Governo ha detto: lavoriamo su una delega. Tenendo conto, però, di quali fattori? Tenendo conto del tema che, nei centri storici, ci sono beni tutelati, ci sono vincoli di carattere architettonico e quindi tenendo conto di ciò. Penso che in questo disegno di legge sulla concorrenza molte cose che sono state inserite sono assolutamente di buon senso, quello che tante volte manca nelle cose che si fanno. Qui invece c'è del buon senso e non la mera ideologia.
Sulle vi avevamo già annunciato che i relatori - e ne hanno parlato anche i relatori - depositeranno a ore un emendamento, che potrete ovviamente vedere, potrete comunque subemendare, dove si risolve quel problema che era stato esposto da tutti i gruppi, ossia che non aveva senso mettere un vincolo di capitale sociale di 20.000 euro quando, per costituire una Srl attualmente non serve quel capitale sociale.
Poi, non posso dire la riflessione che avevo fatto qualche mese fa quando mi hanno mostrato il provvedimento, e qui chiudo. Quindi, anche su questo potrete vedere il testo e, ovviamente, vedrete che sarà assolutamente a favore. Però, c'è un tema e su questo c'è stato prima l'intervento della collega del MoVimento 5 Stelle e anche dell'onorevole Ghirra. Bisogna stare attenti a chi è innovativa. Io lo dico perché, avendo seguito anche la delega sul sistema degli incentivi, bisogna che gli incentivi vadano a chi li merita. Se una innovativa è una mera società di consulenza, che, quindi, di innovativa ha poco o niente, è chiaro che queste cose devono essere messe in chiaro. A favore di chi? A favore di quelle realtà che sono veramente innovative e, così facendo, anche per poter dare un aiuto, magari anche aumentando il credito d'imposta, perché se sono vere innovative a quel punto non c'è neppure il problema della copertura.
Il tema delle SUAP delicato. Io ho lavorato per parecchi mesi su questo, sul tema delle Camere di commercio e SUAP. Purtroppo, in Italia c'è un sistema SUAP (Sportello unico per le attività produttive) integrato con le Camere di commercio e con InfoCamere. Poi ci sono alcune realtà che vanno un po' per conto proprio e alcune che proprio non ce l'hanno. Allora, la norma è di attuazione. Questa è una norma di attuazione di quello che già c'è e dice: o il comune attua questo oppure deve rivolgersi alla Camera di commercio e, quindi, a InfoCamere. È abbastanza chiaro - e io ho visto la situazione a livello nazionale - che un sistema informatico nazionale, per quanto riguarda le imprese, deve essere relativo alla Camera di commercio. Non è che possiamo fare che ognuno nel proprio campanile si inventa un sistema. Se un sistema informatico nazionale deve funzionare per tutte le Camere di commercio e per tutte le imprese - e parliamo di realtà pubblica e, quindi, non di realtà privata - è chiaro che ci vuole la volontà di adeguarsi anche in quelle regioni dove questa linea non viene assolutamente seguita.
Chiudo con il tema dei buoni pasto. Anche in questo caso, la volontà del Governo non è stata quella di limitare la libera concorrenza. La volontà del Governo è stata quella di mettere un limite in un settore dove c'è un'altissima redditività e questo è estremamente chiaro. Per rispondere, poi, al motivo dell'aliquota del 5 per cento a favore dei lavoratori e dei consumatori, faccio presente che è così perché - è chiaro - è il tetto che è stato previsto anche per la pubblica amministrazione .
PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo “Piazza Filattiera 84”, plesso “Chiovini”, di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune .
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 12 per l'esame del decreto-legge sui flussi migratori.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2088-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali.
Ricordo che nella seduta del 22 ottobre sono state respinte le questioni pregiudiziali Bonafe' ed altri n. 1, Alfonso Colucci ed altri n. 2 e Zaratti ed altri n. 3.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.
La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto di istruzione superiore “Cuomo Milone” di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, che assistono ai nostri lavori dalle tribune .
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Sara Kelany.
SARA KELANYGrazie, Presidente. Prima di passare ad illustrare il provvedimento in esame oggi in Aula, voglio ringraziare di cuore il Governo e in particolare il Sottosegretario Ferro, che ha seguito con attenzione e dedizione tutti i lavori svolti in Commissione referente, nonché il presidente Pagano, che ha gestito i lavori in maniera tale che fossero ordinati e ben scadenzati, nonostante - come accade per tutti i provvedimenti in materia di immigrazione - le dinamiche dialettiche che intervengono tra maggioranza e opposizione si snodino su binari direi un po' accidentati e siano connotate da una certa veemenza verbale, per usare un eufemismo. Questa volta mi sento davvero di ringraziare di cuore in maniera particolare gli uffici, che ci hanno sostenuto in modo encomiabile e professionale, anche andando oltre quanto richiesto dai loro doveri, supportandoci in ogni aspetto del provvedimento per giungere alla fine dell'esame di questo che è stato un provvedimento molto delicato. Uno dei più delicati, da quando è iniziata la legislatura, che la I Commissione si è trovata a dover esaminare.
Ciò detto, passerei ad illustrare il provvedimento, dando prima però un dato politico: con il decreto Flussi questo Governo ha sostanzialmente preso di petto il fenomeno migratorio, accudendo tanto gli aspetti relativi al fenomeno dell'immigrazione regolare quanto quelli relativi all'immigrazione irregolare. E lo ha fatto con pragmatismo, partendo da dati oggettivi ed utilizzando delle logiche scevre da ideologie, ma con una consapevolezza profonda, quella che occorre governare un fenomeno che per troppo tempo è stato lasciato senza briglie.
In maniera particolare, con riferimento specifico al tema dei flussi, una dinamica che ha mostrato di avere delle falle, che hanno consentito anche la verosimile infiltrazione di fenomeni di criminalità organizzata, a cui andava posto urgentissimo rimedio. Quindi, avviamo oggi l'esame di questo disegno di legge. Ricordo che questo è stato avviato in Commissione il 16 ottobre. Nel corso dell'esame abbiamo svolto un primo ciclo di audizioni informali, per il tramite delle quali abbiamo acquisito elementi utili di valutazione ai fini della modifica del provvedimento. Poi un secondo ciclo di audizioni informali con riguardo all'emendamento del Governo che ha inserito sostanzialmente all'interno del testo di questo provvedimento quello che era il contenuto del decreto Paesi sicuri.
Dopo l'approfondito esame svolto in Commissione, nella seduta del 21 novembre, abbiamo concluso l'esame con la deliberazione del mandato a riferire in Assemblea. Questo decreto-legge si compone di 32 articoli. L'articolo 1, comma 1, interviene sul Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. In particolare, alla lettera , interviene sulle disposizioni concernenti l'ingresso dello straniero nel territorio dello Stato ed estende l'obbligo di acquisizione degli identificatori biometrici a coloro che richiedono visti nazionali, escludendo l'applicazione del “preavviso di rigetto” nei procedimenti relativi ai visti d'ingresso o al rifiuto/revoca del permesso di soggiorno in conseguenza della revoca del visto d'ingresso.
Le disposizioni di cui alla lettera , invece, provvedono alla digitalizzazione, in buona sostanza, con le stesse modalità previste per la sottoscrizione del contratto di soggiorno, del procedimento di sottoscrizione dell'accordo di integrazione. Il comma 2 ha riguardo ai termini dell'applicazione. Con la lettera abbiamo una norma di coordinamento e la lettera , in buona sostanza, concerne la disciplina che consente allo straniero, titolare di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, di richiedere un permesso di soggiorno per un periodo superiore a 3 mesi.
Occorre specificare che i permessi di soggiorno per lavoro subordinato e quelli per lavoro autonomo, concessi secondo queste modalità, non sono computati nelle quote relative ai flussi di ingresso di lavoratori stranieri, quindi è un'extra quota. La lettera modifica la disciplina relativa ad alcune fasi precedenti il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato. Le fasi interessate da queste modifiche concernono il rilascio del nulla osta al lavoro per i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e anche per gli apolidi; il rilascio del relativo visto di ingresso; la stipula del contratto di soggiorno per lavoro subordinato, contratto che deve essere stipulato dal lavoratore, dopo l'ingresso nel territorio nazionale, con il datore di lavoro.
Le modifiche concernono sia le procedure relative a tali atti sia alcuni presupposti per il rilascio del suddetto nulla osta. Le novelle prevedono, dunque, in buona sostanza, che sia la domanda nominativa - da parte del datore di lavoro - di rilascio di nulla osta al lavoro sia il contratto di soggiorno debbano essere trasmessi con modalità telematica (si prevede anche la sottoscrizione con firma elettronica del datore di lavoro sia di alcune documentazioni da allegare alla domanda di nulla osta sia del contratto di soggiorno) (numeri 1), 3) e 5) della lettera , nonché lettera .
Questi, quindi, sono tutti provvedimenti che vanno nel senso della semplificazione e della digitalizzazione delle procedure. Poi si introduce, riguardo alla verifica da parte del centro per l'impiego dell'eventuale disponibilità di lavoratori presenti nel territorio nazionale, un termine di 8 giorni dalla richiesta del datore di lavoro, decorsi i quali la verifica si intende eseguita negativamente; poi vengono introdotte previsioni di irricevibilità della domanda di nulla osta per il caso in cui il datore di lavoro, nel triennio precedente, non abbia sottoscritto il contratto di soggiorno dopo il conseguimento di un nulla osta, nonché un'omologa previsione di irricevibilità per determinate fattispecie di procedimento o di condanna penale.
Inoltre, con la decorrenza specifica stabilita dal comma 2, si introduce la fase procedurale di conferma da parte del medesimo datore di lavoro della domanda di nulla osta, conferma che però deve essere trasmessa successivamente alla comunicazione della conclusione degli accertamenti relativi alla domanda di visto di ingresso presentata dal lavoratore.
La lettera apporta delle modifiche alla disciplina in materia di permesso di soggiorno per lavoro stagionale. Le novelle di cui ai numeri 1) e 5) operano alcune correzioni o modifiche di carattere formale; la novella di cui al numero 1) opera la soppressione del richiamo, per il lavoro stagionale, della validità generale di durata del nulla osta al lavoro subordinato. Per effetto di questa modifica, i limiti temporali per il lavoro stagionale degli stranieri sono oggetto di una disciplina completamente autonoma, così come ridefinita anche dalla novella di cui al successivo numero 4).
Le novelle, poi, di cui ai numeri 2) e 7) portano modifiche di coordinamento. La novella di cui al numero 3) inserisce la previsione che la sottoscrizione, in relazione a un rapporto di lavoro stagionale, di un contratto di soggiorno sia comunicata all'INPS e che quest'ultimo iscriva d'ufficio il lavoratore stagionale nella piattaforma del SIISL, quindi il Sistema informativo per l'inclusione sociale e lavorativa.
La novella, di cui al numero 4), invece, introduce un termine temporale entro il quale deve intervenire la nuova opportunità di lavoro stagionale, al fine della proroga, sia del nullaosta al lavoro stagionale, sia del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, nel rispetto del limite massimo complessivo di 9 mesi di attività lavorativa stagionale, nell'arco però dei 12 mesi.
La novella, di cui al numero 5), modifica la formulazione di una delle condizioni poste, per il diritto di precedenza, al rientro per ragioni di lavoro stagionale. Confermando che il diritto è riconosciuto a condizione che il soggetto abbia lasciato il territorio nazionale alla scadenza del precedente permesso di soggiorno, con la modifica si sopprime la condizione specifica che il rientro sia stato nel Paese di provenienza del lavoratore.
La novella, di cui al numero 6), esclude dal computo delle quote relative ai flussi i casi di conversione di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
La lettera specifica che i controlli a campione da parte dell'Ispettorato nazionale del lavoro sui requisiti inerenti all'osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro e alla congruità del numero delle richieste di nullaosta al lavoro presentate siano svolti, nel settore agricolo, anche in collaborazione con l'Agea, oltre, naturalmente, che con l'Agenzia delle entrate (questo, sempre per sottolineare l'interoperabilità delle banche dati tra le agenzie preposte).
La lettera , modificando l'articolo 27, comma 1, del testo unico in materia di immigrazione, estende l'applicazione della disciplina della digitalizzazione alle procedure di ingresso per lavoro in casi particolari.
La lettera , ai numeri 1) e 2), modificando l'articolo 27 sempre del testo unico in materia di immigrazione, estende, invece, l'applicazione della disciplina della digitalizzazione del procedimento di sottoscrizione del contratto di soggiorno anche alle procedure di ingresso e soggiorno per lavoratori altamente qualificati. Il numero 2della lettera , introdotto in sede referente, reca una modifica dell'articolo 27, comma 18, del testo unico sull'immigrazione, in virtù della quale si prevede che le informazioni sul rilascio della Carta blu UE siano pubblicate oltre che, appunto, sui già previsti siti dei Ministeri dell'Interno, del Lavoro e degli Affari esteri, anche sul sito del Ministero delle Imprese e del e sul sito delle Camere di commercio.
Il comma 2 disciplina, invece, la decorrenza dell'applicazione delle modifiche.
L'articolo 2, che reca disposizioni urgenti in materia di ingresso dei lavoratori stranieri, a livello procedimentale, introduce una fase preliminare alla richiesta di nullaosta presentata dal datore di lavoro. Inoltre, in via sperimentale, vengono ammessi fuori dalle quote previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del settembre 2023 lavoratori da impiegare nei settori dell'assistenza familiare o sociosanitaria a favore di persone con disabilità o grandi anziani.
Sono previsti, quindi, anche limiti numerici alle richieste di nullaosta per gli ingressi nell'ambito delle quote stabilite dal medesimo decreto, che possono essere presentate dai singoli da datori di lavoro che non si affidano all'intermediazione delle organizzazioni datoriali e dei consulenti del lavoro.
La disposizione regolamenta anche gli ingressi dei lavoratori stranieri stagionali per il 2025 e modifica la ripartizione delle quote previste dal decreto del Presidente del Consiglio del settembre del 2023.
C'è da aggiungere che, con un'ulteriore disposizione inserita durante l'esame in sede referente, è stato prorogato, al 31 dicembre 2027, il termine del regime speciale derogatorio che consente l'esercizio temporaneo dell'attività lavorativa svolta sul territorio nazionale in ambito medico o sanitario, in base ad una qualifica professionale conseguita all'estero presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, ovvero private o private accreditate.
È anche prorogato, fino al 31 dicembre 2027, il termine di validità dell'applicazione delle disposizioni in materia di ingresso in casi particolari e di ingresso e soggiorno per lavoratori altamente qualificati, anche al personale medico e infermieristico assunto in base alla predetta disciplina derogatoria. Inoltre, sempre a seguito dell'esame in sede referente, è stato aggiunto il comma 4, a norma del quale le associazioni di rappresentanza dei lavoratori stranieri, che siano iscritte nella I sezione del Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività in favore degli immigrati, possano svolgere il compito di accompagnamento dei lavoratori in ingresso fino all'assunzione, tramite percorsi informativi e canali di dialogo con le prefetture. Il secondo periodo contiene la clausola di invarianza.
Il comma 7-, sempre introdotto in sede referente, stabilisce, invece, che per gli ingressi previsti dal DPCM sempre del settembre del 2023 e dal comma 2 dell'articolo che stiamo appunto analizzando, sia riservata alle lavoratrici una percentuale fino al 40 per cento delle quote complessive relative al lavoro subordinato, stagionale e non stagionale, nel settore dell'assistenza familiare e socio-sanitaria, nonché fino al 40 per cento del numero massimo delle istanze previste dal comma 2. Se queste richieste sono in eccedenza rispetto a questi parametri - quindi superino il 40 per cento -, la manodopera femminile concorrerà secondo le modalità ordinarie e, quindi, sulla base del criterio cronologico della presentazione delle rispettive domande. Questo dà particolare attenzione al tema del lavoro femminile, prevedendo quote di riserva.
L'articolo 2-, introdotto in sede referente, proroga di un triennio la procedura speciale per la determinazione delle quote di ingressi annuali di lavoratori stranieri, introdotta dal decreto Cutro per il triennio 2023-2025, e l'opportunità, quindi, di emanare ulteriori DPCM nello stesso periodo, in deroga a quanto disposto dal testo unico in materia di immigrazione.
L'articolo 3, invece, disciplina l'eliminazione del silenzio-assenso per il rilascio del nullaosta al lavoro per i lavoratori provenienti da Stati stranieri caratterizzati da elevato rischio di presentazione delle domande corredate da documentazione contraffatta (questo per reagire a una delle dinamiche disfunzionali, di cui parlavo nell'di questa prolusione). Questi Stati e territori sono stati individuati con il decreto del Ministero degli Affari esteri e solo in via transitoria, fino al 31 dicembre 2025, nelle more dell'adozione del decreto, la sospensione della procedura del silenzio-assenso si applicherà alle domande di nullaosta per lavoratori provenienti da Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka.
L'articolo 4, invece, reca disposizioni in materia di personale e prestazioni di lavoro dell'amministrazione civile dello Stato; in particolare, si estende all'anno 2025 l'autorizzazione al Ministero dell'Interno a utilizzare prestazioni di lavoro a contratto a termine, tramite agenzie di somministrazione, per lo svolgimento di alcuni compiti connessi all'ingresso di lavoratori stranieri. Questo per rafforzare il personale che deve esitare le domande. E, ancora, si incrementa il Fondo per le emergenze nazionali di 5 milioni per l'anno 2024. Vengono destinati 35 milioni per l'anno 2024 alla realizzazione di un programma di interventi straordinari di cooperazione di Polizia con i Paesi terzi di importanza prioritaria per le rotte migratorie.
È, poi, disciplinata, a seguito di modifiche apportate sempre in sede referente, tutta la complessiva copertura finanziaria delle disposizioni che abbiamo appena illustrato. I commi 5 e 6 autorizzano il Ministero dell'Interno per il triennio dal 2025 al 2027 al reclutamento di ulteriori 200 unità appartenenti all'area degli assistenti, con il corrispettivo incremento della dotazione organica. I commi successivi, da 7 a 9, recano disposizioni relative al personale del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Anche in questo caso, viene incrementata la dotazione organica del personale dell'area del Ministero degli Affari esteri, prevedendo l'aumento di ulteriori 200 unità nell'area degli assistenti.
Il comma 8, infine, prevede un incremento del contingente degli impiegati a contratto presso le sedi estere nella misura di 50 unità e vengono autorizzati, naturalmente, i relativi stanziamenti.
Il Capo 2, all'articolo 5, disciplina il permesso di soggiorno per gli stranieri vittime di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, che sostituisce l'abrogato permesso di soggiorno per particolare sfruttamento lavorativo (questa è una norma per resistere alle dinamiche odiose e disfunzionali del caporalato). Si estende l'accesso al programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale anche alle vittime del reato di acquisto e alienazione di schiavi.
L'articolo 6 riconosce ai lavoratori titolari di un permesso di soggiorno per casi speciali, rilasciato al lavoratore straniero che contribuisce all'emersione dei casi di sfruttamento lavorativo, nonché ai suoi parenti e affini entro il secondo grado, la possibilità di essere ammessi a determinate misure di assistenza, finalizzate alla formazione, all'inserimento sociale e lavorativo. La specificazione, l'attuazione e l'individuazione delle modalità esecutive di tali misure avvengono attraverso programmi individuali di assistenza che saranno elaborati sulla base delle linee guida nazionali in materia di identificazione, protezione e assistenza delle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura.
Vengono, poi, anche previsti i casi in cui queste misure non possono essere disposte. Ad esempio, in caso di condanna per delitti non colposi connessi a quello per cui si procede, ad esclusione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, di cui all'articolo 10- del testo unico sull'immigrazione, naturalmente. Se il lavoratore ha conseguito invece un profitto illecito, a seguito di condotte connesse ai delitti sui quali rende queste dichiarazioni e anche in caso di sottoposizione a misura di prevenzione o procedimento in corso per l'applicazione della misura di prevenzione, ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, da cui si possano desumere la persistente attualità della pericolosità sociale e la ragionevole probabilità che possano commettere delitti di grave allarme sociale, ecco in questi casi non si applica la disposizione in esame.
L'articolo 7 disciplina i casi di revoca delle misure. Queste misure sono revocate in caso di condanna per delitto non colposo, in caso di sottoposizione a misura di prevenzione, di rinuncia espressa alle misure e di rifiuto ingiustificato di adeguate offerte di lavoro.
Presidente, vorrei seguitare nell'illustrazione puntuale del decreto, ma il tempo tuttavia è tiranno. Quindi, chiedo l'autorizzazione a depositare la relazione, non senza far presente che la parte finale di questo decreto disciplina, come dicevo all'inizio della prolusione, la parte relativa al cosiddetto decreto Paesi sicuri, confluito all'interno di questo decreto, con l'individuazione di 19 Paesi sicuri e l'espunzione di tre Paesi che non erano integralmente previsti come sicuri su tutto il territorio nazionale ed erano presenti invece nel decreto interministeriale precedente, e, alla fine, il Capo quarto prevede tutta una serie di norme relative a disposizioni processuali.
PRESIDENTE. Grazie onorevole Kelany. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, Sottosegretaria per il Ministero dell'Interno, deputata Wanda Ferro.
WANDA FERRO,. Grazie, Presidente. Colleghi, intanto ringrazio particolarmente la relatrice Sara Kelany per l'affiancamento, per l'impegno, per la passione, per la dedizione, ma anche per aver illustrato in modo puntuale questo decreto. Ovviamente ringrazio i colleghi della Commissione.
Il provvedimento arriva oggi in Aula dopo un intenso lavoro che si è svolto, per il quale ringrazio i colleghi, anche dell'opposizione, soprattutto chi si è saputo confrontare in maniera anche molto decisa ma nel merito sulle questioni, e non in maniera pregiudiziale.
Si inserisce nell'ambito di un lavoro ad ampio raggio che il Governo guidato dal Presidente Meloni ha messo in campo, in ossequio agli impegni assunti con i cittadini perché lo Stato abbia finalmente la capacità di governare il fenomeno epocale dei flussi migratori, senza subirlo né senza farsi sopraffare attraverso una visione organica che riesce a coniugare i diritti dei migranti, il contrasto al traffico di esseri umani e la difesa degli interessi nazionali, da quelli legati alla sicurezza interna a quelli, pure rilevantissimi, connessi alla necessità del nostro sistema economico e produttivo ma anche assistenziale, di poter contare sull'apporto lavorativo di uomini e donne stranieri in un contesto di legalità, dignità, diritti e integrazione sociale. È una visione che può essere legittimamente contestata, ma esprime la volontà del Governo e della sua maggioranza di affrontare il problema, adeguando le norme alle esperienze applicative, ai nuovi contesti, alle necessità emergenti. L'alternativa, però, non può essere quella delle porte aperte a tutti.
