PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ANTONIO D'ALESSIO, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
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PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 97, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta odierna .
PRESIDENTE. Avverto che, con lettera pervenuta in data 21 gennaio 2025, il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ha comunicato, a seguito della riunione dell'assemblea del gruppo tenutasi in pari data, che è stato rinnovato il comitato direttivo che risulta così composto: presidente: Riccardo Ricciardi; vicepresidente vicario: Carmela Auriemma; vicepresidente: Ilaria Fontana; segretari con delega d'Aula: Enrica Alifano e Andrea Quartini; tesoriere: Agostino Santillo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI(AVS). Presidente, ieri sera è atterrato a Tripoli un aereo di Stato, un aereo dei Servizi italiani, che ha riportato Al-Masri, un torturatore accolto tra gli applausi e una gran festa nella sua terra. Basterebbero queste parole per chiedere non solo un'informativa urgente a Giorgia Meloni, ma anche le dimissioni del Ministro Nordio . Lo chiediamo perché vogliamo capire se siamo usciti dalla Corte penale internazionale. Non abbiamo fatto in tempo a depositare un'interrogazione, proprio ieri, a prima firma Fratoianni, per chiedere quale fosse il contesto, per chiedere come mai, fermato dagli investigatori della DIGOS nel corso di un controllo di un uomo con un mandato di arresto internazionale fosse, così, in giro, liberamente, nel nostro Paese, dentro un grande stadio, a guardare una partita.
Non abbiamo fatto in tempo a fare i complimenti alle nostre Forze dell'ordine, alla questura di Torino, alla DIGOS, ma questa volta no, questa volta hanno sbagliato. Unico caso in cui le Forze dell'ordine hanno sbagliato: solo in questo caso. Il Governo Meloni non convalida l'arresto. Come? C'è un errore procedurale, dice il Ministro Nordio: dovevo essere informato.
Peccato che l'aereo messo a disposizione dai Servizi - lo dico nell'imbarazzo di Crosetto che giustamente si mette le mani alla testa - era fermo lì dal mattino. È partito ieri sera; ieri in tardo pomeriggio Nordio ha deciso, ma l'aereo era già pronto lì, in partenza. Il signore non viene quindi consegnato alle autorità internazionali, no. Quindi, il Governo Meloni viola un mandato della Corte e si macchia di collaborazionismo, vogliamo usare le parole giuste, anche perché l'ammissione poi è arrivata. Figura troppo importante per Tripoli e forse anche per Washington. La verità è che il Governo libico avrà subito intimato di liberarlo. Vogliamo sentire le vostre ricostruzioni, vogliamo sapere cosa è successo in quelle ore. Lo avete fatto in ossequio di un ? Lo avete fatto per la cosiddetta esternalizzazione delle frontiere?
Le cose che sono sulle spalle di quell'uomo sono gravissime. Le accuse sono davvero gravissime. Parliamo di collaborazionismo, perché la Polizia giudiziaria - di fatto la Gestapo libica - esprime sincera gratitudine; di quella Polizia giudiziaria Al-Masri è il capo ed è responsabile del centro di torture di Mitiga, ho finito; un bel dei nostri giorni per oppositori politici e moltissimi migranti.
L'accusa è di crimini di guerra e torture: 13 anni di reati, poi il mandato della Corte penale internazionale; da scontare una condanna all'ergastolo per crimini di guerra e contro l'umanità.
Ho concluso, Presidente, mi faccia dire, ci faccia dire: non è possibile che la Presidente del Consiglio non fosse informata dei fatti. Non è possibile che il Sottosegretario Mantovano non abbia orchestrato dall'inizio alla fine questa operazione per liberare un torturatore, un criminale di guerra, uno che si è macchiato di crimini, di violenze sessuali verso centinaia e centinaia di persone.
Fateci capire: siamo usciti dalla Corte penale internazionale? Vogliamo essere isolati dal mondo civile? Per far cosa? Per continuare i nostri porci e sporchi comodi con la Libia? Fateci capire, vogliamo spiegazioni e le vogliamo oggi .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, l'onorevole Ciani. Ne ha facoltà.
PAOLO CIANI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Sì, su questo stesso argomento perché quanto accaduto ieri a Torino - con l'arresto di Al-Masri, questo poliziotto libico e poi la sua liberazione, il rapido ritorno in Libia - è qualcosa di particolarmente inquietante e anche noi vorremmo sapere dal Ministro Nordio cosa è accaduto e perché c'è stato questo epilogo.
Vede, Presidente, in questi anni le vicende dei rapporti con la Libia sono state particolarmente oscure ma i risultati di quelle vicende, purtroppo, sono davanti agli occhi di tutti da troppi anni. Io mi ricordo bene quando Papa Francesco ha definito i centri di detenzione in Libia i del nostro secolo.
Ecco quei sono gestiti da persone, da esseri umani e sembra che questo signore sia uno dei responsabili di tante delle violenze e dei crimini avvenuti nel suo Paese, all'interno di questi luoghi, tanto che la Corte penale internazionale lo stava attenzionando da tempo, aveva chiesto il suo arresto, l'Interpol lo cercava da tempo e questo signore era in giro nel nostro Paese. Bene avevano fatto le nostre Forze dell'ordine a fermarlo e ad arrestarlo.
Ora dovremmo capire, vorremmo capire, non solo pensando a tutti quegli uomini e a tante donne, anche ragazze minori che in questi anni hanno subito violenze atroci (alcuni sono stati uccisi, molti hanno subito violenze sessuali in quei luoghi), per la loro giustizia, in loro nome, che cosa è accaduto, come l'Italia abbia deciso di liberare così rapidamente questo uomo e farlo ritornare nel suo Paese.
Infatti, gli accordi stipulati in questi anni dall'Europa e dal nostro Paese con la Libia sono stati anche oggetto di interlocuzione, scontro, pareri opposti politici - come è giusto e normale che sia - ma la responsabilità penale individuale di un uomo, per il nostro diritto, per la nostra civiltà, è molto importante e decidere di liberare e di rimandare in Patria impunemente un uomo che è stato raggiunto da mandati di cattura internazionali è una scelta politica molto importante e significativa della quale vorremmo aver conto da questo Governo. Noi aspettiamo e in nome dei tanti torturati, in nome di chi è morto, in nome di chi non ce l'ha fatta ma anche in nome del diritto - penso a chi quotidianamente si batte per i diritti umani, per i diritti delle persone, di coloro che hanno subito uno schiaffo grave da quello che è accaduto ieri - vorremmo aver conto dal Governo di come questa violazione sia stata possibile .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA(MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Mi dispiace per il Ministro Crosetto, ma quanto accaduto ieri è di una gravità assoluta. Non ripercorro i temi elaborati dai colleghi, che sottoscrivo, sulla gravità di quanto accaduto rispetto a un personaggio indifendibile. Io credo che il Governo debba immediatamente chiarire una cosa: chi è che ha assicurato al generale Al-Masri di poter venire indisturbato in Italia, nonostante il mandato di cattura della Corte penale internazionale? Con quali coperture è entrato in Italia, è andato allo stadio? Questo è assurdo, è da Paese a sovranità limitata.
Noi dobbiamo sapere chi ha autorizzato questo ingresso e chi ha fornito le guarentigie, perché questo ha determinato una figura insostenibile per quel che riguarda la certezza dello stato di diritto in Italia. Non è semplicemente accettabile. Come è stato detto da un collega, avete tolto l'Italia dalla Corte penale internazionale.
Qui non si tratta di discutere di un Capo di Stato; qui si tratta di discutere di un generale accusato di crimini contro l'umanità, di crimini contro i diritti umani terribili. Noi gli abbiamo dato prima l'assicurazione che poteva andarsi tranquillamente a vedere la partita, immagino Juve-Milan, dopodiché, nel momento in cui casualmente, sembra, scatta un controllo e il sacrosanto arresto, ma con quale faccia lo rimandiamo indietro? Quindi, credo sia doveroso che il Governo italiano venga e spieghi e, date le circostanze, dovrebbe spiegare anche quello che forse riteneva di non dover mai spiegare ad alcuno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, l'onorevole Faraone. Ne ha facoltà.
DAVIDE FARAONE(IV-C-RE). Presidente, grazie. Credo che il tema posto dal collega Grimaldi sia un tema reale, credo che la Premier Meloni debba venire in Aula a riferire, perché il tema è grave e c'è una responsabilità in capo innanzitutto alla Presidente del Consiglio; innanzitutto perché è colei che ci ha detto che avrebbe perseguitato, in tutto lo spazio terracqueo, i trafficanti di esseri umani, le persone che sostanzialmente organizzano i traffici; e, invece, è colei che è alla guida del Governo, di un Governo che sostanzialmente decide di rimandarlo indietro.
Poi vorrei chiedere anche al Ministro Crosetto se è vero che è stato un aereo dell'Aeronautica militare italiana ad averlo riportato lì, perché abbiamo letto anche questa notizia sui giornali, che speriamo sia falsa.
Perché sarebbe incredibile anche questa notizia, oltre a quella che quest'uomo, con una condanna da parte della Corte penale internazionale, viene tranquillamente a guardarsi una partita allo stadio della Juve, è pure tifoso. Cioè questo viene qui, sereno di potersi guardare una partita, quindi vuol dire che stava venendo in terra amica, perché poteva venire qui a fare quello che voleva. È stato arrestato, si è visto che aveva una condanna e, magari, l'abbiamo anche accompagnato con l'aereo di Stato in Libia. Se tutta questa storia è vera e se mettiamo insieme tutti i pezzi del puzzle, visto comunque il ruolo che ha la Libia anche rispetto ai traffici e tutto il resto, credo che sia gravissimo. Per cui, la Premier Meloni venga urgentemente in Aula a riferire .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento l'onorevole Appendino. Ne ha facoltà.
CHIARA APPENDINO(M5S). Grazie, Presidente. Anche noi, come MoVimento 5 Stelle, ci uniamo a questa richiesta, perché la Presidente Meloni - che, ormai abbiamo capito, continua a nascondersi in varie parti del mondo, che non vuole metterci la faccia su quello che accade - deve venire qui, deve venire qui lei personalmente e dirci che cosa è accaduto, perché il fatto non è grave, è gravissimo. Allora deve spiegare, non al MoVimento 5 Stelle, ma agli italiani che stanno fuori, perché è stato liberato un torturatore. La Presidente Meloni ci deve spiegare perché è stato rimandato con un volo di Stato, gli onori, insomma, gli diamo a quest'uomo, perché?
Io non riesco a credere che sia un errore, io non riesco a credere che Nordio non sapesse, io non riesco a credere che l'apparato di Stato, nelle sue forme, non fosse informato e allora le possibilità sono due, non ce n'è una terza: o è stato un errore - ed è grave che un Governo tratti una questione di questo tipo facendo errori così gravi - oppure - cosa che io penso - c'è la volontà politica, c'è la volontà politica di dare l'ennesimo messaggio di impunità e di immunità a un criminale di guerra . E questa cosa l'abbiamo già vista, perché è lo stesso atteggiamento con cui questo Governo non ha avuto il coraggio, mai una volta, di dire le cose come stanno, ad esempio, di Netanyahu, che è, sì, un criminale di guerra .
Presidente, noi vogliamo la Presidente Meloni qui, noi vogliamo un Governo che non sia complice dei criminali, ma che sta dalla parte del popolo, ed è su questo che chiediamo chiarezza, ed è su questo che vogliamo chiarimenti per quanto è accaduto ieri, perché c'è l'immagine dell'Italia a fianco di un criminale di guerra, al suo fianco anziché a fianco del popolo .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Quanto hanno riportato i colleghi ravvisa quanto questa situazione sia rilevante sotto l'aspetto del rispetto delle regole internazionali. È chiaro che, quando c'è un mandato di cattura internazionale e le nostre Forze di polizia lo eseguono, vuol dire che ci sono ragioni che inducono a rispettare il diritto internazionale. Il fatto che quella della Libia sia una situazione complicata - e questo lo sappiamo e sappiamo che giocano molti equilibri in quel territorio e che da quello dipendono anche i flussi migratori sul nostro Paese - non giustifica, di per sé, il fatto che ci possano essere decisioni che devono essere spiegate.
Il Governo scelga qual è la sede opportuna per spiegare, ma il Governo deve spiegare quello che è accaduto, lo deve fare con grande chiarezza, perché non è che il diritto può essere applicato o disapplicato a seconda degli interessi di parte. Il diritto internazionale, che noi chiediamo sempre venga rispettato quando abbiamo delle ragioni del nostro Paese da difendere, dobbiamo saperlo difendere in egual maniera quando è chiesto a noi di essere applicato. Quindi, ci aspettiamo da parte del Governo che ci sia una rapida dimostrazione di trasparenza e che venga a spiegare le ragioni che hanno portato l'Esecutivo a fare questa scelta in maniera immediata e trasparente .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento l'onorevole Soumahoro. Ne ha facoltà.
ABOUBAKAR SOUMAHORO(MISTO). Grazie, Presidente. La liberazione di Najeem al-Masri, con una condanna da parte della Corte penale internazionale, è una vergogna per il nostro Paese. È una vergogna per il nostro Paese, poi, che la Presidente Meloni dovrà rispondere, dare delle spiegazioni al Paese intero, ma in particolar modo dare delle risposte a Maimouna. Ho incontrato Maimouna nell'di Lampedusa l'anno scorso e mi ha raccontato delle violenze che ha subito nei centri in Libia; ho visto, allo stesso tempo, Karim, che aveva tracce di sul corpo e ricordo Faissal, che aveva sul corpo tracce di arma da fuoco. Tutte e tutti mi hanno detto soltanto una cosa: la nostra unica colpa è di essere dei migranti e qui, in Libia, siamo trattati come degli oggetti, venduti, scambiati. Di fronte a situazioni del genere, credo e resto convinto che non c'è colore politico che tenga, non c'è differenza politica tra di noi che tenga, ma al centro vi è la dimensione dei diritti umani, il principio della sovranità di un Paese, il principio del rispetto dei diritti umani. La Presidente Meloni dovrà dare delle risposte all'Italia intera, ma soprattutto dare delle risposte a Maimouna, a Faissal, a Karim, ai tanti che sono chiusi nei . Se questo vuol dire il Piano Mattei, penso che possiamo dire, a partire da questo momento, che è nato morto il Piano Mattei
PRESIDENTE. Riferiremo, quindi, al Governo della richiesta di informativa.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Ministro della Difesa in materia di proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina.
La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro della Difesa, Guido Crosetto.
GUIDO CROSETTO, . Grazie, Presidente. Onorevoli, ringrazio per l'opportunità che mi è data oggi di fare il punto sul conflitto in Ucraina e sulle iniziative a sostegno del Paese, con un particolare sulla proroga al 31 dicembre 2025 dell'autorizzazione per la fornitura di aiuti, inclusi quelli militari, anche alla luce della mia recente visita a Kiev.
Intanto, voglio fare una premessa, perché ho letto sui giornali di oggi che ieri, al Senato, avremmo approvato l'undicesimo pacchetto. Noi non approviamo alcun pacchetto oggi, per cui lo dico anche per gli amici giornalisti, non c'è l'approvazione di alcun pacchetto; c'è in approvazione la possibilità, data al Governo, riapprovando un decreto, approvato per la prima volta nel 2022 da un'altra maggioranza rispetto a quella che adesso governa il Paese, quindi lo stesso identico decreto che è stato approvato nel 2022, che viene oggi riproposto in approvazione. Cosa consente di fare questo decreto? Di fornire aiuti di ogni tipo, anche militari, all'Ucraina nel corso dell'anno.
Quindi, non si approva un pacchetto, non c'è alcun contenuto in questa discussione se non quello politico di autorizzare il Governo a - eventualmente, nel corso dell'anno, se ce ne sarà la possibilità - continuare ad aiutare l'Ucraina come abbiamo fatto negli anni scorsi, questo per rimettere all'interno dei confini reali il dibattito odierno.
Ci approssimiamo, ormai, alla conclusione del terzo anno di conflitto e non emerge all'orizzonte, ad oggi, nessuna soluzione semplice o immediata. Negli ultimi mesi gli attacchi russi hanno registrato un notevole incremento in intensità e portata, colpendo indiscriminatamente obiettivi militari e infrastrutture civili, soprattutto infrastrutture civili energetiche.
Chiaramente, questa condotta evidenzia l'intento di infliggere danni, sofferenze fisiche e morali alla popolazione, non tanto all'esercito ucraino. Dalle fonti delle Nazioni Unite sono oltre 12.300 i civili uccisi da quando c'è stata l'invasione in Ucraina e nel 2024 si è registrato il maggiore aumento di vittime civili per effetto dell'uso intensivo di droni, di missili a lunga gittata e di fuoco d'artiglieria.
Come ho detto prima, i russi hanno danneggiato in modo rilevante sia le infrastrutture energetiche dell'Ucraina sia quelle dedicate all'erogazione del gas sia quelle dei servizi idrici, di riscaldamento e di trasporto: sono situazioni che, nel rigido inverno ucraino, risultano ancora più intollerabili per la popolazione civile e, in effetti, sono migliaia gli ucraini che stanno continuando ad abbandonare la loro terra, ogni giorno. È una condotta brutale che vede un crescente coinvolgimento degli inermi, dei più deboli - ripeto -, delle donne, dei bambini e degli uomini civili.
Io penso che proprio per questo noi non possiamo avere indecisioni nel condannare questa situazione e penso che tutto il Parlamento condanni questa situazione, al di là delle differenze che possono esserci nello strumento . Tuttavia, dobbiamo anche lavorare per non consentire che nell'opinione pubblica si consolidi l'abitudine ai conflitti: vale per questo, vale per quello di Gaza, vale per tutti i conflitti aperti nel mondo; c'è una certa abitudine per cui non sono cose nostre, non ci riguardano; ormai siamo abituati ogni giorno a vedere civili massacrati ovunque nel mondo.
Oggi parliamo dell'Ucraina. Recependo le risoluzioni che il Parlamento ha approvato, la posizione del Governo - e quindi della Difesa - è sempre stata chiara e abbiamo lavorato cercando di creare le condizioni per un cessate il fuoco e per aprire un confronto diplomatico per giungere a una pace giusta e duratura. Questo è sempre stato fin dall'inizio l'obiettivo, almeno da quando io sono Ministro della Difesa, quello che ci siamo posti ogni volta, quello che abbiamo esplicitato, perché la storia ci renderà merito, prima o poi, della posizione avuta dall'Italia, sempre in questi due anni e mezzo (parlo dei miei due anni e mezzo, non posso parlare di quelli prima, ma so che anche in quelli prima fu così). L'Italia non ha mai pensato che potesse esserci una guerra tra la NATO e la Russia, tra l'Europa e la Russia. L'Italia ha sempre pensato che un popolo aggredito andasse aiutato, che la sovranità nazionale fosse un bene prezioso che la comunità internazionale dovesse in qualche modo preservare e che fosse affidato alla comunità internazionale il dovere di discernere negli scontri tra le Nazioni quando era il caso di intervenire e come intervenire.
Prima mi ha colpito un passaggio dell'onorevole Appendino riferito a un'altra questione. L'onorevole Appendino ha detto: siamo dalla parte del popolo e non dei criminali di guerra. È quello che è successo in Ucraina : siamo dalla parte del popolo e non dei criminali di guerra. Abbiamo deciso di essere da quella parte e questo non significa che noi abbiamo dimenticato la nostra amicizia decennale con la Russia; ciò non significa che c'è una guerra tra il popolo italiano e il popolo russo; ciò non significa che noi non vorremmo ripristinare con la Russia, come con altri Paesi, rapporti come quelli che ci sono stati nei secoli .
Ieri in una risoluzione è stato richiamato lo spirito di Pratica di Mare , quella fotografia che faceva stringere la mano a due persone che, fino al giorno prima, erano nemiche, che portò in quell'epoca - io guardo Lorenzo - la Russia a essere osservatore al tavolo NATO.
La Russia io ricordo che fu, per un periodo, osservatrice per la NATO; era un periodo diverso; anche questa lettura che la NATO era nemica, non era così per la Russia, allora, visto che si avvicinò e volle essere osservatrice. Ma cosa stiamo discutendo oggi? Oggi stiamo discutendo della possibilità di aiutare un popolo. Io sono stato a Kiev recentemente e molti altri, presenti in quest'Aula, lo sono stati.
Vedete, è da constatare che da quasi 1.100 giorni, ogni sacrosanto giorno, cadono su quella Nazione, ogni giorno, 4.000-5.000 colpi di artiglieria, 300 bombe di aerei e 300 droni armati: ogni sacrosanto giorno, da più di 1.000, da quasi 1.100 giorni, ogni giorno. Allora, io ieri l'ho detto ai colleghi senatori: o si guardavano quelle bombe cadere o si cercava di fare in modo che qualcuna di quelle bombe non cadesse.
Noi abbiamo scelto di fare in modo che qualcuna di quelle bombe non cadesse , perché io vi assicuro che in questi due anni e mezzo, essendo stato una delle persone che più si è spesa per l'avvio di una soluzione diplomatica, mi sono chiesto cosa sarebbe successo se l'Occidente avesse deciso di non aiutare l'Ucraina: oggi ci sarebbe la pace, perché non ci sarebbe più l'Ucraina, perché non ci sarebbe più il popolo ucraino ; ci sarebbe la stessa pace che troviamo nei cimiteri probabilmente, ma non è la pace per cui noi abbiamo deciso di fare politica, per cui noi siamo in quest'Aula e per cui noi abbiamo pensato che la democrazia sia un bene da difendere, come la libertà; questo è il modo con cui abbiamo affrontato questi due anni e mezzo.
Io, col peso che ognuno di noi avrebbe ed ha nel momento in cui sa che fornisce armi che servono a combattere una guerra, so che quella guerra è la stessa guerra - oggi ricordiamo Anzio - che qualcuno è venuto a combattere qui non fornendo armi, perché 81 anni fa nello sbarco di Anzio non portarono armi e ci abbandonarono a noi stessi; portarono armi e scesero sul suolo italiano per difendere la nostra libertà . E non si voltarono allora dall'altra parte; non si voltarono dall'altra parte dicendo che era un problema europeo e che, in realtà, c'era stato qualcuno che aveva sbagliato, nessuno si mise a fare dei sofismi, di fronte al nazismo che entrava nelle Nazioni e uccideva la libertà. Nessuno si mise a fare sofismi. E non si misero neanche a contare i loro morti e molti li abbiamo nei nostri cimiteri: americani, australiani, di ogni parte del mondo. Non si chiesero nulla: vennero a difendere la libertà. Noi abbiamo fatto, con molto meno sacrificio e con molto meno impegno, in minima parte la stessa cosa: abbiamo fornito aiuto a una Nazione che non aveva neanche la possibilità materiale di difendersi, perché non aveva le armi per difendersi. Quelle armi non hanno alimentato la guerra, quelle armi hanno consentito a persone che avrebbero usato anche le pietre e le fionde per difendersi di difendersi e guardate che la dignità di quelle persone si legge anche nell'età media. Guardate, la più grande difficoltà che adesso ha l'Ucraina è il reclutamento e la cosa che a me fa più pena, mentre parlo di queste cose che qui releghiamo anche alla speculazione politica di bassa lega, è che l'età media di quelli che combattono è 47 anni.
Sapete perché 47 anni? Perché l'Ucraina ha deciso di preservare quelli dai 18 ai 25 per garantirsi un futuro: i padri stanno morendo per i figli e morirebbero anche se noi non gli dessimo le armi, morirebbero lo stesso su quel fronte anche se noi ci rifiutassimo di aiutarli; noi, gli Stati Uniti; lo farebbero ugualmente; ci sarebbe una guerra ancora più sproporzionata e la Russia al posto di conquistare una zona di Ucraina che è grande ormai - quella conquistata - come il Nord Italia, che è il 18 per cento dell'Ucraina, ne avrebbe conquistata una più grande ancora; e forse sarebbe arrivata più in profondità, ma loro continuerebbero a combattere; forse continuerebbero a combattere anche solo da Leopoli che è al confine con la Polonia con tutta l'Ucraina occupata. Perché? Perché è la loro terra, perché è la loro Nazione, perché pensano di avere il diritto di essere liberi di vivere in democrazia e di decidere chi li comanda e che non si decida con i carri armati e con missili. Noi abbiamo preso atto di questo, non diamo un giudizio politico; non significa essere amici o nemici o più amici dell'Ucraina o dire è più bello Zelensky o Putin. Non ci interessano i concorsi di bellezza, non ci interessa la storia dei nostri rapporti, non ci interessa nulla di questo. Ci interessa la giustizia, ci interessa discernere. Zelensky guida una Nazione che è stata attaccata brutalmente, senza motivo e senza ragione.
Zelensky ha avuto il merito, che nessun altro ha avuto nella storia dei , di non abbandonare il suo Paese anche quando due elicotteri sono andati a prenderlo perché i carri armati erano ai confini, erano a Kiev praticamente. Non se n'è andato. Non pensava di vincere: pensava di essere catturato dai russi quando ha deciso; ha deciso di farlo. L'Ucraina è nata lì, la resistenza ucraina è nata da quel gesto e noi, da fuori, abbiamo deciso di aiutare quella resistenza, come alcuni aiutarono la nostra Resistenza. È questo quello che abbiamo deciso di fare. Lo abbiamo deciso di fare, mettendo dei vincoli. Abbiamo deciso di dire: vi diamo armi per difendervi; vi diamo armi per bloccare quelle bombe; vi diamo armi che non potete usare se non in territorio ucraino; vi diamo armi per difendere la vostra libertà. Non vi diamo armi - almeno nell'idea italiana - pensando che questa guerra debba durare all'infinito. No, io l'ho detto ieri e lo ribadisco: io spero di non usare questo decreto; spero che non ci sia mai un undicesimo pacchetto; spero che questo decreto sia totalmente inutile e spero di poterlo stracciare; spero di non parlare mai più di una guerra ucraina nelle Aule di questo Parlamento. Lo spero da domani mattina, perché tutti noi ci auguriamo una sola cosa: che l'Ucraina sia in pace e che si ricostituisca e che il diritto internazionale si riesca a difendere non con le armi, ma con un tavolo di pace. A questo, però, dobbiamo arrivarci e bisogna essere in due. Ripeto: non c'è stato un giorno in cui la Russia abbia smesso di bombardare l'Ucraina, un solo giorno. E non esiste possibilità di pace, se non si inizia con una tregua e non esiste la tregua se qualcuno non smette di bombardare. A Gaza sembrava impossibile.
ANGELO BONELLI(AVS). Cinquantamila morti !
PRESIDENTE. Onorevole Bonelli.
GUIDO CROSETTO,. È successo e noi piangiamo…vede, onorevole Bonelli, noi piangiamo quei 50.000 morti, che non dipendono da questo Parlamento, come lei sa, ma siamo contenti che adesso magari quei morti non aumentino ed è quello che vorremmo anche in Ucraina . Piangiamo quelli che ci sono stati fino adesso e vorremmo che si interrompa questa guerra e anche in quel Paese si raggiunga la pace. Sarà facile? Non lo so. È mancata l'Europa? Può darsi. È mancata la forza politica per obbligare la Russia a sedersi a un tavolo di pace? Può darsi. È mancato il coinvolgimento di Nazioni del mondo che avrebbero voluto fare e non si sono sentite coinvolte? Può darsi. Sono stati fatti errori? Ieri alla Camera qualcuno ha attaccato me perché dice che nel 2022 c'erano le condizioni, c'era un tavolo di pace attivato e Putin fu lasciato andar via. Io non c'ero nel 2022 ma so che Putin se ne è andato via e, quindi, non do un giudizio difendendo il mio Governo. Non c'ero; l'unico partito che non era al Governo allora era Fratelli d'Italia Ma Putin non fu lasciato andar via, Putin andò via perché voleva andar via, perché era falso quel tavolo di pace, perché era il tentativo per giustificare un attacco e dire che non si era potuto interromperlo per volontà di terzi. È la storia della russofonia, a cui qualcuno ha creduto. Qualcuno ha creduto che ci fosse la liberazione dei russofoni e basterebbe sentire parlare Zelensky in ucraino per sapere che è russofono anche lui, per sapere quanto è grande la balla - scusatemi - della russofonia.
Allora, noi approviamo questo, cioè non approviamo solo la possibilità al Governo di fornire o non fornire aiuti ma diamo un giudizio. Quest'atto è qualcosa in più, perché è un giudizio su quello che succede e sulle reali possibilità di arrivare alla pace senza aiutare l'Ucraina. Se fosse possibile arrivare più facilmente alla pace non fornendo armi ma non vedendo calpestato un popolo lo faremmo tutti, ma sappiamo tutti che è ipocrita. Sappiamo tutti che, se noi non lo avessimo aiutato fornendo armi, quel popolo sarebbe stato distrutto. C'è qualcuno di noi che può prendersi sulle spalle la coscienza di veder distruggere un popolo senza aiutarlo, quando può farlo? È un popolo che non chiede nient'altro che di vivere. Non si tratta di due Stati in guerra perché hanno deciso di combattersi. Si tratta di uno Stato che invade e di uno Stato che cerca di difendersi e noi non possiamo dare un giudizio che non sia oggettivo fino in fondo. Tutti siamo per la pace; l'unico modo per raggiungerla è se una delle due parti capisce che non può vincere facilmente.
Se la Russia avesse capito di poter vincere più facilmente avrebbe fatto quello che sta facendo adesso. L'intensità dell'aumento degli attacchi russi da cosa dipende? Vede che il nemico è più debole. Perché il nemico è più debole? Perché il nemico sono 30 milioni di persone; perché molte sono scappate; perché il reclutamento è sempre più difficile; perché mandano al fronte persone formate per tre mesi. Ma quelle persone vanno al fronte perché vogliono difendere la loro patria e vanno e andranno indipendentemente dal voto del Parlamento italiano di oggi, indipendentemente dal voto del Parlamento francese, di quello della Gran Bretagna o di quello tedesco; indipendentemente dal tipo di armi che noi manderemo. Andranno e andranno sempre. Sanno che se devono fare da soli faranno da soli, ma non si raggiungerà la pace così: si raggiungerà la scomparsa dell'Ucraina.
Allora, il nostro tentativo è che quello che abbiamo fatto finora possa servire a far finire questa guerra e a trovare delle condizioni di pace che, in qualche modo, non calpestino il diritto internazionale, perché se lo calpestiamo una volta, poi lo possiamo calpestarlo due, tre, quattro, cinque volte e arriveremo, alla fine, che quel diritto internazionale calpesterà noi. Come sempre, come sempre.
ANGELO BONELLI(AVS). Come ieri!
GUIDO CROSETTO,. Onorevole, a parte che non è una discussione a due, come sa, perché non funziona così il Parlamento. Amo quello inglese per questo, ma il nostro Parlamento non funziona così. Se cambiamo, sarei molto lieto di fare queste discussioni all'inglese, ma purtroppo non funziona così qui.
Però, il tema, che vale dappertutto, è che non c'è una Nazione di serie B e una Nazione di serie A, che calpesta il diritto e lo calpesta ovunque e la difesa delle persone va fatta ovunque. L'impegno che l'Italia ha avuto su Gaza per trovare una soluzione e per fermare la guerra, sul Libano dopo l'invasione di Israele perché si fermasse e si arrivasse a una tregua, è la stessa che abbiamo avuto sull'Ucraina e ci siamo comportati allo stesso modo: abbiamo difeso. Così come non ci siamo spostati dal Libano e non abbiamo voluto spostare un nostro soldato da UNIFIL, quando molti ci dicevano: spostatevi, perché può essere pericoloso. Allo stesso modo, abbiamo deciso di aiutare l'Ucraina, già prima con il Governo precedente, aiutandola, e pensiamo che, in questo momento, sia ancora giusto ed è per questo che siamo qui oggi. Lo ripeto: speriamo di non dover fare altri pacchetti di aiuti, ma sappiamo che, se ce ne fosse la necessità, noi non possiamo tirarci indietro.
Noi non difendiamo l'Ucraina; difendiamo dei principi universali o, più banalmente o più egoisticamente, difendiamo un confine. Kiev è a 1.600 chilometri da Roma. Il confine russo è a 2.000 chilometri da Roma. Un aereo percorre in pochissimo tempo quella distanza, un missile balistico in pochissimi minuti. Noi stiamo parlando di condizioni di sicurezza profondamente cambiate nel mondo. Non parliamo del mondo di tre anni fa: parliamo di 10.000 soldati coreani che sono andati in Russia a combattere e non ho sentito nessuno scandalizzarsi; parliamo di Cina e Iran che continuano a fornire in modo massiccio aiuti; parliamo di una produzione militare russa che è aumentata molto di più di quello occidentale, ma non c'è nessuno che se ne scandalizzi ; parliamo di una possibilità tecnologica, che hanno dimostrato con dei missili intercontinentali, che cresce; parliamo di Paesi che hanno deciso di fare dell'uso della forza uno strumento di competizione internazionale. La Corea ha più militari di tutti i Paesi occidentali messi insieme, ma perché li ha? Perché ha deciso che il suo modo di rapportarsi al mondo è quello di un Paese muscolare che fa della forza uno strumento per contare nel mondo. Non è la tecnologia, non è la produzione industriale, ma è la forza. E ci sono altri Paesi che hanno deciso che il loro ruolo nel mondo si afferma con la forza. Come non prendere atto di una situazione che muta? Perché parliamo di difesa e sicurezza in modo maggiore e diverso di come ne parlavamo anni fa? Perché è mutato il mondo attorno a noi. D'altronde, è mutato anche nelle nostre case, banalmente. All'inizio del secolo gli allarmi non esistevano, non c'erano le inferriate e neanche le chiavi esistevano in certi comuni. Adesso provate a vedere come sono le porte o gli allarmi o le inferriate nelle nostre città. È la stessa cosa a livello di Stati. Quello che succede intorno a noi determina la nostra reazione e la nostra difesa e la nostra sicurezza dipendono da come attori statuali, il cui comportamento è evidente, stanno agendo. L'Ucraina è uno degli esempi, perché c'era un giorno in cui si era tranquilli, tutti andavano a scuola e tutto procedeva normalmente; il giorno dopo sono entrati dei carri armati.
Questo è successo. Parliamo di una popolazione - lo dico a noi - a cui, se manca un'ora l'acqua calda in casa o per cinque l'energia elettrica, andiamo in panico, perché nel frigo chissà cosa succede nel congelatore. Parliamo di una Nazione in cui ci sono posti dove l'energia elettrica c'è un'ora al giorno, l'acqua calda non esiste più, ma c'era. Non c'è più perché è arrivato Putin.
Allora, per quello dico che oggi non è solo un atto amministrativo, non è una discussione che riguarda solo la possibilità di fornire o non fornire pacchetti di aiuti, perché in questi pacchetti di aiuti - io vorrei rivendicarlo - noi abbiamo mandato migliaia di gruppi elettrogeni, migliaia di sanitari; non ci sono solo gli aiuti militari, non ci sono solo le armi che servono a difendersi dagli attacchi aerei, c'è di tutto in questi aiuti che abbiamo mandato in questi anni. Rivendichiamo con orgoglio anche questo , ma non è solo questo che discutiamo oggi, è proprio il principio, un principio più generale. Noi stiamo decidendo qual è la parte giusta in questo momento. È un atto che discerne tra quello che è successo, tra il giusto e l'ingiusto , tra quello che serve per costruire le condizioni perché il diritto internazionale, la convivenza dei popoli possa essere civile o no o sia basata sulla forza. È qualcosa di più; non lo vorrei ridurre soltanto a quest'atto. Ed è quello su cui chiedo a quest'Aula - perché per questo sono qui - di darmi l'indirizzo. Perché io uscirò di qui con una risoluzione parlamentare. Non esco di qui con l'idea del Ministro Crosetto che dà. Non è il Ministro, è l'Italia che dà, sulla base, come ha fatto finora in questi due anni e mezzo e prima, di una risoluzione parlamentare, sulla base delle indicazioni che dà il Parlamento , .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Ministro della Difesa.È iscritto a parlare l'onorevole Mule'. Ne ha facoltà.
GIORGIO MULE'(FI-PPE). Grazie, Presidente. Signor Ministro della Difesa, onorevoli colleghi, le sue comunicazioni, unite alle riflessioni che ci ha consegnato intorno al conflitto in Ucraina, rappresentano al meglio e in maniera chiara, evidente, direi cristallina, qual è la situazione attuale. Una serie di diritti fondanti per una comunità, lesi e strappati con l'invasione russa del febbraio 2021 e sono ancora - come ci ha appena detto - nella loro interezza lungi dall'essere ripristinati.
La Federazione Russa - vale la pena ricordarlo ancora una volta - ha calpestato il diritto internazionale, insieme con i principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, ha attentato all'indipendenza, alla sovranità, all'integrità territoriale dell'Ucraina, ha brutalizzato la pace e minato la sicurezza internazionale. Se fossimo in Italia si tratterebbe di un deliberato attentato alla Costituzione e al popolo italiano, non l'accetteremo e faremmo valere ciò che è scolpito nell'articolo 52, con quel sacro dovere, in capo a ogni cittadino, per la difesa della Patria.
L'Ucraina - ha detto bene lei - oggi è la nostra Patria, l'Ucraina è la Patria dell'Unione europea e di tutti coloro che respingono la barbarie di una guerra mossa in spregio alla civiltà. La resistenza del popolo ucraino si fonda sull'esercizio di alcuni diritti, affinché vengano ripristinate le condizioni proprie di uno Stato, a cominciare dall'esercizio del diritto di legittima difesa e di protezione della popolazione. È giusto, dunque, continuare in quel sostegno ampio e condiviso, in ambito NATO ed europeo, affinché il popolo ucraino sia affiancato nel suo sforzo di resistenza.
Non siamo una Nazione bellicista, basta. Non siamo un Paese che sta attuando una guerra per procura. Siamo orgogliosamente l'Italia, intimamente e costituzionalmente pacifista nella sua cornice euroatlantica, cosciente che il mantenimento e il ripristino della pace ci obbliga alla difesa - sottolineo difesa - di quei valori, anche con le armi. Per questo, accanto all'immancabile impegno militare, accompagniamo il convinto sostegno a tutte le iniziative diplomatiche, per giungere a un cessate il fuoco prodromico all'avvio di un processo di pace che abbia come precondizione il rispetto del diritto internazionale, della sovranità e dell'integrità territoriale.
Siamo pienamente accanto all'Ucraina da quasi tre anni per garantire assistenza sanitaria, con l'impegno accanto a coloro che si prendono cura di chi porta ferite esterne o cicatrici interne. Siamo in prima fila con iniziative già concrete per non abbandonare l'Ucraina nelle necessità legate, ad esempio, all'approvvigionamento energetico.
Ne è prova l'accordo per il ripristino nell'emergenza delle centrali idroelettriche, portato avanti dall'Italia con il sostegno della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Insieme a questo, gli altri accordi per finanziare i progetti per la ricostruzione, che ci vedono protagonisti, grazie all'impegno dei nostri diplomatici a Kiev, con i funzionari dell'Agenzia per la cooperazione e lo sviluppo. È l'Italia che, non a caso, ospiterà nel prossimo mese di luglio la Conferenza internazionale per la ricostruzione dell'Ucraina, con il Parlamento, dunque, la Camera dei deputati impegnata a favorire questo processo.
Per risolvere il conflitto invochiamo lo stile - mi lasci dire - e lo spirito di Pratica di Mare che nel 2002 Silvio Berlusconi fece volare dalla Russia agli Stati Uniti, riuscendo ad unire due Nazioni, due popoli, due Governi che per decenni erano stati lontanissimi. A quello spirito testardamente ci appelliamo, sottolineando ancora una volta il ruolo di mediazione che l'Italia deve continuare ad avere
Fino ad allora abbiamo il dovere di guardare la realtà cruda, nuda, orribile che, come ogni giorno - ogni giorno -, nasce in Ucraina. Allora, cosa sono - basta fare un po' di moltiplicazioni rispetto ai numeri che lei ha dato - 4.400.000 colpi di artiglieria sparati dalla Russia in questi anni? Cosa significano 330.000 bombe - cifra per difetto - di aereo sganciate sull'Ucraina? Quanti sono 13.000 droni lanciati contro l'Ucraina?
Un calcolo l'ha fatto un paio di anni fa Cecilia Sala in un articolo pubblicato su , concludendo che questa micidiale pioggia di fuoco praticamente, signor Presidente, è una bomba a famiglia. Ogni famiglia ucraina in questi tre anni ha ricevuto una bomba a casa: una bomba, un missile o un drone, nessuna esclusa. Fatto il conto, 30 milioni diviso il numero di bombe, missili e droni, ogni famiglia li ha ricevuti. Ne sono morti più di 12.000. Quando parliamo di genocidio, quello è un genocidio a lento rilascio. Ogni giorno ne muore qualcuno, ma non muoiono in un conflitto, muoiono per una guerra mossa per aggressione contro l'Ucraina.
Allora, questa intensità di fuoco è paragonabile soltanto, Presidente, a quella con cui sparavano i cannoni di Adolf Hitler tra il 1941 e il 1944. Ieri si chiamava Hitler, oggi si chiama Putin. Noi che stiamo qui a discettare di armi e di diritti dovremmo andare, come molti di noi in quest'Aula hanno fatto, a passare una settimana in Ucraina. Scoprirebbero che ieri, mentre da noi giocavamo a guardare i pacchi su Rai Uno, a 1.600 chilometri di distanza, che è ciò che separa Reggio Calabria da Milano, il programma della serata in Ucraina tra le 20,30 e le 21,50 è stato il seguente: attacchi ripetuti di droni nella regione di Rostov, attacco con droni e feriti civili nella regione di Sumy, attacco di droni nella regione di Odessa, attacco dell'aeronautica russa con bombe plananti a Pokrovs'k, nella regione del Donetsk, missili contro la regione di Sloviansk, attacchi con missili a Mykolaiv. A Kiev hanno dovuto rinunciare a qualsiasi programma dalle 18,26, quando le sirene hanno avvertito di un pesante attacco alla città e alla regione, che è rientrato dopo 7 ore e 11 minuti, all'1,38. È andata peggio a Sumy, dove l'allarme ha costretto a stare rintanati nei rifugi dalle 14,55 di ieri fino a 00,25: 9 ore e 30 minuti.
Pensateci; pensateci quando discettate di armi e di difesa, quando parlate della necessità di fare un passo indietro. Se qualcuno di voi in quest'Aula voterà contro il sostegno anche militare dell'Ucraina, l'Ucraina che è martoriata e massacrata ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, dalla Russia, lo faccia. Poi, se però un giorno, al posto dei pacchi su Rai Uno, si troverà a guardare suo figlio, sua moglie terrorizzati all'interno di un rifugio durante un attacco aereo, non si deve meravigliare. Sarà in arrivo un pacco bomba, perché questa è la guerra, questa è l'aggressione che è stata mossa all'Ucraina.
Noi, signor Presidente, signor Ministro della Difesa, non abbasseremo la testa e saremo al fianco dell'Ucraina fino a quando sarà necessario per un dovere di coscienza, ma anche per un obbligo di civiltà, per non essere accusati davanti alla storia di aver tradito quei valori, per i quali ogni giorno noi ci battiamo; quei valori che risiedono nella capacità di essere l'Italia; quei valori che ci hanno fatto essere la Nazione che siamo oggi e che nascono da quella resistenza, oggi, del popolo ucraino, a tre anni di distanza, con quelle 12.000 perdite tra civili, bambini e donne.
Uomini, donne e bambini uccisi all'interno degli ospedali, donne, uomini e bambini uccisi all'interno delle loro case, donne, uomini e bambini cercati nelle loro abitazioni perché troppo prossime al confine con la Russia.
Ebbene, ognuno di voi, in quest'Aula, quando voterà, si ricordi di chi in questo momento non può andare a scuola, di chi in questo momento, siccome nelle scuole non c'è un rifugio e non c'è la capacità di poter andare a studiare in sicurezza, non va a scuola e sono tre anni; è stata rubata l'adolescenza, è stato rubato un pezzo di vita straordinario, fondamentale, per la crescita di quei ragazzi. Quando voi voterete le risoluzioni che indicano al Governo la strada per andare avanti nel sostegno sanitario e anche militare, pensate a tutto ciò che in questo momento non si può fare in Ucraina, non per decisione di un despota, ma per l'aggressione brutale, continuata e che non vuole finire, fino a quando non verrà meno l'oppressione, fino a quando non verrà meno l'indicibile intento della Russia di andare contro l'Ucraina. Pensateci. Dopo, ancora, con la serenità che deve accompagnare ognuno di voi, decidete cosa votare. Pensate a cosa succede a 1.600 chilometri di distanza , .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA(MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Signor Ministro, ho apprezzato e, nella sostanza, condiviso le sue parole sul perché stiamo sostenendo e sul perché dobbiamo continuare a sostenere, anche dal punto di vista militare, la difesa ucraina dall'aggressione proterva, ingiustificata e ingiustificabile, violenta e imperialista di Putin. Mi lasci solo dire che non condivido il richiamo allo spirito di Pratica di Mare, se non nei termini di una generosa illusione: Putin era già quello della seconda guerra cecena, della stretta all'interno, violenta, contro ogni forma di dissenso e di libertà. Noi dovremmo, casomai, interrogarci sulle restrizioni che abbiamo posto e continuiamo a porre all'uso delle armi che forniamo all'Ucraina, impedendo di colpire gli obiettivi da cui partono gli attacchi - di cui lei parlava - di missili e droni, che colpiscono obiettivi militari in parte, ma, soprattutto, obiettivi civili: pensiamo alle infrastrutture energetiche nel territorio ucraino.
Aggiungo una considerazione. Putin non solo ha attaccato l'Ucraina nel modo brutale che sappiamo - e sono contento che il Governo prosegua sulla linea da subito intrapresa dal Governo Draghi -, ma ha inglobato la Bielorussia, distruggendo qualsiasi possibilità per i bielorussi - tanti di noi ne conoscono tanti -, che pensavano di poter vivere senza Lukasenka in un Paese di libertà, di Stato di diritto, che guardasse all'Europa. Quel sogno è finito, distrutto dall'occupazione militare voluta da Putin, che ci ha messo pure le bombe atomiche.
Abbiamo bisogno della difesa comune europea - abbiamo ascoltato Trump, non ne discutiamo oggi -, abbiamo bisogno di dare seguito a quello che anche la Presidente Meloni ha detto: aprire al debito pubblico europeo per i beni comuni europei, a partire da una difesa comune che dobbiamo costruire, perché tutte le cose che lei ha detto, in prospettiva, saranno affidate a quello.
Chiudo, signor Presidente, con il tema degli finanziari congelati. Stiamo usando gli interessi - va bene -, ma rispondiamo positivamente anche alla richiesta di Zelensky di usare gli in quanto tali. Non vogliamo smobilitarli, usiamoli come garanzia per l'emissione di titoli del debito pubblico ucraino che servano alla ricostruzione e alla difesa. E, se Putin non distruggerà l'Ucraina, ritorneranno, perché il debito pubblico verrà onorato, la garanzia sparirà e, dopo la guerra, gli restituiremo anche i soldi .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carrà. Ne ha facoltà.
ANASTASIO CARRA'(LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, Ministro Crosetto, abbiamo ascoltato con molta attenzione le comunicazioni che ha appena reso a quest'Assemblea in merito alla decisione assunta dal Governo di chiedere un'ulteriore proroga di un anno dell'autorizzazione a fornire all'Ucraina gli aiuti militari di cui ha bisogno per resistere all'aggressione russa che è iniziata il 24 febbraio 2022.
