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Venerdì 17 Gennaio 2025 ore 09:30
AULA, Seduta 411 - Svolgimento di interpellanze urgenti
Resoconto stenografico
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Nella seduta odierna ha avuto luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti sui seguenti argomenti:
iniziative di competenza a tutela del Servizio sanitario nazionale in considerazione dei dati sulla spesa sanitaria pubblica evidenziati dalla Ragioneria generale dello Stato (Quartini – M5S); Iniziative di competenza in ordine al potenziamento dei presidi sanitari delle aree montane in Calabria al fine di assicurare il rispetto degli standard previsti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 (Baldino – M5S); intendimenti in ordine ad una rivalutazione della compatibilità ambientale del progetto Ponte sullo Stretto, anche in considerazione della prevista valutazione di incidenza di terzo livello in sede europea (Santillo – M5S); chiarimenti in ordine al definanziamento di progetti del Piano di sviluppo e coesione Sicilia 2014/2020 e iniziative per mitigarne gli effetti (Morfino – M5S); intendimenti in merito al potenziamento e al rinnovamento della pubblica amministrazione, anche in riferimento ai recenti contenziosi che hanno riguardato taluni concorsi (Casu - PD-IDP); iniziative di competenza volte alla tutela dei diritti umani in Venezuela, con particolare attenzione alla gestione dei prigionieri politici italo-venezuelani (Onori - AZ-PER-RE).
Per il Governo sono intervenuti il Sottosegretario di Stato per la Salute, Marcello Gemmato e il Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica, Claudio Barbaro.
iniziative di competenza a tutela del Servizio sanitario nazionale in considerazione dei dati sulla spesa sanitaria pubblica evidenziati dalla Ragioneria generale dello Stato (Quartini – M5S); Iniziative di competenza in ordine al potenziamento dei presidi sanitari delle aree montane in Calabria al fine di assicurare il rispetto degli standard previsti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 (Baldino – M5S); intendimenti in ordine ad una rivalutazione della compatibilità ambientale del progetto Ponte sullo Stretto, anche in considerazione della prevista valutazione di incidenza di terzo livello in sede europea (Santillo – M5S); chiarimenti in ordine al definanziamento di progetti del Piano di sviluppo e coesione Sicilia 2014/2020 e iniziative per mitigarne gli effetti (Morfino – M5S); intendimenti in merito al potenziamento e al rinnovamento della pubblica amministrazione, anche in riferimento ai recenti contenziosi che hanno riguardato taluni concorsi (Casu - PD-IDP); iniziative di competenza volte alla tutela dei diritti umani in Venezuela, con particolare attenzione alla gestione dei prigionieri politici italo-venezuelani (Onori - AZ-PER-RE).
Per il Governo sono intervenuti il Sottosegretario di Stato per la Salute, Marcello Gemmato e il Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica, Claudio Barbaro.
XIX LEGISLATURA
411^ SEDUTA PUBBLICA
Venerdì 17 gennaio 2025 - Ore 9,30
Svolgimento di interpellanze urgenti (vedi allegato).
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- Lettura Verbale
- Missioni
- Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente
- Interpellanze urgenti (Svolgimento)
- Iniziative di competenza a tutela del Servizio sanitario nazionale in considerazione dei dati sulla spesa sanitaria pubblica evidenziati dalla Ragioneria generale dello Stato - n. 2-00507
- Iniziative di competenza in ordine al potenziamento dei presidi sanitari delle aree montane in Calabria al fine di assicurare il rispetto degli standard previsti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 - n. 2-00503
- Intendimenti in ordine ad una rivalutazione della compatibilità ambientale del progetto Ponte sullo Stretto, anche in considerazione della prevista valutazione di incidenza di terzo livello in sede europea - n. 2-00486
- Chiarimenti in ordine al definanziamento di progetti del Piano di sviluppo e coesione Sicilia 2014/2020 e iniziative per mitigarne gli effetti - n. 2-00490
- Intendimenti in merito al potenziamento e al rinnovamento della pubblica amministrazione, anche in riferimento ai recenti contenziosi che hanno riguardato taluni concorsi - n. 2-00506
- Iniziative di competenza volte alla tutela dei diritti umani in Venezuela, con particolare attenzione alla gestione dei prigionieri politici italo-venezuelani - n. 2-00504
- Sui lavori dell'Assemblea
- Ordine del giorno della prossima seduta
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
STEFANO VACCARI, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 82, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta odierna .
PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 16 gennaio 2025, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VII Commissione (Cultura):
«Conversione in legge del decreto-legge 16 gennaio 2025, n. 1, recante misure urgenti in materia di riforma R. 1.3 “Riorganizzazione del sistema scolastico” della Missione 4 - Componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza» (2199) - Parere delle Commissioni I, V e XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Quartini ed altri n. 2-00507 .
Chiedo al deputato Quartini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Ha 15 minuti di tempo.
ANDREA QUARTINI(M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario, ringrazio anche lei di essere qui, è sempre lei che risponde alle nostre interpellanze. In questo caso, abbiamo fatto una valutazione sul monitoraggio che la Ragioneria dello Stato ha fatto sulla spesa sanitaria, dal quale si evince che, nel 2023, sono stati investiti 132,9 miliardi: +2 per cento rispetto all'anno precedente. Tuttavia, dobbiamo segnalare che, rispetto a questa spesa pubblica, c'è anche una contropartita, una spesa vale a dire del privato, che riguarda i nostri cittadini, per un totale di 43,1 miliardi, con una crescita del 7 per cento. In tutto, siamo alla cifra di 176 miliardi.
Rispetto al Servizio sanitario nazionale, dobbiamo considerare che ci sono ben 27 miliardi per acquisti da parte del Servizio sanitario nazionale nei confronti del privato (il famoso privato convenzionato), con cifre che variano dal 30 per cento nel Lazio, fino al 28 per cento nel Molise, al 27 per cento della Lombardia, al 24 per cento della Sicilia, al 23,3 per cento della Campania e al 22 per cento della Puglia. Pensi, Presidente, pensi, Sottosegretario, che, fondamentalmente, siamo di fronte a un quadro per cui le regioni, in piano di rientro, arrivano a spendere, con il privato convenzionato, il 24 per cento del loro , con un 5 per cento in più rispetto alle regioni che sono in regola rispetto al piano di rientro. Quindi, è un vero e proprio fallimento, da questo punto di vista: un disavanzo per le regioni che va ad impattare, grosso modo, quasi fino a 2 miliardi, 1 miliardo e 850 milioni, con 14 regioni che devono riuscire a far pari con il bilancio con risorse proprie, tagliando ovviamente le risorse ad altre voci di spesa.
Questo già ci dà un quadro assolutamente allarmante e preoccupante, che si aggraverà di sicuro con l'autonomia differenziata. Quindi, capire questo, dal nostro punto di vista, è assolutamente significativo e importante. Riuscire a modificare il Titolo V della Costituzione, dal nostro punto di vista, è assolutamente urgente e importante.
Del resto, non lo diciamo solo noi che siamo di fronte a un'emergenza rispetto a queste grosse differenze che noi possiamo vedere, a queste diseguaglianze che noi possiamo constatare, lo dice anche , che, in un editoriale recente, ha addirittura paventato l'ipotesi di un fallimento sostanziale del Servizio sanitario nazionale pubblico.
Durante la fase pandemica, noi avevamo visto una sorta di inversione di rotta, nel senso che avevamo avuto finanziamenti significativi ulteriori, però, nel -pandemia, dal 2023, la spesa torna, in maniera sostanziale e significativa, a diminuire e si assiste a un 7 per cento in più della spesa per la sanità privata, in una sorta di forte decrescita felice. Sicuramente, la parte più significativa, in questi ultimi 12-13 anni, è quella legata alla carenza di personale: l'investimento sul capitale umano si è ridotto in maniera significativa, soprattutto a partire dal 2023 in maniera importante.
Chiedo, fondamentalmente, questo: cosa intende fare il Governo rispetto a questa “decrescita infelice” del Servizio sanitario nazionale pubblico?
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Salute, Marcello Gemmato, ha facoltà di rispondere.
MARCELLO GEMMATO,. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole Quartini e, con riferimento alla prima parte del quesito posto, ossia, se abbia contezza dei dati di “decrescita infelice” del sistema sanitario nazionale, come certificati dal Ragioniere generale dello Stato nel suo ultimo “Monitoraggio della spesa sanitaria” (dicembre 2024), rappresento quanto segue.
Nei programmi del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, del settembre 2024, risulta che la spesa sanitaria crescerebbe a un tasso non specificato, ma superiore a quello medio annuo fissato per l'aggregato della spesa primaria netta per il periodo 2025-2031 (1,5 per cento). Ciò già avviene per la spesa tendenziale, che aumenta del 2,9 per cento nel 2025, del 2,1 per cento nel 2026, dell'1,7 per cento nel 2027.
Rispetto a un'evoluzione pari a quella fissata in media per la spesa sanitaria primaria netta, ciò implica una maggiore spesa sanitaria tendenziale di circa 1,9 miliardi nel 2025, 2,9 miliardi nel 2026 e 3,3 miliardi nel 2027.
La previsione di aumento della spesa sanitaria implica anche, chiaramente, un parallelo incremento del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Si tratta di aspetti strettamente collegati, in quanto la decisione di allocare maggiori risorse a un determinato settore implica necessariamente la specificazione del modo in cui le risorse debbano essere reperite.
Nel corso dell'ultimo decennio, il livello del fabbisogno sanitario nazionale standard ha registrato un progressivo aumento, aumento particolarmente marcato nell'anno 2020 e determinato da finanziamenti eccezionali introdotti con la normativa emergenziale adottata per far fronte agli effetti della pandemia da Coronavirus 2019.
Dall'esame dell'andamento del finanziamento nel tempo, si nota che un significativo incremento di risorse destinate al Servizio sanitario nazionale si è avuto proprio nell'anno 2024 a seguito degli incrementi previsti dalla legge di bilancio 2023 e con la legge di bilancio 2024, oltre a mantenere nel livello di finanziamento anche l'intero ammontare delle risorse straordinarie appostate negli anni della pandemia.
In particolare, nell'anno 2024 si ha un livello di fabbisogno sanitario nazionale standard maggiore di oltre 5.140.000.000 di euro rispetto a quello dell'anno precedente. Sulla base di quanto previsto dalla legge di bilancio 2025, nel 2025, all'incremento già registrato nel 2024, si aggiungeranno 2,5 miliardi di euro e, poi, nel 2026, ulteriori 4 miliardi di euro.
Si ritiene utile, a margine, ricordare che per la copertura dei costi dell'anno 2022 lo Stato ha ulteriormente contribuito (con decreto-legge n. 34 del 2023, articolo 8) al sostegno del Servizio sanitario nazionale con ulteriore 1.085.000.000 di euro per far fronte ai minori ricavi derivanti dal ripiano dello scostamento dai tetti di spesa per l'acquisto di dispositivi medici.
Con riferimento alla seconda parte del quesito posto, invece, laddove viene chiesto quali siano le azioni urgenti che si intendono porre in essere per invertire l'annosa tendenza alla privatizzazione della sanità nel nostro Paese, si osserva, come riportato dal documento della Ragioneria generale dello Stato, che l'andamento della spesa sanitaria da privato accreditato fino al 2019 aumenta, per poi registrare un'interruzione nell'anno della pandemia nel 2020, anno in cui è rilevabile una diminuzione del 3,3 per cento, legata ai provvedimenti di sospensione delle attività non urgenti durante le diverse ondate pandemiche.
Nel 2021, l'allentamento di alcune misure restrittive, anche in relazione alla progressiva attuazione della campagna vaccinale, oltre che alcuni interventi normativi, tra cui quelli volti al recupero delle liste d'attesa, hanno determinato una ripresa delle attività assistenziali degli erogatori privati accreditati, evidenziando un aumento della spesa del 7,6 per cento.
Anche nel 2022 e nel 2023 è rinvenibile un incremento, pure in ragione della prosecuzione delle azioni per il recupero delle liste d'attesa, nonché del contributo per calmierare l'aumento dei prezzi delle fonti energetiche.
Sul tema va, peraltro, ricordato che la differente incidenza del privato accreditato sulla spesa delle regioni è data anche, e soprattutto, dalla struttura dei singoli servizi sanitari regionali, basati storicamente su diverse composizioni pubblico-privato.
Si tratta, quindi, di caratteristiche di diversi servizi sanitari e non sono indicative di sofferenze particolari del sistema sanitario pubblico in alcune regioni, salvo le note difficoltà di alcune regioni, per le quali sono stati stipulati da tempo dei piani, i cosiddetti piani di rientro.
Per quanto riguarda l'andamento dei disavanzi sanitari, come documentato anche dalla Ragioneria generale dello Stato, la condizione economico-finanziaria del sistema è molto migliorata rispetto alla situazione vigente prima del 2014, alla luce dell'importante diminuzione del disavanzo, passato da circa 6 miliardi di euro del 2006 a meno 2 miliardi di euro nel 2013. Tale è particolarmente manifesto per le regioni in piano di rientro, dato che, negli anni, la consistenza del risultato d'esercizio non positivo si è notevolmente ridotta in termini assoluti.
Inoltre, con riferimento alla descrizione dei piani di riforma e di investimento, nel Piano strutturale di bilancio 2025-2029 si afferma che il Governo si impegna a sostenere la qualità del Servizio sanitario nazionale attraverso l'incremento dei fondi destinati alla sanità pubblica, la prosecuzione degli interventi del PNRR e la digitalizzazione e grazie anche a una serie di misure volte a potenziare il Servizio sanitario nazionale.
Quanto alle misure previste per potenziare il sistema sanitario, in aggiunta agli interventi contemplati dal PNRR, nel Piano strutturale di bilancio 2025-2029 vi è l'impegno ad attuare: il potenziamento degli strumenti di monitoraggio di spesa; lo sviluppo e il riordino degli strumenti per la sanità integrativa, l'assistenza e la non autosufficienza, con miglioramento della vigilanza dei fondi sanitari e le misure per l'assistenza a lungo termine; la programmazione delle assunzioni di personale sanitario, favorendo le specializzazioni. A tal proposito, si ritiene opportuno evidenziare che l'aumento del numero di personale a tempo indeterminato, avvenuto e testimoniato anche dalla Ragioneria generale dello Stato, dimostra il rafforzamento strutturale che si sta portando avanti per il Servizio sanitario nazionale. Infine, il potenziamento dell'assistenza territoriale e dell'edilizia sanitaria (ricorrendo anche a strumenti finanziari e al partenariato pubblico-privato).
L'esame degli ultimi interventi finanziari sulla sanità nel 2025 e nel 2026 vede incrementi di risorse, rispettivamente, pari a 16 miliardi e 20 miliardi di euro, rispetto all'anno 2020 della pandemia.
Con specifico riferimento al personale impiegato a tempo indeterminato presso le strutture del Servizio sanitario nazionale, devo segnalare alcune precisazioni alla luce dei dati tratti dal Conto annuale-IGOP, da cui emerge che, a decorrere dall'anno 2019, si registra un'inversione del decrescente degli anni precedenti e, tra l'anno 2019 e l'anno 2022, il personale sanitario, nel suo complesso, cresce di 21.000 unità (un 5 per cento in termini percentuali).
Con riferimento specifico al personale infermieristico, l'aumento nel periodo 2019-2022 in termini percentuali è del 6 per cento, pari a 15.700 unità. Anche il numero dei dirigenti medici cresce di oltre 700 unità dal 2019 al 2022, nonostante l'importante numero di pensionamenti legati all'età anagrafica di tali professionisti.
Per quello che attiene la diminuzione della spesa per redditi da lavoro dipendente nel rapporto del MEF sul monitoraggio della spesa sanitaria, occorre precisare che la lieve contrazione registrata nell'anno 2023 (pari a meno 1,8 per cento) è principalmente dovuta, come affermato dallo stesso rapporto, al venir meno degli arretrati del rinnovo del personale del comparto scontati nell'anno precedente.
Alla luce di quanto fin qui rappresentato, non si ritiene di poter associare univocamente la diminuzione di spesa per redditi da lavoro dipendente 2023 alla contrazione del personale del ruolo sanitario, che impatta sull'erogazione delle prestazioni, poiché la variazione concerne la voce di spesa che fa riferimento al personale nel suo complesso e, pertanto, il decremento potrebbe dipendere anche da una diversa distribuzione di dipendenti tra i vari profili e ruoli professionali, cui corrispondono differenti retribuzioni.
Al fine di fronteggiare comunque le carenze di personale che si riscontrano in taluni ambiti di attività e discipline mediche, negli ultimi anni il Governo ha adottato e finanziato numerose misure volte a fronteggiare la carenza di attrattività riscontrata sia in fase di reclutamento, che di trattenimento in servizio per talune figure professionali operanti nel sistema sanitario nazionale.
Con la precedente manovra finanziaria, parte consistente dell'incremento del Fondo sanitario nazionale è stata destinata al rinnovo dei contratti della dirigenza medica e sanitaria. Col CCNL del 23 gennaio 2024 (triennio 2019-2021), sono stati attribuiti gli aumenti contrattuali maturati, le indennità (indennità di pronto soccorso), gli incrementi delle indennità (esclusività), gli incrementi della retribuzione individuale di anzianità nelle more riconosciuti.
Inoltre, la precedente legge di bilancio ha ulteriormente incrementato, per gli anni 2025-2026, le somme in precedenza stanziate nella legge di bilancio 2022, per sostenere i maggiori oneri per la spesa del personale dipendente da reclutare anche in deroga ai vincoli in materia di spesa di personale, previsti dalla legislazione vigente limitatamente alla spesa eccedente i predetti vincoli, e per quello convenzionato, al fine di assicurare l'implementazione degli standard organizzativi, qualitativi, quantitativi e tecnologici ulteriori rispetto a quelli previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, come oggi definiti con il predetto decreto ministeriale n. 77 del 2022.
Nello specifico, la legge di bilancio 2022 ha autorizzato una spesa massima di 90,9 milioni di euro per l'anno 2022, 150 milioni di euro per l'anno 2023, 328,3 milioni di euro per l'anno 2024, 591,5 milioni di euro per l'anno 2025, 1.015,3 milioni di euro - sarebbe un miliardo di euro - a decorrere dal 2026, a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
La legge di bilancio 2024, con l'articolo 1, comma 244, per le medesime finalità, ha incrementato le somme stanziate della predetta legge di bilancio 2022 di 250 milioni di euro per l'anno 2025, di 350 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026, a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale per i rispettivi anni, proprio per sostenere il nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza sanitaria territoriale.
Con la legge di bilancio per l'anno 2025, inoltre, è stata introdotta una serie di nuove misure: la previsione di un incremento dell'indennità di pronto soccorso, per rendere attrattiva la medicina di emergenza-urgenza; l'incremento di 100 milioni di euro a decorrere dal 2026 per migliorare il trattamento economico degli specializzandi; l'erogazione del contratto di formazione specialistica anche agli specializzandi non medici; l'ampliamento della platea di unità operative che possono ricorrere all'assunzione degli specializzandi; l'incremento delle indennità di specificità per la dirigenza medica veterinaria e per la dirigenza sanitaria non medica; l'incremento di specificità infermieristica e di tutte le professioni sanitarie; l'introduzione della tassazione agevolata con aliquota pari al 5 per cento per il lavoro straordinario erogato dagli infermieri dipendenti del sistema sanitario nazionale; l'introduzione in via sperimentale della possibilità per i medici in formazione specialistica di assumere incarichi libero-professionali.