Siamo convinti, infatti, che quella dell'immigrazione indiscriminata e successiva redistribuzione non sia la strada giusta per garantire un'accoglienza dignitosa dei migranti e una loro reale integrazione. L'immigrazione irregolare, da un lato, è pericolosa per le nostre comunità, soprattutto per quelle che vivono nelle periferie urbane, che vengono ulteriormente colpite dall'aumento di criminalità e messe a rischio dalle possibili infiltrazioni di gruppi terroristici di matrice islamica. Dall'altro lato, non consente ai migranti di costruirsi quel destino migliore che cercano attraversando il Mediterraneo, ma li trasforma spesso in manovalanza per criminali e sfruttatori, lasciando migliaia di persone senza diritti e senza futuro. Il nostro obiettivo è quello di non abbandonare l'immigrato al suo arrivo alla banchina di un porto, ma accompagnarlo in senso effettivo e concreto nel processo di necessaria e reale integrazione nella nostra comunità nazionale.
Consentitemi, quindi, di esporre preliminarmente il quadro generale di questo Governo in materia di politiche migratorie che, sin dal suo insediamento, si muove su tre direttrici: lotta all'immigrazione illegale e al traffico di esseri umani, anche attraverso una più stretta cooperazione internazionale. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che il 90 per cento dei migranti paga ai trafficanti fino a 20.000 euro a viaggio per cercare di raggiungere l'Europa e questo genera un giro di affari annuo su scala mondiale che oscilla tra i 4,7 e i 6 miliardi di euro all'anno, un criminale molto esteso di natura internazionale che ha superato ampiamente quello delle armi e raggiunto, per volumi di denari, il traffico della droga.
La seconda direttrice è la promozione di canali di immigrazione legali e sicuri, con regole certe e chiare, anche per i migranti, affinché non debbano più affidare la propria vita ai trafficanti. Questa è la ragione per cui l'abbiamo favorita, con una migliore programmazione degli ingressi regolari, con numeri di gran lunga superiori a quelli del passato e con modalità più rispondenti alle esigenze del nostro sistema produttivo, stabilendo, nel prossimo triennio, un flusso regolare fino a 450.000 migranti per fare il tra domanda e offerta di lavoro. Ricordo che per anni in Italia abbiamo dovuto limitare i flussi di ingresso di chi voleva entrare nel territorio italiano rispettando le regole, perché le quote erano interamente assorbite da immigrati clandestini. L'immigrazione illegale è, quindi, nemica della migrazione legale.
La terza, ma più a lungo termine, è quella che vuole incidere, attraverso il Piano Mattei, sulle cause profonde che alimentano i flussi migratori, promuovendo a livello internazionale il sostegno della crescita economica e sociale dei Paesi di partenza e progettando investimenti di ampio respiro, a medio e lungo termine.
Vogliamo garantire, anche in un'espressione molto chiara di Papa Francesco, il diritto a non emigrare, affrontando a monte le cause che spingono i popoli di questi Paesi, molto ricchi di materie prime e di risorse naturali e umane, ma soffocati da decenni dal neocolonialismo, a lasciare la propria casa, offrendo un'offerta reale e fattiva di sviluppo economico, di opportunità, di lavoro, di formazione, di percorsi per migrazione legale.
Le politiche messe in campo dal Governo, incentrate sulla lotta all'immigrazione irregolare e sulla promozione di canali di immigrazione legale, stanno dando i propri frutti. All'inizio dell'anno 2022, novembre scorso, sono giunti sulle coste 60.613 migranti, con una diminuzione pari al 59 per cento rispetto al 2023 e al 35 per cento rispetto all'anno 2022.
Per anni si è detto che la “Bossi-Fini” era una legge inadeguata, ma nessuno prima d'ora ha mai fatto qualcosa per cambiarla, se non sostituire, di fatto, le quote d'ingresso legali con quelle provenienti dall'immigrazione irregolare e incontrollata. Ricordo che, dopo la promulgazione dei decreti Flussi per il triennio 2023-2025, il Governo Meloni ha istituito per la prima volta un tavolo tecnico per monitorare l'applicazione. Dal monitoraggio sono emerse gravi anomalie, con il numero sproporzionato di richieste in alcuni territori rispetto alla capacità produttiva locale e al divario tra ingressi autorizzati per lavoro e contratti effettivamente sottoscritti. Basti citare la Campania ove, ad esempio, la percentuale è stata inferiore al 3 per cento.
Queste discrepanze, che il Presidente del Consiglio ha denunciato alla Procura nazionale antimafia, hanno suggerito l'utilizzo illecito dei flussi lavorativi da parte di gruppi criminali, che avrebbero sfruttato il sistema come canale per l'immigrazione irregolare.
È in questo contesto che si inserisce il decreto Flussi con il quale si è intervenuti in maniera forte - speriamo - per quanto riguarda l'ingresso regolare in Italia dei lavoratori stranieri, per correggere le storture esistenti ed evitare il rischio di elusione delle norme, mettendo a punto un'articolata serie di misure di semplificazione e di accelerazione delle procedure, rendendole nel contempo più sicure per condurre il fenomeno migratorio ad una cornice di legalità.
L'obiettivo, in prospettiva, è quello di superare progressivamente il meccanismo del in favore di un sistema più efficace, per regolare gli arrivi legali di lavoratori stranieri. Il decreto introduce, quindi, una serie di misure per migliorare i controlli sugli ingressi per lavoro, dall'obbligo della precompilazione delle domande di nulla osta prima del a responsabilità maggiori per i datori di lavoro, alla sottoscrizione dei contratti, ai limiti imposti al numero di richieste attivabili, al rafforzamento per i richiedenti dai Paesi già citati dalla relatrice (Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka, nazionalità con le maggiori irregolarità).
Per facilitare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro straniero, il decreto digitalizza le procedure, introduce una proroga di 60 giorni per utilizzare i nullaosta scaduti e avvia un canale sperimentale di 10.000 ingressi per assistenza a grandi anziani e disabili nel 2025. Sono previste anche misure per proteggere i lavoratori vittime di caporalato e una quota riservata fino al 40 per cento alle donne nei settori del lavoro subordinato stagionale, non stagionale e sociosanitario.
Sul fronte della gestione dei flussi migratori, il decreto rafforza i controlli sull'immigrazione irregolare: obbligo per gli aerei e i droni delle ONG di coordinarsi con le autorità italiane o costiere; possibilità di controllare i cellulari dei migranti per accertare identità e nazionalità in caso di mancata collaborazione e respingimenti alla frontiera per chi arriva via mare. Inoltre, la domanda di protezione internazionale sarà considerata ritirata se il richiedente si allontana ingiustificatamente dai centri di accoglienza, mentre i ricorsi contro i trattenimenti alla frontiera dovranno essere presentati entro sette giorni.
Il provvedimento, inoltre, è intervenuto sulla tutela e assistenza alle vittime di caporalato e sulla gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali. Il provvedimento, come è stato già detto, include anche l'aggiornamento della lista dei Paesi sicuri per il rimpatrio degli immigrati irregolari, in linea con una sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre 2024, rendendo norma di rango primario quella che era prima inserita all'interno di un decreto interministeriale.
Innanzitutto, su questo aspetto voglio soffermarmi, chiarendo, ancora una volta, che l'individuazione di Paesi sicuri per i rimpatri, frutto di un complesso procedimento di carattere politico e amministrativo, è di competenza degli Stati membri, come riaffermato anche dalla recente sentenza della Corte di giustizia dell'UE. È una direttiva europea, la n. 32 del 2013, infatti, a introdurre le procedure accelerate di frontiera, con la previsione che uno dei requisiti per l'applicazione sia che il migrante irregolare provenga da un Paese sicuro, senza tuttavia definire alcuna lista di Paesi sicuri e demandando, dunque, questa competenza agli Stati membri.
Nello specifico, l'articolo 36 esplicita il concetto di Paese di origine sicuro e precisa che un Paese terzo può essere considerato Paese di origine sicuro per un determinato richiedente, previo l'esame individuale della domanda, solo se questi ha la cittadinanza di quel Paese, ovvero è un apolide che in precedenza soggiornava abitualmente in quel Paese, e non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel Paese non sia un Paese di origine sicuro nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente stesso, per quanto riguarda la sua qualifica di beneficiario di protezione internazionale, a norma della direttiva n. 2011/95.
Prevede, inoltre, che siano gli Stati membri a stabilire il diritto nazionale rispetto a ulteriori norme e modalità inerenti all'applicazione del concetto di Paese di origine sicuro.
L'articolo 37 della direttiva dispone, a sua volta, che gli Stati membri abbiano la possibilità di mantenere in vigore o di introdurre una normativa che consenta di designare a livello nazionale Paesi di origine sicuri ai fini dell'esame delle domande di protezione.
L'articolo 12- del provvedimento in esame, nel testo approvato, detta un elenco puntuale dei Paesi di origine sicuri, tali nell'interezza del loro territorio, da aggiornare periodicamente con atto avente forza di legge. Inoltre, prevede, circa l'individuazione dei Paesi di origine sicura, un'informativa annuale del Governo, mediante una relazione trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari. La nuova disposizione enumera essa stessa il novero dei Paesi di origine da ritenersi sicuri e sapete quali sono perché sono contenuti nel provvedimento. Tale elenco ricalca quello reso dal decreto del Ministro degli Affari esteri del 2024, sopra citato, con l'espunzione, tuttavia, di tre Paesi presenti, Camerun, Colombia, e Nigeria, per i quali sono stati ravvisati elementi di criticità. La nuova elencazione è resa in applicazione dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea e dai riscontri rinvenuti dalle fonti di informazioni fornite dalle organizzazioni internazionali competenti.
L'individuazione dei Paesi sicuri avviene, quindi, in applicazione dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea ed è frutto di un procedimento complesso di carattere politico-amministrativo che tiene conto di informazioni, che sono in alcuni casi anche riservate e provenienti dall', e di valutazioni politiche, legali e sociali che richiedono competenze specialistiche che il singolo magistrato non può avere.
Non voglio fare, in questa sede, assolutamente nessuna considerazione sulle prese di posizioni pubbliche di alcuni magistrati che non hanno convalidato i trattenimenti dei migranti, ma l'interpretazione della sentenza del 4 ottobre della Corte europea fatta dai giudici italiani nei provvedimenti di mancata convalida dei trattenimenti dei migranti nei centri in Albania, che non trova riscontro in altri Paesi europei - si veda, ad esempio, la Germania, che rimpatria anche in Afghanistan -, rischia di comportare la paralisi del meccanismo dei rimpatri, perché non ci sarebbero più Paesi considerati sicuri. Resta naturalmente indiscussa la prerogativa del magistrato di valutare nel caso concreto se quel Paese, sicuro in linea generale, lo sia nello specifico per il soggetto di cui si parla, spiegando in maniera esaustiva e completa, caso per caso, quali siano le ragioni per cui per un determinato individuo, richiedente protezione internazionale, un determinato Paese non è ritenuto sicuro, passando - per usare, le parole del presidente emerito della Consulta Mirabelli - “da un'insicurezza tabellare a un'insicurezza specifica in rapporto a un singolo individuo”.
Tuttavia, definendo un Paese insicuro in via generale, e non nel caso concreto, si rischia di arrivare al paradosso di definire insicura la quasi totalità dei Paesi del mondo, con la conseguenza di paralizzare il sistema delle procedure accelerate di frontiera, così come disegnato proprio dalla normativa europea. L'Italia si troverebbe, tra l'altro, nella situazione paradossale di dover rendere conto in sede europea della mancata tutela dei confini esterni dell'Unione.
La Corte di giustizia, infatti, afferma che non si può designare un Paese terzo come Paese di origine sicura soltanto per una parte del suo territorio. Solo in questo caso, il giudice può, peraltro nel contesto della complessiva istruttoria, negare la qualificazione di Paese sicuro effettuata a livello nazionale, mentre è da escludersi che, sulla base di indicazioni che attengono a elementi diversi da quello della necessità, ci siano deroghe relative a parti di territorio e il giudice, quindi, possa disapplicare il decreto di individuazione dei Paesi sicuri, che, come dicevo, attiene all'esercizio di una competenza espressamente riservata agli Stati membri proprio dalla direttiva del 2013.
Ritengo, quindi, che i giudici non possano disapplicare la legge e siamo altresì fiduciosi che in questa direzione andranno le determinazioni della Corte di giustizia, perché siamo certi di aver realizzato le procedure accelerate di frontiera esattamente come previste dalla normativa europea. Tra l'altro, le procedure seguite dall'Italia anticipano di alcuni mesi l'approvazione del nuovo patto sulla migrazione e l'asilo, il nuovo regolamento (UE) 2024/1348, che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell'Unione, che potrebbe entrare in vigore prima della data prevista, cioè giugno 2026. La nuova regolamentazione renderà obbligatorie le procedure accelerate di frontiera e prevederà criteri molto più diretti rispetto alla qualificazione dei Paesi sicuri, legandoli al numero di domande di asilo accolte in tutta l'Unione europea.
Procedo anche su uno dei temi che riguardano il dibattito in Commissione sul Protocollo che riguarda l'Albania. Con il Protocollo con l'Albania l'Italia si fa interprete, come apripista, del nuovo patto sulla migrazione e l'asilo. Sin dal momento della firma del Protocollo d'intesa fra Roma e Tirana, l'Europa guarda con interesse all'accordo concluso tra l'Italia e l'Albania. A maggio 2024, 15 Stati membri dell'UE - più della metà; sono in totale 27 - hanno inviato una lettera alla Commissione europea per chiedere maggiori sforzi nella gestione dell'immigrazione irregolare, in particolare attraverso accordi paritari e di lungo periodo con i Paesi d'origine, sul modello di quelli conclusi con la Tunisia e con l'Albania. Questa attenzione riservata al progetto da 15 Paesi europei e dalla stessa Presidente della Commissione von der Leyen è la maggiore riprova del valore sperimentale e innovativo di un'iniziativa che si prefigge di contrastare l'immigrazione illegale senza incidere sulle garanzie dei diritti fondamentali delle persone, nella consapevolezza che ormai si va sempre più consolidando in Europa ciò che va affrontato in termini di dimensione esterna delle migrazioni e della protezione delle frontiere, anche in collaborazione con gli altri Stati. Mentre una parte della politica italiana critica l'accordo Italia-Albania, denunciandone i presunti sprechi di denaro e le presunte violazioni dei diritti umani in Europa, l'intesa fra Roma e Tirana viene presa a modello da Governi europei di diverso colore politico, per il contenimento dell'immigrazione irregolare e il contrasto alla tratta di esseri umani.
Per quanto riguarda le risorse investite per i centri in Albania, lo stanziamento previsto, che, a seconda della variabilità del funzionamento delle strutture, legata all'andamento dei flussi migratori, potrà anche rivelarsi superiore ai costi effettivi, è riferito intanto all'arco dei 5 anni e consiste in 134 milioni di euro all'anno. È uno stanziamento che sicuramente tiene conto della collocazione geografica delle strutture, ma va peraltro considerato che riguarda un impianto polifunzionale, un , che assolverà ad una quadruplice funzione: di sbarco, luogo di trattenimento per procedure accelerate, CPR e struttura carceraria.
La cifra stanziata corrisponde al 7,5 per cento delle spese connesse all'accoglienza dei migranti nel territorio nazionale che solo nel 2003 ha riguardato la spesa di 1.800.000.000 di euro. Si tratta, inoltre, solo in parte di un costo aggiuntivo, perché i migranti che andranno nei centri in Albania avrebbero in ogni caso rappresentato un costo per l'accoglienza da parte del sistema italiano; si tratta piuttosto di un investimento che sul lungo periodo dovrà consentire di abbattere le spese di gestione e di prima accoglienza straordinaria.
Quanto alle polemiche sui costi dei trasferimenti dei migranti nei centri in Albania con assetti navali pubblici, posso dire che si tratta di spese quasi irrilevanti, se si tiene conto dei numeri delle operazioni di analogo tipo nell'ultimo decennio, che evidenziano una media di centinaia di interventi all'anno, con punte di arrivi, in determinati periodi, che hanno gravato in maniera eccezionale sugli oneri a carico della finanza pubblica, nonché del sistema di accoglienza. Come già abbiamo avuto modo di evidenziare - cosa che ha fatto il Ministro Piantedosi durante il rispondendo ad alcune interrogazioni - si tratta di un fardello economico che solo nel 2023 ha riguardato la cifra di circa 2 miliardi di euro, oltre che gestionale. Il Governo in carica, in qualche modo, ha ereditato delle strutture caratterizzate dall'assoluta mancanza, soprattutto, di strumenti rispetto ai contrasti di arrivi massicci e incontrollati.
Il costo reale della nave si è rivelato pari a 8.400 euro complessivi, al netto delle spese di ordinario esercizio quotidiano della nave: un costo giornaliero ampiamente inferiore a quello che veniva sostenuto in epoca di grandi celebrazioni di operazioni come , che richiedevano oneri per 300.000 euro al giorno. È evidente che questa iniziativa ha anche una funzione deterrente, dimostrata dal fatto che nei primi 9 mesi del 2024 i migranti arrivati irregolarmente in Italia sono stati il 60 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2023.
È ragionevole pensare che con l'entrata in funzione dei centri in Albania gli arrivi in Italia diminuiranno ulteriormente, con un conseguente contenimento complessivo dei costi. Anche le polemiche sul rispetto dei diritti dei migranti - qui mi voglio soffermare - sono del tutto pretestuose, sia perché sono esclusi dal trasferimento nei centri in Albania donne, minori e soggetti fragili, per i quali resteranno naturalmente in piedi le regole previste dall'attuale normativa, che ne prevede l'accoglienza presso la rete SAI, sia perché il rispetto dei diritti umani, e in particolare dei migranti, è tra i fondamenti dell'accordo siglato tra Roma e Tirana.
Il fatto che nei predetti centri verranno espletate le procedure di richiesta d'asilo, all'esito delle quali si stabilirà chi avrà diritto ad ottenere la protezione internazionale e chi invece dovrà essere rimpatriato, è coerente con la normativa internazionale ed europea sul divieto di respingimento. Rispondo anche alle contestazioni sull'articolo 12, sulla disciplina che riguarda, ai fini dell'identificazione dei migranti, l'accesso ai dispositivi o ai supporti elettronici o digitali in loro possesso, ovvero la loro ispezione.
La disposizione dell'articolo 12 sancisce innanzitutto ed espressamente un dovere di collaborazione dello straniero nella ricostruzione della sua identità, producendo gli elementi relativi all'età, all'identità, alla cittadinanza, ai Paesi di precedente soggiorno o transito, consentendo, se necessario, l'accesso ai dispositivi o ai supporti elettronici o digitali. Si tratta di una previsione necessaria alla tutela di beni giuridici quali l'ordine pubblico e la pubblica sicurezza, prescindendo dai quali un'entità statale non potrebbe assolvere ai suoi compiti primari di tutela dei valori primari della vita, della salute e dei diritti essenziali del cittadino.
Tale obbligo di cooperazione è peraltro sancito dalla direttiva 2013/32/UE, che all'articolo 13 conferisce agli Stati membri di prevedere disposizioni a livello nazionale volte a consentire alle autorità competenti di perquisire il richiedente e i suoi effetti personali, nei quali rientrano anche, pacificamente, i dispositivi e i supporti elettronici. L'ispezione autoritativa è prevista in caso di inottemperanza a tale obbligo per lo straniero rintracciato in occasione di attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna, ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare o trattenuto in un centro in attesa di rimpatrio o in altri casi di trattenimento e quant'altro.
L'ispezione così prevista è disposta dal questore, eseguita dagli ufficiali o da agenti di pubblica sicurezza e consiste nell'accesso immediato ai dati identificativi dei dispositivi elettronici e delle eventuali schede elettroniche SIM digitali in possesso dello straniero, nonché ai documenti, anche video o fotografici, contenuti nei medesimi dispositivi o supporti elettronici e digitali. Rimane preclusa dall'ispezione la corrispondenza e ogni altra forma di comunicazione.
L'articolo 12 è, peraltro, costruito anche in conformità - oltre all'articolo che ho citato prima - alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, articolo 8, alla Carta di Nizza, articolo 8, e ai nostri principi costituzionali dell'inviolabilità della libertà personale e della segretezza della corrispondenza, in quanto la norma circoscrive in modo rigoroso i dati ai quali è consentito avere accesso, dei quali è prevista l'utilizzabilità, delimitati a quanto sia idoneo alla ricostruzione dell'identità, della provenienza, del percorso dello straniero, escludendo espressamente le comunicazioni e tutti quei dati che possono recare informazioni sulla sfera intima.
Ovviamente, salto tutta la parte che già, credo, la relatrice abbia ovviamente messo in campo su quelle che poi saranno anche la parte autorizzativa da parte della magistratura, la presenza del mediatore culturale, se richiesto, anche attraverso poi il rilascio di tutto quello che è avvenuto in termini. Vado, ovviamente, a parlare delle corti di appello, perché anche questo è stato un tema molto dibattuto in Commissione. Riguardo alle corti d'appello, sull'emendamento che sposta dalle sezioni dei tribunali specializzati in materia di immigrazione alle corti d'appello in composizione monocratica la competenza sulla convalida del trattenimento disposto nei confronti di un richiedente protezione internazionale, è utile ribadire che l'appello dei presidenti delle corti d'appello e dell'Associazione nazionale magistrati è stato frutto di una lettura poco attenta.
Lo stesso presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, lo ha successivamente ammesso, parlando di confusione. Il ripristino dei ricorsi contro il respingimento delle domande d'asilo in corte d'appello, presente nella versione originaria del decreto Flussi, è stato infatti soppresso con l'emendamento che trasferisce alle corti d'appello la competenza sulle convalide dei trattenimenti. L'intervento, quindi, alleggerisce gli uffici di secondo grado della prima materia, in modo da rendere sostenibile l'assegnazione della seconda, evitando così il sovraccarico per le corti, e, allo stesso tempo, viene innalzata ad un giudice superiore la cognizione rispetto ad una materia che tratta anche di diritti umani.
Salto, perché lo ha già fatto la relatrice, i ricongiungimenti, l'accoglienza limitata e la procedura di ingresso dopo 90 giorni. Credo che il tema ovviamente sia un tema che dobbiamo in qualche modo affrontare con quella serenità e con quella consapevolezza che, credo, debba appartenere a tutti. Dico sempre che il mio accento non maschera la mia provenienza, e, quando dico che il mio accento non maschera la mia provenienza, vengo da una regione, come tante regioni, che hanno trovato asilo al Nord, al Centro o all'estero.
Siamo emigrati per lavorare, siamo emigrati per studiare, siamo emigrati anche per curarci, e, quindi, conosciamo il senso dell'accoglienza. Sappiamo cosa significa emigrare, ma sappiamo anche cosa significa essere accolti ed essere integrati, e mi pare che anche quello che è avvenuto ultimamente in qualche CARA, qui, in Italia, ripreso anche da servizi giornalistici abbastanza forti, non credo possa essere motivo, per nessuno di noi, assolutamente di soddisfazione.