Oggi discutiamo questo tema di straordinaria rilevanza non solo per il nostro Paese, ma per il futuro della stabilità e della sicurezza dell'Europa. A tal proposito, la Lega esprime il proprio convinto sostegno a questo impegno, riconoscendo il valore di un atto che conferma il ruolo dell'Italia come alleato affidabile e responsabile all'interno dell'Unione europea e della NATO . Tuttavia, questa discussione non può ridursi a una questione puramente tecnica e strategica, essa chiama in causa i valori fondanti della nostra politica estera e del nostro senso di giustizia sotto molteplici versanti. Infatti, non possiamo ignorare che l'Ucraina è oggi il simbolo della difesa della libertà contro l'aggressione . Il popolo ucraino sta lottando non solo per proteggere la propria terra, ma anche per difendere i principi universali, come la propria sovranità, l'autodeterminazione e il rispetto del diritto internazionale. Sostenere l'Ucraina, quindi, significa ribadire, ancora una volta, che questi valori non sono e non saranno mai negoziabili .
L'aggressione della Federazione Russa ai danni dell'Ucraina rappresenta una violazione inaccettabile del diritto internazionale e un attacco diretto a quell'ordine globale che ha garantito decenni di pace, prosperità e stabilità in Europa e nel mondo. Quindi, non possiamo permettere che la comunità internazionale resti a guardare o che prevalga la logica del più forte. L'Italia, storicamente, rappresenta un ponte tra il Mediterraneo e l'Europa e ha sempre avuto un ruolo cruciale nei momenti di crisi. Oggi, come mai prima, dobbiamo dimostrare che il nostro Paese è in grado di essere un affidabile e determinato.
La proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi ed equipaggiamenti militari non è solo un gesto simbolico, ma una prova concreta del nostro impegno e, soprattutto, della nostra lealtà. Sappiamo che questa scelta comporta responsabilità e sacrifici, ma non possiamo ignorare che la pace e la sicurezza dell'Europa dipendono anche dalle nostre azioni. Restare neutrali o indifferenti di fronte a questa crisi significherebbe tradire i nostri principi e la nostra storia, oltre che indebolire la nostra posizione nello scenario geopolitico internazionale.
Noi della Lega accogliamo con favore l'impegno del Ministro Crosetto per garantire la massima trasparenza nella gestione di queste cessioni. È fondamentale che il Parlamento e i cittadini italiani abbiano la certezza che ogni azione intrapresa sia rigorosamente monitorata e che le risorse siano impiegate in modo responsabile. Siamo consapevoli che tali decisioni debbono essere compatibili con le esigenze delle nostre Forze armate, che meritano pieno sostegno per continuare a garantire la sicurezza nazionale. Per questo motivo, è essenziale che il Governo mantenga un equilibrio fra gli aiuti forniti all'Ucraina e il fabbisogno interno, affinché la difesa del nostro Paese non venga mai messa in discussione .
Signor Ministro, onorevoli colleghi, mentre sosteniamo l'Ucraina, non dobbiamo mai perdere di vista l'obiettivo finale e, cioè, il raggiungimento di una pace giusta e duratura. Ogni iniziativa militare deve essere accompagnata da un impegno concreto, teso a favorire il dialogo e una soluzione diplomatica del conflitto. L'Italia, insieme ai suoi alleati, deve continuare a promuovere iniziative volte a fermare l' ed avviare negoziati credibili. La storia ci insegna che nessuna guerra può essere vinta solo con le armi. La vera vittoria sarà quella che consentirà ai popoli coinvolti di ricostruire, di tornare a vivere in pace e di ristabilire un ordine basato sulla cooperazione e, soprattutto, sul rispetto reciproco.
Vorrei concludere questo intervento con un augurio, che credo rappresenti il sentimento di tutti noi in quest'Aula e del popolo italiano: che presto si possa giungere a una tregua e che questa tregua si trasformi in una pace duratura, esattamente come qualche giorno fa ha accennato e vuole il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha già dimostrato una grande efficacia nella politica estera, come testimonia il rilascio degli ostaggi israeliani da parte di Hamas, in Palestina.
Signor Presidente, colleghe e colleghi, siamo consapevoli che il percorso verso la pace sarà lungo e complesso, ma è nostro dovere continuare a lavorare, affinché le armi possano presto tacere e lasciare spazio al dialogo e alla riconciliazione.
Ogni vita salvata, ogni giorno di pace guadagnato è un traguardo che vale ogni sforzo. Signor Ministro, lo ribadisco: la Lega sostiene e sosterrà con convinzione la proposta del Governo e le sue comunicazioni con la consapevolezza che il nostro contributo non è solo un atto di solidarietà verso il popolo ucraino, ma un impegno per la sicurezza, la stabilità e la giustizia in Europa e nel mondo.
Il mio auspicio - e chiudo -, e sono certo che sia anche quello di tutti noi, è che questo sia l'ultimo pacchetto di aiuti militari per l'Ucraina, così come poc'anzi ha accennato lei, che addirittura vorrebbe che nemmeno questo fosse condotto in porto. Siamo convinti che sia l'ora di una pace giusta e duratura, della ricostruzione e di un futuro pieno di speranza .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lomuti. Ne ha facoltà.
ARNALDO LOMUTI(M5S). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, devo dire che le sue premesse, piene di retorica, strappa applausi, diventeranno presto parole vuote nel momento in cui Trump deciderà di fermare l'invio di armi in Ucraina e farà sedere a un tavolo Putin e Zelensky . Qui c'è lo zero in condotta per l'Europa.
A parte che lei condanna i crimini di guerra in Ucraina e inneggia ai principi universali - e ci sta -, ma nessuna condanna da parte del Governo sulla carneficina di Netanyahu abbiamo sentito in questi giorni. Sa perché, Ministro? Perché avete paura.
Dopo l'invasione, abbiamo inviato armi per pareggiare l'equilibrio militare allo scopo di aprire le trattative di pace, cosa che non è avvenuta oggi. A Istanbul, Ministro, l'accordo era fatto. Eccome se era fatto! Lo raccontano i negoziatori ucraini. A metà aprile 2022, i russi e gli ucraini dicevano le stesse cose: Ucraina neutrale; non entrerà nella NATO; Ucraina parzialmente demilitarizzata; garanzia di sicurezza per l'Ucraina dagli altri Paesi; influenza per l'entrata dell'Ucraina nell'Europa - ci sta -; la Russia si sarebbe ritirata dai territori occupati; destino di Crimea e Donbass affidato a incontri bilaterali tra Russia e Ucraina.
Però, sempre ad aprile 2022, Boris Johnson si reca personalmente a Kiev per dire a Zelensky di non firmare niente, che la NATO non accetterebbe l'accordo, che bisogna combattere, perché le armi per sconfiggere militarmente la Russia ve le diamo noi. Arriva, quindi, il veto dei veri padroni della NATO, che non siamo noi, sono l'Inghilterra e l'America.
Adesso arriverà il tavolo di pace in primavera, Trump lo ha già annunciato. Secondo lei, Ministro, Zelensky resisterà a Trump? E chi glieli dà i soldi per le armi? L'Europa? Noi, che non abbiamo più occhi per piangere? Non ha più Governi che stanno in piedi. In tutta Europa, la gente è disposta a votare i nazisti - veda Austria o Germania -, pur di non dare più armi e impoverire i poveri. Non è Putin a far votare così, è che la gente vuole politiche sociali e non di guerra e chi fa politica di guerra perde le elezioni . L'ultimo rapporto Censis dice che l'80 per cento degli italiani è contro la NATO. Ma una domanda ve la volete fare o no? O è Putin che entra pure nel rapporto Censis?
Ieri avevamo Stoltenberg, oggi l'olandese Rutte che dice che dobbiamo entrare in una mentalità di guerra. Ministro, al prossimo vertice NATO, le consiglio di fare una cosa. Alzi la mano e chieda: ma uno normale qui dentro ce l'abbiamo o no? Rutte - ve lo ricordo - è quello che si scagliava contro l'Italia nei mesi tragici della pandemia. L'Occidente, quello democratico, quello della NATO a tutti i costi, ha sbagliato e sta sbagliando ancora. L'Europa sta sbagliando tutto, perché poteva essere la protagonista della pace.
Siamo - o, meglio, siete - dinanzi a una scelta: ogni missile è una strada in meno, ogni carro armato è una scuola in meno, ogni nave è un ospedale in meno. Lei crede che i cittadini, se potessero, sceglierebbero le armi?
A voi la scelta, Ministro, a voi la responsabilità. Il nostro monito è quello di fermarvi, affinché si sia ancora in tempo. Noi vi diamo alcuni suggerimenti.
Gli Stati membri dell'Unione europea nel 2024 hanno speso, per la difesa, la cifra record di 350 miliardi di euro, 380 miliardi di dollari. Erano 240 nel 2022, 220 nel 2021, una crescita del 60 per cento rispetto a 10 anni fa. Peccato che lo faranno in ordine sparso, senza coordinamento, con duplicazioni e sprechi, alla cieca. È un insensato inseguimento al NATO di percentuali enormi rispetto al PIL.
Oggi, 27 Paesi producono 17 modelli di carri armati, 29 modelli di fregate, 20 modelli di caccia. Basterebbe mettere in comune queste immense risorse, perché l'Europa diventasse la seconda o terza potenza militare globale e magari smetterebbe di inseguire altri continenti, i di altri continenti, perché noi siamo inesistenti sullo scenario geografico mondiale .
Se invece di spendere queste cifre enormi - concludo, Presidente -, ognuno, per proprio conto, per investire in sistemi d'arma di produzione nazionale o extra-europea (78 per cento, in particolare, americana), si investisse in programmi comuni , che oggi rappresentano solo il 18 per cento degli approvvigionamenti dei Paesi dell'Unione europea, si avrebbero enormi risparmi sui costi di acquisizione e manutenzione di tutto l'armamentario.
Quindi, il nostro monito non è spendere di più - che serve a poco o nulla -, ma è spendere meglio e, quindi, meno .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pisano. Ne ha facoltà.
CALOGERO PISANO(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Signor Ministro, la guerra in Ucraina, con le sue migliaia di bombardamenti e vittime quotidiane, impone una riflessione seria. In questo contesto, mi limito a ribadire l'importanza della linea da seguire. Il nostro dovere, oggi e sempre, è quello di ribadire con forza una verità fondamentale: l'aggressione subita dall'Ucraina non è un conflitto qualunque, è la violazione del diritto internazionale, l'attacco all'indipendenza di uno Stato sovrano, il tentativo di riscrivere con la forza le regole della convivenza pacifica tra i popoli.
Di fronte a questo scenario, l'Italia ha scelto e continua a scegliere di stare dalla parte del diritto della libertà, fornendo all'Ucraina il supporto necessario per difendere la propria sovranità. Gli aiuti militari, che il nostro Paese ha deciso di inviare, non sono strumento di aggressione, ma strumento di resistenza. L'obiettivo deve rimanere una pace giusta, che assicuri sicurezza e sovranità all'Ucraina, senza concessioni che possano legittimare l'aggressione russa. Costruire la pace non significa cedere alle minacce e alle pressioni, bensì lavorare per un contesto internazionale in cui il dialogo torni ad essere l'unico strumento di risoluzione delle controversie. Proprio in questo l'Italia può e deve giocare un ruolo da protagonista, sfruttando la propria storica capacità di mediazione e il prestigio acquisito nei contesti multilaterali.
Le nostre Forze armate, che ringrazio per l'impegno profuso nel tenere sempre alto il nome dell'Italia nel mondo, dimostrano ogni giorno come la sicurezza non sia solo questione di armi, ma anche di aiuti e relazioni umane. Questo è il nostro ruolo: l'Italia deve continuare a essere protagonista nelle missioni internazionali, rafforzando le alleanze e lavorando per una difesa europea più solida.
Alla luce di quanto detto, sosteniamo pienamente l'azione del Governo, consapevoli che il nostro impegno sia fondamentale non solo per l'Ucraina, ma per la stabilità e la credibilità dell'intera Europa .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bonetti. Ne ha facoltà.
ELENA BONETTI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Ministro, condivido molto il passaggio in cui lei ha detto che spera di non usare il decreto che si appresta - anche questo Parlamento - ad analizzare, così come anche noi, che certamente ci troviamo a discutere, ancora una volta, sulla continuità del sostegno all'Ucraina, non avremmo voluto farlo. Avremmo voluto non farlo, perché, ricordando la fatica e il travaglio di quelle decisioni - che lei ha richiamato - del 2022, temevamo allora che ci sarebbe stato un tempo lungo, una strada lunga davanti a noi e speravamo, ovviamente, che la cosa potesse avere una soluzione prima. Però, vedete, colleghe e colleghi, il compito dei politici, di queste istituzioni, della nostra Repubblica, non è vivere nel mondo dei ma costruire un mondo migliore, certamente operare per renderlo migliore, ma anche avere il coraggio di affrontare quello che la storia, con urgenza, pone alle nostre coscienze e decidere quale risposta dare.
Io, allora, vorrei riportare in quest'Aula le ragioni iniziali di quella prima decisione del 2022, che ha detto che l'Italia è accanto all'Ucraina a sostenere l'Ucraina, la sua difesa e la sua lotta per la democrazia, la libertà e l'autodeterminazione di fronte all'aggressione della Russia. Io ricordo, allora, le parole del Presidente Draghi in questo Parlamento: l'Italia non intende voltarsi dall'altra parte, richiamando anche quel senso di adesione europea che il nostro Paese ha avuto, richiamando il Presidente De Gasperi: l'Italia che è pronta, il cuore del popolo italiano pronto ad associare la sua opera con gli altri Stati europei per costruire un mondo più giusto e più umano. Non è voltandosi dall'altra parte che si costruisce una finta pace e quella scelta, così dolorosa e faticosa, è stata non solo la difesa dei nostri diritti, dei diritti europei e dei principi su cui l'Europa si fonda, ma anche una scelta di azione storica per portare avanti il progetto europeo, non lavandosi le coscienze. Oggi noi siamo chiamati a riconfermare quella scelta, esattamente a riconfermare in coerenza quella scelta e a farlo anche con un altro Governo, che ha portato avanti coerentemente quella stessa scelta che questo Parlamento aveva votato e su cui il Governo, allora, aveva operato.
Certo, lo scenario è cambiato. Mi hanno molto colpito le parole del Presidente Zelensky a Davos, al , in cui dice: stiamo tutti a commentare, in qualche modo, cosa sta accadendo negli Stati Uniti, ma in pochi commentano, invece, se l'Europa farà un passo indietro. È una sveglia alla coscienza europea. Oggi serve un'azione europea ancora più incisiva e forte che faccia fare all'Europa un passo avanti, certamente anche nell'ottica dell'integrazione dell'Ucraina nell'Unione europea, ma portando avanti con forza il tema della difesa comune, dell'esercito comune e di un soggetto politico che agisca da nello scenario internazionale, perché è vero che preoccupano - a noi preoccupano molto - le parole del Presidente Trump, che lascia intendere una dismissione della coscienza americana nei confronti, per esempio, dell'impegno della difesa dell'Ucraina e non vorremmo che quella pace, di cui si è parlato, fosse altro che quell'incubo di quella resa incondizionata al Putin dittatore e all'uso della forza come metodo di risoluzione dei rapporti tra gli Stati.
Ma non è semplicemente commentando che noi ci laviamo le coscienze, e lo dico alle colleghe e ai colleghi che oggi intendono non sostenere, in qualche modo, questa posizione. Non è lavando la nostra coscienza che noi diciamo: l'America se ne lava le mani. Non possiamo fare i nuovi Ponzio Pilato della storia. Noi, come Europa, siamo chiamati a prendere le nostre decisioni oggi, anche a fronte di un'eventuale dismissione o balbettio dell'alleato statunitense. Noi, Ministro, non torniamo indietro rispetto alle decisioni che allora abbiamo faticosamente in coscienza portato avanti e lo facciamo anche in virtù del fatto che l'Italia ha conosciuto la libertà, la pace e l'uguaglianza in virtù della scelta coraggiosa delle madri e dei padri della nostra Repubblica, che hanno agito nella Resistenza che non aveva un colore politico, perché c'è stata una Resistenza cattolica, una Resistenza socialista, comunista e liberale che non solo ha liberato l'Italia dalla dittatura nazifascista, ma che ha anche costruito un mondo più giusto.
Io, veramente, lo chiedo a chi, con me e con noi, era seduto nei banchi in cui abbiamo assunto quella decisione: come potete, oggi, voltarvi dall'altra parte, lavandovi le mani e la vostra coscienza per una sola posizione di carattere politico ? Oggi questo Parlamento è chiamato a ritrovare quella stessa unità del 2022 e a dire che sì, anche oggi l'Italia non si volta davanti a questo momento tragico della storia. Noi, Ministro, il nostro sguardo lo teniamo fisso e, conseguentemente, le nostre decisioni .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Comba. Ne ha facoltà.
FABRIZIO COMBA(FDI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, onorevoli colleghe e colleghi, intervengo oggi in quest'Aula per esprimere il più sentito e convinto sostegno del gruppo di Fratelli d'Italia all'azione del Ministro della Difesa, l'onorevole Guido Crosetto, che ha saputo guidare con determinazione e competenza un'azione strategica di rilevanza cruciale per l'Italia e per l'intero scenario politico internazionale. Lo ringrazio a nome di tutto il gruppo di Fratelli d'Italia per il suo impegno straordinario in una delle più delicate e complesse sfide che il nostro Paese sta affrontando: il supporto al popolo ucraino nel quadro della terribile guerra in corso.
Il Ministro Crosetto ha illustrato con chiarezza la situazione attuale, sottolineando come l'Italia, sin dall'inizio del conflitto, abbia sostenuto con decisione ogni azione volta a favorire un confronto diplomatico, auspicando una soluzione negoziale che conduca a una pace giusta, azione che ripetutamente e costantemente l'Italia svolge animata da propositi di pacificazione e cooperazione, ma che purtroppo, per ora, non hanno sortito effetti concreti a causa della sordità diplomatica dell'altra parte coinvolta.
Dopo quasi tre anni di conflitto, gli attacchi russi continuano a intensificarsi su obiettivi militari e civili con una brutalità che non accenna a diminuire, distruggendo le infrastrutture critiche del Paese, energetiche, idriche, sanitarie e dei trasporti, arrecando sofferenze enormi e inaccettabili alla popolazione civile, restituendo agli occhi del mondo intero una Nazione devastata da una guerra di aggressione contro il diritto internazionale e i principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite. L'Ucraina è martoriata da un numero imponente di vittime civili ed è erosa, nel proprio tessuto sociale, dal quantitativo imponente di profughi in fuga dalla propria vita.
Il supporto alla Federazione Russa proveniente da altri Paesi e il dispiegamento di personale militare della Corea del Nord al fianco delle truppe regolari russe, oltre a far presagire tensioni di altre e in altre regioni del mondo e rischi per l'apertura di nuovi teatri di conflitto, configurano un sostegno politico per un'azione feroce compiuta contro l'indipendenza, la sovranità e l'integrazione territoriale di una Nazione, minando i principi alla base della pace e della sicurezza internazionale.
Dunque, il quadro strategico globale e le contingenze di politica internazionale ci inducono a sostenere che è senza dubbio essenziale che l'Italia mantenga una posizione ferma e coerente, in linea con i valori democratici e con gli impegni assunti in ambito atlantico. Il sostegno all'Ucraina non è soltanto una questione di solidarietà verso un Paese aggredito, ma rappresenta anche la difesa dei principi di sovranità e integrità territoriale, che sono la base dell'ordine internazionale. Inoltre, la nostra partecipazione attiva nel supporto all'Ucraina rafforza il ruolo dell'Italia all'interno dell'Unione europea e della NATO, come più volte ha sottolineato il nostro Premier Giorgia Meloni, consolidando le alleanze strategiche e contribuendo alla sicurezza collettiva. È importante sottolineare, perché spesso si tende a dimenticarlo essendo tutti vittime di un sistema informativo talvolta semplicistico e, forse, troppo schematicamente orientato su posizioni estreme, che l'assistenza fornita non si limita all'aspetto militare, ma comprende anche aiuti umanitari e di supporto economico, fondamentali per alleviare le sofferenze della popolazione civile e favorire la ricostruzione del Paese.
Cari colleghi, care colleghe, per amor di verità questo è un aspetto fondamentale che non dobbiamo eludere, perché abbiamo il dovere morale di non farlo. Infatti, ce ne stiamo occupando con senso di responsabilità e spirito solidaristico dall'inizio del conflitto ma, come più volte ha sottolineato il Ministro Crosetto, ci sono ulteriori compiti e sfide da portare avanti. Siamo convinti che, senza se e senza ma, ci sia un'importante azione che dobbiamo portare avanti nel supportare il Presidente Zelensky, il suo Governo e il popolo ucraino in questa battaglia che non è solo una battaglia per l'Ucraina, ma per la libertà, per l'inviolabilità dei confini , per il diritto di autodeterminazione dei popoli e per ognuno di noi.
Credo che tutte le persone di buon senso e irreprensibili nei sentimenti, unitamente al Ministro Crosetto nella sua ultima visita in Ucraina e nei giorni scorsi, sono passate metaforicamente a rendere omaggio a quei caduti in due luoghi simbolici del conflitto, e non certo per dovere diplomatico, ma perché, pensando a quei caduti, si sono realmente emozionati nel loro ricordo. Tutto questo ci ha indotto, ancora di più e fermamente, a prendere coscienza su quello che dobbiamo fare, cioè aiutare l'Ucraina senza esitazione. Questo è il momento di aumentare gli aiuti: è il momento più importante degli ultimi tre anni, ha detto il Ministro. Ne siamo assolutamente convinti, caro Ministro Crosetto, e siamo convinti, insieme a lei, che questo sia un momento cruciale e oggi il nostro voto è il modo per non voltarci dall'altra parte.
Il provvedimento di proroga è connesso con la necessità di ottemperare agli impegni assunti dall'Italia nell'ambito delle Nazioni Unite, dell'Unione europea e dell'Alleanza atlantica per affrontare più efficacemente la crisi internazionale in atto in Ucraina, che incide sugli equilibri geopolitici e mina la sicurezza e la stabilità internazionale.
In assenza della proroga al 31 dicembre 2025, l'Italia non potrebbe partecipare, come ha sempre fatto, allo sforzo congiunto dei Paesi alleati dell'Unione europea e della NATO, volto a fornire il sostegno necessario all'Ucraina per esercitare efficacemente il proprio diritto di legittima difesa, in linea con la Carta delle Nazioni Unite. Inoltre, è opportuno rammentare che la semplificazione rispetto alle ordinarie procedure di cessione di mezzi materiali ed equipaggiamenti militari consente di operare in coerenza con la rapidità operativa che una crisi internazionale come questa richiede, garantendo, di volta in volta, la valutazione degli interessi coinvolti, attraverso lo strumento del decreto del Ministro della Difesa, di concerto con i Ministri degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'Economia e delle finanze.
Rinnoviamo il pieno sostegno all'azione del Ministro Crosetto e del Governo, auspicando che il Parlamento approvi con convinzione la proroga all'autorizzazione, dimostrando così la nostra unità e la nostra determinazione nel proseguire e nel perseguire una pace giusta e duratura in Ucraina. La proroga all'autorizzazione alle concessioni di materiale militare è una scelta necessaria, urgente e giusta, che ci pone dalla parte della storia e dei valori che da sempre contraddistinguono la nostra Repubblica.
Pertanto, se si vuole portare l'Italia dalla parte giusta della storia, non c'è altra possibilità che continuare a sostenere - in linea con gli impegni assunti e con quanto sarà ulteriormente concordato in ambito NATO e Unione europea, nonché nei consessi internazionali in cui l'Italia fa parte - le autorità governative dell'Ucraina, attraverso la concessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti, così come stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 19 dicembre 2024, n. 200, nonché continuare a promuovere in tutte le sedi l'azione diplomatica, volta a raggiungere al più presto un cessate il fuoco, con l'obiettivo di mettere fine alle sofferenze del popolo ucraino e avviare un processo di pace nel rispetto delle norme del diritto internazionale, della sovranità e dell'integrità territoriale.
Ma non solo. Bisogna perseguire e proseguire nel contributo alle iniziative di ricostruzione e sviluppo, nonché di assistenza alla stabilità economica dell'Ucraina, intraprese a livello europeo nell'ambito delle alleanze internazionali di cui l'Italia fa parte. Bisogna perseguire, quindi, ogni possibilità di cooperazione industriale per soddisfare le esigenze immediate dell'Ucraina, rilanciandone al contempo l'economia devastata dalla guerra e creando efficaci e duraturi legami in termini di catena di approvvigionamento europeo, tecnologico e avanzato.
In conclusione, ritengo quello di oggi un passaggio fondamentale, perché, rifacendomi a quanto sostenuto in apertura di seduta dal Ministro Crosetto, tutto il gruppo di Fratelli d'Italia è convinto che questa debba essere la posizione del Governo e non di un partito, questa debba essere la posizione di un Paese compatto e determinato nel difendere il diritto internazionale e il diritto di un popolo a difendersi e a non essere aggredito. Non può esserci una questione politica e non dev'esserci una questione ideologica. Al contrario, deve giungere forte il messaggio ideale che l'Italia, su queste cose, non si divide, ma rimane compatta come una grande Nazione, quale è l'Italia. Oggi il Governo chiede di prorogare fino alla fine del 2025 il decreto-legge che ci consente di fornire aiuti all'Ucraina. Ci auguriamo anche noi, signor Ministro, che questa sia l'ultima proroga e di non dover preparare un ulteriore pacchetto di aiuti, perché ciò significherebbe che questa guerra sarà giunta finalmente al termine. Chiudo con l'auspicio - che faccio a lei, signor Ministro, e a tutti voi, colleghe e colleghi - di poter tornare di nuovo in Parlamento a discutere, invece, di un piano di pace e di ricostruzione .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ascani. Ne ha facoltà.
ANNA ASCANI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Signor Ministro, colleghe e colleghi, siamo alla vigilia del terzo anniversario della criminale invasione russa dell'Ucraina. Da tre anni, la guerra voluta da Putin insanguina un pezzo d'Europa. Morti, sofferenze, devastazioni, paura e fame sconvolgono i giorni di milioni di ucraini, di quelli che non sono riusciti a scappare, che non hanno voluto scappare e che sono sopravvissuti alle bombe, ai missili e ai droni che da mille giorni - mille giorni! - si abbattono sulle loro case. L'ostinata eroica resistenza di un intero popolo e del suo Governo ha decretato il fallimento del folle disegno di Putin. L'Ucraina non è scomparsa dalla carta geografica. L'Ucraina non ha un Governo fantoccio. L'Ucraina non ha perso la sua libertà e la sua indipendenza.
E questo è potuto accadere anche grazie al sostegno di tanti Paesi - tra cui il nostro - che, sin dal 25 febbraio 2022, hanno deciso di non voltare lo sguardo altrove, di non lasciare sola l'Ucraina e di non consentire al regime di Putin di riuscire nel tentativo di riscrivere con la forza e la violenza non solo i confini nazionali, ma le stesse regole che governano le relazioni tra Stati liberi e sovrani, in pratica di riportare tragicamente indietro le lancette della storia e di restituire contemporaneità a momenti e stagioni tra le più buie del passato dell'Europa.
Abbiamo sostenuto, anche con l'invio di equipaggiamenti ed armi, l'Ucraina, per difenderne la libertà e l'integrità nazionale, per consentire al Governo di Kiev di arrivare in piedi a un tavolo negoziale e anche per difendere l'Europa. Qui c'è in ballo l'Europa. Ma nessuno tra i banchi del mio gruppo, e credo di poterlo dire per tutte le colleghe e i colleghi in quest'Aula, nessuno voleva e nessuno vuole una guerra infinita, anzi nessuno vuole la guerra, anche perché a fare le spese della guerra sono sempre gli ultimi. Sin dalle prime ore successive all'invasione, mentre ancora l'esercito russo tentava di occupare la capitale ucraina, abbiamo chiesto - noi, così come i Governi e i Parlamenti di tantissimi altri Paesi - che le armi tacessero. Non c'è un unico minuto, un unico istante in cui il desiderio e la volontà di pace abbiano ceduto il passo alla stoltezza della vendetta, del conflitto permanente sempre più vasto. Anche in questa logica, nella logica di fermare l'aggressore, sono state individuate le sanzioni, pacchetto dopo pacchetto. Però oggi occorre riconoscere che la marcia dell'iniziativa diplomatica si è arrestata presto, come imprigionata nel fango dei campi di battaglia. E l'Europa, dopo la prima reazione unitaria e concorde, pare persa per strada, ingabbiata anche in questo dai rigurgiti nazionalisti, da un sistema di antistorico, da un affievolimento - che sta raggiungendo livelli allarmanti - di quel comune sentire degli Stati fondatori, che ha fatto da bussola per tanti anni e di cui, possiamo dire, abbiamo visto una delle ultime immagini su quel treno che, a giugno 2022, portava Draghi, Macron e Scholz a Kiev.
Oggi a farla da padrone sono altre immagini: Stati che, da soli, sgomitano per un posto alla corte degli imperi globali; ed essendo soli, sono deboli, tanto più con l'avvento di Trump, dei suoi 100 ordini esecutivi, che sono un messaggio chiaro per noi, per chi crede nell'imprescindibilità dell'Unione europea. Colleghe e colleghi, questo è il momento della verità per l'Europa. Se l'Europa non sarà protagonista delle fasi che, speriamo, porteranno anche su questo fronte, come è accaduto pochi giorni fa a Gaza, al cessate il fuoco e poi a una pace che dev'essere giusta e duratura, se l'Europa dovesse sedersi al tavolo del negoziato come ospite, allora per essa potrebbe aprirsi davvero un tempo di eccezionale difficoltà, perché profondamente ferita sarebbe la sua credibilità dinanzi agli imperi vecchi e nuovi, che vogliono dettare le regole della convivenza globale.
Dunque, Ministro, il Governo Meloni, che pure dai primi giorni del suo insediamento non manca di vantare credibilità e consenso sul piano internazionale, cosa intende fare? Diciamo pure che, fino ad ora, la sua iniziativa sul fronte europeo non è apparsa di eccezionale visibilità, anzi, non è proprio apparsa, interviste a parte. Un Governo che oggi non si spende con tutte le sue forze perché l'Unione lavori con determinazione, coraggio e unità per arrivare al termine del conflitto e alla pace, si prende la grave responsabilità di indebolire l'Unione stessa. Noi Democratici siamo convinti che il Paese debba fare ogni sforzo perché si possa arrivare quanto prima al cessate il fuoco in Ucraina. Allo stesso modo, siamo convinti che tocchi all'Europa riprendere le fila di una trattativa per una pace giusta. In gioco c'è la fine delle sofferenze di un popolo da mille giorni martoriato e c'è anche il futuro dell'Europa. Sono giorni e tempi decisivi. E allora il Governo lasci da parte la baldanza e la retorica trionfalistica e agisca con responsabilità. Vi piace molto rivendicare risultati storici, che spesso storici non sono affatto. Ecco, oggi la storia chiama.
Vedremo se il Governo saprà essere all'altezza della risposta necessaria e non solo, come le ho sentito dire, Ministro, di sperare .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Del Barba. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BARBA(IV-C-RE). Grazie, Presidente. Signor Ministro Crosetto, vorrei che con me guardasse il calendario: mercoledì 22 gennaio, perché è da qui che voglio partire con lei, proprio dall'inserimento del nostro dibattito nella quotidianità. Infatti, alcuni commentatori potrebbero osservare che questo dibattito, che abbiamo opportunamente portato a inizio anno, si trovi un po', anche con imbarazzo, in una fase in cui i temi che vengono posti dal dibattito stesso in realtà guardano al di fuori di quest'Aula. Non noi! Signor Ministro, se il senso di questo dibattito dovesse essere se ella ha il Paese dalla sua parte, per quanto ci riguarda, non ne dubiti. È chiaro che questo Parlamento, così come avvenne nel 2022, rinnova l'impegno verso l'Ucraina, ma oggi, 22 gennaio, San Vincenzo, questo dibattito assume un altro significato: dal nostro punto di vista questo dibattito cade oggi come pronta risposta del nostro Paese all'insediamento del nuovo Presidente negli Stati Uniti. È così che vogliamo sia la postura sua e del nostro Paese di fronte all'urgenza del problema che è scoppiato in Europa, a seguito dell'invasione, da parte della Russia, dell'Ucraina. Noi siamo sospesi in questo tempo e non vogliamo che la nostra discussione sia ovattata in questa sospensione. Vogliamo che ci sia la fermezza che abbiamo ritrovato nelle sue e nelle nostre parole, chiaramente accanto alla prudenza, perché il momento lo impone. Impone una forte presa di posizione con realismo, che, però, non è il pragmatismo, perché abbiamo paura che, in questa fase, si ceda a una visione cinica e mercantilistica che sarebbe la fine dell'Europa, sarebbe il modo peggiore di contraddire quello che questo Parlamento, nella ricerca dell'unità, ha fatto fin qui. Sarebbe il modo peggiore di tradire non solo gli ucraini ma di tradire gli stessi ideali europei.
Allora, Ministro, che cosa le chiediamo in questo dibattito? Oltre ad augurarci, come lei, che i contenuti del decreto non debbano essere utilizzati perché si apra una fase vera di pace e di negoziato, le chiediamo di far sì che queste 24 ore annunciate per il popolo ucraino non siano le 24 ore più tragiche della loro storia. Infatti, da quando queste interminabili 24 ore sono state scandite, è aumentata la recrudescenza del conflitto, sono aumentati i bombardamenti, sono aumentati i morti e la distruzione. Noi, allora, abbiamo il dovere non solo di confermare il nostro appoggio come Italia, ma di essere una voce autorevole nel dialogo che, in queste lunghe 24 ore, sappiamo che si deve aprire. Come facciamo ad essere una voce autorevole, Ministro? Noi saremo una voce autorevole se non ci limiteremo a essere degli invitati, perché questa volta non andiamo a un ricevimento. Noi saremo una voce autorevole se sapremo mettere in fila i Ministri della Difesa dell'Unione europea, se sapremo parlare e far parlare, con noi e tramite noi, l'Europa. Infatti, come Europa - e lei lo sa meglio di me - noi abbiamo già messo 124 miliardi, abbiamo inviato aiuti militari e abbiamo inviato aiuti per il sostegno della popolazione civile. Tuttavia, come Europa, oltre ad avere il compito, accanto ai nostri alleati Stati Uniti di difendere lo Stato di diritto, di difendere i principi di civiltà, abbiamo anche il dovere di difendere noi stessi. Noi non siamo semplicemente corsi in soccorso dei fratelli ucraini e del diritto internazionale; noi stiamo anche difendendo i nostri confini e lo stiamo facendo non metaforicamente ma lo stiamo facendo quotidianamente, ad esempio, con la guerra nella cybersicurezza, perché noi siamo sotto attacco dal punto di vista della cybersicurezza. Allora, mentre chiediamo di partecipare da protagonisti, con la schiena diritta, con l'autorevolezza che in questo momento la storia ci riconosce e che, quindi, chiediamo di esercitare fino in fondo, mentre noi adottiamo questa postura dobbiamo pensare sia alla difesa dei principi del diritto internazionale che alla difesa dei nostri cittadini.
Dentro questo pacchetto ci sono le misure anche per sopperire ai bisogni di cybersicurezza, che tanto stanno a cuore alla nostra forza politica, ma dentro la data di oggi vogliamo leggere la risposta immediata, la consapevolezza dell'urgenza che il nostro Paese vuole indicare a tutti gli alleati europei e agli Stati Uniti per primi. Occorre dare una risposta di pace, occorre non piegare i principi del diritto internazionale al mercantilismo, per la pace degli ucraini, per la pace del popolo russo e per la pace del popolo europeo .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bonelli. Ne ha facoltà.
ANGELO BONELLI(AVS). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, io ho ascoltato attentamente il suo intervento ma il suo intervento e il decreto di cui oggi chiede l'autorizzazione, con la risoluzione presentata dalla maggioranza, è l'ammissione di un fallimento, il fallimento di chi oggi non riesce a costruire strade diverse che non siano quelle delle armi, del riarmo. Infatti, nel suo intervento, signor Ministro, lei non ha indicato una strada e ha pronunciato più volte la seguente parola: “Io spero, spero, spero, spero”. Però, lei non può sperare perché lei è il Ministro della Difesa di un Governo che fa parte dell'Unione europea e ha il dovere di indicare una strada. Ci saremmo aspettati che lei fosse venuto in Aula indicandoci una strada, una proposta, quantomeno una proposta per arrivare a un processo di pace, o, meglio, a una tregua che consentisse un processo di pace.
Voglio fare una brevissima e velocissima premessa: noi respingiamo i continui attacchi che ci vengono rivolti da chi pensa che noi non ci poniamo il problema del futuro del popolo ucraino. Noi abbiamo sempre contestato, in tempi in cui altri stringevano la mano a Putin, chi era al Governo russo quando determinava i massacri in Cecenia, ad Aleppo, in Siria o, ad esempio, reprimeva, in maniera molto forte, i diritti delle comunità LGBT in Russia e i diritti dei giornalisti, reprimendo la libera informazione. Quindi, respingiamo questi attacchi, ma il punto è un altro. Non accettiamo neanche l'ipocrisia del Governo Meloni e anche del suo intervento - non me ne voglia, signor Ministro - quando lei ribadisce con forza la necessità della difesa del diritto internazionale. Non può esserci una doppia morale, signor Ministro: è la doppia morale di chi guarda da una parte e non vuole guardare e intervenire dall'altra. Le ricordo quello che è accaduto a Gaza, dove il diritto internazionale, con le risoluzioni dell'ONU, è stato sistematicamente violato e anche in queste ore, allorché le truppe israeliane intervengono in Cisgiordania e mettendo in discussione una tregua, cercando e rischiando di far saltare una tregua faticosamente raggiunta, c'è una violazione del diritto internazionale; poi, ci sono le occupazioni illegali dei coloni, tollerate da una parte della comunità internazionale che si è voltata dall'altra parte, mentre 50.000 persone dal 7 ottobre sono morte a Gaza
Quella che cos'è, signor Ministro? Quella è violazione del diritto internazionale, ma voi non avete fatto nulla, anzi vi siete affrettati a dire al Ministro degli Esteri israeliano che Benjamin Netanyahu può venire in Italia perché il mandato di arresto della Corte penale internazionale non verrà accettato. Abbiamo anche appreso una notizia sconvolgente, signor Ministro: l'accordo che è avvenuto a Gaza pochi giorni fa e che sta portando alla liberazione degli ostaggi - e siamo felici di quello che sta accadendo - poteva essere raggiunto otto mesi fa, per ammissione dei generali israeliani, perché tutti gli obiettivi militari erano stati raggiunti. Ebbene otto mesi fa poteva essere raggiunto questo accordo e sono morte tantissime persone perché otto mesi fa qualcuno non ha voluto firmare quell'accordo.
Allora, in Ucraina a quell'accordo, a un accordo di pace - gli Accordi di Minsk I e II sono miseramente falliti - ci si dovrà arrivare. Il punto è che dovremmo fare in modo di arrivarci prima, per evitare che altre vite umane siano cancellate dall'Ucraina e, ovviamente, anche dalla Russia, perché la Russia sta subendo delle perdite ingenti. Ci siamo anche dimenticati - signor Ministro, lei se ne è dimenticato - che, quando si parla della necessità di tutelare la democrazia, i confini e la sovranità, il punto è che ci sono conflitti per gli interessi geopolitici che essi rappresentano e ci sono conflitti che vengono dimenticati, e questo possiamo dirlo con tranquillità. Pensiamo, ad esempio, al Sudan, dove ci sono 10 milioni di profughi dimenticati dalla comunità internazionale. Ci sono quei conflitti che sono avvenuti, signor Ministro, in nome del diritto internazionale, salvo poi dire: abbiamo sbagliato oppure fuggire lasciando le donne afghane nel disastro totale, oppure rispedendo in Afghanistan - e non considerando la protezione internazionale - queste persone, queste donne, questi cittadini del mondo, oppure c'è l'Africa subsahariana, la Somalia o altro.
Signor Ministro, lei ha detto: “Io spero che questa sia l'ultima volta”, però non ci si può affidare alla speranza da parte di un Governo e, francamente, potrei lasciarla ad altre sedi, che non attengono all'attività di un Governo. Il punto è che in questo pianeta la corsa al riarmo ha raggiunto una cifra drammatica, 2.443 miliardi di dollari, ma la pace, invece, è sempre più lontana, perché i conflitti aumentano. C'è una diretta proporzionalità tra l'aumento delle spese per armamenti e l'aumento dei conflitti. Allora, qual è la posizione del Governo Meloni, per avviare un processo di negoziazione che porti una tregua e la pace in Ucraina, che tutti noi vogliamo, e anche fare in modo che il diritto internazionale non sia soffocato dall'ipocrisia che è quella della doppia morale, che dice un giorno che il diritto internazionale lo vogliamo applicare in un posto e l'altro giorno voltiamo le spalle…
ANGELO BONELLI(AVS). …a chi il diritto internazionale - e concludo - non sa che cosa sia, perché ogni giorno subisce soprusi, così come accade a Gaza ?
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Baldino. Ne ha facoltà.
VITTORIA BALDINO(M5S). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, qualche giorno fa, guardando l'ennesima immagine di bombe che cadevano sul suolo ucraino, mio figlio mi ha fatto una domanda: “Mamma, ma perché c'è la guerra? Perché c'è questa guerra?”. Allora, io gli ho dato la risposta che ciascuno di noi darebbe a un bambino di sette anni: perché c'è un cattivo che ha deciso di fare la guerra. Però, i bambini spesso sono più esigenti degli adulti e, non soddisfatto della mia risposta, mi ha chiesto: “Sì, ma perché questo cattivo sta facendo la guerra?”. Allora, io ho dovuto fare uno sforzo ulteriore per cercare di spiegare a mio figlio, con parole semplici, le ragioni profonde di questo conflitto e mi sono accorta, ascoltando, poi, la sua risposta, che a volte cercare le ragioni profonde di questo conflitto aiuta anche a cercare le soluzioni del conflitto.
Ministro, lei oggi è venuto a dirci che la Russia ha vinto la guerra. Lei ha detto testualmente che negli ultimi mesi sono aumentati gli attacchi russi, che ormai la guerra è nelle mani dell'esercito russo e che negli ultimi mesi sono aumentati i civili morti. Allora, noi ci chiediamo: quindi, a che serve questo accanimento nel continuare ad armare l'Ucraina per continuare a combattere una guerra che ormai abbiamo perso, che noi sappiamo di aver perso, che lei ci dice che è una guerra che abbiamo già perso? Allora, lei ha detto che noi dobbiamo avere il dovere di discernere, di capire se, quando, come intervenire a fianco di chi. Io, Ministro, non posso esimermi dal rilevare una totale e profonda ipocrisia nelle sue parole di ieri in Senato, che oggi ha ribadito qui alla Camera, quando ha detto - ed è una frase che noi condividiamo pienamente, signor Ministro - che se c'è qualcuno più debole non bisogna girarsi dall'altra parte quando c'è qualcuno più forte che cerca di distruggerlo e di negargli l'esistenza.
Ministro, noi siamo d'accordo, ma non è esattamente quello che stiamo facendo in Palestina ? Non è esattamente quello che stiamo facendo in Libia? Non è esattamente quello che stanno facendo l'Italia, l'Europa, l'Occidente e l'Alleanza atlantica, cioè voltarsi dall'altra parte quando uno più debole viene sopraffatto dalla potenza di qualcuno più forte? Allora, Ministro, se lei avesse voluto davvero dire la verità attraverso questo Parlamento, che rappresenta il popolo sovrano, io credo che lei avrebbe dovuto ricordare di che storia stiamo parlando. Questa è la storia di impegni disattesi da parte dell'Alleanza atlantica, impegni assunti davanti all'URSS e alla Russia già nel 1989, poi nel 1990, nel 1991 e costantemente e sistematicamente disattesi da parte della stessa Alleanza atlantica: la NATO non si estenderà un pollice più a Est.
Questa è la storia, sì, è la storia di un'aggressione, di un'aggressione iniziata il 24 febbraio 2022, ma è un'aggressione, diciamo una violazione della sovranità nazionale, che segue a una tradizione di violazioni di sovranità nazionali che non sempre sono perpetrate da quelli che le cronache hanno consegnato alla storia sempre e solo come i cattivi, perché anche i buoni hanno perpetrato continue violazioni di sovranità nazionale, così come abbiamo fatto noi, come ha fatto l'Occidente, come ha fatto la NATO attraverso interventi militari o intromissioni nei processi democratici di altri Stati sovrani, così come abbiamo fatto in Bosnia, in Kosovo, in Afghanistan, in Georgia, in Libia e come abbiamo fatto anche in Ucraina. Questo avrebbe dovuto dirci - e lo hanno detto i miei colleghi, lo ha detto poco fa il collega Lomuti spiegando tutti i passaggi di quel negoziato - che è la storia anche di una pace sabotata, mai smentita da nessuno.
La storia di questa pace sabotata, probabilmente in nome della NATO da parte del Regno Unito e raccontata dagli stessi negoziatori ucraini, è una notizia mai smentita da nessuno e, probabilmente, si sarebbe potuti arrivare alla stessa soluzione a cui arriveremo tra qualche mese, quando Trump ci dirà che bisogna fare così . Questa è la storia - avrebbe dovuto dirci a chiare lettere - di una guerra persa e ce lo dicono i numeri. Parliamo di territorio? Prima dell'invasione, la Russia controllava il 7,04 per cento del territorio ucraino; oggi ne controlla il 19 per cento, quasi il 20 per cento. Parliamo di eserciti? La Russia ha a disposizione 2,38 milioni di uomini e una capacità di reclutamento di mille uomini al giorno; l'Ucraina oggi ha la capacità di impegnare 900.000 uomini e una capacità di reclutamento minima, Ministro. Lei non ha detto la verità: sì, c'è un problema nel reclutamento, tant'è vero che l'Ucraina è costretta a fare addestramenti di tre mesi, di soli tre mesi, ma lei non ci ha detto che ci sono quasi 800.000 persone che fuggono dall'arruolamento. Gli ucraini non vogliono più combatterla questa guerra perché sanno che l'hanno persa .
Parliamo di vittime? Il ci dice che sono quasi mezzo milione le vittime, tra morti e feriti, e quelle ucraine sono il triplo di quelle russe.
VITTORIA BALDINO(M5S). Potrei continuare parlando del numero dei rifugiati e del numero di persone che hanno bisogno di aiuti umanitari. Ministro, questa è la verità - Presidente, concludo -, perché noi non stiamo, attraverso l'ennesimo invio di armi, aiutando la resistenza ucraina e combattendo per la nostra sicurezza; noi stiamo semplicemente prolungando una guerra, prolungando una guerra persa per perseguire gli interessi che non sono nostri o forse anche sì, se penso a chi e come già pensa di partecipare al bottino della ricostruzione di un terreno martoriato . Quindi, oggi, abbiamo provato a rispondere alle domande di un bambino, ma è a lui e a tutti i nostri figli che dobbiamo rispondere con i fatti.
Continuare a sostenere una guerra che non possiamo vincere significa, soprattutto e soltanto, perpetuare morte, distruzione e dolore. La storia non ci chiederà da che parte abbiamo combattuto; ci chiederà da che parte stavamo quando bisognava costruire la pace e noi stavamo dalla parte sbagliata, Presidente .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calovini. Ne ha facoltà.
GIANGIACOMO CALOVINI(FDI). Grazie, Presidente. Ministro Crosetto, colleghe e colleghi. Prendo la parola oggi con la consapevolezza in Aula dell'importanza del dibattito che stiamo sostenendo dopo le parole del Ministro, perché sono profondamente convinto che l'occasione di oggi non sia semplicemente un esercizio di voto, che ovviamente è prerogativa dell'Aula, ma sia anche una preziosa opportunità per rinnovare i valori che fondano la nostra Repubblica e che, a buon diritto, devono continuare a illuminare il nostro operato. Dobbiamo ricordarci in ogni momento che la libertà, la dignità della persona e il diritto all'autodeterminazione non sono in alcun modo beni negoziabili, non sono prerogative di pochi privilegiati, ma sono principi universali che ci impegnano a un'azione coerente e coraggiosa, dentro e fuori dai confini nazionali.