Ritengo importante, infine, ricordare che con il decreto-legge n. 34 del 2024 si è provveduto a emanare apposite disposizioni per eliminare il fenomeno dei gettonisti, con la reinternalizzazione del lavoro nell'ambito delle aziende e degli enti del sistema sanitario nazionale. A tal proposito, nel giugno scorso sono state emanate linee guida che delimitano le condizioni di utilizzo dei medici e degli infermieri gettonisti.
Dalla complessiva disamina, appare evidente che i recenti interventi normativi hanno introdotto ulteriori significative misure proprio con l'intento di rendere maggiormente attrattivo l'esercizio della professione nell'ambito del sistema sanitario nazionale, con progressivo miglioramento della qualità e dell'efficienza del servizio offerto.
Pertanto, in conclusione, alla luce di quanto stabilito dalla normativa vigente e, in particolare, dalla legge di bilancio, appare evidente che nel corso del tempo vi sia stata una crescita del sistema sanitario nazionale e non vi sia alcuna tendenza a privatizzazioni, ma, al contrario, un ragionevole ricorso al servizio erogato da privati accreditati (che ricordo essere parte della sanità pubblica nel momento in cui erogano prestazioni per conto del sistema sanitario gratuitamente) che non è indicativo, evidentemente, di sofferenze nel settore pubblico e che è, comunque, la risultante dei diversi indirizzi politici delle diverse regioni con colore politico diverso che generano differenti programmazioni e strutturazione dei servizi sul territorio.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti del liceo scientifico Federico Quercia, che arrivano da Marcianise, in provincia di Caserta, e che assistono ai nostri lavori dalle tribune significando loro che la scarsa presenza di deputati in Aula è dovuta al fatto che - grazie per esservi alzati, questa forma di rispetto vi fa onore - la seduta odierna è dedicata allo svolgimento di interpellanze urgenti. Quindi, sostanzialmente, sono in Aula soltanto i deputati che interrogano il Governo, che ha testé risposto all'onorevole Quartini, il quale adesso replica alla sua interpellanza, che ha come tema “Iniziative di competenza a tutela del Servizio sanitario nazionale in considerazione dei dati sulla spesa sanitaria pubblica evidenziati dalla Ragioneria generale dello Stato”.
L'onorevole Quartini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ANDREA QUARTINI(M5S). Sottosegretario, io comprendo la difficoltà che ha questo Governo a giustificare il definanziamento della sanità pubblica. Ormai, fra poco sono due anni e mezzo, quindi non è più possibile dare le colpe a chi ha governato prima di voi. Però, voglio ricordare che - questo è il primo aspetto -, a livello OCSE, l'incremento medio che viene suggerito per il Servizio sanitario nazionale è di 2,9 per cento in più ogni anno. Voi andate a incrementare l'1,5 per il 2025, riuscite a stare in linea nel 2026, e, poi, si va a decrescere al 2,1 e all'1,7, rispettivamente nel 2027 e nel 2028. Questo, a casa mia, si chiama definanziamento, è fuori discussione.
Allo stesso tempo, io voglio ricordare che il grosso del definanziamento del Servizio sanitario nazionale è legato essenzialmente a un minor investimento proprio sul capitale umano. GIMBE stima in dieci anni che, rispetto ai nostri medici e ai nostri infermieri, siamo arrivati a ben 28 miliardi in meno di investimento sul capitale umano. Pensi, Presidente, che, di questi 28,1 miliardi, 15,5 miliardi sono stati sottratti tra il 2020 e il 2023, quindi in pieno Governo Meloni.
È un dato che evidenzia un sacrificio economico, da parte del personale, assolutamente straordinario. Infatti, il 25 gennaio è previsto uno sciopero. I nostri sanitari sono costretti a scioperare, perché hanno stipendi mediamente più bassi rispetto a tutta Europa. Mediamente più bassi vuol dire che si arriva fino al 100 per cento in meno di retribuzione per i nostri sanitari. Questo è un dato di fatto.
Tutti i numeri che il Sottosegretario oggi ci ha raccontato fondamentalmente rappresentano palliativi che non risolveranno il problema. Le disuguaglianze fra Nord e Sud sono sotto gli occhi di tutti e pensare che possa essere il privato convenzionato accreditato a risolvere il problema è pura fantasia, nel senso che anche il privato convenzionato non potrà risolvere il problema delle liste d'attesa, non potrà risolvere il problema del degli operatori, non potrà risolvere il problema - assolutamente straordinario - delle violenze negli ospedali. Questo è un fatto assolutamente importante e significativo.
Si è detto che vogliamo eliminare il fenomeno dei gettonisti. Voglio ricordare che nel 2023, aumentando la cifra rispetto al 2022, abbiamo raggiunto l'ammontare di quasi 500 milioni di contributi, di finanziamenti proprio per questa categoria. Quindi, da un lato, si dice di volerli eliminare, dall'altro, si arriva addirittura a sostenerli.
Siamo in un contesto estremamente complicato, siamo in un contesto assolutamente drammatico e abbiamo una spesa per il personale che varia dai 1.400 euro nella provincia autonoma di Bolzano a 559 euro in Campania. Sono dati macroscopici, che non possiamo assolutamente trascurare.
Senza pensare alle difficoltà che abbiamo nell'ambito della capacità del sistema di rendere attrattive alcune specialistiche. Pensate che vanno deserte ormai alcune specialistiche importanti, come la medicina d'emergenza e d'urgenza e qui è chiaro che i fenomeni delle violenze all'interno degli ospedali si amplificano. È il minimo sindacale da aspettarsi, quando il territorio non funziona e le persone sono costrette ad andare nei pronto soccorso, quando gli ospedali non ricevono i pazienti che arrivano al pronto soccorso (abbiamo persone che aspettano fino a una settimana per trovare un posto letto nei nostri pronto soccorso). È, dunque, chiaro che questa medicina d'emergenza non è attrattiva: essa implica sacrifici immensi da parte del personale.
Non abbiamo specialisti nel contesto della medicina nucleare, della medicina e cure palliative, della patologia clinica, della biochimica clinica, della microbiologia, della radioterapia. Infatti, è evidente che, se non andiamo a finanziare e a valorizzare queste professioni, i nostri medici vanno a lavorare nel privato o all'estero, vanno a lavorare nell'ambito delle specialistiche più remunerative. Allora, bisogna davvero invertire la tendenza. Pensate che queste specialistiche hanno avuto un livello di attrazione inferiore al 30 per cento rispetto al passato.
Sicuramente c'è stato un incremento durante la pandemia del numero di personale: era un'emergenza, c'era bisogno assoluto di intervenire in questa logica. Sicuramente, durante la pandemia, c'è stata anche una riduzione della spesa privata: è ovvio, va da sé, era tutto bloccato. La spesa privata, peraltro, si è anche contraddistinta per non collaborare molto con il Servizio sanitario nazionale pubblico durante quel periodo, soprattutto in Lombardia. Tuttavia, siamo a un livello di carenza del personale infermieristico che fa paura, Sottosegretario, che fa paura, Presidente, perché siamo a un livello del personale infermieristico di 6 unità per 1.000 abitanti, contro 10, in media, nell'OCSE.
Allora, cosa vuol dire questo? Vuol dire che abbiamo la necessità assoluta di intervenire sul territorio. È vero, Sottosegretario: voi avete investito qualcosa sul territorio, ma a venire, è tutto da verificare se riuscirete a farlo. Con il PNRR, che consta di 209 miliardi che abbiamo introdotto noi, siete in un ritardo abissale. Allo stesso tempo, rispetto a questo tema, vedremo nel 2026, perché, per il 2025, non c'è un euro, ricordiamocelo.
Senza pensare al problema delle patologie croniche: non avete messo un euro sulla prevenzione, che è uno dei temi che lo stesso Ministro Schillaci ogni volta ci racconta come emergenti.
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
ANDREA QUARTINI(M5S). Allora, io dico: apriamo subito un momento di condivisione per risolvere questo problema, un problema enorme, annoso, che deve essere assolutamente risolto, perché la Costituzione ci dice che il diritto alla salute è un diritto fondamentale da tutelare.
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Baldino e Auriemma n. 2-00503 .
Chiedo alla deputata Baldino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
VITTORIA BALDINO(M5S). Grazie, signor Presidente. “Tutto è cominciato dopo pranzo. Serafino si è sentito male, diceva di sentirsi soffocare e insisteva per andare al pronto soccorso di San Giovanni in Fiore. Andiamo e, nonostante i sintomi e la forte agitazione, gli danno un codice giallo. Due ore dopo ci dicono che ha un infarto in corso ma l'ambulanza per trasportarlo in ospedale non può partire perché non c'è neanche un medico. Quando arriva quella da Cosenza ormai è buio, sono le 18,15, sono passate tre ore dal nostro arrivo al pronto soccorso. Serafino muore in ambulanza alle 18,50. Adesso chiedo solo che si faccia luce su questa morte assurda, sul perché un comune montano difficilmente raggiungibile possa essere lasciato senza medici”.
Ho voluto iniziare con queste parole, che non sono parole mie, sono parole di Caterina, la moglie di Serafino Congi, morto tragicamente il 4 gennaio, ad appena 48 anni, mentre aspettava un'ambulanza con un infarto in corso. Serafino è morto perché, nel momento di maggiore bisogno, nessuno era lì per aiutarlo, nessun medico nell'ambulanza, nessun elisoccorso, solo la disperazione della moglie e delle figlie - due figlie, una di 7 anni e l'altra di 10 anni, che lascia - e un'attesa interminabile con un infarto in corso.
Tre ore: un'eternità, un tempo che in Calabria può significare la differenza tra la vita e la morte. Quella di Serafino, probabilmente, era una morte evitabile, se solo ci fosse stato un medico ad accompagnarlo in ambulanza, ma nella postazione di 118 di San Giovanni in Fiore, quel pomeriggio, non ce n'era neppure uno (l'unico anestesista di turno era già partito per l'ospedale di Crotone a causa di un'altra emergenza).
Così, Serafino è rimasto senza nessuno che si potesse occupare di lui, né che potesse trasportarlo nell'emodinamica di Cosenza per raggiungere la quale ci vuole più di un'ora. Ma non è soltanto la distanza il problema perché per assistere Serafino non era possibile nemmeno che arrivasse un elisoccorso a causa della nebbia fitta di quel giorno a San Giovanni in Fiore, un comune montano situato nel cuore della Sila. Quindi, per tre ore, con un infarto in corso, è rimasto ad attendere un'ambulanza medicalizzata; ma poi, quando è arrivata l'ambulanza, non ha fatto in tempo ad arrivare a Cosenza perché è morto sulla lettiga dell'ambulanza, poi tornata indietro a San Giovanni in Fiore nella disperazione dei parenti. Questo episodio, che purtroppo non è isolato ma è solo l'ultimo in ordine di tempo, ha scatenato e ha risvegliato l'indignazione di tutta la popolazione calabrese, soprattutto la popolazione dei paesi di montagna. Lì, la mancanza di servizi sanitari necessari per poter continuare a vivere è diventata un problema vitale; ma non è solo San Giovanni in Fiore. Si scrive San Giovanni in Fiore, ma si può leggere Acri, Soveria Mannelli, Serra San Bruno: tutti presìdi sanitari situati in paesi di montagna che in Calabria dovrebbero garantire il diritto alla salute in territori montani, lontani, collegati male e con le insidie anche del meteo. Si scrive San Giovanni in Fiore, ma si legge una sanità pubblica mutilata, abbandonata, che da anni tradisce il diritto più fondamentale, il diritto alla salute. E quindi, cosa resta a chi vive nelle aree montane? Strade difficili; ospedali depotenziati; reparti chiusi; medici sempre meno numerosi; chi ha un'emergenza deve pregare che non ci sia neve, ghiaccio oppure nebbia; deve sperare che non servano cure complesse perché spesso non ci sono nemmeno gli strumenti per stabilizzare un paziente; deve rassegnarsi a un sistema sanitario che ha sacrificato il suo stesso scopo sull'altare dell'austerità. Sì perché questa non è soltanto cattiva organizzazione. Sì, sicuramente c'è cattiva organizzazione ma questa è l'immagine di uno Stato che ha dimenticato di fare lo Stato, ossia di erogare servizi. Ha scelto di non farlo perché tutto parte dallo sciagurato Piano di rientro del 2009, dove senza alcuna valutazione delle condizioni del territorio e del fabbisogno sanitario della popolazione, nonché dei tempi di percorrenza verso i principali ospedali, sono stati soppressi 18 ospedali su 73 e depotenziati quelli delle aree montane. Si tratta di 18 ospedali chiusi in una regione con una geomorfologia particolare che rende agli abitanti delle aree interne montuose molto difficoltoso raggiungere i presidi ospedalieri più vicini;18 ospedali chiusi in una regione dove il 22,6 per cento della popolazione è composta da persone che hanno più di 65 anni;18 ospedali chiusi e oltre 1200 posti letto tagliati: questo il piano dell'allora Presidente della giunta regionale Giuseppe Scopelliti imposto dall'Agenas e, però, da ultimo avallato anche dall'attuale commissario alla sanità regionale Roberto Occhiuto. Questo piano ha prodotto la devastazione in Calabria. Il risultato, secondo i dati ministeriali, è che in Calabria abbiamo 2,2 posti letto ogni mille abitanti nel pubblico, mentre la media nazionale è di 3, e 1,1 nel privato, mentre la media nazionale è di 0,8. Il nuovo piano di Occhiuto conferma questo dato, destinando il 30 per cento dei posti letto alla sanità privata. Una ferita che oggi banchetta sul pubblico e non siamo lontani nemmeno da quello pubblicitario di una clinica privata barese - Sottosegretario Gemmato, non so se conosce la Therapia srl, ma forse sì, visto che ne deteneva forse il 10 per cento della quota - che qualche mese fa spingeva sulla possibilità di avere accertamenti diagnostici senza dover attendere i lunghi tempi del sistema sanitario pubblico. Eh sì, purtroppo è successo anche questo. Un banchetto che oggi costa al sistema sanitario regionale calabrese 300 milioni di euro per far curare i calabresi in altre regioni. In questo conto salato c'è il dramma sociale dei calabresi costretti a lunghi viaggi per salvarsi la pelle. Quindi, questo è un fallimento, il fallimento di un modello economico.
Un modello che è giunto a monetizzare ogni aspetto della vita umana, riducendo i diritti costituzionali alla stregua di mere dichiarazioni di intenti al servizio delle ciniche logiche di mercato. Il sistema sanitario non è in grado di garantire su tutto il territorio nazionale un'assistenza uniforme per qualità e quantità. Eppure, l'articolo 32 della Costituzione - lo ripeteva poc'anzi il collega Quartini - considera il diritto alla salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, a prescindere dal luogo in cui si nasce. Eppure, la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale annovera tra i principi ispiratori l'universalità, l'uguaglianza e l'equità da garantire su tutto il territorio nazionale, a prescindere dal luogo in cui si nasce. La morte di Serafino Congi, di Antonio Loria e della piccola Ginevra di soli due anni ci dicono che in Calabria si tratta di principi rimasti purtroppo lettera morta.
In questo contesto, gli ospedali oggetto di spoliazione, gli ospedali di frontiera - Acri, San Giovanni in Fiore, Soveria Mannelli e Serra San Bruno - sono l'unico avamposto sanitario, l'unica garanzia di diritti primari di minima civiltà per migliaia di persone delle aree interne. E quando parliamo di aree interne, parliamo del 78 per cento dei comuni calabresi, del 58 per cento degli abitanti della regione. Cittadini che dal 2009, dal piano di rientro, si vedono spogliati di ogni servizio e devono sorbire ciclicamente la retorica della lotta allo spopolamento e dell'attrattività dei borghi; mentre muoiono mentre aspettano un'ambulanza. Il presidente Occhiuto, contemporaneamente commissario alla sanità regionale, insiste con i suoi effetti speciali, con gli elettorali, ignorando che i cittadini calabresi meritano rispetto e risposte, meritano soprattutto risposte da qui, da Roma e da lì, da Catanzaro. Per esempio, il decreto ministeriale n. 70 del 2015, cioè il regolamento sugli standard ospedalieri, riporta che negli ospedali di area disagiata in ambienti montani e insulari, anche con una popolazione di riferimento inferiore agli 80.000 abitanti, può essere prevista una postazione di pronto soccorso. Ma se questa è istituita, devono esserci, secondo quanto stabilito dallo stesso decreto, i reparti di “medicina interna, chirurgia generale, anestesia, ortopedia e i servizi di supporto in rete di guardia attiva e/o in regime di pronta disponibilità ininterrotta di radiologia, laboratorio, emoteca”. Sto leggendo testualmente il testo del decreto. Questa norma ha un senso preciso. Gli ospedali delle zone montane, caratterizzate da un clima rigido e obiettive difficoltà di spostamento, devono garantire trattamenti principali in caso d'urgenza. Per questo, non possono essere sprovvisti delle dotazioni contemplate dalle norme, indispensabili alla stabilizzazione clinica di un paziente. Invece, in Calabria questo decreto è stato attuato in maniera confusa - come sempre accade - in parte utilizzando questa norma, in parte utilizzando un'altra norma dedicata alle aree disagiate che ne riduce i presidi ospedalieri a poco più di punti di primo intervento, lasciandovi soltanto un piccolo pronto soccorso, una medicina interna, una chirurgia generale limitata a interventi con dimissioni in giornata o appena dopo, un laboratorio di analisi per persone ricoverate, un'emoteca giusto per il bisogno. È evidente che con questa configurazione le popolazioni montane sono penalizzate e i cittadini devono sperare di non avere necessità di cura nei mesi più freddi. Emblematico è stato il caso di Belcastro dove il Sindaco ha emesso una provocatoria ordinanza chiedendo ai suoi concittadini di non ammalarsi perché non c'era la possibilità di poterli assistere.
Quindi, l'organizzazione e la gestione della sanità delle aree interne e montane calabresi, con ospedali ridotti a presidi minimi ed a una dipendenza pressoché esclusiva dai grandi centri ospedalieri che sono lontani chilometri, risultano inadeguate a garantire il diritto alla salute dei cittadini di queste zone. Ma cosa vuol dire tutto questo per chi vive qui in Calabria? Vuol dire morire di attesa; vuol dire sapere che nessuno arriverà in tempo; vuol dire abbandono. Il Governo deve agire, non domani, non tra tre mesi, ma oggi. Servono ospedali attrezzati, non gusci svuotati; servono medici incentivati a lavorare in queste aree, non lasciati soli a combattere con turni impossibili; servono scelte politiche coraggiose che mettano al centro la vita delle persone e non le logiche di mercato o gli interessi privati dei soliti noti.
Non possiamo accettare che tragedie come quella di Serafino continuino a ripetersi. Non possiamo permettere che la montagna, che per noi è una ricchezza, diventi, invece, un luogo dove si va a morire. Quindi, questa interpellanza è un grido d'aiuto, ma non solo, perché è anche un avvertimento: non si può più aspettare.
Quindi, noi chiediamo al Ministro della Salute, rappresentato qui oggi dal Sottosegretario Gemmato: se fosse a conoscenza di quanto successo a San Giovanni in Fiore qualche settimana fa; perché non c'era un'ambulanza medicalizzata; perché è arrivata dopo tre ore; perché c'è stata una carenza di informazioni e di avvertimenti; se ritiene di voler potenziare la medicina delle aree montane; se ritiene di voler modificare il decreto n. 70 - prima magari cercare di attuarlo e poi modificarlo, come abbiamo detto, perché non è sufficiente - e cosa intende fare per garantire il diritto alla salute di tutti e di tutte, indipendentemente dal luogo in cui si nasce.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Salute, Marcello Gemmato, ha facoltà di rispondere.
MARCELLO GEMMATO,. Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli interpellanti poiché mi consentono di illustrare le misure poste in essere dal Governo per far fronte alle criticità segnalate nella regione Calabria.