Infatti, abbiamo trovato strutture non a dimensione umana, abbiamo trovato una situazione difficilissima ma, soprattutto, abbiamo trovato veramente quell'accoglienza che io dico si fermava alla banchina di un porto, dove poi il giorno dopo erano degli invisibili per le strade e nessuno si curava del futuro di queste persone.
Per concludere, questo provvedimento rappresenta un passo importante verso una gestione, secondo noi, più equilibrata, più responsabile, più efficace del fenomeno migratorio. È un intervento che mira a coniugare sicurezza, legalità, diritti e dignità, sia per chi arriva nel nostro Paese e sia per le comunità che accolgono.
Ribadiamo la centralità di una migrazione regolata, fondata su percorsi sicuri e rispettosi delle esigenze di tutti gli attori coinvolti. Il decreto Flussi, con le sue innovazioni, non è solo una risposta ai problemi contingenti, ma esprime anche una visione strategica, che guarda al futuro, per costruire un sistema più efficiente, un sistema più umano, capace di rispondere a sfide epocali, che abbiamo davanti.
Il nostro impegno è quello di proseguire su questa strada, monitorando e migliorando costantemente le normative, con il chiaro obiettivo di garantire il rispetto delle regole, il contrasto all'illegalità e all'odioso schiavismo di questo nostro millennio, insieme al sostegno, ad una reale integrazione di chi cerca un'opportunità in Italia, contribuendo allo sviluppo del nostro Paese.
Confidiamo, quindi, che questo lavoro possa essere valutato nel suo complesso e anche, devo dire, nella sua ambizione, nell'auspicio che ci possano essere la massima responsabilità e la più ampia convergenza su un tema che riguarda il futuro delle nostre comunità, come italiani e come europei.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bonafe'. Ne ha facoltà.
SIMONA BONAFE'(PD-IDP). Grazie, Presidente. Avevo un altro ordine di interventi, per cui mi ha colto un attimo di sorpresa ma va benissimo.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, mi è stato detto che vi eravate accordate per l'inversione.
SIMONA BONAFE'(PD-IDP). Pensavo dovesse intervenire il collega Urzi', ma va bene così, Presidente, va benissimo. Era solo per giustificare la mia sorpresa iniziale. Intanto, grazie e devo dire, Presidente, che io ho ascoltato con grande attenzione sia la Sottosegretaria che la relatrice di questo provvedimento e ho sentito dire più volte che, con questo provvedimento, ma più in generale che la strategia del Governo sta andando nella direzione di limitare i flussi dell'immigrazione irregolare e di favorire l'immigrazione invece regolare, con percorsi sicuri e con tutta una serie di interventi che vanno in quella direzione.
Ecco, ad un certo punto ho avuto quasi il sospetto di aver lavorato su un decreto diverso, perché questi provvedimenti che limitano i flussi di migranti irregolari e, soprattutto, che favoriscono l'immigrazione regolare francamente in questo provvedimento non li ho visti. Posso anche dirle che non ho nemmeno visto questa visione strategica del Governo, non solo in questo provvedimento, ma nemmeno negli otto provvedimenti diversi che sono stati messi in campo da questo Governo da quando si è insediato. Quindi, forse una domanda dovremmo farcela. Che in due anni il Governo abbia messo in campo otto decreti specifici sull'immigrazione, più una serie infinita di norme che, in altri provvedimenti, vanno a normare temi legati all'immigrazione, forse è il primo segnale, che dovrebbe arrivare a tutti noi, che (con otto decreti), forse, le idee chiare questo Governo non è che le avesse tanto, se appunto sono serviti otto decreti. Ripeto, otto decreti che a noi hanno dato l'idea, già solo per il fatto numerico, di non avere, di fatto, alcun tipo di efficacia.
Però possiamo dire una cosa: possiamo dire che abbiamo capito perfettamente che l'immigrazione è uno dei pochi collanti che tiene unita la maggioranza. Ci sono riforme costituzionali che oggi sono all'ordine del giorno e ognuna porta la bandierina di un partito diverso della coalizione, mentre possiamo dire - con buona pace di Forza Italia - che l'immigrazione è l'ossessione di questa maggioranza.
Insomma, è l'unico tema che tiene insieme questa maggioranza e, dicevo, con buona pace della parte più moderata della coalizione che sventola le leggi sulla cittadinanza per i bambini stranieri nati in Italia da genitori stranieri e poi approva norme che vanno nella direzione di rallentare e - anzi, la dico così - di non favorire i ricongiungimenti familiari anche con famiglie e con bambini che vengono da situazioni ben complesse e da teatri di guerra.
Quindi, è chiaro che la narrazione che sta dietro anche a questo provvedimento è quella dell'invasione, peraltro, non supportata da alcun tipo di dati, quindi, c'è la paura dell'invasione e non ci si preoccupa, invece, dell'evasione di tante persone, tanti giovani qualificati che si formano nel nostro Paese e che poi, però, non trovano opportunità in Italia.
Per tornare al decreto. Efficacia: ho sentito più volte tirare in ballo questa parola. Quindi, questo sarebbe un provvedimento che va ad incidere, in maniera efficace, su un tema delicato, come quello dei flussi migratori del nostro tempo. Ecco, magari suggerirei al Governo - giusto perché le parole siano supportate anche da dati concreti, anche per dire all'opposizione: no guardate, effettivamente è efficace e state facendo un'operazione ideologica voi -, cogliendo l'occasione di avere davanti un interlocutore molto attento, come la Sottosegretaria Ferro, di portarci ogni tanto anche - la dico così - qualche relazione che ci metta in mano qualche numero. Per esempio, c'è una domanda che mi sono fatta più volte: quanti trafficanti di esseri umani siete riusciti a prendere in tutto il globo terracqueo da quando avete inserito questa normativa all'interno di un decreto? Quanti? Perché questo è un tema sul quale potremmo dire: ma bene, come sta lavorando bene il Governo! Invece, evidentemente, questi dati faticano ad arrivare perché, appunto, l'efficacia, quando si mettono in campo otto decreti, diciamo che non è propriamente il primo punto all'ordine del giorno.
Devo dire che, certo, tutte le volte che arriva un decreto nuovo, si mostrano sempre un po' di più i muscoli, a spregio anche del rispetto dell'umanità, che dovrebbe essere garantita da tutte le convenzioni internazionali; e su questo mi voglio riferire a una specifica norma che è stata inserita in questo decreto, che è la norma che stabilisce l'obbligo di cooperazione del migrante ai fini dell'accertamento dell'identità - e fino a qui non abbiamo nulla da dire - consentendo, però, laddove questo obbligo non venga ottemperato, anche di ispezionare tutto il materiale contenuto nei dispositivi elettronici e digitali in possesso del migrante, anche se minorenne, comprese le foto sul cellulare. E tutto questo non di fronte a un'autorità giudiziaria, come succede nel caso, per esempio, dei cittadini italiani, ma di fronte a una semplice richiesta del questore, quindi facendo venire meno le garanzie alla stabilite da tutte le normative nazionali e internazionali, e in questo caso stabilite anche dalla Costituzione italiana; perché l'articolo 13 della Costituzione italiana stabilisce esattamente che tutti gli individui - non i cittadini - ma tutti gli individui (quindi si presuppone anche i migranti) abbiano, appunto, diritto alla . Infatti, non a caso, si stabilisce che, quando questa viene violata, deve intervenire un'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, che valuta anche la proporzionalità rispetto all'azione da intraprendere. Per cui, ecco perché dicevo prima che qui stiamo andando nella direzione, come tutte le volte, di mostrare sempre un po' di più i muscoli e del resto questo Governo è partito così; è partito con il decreto contro le ONG; anche in questo provvedimento ci sono norme che ostacolano il salvataggio in mare da parte delle organizzazioni non governative, come se facessero chissà quale operazione di truffa.
Ecco, mostrare sempre i muscoli, quindi da una parte contro le ONG e dall'altra con questa norma, che, francamente, per noi è una norma decisamente inaccoglibile. Devo dire che, se sulla gestione dei flussi bisogna, o meglio, questa maggioranza ha deciso che è necessario mostrare i muscoli, non possiamo però dire, al contrario delle parole che ho sentito dire qui, che, invece, la parte di questo provvedimento che riguarda le immigrazioni regolari sia una parte che va per il verso giusto, perché anche qui non ci sono, in questo provvedimento, norme che vanno, invece, nella direzione di favorire veramente il flusso di lavoratori stranieri nel nostro Paese.
Per carità, sì, ci sono alcune norme che vanno così a semplificare le procedure, inserendo alcuni processi di tipo telematico, su cui, per carità, anche noi non abbiamo niente da dire, ma non si è colta, invece, l'occasione, per esempio, per ampliare le quote di ingresso già previste di lavoratori o per regolarizzare chi oggi già lavora nel nostro Paese, a cui, magari, è scaduto il permesso e che in questo modo si trova o a lavorare in nero, con tutti i rischi che questo comporta, o addirittura a dover vagare da irregolare nel nostro Paese.
Qui non si coglie assolutamente l'opportunità di ampliare queste quote, e devo dire che è abbastanza singolare, perché, da questo punto di vista, sono arrivate tante sollecitazioni anche da parte delle categorie economiche, che, più volte, hanno detto e hanno lamentato che le quote attualmente previste sono nettamente al di sotto rispetto alle esigenze dei settori. Quindi questa poteva essere un'occasione per mettere mano, perché, lo abbiamo detto più volte, ci sono dei forti limiti sul , ma non solo, ci sono dei forti limiti anche sulla normativa attualmente esistente, i decreti Flussi hanno mostrato il loro tempo.
Invece non viene fatto assolutamente niente. Viene prevista una quota - e sottolineo, in via del tutto sperimentale, solo per il 2025 - di 10.000 unità per le persone che lavorano nei settori dell'assistenza familiare o sociosanitaria, a favore di persone con disabilità o a favore di grandi anziani. Niente, niente è previsto per il settore agricolo, niente è previsto per il settore del turismo, niente è previsto per altri settori in cui, ripeto, non il Partito Democratico, ma le associazioni datoriali hanno chiesto più volte di mettere mano.
Del resto, nello stesso Documento di economia e finanza dello scorso anno c'era scritto, nero su bianco, che c'era necessità di un 30 per cento in più di migranti regolari nel nostro Paese, perché, a fronte del calo demografico, da qui ai prossimi anni noi non avremo la possibilità di avere garantito un sistema di il sistema pensionistico, se andiamo avanti in questo modo. E ripeto, nello stesso Documento di economia e finanza, che, ricordo, è un provvedimento che fa il Governo, non lo fa l'opposizione, c'erano questi dati. Ma, evidentemente, c'era qualcosa che non tornava perché, infatti, nella nuova legge di bilancio e nel nuovo Documento niente è stato previsto, però l'anno scorso questo c'era.
Quindi questo è un po' il punto. Peraltro, Presidente, su questo volevo anche fare un inciso, perché l'articolo 2 - e questo lo sa bene la Sottosegretaria - ha introdotto alcune disposizioni per l'ingresso dei lavoratori, ma ha escluso - credo in maniera del tutto immotivata - gli istituti di patronato dal novero dei soggetti che sono abilitati all'invio delle richieste di ingresso dei lavoratori stranieri e di nulla osta al lavoro.
Questa è una decisione, peraltro, in contrasto con quanto fino ad ora già previsto dal Protocollo che era stato firmato nel 2007 tra il Ministero e tra gli istituti di patronato, che era un Protocollo che, peraltro, prevedeva che dovesse esserci un preavviso di disdetta (articolo 5 del Protocollo). Quindi, non solo non c'è stato l'avviso di disdetta, ma i patronati restano fuori dai soggetti abilitati alla presentazione delle domande, e lì rimangono solo le agenzie per il lavoro, i professionisti e le associazioni datoriali.
Viene meno l'attività, molto importante, di assistenza gratuita da parte di questi istituti, che hanno garantito per 16 anni: tutto questo inciderà, ancora una volta, sulla velocità delle domande - i tempi di presentazione, sappiamo, sono già molto compressi -, e quindi, alla fine, rischierà di ostacolare ulteriormente il ricorso ai flussi regolari.
Per questo, ripeto, con riferimento alle parole che ho sentito dire qui, cioè che questo decreto, com'è nella strategia della destra, va a diminuire i flussi irregolari e ad aumentare i flussi regolari, a noi pare che queste norme non vadano esattamente in quella direzione, ma, anzi, che siano stati inseriti pure dei meccanismi del tutto immotivati, dato che non abbiamo capito perché i patronati siano stati lasciati fuori, se non, immagino, per questioni politiche e ideologiche. Tutto questo, sicuramente, non andrà nella direzione di facilitare un meccanismo che abbiamo già avuto modo più volte di contestare, che è quello del previsto dal decreto Flussi, che, come dicevamo prima, parte da una legge, la Bossi-Fini, che andrebbe completamente cancellata e riscritta.
Quindi non ci sono misure di programmazione, gestione e buon governo del fenomeno migratorio. Avremmo potuto fermarci qui nel giudizio a questo decreto, se non fossero arrivati, in corso d'esame, altri emendamenti del Governo e della relatrice che hanno reso questo provvedimento ancora peggiore di quanto già non fosse: mi riferisco all'emendamento del Governo sui Paesi sicuri e all'emendamento della relatrice sullo spostamento delle competenze sulla convalida dei trattenimenti amministrativi dei migranti dalle sezioni dei tribunali speciali sull'immigrazione alle corti di appello.
Ma andiamo per gradi, Presidente. Intanto l'emendamento del Governo sui Paesi sicuri: qui la prima critica che voglio fare è quella proprio sul metodo, perché anche questo è, tante volte, sostanza. Il Governo ha, legittimamente dal suo punto di vista - poi spiegherò perché, secondo noi, non cambierà assolutamente niente -, votato in Consiglio dei ministri un decreto, cosiddetto sui Paesi sicuri, che, a un certo punto, doveva arrivare alla Camera e poi è stato incardinato al Senato e, qualche giorno dopo l'incardinamento al Senato, invece è arrivato un bell'emendamento del Governo che ha portato, di fatto, questo decreto all'interno del decreto Flussi.
Qui, le dicevo, la prima critica non può che essere di metodo, intanto perché è singolare che un provvedimento incardinato al Senato passi come emendamento del Governo nell'altra Camera e all'interno di un provvedimento in corso d'esame. Dico che è singolare perché lede fortemente le prerogative di noi parlamentari. Già vediamo tutti che il nostro lavoro si riduce a colpi di fiducia e approvazioni di decreti-legge, ma in questo caso non abbiamo nemmeno avuto i 60 giorni di tempo per esaminare un nuovo decreto, perché, essendo finito all'interno di un provvedimento già in corso d'esame, i tempi si sono fortemente ridotti.
Questa credo che sia una lesione delle prerogative dei parlamentari, ma non solo di minoranza, Presidente, di tutti i parlamentari. Noi dovremmo avere a cuore che in quest'Aula si possa quantomeno avere il tempo stabilito dai Regolamenti per poter esaminare i provvedimenti che ci arrivano, anche perché - la dico così - noi su quel provvedimento avremmo fatto molto volentieri una pregiudiziale di costituzionalità, perché riteniamo, per esempio, che sia una forzatura che questo Governo ha fatto, anche contro la Costituzione, e che non cambi di una virgola la situazione attuale.
Potremmo definirlo un emendamento beffa, perché l'elenco dei Paesi sicuri c'era già, era stato aggiornato nel luglio scorso con un decreto interministeriale del Ministro Tajani. La lista era già stata predisposta e partendo da quella lista il tribunale di Roma non ha convalidato il fermo dei 12 migranti detenuti nei centri in Albania.
Una sentenza della Corte europea dell'ottobre del 2024 ha ribadito che, per la convalida con cui si nega la concessione della protezione internazionale, la designazione di un Paese terzo come Paese sicuro debba estendersi a tutto il territorio e non solo a parti del territorio e, soprattutto, per tutte le categorie di persone interessate. Sappiamo perfettamente come è andata e si è evoluta, poi, la situazione: di fronte al tribunale di Roma, che, per l'appunto, ha considerato non sicuro un Paese per cui si era chiesta la convalida di un migrante, il Governo ha pensato bene di correre ai ripari per salvare la faccia dal clamoroso del progetto dell'Albania. Da qui l'esigenza di mettere in campo un nuovo decreto con una nuova lista, questa volta non stilata con un decreto interministeriale, ma con una norma che avesse forza di legge primaria. Tuttavia, il tema vero non cambia assolutamente, poiché la verità è che anche con una legge di fonte primaria non cambierà la sostanza perché comunque la nostra normativa dovrà sempre rispettare il regolamento europeo, così come interpretato dalla sentenza a cui facevo riferimento prima.
Ecco - dicevo - qui c'è stata l'esigenza, da parte del Governo, di metterci una pezza e, soprattutto, di salvare la faccia rispetto al progetto dell'Albania, che è del tutto inutile. Guardate che l'inutilità di questo progetto è dimostrata dai numeri stessi che interessano questo progetto. Anche prescindendo dalla decisione del tribunale e dalle critiche che può fare l'opposizione, parliamoci chiaro, vi do dei numeri: gli sbarchi nell'ultimo fine settimana - non questo, quello precedente - sono stati circa di 2.000 arrivi sulle nostre coste. A norma del Protocollo, firmato dall'Italia con l'Albania, in Albania - ripeto, anche a prescindere poi dal giudizio dei vari tribunali che si sono espressi - sarebbero dovuti andare 18 migranti, cioè la proporzione è di 2.000 migranti in arrivo presso le nostre coste e 18 migranti in Albania. Che sia un fallimento lo dimostrano, prima di tutto, i numeri. Dopodiché penso si possa anche definire irrilevante un miliardo di euro, così come ho sentito dire questa mattina, ma credo che, in una fase in cui il Governo sta lavorando su una legge di bilancio che taglia pesantemente su sanità e scuola, un miliardo di soldi del contribuente, per finanziare un progetto inutile e strutture che non serviranno assolutamente a niente, non sia - e faccio un po' fatica a definirlo così - irrilevante.
Peraltro, che il progetto sia inutile lo sta dimostrando il Governo stesso: infatti, ha richiamato in Italia le persone che, fino a qualche giorno fa, erano in Albania, a partire dagli operatori e dalle Forze dell'ordine che sono stati lì 2, 3 o 4 mesi - ho anche perso il conto - a presidiare una struttura di fatto vuota; quindi lo stesso Governo si è reso conto del pasticcio, tant'è che sono stati richiamati e sono rientrati recentemente in Italia.
Quindi siamo di fronte a un progetto che non andrà da nessuna parte, perché è in contrasto con la normativa europea. Bisogna prendere atto di questo, a meno che non si voglia decidere di uscire dall'Unione europea e questa, per carità, è una decisione che forse qualcuno dei partiti di Governo vedrebbe anche di buon occhio. Mi riferisco a chi ha presentato indagini conoscitive sulla preminenza del diritto italiano rispetto al diritto dell'Unione europea e quindi immagino ci sia anche qualcuno all'interno della maggioranza che la veda di buon occhio, però, quantomeno, ci vorrebbe un po' di chiarezza, anche perché, ad oggi, non ho sentito nessuno, dall'Unione europea, dire che questo progetto vada bene. Anzi, mi sembra che tutti i progetti che, più o meno, andavano in questa direzione, a partire da quello della Gran Bretagna, la quale aveva in mente di deportare - perché questa è la parola giusta - i migranti in Ruanda, abbiano registrato un grandissimo , un grandissimo fallimento. Sarebbe bastato guardare quello che succede in casi simili per non tentare nemmeno di aprire la strada e, invece, ripeto, si è andati avanti.
D'altra parte, l'idea è un po' questa, provare a nascondere la polvere sotto al tappeto. Io penso che sarebbe stato più importante non aspettarsi parole di plauso dall'Unione europea, ma, magari, andare presso l'Unione europea e, come prima cosa, provare a cambiare quel regolamento di Dublino su cui, da tanto tempo, tutti i vari Governi che si sono succeduti hanno provato a lavorare. È il famoso regolamento che fu siglato quando ancora c'era il Governo Berlusconi - e, se non ricordo male, Ministro della Gioventù l'attuale Presidente del Consiglio -, che è il vero problema anche per un Paese come il nostro, che è un Paese di primo approdo, visto che la regola è ancora quella ed è rimasta invariata.
Quindi non sarà, come dicevo prima, questo emendamento del Governo inserito all'interno del decreto Flussi a modificare l'applicazione del diritto dell'Unione europea, così come interpretato dalla Corte di giustizia. Questa è solo un'altra trovata del Governo che, però, non andrà nel senso di sbloccare le interpretazioni in senso favorevole al Governo.
Prima citavo i due emendamenti che hanno un po' cambiato, hanno peggiorato il corso di questo decreto in esame: uno è quello sui Paesi sicuri e l'altro è il famoso “emendamento Musk”, lo dico in modo chiaro, così almeno ci capiamo subito. È singolare che Musk - che sappiamo tutti oggi non essere un cittadino qualunque degli Stati Uniti, ma un uomo molto vicino al nuovo Presidente Trump e una persona che, probabilmente, tra qualche settimana, avrà anche funzioni di Governo - interferisca nelle vicende istituzionali del nostro Paese, che arrivi a dire che i giudici, che sono intervenuti per non convalidare il fermo amministrativo dei migranti, debbano andare via. Ed è singolare non solo che il Governo di sovranisti non abbia sentito la necessità di intervenire per dire a Musk che delle cose di casa nostra ci occupiamo noi, quindi, non abbiamo sentito una parola da parte del Governo al riguardo, ma, di lì a poco, abbiamo visto arrivare un nuovo emendamento, appunto l'“emendamento Musk”, che, di fatto, sposta le competenze per la convalida dei trattenimenti dei migranti dalle sezioni speciali sull'immigrazione alle corti di appello.
Anche qui, voglio fare alcune considerazioni. Le sezioni che si occupavano di immigrazione erano state create , anche con magistrati formati , perché si tratta, come abbiamo visto prima, di interpretare normative molto delicate che hanno a che fare con lo spazio di libertà garantito alle persone nei loro Paesi di origine e, quindi, un conto è la competenza che un magistrato può mettere in campo, un giudice può mettere in campo, un conto è la compiacenza che, invece, chiede il Governo rispetto alle decisioni che queste persone devono prendere. Dunque, si sono formate persone che adesso faranno altre cose, evidentemente. Poi, si va ad intasare - così come hanno già avuto modo di dire i presidenti delle corti d'appello - il lavoro delle corti d'appello, senza prevedere per esse le necessarie risorse.
