PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
GIOVANNI DONZELLI, legge il processo verbale della seduta del 24 gennaio 2025.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 84, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta odierna .
PRESIDENTE. Invito il deputato Segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.
GIOVANNI DONZELLI, legge: Alessio Paiano, da Cavallino (Lecce), chiede l'innalzamento dei limiti alle ore di lavoro straordinario ;
Mauro Manservigi, da Bondeno (Ferrara), chiede: misure per favorire l'innovazione tecnologica del comparto logistico ;
politiche di semplificazione amministrativa e burocratica per i cittadini ;
Aniello Traino, da Neirone (Genova), chiede: di ampliare il periodo di utilizzo della carta «Dedicata a te» ;
la sospensione della campagna informativa contro l'evasione fiscale trasmessa sui canali televisivi ;
Michele Vecchione, da Villa Lagarina (Trento), chiede iniziative per obbligare i proprietari di immobili fatiscenti a effettuare interventi di manutenzione a tutela della pubblica incolumità ;
Mariastella Giorlandino, da Roma, e numerosi altri cittadini chiedono la sospensione dell'efficacia del nuovo tariffario del Ministero della Salute relativo alle prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza ;
Guido Smanio, da Ariano (Rovigo), chiede nuove norme in materia di trattamento fiscale del risparmio previdenziale, e in particolare la detassazione delle somme investite nei piani pensionistici individuali ;
Filippo Fontanive, da Padova, chiede nuove norme in materia di monopattini, per agevolarne la circolazione ;
Giulia Butera, da Palermo, chiede la riduzione dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto per gli assorbenti e i tamponi per l'igiene femminile ;
Marco Bava, da Torino, chiede che non sia reintrodotta in Italia la produzione di energia nucleare ;
Domenico Sergi, da Platì (Reggio Calabria), chiede nuove norme penali per il contrasto del narcotraffico e del consumo di stupefacenti ;
Raffaele Mancuso, da Licata (Agrigento), chiede nuove norme in materia di responsabilità civile dei magistrati - ;
Francesco Pedone, da Tuti (Bari), chiede la soppressione degli istituti dell'interdizione giudiziale e dell'inabilitazione e la riforma dell'amministrazione di sostegno e del trattamento sanitario obbligatorio ;
Pasquale Mancino, da Roma, chiede l'istituzione della figura del rappresentante dei lavoratori per la ;
Tomaso Picchioni, da Brescia, chiede una riforma del sistema elettorale per permettere candidature non collegate a partiti o movimenti politici ;
Antonio Lepore, da Bari, chiede l'aumento ad almeno 1.500 euro dell'importo della pensione per gli invalidi civili ;
Massimo Torre, da Genova, chiede nuove disposizioni urgenti in materia di tutela dei cittadini da illeciti amministrativi condominiali e immobiliari, di trasparenza nella gestione condominiale e di rafforzamento delle garanzie per i condomini ;
Giovanni Ricchiuti, da Gravina di Puglia (Bari), e altri cittadini chiedono che non sia convertito in legge il decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina (A.C. n. 2206) .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2034-A: Modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Alessandro Urzi'.
ALESSANDRO URZI'La ringrazio, Presidente. Oggi l'Assemblea inizia la discussione del disegno di legge n. 2034-A, recante: “Modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma”, nel testo licenziato dalla Commissione affari costituzionali.
Nel corso della discussione - è doveroso richiamarlo - sono emersi elementi di ulteriore valutazione che non è escluso l'Aula potrà valutare di introdurre con propria facoltà emendativa. Ma torniamo all'esame svolto in Commissione. L'esame ha avuto inizio il 24 ottobre 2024. Al termine di esso, sono state presentate nel complesso sei proposte emendative. L'esame svolto nella seduta del 15 gennaio 2025 ha portato al conferimento del mandato al relatore e sono state approvate due proposte emendative, la seconda delle quali ha recepito la condizione posta nel parere della Commissione bilancio.
Passando ad illustrare i contenuti del disegno di legge, composto da 7 articoli, faccio presente che esso apporta modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma. Nel dettaglio - e voglio anche rinviare alla documentazione che è stata predisposta, per coloro che volessero ulteriori approfondimenti - rilevo che l'articolo 1 dispone in merito alla continuità dell'Ordine e all'obbligo di adeguamento del relativo statuto, e, in particolare, il comma 1 prevede che l'Ordine sia disciplinato in conformità al disegno di legge in esame e dà conto della storia giuridica dell'ente. Secondo quanto disposto successivamente, l'Ordine è attualmente iscritto quale fondazione di diritto privato nel registro delle persone giuridiche presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Parma.
Si stabilisce che la Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma adegui il proprio statuto al provvedimento in esame, secondo le modalità previste dalle disposizioni transitorie e finali di cui al successivo articolo 6. Lo statuto deve poi essere sottoposto all'approvazione del Presidente del Consiglio dei ministri, che vi provvede con decreto, sentiti il Ministro dell'Interno e il Ministro della Cultura. Viene inoltre previsto che il medesimo procedimento di approvazione si osservi per le successive modifiche statutarie, fermo restando il controllo sull'amministrazione della Fondazione svolto dall'autorità governativa ai sensi e per gli effetti dell'articolo 25 del codice civile.
Si delineano poi, nell'articolo 2, gli scopi della Fondazione, la disciplina e la durata, e si prevede anche l'assenza di fini di lucro. In particolare, il comma 1 prevede, quali scopi principali della Fondazione, perseguiti senza ingerenza nei servizi di culto: la conservazione della basilica di Santa Maria della Steccata a Parma, quale luogo insigne di esercizio del culto cattolico, la tutela, in ambito nazionale e internazionale, del patrimonio storico, culturale e religioso rappresentato dalla Basilica, nell'unitario insieme delle sue componenti materiali e immateriali; la valorizzazione degli altri elementi del suo patrimonio.
Il comma 2 individua lo scopo accessorio della Fondazione, ossia l'attuazione di iniziative di utilità sociale, culturali e filantropiche. Successivamente, si dispone che la Fondazione abbia durata illimitata, operi senza fini di lucro e non effettui distribuzioni o assegnazioni di utili o utilità, neppure in forma indiretta. È previsto anche che il patrimonio dell'ente sia destinato ai già richiamati scopi principali e accessori.