Prioritariamente e con particolare riguardo ai servizi dell'emergenza-urgenza, devo fare presente che, sin dall'insediamento, questo Governo ha avviato i necessari confronti con tutti gli attori del sistema al fine di individuare misure quanto più possibile condivise, che hanno condotto all'adozione di interventi di tipo economico e di interventi di tipo strutturale volti a incidere sul reclutamento del personale medico e sanitario destinato a operare nei predetti servizi.
Ricordo, al riguardo, l'incremento dell'indennità di pronto soccorso in favore del personale della dirigenza medica del comparto ivi operante, incremento da ultimo innalzato dall'articolo 1, comma 323, della legge 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di bilancio per il 2025).
Richiamo, poi, le disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, convertito nella legge 26 maggio 2023, n. 56, che prevedono specifiche misure volte a facilitare il reclutamento strutturale di medici del sistema sanitario nazionale mediante la valorizzazione dell'esperienza dagli stessi acquisita.
Infatti, è stata riconosciuta la possibilità a coloro che hanno maturato un congruo periodo di esperienza presso i servizi di emergenza-urgenza di partecipare ai concorsi per l'accesso alla dirigenza medica del sistema sanitario nazionale, pur se privi del titolo di specializzazione. Tale disposizione è stata recentemente novellata dal decreto Milleproroghe, decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202, che, al fine di ampliare la platea dei soggetti beneficiari della norma in esame, ha di fatto prorogato al 31 dicembre 2024 il termine ultimo entro il quale poter maturare il requisito dei tre anni di servizio che consente l'accesso alle predette procedure concorsuali.
Inoltre, con l'obiettivo di potenziare gli organici delle strutture del sistema sanitario nazionale, ricordo la previsione, introdotta dal comma 2 del citato articolo 12, che consente ai medici in formazione specialistica di assumere incarichi libero-professionali al di fuori dell'orario di formazione. La norma, inizialmente prevista fino al 31 dicembre 2025, è stata prorogata al 31 dicembre 2026 dall'articolo 1, comma 338, della legge di bilancio per il 2025, al fine di garantire la prosecuzione dell'erogazione dei servizi di emergenza-urgenza.
Accanto alle misure di carattere generale intraprese dal Governo al fine di contrastare la carenza di personale registrata nel servizio di emergenza-urgenza su tutto il territorio nazionale, colgo l'occasione per focalizzare l'attenzione sulle misure specifiche proposte tramite il disegno di legge d'iniziativa governativa, atto Senato n. 1054, recante disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, approvato dal Senato lo scorso 31 ottobre 2024 e trasmesso alla Camera dei deputati per l'avvio dell'iter.
Questo disegno di legge introduce misure per ridurre le condizioni di svantaggio attualmente presenti nelle zone montane, consentendo alla popolazione ivi residente una piena fruibilità dei servizi sanitari. A tal fine, all'articolo 6 (rubricato “Sanità di montagna”) sono previsti incentivi economici e di carriera per i professionisti che prestano la propria attività presso le strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche o private accreditate ubicate nei comuni montani destinatari delle misure di sostegno.
Per gli incentivi di carriera vengono disposte forme di riconoscimento del servizio svolto dagli esercenti le professioni sanitarie, come l'attribuzione di un punteggio doppio nell'ambito delle procedure concorsuali per ogni anno di servizio prestato nelle predette strutture sanitarie, nonché una valorizzazione del servizio ivi prestato per l'attribuzione di incarichi nel sistema sanitario nazionale, anche di vertice.
Tra gli incentivi economici è previsto che, nell'ambito dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro e accordi collettivi nazionali, venga definito: “un emolumento, di natura accessoria, da attribuire in ragione dell'effettiva presenza in servizio, nei limiti dell'importo annuo lordo complessivo di 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025, come ripartito, tra ciascuno dei predetti contratti ed accordi, con decreto del Ministro della Salute”.
Inoltre, le regioni e le province autonome, nell'ambito delle proprie competenze, possono prevedere particolari forme di incentivazione per i medici di medicina generale e pediatri di libera scelta che decidono di mantenere in attività i propri studi ubicati nei comuni montani.
Per quanto riguarda gli aspetti di precipuo rilievo regionale, questo Ministero ha provveduto ad acquisire i necessari elementi dalla regione Calabria, che, in merito agli episodi segnalati, ha riferito quanto segue. Alle ore 16,12 del 4 gennaio 2025 perveniva alla sala operativa 118 Nord di Cosenza, da parte del medico di guardia del pronto soccorso dell'ospedale di San Giovanni in Fiore, una richiesta telefonica di trasferimento urgente presso l'emodinamica dell' ospedaliero di Cosenza per un paziente affetto da STEMI (infarto del miocardio con tratto ST “sovraslivellato”), rientrante nelle patologie tempo-dipendenti.
Veniva effettuata, quindi, una conferenza telefonica con l'unità di terapia intensiva cardiologica di Cosenza conclusasi senza esito e, pertanto, il medico richiedeva l'invio di un mezzo medicalizzato per il trasporto del paziente.
Gli operatori della sala operativa 118, come ricordato dagli interpellanti, valutavano anche l'attivazione dell'elisoccorso ma, purtroppo, le cattive condizioni meteorologiche consigliavano di desistere dall'utilizzare il mezzo aereo.
Conseguentemente, alle ore 16,30 veniva attivato, come richiesto dal pronto soccorso, il mezzo medicalizzato disponibile più vicino, vale a dire l'automedica di Cosenza, che nel tragitto si imbatteva in un incidente stradale e in condizioni meteorologiche avverse.
Dal pronto soccorso di San Giovanni in Fiore il direttore sanitario del presidio ospedaliero chiamava la sala operativa del 118 Nord per sollecitare l'arrivo di mezzi di soccorso e, nello specifico, richiedeva di impegnare il rianimatore in rientro da una missione a Crotone, che risultava a dieci minuti dal pronto soccorso.
Il paziente veniva, quindi, trasferito verso l'emodinamica di Cosenza con l'ambulanza della PET e a bordo della stessa saliva il medico dell'automedica. Lungo il percorso il paziente andava in arresto cardiaco e l'equipaggio iniziava immediatamente le manovre di rianimazione. Alle 18,50, purtroppo, veniva constatato il decesso.
Sull'evento è attualmente in corso, da parte dell'ASP di Cosenza, un'indagine interna negli ambiti dell'emergenza territoriale e ospedaliera interessati dall'evento e a tale scopo è stata nominata un'apposita commissione.
Con riferimento alle citate carenze di personale, la regione Calabria ha riferito che, nel corso degli ultimi due anni, sono stati esperiti sia concorsi pubblici per reclutamento di dirigenti medici sia, alle scadenze previste dall'ACN vigente, avvisi per la contrattualizzazione di medici convenzionati per il 118.
In entrambi i casi gli esiti sono stati insoddisfacenti e, pertanto, ad avviso della regione non si può addebitare a semplici pecche organizzative locali la presenza di due soli medici operanti sulla postazione di emergenza territoriale di San Giovanni in Fiore.
La regione Calabria ha rappresentato, poi, che per il tramite del commissario , grazie all'applicazione dei DCA 198/2023 e DCA 78/2024, si è inteso riorganizzare, potenziare e adeguare tecnologicamente il sistema di emergenza-urgenza territoriale.
Sono stati effettuati concorsi pubblici con l'assunzione di dirigenti medici, CPS infermieri, OTA autisti e personale di sala operativa. Sono stati acquistati e messi in servizio numerosi mezzi nuovi di soccorso, aperte le sale operative per emergenza (112 e 118) e aperte nuove postazioni (15) per l'emergenza territoriale 118 (una di queste proprio su San Giovanni in Fiore).
Inoltre, è stata avviata la realizzazione di 14 elisuperfici abilitate al volo notturno, a supporto dei presidi ospedalieri regionali, e sono stati indetti sia il reclutamento di nuovo personale di elisoccorso sia una nuova gara per l'affidamento del servizio di elisoccorso regionale, da tempo scaduto.
Da ultimo, segnalo che, tramite DCA n. 78/2024, la regione Calabria ha classificato l'ospedale di San Giovanni in Fiore come pronto soccorso di zona disagiata, con la configurazione prevista proprio dal decreto ministeriale citato n. 70 del 2015, ovvero 25 posti letto di medicina generale e 12 posti letto di .
Con riferimento ai trasporti inter e intra ospedalieri, infine, è stato previsto un numero pari a 30 mezzi di soccorso di tipo A con autista, in aggiunta al fabbisogno di ambulanze per i soccorsi urgenti.
PRESIDENTE. La deputata Baldino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
VITTORIA BALDINO(M5S). No, Presidente. Non posso ritenermi soddisfatta perché a noi non serve la cronistoria di quello che è successo a San Giovanni in Fiore, perché purtroppo lo sappiamo. A noi serve che questo Governo ci dia le risposte, serve che riconosca quali sono i problemi e con riferimento alla risposta testé letta dal Sottosegretario Gemmato, così com'è scritta dai suoi uffici, alla fredda, algida risposta, dove non si è degnato nemmeno di esprimere solidarietà alla famiglia di un uomo giovane, che è morto mentre aspettava un'ambulanza, rispondo che il problema non è il numero di ambulanze, Sottosegretario: l'ambulanza c'era, ma non c'era il medico . Mi ascolti, mi ascolti, per una volta. Mi ascolti, mi ascolti, Sottosegretario. Lei non può interloquire…
PRESIDENTE. Aspetti, questo lo dico io. Sottosegretario Gemmato, per favore, ascoltiamo la replica … Sottosegretario Gemmato, la prego, no, no... Sottosegretario Gemmato, la prego, non può essere un dibattito, la prego.
Onorevole Baldino, mi scusi. Prego, vada avanti.
VITTORIA BALDINO(M5S). La risposta del Governo è del tutto insoddisfacente, algida e fumosa. Si prende atto della totale inconsistenza della contezza del problema sanitario, non soltanto in Calabria, ma in tutta Italia. Questo Governo non sa quello che sta facendo e ciò l'ha dimostrato la risposta del Sottosegretario Gemmato, che mi parla di assunzioni di medici, mi parla di nuove ambulanze, mi parla di postazioni di elisoccorso. L'elisoccorso c'era, ma non poteva arrivare perché c'era la nebbia. L'ambulanza c'era, ma non c'era il medico. I medici: voi potete fare tutti i concorsi che volete, ma se non vi rendete conto che ci sono carenze strutturali nei presìdi, soprattutto quelli disagiati, soprattutto quelli delle aree interne, soprattutto quelli delle aree montane, quale medico si infila nell'emergenza/urgenza delle aree montane, in mancanza delle dotazioni minime previste dalla normativa vigente? Non ci sono le dotazioni minime! Non è che tu mi dici: “faccio il concorso e risolvo il problema” oppure “non è una carenza organizzativa”. No! Non è una carenza organizzativa, è una carenza strutturale, della quale voi non vi state occupando, perché non ne avete nemmeno contezza, perché forse manco ci andate negli ospedali pubblici, perché vi fate curare dai migliori medici delle cliniche private o fate gli esami diagnostici e invitate la gente a fare gli esami diagnostici nelle vostre cliniche private, delle quali detenete le quote! È questa la verità, Sottosegretario, è inutile che si scalda, perché questa è la verità. Peraltro, abbiamo chiesto al Ministro della Salute di venire a rispondere in Aula di questa vicenda: non è venuto. Quindi, vorremmo sapere come è andata a finire la vicenda delle sue quote in quella società diagnostica. Quello che dico - e mi sento di rappresentare tutti i miei concittadini - è che non si può affrontare un problema così grave aggirandolo, mistificando o dicendo: “abbiamo fatto”, “faremo”, “sapete, noi abbiamo fatto i concorsi”. Ma dove sono i risultati? Governate da due anni, il centrodestra in Calabria governa da 5/6 anni, ma dove sono i risultati? Cosa state facendo? Si è persa una vita umana: è morto un padre di famiglia che ha lasciato una moglie e due bambini. Quindi, le giustificazioni del Governo eludono questo bisogno di sanità, questo bisogno di verità, questo bisogno di chiarezza. Gli ospedali calabresi ormai sono privi di mezzi, sono privi di personale, hanno pochi reparti, sono gusci vuoti. Sono senza medici per coprire i turni.
Io vorrei partire da alcuni punti, rispetto a quello che è successo a San Giovanni in Fiore. Allora, il primo punto, che lei non ha sciolto - mi ha fatto la cronistoria, ma noi la sappiamo - e che non abbiamo capito è il seguente: su un'ambulanza diretta a Crotone, prima del malore di Serafino Congi, è salito l'unico anestesista che era in servizio presso l'ospedale di San Giovanni in Fiore, per andare a Crotone a portare un altro paziente con un altro problema cardiaco. Quindi, il locale pronto soccorso è rimasto senza medico. In quel momento, ce ne dovevano essere due, ma ce ne era uno, perché? Chi risponde di questo? Secondo punto: la centrale del 118 di Cosenza non ha allertato l' medica dell'ambulanza partita da Crotone, come confermato da tante fonti interne. Quindi, arrivato a destinazione, il mezzo poteva lasciare subito il paziente per la cardioconversione, in modo da tornare indietro, prendere Serafino a San Giovanni e portarlo all'emodinamica di Cosenza, risparmiando tempo prezioso. Terzo punto: come dicevo prima, nel pomeriggio del 4 gennaio, ci dovevano essere due medici e ce n'era solo uno. Vorremmo sapere perché.
A questi fatti ne aggiungo altri della stessa gravità. Dal 1° gennaio 2025, la centrale 118 di Cosenza, che ha il compito di dirigere le operazioni di soccorso, ha un solo medico per i soccorsi e per i trasferimenti: come si fa? La centrale del 118 di Cosenza ha un solo medico per i soccorsi e per i trasferimenti, è assurdo!
Due: di recente, il servizio 118 della provincia di Cosenza ha subìto un taglio di prestazioni aggiuntive, che ha scoraggiato l'attività di pochi medici in organico, come confermano fonti interne (perché noi ci siamo documentati prima di venire qui).
Tre: nessuno ha attivato per Serafino il cosiddetto , cioè l'incontro, a metà strada, tra il medico disponibile e l'ambulanza in sede.
Quattro: alle 18,15 Serafino è stato trasportato presso l'emodinamica di Cosenza dalla stessa ambulanza che aveva portato a Crotone il paziente precedente, ciò a riprova che non era stata allertata e che, nel frattempo, si era accumulato un ritardo inaccettabile, frutto di disorganizzazione, di difetti di comunicazione, di sottovalutazione, a fronte di una patologia cardiaca tempo-dipendente, che ha tempi di trattamento molto brevi.
Cinque: il medico che ha accompagnato Serafino a bordo dell'ambulanza è arrivato da Cosenza intorno alle ore 18 ed è salito sull'ambulanza che in quel momento era rientrata da Crotone. Chi si è occupato di gestire questa tempistica? Chi ha lasciato la centrale del 118 di Cosenza in tali condizioni di improvvisazione? Perché non è stato attivato subito l'elisoccorso?
Ecco, da quanto ho riassunto, è evidente che ci sono mostruose carenze del sistema dell'emergenza/urgenza della regione Calabria, colpevolmente ignorate, per quanto ben note - ben note! -, perché questo non è il primo caso al e allo stesso commissario governativo alla sanità che preferisce servire capodanni in piazza ai calabresi, invece di occuparsi della sanità. Sì, sono belli, ma non ce ne facciamo niente, se moriamo mentre aspettiamo un'ambulanza.
A riprova, semmai ce ne fosse bisogno, altri casi simili si sono verificati a Scala Coeli, a Praia a Mare e a Scigliano, in altre aree disagiate della provincia di Cosenza. Il problema, sapete qual è? È che non conoscete le realtà. Avete importato il modello lombardo del 118 in un territorio che con la Lombardia non ha proprio niente a che fare e, quindi, si è rivelato un fallimento. Questo è un po' un vizio del centrodestra: replicare alcuni modelli, come si è fatto anche con Azienda Zero in Calabria. Ma lo si fa non per risolvere i problemi, non per mettere al centro i bisogni dei cittadini - ogni regione ha le sue specificità -, ma soltanto per risparmiare, a discapito della tempestività e della sicurezza delle cure. Però, poi, quando si tratta di spendere, di investire in assunzioni, in dotazioni ospedaliere, in prevenzione, scappano tutti, scappano tutti! Ancora, davanti all'esigenza e all'urgenza di investire in sanità pubblica, il Governo ci ricorda che la sanità regionale è in piano di rientro e che va stretta la cinghia: non ci sono i soldi. Dimentica, però, che in una recente sentenza della Corte costituzionale, la n. 168 del 2021, la Corte ha chiarito che, anche nelle regioni commissariate, lo Stato non può essere spettatore passivo, ma deve fornire uomini e mezzi per il ripiano del disavanzo sanitario. Quindi, la retorica governativa sulla riduzione della spesa sanitaria calabrese si rivela una contraddizione gigantesca, poi dove? Quando? Quando i Ministeri dell'Economia e della Salute chiudono gli occhi sulle transazioni milionarie che l'ASP di Cosenza e di Reggio Calabria hanno deliberato alla velocità della luce per alcuni crediti che sono obiettivamente dubbi.
I fatti - diceva qualcuno - sono ostinati. Allora, va sottolineato che il commissario alla sanità calabrese non ha ancora detto una parola sull'approvazione - questa è bellissima - con analisi deduttive dei bilanci dell'ASP di Reggio Calabria degli anni dal 2013 al 2021. Li deduciamo i bilanci, in Calabria facciamo così, li deduciamo. E ancora: perché il commissario suona le trombe per i 100 milioni in più ricevuti dalla Calabria con l'ultimo riparto del Fondo sanitario, però poi non investe parte di questa somma per potenziare l'emergenza/urgenza degli ospedali montani? Potrei intervenire a oltranza, Presidente, ma credo che il tempo sia quasi terminato.
Ma adesso ho richieste da fare a nome del MoVimento 5 Stelle, che sulla sanità calabrese è stata l'unica forza politica vigile, presente e propositiva. Lo confermano le nostre centinaia di interventi tra atti di sindacato ispettivo, emendamenti e proposte di legge, sempre ignorati, anche rispetto allo smantellamento degli ospedali montani. Allora, chiediamo di abbandonare la retorica dell'elisoccorso come soluzione universale. I pazienti vanno seguiti e vanno assistiti sul posto, ma bisogna che, però, ci siano dei presìdi ospedalieri attrezzati. Chiediamo lo stesso a proposito della telemedicina come alternativa assoluta, anche alla luce delle tremende carenze di personale del Servizio sanitario calabrese e della bassa velocità di connessione, purtroppo, nelle aree montane.
Secondo. Chiediamo di affermare il principio per cui il paziente di montagna deve essere curato sul posto, se vogliamo imparare qualcosa dalla tragica vicenda di Serafino, di Antonio Loria.
Terzo. Chiediamo di modificare il decreto ministeriale sugli ospedalieri. Si tratta di un regolamento basato sui bacini di utenza, che non garantisce adeguata assistenza sanitaria alle popolazioni montane, soprattutto a quelle della Calabria, che ha strade in pessime condizioni, aree isolate e con forti rigidità climatiche e, al riguardo, proponiamo di prevedere delle eccezioni per questi territori, in modo che quegli ospedali possano avere una chirurgia generale con terapia intensiva e una cardiologia interventistica. Queste sono misure non più rinviabili, che vanno finanziate con il Fondo sanitario, di cui il Governo attuale ha vantato l'aumento; aumento che, in realtà, poi, vi ha detto il collega Quartini che non c'è affatto stato. Se ci sono tutti questi soldi in più vanno spesi, vanno spesi bene e vanno spesi per chi sta peggio.