Anche qui, siccome sento sempre parlare di efficacia, ricordo che c'è il Piano nazionale di ripresa e di resilienza che, fra le altre cose, prevede anche che ci sia una semplificazione dei processi e, soprattutto, che vengano snelliti i tempi dei processi.
Anche qui, mi permetto di chiedere di fare, ogni tanto, una bella relazione che ci faccia vedere, dopo questo provvedimento, che è tanto efficace nelle parole che ho sentito dire qui dagli esponenti di maggioranza, l'efficacia sui giudizi che prenderanno le corti di appello e, soprattutto, l'efficacia su queste tematiche di cui stiamo parlando, visto che uno dei cardini del PNRR in materia di giustizia è proprio il giusto processo.
In Commissione noi abbiamo chiesto più volte quale fosse la di questa norma, perché non potevamo credere che Musk ordina e il Governo dispone; abbiamo chiesto più volte di spiegarci il motivo per il quale si fosse deciso di spostare queste competenze. Devo dire che non abbiamo avuto risposta, e quindi l'unica che rimane in piedi è quella della logica punitiva nei confronti di magistrati che, evidentemente, fanno quello che devono fare, ma non fanno quello che vuole il Governo.
Questi, Presidente, sono alcuni dei punti per noi più critici di questo ennesimo provvedimento sull'immigrazione. Certo ce ne sono altri, ma, alla fine, il nostro punto di vista, Presidente, non cambia: qui si continua a gestire un fenomeno epocale, un fenomeno delicato, un fenomeno strutturale con una furia ideologica, che non ci porterà, di certo, lontano, e perlomeno mi auguro che non ci porti a scontrarci con le istituzioni europee, cosa che sta iniziando ad accadere .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Urzi'. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO URZI'(FDI). Grazie, Presidente. È una visione veramente molto distante la nostra rispetto a quella disegnata e tratteggiata dalla collega Bonafe' per conto del suo partito, della sinistra.
Noi, Presidente, abbiamo la legalità, l'emersione delle distorsioni dei meccanismi sulle domande di accesso al nostro Paese, la riaffermazione del diritto nazionale con riferimento alla sovranità nell'esercizio delle funzioni di contrasto all'immigrazione clandestina come capisaldi irrinunciabili che costituiscono uno dei principali impegni della maggioranza di Governo e che, oggi, qui, in Parlamento, riaffermiamo con la convinzione che i percorsi sono tanto più difficili e complessi da compiersi per intero quanto più intervengono su un consolidato sistema di potere parallelo di controllo sui flussi migratori da parte di interessi legati alla malavita oppure alla gestione della tratta di stranieri.
Questo Paese intende veramente e finalmente cambiare rotta: lo stiamo facendo e lo faremo, nonostante i tentativi, più o meno dichiarati, di boicottaggio. Rivendichiamo oggi, qui, la sovranità del Parlamento nel dettare con le leggi i principi a cui ogni ordine e grado delle istituzioni sono obbligati a richiamarsi nello svolgimento delle proprie funzioni. È il Parlamento che detta le regole ed è alla magistratura che spetta applicarle, Presidente, mai l'opposto.
Il decreto Flussi e Paesi sicuri - così è stato chiamato per rappresentarne perfettamente l'ambito di applicazione - mira, attraverso la nostra conversione, ad alzare, ancora una volta, la bandiera della legalità, con molto orgoglio e anche tanta profonda consapevolezza della responsabilità che ci è attribuita, che, poi, in fondo è la ragione sociale di questo Governo e della maggioranza di questo Parlamento. Gli ambiti sono davvero numerosi e i più diversi; troviamo anche interventi sulle vittime del caporalato.
Sul decreto Flussi si è detto tanto, ma noi abbiamo il dovere di ricordare con grande chiarezza che, dopo l'emersione, grazie al meccanismo di controllo introdotto proprio da parte di questo Governo, di gravi anomalie sulle domande di ingresso in Italia per motivi di lavoro, sul quale, peraltro, il Presidente del Consiglio ha immediatamente presentato un esposto al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo - e sono già scattati alcuni provvedimenti -, vengono introdotti controlli più stringenti sui canali di immigrazione legale per evitare frodi, operando, allo stesso tempo, una semplificazione delle procedure. Va ricordato che dal monitoraggio erano emerse gravi anomalie, in particolare riguardo alla presenza, in alcuni territori, di un numero di richieste realmente sproporzionato rispetto alla capacità di assorbimento del tessuto produttivo locale e allo scarto significativo, in quasi tutte le regioni italiane, tra ingressi per finalità lavorative e contratti di lavoro effettivamente sottoscritti.
Questa evidente sproporzione ha lasciato intendere che i flussi per ragioni di lavoro siano stati utilizzati anche da gruppi criminali che sono riusciti ad infiltrarsi nella gestione delle domande come canale ulteriore di immigrazione irregolare, ed è verosimile che questo meccanismo fraudolento andasse avanti da molti anni, ma va ricordato che sinora nessun Esecutivo che ci ha preceduto lo aveva mai verificato e mai lo aveva denunciato. Però vedo che la sinistra, anche qui, oggi, si preoccupa molto, invece, del controllo sui telefonini dei clandestini, che il provvedimento, invece, introduce. Si tratta di scale di priorità, evidentemente.
Quindi, Presidente, questa è la parte che riguarda l'immigrazione regolare, quella sui flussi, quella che risponde alla domanda, peraltro, che arriva dai datori di lavoro e che va opportunamente, ma anche legalmente, sfruttata. Tuttavia, anche questa importante esigenza, che è di interesse del nostro mondo produttivo, deve essere libera da truffe e infiltrazioni dei gruppi criminali nei meccanismi di ingresso legale. Vanno, quindi, fissate regole ancora una volta certe e difficili da aggirare. Per anni ci hanno detto che la Bossi-Fini non andava bene, ce lo hanno ribadito anche oggi, qui, in Aula, ricordandoci come interventi sarebbero opportuni; poi, però, di fatto, da parte dei Governi che ci hanno preceduto queste iniziative non ci sono state e sono state, invece, avviate con il nostro Governo.
La verità è che il Paese, per gestire i flussi in Italia, per anni, si è affidato più agli scafisti che ai canali regolari, e questo non è più ammissibile. Questo Governo, dopo avere riattivato i canali di ingresso legale con i decreti Flussi per il triennio 2023-2025, ne ha anche monitorato l'applicazione, e, di fronte all'evidenza di anomalie, è intervenuto sul funzionamento del sistema attuale, prevedendo dei correttivi. L'obiettivo in prospettiva è quello di superare il meccanismo del in favore di un sistema più efficace per regolare gli arrivi legali di lavoratori stranieri. Crediamo, infatti, Presidente, che debba essere lo Stato a governare l'immigrazione e non le organizzazioni criminali o le ONG finanziate da privati.
E come si interviene sui flussi irregolari? Bisogna, a tutela degli immigrati regolari, anche introdurre politiche chiare sull'immigrazione irregolare. Da qui le misure indicate come sui Paesi sicuri. Va in questa direzione l'inclusione della lista dei Paesi sicuri per i rimpatri. L'elenco rispetta le indicazioni che derivano dalla sentenza della Corte europea del 4 ottobre.
Sono stati, pertanto, cancellati tre Paesi come il Camerun, la Colombia e la Nigeria, che, nel precedente elenco, presentavano eccezioni di carattere territoriale di una particolare ed evidente riconoscibilità. Anche l'adozione di questo provvedimento, che ha una sua evidente funzione di tutela verso gli immigrati irregolari, ha suscitato polemiche da parte dell'opposizione, mentre alcuni magistrati, che si sono occupati della convalida dei trattenimenti dei migranti, si sono appellati alla Corte di giustizia dell'Unione europea per ottenere incomprensibili chiarimenti.
A questo proposito, va chiarito che l'individuazione dei Paesi sicuri per i rimpatri, frutto di un complesso procedimento di carattere politico e amministrativo, è competenza proprio degli Stati membri: così è stato anche riaffermato dalla recente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Ed è una direttiva europea, la 2013/32/UE, a introdurre le procedure accelerate di frontiera, con la previsione che uno dei requisiti per l'applicazione sia che il migrante irregolare provenga proprio da un Paese sicuro, senza però definire alcuna lista dei Paesi sicuri, e demandando quindi - a chi altro, altrimenti - questa competenza agli Stati membri.
Noi stiamo semplicemente applicando le norme, non lasciando il quadro nell'indeterminatezza di cui approfittano coloro che vorrebbero l'Italia semplicemente un grande e permanente campo profughi. L'interpretazione della sentenza della Corte europea fatta dai giudici italiani nei provvedimenti di mancata convalida di trattenimento dei migranti nei centri in Albania è semplicemente - se lo possiamo dire, Presidente, o, perlomeno, se lo possiamo pensare - errata, e avrebbe come conseguenza la potenziale paralisi del meccanismo dei rimpatri, perché non ci sarebbero più Paesi considerati sicuri.
Alcuni numeri, Presidente: l'Egitto conta 112 milioni di abitanti, il Bangladesh 173 milioni di abitanti. Cito questi Paesi non per caso. In linea assolutamente astratta, quindi, se dovessimo applicare il metro di giudizio applicato in quelle dichiarazioni di illegittimità dei provvedimenti, l'Italia dovrebbe accettare e non potrebbe opporsi di fronte a una potenziale richiesta di accoglimento di grande parte della popolazione di questi Paesi, se un domani dovesse non bussare, ma approdare sulle coste del nostro Paese con le barche degli scafisti.
Quindi, Presidente, noi non potevamo certamente rimanere a guardare immobili. Resta indiscussa, evidentemente, la prerogativa del magistrato di valutare, nel caso concreto, se quel Paese, sicuro in linea generale, poi lo sia nello specifico anche per il caso singolo, per la singola persona, per il soggetto di cui si parla; il che va valutato, evidentemente, in maniera molto dettagliata.
Tuttavia, se si seguisse il ragionamento dei giudici, perlomeno di quella parte dei giudici che ha applicato quei provvedimenti a cui ci siamo riferiti, si giungerebbe al paradosso di definire insicura la quasi totalità dei Paesi del mondo, con la conseguenza di paralizzare il sistema delle procedure accelerate di frontiera, così come disegnato proprio dalla normativa europea. Quindi, l'Italia si troverebbe nella situazione paradossale di dover poi rendere conto agli altri Paesi dell'Unione europea della propria mancata tutela dei confini esterni - ricordiamolo - non solo del nostro Paese, ma dell'Unione europea tutta.
Sulle misure che hanno portato alla convalida dei trattenimenti da parte della corte d'appello, spostati dalle sezioni dei tribunali specializzate in materia di immigrazione, disposti nei confronti dei richiedenti protezione internazionale, ci sono state anche molte polemiche: ne ho raccolte alcune anche qui, in Aula.
L'Associazione nazionale magistrati e i presidenti di tutte le 26 corti d'appello hanno anche protestato, appellandosi al Presidente della Repubblica e paventando presunti aggravi che avrebbero mandato in tilt gli uffici. Io, Presidente, però, mi permetto di dichiarare che questa è stata letteralmente una lettura molto distratta. Il ripristino dei ricorsi contro il respingimento delle domande d'asilo in corte d'appello, presente nella versione iniziale del decreto flussi, infatti, è stato sostituito e superato con un emendamento presentato proprio da Fratelli d'Italia, che trasferisce alle corti d'appello la competenza sulle convalide dei trattenimenti. L'intervento, quindi, alleggerisce gli uffici di secondo grado di una incombenza e ne assegna una diversa. Il sovraccarico non esiste e, quindi, si smentiscono, Presidente, anche le ennesime polemiche strumentali su cui si fa cattiva informazione, oltre che un cattivo servizio alla verità.
La verità, invece, è che si assegna ad un giudice superiore l'intervento di giudizio su una materia tanto complessa e che riguarda, peraltro, diritti importanti come quelli civili e umani.
Ecco, Presidente, perché introduciamo, quest'oggi, questo provvedimento alla discussione d'Aula realmente con molto entusiasmo e con giusta determinazione, nel senso che riteniamo che sia non coerente con l'impianto di Governo ma fedele ad un impegno assunto nei confronti degli elettori da parte di questa maggioranza.
Abbiamo anche la convinzione che, se talvolta non sono tutte le forze politiche a riconoscerci la fiducia in quest'Aula - abbiamo già raccolto alcune testimonianze e, probabilmente, dall'ordine degli interventi ne raccoglieremo altre che saranno speculari a quanto già affermato in Commissione, quindi di opposizione rispetto a questo testo -, se non c'è la fiducia da parte di tutte le forze politiche, che voglio, però, dichiarare di minoranza, a sostenere questo provvedimento, certamente, Presidente, ne abbiamo la certezza assoluta e la convinzione, sono gli italiani che ci hanno dato la fiducia per realizzare ciò che oggi qui stiamo realizzando. E noi vogliamo semplicemente mantenere la parola .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Benzoni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). . Grazie, Presidente. Mi permetta di prendermi 30 secondi, prima di parlare di questo provvedimento, per spiegare - come già fatto stamattina - perché parliamo (non solo io) con un segno rosso in faccia. Oggi è il 25 novembre, la Giornata per l'eliminazione della violenza sulle donne e, allora, come abbiamo fatto stamattina, è bello ricordare agli ascoltatori di questo dibattito, non credo tantissimi, il numero 1522, il numero dei centri antiviolenza e anti-, in questa importante giornata .
Arrivo invece al tema di oggi, perché il decreto in esame, che parla di immigrazione, vede o dovrebbe vedere le due facce dell'immigrazione: l'immigrazione regolare e l'immigrazione irregolare. Questo decreto è arrivato in realtà per cercare, come sempre, di parlare dell'immigrazione regolare, cioè di coloro che vogliono entrare in questo Paese, e che tutti noi vorremmo, per lavorare, costruire una famiglia, costruire un futuro e cercare quello che anche tanti italiani cercano in giro per il mondo. Altrettanto, per contrastare quell'immigrazione irregolare, così come si può fare.
Parto proprio da questo secondo pezzo, perché la relazione della Sottosegretaria ha raccontato qualcosa che poi contrasta con i fatti. Se siamo così bravi, se abbiamo agito così bene nel contrastare l'immigrazione irregolare, allora perché servono ulteriori interventi rispetto a quelli che la collega Bonafe' citava, cioè 8 provvedimenti in due anni, che vanno sempre di più a inasprire i dati di fatto? Evidentemente perché ogni tanto, anche ascoltando le opposizioni, qualcosa non ha funzionato o forse qualcosa si poteva fare un po' meglio.
Quando diciamo che un provvedimento è efficace? In quest'Aula ci siamo tutti e conosciamo come funziona anche il meccanismo parlamentare: se i due più grandi provvedimenti, che vanno a incidere sul contrasto all'immigrazione irregolare, arrivano con un emendamento postumo e tardivo rispetto a questo provvedimento più ampio, è evidente che qui non c'è la volontà né di un confronto né di approfondire e costruire i provvedimenti così come vanno fatti.
Peraltro, uno va a correggere un altro provvedimento, ossia a correggere quello che i giudici hanno definito inefficace. Quindi, continuiamo a costruire nuovi provvedimenti, portando le persone a pensare che si inasprisca la lotta all'immigrazione clandestina, ma i dati non ci dicono questo e, soprattutto, non otteniamo il risultato.
I numeri dei rimpatri parlano chiaro. Sono ovviamente dei numeri complicati. Non che prima ci fossero dei risultati molto più felici e interessanti da questo punto di vista, ma sicuramente siamo ancora inefficaci da questo punto di vista. Il primo emendamento - e non possiamo dimenticarlo - è quello che riguarda ancora l'Albania. Anche lì, l'inefficacia di questa cosa è l'evidenza del fatto che abbiamo fatto tornare anche gli operatori, che oggi quel centro è una cattedrale nel deserto vuota e in attesa di ulteriori provvedimenti che permettano di utilizzarlo, che nel mentre il miliardo che citava la collega Bonafe' sono soldi dei nostri cittadini, che non sono tanti nella loro totalità ma sono tanti perché quei 1.032 migranti che si potranno ospitare hanno un costo che è molto differente e molto più alto che se fossero stati nel nostro Paese. Lo dimostrano gli extracosti per il personale, per i viaggi, per i trasporti. Basti pensare solo all'aspetto della penitenziaria, cioè al fatto di costruire un micro carcere all'interno di quel centro con un numero di forze dell'ordine sproporzionato rispetto a quello che avremmo potuto avere all'interno delle carceri italiane, che sappiamo sono anche in condizioni disperate di mancanza di personale. È evidente che questo ci pone una riflessione: stiamo facendo cose efficaci e, quando le facciamo, riusciamo a portarle a termine? E oggi si arriva qui con un ennesimo correttivo - purtroppo sta accadendo, devo dire, in quasi tutti i settori in cui state normando - e, dopo una sonora bocciatura, ci si mette una pezza e si prova ad andare avanti.
Arrivo ad un altro tema, e mi spiace non ci sia più il collega Urzi'. Sul tema dell'articolo 12 non è che ci sia una contrapposizione. Rappresento un gruppo che non credo sia di estremisti o di opposizione , tant'è che fa una proposta, cioè quella di usare un modello applicativo che è il modello tedesco, che non si allontana dalla richiesta. Infatti, qua nessuno dice che non dobbiamo fare di tutto per identificare chi sta arrivando irregolarmente e comprenderne le reali origini e i reali diritti di stare in questo Paese, ma è evidente che il Governo, come sempre, fa un passo avanti e cerca di eludere qualsiasi norma.
Quindi, l'accesso al telefonino con un semplice ordine della Polizia, senza peraltro la presenza di un avvocato, per ricostruire passaggi, Paesi da cui è passato e tutta una serie di cose che per nulla rientrano nella cosa, senza però avere prima tentato i mezzi più blandi che potessero accertare questo, è evidentemente per noi un problema. Quindi, nessun problema nell'andare in questa direzione come, ma occorre tentare prima, evidentemente, dei passaggi alternativi.
C'è un altro tema che riguarda quello dell'immigrazione irregolare, che è un altro emendamento. Lo chiamiamo “emendamento Musk” perché sembra anche un caso di intromissione - devo dire abbastanza pericoloso - rispetto al nostro amministrare e al nostro fare politica, ma lo spostamento dalle sezioni speciali alle corti d'appello, a parte vedere oggi una sollevazione abbastanza corale nei confronti di questa decisione, non vede, però, una risposta su quali siano le reali ragioni che hanno portato a questa decisione.
Arrivo invece alla parte che mi interessa un pochettino di più, facendo parte anche di un'altra Commissione, che è quella delle attività produttive, che è la potenzialità rispetto alla regolarizzazione dei flussi regolari di immigrazione nel nostro Paese, dove questo documento avrebbe dovuto intervenire.
Da un lato, ci sono degli aspetti positivi. Penso che andare a combattere l'illegalità e le frodi che ci sono dietro anche questo sistema di immigrazione legale sia un dovere che ha il nostro Paese, su cui non possiamo sicuramente non essere concordi. l'aspetto di tutela delle vittime del caporalato e, di conseguenza, di coloro che le leggi non le rispettano, che vanno tutelate. Però non emerge quel cambio di passo che invece, glielo assicuro, è stato richiesto anche in audizioni su questo tema che abbiamo fatto con le categorie, con gli imprenditori, con le aziende che in questo Paese producono e lavorano, che è quello di riuscire a costruire un sistema che superi evidentemente quello delle frodi della criminalità organizzata, ma che dia un sostegno alla necessità di lavoro che anche il nostro Paese ha.
Su questo, devo dire, passi in avanti non ne vedo. La burocrazia di questi passaggi, seppur semplificata, è comunque complicata. Il non è solo una cosa da combattere nel suo significato, che tanti odiano in questo Paese, perché è complicato e perché non rende giustizia, ma è anche sfasato rispetto agli obiettivi e alle esigenze che le aziende hanno. Anche i fatti in determinati periodi dell'anno non aiutano a capire quali sono le reali esigenze e le prospettive che le aziende hanno, per esempio, soprattutto sui lavori estivi o sui lavori stagionali, perché faccio fatica a prevederlo, perché non so se avrò bisogno di aiutanti agricoli questa estate, se non so come sarà la produzione, come sarà la stagione, come sarà la necessità di lavoro e quanti ne troverò.
Di conseguenza, la flessibilità che ci viene richiesta da parte delle aziende oggi qua viene completamente buttata in un sistema burocratico e complicato sia per le aziende che per le famiglie. Benissimo la sperimentazione di questa nuova quota di 10.000 unità che possono entrare per l'assistenza domiciliare, sanitaria, sulla disabilità. È un ammettere quello che già sta accadendo, è un ammettere e un cercare di regolarizzare quello che è un fenomeno, ma sappiamo che uno di questi passaggi sarà che le famiglie possano fare questo percorso, anche le famiglie.
Da questo punto di vista, l'esclusione dei patronati dalla possibilità di fare le pratiche è inspiegabile, perché fino ad oggi non sono di sicuro coloro da cui sono passate le illegalità e le frodi, ma sono istituti che hanno sempre aiutato e agevolato questo processo, peraltro nel migliore dei modi. Chiudo con l'ultimo, perché tutto il procedimento che viene fatto con i centri dell'impiego, non vorrei usare un termine forte di cui mi pento, ma è un po' una farsa. È una farsa dal punto di vista di quello che poi produce rispetto al risultato e rispetto all'effetto vero.
Nessuno qui dice: togliamo il lavoro a un italiano, e quindi, se c'è un italiano che può fare quel lavoro, non diamo la quota. Tuttavia, oggi quella procedura è evidentemente, peraltro nell'azzeramento dei termini, un semplice passaggio di carte che nulla porta rispetto a quella domanda e nulla porta alle nostre imprese e ai nostri lavoratori, ma soprattutto a chi davvero vuole venire in questo Paese in cerca di fortuna, in cerca di lavoro e in cerca di costruirsi una vita. Quindi, queste sono alcune delle ragioni - esprimeremo meglio il nostro parere in sede di dichiarazione di voto - per cui, ovviamente, non potremo votare questo provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ghirra. Ne ha facoltà.
FRANCESCA GHIRRA(AVS). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, come abbiamo già evidenziato durante l'illustrazione della questione pregiudiziale, il decreto-legge in esame, in molte delle sue norme, si pone in evidente contrasto con una serie di principi costituzionali che reggono il nostro ordinamento giuridico, specificamente nel campo del diritto penale, del diritto dell'immigrazione e della protezione internazionale. Le disposizioni non presentano un reale carattere di urgenza, tale da giustificare il loro inserimento in un decreto-legge piuttosto che in un provvedimento legislativo ordinario, e, soprattutto, non rispettano la caratteristica della straordinarietà dell'intervento governativo, ai sensi dell'articolo 77, secondo comma, della Costituzione.