L'articolo 3 è stato modificato nel corso dell'esame in sede referente - ne ho fatto riferimento in precedenza -, aprendo un virtuoso confronto, che potrà avere anche uno sviluppo eventualmente di discussione e in fase emendativa in quest'Aula e reca una disciplina degli organi della Fondazione, che, ai sensi del comma 1, sono il presidente, il consiglio generale e il collegio dei revisori dei conti. In particolare, al comma 2, è previsto che il presidente sia nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'Interno e con il Ministro della Cultura, sentito il vescovo della diocesi di Parma, che duri in carica 5 anni, con possibilità di rinnovo per ulteriori 5 anni, che sia il rappresentante legale della Fondazione e che presieda il consiglio generale.
Secondo quanto disciplinato, invece, al comma 3, il consiglio generale è l'organo di indirizzo della Fondazione ed è composto da membri eminenti della società del parmense. Altri 4 membri del consiglio generale sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'Interno e con il Ministro della Cultura. Essi durano in carica 5 anni, così come il presidente, salvo rinnovo. Successivamente, si stabilisce che il consiglio generale possa attribuire ad uno dei membri nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di segretario generale, che svolge compiti di coordinamento della gestione amministrativa della Fondazione.
Si disciplina anche il collegio dei revisori dei conti. Esso è composto da 3 membri, iscritti nel registro dei revisori legali e nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il presidente del collegio è designato dal Ministro dell'Interno, gli altri 2 revisori sono designati rispettivamente dal vescovo della diocesi di Parma e dal sindaco di Parma. I revisori durano in carica 4 anni, salvo rinnovo. In caso di sostituzione di un componente nel corso del mandato, il sostituto resta in carico sino alla scadenza dell'intero collegio.
Con riferimento alle funzioni del collegio dei revisori dei conti, la disposizione rinvia peraltro agli articoli 2403 e 2409- del codice civile, in materia, rispettivamente, di doveri del collegio sindacale e di revisione legale dei conti, mentre il comma 8 dispone che non possono essere nominati come presidenti, come membri non di diritto del consiglio generale e come membri del collegio dei revisori dei conti coloro i quali siano interdetti, inabilitati, falliti, nonché condannati a una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità di esercitare uffici direttivi. Se una di tali condizioni si verifica dopo la nomina, ciò comporta evidentemente la decadenza dalla carica.
È previsto, infine, che la partecipazione agli organi della Fondazione dia diritto soltanto agli eventuali emolumenti che il consiglio generale deliberi di riconoscere, con oneri a carico della Fondazione stessa. Ad ogni modo, la disposizione reca un rinvio all'articolo 2, comma 3, ribadendo che l'ente opera senza fini di lucro e non effettua distribuzioni o assegnazioni di utilità o utili, neppure in forma indiretta. Nell'articolo 4 si assicura la continuità dell'esercizio del culto cattolico. Si prevede che la Fondazione agisca nel rispetto dei vincoli riguardanti la destinazione al culto della Basilica e dei beni in essa contenuti, come regolato dalla diocesi di Parma.
Si dispone, invece, che la Basilica e i beni di proprietà della Fondazione in essa contenuti non possano essere distolti dalla destinazione al culto, sino a che la destinazione stessa non sia cessata in conformità al diritto canonico. Il comma 3 fa salve le disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio applicabili alla Basilica e ai beni in essa contenuti. Ricordo, in particolare, che, secondo quanto disposto dall'articolo 9 del suddetto codice, per i beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, il Ministero e, per quanto di competenza, le regioni provvedono relativamente all'esigenza di culto, d'accordo con le rispettive autorità.
L'articolo 5 prevede che il controllo sull'amministrazione della Fondazione sia svolto ai sensi e per gli effetti dell'articolo 25 del codice civile. Ricordo che, a norma di tale articolo, l'autorità governativa esercita il controllo e la vigilanza sull'amministrazione delle fondazioni; provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori e dei rappresentanti quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possano attuarsi; annulla, sentiti gli amministratori, con provvedimenti definitivi, le deliberazioni contrarie a norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico e al buon costume; può sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto e dello scopo della fondazione o della legge.
Tale articolo specifica, inoltre, che l'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati da terzi in buona fede, in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima. Le azioni contro gli amministratori per fatti riguardanti la loro responsabilità devono essere autorizzate dall'autorità governativa e sono esercitate dal commissario straordinario, dai liquidatori o dai nuovi amministratori.
L'articolo 6 reca disposizioni transitorie e finali. Si prevede che, in sede di prima applicazione, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, le nomine del presidente della Fondazione, dei componenti del consiglio generale di designazione governativa e dei componenti del collegio dei revisori dei conti sono disposte con un unico DPCM. Alla data di entrata in vigore di tale decreto, cessano di avere effetto le nomine a vita disposte ai sensi del decreto del Capo provvisorio dello Stato del 6 settembre 1946 e decade il collegio dei revisori in carica sino a tale data.
Ci sono ulteriori misure transitorie, ma si conclude con l'articolo 7, che reca la clausola di invarianza finanziaria, a cui, nel corso dell'esame in sede referente, è stata apportata una modifica di carattere squisitamente formale, funzionale al recepimento della condizione posta nel parere della Commissione bilancio.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo: rinunzia.
È iscritta a parlare la deputata Alifano. Ne ha facoltà.
ENRICA ALIFANO(M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, rappresentante del Governo, oggi discutiamo di un provvedimento alquanto singolare. Parliamo - è stato detto dal collega Urzi' - di un disegno di legge che apporta modifiche alla Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma, da non confondere con l'Ordine costantiniano di San Giorgio di Napoli, che afferisce alla Casa di Borbone, precisazione che bisogna fare.
Ora, perché il Parlamento si debba occupare di questa questione lascia alquanto perplessi. Effettivamente, i temi di cui interessare questa Camera sono molteplici. Tanto per citarne qualcuno: l'aumento delle bollette, che crea sicuramente grosse difficoltà a cittadini e imprese; anche le tensioni internazionali potrebbero ricevere una maggiore attenzione da questa Camera; anche la crisi del sistema industriale, che si protrae oramai ininterrottamente da più mesi.
Ma cos'è? Noi, oggi, discutiamo su questo provvedimento che oggettivamente riveste un'importanza assolutamente minore. Ma veniamo all'analisi del testo in questione.