Da quasi 3 anni l'invasione russa dell'Ucraina continua a rappresentare una ferita aperta nel cuore dell'Europa, uno dei momenti più bui della storia recente, un'aggressione brutale che non solo ha violato i principi fondamentali del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, ma che rischia di scardinare i fondamenti stessi della sicurezza collettiva europea. Tuttavia, questa aggressione, come sappiamo, non rappresenta soltanto un attacco a Kiev, ma una sfida aperta all'ordine internazionale, fondato su regole condivise che da più di 70 anni aveva fatto dell'Europa il campione della stabilità politica ed economica nonché, in ultima istanza, il progetto più riuscito di una zona di pace, dove le democrazie liberali potessero non soltanto sopravvivere, ma prosperare; un baluardo che l'Italia ha sempre sostenuto e ha sempre difeso.
Ha detto bene il Ministro Crosetto poco fa, durante il suo intervento, quando ha voluto sottolineare che il conflitto si è intensificato nei mesi recenti, con una recrudescenza di attacchi mirati a colpire indiscriminatamente infrastrutture critiche e civili innocenti. La sistematica distruzione di reti energetiche, idriche e sanitarie accentuate dalla rigidità dell'inverno non è soltanto una tragedia umanitaria, ma un crimine che mina la stabilità dell'intera regione.
Secondo i dati delle Nazioni Unite sono oltre 12.300 i civili uccisi dall'inizio dell'invasione russa con un incremento drammatico delle vittime nell'ultimo anno, a causa dell'uso intensivo di droni e missili a lunga gittata. Nel corso del 2024, inoltre, gli attacchi alle infrastrutture critiche hanno raggiunto un livello di intensità senza precedenti, come dimostrato dai bombardamenti su Leopoli e in altre aree strategiche recentemente avvenuti. La strategia russa è chiara: è infliggere sofferenze morali e materiali insopportabili al popolo ucraino per poi piegarne la resistenza; e noi, davanti a questa strategia, non possiamo permettere che questa sopraffazione abbia successo.
Di fronte a questa tragedia, l'Italia, insieme ai europei e agli alleati della NATO, ha assunto una posizione ferma e determinata: con i precedenti atti legislativi abbiamo garantito il nostro impegno a sostegno dell'Ucraina attraverso la cessione di materiali e mezzi militari destinati esclusivamente a fini difensivi. Oggi, nuovamente, siamo chiamati a rinnovare il nostro impegno verso il popolo ucraino, estendendo fino al 31 dicembre del 2025 il nostro contributo e rispondendo a una richiesta di aiuto che non possiamo ignorare senza tradire i nostri valori e i nostri impegni internazionali.
Vedete, colleghi, è necessario ribadire che il nostro sostegno all'Ucraina non è soltanto un atto di solidarietà verso un popolo aggredito, ma è una difesa diretta del sistema di valori democratici, che sono alla base del nostro ordine internazionale.
La nostra azione deve essere anche una risposta alle potenze illiberali, alle tante potenze illiberali che minano sempre più i principi fondamentali della pace e della cooperazione internazionale con il coinvolgimento sempre più esplicito di Paesi ostili, come la Corea del Nord e l'Iran. La prossimità geografica dell'Ucraina ci ricorda, poi, che la sicurezza di Kiev è anche la sicurezza dell'Italia e dell'Europa intera: non possiamo permettere che si consolidi un precedente che legittimi l'uso della forza per disegnare i confini e minacciare la sovranità nazionale .
La guerra in Ucraina ha messo a nudo - e non possiamo nasconderci dietro un dito - il fallimento dell'illusione di un certo tipo di ordine, un ordine basato esclusivamente sull'interdipendenza economica, su una società senza frontiere, su popolazioni prive di sicurezza, rivelando invece la necessità di un'Europa più coesa, consapevole delle proprie responsabilità geopolitiche e pronta ad investire nella difesa sia a livello politico che a livello militare. Questo conflitto ha ridisegnato gli equilibri internazionali e ci sfida a ripensare la nostra capacità di risposta alle minacce provenienti da potenze illiberali.
Inoltre ha sollevato questioni fondamentali sulla capacità dell'Unione europea di affermarsi come attore globale capace di promuovere stabilità e sicurezza non solo nel proprio vicinato, ma anche su scala globale. Il conflitto in Ucraina ci impone, quindi, una riflessione profonda sul futuro dell'Europa e sul suo ruolo nello scacchiere geopolitico: non possiamo più affidarci unicamente all'interdipendenza economica come strumento di stabilità; farlo potrebbe compromettere il nostro futuro.
L'illusione che le relazioni commerciali possono fungere da deterrente contro le aggressioni militari è crollata sotto il peso della realtà. L'Europa con gli Stati Uniti ed i naturali alleati deve rafforzare la propria coesione politica e militare, sviluppando una strategia che le consenta di agire con autonomia di decisione nei momenti di crisi. Ecco perché l'autonomia strategica europea non deve essere intesa come un disallineamento dagli Stati Uniti, ma piuttosto come la capacità di integrare e rafforzare le alleanze esistenti, garantendo al contempo la possibilità di intervenire autonomamente quando è necessario. Questo approccio rappresenta non solo una risposta alle sfide attuali, ma anche un investimento nel futuro della sicurezza globale.
Il nostro obiettivo rimane, quindi, il cessate il fuoco e l'avvio di un processo negoziale che porti a una pace giusta e una pace duratura; tuttavia, come è stato evidenziato anche durante l'ultimo vertice del G7, questa pace non può essere raggiunta senza un rafforzamento delle posizioni negoziali ucraine. La sovranità e l'integrità territoriale di Kiev devono essere pienamente rispettate e la comunità internazionale deve lavorare unita per garantire che ciò avvenga.
Dispiace constatare che qualcuno dai banchi delle opposizioni - per la verità pochi - non comprenda che continuare a sostenere Kiev significa creare le condizioni migliori per un dialogo equilibrato e per un futuro in cui la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina siano pienamente rispettate .
Guardando ai prossimi mesi occorre poi anche che la comunità internazionale continui a sostenere e a finanziare l'Ucraina per la ricostruzione che non è di certo un bottino, ma è pensare a come si possano utilizzare 50 miliardi di euro stanziati dall'Unione europea, che possono oggi rappresentare un primo passo importante, ma che devono essere accompagnati da una cooperazione rafforzata per il rilancio delle istituzioni democratiche e delle infrastrutture strategiche. Per questo non è soltanto una questione di aiuti militari, ma anche economici e la riaffermazione della nostra volontà di costruire un mondo basato sul diritto e non più sulla forza, un mondo in cui l'Italia debba continuare a essere un punto di riferimento per i valori di libertà e di democrazia, rimanendo al fianco dell'Ucraina, al fianco della sua popolazione, al fianco di chi, come noi, pensa che non ci si potrà mai nascondere fino a quando non saranno ristabilite le condizioni per una pace giusta e duratura che noi per primi vogliamo .
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della Scuola di educazione alla politica “AttivaMente” del Centro Studi Movimenti Parma, di Parma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune .
È iscritto a parlare l'onorevole Graziano. Ne ha facoltà.
STEFANO GRAZIANO(PD-IDP). Grazie, Presidente. Illustre Ministro. Dopo due anni, sostanzialmente siamo qui a ripetere quello che è il decreto che ci permette di dare un ulteriore sostegno alla popolazione ucraina. È importante dividere l'aggredito dall'aggressore, io direi è fondamentale, ed è quello che abbiamo fatto noi, perché, mi faccia dire, è dalla foto, ormai è un po' sbiadita, di quel treno che andava in Ucraina e portava lì il Presidente Draghi, insieme a Macron e Scholz, che è iniziato il sostegno all'Ucraina. Un sostegno che noi, come Partito Democratico e come democratici, abbiamo sostenuto e continuiamo a sostenere fino in fondo perché per noi il fatto di dover sostenere chi viene aggredito è un tema fondamentale rispetto a tutto il resto.
Però in tutto questo anche il messaggio del Presidente della Repubblica di fine anno, che ci ha detto che la speranza siamo noi, ci impone di andare in quella direzione.
Queste, però, sono le condizioni minime di quello che è accaduto, ma cosa manca a questo quadro? A questo quadro, a mio avviso, manca una forte iniziativa diplomatica per la pace. Non c'è stata una forte iniziativa diplomatica per la pace che, ovviamente, non fa parte di quello che è il mestiere della Difesa, ma è il mestiere del Governo e, in particolare, degli Esteri. Però, su questo, noi dovremmo interrogarci perché mancano due cose fondamentali dentro questa vicenda. La prima è un maggiore protagonismo dell'Italia dentro l'Europa, un maggiore protagonismo dell'Europa dentro la vicenda del conflitto russo-ucraino perché, se ci fosse stato un grande protagonismo, forse il tavolo della pace sarebbe stato più forte.
È ovvio che non si poteva e non si può non sostenere - si deve sostenere - il popolo ucraino perché è un popolo aggredito. Ma se, contemporaneamente, invece di realizzare le condizioni di un'Europa più forte… perché è questo il punto, l'Europa viene sempre di più indebolita. Da cosa? Viene sempre più indebolita dai sovranismi, da chi non immagina di poter realizzare una condizione per la quale l'Europa sia più forte e, quindi, più unita, più coesa, sia in politica di difesa che in politica estera. Questo avrebbe dato una mano più forte a quella che era una possibile pace dentro la quale, a mio avviso, bisognava lavorare.
Perché dico questo? Perché vede, Ministro, il punto di fondo dell'altra vicenda è la difesa unica europea. Noi dobbiamo lavorare in quella direzione. Dobbiamo avere un protagonismo più forte in quella direzione. Il tema non è semplicemente l'aumento della spesa militare. Il tema è l'aumento della spesa militare per ogni singolo Stato, e non una logica di efficientamento e di efficacia della questione europea. Quindi, a mio avviso, io la invito in questa direzione ad avere molto più protagonismo, a costruire le condizioni per le quali in Europa si ragioni perché se, invece, ogni Paese, da questo punto di vista, realizza la condizione di sovranità nazionale, ovviamente incomincia ad esserci una grande difficoltà. Ed è questo il punto di fondo sul quale, in realtà, si poggia l'altro problema ed è il motivo per cui, a mio avviso, noi abbiamo bisogno di un protagonismo diverso.
Abbiamo bisogno di sostenere, da un lato, l'Ucraina, il popolo ucraino, ma, dall'altro, abbiamo bisogno di realizzare un protagonismo più forte del Governo italiano, ma soprattutto dell'Europa. Occorre lavorare perché questo ci sia e - attenzione - perché lavorare in una logica in cui ci sia un rapporto Italia-America senza coinvolgere il dato europeo diventa un problema ulteriore. Anche perché, cosa desiderano i cittadini, cosa desidera ognuno di noi? Ovviamente ognuno di noi desidera la pace, ma dobbiamo essere consapevoli che questo continente è stato per ottant'anni circa un continente di pace.
Ovviamente, dopo la vicenda russo-ucraina, insieme alle tensioni che ci sono in Kosovo e rispetto alla vicenda che riguarda la Palestina - dove c'è una tregua ma non è quello che in realtà si è immaginato - è chiaro ed evidente che, davanti a queste cose, abbiamo bisogno di realizzare quelle condizioni perché ci sia una possibile condizione di pace di ordine completamente diverso. Ecco perché noi sosterremo con forza la nostra risoluzione. Lo abbiamo detto con chiarezza e, per queste ragioni, ci asterremo sulla risoluzione…che riguarda quella del Governo .
PRESIDENTE. È così conclusa la discussione.
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Bignami, Molinari, Barelli e Lupi n. 6-00147, Braga ed altri n. 6-00148, Pellegrini ed altri n. 6-00149, Zanella ed altri n. 6-00150, Richetti ed altri n. 6-00151, Faraone ed altri n. 6-00152 e Della Vedova e Magi n. 6-00153. I relativi testi sono in distribuzione .
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, che esprimerà altresì il parere sulle risoluzioni presentate. Prego, Ministro.
GUIDO CROSETTO,. Grazie, Presidente. Ringrazio tutti gli intervenuti e risponderò nell'unico modo che so fare: con la verità. Perché tutto mi piace, tranne che l'ipocrisia. Il bello di alcune delle nostre discussioni e di alcune nostre posizioni negli anni è che rimangono agli atti e che sono scritte, come quella dell'onorevole Baldino che votò questa risoluzione uguale e identica nel 2022 .
È agli atti della Camera, non è un parere mio. Come lei, lo fece tutto il gruppo del MoVimento 5 Stelle . Lo fece tutto il gruppo del PD e, mi scusi il PD, lo fece il gruppo di Fratelli d'Italia allora . Non si astenne. Non si astenne perché ci sono cose per cui è importante il voto compatto del Parlamento, anche per il lavoro che facciamo. Così come è importante la storia. Il protagonismo? Andate a prendere agli atti degli incontri in Europa le mie litigate con Borrell, quando io dicevo, annunciando i pacchetti italiani, che occorreva un protagonismo europeo per costruire il tavolo di pace . Sono agli atti in Europa da due anni e mezzo. E lo sapete. E, allora, diciamolo in quest'Aula perché rivendichiamo anche la nostra storia in quest'Aula. È tornata l'onorevole Baldino. Ho ricordato il suo voto favorevole a questa risoluzione qualche anno fa . Sì, quando è iniziata, è identica, è identica. Ma le rispondo anche su un'altra cosa, onorevole Baldino. Quella conferenza di pace saltata, che lei sembra attribuire all'attività di questo Governo, è del marzo 2022. Quindi, se lei vuole attribuire un'ignavia dell'Italia per far saltare quella conferenza sbagliata, la dovrebbe attribuire a se stessa .
Allora, quando parliamo di ipocrisia, facciamo attenzione che la storia non ci smentisca. Lei era al Governo, lei votò quella risoluzione, lei sosteneva il Governo quando si discuteva quella risoluzione. Era finta, la difendo io. Era finta, non c'era la volontà di Putin di arrivare alla pace. Tocca a me difendere il suo Governo di allora perché mi tocca difendere la verità, perché non posso deformare la storia a seconda dei momenti e come mi serve e . Non posso pensare che si cambi idea a seconda di dove gira il vento. C'era il Governo precedente a ribadire il 2 per cento alla NATO, che oggi contestate. Non ero io che andavo a braccetto allora con quello che adesso criticate! Ma di cosa parliamo? Di cosa stiamo parlando?
L'Europa manca, ma se manca l'Europa non è perché manca l'Italia. Mancano le condizioni. Certo che tutti vorremmo un'Europa più forte. Manca l'Italia? È colpa di questo Governo, se manca l'Europa? Certo, quella foto ce la ricordiamo tutti. Io ero contento e orgoglioso di quella foto. Per quello, fu sostenuto da tutti l'impegno dell'Italia allora. Di cosa parliamo? Fu sostenuto da tutta l'Italia la nostra decisione di allora. Eravamo orgogliosi di aver sostenuta la posizione di allora. Perché dobbiamo dividerci per speculazioni politiche? È diventato meno importante sostenere l'Ucraina? C'è qualcuno che in questi anni non ha voluto cercare la pace? Ve lo ricordo, ve lo ridico: la missione di Zuppi per la pace l'ho organizzata io, personalmente . È stato portato da un aereo della Difesa, è stato accompagnato dalla mia scorta. Sono stato io a chiedere a Zelensky di riceverlo in prima persona. E fatevelo raccontare dal cardinale Zuppi, se non credete alle mie parole. Perché ci sono cose che si dicono e cose che si fanno.
E lo stesso vale - lo sa benissimo lei, onorevole Bonelli - per Hamas, per Israele. Qui il primo Paese - e dovreste essere orgogliosi - che ha portato aiuto al popolo palestinese è stato l'Italia. È il primo Paese che ha mandato una nave ospedale, che ha mandato aiuti . Non è un caso se i palestinesi accetterebbero come forze armate, come forze di formazione della loro Polizia, i Carabinieri. Non è un caso, per cui c'è un limite. Le posizioni più dure contro alcuni atti di Israele le ha prese questo Ministro, lei lo sa perfettamente, anche a livello internazionale. Lo sa perfettamente.
Il primo a dire che era finita militarmente l'operazione a Gaza - se lo può cercare sulla stampa -, dopo un incontro con Gallant, è stato il Ministro della Difesa italiano, che ha detto: l'operazione, dal punto di vista militare, a Gaza è finita, ogni altro giorno non ha più senso; lo ha detto esplicitamente. Non voglio prendermene un merito, voglio contraddire le falsità che vengono dette , perché noi rispondiamo degli atti e della storia di ciò che facciamo, ognuno di noi.
Quindi, c'è anche un limite che va posto, per cui io dico: l'Italia ha fatto degli errori nell'affrontare la crisi ucraina? Probabilmente sì, ma non ha mai mentito all'Ucraina, come sanno i componenti del Copasir, non ha mai nascosto nulla delle problematiche che vedevamo fin da due anni e mezzo fa. Avete tutti i vostri rappresentanti nel Copasir, lo hanno sentito.
MARCO GRIMALDI(AVS). Noi no!
GUIDO CROSETTO,. Potete chiedere benissimo come questo Governo, sempre, non ha mai nascosto nulla, anche dei dubbi, delle perplessità. Non l'ha mai nascosto a nessuna riunione della NATO, di Ramstein, o europea. Noi abbiamo sempre saputo che la via della pace era l'unico modo per affrontare questo problema e non ho mai detto che la Russia ha vinto la guerra. Ho detto che la Russia ha conquistato il 18 per cento del terreno ucraino e che la Russia è molto più forte perché parliamo di due Stati con due popolazioni completamente diverse: una per cui non contano né i morti né il tempo e l'altra per cui i morti contano. Certo che gli ucraini, molti dei ragazzi ucraini, scappano, perché non vogliono fare i militari; certo, perché vedono anche loro l'immagine, come quella della ventiquattrenne che abbiamo visto l'altro giorno uccisa, perché nessuno ha voglia di morire, ma ce ne sono altri che stanno combattendo tutti i giorni perché se non ce ne fossero, la Russia sarebbe già arrivata a Kiev.
Vedete questo non è un tema politico, secondo me non è neanche un tema di parte. Ci sono moltissimi temi su cui si può fare opposizione a questo Governo, si può attaccare questo Governo. Io l'ho fatta sempre in modo diverso - anche qui richiamo la mia storia - l'opposizione, anche quando ero all'opposizione in Parlamento, sempre con rispetto per il Governo. Potete prendervi tutti gli interventi che ho fatto in quest'Aula, ma ci sono temi su cui dividersi significa indebolire dei principi, delle cause. Per questo, non capisco - lo dico con sincerità, lo dico ad amici di cui ho stima - l'astensione in un voto come oggi. Io ero disposto ad accettare gran parte delle risoluzioni per fare vedere un voto compatto, che poteva esserci da tutte le due parti, perché serviva, secondo me, e serve un voto compatto. Ve lo dico in modo non politico, non è una delusione di un membro del Governo, è una delusione rispetto a un atto che è nato mettendo insieme tutte le forze del Parlamento e in questo momento doveva proseguire così. Io dico, sinceramente, che quando dico “spero che sia l'ultimo” è perché so che non dipende solo da me. Uso la parola “speranza”, perché non sono Dio e non sono il Presidente del mondo, sono il Ministro della Difesa di uno Stato sovrano che si batte per portare avanti determinate battaglie in un consesso internazionale dove contiamo quello che contiamo, quello che ci danno la nostra storia, 60 milioni di abitanti rispetto a 8 miliardi di abitanti e al peso che noi abbiamo nel mondo, che è uguale che ci sia la Meloni, che ci sia Draghi, che ci sia chiunque.
In questo momento, forse, abbiamo una centralità che in altri momenti non avevamo e, quindi, abbiamo delle responsabilità in più. Perché sono convinto che la centralità del Presidente Meloni le dia la responsabilità in più in questa ricerca della pace ed è quello che noi dobbiamo fare in questo momento , ma è difficile. Lo vedete ovunque, anche in Libano. C'è stata la corsa di un europeo: “la faccio io prima la riunione, no la faccio io quella di pace, no la faccio io”. Non è così, ma l'Europa che tutti vorremmo non è un'Europa in cui ognuno cerca un passo avanti. Noi abbiamo fatto la riunione a 5 in Polonia, l'abbiamo voluta con la Germania, con la Polonia, con l'UK, con la Francia, proprio per mettere in nuce il tentativo di un'Europa che dice qualcosa in modo più forte.
Una cosa, questa è più personale: la proposta di difesa europea il Ministro della Difesa l'ha mandata in Europa ai suoi colleghi 26 mesi fa. È una proposta di attivazione di un percorso per una difesa europea, che è l'interoperabilità tra le nostre difese, come sa benissimo Lorenzo. Scusi, l'onorevole Guerini.
LORENZO GUERINI(PD-IDP). Non mi offendo!
GUIDO CROSETTO,. Questo perché l'unica idea possibile è l'interoperabilità, allo stesso modo in cui avviene con la NATO.
Non ho avuto risposta, perché? Perché ci sono le elezioni, perché ogni Paese ha i suoi dibattiti parlamentari, alla fine perché se un Governo di centrosinistra non risponde al Governo di centrodestra è perché ci sono delle logiche che uccidono, in questo momento, la realtà per giochi politici.
Io questi non li ho mai fatti, non li faccio, non li ho voluti fare neanche oggi qui. Secondo me è importante - io darò il parere adesso -, sarebbe importante, e chiederei una riflessione perché io penso sia utile che almeno i partiti che l'hanno votata all'inizio trovino il modo di votare tutti insieme alcune risoluzioni. Secondo me è importante non per il clima politico del Paese, tanto non cade il Governo su questa risoluzione, non viene indebolito o rafforzato da un voto di questo Parlamento. È un segnale che, però, noi mandiamo, secondo me, di coerenza e di valore dell'Italia al di fuori di quest'Aula. Quindi, mi augurerei questo, ma lo chiedo più a titolo personale che come rappresentante del Governo.
Scusatemi lo sfogo, ma voi, molti di voi, parlate di guerra, di queste cose, quando ci sono gli appuntamenti come questo. Chi fa - lo sa chi l'ha fatto - il mestiere che faccio io in questo periodo ne parla dal mattino alla sera, tutti i giorni, sabato e domenica, 365 giorni l'anno, con la sofferenza che comportano queste cose, perché non c'è niente che faccia ridere nel lavoro che uno fa adesso, nel fare il Ministro della Difesa, non c'è nulla che faccia ridere nel parlare sempre, dalla mattina alla sera, di problemi o di cose brutte. Non vi racconto la sofferenza che ho avuto negli ultimi due giorni - posso dirla oggi, che è passata - quando il Vespucci doveva attraversare Bab-el-Mandeb e c'erano due nostre navi a proteggerlo e il lavoro che c'è stato perché non venisse nessun attacco Houthi, perché non si raccontano neanche queste cose che fanno parte della vita quotidiana, posso dirlo oggi che è passato, o cosa significhi portare avanti queste discussioni .
Ciò detto, vi ringrazio, e non è un modo formale per il dibattito di oggi, perché ogni volta che vengo in Parlamento torno più arricchito e con spunti per il lavoro che faccio.
Darei ora i pareri sulle risoluzioni. Sulla risoluzione Bignami, Molinari, Barelli e Lupi n. 6-00147 il parere è favorevole. Sulla risoluzione Braga ed altri n. 6-00148 il parere è contrario alle premesse e favorevole agli impegni. Sulle risoluzioni Pellegrini ed altri n. 6-00149 e Zanella ed altri n. 6-00150 il parere è contrario.
Sulla risoluzione Richetti ed altri n. 6-00151 il parere è favorevole alle premesse, espungendo i capoversi 2) e 3), e favorevole agli impegni.
Sulla risoluzione Faraone ed altri n. 6-00152 il parere è contrario alle premesse e favorevole agli impegni 1), 3), 4) e 6); favorevole con riformulazione all'impegno 2), espungendo “anche attraverso la nomina di un inviato speciale per la pace”; favorevole con riformulazione dell'impegno 5), con riformulazione “a continuare una strategia di politica estera e di difesa coerente con la storica posizione dell'Italia”; favorevole con riformulazione dell'impegno 7), “a continuare ad attivarsi nella programmazione”; contrario agli impegni 7) e 9).
PRESIDENTE. Può ripetere? Perché è stato un po' troppo veloce nelle riformulazioni.
GUIDO CROSETTO,. Su quale?
PRESIDENTE. Soprattutto per le riformulazioni, mi sembra le ultime due. La risoluzione Faraone ed altri n. 6-00152… Dica anche quantomeno il primo firmatario…
GUIDO CROSETTO,. Italia Viva.
PRESIDENTE. Va bene, e la riformulazione in modo che si possa capire.
GUIDO CROSETTO,. Il parere è favorevole agli impegni 1), 3), 4) e 6); favorevole con riformulazione all'impegno 2), espungendo le parole “anche attraverso la nomina di un inviato speciale per la pace”; favorevole con riformulazione all'impegno 5), “a continuare una strategia di politica estera e di difesa coerente con la storica posizione dell'Italia”; favorevole con riformulazione all'impegno 7), “a continuare ad attivarsi nella programmazione”; contrario agli impegni 7) e 9).
PRESIDENTE. Il 7) era riformulato, quindi penso sia contrario all'8) e al 9), forse.
GUIDO CROSETTO,. Sì, impegni 8) e 9), scusi, ho letto male.
Sulla risoluzione Della Vedova e Magi n. 6-00153, di +Europa, parere favorevole sul primo impegno; sul secondo impegno, parere favorevole con riformulazione: “a lavorare, con gli altri Stati membri dell'Unione e per le istituzioni europee per l'individuazione di strumenti di investimento comuni sulla difesa atti a fornire ai cittadini europei, in un momento di grande incertezza geopolitica, maggiori garanzie di sicurezza”. Sul terzo impegno, parere favorevole con riformulazione: “a promuovere in Europa e in tutte le sedi opportune, nel pieno rispetto del criterio di proporzionalità previsto dal diritto internazionale, l'iniziativa di destinare gli russi congelati all'estero per la difesa e la ricostruzione infrastrutturale ucraina”.
PRESIDENTE. Mi scusi, per quanto riguarda le premesse della risoluzione Della Vedova e Magi n. 6-00153?
GUIDO CROSETTO,. Sulle premesse della risoluzione Della Vedova e Magi n. 6-00153, parere contrario.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 10 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare il deputato Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA(MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro, vedo che conserva l'avversione al debito comune, ma il Presidente Meloni aveva fatto in quest'Aula un esplicito riferimento al debito comune per gli investimenti comuni sulla difesa. Mi spiace che abbia espunto questa precisazione dalla nostra risoluzione.
Noi voteremo a favore della risoluzione di maggioranza, perché riteniamo che sia in continuità con quanto proposto fin dal Governo Draghi. E, se il tempo è passato, questa è una ragione in più, non in meno, per sostenere l'Ucraina e non dare ragione a Putin, che punta esattamente sul tempo per prendersi l'Ucraina, come ha fatto con la Bielorussia, come vorrebbe fare con la Georgia, come ha cercato di fare inquinando le elezioni in Romania, come vorrebbe fare con la Moldavia. È il tempo che deve mostrare la nostra forza di fronte alla prepotenza putiniana. C'è solo un punto nella risoluzione di maggioranza, lo stile di Pratica di Mare: a parte che lo stile architettonico di quell'evento non fu il massimo, è un tempo superato, signor Ministro, era un Putin che, allora, forse, poteva illudere qualcuno, ma che non può essere il Putin di oggi. Io ho visto anche le altre risoluzioni: voteremo contro le risoluzioni che chiedono di interrompere immediatamente la fornitura di materiale di armamento.
Questo è esattamente quello che vuole non solo Putin. Chiedetevelo, colleghi: chi vuole interrompere immediatamente le forniture di materiale di armamento in Europa? Due : Orbán e Fico, Presidente della Slovacchia. Sono i due amici di Putin fautori della democrazia illiberale; non sono due democratici, non sono due pacifisti, sono semplicemente due amici di Putin che scommettono sul fatto che l'Europa si stanchi, che smetta di sostenere la resistenza ucraina, in vista, sì, di una pace giusta. Sospendere gli armamenti domani mattina, come qualcuno chiede, non è la pace, è la resa dell'Europa al travolgimento putiniano di qualsiasi regola del diritto internazionale, di qualsiasi logica politica, di difesa di uno Stato sovrano per arrivare ai confini dell'Europa con le proprie truppe.
Questo è quello che succede. Non c'è possibilità di difendere l'Ucraina, i suoi ragazzi, le donne, gli uomini, le infrastrutture, se non continuando oggi, nell'immediato, a sostenere la difesa contro l'aggressione russa.
Chiudo, signor Presidente. Signor Ministro, lei ha detto che, ventisei mesi fa, chiedeva la difesa comune, poi possiamo discutere le modalità. Noi, con la lista Bonino, lo chiedevamo, ad esempio, ventisei anni fa, nel 1999, nel programma elettorale della lista Bonino per le europee. Quella non è un'opzione: lei ha ragione, serve la volontà politica, ma non è un'opzione. Se non ci sarà la difesa europea, non ci sarà più nessuna difesa - spieghiamolo ai cittadini europei -, saremmo tutti imbelli ad aspettare se Putin invade del tutto oppure no o ad aspettare che Trump decida, essendosi occupato del Golfo del Messico, della Groenlandia, del Canada, anche di continuare a difendere l'Europa.
BENEDETTO DELLA VEDOVA(MISTO-+EUROPA). Quella della difesa comune è una necessità, a meno che qualcuno si illuda che si possa vivere, nei prossimi 20-30 anni, senza alcuna difesa. Io voglio difendere l'Europa, la libertà, la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti civili, i diritti umani e credo che per questo sia essenziale la difesa comune .
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti del liceo statale “Coluccio Salutati” di Montecatini Terme, in provincia di Pistoia, che assistono ai nostri lavori dalle tribune . Grazie di essere qui e benvenuti. Ha chiesto di parlare l'onorevole Faraone. Ne ha facoltà.
DAVIDE FARAONE(IV-C-RE). Grazie, Presidente. Intanto, contesto alla radice una premessa fatta dal Ministro Crosetto, pur condividendo, poi, i contenuti. Naturalmente, come abbiamo fatto tutte le altre volte, ribadirò il nostro sostegno al Governo, che decide di sostenere la resistenza ucraina. Quello che, però, non va bene dell'intervento del Ministro, sia in premessa che in replica, è che non ci troviamo, Presidente, per l'ennesima volta, di fronte allo stesso quesito e, cioè, se sostenere la resistenza ucraina o meno, in un contesto identico a quello in cui ci siamo ritrovati le volte in cui abbiamo votato. Il contesto è profondamente mutato e il Ministro, rispetto a questa considerazione abbastanza oggettiva, invece, ha evitato totalmente di spiegarci, in un contesto mutato - e faccio riferimento, naturalmente, a una nuova Presidenza americana -, che atteggiamento intende avere l'Italia. Il Ministro ci ha chiesto a titolo personale un sostegno alla risoluzione di maggioranza, ma noi non votiamo sulle dichiarazioni del Ministro, sui comportamenti del Ministro a titolo personale, noi votiamo una linea politica che un Governo mette in campo, che sta dentro un contesto anche di comportamenti che sono stati praticati in queste settimane.
Noi non ci troviamo più di fronte a una divisione classica, a cui siamo stati abituati finora, di due categorie di affermazioni sulla pace, atteso che sono convinto della buonafede di tutti quelli che sono in quest'Aula che vogliono la pace. Le due categorie erano quella di chi pensa che la deterrenza sia uno strumento indispensabile per la costruzione della pace, per cui non fai armare gli altri e tu stai con le braccia conserte sperando che si fermino, nel frattempo quelli invadono Nazioni che il diritto internazionale tutela, ma agisci, ti armi, sostieni la resistenza, ucraina in questo caso. E poi c'era l'altra idea di pace, che era quella di chi, invece, pensa, legittimamente - ma io non condivido assolutamente -, ad una pace sterile e, quindi, sostanzialmente, di chi crede che si possa benissimo conquistare la pace con la stasi totale. Oggi c'è una terza categoria di pace, signor Presidente, che è una sorta di pace autoritaria, che, sostanzialmente, mette insieme le grandi potenze mondiali. Il rischio che io avverto è che gli Stati Uniti d'America fino ad ora sono stati con noi nell'interpretare un'idea di pace costruita sulla deterrenza, ma oggi io non sono così certo che questo accada. Non ne sono così certo perché leggo, ascolto le dichiarazioni della nuova Presidenza americana, e, non mettendo in dubbio l'appartenenza allo stesso contesto internazionale, e quindi ad un'idea occidentale e liberale, e, quindi, da che parte si sta, quei comportamenti e quelle parole mi preoccupano.
Non voglio derubricare come folklore, proprio perché il contesto non è quello che ci consente di essere leggeri con le parole, ciò che ha detto Trump sulla Groenlandia, perché quando lo dici in un contesto in cui c'è una guerra in Ucraina e c'è perché qualcuno ha invaso una Nazione che voleva autodeterminarsi e non veniva accettata quella autodeterminazione, quando dici quella parola in un contesto in cui Taiwan e la Cina non stanno benissimo nelle relazioni, sinceramente mi preoccupo. Questo cambio di contesto internazionale è un tema che sembra abbia disinteressato totalmente la relazione del Ministro Crosetto.
Vorrei capire dal Ministro Crosetto da che parte stiamo, perché io sono stato tra quelli, insieme al nostro gruppo, che più di tutti ha visto positivamente l'atteggiamento di Fratelli d'Italia e della Premier Meloni quando era opposizione, quando votava con noi su questi interventi quando la maggioranza era quella del Governo Draghi. Allo stesso modo sono stato contento che la Meloni abbia fatto un'inversione a U su tante questioni che riguardavano la politica internazionale: si è ripulita sul suo antieuropeismo, e ricordiamo tutti le sue affermazioni anche relative all'uscita dall'euro, sul suo filo-putinismo, che naturalmente la riguardava e riguardava il suo rapporto con i sovranisti europei e l'alleato italiano Salvini, sul mai con i socialisti, in nome dell'Europa e dell'essere entrata anche all'interno della guida dell'Europa con un Governo e un voto per Ursula von der Leyen. Io questa evoluzione l'ho vissuta positivamente.
Il problema oggi, Ministro Crosetto, è rispetto al richiamo della foresta, cioè quando aveva completato l'inversione a U e finalmente, in un contesto internazionale, si era posizionata in Europa con delle posizioni che io reputo corrette e positive, quanto ci costerà il suo invito al Campidoglio di qualche giorno fa, signor Ministro? Quanto ci costerà rispetto a una posizione che io vorrei capire? Quando emergerà nelle contraddizioni, che ci saranno già il 3 febbraio, Ministro Crosetto, quando la NATO, la Gran Bretagna e i Paesi europei si vedranno in Belgio e dovranno discutere di NATO, di 2 per cento e della percentuale rispetto a quello che ogni Paese deve destinare alla NATO. Ebbene, in quel contesto la Meloni che parte prenderà?
Per me questo è un grande punto interrogativo, su cui lei ha mantenuto un'ambiguità non soltanto nell'intervento di oggi. Io ho letto anche le sue interviste nei giorni precedenti e ne ho letta una molto approfondita su , dove su molte questioni, mentre prima era più chiaro, adesso avverto degli elementi di contraddizione, non sul tema che naturalmente riguarda l'Ucraina e l'intervento, che sostanzialmente stiamo facendo, ma rispetto a come ci si comporta sulla difesa europea, che sovrapposizione c'è fra la difesa che affidiamo alla NATO e quella che, invece, vogliamo mantenere e costruire con l'Europa, perché non credo che possano essere sempre sovrapposte.
Sono dell'idea che bisogna rispettare il 2 per cento e ci siederemo al tavolo, il 3, essendo uno dei pochissimi Paesi a non averlo rispettato, perché poi ci sono tutti gli altri Paesi - la Bulgaria, la Danimarca, l'Estonia, la Finlandia, la Francia, la Germania e, se vuole, continuo - e siete al Governo da due anni e mezzo, Ministro Crosetto. Lei sostiene che lo dice sempre, ma chi lo deve fare se siete voi al Governo? Siete al Governo e ci dovete anche spiegare dove prendete i 18 miliardi che servono al 2 per cento? Questo se non credete nell'Europa e, quindi, non credete negli eurobond e nelle deroghe al Patto di stabilità, perché non è che potete credere all'Europa soltanto quando vi conviene; se credete nell'Europa, si chiedono strumenti che sono alternativi al dover trovare 18 miliardi di tasca nostra. Non credo che pensiate di prendere 18 miliardi dalla sanità, dalla scuola o non so da quale altro luogo, per destinarli a rispettare quel 2 per cento, che Trump, diciamo, il richiamo della foresta vi chiederà. Voi, che siete i più filo-trumpiani di tutti, arriverete impreparati a quel vertice, perché siete all'1,57.
Pertanto, Ministro Crosetto, non si chieda perché ci asteniamo sul provvedimento che ci presenta. Noi sosteniamo quello che sta scritto in quella risoluzione, sosteniamo il vostro impegno, sostengo quello che lei dice, ma, al tempo stesso, il contesto e i comportamenti della Premier Meloni in questi giorni, che si è vantata di essere stata l'unica invitata in quel consesso al Campidoglio, sostanzialmente ci fanno sospettare se prevarrà il patriottismo europeo, il sovranismo europeo o l'idea di fare da avamposto per chi pensa che l'Europa debba essere destabilizzata, debba essere più debole.
Xi Jinping, Putin e certe idee che Trump ha espresso hanno in comune la voglia di vedere debole questa Europa e io, dalla Meloni, da questo punto di vista non ho avvertito parole chiare e non le ho avvertite neanche da lei, che ha omesso totalmente questo aspetto del ragionamento e la contestualizzazione del provvedimento, su cui, naturalmente, ci vedrete sempre a sostegno della difesa della resistenza ucraina, ma, al tempo stesso, guardinghi su un Governo che - ripeto - aveva quasi completato un percorso e che torna indietro, spinto da Trump, a diventare un avamposto dell'indebolimento europeo e, quindi, meno patriota di quello che raccontate .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, ha detto nella sua replica che non stiamo discutendo di una questione politica e che sarebbe, per questo, auspicabile un voto unanime del Parlamento, evitando ogni divisione. No, signor Ministro, non sono d'accordo. La pace e la guerra sono questioni politiche per eccellenza, chiamano in causa la politica e, come sempre, la politica chiama in causa la sua funzione principale, che è quella di esercitare una scelta. Vede, signor Ministro, del resto è così vero quello che sto dicendo che, da ormai più di mille giorni, cioè da quando Vladimir Putin, con fare criminale, con vocazione neo-imperiale, ha invaso militarmente un Paese sovrano, l'Ucraina, da quando tutti e tutte condannammo senza alcuna incertezza quell'invasione, è in corso una potente campagna che ha l'obiettivo di politicizzare fino in fondo le scelte che ciascun attore nel mondo ha assunto di fronte a quella vicenda.
È una politicizzazione profonda, che fa ricorso perfino allo strumento dell'etica. Abbiamo ascoltato, in questi mille giorni, fiumi di parole sulla difesa dei valori occidentali di fronte all'aggressore di Mosca, sulla difesa della libertà, sul ruolo che in questo aveva la scelta di una parte rilevante della comunità internazionale, quella di cui noi siamo attivamente e pienamente parte, l'Occidente - per dirla facile - di schierarsi non solo a difesa, giustamente, del diritto internazionale, dell'Ucraina a non essere invasa, ma di schierarsi militarmente in quella guerra come unico strumento possibile per impedire che Putin se la mangiasse in qualche giorno.
Questo è l'argomento che avete, in qualche modo, presentato, anche a chi, come noi, fin dal primo decreto scelse di votare contro. Lei ha fatto una lunga disamina sui voti precedenti di altre forze e in questo mi facilita un compito. Ci diceste allora e ci dite oggi: senza quelle armi la pace non si può fare, la trattativa sarà impossibile.
Signor Ministro, qui cade il primo tassello, però, non solo del suo discorso di oggi, ma della strategia assunta in questi mille drammatici giorni, ed è il tassello che fa i conti con la realtà, perché la domanda che io le faccio - e su cui avrei voluto sentire qualche parola che, però, oggi non c'è stata - è questa: qual è la condizione sul campo? Ci ha detto che l'Ucraina è più debole perché ha 30 milioni di abitanti e, tra un po', non ne avrà più. Non ne ha più da mandare al fronte, a morire per i loro figli; i padri che si sacrificano drammaticamente in un dramma senza fine che, giustamente, ha ricordato anche nella sua dimensione umana, terribile, e ha fatto bene a ricordarlo. L'Ucraina è più debole su quel fronte, è più debole sul terreno? La Russia avanza quotidianamente?
Tutti gli istituti di analisi militare raccontano di un'avanzata che, negli ultimi mesi, continua a macinare chilometri quadrati, eppure le armi continuano ad arrivare. Il Parlamento europeo ha ritirato ogni restrizione all'uso delle armi occidentali in territorio russo, tra cui missili sempre più potenti a lunga gittata, ma la Russia continua ad avanzare e l'Ucraina perde uomini, giovani, perde il suo futuro, l'Ucraina è distrutta.
Allora, i conti con la realtà servono ad immaginare la possibilità di un cambio di passo, la necessità di costruire un'iniziativa che, in questi 1.000 giorni, è stata seppellita dalla strategia delle armi e da ciò che ha accompagnato quella strategia. La costruzione politica di una missione - quella della difesa dei valori occidentali che, naturalmente, facciamo in compagnia di personaggi che con i valori occidentali hanno notoriamente una qualche dimestichezza, il nostro grande alleato della NATO Erdogan - è stata accompagnata dalla tesi che lei oggi, peraltro, ha nuovamente evocato, di un nazista, un nuovo Hitler alle porte dell'Europa.
Torno a dire quello che ho detto già in qualche occasione in quest'Aula. Lo dico a lei ma lo dico ai colleghi e alle colleghe del Parlamento, anche a tutti quelli che, in buona fede, voteranno a favore, differentemente da noi, dell'invio delle armi. Se c'è Hitler alle porte dell'Europa, cari colleghi e care colleghe di tutte le forze politiche, la discussione deve cambiare, signor Ministro, deve cambiare radicalmente. Se c'è Hitler alle porte dell'Europa dobbiamo discutere di quando entriamo in guerra contro Hitler per sconfiggerlo, non di quante armi diamo all'Ucraina perché faccia il lavoro per conto nostro. Se c'è Hitler - perché le parole hanno un peso e la storia che lei ha richiamato quando ha detto “sarà la storia a giudicare le nostre scelte” ha un peso -, allora cambia completamente l'ordine del nostro discorso.
Ma con tutto questo e con questa dimensione dei problemi nessuno si confronta. Io glielo dico, guardi, sono un po' disperato, perché a me pare che abbiamo un problema, e non è una polemica politica. Poi dirò una cosa anche su altre questioni, ma non è una polemica spicciola. Ripeto: mi viene facile farlo perché, appunto, con Governi di diverso segno, di cui non ho fatto parte, ho avuto sempre la stessa posizione, abbiamo avuto sempre la stessa posizione. C'è però un problema con il quale non ci si confronta. Da lei - diceva giustamente il mio collega Angelo Bonelli - ci saremmo aspettati una proposta. Lei non può rispondere: io non sono Dio né il padrone del mondo. Lo so benissimo. Ma quando chiediamo una proposta, non chiediamo che lei venga qui a dirci: “Colleghi deputati e deputate, vi faccio un annuncio: ho fatto finire la guerra”. Magari, direi, ma so che non lo può fare. Qual è la nostra proposta ? Qual è? Tutto il mondo - e lei, signor Ministro, lo farà certamente molto più frequentemente di me e con informazioni ben più solide di quelle cui noi possiamo accedere -, tutte le cancellerie discutono, ormai quotidianamente, di quanto territorio l'Ucraina dovrà cedere per fare la pace, o no? Dico una cosa che non è vera? Ne scrivono tutti, perché questa è la realtà. Allora, qual è la nostra posizione? L'Italia che pensa? Quanto territorio deve cedere l'Ucraina per fare la pace? Oppure pensiamo che deve vincere e cacciarli tutti per fare ciò? Perché è legittimo, ma ce lo dovete dire, perché capirà bene - e lei sa che è così - che implica scelte diverse.
Noi chiediamo che su un tema enorme, come la guerra, ci sia una discussione di verità, che si misura con le questioni; che la non travolga la dimensione della politica, umiliandola, cancellando ogni spazio di discussione. Questo è il punto.
Quando si pone il problema dell'ipocrisia, anche qui - almeno per quel che mi riguarda ma, insomma, credo di poter parlare anche a nome di Angelo Bonelli - nessuna accusa a lei personalmente, ci mancherebbe. Non riduciamo, appunto, a macchietta una questione troppo seria. L'ipocrisia però, ha a che fare con gli atti concreti, c'è poco da fare. Lei qui ha detto: il diritto internazionale è troppo serio, se lo si calpesta una volta lo si calpesta sempre.
Ora, a parte che io avrei evitato, proprio oggi, di far ricorso a questa locuzione. Dopo ieri, avrei proprio evitato, oppure è una scelta e la prendo così; e se la prendo così mi fa piacere, e la ringrazio per questo, ho interpretato un suo labiale, facciamo così, ma avrei evitato. Però, questo vale anche per Gaza, perché non basta dire che noi abbiamo portato gli aiuti o che abbiamo detto a Gallant - io non lo metto in discussione, ho letto le sue interviste - che doveva finire prima. Non dico che non abbiamo mandato armi, ma che non abbiamo fatto una sanzione, una. Una ! Siamo al tremillesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, giusti pacchetti, li abbiamo votati sempre i pacchetti di sanzioni, siamo d'accordo. Ma una sanzione contro Israele, una! Qui c'è il problema enorme del doppio standard, che anche qui è un problema enorme per il nostro mondo e per la nostra credibilità, perché non c'è pace nel mondo senza la ricostruzione di un principio che dia al diritto internazionale una sua forza cogente, ma se i protagonisti di questo mondo sono i primi a non rispettarlo o a rispettarlo a corrente alternata, allora lei capisce che salta tutto. Salta tutto.
Allora, ho finito, signor Presidente, signor Ministro, non voglio farla lunga. Il punto è questo, però. È evidente che, senza un cambio di passo, la trattativa che arriverà, magari da oltre oceano, imposta dalla seconda era trumpiana, sarà una trattativa ancora più drammatica, umiliante per il popolo ucraino, senza un'iniziativa europea e italiana che metta in campo il protagonismo dei grandi mondiali. Lei ha detto: possibile che ci sia stato qualche errore? Possibile. Possibile che qualche Paese si senta escluso? Possibile.
Bene, facciamo che non sia più così, muoviamo noi un'iniziativa politica e, per farlo, segniamo una discontinuità, altrimenti la sua speranza - quella di non utilizzare più questo decreto -, che io considero autentica, perché non penso che lei venga qui a raccontarci cose diverse da quelle che dice, ebbene, quella speranza resterà vana. Se vogliamo che quella speranza si traduca in fatti, serve la politica , servono parole chiare, serve un'iniziativa e serve la responsabilità di un grande Paese come il nostro, in grado di dire la sua su quali siano le possibili strade concrete per uscire dalla tragedia e dall'incubo della guerra che, altrimenti, rischia sempre più di diventare l'orizzonte globale e naturale con il quale fare i conti non per i prossimi anni, ma per i prossimi decenni .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Colleghi, signor Ministro, noi voteremo a favore del decreto-legge che arriverà presto in Aula e voteremo a favore delle risoluzioni su cui il Governo ha espresso parere favorevole, e lo facciamo perché questa decisione - la decisione di restare, continuare a dare il nostro sostegno pieno all'Ucraina - oggi è ancora più necessaria di ieri.