A nulla sono valse, in questi ultimi mesi, le parole chiare e ripetute del Presidente della Repubblica nell'affermare che la storia italiana è fatta di emigrazione e di immigrazione: 30 milioni di italiani partiti per l'estero tra l'Unità d'Italia e il secolo scorso, 6 milioni, ora, quelli che vivono stabilmente all'estero.
Il decreto contiene, tra l'altro, molteplici modifiche in materia di lavoratori stranieri, caporalato, flussi migratori, protezione internazionale speciale, diritto di asilo, procedure di espulsione e respingimento, con una notevole complessità degli istituti coinvolti, che, per essere affrontata con la calma e la serietà necessari, avrebbe dovuto essere oggetto di una proposta di legge ordinaria, anche al fine di valutarne la compatibilità con la Costituzione e con gli obblighi derivanti dal rispetto degli accordi internazionali. Nello specifico, l'articolo 3 elimina da subito il silenzio assenso per il rilascio, fino al 31 dicembre 2025, del nulla osta al lavoro per i cittadini stranieri provenienti da Stati come il Bangladesh, il Pakistan e lo Sri Lanka, e dispone, al comma 2, la sospensione dell'efficacia dei nulla osta al lavoro già rilasciati.
In questi casi basterebbe ricordare le disposizioni della direttiva n. 2005/85/CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello di rifugiato, a norma dell'articolo 1 della Convenzione di Ginevra, successivamente modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, dove il principio fondamentale è quello del , che afferma che nessuno può essere respinto verso un Paese in cui la propria vita o libertà potrebbero essere seriamente minacciate.
Tra l'altro, la direttiva contempla garanzie specifiche per le persone vulnerabili con bisogni procedurali speciali, come minori non accompagnati, apolidi, disabili o malati. Basti qui ricordare che, ai sensi dell'articolo 2, lettera , della direttiva 2011/95/UE per rifugiato si intende un “cittadino di un Paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal Paese di cui ha la cittadinanza e non può, a causa di siffatto timore, farvi ritorno”.
Particolarmente preoccupanti, anche sotto il profilo costituzionale, sono le disposizioni contenute nel Capo III del decreto-legge in materia di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, iniziando dalle disposizioni dell'articolo 11, che novella le disposizioni in materia di limitazione e divieto di transito e sosta delle navi nel mare territoriale. Chiaro qui è il riferimento alle imbarcazioni delle ONG, che nel Mediterraneo operano solo al fine di salvare vite umane, penalizzandole nel loro diritto a difendersi e introducendo una riduzione significativa dei termini di impugnazione del provvedimento di fermo amministrativo della nave da 60 a 10 giorni.
Questa disposizione rischia concretamente di violare l'articolo 24 della Costituzione, che prevede che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. In ogni caso, bisogna sempre ricordare che chi interviene in operazioni di salvataggio e soccorso in mare risponde all'obbligo etico e morale di civiltà millenaria, nonché all'obbligo inderogabile previsto dal diritto internazionale consuetudinario e pattizio: si pensi all'articolo 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta il 10 dicembre 1982 a Montego Bay e ratificata dall'Italia con la legge 2 dicembre 1994, n. 689, oppure alla Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare del 17 giugno del 1960, resa esecutiva in Italia con la legge 22 giugno 1980, n. 313. Ancora, si pensi al codice della navigazione, con gli articoli 1113 e 1158.
L'articolo 12 disciplina, ai fini dell'identificazione dei migranti, l'accesso ai dispositivi elettronici e digitali.
L'ispezione è disposta dal questore, senza autorizzazione della magistratura, e consiste nell'accesso immediato ai dati identificativi dei dispositivi elettronici e delle schede elettroniche digitali in possesso dello straniero, anche minore non accompagnato o richiedente la protezione internazionale, nonché ai documenti, anche video e fotografici, contenuti nei medesimi dispositivi o supporti elettronici digitali. Il verbale è poi trasmesso per la convalida entro 48 ore al giudice di pace, che decide con provvedimento motivato entro le successive 48 ore. Le norme si applicano anche agli stranieri detenuti nei CPR per impossibilità di eseguire l'espulsione o il respingimento alla frontiera. Tutto ciò in palese violazione della libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, come sancito dalla Carta costituzionale all'articolo 15, il quale aggiunge che “la loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.
Valga qui ricordare anche il disposto del comma 2 dell'articolo 13 della Costituzione che recita che “non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi previsti dalla legge”.
Basterebbe ricordare la recente sentenza n. 170 del 2023, dove la Corte costituzionale afferma, in linea generale, che lo scambio di messaggi elettronici rappresenti, di per sé, una forma di corrispondenza agli effetti degli articoli 15 e 68, terzo comma, della Costituzione. Pertanto, la garanzia prevista dall'articolo 15 della Costituzione “si estende ad ogni strumento che l'evoluzione tecnologica mette a disposizione a fini comunicativi, compresi quelli elettronici e informatici ignoti al momento del varo della Carta costituzionale”. L'eventuale sequestro della corrispondenza dovrebbe avvenire, pertanto, solo su disposizione ovvero sotto il controllo dell'autorità giudiziaria, in ossequio alle garanzie di cui all'articolo 15 della Costituzione.
L'articolo 12- inserisce l'Egitto e il Bangladesh tra i Paesi di origine sicura, ignorando che lo scorso 4 ottobre la Grande Sezione dalla Corte di giustizia dell'Unione europea è intervenuta su un tema di centrale importanza, ovvero, la fattispecie di Paese di origine sicuro, con una sentenza che chiarisce alcuni principi fondamentali del diritto dell'Unione europea in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale per i richiedenti asilo provenienti da Paesi di origini designati come sicuri.
La possibilità per gli Stati membri dell'Unione europea di designare Paesi di origine sicura sulla base di informazioni fornite da altri Stati membri, dall'EASO, dall'UNHCR, dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti è prevista dall'articolo 37 della direttiva 2013/32/UE, la quale, all'allegato 1, chiarisce che “un Paese è considerato Paese di origine sicuro se, sulla base dello giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e uniformemente persecuzioni quali definite nell'articolo 9 della direttiva 2011/95/UE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.
La designazione di un Paese come sicuro riveste una rilevanza cruciale nelle procedure di esame delle domande di asilo, dal momento che le domande presentate da cittadini provenienti da Paesi considerati sicuri vengono esaminate con una procedura accelerata.
In Italia tale procedura comporta una significativa restrizione delle garanzie procedurali, tutto ciò in barba alle sentenze di Catania e Bologna. Gli articoli aggiuntivi 12-, 12- e 12-, oltre a porsi in stridente contraddizione con la difesa della famiglia proclamata dalle forze politiche di centrodestra, impongono una disumana divisione delle famiglie per un periodo lunghissimo. Norme che alla fine favoriranno proprio i cosiddetti scafisti professionisti negli ingressi illegali di coloro che desiderano congiungersi ai familiari. È una proposta disumana in quanto volta ad ostacolare il ricongiungimento familiare anche per i soggetti che soggiornano legalmente sul nostro territorio nazionale.
L'articolo 13 reca ulteriori disposizioni sulla procedura in frontiera dei richiedenti la protezione internazionale, con ipotesi di respingimento anche differito e accompagnamento alla frontiera applicabili nei confronti di cittadini extracomunitari rintracciati anche a seguito di soccorso in mare nel corso di attività di sorveglianza delle frontiere esterne dell'Unione europea, svolte ai sensi del codice Schengen, e condotti coattivamente nelle zone di frontiera o di transito. Procedura decisa con decreto del questore, comunicato successivamente per la convalida al giudice di pace, ed in palese contrasto con le sentenze n. 222 del 2004, n. 105 del 2001 e n. 275 del 2017, nelle quali si afferma che il respingimento differito con accompagnamento alla frontiera restringe la libertà personale e richiede, di conseguenza, di essere disciplinato, in conformità all'articolo 13, terzo comma, della Costituzione.
L'articolo 14, nell'integrale sostituzione dell'articolo 23- del decreto legislativo n. 25 del 2008, amplia le ipotesi di ritiro implicito della domanda di protezione internazionale anche all'ipotesi di mancata presentazione del richiedente al colloquio davanti alla commissione territoriale, prevedendo che la Commissione possa non solo sospendere l'esame della domanda, ma addirittura deciderne il rigetto. Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 28 della direttiva 2013/32/UE gli Stati membri sono tenuti a garantire al richiedente, che si ripresenta entro nove mesi all'autorità competente di diritto, di chiedere la riapertura del suo caso o di presentare una nuova domanda.
L'articolo 15 assegna alla Commissione nazionale per il diritto d'asilo la competenza in materia di revoca della cosiddetta protezione speciale, qualora il cittadino straniero costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato. Si ricorda che la protezione speciale è una forma residuale di tutela, che l'ordinamento italiano riconosce al cittadino straniero al quale non sia stata accordata la protezione internazionale poiché vi sia il rischio di persecuzione per motivi di razza, sesso, orientamento sessuale, identità di genere, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, assoggettamento a tortura o a trattamenti inumani e degradanti o quando il diniego comporterebbe la violazione del rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali vincolanti per l'Italia. Sul punto basterebbe ricordare l'articolo 33 della Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati.
L'articolo aggiuntivo 15- fa riferimento alla fornitura di mezzi e materiali a Paesi terzi; adesso potrebbe applicarsi anche alla fornitura di motovedette alla Libia, alla Tunisia, come all'Albania e tutto ciò nella massima segretezza sulle modalità di esecuzione di tali contratti, in assenza di qualsiasi elemento di trasparenza anche rispetto a Paesi che siano o meno inseriti nella lista dei cosiddetti Paesi sicuri, che presentano spesso problemi di controllo da parte dell'opinione pubblica e di rispetto delle garanzie giuridiche, precludendo il controllo sulle finalità per le quali vengono impiegate risorse pubbliche, provenienti dalle tasse dei cittadini, che potrebbero essere invece utilizzate, ad esempio, per la sanità e l'istruzione. Qui basti ricordare che i filmati forniti nel corso della loro audizione da hanno documentato le violenze e le torture effettuate dalla Guardia costiera libica a danno delle persone migranti.
La decisione di prevedere la segretezza nell'esecuzione dei contratti sembra rivelare che vi sia la volontà di nascondere qualcosa, come l'esecuzione dei contratti relativi ai centri realizzati in Albania. Con l'approvazione in Commissione dell'emendamento 16.4 dalla relatrice, che di fatto riscrive il Capo IV recante disposizioni processuali, si sono aggirate le competenze delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, con l'obiettivo di sbarazzarsi dei giudici scomodi e rilanciare le procedure accelerate relative ai migranti. È una palese operazione sistematica di demolizione delle garanzie procedurali a tutela dei migranti, è un grave attacco agli articoli 3, 10, 13, 101 e 103 della Costituzione italiana, attacco che mette in pericolo l'autonomia e l'indipendenza della magistratura.
Il trasferimento delle competenze in materia di convalida dei provvedimenti di trattenimento dei richiedenti protezione internazionale è frutto di un arbitrio, visto che le sezioni specializzate in materia di immigrazione hanno una specifica competenza che al momento non può ravvisarsi nelle corti d'appello e ciò avrà gravi conseguenze sul piano dei carichi di lavoro.
Tra l'altro, l'istituzione delle sezioni specializzate in materia di immigrazione ha comportato ingenti spese, prevedendo, oltretutto, specifici corsi di formazione per i magistrati. L'emendamento che, come ha ricordato la collega Bonafe', abbiamo ribattezzato emendamento Musk, approvato, svilisce la professionalità delle sezioni specializzate in immigrazione dei tribunali di primo grado verso i giudici che il Governo reputa compiacenti. Qui basta ricordare sia la vicenda della magistrata Apostolico, costretta ad abbandonare ogni forma di a causa della macchina del fango messa in moto dal Ministro Salvini, sia il fatto che tutti i giudici del tribunale di Bologna sono sotto scorta.
Infine, sulla base delle ultime rilevazioni, gli uffici della corti d'appello hanno circa 5.000 fascicoli pendenti, cui si dovrebbero aggiungere altri 4.700 nuovi procedimenti, in conseguenza del provvedimento, il che rischia di mandare in il sistema il sistema giustizia. L'unico effetto di questo decreto sarà quello di incrementare ulteriormente gli irregolari, uomini, donne, bambine e bambini, che finiranno per alimentare lo sfruttamento, il lavoro nero, la prostituzione e la criminalità.
Le vostre politiche sui migranti fanno acqua da tutte le parti, come dimostra il caso Albania, a fronte di costi folli che servono solo a portare avanti una squallida propaganda sulla pelle dei migranti. Noi confidavamo che, dopo quello che è successo, dopo le testimonianze che abbiamo riportato con colleghe e colleghi, a seguito delle ispezioni che abbiamo fatto proprio a Gjader e Shengjin ci fosse un ripensamento, proprio su tutto il modello Albania; e, invece, ancora una volta, dimostrate di voler portare avanti politiche che non hanno nulla a che vedere con la regolamentazione dell'immigrazione, ma che hanno un chiaro stampo di tipo razzista. E chiaramente ci vedono del tutto contrari.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Magi. Ne ha facoltà.
RICCARDO MAGI(MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Abbiamo scelto di partecipare anche a questa discussione generale, dopo la lunga discussione avvenuta in Commissione affari costituzionali, non fosse altro perché, questa mattina, abbiamo avuto l'onore di ascoltare, per la prima volta, le parole della relatrice, la collega Kelany, e della Sottosegretaria Ferro a nome del Governo: non era mai avvenuto durante la discussione in Commissione. Quindi, non possiamo perdere l'occasione di replicare agli argomenti che hanno utilizzato in tale sede.
Innanzitutto, a nostro avviso, ci sono due questioni estremamente gravi, una questione di metodo e una di procedura, che hanno toccato l'iter di questo provvedimento. Come è stato ricordato dai colleghi delle opposizioni che mi hanno preceduto, oggi ci troviamo ad esaminare, in Aula, non solo il decreto Flussi - così come lo avevamo conosciuto in un primo momento -, ma il decreto Flussi arricchito dalla confluenza di un secondo decreto, il decreto-legge n. 158 del 2024 (il cosiddetto decreto Paesi sicuri); tale decreto è confluito, sottoforma di emendamento, nel primo decreto, dopo essere stato assegnato, con la numerazione, appunto, n. 158 del 2024, al Senato, dove tuttora giace e langue, in attesa di essere abrogato, dopo che sarà avvenuto questo passaggio alla Camera dei deputati. Ma non finisce qui. L'iter - dopo che si era concluso il ciclo di audizioni sull'originario decreto Flussi - ha visto arrivare da parte della relatrice e del Governo un numero importante di emendamenti che hanno modificato sostanzialmente il provvedimento, ampliandone il perimetro e, in qualche modo, rappresentando anche l'elusione di un corretto parlamentare; l'elusione del controllo del Presidente della Repubblica sul decreto, perché, ovviamente, questi emendamenti sono arrivati successivamente - è di tutta evidenza - all'emanazione del decreto e sono emendamenti che, a nostro avviso, hanno rappresentato un peggioramento sostanziale - ed ulteriore - del testo che abbiamo di fronte.
Perché sono importanti queste note di metodo e di tipo procedurale? Perché, dall'inizio della legislatura, abbiamo visto il Governo legiferare sul tema dell'immigrazione attraverso ben otto decreti e altre norme sparse in decreti che, come oggetto principale, avevano altre materie, ma che comunque contenevano misure riferibili al tema dell'immigrazione.
Con questa ultima procedura che abbiamo visto in atto è come se il Governo ci stesse chiedendo di mantenere costantemente aperto un canale di produzione normativa sul tema dell'immigrazione. Noi, questa cosa, la dobbiamo stigmatizzare, perché non solo è politicamente il segno della confusione dell'Esecutivo su questo tema, ma è anche il segno della mancanza di una strategia. Si producono norme che devono essere compulsivamente modificate da altre norme successive; non si fa mai un intervento omogeneo, organico sulla materia dell'immigrazione, ma questo lo si fa ripetutamente sullo stesso provvedimento, intervenendo in corso di esame del provvedimento, mortificando, di tutta evidenza - come ho detto precedentemente -, non solo il ruolo del Presidente della Repubblica, ma anche il corretto esame parlamentare.
Noi non abbiamo avuto modo di fare le audizioni, ad esempio, su tutta la parte dei Paesi sicuri, su un'altra norma - su cui tornerò -, che, a nostro parere, è davvero inconcepibile e anche impresentabile, ossia quella che ha disposto la secretazione di tutti gli affidamenti, le forniture a Paesi terzi finalizzati al controllo delle frontiere e al contrasto dell'immigrazione irregolare.
Mi viene da chiedere al Governo: avete qualcosa da nascondere? Io mi sento legittimato a pensare che l'Esecutivo abbia qualcosa da nascondere rispetto alle forniture e agli appalti che sono stati effettuati per la realizzazione del centro in Albania. Perché una norma di questo tipo, che arriva nottetempo, attraverso un emendamento della relatrice per disporre di andare doppiamente in deroga all'ordinarietà degli appalti? Da una parte, si fa uso dell'articolo del codice degli appalti, che permette la secretazione degli affidamenti e delle forniture, e, dall'altra, si va in deroga rispetto all'altro comma di quell'articolo, che obbliga, qualora ci si voglia avvalere della segretezza, a farlo con una relazione che ne motivi la necessità. E, invece, ci chiedete la segretezza, in termini generali e generici, sulle forniture che riguardano Paesi terzi per il controllo delle frontiere e, nello stesso tempo, la deroga rispetto agli obblighi di motivare questa segretezza con una relazione dettagliata.
Ci sentiamo legittimati a pensare che il Governo abbia qualcosa da nascondere su questi affidamenti e su questi appalti. E, ovviamente, ci torneremo con atti di sindacato ispettivo e, possibilmente, anche con gli ordini del giorno, perché crediamo sia un modo di procedere inaccettabile.
Sempre attraverso uno di questi emendamenti che sono arrivati successivamente, e che quindi hanno rappresentato una forzatura rispetto al ruolo del Parlamento - su questo non c'è stato modo di fare le audizioni, non c'è stato modo di avere un vaglio del Presidente della Repubblica -, c'è stata l'altra norma che riguarda l'elevazione di rango della lista dei Paesi sicuri. Noi crediamo che sia un grande segno di debolezza del Governo avere chiesto alla relatrice di presentare questa norma ed è anche un segno di fragilità della strategia del Governo. Intanto, è una norma che, esplicitamente, per la stessa ammissione dei massimi esponenti di questo Esecutivo, è di reazione rispetto alle sentenze, alle pronunce della sezione specializzata in immigrazione del tribunale civile di Roma. Quella sezione e quei giudici - tra l'altro più giudici - hanno emesso sentenze sgradite al Governo e il Governo ha reagito, togliendo a quella sezione la competenza di occuparsi della convalida dei trattenimenti disposti dal questore.
Credo che mai si era arrivati così in basso, nel senso che qui lo scontro cercato dal Governo con la magistratura riguarda non il merito di una sentenza, di un'azione giudiziaria o di una inchiesta, ma riguarda addirittura le competenze delle sezioni specializzate. Quindi, la reazione del Governo si abbatte addirittura sull'organizzazione degli uffici giudiziari. Mi sembra che si sia passato il segno, da questo punto di vista. Io mi rifaccio alla scarna nota, ma essenziale, dell'Unione delle camere penali italiane che, certo, non hanno mai risparmiato critiche ai magistrati: l'Unione delle camere penali, rispetto allo scontro fra esecutivo e alla critica, all'attacco, alla polemica che l'Esecutivo ha montato nei confronti di queste pronunce, ha detto che non ha alcun fondamento tecnico, perché i magistrati non avrebbero potuto decidere altrimenti.
Da qui ne discende l'assurdità dell'altra norma principale, quella che era il motivo principale del decreto
Paesi sicuri, cioè elevare di rango normativo la lista dei Paesi sicuri. Persino l'ufficio legislativo del Ministero degli Affari esteri che è stato audito, perché il Governo e la maggioranza non avrebbero trovato altri giuristi in grado di sostenere la bontà di questo modo di intervenire, ha detto che effettivamente, probabilmente intervenire su questo con un decreto non è la cosa migliore, non è la cosa più adeguata. Il problema è che è anche inutile, nel senso che in ogni caso, anche avendo trasformato e trasposto, con un decreto, in norma di legge primaria la lista dei Paesi sicuri, non si può sfuggire né si può togliere al magistrato e alla magistratura il potere-dovere - il potere-dovere - di verificare sul singolo caso specifico effettivamente la situazione materiale di ogni Stato di origine di ogni richiedente che appartenga a Paesi inseriti in questi elenchi. Continuerà ad avvenire in tutti i procedimenti giudiziari in cui l'appartenenza dello straniero a un Paese designato sicuro ha una rilevanza, cioè nelle fasi di convalida del trattenimento, di giudizio e di reclamo contro la sentenza del tribunale.
È a questo punto interessante ricordare all'Aula quali sono i presupposti normativi delle norme dell'Unione europea che permettono la designazione di un Paese come sicuro e si ricorda che sono sovraordinate a quelle del nostro sistema, a quelle nazionali. In questo caso, ci viene in aiuto la direttiva n. 32 del 2013 - anche la Sottosegretaria questa mattina l'ha citata - che stabilisce, e cito: “Un Paese è considerato Paese di origine sicuro se, sulla base dello giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni” per ragioni di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale, “né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.
Quindi, voi non è che per decreto, inserendo l'Egitto nella lista di Paesi sicuri che approvate con decreto, renderete l'Egitto un Paese sicuro. Cioè, questa forza ancora non ce l'ha neanche il Governo italiano, che era quello che doveva inseguire su tutto il globo terracqueo i trafficanti di esseri umani. Non è che inserendo il Bangladesh all'interno della lista dei Paesi sicuri voi renderete, contro ogni evidenza e contro la realtà e non la mia opinione, il Bangladesh un Paese sicuro, o inserendovi il Ghana, o inserendovi la Tunisia, in cui le cronache, ormai quotidiane, ci dicono che le forze di polizia del regime di Saied abbandonano nel deserto donne e bambini a morire e questo è il motivo della diminuzione delle partenze. Ma soprattutto voi avete compilato la lista dei Paesi sicuri a partire dal numero di arrivi che c'erano in Italia di cittadini di quelle nazionalità. Ma ci rendiamo conto dell'assurdità, del capovolgimento della realtà che voi fate? E comunque non basterà, non basterà questo, non sarà sufficiente a rendere sicuri quei Paesi.