La particolarità di quest'ordine è che ha una storia più che centenaria, che ovviamente potrebbe interessare tutti coloro che si occupano di storia degli ordini cavallereschi, molto meno del nostro Parlamento. Ma, per farla breve, oggi - giusto per riassumere -, dobbiamo dire che la Fondazione Ordine costantiniano di cui stiamo parlando è stato costituito come ente giuridico autonomo dal regio decreto 5 febbraio 1922, n. 186 (la relazione abbastanza esaustiva che accompagna questo testo lo rammenta). Successivamente, un decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 6 settembre 1946 ne ha ribadito scopi e personalità giuridica. Proprio sulla scorta di queste fonti normative, il Consiglio di Stato più volte si è pronunciato sulla natura giuridica dell'ente e lo ha qualificato come ente pubblico, fino al parere n. 1206, espresso sempre dal Consiglio di Stato l'11 luglio 2022, quando si è cambiato avviso e il supremo consesso ne ha ravvisato la natura privatistica. E questo perché? Leggo testualmente la motivazione del Consiglio di Stato: “L'Ordine non si trova, con alcun pubblico potere, in una relazione organizzativa qualificata che ne comporti l'assoggettamento a poteri di direttiva, ingerenza, controllo o anche solo vigilanza, diversi da quelli che, in base alle attuali normative, interessano tutte le persone giuridiche, anche di diritto privato”. E poi ancora: “All'Ordine non sono attribuite funzioni o comunque compiti specifici di cura di interessi coincidenti con quelli dello Stato o di altri pubblici poteri”. E ancora: “All'Ordine non sono attribuiti poteri amministrativi in senso tecnico, né altre prerogative”. E ancora è stato sottolineato, sempre in questo parere del Consiglio di Stato, che “non risultano finanziamenti stabili a carico dello Stato o di altri soggetti pubblici né esso gestisce beni pubblici”. Infine - mi preme sottolineare quest'ultimo punto -, è stato detto che “nelle modalità di individuazione di coloro che compongono il suo organo di vertice, non è ravvisabile lo spazio per alcuna forma di controllo o di ingerenza pubblica”. Questo è il punto che interessa in questo momento, perché si rileva la prima contraddizione di questo provvedimento con quanto è stato espresso dal Consiglio di Stato poco tempo fa, circa tre anni fa. Infatti, in questo provvedimento si rileva una piena ingerenza del potere pubblico nella designazione degli organi di vertice della fondazione.
L'articolo 3, che ha rammentato poco prima il collega Urzi', delinea gli organi della fondazione, che sono: il presidente, il consiglio generale e il collegio dei revisori dei conti. Il presidente è nominato dall'autorità governativa - quindi, un'ingerenza massiccia, e lo vedremo anche in seguito, dell'autorità governativa nel delineare l'organigramma -, così come lo sono, sempre nominati dall'autorità governativa, quattro degli otto membri del consiglio generale. Gli altri quattro membri sono invece: il vescovo della diocesi di Parma, il sindaco di Parma, il presidente della provincia di Parma e il rettore dell'Università degli studi di Parma. Inizialmente, era previsto - e sottolineo anche questo dato - anche il direttore dell'azienda ospedaliera universitaria di Parma, perché, nella relazione introduttiva al testo di legge, è scritto che esiste un collegamento storico tra l'ordine e l'ospedale di Parma. Però, un emendamento - come ricorderà il collega Urzi' - della maggioranza, presentato in Commissione, lo ha depennato. Quindi, nel consiglio generale non è più prevista questa figura.
Ancora, tanto per concludere, il Presidente del collegio dei revisori è designato dal Ministro dell'Interno. Dunque resta ancora la natura ibrida dell'Ordine, che, è vero - come diceva sempre prima il collega Urzi' -, è iscritto quale fondazione di diritto privato nel registro delle persone giuridiche, presso la Prefettura (ufficio territoriale del Governo di Parma), eppure adesso risulta così pesantemente rimodellato dall'interferenza del pubblico potere.
Un nostro emendamento, presentato in Commissione, ma, ahimè, bocciato, mirava a diminuire il numero dei componenti del consiglio generale nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri da quattro a due, in modo da riequilibrare la composizione di questo collegio e da riconoscere un maggior peso ai componenti che sono espressione della comunità parmense. Ahimè - dicevo - l'emendamento è stato bocciato, perché si è preferito accentrare la e la direzione dell'Ordine nelle mani del Governo. Eppure, sarebbe stato sarebbe stato opportuno, molto più indicato - vedo che siede qui, dinanzi alla Presidenza, anche la collega Cavandoli, della Lega, parmense anch'ella; ecco, tramite lei Presidente, mi rivolgo anche alla collega - dare, invece, maggior peso proprio alla componente territoriale. Infatti, non dobbiamo dimenticare che l'Ordine ha un compito precipuo, che consiste nella cura della basilica - che tra l'altro è bellissima, ho avuto modo di visitarla, meravigliosa - di Santa Maria della Steccata in Parma e del patrimonio importante che in essa è custodito. Quindi, chiaramente, è, come dire, un compito che deve essere affrontato a livello territoriale. Quindi sarebbe stato opportuno dare maggiore valenza ai componenti del collegio radicati nel territorio.
Ora però, non da ultimo, mi preme ancora ricordare - e questo, secondo me, dà la motivazione del perché oggi ci stiamo interessando di questa faccenda, di questa questione - che l'Ordine gestisce un immenso patrimonio, che comprende quadri, statue, affreschi assicurati - udite, udite - per circa 130 milioni di euro, 40 tra palazzi e appartamenti cittadini, più di 500 ettari di poderi e tenute nelle campagne tra Parma e Reggio Emilia e quasi 10 milioni di liquidità. Leggo proprio questi dati, perché sono stati riportati in un articolo fatto da , poi ripreso anche da un'altra testata giornalistica di rilievo nazionale e, forse, è proprio per questo motivo che oggi stiamo discutendo sul tema dell'Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma, sembra veramente singolare discutere oggi di ciò.
E allora speriamo una cosa, Presidente, ossia che questo ingente patrimonio sia gestito al meglio, con la che viene delineata da questo disegno di legge e che non si inserisca, nel futuro, nessun altro interesse, se non la cura dello stesso .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Alessandro Urzi'.
ALESSANDRO URZI'Grazie, Presidente. Sarò veramente brevissimo, anche in relazione ad alcune osservazioni che sono state già svolte in Commissione e che, in questa sede, possono permettere di chiarire i termini delle questioni.
Il disegno di legge in esame, Presidente, non assoggetta l'Ordine a poteri di direttiva, ingerenza, controllo o anche solo vigilanza da parte di alcun pubblico potere. L'articolo 5, peraltro, rimanda esplicitamente proprio al controllo sull'amministrazione della Fondazione, rimanda alla disciplina civilistica, e non attribuisce, quindi, all'Ente funzioni di cura di interessi coincidenti con quelli dello Stato o di altri enti pubblici poteri, né poteri amministrativi, sebbene preveda l'intervento di diverse autorità pubbliche nella procedura di nomina dei suoi organi.