È più necessaria per tanti motivi, alcuni sono già stati ricordati in quest'Aula. Li ha ricordati anche la collega Bonetti prima nella discussione generale, e il primo tra tutti è quello che il diritto internazionale che contrasta l'espansionismo autoritario va rispettato fino in fondo, e quel rispetto del diritto internazionale è una motivazione che, per noi, non è venuta meno, anzi, resta ancora forte.
Poi c'è anche una motivazione politica, che anch'io dico che non è stata presa sufficientemente in considerazione. Abbiamo cominciato con un'invasione della Russia di Putin all'Ucraina e siamo già a un'invasione della Russia di Putin e della Corea del Nord all'Ucraina, perché oggi sono due gli Stati che hanno invaso l'Ucraina.
Non è più solo la Russia di Putin. Infatti, è vero, ci sono stati altri mercenari che combattevano e combattono sul suolo ucraino dalla parte russa, ma erano mercenari. Oggi, c'è un Paese che ha mandato il suo esercito in guerra, accanto a quello russo. Noi, questa cosa, forse, non la prendiamo sufficientemente in considerazione ed è un fatto gravissimo, di un'intensità e di una gravità, anche prospettica, che dovrebbe far riflettere molto di più anche chi, oggi, continua, ha iniziato o inizia a dire che questo aiuto si deve sospendere. Io veramente lo dico con grande rispetto, ho ascoltato gli interventi dei colleghi.
Come si può pensare di dire “siamo vicini al popolo ucraino e alle tesi dell'Ucraina, pensiamo che l'invasione dell'Ucraina sia stato un fatto inaccettabile, però non vogliamo aiutare l'Ucraina con le armi”? Qual è il pezzo logico che consente di fare questo ragionamento? Non c'è un filo che possa tenere insieme le due cose. Non c'è nulla che possa tenere insieme le due cose. Sembra che Bucha, Irpin, i bombardamenti di Kharkiv siano stati tutti dimenticati, eppure sono le motivazioni che hanno spinto quest'Aula ad essere quasi unanime nel voto e nel sostegno.
Cos'è cambiato da quel momento? Ci stiamo, forse, stufando di sostenere l'Ucraina? Questo è cambiato. Forse si stufano di più gli ucraini della guerra. Io sono stato tre volte in Ucraina e vi assicuro che la mia percezione che si ha lì - e non ci sono stato solo io, ci sono stati tanti colleghi -, è che quel popolo sia stanco di combattere. Vorrebbero la pace più di qualsiasi altra cosa. Vedono i loro figli o i loro padri che combattono. Come giustamente ricordava il Ministro Crosetto, sono i padri a difendere il territorio per evitare che i figli vadano in guerra. Sono più stanchi loro di noi. Come è accettabile? L'opinione pubblica, le notizie finiscono sempre più indietro nelle pagine nei giornali, ma la politica non può essere guidata dal fatto che ci siamo stancati. Penso che dobbiamo rinnovare con forza il sostegno a quel popolo e a quelle ragioni.
In molti Paesi europei, ancora di più quelli che confinano con la Russia o con la Bielorussia, non si chiedono se ci sarà mai una fase in cui la Russia aggredirà qualcun altro, si chiedono quando avverrà questo. Si chiedono quando, non se. Ne sono certi. E di conseguenza si preparano a questo. E questo è un fatto drammatico che ci riguarda, perché sono nostri alleati. Non sono solo nostri alleati nella NATO, sono nostri compagni di strada nell'Unione europea. E non se lo chiedono perché sono Paesi guerrafondai. La Svezia e la Finlandia erano Paesi che, fino all'invasione dell'Ucraina, erano non allineati, non ne volevano sapere della NATO.
Anche quando la NATO andava a chiedere loro “venite, aderite”, loro rispondevano: no, noi non vogliamo aderire, noi vogliamo restare non allineati, vogliamo stare fuori da qualsiasi conflitto. Si armavano per difendersi, ma non volevano alleanze per non dare alcun alibi a nessuno, in particolare alla Russia.
Allora, queste questioni per noi sono dirimenti. Noi, sostenendo l'Ucraina, difendiamo anche i nostri interessi, non solo quel popolo lì.
Credo che abbiamo bisogno di una consapevolezza: il conflitto è asimmetrico, l'ho già detto un'altra volta, in tante misure. Si ragiona sull'asimmetria di questo conflitto, perché è un conflitto tra una democrazia e un Paese che non è democratico. E questa non democrazia si misura in mille modi, si misura anche nella percezione sui morti. Per Putin, le vittime militari e civili del suo popolo - e per fortuna quelle civili sono molto poche, sono molte di più quelle militari - hanno meno peso, hanno meno valore che in un Paese democratico come l'Ucraina. Questa asimmetria si misura anche nella loro capacità di convertire la loro economia in un'economia di guerra: dove prima fabbricavano frigoriferi, dopo un anno, fanno carri armati. Ciò perché hanno convertito la loro economia.
Allora, dobbiamo essere consapevoli che, a un atto di questo tipo, dobbiamo saper rispondere, da una parte, continuando con il nostro sostegno militare e, dall'altra, nella consapevolezza che per Putin la pace non è tanto importante. Perché non siamo ancora riusciti, dopo tre anni, dopo mille giorni, nonostante mandiamo loro le armi, a fare la pace? Perché Putin non vuole fare la pace. È così semplice! È evidentissimo che non vuole fare la pace. I messaggi che sono arrivati e il lavoro che hanno fatto tutti i Governi che si sono succeduti, anche il nostro, anche questo, perché su queste cose non ci si divide, il lavoro che hanno fatto i Governi occidentali per provare a costruire le condizioni di pace, è stato un lavoro senza esito, perché, dall'altra parte, Putin, la pace, non la vuole! È questo il punto. E a chi non prende atto di questo e mette la testa sotto la sabbia, come se bastasse non mandare più le armi per far arrivare la pace, dico che arriva la resa dell'Ucraina. O forse anche peggio della resa dell'Ucraina. Infatti, non so se quel popolo sia disposto ad arrendersi o combatta comunque. Io penso che, qui, abbiamo la responsabilità di non nasconderci davanti a questo. È vero, adesso ci sarà un cambiamento che dipende anche da cosa succederà negli Stati Uniti, ma non mi aspetto che grandi soluzioni arrivino all'improvviso, proprio perché manca la volontà, da una parte, di fare la pace. Magari arrivasse la volontà o magari ci fosse la capacità di Trump di produrre immediatamente la pace, ne saremmo molto soddisfatti tutti; da chiunque proponga la pace, che sia la Cina, la Turchia, gli Stati Uniti o l'Unione europea. Ci vorrebbe più Unione europea. Ci vorrebbe più Unione europea rispetto alle cose che dobbiamo fare, rispetto alla politica. Uno dei danni che ha fatto Putin è stato di dividere anche l'Unione europea, perché per quanto riguarda i Paesi che si stanno schierando con Putin - l'Ungheria si schiera con Putin, Fico, quando interviene, si schiera con Putin - è un danno irreparabile che stiamo subendo, e lui sta entrando nelle nostre debolezze.
Allora chiedo, qui, anche al Governo di essere molto più risoluto sul percorso della difesa europea, sul percorso di rafforzamento delle istituzioni europee, perché ci si prepara a questi momenti duri e difficili rafforzando le istituzioni europee, non indebolendole. Anche perché succederà di tutto, ma una cosa è certa: l'attenzione degli Stati Uniti non è all'Europa, è all'Indo-Pacifico, lo diceva anche Biden. Non è che arriva Trump e cambierà qualcosa. È un indirizzo che gli Stati Uniti hanno, ormai, da tempo. Quindi, dobbiamo riuscire ad essere autonomi, nella linea politica e nella difesa, capaci di rispettare i patti, compreso il 2 per cento nelle spese militari. Lo dico perché tutti i Governi, compreso quello in cui c'era il Presidente Conte, hanno firmato il 2 per cento sulle spese militari.
Concludo. Però, Ministro, mi lasci dire: anche noi speriamo che non servano più decreti, che non servano più mozioni, che non servano più discussioni su questo tema. La prossima volta - e lo dice chi voterà a favore della mozione su cui il Governo ha dato parere favorevole - provate, proviamo a fare uno sforzo in più per riuscire a fare un documento unitario. Ci vuole anche l'impegno parlamentare per provare a mettere tutti nelle condizioni di scrivere insieme, non solo di votare insieme, un documento su una cosa che è di interesse del Paese. Lo ricordo, perché il Ministro Guerini, a quell'epoca, questo sforzo, lo faceva. Non mi riferisco a lei, Ministro, mi riferisco alla necessità che dalla parte della maggioranza ci sia questo tentativo di coinvolgere tutte le forze politiche nello scrivere un documento che possa dire: l'Italia tutta e il Parlamento tutto vogliono che la propria voce sia unica e forte, a sostegno di un popolo libero che si sta difendendo fino in fondo
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.
PINO BICCHIELLI(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signor Ministro, innanzitutto voglio ringraziarla per la chiarezza e la completezza delle sue comunicazioni, ancora una volta, in quest'Aula: qualità imprescindibile quando si affrontano temi di tale delicatezza e di rilevanza così strategica.
Desidero iniziare questo intervento ricordando a tutti noi alcuni numeri che lei stesso ha evidenziato recentemente: 42.000 bombe lanciate in un anno, 12.000 droni impiegati, attacchi aerei e missilistici quasi quotidiani, oltre 12.000 civili uccisi nel conflitto, che ci fa notare come le vittime civili stiano aumentando nel corso di quest'ultimo anno. Sono cifre che raccontano la brutalità di un conflitto devastante, che richiama scenari che pensavamo appartenere a un'epoca ormai lontana.
Oggi ci troviamo di fronte a una guerra di logoramento che colpisce, innanzitutto, le persone comuni, cittadini che ogni giorno rischiano la vita semplicemente andando al mercato o vedono i propri cari partire per il fronte, spesso a poche centinaia di metri dalle loro case.
Ciò che colpisce, purtroppo, è il progressivo assuefarsi dell'opinione pubblica europea. Dopo l'iniziale sgomento per il ritorno di una guerra convenzionale nel cuore dell'Europa, il sostegno compatto ha lasciato spazio a un senso di stanchezza e disinteresse, talvolta persino di irritazione, un atteggiamento che, sebbene potrebbe anche essere comprensibile alla luce delle difficoltà economiche derivate dal conflitto - basti pensare all'aumento dei costi dell'energia, all'inflazione - non deve farci dimenticare la realtà dei fatti.
Il rischio che lei, signor Ministro, ha rappresentato chiaramente è che questa indifferenza possa essere sfruttata dalla Russia per congelare il conflitto, legittimando di fatto la situazione sul terreno. Per questo, i numeri che lei ha citato, che io ho ripreso, devono servire a scuoterci da questa apatia e a ricordare che siamo di fronte a una situazione chiara e inconfutabile. C'è un aggressore e c'è un aggredito e, al di là di ogni valutazione geopolitica, un Paese sovrano è stato invaso con la forza e il dovere della comunità internazionale è sostenere il diritto alla sua autodifesa. Gli aiuti italiani, incluse le forniture militari, rispondono precisamente a questo scopo: difendere l'Ucraina, non attaccare la Russia. Difendere l'Ucraina.
Lo ricordava lei, signor Ministro: tutte le forniture hanno scopo prettamente difensivo e non prevedono l'uso al di fuori dei confini ucraini internazionalmente riconosciuti. Questo è un punto secondo noi decisivo ed è l'architrave dell'intervento italiano in questo contesto, anche perché è la nostra Costituzione a definire chiaramente il perimetro di azione. A questo punto, sorge, dunque, spontanea una riflessione: esiste davvero una distinzione tra armi di difesa e armi di attacco? In senso tecnico potremmo anche affermare di sì ma ciò che realmente conta è l'uso che se ne fa.
Se le armi vengono impiegate per fermare attacchi nemici e proteggere la popolazione, siamo evidentemente di fronte a un'azione difensiva. Diversamente, se mirano a conquistare il territorio altrui, allora lì, sì, il discorso cambia. All'inizio di quest'anno tutti, signor Presidente, tutti abbiamo espresso l'auspicio che questo possa essere l'anno giusto per arrivare a una pace che sia giusta e che garantisca non solo sicurezza e stabilità all'intera area ma anche identità e integrità all'Ucraina. Non possiamo consentire che un atto ostile, come quello mosso dalla Russia ai danni del vicino Stato, comporti la sua cancellazione dalle mappe.
Dico di più: l'obiettivo di fondo deve essere anche quello di tornare a parlare a una Russia che abbia abbandonato le mire espansionistiche. È inutile nasconderci dietro un dito, la crisi ingenerata dalla Russia ai danni dell'Ucraina ha conseguenze pesanti e non solo dal punto di vista economico. Tuttavia, non è solo questo il motivo per cui auspicare un ritorno al dialogo. Costruire ponti attraverso relazioni è da sempre la nostra cifra, la cifra di un'Italia nel mondo, conosciuta non solo per la storia che l'ha attraversata nei secoli o per le bellezze naturali o lo straordinario patrimonio culturale; l'Italia nel mondo è eccellenza anche sul piano del dialogo e dei processi di pacificazione.
Signor Ministro, lei ha utilizzato un'espressione bellissima: ovunque scoppi la pace, noi siamo sempre pronti a intervenire. È un'immagine fortemente evocativa e rappresentativa dell'incredibile compito che svolgono quotidianamente i 7.000 e oltre nostri militari, donne e uomini impegnati all'estero. I nostri militari operano con competenza, operano con professionalità, contribuendo alla stabilità nelle aree di crisi, soprattutto attraverso il dialogo, attraverso la cooperazione e il supporto alle popolazioni civili. Le missioni di pace a guida internazionale non si traducono in basi fortificate e avamposti bellici ma in sicurezza, in aiuti umanitari e in formazione. Questo, colleghi, è il valore della nostra presenza nel mondo.
Chi sa garantire la sicurezza, sa anche creare le condizioni per una pace duratura. Da qui nasce una necessità, la necessità di esplicare meglio il dibattito sulla spesa militare, che non deve essere vista come un mero strumento offensivo, bensì come la principale garanzia della nostra sicurezza nazionale e della stabilità internazionale. A nome del nostro gruppo, del gruppo di Noi Moderati, desidero ancora una volta ringraziarla, signor Ministro, non solo per le sue comunicazioni ma per il costante impegno nel riaffermare il ruolo dell'Italia come protagonista nei consessi internazionali e nella gestione delle crisi globali.
Condividiamo appieno l'importanza di un'azione che si muova su due livelli: un livello bilaterale, attraverso il rafforzamento delle relazioni dirette tra Stati, e un livello multilaterale, con un rinnovato impulso alle organizzazioni internazionali, la cui autorevolezza deve essere preservata e rafforzata.
Poi, particolarmente rilevante è il ruolo dell'Ukraine Defense Contact Group che, riunendo Paesi da tutto il mondo con il comune intento di difendere i valori di libertà e democrazia, rappresenta uno strumento importante di pressione sulla Russia. Più ampio è il consenso su queste posizioni, più aumentano le possibilità che anche la Russia di Putin abbandoni le velleità militari e acconsenta l'avvio di un dialogo all'interno di una conferenza di pace. Pertanto, il rafforzamento di questo organismo è fondamentale e far passare le soluzioni da quei tavoli contribuisce a farli tornare operativi, anche laddove appannati nelle loro funzioni.
Lo ha sottolineato lei stesso, signor Ministro: una futura missione di pace in Ucraina, che tutti, credo, auspichiamo come un vero segnale di svolta, non potrà essere un'iniziativa esclusivamente europea per evitare qualsiasi rischio di strumentalizzazione o interpretazione errata. Una missione di pace dovrà garantire tutte le parti in causa, con una partecipazione ampia e bilanciata dalla comunità internazionale. È vero, d'altro canto, che siamo a un passo decisivo per poter vedere davvero un rafforzamento del ruolo europeo anche e soprattutto in virtù di un radicale cambio di passo, determinato dalla nuova amministrazione americana.
C'è molta attesa, c'è molta attesa per le posizioni che il Presidente Trump assumerà sul conflitto, in termini appunto di sostegno all'Ucraina e di riapertura dei canali di dialogo con la Russia. Non possiamo non augurarci che possa davvero determinare la fine delle ostilità. Ciò non toglie, però, che l'Europa debba rafforzare la propria capacità di difesa, non solo per fronteggiare la crisi attuale ma anche in una prospettiva futura, guardando al Mediterraneo e al Medio Oriente, regioni strategiche in cui l'Italia è chiamata a esercitare un ruolo di naturale.
Annuncio, signor Presidente, pertanto, il voto favorevole alla risoluzione di maggioranza che impegna il Governo a proseguire nel sostegno all'Ucraina e al suo popolo, sia attraverso aiuti umanitari, sia attraverso la cessione di mezzi, materiali e equipaggiamenti militari, così come stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge n. 200 del 2024, a promuovere contestualmente e in ogni sede l'avvio di un percorso di pace che porti al cessate il fuoco e ad avviare, sin da ora, ogni azione utile e cooperazione industriale o tecnologica al fine di rilanciare l'economia ucraina e avviare il processo di costruzione. Anche su questo piano il nostro Paese può e deve svolgere un ruolo decisivo.
Questa, signor Presidente, è secondo noi la posizione che un Paese civile e democratico come l'Italia deve tenere .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bagnasco. Ne ha facoltà.
ROBERTO BAGNASCO(FI-PPE). Grazie, Presidente. Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, in questi anni di conflitto il nostro sostegno all'Ucraina non è stato solo il frutto di un'analisi delle contingenze internazionali, ma ha risposto a un principio che è alla base della nostra identità nazionale ed europea: la difesa della libertà, della democrazia e del diritto all'autodeterminazione dei popoli. Oggi siamo qui per ribadirlo, il conflitto in Ucraina iniziato con l'offensiva militare russa nel 2022 e intensificatosi con un'invasione su larga scala fino ad oggi, rappresenta una violazione grave del diritto internazionale e dei principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite. Si tratta di un attacco non solo all'integrità e alla sovranità di un popolo, ma anche a un ordine internazionale fondato sul rispetto reciproco tra le Nazioni, un ordine che l'Europa ha contribuito a costruire con sacrifici immensi, anche di vite umane, nel corso del XX secolo.
L'Unione europea, nata dalle ceneri della Seconda guerra mondiale, ha come obiettivo primario il mantenimento della pace e la promozione della cooperazione tra i popoli. L'idea di un'Europa unita, infatti, si fonda sulla convinzione che solo attraverso la solidarietà e la collaborazione sia possibile garantire stabilità e progresso, questo è un principio che non possiamo tradire. Sostenere l'Ucraina significa tutelare i valori su cui l'Unione europea è stata edificata: libertà, dignità umana, democrazia e rispetto per lo Stato di diritto. Non possiamo dimenticare che, nel corso della sua storia, l'Europa ha conosciuto momenti drammatici, in cui le Nazioni hanno dovuto unirsi per respingere minacce comuni, dal Piano Marshall, che ha segnato la ricostruzione dell'Europa dopo la Seconda guerra mondiale, fino all'allargamento dell'Unione europea ai Paesi dell'Est, dopo la fine della guerra fredda. L'integrazione europea ha dimostrato come la cooperazione internazionale sia la chiave per superare crisi e conflitti. Oggi l'aggressione russa all'Ucraina ci pone di fronte ad una sfida simile. Non è solo una questione regionale, ciò che accade in Ucraina ha implicazioni dirette per la sicurezza dell'intera Europa e per la credibilità delle istituzioni internazionali. Per questo motivo, l'Unione europea ha messo in campo un supporto senza precedenti. Attraverso lo strumento per l'Ucraina, l'Unione europea - quando si parla di disinteresse è un pochino difficile di fronte anche a dei dati assolutamente oggettivi - ha stanziato oltre 50 miliardi di euro fino al 2027 per fornire sostegno militare, economico e anche - non dimentichiamo un fatto importante - umanitario.
L'obiettivo non è solo aiutare l'Ucraina a difendersi, ma anche gettare le basi per la sua ricostruzione e per una stabilità futura. L'Italia, dal canto suo, ha contribuito in modo molto significativo a questa risposta collettiva. Attraverso i vari decreti approvati dal Parlamento, abbiamo garantito all'Ucraina mezzi e materiali con scopi esclusivamente difensivi. Forse questo non lo abbiamo sottolineato abbastanza, ma i nostri materiali e i nostri mezzi hanno avuto, pur in grande quantità, scopi esclusivamente difensivi, rafforzando al contempo la capacità delle Forze armate ucraine nell'ambito delle missioni internazionali.
Questi interventi, che si inseriscono nel quadro delle decisioni condivise a livello europeo, rappresentano una dimostrazione concreta della nostra adesione ai principi di solidarietà e responsabilità internazionale. Il sostegno militare, però, non basta; è fondamentale continuare a promuovere, in tutte le sedi diplomatiche, iniziative volte a raggiungere un cessate il fuoco che sia giusto e duraturo. Il Ministro ha sottolineato alcune iniziative, una delle quali, a cui non era stata data particolare rilievo, ma che oggi giustamente ha ribadito in questa sede come importante: l'Italia ha fatto, ha fatto molto, ha fatto tutto il possibile. Di questo, signor Ministro, noi diamo completo atto al Governo.
Questo significa garantire che qualsiasi accordo di pace rispetti la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina, questa è una base importante, significativa, senza questa cade tutto, senza concedere vantaggi a chi ha scelto la via dell'aggressione. Inoltre, il nostro impegno non si limita al piano militare e diplomatico. L'Italia e l'Unione europea sono anche in prima linea nel fornire assistenza umanitaria - e qui l'Italia la sua parte l'ha fatta e l'ha fatta in prima fila - e nel sostenere la ricostruzione delle infrastrutture. Milioni di cittadini sono stati costretti ad abbandonare le proprie case, il tessuto sociale ed economico del Paese è stato ed è purtroppo ancora devastato, è nostro dovere contribuire a ridare speranza a queste persone e a favorire il ritorno alla normalità, pur se estremamente difficile e difficoltoso. Vorrei sottolineare un aspetto importante, che travalica l'interesse economico. Il sostegno all'Ucraina rappresenta anche un'opportunità per rafforzare la cooperazione industriale e tecnologica tra i vari Paesi. La ricostruzione dell'Ucraina potrà diventare un motore di crescita per tutta l'Europa, se saremo capaci di creare sinergie e legami duraturi nelle catene di approvvigionamento e nelle innovazioni tecnologiche. Forza Italia crede fermamente che il futuro dell'Ucraina sia strettamente legato al futuro dell'Europa, il futuro dell'Ucraina - ripeto - è strettamente legato al futuro dell'Europa e siamo pronti a lavorare affinché questo futuro sia prospero e pacifico.
Vi è tuttavia una riflessione, che vorrei condividere con voi prima di concludere. Ci avviciniamo, ormai, alla conclusione del terzo anno di conflitto, e al momento, all'orizzonte, non appare purtroppo alcuna soluzione di pace immediata. Anche in questo consesso si è parlato di progressi della guerra, si sta vincendo, si sta perdendo, stiamo pareggiando: no, siamo ancora molto lontani, purtroppo, da una soluzione definitiva, e non è stata la guerra lampo che immaginavamo, perché tutti all'inizio, chi in un senso e chi nell'altro, si pensava a una conclusione non dico di giorni, ma almeno di settimane. Abbiamo dato un massiccio sostegno all'Ucraina, ma non abbiamo fermato la guerra purtroppo; abbiamo adottato sanzioni economiche senza precedenti, sperando di mettere sotto pressione la Russia, ma i risultati sono stati limitati. Questo, però, non vuol dire che non abbiamo fatto niente, abbiamo fatto molto, purtroppo la verità dice che non è bastato, come ha detto il Ministro. Abbiamo promosso tentativi di dialogo, tanti, ma probabilmente, forse troppo deboli - ma non dipendeva da noi -, senza contare gli scenari imprevisti come ad esempio - diceva prima il Ministro - il supporto diretto fornito dalla Corea del Nord, che ha segnato un cambio di paradigma, non certo in senso positivo.
Mi chiedo allora e vi chiedo se potevamo fare di più e o se potevamo fare diversamente e credo, purtroppo, che la risposta sia negativa. Auspichiamo che la nuova amministrazione Trump, insieme all'Unione europea, decida di impegnarsi in un processo diplomatico fra le parti coinvolte. Il rilievo e il ruolo assunto, anche recentemente, dal Presidente Meloni ci dà maggiore responsabilità, di questo dobbiamo prenderne atto e ci auguriamo che il Presidente, come in tantissime altre occasioni, ne sia assolutamente all'altezza: non ce lo auguriamo, ne siamo certi.
La comunità internazionale avrà un ruolo cruciale nel facilitare una soluzione sostenibile, la pace richiederà compromessi difficili, ad iniziare dal rispetto, però, della sovranità ucraina, ma è tempo di intraprendere ancora questo dialogo. Nell'attesa che si instauri una trattativa di pace ulteriore, ritengo che l'Ucraina abbia tutto il diritto di continuare a difendersi. Ritengo, riteniamo come Forza Italia, che l'Ucraina ha tutto il diritto di continuare a difendersi.
A nome di Forza Italia esprimo, quindi, voto favorevole a questa risoluzione. Il nostro è un voto per la libertà, per la democrazia e per la sicurezza dell'Europa, è un voto che riafferma il ruolo dell'Italia come attore responsabile e solidale nello scenario internazionale. È un voto, però, per la pace, per una pace giusta e duratura, che sia il frutto della difesa dei principi su cui si fondano la nostra civiltà e il nostro sistema internazionale .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pellegrini. Ne ha facoltà.
MARCO PELLEGRINI(M5S). Grazie, Presidente. Le guerre non sono un fatto ineluttabile, non si creano da sole, sono decise da uomini e donne e sono sempre gli uomini e le donne che decidono di farle terminare o di creare le condizioni affinché esse non inizino proprio. Infatti, i nostri padri costituenti e le nostre madri costituenti nell'Italia che usciva dalla devastazione della Seconda guerra mondiale, cioè coloro che avevano negli occhi e sulla pelle gli orrori, gli stermini, le immani distruzioni e le città rase al suolo, la Shoah, i milioni di civili uccisi - donne, bambini e anziani -, coloro che avevano visto tutto questo e lo avevano provato e sofferto sulla propria pelle avevano preso una solenne decisione: mai più! Infatti, l'articolo 11 della nostra Costituzione è esattamente la traduzione di quel mai più; mai più nel nostro nome, mai più con le nostre armi, mai più con il nostro esercito . Infatti, scrissero un articolo meraviglioso, che è l'articolo 11 della nostra Costituzione: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Il senso profondo dell'articolo 11 è che, se desideri la pace, devi preparare la pace, non la guerra. Ripudiare la guerra significa lavorare ogni giorno per non crearne le premesse, per allontanarla il più possibile e per azzerare le possibilità, anche le più remote, che inneschino conflitti armati. Quindi, è giusto che gli ucraini - ci mancherebbe - abbiano il diritto di difendersi e, infatti, per aiutarli concretamente ad esercitare questo diritto, che è sancito dall'articolo 51 della Carta dell'ONU, noi italiani abbiamo inviato loro aiuti umanitari, mezzi militari e armi, ma è altrettanto vero che, se la fornitura di armi non è accompagnata da una penetrante, convincente, direi quasi ossessiva attività diplomatica e negoziale, l'unico risultato di inviare le armi sempre più potenti è di alimentare la guerra, non certo di circoscriverla. Infatti, questo Parlamento, il 1° marzo 2022, nella scorsa legislatura, quando decise di dare gli aiuti all'Ucraina - ci volle un atto specifico, perché l'Ucraina non era né nostro alleato, né membro della NATO, né membro dell'Unione europea -, decise di muoversi esattamente nell'alveo dell'articolo 11 e approvò una risoluzione; questa risoluzione - molti fingono di dimenticare - solo al terzo punto prevedeva l'invio di armi oltre che di aiuti umanitari: nei primi 2 punti prevedeva, al primo, di esigere dalle autorità russe l'immediata cessazione delle operazioni e, al secondo punto, di sostenere ogni iniziativa multilaterale, anche con l'aiuto eventuale della Santa Sede, utile a una militare !
Di questo impegno, questo Governo si è ampiamente dimenticato, ha scelto di dimenticarsene e, di fatto, ha soffiato sul fuoco del conflitto invece di spegnerlo. Avete scelto di seguire pedissequamente i falchi degli Stati Uniti e del Regno Unito, che hanno interessi geostrategici e anche economici diversi da quelli del popolo italiano ed europeo. In questo, peraltro, siete in ottima compagnia - si fa per dire ottima -, perché ci sono altri europei, a partire dalla von der Leyen, Macron, Johnson e Rutte, che non vogliono ammettere di aver clamorosamente sbagliato ogni previsione su questa guerra. Hanno soffiato scientemente e coscientemente e continuano a farlo sul fuoco del conflitto, perché erano convinti che sarebbe durato poche settimane, che la Russia fosse un gigante dai piedi d'argilla, che, in poco tempo, sarebbe andata in (come dicevano Draghi, Letta e altri espertoni nel campo), che i russi non avessero le armi, che combattessero con le pale - non so se ricordate che dicevano queste stupidaggini - e che Putin, che, sia chiaro, considero il più antidemocratico e aggressivo europeo degli ultimi decenni, fosse in fin di vita, che stesse morendo, che, tutto sommato, sarebbe stato facile sconfiggerlo e che era necessario sostenere quello sforzo per qualche settimana o per qualche mese.
Nulla di tutto ciò purtroppo è accaduto. Quindi dopo quasi tre anni di guerra dopo i vostri errori venite ancora una volta qui in Parlamento a raccontare frottole e invece di dirci come l'Italia possa fattivamente contribuire alla pace, in ossequio dell'articolo 11 che ho prima letto, siamo ancora qui, venite qui ancora a raccontare e discutere sulle possibilità di inviare nel 2025 altre armi, come se nulla fosse cambiato e come se quella strategia non fosse tragicamente fallita, come, tra l'altro, era ampiamente prevedibile. Quindi, che le armi inviate finora non siano servite a granché lo dimostrano i bollettini di guerra quotidiani, perché nonostante il fiume di armi che abbiamo inviato come Occidente, la Russia purtroppo sta avanzando su tutta la linea del fronte ed è lo stesso Presidente Zelensky, che immagino ne sappia qualcosina più di noi sulla ferita che gli ucraini stanno patendo, che, un mese fa circa, in un'intervista, ha ammesso che l'Ucraina non ha alcuna possibilità di riconquistare i territori occupati e ha chiesto all'Occidente una fortissima pressione diplomatica per costringere Putin al tavolo delle trattative, a un tavolo negoziale.
Non so se vi sia arrivato il concetto, caro Governo italiano: è Zelensky stesso che vi chiede un tavolo negoziale ! L'avete capito il messaggio? Ma lo stesso Zelensky che, ieri, ha partecipato al World Economic Forum di Davos ha dichiarato: “Adesso non è nemmeno certo se l'Europa avrà un posto al tavolo quando finirà la guerra in Ucraina. Donald Trump ascolterà l'Europa o negozierà con la Russia e la Cina, senza l'Unione europea? L'Europa deve fare di più, iniziare a occuparsi di se stessa perché sia ascoltata nel modo”. Vi rimprovera anche Zelensky, vi rimprovera la vostra mancanza di coraggio, vi rimprovera il vostro peso nullo in queste questioni così importanti! Tra l'altro, avete passato più di 2 anni, caro Governo Meloni, a irridere le nostre posizioni, che peraltro sono quelle della Carta costituzionale. Ci avete chiamato pacifinti e avete detto (questo per bocca della Meloni in Senato): Come convinciamo i russi alla pace? il reddito di cittadinanza? Questa è la vostra cifra politica !
In questa Europa, che ormai è diventato un ventriloquo della NATO e dei falchi degli Stati Uniti e del Regno Unito, si commette quasi un peccato, se si vuole parlare di diplomazia e di negoziati e se si fanno anche timidissimi tentativi, con il risultato che questi negoziati, come diceva lo stesso Zelensky, saranno condotti probabilmente dagli Stati Uniti e raggiungeranno un accordo che è più conveniente per le loro strategie geopolitiche ed economiche che per le nostre. Quindi, l'Europa è tagliata fuori, Il Governo Meloni, Meloni non pervenuta e felicissima di prendersi i baci in fronte da Biden: bel risultato, davvero, complimenti per questi patrioti della porta accanto. Davvero, Ministro Crosetto, mi viene da chiederle: quali armi volete ancora mandare a Kiev, se i nostri arsenali sono ormai sguarniti? Quali armi volete mandare senza intaccare le nostre stesse capacità di difesa, come lei stesso, Ministro Crosetto, ha osservato nel 2023, dopo aver parlato della ovvia necessità di ripianare le scorte? Tanto è vero che proprio da quell'anno è anche un po' cambiata la modalità, perché, oltre alle cessioni gratuite, si è iniziata a operare una vendita diretta di armi - nel primo anno ammontavano a 400 milioni -, tant'è vero che, 10 giorni fa, in un incontro, a Kiev, tra l'Agenzia industrie difesa e il Ministro della Difesa ucraino si è parlato di produzioni di armi italiane pagate dagli russi. Dopo averci raccontato che dovevamo mandare a Kiev armi per vincere la guerra, ora venite a dirci che sostanzialmente si possono mandare altre armi per vincere la pace. Tutto ciò che è successo non vi ha consigliato nulla, nemmeno le dichiarazioni del consigliere per la sicurezza nazionale di Biden, Jake Sullivan, che ha affermato, qualche settimana fa, che nessun nuovo armamento inviato farà la differenza sul campo, perché il problema non sono le armi, sono purtroppo le truppe ucraine che sono state decimate da questa guerra, anche per i vostri errori, oltre che per la follia di Putin ovviamente !
Quindi, oggi chi vuole costruire le premesse per continuare a mandare armi, cianciando ipocritamente e falsamente di prospettive di pace, senza fare nulla in concreto per raggiungere la pace, ci vedrà fortemente contrari. Noi siamo assolutamente contrari, anche nell'immaginare di continuare su questa via che ha seminato centinaia di migliaia di morti…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
MARCO PELLEGRINI(M5S). Ho concluso, Presidente, la ringrazio. Dobbiamo applicare fino in fondo l'articolo 11 della nostra Costituzione. Dobbiamo prendere in mano i tentativi negoziali e far sì che l'Europa faccia sentire la sua voce e porre fine, nel più breve tempo possibile, a questa guerra atroce .
PRESIDENTE. Prima di andare oltre, salutiamo le ragazze e i ragazzi dell'Istituto comprensivo “Giacomo Leopardi” di Torre del Greco, in provincia di Napoli. Grazie di essere qui e benvenuti .
Ha chiesto di parlare l'onorevole Giglio Vigna. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO GIGLIO VIGNA(LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, Ministro della Difesa, siamo in presenza di un adempimento importante. Stiamo aprendo la via all'esame del disegno di legge di conversione del decreto con il quale il Governo ha prorogato fino alla fine del 2025 l'autorizzazione a inviare aiuti all'Ucraina per fronteggiare l'aggressione russa.
Ancora una volta, ribadiamo che il nostro Paese fra aggrediti e aggressori sta dalla parte degli aggrediti . Ministro, lei ha ragione quando sottolinea come spesso si banalizza la situazione. Non è solo Ucraina contro Russia. Se noi allarghiamo il , onorevoli colleghi, non possiamo non vedere la situazione globale e non possiamo non vedere il mondo, di fatto, diviso in due: la Russia con l'aggressione a Kiev, i legami della Russia con l'Iran, Hezbollah, Hamas, la vile aggressione di Hamas a Israele il 7 ottobre e, poi, il Mar Rosso, la Wagner nel Sahel, l'instabilità in quell'area dell'Africa, i flussi di migranti che arrivano sulle nostre coste, il cosiddetto Fronte Sud, il Mediterraneo, la situazione della Siria, evidentemente un colpo inflitto a Putin e alla sua alleanza, la situazione, poi, in particolare del popolo curdo e dei cristiani di Siria, la Corea del Nord con i suoi militari oggi su suolo europeo, appunto, in Ucraina. E poi quell'immagine, signor Ministro, l'immagine di quella banconota sbandierata da Putin con le bandiere dei BRICS, usata da Putin come arma di propaganda per dire: guardate, ho mezzo mondo dalla mia parte. E, ancora, il ruolo della Cina con la situazione calda, caldissima di Taiwan. Una parte del mondo che ha scelto, quindi, la via di un atteggiamento muscolare, la via dell'aggressione, la via di non rispettare la sovranità degli altri Paesi, la via di non rispettare i diritti umani.
E noi, come Paese, dove siamo in tutto questo? È vero, onorevoli colleghi, noi siamo Europa, noi siamo NATO, siamo Patto atlantico, siamo Occidente, siamo democrazia, siamo quello che, in un altro momento storico, avremmo chiamato il mondo libero e non possiamo che stare da questa parte. Non possiamo far altro che stare da questa parte, dalla parte della sicurezza globale, con la consapevolezza che siamo il Paese che più ha cercato in Europa la via della pace, una via diplomatica alla pace. E questo, sempre distinguendo fra popoli e Governi: i russi non sono Putin come i palestinesi non sono Hamas. Anzi, sempre più russi sono insofferenti verso l'atteggiamento di Putin e il perpetuarsi di questa guerra.
La novità sullo scenario è la nuova Presidenza USA. Noi siamo convinti che anche la nuova amministrazione americana voglia andare verso una pace giusta. A chi afferma il contrario ricordiamo il recentissimo precedente della tregua a Gaza portata a casa, appunto, dall'amministrazione del nuovo Presidente Trump .
Prima di chiudere, vorrei sottolineare come, a fianco degli aiuti per decreto, vi è il mondo del volontariato italiano, attivo da mille giorni in aiuto per l'Ucraina. Io sono in contatto con una di queste tantissime associazioni, un'associazione del mio territorio con cui collaboro, che ho ospitato qua a Roma e con cui ho moltissimi rapporti. Ma vi sono moltissime associazioni e penso che i colleghi e il Ministro ne conoscano tantissime, sparse su tutto il territorio nazionale.
Il mondo del volontariato è un altro distintivo del nostro Paese. La macchina del volontariato italiana si sta spendendo tantissimo per l'Ucraina. Raccolgono beni, li portano in Ucraina, fin dove le autorità ucraine permettono, tengono contatti con le associazioni di volontariato ucraine, portano gli aiuti sulla linea del fronte - non le associazioni italiane, ma le associazioni ucraine - con cui fanno la spola, ovviamente portano i bambini degli orfanotrofi ucraini qui in Italia per qualche periodo, magari quando la situazione nei loro territori diventa più calda, organizzano missioni dei sindaci e degli amministratori territoriali ucraini in Italia, li portano a visitare e a conoscere i nostri amministratori e ci fanno incontrare, anche a noi parlamentari, amministratori locali e sindaci dell'Ucraina.
Ecco, a tutti questi volontari, a tutta questa grande macchina del volontariato italiana - che si sta affiancando agli aiuti di Stato, agli aiuti per decreto, a cui noi Parlamento diamo il via libera - ebbene, a tutta questa grande macchina del volontariato italiano io voglio dire: grazie, grazie per quello che state facendo, grazie per l'impegno e grazie perché state facendo fare di nuovo al nostro Paese una bella figura, dal punto di vista internazionale . Il grande cuore dell'Italia si sta spendendo anche in quel contesto, grazie ai nostri volontari. Grazie per il vostro impegno.
Detto questo, io non posso far altro che annunciare il voto favorevole del gruppo Lega alla risoluzione di maggioranza e alle comunicazioni del Ministro Crosetto .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Provenzano. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE PROVENZANO(PD-IDP). Grazie, Presidente. Signor Ministro, sarò sincero. Noi abbiamo apprezzato molte delle sue argomentazioni. Ma è la politica generale del Governo espressa in questi mesi, con tutte le sue contraddizioni, e, soprattutto, la postura assunta ora di fronte alla nuova amministrazione americana, che le caricano di incognite, di ambiguità e le collocano in una prospettiva, Ministro, che addirittura ci preoccupa.
Vede, qui non è in discussione il rispetto e le ricordo, come ha fatto lei stamattina, che oggi non stiamo votando il decreto. Stiamo discutendo di politica. Per questo, ci asterremo. Non potremo esprimere un voto favorevole per la cornice politica in cui si inserisce la risoluzione. Potrei chiederle io, Ministro, perché esprimete un parere contrario alle premesse della nostra risoluzione in cui rivendichiamo, ancora una volta, l'aver sostenuto Kiev nell'ora più buia con aiuti umanitari, economici e militari, permettendo all'Ucraina di esistere ancora.
Vede, noi c'eravamo tre anni fa, Ministro, il giorno della criminale e immotivata invasione della Russia di Putin.
Stare dalla parte degli ucraini, del loro diritto a resistere, a difendersi da attacchi rivolti alle città, alle popolazioni inermi, alle infrastrutture civili, fu una scelta, fu l'unica scelta possibile perché non potevamo e non possiamo voltarci dall'altra parte . Il tempo che è trascorso da allora non rende l'aggredito meno aggredito e l'aggressore meno aggressore. Se non avessimo fatto quella scelta, ne conveniamo su questo, oggi non avremmo avuto la pace, avremmo avuto la resa: una resa alla sopraffazione, alla violenza, di chi puntava a minare a fondo un ordine internazionale basato sulle regole, già fortemente incrinato da profonde contraddizioni accumulate.
Le ragioni di quella scelta vanno riaffermate oggi, perché è proprio oggi che quell'ordine globale, costruito dopo la Seconda guerra mondiale, viene messo maggiormente in discussione da molti attori, da grandi potenze, anche da chi aveva contribuito a costruirlo. È accaduto l'altro ieri a Washington, Ministro, e lei oggi ha fatto finta che non fosse accaduto nulla. Ma la minaccia di espansione territoriale, i colpi durissimi già inferti al sistema multilaterale, una visione delle relazioni internazionali fondata non sul diritto, ma sulla politica di potenza, sono tra le cose che ci hanno più allarmato del discorso di Donald Trump e dovrebbero allarmare anche voi, Ministro. Avrebbero dovuto allarmare la Presidente del Consiglio, che applaudiva dall'ultima fila, accanto al Presidente Milei, l'unico altro presente alla cerimonia, per un viaggio che è apparso quello di una , non quello di una .
Noi non solo non applaudiamo, ma vi diciamo che sul diritto internazionale, sul valore del multilateralismo non abbiamo e non avremo mai doppie morali perché sono principi irrinunciabili che devono valere sempre, dappertutto, per i deboli e per i forti, per gli alleati e per gli avversari, in Ucraina e a Gaza; e perché sappiamo riconoscere, Ministro, la matrice politica di un nazionalismo che ritorna aggressivo e prepotente, che mette gli interessi delle Nazioni e dei popoli gli uni contro gli altri e che non ha mai prodotto né produrrà pace, semmai fragili tregue ed equilibri del terrore.
I mille giorni trascorsi dal giorno dell'invasione all'Ucraina, con il suo carico di centinaia di migliaia di morti, le macerie e la distruzione accumulata confermano la paziente follia criminale della Russia di Putin, che crede di avere una missione che va oltre la cronaca, oltre la politica, che ha a che fare con una storia e un'ideologia nefaste. Ma noi che dovremmo essere razionali, che non siamo indifferenti, Ministro, lo ha detto lei, alle vite che cadono, accanto al dovere di rendere onore - onore - alla resistenza degli ucraini e di riaffermare i nostri principi, abbiamo anche il dovere di guardare la dura e cruda realtà e di interrogarci sulla nostra azione.
Gli aiuti umanitari che abbiamo inviato - lo ha detto anche lei e questa è una posizione in comune - erano finalizzati a impedire che l'Ucraina fosse spazzata via dalla mappa geografica, che arrivasse in piedi e non in ginocchio a un tavolo negoziale che portasse alla pace giusta, duratura, sicura. La realtà che emerge oggi sul campo è che gli scenari possibili sono solo due: o una guerra che si protrae senza fine e senza vincitori sul campo o l'apertura di un negoziato prima che sul campo cada l'ultimo fucile.
La politica ha il dovere di leggere la realtà e scegliere quale strada intraprendere. Lei oggi ha detto una frase impegnativa qui, l'ha ripetuta: spero che questa sia l'ultima volta che mandiamo armamenti.
Noi le diciamo che non vogliamo e non possiamo rassegnarci e cedere all'idea dell'inevitabilità della guerra. Lei ha attaccato Borrell prima. Io le dico che ci preoccupano molto le dichiarazioni di oggi della nuova Alta rappresentante della politica estera e di sicurezza comune, Kallas, che dice che dobbiamo prepararci alla guerra . Noi dobbiamo prepararci alla pace, perché la politica oggi parla di negoziato e ne parlano tutti, ne parla lo stesso Zelensky.
È un negoziato che non si risolverà in 24 ore, come prometteva Trump prima del suo insediamento. Sarà un negoziato difficile, durissimo, per il quale tutti pagheranno, pagheremo un prezzo. Non c'era alcuna ragione, Ministro, per cui, accanto all'impegno nel sostenere militarmente l'Ucraina, l'Europa, che più di tutti subisce i costi umani, economici, sociali e persino politici del protrarsi della guerra, non investisse nel sostegno vero a un'iniziativa politica per la pace. Al negoziato - pongo anche a lei questa domanda, perché, al di là delle manifestazioni partigiane, persino nei suoi silenzi mi è parso di cogliere una preoccupazione, Ministro - non era meglio arrivare prima di Trump?
Se avessimo avuto un maggiore protagonismo dell'Europa a quel tavolo, forse le ragioni dell'Ucraina non sarebbero state difese meglio? Putin si alzava dal tavolo, lei lo ha ricordato e ha fatto bene, ma è una ragione in più per insistere e mostrare agli occhi del mondo chi vuole davvero che cosa. Al tavolo della pace, Ministro, questo è il messaggio che dovrebbe unirci, l'Europa non può essere ospite, lasciando ad altri attori - che pure devono avere un ruolo, a partire dagli Stati Uniti e dalla Cina - di decidere al posto nostro le sorti del nostro continente. Questo è il punto politico.
Così come non dobbiamo confondere mai la pace con la resa, non possiamo nemmeno confondere la pace con la tregua, una tregua armata, una soluzione coreana, dove il conflitto viene congelato e noi continueremo a pagarne il prezzo, perché, se vogliamo una pace vera, serve la politica, serve sciogliere i nodi, farci carico di dare garanzia all'Ucraina con l'ingresso nella UE, dopo serie riforme, ricostruire una nuova architettura di sicurezza e di convivenza nel continente, quella che avremmo potuto chiamare qualche tempo fa una nuova Helsinki, se oggi quella città non avesse perso quell'evocazione di neutralità, segno di quanto i tempi siano cambiati.
Per questo l'Europa deve coltivare la sua autonomia strategica, avere una difesa comune e io arrivo a dire di più, Ministro, un esercito comune. Su questo, qual è la vostra posizione? Se, come pare, vi limitate a chiedere all'Europa spazi finanziari per aumentare le spese militari nazionali, dopo non essere riusciti a negoziare una riforma del Patto di stabilità all'altezza dei nostri interessi e delle molte sfide comuni, allora non ci siamo. Se, invece, vogliamo fare una battaglia come Italia per una difesa comune, al servizio di una politica estera comune, della riscoperta dell'Europa come progetto di pace, ci troverete in prima linea, Ministro.