Ma in questa discussione generale ci preme smentire un'altra o un'altra menzogna - diciamocela tutta - che abbiamo ascoltato dalla Presidente del Consiglio Meloni, dal Vicepresidente del Consiglio Salvini e, purtroppo, l'abbiamo ascoltata anche stamattina dal collega Urzi', capogruppo in Commissione del primo partito di maggioranza di questo Governo, cioè dire che, a causa delle pronunce del tribunale di Roma sulle richieste di detenzione in Albania, non sarebbe stato più possibile rimpatriare nessuno. È assolutamente falso! La lista dei Paesi sicuri non c'entra nulla con la possibilità di rimpatriare un cittadino. La lista dei Paesi sicuri attiene alla possibilità di esaminare le domande d'asilo di quei cittadini provenienti da quei Paesi inseriti nella lista con procedura accelerata, quindi anche con la detenzione nelle more del giudizio sulla richiesta di asilo.
Questa è la più grande menzogna che è stata detta e ripetuta - questa sì - in tutto il globo terracqueo e rilanciata dall'altra parte dell'Oceano Atlantico da Musk. Quindi, mi sono permesso di dare questa definizione di “emendamento Musk” - e la rivendico - perché penso che renda tutta l'idea di come l'internazionale sovranista, io direi l'internazionale delle palle, l'internazionale delle menzogne, può funzionare, certamente supportata adeguatamente con le piattaforme digitali. Quindi, ci sono fior fiore di editorialisti, di opinionisti che commentano: ma è uno scandalo, non è più possibile. Se adesso i magistrati si rifiutano di riconoscere che un Paese è iscritto nella lista dei Paesi sicuri, allora noi non potremo più rimpatriare. È falso: può benissimo essere respinta la domanda d'asilo di un cittadino che proviene da un Paese non sicuro come può essere accolta la domanda di un cittadino che viene da un Paese non sicuro. Non ha niente a che vedere la lista con l'accesso all'asilo, alla protezione o no; ha a che vedere con la procedura accelerata.
Allora, qual è la cosa che interessa al Governo? Salvare quello che non è più salvabile; non solo la faccia, ma la realtà del centro di detenzione in Albania. Sarebbe più onorevole, a questo punto, dirci chiaramente che forse bisogna cominciare a pensare a un altro uso, a un'altra finalità: una serra per la coltivazione dei carciofi o di altri ortaggi o, magari, anche di cannabis terapeutica, perché ne viene tanta dall'Albania e magari per una volta si fa quella che serve ai malati italiani, ma quel castello di carte illegittime, che è il centro di detenzione in Albania, non regge e voi, per farlo reggere, avete bisogno di forzare le procedure e le leggi. Per questo avete bisogno di blindare la lista dei Paesi sicuri, perché ovviamente quel tipo di detenzione regge solo se c'è un massiccio afflusso alla procedura accelerata.
Tuttavia, la direttiva europea diceva anche un'altra cosa, cioè che non solo che la procedura accelerata che i Paesi possono fare nel rispetto di quei principi si può fare solamente per chi viene da un Paese sicuro, ma diceva anche che non può essere indiscriminatamente applicata alla detenzione nell'attesa dell'esame e deve essere fatta motivandola sul caso specifico. Invece, voi per fare l'Albania avete bisogno di applicare la detenzione in modo massiccio . Vi state rendendo conto che su 1.500 persone che arrivano in un giorno riuscite a farlo su 16 e poi viene anche fuori che 4, a causa dell'altro problema, cioè la fallacia dello , dovete rimandarli indietro. Nove che, poi, diventano 8, ma nella stessa giornata ne sono arrivati 1.400 o 1.500.
Allora, la vera questione qual è? Volete aumentare il numero dei rimpatri? Non lo farete mai con una strategia come quella dell'Albania, che è costosa, che è illegittima, che viola le procedure e viola oggettivamente i diritti delle persone. Se volete aumentare il numero dei rimpatri, dovete aumentare il numero di accordi di rimpatrio con i Paesi di origine. Questo è il lavoro che dovete fare e non costruire una colonia detentiva per stranieri in un altro Paese, che è una roba che - consentitemi - in Europa non si vedeva dalla Seconda guerra mondiale. Non si vedeva dalla Seconda guerra mondiale una colonia detentiva per soli stranieri che un Paese realizza nel territorio di un altro Paese. Chiedetevi il perché.
Poi, c'è tutta l'altra parte. Siamo partiti dalla seconda parte, cioè quella che si è innestata, quella del decreto Paesi sicuri, ma la prima parte doveva essere il decreto Flussi, è il decreto Flussi.
Anche qui, rispetto a quello che sempre ci dice questo Governo, cioè che intende aumentare il numero di ingressi di cittadini stranieri che, per motivi di lavoro, entrano regolarmente nel nostro Paese, ci dispiace, ma con questo decreto Flussi non ci sono norme. Ci sono piccole cose che migliorano, ma sono piccole cose che migliorano proceduralmente, burocraticamente, di fronte alla necessità, ormai non più rinviabile, di una riforma organica e profonda del Testo unico sull'immigrazione, cioè della legge Bossi-Fini.
Perché, mentre noi abbiamo persino Fini che dice che va cambiata la Bossi-Fini, lo dice Fini, lo ha detto il Sottosegretario Mantovano, la Banca d'Italia, il Forum Ambrosetti, tutte le organizzazioni che si occupano in maniera più seria e approfondita, e certo non tacciabili di spirito di parte, del tema dell'immigrazione, del tema dell'andamento demografico, del tema dell'esigenza del nostro sistema produttivo, ci dicono che bisogna aumentare il numero di ingressi, noi abbiamo un sistema, quello basato sul decreto Flussi e sul , estremamente rigido, per cui alla fine meno di un terzo delle domande di accesso che avvengono regolarmente secondo questo sistema si traduce, poi, in un vero contratto di lavoro e in un permesso di soggiorno.
Quindi, noi ormai abbiamo i numeri - ha fatto uno studio approfondito e documentatissimo la rete della campagna , ma lo hanno fatto in molti altri - che dimostrano proprio numericamente, quantitativamente, quello che noi sempre abbiamo sostenuto politicamente, cioè che la legge Bossi-Fini produce irregolari, produce irregolarità. Allora, la prima modifica da fare noi la proponevamo con un emendamento, che è stato respinto, in via sperimentale, anche su un numero ristretto. Ma perché non consentire a chi è rimasto impigliato in questo meccanismo, e, quindi, non essendosi concretizzato il contratto di lavoro, magari gli è scaduto il permesso di soggiorno o non è riuscito a finalizzarlo, ed è nel nostro Paese, ci sta fisicamente, è una persona in carne ed ossa, che problema abbiamo noi, se c'è un datore di lavoro pronto ad assumerlo, a farlo emergere?
Perché noi dobbiamo essere contrari? Solo per un motivo ideologico, perché è una persona che è irregolare, e, allora, dobbiamo fare finta di espellerlo, di rimpatriarlo, di rimandarlo a casa, e poi di chiamarne altri, che i datori di lavoro fanno finta di non conoscere, per farli venire. Questa è una prima modifica che si dovrebbe fare. L'altra modifica che si dovrebbe fare è quella dello , del meccanismo dello , da reintrodurre in generale. Va modificato il meccanismo di incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Dobbiamo uscire da questa schizofrenia per cui le nostre imprese, le nostre aziende e il nostro sistema produttivo ci chiedono un numero maggiore di lavoratori stranieri regolari, ci sono molte persone, migliaia, decine di migliaia, probabilmente centinaia di migliaia di cittadini stranieri che vorrebbero venire in Italia a lavorare e abbiamo una norma che non facilita l'incontro fra queste due esigenze. Noi non sappiamo più come dirlo.
Probabilmente il problema sta anche nel fatto che questa competenza è del Ministero dell'Interno. Probabilmente dovrebbe essere del Ministero del Lavoro e, quindi, essere sgravata di tutto questo approccio e anche di tutta questa tendenza polemica che c'è su questo tema e di scontro politico, che ovviamente ha un suo peso, però questa cosa oggi non funziona. Quindi, la critica di fondo che noi facciamo al Governo - e concludo, Presidente - è che alla fine, con questo provvedimento, il re è nudo, perché vi siete trovati ad avere un provvedimento, il decreto Flussi, che dovrebbe regolare quello che voi stessi dite di volere, cioè l'aumento dei lavoratori stranieri nel nostro Paese, ma questo non avviene.
Dall'altra parte, il decreto Paesi sicuri, con tutte le altre amenità che ho provato a descrivere, che concentra risorse e attenzione sull'ambizione di espellere e di rimpatriare persone, che ha prodotto quello che avete che avete visto. Ma noi lo avevamo previsto, quando abbiamo discusso dell'Accordo con l'Albania. Quando abbiamo discusso in Parlamento la ratifica dell'Accordo, vi avevamo detto esattamente questo: guardate, saranno molte le persone che torneranno dall'Albania in Italia, perché basta elencare le varie casistiche di persone, come chi non è riconosciuto dallo .
A parte che, anche qui, insomma, se voi ammettete che donne, bambini, nuclei familiari e persone vulnerabili non devono andare in Albania, state implicitamente ammettendo che lì c'è un di più di afflizione in quel trattamento, in quella detenzione. Ma allora qual è la motivazione per cui voi mandate alcune persone, dieci persone, in quel luogo, che è oggettivamente un luogo di pura detenzione e di pura afflizione per chi viene detenuto lì, senza avere commesso reati? Si tratta di persone che vengono prese, pescate nel Mediterraneo centrale, in acque internazionali, attraverso operazioni di salvataggio o attraverso operazioni di Polizia, di , e portate contro la loro volontà in Albania, alcune di loro se ne accorgono mentre sono già in arrivo nel porto albanese. Tutta questa costruzione voi l'avete messa in piedi - 16 meno 4, erano 12 la prima volta e 8 la seconda - per 20 persone, e adesso non riuscite più a uscirne.
Capisco, da un punto di vista politico, il problema, però noi ve lo avevamo detto che non avrebbe funzionato. E, siccome non riuscite a uscirne, sostenete che ci sia una congiura della magistratura politicizzata, alla quale, per la prima volta, gli avvocati e le camere penali danno ragione, dicendo che non c'è nessuna congiura e che i magistrati non avrebbero potuto decidere che in quel modo lì, e, siccome non riuscite più a uscirne, modificate la questione dei Paesi sicuri. In nessuna lista di Paesi sicuri stilata da Paesi dell'Unione europea c'è l'Egitto, in nessuna. Abbiamo assistito, alcuni giorni fa, al tribunale di Roma, all'udienza sul caso Regeni, drammatica, e poi ancora ci sono altri casi di cronaca, e voi insistete a dire che ci deve essere automaticamente nei confronti di chiunque venga dall'Egitto una procedura accelerata, cioè una procedura sbrigativa di esame della loro domanda d'asilo.
Ma questo è inaccettabile, è inaccettabile se poi noi chiediamo verità e giustizia per Giulio Regeni, ma è inaccettabile anche e semplicemente se noi leggiamo il sito , curato dal Ministero degli Affari esteri e rivolto ai nostri concittadini, in cui si dice: fate attenzione massima, non parlate di politica neanche al bar, neanche poche battute. State attenti ai luoghi pubblici, non fatevi vedere che fotografate palazzi istituzionali o altro.
Insomma, penso che questo passaggio ci racconti non solo la mancanza totale di strategia del Governo sul tema dell'immigrazione. L'annuncio della Presidente Meloni in quest'Aula è stato: aumentare l'immigrazione legale, lottando contro l'immigrazione illegale. Ecco, voi in questo decreto non aumentate l'immigrazione legale e non riuscite neanche, efficacemente, a lottare contro quella illegale .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Carmina. Ne ha facoltà.
IDA CARMINA(M5S). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, l'immigrazione è una sfida epocale, a cui il Governo continua a dare risposte non adeguate e fallimentari. Oggi siamo in sede di conversione del cosiddetto decreto Flussi, uno strumento di programmazione con cui viene stabilito il numero massimo di cittadini stranieri non comunitari che possono entrare in Italia, e, ancora una volta, il Governo si avvale della decretazione d'urgenza, svilendo di fatto il ruolo del Parlamento. Inutilmente, perché il decreto, per la sua maggior parte, entrerà in vigore a febbraio del 2025, quindi c'era tutto il tempo di poter procedere con un normale iter parlamentare.
Tuttavia, il decreto Flussi risponde alle necessità di programmazione per le quali è sorto? Assolutamente, no. Il numero è insufficiente rispetto alle necessità, sostanzialmente analogo a quello dello scorso anno, nonostante le richieste delle varie categorie produttive, e reca modifiche solo minimali. Ma il Governo persevera nel suo percorso di svilimento ed esautoramento delle garanzie giuridiche costituzionali, prevedendo e preferendo ulteriori e oscuri accordi informali con i Paesi d'origine, quali il programma di interventi straordinari di cooperazione di polizia con i Paesi terzi di importanza prioritaria per le rotte migratorie stabilito dal Ministro dell'Interno, con l'intesa del Presidente del Consiglio dei ministri, per il quale si stanziavano inizialmente 15 milioni di euro, portati a 35 milioni di euro con un emendamento all'articolo 4, in spregio alla garanzia, in termini giuridici, del riconoscimento dei diritti della dignità e della libertà delle persone offese dalla fame, dalla povertà e dalle guerre; e si rivolge magari a Paesi che poi trasportano i migranti nel deserto per farli morire, come ha rilevato nei giorni scorsi , raccogliendo l'appello di migranti, donne incinte e bambini, anche neonati, lasciati a morire nel deserto. Si tratta di 15 milioni di euro, peraltro portati a 35 milioni, di cui 20 sottratti dal fondo della finanza locale, cioè si sottraggono i fondi ai vigili urbani, a quei vigili che dovrebbero garantire la sicurezza nel territorio italiano.
Il percorso che lega il fenomeno migratorio a una questione prevalentemente di ordine pubblico e sicurezza incide sensibilmente anche nel territorio nazionale, a scapito delle misure volte a sostenere l'umanità, la solidarietà, l'integrazione e la convivenza civile, contribuendo ancora una volta a inasprire il clima sociale. Ancora una volta, ci si limita a considerare l'effetto, trascurando le cause dell'emigrazione: guerre, fame, cambiamento climatico e via enumerando. Segnalo, fra l'altro, che il Governo ha mostrato una correlazione fra debito pubblico e presenza dei lavoratori immigrati, considerando, nel DEF 2023, che un aumento di circa il 30 per cento di ingressi di migranti porterebbe a una consistente riduzione del debito pubblico nei prossimi decenni, in particolare, per il soddisfacimento delle esigenze del mercato del lavoro a fronte della denatalità e della prospettiva in ordine alla composizione demografica del nostro Paese. In altre parole, abbiamo bisogno di un aumento di immigrati in Italia per il bene del Paese e non lo diciamo noi, lo dice il Governo, l'ha scritto Giorgetti nel DEF del 2023. Quindi, tutto questo accanimento è a danno del sistema Italia.
Evidenzio solo alcune criticità del provvedimento, che peggiora le modalità di riconoscimento del permesso di soggiorno per casi speciali alle vittime di sfruttamento lavorativo, interviene nuovamente e in assenza di fondamento logico sulle condizioni che certificano idonei i salvataggi in mare e sui termini di impugnazione dei provvedimenti di fermo delle navi, portati da 60 giorni a 10 giorni soltanto, e sulle modalità con le quali gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza possono acquisire, quando in modo del tutto discrezionale è ritenuto necessario, informazioni utili ai fini dell'identificazione degli stranieri, accedendo con immediatezza, anche ai fini della conoscenza dei Paesi di precedente soggiorno e transito, ai dati identificativi dei dispositivi elettronici e delle eventuali schede elettroniche, SIM o digitali, in possesso dello straniero, nonché ai documenti, anche video e fotografici, contenuti nei medesimi dispositivi. È vero che è richiesta la convalida del giudice per le operazioni di polizia, ma solo successivamente al loro compimento, di fatto, avendo già privato e leso la dei migranti. Vi sono poi nuovi ipotesi di respingimento, c'è la questione dell'abrogazione della fattispecie di riconoscimento del permesso di soggiorno al lavoratore straniero che denuncia la condizione di vittima di grave sfruttamento del lavoro. Non solo, non si tiene conto che, semmai questi dovesse contribuire utilmente, per come richiesto, all'emersione dei reati e all'individuazione dei responsabili, si dovrebbero prevedere misure di assistenza, tutela e protezione di questo straniero che ha denunciato. Invece, nulla si fa. Vengono ridotti i diritti di difesa da 60 a 10 giorni - ho già detto -, il termine entro quale impugnare il provvedimento di fermo amministrativo delle navi, un provvedimento di pura ostilità, finalizzato a ostacolare un esercizio di un diritto fondamentale, quale il diritto alla difesa, garantito dalla Costituzione, contro chi opera poi, alla fine, salvataggio in mare, spesso sostituendosi e venendo in ausilio delle forze dei corpi della Capitaneria, che effettuano salvataggi in mare. Parimenti, c'è la riduzione dei termini, da due settimane a una, per il ricorso contro il rigetto della domanda ai richiedenti asilo. È lecito pensare che questo porrà in grande difficoltà, eventualmente, i migranti trattenuti in Albania.
Ma, allora, se il decreto Flussi non risponde alle richieste di programmazione dei flussi irregolari, qual è la ? Qual è la vera utilità per il Governo Meloni?
Come il decreto sia stato trasformato, anche nella sua finalità e rispetto alla sua natura, si evince dalla fase emendativa e risponde, in verità, all'esigenza del Governo di mettere una pezza ai suoi provvedimenti fallimentari, pezza spesso peggiore del buco. Spesso è questo, specie con riguardo al caso Albania, da cui si evince quanto dannoso sia questo Governo all'Italia.
Si prevede un miliardo di euro in cinque anni, sottratto ad altre spese, molto più utili, urgenti e necessarie per il popolo italiano; costi non giustificati dai numeri - e lo stiamo vedendo nei fatti quanto siano risibili i numeri degli stranieri che si possono portare in Albania - e poco trasparenti, perché sono stati secretati, voi lo sapete, gli appalti. Quindi, non viene consentito neppure agli italiani di sapere come sono spesi questi soldi, questi loro soldi in Albania. Mentre, se fossero spesi in Italia, ci sarebbe la necessaria trasparenza.
Quindi siamo senza legge, il dell'Albania. È inutile, lo posso dire con chiarezza, perché non solo sono l'ex sindaco di Porto Empedocle, ma sono andata a fare l'ispezione al centro di trattenimento migranti per le procedure di frontiera a Porto Empedocle, dove era trattenuto solo un migrante, ne sono stati trattenuti pochissimi; centro sostanzialmente inutilizzato, quindi che senso ha avuto portare con la - vai e vieni - una decina di persone, prevedere il rientro, spendere centinaia di migliaia di euro, quando a Porto Empedocle c'era un centro vuoto, costruito, edificato quest'estate in fretta e furia, per tre milioni di euro, anche questi inutilizzati? Per non dire che si sottrae sicurezza utile all'Italia, perché tutti questi agenti sono con le braccia conserte in Albania, a non far nulla, a spese dei contribuenti, quando in Italia c'è un'esigenza enorme di maggiore sicurezza, c'è un aumento delle rapine per il 23 per cento quest'anno. Sono aumentati dell'8 per cento i casi di femminicidio e oggi è la Giornata contro la violenza sulle donne e noi teniamo agenti, che potrebbero essere utili ed intervenire, in Albania a fare niente.
Ma vi sembra giusto e corretto tutto questo? Io penso che voi ne dovreste rispondere e, quindi, in questo provvedimento, che cosa si fa?
Con un emendamento si accorpa il decreto che definiva i Paesi sicuri; e la definizione di Paesi sicuri serve solo ed esclusivamente a queste procedure accelerate di frontiera. Infatti, già in sé, , il fatto che si provenga da un Paese definito sicuro elimina la necessità di approfondire la provenienza del migrante e, quindi, già ci si predispone per il rigetto della protezione internazionale. Dunque, si avvia poi la procedura di rimpatrio.
La Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito i principi chiave riguardanti la designazione dei Paesi di origine sicura per le richieste di protezione internazionale e sostiene che un Paese può considerarsi sicuro solo a due condizioni. La prima: che l'intero - ribadisco l'intero - territorio soddisfi i criteri di cui alla direttiva 2013/32/ UE, cioè che si tratti di un Paese rispettoso dei diritti umani, in cui non ci sia guerra e via enumerando, senza la possibilità di designare sicure solo alcune parti del Paese. Seconda cosa: la Corte di giustizia dell'Unione europea esige che i giudici nazionali debbano garantire che, in ogni caso, quand'anche questo Paese venga definito legislativamente sicuro, esso venga valutato in modo completo , cioè nella situazione attuale, prendendo in considerazione tutti gli elementi, di fatto e di diritto, rilevanti anche se non esplicitamente evidenziati dal richiedente asilo. Quindi, qualora anche il soggetto non evidenziasse le ragioni, il giudice è tenuto a verificare se si tratti un Paese di sicuro. La Corte ha anche sottolineato che l'inclusione di un Paese nella lista dei Paesi sicuri non può essere automatica, ma richiede sempre un'analisi dettagliata della situazione del territorio, delle eventuali violazioni di diritti umani.
Quindi, le decisioni dei giudici non possono basarsi unicamente sulla designazione di un Paese sicuro da parte della legge di uno Stato, di una fonte primaria di qualunque Stato dell'Unione europea; quindi, è perfettamente inutile che voi abbiate messo in un emendamento questo elenco di Paesi sicuri per giustificare il trasporto in Albania di persone che provengano da questi Paesi, senza considerare l'inutilità e lo spreco di tutto ciò.
Infatti, le verifiche vanno fatte dai giudici caso per caso e - questo lo sa bene chi ha un minimo di cultura giuridica - esiste una gerarchia delle fonti, cui i giudici sono tenuti ad attenersi in virtù del rinvio dell'articolo 11 della Costituzione, trattandosi di norme comunitarie a cui noi abbiamo aderito per via del Trattato istitutivo dell'Unione europea.
Ora, se i magistrati non potevano decidere diversamente, appare indegno prendersela con i giudici - che svolgono il proprio lavoro e che fanno il proprio dovere al servizio dello Stato, ossia applicare le norme -, additarli o esporli al pubblico ludibrio, quando invece hanno solo compiuto il loro dovere. Da siciliana, terra di eroi, di magistrati che hanno versato il proprio sangue per la lotta alla mafia, ancor più mi indigna che i magistrati siano messi in pericolo non dalla criminalità, non dalla mafia, ma da questo Governo ! È assurdo! Io ho conosciuto alcuni di questi: ho conosciuto Livatino, Falcone e tanti altri uomini delle Forze dell'ordine che sono morti per la tutela, come servitori dello Stato. Non è ammissibile che un Governo si ponga contro un'altra istituzione e un potere della Repubblica. Fra questi magistrati che voi avete additato e rispetto ai quali avete determinato che sia sorto un così grave pericolo nei loro confronti da dover essere scortati, ce n'è qualcuno che ha fatto la lotta alla mafia in prima persona; e ce n'è qualcuno - non voglio fare il nome, anche se lo conosco - che addirittura ha portato all'arresto di Bernardo Provenzano. Queste persone voi additate! E, secondo me, questa è una grandissima vergogna per il Governo Meloni .