Quarto. Già da subito i tavoli interministeriali devono intervenire per l'attivazione di una chirurgia generale con terapia intensiva nei quattro ospedali montani della Calabria: San Giovanni in Fiore, Acri, Serra San Bruno e Soveria Mannelli. Gli ospedalieri lo permettono, a mente delle disposizioni regolamentari che la dirigenza sanitaria calabrese ha interpretato in senso restrittivo, omettendo di considerare che, laddove esistente, la funzione di pronto soccorso deve avere per forza una chirurgia generale.
Presidente, siamo tutti Serafino e lo striscione che ha caratterizzato la fiaccolata che si è svolta a San Giovanni in Fiore, proprio in memoria di Serafino Congi, con 8.000 persone a manifestare per strada, dopo la morte di questo giovane padre di famiglia. Allora anche noi, qui in Parlamento, siamo Serafino. Per questo, non possiamo permettere, indipendentemente dalle bandiere politiche, che si ripeta un'altra tragedia del genere non solo nelle aree montane della Calabria, ma in qualsiasi altro territorio d'Italia.
Il Governo, Presidente, il commissario abbiano le orecchie per intendere, la testa per pensare, il cuore per capire ma, soprattutto, le mani per agire, ma per agire nell'interesse dei cittadini, non nel proprio interesse .
PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Santillo ed altri n. 2-00486 .
Il deputato Santillo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.
AGOSTINO SANTILLO(M5S). Grazie, Presidente, Governo. Oggi il tema dell'interpellanza è un tema cruciale per tutto il Paese, perché il famoso collegamento stabile - e non il Ponte sullo Stretto - il collegamento stabile tra le regioni Calabria e Sicilia è un tema importante, che ha un enorme impatto e un'enorme criticità non solo ambientale, ma anche economica e anche territoriale.
Va da sé che oggi c'è bisogno di tutto nel nostro Paese forse tranne che del Ponte sullo Stretto. Lo dimostrano il caos treni che stiamo vivendo in questi giorni, treni che, quasi puntualmente, mancano l'orario di partenza e l'orario di arrivo, treni cancellati, persone che non possono fare, per esempio, delle visite mediche. Come dimenticarsi, poi, del problema atavico delle infrastrutture della Calabria e della Sicilia, e noi ci andiamo a preoccupare del collegamento statico, perché? Perché così ha deciso Salvini che si deve fare, Salvini ha deciso che questa è una cosa “che s'ha da fare”, senza se e senza ma, e che questo Governo ha deciso di assecondare. Sembra assurdo, sembra una barzelletta, ma in realtà è così e la Meloni sta lì ad ascoltarlo. Ovviamente, di una cosa siamo contenti: che il calendario leghista di Salvini sia saltato, perché per lui i lavori del Ponte avrebbero dovuto iniziare - non so quante volte l'ha promesso e non so quanti lavoratori avrebbero dovuto esserci - entro la fine del 2024.
Ci siamo incontrati qui ad affrontare questo tema con il cosiddetto spezzatino sul Ponte, no? E allora siamo almeno contenti che questa promessa non l'abbia mantenuta perché, altrimenti, non staremmo nemmeno qui più a parlare, perché, per fortuna, siamo ancora in attesa di alcuni pareri, e ve lo dirò: io sono certo che questo ponte non si farà mai, solo che voi vi state intestardendo. Ma andiamo un po' ai fatti, poi contenuti nella relazione, nell'illustrazione stessa dell'interpellanza urgente, perché i fatti dicono che, sul portale del Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, è pubblicato il parere di compatibilità ambientale n. 19 del 13 novembre 2024. Bene, la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale ha espresso ben 62 condizioni ambientali. Non solo; c'è un parere negativo per la valutazione di incidenza appropriata di livello 2 per alcuni siti della Rete Natura 2000, di cui è ricca quell'area, sia in Calabria che in Sicilia, come la dorsale Curcuraci, come quello di Antennamare e di Area Marina Stretto. Insomma, sono parecchi.
Io voglio già ricordare al Sottosegretario Barbaro che già lo stesso Ministero dell'Ambiente aveva formulato 236 osservazioni, come un po' una crivella, un filtro. Adesso, insomma, è stato spostato un po', ne sono rimaste 62, ma sono 62 condizioni e sono 62 condizioni fortemente critiche dal punto di vista ambientale, e questo fa capire che del Ponte non esiste nessun progetto, questo Ponte è semplicemente un'idea nella testa di Salvini. Sfido chiunque a dire che del Ponte esiste un progetto definitivo approvato, tanto per dire. Quindi, se non esiste un progetto, come può esistere un costo per un Ponte? Infatti, possiamo dire che, quando si fa un progetto c'è, per determinare un costo, un computo metrico. Qualcuno ha visto mai un computo metrico del Ponte? Non c'è. Se vi andate a leggere tutti i riferimenti normativi, un progetto definitivo dovrebbe contemplare - deve contenere - un computo metrico estimativo, che significa quantità per prezzi unitari, ci fa un totale per ogni voce e il totale dei totali diventa il costo dell'opera. Bene, non esiste per il Ponte, non esiste.
Ma andiamo un po' a queste 62 condizioni che, veramente, hanno un impatto assurdo e critico proprio per l'ambiente, che questo Ministro e questo Ministero dell'Ambiente dovrebbe tutelare. Partiamo, innanzitutto, dalla condizione ambientale n. 1, che vincola la realizzazione dell'opera agli esiti della valutazione di incidenza ambientale di livello 3. Attenzione che la direttiva 92/43/CEE - perché questa è una valutazione che deve, poi, arrivare dal livello europeo - richiede una giustificazione adeguata dei motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, che si applica solo se, nonostante una valutazione negativa della incidenza, il progetto debba comunque essere realizzato per motivi imperativi rilevanti di interesse pubblico. Cioè, ci sta dicendo l'Europa: tu, comunque, se c'è una valutazione negativa di incidenza ambientale, lo puoi fare lo stesso, perché è rilevante l'interesse pubblico. E perché, come si fa a vivere in Calabria e in Sicilia senza questo ponte? Come è possibile? Come se tutto il resto non servisse. Eppure, nel rispettare le future decisioni della Commissione europea, si rappresenta che il proponente non ha valutato adeguatamente le eventuali alternative, in assenza delle quali come si fa a dire che c'è un rilevante interesse pubblico? Il progetto, poi, del proponente ha una carente valutazione progettuale ed economica, nello specifico. Lo dimostrano le 62 condizioni. Certe volte basta una condizione per dire che quel progetto non è fattibile.
Poi, sul lato progettuale, la compatibilità ambientale n. 34 prescrive al proponente, prima dell'approvazione del progetto esecutivo, uno studio in cui siano maggiormente approfonditi rilevamenti geologici e geomorfologici, indagini geofisiche, sismologiche e paleosismologiche e la caratterizzazione delle faglie. Ad oggi coloro che hanno fatto il progetto non sanno niente della strutturazione della valutazione dell'area sismica; fanno finta che lì le faglie non ci siano; eppure, come vedremo, degli esperti hanno dimostrato che lì ci sono. Queste indagini avrebbero già dovuto essere esperite dal proponente per sapere se e come l'opera può essere realizzata e valutare le alternative che, scusatemi colleghi, lo sanno tutti, a partire dalle scuole superiori: la prima alternativa è l'alternativa zero, cioè l'opera non si fa. Si può soddisfare l'esigenza - se esiste l'esigenza - di richiesta di trasferimento più rapido in altri modi. L'alternativa zero questo Governo non l'ha valutata. Bene, nel parere della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale si parla anche, in vari punti, dell'altezza di questo ponte, solo che una volta è 65 metri, come a pagina 20, un'altra volta è 77,50.
Insomma, questo comporta conseguenze enormi sulla progettazione del ponte (quella che si dovrà fare). Anche perché, immaginate le due torri che devono stare all'inizio e alla fine della campata unica di questo ponte: dove poggiano? A seconda dell'altezza, ovviamente, saranno più grandi. Quindi, questi costi ovviamente non sono noti. Finirà peggio dei Mondiali di Italia ‘90: si parte con 1 per arrivare a 10.
Sul lato economico, la Commissione tecnica per la verifica dell'impatto ambientale richiede di approfondire lo studio trasportistico. Ovviamente, è stata fatta una valutazione approssimativa - come ho detto - delle alternative progettuali per opere che dovessero essere meno onerose dal punto di vista economico, ma voi quelle non le avete proprio considerate.
Poi arriviamo alle condizioni ambientali nn. 2, 3, 4, 5, 18, 25 e 62, che sono relative alla gestione del materiale di scavo prodotto. Io non la voglio fare lunga, perché poi chi mi sente, magari pensa che io mi lagno, però, veramente, le condizioni sono state formulate. Queste condizioni, formulate dalla Commissione di verifica dell'impatto ambientale, in poche parole dicono: “Ma questo materiale che scavate, dove lo andate a mettere?”. Ma è mai possibile che per qualsiasi intervento che si faccia nei lavori pubblici in Italia, anche fosse solo di 10 metri cubi, uno deve indicare quale sia la cava di destinazione, di conferimento, e, invece, del ponte - visto che pochi sanno quanti metri cubi di prodotti di scavo mobilita - ce ne possiamo fregare?
Allora, ve lo dico io. I metri cubi di materiale scavato che devono essere conferiti a discarica sono circa 16,6 milioni di metri cubi: parliamo di 12 milioni di metri cubi circa per il versante siciliano e 4,6 circa i rimanenti per il versante calabrese.
La cosa tra virgolette “fantastica” è addirittura che le imprese hanno l'obbligo di dire non solo dove conferiranno i materiali di scavo, ma anche che hanno mandato le richieste alle cave e le cave, peraltro, devono accettare questo materiale. Perché, altrimenti, immaginate cosa potrebbe succedere? Vendiamo questi 16 milioni e mezzo di metri cubi e magari li trasferiamo in altra parte d'Europa. Sarebbe assurdo. Quindi, come si fa a sapere il costo se non so nemmeno dove devo conferire questi materiali di esubero, di scavo? Non solo non hanno le autorizzazioni delle cave ad accoglierli, ma il proponente, nella valutazione del progetto, non ha nemmeno indicato le varie criticità che ci sono tra la mobilitazione dei prodotti e dei materiali di scavo e tutta la rete idrografica. Questi materiali sono una montagna: non è che si possono prendere e mettere da una parte così.
E poi c'è tutto quello che può riguardare l'interferenza con la parte anche sottostante delle acque. Quindi, il proponente non ha presentato le lettere di impegno dei gestori degli impianti per ricevere i rifiuti: assurdo.
Il ponte sullo Stretto - sto qui a ricordare a tutti - interessa due regioni, due province e tre comuni. Di fatto, determina una variante urbanistica e rappresenta un diverso modello di sviluppo territoriale: implica, quindi, un radicale cambio di paradigma rispetto allo stato attuale. Questi sono temi, caro Governo, che, per il livello di strategicità a cui si arriva con il ponte sullo Stretto, dovrebbero essere oggetto di una valutazione ambientale strategica e, quindi, di un adeguato contesto di valutazione. In sostanza, l'insieme delle opere che costituiscono il “progetto” tra virgolette, o meglio, il “non progetto”, relativo al ponte dovrebbe essere individuato per quello che effettivamente è, ovvero un piano integrato di sistema.
Studi eseguiti da esperti di fama internazionale di cittadinanza italiana, docenti ordinari di prima fascia di università del Nord, del Centro e del Sud Italia, hanno fatto una valutazione indipendente e ci hanno detto che, su quel ponte, le azioni del vento sono tali per cui lo spostamento orizzontale è dell'ordine anche di 10 metri, mentre sotto i carichi verticali, ferroviari e stradali, lo spostamento può arrivare addirittura all'ordine dei 15 metri. Ma dico io: il figlio del Ministro dell'Ambiente o suo figlio, Sottosegretario, o il figlio del Ministro Salvini, o suo figlio, Presidente, ma prenderebbe mai un ponte così? Veramente sconcertante: 10 metri e 15 metri. Voi direste: “Va bene, ma in quel caso lo chiuderei”. Ma secondo me, crolla pure. Va bene? Andatelo a vedere. Io non lo prenderei.
Ci sono esempi, questo dal punto di vista proprio normativo, come nel caso della zonizzazione acustica dell'aeroporto di Bergamo, in cui numerose sentenze del Consiglio di Stato hanno evidenziato dei vizi di illogicità e di difetto di istruttoria nel positivo giudizio di compatibilità ambientale espresso dalla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale. Quindi, sebbene il parere sia positivo, c'è un vizio di illogicità, di irragionevolezza. Questo lo dice il Consiglio di Stato nel caso, per esempio, della zonizzazione acustica dell'aeroporto di Bergamo.
Pensate cosa potrebbe essere per il ponte sullo Stretto che, praticamente, è molto più complesso. Lo stesso Consiglio di Stato ha anche confermato che le scelte progettuali relative ad aspetti qualificanti del progetto avrebbero dovuto già essere verificate in sede di valutazione d'incidenza ambientale - cosa che invece non è stata fatta - e che l'assenza di una valida valutazione ambientale strategica comporta un contraddittorio e illogico esito della valutazione di incidenza ambientale. C'è una valutazione ambientale che, di fatto, è inadeguata.
Lei rappresenta il Ministero dell'Ambiente e, quindi, dovrà trarre le conseguenze. I motivi già li ho detti, ma li riepilogo rapidamente: mancano gli studi geologici, geomorfologici e sismici, la tutela dei siti di rete Natura 2000, come anche la caratterizzazione qualitativa e quantitativa delle risorse idriche intercettate: già ce ne sono poche lì e, se quelle poche che ci stanno le andiamo a rovinare, peggio mi sento. Questo richiede una valutazione ambientale strategica che considera l'insieme come un piano integrato di sistema.
Un Ministero dell'Ambiente dovrebbe fare questo. Tutto ciò evidenzia l'inadeguatezza delle misure proposte per mitigare l'impatto ambientale. Il Ministro Salvini, quando è arrivato il parere favorevole della valutazione di impatto ambientale definitiva sul ponte, urlò: “l'Italia può guardare al futuro”. Noi, invece, nel futuro vediamo solo un grande disastro ambientale per il Paese.
E poi, che quest'opera non sia prioritaria, caro Governo, lo dice lo stesso Salvini quando afferma che, in caso di terremoto, resterebbe in piedi solo il ponte. Ma immaginate il terremoto: resta solo il ponte e non ci sono più le città. Ma veramente? Sembra una barzelletta.
Ministro, in conclusione, alla luce di queste criticità, noi chiediamo di riflettere affinché il Ministero dell'Ambiente esprima un parere negativo sulla compatibilità dell'opera, in ossequio ai principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 81 del 24 aprile 2013; in alternativa, in attesa che arrivi la decisione della Commissione europea sulla valutazione di incidenza ambientale di terzo livello, chiediamo che venga fatta una moratoria di pronunciamento. Anche perché, lei e il Ministero che lei rappresenta, è il Ministero delle opere utili, il Ministero delle opere che possono essere costruite rispettando l'ambiente. Questo è tutto tranne che rispetto dell'ambiente. Fare una fattibilità e poi dei progetti dovrebbe essere una cosa scontata; invece qui abbiamo semplicemente un'idea nella testa di Salvini che, per motivi politici ed elettorali, vuole apprestarsi a realizzare. Ma non ce la farà.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto di istruzione superiore Bonifazi-Corridoni di Civitanova Marche, in provincia di Macerata, che assistono ai nostri lavori dalle tribune .
Oggi i deputati presenti sono coloro che interpellano il Governo in maniera urgente.
Il Sottosegretario per l'Ambiente e la sicurezza energetica, Claudio Barbaro, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO BARBARO, Grazie Presidente. In merito al quesito posto, è necessario premettere che il progetto in questione, relativo al collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, è stato sottoposto a procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della cosiddetta legge Obiettivo, ossia la legge n. 443 del 2001.
Non si tratta infatti di un piano o programma sui quali si sarebbe applicata la VAS, ma di un progetto di un'infrastruttura strategica, approvato sulla base di una scelta localizzativa compiuta a monte, in funzione della realizzazione di un'opera pubblica di particolare rilevanza e complessità, comprensiva di infrastrutture trasportistiche, articolata in molteplici reti - stradali, ferroviarie, aeroportuali - con i relativi collegamenti.
Segnatamente, al progetto in parola si applica la procedura di VIA Speciale, ai sensi del decreto legislativo n. 190 del 2002, relativo alla realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale.
Successivamente, questo è stato sostituito dal decreto legislativo n. 163 del 2006, cosiddetto codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, con forme tuttora vigenti in forza del richiamo operato anche dal recente decreto legislativo n. 36 del 2023, sostanzialmente immutate anche a seguito del decreto-legge n. 35 del 2023, se non quanto a tempistica.
Detta procedura si è conclusa con parere favorevole espresso dalla Commissione VIA sul progetto preliminare, nel rispetto di raccomandazioni e prescrizioni, a cui ha fatto seguito la delibera CIPE n. 66 del 1° agosto 2003, con successivi aggiornamenti e verifica dell'ottemperanza. Sul progetto definitivo, è stato poi svolto l' istruttorio che ha visto contestualmente lo svolgimento, ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006, di una nuova procedura di VIA Speciale sulle parti variate rispetto al progetto preliminare precedentemente approvato e della procedura di verifica di ottemperanza alle prescrizioni dettate nella citata delibera CIPE n. 66 del 2003. L'istruttorio si è concluso con il parere n. 1185 del 2013, espresso dalla Commissione VIA, e quindi riavviato a seguito del decreto-legge n. 35 del 2023 per l'aggiornamento.
Il progetto preliminare comprendeva già le opere di raccordo stradale e ferroviario sui versanti calabrese e siciliano, in massima parte in galleria, per assicurare il collegamento del ponte al nuovo tracciato dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e alla linea ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità Napoli-Reggio Calabria, da un lato, e alle tratte autostradali Messina-Catania e Messina-Palermo, nonché alla prevista nuova stazione ferroviaria di Messina. Nel corso dello sviluppo della progettazione definitiva, alcune soluzioni contenute nel progetto preliminare sono state ritenute poco aderenti al nuovo quadro territoriale di riferimento nel frattempo mutato, e per questo motivo sono state riconsiderate dal proponente sia sul piano progettuale sia su quello ambientale.
Non si tratta dunque di un piano o programma, di cui all'articolo 3 della direttiva 42/2001/CE o dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, che definisce un quadro di riferimento per un'opera futura, ma proprio di un'opera, di un progetto a cui si applica invece la VIA, anche ai sensi di quanto disposto dall'articolo 6, comma 12, del decreto legislativo n. 152 del 2006, che prevede, tra l'altro, che la valutazione ambientale strategica non sia necessaria per la localizzazione delle singole opere. Che si tratti di un progetto e non di un piano programma è chiarito anche dall'inserimento dell'opera nella rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) a far data dalla decisione n. 884/2004/CE, che modifica la decisione n. 1692/96/CE sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T).
In tal senso, si rammenta la sentenza del Consiglio di Stato, sezione IV, n. 2062 del 2022, nonché TAR Emilia Romagna 277/2024 che, richiamando alcuni precedenti della Corte di giustizia UE, evidenzia i diversi obiettivi della disciplina della valutazione ambientale strategica, ossia di indirizzare futuri progetti, con un'analisi su un livello astratto.
Lo stesso Consiglio di Stato, con sentenza n. 2569/20149, ha chiarito che, quando la modifica al Piano, derivante dal progetto, sia di carattere esclusivamente localizzativo, la VIA è sufficiente a garantire il principio di sviluppo sostenibile, non essendo necessaria una preliminare fase strategica che evidenzi altre opzioni localizzative.