Qui torna il punto politico: ieri eravate accanto a quel Musk, che fa il saluto romano e invita a votare i neonazisti in Germania, uno che non potrà avere accesso ai file riservati dell'amministrazione americana a causa dei suoi rapporti con Putin e a cui vorreste affidare le informazioni militari, invece di investire sul progetto europeo Iris2. Dove sarete quando bisognerà scegliere? Scegliere se rafforzare l'autonomia strategica europea nel nostro interesse nazionale o assecondare il disegno di frammentazione dell'Europa che ha già dichiarato Trump.
Lei, Ministro, ha parlato di un impegno diplomatico e questo non si fa con le interviste. Anche il sostegno all'iniziativa del cardinale Zuppi è semplicemente doveroso. Se è mancata l'Europa, Ministro - me lo lasci dire -, è anche a causa vostra.
Le dico di più: anche l'Italia avrebbe potuto fare la sua parte per costruire la pace e non l'ha fatto. Tutti i nostri Governi hanno sempre cercato un protagonismo diplomatico. Lei ha parlato del 2022: io le ricordo che Draghi, nel maggio di quell'anno, aveva presentato alle Nazioni Unite un piano di pace per l'Ucraina. Non decollò, ma fu una mossa. Voi, invece? Avete lasciato l'invocazione della pace nella vostra maggioranza a chi indossava la maglietta di Putin e stringeva i rapporti con Russia Unita. È lontana, lontanissima l'immagine di un Presidente del Consiglio dell'Italia, insieme ai di Francia e Germania, su quel treno per Kiev, quel treno piombato, che lei avrà preso per andare in Ucraina come tanti di noi e che avrebbe dovuto incarnare il desiderio di pace dell'Europa.
Lei è preoccupato - e chiudo - per il nostro continente e lo siamo anche noi, Ministro, ma il suo Governo, questo è il punto, partecipa all'indebolimento della solidarietà europea che oggi, proprio oggi, invece, sarebbe ancora più necessaria. Necessaria e possibile? Non lo sappiamo. Se sarà possibile dipenderà non dalle speranze, ma dalla volontà e dalle scelte politiche. Me lo lasci ricordare, infine: anche in questo passaggio tanto difficile noi europei siamo necessari e non dobbiamo rassegnarci alla nostra marginalità, perché noi siamo quelli che, accanto alle ragioni della pace, portano quelle della giustizia, che qui sono quelle dell'aggredito e del diritto internazionale, perché questo è il cuore dell'Europa dopo l'abisso del nazifascismo, perché la pace, anche dopo l'offesa di un'immotivata e unilaterale aggressione, come in questo caso, sarà sempre un doloroso compromesso, porterà sempre con sé una dose di ingiustizia.
Ma se la distanza tra le ragioni della pace e quella della giustizia si fa troppo grande, Ministro, alla fine non avremo né l'una né l'altra
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Padovani. Ne ha facoltà.
MARCO PADOVANI(FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signor Ministro, grazie innanzitutto per aver rappresentato, in maniera concreta, chiara, perfetta la situazione dell'Ucraina oggi nel cuore dell'Europa e per aver indicato la strada, la rotta corretta e precisa, a differenza di quello che sostiene qualche collega pseudo-pacifista.
È opportuno ricordare che i primi provvedimenti a favore del popolo ucraino hanno, tra le loro origini, anche gli atti di indirizzo approvati nel Parlamento già nel 2022. Il 1° marzo 2022, infatti, a conclusione delle comunicazioni sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina rese dall'allora Presidente del Consiglio, il Senato e la Camera approvarono, rispettivamente, due risoluzioni che impegnarono il Governo ad attivare, con modalità rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie per assicurare assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché, tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati, la cessione di apparati e strumenti militari che consentissero all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la propria popolazione.
Prolungare il sostegno a questo popolo significa rappresentare una priorità e la condizione fondamentale per l'avvio di un processo che possa portare una pace aderente al diritto internazionale, dove, tra le varie azioni portate dall'Italia, c'è anche la volontà di partecipare al progetto per lo sminamento del territorio ucraino, dove si stimano oltre 8 milioni di mine impiegate dai russi a protezione delle loro posizioni. Proseguire questo percorso significa, quindi, dimostrare, in maniera tangibile, la nostra vicinanza al popolo ucraino e contribuendo, di fatto, a non consentire, nei principi e nella sostanza, l'invasione dell'Ucraina. Non sarebbe possibile fermarci ora, la nostra coscienza, e non solo, non ce lo permette. Sostenere il popolo ucraino significa non far saltare le regole del diritto internazionale. Non mantenere questa posizione significherebbe che gli scenari di crisi potrebbero moltiplicarsi ovunque.
E, nel momento in cui prosegue la resistenza del popolo ucraino in una guerra divenuta, ormai, di posizione e di logoramento, dove non vengono a mancare gli attacchi ai civili, sottoposti a indicibili sofferenze, l'Italia non può nascondersi .
Da oltre tre anni, ogni giorno, quel territorio è funestato da bombe; sono oltre 42.000 quelle aree, oltre 18.000 i droni, oltre 1,5 milioni i colpi di artiglieria che, nel 2024, hanno colpito l'Ucraina, 1.100 giorni di difesa della sovranità territoriale. Questi sono i numeri indiscutibili dell'aggressione. Tutto ciò, però, non significa non proseguire in un percorso di trattativa e di azione diplomatica, a cui il Governo Meloni sta lavorando fino dal suo primo insediamento, per fare in modo che si arrivi a un piano di pace solido e duraturo.
Nel frattempo, lo ribadisco, è giusto garantire il pieno sostegno all'Ucraina in tutti gli ambiti - politico, militare e umanitario -, atteggiamento assunto fin dal primo momento dall'Italia.
Lo stesso Consiglio europeo ha ribadito il risoluto sostegno all'indipendenza, alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale, nonché al suo diritto naturale di autotutela contro l'aggressione russa. In particolare, ha confermato l'importanza di un sostegno militare tempestivo, prevedibile e sostenibile, attraverso lo strumento europeo per la pace e la missione di assistenza militare dell'Unione europea, ma anche attraverso l'assistenza bilaterale diretta dagli Stati membri. Si è, inoltre, sottolineata l'urgente necessità di accelerare la fornitura di missili e munizioni e di dotare l'Ucraina di un maggior numero di sistemi di difesa area.
A conferma del significativo impegno sotto il profilo del supporto militare, è doveroso ricordare che, tra il 2022 e il 2023, l'Unione europea ha mobilitato oltre 5 miliardi di euro a titolo dello strumento europeo per la pace, con l'obiettivo di rafforzare la capacità e la resilienza delle Forze armate ucraine e proteggere la popolazione civile dall'aggressione militare in corso.
Le misure di assistenza concordate anche per il futuro finanziano l'invio di attrezzature e forniture, come i dispositivi di protezione individuale, di pronto soccorso e carburante, nonché di attrezzature e piattaforme militari a fini difensivi.
In questo momento, in cui c'è un'Ucraina ferita, in cui vi è un popolo che sta combattendo una guerra di difesa, una guerra di sopravvivenza e sicuramente non una guerra di conquista, in cui c'è chi ha violato il principio della sovranità nazionale, voglio ricordare che Fratelli d'Italia non ha mai cambiato idea sui valori e i sui principi fondamentali della democrazia e della libertà , una libertà che, dopo questa invasione, certamente, non è più scontata in Europa. La resa dell'Ucraina significherebbe la resa dell'Europa intera e noi abbiamo il dovere e il diritto di contribuire alla salvaguardia di questi principi, che non sono negoziabili.
È giusto ricordare, inoltre, le proroghe per le scadenze dello stato di emergenza, per continuare ad assicurare accoglienza e assistenza alla popolazione proveniente dall'Ucraina sul territorio nazionale. Un impegno, quindi, del Servizio nazionale, coordinato dal Dipartimento della Protezione civile, che vede, ancora una volta, Fratelli d'Italia e tutto il centrodestra uniti e in piena sintonia, senza esitazione alcuna, sulla linea di condotta da seguire per un aiuto concreto al popolo ucraino.
Oggi una parte dell'opposizione, invece, anche in quest'Aula, manifesta vuoti di memoria, che hanno il sapore dell'incoerenza, dell'ipocrisia, per cui, a seconda della posizione in Parlamento, si decide di sostenere o meno gli interventi a favore dell'Ucraina.
Per Fratelli d'Italia sarebbe un errore fare un passo indietro: la condizione base per arrivare a qualsiasi forma di soluzione di questo conflitto è di consentire all'Ucraina di essere competitiva attraverso un equilibrio di forze in campo, un equilibrio che non ci sarebbe stato, se non avessimo dato anche il nostro contributo. Mettere, dunque, l'Ucraina nella posizione di competere e di avere quel bilanciamento nel conflitto, che è anche l'unica condizione per un'eventuale soluzione negoziabile.
Sta a noi, a ciascuno di noi, decidere da che parte della storia stare, in coscienza. L'Italia ha scelto con chiarezza da che parte stare, lo ha fatto per senso di giustizia e con fierezza del lavoro svolto, ma, nello stesso tempo, con la consapevolezza che il 2025 sarà un anno cruciale per Kiev. L'obiettivo dell'Esecutivo è arrivare a una soluzione di pace duratura ed equilibrata, che ristabilisca la sicurezza e l'ordine nel rispetto del diritto internazionale.
Il Ministro Crosetto, in più circostanze, ha sintetizzato un pensiero, che è il pensiero del gruppo di Fratelli d'Italia , ovvero: il presupposto della pace è un giorno in cui non cadono le bombe russe, non un giorno in cui gli ucraini smettono di difendersi. La morte dell'Ucraina si porterebbe dietro la morte di un pezzo di democrazia. La difesa è un prerequisito della sicurezza, che è un prerequisito della stabilità, che porta alla pace. Non esiste, nei tempi in cui viviamo, una Nazione che possa permettersi di mettere da parte la difesa, ce lo dimostra anche il Mar Rosso.
Alla luce di queste considerazioni, permettetemi di rivolgere il mio plauso alle nostre Forze armate, all'Esercito, alla Marina militare, all'Aeronautica militare , per il loro lavoro quotidiano, nell'interesse e nell'amore per la Patria, sia sul suolo nazionale sia in tutte le missioni di pace internazionali, missioni che hanno, come unico obiettivo, il mantenimento della stabilità locale e globale, la sicurezza, l'addestramento delle Forze armate di altri Paesi e, non per ultimo, il supporto umanitario alle popolazioni. Noi, di Fratelli d'Italia, siamo con questi soldati, i nostri soldati, con i loro valori veri e non discutibili .
Per concludere, signor Presidente, per Fratelli d'Italia è importante sostenere, in linea con gli impegni assunti e con quanto sarà concordato in ambito NATO e in Unione europea, le autorità governative dell'Ucraina, anche attraverso la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari e, al tempo stesso, profondere tutti gli sforzi diplomatici in tutte le sedi, con l'obiettivo di porre fine al conflitto, alle sofferenze del popolo ucraino e giungere a una pace giusta, duratura ed equilibrata, nel rispetto del diritto internazionale.
Per questi motivi, a nome del gruppo di Fratelli d'Italia, dichiaro il voto favorevole sulla risoluzione della maggioranza .
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Come da prassi, le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Per quanto riguarda le richieste di votazioni per parti separate, faccio presente che i presentatori delle risoluzioni - ove necessario - hanno prestato il consenso previsto a seguito delle riforme regolamentari.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Bignami, Molinari, Barelli e Lupi n. 6-00147, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Passiamo alla votazione della risoluzione Braga e altri n. 6-00148.
Avverto che sono state avanzate richieste di votazioni per parti separate, nel senso di votare: dapprima il dispositivo, ad eccezione del 3° capoverso; a seguire, il 3° capoverso del dispositivo; infine - ove il dispositivo venga in tutto o in parte approvato - la premessa.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della risoluzione Braga e altri n. 6-00148, ad eccezione del 3° capoverso, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul 3° capoverso del dispositivo della risoluzione Braga e altri n. 6-00148, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla premessa della risoluzione Braga e altri n. 6-00148, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione della risoluzione Pellegrini e altri n. 6-00149.
Avverto che, a seguito delle votazioni precedenti, il 1° capoverso del dispositivo risulta precluso limitatamente alle parole “a interrompere immediatamente la fornitura di materiali d'armamento alle autorità governative ucraine”. La restante parte del capoverso deve intendersi come impegno al Governo a mantenere ferme le misure destinate agli aiuti umanitari.
Avverto, altresì, che i presentatori hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare: dapprima, distintamente i capoversi 2°, 3° e 5° del dispositivo; successivamente, la premessa e i restanti capoversi del dispositivo, per le parti non precluse.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul 2° capoverso del dispositivo della risoluzione Pellegrini e altri n. 6-00149, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul 3° capoverso del dispositivo della risoluzione Pellegrini e altri n. 6-00149, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul 5° capoverso del dispositivo della risoluzione Pellegrini e altri n. 6-00149, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla premessa e sui restanti capoversi del dispositivo, per le parti non precluse, della risoluzione Pellegrini e altri n. 6-00149, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione della risoluzione Zanella e altri n. 6-00150.
Avverto che, a seguito delle votazioni precedenti, il 1° capoverso del dispositivo risulta precluso limitatamente alle parole “a interrompere la cessione di mezzi e materiali d'armamento in favore delle autorità governative dell'Ucraina”. La restante parte del capoverso deve intendersi come impegno al Governo a sollevare in sede di Consiglio europeo l'interruzione al ricorso all' e le questioni relative all'assistenza umanitaria e alla ricostruzione, anche attraverso i corpi civili di pace.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Zanella e altri n. 6-00150, per le parti non precluse, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla risoluzione Richetti e altri n. 6-00151.
Avverto che i presentatori hanno accettato di espungere i capoversi 2° e 3° della premessa e, pertanto, il parere del Governo deve intendersi favorevole alla risoluzione nella sua interezza.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Richetti e altri n. 6-00151, nel testo riformulato, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Colleghi, prima di proseguire, in visione del termine delle votazioni, rammento a tutti che, una volta concluse le votazioni, avrà luogo la commemorazione dell'onorevole Furio Colombo, alla presenza della famiglia e degli amici.
Passiamo alla votazione della risoluzione Faraone e altri n. 6-00152.
Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e contestualmente hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima, congiuntamente, i capoversi 1°, 3°, 4° e 6° del dispositivo; a seguire, la premessa e i restanti capoversi del dispositivo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sui capoversi 1°, 3°, 4° e 6° del dispositivo della risoluzione Faraone e altri n. 6-00152, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla premessa e sui restanti capoversi del dispositivo della risoluzione Faraone e altri n. 6-00152, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione della risoluzione Della Vedova e Magi n. 6-00153.
Avverto che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo, ivi compresa l'espunzione della premessa, e pertanto il parere deve intendersi favorevole alla risoluzione nella sua interezza.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Della Vedova e Magi n. 6-00153, come riformulata, con parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Sono così esaurite le comunicazioni del Ministro della Difesa in materia di proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina.
PRESIDENTE. . Colleghe e colleghi, lo scorso 14 gennaio si è spento a Roma, all'età di 94 anni, Furio Colombo, deputato nella XIII e nella XVI legislatura e senatore nella XV.
Nato il 1° gennaio 1931 a Chatillon, in Valle d'Aosta, si laureò in giurisprudenza nel 1954, entrando subito dopo in RAI, insieme ad altri giovani intellettuali, come Umberto Eco e Gianni Vattimo, con i quali condivise l'ideazione del primo programma culturale della neonata televisione pubblica, “Orizzonti”, rivolto ad un pubblico giovanile.
All'inizio del 1957 fu notato da Adriano Olivetti che, dopo un tirocinio alla catena di montaggio dello stabilimento di Ivrea, perché - così gli spiegò l'ingegnere - “bisogna conoscere almeno un po' il lavoro per potersi occupare delle persone che lo fanno”, gli schiuderà le porte degli Stati Uniti, offrendogli un incarico manageriale a New York, presso la Underwood, la più grande fabbrica di macchine per scrivere del mondo, che nel frattempo aveva acquisito.
Giunto nella metropoli americana, la passione per il giornalismo avrà presto il sopravvento e, nel corso dei lunghi anni trascorsi negli Stati Uniti, come corrispondente di numerosi quotidiani e riviste italiane, avrà la possibilità di realizzare memorabili interviste a notissimi personaggi pubblici, a partire dall'incontro con Eleanor Roosevelt nel 1961, testimoniando in prima persona anche veri e propri eventi di portata storica, come nel saggio , pubblicato subito dopo la morte del Presidente, che lui stesso conosceva, frequentando la Casa Bianca, o quando dovette ripercorrere con amarezza le vicende dell'assassinio di Martin Luther King, trovandosi a Memphis il giorno stesso del suo omicidio.
Diventato giornalista professionista nel 1967, documenterà dal Sinai la Guerra dei sei giorni e l'anno dopo anche il conflitto in Vietnam, avendo la fortuna di intercettare a Nuova Delhi, nel viaggio di ritorno, il gruppo musicale dei Beatles, che gli permisero di filmare il loro viaggio spirituale alle pendici dell'Himalaya.
Dal punto di vista letterario, con il suo primo romanzo, , pubblicato nel 1964, fu annoverato - insieme al suo amico più caro, Umberto Eco - nell'ambito del Gruppo 63, movimento culturale volto a sperimentare nuove forme di espressione letteraria, anche se poi, con le sue successive opere, alcune delle quali scritte sotto lo pseudonimo di Marc Saudade, tracciò un percorso di scrittura più complesso e lungo quasi 60 anni, che sarà per lo più incentrato sui temi della politica, dei mutamenti sociali e della comunicazione. A tale ultimo proposito, partecipò nel 1970 alla fondazione del DAMS di Bologna, insegnando ai suoi studenti - per il successivo quinquennio - “Linguaggio televisivo”, tra i pochissimi in Italia.
Celebre fu l'ultima intervista a Pier Paolo Pasolini, che Furio Colombo realizzò il 1° novembre 1975 - e quindi poche ore prima del suo assassinio - e che fu pubblicata con il titolo “Siamo tutti in pericolo”, profeticamente suggeritogli dallo stesso Pasolini al termine del loro incontro.
Un brillante giornalista, ma anche un grande osservatore dei mutamenti sociali e culturali in Italia e negli Stati Uniti, dove visse per molti anni, coniugando - alla fine degli anni Ottanta - l'incarico di Presidente del gruppo FIAT USA e l'insegnamento presso prestigiose università americane con la direzione dell'Istituto italiano di cultura di New York, metropoli alla quale fu particolarmente legato e a cui dedicò - nel 1994 - il saggio .
In questa sede non possiamo dimenticare che ci fu anche un Furio Colombo politico, eletto per la prima volta deputato nel 1996, nelle file dei Democratici di Sinistra e, proprio in quella XIII legislatura, presentatore di una proposta di legge che fu approvata dal Parlamento e alla quale ha legato indissolubilmente il suo nome: la legge n. 11 del 20 luglio 2000, che ha individuato nel 27 gennaio di ogni anno il “Giorno della Memoria”, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.
Il suo percorso parlamentare conoscerà una pausa tra il 2001 e il 2005 e in quegli anni Furio Colombo sarà impegnato nel non facile rilancio de , lo storico quotidiano fondato da Antonio Gramsci nel 1924, che da otto mesi aveva cessato le pubblicazioni e di cui venne nominato direttore, incarico che manterrà fino alla fine del 2004.
Fu una sfida non facile, soprattutto per chi non apparteneva a quel mondo, ma si era sempre qualificato come , ma lui riuscì anche in quest'impresa, aiutando il giornale a rinascere e mostrando sempre rispetto per la sua grande storia.
Nella XV legislatura - tra il 2006 e il 2008 - venne nuovamente eletto, questa volta al Senato, per poi concludere il suo percorso parlamentare alla Camera tra il 2008 e il 2013, deputato del Partito Democratico, la nuova formazione politica che si era anche proposto di guidare nel 2007, ritirando poi la propria candidatura.
Nel 2009 partecipò alla fondazione di un nuovo giornale, , pubblicandovi i suoi articoli fino al 2022, quando passò a , come editorialista.
Con la sua scomparsa viene a mancare non soltanto uno dei giornalisti più colti e dalla prosa più elegante che il nostro Paese abbia mai conosciuto, ma soprattutto un testimone attento e curioso del suo tempo, profondo conoscitore dell'Italia e degli Stati Uniti.
Fu in grado di ricoprire molti ruoli, in ambito culturale, politico e aziendale, e lo fece sempre con competenza e garbo, non lesinando mai impegno e generosità.
Rivolgiamo un saluto affettuoso alla moglie Alice e alla figlia Daria, che sono qui presenti in tribuna, alle quali rinnovo le più sentite condoglianze mie personali e di tutta l'Aula.
Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio .
Ha chiesto di parlare l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.
PIERO FASSINO(PD-IDP). Presidente, non è davvero semplice rappresentare, in pochi minuti, lo spessore culturale, politico e umano di una personalità come Furio Colombo, di cui lei, con efficacia, ha già tratteggiato alcuni passaggi essenziali del suo lungo percorso professionale e umano.
Nato in una famiglia ebraica, crebbe in quella Torino che, nel corso del Novecento, è stata la città di Piero Gobetti, di Antonio Gramsci, di Vittorio Foa, di Primo Levi.
Laureatosi in giurisprudenza, mosse i suoi primi passi professionali come dirigente dedito alla formazione del personale in quella eccellenza industriale e sociale, unica nel panorama del capitalismo italiano, creata da Adriano Olivetti, ma fu ben presto attratto dal mondo a cui avrebbe dedicato l'intera sua vita: la comunicazione e il giornalismo.
Agli albori della televisione, fece parte di quella straordinaria leva di giovani intellettuali - Andrea Barbato, Gianni Vattimo, Liliana Cavani, Angelo Guglielmi e Umberto Eco - a cui Furio era legato da un rapporto personale direi quasi simbiotico, a cui Fabiano Fabiani affidò il compito di dare ai servizi giornalistici della Rai un profilo culturale e pedagogico alto. Lì, Furio Colombo profuse intelligenza, curiosità e passione, realizzando rubriche culturali e di straordinaria ricchezza informativa, dalla guerra in Vietnam al conclave per l'elezione del Papa, dalla rivoluzione studentesca a Berkeley, ai ghetti di Harlem e Atlanta, dalla dei Beatles in India, alle campagne elettorali dei Kennedy e alle marce di Martin Luther King, contribuendo così a sprovincializzare l'Italia e a far entrare il mondo nelle case di milioni di italiani.
Spedito da Olivetti in America, ne divenne la sua seconda patria, dove incontrò l'amata Alice e nacque Daria. In America, consolidando la sua attività di corrispondente giornalistico, si allargò a nuove esperienze: presidente di FIAT America, rappresentante personale dell'avvocato Agnelli negli States, direttore per tre anni dell'Istituto italiano di cultura di New York, titolare di corso alla Columbia University, collaboratore di prestigiose istituzioni culturali e sociali, tessendo una fitta rete di relazioni con personalità, di ogni mondo, della società americana.
Ma la sua creatività culturale non si esauriva nel giornalismo. Ricchissima è la sua produzione di libri, spesso onorati con prestigiosi premi letterari. Componente del Gruppo 63, il cenacolo intellettuale che innovò il panorama letterario italiano, contribuì alla sceneggiatura di alcuni dei film più famosi di Francesco Rosi, Giuliano Montaldo, Ettore Scola. Amico di Joan Baez e autore dei testi di alcune tra le sue più note canzoni. Assiduo frequentatore di Luciano Berio. Impegni intellettuali che sempre intrecciò con un'intensa attività di editorialista di , e . Direttore de , che portò a 100.000 copie dopo una profonda crisi. Infine, fondatore de , che poi lasciò per dissensi sulla linea editoriale. E con Umberto Eco, con cui ebbe un sodalizio umano, continuo e costante lungo tutta la sua vita, contribuì alla nascita de La nave di Teseo, una delle più dinamiche case editrici del nostro Paese.
Visse e praticò questa sua intensissima attività culturale con forte passione civile e politica. L'America gli aveva trasmesso il valore della democrazia, dei diritti, della società multiculturale, del pensiero , e da qui discendeva il suo impegno in tante battaglie di progresso e di civiltà. Ricordo l'entusiasmo con cui accolse la candidatura parlamentare che gli offrii e che lo vide per tre legislature deputato e senatore dei DS, de L'Ulivo e del PD, dedicandosi, nella Commissione esteri, al cruciale tema dei diritti umani, ma anche depositando disegni di legge ispirati alla promozione dei diritti e della cultura, come le sue proposte sull'istituzione dell'avvocato del minore, sugli incentivi all'acquisto di opere di giovani artisti, sulla riorganizzazione degli istituti italiani di cultura, sull'istituzione dei centri regionali di terapia del dolore. Era un uomo libero, che viveva i valori in cui credeva con grande determinazione, come anche testimonia il dissenso che, con grande lealtà, espresse in quest'Aula, ogni volta che le decisioni proposte entravano in conflitto con i suoi convincimenti.
La sua attiva presenza parlamentare culminò, come è stato ricordato in questi giorni, anche da lei, Presidente, nell'approvazione della legge, di cui fu primo firmatario, per l'istituzione della Giornata della memoria, introdotta in Italia prima che anche le Nazioni Unite la proponessero al mondo intero. Così come fu fondatore dell'Associazione progressista Sinistra per Israele, dedicando scritti importanti al rapporto tra ebraismo e sinistra, e battendosi verso una soluzione di pace, per la quale ancora stiamo combattendo, che riconoscesse i diritti di entrambi i popoli che vivono in quella terra. Chi come me e tanti ha avuto l'enorme fortuna di averlo come amico vero e sincero, non potrà mai dimenticare l'attenzione con cui curava i rapporti personali, la capacità di ascolto di ogni interlocutore, la curiosità intellettuale di chi sa che, anche nella persona più distante, c'è un pezzo di verità da scoprire e da comprendere. Ci ha lasciato, ma rimane in ciascuno di noi il segno forte delle tante cose che ci ha insegnato e della ricchezza umana che ci ha trasmesso.
Ci porteremo negli occhi e nel cuore quel sorriso radioso e aperto con cui accompagnava il suo dire e il suo fare. E vogliamo ricordarlo così, oggi, con immensa gratitudine .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rotondi. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO ROTONDI(FDI). A nome del gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia, intendo esprimere ai familiari di Furio Colombo la vicinanza e la partecipazione più effettiva e - se me lo consentono - affettuosa per la scomparsa di quello che il Presidente ha ricordato essere stato un parlamentare di lunghissimo corso. Deputato due volte, ha occupato i banchi che, in questo momento, ho di fronte e ha onorato il mandato parlamentare; pur non essendo nato politico, lo è stato in una delle sue tante vite, presente e attivo, lo ricordano tutti i colleghi delle tre legislature, nell'ultima è stato il decano del Parlamento, il parlamentare più anziano.
Le sue vite sono state tante e la politica è quella che ricordiamo, perché siamo nell'Aula in cui quella è la toga che ci ha accomunato, ma è stato grandemente giornalista ed è stato un giornalista creativo, come è stato ricordato, fino all'ultima esperienza: la fondazione de . Possiamo dire che è stato un giornale che ha innovato e che è andato in controtendenza. Declinava la carta stampata; è tutt'oggi un giornale che non manca nelle mazzette, almeno degli addetti ai lavori. E credo che Furio Colombo sia stato un giornalista creativo, ma è stato creativo in tutte le attività che ha condotto.
Certamente, gli esordi in quella straordinaria scuola civile che è stata la Olivetti sono stati un che ha orientato i suoi sforzi di ricerca e di relazioni. È stato direttore persino di una rivista di architettura, con Bruno Zevi, corrispondente in America di e , autore televisivo, attore - non lo dimentichiamo - ne , oggi che Mattei torna alla cronaca per il Piano che il Governo promuove; ricordiamo che , dove Furio Colombo interpretava il ruolo dell'assistente di Mattei, fu il film che squarciò il primo velo.
Tante cose possiamo dire e le diranno i colleghi che interverranno dopo. Io vorrei concludere, Presidente, se mi è consentito, in un modo che sono convinto, seppur irrituale, piacerebbe a Furio Colombo. Il centrodestra lo ha considerato un avversario, come lui ha considerato un avversario il centrodestra. Ed io che venivo mandato, al tempo del Governo di cui ho fatto parte, allo sbaraglio televisivo, spesso in contrapposizione con lui, che ritmava le accuse che faceva al Governo Berlusconi, me la sono vista brutta, perché Furio Colombo era un polemista di razza. Cercavo, in verità, di deviare, qualche volta ironizzando sulla cura con cui seguiva la sua capigliatura, e lui rispondeva invariabilmente che la mia era tutta invidia, vedendo la mia. In questo momento, tornano solo questi ricordi dolci, perché, come diceva un mio grande maestro, quando cala il sipario, non sempre ti trovi gli amici, ma quasi sempre gli avversari .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Matone. Ne ha facoltà.
SIMONETTA MATONE(LEGA). Buongiorno a tutti, questa mia commemorazione è assolutamente improvvisata perché non sapevo di doverla fare ma, avendo una certa età mi viene anche facile, perché? Perché Furio Colombo è stato un grandissimo giornalista che ha segnato la mia generazione e le generazioni successive. Io vorrei ricordare - lo hanno già fatto i colleghi - che nasce in una famiglia ebrea, è stato un grande del giornalismo che ha alternato, nella sua assoluta poliedricità, dovuta a un'intelligenza fuori dal comune, giornalismo, politica e incarichi manageriali. È stato un brillantissimo corrispondente dagli Stati Uniti de e di e vorrei sottolineare come esserlo negli Stati Uniti era un'attività riservata soltanto ai grandi del giornalismo, con grandissime capacità di analisi, in anni assolutamente centrali per la politica mondiale.
Io voglio anche ricordarlo come direttore de , dal 2001, dopo il fallimento de nel 2000, rinata, e ci è rimasto fino al 2005. Vorrei anche ricordare che si dimise - si sussurra ma ciò è stato scritto da editorialisti dei giornali che poi lui ha diretto -, per pressioni subite dai Democratici di Sinistra e per dissidi sulla linea editoriale. Questo suo essere uno spirito libero lo ha accompagnato in tutta la sua attività professionale e nel 2009 diventa cofondatore, insieme ad altri due, de . Ma anche qui, diciamo così, la sua autonomia di pensiero, il suo spirito ribelle hanno avuto la meglio su, forse, il politicamente corretto all'interno di quell'area, perché lasciò la testata con una lettera aperta per una visione diversa che lui aveva sull'invasione dell'Ucraina, criticando l'appiattimento filo-putiniano di quella testata e criticando, altresì, l'ingresso di personalità, che definirei più che personalità personaggi, a suo dire privi di storia, privi di tessuto, privi di nerbo ma, in realtà, fenomeni, come dire, meramente mediatici.
Come deputato è stato presente e infaticabile e ho scoperto che Furio Colombo ha il record assoluto in Italia di voti ribelli rispetto al suo partito: sono stati addirittura 663. Quindi, a questo punto, noi gli dobbiamo rendere onore, pur da posizioni politiche assolutamente diverse, se non contrastanti, per l'onestà intellettuale che ha dimostrato per tutta la vita .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carotenuto. Ne ha facoltà.
DARIO CAROTENUTO(M5S). Grazie, Presidente. Ricordare Furio Colombo non è certo facile. Di sicuro possiamo dire che è stato un eccellente giornalista, scrittore, docente, politico, profondo conoscitore del mondo americano. Ecco, sicuramente Furio Colombo è stato tutto questo ma, probabilmente, anche qualcosa di più. È stato principalmente un uomo che ha difeso le proprie idee in ogni modo, con coerenza nei comportamenti e nei dettami.
Nacque in un piccolo paesino della Val d'Aosta, completò gli studi in giurisprudenza, non si fece mancare nella sua esperienza di vita neanche un lavoro da attore nel 1972, interpretando, ne di Francesco Rosi, l'assistente traduttore proprio di Mattei, quindi, lavorando accanto a un immenso Gian Maria Volonté. Scrisse di cinema, di tv, di politica, collaborando con giornali italiani e stranieri tra cui il . Ecco, certamente Furio Colombo è stato ovviamente un grande giornalista, una voce limpida e appassionata che ha attraversato decenni di storia italiana e non solo italiana, anche internazionale, con uno sguardo certamente acuto e una irriducibile curiosità. Quella lo ha portato a vivere esperienze straordinarie, come il viaggio in India con i Beatles, quello a New York con Che Guevara, i voli in elicottero sopra il concerto di Woodstock.
Colombo incarnava l'idea che il giornalismo dovesse essere uno strumento di democrazia e questa convinzione l'ha accompagnato in ogni momento della sua vita. Il suo lavoro come giornalista, scrittore, accademico, politico ha lasciato un segno importante non solo per la qualità della sua analisi ma anche per il suo coraggio nel prendere posizione. Uno dei momenti più significativi, che mi preme ricordare, della sua carriera su questo fronte probabilmente è stato il periodo come direttore de tra il 2001 e il 2005, in cui Colombo si trova in prima linea in un'epoca di grandi tensioni politiche. Fu infatti uno dei più accesi critici di Silvio Berlusconi, tanto che divenne il simbolo dell'opposizione a un modello di governo di informazioni che Colombo riteneva pericoloso per la democrazia. Quella tensione lo portò al centro di polemiche accese, ma mai prive di sostanza che culminarono con le dimissioni da direttore de dopo l'ennesimo duro scontro con l'allora Presidente del Consiglio. Quelle dimissioni però non furono un segno di resa; Colombo si dimostrò uomo capace di immaginare e costruire nuovi spazi per l'informazione libera. Fu con Travaglio e Padellaro, infatti, tra i fondatori de nel 2009, contribuendo, con la sua esperienza e la sua visione, a creare un giornale che ambiva a essere indipendente dai poteri forti e fedele soltanto ai propri elettori.
Le sue posizioni politiche sono state sempre ben chiare. Fu tra i promotori del “No Cavaliere-day”; provò a candidarsi anche per la segreteria del PD, senza però riuscirci. Della sua attività parlamentare ricordiamo chiaramente che a lui si deve il Giorno della Memoria, il 27 gennaio, che arriverà tra poco. Gli riconosciamo anche un record: le 633 volte che nelle aule parlamentari ha votato in dissenso con il suo gruppo politico di appartenenza.
Furio Colombo non era solo così impegnato, così indipendente, non era solo un grande giornalista. Era anche un uomo capace di raccontare storie che emozionavano e facevano riflettere. Si pensi all'intervista con Pasolini, pubblicata proprio il giorno prima dell'uccisione del poeta. Quella conversazione diventa un documento formidabile, non solo per il valore storico ma per la straordinaria sensibilità con cui Colombo seppe dare spazio alla visione del mondo di Pasolini. E poi c'era il Furio Colombo professore, il divulgatore, l'uomo curioso, che insegnava a vedere le cose sotto una luce diversa, a New York, a Bologna o in una redazione. Chiunque lo ha conosciuto ricorda la sua capacità di ascoltare, di andare oltre il banale e di stimolare chi lo circondava a fare lo stesso. La sua eredità non è solo quella di un uomo che ha scritto pagine importanti di giornalismo ma anche quella di una persona che ha sempre creduto nella forza delle idee e nella responsabilità di difenderle.
Mi si permetta un parallelo: se con Gianni Minà abbiamo perso il racconto popolare del Sud America, con Furio Colombo diciamo definitivamente addio al racconto borghese del sogno americano di esportare le libertà e democrazia, che oggi sembra tramontare nell'di Donald Trump. A nome del MoVimento 5 Stelle esprimo, dunque, il cordoglio ai familiari e a tutti coloro che lo hanno conosciuto e apprezzato .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paolo Emilio Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO EMILIO RUSSO(FI-PPE). Grazie, Presidente. Qualcuno lo ha definito l'ultimo non so quanto la definizione sia calzante ma di certo, rileggendo la biografia di Furio Colombo, colpisce il suo talento multiforme che si è esercitato in tanti campi, in diversi campi, sempre con successo e con uno stile personale. Giornalista, prima in Olivetti poi in FIAT USA, intellettuale, animatore del Gruppo 63 con Umberto Eco e poi direttore dell'Istituto di cultura italiano di New York, docente al Dams e in alcune prestigiose università degli Stati Uniti, come la Columbia.
Ha saputo raccontare, come pochi, con sguardo curioso e mai superficiale, la società americana in un'epoca in cui la parola scritta era ancora il veicolo principe per conoscere il mondo. È stato testimone e studioso delle grandi trasformazioni sociali e culturali di quel Paese, che lui stesso ha definito un laboratorio per il mondo intero.
In un'intervista disse: “l'America mi ha insegnato che non esistono confini per le idee ma solo per i pregiudizi”.
Mi piace ricordare in particolare la sua esperienza da direttore de che qualcuno ha definito la sua seconda giovinezza. Assunse nel 2001 la direzione della storica testata dalla sinistra italiana che riapriva dopo anni, investendo su una nuova generazione di giornalisti, molti dei quali scelti proprio da lui e che poi hanno fatto carriera e hanno intrapreso strade diverse. Si mise in gioco con coraggio. “ma corretti” è il modo con cui amava descrivere, coi suoi cronisti, la sua filosofia di giornalista: con un'opinione, ma corretti. Riuscì a realizzare un giornale libero, capace di ispirare una fase nuova, diversa della sinistra italiana, rilanciando un nuovo protagonismo degli intellettuali. Quell'esperienza si concluse, dopo qualche anno, dopo pochi anni, e restituì Furio Colombo alle istituzioni, che ha servito come parlamentare per tre legislature.
A lui dobbiamo l'iniziativa, lo hanno ricordato anche i colleghi, della legge sul Giorno della Memoria, il 27 gennaio, e anche il coraggio nel combattere pregiudizi residui su Israele, che sopravvivevano nella sinistra estrema italiana.
È stato un critico severo, anche troppo talvolta, della stagione dei Governi di centrodestra, ma senza mai perdere lo stile e il contegno che lo hanno contraddistinto e accompagnato per tutta la sua vita ed è questa una delle ragioni per cui lo ricordiamo oggi in questo modo così solenne
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Cavo. Ne ha facoltà.
ILARIA CAVO(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, è doveroso e particolarmente sentito, per chi, come me, è parlamentare e giornalista, ricordare oggi una figura come quella di Furio Colombo, che è stato un attento e attivo parlamentare, un uomo delle istituzioni e un grande giornalista, brillante, come lo ha definito la Presidenza poco fa. Non importa da che parte si sta, perché di fronte a una figura come la sua quello che si deve condividere e apprezzare non sono le idee, spesso lontane, ma la coerenza e la capacità di sostenerle, insieme alla incisività del suo racconto. La stima per il giornalista si rivolge alle sue grandi interviste, dal testamento di Pasolini agli incredibili incontri, da Bob Dylan a Bob Kennedy, alle amicizie, come quella già citata con Umberto Eco, le collaborazioni con il mondo dell'industria, da Olivetti ad Agnelli, e la capacità di tenere insieme apparenti contrasti. Liberal-comunista, amante della libertà americana, sostenitore di Israele, con il cuore a sinistra e il coraggio di contraddire anche i suoi.
Furio Colombo era un professionista capace di andare anche contro corrente. Lo ha dimostrato quando ha diretto , nella sua esperienza a , su tematiche urgenti e attuali come nel sostegno all'Ucraina. Lo ha fatto costantemente, raccontando il Novecento, un pezzo di storia, stando da una parte precisa della storia, quella che lui riteneva la parte giusta. I fatti li ha raccontati egregiamente, li ha vissuti intensamente. Si è trovato nel mezzo della guerra del Vietnam, a Memphis il giorno dell'assassinio di Martin Luther King, in India con i Beatles, a L'Avana su una jeep con Che Guevara.
I giornalisti, noi giornalisti, raccontiamo mondi di cui non facciamo parte. Furio Colombo li raccontava sembrando sempre sul confine, ovvero, per sua stessa ammissione nell'ultima intervista al , parendo, invece, di farne parte. Come ha fatto? “Mi è andata bene”, aveva risposto. “Però, c'è una cosa curiosa: non ho quasi fotografie delle persone con cui sono stato. Eppure, per dire, ho girato mezza America con John Lennon. Qualcosa significa”. Sì, qualcosa significa e fa riflettere sul valore del rispetto, sulla capacità di empatia, di non fermarsi alla superficie e di andare sempre in profondità, da giornalista ma anche da parlamentare.
È stato ricordato come colui che ha voluto e ottenuto che si celebrasse il Giorno della Memoria. Pensiamo quanto è importante oggi aver fissato quella giornata, quella data, quanto è importante aver agito contro l'indifferenza, contro chi si girava dall'altra parte. Furio Colombo lo ha sempre fatto nelle numerose vite che ha vissuto e che quest'Aula oggi ha giustamente voluto commemorare. Con la sua avversione per ogni forma di discriminazione, con la sua capacità di essere critico ma non polemico, con il suo spirito ha dato un contributo fondamentale alla pluralità delle voci e alla democrazia
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Intanto mi consenta di portare, anche a nome mio personale e del mio gruppo, alla moglie Alice e alla figlia Daria le nostre condoglianze e la vicinanza al loro dolore. Furio Colombo l'ho conosciuto e sono stato un suo collega di gruppo. L'ho conosciuto come un collega molto autorevole, preparato, con un carattere molto forte, rigoroso, rigoroso con gli altri e rigoroso prima di tutto con se stesso, un grande uomo di cultura, come è stato ricordato, un giornalista nel sangue e lo è stato anche qui in Parlamento, difendendo sempre le battaglie sulla libertà di stampa, sulla libertà di espressione, difendendo la cultura e la professione del giornalista. Come è stato ricordato, ha avuto un passato molto importante nel giornalismo italiano, sia come corrispondente, sia come direttore de sia come fondatore de .
Era un grande conoscitore delle dinamiche della politica estera. Io lo ricordo, in quest'Aula, sempre molto presente sui dibattiti, non solo per quanto attiene agli Stati Uniti - in cui aveva vissuto e lavorato -, ma anche un grande conoscitore e un grande sostenitore di Israele. Il suo contributo in quest'Aula, su questi temi, ha riguardato senz'altro l'istituzione della Giornata della Memoria, con una sua iniziativa legislativa che è stata accolta in quest'Aula in maniera ampia, lasciando un segno così durevole e forte da diventare, poi, un'iniziativa internazionale, ma anche come grande conoscitore delle dinamiche interne di quel Paese e sempre fautore della politica “Due popoli, due Stati” e fautore di politiche di pace, che tenessero conto delle esigenze del popolo israeliano.
Lo voglio ricordare così, con quella sua capacità, anche negli incontri più informali, in quelli di gruppo, di argomentare sempre con grande convinzione e sempre fino in fondo le ragioni che lo spingevano a una certa posizione, perché è stato ricordato che aveva voti in dissenso dal gruppo, ma io ricordo che quei dissensi erano sempre motivati e sempre portati nelle sedi di riflessione del gruppo. Ringrazio la Presidenza per averne fatto un tratto così profondo
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA(AVS). Uomo dalla vita straordinaria, Furio Colombo è mancato all'età di 94 anni, dopo aver cavalcato, per mari e monti, l'intero globo, accompagnato da personaggi - è stato detto anche oggi - anch'essi straordinari, da Joan Baez ai Beatles, da Bob Dylan a Che Guevara, dai Kennedy a Philip Roth.
Viene ricordato per tante avventure della sua vita di intellettuale e di giornalista. Io vorrei ricordarlo per un aspetto del suo modo di agire che ho conosciuto da vicino e ben descritto da Antonio Padellaro, suo compagno di avventura, nel 2001, nell'esperienza della direzione de e poi, insieme a Marco Travaglio, nella fondazione de . Padellaro ha raccontato che Furio Colombo rispondeva ad ogni lettera, ad ogni sollecitazione, ad ogni richiesta di contatto da parte dei lettori e questo non avviene sempre, non è usuale tale grande disponibilità.
Bene, io ne ho fatto esperienza diretta. Cinque parlamentari, Lalla Trupia, Laura Fincato, Elettra Deiana, Tiziana Valpiana e io, nella primavera del 2007 decidemmo di andare negli Stati Uniti per incontrare la comunità italo-americana ed esponenti del Congresso, che avrebbero dovuto approvare l'ampliamento della base americana militare Dal Molin di Vicenza. Furio Colombo, da noi interpellato, ci aiutò con generosa e meticolosa attenzione a organizzare la nostra missione e così riuscimmo a rappresentare le ragioni della popolazione vicentina contrarie alla base.
Furio Colombo era tornato in Italia, chiamato da Romano Prodi e Walter Veltroni nel 1996 per prendere parte all'esperienza dell'Ulivo, una stagione in cui il nostro Paese tentò di attuare un'autentica riforma nella quale Furio Colombo si misurò con grandissima ed entusiasmante passione politica, esprimendo la sua radicale opposizione all'avvento del sistema berlusconiano. Passione, appunto, sguardo aperto sul mondo, empatia, senso della giustizia: sono qualità che rendono bella e utile la politica e che egli possedeva, qualità racchiuse nel suo attualissimo editoriale del primo numero de , con cui, se permette, Presidente, vorrei salutarlo e celebrarlo: “Libertà è lo spazio aperto di una nuova mattina che ci siamo trovati davanti quando sono state sgomberate le macerie della distruzione fascista. Felicità è lo stato d'animo con cui abbiamo vissuto, convinti di costruire un mondo giusto, mite, guidato con intelligenza e rispetto, con la capacità di fare cose nuove. Non avevamo voce e l'Italia dell'antifascismo ha conquistato voce per tutti”.
Ricordarlo significa fissare una linea non cancellabile della storia italiana. Mi unisco anch'io alle condoglianze, ai familiari e a tutti coloro che gli hanno voluto bene e lo hanno stimato .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Barba. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BARBA(IV-C-RE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, ricordare qui la figura di Furio Colombo significa certamente rendere omaggio con profonda commozione e gratitudine per la vita e la storia di un collega, che tuttavia l'intero Paese ha conosciuto per il segno indelebile che egli ha lasciato nella cultura, nel giornalismo e nella vita sociale e politica dell'Italia.
Furio Colombo è stato una mente brillante, un intellettuale raffinato e un giornalista di rara lungimiranza sospinta da una sana curiosità scientifica e umana e da un afflato comunitario e democratico, inclini alla ricerca e per questo originali e spesso fuori dal coro; sicuramente autentico e prezioso anche per questo motivo.
Non voglio ripercorrere nuovamente i tratti essenziali della sua carriera che lei, Presidente, ha così ben riepilogato per tutti noi, ma sottolineare come il suo lavoro, come autore di libri e saggi, abbia arricchito il panorama culturale italiano, affrontando temi di grande rilevanza sociale e politica e come, nonostante questa sua capacità di vivere nei grandi cambiamenti epocali, sapesse dedicare energie anche a questioni minori. Io stesso ne fui testimone quando - all'interno di una microscopica vicenda che riguardava noi dottorandi in ricerca e il concorso riservato per l'insegnamento nelle scuole superiori - volle riceverci per approfondire le cause di esclusione e provare a trovare un rimedio.
Ecco, questo era Furio Colombo: nel corso della sua carriera ha saputo coniugare un'attività professionale di altissimo livello con un'impeccabile dedizione al servizio pubblico, realizzando nella sua personale interpretazione un'ammirevole sintesi di modernità.
Come deputato della Repubblica ha sempre portato avanti le sue battaglie con integrità e coerenza, ponendo al centro delle sue priorità il rispetto dei diritti umani e la tutela dei più deboli: le sue azioni e i suoi interventi in quest'Aula resteranno come esempio di competenza, passione civile e amore per la democrazia.