Questo lo ha chiaramente detto anche la collega in sede di dibattito generale. Però queste medesime procedure di nomina dei suoi organi erano previste anche nel vigente decreto del Capo provvisorio dello Stato del 6 settembre 1946, in costanza del quale è stato emanato il già citato parere del Consiglio di Stato del 2022. Quindi, non sono posti finanziamenti a carico dello Stato o di altri soggetti pubblici in favore dell'Ordine. Credo così di avere potuto soddisfare la legittima richiesta di chiarimento da parte della collega.
Con particolare riferimento, invece, alle conseguenti caratteristiche del rapporto di lavoro dei dipendenti dell'Ordine, si segnala che il decreto legislativo n. 165 del 2001, recante le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, elenca esattamente tutti gli enti a cui si applica tale normativa. Posso concludere, senza farle tutto l'elenco, che l'Ordine, anche tenuto conto del parere del Consiglio di Stato del 2022, non appare riconducibile ad alcuna delle categorie di enti che sono citate. Con questo credo, Presidente, di avere soddisfatto tutte le esigenze di chiarezza che sono emerse nel corso del dibattito generale.
PRESIDENTE. La rappresentante del Governo rinunzia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto di istruzione superiore “Il Pontormo” di Empoli, che assistono ai nostri lavori dalle tribune .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 1573-A: “La partecipazione al lavoro. Per una d'impresa partecipata dai lavoratori” e delle abbinate proposte di legge nn. 300-1184-1299-1310-1617.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Le Commissioni riunite VI (Finanze) e Lavoro (XI) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione finanze, deputata Laura Cavandoli.
LAURA CAVANDOLI(LEGA). Grazie, Presidente. La proposta di legge che oggi inizia il suo esame in Aula reca disposizioni in materia di partecipazione dei lavoratori al capitale, alla gestione e agli utili di impresa. Desidero ricordare preliminarmente che tale proposta di legge ha utilizzato un testo base di una proposta di iniziativa popolare. La calendarizzazione di questa proposta è stata fatta su un testo, in realtà, di origine parlamentare, e quindi devo dire che è stato svolto un lavoro molto intenso da parte delle Commissioni riunite, proprio perché hanno modificato la proposta scelta come testo base anche per arricchirla e renderla più funzionale a quello che era anche l'attuale assetto organizzativo.
Nell'ambito del Capo I viene chiarito che le finalità del provvedimento concernono proprio la disciplina della partecipazione gestionale, economica e finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori alla gestione, all'organizzazione, ai profitti e ai risultati, nonché alla proprietà delle aziende, individuando, quindi, forme di promozione e di incentivazione, in attuazione dell'articolo 46 della Costituzione e nel rispetto dei principi e dei vincoli derivanti in materia dall'ordinamento dell'Unione europea e internazionale.
Questo articolo 46 della Costituzione è rimasto inattuato dal 1948 fino ai giorni nostri. Ci sono stati plurimi tentativi di attuarlo. Credo che, anzi, dalle mie verifiche questa è la prima volta che l'articolo 46 della Costituzione ha una legge attuativa che viene in Aula, e questo credo che sia un dato molto importante per la nostra legislatura. Il provvedimento poi mira a introdurre norme finalizzate a rafforzare la collaborazione fra datore di lavoro e lavoratori, preservando e incrementando i livelli occupazionali e valorizzando il lavoro sul piano economico e sociale.
Il provvedimento, poi, introduce norme finalizzate all'allargamento e al consolidamento dei processi di democrazia economica e sostenibilità delle imprese. L'articolo 2 reca le definizioni utili ai fini della proposta, precisando che: per partecipazione gestionale si intende la pluralità di forme di collaborazione dei lavoratori alle scelte strategiche delle imprese; per partecipazione economica e finanziaria si intende la partecipazione dei lavoratori ai profitti e ai risultati dell'impresa, anche tramite forme di partecipazione al capitale, fra cui l'azionariato; per partecipazione organizzativa si intende il complesso delle modalità di coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni relative alle varie fasi produttive e organizzative della vita dell'impresa; per partecipazione consultiva, infine, la partecipazione che avviene attraverso l'espressione di pareri e proposte sul merito delle decisioni che l'impresa intende assumere.
Si precisa, altresì, che si fa riferimento ai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni e sindacati comparativamente e maggiormente più rappresentativi sul piano nazionale. Su questa “e” abbiamo avuto una discussione durante la sede referente, proprio per chiarire che non si tratta di una “e” che ha un valore disgiuntivo e che prevede l'alternativa, proprio perché, in questo modo, si vuole ampliare la possibilità di accedere a questa partecipazione, anche alla luce delle problematiche che la giurisprudenza ha più volte evidenziato sulla difficoltà di spiegare la nozione di associazioni comparativamente più rappresentative.
Nell'ambito del Capo II, relativo alla partecipazione gestionale dei lavoratori, l'articolo 3 disciplina, quindi, la partecipazione gestionale, che si traduce nella collaborazione dei lavoratori alle scelte strategiche dell'impresa, prevedendo per le imprese che hanno adottato il sistema dualistico, ovvero il consiglio di gestione affiancato dal consiglio di sorveglianza, che gli statuti possano prevedere, qualora sia disciplinato dai contratti collettivi, la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori dipendenti nel solo consiglio di sorveglianza, individuato sulla base delle procedure individuate dai contratti collettivi. Tra i membri del consiglio di sorveglianza può essere prevista la presenza di almeno un rappresentante dei lavoratori che aderiscono ai piani di partecipazione finanziaria previsti e disciplinati dall'articolo 6. L'articolo 4 disciplina la partecipazione gestionale dei lavoratori nelle società che, invece, adottano il cosiddetto sistema tradizionale, stabilendo che gli statuti possono prevedere, sempre qualora sia previsto dai contratti collettivi, la partecipazione al consiglio di amministrazione, oppure al comitato per il controllo sulla gestione, se previsto, di uno o più amministratori rappresentanti gli interessi dei lavoratori dipendenti, individuati, appunto, dai lavoratori dipendenti della società sempre sulla base delle medesime procedure definite nei contratti collettivi.