Anche la recente pronuncia del TAR Lazio 17216/2023 evidenzia che, in presenza di progetti in Legge obiettivo o comunque oggetto di previsioni legislative puntuali sul loro carattere strategico, nonché sull'analisi costi-benefici, le scelte localizzative “sono state compiute una volta per tutte in sede legislativa” e che, in detti i casi, la procedura di VIA è “l'unico strumento di analisi e di valutazione per interventi e progetti puntuali, come quelli in considerazione, scevri da ogni componente pianificatoria o programmatoria, già compiuta a monte ”. Ciò anche in ragione “della previsione dell'art. 6 comma 12 del decreto legislativo n. 152 del 2006” e dell'appartenenza dell'opera al novero delle infrastrutture strategiche approvate dal CIPE”.
Da ultimo si evidenzia che anche nell'interlocuzione con la Commissione UE, il cui esito ha informato l' svolto dalla Commissione VIA-VAS, in una logica di interpretazione e applicazione conforme della disciplina nazionale risultante dal combinato disposto della legge n. 443/2001 e successive modifiche e integrazioni, del decreto legislativo n. 26 del 2003 e del decreto legge n. 35 del 2023, si è discusso unicamente di valutazione di impatto ambientale e mai è stata praticata la necessità di VAS.
Con riferimento agli esiti delle attività effettuate, la Commissione Tecnica VIA-VAS, in data 13 novembre 2024, ha espresso il proprio parere positivo di compatibilità ambientale, condizionato all'ottemperanza di 62 condizioni ambientali relative alle diverse fasi progettuali.
In merito al giudizio di incidenza ambientale, invece, è stato espresso parere negativo con precipuo riferimento alla Valutazione di Incidenza Appropriata di livello II per i siti classificati come Zone di protezione speciale (ZPS) dei Monti Peloritani della Costa Viola, nonché per il sito classificato come Zona speciale di conservazione (ZSC) denominato “Fondali da Punta Pezzo a Capo dell'Armi”. Per tali aree, non è possibile escludere che il progetto determinerà incidenze significative.
Alla luce di quanto sopra esposto, è possibile affermare che, sotto il profilo del giudizio d'incidenza ambientale, dunque, l'istruttoria è stata compiuta, guardando a molteplici profili e giungendo a una accurata differenziazione per fattispecie di ZPS e ZSC. Ciò a ulteriore dimostrazione del grado di approfondimento svolto nella fase procedimentale prevista.
Nel pieno rispetto della normativa vigente in materia, si conferma che la valutazione di compatibilità ambientale, in relazione al predetto parere di VINCA Appropriata di livello II, è condizionata anche all'esito della fase III della Valutazione di Incidenza stessa. Tale fase è necessariamente da realizzarsi prima dell'approvazione finale del progetto esecutivo.
Si specifica al riguardo quanto previsto dalla normativa vigente, in caso di incidenza negativa o nessuna certezza in merito all'assenza di incidenza negativa, che dovesse permanere nonostante le misure di mitigazione definite nella Valutazione di Incidenza Appropriata, di cui al Livello II. In tali circostanze, la procedura di cui all'articolo 6.3 della direttiva Habitat non prevede esplicitamente che vengano prese in considerazione soluzioni alternative.
Piuttosto, proprio nei casi previsti dall'articolo 6.4 della direttiva Habitat, relativo alle Misure di Compensazione (Livello III della Valutazione di Incidenza), sarà necessario dimostrare che non ci sono soluzioni alternative, in grado di mantenere il progetto al di sotto della soglia di incidenza negativa significativa.
Si deve, inoltre, rammentare che, nella Legge Obiettivo, sono previsti livelli progettuali caratterizzati da diversi stadi di affinamento delle tematiche e da progressivi approfondimenti in sede di attuazione progettuale, così come sottolineato anche da numerose statuizioni del Consiglio di Stato in merito a opere ricollegate alla predetta Legge. Restano, pertanto, pochi margini a carenze istruttorie. Piuttosto, è possibile attestare la funzione svolta in supporto dell'amministrazione verso l'elaborazione di un quadro di valutazione tanto dettagliato per ciascuna fase progettuale, quanto esaustivo degli impatti ambientali complessivi.
Si segnala, infine, che il parere espresso dalla Commissione, quale atto meramente endoprocedimentale, è stato trasmesso agli altri soggetti coinvolti nel procedimento, che potranno dare seguito alle proprie attribuzioni.
I soggetti coinvolti nell'ambito di simili procedimenti, che hanno peraltro a che fare, come nel caso di specie, con progetti di evidente complessità, sono numerosi e dotati di competenze variegate.
Come acclarato da recenti mutamenti (comunque relativi al 2021) del quadro giuridico di riferimento, rientra nella sfera delle attribuzioni delle strutture amministrative compiere simili valutazioni. Verificato che non si producano sacrifici degli indirizzi di tutela ambientale, non spetta, di regola, all'autorità politica assumere le valutazioni in questione.
PRESIDENTE. Il deputato Santillo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
AGOSTINO SANTILLO(M5S). Presidente, ahimè, devo dire che, sulla domanda secca “sono soddisfatto o meno”, non siamo soddisfatti, perché non è soddisfatto il territorio: le esigenze territoriali sono completamente diverse. Questo territorio di tutto ha bisogno, tranne di un potenziamento, del collegamento stabile, del ponte sullo Stretto di Messina. Sì, perché le priorità dovrebbero essere la sanità
- no? -, il caro bollette, il caro energia, come abbiamo ricordato già nella fase di illustrazione, le criticità infrastrutturali, le carenze infrastrutturali, una Sicilia che non ha l'alta velocità, una Calabria che ancora non ce l'ha completata. Abbiamo intere linee che ancora non sono elettrificate.
E invece no, questo Governo continua. Avete sentito nella risposta? Qua ci vuole l'incidenza e non ci vuole l'impatto ambientale, non ci vuole la Valutazione Ambientale Strategica. Ma fate una valutazione seria, fate una valutazione complessiva a 360 gradi che dica se questo ponte si possa e si debba fare, se sia fattibile o meno. Invece no, mancano tanti riferimenti.
Ma chi se ne è accorto forse è il TAR Lazio, che avrebbe dichiarato ammissibile l'impugnazione del parere proprio della Commissione VIA-VAS, che era stato avanzato dai comuni di Villa San Giovanni e della Città metropolitana di Messina.
Insomma, ne vedremo delle belle, Sottosegretario del Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, anche perché, secondo il rapporto di Pendolaria, l'87 per cento degli stanziamenti infrastrutturali, entro il 2038, saranno destinati al ponte sullo Stretto, un ponte che ha un progetto vecchio… No, ho sbagliato a dire, ha un'idea vecchia, perché semplicemente questo ponte non ha mai avuto un progetto.
Lei, infatti, ha citato bene prima. Nel progetto preliminare c'era. Quando parla di progetto definitivo - ha visto? - non ha potuto dire nessuna autorizzazione; il progetto definitivo non è approvato, non è autorizzato.
Adesso, con 62 condizioni, si dovrebbero fare i progetti esecutivi “a spezzatino”, come dice Salvini. Sconcertante. Io le voglio ricordare che, intanto, dal primo appalto - quindi, parliamo dal 2005 ad oggi -, il costo previsto di questo progetto sarebbe passato da 3,88 miliardi agli attuali 13,5 miliardi. Ma, come raccontavo anche prima, tutto qui è una bolla di sapone: non si sa a quanto arriveremo, non esiste un progetto, dovete ammettere che non esiste un computo metrico e, quindi, non esiste un quadro economico di un progetto definitivo. Quindi, nessuno può sapere, se non lui, a quanto ammonta questo costo complessivo. Non sono esaminati tutti gli scenari. Ma si può sapere perché non è stata presa in considerazione l'alternativa zero, lo scenario zero, cioè il potenziamento del collegamento dinamico, anziché fissarsi e focalizzarsi su questo collegamento statico, in una zona dove c'è una faglia che, come metti un pilone di un ponte, dopo un po', se ne va a terra?
Poi, scusatemi, giusto per capire, io l'ho letta l'idea del ponte, tutte le relazioni tecniche, illustrative che lo seguono. Vi sarà scappato che non esiste alcun tipo di valutazione dal punto di vista del trasporto delle merci. Allora, voi ci dovete dire: il gigantismo navale ci porta a navi di dimensioni sempre più grandi, già oggi alcune navi esistenti non potrebbero, con le loro dimensioni, passare sotto questo ipotetico ponte, un domani ancora di meno. Ma avete capito che, forse, ci sono gestori di aziende che trasportano merci che, poiché non riescono a passare sotto al ponte sullo Stretto, anziché circumnavigare la Sicilia per arrivare nel Nord Italia - per esempio, nel porto di Genova - per, poi, andare a soddisfare i mercati europei, potrebbero scegliere di andare verso i mercati africani, ad esempio? Avete capito quale danno stareste arrecando all'Italia? Questa valutazione non è fatta, eppure è una valutazione che dovrebbe far parte di una fattibilità, nemmeno di un progetto preliminare. Siamo arrivati ad un definitivo con 62 condizioni: chi lo farà questo studio?
Vi nominavo prima uno studio indipendente fatto da alcuni docenti ordinari in Italia, esperti a livello internazionale nella costruzione in zone sismiche e costruzione di ponti. Ebbene, il ponte sullo Stretto è il primo ponte ferroviario a campata unica - ma, in questo caso, è anche stradale - lungo 3.300 metri. Presidente, al mondo esistono solo 4 ponti ferroviari ad una campata oltre i 1.000 metri di lunghezza: il più lungo di tutti è il terzo ponte sul Bosforo, lungo 1.408 metri di campata ed è lo Yavuz Sultan Selim, ed ha 256 come valore di snellezza. Il ponte sullo Stretto è lungo due volte e mezzo ed ha una snellezza 4,5 volte superiore. È una cosa pericolosissima proprio dal punto di vista del trasporto ferroviario.
Tra l'altro - badate bene -, per passare dal primo ponte ferroviario che ha raggiunto i 1.000 metri di lunghezza come campata unica a quello più lungo esistente di 1.408 metri, l'uomo ha impiegato 50 anni. Adesso, per passare dai 1.408 metri ai 3.300 metri a campata unica del ponte sullo Stretto di Messina, impieghereste soli 10 anni. Ma stiamo scherzando? Il 134 per cento in più in soli 10 anni? Sapete con quale velocità cresce la dimensione dei grattacieli? Me la sono andata a studiare: mediamente, del 10-15 per cento. Quindi, un grattacielo sarà il 10 per cento, massimo il 15 per cento più alto o più grande del precedente. Si esclude solo l'ultimo caso, quello del grattacielo di Dubai, che è alto il 62 per cento in più rispetto al precedente. Per il ponte sullo Stretto stiamo parlando del 134 per cento in più.
Allora, diciamo le cose come stanno. Un ponte come quello sullo Stretto sarebbe sollecitato da carichi enormi, da forze enormi e sarebbe di dimensioni così mastodontiche che una cosa è certa: l'incertezza - questo lo dice la storia dell'uomo -, ma sarà pure certa la presenza di problemi anche ignoti. Quando posso affrontare una sfida del genere dal punto di vista umano? Se voglio andare sulla luna, inizio a volare, invece voi state facendo un tuffo per cui un uomo salta in aria fino ad andare sulla luna. Eh no, c'è bisogno di studiare. Questo è possibile se c'è, per esempio nel caso delle opere infrastrutturali, una rivoluzione nel campo dei materiali, se ho scoperto un materiale che prima non esisteva e che mi dà maggiore resilienza, maggiore resistenza o, ancora, se ho scoperto una tecnologia che mi consente di fare costruzioni che fino ad oggi non avrei potuto fare. Guardiamoci in faccia, questa rivoluzione non c'è stata, questo ponte non si potrà fare, cioè si parte, ma non si sa dove si arriva, perché è un salto troppo grande, verso l'ignoto.
Allora, dinanzi a questo dico: vi siete chiesti il beneficio qual è? La parte commerciale non è stata valutata: a me farebbe piacere leggerla, mi farebbe piacere che fosse valutata e che desse una fattibilità positiva, così io, da ingegnere, potrei dire “andiamo e corriamo”. Ma se non è stata valutata, avete almeno valutato quanto è la riduzione dei tempi di percorso per un passeggero su un treno, per esempio da Roma a Siracusa? Quale è il vantaggio che vi porta questo ponte?
Oggi il viaggio è di circa 11 ore, di oltre 11 ore. Se andate a migliorare l'Alta velocità Salerno-Reggio Calabria, se realizzate, con altri 10 miliardi, la parte iniziale dell'Alta velocità in Sicilia, allora potreste fossilizzarvi solo sulla parte dello Stretto di Messina. A quel punto, scoprirete che cosa? Che, se realizzate le altre cose, nel frattempo, avrete già ridotto questo tempo da 11 ore e mezza a 6 ore e mezza, avrete già ridotto di 5 ore questo orario, e l'ultima mezz'ora si potrebbe ridurre con il ponte sullo Stretto. Ma anche questa mezz'ora ha un costo e invece di realizzare il ponte e, quindi, il collegamento statico, potreste potenziare il collegamento dinamico. Come? È facile: prevedendo una maggiore frequenza delle navi, navi diverse, navi che in pancia possano ospitare, per esempio, due treni separati che, partendo da Villa San Giovanni e arrivando a Messina, poi uno automaticamente va verso Palermo e l'altro va verso Catania e Siracusa. Tutto ciò non è stato analizzato.
Io voglio dirvi una cosa. Adesso è stato avanzato l'esposto da FS per il caos che c'è stato sui treni, per i guasti; sembrerebbero dei guasti, secondo qualcuno ci potrebbe essere una particolare matrice e la DIGOS, ovviamente, sta svolgendo le indagini, Ma, quando scoprirete che questi guasti non hanno nessuna matrice, poi cosa farete? Non è meglio prendere quei soldi che state sprecando per il ponte e utilizzarli per potenziare le infrastrutture, per potenziare anche il servizio manutentivo, quei dipendenti, quelle figure che mancano, ad esempio, dentro FS o dentro RFI, o cercare anche di migliorare il trasporto con i vagoni, con vagoni migliori, più capienti, più confortevoli? Invece no, avete deciso di no. Allora, io vi prego: per cortesia, fermatevi, altrimenti andrete a sbattere contro un muro, come un treno a 300 all'ora.
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Morfino ed altri n. 2-00490 .
Chiedo alla deputata Morfino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
DANIELA MORFINO(M5S). Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, grazie soprattutto a lei, Sottosegretario Barbaro, per la sua disponibilità a leggere la risposta che le hanno passato gli uffici del Ministero competente, che sappiamo non essere il suo, proprio per l'assenza del Ministro Foti in Aula.
Oggi prendo la parola con profonda amarezza, un'amarezza che non posso di certo nascondere. Nel luglio scorso, il CIPESS ha approvato la delibera che ha disposto il definanziamento di progetti nell'ambito del Piano di sviluppo e coesione Sicilia 2014-2020, per un importo complessivo quasi di 340 milioni - ripeto, quasi di 340 milioni -, giustificando il definanziamento con il mancato raggiungimento di obbligazioni giuridicamente vincolanti entro i termini stabiliti del 31 dicembre 2022 e del 30 giugno 2023.
Questa delibera, Presidente Mule', non è solo un provvedimento amministrativo, è un colpo al cuore della Sicilia, della nostra Sicilia, un tradimento delle legittime aspettative di un territorio che chiede soltanto giustizia e attenzione. Questi 338 milioni di euro non sono numeri, non sono semplici cifre su un bilancio da riequilibrare, questi fondi rappresentano la possibilità concreta per i siciliani: rappresentano strade migliori, ospedali più attrezzati, infrastrutture necessarie, risposte a bisogni reali.
Toglierli significa privare la Sicilia di risorse vitali, fermare progetti essenziali, rallentare o addirittura abbandonare interventi che avrebbero migliorato la qualità della vita dei siciliani. Destinate, quindi, questi fondi a migliorare le infrastrutture fondamentali, mitigare il rischio idrogeologico e sviluppare la rete di trasporti e dei servizi pubblici essenziali nella Sicilia e nelle città metropolitane.
Parliamoci chiaro, non stiamo parlando di interventi superflui, ma di opere fondamentali. Ne cito qualcuna: i lavori, ad esempio, per la costruzione di opere connesse agli alloggi popolari, opere a protezione stradale previste nel piano straordinario di messa in sicurezza delle strade nei piccoli comuni e nelle aree interne, bonifiche, dighe, smaltimento di rifiuti e tanto altro. Non sono interventi che possono essere eliminati così, a cuor leggero: ciò danneggia e mortifica un intero territorio.
Allora sì, io parlo di tradimento di questa regione. Questo definanziamento è un tradimento per i siciliani, per i nostri territori e anche per i nostri giovani. È l'ennesima dimostrazione che il Sud e, in particolare, la Sicilia non sono considerati una priorità da questo Governo. Questo non lo possiamo accettare e spero che nemmeno i siciliani di maggioranza possano accettarlo.
Sottosegretario Barbaro, lo riferisca pure al Ministro Foti: quello che sta succedendo ha una connotazione che va oltre l'assurdo ed entrerò, anche su questo, in merito nella replica. Non vorrei che nella risposta ci fosse l'elenco di una serie di iniziative, tipo “noi abbiamo fatto” o “noi abbiamo detto”, perché non possiamo accettarlo. Il perché è semplice e lo preciso e lo puntualizzo subito: l'attuale governatore siciliano è di centrodestra e il governatore precedente è stato sempre di centrodestra, per cui questo definanziamento non può essere che colpa del governo di centrodestra siciliano e a piangerne le conseguenze sarà ancora una volta la Sicilia.
Questa mancata realizzazione degli interventi rischia di accentuare un divario infrastrutturale ed economico tra l'isola e le altre regioni italiane. Vi informo che, oltre al danno, c'è anche la beffa. Questi 338 milioni, che per legge dovrebbero essere vincolati al territorio siciliano, rischiano di essere utilizzati altrove e non è dato sapere come verranno utilizzate le somme non spese: non lo sappiamo, dunque.
Presidente, le norme nazionali sul punto parlano chiaro. Queste risorse hanno un vincolo di destinazione dell'80 per cento al Mezzogiorno. La loro mancata spesa non può fornire il pretesto per eludere quel vincolo e destinare le risorse programmate a chissà quale altro obiettivo. Non vorremmo sentire di certo oggi la narrazione che questi progetti, magari, verranno recuperati o rifinanziati con altre fonti, perché significa solo distogliere altre risorse per futuri progetti.
Allora, la domanda che oggi poniamo con questa interpellanza urgente è molto chiara: se il Governo intende riprogrammare le risorse economiche attualmente sottratte e ridestinarle nuovamente alla regione Sicilia e, di conseguenza, se intende avviare una revisione del processo decisionale che ha portato a tali definanziamenti, tenendo conto delle particolari criticità e delle esigenze del territorio siciliano. In sostanza, il Governo si impegna a fare qualcosa, Sottosegretario? La risposta spero che sia esaustiva, non tanto per me, ma per chi se la merita.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica, Claudio Barbaro, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO BARBARO, Grazie, Presidente. Gli onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in ordine alle motivazioni del definanziamento di alcuni interventi inseriti nel Piano sviluppo e coesione della regione siciliana 2000- 2020, disposto con delibera del CIPESS n. 40 del 2024, e alle iniziative che il Governo intende assumere sia per mitigare gli impatti derivanti dal disposto definanziamento, anche mediante la riassegnazione alla medesima regione delle risorse economiche rese disponibili a seguito di detto definanziamento e la revisione del processo decisionale che ha portato il CIPESS ad adottare la citata delibera, sia per assicurare il rispetto da parte della regione siciliana delle tempistiche previste per l'utilizzazione delle risorse afferenti ai nuovi cicli di programmazione.