Mi piace pensare che fu durante il suo periodo in Olivetti, in cui Furio Colombo si dedicò soprattutto alla comunicazione e alle relazioni internazionali, che durante quell'esperienza si formò la sua visione del mondo, la sua critica al capitalismo da non marxista, il suo amore per le forme di comunità sane, produttive e inclusive, che lo portarono a essere un lavoratore e un critico di un modello di sviluppo di cui ancora oggi cerchiamo il bandolo della matassa, così drammaticamente smarrito dopo la scomparsa di Olivetti stesso.
Questa esperienza, accanto alla sua sensibilità, permise a Furio Colombo di sviluppare una visione globale e multidisciplinare, che si rifletté successivamente nel suo approccio al giornalismo, alla politica e alla cultura. La Olivetti, con il suo modello imprenditoriale unico, ha sicuramente influito nel formare la sua sensibilità verso i diritti umani, l'importanza della giustizia sociale, il valore dell'innovazione e plasmato la sua critica alle formazioni sociali del nostro Paese.
In questa occasione solenne desidero esprimere il più sentito cordoglio, a nome del nostro gruppo, alla sua famiglia, ai suoi amici e a tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo e collaborare con lui.
La sua scomparsa ci lascia più soli, ma il suo esempio continuerà a vivere nel nostro impegno quotidiano, essendo gran parte delle sfide che egli colse ancora presenti e risultando ancora ben affilate le sue armi retoriche e, soprattutto, rimanendo ad esempio per tutti noi la sua instancabile generosità .
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Del Barba. Dopo gli interventi di tutti i colleghi delle rispettive parti politiche, concludiamo la commemorazione di Furio Colombo con un segno di vicinanza per la moglie Alice, la figlia Daria e tutti i presenti, amici e ulteriori parenti, grazie .
Sospendo, a questo punto, la seduta che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata, rappresentando ai colleghi che alle ore 16,15 avranno luogo le comunicazioni del Ministro della Giustizia.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, il Ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, il Ministro per lo Sport e i giovani e il Ministro per gli Affari europei, il PNRR e le politiche di coesione.
Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.
PRESIDENTE. Il deputato Pastorino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01680 per un minuto.
LUCA PASTORINO(MISTO-+EUROPA). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, per chi viene da Genova e della Liguria questo è un tema molto importante, nel senso che, come saprà, l'Antitrust, in un parere molto recente, ha messo in discussione e ha rilevato l'opportunità di andare a modificare, come dice il titolo, la legge n. 84 del 1994 relativa alla regolamentazione del lavoro nei porti, additando delle motivazioni - per noi molto discutibili - circa il maggior tempo in media richiesto per le operazioni portuali e, quindi, una concorrenza limitata. Poco più di due mesi fa, ho rivolto un quesito simile al Ministro Salvini, invece, che si è dichiarato molto garante e garantista dell'attuale sistema. Però, alla luce delle nuove indicazioni, la domanda è se volete indicare quali iniziative di competenza intendete porre in essere, affinché sia garantita la tenuta dell'attuale assetto, tutelando la qualità dell'operato e l'occupazione dei lavoratori portuali, specificando con chiarezza quale sia la posizione del Ministero in merito alla proposta di modifica dell'articolo 16 della legge portuale in favore dell'autoproduzione.
PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha facoltà di rispondere per tre minuti.
LUCA CIRIANI,. Grazie, Presidente. Colleghi, il quesito posto consente di fornire un aggiornamento sul tema dell'autoproduzione nel settore portuale in riferimento alla recente segnalazione al Governo da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato per la predisposizione del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza del 2024. Ricordo che la disciplina di settore è contenuta nella legge quadro del 1994 che, all'articolo 16, prevede che l'esercizio di operazioni portuali e servizi portuali sia soggetto ad autorizzazione delle autorità di sistema portuale. Tale autorizzazione è subordinata al possesso di specifici requisiti fissati da un decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ed è soggetta al pagamento di un canone annuo.
Con il decreto-legge n. 34 del 2020 si è consentito alle navi di svolgere le operazioni portuali in regime di autoproduzione per fronteggiare le emergenze derivanti dall'epidemia del COVID e favorire la ripresa delle attività portuali. Tra le condizioni richieste si segnalano l'assenza nel porto di attracco delle necessarie attrezzature o maestranze e la presenza di personale idoneo aggiuntivo rispetto all'organico della tabella di sicurezza della nave. L'Antitrust, ribadendo quanto già espresso a partire dal 2020, ha nuovamente avanzato la proposta di rendere ordinario il ricorso all'autoproduzione delle operazioni e dei servizi portuali. Tuttavia, tale proposta non risulta coerente con il meccanismo autorizzatorio previsto dall'attuale disciplina.
Tra i fattori dirimenti si segnala la mancata estensione ai vettori marittimi dei requisiti di carattere personale, tecnico, organizzativo, di capacità finanziaria, di professionalità richiesti agli operatori e alle imprese ai fini del rilascio dell'autorizzazione, che potrebbe determinare riflessi negativi sulla sicurezza del lavoro. La stessa presenza di personale di tabella “fuori dalla nave”, tra virgolette, appare, infatti, destinata a incidere sugli aspetti connessi alla sicurezza della navigazione.
Preciso che il Ministero è al lavoro sul progetto di riforma organica del sistema portuale italiano, anche attraverso un confronto continuo con le istituzioni e con tutti gli operatori del settore. L'obiettivo è quello di migliorare la competitività del sistema portuale e logistico nazionale, di agevolare la crescita dei traffici delle merci e delle persone e di incentivare l'intermodalità attraverso una semplificazione degli iter procedurali, istituzionali e amministrativi, nonché l'elaborazione di un nuovo sistema di .
Ho finito. In tale contesto, si ritiene in ogni caso necessario confermare un quadro regolatorio volto a garantire i più alti livelli di sicurezza nello svolgimento delle operazioni e dei servizi portuali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il deputato Pastorino per due minuti.
LUCA PASTORINO(MISTO-+EUROPA). Grazie, signor Presidente. Grazie, signor Ministro. Partiamo dall'ultimo punto sulla non coerenza rispetto all'iter autorizzativo perché sono parole che, da un certo punto di vista, ci confortano. Però, noi chiedevamo proprio a lei e al Ministro dei Trasporti, nell'ottica tutti insieme di migliorare la competitività dei porti e dello snellimento delle pratiche, che fanno perdere tempo, e della burocrazia, la tutela di questo meccanismo che è figlio, comunque, di un equilibrio generale di sistema, trovato con la legge n. 84 del 1994, che è stato modificato, come dice lei, nel 2020 ma in ragione di oggettive difficoltà legate al momento in cui stavamo vivendo tutti.
Quindi, la risposta che mi ha dato, se l'ho intesa bene, me la leggerò, è in linea con quanto affermato un paio di mesi fa dal Ministro Salvini in quest'Aula e verrà classificata nell'archivio delle risposte che darà su questo tema il Governo. Perché, ripeto, ci sono in Italia - sappiamo bene - situazioni molto diverse e variegate le une dalle altre che, a volte, creano anche sacche di inefficienza. Dopodiché, la fotografia in generale di quello che riguarda il più grande porto d'Italia si basa su un equilibrio di cui fa parte l'elemento sicurezza, che è fondamentale, l'elemento di tutela della concorrenza, quella sì, dal momento che un ricorso all'autoproduzione genererebbe esattamente l'effetto opposto rispetto a quanto asserito dall'Antitrust. Quindi, la ringrazio per la risposta. Terremo presente l'impegno suo e del Governo e monitoreremo la situazione.
PRESIDENTE. La deputata Ruffino ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01681 .
DANIELA RUFFINO(AZ-PER-RE). Grazie, signora Presidente, Governo. Il decreto Ponti è scaduto il 31 dicembre 2024. Ho raccolto l'appello dei sindaci e del mondo delle imprese. Sto parlando di interventi per oltre 100 milioni di euro circa, quindi nuovi ponti e manutenzioni. Non ho ricevuto rassicurazioni nel presentare un in Commissione. Mi sono già premurata di predisporre un emendamento al Milleproroghe.
Sicuramente sarebbe importante ricevere da parte del Governo rassicurazioni poiché i nuovi ponti e le ristrutturazioni sono garanzia di sicurezza. Sono, quindi, a richiedere se sia possibile una proroga e la volontà, ovviamente, di superare tutti gli ostacoli tecnici e procedurali.
PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha facoltà di rispondere per tre minuti.
LUCA CIRIANI,. Grazie, Presidente. Con riferimento al quesito posto, rappresento che, in occasione dell'approvazione del decreto-legge Infrastrutture dello scorso giugno, il Governo è intervenuto con una proroga straordinaria fino al 31 dicembre 2024 dei termini per l'aggiudicazione degli interventi finanziati con le risorse indicate nella legge di bilancio per il 2019 riguardante i ponti del bacino del Po. Contestualmente, il Ministero ha avviato un confronto costante con le amministrazioni locali assegnatarie per una ricognizione sullo stato della progettazione degli interventi e un aggiornamento dei relativi cronoprogrammi.
Con specifico riferimento ai lavori di competenza della città metropolitana di Torino, segnalo che l'amministrazione provinciale ha comunicato lo scorso 30 settembre l'impossibilità di giungere all'aggiudicazione di tre interventi, qualificati come nuove opere, nel termine richiamato del 31 dicembre 2024. Si tratta dei nuovi ponti sul Po nel comune di Castiglione Torinese, Settimo Torinese e Carignano, nonché della ricostruzione del ponte Preti sul torrente Chiusella.
Pertanto, al momento non sussistono le condizioni per prevedere un'ulteriore proroga.
Per quanto attiene agli ulteriori interventi per la messa in sicurezza dei ponti in Piemonte, la società ANAS ha comunicato che, dal 2021 ad oggi, ha concluso interventi di manutenzione di cinque ponti lungo la strada statale 460 di Ceresole, con la sostituzione delle barriere laterale di sicurezza, il rifacimento della pavimentazione e la sistemazione delle componenti idrauliche di scolo delle acque per un importo dell'investimento pari a circa 3,7 milioni di euro.
Attualmente, sono in corso i lavori di manutenzione relativamente alle seguenti opere: ponte sul fiume Stura nel raccordo autostradale 10 Torino-Caselle per un investimento pari a 1,5 milioni di euro; Ponte a Borgone di Susa sulla strada statale 25 del Moncenisio per un investimento pari a 260.000 euro; due ponti a Mercenasco; un ponte a Settimo Vittone e Ponte Chiusella a Romano Canavese sulla strada statale 26 della Valle d'Aosta per un investimento complessivo pari a circa 3 milioni di euro.
PRESIDENTE. La deputata Ruffino ha facoltà di replicare, per due minuti.
DANIELA RUFFINO(AZ-PER-RE). Grazie, signora Presidente. Ministro, sicuramente parto dal ponte Preti, che è un'opera fondamentale. L'inagibilità del ponte spezzerebbe in due il canavese. Preciso che, in quell'area, purtroppo, è assolutamente assente il trasporto pubblico locale e ci sarebbero difficoltà anche nel raggiungere gli ospedali.
Il Governo ha più volte affermato che la manutenzione, piuttosto che la realizzazione dei ponti, è una priorità. Io dico: bene, è venuto il momento di dimostrarlo.
Però, il Governo, signor Ministro, non può dimenticare il rallentamento dovuto, non all'inerzia, ma ai tempi del COVID, piuttosto lunghi, al caro materie prime, che ha stravolto tutti i compiti che sono stati rifatti e, poi, al passaggio ad ANAS con nuove prescrizioni. Da ciò, è arrivato il rallentamento.
C'è un aspetto: ci sono 100 milioni bloccati, ci sono le risorse, ci sono le proteste e le preoccupazioni dei sindaci e degli imprenditori. Li ha citati tutti, non sto a ripeterli. Io credo, noi crediamo, serva veramente un atto di forza e di coraggio nel prorogare, almeno di un anno, la scadenza. I motivi che ho citato sono certi e sono a conoscenza del Governo, perché il Governo stesso ha toccato con mano queste situazioni. Ecco, pensiamo che siano questi i contesti in cui dimostrare che il Governo ha a cuore la sicurezza, visto che, per il Governo, la sicurezza è una priorità. Per noi lo è e lo è per i nostri sindaci. Ora occorre dimostrarlo. Ribadisco: ci sono i soldi e ci sono i progetti. Serve una proroga dei tempi e possibilmente anche in tempi brevi, perché ci sono i soldi e i progetti, lo ribadisco. C'è un territorio che ha necessità di queste opere .
PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01682 per un minuto.
ANGELO BONELLI(AVS). Grazie, signora Presidente. Constato che, per la seconda volta, il Ministro Salvini non si presenta al e si fa sostituire dal Ministro per i Rapporti con il Parlamento. In ogni caso, nella trasmissione di domenica 19 gennaio, relativa al ponte sullo Stretto, è stato intervistato il professor Doglioni, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, scienziato di fama internazionale, il quale ha evidenziato criticità legate alle questioni sismiche legate al ponte sullo Stretto, a partire dal (PGA), ovvero, l'accelerazione di gravità.
Chiedo di sapere dal Ministro per i Rapporti con il Parlamento, che sostituisce Salvini, quale organismo tecnico dello Stato abbia validato questo progetto, considerato che i pareri del Consiglio superiore dei lavori pubblici, dell'ISPRA e dell'INGV non sono stati valutati e considerati dal Governo .
PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.
LUCA CIRIANI, Grazie, Presidente. La disciplina relativa alle procedure per il riavvio delle attività connesse alla progettazione e alla realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria si trova nel decreto-legge n. 35 del 2023, il quale, al fine di fornire una soluzione alle specifiche esigenze di prosecuzione dell'opera, ha puntualmente definito le procedure per il completamento della progettazione, per la relativa approvazione, per l'avvio delle cantierizzazioni e per l'individuazione della disciplina applicabile alla fase esecutiva.
In particolare, l'articolo 3 del decreto-legge n. 35, che individua l'iter procedurale per l'approvazione del progetto definitivo del ponte da parte del CIPESS, non fa riferimento alla trasmissione del progetto definitivo della relazione del progettista al Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Per gli aspetti di natura tecnica, il decreto-legge ha, infatti, previsto che tali documenti siano sottoposti ad un apposito Comitato scientifico, composto da nove componenti dotati di adeguata specializzazione ed esperienza, il quale opera secondo principi di autonomia e indipendenza con compiti di consulenza tecnica, anche ai fini della supervisione e dell'indirizzo delle attività tecniche e progettuali.
Il 29 gennaio 2024, il Comitato scientifico ha espresso al consiglio di amministrazione della società un parere favorevole con raccomandazione in ordine al progetto definitivo ed esecutivo dell'opera e delle varianti.
Ad integrazione di questi elementi, si ricorda che la predisposizione e l'approvazione del progetto definitivo del ponte è il risultato di un articolato procedimento che, a partire dal progetto redatto e aggiornato da Eurolink, ha coinvolto, per le approfondite verifiche, i massimi rappresentanti nelle seguenti discipline: aerodinamica, aeroelastica, sismica, geotecnica e ambiente.
Il progetto definitivo è supportato da oltre 300 elaborati geologici realizzati attraverso una documentazione nuova e più approfondita, sviluppata a varie scale grafiche. Questa documentazione si basa su circa 400 indagini specifiche tra cui sondaggi geologici, geotecnici e sismici. La geologia dello Stretto di Messina è stata accuratamente studiata. Tutte le faglie presenti nell'area dello Stretto di Messina, incluse quelle sul versante calabro, sono state identificate, censite e monitorate.
Sulla base degli studi geologici, sismici e tettonici condotti, sono stati identificati i punti di interazione tra il ponte sullo Stretto e il terreno, in modo da evitare il posizionamento su faglie attive e garantire la massima sicurezza, anche in caso di terremoto. Pertanto, per quanto concerne gli aspetti sismici, il progetto definitivo del ponte sullo Stretto è completo e dettagliato.
PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di replicare, per due minuti.
ANGELO BONELLI(AVS). Grazie, signora Presidente. Signor Ministro Ciriani, l'hanno mandata allo sbaraglio, perché lei adesso mi dà l'occasione per comunicarle che quello che lei ha detto non è vero. Questa - se ha la cortesia di guardarmi - è la planimetria che sta dentro il progetto presentato dalla società Stretto di Messina e che indica che il pilone di Cannitello sta su una faglia attiva. Lo dice la società Stretto di Messina. Lei è venuto in Aula a dire esattamente il contrario. Mi dispiace per lei che l'hanno mandata allo sbaraglio. Questo invece è il Progetto ITHACA dell'ISPRA, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, alle dipendenze del Ministero dell'Ambiente, un organismo ovviamente autonomo, che conferma che si trova sopra una faglia attiva. Le comunico che l'ISPRA ha inviato osservazioni ai soggetti proponenti, ovvero, la società Stretto di Messina e il consorzio Eurolink, e fra queste osservazioni ci sono proprio le preoccupazioni sugli aspetti sismici per non aver considerato il grado di accelerazione.
Ecco, voi state operando così. Tra l'altro, le dico, in maniera ferma, che dovete portare il progetto al Consiglio superiore dei lavori pubblici, perché è obbligatorio per le opere che prevedono lavori di importo superiore a 100 milioni di euro.
Concludo dicendo, signor Ministro, che questo è il parere dell'ISPRA che è stato inviato alla Commissione tecnica di valutazione dell'impatto ambientale del MASE. Non è stato considerato. Voi, dei pareri degli organismi tecnici scientifici, sapete che cosa ci fate? Li strappate così . Avete strappato i pareri di un organismo tecnico scientifico. Non li considerate, perché oggi state andando avanti come un treno. Ancora una volta, lei si è fatto mandare allo sbaraglio, per non far venire qui Salvini. Dica a Salvini che deve venire in Parlamento .
PRESIDENTE. Il deputato Squeri ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01674 per un minuto.
LUCA SQUERI(FI-PPE). Grazie, Presidente. Signor Ministro, la nostra interrogazione prende spunto dall'approvazione, in Lombardia, di una delibera di giunta che introduce nuovi requisiti emissivi per le caldaie a biomassa, che prima erano stabiliti in 10 milligrammi a livello nazionale e in 5 milligrammi a livello regionale. Addirittura, adesso, si prevede un'emissione limitata a meno di un milligrammo al metro cubo. Vuol dire un'emissione alla pari del gas. Vuol dire finalmente poter equiparare la biomassa ad ogni fonte rinnovabile che deve partecipare al contrasto alle emissioni climalteranti, senza avere più problemi rispetto all'inquinamento dell'aria.
Per cui, chiediamo a lei, signor Ministro, cosa intenda fare per promuovere questa tecnologia che darebbe un grande contributo alla transizione energetica.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.
GILBERTO PICHETTO FRATIN, Grazie, Presidente. Un grazie agli interroganti. In merito al quesito posto dagli onorevoli interroganti, si conferma la rilevanza del settore termico nel raggiungimento degli obiettivi connessi ai processi di decarbonizzazione.
Al fine di incentivare il rinnovo dei vecchi impianti con tecnologie più efficienti e meno inquinanti, sono in corso di aggiornamento alcuni strumenti regolatori e misure incentivanti che, mantenendo requisiti prestazionali rigorosi, promuovono soluzioni ad alta efficienza e a basso impatto ambientale. Su questo percorso naturalmente si terrà conto di tutti i contributi e anche, in particolare, di quello che viene dalla delibera della regione Lombardia.
Sono in fase di predisposizione, ad esempio, il decreto relativo alle nuove classi di qualità per la certificazione dei generatori di calore a biomasse combustibili solide e quello relativo alla definizione dei criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici. L'obiettivo è garantire una migliore efficienza energetica degli impianti e semplificare, al contempo, le operazioni di accatastamento degli stessi.
Per ciò che concerne le misure agevolative, nell'ambito delle detrazioni fiscali continua ad essere agevolato l'intervento attraverso l' che solo per il 2022 ha stimolato investimenti pari a 91 milioni per la tipologia di impianti di cui trattiamo: questo dal rapporto Enea.
Si ricorda anche che lo strumento del conto termico, grazie al quale nel decennio compreso tra il 2013 e il 2023 sono stati finanziati 376.000 interventi riguardanti i generatori di biomasse, è in fase di aggiornamento. Con l'aggiornamento della misura, l'accesso degli incentivi sarà subordinato alla trasmissione della certificazione ambientale, ove applicabile, rilasciata da un organismo notificato. Dovrà essere registrato il conseguimento della classe di qualità 4 stelle o superiore, in caso di sostituzione di impianto preesistente alimentato a biomassa o, in alternativa, della classe di qualità 5 stelle o superiore, in caso di sostituzione di impianto preesistente alimentato a carbone, a olio combustibile o a gasolio. Per gli impianti a biomassa, inoltre, le misure agevolative saranno parametrate in base alla riduzione delle emissioni degli agenti inquinanti.
Tutti gli strumenti citati e le ulteriori misure che verranno predisposte nell'ambito dei vari piani d'azione regionale e nazionale hanno l'obiettivo della valorizzazione della produzione energetica delle biomasse a basso impatto ambientale.
PRESIDENTE. Il deputato Luca Squeri ha facoltà di replicare.
LUCA SQUERI(FI-PPE). Grazie, signor Ministro. Io apprezzo fortemente la sua risposta, perché dare attenzione a quello che ha deliberato la regione Lombardia vuol dire rimediare a un ritardo che i Governi precedenti hanno avuto.
Noi abbiamo la legge quadro ambientale che è stata emessa nel 2006, che prevedeva, entro un anno, di stabilire le tecnologie per le emissioni inquinanti. Il regolamento è arrivato con la legge del 2017, 11 anni dopo.
Adesso sono passati otto anni: è giunto il momento di non perder tempo per far sì che la tecnologia delle biomasse, risolto il problema dell'inquinamento (e - ripeto - questa tecnologia, con limiti entro un milligrammo a metro cubo, fa sì che il problema degli inquinanti sia risolto), partecipi in maniera efficace ai problemi delle emissioni climalteranti.
Le bioenergie sono già il gigante delle fonti rinnovabili. In Europa rappresentano il 40 per cento delle fonti rinnovabili. Se noi in Italia, che abbiamo una media del 18 per cento di utilizzo degli scarti agroforestali, avessimo la media europea del 68 per cento, ciò vorrebbe dire risparmiare il 70 per cento del gas di cui adesso necessitiamo.
Perciò, questa volontà da lei espressa, sia nel conto termico, ma anche nella revisione che sappiamo il Ministero sta facendo sulla legge n. 186 del 2017, fa sì che questa nuova tecnologia possa essere introdotta da subito, senza aspettare ancora. Sarà un grande passo non solo verso la transizione energetica, ma anche verso l'indipendenza energetica del nostro Paese
PRESIDENTE. Il deputato Simiani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01675.
MARCO SIMIANI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Ministro, nel novembre del 2024 è stato pubblicato il parere n. 19 della commissione VIA-VAS sul ponte dello Stretto di Messina, un'opera costosa e, a questo punto, forse anche pericolosa.
Il citato parere rileva la non ottemperanza delle prescrizioni poste nel 2003 al progetto preliminare e pone 62 prescrizioni all'attuale progetto definitivo; si tratta di progetti che sono stati, in questo caso, messi in discussione dai sindaci di Reggio Calabria e di Villa San Giovanni.
Per questo permangono dubbi importanti circa la sicurezza sismica dell'opera, data l'ubicazione in una delle aree a più alto rischio sismico del continente europeo, per non parlare della circostanza che uno dei piloni, situato in località Cannitello, sorgerà sulla faglia attiva.
Ecco perché cerchiamo di capire la vostra granitica certezza anche rispetto all'assenza di un mandato formale all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia per svolgere una valutazione istituzionale sul rischio sismico, che solleva degli interrogativi che tutti noi oggi abbiamo, non solamente dalle reti televisive, ma soprattutto dal fatto che oggi non esistono certezze per il prosieguo dell'opera.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere.
GILBERTO PICHETTO FRATIN,. Grazie, Presidente, e un grazie agli interroganti. Con riferimento al quesito posto dagli onorevoli interroganti, si rappresenta che la valutazione del rischio sismico non rientra tra i compiti istituzionali del MASE, così come l'eventuale conferimento di mandato ufficiale all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia per lo svolgimento di questa attività, in considerazione del fatto che la valutazione dell'azione sismica attiene alle verifiche strutturali dell'opera, da valutarsi in ambito diverso da quello della VIA, la valutazione d'impatto ambientale.
Come recentemente indicato anche dal Ministro Salvini, in occasione di un'interrogazione al Senato, il progetto definitivo del ponte sullo Stretto per quanto attiene agli aspetti sismici è completo e dettagliato. Non è stato, di conseguenza, previsto alcun mandato ufficiale all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
Ciononostante, alcuni ricercatori dello stesso Istituto hanno collaborato con il contraente generale sia nella fase di redazione del progetto del 2011, sia nel recente aggiornamento. Inoltre, il progetto definitivo del ponte è già corredato dei livelli di approfondimento superiore a quello del livello 3 della micro-zonizzazione sismica, richiesto per la progettazione di opere strategiche.
In relazione alle procedure di valutazione ambientale, si anticipa che, con riferimento alle 62 condizioni poste dal parere positivo, certamente, della commissione tecnica VIA-VAS, la società Stretto di Messina, lo scorso 24 dicembre, ha trasmesso la documentazione relativa alla condizione ambientale 1), che è attualmente in valutazione presso la commissione tecnica. Come previsto dalla normativa vigente, si procederà successivamente con la comunicazione alla Commissione europea, ai sensi della direttiva Habitat.
Con riferimento, infine, a quello che concerne la VIncA e il parere negativo rispetto ad alcuni siti specifici, verificata la mancanza di soluzioni alternative rispetto a quella prospettata e attestati i motivi imperativi di rilevante interesse pubblico del progetto, si fa presente che è stata redatta una valutazione di incidenza di livello 3, al fine di delineare ogni necessaria misura di compensazione atta a garantire comunque gli obiettivi di conservazione dei siti e volta ad annullare le incidenze residue, che permangono in seguito all'attuazione delle misure di mitigazione definite. Tali misure dovranno essere meglio vagliate, secondo quanto previsto dalla normativa vigente.
PRESIDENTE. Il deputato Barbagallo, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.
ANTHONY EMANUELE BARBAGALLO(PD-IDP). Grazie, Presidente. Signor Ministro, in questi anni il PD ha evidenziato le insopportabili forzature e le illegittimità che avete fatto sulle procedure relative al ponte, a partire da quella relativa all'aggiudicatario. Avete scelto, in violazione di tutte le procedure, il contraente che aveva perso il giudizio di primo grado e avete stabilito un importo superiore di ben cinque volte al costo originario dell'opera.
La sua risposta di oggi non solo non ci convince per niente, ma acuisce tutte le nostre perplessità. A nessun cittadino verrebbe consentito di costruire un immobile su una faglia attiva e men che mai esitare un progetto con 62 prescrizioni di carattere ambientale.
Lo Stato, la parte pubblica, è chiamata a dare l'esempio e a rispettare i principi dello Stato di diritto, cosa che nelle procedure del ponte sistematicamente non avviene. Andava fatta la VAS (la Valutazione ambientale strategica). La VIA è, poi, abbondantemente scaduta, per cui andava fatta una nuova valutazione e non integrata quella vetusta di anni fa.
La scorciatoia che decidete di prendere oggi vi porterà a sbattere. Le continue violazioni delle norme comunitarie porteranno a una pronuncia della Corte di giustizia europea e la VIncA negativa resta uno scoglio insormontabile. Signor Ministro, sa che, mentre questo Governo continua a promettere di realizzare il ponte, i siciliani, in questo momento, non hanno neanche un treno che colleghi Palermo a Catania? E che la dispersione scolastica in Sicilia continua ad aumentare, secondo i dati dell'Ufficio scolastico regionale, perché i ragazzi non hanno neanche un servizio di trasporto pubblico locale - pullman o treno - che li faccia arrivare puntuali a scuola?
Concludo, signor Presidente. Continueremo ad incalzarvi, anche a proposito del necessario parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, e, soprattutto, a proposito dell'indifferibile verifica di ottemperanza. Le 62 prescrizioni della commissione VIA andranno tutte ottemperate, altrimenti non si potrà procedere. Saremo pronti a controllare, centimetro per centimetro, quelle prescrizioni .
PRESIDENTE. Il deputato Alessandro Colucci ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lupi ed altri n. 3-01676 di cui è cofirmatario, per un minuto.
ALESSANDRO COLUCCI(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Signor Ministro, da tempo noi sosteniamo che, per superare la produzione di energia da fonti fossili, sia necessario un energetico composto da produzione di energia da fonti rinnovabili e produzione di energia da nucleare. Solo in questo modo crediamo che possa avvenire la transizione ecologica, e sappiamo che la maggioranza, il Governo e lei su questa strada siete convinti.
Una settimana fa, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è espressa, durante il , proprio a favore della fusione nucleare come strumento, che non venga usata come arma geopolitica, ma come risorsa accessibile per cambiare la storia del mondo. E un paio di giorni fa lei ha annunciato che in Consiglio dei ministri sarebbe stato presentato un provvedimento esattamente sul tema del nucleare. Tra l'altro, e concludo, in Italia abbiamo alte professionalità e un sistema industriale talmente all'avanguardia da questo punto di vista da essere richiesti in tutto il mondo e che potremmo utilizzare con efficacia in Italia.
Il gruppo di Noi Moderati le chiede a che punto siamo, quale è la direzione, e, soprattutto, le diciamo che saremmo in grado di essere fra i primi al mondo in questa materia, nella produzione di energia da nucleare.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.
GILBERTO PICHETTO FRATIN,. Grazie, Presidente. Grazie agli interroganti. In relazione al quesito posto dagli onorevoli interroganti, come è noto, nel percorso pragmatico e sostenibile verso la decarbonizzazione delineato dal Governo, la centralità del principio della neutralità tecnologica comporta la necessità di considerare tutte le fonti in grado di garantire zero o basse emissioni di carbonio, incluso il nucleare, il quale, con le attuali e future tecnologie, consente livelli elevati di sicurezza e maggiore flessibilità nei tempi di costruzione, come nel caso degli .
Queste caratteristiche, tipiche delle tecnologie nucleari sostenibili, saranno valorizzate nell'ambito del quadro delineato dal prossimo disegno di legge sul nucleare. L'avvio di un'effettiva politica nucleare in Italia richiederà necessariamente un'efficace pianificazione di medio-lungo termine, che coinvolge numerosi settori strategici del nostro Paese, tra cui quelli della formazione, della ricerca - fronte dell'energia - e, naturalmente, dell'industria, per la produzione.
Il disegno di legge delega conterrà, dunque, tutti gli elementi ad oggi necessari per abilitare il nuovo nucleare quale tecnologia per la transizione, a partire dall'elaborazione e l'adozione di un programma nazionale per un nucleare sostenibile. Saranno altresì inseriti criteri, o sono altresì inseriti criteri, per la riforma della del settore, a partire dall'Autorità di sicurezza nucleare, per la definizione di un procedimento autorizzativo degli impianti e per il potenziamento del settoriale.
Confermo, infine, quanto già evidenziato dagli interroganti sulla tempistica relativa al disegno di legge sul nucleare, che questa sera verrà inviato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per la valutazione giuridica e per poter essere iscritto all'esame del primo Consiglio dei ministri utile.
PRESIDENTE. La deputata Cavo ha facoltà di replicare, per due minuti.
ILARIA CAVO(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro. Sentire che questa sera sarà inviato il disegno di legge ci dà conto della tempistica e dell'attualità anche del nostro quesito posto. Capire che già nel prossimo Consiglio dei ministri sarà affrontato questo provvedimento è sicuramente una risposta di grande concretezza, oltre che di grande tempismo, e quindi non possiamo che dirci soddisfatti del suo intervento e della risposta.
Ci ha detto “sì” al nucleare perché garantisce elevati livelli di sicurezza - questo abbiamo ascoltato nella sua risposta - e flessibilità nei tempi di costruzione. Credo che quelli che abbiamo ascoltato oggi siano concetti importanti e di grande concretezza. Del resto, già la nostra Premier aveva detto che il nucleare, la fusione nucleare significava trasformare l'energia da arma geopolitica a risorsa accessibile che può cambiare la storia. Allora cambiamola la storia. Lei ci ha parlato di un programma nazionale, di cambio di , di un'Autorità per la sicurezza nucleare per l'autorizzazione degli impianti: davvero tanta concretezza.
Anche noi, nel nostro spirito di proposta e di concretezza, abbiamo presentato, come gruppo Noi Moderati, una proposta di legge, già incardinata alla Camera dei deputati, nelle due Commissioni congiunte ambiente e attività produttive, di cui sarò relatrice, chiedendo strategia - e lei su questo ci ha risposto -, promozione della ricerca e realizzazione di impianti di nuova generazione. È chiaro che sarà importante la formazione, sarà importante la ricerca, sarà importante andare a realizzare gli impianti e attuare fino in fondo questa concretezza nei tempi che saranno necessari e che, soprattutto, la legge quadro stabilirà. L'importante è dare il segnale, l'importante è partire.
Ci auguriamo anche che il provvedimento possa partire proprio dalla Camera dei deputati, con la nostra legge possibilmente abbinata e che il dibattito sia fatto qui. Un dibattito che, ci auguriamo, come anche lei ha detto in un'intervista molto chiara, che condividiamo, non dovrebbe dividere, perché, di fatto, raggiunge due obiettivi, quelli che si vogliono raggiungere sono due obiettivi: decarbonizzazione e garanzia di sicurezza energetica. Su questo ci auguriamo davvero che ci possa essere un dibattito costruttivo in questo Parlamento, partendo dalla Camera.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole, ha esaurito il suo tempo.
ILARIA CAVO(NM(N-C-U-I)M-CP). Lo ha detto lei stesso, il nucleare non è qualcosa di lontano, l'approvvigionamento dell'energia elettrica, per il 15 per cento, già arriva dalle centrali nucleari; dobbiamo, però, puntare sul nuovo e sulla nuova generazione. Saremo, ovviamente, al suo fianco nei prossimi passaggi, che sono davvero imminenti da quanto ci ha riferito .
PRESIDENTE. Il deputato Faraone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01677 per un minuto.
DAVIDE FARAONE(IV-C-RE). Grazie, Presidente. Signor Ministro, sinceramente pensavo che, vista l'esperienza dell'anno passato, questi mesi invernali sarebbero serviti per prepararci ad evitare che una prossima eventuale siccità, dovuta alla carenza di precipitazioni, ci vedesse impreparati. Invece, quello che si sta verificando è che nessun investimento serio si sta facendo in Sicilia per la siccità, si continua a disperdere l'acqua nelle reti idriche, e non solo le dighe continuano a non raccogliere l'acqua, ma l'acqua viene sversata in mare perché le dighe non riescono a contenerla, perché pericolose. In alcuni casi, addirittura, stiamo chiudendo le dighe che dovrebbero raccogliere l'acqua che dovremmo utilizzare in estate.
È il caso della diga Trinità. Vorremmo capire cosa intende fare il Governo, viste le comunicazioni allarmanti che sono arrivate circa la chiusura di una diga strategica per il nostro settore prevalentemente imprenditoriale e agricolo.
PRESIDENTE. Il Ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.
NELLO MUSUMECI,. Grazie, signora Presidente. In premessa, come ben sa l'onorevole interrogante, la competenza specifica sulla siccità in generale in Italia, e non soltanto in Sicilia, non è del Dipartimento della Protezione Civile, che fa parte della cabina di regia a suo tempo istituita, dopo la nomina di un apposito commissario nazionale. Il che, naturalmente, non mi esime dal piacere e dal dovere di dare alcune note di riscontro.
Come ben sa il deputato interrogante, le competenze sono del concessionario e, nello specifico, per la diga Trinità, il concessionario e gestore è la regione siciliana. Il Ministero delle Infrastrutture, nell'aprile 2024, ha avviato il procedimento per la limitazione, ulteriore rispetto a quella del 2022, o per la messa fuori esercizio dell'invaso e ha richiesto l'aggiornamento delle verifiche, che hanno confermato gravi carenze di sicurezza in condizioni statiche, sismiche e di piena (si tratta di una infrastruttura realizzata agli inizi degli anni Cinquanta). All'esito, il MIT, il 14 gennaio di quest'anno, ha disposto la messa fuori esercizio dell'invaso, secondo modalità e precauzioni gestionali che restano nella responsabilità della gestione dell'opera.
In relazione alla situazione emergenziale per il grave deficit idrico nel territorio della regione siciliana, il Consiglio dei ministri, nella seduta del 6 maggio 2024, ha deliberato lo stato di emergenza e ha concesso un primo stanziamento di 20 milioni di euro, integrato da un ulteriore stanziamento di 28 milioni. Nel giugno 2024 è stato approvato il piano degli interventi urgenti, predisposto dal commissario delegato nei limiti di 20 milioni, mentre attendiamo dal commissario delegato l'ulteriore proposta dei 28 milioni.
Quanto al completamento di nuove dighe, da lei citato nell'interrogazione, si segnala che nella legislatura 2017-2022 il governo della regione siciliana ha deliberato e finanziato, d'intesa con il MIT, l'ultimazione della diga Pietrarossa, tra le province di Enna e Catania, e la progettazione della diga Blufi, tra le province di Palermo, Agrigento e Caltanissetta. Risulta attualmente, al concerto del Ministero dell'Economia e delle finanze, uno schema di ordinanza volto ad autorizzare la regione siciliana a versare la somma di circa 71 milioni di euro, con oneri posti a carico del bilancio della regione, nella contabilità speciale intestata al commissario delegato per la realizzazione di misure e interventi ulteriori rispetto a quelli contenuti nel predetto piano degli interventi.
PRESIDENTE. Il deputato Faraone ha facoltà di replicare per due minuti. Prego, onorevole.
DAVIDE FARAONE(IV-C-RE). Io non sono per nulla soddisfatto della risposta, Presidente e purtroppo fra qualche settimana nessuno potrà dire che il mio intervento era quello dell'uccello del malaugurio ma semplicemente quello del facile profeta, quando vi dirò che ci rivedremo un'altra volta qui a vivere la condizione, che ci ha visto già l'estate passata, di vedere scorrere per le vie dei comuni siciliani le autobotti e i recipienti che hanno colorato d'azzurro le terrazze di tanti comuni.
C'è una situazione disastrosa a cui non si sta minimamente ponendo rimedio, perché quello di cui ha parlato il Ministro Musumeci non ha nulla a che fare con la diga Trinità, di cui abbiamo capito la conferma della dismissione. Quindi, un contenitore d'acqua, che veniva utilizzato dalle imprese agricole prevalentemente per olio e vino, verrà chiuso quando già lì la produzione era calata del 40 per cento per mancanza d'acqua. Quindi, quest'estate lì sarà un disastro.
In più, quei dissalatori, di cui parla il Governo e la regione Sicilia, sono dissalatori giocattolo, sono quelli mobili: 100 litri al secondo, a fronte di dissalatori che, invece, erano progettati per 600 litri al secondo. La rete idrica continua a disperdere il 50 per cento dell'acqua, le dighe continuano a sversare in mare l'acqua, non si trovano pozzi, per cui noi ci ritroveremo, la prossima estate, nella solita condizione, con un bugiardo seriale, che è il presidente della regione Sicilia, che continua a dire che è tutto a posto e che gli invasi sono allo stesso livello dello scorso anno. Questo non è vero - soltanto una diga, che è la diga di Ancipa, è allo stesso livello - ma, anche se fossero allo stesso livello, lo scorso anno siamo andati in crisi. Pertanto, siamo in condizioni di grande difficoltà e il Governo continua a latitare.
Io sono molto preoccupato. Spero di non dover interrogare più il Ministro Musumeci su queste questioni, ma, purtroppo, credo che ci ritroveremo a breve .
PRESIDENTE. Il deputato Cangiano ha facoltà di illustrare l'interrogazione Bignami ed altri n. 3-01678 di cui è cofirmatario, per un minuto. Prego, onorevole.
GEROLAMO CANGIANO(FDI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, l'interrogazione a prima firma del collega Bignami richiama una problematica di stringente attualità. Partendo dalla realtà dei nostri tempi, che deve fare i conti con un evidente cambiamento climatico, con mutuazioni preoccupanti e con eventi improvvisi e violenti, legati soprattutto a un elevato rischio idrogeologico, si richiama il protocollo d'intesa tra il Ministero per la Protezione civile e il Ministero dell'Istruzione. È un protocollo che nasce dal fatto di quanto sia importante e fondamentale diffondere la cultura della protezione civile nelle scuole.
L'interrogazione si pone l'obiettivo di conoscere quali possano essere le iniziative previste in tal senso e in che modo possano diventare strutturali a un percorso che sia di consapevolezza e di acquisizione dei giusti comportamenti da mettere in pratica.
PRESIDENTE. Il Ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, ha facoltà di rispondere per tre minuti. Prego, Ministro.
NELLO MUSUMECI,. Grazie, Presidente. In premessa vorrei dire che noi italiani non siamo assolutamente propensi alla prevenzione ed è un “limite culturale” - fra virgolette - del quale già da tempo abbiamo visto gli effetti e temo continueremo ancora a vederne. Non lo siamo un po' per fatalismo, un po' per rassegnazione, un po' perché siamo convinti che del rischio debba sempre occuparsi l'altro, un po' perché il rischio non si percepisce, non si vede, non si sente, non si tocca. Questo approccio, assai superficiale e - vorrei dire - inconsciamente irresponsabile, va superato con una serie di iniziative, con tenacia e con perseveranza, non solo da parte del Governo nazionale, il cui piano è già partito - lo ha ricordato lei - con la sottoscrizione del protocollo con il Ministro Valditara, quindi con il Ministro dell'Istruzione, ma anche con una serie di iniziative che devono necessariamente arrivare sul territorio.
Il protocollo prevede, in particolare, l'inserimento di tematiche di protezione civile nell'ambito dell'insegnamento dell'educazione civica, anche alla luce delle linee guida che sono state impartite dal Ministero. Alcune iniziative operano già: penso alla campagna nazionale di comunicazione “Io non rischio”, a iniziative specifiche nella settimana nazionale della Protezione civile, penso alle visite guidate degli studenti nella sede del Dipartimento di Protezione civile, alla formazione del personale scolastico grazie al progetto “Cultura è… Protezione civile”. Nell'ottobre 2023, per arrivare fra i banchi di scuola, ci siamo inventati un fumetto che sintetizza i tre principali rischi naturali in Italia. Analoga iniziativa è stata sperimentata, con esito positivo, nelle scuole dei Campi Flegrei.
Tuttavia, non ho difficoltà ad affermare che l'approccio alla cultura del rischio nelle scuole italiane non appare ancora soddisfacente, per la pesante eredità del passato e per le ragioni che ho appena accennato. Serve una maggiore sensibilizzazione da parte degli uffici scolastici regionali e dei dirigenti degli istituti. Se l'albero della prevenzione non fa attecchire le proprie radici nelle aule delle scuole, dove operano i nostri bambini e i nostri ragazzi, ogni altra iniziativa rischia di risultare vana.
PRESIDENTE. Il deputato Mollicone, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare per due minuti. Prego onorevole.
FEDERICO MOLLICONE(FDI). Onorevoli colleghi, signor Presidente, Ministro Musumeci, Fratelli d'Italia è estremamente soddisfatta della risposta, anche per la sincerità con cui è stata data qui al Parlamento. Il Governo Meloni ha dimostrato sempre tempestività ed efficacia nel contrasto alle emergenze e ai fenomeni di dissesto.
Informare e sensibilizzare le nuove generazioni sull'attività della Protezione Civile rappresenta un dovere non solo nei confronti dei ragazzi, ma anche per tutti coloro che ogni giorno, con coraggio e competenza, lavorano per la nostra sicurezza e la sicurezza di tutto il Paese. D'Annunzio scriveva: “io ho quel che ho donato”. Parole che incarnano lo spirito più puro del volontariato e del senso stesso della Protezione Civile. Bene, quindi, il protocollo fra il Ministero dell'Istruzione e il Dipartimento della Protezione Civile, che prevede, come detto, la distribuzione di materiale nelle scuole, e bene che, per la prima volta, dopo 20 anni, ci sia un piano di valutazione per l'edilizia scolastica.
Le nuove generazioni sono il futuro dell'Italia, anche dell'altra Italia, quella delle aree interne, dei Campi Flegrei, su cui il Governo Meloni è sempre stato in prima linea, e dei nostri meravigliosi mari. Per concludere, il grande documentarista, l'indimenticato Folco Quilici, diceva che il rispetto della natura è un amore generale per il mondo che ci sta intorno, anche quello costruito da noi. La Protezione Civile e il suo Ministero sono il simbolo istituzionale di questo amore .
PRESIDENTE. La deputata Miele ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01679 per un minuto.
GIOVANNA MIELE(LEGA). Grazie, Presidente. Ministro, in questi giorni, quest'Aula si appresta a votare l'introduzione dei Nuovi giochi della gioventù, iniziativa che la Lega ha fortemente voluto, assieme al centrodestra, per rimettere al centro della vita scolastica dei nostri giovani lo sport, considerandolo un eccellente strumento di apprendimento cognitivo, formativo, relazionale e di socializzazione. Dopo famiglia e scuola, lo sport è senza dubbio l'agenzia che partecipa all'educazione e alla formazione dei bambini e dei ragazzi.
Pertanto, il movimento non può che essere un'attività praticata e fortemente voluta, con un'alleanza tra scuola e associazioni, per far sì che la vita di tutti venga trasformata sensibilmente. È dimostrato che l'attività fisica garantisca all'organismo e alla psiche vantaggi per la salute a tutte le età, ma è soprattutto in età scolare che gli insegnamenti e i benefici dello sport trasformano il bambino in un adulto sano e responsabile.
Tuttavia, rimane alta la quota di minori sedentari, anche a causa di disparità di reddito. La valorizzazione dell'attività sportiva a scuola e nelle palestre scolastiche può ridurre questo ostacolo. Chiediamo, quindi, quali iniziative il Ministro interrogato intenda attuare, affinché, anche attraverso l'organizzazione dei Nuovi giochi della gioventù, possa compiersi un circolo virtuoso che veda tutti gli impianti scolastici ammodernati e pienamente utilizzati al servizio dell'intera collettività.
PRESIDENTE. Il Ministro per lo Sport e i giovani, Andrea Abodi, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.
ANDREA ABODI,Grazie, Presidente. Grazie agli onorevoli interroganti, che mi offrono la possibilità di rispondere, anche rappresentando sinteticamente il profilo della collaborazione sistematica, costante e proficua con il Ministro Valditara, e quindi di questa alleanza auspicata tra lo sport e la scuola, o viceversa, che passa anche attraverso l'organizzazione dei Nuovi giochi della gioventù, per i quali chiediamo e auspichiamo che presto possa essere approvata definitivamente anche la norma che è in discussione in Parlamento.
La promozione e il libero accesso alla pratica dello sport rappresentano non solo un fondamentale diritto costituzionale dell'individuo, a partire da adolescenti e giovani nell'ambito dello sviluppo della psicomotricità e della personalità, ma anche un indispensabile veicolo di inclusione e coesione sociale, contrasto al disagio e prevenzione sanitaria. Da questo punto di vista, le infrastrutture sportive, a partire da quelle scolastiche, non costituiscono solo il luogo fisico dove si svolge l'attività motoria e si promuove la cultura del movimento, ma rappresentano spazi e opportunità di aggregazione sociale, che hanno un impatto che va ben oltre il semplice utilizzo specifico, generando valore culturale, educativo e relazionale.
Come ricordato dagli interroganti, l'attenzione del Governo su questi temi è massima e costante, partendo proprio dalle necessità di garantire non solo la disponibilità, l'ammodernamento, l'accessibilità e l'efficientamento delle palestre scolastiche, ancora insufficienti e inefficienti in diverse aree della Nazione, ma anche una piena fruizione delle infrastrutture esistenti a beneficio della comunità, immaginando forme di sinergia tra le istituzioni scolastiche, le associazioni sportive, le società sportive dilettantistiche e gli enti locali, in modo che tutte le realtà operanti nel tessuto sociale e territoriale possano goderne e contribuire alla loro gestione.