Allora, cosa servirebbe? Servirebbe veramente la riforma della legge Bossi-Fini, coinvolgere l'Europa, superando il Trattato di Dublino, perché alimentare egoismi sovranisti con la chiusura delle frontiere non fa che creare un imbuto per l'Italia. Infatti, l'Italia è una via di passaggio, non tutti vorrebbero stare in Italia, ma con la chiusura e con gli egoismi tutto viene chiuso e la situazione non farà che peggiorare, perché le guerre in atto - non so se qualcuno vi abbia fornito il dato - porteranno 2 miliardi di profughi in giro per il mondo, e noi siamo lo Stato di più facile accesso. Occorre, quindi, operare per la pace affinché non vi siano guerre in alcuna parte del mondo.
In ultimo, oggi è la Giornata contro la violenza sulle donne. Ribadisco a tutte che c'è il numero 1522 a cui potersi rivolgere. Però, vorrei esprimere anche la mia indignazione nei confronti delle parole di Valditara, il Ministro dell'Istruzione, che ha offeso la memoria di Giulia Cecchettin, asserendo che l'incremento del fenomeno della violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da un'immigrazione illegale. Non solo è falso, perché la rete dei centri antiviolenza italiana ha stabilito che solo il 26 per cento dei reati contro le donne, dei femminicidi, avviene per mano di un immigrato, ma è anche il propagare di una mentalità e di una cultura razzista, inaccettabile per il nostro Paese, che si fonda sul principio di uguaglianza, di cui all'articolo 3 della Costituzione. Ed è inaccettabile anche per chi si professa cristiano, questo cristianesimo tante volte sbandierato, perché nella lettera ai Galati, San Paolo afferma: in Cristo Gesù non c'è né uomo, né donna, né schiavo, né libero, ma siamo tutti uno in Cristo, perché la fratellanza è universale per l'essere umano.
Fra queste donne, uccise non da un immigrato ma da un italiano, ce ne sono due recentemente uccise nella mia provincia, e le ricordo oggi per non nominare quell'elenco infinito, e sono: Lorena Quaranta, giovanissima di Favara, uccisa da Antonio De Pace, picchiata con calci e pugni e poi strangolata; e Patrizia Russo, una mia amica insegnante, uccisa solo un mese fa dal marito nella provincia di Alessandria. Ed è in nome di queste donne che io vi invoco di smetterla con questi ragionamenti razzisti .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Scarpa. Ne ha facoltà.
RACHELE SCARPA(PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, è l'ottavo decreto sul tema immigrazione che questo Governo emana in due anni. Abbiamo avuto 17 diversi interventi normativi sul tema dell'immigrazione, e oggi siamo all'ultimo capitolo di questa frenetica storia di produzione normativa, un record senza precedenti. E io credo, appunto, che non sia un caso che l'ultimo capitolo stia venendo scritto in fretta e furia proprio in queste settimane in cui assistiamo, un pezzo alla volta, al clamoroso fallimento della cinica operazione Albania.
Se questo decreto flussi, infatti, inizialmente doveva limitarsi - come ormai è abitudine - alla sola riforma della logora programmazione dei flussi di ingresso al lavoro, ormai è chiaro che è diventato molto altro. È diventato molto altro con un ulteriore atto estremo della triste prassi di svilimento del Parlamento a cui ci avete abituati, per cui un intero decreto (il decreto Paesi sicuri) è confluito all'interno di questo provvedimento. Anche tante norme sono state inserite all'ultimo, con degli emendamenti e dei subemendamenti da parte del Governo e da parte della relatrice, che hanno profondamente cambiato l'omogeneità e il senso complessivo del provvedimento e che, ovviamente, hanno bypassato - come veniva correttamente detto prima - il doveroso controllo del Presidente della Repubblica e, talvolta, anche il passaggio in audizione.
Voglio inizialmente limitarmi, anche con spirito costruttivo, al tema effettivo di questo decreto, gli ingressi per lavoro: incalzato dalla realtà economica di un Paese con crescente carenza di manodopera, qualificata e non, il Governo interviene con alcuni piccoli miglioramenti, che non toccano, però, purtroppo un quadro generale, che resta gravemente inadeguato. Ci sono alcune occasioni limitate in cui, in questo decreto, la forza della realtà sfonda quello che finora avevamo conosciuto come un muro di ideologica chiusura: viene annunciata, ad esempio, la volontà - è stata ribadita anche dalla Sottosegretaria - di superare il famigerato sistema dei , con cui i datori di lavoro possono presentare le richieste di nulla osta al lavoro.
Certo, è un primo passo debole verso superamento del , già con la vecchia normativa flussi era possibile aprire più di una finestra temporale, il che è sicuramente positivo. Anche questa novità della precompilazione è limitata, con scadenza il 30 novembre, e già al momento vediamo che le richieste di precompilazione sono poche, probabilmente anche perché sono normate da regole non chiare e demagogiche. Su questo mi sento di dirvi: continuiamo, colleghi, continuiamo perché andare verso il superamento dei e una continuità nella possibilità di presentazione delle domande nel corso dell'anno, senza irrazionali cesure temporali, è sicuramente la direzione in cui andare.
Poi c'è l'ingresso, nel 2025, al di fuori delle quote, di 10.000 persone da impiegare nel settore di assistenza familiare o sociosanitaria a favore di disabili o degli anziani. Anche qui, un'altra volta, è la realtà di un Paese con una demografia che cambia e che aumenta molto le sue necessità e i suoi bisogni di cura, che sbatte contro quella che, fino a qualche anno fa, era la retorica irremovibile dei porti chiusi, del blocco navale e di tutte le amenità con cui avete vinto le elezioni, cose che non possono in alcun modo coincidere con la realtà della complessità dei fenomeni migratori e della loro gestione, e di questo fa piacere che si cominci, almeno in parte, con misure provvisorie, estemporanee e comunque limitate, a prendere atto.
La terza novità su cui cerco di essere costruttiva è l'introduzione di una nuova tipologia di permesso di soggiorno per gli stranieri vittime di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, da rilasciare alle vittime. C'è un limite grande: questo permesso potrà essere fruito solo da colui che contribuisca utilmente all'emersione dei fatti e all'individuazione dei responsabili. È un'impostazione che, a mio parere, è assai discutibile, in quanto molti lavoratori sfruttati, pur collaborando alle indagini, potrebbero non apportare contributi significativi e restare irragionevolmente esclusi, e perché comunque una persona che sta in una situazione grave di sfruttamento difficilmente, talvolta, ha i mezzi per contribuire a denunciarla e farla emergere, altrimenti, probabilmente, non si troverebbe in una situazione di ricatto.
Questi modestissimi passi nella giusta direzione non intaccano, purtroppo, il punto di fondo che, nel tempo, ha portato a una profonda discrepanza tra il sistema legale di ingresso e quello reale. C'è un elefante nella stanza ed è l'assenza di un meccanismo che consenta l'effettivo incontro in Italia tra domanda e offerta di lavoro da parte dei cittadini stranieri. Nessun datore di lavoro, italiano o straniero, che non sia parente del futuro lavoratore o che non ne abbia una diretta conoscenza, può ragionevolmente vincolarsi a una persona che non ha mai conosciuto e che non ha mai potuto mettere alla prova.
Lo sappiamo tutti, la gran parte dei lavoratori stranieri che vengono assunti tramite il decreto Flussi si trova già in Italia e non nei Paesi di origine: lavorano in nero, in condizioni più o meno gravi di sfruttamento, con lo stesso datore di lavoro che fingerà di chiamarli dall'estero oppure con altri datori di lavoro. Questo realizza certamente un'emersione del lavoro nero, ma difficilmente possiamo dire che corrisponda a gestire correttamente i flussi migratori, come il nome del decreto, ogni anno, sembra voler suggerire.
Questa irrazionalità dell'attuale meccanismo di disciplina degli ingressi degli stranieri extra UE per motivi di lavoro è la prima ragione che produce ciò che il Governo vorrebbe contrastare con queste nuove norme, cioè il fenomeno della compravendita di un finto contratto di lavoro da parte di uno straniero che, in mancanza di strade legali accessibili, con questa strategia cerca di venire in Italia, evitando le pericolosissime rotte della morte. Dispiace dirlo, ma le misure messe in atto anche questa volta sono dei palliativi e non spengono questa fucina di irregolarità.
Non penso che sia utile aggrapparci in continuazione, anno dopo anno - sono, ormai, quasi due anni e mezzo di Governo -, al fatto di dire “voi cosa avete fatto prima, e chi governava…”. Dobbiamo porci il problema così come è al momento attuale. Dovremmo cambiare paradigma e prevedere, ad esempio, soluzioni diverse. Immagino che una potrebbe essere la possibilità di ingresso nel nostro Paese per ricerca di lavoro, magari. Questo, a differenza delle misure di cui discutiamo oggi, creerebbe attivamente regolarità. Creare regolarità vuol dire creare sicurezza, e questo è sicuramente un interesse che appartiene ad entrambe le parti che, dialetticamente, si scontrano in quest'Aula.
Dunque, se siamo d'accordo almeno su questo, colleghi, dovreste riconoscere che in questo decreto Flussi, ad un passo avanti fatto, se ne sommano tre o quattro fatti indietro. Ben frullate nel testo, come dicevo prima, ci sono, come siamo abituati a veder fare, le numerose modifiche inserite all'ultimo dalla maggioranza in Commissione. Tutte modifiche volte, in un modo o nell'altro, a mettere toppe sui buchi normativi creati dalla propaganda di Governo con l'operazione Albania oppure a comprimere sempre di più l'esercizio del diritto d'asilo, compromettendo per tante e tanti la possibilità di regolarizzarsi, e, dunque, di creare, per noi e per loro, sempre maggiore sicurezza.
Una modifica su tutte, forse la più becera, sicuramente la più triste, si trovava in un emendamento della Lega, uno degli ultimi votati in Commissione tra gli accantonati, forse a testimonianza del fatto che anche alcune e alcuni di questa maggioranza sentivano un certo disagio nel votare questa norma. Si cambia in senso restrittivo il ricongiungimento familiare. Per i titolari di permessi di soggiorno non rilasciati in seguito al riconoscimento della protezione internazionale si introduce un requisito di 2 anni di soggiorno legale ininterrotto per ricongiungersi con i coniugi, con i figli maggiorenni oppure con i genitori a carico; anche i requisiti abitativi diventano più rigidi, includendo verifiche specifiche sulla condizione degli alloggi.
Insomma, ostacoli burocratici che rischiano attivamente di frantumare le famiglie, sommando difficoltà su difficoltà, laddove, invece, si dovrebbe, probabilmente, aiutare per regolarizzare e per stabilizzare. Il principio di unità familiare è riconosciuto a livello internazionale e nazionale, e dovrebbe essere proprio questa maggioranza a farsene carico e a tenere più di ogni altra cosa alla famiglia, difendendola ad ogni costo. Spiace, invece, vedere e constatare come questo principio si applichi in maniera selettiva solo a una categoria di persone, mentre per qualche altra categoria di persone vada, invece, ostacolato. In Commissione, nonostante si respirasse un'aria di pesantezza, per cui era evidente che almeno un pezzo della maggioranza era profondamente a disagio nel votare questa cosa, purtroppo non è volata una mosca.
Evidentemente si è preferito bypassare il principio di unità familiare in nome dell'unità della maggioranza. Spero che ne sia valsa la pena. Voglio che sia chiaro e che risuoni anche in quest'Aula che creare delle barriere, che siano fisiche o burocratiche, non previene la volontà e il bisogno delle persone di migrare o per sopravvivere o per ricongiungersi ai propri familiari. L'andare verso la propria famiglia è una delle forze che traina le persone attraverso il mare, attraverso le difficoltà, attraverso viaggi estenuanti. Non sarà il vostro ostacolo burocratico a limitare questo fenomeno. Il vostro ostacolo burocratico, così come qualsiasi barriera, non farà altro che rendere questi viaggi più pericolosi. Voglio che sia chiaro che, nel momento in cui voi intervenite sui ricongiungimenti familiari, andate ad aumentare questo pericolo per le donne, i bambini e gli anziani, che dovrebbero viaggiare per ricongiungersi al padre, che, potenzialmente, lavora in Italia. Queste sono le persone che esponete al pericolo, rendendo più complessi i ricongiungimenti familiari. Lo sa Forza Italia, lo sanno tutte le forze di maggioranza e mi sorprende veramente che nessun parlamentare di destra, nella libertà della sua coscienza, sia riuscito a votare contro questa cosa, che era una marchetta concessa alla Lega in Commissione.
Sempre in tema di asilo, ci sono altre norme che sono preoccupanti, perché continuano ad aumentare i casi in cui si può ricorrere a procedure accelerate. Si stabilisce che chi presenta domanda di protezione oltre 90 giorni dal suo ingresso, senza giustificato motivo, sarà sottoposto a un esame accelerato della domanda e, quindi, con una tendenziale esclusione dal sistema di accoglienza. Questo meccanismo, che si applicherà anche in caso di domande reiterate, rischia di negare protezione a persone che, per ragioni spesso non dipendenti dalla loro volontà, non riescono a rispettare queste tempistiche. Ancora ostacoli e ancora precarietà, che si vanno ad aggiungere a situazioni già difficili. Significa creare attivamente irregolarità. Ma non era il contrario del vostro obiettivo, colleghe e colleghi?
Ma forse la cosa più assurda di tutte, la più priva di senso - e almeno lo dico per me, che vengo dal Veneto - è il voler riformare il sistema di accoglienza, riservandolo prioritariamente ai migranti soccorsi in mare. Quindi, vengono esclusi tutti coloro che, magari, attraversano rotte altrettanto pericolose via terra, oppure quelli che giungono in Italia attraverso mezzi di fortuna. Una misura discriminatoria, che ignora deliberatamente la molteplicità delle storie di migrazione, le sofferenze delle persone migranti, e che riduce l'accoglienza a un privilegio per pochi: una prova deliberata e manifesta dell'abissale ignoranza di questa maggioranza sul che cosa voglia dire per una persona migrare e di come avvengano le migrazioni. Mi chiedo, sinceramente, se le regioni del Nord-Est, amministrate dal centrodestra, che si trovano alle porte della rotta balcanica, siano d'accordo con questo provvedimento. Mi chiedo se lo siano i comuni, alle cui porte queste persone, che intraprenderanno il viaggio a prescindere da quello che voi fate, busseranno, e che si troveranno in gravissima difficoltà, visti anche tutti i tagli alle risorse sull'accoglienza gestita dai comuni fatti con questa legge di bilancio ma anche con i provvedimenti scorsi. State gettando potenzialmente nel caos le città di tutto il Nord-Est e non si capisce in quale modo questa cosa dovrebbe provocare sicurezza o corrispondere alla gestione di un fenomeno.
Quindi, con una mano si limita l'accoglienza a chi viene salvato in mare e con l'altra si continua - perché ormai sembra essere uno sport nazionale - con la criminalizzazione della solidarietà. Le norme proposte confermano quello che è un vero e proprio fastidio, neanche più celato, del Governo per chi soccorre e anche sorveglia il mar Mediterraneo. C'è l'ennesimo inasprimento delle sanzioni amministrative e dei fermi per le imbarcazioni ONG, c'è la stretta sul soccorso aereo e l'estensione della responsabilità solidale anche agli armatori e ai proprietari, ma c'è anche la secretazione delle informazioni relative all'equipaggiamento fornito a Stati terzi per il controllo delle frontiere e dei flussi migratori. Si punta a classificare e a rendere inaccessibili alla società civile e ai cittadini le informazioni e i contratti relativi alla fornitura dei mezzi per il controllo delle frontiere in Paesi come la Tunisia e la Libia, dove le autorità responsabili del pattugliamento - e lo sappiamo dalla cronaca - sono state riconosciute, purtroppo, responsabili di gravissime violenze, torture e abusi.
Sono anni che la società civile denuncia gravi illeciti su questo fronte, in cui, purtroppo, alcune responsabilità sono anche dell'Unione europea e dell'Italia, e l'accesso alle informazioni, che già era fortemente limitato, è stato fondamentale per ricostruire le corrette catene di responsabilità. È un diritto dei cittadini italiani avere accesso trasparente a queste informazioni. Altrimenti, come possono l'opinione pubblica e il Parlamento esercitare il dovuto controllo su operazioni così delicate? Secretare questo tipo di informazioni non è solo grave, ma equivale, a mio modesto parere, a costruire un sistema di impunità in un Mediterraneo che continua a essere teatro di morte, senza che questa diventi la preoccupazione primaria di nessuno, purtroppo, all'interno di questo Governo.
Ci sono, poi, altre cose all'interno di questo decreto. Si amplia la composizione delle commissioni territoriali e della commissione nazionale, con funzionari amministrativi di dubbia preparazione specifica…
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.
RACHELE SCARPA(PD-IDP). Presidente, sì, se può richiamare. Io mi fermo, tanto non ho fretta.
PRESIDENTE. Un attimo, un attimo, onorevole. Colleghi, per cortesia, è l'ultimo intervento. Ascoltiamo, per favore. Prego, onorevole.
RACHELE SCARPA(PD-IDP). Come dicevo, si amplia la composizione delle commissioni territoriali e della commissione nazionale, con funzionari amministrativi di cui è legittimo dubitare la preparazione specifica. Il diritto dell'immigrazione è una materia difficile, colleghi. Anche qui si è arrivato a sostenere, su più fronti, che è un qualcosa su cui ci si può preparare tranquillamente da un giorno all'altro. Quindi, tanto sulle commissioni quanto sulle corti d'appello mi sembra che qui manchi un po' di senso di realtà sulla complessità e la necessità di specificità di preparazione di chi si occupa di queste materie. Questo cambiamento della composizione delle commissioni territoriali potrebbe, credo, compromettere la qualità delle decisioni in materia di riconoscimento della protezione internazionale e aumentare il rischio di errori e violazioni dei diritti umani. Una gestione superficiale di questi provvedimenti rischia, in ultima battuta, di ledere il diritto fondamentale alla protezione.
Da non sottovalutare anche l'introduzione di una disciplina per l'ispezione dei dispositivi elettronici dei migranti a fini identificativi. Sebbene, per carità, si escluda la corrispondenza, il rischio di violazione della è evidente. Questa misura potrebbe configurarsi come una compressione sproporzionata dei diritti fondamentali in un contesto in cui le garanzie di trasparenza e tutela dei dati personali non sono, purtroppo, sempre assicurate.
Infine - ed è eclatante in questo senso -, il trasferimento della competenza per la convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo dalle sezioni specializzate dei tribunali alle corti d'appello. I rischi di ingolfamento e di stravolgimento del sistema di garanzie ci sono tutti e sono stati denunciati, a gran voce, da più attori, compresi, insomma, proprio 26 presidenti delle corti d'appello. Le sezioni specializzate, non a caso, erano state istituite proprio per creare una competenza specifica in materia di immigrazione e protezione internazionale e le corti d'appello, già sovraccariche, si troverebbero a gestire procedimenti urgenti senza avere la necessaria specializzazione. Si rischiano complessità procedurali che rischiano di allungare i tempi di decisione e di limitare l'accesso eccessivo alla giustizia.
Noi, in Commissione, l'abbiamo chiesto ripetutamente ai colleghi di maggioranza. Perché questa cosa? Esiste un motivo reale, dato dai fatti, che non sia frutto di arbitrio? Perché spostare competenze da giudici specializzati a corti generaliste? Perché rischiare di rallentare ulteriormente un sistema già in affanno? L'unica risposta che abbiamo avuto è stato un desolante silenzio, che ha caratterizzato tutto l'esame del provvedimento in Commissione da parte della maggioranza.
Allora, penso vada chiarito forte, qui in Aula, che questa misura, arrivata puntualissima dopo il secondo Albania, sembra proprio rispondere più a logiche di controllo che a reali esigenze di efficienza giudiziaria e appare a tutti gli effetti un tentativo di aggirare le garanzie giurisdizionali per salvare un'operazione di propaganda indegna e costosissima, per cui il Governo, forse, dovrebbe solo limitarsi a chiedere scusa agli italiani che hanno pagato e a quelle venti persone che hanno subito un inutile deportazione in Albania, per poi venire puntualmente trasferite in Italia. C'era solo un modo, credo, per aggirare - nel modo in cui attivamente tuttora tentate di fare - le sentenze europee e il diritto internazionale: uscire dall'Unione europea.
Se siete pronti ad affrontare la conseguenza immediata della vostra propaganda politica, allora possiamo parlare di quello, almeno lo faremo con l'onestà e la trasparenza che dobbiamo agli elettori e ai cittadini italiani. Se, invece, pensate di poter piegare il diritto internazionale ed europeo ai vostri comodi politici, ci troverete sempre dall'altra parte e per me sarà sempre una medaglia ricevere attacchi, perché ho difeso il diritto comunitario e i diritti umani, nel pieno rispetto della legge internazionale. L'avete chiamata “lotta alla clandestinità”, l'avete chiamata “difesa dei confini”: era uno spreco di un miliardo di euro per portare una ventina di disgraziati in Albania. Avete detto che sarebbe stato un modello di gestione dell'immigrazione dei flussi: evidentemente, non lo è. Ostinarsi in questo senso è mentire al popolo italiano e io spero che ci sia consapevolezza di questo. Ma se vogliamo parlare davvero della gestione reale dei flussi - e penso che dobbiamo sforzarci di farlo, anche con opinioni così diverse -, se vogliamo ragionare sulla legittima esigenza di sicurezza dei cittadini italiani e sul loro sacrosanto diritto di vedere i loro contributi investiti bene, allora, colleghi, noi ci siamo.
Studiamo insieme un meccanismo, che sia sempre accessibile, di emersione su base individuale a fronte della disponibilità di assunzione da parte di un datore di lavoro o di un effettivo radicamento nel territorio di persone straniere, senza dover ricorrere ogni anno a misure straordinarie. Studiamo un meccanismo che funzioni e che consenta il rispetto dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici di origine straniera e delle esigenze del mondo produttivo, nonché delle famiglie.
Superiamo la normativa odierna che non è solo irrazionale, ma è anche intrinsecamente criminogena, in quanto strutturalmente basata su artifizi, illegalità e finzioni alle quali chiunque voglia entrare in Italia per lavoro non può sottrarsi, perché, su questa base strutturale di illegalità, ogni degenerazione è possibile e ci sono casi che parlano da soli: penso, primo tra tutti, al caso di Satnam Singh.
Regolarizziamo, perché regolarità vuol dire sicurezza. Facciamoci carico della sfida dell'immigrazione e finiamola, una volta per tutte, con leggi che, votate a colpi di fiducia, scaraventano ai margini migliaia di persone che poi restano a vivere in strada, senza un modo di sopravvivere o uno scopo da perseguire.