Al riguardo, si rappresenta quanto segue. L'articolo 44 del decreto-legge n. 34 del 2019, al dichiarato fine di migliorare il coordinamento unitario e la qualità degli investimenti finanziati con le risorse nazionali destinate alle politiche di coesione dei cicli di programmazione 2000/2006, 2007/2013 e 2014/2020, nonché di accelerarne la spesa per ciascuna amministrazione centrale, regione o città metropolitana titolare di risorse a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, ha previsto l'istituzione per ciascuna amministrazione di un unico documento programmatico, denominato PSC o Piano di sviluppo e coesione, sostitutivo di tutti i precedenti strumenti di natura programmatoria e caratterizzato da modalità unitarie di gestione e monitoraggio.
Quanto al contenuto del Piano di sviluppo e coesione, il comma 7 dell'articolo 44 stabilisce che possono assumere rilievo: gli interventi dotati di progettazione esecutiva o con procedura di aggiudicazione avviata, individuati sulla base dei dati di monitoraggio presenti, alla data del 31 dicembre 2019, nel sistema di monitoraggio unitario di cui all'articolo 1, comma 245, della legge 27 dicembre 2013, n. 147; tutti gli altri interventi ritenuti coerenti con le missioni della politica di coesione di cui alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2019 e con gli obiettivi strategici del nuovo ciclo di programmazione dei fondi europei, fermo restando l'obbligo di generare obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV) entro il 31 dicembre 2022.
Quanto al definanziamento degli interventi inseriti nel Piano sviluppo e coesione e degli interventi finanziati con le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, occorre altresì ricordare: che, ai sensi del comma 7- dell'articolo 44 sopra menzionato, tutti gli interventi privi di obbligazioni giuridicamente rilevanti alla data del 31 dicembre 2022 sono oggetto di definanziamento; che, ai sensi dei commi 7- e 7- del medesimo articolo 44, sono sottratti al citato meccanismo di definanziamento gli interventi infrastrutturali di valore finanziario complessivo superiore ai 25 milioni di euro, purché abbiano generato delle obbligazioni giuridicamente rilevanti entro la data del 30 giugno 2023, gli interventi inseriti nei contratti istituzionali di sviluppo di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 88 del 2011 e gli interventi affidati a commissari governativi.
Infine, quanto all'impiego delle risorse rivenienti dai definanziamenti disposti ai sensi del citato articolo 44, si evidenzia che, in base al combinato disposto dell'articolo 56, comma 2, e dell'articolo 58 del decreto-legge n. 50 del 2022, esse sono destinate al finanziamento degli oneri finanziari discendenti dalle varie misure previste dal citato decreto-legge n. 50 del 2022 e, in particolare, di quelli connessi all'incremento della dotazione del fondo per l'avvio delle opere indifferibili di cui all'articolo 26 del medesimo decreto.
Tanto premesso, relativamente al PSC Sicilia 2000-2020, tenuto conto degli esiti delle prescritte verifiche in ordine al tempestivo conseguimento dell'OGV, operate sulla base sia delle risultanze dell'apposito sistema di monitoraggio sia del confronto operato con le amministrazioni interessate, il CIPESS, con delibera n. 40 del 9 luglio 2024, ha disposto il definanziamento degli interventi delle sezioni ordinarie dei PSC della regione siciliana e delle città metropolitane di Catania, Messina e Palermo, per un valore complessivo di 338.734.846,51 euro, di cui: euro 245.037.092,51 per interventi privi di obbligazioni giuridicamente vincolanti al 31 dicembre 2022, ai sensi del comma 7, lettera , dell'articolo 44 del decreto-legge n. 34 del 2019; euro e 93.697.754,00 per interventi privi di obbligazioni giuridicamente vincolanti alla data del 30 giugno 2023, ai sensi del comma 7- dell'articolo 44 del decreto-legge n. 34 del 2019.
Premesso quanto sopra, con specifico riguardo alle ragioni del mancato conseguimento delle OGV entro i termini previsti, si evidenzia che esse, così come registrato con riguardo ad altri di PSC, sono ascrivibili sia a ragioni endogene della pubblica amministrazione (esemplificativamente, ritardi nel rilascio delle autorizzazioni necessarie ovvero eccessiva durata dei procedimenti amministrativi) sia a fattori esogeni (esemplificativamente, instaurazione di contenziosi).
Con specifico riguardo all'iniziativa che il Governo ha assunto ovvero che intende assumere per mitigare gli effetti del disposto definanziamento, si rappresenta che, con delibera CIPESS n. 25 del 2023, sono stati imputati alla regione siciliana nuovi 6,6 miliardi di euro di FSC 2021-2027, di cui 5,3 miliardi per nuovi progetti, già finalizzati nell'ambito dell'Accordo per la coesione della regione siciliana, sottoscritto il 27 maggio 2024, e attivati con delibera del CIPESS n. 41 del 2 luglio 2024.
Inoltre, con la medesima delibera n. 41 del 2024, è stato disposto il rifinanziamento, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 53 del decreto-legge n. 13 del 2023, di 15 interventi afferenti al precedente ciclo di programmazione 2014-2020 ed oggetto di definanziamento e sono in corso le interlocuzioni finalizzate alla definizione di un atto integrativo all'Accordo per la coesione, che consentirà l'impiego di ulteriori 1,35 miliardi a disposizione della regione siciliana a valere sul Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987.
Infine, con specifico riguardo alle iniziative che il Governo ha assunto e che intende assumere al fine di consentire, in relazione al nuovo ciclo di programmazione 2021-2027, il tempestivo adempimento da parte delle amministrazioni beneficiarie delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, si rappresenta che, con il decreto-legge n. 124 del 2023 (cosiddetto decreto-legge Sud), sono state introdotte nell'ordinamento giuridico diverse disposizioni finalizzate a realizzare un effettivo coordinamento tra le risorse europee e nazionali per la coesione, le risorse del PNRR e le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per la programmazione 2021-2027, al fine di consentire un più efficace e razionale utilizzo, mediante la previsione degli Accordi per la coesione.
In particolare, con riguardo alla programmazione e all'utilizzazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, è stato delineato un percorso di programmazione condivisa, sia per quanto riguarda le risorse assegnate alle amministrazioni centrali, sia per quanto riguarda le risorse assegnate alle regioni, che assicura l'unitarietà strategica degli interventi, il pieno rispetto delle finalità dei fondi, connesse alla riduzione dei divari territoriali, il rafforzamento del sistema di monitoraggio, nonché una maggiore efficacia degli interventi.
In attuazione delle previsioni di detto decreto-legge, il Governo ha provveduto a sottoscrivere gli Accordi per la coesione con tutte le regioni e con le province autonome di Trento e Bolzano, consentendo l'impiego di tutte le risorse ad esse assegnate.
Al contempo, il Governo ha assunto specifiche iniziative in materia di rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni, anche al fine di assicurare una più efficiente ed efficace utilizzazione delle risorse della politica di coesione nazionale ed europea.
In particolare, nello scorso mese di dicembre, si sono svolte le prove concorsuali relative al reclutamento di 2.200 unità di personale a tempo indeterminato appartenente all'area dei funzionari, di cui 623 destinati ad enti territoriali della regione siciliana.
Inoltre, con l'articolo 6 del decreto-legge n. 60 del 2024, il Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud è stato autorizzato a porre in essere specifiche azioni finalizzate al rafforzamento della capacità amministrativa e al supporto tecnico-specialistico dei soggetti e degli organismi di attuazione e coordinamento delle politiche di coesione con particolare riferimento a quelle delle 7 regioni meno sviluppate, utilizzando le risorse del Programma operativo complementare al Programma operativo nazionale e capacità istituzionale 2014-2020, che si aggiungono alle azioni già previste dal Programma nazionale capacità per la coesione 2021-2027, di titolarità del medesimo Dipartimento e in corso di attuazione.
PRESIDENTE. La deputata Morfino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
DANIELA MORFINO(M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario, riferisca pure al Ministro Foti che comprendo le difficoltà nel giustificare questo definanziamento, ma ovviamente non posso essere soddisfatta per la risposta. Mi sarei aspettata, da parte del Ministero interrogato, una posizione più chiara, più determinata e soprattutto più rispettosa delle legittime istanze della Sicilia e dei siciliani.
Parlare genericamente o fare un'elencazione come motivazione del definanziamento di questi oltre 338 milioni di euro è un insulto all'intelligenza di chi vive ogni giorno le difficoltà di questa terra. È troppo facile nascondersi dietro un linguaggio tecnico, un linguaggio burocratico, per giustificare un colpo così duro allo sviluppo del territorio siciliano.
Vede, Presidente, questi sono gli ennesimi fondi persi. Questi fondi, per una terra come la Sicilia, dovrebbero essere un'opportunità e non un'occasione persa. Dove erano le azioni preventive? I progetti non hanno raggiunto le obbligazioni giuridicamente vincolanti entro le scadenze previste. Bene, ma la domanda resta: quali iniziative sono state prese per prevenire questo fallimento?
Era compito del Governo e delle autorità competenti vigilare affinché tali scadenze venissero rispettate, in una regione che è governata da voi, dal centrodestra. Dove erano i rapporti tecnici e le misure di accompagnamento per aiutare le amministrazioni locali e regionali a rispettare i termini? Perché non si parla di responsabilità? Chi ha deciso di colpire settori cruciali, come le infrastrutture varie, interventi idrogeologici e progetti di sviluppo urbano, senza prima valutare le implicazioni del territorio?
Non accettiamo che tutto venga archiviato come un semplice problema burocratico o di tempistiche. Questo definanziamento è il risultato di un sistema inefficiente, che scarica il peso degli errori sempre sulla comunità.
Quali sono le soluzioni proposte? Abbiamo chiesto al Governo di riprogrammare le risorse sottratte alla Sicilia. La risposta è stata vaga; un elenco di promesse generiche senza alcun impegno concreto. Dov'è il piano per ripristinare i fondi a progetti strategici? Dove sono le azioni per colmare il divario infrastrutturale ed economico tra la Sicilia e il resto del Paese? È forse il ponte di Salvini la priorità per la Sicilia, un'opera così faraonica che ignora i bisogni più immediati e reali del territorio?
Non possiamo accettare che si parli sempre del ponte come una soluzione, mentre mancano strade percorribili, ferrovie moderne e infrastrutture essenziali per garantire una vita dignitosa ai cittadini siciliani.
La Sicilia non può essere saccheggiata in questo modo, sotto il silenzio complice del Ministro Musumeci e dell'attuale governatore della Sicilia, Schifani. Diciamolo chiaro: le responsabilità sono di entrambi, soprattutto del primo.
Lo scippo di 338 milioni di euro, che il Governo Meloni ha tagliato alla Sicilia, porta un nome e cognome, quello di Nello Musumeci, del partito di Fratelli d'Italia, già presidente della regione Sicilia e, oggi, Ministro di questo sciagurato Governo. Adesso, ci spieghiamo l'assenza, oggi, in Aula, del Ministro Foti a risponderci. Evidentemente, non voleva metterci la faccia su questa interpellanza urgente.
Già nel 2023, abbiamo denunciato pubblicamente l'operato dell'allora presidente Musumeci, divenuto componente dell'Esecutivo Meloni, di voler lasciare a Roma quasi un miliardo di fondi del Piano per lo sviluppo e la coesione della Sicilia, che la Sicilia avrebbe potuto utilizzare per colmare il infrastrutturale con il resto del Paese. Soldi dei siciliani, gestiti da un presidente di regione, che, con certa arroganza politica, aveva volutamente tenuto per sé la delega della programmazione.
Concludo, Presidente. Ogni tanto, il Ministro Musumeci e il governatore siciliano Schifani dovrebbero spogliarsi della casacca di partito e indossare la maglia della Sicilia, perché i loro silenzi su questa vicenda sono inopportuni e direi anche vergognosi. Vede, Presidente Mule', serve che l'attuale governatore della Sicilia Schifani dimostri ai siciliani da che parte stare.
Nella nuova e imminente delibera del CIPESS vi sarà un altro riconteggio e, quindi, auspichiamo che non spariscano altri progetti.
Questo definanziamento è un fallimento del Governo di centrodestra siciliano. La Sicilia merita rispetto, merita investimenti concreti, opere necessarie, soluzioni reali, merita di essere considerata una risorsa per questo Paese e non un problema da ignorare. Non si tratta solo di infrastrutture o di bilanci, qui si tratta di giustizia, si tratta di rispetto per un territorio che ha dato tanto e che chiede soltanto di ricevere ciò che gli spetta.
Questo Governo deve ritornare sui suoi passi. Ripristini i fondi, riprogrammi gli interventi e dimostri con i fatti che la Sicilia è una priorità per questo Governo.
PRESIDENTE. Salutiamo le studentesse, gli studenti, i professori e gli accompagnatori dell'Istituto comprensivo di via Teodoro Mommsen di Roma, nel quartiere Appio Latino. Benvenuti alla Camera dei deputati. Bravi ragazzi, noi stiamo svolgendo alcune interpellanze urgenti, quindi sono presenti in Aula solo i deputati interessati ad avere delle risposte al Governo .
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Casu n. 2-00506 .
L'onorevole Casu ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.
ANDREA CASU(PD-IDP). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, studenti che oggi partecipate ai nostri lavori, intervengo, a nome del gruppo del Partito Democratico con al mio fianco Arturo Scotto, per presentare un'interpellanza urgente che tutte e tutti insieme valutiamo molto importante.
È la prima interpellanza che portiamo insieme al confronto in questo nuovo anno. Un nuovo anno è sempre un'occasione per un nuovo inizio e speriamo, con questo auspicio, di aver messo insieme alcuni punti di una grande vertenza nazionale, che è la vertenza per il rinnovamento e rafforzamento della pubblica amministrazione. Non è una battaglia politica di parte, è nell'interesse generale, è nell'interesse nazionale. Noi abbiamo sempre cercato di portare dentro il confronto, anche il confronto parlamentare, nei decreti cosiddetti Lavoro che avete presentato, in altri passaggi sulla pubblica amministrazione, le idee, le forze, la voce di migliaia e migliaia di ragazze e ragazzi, donne e uomini che si stanno mobilitando sul territorio per cercare di sanare alcune gravi ingiustizie che pesano sulla loro vita e sul destino del Paese. Alcune scelte le abbiamo anche condivise. Penso agli emendamenti che hanno consentito di inserire le convenzioni dei concorsi unici che hanno consentito di utilizzare risorse pronte e preparate, donne e uomini che avevano già fatto un concorso e potevano immediatamente essere resi disponibili per colmare le gravissime carenze che viviamo. Alcune scelte le abbiamo fortemente avversate. Penso all'assurdo, incomprensibile, ingiustificabile blocco al 20 per cento degli scorrimenti, che non ha senso. Molto banalmente perché ci sono esigenze diverse. Laddove ci sono delle esigenze e c'è una risposta a queste esigenze perché inserire a monte un blocco normativo al fatto che non possono essere soddisfatte quelle esigenze con tutte le risorse disponibili? Perché, vedete, non è il Partito Democratico, non è l'opposizione, non sono i sindacati, non sono i comitati a dire che non è vero che è uno scontro quello fra gli scorrimenti e le proroghe delle graduatorie esistenti e una nuova stagione di concorsi; ma è la matematica. Se abbiamo 300.000 persone in quiescenza da adesso al 2026, se abbiamo un milione di persone che lasceranno il posto di lavoro nella pubblica amministrazione da qui a dieci anni, se abbiamo una esigenza certificata dai PIAO di mancanze; altroché blocco del . Serve lo sblocco del perché abbiamo bisogno di persone che possano sostituire le persone. Sono già carenti in Ministeri fondamentali. Abbiamo fatto in questa interpellanza l'esempio del MEF, dell'Interno, ma così vale per tantissimi Ministeri, per non parlare degli enti locali, per non parlare di tantissime novità. È chiaro che noi dovremmo fare entrambe le cose: da un lato, attingere a tutte le energie immediatamente disponibili e pronte a metterle in campo; al tempo stesso, costruire una stagione di concorsi che ci consenta di identificare e programmare tutti questi ingressi. Una cosa che, però, non è vera è ciò che ci è stato detto dal Ministro in un'audizione che abbiamo avuto in Commissione semplificazione e cioè che, quando noi poniamo il tema di alcune proroghe necessarie a garantire che possano essere chiamate tutte le persone che servirebbero in questo momento a colmare le garanzie dei PIAO oppure quando poniamo alcuni temi legati allo scorrimento che va troppo a rilento di alcune graduatorie, ci viene detto: il nostro obiettivo è far durare le graduatorie per dieci anni. Non è vero, non lo abbiamo mai chiesto, non lo chiede nessuno. Nessuno immagina che bisogna immaginare graduatorie in cui si trascorre l'intera vita. Il tema è esattamente l'opposto. Noi vi chiediamo di non condannare decine, centinaia di migliaia di italiani e italiane a dover continuare a fare sistematicamente concorsi di dieci anni, vincerli, diventare idonei, potere essere chiamati ma nel frattempo il concorso scade oppure sono già state fatte chiamate fino al 20 per cento, ma loro sono al 21 per cento e allora fanno un altro concorso. E poi si ricomincia.
È questa esperienza kafkiana che stanno vivendo le persone che vi chiediamo di correggere. Nella nostra interpellanza noi facciamo anche un esempio concreto di dove ci sta portando questo atteggiamento da parte del Governo di chiusura nei confronti non solo delle proroghe ma anche degli scorrimenti integrali delle graduatorie. Una sentenza del Consiglio di Stato realizza quello che è un corto circuito pericolosissimo, cioè che certifica il fatto che aver fatto partire nuovi concorsi quando ancora si poteva attingere a graduatorie precedenti per assolvere alle necessità di due Ministeri importanti che sono coinvolti sta generando giuridicamente - non solo politicamente, non solo socialmente - una paralisi perché, da un lato, blocca le legittime aspirazioni di coloro i quali hanno vinto questi nuovi concorsi che avrebbero tutto il diritto di entrare perché hanno fatto dei concorsi e non dovrebbero essere bloccati da nessuno, dovrebbero immediatamente entrare in quanto c'è bisogno di loro negli uffici per garantire i servizi ai cittadini, ma, dall'altro, non risolve nemmeno il problema di chi aveva fatto ricorso perché chiaramente, nel frattempo, nonostante le nostre ripetute richieste che non avete assolto, quelle graduatorie sono scadute. E non può essere una sentenza, ma deve essere un intervento normativo a garantire una proroga. Quindi, a un certo punto la giustizia si ferma ed entra in campo la politica. Entrano in campo le responsabilità politiche. Per questo, noi abbiamo posto quattro quesiti. Sono i quesiti con cui cominciamo questo nuovo anno e vi preannunciamo che continueremo a porgerveli per tutto l'anno. Noi auspichiamo oggi di poter avere una risposta esaustiva e positiva. Io spero veramente di poter - per la prima volta - dichiararmi soddisfatto di una risposta a un'interpellanza e dare una bella notizia al Paese, che ci sta guardando e che sta aspettando di sapere. Però, su questi quattro punti noi vogliamo che ci sia una risposta chiara del Governo, senza sentirci dire che stiamo chiedendo di fare durare le graduatorie dieci anni perché questo non è il tempo. Noi stiamo chiedendo di evitare un incubo che dura dieci o più anni a tantissime italiane e tantissimi italiani.