In questo senso, siamo orgogliosi di sostenere con profonda convinzione il prosieguo dell'iter del progetto di legge n. 1424, che reca “Disposizioni per la promozione della pratica sportiva nelle scuole e istituzione dei Nuovi giochi della gioventù”, i quali rappresentano effettivamente, semplicemente, uno strumento anche di promozione e comunicazione dell'agenda che si articola, fondamentalmente, sul tema dei programmi didattici, della formazione e qualificazione dei docenti e di una più efficiente relazione tra la scuola e il tessuto sociale di ASD e SSD nel territorio.
A tal fine ho personalmente provveduto ad assicurare il più ampio sostegno possibile a questo progetto con il DPCM del 5 dicembre 2024, che va a ripartire le risorse derivanti dalle maggiori entrate prodotte dal sistema sportivo, finanziando con 30 milioni di euro proprio i Nuovi giochi della gioventù e tutte le attività di promozione dello sport a scuola, che sono state affidate alla nostra società Sport e Salute, con i progetti “Scuola Attiva JUNIOR” e “Scuola Attiva KIDS”, e anche con una misura parallela, ossia spazi non convenzionali che consentono di infrastrutturare anche luoghi che non sono destinati necessariamente allo sport.
Ma le politiche pubbliche sul tema, come ricordato dagli interroganti, vanno anche oltre, perché ricordo a me stesso e al Parlamento l'articolo 29 del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, il cosiddetto decreto Coesione, con il quale il Ministro Valditara ha finanziato, per ulteriori 200 milioni, lo sviluppo delle palestre scolastiche nel Programma nazionale scuola e competenze 2021-2027.
PRESIDENTE. Ministro, devo chiederle di andare alla conclusione, ha esaurito il suo tempo.
ANDREA ABODI,Sono alla conclusione e la ringrazio, Presidente. Questa misura si associa all'ulteriore misura, messa a disposizione dal Ministro Valditara, di circa 335 milioni. Tutto questo sta consentendo l'ammodernamento, il miglioramento e la messa in sicurezza di mille istituti scolastici.
È evidente che, tra gli obiettivi di politica pubblica, c'è al vertice quello della più ampia diffusione della pratica sportiva, attraverso processi di avviamento allo sport che partano dalla scuola, stabilizzando le misure già previste per la quarta e la quinta classe della scuola primaria, relative all'insegnamento dell'educazione motoria, e anche alle prime tre classi delle elementari, che, ad oggi, non sono inserite nel programma.
Tutte queste misure non possono prescindere da un'edilizia scolastica nelle scuole moderna, efficiente, accessibile e pienamente al servizio di tutto il tessuto sociale .
PRESIDENTE. La deputata Miele ha facoltà di replicare, per due minuti.
GIOVANNA MIELE(LEGA). Ministro, desidero ringraziarla per il suo prezioso contributo e per il lavoro che il Governo, in sintonia con la nostra coalizione, sta portando avanti per promuovere lo sport come diritto universale. L'introduzione dello sport nella Costituzione è una conquista di cui andiamo fieri e che ci sprona a continuare sulla strada del progresso. Grazie agli investimenti del PNRR e alle risorse nazionali, stiamo dando una linfa al settore, modernizzando impianti sportivi e garantendo opportunità alle comunità più fragili, con particolare attenzione a scuole, periferie e piccoli comuni.
Come Lega, siamo particolarmente orgogliosi di avere contribuito con proposte concrete, come l'individuazione degli insegnanti specializzati di educazione motoria nelle scuole primarie, nelle classi quarte e quinte, e ci fa piacere apprendere del supporto che ci vuole dare per continuare. Crediamo fortemente che lo sport debba tornare al centro della formazione dei nostri giovani non solo come attività fisica, ma come occasione di crescita educativa e sociale. In linea con quanto già realizzato, il nostro impegno non si ferma qui.
Stiamo depositando, a supporto di proposte già presenti, una nuova proposta di legge, che semplifica i rapporti tra enti locali e istituzioni scolastiche, superando le lungaggini burocratiche che spesso frenano l'utilizzo degli spazi dedicati allo sport, perché riteniamo che lo snellimento delle procedure possa fare in modo che ci sia un effettivo accesso alle attività. La sua competenza e il suo impegno sono per noi una garanzia che lo sport possa realmente diventare un diritto universale, garantendo a tutti la possibilità di praticarlo, indistintamente.
Il percorso intrapreso deve giungere all'ampliamento dell'offerta formativa scolastica in tutti i gradi di istruzione, con l'auspicio che tutte le comunità siano a misura di sport, sia come stile di vita che come scelta lavorativa dignitosa. Proseguire su questa strada significa non solo migliorare la qualità della vita delle persone, ma rafforzare il senso di appartenenza e coesione sociale, contribuendo a costruire un Paese più forte e inclusivo. Lo dobbiamo a tutti coloro che, attraverso lo sport, sono usciti dall'isolamento e dal disagio e ne hanno fatto un progetto di vita.
Ma lo dobbiamo anche a tutti coloro che, attraverso sacrificio, responsabilità e disciplina, sono esempi da emulare: i nostri eroi, le nostre eccellenze sportive, che per i nostri giovani devono significare un sogno che si possa realizzare .
PRESIDENTE. La deputata Torto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Sportiello ed altri n. 3-01683 di cui è cofirmataria, per un minuto.
DANIELA TORTO(M5S). Grazie, Presidente. Ministro, noi vorremmo sapere che fine fanno i soldi del PNRR, perché vi vediamo applaudire quando arrivano le rate poi, quando c'è da spendere questi soldi, non abbiamo capito in quale cassetto li lasciate.
Vede, la scorsa settimana, l'Ufficio parlamentare di bilancio ci ha detto chiaramente che, dei 3 miliardi ricevuti per la creazione di nuovi asili nido, sono stati spesi soltanto 800 milioni. Eppure, voi eravate quelli del “Governo del fare”, dei “capaci”, quelli che in realtà parlavano del “Dio, patria e famiglia” e che, invece, oggi costringono milioni di genitori italiani a scegliere tra un figlio e il proprio lavoro.
Quello che vi chiediamo è sapere se riuscite, se sapete, se siete in grado di garantire almeno il 33 per cento del fabbisogno di asili nido su ogni regione italiana.
E, per favore, non venite a raccontarci che, magari, oltre ai treni e alla rete ferroviaria, oggi anche le rate PNRR sono vittime di un complotto internazionale che, evidentemente, è solo frutto della vostra invenzione .
PRESIDENTE. Il Ministro per gli Affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, Tommaso Foti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.
TOMMASO FOTI,. All'interrogante faccio presente che starò ai dati e non alle illazioni e - come le è noto o, almeno, dovrebbe essere - sa bene che nel PNRR non è prevista alcuna percentuale relativa al fabbisogno di asili nido e di scuole dell'infanzia sul territorio nazionale.
Purtuttavia, il Ministero dell'Istruzione e del merito ha comunicato che l'obiettivo ad oggi raggiunto, in termini di progetti autorizzati, è pari al 36 per cento, che è superiore alla quota del 33 per cento prevista dal Piano strutturale di bilancio. Questo per iniziare a chiarire le questioni.
Quanto poi ad altre domande che lei ha evidenziato o ad altre illazioni, le ricordo che 900 milioni di euro sono stati cancellati rispetto al Piano precedente, perché afferivano alla spesa corrente e non potevano essere imputati alla spesa corrente, perché il PNRR non finanzia la spesa corrente.
Devo ricordarle che sono stati definanziati o non ammessi alcuni interventi per quanto riguarda la ristrutturazione di asili, perché erano e facevano parte di uno di posti già disponibili, mentre la misura vuole incrementare i posti disponibili.
Quindi, il Governo ha stanziato e ha 3,2 miliardi di euro - non 3 miliardi -, come misura di PNRR, ha aggiunto 635 milioni per quanto riguarda il Fondo opere indifferibili, essendosi registrato un aumento del 50 per cento di spesa rispetto alla stima dei costi del 2001. Ha stanziato 735 milioni di euro per nuovi posti negli asili e ricordo che sono stati presentati 838 progetti, pari a 31.500 posti asilo per il 64,8 per cento dei quali è prevista la localizzazione nel Sud Italia.
Aggiungo, quindi, che complessivamente noi abbiamo uno di 4 miliardi e 570 milioni a disposizione e che abbiamo, al tempo stesso, previsto la realizzazione di 150.480 nuovi posti di asilo. Debbo dire che la realizzazione di questi lavori - ma dovrebbe essere noto - non è in capo né al Governo né ad altri che non agli enti locali; purtuttavia, in termini di dati, sono stati presentati e autorizzati 3.627 interventi, dei quali 3.201 interventi attivati.
Aggiungo due altre considerazioni. L'Ufficio parlamentare di bilancio conclude con due ipotesi: una ottimistica, dove dice che sarà raggiunto l'obiettivo pienamente; una intermedia, dove dice che sarà raggiunto il 90 per cento dell'obiettivo.
Aggiungo - e concludo - che il Governo Meloni crede talmente poco in queste misure che il Ministero dell'Istruzione e del merito sta valutando l'opportunità, se possibile, di utilizzare ulteriori risorse di economie realizzate nell'ambito del PNRR su misure del PNRR, per ulteriormente implementare i fondi a disposizione .
PRESIDENTE. La deputata Scutella', cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare, per due minuti.
ELISA SCUTELLA'(M5S). Grazie, Presidente. Ministro, noi non siamo per nulla soddisfatti, e sa perché? Glielo dico subito: perché quella valanga di soldi che si chiama PNRR e che, grazie a voi, non ci sarebbero neanche, quella valanga di soldi era stata destinata per aprire degli asili nido pubblici. Sa quante opere - stiamo parlando nel campo degli asili nido pubblici - sono state concluse? Qual è la percentuale, visto che le piacciono tanto i dati? È il 3 per cento
TOMMASO FOTI,. No, è il 6 per cento!
ELISA SCUTELLA'(M5S). Allora, io dico una cosa: qualcuno di voi, ogni tanto, si affaccia sul mondo reale? Va a fare la spesa? Si rende conto che le bollette sono aumentate, che i prezzi sono aumentati? No, gliela do io la risposta, perché la Premier Giorgia Meloni, donna, mamma e cristiana, va a fare i con le parlando della difficoltà di essere madre. Ma Giorgia Meloni dovrebbe parlare con il 70 per cento delle donne che hanno rinunciato a lavorare perché non ci sono asili nido pubblici e, quindi, non possono crescere i loro figli; con quelle persone dovrebbe parlare.
Quindi, mi faccia una cortesia, Ministro: quando lei e il suo Governo parlate di natalità, di mamme, di donne, di famiglia e di figli, sciacquatevi la bocca, perché non è proprio cosa vostra .
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,15.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 97, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, il deputato Claudio Michele Stefanazzi. Ne ha facoltà.
CLAUDIO MICHELE STEFANAZZI(PD-IDP). Grazie, signora Presidente. Intervengo per chiedere che il Ministro Urso venga urgentemente in Aula a riferire su che cosa sta accadendo alla chimica di base del nostro Paese. È di qualche ora fa l'annuncio dell'anticipo della chiusura dello stabilimento di della ENI Versalis di Brindisi. Anticipo che di fatto anticipa il percorso, peraltro già annunciato da ENI, di uscire sostanzialmente dall'industria della chimica di base per trasformarsi in un finanziario che aumenterà, o meglio, determinerà una dipendenza del nostro settore manifatturiero, per prodotti di base di larghissimo e di straordinario utilizzo, da filiere produttive straniere, soprattutto cinesi. Questa scelta è del tutto incomprensibile, nella misura in cui risulta essere completamente anticiclica. Viviamo un momento storico in cui le filiere di approvvigionamento si stanno contraendo e si cerca di avere fornitori che siano in grado di soddisfare rapidamente e senza rischi le industrie manifatturiere europee e, soprattutto, fornitori che abbiano impronte ecologiche bassissime e non credo che rivolgersi al mercato cinese ci aiuterà a migliorare l'impronta ecologica dei prodotti importati.
La presenza del Ministro, peraltro, è resa molto importante e urgente anche perché occorre comprendere se questa scelta sia condivisa o piuttosto subita, perché in un clima, signora Presidente, in cui il nostro Governo ha drammatiche esigenze di cassa, probabilmente la scelta di favorire il raggiungimento di utili di impresa, anche attraverso operazioni meramente finanziarie, ovvero - come succede - vendere gli più prestigiosi delle nostre partecipate, sembra essere una scelta chiara da parte del nostro Governo, una scelta di brevissimo respiro, una scelta che non tiene conto delle prospettive industriali del nostro Paese e, peraltro, nel caso di specie - e lo dico con sconcerto, perché mi sembra che questo argomento sia completamente pretermesso in questa discussione - mette a rischio circa 20.000 posti di lavoro, fra diretto e indotto, in tutta Italia, perché ricordiamo che gli stabilimenti di ENI Versalis sono a Brindisi, a Priolo, a Mantova, a Ferrara e in tutto il nostro Paese.
Quindi, è fondamentale e urgente che il Ministro venga a spiegarci il perché di questa scelta assolutamente incomprensibile .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento la deputata Ghirra. Ne ha facoltà.
FRANCESCA GHIRRA(AVS). Grazie, Presidente. Intervengo per associarmi alla richiesta del collega, anche perché questa notizia ci lascia stupefatti perché proprio oggi ho presentato, in Commissione attività produttive, un'interrogazione sull'area di crisi complessa di Porto Torres e il Sottosegretario Bitonci, rispondendo, ha fatto riferimento ai tavoli che ci sono stati a dicembre, dove, appunto, ENI aveva illustrato il proprio piano di trasformazione e rilancio con investimenti e tagli delle emissioni, garantendo che sarebbero stati salvaguardati i livelli occupazionali, senza addirittura il ricorso ad ammortizzatori sociali; allo stesso modo, nel tavolo del 5 dicembre era stata definita una linea strategica per la chimica di base, con la conversione verso la chimica verde. Ancora, per quanto riguarda la Sardegna, in particolare, c'era stato un tavolo il 13 dicembre dove, appunto, ENI Versalis ha garantito al Governo che avrebbe mantenuto i livelli occupazionali e produttivi.
Quindi, siamo davvero sorpresi e indignati di quanto sta accadendo, perché non è possibile che le aziende di questo Paese contravvengano agli accordi che vengono presi non solo con le regioni e con i sindacati, ma con il Ministro e con il Governo. Noi chiediamo che il Ministro Urso venga qui a riferire e a dirci cosa intenda fare il Governo perché, invece, vengano rispettati gli accordi e, soprattutto, perché venga garantito che nel nostro Paese ci sia una politica industriale che consenta uno sviluppo dei territori e, soprattutto, che vengano garantite le tutele per i lavoratori e per le lavoratrici del settore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento il deputato Dell'Olio. Ne ha facoltà.
GIANMAURO DELL'OLIO(M5S). Grazie, Presidente. Ci associamo alla richiesta che ha effettuato il Partito Democratico per quanto riguarda l'informativa urgente del Ministro Urso in merito alla questione della chimica di base, perché questa non è una transizione ma è una vera e propria dismissione. Cioè, non si tratta di accompagnare e, quindi, di fare una riduzione del percorso della produzione della chimica di base, in questo particolare caso per la Sicilia e per la Puglia, ma si tratta proprio di bloccare l'attività e, quindi, di approvvigionarsi all'estero. A parte il fatto che potrebbe essere un vantaggio parziale, in questo caso per l'ENI, perché risparmia, ma il problema è un problema anche per lo Stato, invece, perché poi lo Stato dovrà pagare tutti i costi per la cassa integrazione.
Poiché ENI, almeno per circa il 30 per cento, è dello Stato, visto che attraverso CDP è, appunto, dello Stato, a questo punto credo sia importante una informativa urgente, come ha detto il collega del Partito Democratico, e io credo che anche su questo dovremo intervenire in Commissione di vigilanza CDP per capire cosa CDP intenda fare su questa sua controllata.
PRESIDENTE. Riferirò al Presidente delle richieste d'informativa giunta dai gruppi.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle comunicazioni del Ministro della Giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Ministro della Giustizia, deputato Carlo Nordio.
CARLO NORDIO,. Grazie Presidente e grazie ai colleghi che mi ascoltano. L'esordio ora è pari a quello fatto stamattina al Senato, con un ringraziamento per il lavoro svolto dai colleghi che mi hanno coadiuvato nell'indirizzo politico del Ministero della Giustizia, cioè il Vice Ministro Sisto, i Sottosegretari Delmastro Delle Vedove e Ostellari, tutte le strutture ministeriali, i Dipartimenti e gli uffici. Il ringraziamento va esteso anche a tutti i rappresentanti degli organi istituzionali operanti nell'ambito della giustizia, dal Consiglio superiore della magistratura a quelli di tutti gli uffici giudiziari e alla Scuola della magistratura, nonché, ovviamente, agli avvocati, che rappresentano, come ho spiegato varie volte, la terza gamba del tavolo della cultura e della giurisdizione e mi rammarico, ancora una volta, che non siamo riusciti a inserire nella Costituzione il loro ruolo essenziale e spero che lo faremo al più presto.
Il mio intervento nel 2023, a pochi mesi dall'insediamento, aveva un valore evidentemente programmatico. Quello del 2024 ha consentito di fare un primo bilancio, dopo un anno di Governo, e quello odierno, il terzo, si colloca a metà della legislatura di questo Governo, che ha l'ambizione di durare fino alla fine della legislatura. La permanenza in carica di un Governo per l'intera durata è unanimemente considerato un fattore di stabilità, che conferisce valore e forza all'intero sistema politico ed economico. La stabilità è intesa come prevedibile capacità di un sistema di durare nel tempo. Essa è un'aspirazione che pervade tutti i sistemi istituzionali e che, ingenerando affidamento, corrobora la certezza del quadro giuridico in cui sono chiamati a muoversi i cittadini e le imprese, tanto più nei complessi scenari del mondo moderno, che è sempre più globalizzato. Le condizioni più importanti della stabilità, secondo la scienza politica, sono la legittimità e l'efficacia decisionale.
Sulla legittimità, in un sistema democratico, è inutile soffermarsi, perché essa si fonda sul mandato conferito dagli elettori. L'efficacia decisionale è, invece, la proprietà caratteristica di un sistema politico capace di prendere ed eseguire con prontezza decisioni rilevanti per rispondere alle sfide contingenti e strategiche, che è l'insegnamento sempre valido di Gibbon: il buon governo deve avere il cervello per comprendere, il cuore per risolversi e il braccio per eseguire.
Nel 2024 abbiamo adottato varie risoluzioni nell'ambito della giustizia. Stamattina nell'autorevole Aula del Senato ne ho elencate alcune, qualche altra la elencherò adesso, ma sono molte e farcite di numeri che potrebbero probabilmente annoiarvi. In ogni caso, sono a vostra disposizione. Ci tengo, però, a citarne alcune: la legge del 2024 per il rafforzamento della cybersicurezza nazionale per la tutela dei beni afferenti alla persona e al patrimonio più esposti alla criminalità informatica; il decreto-legge n. 92 del 2024 in materia penitenziaria, che, prevedendo un commissario straordinario per l'edilizia carceraria, risolverà o comunque ridurrà di molto i tempi di questa criticità da risolvere.
Anticipando una cosa che avrei potuto dire successivamente, parlerò del sovraffollamento delle carceri. Lo dico perché stamattina dall'altra parte ho sentito dei dati sbagliati, come se l'Italia fosse il Paese con l'indice di sovraffollamento peggiore di tutta Europa, e questo non è assolutamente vero. Andate a vedere quelli della Francia e della Gran Bretagna e vedrete che noi non siamo messi bene, ma siamo messi almeno meglio di loro. Non è una grande consolazione, ma comunque non è nemmeno vero che siamo i fanalini di coda.
In ogni caso per questo problema, che si è sedimentato nei decenni, noi stiamo intervenendo in varie direzioni, esclusa una lineare situazione o risoluzione di indulgenza plenaria, che sarebbe un segno di debolezza da parte dello Stato e che l'esperienza anche mia personale, di ex pubblico ministero, ci dimostra essere foriera invece di nuova criminalità. Se una persona viene liberata anticipatamente perché lo Stato si trova in una posizione di forza e ha una manifestazione di magnanimità, allora le cose vanno bene.
Ma, se viene liberata per necessità perché mancano gli spazi e perché di fatto non riusciamo a mantenerla detenuta, questa debolezza si concretizza in una sorta di istigazione a nuovi reati. Chi esce anticipatamente per un reato di furto possiamo star certi, e ce lo dimostra l'esperienza, che entro pochi mesi rientra per un reato più grave, magari di rapina. Noi stiamo intervenendo e abbiamo nominato il commissario straordinario per le carceri, dicevo prima; questo ci consentirà di superare o comunque di ridurre di molto i tempi della burocrazia.
Costruire carceri nuove in Italia è praticamente, se non impossibile, molto difficile e comunque si protrae nel tempo. L'Italia ha dei vincoli di carattere idrogeologico, culturale, burocratico e, non ultimo, quello del , secondo cui nessuno vuole un carcere nelle prossimità di casa, per cui la costruzione è molto difficile. Stiamo lavorando e su questo è già molto impegnato il nostro commissario straordinario per l'adattamento di strutture che siano compatibili con il sistema carcerario, come per esempio le caserme dismesse che hanno già gli spazi e anche la configurazione compatibile con il controllo dentro e fuori del carcere. Stiamo agendo anche per ridurre la popolazione carceraria, innanzitutto nei confronti dei detenuti stranieri che costituiscono - e questo è un dato molto significativo - oltre un terzo dei nostri detenuti.
Stiamo lavorando affinché, in parte, dovendo già essere espulsi dal giudice di sorveglianza, possano essere espulsi in senso concreto e non soltanto attraverso un provvedimento cartaceo. Stiamo lavorando per consentire di espiare la pena nei loro Paesi di origine. Stiamo lavorando per un altro settore, quello dei tossicodipendenti, che molto spesso sono malati da curare più che delinquenti da punire, creando una sorta di detenzione differenziata, che significa detenzione presso comunità, con molte delle quali noi siamo in contatto. Anche questi rappresentano circa un terzo dei nostri detenuti.
Infine, poiché un 20 per cento circa sono rappresentati da persone in attesa di giudizio, stiamo lavorando sulla riforma della custodia cautelare. Noi viviamo in un Paese dove per molti anni abbiamo assistito al paradosso che era tanto facile entrare in prigione prima del processo, quando si era presunti innocenti, quanto era facile uscire dopo la condanna definitiva, quando si era colpevoli conclamati. Noi, quindi, in questo senso stiamo lavorando, proprio perché siamo consapevoli di questa situazione di sovrappopolazione carceraria, che si è sedimentata nel tempo, che peraltro, lo dico subito, non è strettamente connessa con un nesso di causalità all'ancora più grave problema dei suicidi, però sicuramente contribuisce a quei disagi sia per i detenuti sia per la Polizia penitenziaria di cui siamo perfettamente consapevoli.
Un nostro motivo di orgoglio è l'attuazione del PNRR nel 2024 e gli obiettivi che abbiamo raggiunto. In questo profilo il punto centrale è rappresentato, come negli anni passati, dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che costituirà un traguardo nel quale siamo messi molto bene. Sottolineo che, come riconosciuto dalla Commissione europea in occasione del pagamento della sesta rata del PNRR e ampiamente riportato dagli organi di informazione, l'Italia è al primo posto in Europa per i finanziamenti ricevuti, a conferma dell'impegno nell'attuazione del Piano che procede nei tempi previsti e nel rispetto degli obiettivi concordati.
In tale ambito, nel 2024, il Ministero della Giustizia ha positivamente raggiunto tutte le e i del PNRR previsti, al pari di quanto accaduto negli anni precedenti, conseguendo tutti e quattro gli obiettivi previsti per il 2024, quindi la quinta e la sesta rata del PNRR. Questi numeri sono eloquenti e abbiamo poi tutta una ricca serie di elenchi, che, se sarà il caso, successivamente riferirò; comunque sono tutti ampiamente indicati in questa lunga relazione, di cui vi risparmio una buona parte perché so benissimo che le cifre sono particolarmente noiose. Resta il fatto però - e questo ci tengo a dirlo - che si parla molto spesso, forse troppo spesso, delle problematiche inerenti alla giustizia, problematiche che esistono e che esistevano anche quando, quasi mezzo secolo fa, sono entrato in magistratura, ma non si parla mai delle buone notizie e di quello che stiamo facendo in molti ambiti, a cominciare dalla giustizia civile.
Noi abbiamo ridotto l'arretrato di molto, le cifre parlano chiaro. Va dato un ringraziamento particolare, l'ho fatto stamattina e lo rifaccio adesso, soprattutto alla magistratura: è merito della magistratura se questo ritardo è stato di gran lunga ridotto. Soprattutto riguarda la giustizia civile, che è quella che viene un po' trascurata anche dalla comunicazione, ma che, in realtà, per certi aspetti è anche più importante, perché mentre, per fortuna, la gran parte di noi durante la sua vita non viene raggiunta da indagini penali, quasi tutti abbiamo, a un certo momento, un rapporto, quanto meno potenziale, con la giustizia civile. Basti pensare a un'obbligazione non adempiuta, a un contratto che viene contestato, a una causa di regolamento di confini, a una causa matrimoniale, a una causa di lavoro, a una causa di brevetti o a una causa condominiale.
Sono tutte cose per le quali, prima o dopo, ciascuno di noi si è trovato o può trovarsi a contatto con una giustizia che fino adesso è stata dannatamente lenta e la cui lentezza ci costa, come già sappiamo, circa 2 punti di PIL. Abbiamo fatto molti progressi su questo, le cifre parlano chiaro: l'arretrato è stato ridotto e i tempi dei processi si stanno riducendo. Ancora su questo le cifre sono qui, a vostra disposizione. Mi piacerebbe che, di tanto in tanto - certo, la stampa è libera e sappiamo bene che le vere notizie sono le brutte notizie, non quelle buone -, però si desse anche atto che su questo sono stati fatti molti progressi, come sono emerse anche molte criticità.
Nessuno vuole nascondere queste difficoltà che abbiamo con l'attuazione del processo telematico, che, mentre nell'ambito civile ha avuto un buono sviluppo, in quello penale ha ancora delle criticità. Erano state fissate, agli inizi, delle e dei termini finali forse un po' troppo ambiziosi, soprattutto in un processo delicato come quello penale che, per certi aspetti, è molto più complesso di quello civile anche nella sua determinazione telematica e di digitalizzazione. Effettivamente ci siamo resi conto che certe criticità non previste sono emerse, ma stiamo cercando in tutti i modi, con la collaborazione fattiva di tutte le corti d'appello e degli uffici, di risolverle.
Molte le abbiamo già risolte e possiamo essere certi - è un impegno che prendiamo - che entro la fine di quest'anno anche il processo penale sarà a pieno regime di digitalizzazione e di telematica, secondo i piani che sono stati previsti dal PNRR.
Abbiamo fatto molte altre cose anche sul piano delle assunzioni. Vorrei dire che - e vi risparmio anche qui tutta una serie di numeri che potrebbero sembrarvi noiosi -, per la prima volta da quando io stesso sono entrato in magistratura, riusciremo a colmare, entro la fine del 2026, gli organici dei magistrati. Sapete che l'organico dei magistrati è di circa 10.500. Sapete anche che è scoperto per un 20 per cento: sono circa 9000. Ebbene, noi abbiamo in corso ben cinque concorsi, alcuni dei quali sono già stati risolti, altri sono in via di definizione. Quindi, noi avremo, entro un anno e mezzo, l'assunzione di ben quasi 2.000 magistrati . È una cosa che ci rende particolarmente orgogliosi. Ringraziamo il Consiglio superiore della magistratura, il suo Vicepresidente Pinelli e tutti i componenti perché sapete che l'assunzione di un magistrato transita attraverso tutta una serie di che coinvolgono sia il Ministero della Giustizia, sia il Consiglio superiore della magistratura. Vi è una burocrazia obsoleta che costituisce una sorta di gravame, una veste proprio vischiosa in questo settore.
Quando sono entrato in magistratura occorrevano cinque anni dal momento della domanda al momento del conferimento della toga. Oggi i tempi non è che si siano abbreviati di molto: la domanda oggi, gli scritti dopo un anno, gli orali dopo un altro anno, la graduatoria dopo un altro anno, eventuali ricorsi, l'uditorato e, dopo un altro anno, il conferimento della toga. Tutti questi tempi, che potevano anche andar bene a metà degli anni Settanta - ripeto, quando sono entrato in magistratura - oggi sono assolutamente intollerabili. Stiamo lavorando insieme al Consiglio superiore della magistratura per abbreviare questi termini e, quindi, colmare nel miglior tempo possibile i vuoti degli organici.
Un altro ambito che ci sta molto a cuore è quello dell'intelligenza artificiale nel campo della giustizia. Qui possiamo dire con tranquillità che le cose di cui stiamo discutendo ora sulla digitalizzazione e sulla telematica tra poco saranno superate. L'intelligenza artificiale costituisce un elemento di assoluta novità, pari all'invenzione della ruota o all'invenzione della stampa di Gutenberg: stamattina mi sono permesso di fare un paragone, che vorrei riproporre a voi, sulla sua importanza. Quando Gutenberg inventò i caratteri mobili, non avrebbe mai immaginato che questa sua invenzione avrebbe portato alla più grande rivoluzione religiosa di tutta la storia del cristianesimo perché portò la Bibbia nelle case dei tedeschi e, poi, degli altri Paesi del Centro Europa. Portò la Bibbia nella lingua nazionale e, soprattutto, la rese disponibile a tutti, senza il transito e senza la mediazione della Chiesa. Questo portò alla grande rivoluzione luterana, a quella di Calvino, a quella di Zwingli. Gutenberg non avrebbe mai immaginato una cosa del genere, poi però le cose si sono sistemate e noi oggi viviamo in un'Europa dove tutte queste forme di cristianesimo convivono perfettamente.
Così sarà per l'intelligenza artificiale. Ma noi dobbiamo trasformare questa possibile criticità in opportunità. Sotto questo profilo, vorrei essere molto chiaro. Noi, il Governo si è impegnato così. Vi leggo la norma: “I sistemi di intelligenza artificiale sono utilizzati esclusivamente per l'organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario, nonché per la ricerca giurisprudenziale e dottrinale. È sempre riservata al magistrato la decisione sull'interpretazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove e sull'adozione di ogni provvedimento”.
Quindi, non vi è nessun pericolo che vi sia una sostituzione da parte di una sorta di cervello elettronico di quella che è l'unicità della fantasia, del buon senso e della versatilità del cervello umano. Si tratta, però, di un possente ausilio che può sfuggire di mano, se non viene adeguatamente controllato. Noi su questo stiamo lavorando molto efficacemente.
Vorrei dare anche una buona notizia, poco diffusa, ma è questo il momento di dirla. Io ho avuto l'onore di presiedere il G7 Giustizia a Venezia e abbiamo costituito il Venice Justice Group per l'IA, l'intelligenza artificiale, che sta lavorando e sta lavorando bene, a seguito del quale abbiamo fatto una serie di congressi, uno dei quali qui a Roma estremamente importante, con la partecipazione dei massimi esperti mondiali dell'intelligenza artificiale che hanno riconosciuto il ruolo dell'Italia, proprio il nostro ruolo , nell'aver posto sul tavolo questi problemi e nel cercare di convertire le eventuali criticità di questa nuova forma di intelligenza in vera e propria opportunità, anche e soprattutto nell'ambito della giustizia.
Vorrei ritornare anche sui numeri perché questi sono incontestabili. Mi limiterò, dopo aver detto quelli sui magistrati, ad alcuni cenni. Sul versante del personale amministrativo a tempo determinato siamo nel pieno rispetto del previsto dal PNRR. Entro il 30 giugno 2024 abbiamo assunto 10.000 unità di personale tra addetti all'ufficio del processo (UPP) e personale tecnico-amministrativo. Questo obiettivo è stato realizzato entro il giugno del 2024 attraverso la procedura per il reclutamento di quasi 4.000 addetti all'UPP e lo scorrimento delle graduatorie di merito ancora capienti. Non sto ancora ad annoiarvi con questi dati burocratici; però, in termini più semplici, vorrei dire una cosa. Un magistrato è come un pilota di guerra: per un'ora di volo è necessario l'ausilio di almeno 100 ore di lavoro da parte dei meccanici, da parte degli elettricisti, eccetera. Ebbene, se un magistrato non ha l'adeguato sostegno amministrativo, gran parte del suo lavoro rimane nel cassetto e viene svolto invano. Quindi, l'assunzione di personale amministrativo - che per fortuna è più facile, è più semplice e meno complessa di quella dei magistrati - è legata essenzialmente alle disponibilità e alle nostre risorse finanziarie.
Pur in un momento, come si dice con una brutta espressione, di vacche magre e di difficoltà finanziarie, noi queste risorse in parte le abbiamo trovate e siamo riusciti a fare tutta una serie di assunzioni che, fino ad adesso, non erano mai state fatte.
Un'altra cosa di cui andiamo orgogliosi e di cui si parla poco è il cosiddetto progetto “PintoPaga”. Sapete che la legge Pinto è quella che prevede il risarcimento dei danni per la lentezza dei processi. Bene, qui è da segnalare che, in collaborazione con Formez PA, attraverso l'utilizzo di professionalità dedicate a questa specifica piattaforma digitale, noi stiamo accelerando i pagamenti e, in un orizzonte di un paio d'anni, tendenzialmente azzereremo lo di arretrati degli indennizzi spettanti agli aventi diritto per la violazione dei termini ragionevoli del processo, consentendo cospicui risparmi per interessi e di contenzioso.
Sembra una banalità, è una cosa abbastanza arida rispetto alla grande complessità e ai massimi sistemi di cui parliamo in questi giorni sulla giustizia, ma non è proprio così perché pensate che attualmente il debito maturato a carico del Ministero della Giustizia per l'arretrato connesso all'applicazione di questa legge ammonta a oltre 300 milioni di euro. Trecento milioni di euro sono relativi a 62.000 decreti di pagamento emessi dalla corte d'appello, sui quali si pagano gli interessi. Quindi, più presto noi riusciamo a onorare questo debito - debito, ripeto, che si è sedimentato perché dipende dalla lentezza della giustizia - più risparmiamo anche su questi interessi con cifre che sono assolutamente cospicue. Anche qui troverete, se vorrete, soprattutto nel nostro sito tutta la documentazione necessaria.
Sull'amministrazione penitenziaria ho parlato prima. Anche qui noi, sul fronte del reclutamento, abbiamo circa 2000 extra-assunzioni nel quadriennio 2023-2026 con l'adozione di una nuova pianta organica del corpo. Abbiamo poi istituito il gruppo di intervento operativo (GIO). Abbiamo istituito la carriera dei medici del Corpo di Polizia penitenziaria e l'adozione di protocolli operativi di intervento con la redazione del manuale e del prontuario operativo. Abbiamo avviato una nuova architettura organizzativa del DAP e dei provveditorati, mediante l'istituzione di divisioni . Abbiamo creato due nuove scuole per agenti della Polizia penitenziaria nel vecchio ospedale di Biella e nella ex caserma Cesare Battisti di Nola.
L'ampliamento delle dotazioni strumentali dell'equipaggiamento per rendere efficace l'attività di questa Polizia è stato estremamente laborioso, ma il risultato è stato raggiunto. Il 183° corso allievi agenti di Polizia ha visto 1.870 unità assegnate; il 184° ha visto 1.285 uomini e 428 donne. I numeri sono tutti - anche qui non vi voglio annoiare - in linea con quelli che vi ho citato. È stato uno sforzo immenso, però, tra questi, vorrei citare il concorso per 104 - erano inizialmente 104, ma sono stati elevati a 233 - funzionari giuridico-pedagogici e quello per 104 funzionari contabili. Quelli giuridico-pedagogici, come sapete, sono particolarmente importanti per quella che si chiama la rieducazione del detenuto.
Per quanto riguarda l'edilizia penitenziaria, abbiamo previsto fondi per 166 milioni e 21 interventi. Ne ho già parlato prima: l'istituzione del commissario straordinario renderà molto più facile e molto più snella la procedura sia per l'adattamento di strutture compatibili sia, nel caso fosse necessario, anche per la costruzione di nuove carceri.
Alla fine del 2024, il numero complessivo di detenuti era pari a 61.861, di cui 59.100 uomini e 2.600 donne. È un numero elevato. È un numero - lo sapete e lo sappiamo perfettamente - che supera quella che è la capienza. Però, vorrei anche segnalare che non si entra in prigione per volontà del Governo, ma si entra perché si tengono dei comportamenti che costituiscono un reato e perché la magistratura ritiene che non vi siano possibilità alternative al carcere per la punizione e l'espiazione di questi reati. Naturalmente, anche in questo caso noi teniamo sempre presente che l'orientamento costituzionale è quello della rieducazione del detenuto, ma dobbiamo anche tenere presente il senso di allarme sociale che questi reati provocano e la necessità di rassicurare l'opinione pubblica sull'efficienza dello Stato e sulla sua risposta davanti a forme nuove di delinquenza.
Si è detto, anche stamattina - vorrei anticipare qualche obiezione che immagino - che noi abbiamo introdotto nuovi reati. Il primo e il più emblematico è quello dei . Sapete quante persone ci sono in prigione per i ? Assolutamente nessuna. Il che significa...
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Allora che lo avete fatto a fare ?
PRESIDENTE. Colleghi! Collega Giachetti! Colleghi! Colleghi, c'è la Presidenza, per questo intervengo.
CARLO NORDIO,. Se non vi sono persone…
PRESIDENTE. Ministro, aspetti un attimo. Colleghi, avrete il tempo per intervenire successivamente, come sapete. Ministro, prego, prosegua. Colleghi!
CARLO NORDIO,. Ho l'impressione che stiamo confondendo i criteri della logica. Se una norma è stata introdotta perché questo tipo di comportamento devastante era stato prima tenuto ed è stato tenuto con grave danno di poveri agricoltori, che avevano coltivato con fatica i loro campi, e poi non si è ripetuto significa che, una volta tanto, l'efficacia deterrente della pena ha funzionato e significa anche che non ha nessuna relazione con il sovraffollamento delle carceri, visto che non c'è nessuno in carcere per questo reato di .
Al di là di questo, vorrei anche aggiungere che ci sono delle nuove forme di criminalità che necessitano di essere considerate perché vi sono dei vuoti normativi. La fantasia e la capacità delinquenziale delle persone - chiamiamole così - “malvagie” si fa forza anche delle nuove tecnologie. Alcuni reati diminuiscono: le rapine a mano armata, per esempio, fatte nelle banche con il fazzoletto e il fucile a pompa, sono diminuite per il semplice fatto che le banche non hanno più il e il contante è stato dematerializzato; viceversa, sono aumentate le truffe informatiche, posto che oggi è molto più facile svaligiare il patrimonio, magari accumulato con una certa difficoltà da un povero risparmiatore, attraverso un semplice Lo Stato non può trovarsi impreparato di fronte a queste nuove forme di criminalità, perché, come ben sapete, la norma penale non è retroattiva e, quindi, non è ammissibile che venga estesa se il fatto non è stato prima previsto come reato.
Questa criminalità informatica e queste altre forme di criminalità necessitano anche di nuove, ahimè, forme di penalizzazione. Però, abbiamo nello stesso tempo - ne converrete - eliminato quella veste, anche qui drammatica, che istituiva la paura della firma, attraverso l'abolizione del reato di abuso di atti di ufficio e questo ha sicuramente consentito un'accelerazione delle indagini e dei processi, visto che la media degli anni passati era di circa 5.000 reati, cioè, 5.000 indagini annuali, a fronte di quattro o cinque condanne, generalmente per reati connessi. Da ex pubblico ministero posso dirvi che un'indagine sul reato di abuso di ufficio ha dei costi di personale e dei costi di ore e lavoro immensi perché devi fare il processo all'atto amministrativo, cioè, devi fare il processo al processo e, oltre ad aver dimostrato l'illegittimità dell'atto amministrativo, devi anche dimostrare il dolo - un dolo diretto, neanche un dolo eventuale: un dolo diretto - che sia orientato al vantaggio o al danno di una persona. Quindi, sono processi estremamente difficili, così difficili che - ripeto - il 99,9 per cento si è risolto con assoluzioni. Non vi è un vuoto di tutela. La tutela contro l'atto amministrativo illegittimo si attua nella giurisdizione amministrativa, non con la penalizzazione ma con il risarcimento del danno, che, come sapete, da tempo è consentito anche per la violazione di interessi legittimi.
Vorrei finire su questo dicendo che quando in Europa si è cominciato a dubitare - probabilmente anche a seguito di qualche orientamento non del tutto favorevole in quel momento all'Italia - di questa opportunità, abbiamo chiarito davanti al Consiglio d'Europa, che alla fine ci ha dato ragione, che l'arsenale normativo che noi abbiamo contro la corruzione, la concussione, il traffico di influenze, che è stato rimodulato, la turbativa d'asta, i falsi in bilancio e tutti quei reati che sono connessi direttamente con il malgoverno amministrativo, è uno dei più ricchi d'Europa. Ci è stato dato atto di questo dall'Europa e ci è stato dato - come sapete - il via libera e, per fortuna, almeno in questo caso, una certa depenalizzazione l'abbiamo fatta.
Saltando tutta un'altra serie di problematiche che ho illustrato stamattina al Senato e con cui vi annoierei - però, se fosse necessario, poi potrei parlarne nella replica - vorrei, però, terminare anche qui con quella che è la riforma - chiamiamola così - più importante in questo momento, cioè, la riforma costituzionale. La riforma costituzionale riguarda, come sapete, la separazione delle carriere, l'istituzione di un'Alta Corte disciplinare e soprattutto il sorteggio per quanto riguarda i membri del Consiglio superiore della magistratura.
Le obiezioni che sono state rivolte a questa riforma sono essenzialmente le seguenti: in primo luogo, che questa riforma porterà - non porterebbe, ma porterà - inevitabilmente il pubblico ministero sotto il controllo del potere esecutivo; in secondo luogo, toglie la professionalità al Consiglio superiore della magistratura, soprattutto nella sua forma più significativa della sezione disciplinare, che viene sorteggiata; poi, più in generale, che il sorteggio sembra una sorta di blasfemia. Alla prima obiezione io rispondo che non vi è una sillaba, una parola o una virgola in questa riforma costituzionale che - non dico - lasci supporre questo, anzi è esattamente il contrario rispetto alle accuse che ci vengono rivolte. L'indipendenza e l'autonomia della magistratura giudicante e requirente sono affermate senza se e senza ma .
Se poi si vuole fare un processo alle intenzioni, come spesso è stato fatto, anche stamattina, allora cosa devo fare? Devo invocare Popper, per cui se non c'è la possibilità della falsificazione di un'affermazione noi ci troviamo, da un punto di vista epistemologico, completamente sprovvisti? Ripeto: non c'è una parola né una virgola che possa prospettare la sottoposizione del pubblico ministero al potere esecutivo.
Peraltro, come è stato stamattina anche rilevato in Senato da altre parti, sarebbe suicida anche per questa stessa maggioranza, perché, come tutte le cose che in questo mondo cambiano, un domani questa maggioranza sarà cambiata, il Ministro sarà cambiato, il Governo sarà cambiato. L'idea che anche i pubblici ministeri vengano sottoposti a nuovi Governi, magari di idee e ispirazioni contrarie a quelle di chi vi parla, sarebbe, ripeto, non tanto suicida, quanto irragionevole. Quindi, su questo nessun dubbio è consentito.
Il sorteggio: il sorteggio, l'ho già detto, è consustanziale alla nostra sistematica giuridica. Esso si afferma nei momenti più importanti della giurisdizione. Si afferma nei confronti dei cittadini, si afferma nei confronti degli appartenenti al Governo, si afferma nei confronti del Capo dello Stato. Perché? Perché per quanto riguarda i cittadini, la corte d'assise, che va a irrogare la pena più grave, la pena più seria, che è quello dell'ergastolo, è composta in maggioranza da giudici popolari, che vengono estratti a sorte. Quindi, se si finisce all'ergastolo, che è la pena più grave, si finisce in base a un giudizio in cui, come sapete - magari non tutti lo sanno -, i giudici popolari hanno lo stesso peso nel voto dei giudici togati, giudici del presidente, per cui si finisce in base alla maggioranza. Spesso è accaduto di votazioni di giudici che sono stati estratti a sorte.
I Ministri: il Tribunale dei ministri è sorteggiato tra i magistrati, questo lo sapete meglio di me. Per quanto riguarda il Capo dello Stato, quando viene imputato - per fortuna non è mai accaduto, salvo una volta che l'ha sfiorato - di alto tradimento o attentato alla Costituzione, viene giudicato dall'Alta Corte costituzionale, in cui siedono 16 giudici sorteggiati tra i cittadini. Quindi, se il sorteggio si manifesta nei momenti più alti della giurisdizione per quello che riguarda i cittadini, il Governo, il Capo dello Stato, non si vede dove sia la blasfemia se lo introduciamo anche nell'ambito del Consiglio superiore della magistratura.
In realtà, quello che penso è che, oltre alla separazione delle carriere, incidentalmente, qui vorrei rifare l'inversione logica per cui prima sono stato, peraltro, urbanamente redarguito dal collega Giachetti. Se vogliamo invertire i toni, se è vero, come dicono molti, che è un falso problema, perché le carriere sono già separate dopo la riforma Cartabia, allora perché tanta agitazione ?
In realtà, il problema non è quello. Il problema è che, come tutti sanno, intanto una cosa è inserire questa separazione in un ambito costituzionale, altra cosa in un ambito puramente ordinamentale, in una fonte secondaria. Ma, soprattutto, quello che intimorisce, in questo caso, chi vuole lo è il sorteggio sia nell'ambito del CSM, sia nell'ambito della Corte disciplinare. Questo perché? Perché lo sappiamo tutti, che ormai - non lo dico mica io, lo avete detto voi, lo ha detto l'opposizione un sacco di volte - il Consiglio superiore della magistratura, è stato detto e ripetuto da autorevolissimi esponenti, da giornalisti estremamente moderati nel caso Palamara, era un verminaio. Si è parlato di mercato delle vacche, si è parlato del peggio del peggio.
Che cos'è accaduto dopo? Non è accaduto assolutamente nulla, è rimasto tutto com'era . Perché? Perché la stanza di compensazione che c'è nell'ambito del Consiglio superiore della magistratura è determinata da questa convergenza di correnti, dove c'è un un , usiamo un'altra volta il nostro così amato, e alla fine i veri responsabili di gravi illeciti disciplinari, parliamoci chiaro, non vengono puniti.
Non solo, anche qui le correnti ben vengano, se sono espressione di quella che si chiama una dialettica filosofica, anche ideologica, culturale, giuridica, ma noi sappiamo benissimo che le correnti sono nate dai grandi padri delle correnti. Vorrei citare quelli di una corrente alla quale certo non ero vicino, parlo di Marco Ramat, di Michele Coiro, che avevano realmente a cuore ed erano fra l'altro dei garantisti. Questo è un discorso che andrebbe affrontato, come la vecchia sinistra, chiamiamola così, giudiziaria fosse molto, ma molto più garantista di quella di oggi.
Lo so perché l'ho vissuta da giovanissimo magistrato. Ebbene, tutte queste correnti si sono trasformate, ma non lo dico mica io, lo hanno detto tutti, lo hanno detto persino le più alte cariche dello Stato, e il caso Palamara lo ha dimostrato, si sono rivelate, si sono convertite in puri strumenti di potere e di baratteria politico-giudiziaria. Tutto questo non è più consentito, ma, se noi interrompiamo il vincolo che lega l'elettore all'eletto e il giudicante al giudicato, allora sì che facciamo un grande passo avanti verso l'indipendenza della magistratura .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Ministro della Giustizia.