Dietro ogni articolo e dietro ogni emendamento approvati, ci sono storie, volti e vite che meritano il nostro rispetto e con questo decreto, purtroppo, si consente solo il minimo indispensabile di ingressi regolari, ma non servirà a nulla, se parallelamente continuate a infoltire la giungla che separa una persona straniera da una sistematica possibilità di regolarizzarsi.
Abbiamo visto, in questi anni, che usare l'immigrazione come terreno di propaganda può avere conseguenze drammatiche sulla vita di migliaia di persone e sulla coesione sociale nel nostro Paese.
Io credo che continuare a non comprenderlo non sia più sostenibile e spero veramente che, in questo senso, possano esserci ravvedimenti .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Si prende atto che la relatrice e la Sottosegretaria rinunciano alle repliche.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge .
Avverto che la Commissione Bilancio ha espresso il prescritto parere , che è in distribuzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire, sull'ordine dei lavori, il presidente della Commissione affari costituzionali, l'onorevole Nazario Pagano. Ne ha facoltà.
NAZARIO PAGANO, Grazie, Presidente. Con riferimento al testo licenziato dalla Commissione, purtroppo è emersa l'esigenza di adeguare la disposizione transitoria, di cui all'articolo 19, alla luce delle modifiche introdotte in sede referente al Capo IV del testo medesimo. Pertanto, chiedo un rinvio del provvedimento in Commissione, all'esclusivo fine di modificare il testo nei termini dell'emendamento 19.1000 Urzì, presentato in Assemblea, sul quale il Comitato dei nove ha già espresso parere favorevole, in modo da riprendere poi l'esame del provvedimento in Assemblea, qui, dopo due ore dal rinvio.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico senza registrazioni dei nomi, decorre da questo momento il termine di preavviso di 5 minuti previsto dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. Colleghi, avverto che non sto sospendendo la seduta, si tratta solo del preavviso di 5 minuti. Se ci sono interventi, altrimenti consideriamo l'unanimità sulla proposta dell'onorevole Nazario Pagano, in caso contrario, dovete alzare la mano ed eventualmente intervenire.
Sulla proposta di rinvio in Commissione, nei termini precisati dal presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Nazario Pagano, darò ora la parola, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, a un deputato contro e ad uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno. Non essendoci l'unanimità, chi chiede di parlare contro? Ha chiesto di parlare contro la deputata Alifano. Ne ha facoltà.
ENRICA ALIFANO(M5S). Grazie, Presidente. Noi siamo proprio contro questa proposta di rinvio in Commissione. Tra l'altro stamattina si è riunito il Comitato dei nove e sono state espresse, proprio dalla sottoscritta, molteplici perplessità in relazione a questo emendamento presentato all'ultima ora. Di fatto, si finisce con l'innovare nuovamente questo testo normativo, dal momento che si incide su procedimenti e su provvedimenti assolutamente diversi e questo non può che generare molteplici perplessità. Ma perché tutto ciò? Tutto ciò perché, all'ultimo momento - come oramai è notorio, è stato detto anche in discussione generale -, all'interno di questo provvedimento, è stato inserito, ahimè, anche il decreto Paesi sicuri.
Però, voglio dire: il diavolo fa le pentole, ma non fa i coperchi. Non si riesce a capire come le disposizioni transitorie, previste all'articolo 19 - adesso innovato dall'emendamento a firma di Iezzi -, possano normare su procedimenti che riguardano l'esame delle domande per il riconoscimento della protezione internazionale e anche su provvedimenti di trattenimento o di proroga di trattenimento dei richiedenti la protezione internazionale, in sostanza, per risolvere, in questo modo, il caso Albania. Noi siamo assolutamente contrari e pensiamo che, invece, l'esame debba essere di necessità posto in Aula.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Alifano. Qualcuno vuole intervenire a favore? No. Allora, essendo giunte alla Presidenza richieste di poter svolgere ulteriori interventi, ai sensi dell'articolo 45 del Regolamento, darò la parola a un deputato per gruppo per 5 minuti. Ha chiesto di parlare la deputata Bonafe'.
SIMONA BONAFE'(PD-IDP). Grazie, Presidente. Anch'io ho chiesto di intervenire perché anche noi siamo contrari, Presidente, a queste continue forzature e modalità di lavoro che, anche all'interno della Commissione affari costituzionali, non ci hanno permesso di condurre un ordinato sviluppo dei lavori.
Questo è un decreto nato male. È nato, intanto, con una prima forzatura che è stata quella di portare, con un emendamento del Governo, un decreto, che era già stato incardinato al Senato, all'interno del decreto Flussi, mentre la discussione sul decreto Flussi era in corso. Questa l'abbiamo vissuta anche come una lesione delle prerogative dei parlamentari perché già oggi molto probabilmente verrà messa la fiducia e noi continuiamo a lavorare sui decreti-legge. Insomma, l'abbiamo vissuta come una lesione delle nostre prerogative perché già abbiamo poco tempo per esaminare un decreto; in questo modo è stato ulteriormente ridotto il tempo per poter esaminare il decreto. E non solo, in questo modo non abbiamo nemmeno potuto porre le pregiudiziali di costituzionalità, visto che per noi questo decreto Paesi sicuri, trasferito poi con un emendamento del Governo all'interno del decreto Flussi, era pure incostituzionale. Detto questo, è stato un decreto che è andato avanti così, è andato avanti a colpi di forzature, a colpi di nuovi emendamenti presentati dal relatore.
Quindi, siamo contrari a questa modalità di lavorare; siamo contrari a una modalità che non ci mette nelle condizioni di sviluppare una discussione ordinata all'interno della Commissione e anche adesso vediamo che arriviamo in Aula, un'altra volta, con un problema da risolvere e che il lavoro disordinato all'interno della Commissione non ci ha permesso di svolgere nella maniera più costruttiva. Quindi, anche noi siamo contrari e chiediamo anche noi che si possa votare in Aula questo emendamento e di non tornare in Commissione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.
FILIBERTO ZARATTI(AVS). Grazie, signor Presidente. Anche noi abbiamo forti perplessità rispetto a come sono stati condotti i lavori di uno dei provvedimenti più importanti che abbiamo affrontato nell'ultimo periodo. Sono stati sommati due decreti in uno attraverso una procedura che ha molti precedenti, in verità, quindi, non vogliamo contestare questo punto, ma certamente sono stati messi insieme due provvedimenti molto complessi che meritavano entrambi di essere approfonditi e discussi con un po' di serietà; certamente la serietà c'è stata, ma certo sarebbero serviti un po' di spirito di approfondimento e anche di spirito di collaborazione. Voglio ricordare che da parte della maggioranza c'è stata una chiusura netta a qualunque proposta emersa dall'opposizione per cercare di migliorare un testo che, nella migliore delle ipotesi, senza entrare in un giudizio di natura politica, è confuso, i cui effetti si stanno vedendo anche in questa occasione.
La confusione è data dai ripetuti emendamenti della relatrice, presentati all'ultimo momento, che, effettivamente, non solo non risolvevano e chiarivano il testo in precedenza, ma addirittura lo rendevano sostanzialmente inapplicabile, come molte altre norme all'interno di questo stesso provvedimento. Quindi, noi siamo per cercare di arrivare a una posizione di chiarezza rispetto al Paese su un argomento così fondamentale e centrale. L'elemento di chiarezza si fa qui in Aula, signor Presidente. Non capisco per quale ragione dobbiamo rinviare in Commissione. La relatrice presentasse un emendamento in Aula. Ci sono i nostri emendamenti, ci sarà anche quello della relatrice che correggerà il testo, facciamo una discussione qui davanti a tutte le cittadine e i cittadini italiani e, poi, alla fine, ognuno deciderà come vuole decidere, ma non si capisce per quale ragione lo dobbiamo rinviare in Commissione, quando la discussione è aperta in Aula, ci sono gli emendamenti depositati. Presentate anche questo e discuteremo anche questo, così come abbiamo fatto in Commissione.
Abbiamo già subito in Commissione il contingentamento dei tempi, con emendamenti segnalati e tutta una serie di questioni di questo genere che, su un argomento di questo tipo, forse non erano proprio appropriati, perché - lo voglio ricordare - non c'è stato alcun ostruzionismo da parte dell'opposizione in nessun passaggio, se non la volontà di cercare di smontare le palesi contraddizioni del testo, eliminare norme che negavano e che stavano in contraddizione con l'interesse nazionale e, quindi, è stato un atteggiamento assolutamente positivo.
Dopodiché, nell'eventualità in cui l'Aula dovesse decidere di rinviare in Commissione, non è che noi possiamo convocare la Commissione fra due ore con i commissari che sono in giro per tutta Italia. Io mi appello alla Presidenza, perché questo è assolutamente inaccettabile. Si dia il tempo e si convochi la Commissione con tempi congrui, in modo tale che tutti i commissari possano arrivare a Roma per discutere questo testo. Quindi: fare una convocazione nella giornata di domani mattina, in modo tale che si possa eventualmente discutere lì, ma ripeto: penso che, arrivati a questo punto, l'unico sistema per cercare di portare un minimo di giustizia e un minimo di chiarezza su questo decreto, così confuso, contraddittorio e dannoso per il Paese sia quello di ricominciare da capo. Ricominciamo in Aula a discutere emendamento per emendamento e vedremo a quale testo arriveremo .
PRESIDENTE. Credo che nessun altro chieda di intervenire, ai sensi dell'articolo 45 del Regolamento. Pertanto…
FILIBERTO ZARATTI(AVS). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. No, adesso dobbiamo procedere con la votazione.
SIMONA BONAFE'(PD-IDP). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Allora, aspetti: ha chiesto prima lei o la deputata Bonafe' di intervenire sull'ordine dei lavori? Per capire anche l'argomento, perché stiamo entrando in votazione, non posso sospenderla. Prego.
FILIBERTO ZARATTI(AVS). Io ho fatto una proposta, ossia che, eventualmente, la convocazione della Commissione sia fatta nella giornata di domani mattina e, siccome nel dispositivo e nella proposta si diceva un'altra cosa, che ci sia una risposta su questo argomento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonafe'. Ne ha facoltà.
SIMONA BONAFE'(PD-IDP). Presidente, anch'io intervengo per rimarcare quanto ha detto il collega Zaratti poco fa, perché il collega Zaratti ha fatto una proposta diversa rispetto al rinvio immediato in Commissione. Siccome i problemi che evidenziava il collega Zaratti sono oggettivi e non è che i colleghi stanno tutti a Roma, anche noi crediamo sia opportuno che la Commissione venga convocata in un orario che permetta ai colleghi - che non sono qui, perché non c'era nessuna votazione oggi - di poter arrivare in tempo.
PRESIDENTE. Adesso abbiamo una proposta formalmente depositata dal presidente Pagano. Quindi, in base al Regolamento, sulla procedura; laddove non fosse approvata quella del presidente Pagano, posso mettere in discussione la vostra proposta, ma io per precedenza regolamentare non posso diversamente comportarmi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Braga. Se è sullo stesso argomento no, se è su un altro argomento, ne ha facoltà.
CHIARA BRAGA(PD-IDP). Presidente, le spiego su che argomento è. Siccome lei ora ha detto che metterà in votazione la proposta del presidente Pagano, intervengo su questa proposta, sull'organizzazione dei lavori, quindi sull'ordine dei lavori, perché nello che ha letto il presidente Pagano si fa riferimento alla necessità di tornare in Commissione per adeguare la disposizione transitoria di cui all'articolo 19, alla luce delle modifiche introdotte in sede referente, al Capo IV del testo medesimo.
Quindi, si chiede un rinvio in Commissione, cito, all'esclusivo fine di modificare il testo nei termini dell'emendamento Urzì 19.1000 presentato in Commissione.
Siccome questo emendamento, Presidente, interviene su un punto fondamentale della scelta fatta dal Governo, cioè sul trasferimento delle competenze alle corti d'appello, io chiedo che questa delimitazione della materia venga rivista, perché la ragione che sottende alla proposta del presidente e, quindi, dell'onorevole Urzì è chiara a tutti: il testo così come approvato è inapplicabile, oltre che, dal nostro punto di vista, profondamente sbagliato. È inapplicabile, perché si chiede alle corti di appello, oberate da un carico di lavoro insostenibile, di occuparsi di procedimenti che oggi non sono affidati a loro.
Allora, siccome mi pare di capire che l'orientamento della Commissione sia quello di estendere quel differimento dell'entrata in vigore già previsto dal testo del decreto di 30 giorni e tutti, per amore di buonsenso, sappiamo che questa non può essere la risposta per risolvere la situazione di criticità che l'emendamento stesso ha in qualche modo rilevato, io chiedo che si riveda l'ambito per cui noi torniamo in Commissione e si riapra una discussione sull'intero articolo, quello oggetto dell'articolo aggiuntivo della relatrice, che ha previsto, come sappiamo, in corso di conversione del decreto, una norma che era totalmente assente nel testo iniziale. Quindi, la mia richiesta è che si riveda tutta la questione - e mi appello al presidente Pagano -, perché la discussione che noi oggi facciamo in Commissione non sia limitata ai termini dell'emendamento 19.1000 Urzì, ma affronti - se questa è la volontà -, con una discussione che noi preferiremmo fare in Aula, ma che chiediamo quantomeno sia possibile fare in Commissione, tutta la questione che attiene al trasferimento di competenze alle corti di appello. Questa è la richiesta che io mi sento di fare e, ovviamente, questo significa rivedere la proposta che viene messa in votazione, che lei, poco fa, Presidente, stava per mettere in votazione .
PRESIDENTE. Onorevole Braga, la sua proposta risulta più ampia rispetto alla proposta che stavo per mettere in votazione, quindi, in base al Regolamento, noi metteremo a questo punto in votazione la proposta Braga, perché più ampia e il Regolamento ci impone questa procedura. Chiaramente, ove venisse rigettata, metteremo in votazione quella più circoscritta, come ha proposto il presidente Pagano. É chiaro, allora? A questo punto pongo in votazione mediante procedimento… … perdonate… scusate gli interventi sono stati fatti e siamo entrati nella procedura di votazione . Scusate, sulla questione che ho sollevato adesso, sulla proposta più ampia, come prevede il Regolamento, c'è qualcuno che vuole intervenire? Onorevole Alfonso Colucci, prego, ne ha facoltà.
ALFONSO COLUCCI(M5S). Grazie, Presidente. La proposta dell'onorevole Braga mi sembra assolutamente di buonsenso e, quindi, io voglio sostenere la necessità di approvare questa proposta, perché, Presidente, noi ci siamo trovati nell'esame di questo decreto-legge con una proposta emendativa della relatrice che ha inserito ben tre nuovi articoli all'interno del decreto-legge, tra l'altro, articoli che prevedono una profonda riorganizzazione del tema delle competenze, delle competenze giurisdizionali in materia di provvedimenti sul tema dell'immigrazione, quindi, emendamenti davvero molto importanti. Poi, scopriamo che c'è stato un disallineamento sul tema dell'efficacia, cioè dell'entrata in vigore di queste norme e questo è stato un primo problema che in Commissione abbiamo cercato di affrontare e, ora, ci troviamo con un problema di retroattività della norma, quindi, con un problema grande, perché questa proposta emendativa richiede che la normativa si riferisca anche ai ricorsi già pendenti.
Quindi, lei può capire che prevedere una retroattività dell'efficacia di una normativa che viene ad essere introdotta rispetto a provvedimenti giurisdizionali già pendenti è qualcosa che necessita di un approfondimento, un approfondimento rigoroso che, non solo, deve essere fatto in Commissione, noi riteniamo che sia materia d'Aula, questa, Presidente, e cogliamo il significato di usurpare l'Aula a questo punto, dato ormai il mandato al relatore sul provvedimento, di un'attribuzione che le compete direttamente di poter discutere su una materia così importante. Ma, allo stesso tempo, segnaliamo da parte nostra la necessità di subemendare, noi dobbiamo avere il tempo di studiare questo emendamento, di subemendarlo, dobbiamo avere il tempo che i nostri uffici e i nostri parlamentari siano presenti, cosa che oggi non sono, essendo impegnati nelle loro attività nei territori, visto che non erano convocati per ragioni di voto, sia di Aula e sia di Commissione, anche questo voto in Aula ci coglie in difficoltà, perché l'Aula va convocata anche con un anticipo che consenta ai deputati di partecipare. Insomma, Presidente, quella dell'onorevole Braga è una proposta di assoluto buonsenso e penso che attenga ad un dovere del presidente della Commissione, così come del Presidente dell'Aula, di evitare che, attraverso queste proposte, si facciano dei veri e propri blitz, perché questo è un blitz. Chiediamo di discutere l'emendamento, chiediamo di subemendarlo e di riaprire una discussione sull'intero articolato .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta formulata dall'onorevole Braga, nei termini dalla stessa precisati.
Dichiaro aperta la votazione.
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Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge per 20 voti di differenza.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio in Commissione del provvedimento, nei termini precisati dall'onorevole Nazario Pagano.
Dichiaro aperta la votazione.
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Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva per 20 voti di differenza.
Sospendo, quindi, la seduta, che riprenderà alle ore 17,45.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 82, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge di conversione n. 2088-A/R.
Avverto che, a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, la Commissione ha predisposto un nuovo testo, che è pubblicato sul sito della Camera.
La Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere anche su tale testo , che è in distribuzione.
Resta inteso che, come da prassi, si intendono ripresentati gli emendamenti già presentati in Assemblea, ove ancora riferibili al nuovo testo approvato dalla Commissione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, senatore Luca Ciriani. Ne ha facoltà.
LUCA CIRIANI,. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, a nome del Governo e autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 2088-A/R: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali, nel testo approvato dalla Commissione a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire, sull'ordine dei lavori, la deputata Bonafe'.
SIMONA BONAFE'(PD-IDP). Grazie, Presidente. Io volevo che rimanesse agli atti che le opposizioni tutte non si sono presentate in Commissione per votare l'ultimo emendamento arrivato dalla relatrice, dopo il rinvio in Commissione deciso da quest'Aula. È stata un'ennesima forzatura su un decreto che - l'abbiamo detto più volte - è nato male; è nato con l'innesto di un decreto già incardinato al Senato (il decreto Paesi sicuri), e che poi è stato trasferito all'interno di questo decreto, il decreto Flussi, e con l'emendamento della relatrice che toglie alle sezioni immigrazione dei tribunali le competenze sulla convalida amministrativa dei trattenimenti dei migranti.
Tutto questo non ci ha permesso un esame approfondito in Commissione. Avevamo chiesto che si ridiscutesse quest'ultimo emendamento in un contesto più ampio che, quindi, non affrontasse solo il differimento dell'entrata in vigore di questa norma che trasferisce le competenze alle corti d'appello, ma che si potesse ridiscutere l'intero impianto che, secondo noi, è un impianto che va ad intasare i lavori delle corti d'appello e che non porterà benefici sul tema di cui stiamo trattando. Anche lì non c'è stato nessun tipo d'apertura.
Avevamo chiesto di poter votare questo emendamento in Aula, ma il provvedimento è stato rinviato in Commissione ed è stata posta oggi la fiducia. Per cui, Presidente, noi siamo a denunciare queste continue forzature che non ci hanno permesso un lavoro ordinato in Commissione. Ci auguriamo che sui prossimi provvedimenti ci sia un ascolto maggiore delle prerogative dei parlamentari di minoranza.
PRESIDENTE. Secondo quanto convenuto nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 13 novembre scorso e tenuto conto dell'orario nel quale è stata effettivamente posta la questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge n. 2088-A/R, la votazione per appello nominale avrà luogo nella seduta di domani, martedì 26 novembre, a partire dalle ore 17,45, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 16.
Dopo tale votazione, i lavori proseguiranno, per il seguito dell'esame, nella parte pomeridiana e nella parte notturna della seduta di domani ed, eventualmente, nelle giornate successive.
Estraggo a sorte il nominativo del deputato dal quale avrà inizio la chiama.
La chiama avrà inizio dal deputato Bruno.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare la deputata Barzotti. Ne ha facoltà.
VALENTINA BARZOTTI(M5S). Grazie, Presidente. Questa sera intervengo in una giornata molto particolare e molto importante, la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Come sapete, questo fenomeno della violenza è un fenomeno odioso. La violenza si manifesta in vari modi - in forma fisica, morale ed economica - ed è in aumento; infatti, i dati ci dicono che c'è un aumento del più 8 per cento dei femminicidi. Purtroppo, leggere le dichiarazioni della Premier Meloni rispetto al fatto che questo fenomeno sia dovuto all'immigrazione mi lascia veramente senza parole e mi fa rabbia, perché, di fatto, ci si nasconde dietro un alibi. In realtà, il problema della violenza non è legato all'immigrazione, ma è legato in modo strutturale a una discriminazione culturale che c'è nel nostro Paese nei confronti delle donne. Questa forma di discriminazione va anche a rafforzarsi rispetto a quella che è la figura femminile, che purtroppo viene indebolita all'interno del mondo del lavoro e questo - ci tengo a dirlo - perché la condizione lavorativa della donna lavoratrice nel nostro Paese non è tutelata abbastanza.
Perché dico questo, Presidente? Innanzitutto, lo sappiamo tutti, c'è un problema di differenza a livello retributivo tra uomini e donne e ancora adesso l'Istat ci dice che le donne guadagnano all'anno in media 8.000 euro in meno degli uomini e questi dati sono confermati anche dall'INPS. Ma non è tutto, perché in realtà l'occupazione femminile in Italia sconta un problema enorme, cioè in media lavora il 51,3 per cento delle donne.
Questo significa che noi, come sistema Paese, stiamo giocando una partita, in termini di crescita e di competitività, con metà della nostra squadra, perché la metà del genere femminile non lavora. Ora ditemi se questo è un Paese normale? Credo che non si stia facendo abbastanza. La Ministra Roccella qualche giorno fa ha detto pubblicamente che si sta facendo moltissimo per contrastare la violenza contro le donne e per garantire l'occupazione femminile. Ma non è così, non è vero, perché altrimenti si farebbe molto di più. Penso che non stiamo assolutamente rafforzando la figura femminile e non ci stiamo occupando della violenza e delle molestie nei luoghi di lavoro, che sono un dramma. Dati recentissimi ci dicono che il 13,3 per cento delle donne ha subito una molestia sessuale sul luogo di lavoro. Presidente, io dico: quando potremo lavorare in santa pace? Quando potremo essere considerate donne e non prede, donne e non solo mamme? Ciò è quanto io mi auguro per questo Paese, perché solo in quel momento riusciremo veramente a garantire dignità, libertà e autodeterminazione alle donne, quello che ci meritiamo, quello che la Costituzione ci attribuisce come diritto e a cui non vogliamo assolutamente rinunciare.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
1.
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali. (C. 2088-A/R)
Relatrice: KELANY.