Per i requisiti che devono avere questi lavoratori, sono prescritti quelli di indipendenza, onorabilità e professionalità, come previsti dallo statuto societario. Nell'ambito del Capo III, che fa riferimento alla partecipazione economica e finanziaria dei lavoratori - ed è la parte più rilevante per quello che riguarda la disciplina in materia fiscale -, l'articolo 5, intervenendo in tema di distribuzione degli utili, al comma 1 riduce per l'anno in corso, in deroga alla normativa vigente, dal 10 al 5 per cento, entro il limite di importo complessivo di 5.000 euro lordi, l'aliquota dell'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle relative addizionali regionali e comunali concernenti le somme derivanti dalla distribuzione ai lavoratori dipendenti di una quota di utili di impresa, non inferiore al 10 per cento degli utili complessivi, se erogate in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali.
Ai sensi del comma 2, si prevede che per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette. Il comma 3, in relazione alla copertura finanziaria, quantifica in 49 milioni di euro per l'anno 2025 e in 800.000 euro per il 2026 la relativa copertura. L'articolo 6 prevede che nelle aziende possano essere previsti piani di partecipazione finanziaria dei lavoratori dipendenti.
Tali piani possono individuare gli strumenti di partecipazione dei lavoratori al capitale della società fra quelli di cui agli articoli 2349, 2357, 2358 e 2441, comma 8 (quello sull'opzione) del codice civile, nonché l'attribuzione di azioni in sostituzione di premi di risultato, ferma restando la disciplina di cui all'articolo 1, comma 184-, della legge n. 208 del 2015, che esclude dalla formazione del reddito di lavoro dipendente e dall'applicazione dell'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle addizionali regionali e comunali, pari al 10 per cento, taluni contributi e i valori delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti.
La disposizione prevede, per il solo anno d'imposta 2025, l'esenzione dalle imposte sui redditi dei dividenti corrisposti ai lavoratori e derivanti dalle azioni attribuite in sostituzione dei premi di risultato, per un importo non superiore ai 1.500 euro, nella misura pari al 50 per cento del loro ammontare. Anche qui, la clausola di copertura finanziaria valuta in 21 milioni gli oneri derivanti.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione lavoro, deputato Malagola.
LORENZO MALAGOLA, Grazie, Presidente. Procedendo sul Capo IV, il disegno di legge prevede la disciplina della partecipazione organizzativa, che è una forma più vincolante, nel senso che prevede la possibilità per le aziende di promuovere l'istituzione di Commissioni paritetiche con la finalità di predisporre proposte di piani di miglioramento e di innovazione dei prodotti, dei processi produttivi, dei servizi e l'organizzazione del lavoro. È dunque vincolante per l'impresa, perché, in questa fattispecie, l'impresa si impegna a decidere, insieme ai lavoratori, le innovazioni dal punto di vista organizzativo che interessano l'impresa.
Al Capo V, si introduce l'istituto della partecipazione consultiva, che è la forma più leggera di partecipazione e che prevede la possibilità per le rappresentanze sindacali unitarie, per le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, per i rappresentanti dei lavoratori e le strutture territoriali degli enti bilaterali di settore di essere informati e preventivamente consultati in merito alle scelte aziendali. In questo senso, l'azienda, con la partecipazione consultiva, compie il primo passo di una forma partecipativa, aprendo un dialogo non solo di informazione, ma anche di consultazione con i lavoratori per scelte strategiche che riguardano i destini dell'impresa.
Il Capo VI prevede per i rappresentanti delle Commissioni paritetiche, di cui ai Capi precedenti, che vengono costituiti per dare operatività alla partecipazione organizzativa e a quella consultiva, un percorso formativo non inferiore alle dieci ore annue, finalizzato a sviluppare conoscenze e competenze tecniche specialistiche, nonché trasversali. Questo è molto importante, pensando a quelle imprese dove viene applicata la partecipazione gestionale, per cui è giusto che i lavoratori possano dedicarsi allo studio e alla formazione per intraprendere, nella maniera più corretta possibile, il ruolo di membri del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza.
Vi è poi il Capo VII, che prevede l'istituzione, presso il CNEL, della Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori con funzioni interpretative e di indirizzo sull'attuazione della partecipazione dei lavoratori alle aziende, proponendo, altresì, agli organismi paritetici eventuali misure correttive in caso di violazione di norme procedurali relative alla partecipazione dei lavoratori.
Quindi, la Commissione permanente presso il CNEL non solo avrà il compito di monitorare l'applicazione della legge e di restituire alle Istituzioni, tramite una relazione annuale, l'andamento della legge, ma ha anche il compito e l'onere di dare indicazioni alle Commissioni paritetiche rispetto a violazioni di accordi a cui sono addivenute le parti sociali.
Infine, vi è la copertura che, come già veniva ricordato, è di 70 milioni di euro per il 2025 e, rispetto alla richiesta contenuta nel testo base di iniziativa popolare della CISL, rappresenta una copertura maggiore di 20 milioni di euro, perché c'era una richiesta di 50 milioni di euro di copertura e la maggioranza di Governo, invece, sta destinando alla misura ben 70 milioni di euro.
Presidente, mi permetterà, in conclusione, un'annotazione rispetto a questo provvedimento, perché, se è vero che ogni legge ha ugual valore, in quanto espressione del mandato popolare che anima il percorso democratico, è altrettanto vero che non tutte le leggi sono uguali.
Quella che ci troviamo a discutere oggi è una legge davvero speciale - è stato ricordato -, perché la aspettiamo da 77 anni. Credo che questo disegno di legge rappresenti un passo in avanti straordinario per la nostra democrazia, in quanto applica finalmente l'articolo 46 della Costituzione che i padri costituenti hanno voluto inserire in una fase della nostra storia repubblicana del tutto speciale. Infatti, hanno posto al centro della nostra Carta costituzionale il lavoro come fattore di unità nazionale e, allora, hanno scritto che capitale e lavoro non solo potevano, ma dovevano cooperare per il bene dell'impresa e della Nazione. Dopo 77 anni siamo qui e proviamo ad essere all'altezza dei nostri padri costituenti, dando finalmente piena attuazione a un articolo che è rimasto inattuato.
Io mi auguro davvero, come relatore, che tutte le forze politiche del Parlamento siano consonanti nella volontà di arrivare a un punto di compromesso, affinché la legge sia votata, se non all'unanimità, a larghissima maggioranza. Ne siamo responsabili di fronte a chi ci ha preceduto, ai padri costituenti e a tutti coloro che hanno occupato questi scranni prima di noi. Ma ne siamo responsabili oggi più che mai, soprattutto di fronte ai lavoratori italiani e alle imprese italiane, che guardano alla forma partecipativa come una forma per impostare un mercato del lavoro più giusto e più equo, dove finalmente capitale e lavoro non siano più antagonisti, ma lavorino insieme per il bene comune.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che rinunzia. È iscritto a parlare il deputato Arturo Scotto. Ne ha facoltà.