È iscritto a parlare il deputato Lacarra. Ne ha facoltà.
MARCO LACARRA(PD-IDP). Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, in realtà ho ascoltato con attenzione la sua relazione, sperando che da un momento all'altro ci dicesse qualcosa che riguarda la giustizia e il funzionamento della macchina giurisdizionale. In realtà, ho atteso invano. Per esempio, signor Ministro, forse non lo sa, ma un pericoloso trafficante di esseri umani, proprio una di quelle persone per le quali Salvini e la Meloni hanno più volte rappresentato la volontà di perseguirle per terra e per mare, è stato rilasciato, ieri per la precisione, dopo avere tranquillamente assistito a una partita di calcio nel nostro territorio, e ha lasciato il Paese senza che nessuno battesse ciglio e senza, soprattutto, che il Ministro ci dicesse nella sua relazione le ragioni di questo rilascio e perché un pericoloso criminale adesso tornerà a fare quello che faceva fino a prima di arrivare in Italia.
È anche inquietante che una persona nota possa tranquillamente entrare in una struttura come uno stadio, quindi con le regole che tutti noi conosciamo, cioè l'identificazione e la presentazione di un documento, e nessuno si è preoccupato di fermarlo. Ci sarebbe piaciuto sapere da lei quale sia il suo pensiero e la sua posizione su questo tema. Per il resto faccio fatica, anche rispetto agli appunti che avevo preso, a rispondere, perché poi risponderò a cose che lei non ha detto. Siamo a metà del suo mandato, signor Ministro, e il bilancio che sta tracciando oggi comincia ad avere un peso, perché non siamo più ai proclami di inizio legislatura.
Oggi, invece, stiamo a domandarci ciò che manca piuttosto che ciò che è stato fatto. L'amministrazione della giustizia è peggiorata negli ultimi 12 mesi, e non perché, o meglio, non solo perché non si sono trovati il coraggio e le risorse per affrontare i problemi di cui soffre il nostro sistema, ma anche perché ciò che verrà, dalla separazione delle carriere al DDL Sicurezza, sembra riservare un futuro ancora più cupo per i diritti costituzionalmente garantiti nel nostro Paese.
Vorrei partire dalle carceri, signor Ministro, perché, dichiarazioni d'intenti a parte, fino ad ora non si è fatto assolutamente nulla per combattere il sovraffollamento e lo stato fatiscente delle nostre strutture carcerarie. Nelle prime due settimane del 2025, lo abbiamo detto, altri 9 detenuti si sono tolti la vita mentre erano sotto la custodia dello Stato. Se lo Stato non riconosce questo come il peggiore dei suoi fallimenti, se non vede in questo dramma senza fine una responsabilità diretta, allora vuol dire che la distanza tra la nostra idea di Stato e la vostra è diventata incolmabile.
Al 31 dicembre scorso, il numero dei detenuti presenta negli istituti penitenziari un sovraffollamento di 15.000 unità. In alcune strutture ci sono il doppio dei detenuti che dovrebbero esserci, ma non basta, perché, grazie a uno dei più spietati manifesti di questo Governo, il decreto Caivano, potete anche vantare il record di minori in cella: 600 alla fine dell'anno scorso. Su questo le chiedo, signor Ministro, rispetto anche alla considerazione che ha fatto sul decreto : se è vero come è vero che, quando si approva una legge che introduce un nuovo reato, magicamente i fatti che sono alla base di quei reati scompaiono, per quale ragione per il decreto Caivano, invece, abbiamo avuto 600 nuovi carcerati, peraltro anche minori ? Questo dovrebbe tranquillizzarci: ogni volta che approviamo un nuovo reato, i fatti costituenti quel nuovo reato non si compiono più. Mi pare che non sia questa la triste statistica a cui siamo abituati.
Di fronte a questa realtà, rispetto a questo collasso istituzionale, Ministro, cosa ha fatto? Dalla relazione, onestamente, non si evince granché. Quando le è stato chiesto di ricoprire questo ruolo, onestamente, speravamo che la sua esperienza, la sua moderazione, la qualità, le qualità che ha dimostrato nel corso della sua carriera potessero fungere da argine alle spinte giustizialiste di certi partiti di Governo. Oggi, purtroppo, constatiamo il contrario, ossia che sono stati piuttosto gli altri, gli istinti giustizialisti più beceri a subissare, mi verrebbe da dire zittire, quasi umiliare, il suo garantismo. E di questo ci sono testimoni i numeri: da quando siete al Governo, sono stati introdotti 50 nuovi reati e sono state incrementate le pene per più di 400 anni. Eppure, noi ricordiamo quando lei stesso lamentava l'uso indiscriminato del carcere come strumento punitivo e sosteneva la necessità di snellire l'ordinamento penale. Oggi succede esattamente il contrario. L'unico alleggerimento, se mi permette, è stato promosso proprio laddove non ce n'era bisogno: sulle intercettazioni e sull'abuso d'ufficio. Decisioni che depotenziano l'azione penale e sviliscono le difese immunitarie della nostra democrazia.
Il progetto della separazione delle carriere, poi, rappresenta l'apice di un altro obiettivo che le è stato evidentemente imposto: l'umiliazione della magistratura dopo due anni di attacchi frontali ai giudici. E lei, signor Ministro, da ex pubblico ministero, da ex magistrato, non ha detto una parola per difendere la sua ex categoria dagli attacchi del Ministro Salvini, che, poi, si sono tacitati nel momento in cui è venuta fuori la sentenza su Open Arms, magicamente. È chiarissimo a tutti che la riforma non serve affatto agli interessi pubblici né mira ad efficientare alcunché, parlo della separazione delle magistrature, e non delle carriere. Esattamente come la scioccante introduzione dei test psicoattitudinali, la separazione, il sorteggio, lo sdoppiamento del CSM sono le forme che assume la ferma volontà di vendetta di questa maggioranza verso i magistrati. E siamo ancora dispiaciuti che sia toccato a lei di farsi interprete di questa rappresaglia. Sul processo telematico è stato fatto un bel buco nell'acqua, signor Ministro: doveva essere una svolta epocale e si è trasformato in un tonfo senza precedenti, che ha rischiato di paralizzare i tribunali e i processi in corso. Ancora una volta, anche attraverso questa decisione, avete scelto di ignorare le sirene di chi di giustizia si occupa ogni giorno. I malfunzionamenti dell' erano cosa nota e tutti - magistrati, funzionari, avvocati - avevano ben chiaro cosa sarebbe successo il 1° gennaio, tutti tranne lei.
PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere, ha esaurito il suo tempo.
MARCO LACARRA(PD-IDP). Pensavo di avere 7 minuti, sono già passati?
PRESIDENTE. Sì, sono passati, è un minuto oltre, quindi la prego di concludere.
MARCO LACARRA(PD-IDP). Perfetto, allora cercherò di riassumere, perché avevo ancora un po' di cose da dire, almeno avrei potuto dirle io. Dicevo, noi continueremo a farle presente tutto ciò, ma, alla fine, credo che sarà la sua coscienza - alla fine del suo mandato - a presentarle il conto, a chiedere se l'opportunità di vestire i panni del Ministro sia stata sfruttata nel migliore dei modi, ossia per perseguire e realizzare le idee che ha sempre professato prima di arrivare a via Arenula, oppure se questa non sia stata un'occasione sprecata, perché un conto è professare delle idee e un altro - credo che se ne sia ampiamente accorto in questi due anni - è servire con il proprio nome e il proprio ruolo la propaganda di quei partiti e di quei che l'hanno investita delle funzioni di Ministro. Sarà la sua coscienza, tra tre mesi, un anno o due, a tracciare il bilancio più duro per lei rispetto a quanto avrà fatto in questi anni .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Morrone. Ne ha facoltà.
JACOPO MORRONE(LEGA). Grazie, Presidente. Signor Ministro, onorevoli colleghi, ho ascoltato con estremo interesse la sua comunicazione e anche con grande piacere. È sempre un piacere, infatti, ascoltarla per la semplicità con cui espone concetti altrimenti molto complessi, capacità che può solo derivare da una vastissima conoscenza, da una lunga esperienza e da una profonda cultura multidisciplinare. Signor Ministro, voglio anche indirizzarle i complimenti al gruppo Lega per la mole di attività svolta dal Ministero della Giustizia, di cui non possiamo che congratularci, anche sul piano dell'attuazione del PNRR e degli ambiziosi obiettivi raggiunti nei tempi previsti.
Se, nel 2023, con il Governo appena insediato, la comunicazione da lei tenuta in quest'Aula è risultata eminentemente programmatica e se, nel 2024, ha potuto fare un primo bilancio, preannunciando l'avvio di molte misure rilevanti, con la sua comunicazione odierna abbiamo contezza di numerose norme già adottate o in via di adozione, che rispondono a un chiaro e ambizioso progetto di legislatura che va finalmente a smentire i problemi storici di questo Paese. Sono problemi collegati all'incapacità o, meglio, all'impossibilità di realizzare una strategia di medio-lungo periodo in ogni settore e, a maggior ragione, nell'ambito della giustizia e problemi connessi alla cronica lentezza decisionale di amministrazioni pubbliche autoreferenziali, che hanno determinato, nel tempo, un rallentamento significativo della crescita del Paese. Anche il sistema della giustizia, in questo scenario, ha sofferto di una generale sfiducia da parte della società civile nel suo complesso, oltre che da parte degli investitori italiani ed esteri, con ricadute non certo positive sul piano dell'economia nazionale.
Se, poi, ci mettiamo la paralisi e i veti su determinate, inderogabili riforme - parlo del sistema giustizia, ma non solo -, il quadro si presentava molto complesso e problematico. Ed è qui che è subentrato il cambio di mentalità e, quindi, di passo, con decisioni rapide, pur ponderate e coraggiose, e pragmatismo rispetto alle promesse fatte agli elettori. Giustizia, sicurezza e libertà sono i tre capisaldi, i valori irrinunciabili che guidano la visione politica della Lega ed è su questi valori che vorremmo fosse misurato ogni singolo provvedimento.
Parto dal disegno di legge costituzionale del Governo sulla separazione delle carriere tra i magistrati requirenti e giudicanti e sull'istituzione dell'Alta corte disciplinare. Si tratta, a nostro avviso, del primo significativo passo di una riforma indispensabile al Paese, attesa da decenni per dotarsi di un sistema giustizia più equo e imparziale. Una riforma da cui non emerge alcun intento punitivo nei confronti della magistratura e che assicura, come ora, la piena indipendenza e l'autonomia dell'organo che rappresenta la pubblica accusa. Una riforma in piena continuità con il programma politico della Lega, come si evince anche dal fatto che la separazione delle carriere era contemplata in uno dei cinque quesiti del referendum sulla giustizia di cui fummo noi promotori nel 2021 . Lei era presidente di un comitato e io di un altro comitato. E, con il medesimo obiettivo, presentai come primo firmatario, il 26 gennaio 2023, una proposta di legge costituzionale.
Siamo soddisfatti dal fatto che si tratti di un'ampia riforma che interviene su più aspetti: non solo la separazione delle carriere propriamente intesa e la relativa duplicazione del CSM, ma anche l'intervento sul sistema di selezione dei componenti del CSM, che esclude le ingerenze correntizie grazie al sorteggio che, peraltro, è un sistema non ignoto al nostro ordinamento giuridico. Finalmente c'è un Governo che non è rimasto inerte di fronte ai gravissimi scandali determinati dalla degenerazione del ruolo delle correnti nella magistratura. Leggendo e ascoltando gli interventi, anche sui , dei detrattori di questa riforma epocale, mi chiedo se ci sia chi si è domandato cosa avrebbe potuto pensare un semplice cittadino di fronte al muro alzato contro la riforma da un sistema di potere che non vuole essere non dico riformato, ma neppure scalfito, e che giustifica la pretesa di conservazione dei privilegi correntizi con motivazioni a dire poco risibili. Terzo elemento della riforma che voglio citare è l'istituzione dell'Alta corte, organismo specificatamente deputato alla giurisdizione disciplinare dei magistrati, un organismo che trova un lontano antecedente nella storia dell'Italia liberale. Mi soffermo, poi, su un altro ampio tema che ci interessa in modo particolare: quello dell'Amministrazione penitenziaria, che con questo Governo ha fatto un grandissimo passo in avanti. Partiamo dalle assunzioni. Finalmente si cerca di porre un rimedio concreto a carenze denunciate da anni da organizzazioni sindacali e dagli addetti ai lavori. Anche sulle dotazioni e sugli equipaggiamenti notiamo un netto cambio di passo su questo fronte, tuttavia continuiamo a ritenere indispensabili le dotazioni di e di . Ma non c'è solo il fronte quantitativo, a quello si aggiunge quello qualitativo: penso, solo per fare un esempio, alla recentissima istituzione dei medici della Polizia penitenziaria, attesi da anni, figura che io stesso avevo contemplato in un'apposita proposta di legge. A questo riguardo mi chiedo, signor Ministro, se, raggiunto questo ambizioso risultato, sia possibile andare oltre e pensare all'istituzione di un ruolo specialistico di psicologi della Polizia penitenziaria per offrire un supporto indispensabile agli operatori di questo Corpo, che vivono obiettivamente situazioni estremamente difficili, fino ad arrivare, in casi estremi, anche al suicidio. E, parlando di suicidi, intendo introdurre un problema che ci tocca dal punto di vista umano: quello dei suicidi dei detenuti.
Non voglio entrare nella polemica dei numeri di questi gesti estremi, che comunque lei ha già chiarito, ma proprio per la delicatezza del tema auspicherei che non diventasse un campo di battaglia, dove prevalgono le strumentalizzazioni ideologiche a scapito della ricerca di soluzioni, che - come ha detto anche lei, signor Ministro - non possono essere i provvedimenti svuota carceri, non solo perché lo Stato è obbligato a svolgere al meglio una delle sue funzioni primarie, ovvero garantire la sicurezza dei cittadini e del Paese, ma anche perché i numeri non dimostrano un diretto nesso di causalità tra il sovraffollamento e la spinta suicidaria. Sono numeri facilmente reperibili su Internet: nel 2010, per esempio, con un sovraffollamento nettamente superiore all'attuale, ci fu una trentina in meno di suicidi rispetto all'anno record del 2022, con ben 84 suicidi.
Anche sul concetto di sovraffollamento ci sono fraintendimenti, pure da parte dei , che naturalmente puntano al sensazionalismo, allo slogan, senza entrare nel merito. I termini andrebbero usati in modo appropriato, ma anche i numeri. Cito un esempio, lasciandolo correre sul raffronto delle superfici detentive riconosciute dai vari Stati europei, ambito nel quale l'Italia certo non sfigura. C'è chi crede e fa credere che la capienza dei nostri istituti penitenziari sia calcolata in base ai parametri minimi stabiliti dalla Corte europea di Strasburgo. Ovviamente in quest'Aula sappiamo tutti che non è così, perché il criterio utilizzato dall'amministrazione penitenziaria italiana per calcolare la capienza degli istituti è ben superiore ai famosi 3 metri quadri stabiliti dalla giurisprudenza europea.
Peraltro, come lei ci ha confermato oggi, signor Ministro, non è nemmeno vero che il sistema sia “carcerocentrico”, come sostengono alcuni. A fronte dei 61.861 detenuti a fine del 2024, ci sono 94.000 persone in esecuzione penale esterna o di comunità e ci sono anche 90.000 liberi sospesi, ovvero persone condannate che non stanno eseguendo la pena, in attesa di sapere dal tribunale di sorveglianza se potranno essere ammesse a misure alternative al carcere oppure no. Ci sembra, questo, un tema da tenere nella massima attenzione, ma, a prescindere da tutto questo, noi della Lega riteniamo che la soluzione sia comunque puntare sull'edilizia penitenziaria, come a Forlì, o sulla riqualificazione di strutture già esistenti, adattabili soprattutto per ospitare i soggetti meno pericolosi.
Le soluzioni per noi della Lega sono due: la prima - come detto - è quella dell'edilizia penitenziaria, che si dovrebbe combinare con la seconda, ovvero lavorare a livello internazionale, per far sì che i detenuti stranieri, percentualmente sovrarappresentati nelle nostre carceri - o almeno una parte di essi -, scontino la pena nel loro Paese di provenienza .
Da ultimo, tocco una questione che sta diventando di giorno in giorno sempre più grave, quella della crescente criminalità giovanile, soprattutto collegata ai risultati di fenomeni migratori, non solo irregolari ma anche regolari. Anche in questo caso non possiamo arretrare di fronte a mere questioni organizzative, come il sovraffollamento delle carceri minorili. L'esperienza già sviluppata in altri Paesi europei dovrebbe ammonirci a considerare il problema molto seriamente in maniera interdisciplinare e non cedendo in alcun modo a illusioni indulgenziali.
Condividiamo, dunque, l'obiettivo del Governo di intervenire con provvedimenti legislativi che puntano finalmente a rafforzare il ruolo dello Stato nel garantire e tutelare i diritti della collettività. Una svolta, una rivoluzione copernicana rispetto agli anni passati, che risponde in pieno a quelle che sono le richieste che ci arrivano dalla stragrande maggioranza dei cittadini, che rispondono in pieno alle promesse fatte in campagna elettorale. Poniamo al centro la sicurezza in tutte le sue forme, dal contrasto all'immigrazione irregolare, anche a salvaguardia degli stessi migranti, con vittime sfruttate da organizzazioni criminali che lucrano sulla tratta, alla cybersicurezza e alle maggiori tutele per i lavoratori, con particolare attenzione al personale delle Forze dell'ordine.
Qui voglio aprire una parentesi sulla gravissima e rinnovata strategia della tensione, in atto in Italia, con il caos e la violenza nelle piazze e l'aggressione alle Forze dell'ordine, messe nel mirino - sappiamo bene - da quali aree politiche e mediatiche attraverso una continua mistificante delegittimazione, che ne mette ancora più a rischio l'incolumità e l'attività. Nessun intento di impedire legittime manifestazioni o contestazioni, ma non sono accettabili violenze e devastazioni gratuite , che infliggono danni alle proprietà private o alla città, oltre a mettere a serio repentaglio l'integrità fisica delle Forze dell'ordine.
Cito, a questo proposito, il disegno di legge in materia di sicurezza pubblica, i cui contenuti sono stati travisati e strumentalizzati con una chiara operazione ostruzionistica, che tenta di allungarne i tempi di approvazione. Al contrario, la Lega punta a una rapida approvazione al Senato del disegno di legge, dove già sono presenti alcuni elementi a difesa e a tutela delle Forze dell'ordine. Sono elementi che vengono specificatamente trattati anche in una proposta di legge del nostro capogruppo Molinari sul patrocinio gratuito per le vittime degli incidenti sul lavoro e i componenti delle Forze dell'ordine indagati per atti compiuti durante l'espletamento del loro servizio. La tutela prevista prevede una difesa gratuita dell'agente, in maniera indipendente dal reddito, andandosi a occupare di quei casi che vedono coinvolti operatori delle Forze dell'ordine, nella maggior parte dei casi senza alcuna responsabilità dolosa.
Qui è lecito affrontare il tema delle Forze dell'ordine. Ci chiediamo quale obiettivo si persegua quando si attaccano e si screditano le Forze dell'ordine, che rischiano la loro vita per la sicurezza del Paese e della collettività.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
JACOPO MORRONE(LEGA). Noi crediamo che lo Stato debba garantire - chiudo - e rafforzare le tutele delle Forze dell'ordine, per consentire loro di lavorare con più serenità e operatività.
Chiudo, Presidente, citando un caso recentissimo: credo che bene abbia fatto il Governo a conferire un encomio al maresciallo Luciano Masini .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). La ringrazio, signora Presidente. Nella manciata di minuti che ho a disposizione, ovviamente, non posso che andare per titoli, anche perché, facendo un paragone tra la precedente relazione dell'anno scorso e quella di quest'anno del Ministro, tolte le pagine dedicate ai ringraziamenti, tolte le pagine dedicate alla parte del PNRR - che peraltro è dovuta a tutti i Ministeri, altrimenti non arrivano i soldi - e al di là di un'interessante disquisizione sull'importanza della durata dei Governi, che però non è propriamente nel merito delle questioni che dovremmo affrontare oggi, ma che il Ministro ha deciso di inserire per illustrarci anche il suo pensiero su questo ed è sempre una cosa apprezzabile, rimane esattamente sovrapponibile, da una relazione all'altra, il “faremo”, “lavoreremo”, “proveremo”, eccetera.
L'unica cosa in più che è stata fatta è il tema della separazione delle carriere. Signor Ministro, vorrei far presente che noi abbiamo perso due anni grazie a voi al Governo per la separazione delle carriere, perché c'erano delle proposte presentate due anni fa e, aspettando che voi presentaste la vostra proposta, abbiamo girato a vuoto come degli scemi per due anni.
Che cosa accade, signor Ministro? Che, nella precedente relazione - leggo testuale quello che lei scrisse - lei disse: “Adesso arriviamo all'ultimo punto, alla separazione delle carriere: ho detto che questa fa parte del nostro programma, è un impegno che abbiamo preso con gli elettori, non è negoziabile e lo porteremo avanti” e fino a qui . “Quando, come e in che modo sarà il Parlamento a deciderlo”. Lei ha mentito, lei si è assunto la responsabilità di blindare un provvedimento, sottraendolo alla disponibilità del Parlamento, come dovrebbe essere un provvedimento di riforma costituzionale. Lei ha affermato che il provvedimento era blindato. Altro che il Parlamento, i modi, i tempi, le cose.
D'altra parte, siete così su tutto, anche sul tema del sorteggio. Mi consenta, Ministro, ovviamente io sono un umile neanche laureato - quindi, si figuri -, però è inutile che lei continui a fare il ragionamento sul sorteggio paragonandolo a tutta una serie di situazioni nelle quali si sorteggiano dei giudici. Qualunque esempio a cui lei ha fatto riferimento è relativo ai giudici; noi stiamo parlando del sorteggio dei laici del Consiglio superiore della magistratura, che è un organo di autogoverno e che non ha nulla a che fare con un potere giudicante, perché ha tutt'altro tipo di potere. È disonesto intellettualmente fare quel paragone e lei lo sa perfettamente che sta mettendo insieme due cose che non c'entrano niente l'una con l'altra. Usa un artificio per cercare di dimostrare che anche il sorteggio dei laici ha una sua ragione - ammesso che ce l'abbia quello dei togati - che invece semplicemente non ha.
Io posso solo fare dei titoli, signor Ministro, perché sulla separazione delle carriere, sulla quale, come lei sa, noi siamo assolutamente d'accordo, vorremmo che fosse possibile - come dire - contribuire, visto che è una riforma costituzionale; vorremmo che fossero recuperate delle cose, che le camere penali e i cittadini - migliaia di cittadini - avevano previsto nel testo originario, come, per esempio, l'obbligatorietà dell'azione penale, da togliere perché - e lei lo sa perfettamente, perché lo diceva un tempo; sono tante le cose che diceva, Ministro, e che adesso non dice più o su cui dice il contrario - l'obbligatorietà dell'azione penale è lo strumento attraverso il quale c'è la piena discrezionalità, da parte dei giudici e delle procure, su come andare avanti nell'apertura e chiusura dei fascicoli in tempi diversi e via dicendo. Quello c'era nella proposta che avevamo avanzato. Ci sarebbe piaciuto confrontarci, sapere cosa ne pensavate. Invece no: lei si è assunto la responsabilità di blindare quel testo.
Detto questo, passo al tema della custodia cautelare e poi arriveremo al tema delle carceri, se ci riesco in pochi minuti. Siamo d'accordissimo. Lei è stato, se non sbaglio, il garante o il presidente del comitato dei referendum che facemmo qualche anno fa, nel quale c'era il tema della custodia cautelare e il tema della legge Severino per la parte che riguarda gli amministratori. Dove stanno queste proposte di riforma? Lei ci sta parlando delle intercettazioni - “faremo”, “diremo”, “faremo” - ma c'è un testo fermo da mesi alla Camera, perché, come vi siete azzardati a metterlo in campo al Senato, siete esplosi. Esplodete esattamente come su tanti altri temi, perché le contraddizioni che avete al vostro interno, signor Ministro, sono talmente evidenti che voi fate gli per far credere alla gente che fate le cose e poi vi fermate e questa è una di quelle.
Ma vorrei dirle, non so se era nel programma, che sicuramente è nella storia del garantismo di questo Paese una legge decente sulla responsabilità civile dei magistrati. La separazione delle carriere non è l'unica panacea di tutti i mali del dissesto della giustizia italiana. Potrei parlarle dei fuori ruolo, potrei parlarle della violazione del segreto istruttorio…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Non posso più parlarne per nulla. Vorrei semplicemente dirle che, mentre non si fanno tutte queste cose, voi fate altri reati. Ora, signor Ministro, lo abbiamo appreso oggi. D'altra parte, dopo che lei mi ha spiegato che il Sottosegretario Delmastro è paragonabile a Churchill, assolutamente non mi meraviglio del fatto che lei mi dica che si possono fare dei reati per creare deterrenza. Le suggerisco una fattispecie che potrebbe essere utile per quello che succede: faccia un reato per gli spari a Capodanno. Provi!
Potrebbe essere utile ad evitare tante cose che accadono durante Capodanno. Poi, se qualcuno che sta tra di noi ci finisce in mezzo, non fa niente, però è una fattispecie, magari è un deterrente, ed eviteremmo di trovarci con qualcuno che spara, a Capodanno, da una parte all'altra di una stanza. Glielo do come suggerimento, visto che funziona come deterrenza.
Le voglio dire solo una cosa. Purtroppo, sulle carceri sono intervenuto tante volte. Lei ha un'evoluzione continua, perché era partito insieme alla Presidente del Consiglio e a tutto l'ambaradan della sua maggioranza, dicendo: costruiamo nuove carceri, costruiamo nuove carceri - ce lo spiegavano soprattutto i leghisti -, costruiamo nuove carceri. Poi lei era arrivato alle caserme: utilizziamo le caserme, facciamo le caserme.
Addirittura, in un'intervista su , la faccio breve, lei ha addirittura ipotizzato la possibilità di fare carceri separate per coloro che sono in attesa di giudizio e coloro che sono, invece, detenuti giudicati. Insomma, diciamo che c'è qualche problema…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Sì, concludo e rubo qualche secondo, come hanno fatto anche tutti gli altri.
PRESIDENTE. E infatti l'ho richiamata esattamente quando ho richiamato gli altri, sto dando un minuto in più a tutti. Prego.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Sì, se lei non mi interrompe, comunque ho quasi concluso. Stavo dicendo: la situazione umanitaria all'interno delle carceri non è compatibile con qualunque ragionamento lei voglia fare sul “risolveremo”, “faremo” e via dicendo. C'è un dramma che si sta consumando: sono nove, nello stesso periodo dell'anno, i suicidi in carcere, di cui uno tra gli agenti di Polizia penitenziaria. Allora, vorrei semplicemente chiudere dandole una notizia: forse sarebbe bene che lei dicesse ai suoi uffici e al suo Capo di Gabinetto che si aggiornassero sulle cose.
Perché se la fanno venire qui a dire delle cose false, la informo che è falso che, dopo l'indulto, c'è stata la recidiva più bassa. Si informi, si vada a informare. Dopo l'indulto del 2006, soltanto il 30 per cento dei detenuti sono rientrati in galera. È una bugia e lei non può dire una menzogna in Parlamento, esattamente come quella che in Inghilterra stanno peggio di noi: 12 settembre del 2024, il nuovo Governo inglese ha messo la situazione delle carceri tra le sue priorità e per contrastare la crescita del sovraffollamento ha deciso di rilasciare circa 1.700 persone detenute. Il sistema inglese sta scontando, li hanno messi fuori…
PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). E allora lei non dica qui corbellerie, oppure dica ai suoi uffici e al suo Capo di Gabinetto, che è tanto bravo, di non farle dire corbellerie
PRESIDENTE. Colleghi, ci sono qui io che lo sto richiamando, non c'è bisogno che diciate “tempo”. Non aiuta né me, né l'onorevole Giachetti a concludere.
È iscritta a parlare la deputata Patriarca Ne ha facoltà.
ANNARITA PATRIARCA(FI-PPE). Signor Presidente, colleghi, Ministro Nordio, Vice Ministro Sisto, la relazione che il Ministro della Giustizia ha esposto oggi è una sorta di bilancio di metà mandato sullo stato della giustizia nel nostro Paese, che si giova, come ha giustamente detto il Ministro, della stabilità del Governo in carica, convertendosi nella capacità di individuare e, conseguentemente, perseguire gli obiettivi, ma anche della capacità di dare risposte giuste al momento opportuno.
L'azione di questo Governo, anche in tema di giustizia, si è caratterizzata, in tutti i provvedimenti che sono stati approvati da questo Parlamento, nella scelta di dare risposte immediate alle maggiori criticità che si riscontravano e si riscontrano in materia di giustizia. Abbiamo condiviso il merito e il metodo delle scelte fatte da questo Governo in tema di giustizia. Per questa ragione, Ministro Nordio, Forza Italia riconferma la sua fiducia e il suo sostegno e la ringrazia per il lavoro svolto.
Che il tema della giustizia sia centrale per questo Governo è testimoniato da una serie di interventi normativi che in questi anni sono stati approvati da questo Parlamento, segno anche della visione chiara che si ha del sistema giustizia; un sistema giustizia che noi vogliamo più efficiente, più celere, più efficace, ma soprattutto più giusto. Per questa ragione, Forza Italia ha con soddisfazione accolto l'approvazione, da parte della Camera dei deputati, del testo di un provvedimento, che adesso è in sede di approvazione nell'altro ramo del Parlamento, per noi fondamentale, che è quello della separazione delle carriere. Battaglia storica e lungimirante del nostro Presidente Berlusconi.
La separazione delle carriere è una garanzia per la giustizia ed è una misura finalizzata a rafforzare la terzietà del giudice e a migliorare la qualità del sistema giudiziario. Il giusto processo, garantito dall'articolo 111 della Costituzione, impone che l'accusa e la difesa siano su un piano di parità e che il giudice sia effettivamente e apparentemente terzo. La legge sulla separazione delle carriere è la precondizione ordinamentale perché il rito accusatorio sia lo strumento che esalta i diritti e le prerogative di libertà dell'imputato, costituzionalmente garantiti.
Con la scelta del rito accusatorio nel processo penale, con cui si è archiviata l'esperienza del processo inquisitorio, si sono attuati i principi della Costituzione e delle convenzioni internazionali. Le carriere separate servono per un processo concepito quale luogo e strumento di garanzia dell'imputato, retto dal principio della presunzione di innocenza e dalla regola di giudizio dell' Questi sono i princìpi che animano la nostra Costituzione e sono i princìpi cardine della nostra democrazia costituzionale, edificata sui diritti fondamentali. Dobbiamo tendere ad un processo giusto affinché si rispettino i principi della Costituzione, dove ci sia un contraddittorio fra le parti che si confrontano ad armi pari e ci sia l'imparzialità del giudizio ad opera di un giudice terzo.
In quest'ottica, cioè nel quadro normativo del giusto processo costituzionale, bisogna dare attuazione reale al requisito della terzietà del giudice, perché, se il fine del processo è la decisione imparziale del giudice terzo, va da sé che il suo presupposto non possa che essere la collocazione di quest'ultimo in uno statuto ordinamentale distinto da quello del magistrato dell'accusa. L'appartenenza di entrambi ad un unico corpo, implicando condivisione di meccanismi di reclutamento e progressione di carriera, minerebbe l'equidistanza dalle parti della posizione del giudice.
Premesso questo, va ribadito che ci muoviamo nell'ambito e nel rispetto della Costituzione, proprio per attuare i principi fondamentali del giusto processo previsti in essa, e che l'articolo 104 della Costituzione continuerà a garantire l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Pertanto, questa clamorosa protesta, assurda, da parte della magistratura, impone a tutti noi un'attenta riflessione. Nel rispetto della Costituzione, nessuno può negare al Parlamento il diritto-dovere di legiferare e anche di modificare la Costituzione, così come nella Costituzione stessa è previsto, così come nessuno può negare alla magistratura il diritto-dovere di applicare e interpretare le leggi che il Parlamento approva.
Ma una cosa è esprimere giudizi su testi normativi, altra è adottare atteggiamenti di contrasto così tesi, boicottando addirittura una cerimonia istituzionale come l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Proseguiremo, Ministro, in questa direzione e saremo al suo fianco, forti di una battaglia che è identitaria per Forza Italia, ma consapevoli, soprattutto, del fatto che stiamo facendo una battaglia per i diritti e le garanzie dei nostri cittadini. Abbiamo apprezzato, signor Ministro, i risultati raggiunti sull'arretrato civile e penale e sul raggiungimento degli obiettivi del PNRR.
Abbiamo apprezzato lo sforzo del reclutamento di personale nel settore giustizia. Siamo consapevoli delle criticità del processo di adeguamento telematico, soprattutto nel processo penale, che ha richiesto e richiederà ancora un impegno maggiore, organizzativo e finanziario. Sappiamo bene che le sfide della tecnologia sono oggi strategiche e importanti, anche e soprattutto nel sistema giudiziario. Abbiamo apprezzato la visione e la programmazione di breve, medio e lungo periodo che lei ha indicato nella sua attenta e puntuale relazione.
Ci sono una serie di provvedimenti, signor Ministro, all'attenzione dei rami del Parlamento, che devono ancora completare l'iter parlamentare. Provvedimenti a cui teniamo particolarmente, come quello della giustizia onoraria o come il completamento della riforma delle intercettazioni. La prima parte di questa riforma è diventata legge lo scorso autunno, insieme all'abolizione del reato di abuso d'ufficio. Parliamo del divieto assoluto di intercettazione dei colloqui tra avvocato e cliente, norma di straordinaria civiltà giuridica. Va completato il lavoro fatto sulla proroga delle intercettazioni, per evitare il deprecabile fenomeno delle registrazioni a strascico, meramente esplorative.
Siamo in attesa, signor Ministro, di un'iniziativa legislativa sullo strumento dei . Speriamo che i tempi di approvazione del disegno di legge di modifica della prescrizione, che porta la prima firma del collega Pittalis, siano veloci e possa arrivare presto l'approvazione dell'altro ramo del Parlamento. La riforma della giustizia avanza con determinazione, portando con sé una visione equilibrata e concreta della detenzione, che coniuga la certezza della pena con il rispetto della dignità umana.
Il lavoro del Governo su questo fronte è chiaro: un intervento organico per migliorare le condizioni dei detenuti e offrire risposte adeguate all'emergenza carceraria, senza cedere a logiche di impunità. La questione carceraria non è solo un problema di ordine pubblico ma un banco di prova della capacità dello Stato di coniugare sicurezza e umanità, legalità e reinserimento sociale. La scorsa estate Forza Italia ha condotto un nelle carceri italiane, un'operazione capillare che ha permesso di toccare con mano la realtà degli istituti di pena, di ascoltare detenuti e personale penitenziario, raccogliendo testimonianze dirette sulle criticità quotidiane. Da questo viaggio tra le mura delle carceri italiane sono emerse non solo problematiche strutturali, come il sovraffollamento e la carenza di risorse, ma anche questioni legate alla gestione della vita carceraria e alle prospettive di reinserimento per i detenuti. Questa iniziativa ha fornito elementi concreti per definire strategie di intervento, mirando a una giustizia che non sia solo punitiva ma anche rieducativa.
Forza Italia è consapevole dell'importanza di investimenti nel settore della costruzione di nuovi penitenziari, necessari per ridurre il sovraffollamento e garantire migliori condizioni di vita ai detenuti. Tuttavia, è altrettanto chiaro che bisogna andare oltre, non con misure emergenziali ed eccezionali ma con scelte strutturali di sistema. Il rafforzamento delle infrastrutture penitenziarie deve accompagnarsi a una visione più complessiva della giustizia, che includa misure di recupero e reinserimento, evitando che il carcere si trasformi in un luogo di esclusione sociale definitivo. Il tema del sovraffollamento resta centrale, così come la necessità di garantire ai detenuti condizioni di vita accettabili. Il Governo ha posto un'attenzione particolare alle forme di detenzione intramuraria alternative, con un sui soggetti più fragili, come i detenuti tossicodipendenti. L'obiettivo è implementare misure che consentano a queste persone di scontare la pena in strutture adeguate, come le comunità di recupero, evitando che il carcere si trasformi in un vicolo cieco senza sbocchi di reinserimento, un approccio che guarda la giustizia come un percorso di redenzione e responsabilizzazione, in cui la pena non sia solo un castigo ma anche un'opportunità di cambiamento. Parallelamente l'Esecutivo lavora per mantenere un equilibrio tra certezza della pena e rispetto della dignità umana. La linea è chiara: nessuna indulgenza per chi delinque ma neanche un sistema punitivo fine a se stesso, incapace di dare reali possibilità di reinserimento sociale. Il carcere non può essere solo un luogo di espiazione, ma deve essere un punto di ripartenza. In questa prospettiva, si rafforza il principio della rieducazione del condannato come previsto dall'articolo 27 della Costituzione, attraverso percorsi mirati che includano formazione professionale e supporto psicologico. La formazione professionale all'interno delle carceri rappresenta una delle chiavi di volta per spezzare il circolo vizioso della recidiva e permettere ai detenuti di costruire un futuro diverso una volta scontata la pena. In questo contesto stiamo lavorando, Governo e Parlamento, per rafforzare il ruolo degli operatori penitenziari e migliorare le condizioni di lavoro della Polizia penitenziaria. Il personale che opera all'interno delle carceri svolge un ruolo essenziale nel garantire la sicurezza e, al contempo, nel promuovere percorsi di recupero per i detenuti. La formazione e il supporto a queste figure sono essenziali per costruire un sistema penitenziario più efficiente ed equilibrato. Le scelte dell'Esecutivo vanno dunque nella direzione di una giustizia più efficiente e umana, che sappia rispondere alle sfide del sistema penitenziario, senza arretrare di fronte alla necessità di punire chi sbaglia. La riforma in atto rappresenta un passo decisivo in questa direzione, con un impegno costante per rendere le carceri non solo luoghi di espiazione della pena ma anche strumenti di recupero e reintegrazione nella società. La giustizia non deve essere solo un concetto astratto, ma una realtà tangibile, che sa coniugare legalità, sicurezza e umanità, dando a tutti una possibilità di riscatto .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Benzoni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Ministro, lascerò al collega D'Alessio un giudizio più complessivo sulla sua comunicazione e vorrei concentrarmi sulla parte relativa alla detenzione, alla situazione carceraria.
Ministro, non posso essere soddisfatto delle sue parole, nella consapevolezza che non possiamo attribuirgli le colpe di un problema che è cronicizzato, le va, quindi, riconosciuto di aver trovato un problema che arriva da ben lontano, ma sicuramente possiamo imputargli la capacità di rispondere a questi problemi.
Tutto ruota intorno a una cosa, a quel principio costituzionale a cui dovremmo ispirarci: la capacità della pena di tendere alla rieducazione del condannato. E non sarà negando i dati o paragonandoli a quelli di altri Paesi europei il modo per risolvere la situazione di sovraffollamento che è devastante. Il Antigone dice il 132 per cento, quello dei detenuti minori è un record di sempre, alcune carceri che superano il 200 per cento - San Vittore, Canton Monbello, Como, Lucca, siamo lì attaccati al 200 per cento a Taranto e a Varese - e 59 istituti penitenziari che superano il 150 per cento.
Non sarà dire “ma non siamo i peggiori in Europa” a darci una soddisfazione, e non ce l'ha data, peraltro dobbiamo paragonarla a come calcolano quell'indice di isolamento, in particolare alle condizioni delle carceri italiane. Andiamo oltre: nel 10,3 per cento degli istituti penitenziari non in tutte le celle è garantito il riscaldamento, non so se negli altri Paesi europei questo accada. Nel 48 per cento degli istituti non è garantita l'acqua calda per tutto l'anno per tutto il giorno; nel 55 per cento degli istituti non tutte le celle hanno una doccia. Un carcere su quattro non ha spazi per il lavoro e per la formazione.
Stiamo parlando di questo e non è accettabile che si dica: “non c'è un collegamento tra il sovraffollamento e quello che sta accadendo”, perché c'è un collegamento tra l'aumento del numero dei detenuti e il peggioramento delle condizioni di vita all'interno delle carceri italiane. Ricordiamo che il Presidente Mattarella ha letto una lettera di alcuni detenuti del carcere di Canton Monbello che raccontano cosa vuol dire convivere nel doppio di quella che è la capienza di un carcere e non c'è il principio di rieducazione.
Un rapporto del CNEL ci dice che è recidivo il 68 per cento di chi entra in carcere. Signor Ministro, è un dato molto importante, perché vuol dire che la percezione di insicurezza che abbiamo fuori è anche imputabile al fatto che tutti coloro che escono dal carcere vi ritornano velocemente. Salvo in tanti casi: ci sono percorsi di formazione e di lavoro in alcune carceri che garantiscono, per chi li ha compiuti, che solo il 2 per cento ritorni successivamente in carcere. Chi li visita lo sa, purtroppo riguardano pochissime persone rispetto alla popolazione penitenziaria, ma ci sono dei casi di eccellenza: a Rebibbia c'è un reparto che è un gioiello, è il G8 dove si fanno le prenotazioni del CUP di alcuni ospedali romani, dove si scrive sul giornale tutte le settimane, dove c'è la pizzeria, la falegnameria e sappiamo che chi esce da questo percorso non torna più in carcere, se non nel 2 per cento dei casi.
Allora, vogliamo mettere proprio questo principio al centro? Abbiamo le città che hanno una percezione di sicurezza molto alta: la maggioranza si diverte a dare colpa ai sindaci e alle Polizie locali nelle città in cui non governa, ma c'è un tema di sicurezza. Se sappiamo che chi rientra in carcere c'è già stato, vuol dire che abbiamo fallito espressamente nella capacità rieducativa all'interno del carcere. Costruire nuove carceri non vuol dire solo dare condizioni migliori a chi deve scontare una pena, vuol dire anche trovare le condizioni urbanistiche e di spazi perché il lavoro entri in carcere. Non basta dire che si prevedono incentivi per quando si esce, tanto non ti prende nessuno a lavorare. Ti prende qualcuno solo quando ti conosce e quando hai fatto un percorso all'interno delle carceri.
Mi perdoni - vedo che annuisce e so che lei è d'accordissimo -, ma in nessuno dei provvedimenti fatti, abbiamo lavorato in questa direzione, ossia per la praticità di nuovi istituti di pena che sappiano avere gli spazi per farlo e nelle agevolazioni, anche fiscali, per chi investe nel carcere. E arrivo ai suicidi, perché è un dato di fatto, il record dell'anno scorso è una cosa di cui non vorremmo macchiarci quest'anno. Stiamo partendo male: siamo già a nove e siamo solo neanche a metà gennaio.
Un'altra questione: i membri della Polizia penitenziaria, a cui va il nostro ringraziamento per il lavoro che svolgono, ma la Polizia penitenziaria è vittima delle condizioni di lavoro dentro le carceri italiane. Allora, un Piano carceri non è solo per trovare più posti e per adeguare gli spazi, un Piano carceri serve per adeguare gli standard di lavoro e per permettere una maggior sicurezza e una maggiore integrazione a tutti coloro che dal carcere devono uscire e devono essere in grado di riabilitarsi a una propria vita lavorativa e sociale. Questa è la priorità che non abbiamo visto nella sua relazione, sapendo però che è sicuramente d'accordo con noi.
C'è tutto il tema del personale all'interno delle carceri; quello della mancanza di psicologi, della dipendenza da droga e da psicofarmaci; il tema della Polizia che non è in grado di prevenire l'ingresso di droghe e l'ingresso di altro materiale dentro le carceri italiane. Su tutto questo ci vuole un , ci vuole un'attenzione e ci vuole la comprensione, che non sarà dire: “chiudiamoli in cella per sempre e buttiamo le chiavi, che è la soluzione”. Il carcere ha un compito rieducativo a cui non dobbiamo rinunciare.
Non possiamo imputare la colpa a lei, perché è un problema che riguarda tanti anni e tanti Governi che si sono preceduti, ma possiamo chiederle che si possa fare di più, anche seguendo le proposte dell'opposizione .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Semenzato. Ne ha facoltà.
MARTINA SEMENZATO(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente, Ministro, colleghi. Ringrazio per le comunicazioni il Ministro Nordio, il quale ha delineato un quadro di interventi profondamente orientati a rafforzare l'efficienza e la credibilità del sistema giustizia, uno dei pilastri su cui si fonda la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
La relazione oggi fatta dal Ministro della Giustizia ci offre l'occasione per riflettere su un tema centrale. La giustizia non è solo un ambito tecnico, ma uno dei cardini del patto tra cittadini e Stato, il luogo dove le istituzioni dimostrano la loro capacità di garantire equità, sicurezza e libertà.
Il Ministro ci ha offerto una fotografia chiara e dettagliata della situazione. Il Governo sta dimostrando, giorno dopo giorno, che riformare il sistema giudiziario italiano è non solo doveroso, ma possibile e lo fa con un metodo che voglio sottolineare: stabilità, visione e concretezza.
La relazione evidenzia non solo gli obiettivi raggiunti nel corso del 2024, ma una visione di lungo periodo, una visione che trova forza nella stabilità politica, che costituisce un valore essenziale per garantire la prevedibilità e l'efficacia delle politiche pubbliche. La giustizia, più di ogni altro ambito, beneficia di questa stabilità, perché le riforme necessarie non possono essere affrontate con logiche emergenziali o approcci frammentari.
Il percorso avviato dal Ministro della Giustizia, dalla riforma costituzionale della separazione delle carriere alla modernizzazione del sistema giudiziario, rappresenta un esempio di riformismo ambizioso, ma concreto. Non parliamo di , ma di risposte ai bisogni reali del Paese, alle imprese che chiedono tempi certi per le controversie, ai cittadini che vogliono sicurezza e giustizia rapida, agli operatori del diritto che meritano un sistema efficace e trasparente.
La riforma della separazione delle carriere, tema che, come centrodestra, sosteniamo con forza , è una risposta coraggiosa e moderna ad una domanda di maggiore equilibrio e terzietà del sistema giudiziario.
È una riforma che rafforza il principio del giusto processo, garantendo che il giudice resti terzo e imparziale tra accusa e difesa, senza confusione di ruoli o di funzioni. Alle critiche mosse a questa riforma rispondiamo con chiarezza: non c'è alcun tentativo di minare l'autonomia della magistratura. Al contrario, la separazione delle carriere rafforza il sistema accusatorio , in linea con quanto avviene nelle grandi democrazie liberali e soprattutto pone fine ad una Commissione che ha spesso generato opacità e squilibri.
Non possiamo, poi, ignorare i risultati ottenuti nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in particolare la riduzione dell'arretrato civile e penale è un dato che parla da sé. La giustizia italiana si sta finalmente liberando di un fardello che per anni ha rallentato il nostro sviluppo economico e sociale. La digitalizzazione del processo penale, pur con qualche fisiologica difficoltà, rappresenta un passo fondamentale e necessario per una giustizia più moderna ed efficiente. Non solo varare le norme, ma investire risorse, formare personale e introdurre strumenti concreti per garantire tempi certi e trasparenza. Un altro pilastro dell'azione intrapresa riguarda la sicurezza e il sistema carcerario, affrontare il sovraffollamento, non con provvedimenti svuota-carceri, ma con l'edilizia penitenziaria. Se mancano posti nelle carceri, ne costruiamo di nuove, non mandiamo in giro i delinquenti. Per troppo tempo, si è scelta la strada più facile, con misure che minavano la certezza della pena e aumentavan