Ecco, la prima questione è quella degli ostacoli normativi che hanno portato anche a questa situazione, anche a questo corto circuito. Se è stato possibile fare dei concorsi, mentre nel frattempo c'era la possibilità di fare gli attingimenti e se non ci sono norme chiare in questo senso che evitino che si possa andare nella direzione di una stasi o di un blocco totale che blocca gli uni e gli altri, bisogna intervenire in sede normativa. Noi abbiamo delle proposte. Abbiamo una proposta di legge Sblocca idonei. Se la maggioranza vuole avanzare le proposte, si faccia avanti. Confrontiamoci in Parlamento. Siamo pronti a votare ogni situazione, ma bisogna fare sì che si metta nero su bianco nelle norme che quello che è successo con questo ricorso al Consiglio di Stato, sia alle persone che avevano fatto il nuovo concorso che alle persone che aspettavano inutilmente la chiamata e che si sono visti bandire un nuovo concorso quando erano ancora idonei e la graduatoria era in corso di validità, non accada mai più. E bisogna intervenire in sede normativa perché noi interveniamo scrivendo le leggi, quindi vi chiediamo un impegno in tal senso.
Il secondo punto è specifico su questa vicenda, cioè se il Governo nella sua responsabilità è a conoscenza - l'abbiamo fatto con un intervento in Aula, abbiamo chiesto più volte un confronto con il Ministro, abbiamo presentato delle interrogazioni, facciamo un'azione puntuale in Commissione lavoro con Arturo Scotto e con tutti i membri della Commissione lavoro quotidianamente -, noi chiediamo veramente che ci sia una risposta su cosa sta facendo il Governo per queste persone coinvolte in questa vicenda che si trovano in questo corto circuito, gli uni e gli altri perché noi non mettiamo davanti nessuno, mettiamo davanti gli interessi del Paese.
La terza questione è sui tempi, sulla velocità. Più volte ci è stato risposto che effettivamente si sono velocizzate alcune procedure anche attraverso l'utilizzo del portale inPA e attraverso alcuni strumenti digitali. Siamo nel 2025, è molto positivo che alcune procedure siano andando in una dimensione sempre più digitale e noi questo lo auspichiamo. Comprendiamo che i tempi dei concorsi abbiano delle esigenze incomprimibili, quindi non potremo mai avere un'azione istantanea che possa essere una chiamata immediata, ma i mesi sono veramente troppi e le procedure sono veramente complicate. E troppe volte c'è un gioco dell'oca in cui non si capisce: c'è lo scorrimento, c'è il richiamo, vai avanti, vai indietro ... A perdere in questo gioco sono tutti. Quindi, c'è necessità di intervenire ulteriormente sui tempi e sulle procedure.
L'ultimo è veramente, secondo noi, un punto su cui speriamo che si apra uno spiraglio, perché non ci sarebbe nessuna motivazione sensata per non aprire uno spiraglio. Noi vi diciamo: se non volete abrogare la legge Blocca idonei - che noi vi stiamo chiedendo in tutti i modi di cancellare, perché è una legge contro gli interessi nazionali, contro l'interesse del Paese - perlomeno vi invitiamo a superarne le rigidità, immaginando una flessibilità e una deroga specifica qualora l'amministrazione interessata a procedere ai piani assunzionali manifesti l'interesse a mantenere graduatorie superiori al 20 per cento. Come si può essere contrari a questo?
Avete fissato un principio, che è ingiusto e illogico. Se un'amministrazione si rivolge a voi per dire “noi, però, questo limite non siamo nelle condizioni di poterlo assolvere”, possiamo allora intervenire in sede normativa per far sì che questo obbligo non sia una spada di Damocle che pende in maniera inesorabile sul destino del Paese ma sia, invece, un limite che può essere soggetto a deroghe, se richieste dalle amministrazioni interessate che hanno bisogno di nuove energie subito?
Noi non vi chiediamo di fare questo per noi dell'opposizione, anche se vi vogliamo dire che sarebbe un segnale molto forte e che lo apprezzeremmo molto, perché dimostrerebbe un'attenzione nei confronti del Paese reale, di quel Paese che troppo spesso nel dibattito pubblico sembra dimenticato, che non trova cittadinanza. Quindi, noi veramente politicamente lo considereremmo un fatto molto positivo. Vi chiediamo di tenere conto dei sacrifici immensi a cui vanno incontro tutte le persone, le donne e gli uomini coinvolti in queste procedure, perché è molto complicato, mentre già si lavora, magari studiare di notte, tornare a casa e sottrarre tempo alla famiglia, agli affetti, alla propria vita personale per riuscire a fare uno scatto in avanti di carriera fondato sui propri meriti, sulle proprie capacità, sullo studio. Quindi, è una condizione molto, molto complicata per tantissime persone. E vedersi poi frustrata questa possibilità - dopo aver fatto il concorso e dopo aver ottenuto il risultato, sentendosi dire “no, non sei rientrato nel 20 per cento; no, non ce l'hai fatta e devi ricominciare di nuovo” - è veramente complicato.
Ancora di più - anche se non si può dire “di più”, perché sono tutte difficoltà diverse - non è meno difficile vivere anche un'altra condizione di precarietà esistenziale, che è la precarietà esistenziale che io trovo in tante comunicazioni e lettere che, come opposizione, riceviamo. Io non voglio immaginare, con tutte le lettere che noi riceviamo ogni giorno, quante ne riceve chi oggi è al Governo, che ha in mano le leve che potrebbero veramente modificare alcune delle cose che stiamo dicendo.
L'altra condizione veramente inaccettabile e insostenibile è quella delle tante donne e tanti uomini che vorrebbero magari fare una famiglia ma che vivono quella precarietà lavorativa che li porta costantemente a rinviare l'appuntamento più importante della propria vita, con la possibilità, magari, di decidere di avere un figlio e di averlo insieme, proprio perché non vedono quella certezza che dipende da una chiamata che già meritano, che già hanno dimostrato di meritare.
Tutte queste persone meriterebbero una risposta, ma noi non vi chiediamo di farlo né solo per noi né solo per loro; vi chiediamo di farlo per le cittadine e i cittadini, perché i servizi coinvolti da questa grande vertenza nazionale sono i servizi indispensabili ed essenziali per tutti. Sono i problemi che noi incontriamo ogni giorno quando troviamo difficoltà a ottenere un certificato, quando troviamo difficoltà e ci lamentiamo e diciamo che le cose non funzionano come dovrebbero. Ma non funzionano come dovrebbero perché camminano sulle gambe di donne e di uomini che sono sempre di meno dall'altra parte dei nostri sportelli, che sono sempre più in difficoltà. Quanto, invece, l'arrivo in un ufficio di una nuova energia, anche con il suo entusiasmo, rivitalizza, ricarica e rimette in movimento!
È un elenco infinito quello che potremmo fare. Pensiamo ai concorsi unici, ai funzionari, assistenti, ai profili amministrativi, economici e informatici. Poi pensiamo alla sicurezza: stiamo parlando di concorsi in Polizia, in Polizia scientifica, in Guardia di finanza; pensiamo ai concorsi unici del lavoro, con la grande questione dei funzionari, degli ispettori, dei centri per l'impiego, dei centri per l'impiego in tutta Italia e, soprattutto, nel Mezzogiorno, e penso, appunto, alla Sicilia e alle regioni meridionali ma non solo.
Poi coinvolge tutti i livelli: passiamo dai concorsi nella Consob ai concorsi nella scuola e nella sanità, all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, all'Agenzia delle entrate, che ha fatto alcuni importanti scorrimenti ma ci sono tante persone ancora in attesa, alle ASL, alla sanità, ai dirigenti scolastici e ai docenti.
Poi, ci sono gli enti locali. Noi abbiamo un tema anche di enti locali che hanno - l'abbiamo segnalato, per esempio, per Roma capitale con alcune interrogazioni - necessità assunzionali, di convenzioni, che hanno fatto richiesta di poter fare convenzioni, di poter attingere ad alcune graduatorie e ancora non hanno ricevuto risposta dal Ministero, per quanto io sappia e per quanto è attestato dal fatto che non avete ancora risposto alle interrogazioni. Poi, la polizia locale…
PRESIDENTE. Concludiamo.
ANDREA CASU(PD-IDP). …e faccio il caso di Catania. Potrei continuare con i Ministeri, quelli per cui sono stati annullati i concorsi, con le regioni - il caso della regione Lombardia -, con gli addetti all'ufficio del processo, con la coesione per il Sud e non solo, addirittura con la Presidenza del Consiglio dei ministri. Queste sono alcune delle comunicazioni che abbiamo ricevuto solo nelle ultime settimane.
C'è un intero Paese che bussa alla porta del Governo, che bussa alla porta del Parlamento e che vuole una risposta a queste domande. Auspichiamo che oggi sia il momento in cui questa risposta finalmente arrivi .
PRESIDENTE. Prima di verificare se il suo auspicio sarà realtà, saluto gli studenti e i docenti del liceo Vittoria Colonna di Arezzo, che assistono ai nostri lavori dalle tribune .
Hanno lasciato la loro splendida sede aretina per essere oggi con noi alla Camera dei deputati. Benvenuti! Stiamo svolgendo una seduta nella quale ci sono interpellanze urgenti dirette al Governo e per questo ci sono solo i deputati interessati.
Il Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica, Claudio Barbaro, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO BARBARO,. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole interpellante per l'opportunità che mi viene offerta di mettere in chiaro alcuni aspetti circa le questioni importanti oggetto dell'interpellanza.
Il rafforzamento della capacità amministrativa della pubblica amministrazione, l'investimento sulle nuove generazioni, l'elevazione della qualità dei dipendenti pubblici, la valorizzazione e l'ammodernamento delle procedure concorsuali, a cui corrisponde un sistema di reperimento di personale più veloce ed efficiente, sono sempre stati e rimangono un'assoluta priorità del mio Dicastero.
Devo, tuttavia, evidenziare, rispetto a quanto espresso nelle premesse dell'interpellanza in discussione, che non esistono ostacoli normativi che impediscono il rafforzamento della pubblica amministrazione ed è fuorviante ritenere collegati istituti antinomici tra di loro, come, appunto, lo scorrimento delle graduatorie di idonei, cioè di chi il concorso non lo ha vinto, e l'avvio di una nuova stagione di concorsi, che è già una realtà merito di questo Governo e della quale, evidentemente, l'onorevole interpellante non si è ancora accorto.
Cito soltanto due dati utili a chiarire quanto sia già una realtà l'auspicata nuova stagione dei concorsi: dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 il totale delle posizioni pubblicate sul portale inPA è pari a 104.503 per le 13.066 pubblicazioni (di cui 97.906 posizioni relative agli 8.913 bandi di concorso pubblicati). Il totale delle candidature gestite dal portale inPA nell'anno 2023 è pari a 816.307 (di cui 759.567 relative a bandi di concorso); dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024 il totale delle posizioni pubblicate sul portale inPA è pari a 347.978 per le 22.334 pubblicazioni (di cui 336.814 posizioni relative ai 15.618 bandi di concorso pubblicati nell'ambito di 22.000 pubblicazioni effettuate). Il totale delle candidature gestite dal portale inPA nell'anno 2024 è pari a 1.291.157 (di cui 1.193.524 relative a bandi di concorso).
Sono inoltre stati significativamente ridotti i tempi delle procedure concorsuali grazie al portale inPA, diventato l'unico canale digitale di accesso alla pubblica amministrazione. Prima della pandemia il tempo medio di un concorso era di 780 giorni e siamo passati oggi a sei mesi, consentendo, pertanto, a chiunque manifesti un costante impegno nello studio di fruire di di accesso sempre maggiori, sempre più veloci e in un contesto sempre più attrattivo.
Ci siamo concentrati sui giovani neolaureati fino a 24 anni, consentendo loro di accedere, attraverso meccanismi snelli ed efficienti, alla pubblica amministrazione con contratti di apprendistato da trasformare poi in contratti a tempo indeterminato e stiamo per fare altrettanto per i diplomati.
Ma, soprattutto, ci siamo concentrati sul reperimento delle migliori risorse disponibili sul mercato del lavoro e questo è un dovere irrinunciabile sia nell'interesse dell'amministrazione sia, soprattutto, nell'interesse dei cittadini, cui è necessario offrire la migliore qualità possibile di servizi.
Oggi i concorsi sono continui, costanti e veloci. Le procedure sono snelle e le assunzioni avvengono regolarmente in tempi brevissimi. Chiunque aspiri a entrare nella pubblica amministrazione ha, in questo momento, tutte le possibilità per tentare e riuscire senza attendere anni come, purtroppo, avveniva invece in passato. E l'obiettivo è proprio quello di continuare a valorizzare il capitale umano consentendo a un sempre maggior numero di persone di accedere alla pubblica amministrazione. Con riguardo invece alle recenti pronunce del Consiglio di Stato a cui si fa riferimento nell'interpellanza in oggetto, evidenzio che con l'Avvocatura dello Stato sono in corso tutti gli approfondimenti necessari che la questione impone e che saranno adottate, nelle sedi opportune e nel rispetto della legge, tutte le azioni necessarie a risolvere la situazione.
Rispetto al tema delle rinunce, già oggi i bandi di concorso organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica indicano le sedi di lavoro, per cui i candidati hanno piena consapevolezza del luogo in cui lavoreranno. In sintesi, le misure organizzative e normative adottate mirano già a ridurre il rischio di rinuncia, fermo restando che molti candidati rinunciano all'assunzione per un altro posto di lavoro nella pubblica istruzione in quanto, mettendosi in gioco in più selezioni pubbliche (data la pluralità dei concorsi che questa nuova stagione porta con sé), vincono diversi concorsi. Ciò nondimeno, per soddisfare le esigenze assunzionali delle pubbliche amministrazioni, anche in caso di rinuncia, il Dipartimento della funzione pubblica risponde costantemente alle richieste delle pubbliche amministrazioni di scorrimento di graduatorie di concorsi unici, anche attraverso il portale unico del reclutamento inPA.
Infine, con riguardo al tema del “taglia-idonei”, voglio evidenziare che la disposizione evocata già contiene ambiti soggettivi di esclusione che riguardano particolari categorie di personale (il personale sanitario e sociosanitario, educativo e scolastico, compreso quello impiegato nei servizi educativo-scolastici gestiti direttamente dai comuni e dalle unioni di comuni, e dei ricercatori nonché le procedure concorsuali bandite dalle regioni, dalle province, dagli enti locali o da enti o agenzie da questi controllati o partecipati che prevedano un numero di posti messi a concorso non superiore a venti unità e per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e per l'effettuazione di assunzioni a tempo determinato).
La disposizione, tutt'altro che rigida, prevede poi margini di flessibilità che non a caso sono stati recentemente utilizzati. Infatti, previa intesa in Conferenza unificata, con decreto del Ministro per la Pubblica amministrazione del 13 settembre 2024 - recante adozione di ulteriori modalità applicative delle disposizioni in materia di idoneità nelle graduatorie dei concorsi pubblici di cui all'articolo 35, comma 5-, quarto periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - sono stati esclusi dall'applicazione del limite del 20 per cento di idonei i concorsi banditi per un numero di posti non superiore a venti unità per il reclutamento di personale del profilo tecnologo e tecnico e di quello amministrativo negli enti di ricerca; di personale amministrativo, tecnico e professionale nelle Aziende sanitarie locali; di personale amministrativo nelle università; di personale negli enti, aziende o agenzie, strumentali e vigilati dalle regioni, dalle province e dagli enti locali; di personale negli enti parco.
PRESIDENTE. Il deputato Casu ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ANDREA CASU(PD-IDP). Grazie, Presidente. Ringrazio il Sottosegretario che ha risposto alla nostra interpellanza, non posso essere però soddisfatto per i contenuti di questa risposta. Non posso essere soddisfatto perché le prime parole contraddicono la realtà. Quando si dice: non esiste alcun ostacolo al rinnovamento e al rafforzamento della pubblica amministrazione, di fatto, si sta in qualche modo negando la difficoltà quotidiana che stanno incontrando decine, centinaia, migliaia di persone. Ora, io comprendo che questo Governo ha puntualmente deciso di tradire tutte le promesse che aveva fatto prima delle elezioni, di buttare i soldi degli italiani per fare propaganda senza rispondere ai veri bisogni e, tra queste promesse, ci sono anche i che Giorgia Meloni scriveva quando era seduta dall'altra parte di questo emiciclo, invocava gli scorrimenti delle graduatorie e li invocava a gran voce, senza dire quello che state dicendo oggi: che chi è nelle condizioni di poter ottenere uno scorrimento non ha vinto un concorso, quindi, non deve avere niente a che pretendere, anzi, deve ringraziare. Io penso che chi ha dimostrato, coi propri meriti, con le proprie potenzialità, di essere nelle condizioni di poter svolgere una funzione o di avere lo stesso punteggio di altri chiamati a svolgere quella funzione, meriti rispetto.
Poi è chiaro, nessuno mette in discussione che ci sia una distinzione tra i vincitori e idonei, però se voi pensate che gli idonei non valgano nulla - e lo dimostrate ogni giorno con la vostra azione -, dovreste non prevederli o dovreste non chiamarli, nemmeno nel limite del 20 per cento. Invece, gli idonei sono persone che hanno studiato, che si sono preparate, che hanno affrontato una prova e che meritano rispetto, non pretendono niente di più di questo. Però, non sono solo io a non essermi ancora accorto di tutto quello che si diceva, ma tantissime persone. Io non so cosa gli dite quando li incontrate, non so cosa gli dite quando rispondete alle , non so nemmeno se rispondete alle che ricevete, ma penso che dovreste, perché scoprireste che c'è uno spaccato di una generazione d'Italia che ha fatto una scelta coraggiosa, quella di provare a dare una mano nel rispetto delle regole e attraverso le conoscenze e le competenze, e di farlo affrontando sacrifici, preparandosi e portando avanti i concorsi. E loro ci dicono che queste procedure snelle, questi tempi brevissimi, di cui parlava il Sottosegretario nella risposta, non li incontrano nella loro vita.
Ora, da questo punto che cosa bisognerebbe fare? Sicuramente si tratta di numeri importanti, ed è giusto che sia così, perché se si parla di 316.607 persone noi li valuteremo punto per punto, i punti, perché ce n'è effettivo bisogno, visto che stiamo parlando di un milione di persone che vanno in quiescenza da qui a 10 anni. Noi dovremo fare concorsi a cui dovranno partecipare milioni e milioni di persone per selezionare quel milione di persone che, in 10 anni, dovrà entrare in campo. Quello che stiamo facendo, però, è un'altra cosa: stiamo generando uno tra gli stessi, che continuano a fare gli stessi concorsi, continuano a vincerli, a superarli, a entrare e poi si ricomincia, si riparte dall'inizio. Non può essere questo l'obiettivo, dobbiamo porci insieme il tema che bisogna fare qualcosa di più e qualcosa di diverso, perché la realtà non può essere sempre negata.
Ora, io ritorno a rinnovare un impegno, un auspicio e una richiesta che abbiamo fatto al Governo su un altro tema, ma che è collegato dal punto di vista della trasparenza nelle comunicazioni. Noi abbiamo contato, pensate, nella giornata di ieri, di nuovo, oltre 21.000 minuti di ritardo sulla rete ferroviaria, e l'abbiamo fatto da noi perché non è ancora disponibile un dato aggregato di quanti siano gli effettivi minuti di ritardo complessivi che, ogni giorno, si realizzano sulla rete. Abbiamo sentito il Ministro fare proclami sul fatto che sono diminuiti, sono aumentati rispetto agli altri Governi. Non si riesce, nonostante un in Commissione anche questa settimana e domande costanti, ad avere un dato aggregato che consenta alle persone di valutare, perché al di là di quelle che possono essere le valutazioni sulle ragioni che ci sono dietro i singoli guasti che stanno scatenandosi sulla rete, è ovvio ed è di comune consapevolezza che, in questo momento, ogni singolo guasto diventa un disastro. A meno che non ci sia un complotto che arriva in ogni stazione italiana, che è presente su ogni treno, ma allora non stiamo parlando di un complotto, stiamo parlando di un conflitto, di un attacco allo Stato che arriva in ogni singola città. Il fatto che un guasto, di cui poi scopriremo e speriamo di conoscerne al più presto le ragioni, generi poi 21.000 o 30.000 - è stato il caso di martedì - minuti di ritardo richiede, veramente, qualcosa di diverso da parte di quei vertici politici e aziendali che dovrebbero garantire la sicurezza e il funzionamento della rete.