ARTURO SCOTTO(PD-IDP). Grazie, signor Presidente, mi consenta, prima di svolgere brevemente il mio intervento, di ringraziare i relatori e i commissari per questa discussione che ha animato per diverse settimane la Commissione lavoro della Camera.
Credo che abbiamo avuto un confronto pacato, serio, rigoroso nel merito e credo che il ruolo che anche il Partito Democratico, insieme alle altre opposizioni, ha svolto sia stato di stimolo, sempre partendo dai contenuti, senza metterci troppa enfasi. Lo dico, con grande rispetto, al collega Malagola, che ringrazio per il lavoro che ha fatto, non so se questa sia la strada per una nuova stagione di collaborazione tra capitale e lavoro. Sono processi molto più profondi. C'è un tema molto serio che magari ci viene posto persino dagli Stati Uniti d'America in questa fase. Basta vedere il fotogramma del giuramento di Donald Trump, con i cinque principali capi delle americane: X, Google, Meta, Apple, Amazon. Faccio fatica a vedere là dentro un impulso ad agevolare una collaborazione tra capitale e lavoro. Vedo, piuttosto, un capitalismo tecnologico che si separa dal lavoro e, dunque, dalla democrazia. Quindi, ci troviamo dentro una dinamica che è molto più di lungo periodo, che andrebbe analizzata con grande attenzione, anche per capire quali sono gli strumenti per riportare al centro del dibattito pubblico la produzione, il lavoro, che, nel corso degli ultimi anni, ha perso potere e forza, soprattutto dentro una dinamica di finanziarizzazione spinta ed esasperata, dove i redditi da capitale e i redditi da lavoro hanno visto, mai come in questa epoca, una separazione, un allargamento delle diseguaglianze.
Quindi, se stiamo sul punto politico, anche meno. Se stiamo sul merito della vicenda, rivendico che il Partito Democratico è stata la forza che ha chiesto che questo testo, promosso dalla CISL, su cui sono state raccolte centinaia di migliaia di firme, venisse adottato come testo base dalla Commissione e fosse il testo da cui si partiva.
Attorno c'erano altre proposte avanzate dalle forze della maggioranza ma anche da alcune forze dell'opposizione. Noi abbiamo detto: se la democrazia diretta ha un valore e i suoi istituti devono essere utilizzati e valorizzati, è giusto che il Parlamento discuta a partire dalla proposta di iniziativa popolare avanzata dalla CISL.
Per noi questo è un principio che vale sempre. Lo dico al Governo e lo dico anche ai colleghi. Vale sempre, tant'è che abbiamo raccolto diverse decine di migliaia di firme per una legge di iniziativa popolare sul salario minimo e chiederemo che questa venga calendarizzata in Aula e discussa, perché pensiamo che, quando si muove un pezzo di popolo attorno a grandi organizzazioni politiche e sindacali, questo debba avere almeno la possibilità di essere ascoltato da questo Parlamento.
Dopodiché - lo dico in termini molto chiari e netti - questo non è il testo base, su cui pure avevamo alcuni dubbi e su cui abbiamo avanzato proposte di miglioramento. Non è il testo base della CISL. Intanto, cito solamente alcuni numeri, che magari possono apparire un po' un vezzo, ma che ci mostrano, signor Presidente, in maniera plastica, come questa legge è entrata in Commissione e come ne è uscita, grazie soprattutto - va detto - a una discreta tendenza da parte del Governo a limitare la sovranità delle Commissioni che, soprattutto quando si parte da un testo che non è del Governo, andrebbe garantita.
Partiamo da 22 articoli e 76 commi, finiamo con 15 articoli e 30 commi; partiamo da 4.847 parole, finiamo con 2.122 parole; partiamo con la parola “contrattazione collettiva”, cioè, “contratto collettivo”, presente diverse decine di volte e poi tagliato ed evirato: alla fine, 14 volte.
È come se la Commissione avesse, nei fatti, applicato tagli lineari a un testo di legge: un po' come voi del Governo avete fatto, per esempio, nell'ultima legge di bilancio con gli enti locali. Quindi, noi ci troviamo di fronte a un testo stravolto e svuotato, alla trasformazione di una proposta di legge in poco più di un ordine del giorno.
E sa perché è così, signor Presidente? Innanzitutto, perché l'eliminazione del principio della contrattazione collettiva conduce, sostanzialmente, al fatto che l'applicazione di questa legge sulla partecipazione sarà pienamente ed esclusivamente nella facoltà degli statuti delle imprese. Lo ha detto in maniera molto chiara e senza infingimenti anche il relatore. Saranno le imprese che, per gentile concessione di qualche imprenditore illuminato, consentiranno ai lavoratori di partecipare: senza alcuna obbligatorietà, tutto dentro una dimensione facoltativa, senza poter utilizzare nessuno strumento che imponga una ciclicità delle riunioni degli organismi bilaterali, degli organismi di partecipazione e degli organismi di sorveglianza, definiti all'interno della partecipazione gestionale e organizzativa piuttosto che consultiva. Tutto questo, addirittura con elementi di arretramento pericolosi. Ne cito uno che riguarda la partecipazione consultiva: forse quella anche più facilmente realizzabile. Ma, insomma, voi state portando indietro, persino rispetto alla legislazione del 2007, la possibilità dei lavoratori di accedere ai diritti di informazione e di consultazione. Indietro rispetto al decreto legislativo n. 25 del 2007, che recepiva una direttiva europea che già c'era: non vi state inventando niente e non state attuando l'articolo 46 della Costituzione.
E poi c'è un nodo che riguarda il modo attraverso cui si partecipa, il protagonismo dei lavoratori dentro i processi di partecipazione. Qual è il canale? È devoluto, affidato soltanto alla benevolenza di qualche impresa illuminata o il canale sindacale si codifica? Non c'è. Non si capisce attraverso quale canale i lavoratori possano accedere agli organismi della partecipazione. Noi abbiamo proposto degli emendamenti per introdurre e rafforzare l'obbligatorietà e per individuare il canale sindacale come il canale attraverso cui sarebbero stati selezionati quei lavoratori che avrebbero occupato le funzioni nelle varie forme di partecipazione (tutte abbastanza ulteriormente svuotate rispetto al disegno di legge della CISL). Ma di questo non c'è nulla.
Oltretutto, tagliate pure le ore di formazione. Lei giustamente dice “non meno di dieci ore”, ma nel testo originario erano molte di più, come lei sa bene. Addirittura, si affida all'impresa l'individuazione dei lavoratori supplenti nel caso in cui non ci sia la possibilità di partecipare, cioè, vi sia un impedimento alla partecipazione per coloro che fanno parte degli organismi.
Dunque, ci troviamo di fronte a una legge che è molto diversa. Però, vede, questa cosa non è nuova, signor Presidente, e sa perché? Perché, nei fatti, noi stiamo facendo una discussione un po' singolare e questa illuminazione l'ho avuta soprattutto nell'ultima seduta della Commissione, durante il voto sul mandato al relatore, quando abbiamo avuto l'onore della visita della Ministra Calderone (partecipazione, da questo punto di vista, molto rara).
Noi stiamo discutendo di una partecipazione che non prevede nessuna possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di chiedere, almeno una volta all'anno, la convocazione degli organismi: neanche questo è consentito. Questo anche, , signor Presidente, per il Parlamento: non la vediamo da un po' di tempo, la Ministra Calderone. L'abbiamo vista quel giorno - appena una settimana fa - e le abbiamo chiesto di poter interloquire con le ragioni dell'opposizione: le abbiamo chiesto perché i tre emendamenti che noi avevamo presentato erano stati sonoramente bocciati e perché, ad esempio, scompaiono dal testo processi partecipativi nelle banche e nelle società partecipate.
Ci siamo arrivati per intuito, signor Presidente, perché, forse, persino una pur limitata, scarna e pallida partecipazione dei lavoratori agli organismi disturba il manovratore impegnato in processi di privatizzazione di alcuni strategici del nostro Paese oppure di fusione delle banche. E, quindi, questa roba: “via”! Così come “via” anche il Garante per la sostenibilità sociale dell'impresa: non si capisce perché è stato evirato anche questo articolo, ma potremmo continuare. Quindi, abbiamo la Ministra che è destinataria di una delega a metà.
Nel dicembre 2023 la proposta di legge unitaria delle opposizioni sul salario minimo viene cancellata da un emendamento della maggioranza che affida una delega alla Ministra, una delega per agevolare la contrattazione sindacale, termine che la Ministra utilizza molto spesso, ma che però poi fa scomparire dal testo sulla partecipazione, perché ci ha fatto per mesi la lezioncina che, per alzare i salari, serviva incentivare la contrattazione sindacale, la contrattazione collettiva - cosa di cui eravamo già informati anche in precedenza, non serviva questa raccomandazione ministeriale - e che il salario minimo era uno strumento pericoloso che avrebbe danneggiato la contrattazione collettiva.
Quindi, si prende una delega su questo, e dentro la delega c'è addirittura l'attuazione dell'articolo 46 sulla partecipazione. Quindi noi andiamo a fare una discussione su questo tema dove pende ancora una delega che non è stata ancora approvata, convertita in legge, perché nel frattempo sono passati un anno e un mese rispetto all'approvazione alla Camera. Questo ci consegna anche un dato politico, e cioè che il tema dei salari bassi non è una priorità di questo Governo, tant'è che addirittura, quando fate il passaggio, nell'ultima legge di bilancio, dal cuneo contributivo al cuneo fiscale, penalizzate fino a 1.200 euro all'anno i redditi tra 8.500 e 9.000 euro annui, e addirittura sotto i 35.000 euro si perdono un sacco di soldi.
Sono dati che sono anche facilmente reperibili dall'ufficio per il bilancio della Camera, e dunque, sommessamente, vi facciamo una proposta: fate un decreto per correggere questa operazione terribile che va a penalizzare i redditi bassi. Tuttavia, la cosa singolare è che questa delega non è stata ancora trasformata in legge, e, quindi, noi discutiamo una proposta sulla partecipazione nel momento in cui pende una delega dove c'è dentro, per la Ministra, la partecipazione. Abbiamo chiesto questo alla Ministra quando è venuta in Commissione, ma non ha risposto, non ha ritenuto obbligatorio interloquire con il Parlamento.
È un po' come la Sibilla Cumana: non parla, si può solamente interpretare, signor Presidente. Dopodiché, queste scelte che sono state messe in campo dal Governo sono scelte che ci inducono a rovesciare l'appello che giustamente fa l'onorevole Malagola. Malagola dice: stiamo attuando l'articolo 46 della Costituzione, ci vuole un largo consenso. Sono d'accordo, penso che la Costituzione, soprattutto quando parliamo dei rapporti economico-sociali, vada attuata, che la parte sul lavoro vada attuata, e quindi l'articolo 36, l'articolo 39, l'articolo 46. Retribuzioni giuste e, dunque, salario minimo: articolo 36. Articolo 39: la rappresentatività e la validità dei contratti.
A proposito, ultimo sfregio a questa legge, dove scompaiono i termini “contrattazione collettiva” quasi dappertutto, è avere introdotto il principio che valgono non solo i contratti comparativamente più rappresentativi, ma anche quelli maggiormente rappresentativi. Aprite le porte a chissà cosa e forse non ve ne siete resi neanche conto, in un Paese in cui il salariale, molto spesso, anzi, quasi sempre, è praticato dalla possibilità di firmare e sottoscrivere contratti pirata o di non far valere i contratti sottoscritti dalle principali organizzazioni sindacali, CGIL, CISL e UIL. D'altra parte, sappiamo benissimo quanti sono i contratti che sono depositati presso il CNEL.
Detto questo, sono d'accordo, colgo l'appello, Presidente, e concludo: occorre una larga maggioranza. Noi abbiamo votato “no” al mandato ai relatori non per un fatto personale, li ho ringraziati, ma perché evidentemente non sono stati nelle condizioni di difendere questa proposta di legge e hanno accettato di farla svuotare. Aspettiamo dei segnali sugli emendamenti che presenteremo. Certo, se la legge rimane questa, così come uscita dalla Commissione, non è il testo della CISL. Non è sostanzialmente nient'altro che un titolo, ma i titoli non servono a nessuno, soprattutto ai lavoratori italiani .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Schifone. Ne ha facoltà.