Quindi noi, su quel tema, stiamo chiedendo, al di là dei proclami in televisione, una consapevolezza sulla realtà reale che vivono migliaia di passeggeri e di pendolari, e continuiamo a rinnovare la nostra richiesta al Governo - per suo tramite, Presidente - di avere questo dato ufficiale. Siamo stanchi di dover fare noi, ogni giorno, con la calcolatrice il conto della somma di tutti i ritardi. Vorremmo che anche il Governo sentisse la necessità di guardare negli occhi il Paese e dire quanti ritardi si fanno ogni giorno. Per questo, pensiamo - al di là di questo confronto serrato, che abbiamo cominciato negli anni passati e che continueremo, attraverso tutti gli strumenti di sindacato ispettivo e attraverso tutti gli strumenti politici che abbiamo come parlamentari di opposizione, per non lasciare sole e soli nella loro battaglia quotidiana le migliaia e migliaia di ragazze e di ragazzi che sentono di vivere una palese ingiustizia - che sia giusto continuare, per tutto questo anno, a sollecitare il Governo a rendersi conto che non è sufficiente, ad esempio, sulla vicenda di specie, su questo caso di cui abbiamo discusso, dire: ci rimetteremo a tutte le valutazioni che saranno necessarie con l'ambito della giustizia, per quanto riguarda il Consiglio di Stato, per quanto riguarda i passaggi.
È chiaro: lungi da noi anche solo ipotizzare che si voglia camminare in un terreno che vada contro il rispetto delle sentenze o che vada contro quello che è un ordinato rapporto tra diversi poteri. La questione è un'altra: è perché non ci si pone il tema di intervenire a livello normativo per evitare di dover arrivare al Consiglio di Stato e per evitare di dover arrivare a fare questi ricorsi. Perché, se fosse vero quello che avete detto, cioè, che non c'è niente a che pretendere da chi non ha vinto un concorso rispetto a chi invece l'ha vinto, non ci sarebbe nemmeno la sentenza del Consiglio di Stato e non saremmo qui in quest'Aula. E invece il problema c'è ed è grande come una casa; è grande come un macigno ed è un macigno che pesa sulla vita di migliaia di persone ogni giorno, sui servizi e sui diritti di tutti i cittadini e di tutte le cittadine. Fare finta che il problema non esista non è la soluzione per risolverlo. Bisogna affrontarlo rendendosi conto anche del fatto che ci sono delle complessità e delle differenze; bisogna rendersi conto che sarà necessario dire anche dei “no”. Ma non si può decidere di dire “no” a tutti, perché dire “no” a tutti significa andare nella direzione di un “no” che pesa e che ha il sapore drammatico di un “no” ideologico. Noi abbiamo letto oggi sui giornali dell'ennesimo attacco del Ministro Zangrillo sui contratti e, tra le frasi che gli sono attribuite - io ho letto , non ero presente quando è stato detto - ricordo quella circa il fatto che vi sia un “no” politico nei confronti del rinnovo dei contratti.
Noi, alla luce anche di quello che è emerso oggi, pensiamo che il “no” politico nella pubblica amministrazione italiana e non solo, non è quello dei sindacati, che pongono giustamente il tema di un rinnovo adeguato dei contratti, che tenga conto anche dell'aumento del costo della vita perché, se il costo della vita aumenta più dell'aumento che tu hai in busta paga, la tua qualità della vita peggiora e peggiora sensibilmente, spesso in mansioni che già comportano grandi difficoltà per andare avanti. Ma è il suo a quegli scorrimenti e a quelle proroghe. Non avete mai nemmeno citato la parola proroghe. In certi casi, le proroghe sono necessarie proprio per i ritardi che anche voi avete citato. Siamo arrivati a sei mesi. Ma siamo arrivati a sei mesi che è una media. Ci sono situazioni che vanno ben oltre i sei mesi. Ci sono persone che meriterebbero la proroga perché magari non si è realizzato nemmeno uno scorrimento, un singolo scorrimento, oppure ci sono stati dei ritardi non a loro imputabili. E voi non prendete nemmeno in considerazione queste parole: gli scorrimenti, le proroghe delle graduatorie. Ecco, è questo il “no” ideologico che sta facendo male al Paese, non i sindacati che giustamente pongono un tema e, cioè, di vedere riconosciuti quelli che sono i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici che stanno chiedendo un rinnovo del contratto.
Quindi, se in questo 2025 vogliamo veramente mettere da un lato la demagogia, dobbiamo affrontare, fotografare e guardare negli occhi, dai trasporti fino al rinnovamento della pubblica amministrazione, la realtà. Dobbiamo chiedere a questo Governo di recuperare quegli occhi che aveva all'opposizione, di recuperare quelle prese di posizione, anche molto forti e molto radicali, che vi hanno consentito di vincere le elezioni. Basterebbe che voi guardaste a questa realtà come guardavate a questa realtà qualche anno fa per cambiare questa risposta, per cambiare queste scelte e per cambiare la vita di milioni di persone.
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Onori ed altri n. 2-00504 .
Chiedo alla deputata Onori se intenda illustrare la sua l'interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Prendo atto che la deputata Onori si riserva di intervenire in sede di replica.
Il Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica, Claudio Barbaro, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO BARBARO, Grazie, Presidente. Ringrazio gli interpellanti e i tutti i parlamentari di maggioranza e opposizione per l'attenzione rivolta alla situazione in Venezuela che continua a rappresentare una seria preoccupazione per l'Italia e per la comunità internazionale. L'attenzione del Governo sulla crisi in atto resta altissima. La nostra priorità è la tutela dei connazionali, la difesa dei loro diritti e la sicurezza della comunità italiana che vive nel Paese, una comunità che conta circa 160.000 connazionali.
La rete diplomatica e consolare italiana, pur operando in un contesto estremamente complesso, continua a fornire assistenza ai nostri cittadini, soprattutto a quelli sottoposti a misure restrittive della libertà personale. Grazie anche alla costante azione diplomatica del Governo, sono stati di recente liberati altri cinque concittadini. L'ultimo proprio ieri, il signor Juan Manuel Allueva. Restano detenuti nel Paese, a seguito delle elezioni presidenziali del luglio scorso, otto connazionali, di cui sette cittadini italo-venezuelani e un cittadino italiano, il signor Alberto Trentini, operatore umanitario arrestato lo scorso 15 novembre.
Questi si aggiungono a quattro casi di connazionali ormai da diversi anni soggetti a detenzione, tra cui il cittadino italo-venezuelano Hugo Enrique Marino Salas, scomparso nel 2019 dopo un intervento delle autorità di sicurezza venezuelane mentre era all'aeroporto di Caracas. L'Ambasciata d'Italia, insieme al Consolato Generale a Caracas e al Consolato di Maracaibo, sotto il coordinamento della istituita alla Farnesina su indicazione del Ministro Tajani, continua a sensibilizzare le autorità venezuelane, reiterando richieste di accesso consolare, assistenza legale e rispetto delle convenzioni internazionali. Il caso di Alberto Trentini, evidenziato nell'interpellanza, è stato seguito con la massima attenzione fin dall'inizio.
A più riprese e a vari livelli, il Governo ha sollecitato con fermezza l'accesso consolare immediato, la comunicazione dei motivi della detenzione e il rispetto delle sue condizioni di salute e delle garanzie processuali. Su istruzione del Ministro Tajani, è stata convocata in diverse occasioni l'Incaricata d'Affari venezuelana, per rappresentare con risolutezza la mancanza di informazioni sulla detenzione di Trentini e per continuare a richiedere la sua liberazione immediata, come di tutti gli altri prigionieri politici. I contatti con le autorità venezuelane restano essenziali per assicurare la protezione dei nostri connazionali. È per questo motivo che l'indicazione da parte di Caracas di ridurre il numero del personale diplomatico italiano accreditato, cui stiamo adempiendo, costituisce un ulteriore ostacolo ai già complessi tentativi di dialogo. L'Italia non è sola: oltre a Paesi Bassi e Francia, i cui diplomatici sono stati oggetto di analoghe restrizioni, anche i Ministeri degli Esteri degli altri Paesi dell'Unione europea rappresentati a Caracas (Germania, Spagna, Portogallo e Polonia) stanno per svolgere passi diplomatici di protesta. Anche il portavoce dell'Alta Rappresentante dell'Unione europea ha emesso una dichiarazione di condanna della decisione venezuelana, ribadendo come tali misure non facciano che allontanare la possibilità di dialogo e aumentare l'isolamento internazionale di Caracas.
Presidente, onorevoli colleghi, l'Italia continua in tutti i principali consessi internazionali a promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Venezuela. In qualità di Presidenza G7 abbiamo messo il Venezuela in cima alle nostre priorità, promuovendo - già all'indomani del voto del 28 luglio - una dichiarazione di solidarietà al popolo venezuelano, un appello alla moderazione e la richiesta di piena trasparenza; in ambito Nazioni Unite, abbiamo co-sponsorizzato una risoluzione che condanna le gravi violazioni dei diritti umani nel Paese; in Unione europea, abbiamo adottato apposite misure restrittive.
Il Governo italiano continua a dare massima priorità all'assistenza ai nostri connazionali nel Paese, a partire da coloro che sono sottoposti a misure detentive. Ciò a conferma di come l'Italia si sia impegnata, come già dimostrato in altri casi, ad assicurare ogni sforzo a tutela dei nostri concittadini, soprattutto coloro che sono stati privati della libertà.
PRESIDENTE. La deputata Onori ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
FEDERICA ONORI(AZ-PER-RE). Grazie Presidente, grazie Sottosegretario per la risposta alla nostra interpellanza. Siamo soddisfatti della risposta e non stupirà probabilmente quello che dico. Questa interpellanza non nasce certo da uno spirito polemico di contrapposizione con il Governo, con le posizioni espresse dal Governo in questi mesi, specificatamente dal 28 luglio scorso quando in Venezuela si sono tenute elezioni presidenziali, non trasparenti, non libere.
L'intento di questa interpellanza urgente, questa mattina, invece è quello di dare un contributo alle azioni concrete e urgenti, che vorremmo fossero concrete e urgenti, del Governo, quando parliamo di prigionieri politici in Venezuela e, nello specifico, di prigionieri italo-venezuelani o di cittadini italiani che si trovavano lì; mi riferisco al caso di Alberto Trentini, 45 anni, di Venezia, che si trovava lì per portare il suo aiuto ai disabili, nell'ambito della cooperazione internazionale e che, invece, si è ritrovato arrestato senza alcuna formalizzazione del capo d'accusa, lo scorso 15 novembre, per il quale per due mesi non abbiamo avuto notizie, la famiglia non ha avuto notizie.
Come il Sottosegretario ricordava prima, non è stata concessa la visita consolare, quindi non sono garantiti i diritti consolari, anche quelli sanitari. Il dottor Trentini ha necessità di cure e di medicinali e non abbiamo contezza del fatto che questo tipo di tutela sia stato garantito. Non è stato possibile per il dottor Trentini mettersi in contatto con la famiglia, quindi, la situazione è particolarmente critica.
Sappiamo bene come questi casi di natura diplomatica siano particolarmente delicati, quindi, certamente, non vi è l'intenzione di sollevare una polemica politica - lo ribadisco -, però vi è l'intenzione di mostrare l'interessamento non solo del Governo, ma anche del Parlamento italiano non solo per questa situazione, ma per tutta la situazione della repressione dei diritti fondamentali delle persone in Venezuela nonché per la condizione gravissima in cui versa il Venezuela dal punto di vista dei prigionieri politici.
Dalle scorse elezioni presidenziali del 28 luglio, si conta siano state 2.400 le persone imprigionate per motivi politici, quindi per avere espresso una posizione politica differente da quella del regime del dittatore - perché questo è - Maduro; tra queste, ci sono anche 28 persone decedute.
Questa interpellanza ci dà modo di parlare di questo tema in quest'Aula, cosa che, devo osservare, non viene fatta molto spesso.
La crisi venezuelana è molto profonda; è una crisi decennale, di natura politica, economica, sociale. Pensiamo soltanto al fatto che il Venezuela ha le riserve di petrolio più grandi del mondo e, quindi, è un Paese benedetto da Dio; si direbbe lì; eppure, il Venezuela ha visto la più grande diaspora dei nostri tempi, tra l'altro in un contesto di assenza di conflitto armato. Tantissime persone sono fuggite non perché ci fosse la guerra, ma perché vi erano condizioni invivibili. Tantissime persone (un quarto, il 25 per cento, circa 8 milioni di venezuelani) sono scappate dal Venezuela negli ultimi 10 anni.
Io credo sia utile fare un raffronto: è come se in Italia, negli ultimi 10 anni, fossero fuggite all'estero circa 15 milioni di persone. È come se, considerando tutto il Sud Italia, escluse le isole, negli ultimi 10 anni, le regioni di Calabria, Basilicata, Puglia, Molise, Campania, Abruzzo fossero rimaste deserte. Questa è la condizione che vive questo Paese.
Il problema dei prigionieri politici è particolarmente grave; tra questi ci sono prigionieri italo-venezuelani. La natura di questo atto di sindacato ispettivo era anche quella di ricevere informazioni al riguardo: in particolare, avevamo presentato alcune interrogazioni nei mesi passati per chiedere informazioni di questo tipo al Governo. Purtroppo, il Governo non ha ritenuto di doverci rispondere; ecco perché abbiamo provato a riformulare tutto questa mattina.
Quindi, se ho capito bene, al momento abbiamo 8 prigionieri politici, 7 italo-venezuelani, un italiano (il dottor Trentini di cui parlavamo poc'anzi), oltre ad altri 4 casi di cittadini italo-venezuelani, quindi cittadini con il doppio passaporto, cittadini che avrebbero tutto il diritto di ricevere cure e assistenza consolare da parte delle autorità italiane, di cui si continua a non avere traccia. Tra questi, vale sicuramente la pena menzionare, ancora una volta, il caso di Hugo Marino Salas, su cui avevamo presentato una specifica interrogazione, scomparso dal 20 aprile 2019. In tutti questi anni, la comunità internazionale - oltre, ovviamente, alla famiglia - ha cercato in tutti i modi di ottenere informazioni quantomeno sullo stato di salute, sullo stato di esistenza in vita del dottor Salas, senza poterci riuscire. Sembra che il dottor Hugo Marino, un professionista nel campo delle ricerche marine, sia stato portato via con la forza da agenti del controspionaggio militare del regime di Maduro e dal 2019 non si hanno notizie che lo riguardano.
Per quanto riguarda il caso del dottor Trentini, oltre a formulare la nostra vicinanza alla famiglia, l'intento di questa interpellanza era anche di mostrare il supporto del nostro gruppo ad azioni concrete ed urgenti del Ministero, del Ministro e del Governo, con cui c'è una convergenza di visione. Ecco perché nel nostro testo riportiamo le dichiarazioni del Ministro Tajani. Certo; ci piacerebbe che si provasse a fare qualcosa di più sul piano internazionale, che si provasse ad essere, in qualche modo, portavoce e ed essere davvero in prima fila in Europa per quanto riguarda azioni concrete in Sud America, per quanto riguarda la ricerca di un dialogo effettivo, concreto, anche con i Paesi del Sud America, che hanno mostrato, invece, un'attitudine sicuramente più democratica e di rispetto dei diritti fondamentali.
Come dicevo, un altro obiettivo di questa interpellanza è anche portare il tema in quest'Aula. Perché? Perché chiaramente, tra le nostre prerogative, tra le nostre possibilità, c'è quella di sensibilizzare o dare un minimo contributo alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
L'opinione pubblica italiana, in questo caso, forse non ha sentito spessissimo parlare dei problemi del Venezuela, che, come dicevo, sono gravissimi. Le violazioni dei diritti umani sono state condannate a più riprese da un numero di organizzazioni internazionali; pensiamo all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, alle risoluzioni del Parlamento europeo, all'OSA (Organizzazione Stati americani). È pacifico, come si dice in questi casi, nel senso che è evidente da un numero di atti come la situazione venezuelana, dal punto di vista della repressione delle libertà individuali, sia di natura assolutamente grave e non solo questo.
È un Paese in cui, per essere anche molto concreti e far capire di cosa parliamo, c'è un livello di corruzione altissimo. È un Paese in cui, se ti fermano a un posto di blocco, la polizia ti può chiedere dei soldi e, se non li dai, puoi essere messo in cella. Questo può succedere in Venezuela. C'è un tasso di violenza altissimo.
Noi crediamo, io credo profondamente che l'opinione pubblica italiana meriti di essere portata a conoscenza, proprio come viene fatto anche con altri scenari internazionali molto drammatici e molto tragici, anche del caso venezuelano.
Allora, mi permetto di chiudere questo intervento con un paio di appelli. Il primo è a firmare, a sottoscrivere la petizione, che è disponibile sulla piattaforma , per il ritorno a casa di Alberto Trentini. In neanche 48 ore, questa petizione ha già raggiunto più di 25.000 firme. Bene, questo è un gesto concreto, seppure a suo modo silenzioso e assolutamente rispettoso della delicata situazione di tipo diplomatico, che possono fare tutti coloro che credono sia importante dimostrare vicinanza e solidarietà rispetto a questa tragedia che sta avvenendo.
L'ultimo è il seguente: in Italia ci sono circa 15.000 cittadini venezuelani, persone che si sono rifugiate nel nostro Paese, che hanno avuto la possibilità di rifarsi una vita, di trovare un lavoro, di integrarsi nella comunità e di dare un grandissimo e importante contributo all'Italia nel suo sviluppo e in quello che siamo come Paese.
Molti di noi conoscono persone venezuelane. Io invito tutti quanti a parlare con i venezuelani in Italia e a chiedere, banalmente, se quello che è stato detto finora è vero, a chiedere come sono le condizioni di vita in Venezuela, a chiedere loro perché sono scappati; e, se lo faranno e ascolteranno le risposte, forse si chiederanno, come mi sono chiesta io, come mai chi tutti i giorni parla di diritti umani nel mondo si dimentica sempre del Venezuela.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Avverto che, secondo le intese intercorse tra i gruppi, la parte della seduta con votazioni di martedì 21 gennaio avrà inizio alle ore 14 e non alle ore 12, come previsto dal vigente calendario dei lavori. Avverto, altresì, che, nella giornata di mercoledì 22 gennaio, al termine delle comunicazioni del Ministro della Difesa, avrà luogo la commemorazione dell'ex deputato Furio Colombo.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
1.
S. 1315 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 novembre 2024, n. 178, recante misure urgenti in materia di giustizia (Approvato dal Senato). (C. 2196)
: MASCHIO e DONDI.
2.
S. 403 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: ROMEO ed altri: Disposizioni per la promozione della pratica sportiva nelle scuole e istituzione dei Nuovi giochi della gioventù (Approvata dal Senato). (C. 1424)
e delle abbinate proposte di legge: BERRUTO ed altri; AMATO ed altri.
(C. 947-990)
: SASSO.
3.
GAETANA RUSSO ed altri: Modifiche al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, e altre disposizioni in materia di cancellazione dai pubblici registri dei veicoli fuori uso sottoposti a fermo amministrativo. (C. 805-A)
e dell'abbinata proposta di legge: CASU ed altri. (C. 347)
: CASU.