MARTA SCHIFONE(FDI). Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, intervengo su questo provvedimento che è da sempre uno dei punti qualificanti della nostra visione politica ed economica sul tema del lavoro. Un tema che affonda le proprie radici storiche sin dai tempi degli esordi della destra parlamentare, un tema che rappresenta un'aspirazione lungamente coltivata nel pensiero della destra italiana, ma che invero è stata anche lungamente coltivata dalla più nobile tradizione del pensiero italiano, dall'idea di socialità mazziniana, passando attraverso la di Marinetti, ne parlerà diffusamente Giolitti.
Le istanze partecipative sono state espresse anche nella dottrina sociale della Chiesa, da di Leone XIII, di Giovanni XXIII, fino a Giovanni Paolo II nella sua enciclica . Il principio partecipativo per antonomasia viene declinato nella sua pienezza e nella sua bellezza dai padri costituenti, in particolare nell'articolo 46, che ne ha accolto ed espresso l'essenza fondamentale, che dice - cito testualmente -: “(…) la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”. Questo principio non ha mai trovato una piena attuazione nel nostro ordinamento. Negli oltre 75 anni della nostra Repubblica questo articolo è rimasto sostanzialmente inattuato, è stato puntualmente disatteso, storicamente disatteso, quasi come se lo si volesse tacitamente abrogare.
Invece, non è mai stato dimenticato dalla destra parlamentare italiana, che da quando è nata non ha mai fatto mancare il sostegno all'istituto della partecipazione con continuità; una continuità di azione politica che dimostra come la partecipazione dei lavoratori sia stata sempre nel DNA della destra e della destra sociale italiana, in ogni sua evoluzione storica, e come sia sempre stata considerata un elemento fondante, un tratto distintivo, considerata come uno strumento di coesione sociale, come una leva di crescita e sviluppo della nostra Nazione. Le proposte di legge in attuazione del dettato costituzionale sono partite dal Movimento Sociale Italiano con la storica proposta dell'onorevole Roberti, proseguite in Alleanza Nazionale, fino ad arrivare a Fratelli d'Italia, con le proposte di legge Cirielli, Foti e Mollicone.
Per questo intervengo, oggi, in quest'Aula e non nascondo una certa emozione, sicuramente un orgoglio e un forte senso di responsabilità, anche responsabilità storica, avvertendone tutto il peso, il peso di una storia che ha attraversato quest'Aula, il peso del testimone che noi oggi raccogliamo da quanti prima di noi hanno combattuto questa battaglia con convinzione, con determinazione e soprattutto con visione.
In questa legislatura abbiamo ottenuto, infatti, un risultato storico anche per loro, per coloro che hanno tracciato la strada. Infatti, nelle Commissioni riunite lavoro e finanze - presiedute, rispettivamente, dal presidente Walter Rizzetto e dal presidente Marco Osnato, che ringrazio - dopo la presentazione di numerosi testi, si è arrivati all'adozione, come testo base, del testo di iniziativa popolare della CISL, che ha raccolto oltre 400.000 firme nella sua campagna di sottoscrizione e che ha portato linfa nuova e un contributo a questa battaglia.
Il provvedimento che ne è scaturito è una proposta equilibrata e completa, che ha portato a questo testo che oggi discutiamo; testo che, a seguito delle modifiche - a mio avviso - migliorative apportate durante l'esame presso le Commissioni riunite, si compone di 15 articoli.
Volendo elencare le linee generali potrei dire che la finalità è quella di disciplinare la partecipazione gestionale sia per le imprese che adottano il sistema dualistico che per quelle che non lo fanno, una partecipazione economica e finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori alla gestione, all'organizzazione, ai profitti, ai risultati nonché alla proprietà delle aziende, individuando le forme di promozione e incentivazione, in attuazione dell'articolo 46 della Costituzione e nel rispetto dei principi e dei vincoli derivanti in materia dall'ordinamento dell'Unione europea e internazionale.
Si propone, per esempio, di intervenire in tema di distribuzione degli utili, di prevedere nelle aziende piani di partecipazione finanziaria dei lavoratori dipendenti, la possibilità per le aziende di promuovere l'istituzione di commissioni paritetiche e di riconoscere alle aziende la possibilità di prevedere nel proprio organigramma figure di referenti a vario titolo (formazione, , politiche retributive, qualità dei luoghi di lavoro, conciliazione, responsabili della diversità e dell'inclusione delle persone con disabilità). Si propone di prevedere la possibilità che le rappresentanze sindacali unitarie, aziendali e i rappresentanti dei lavoratori possano essere informati e preventivamente consultati, di disporre l'istituzione presso il CNEL della Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori e, infine, che tutte queste disposizioni si applichino alle società cooperative, in quanto compatibili.
Insomma, Presidente, è un passo decisivo verso un modello di economia sociale e di mercato che vede nell'impresa non un luogo di conflitto, ma una comunità che collabora per il bene comune. Accade in un momento storico in cui si prova a polarizzare il dibattito: da un lato, c'è chi stimola e istiga - addirittura - a una rivolta sociale, che poggia le basi su un antico conflittualismo ideologico; e, dall'altro, invece, c'è chi ha puntato sulla ricetta dell'assistenzialismo di Stato.
Guardate, non è affatto un caso che, proprio in questa legislatura, con Giorgia Meloni alla guida del Governo della Nazione, si stia arrivando a questo traguardo storico: è la naturale conseguenza di una visione che ha rimesso il lavoro al centro: né dalla parte dell'assistenzialismo né della conflittualità ideologica nelle relazioni industriali, ma il lavoro nella sua dimensione etica e nella sua grande funzione sociale.
Siamo profondamente convinti che l'unico vero incubatore di ricchezza sia il tessuto produttivo e siano i suoi lavoratori e che la dignità della persona si realizzi pienamente attraverso il lavoro. Noi portiamo avanti la nostra proposta, la proposta italiana, che si può confrontare e comparare anche con le altre proposte, per esempio, europee: penso alla cogestione tedesca. Una proposta che crede nella maturità delle parti sociali per costruire insieme un nuovo modello di relazioni industriali in un mondo che ci pone dinanzi a delle imponenti sfide: quella transizionale, la globalizzazione, i mutati scenari dei mercati internazionali. Questa è la via italiana alla modernizzazione del mercato del lavoro .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mari. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MARI(AVS). Grazie, Presidente. Non so quanto sarà capace, questa legge, di interessare fuori di qui e di arrivare nel dibattito pubblico: è un argomento un po' tecnico ed è una legge che non produce ricadute immediate il giorno dopo, a differenza di altre che riguardano il lavoro.
È una questione importante, proprio per il mondo del lavoro e per le relazioni sindacali e industriali in questo Paese, perché è vero quello che hanno detto i colleghi di maggioranza e della destra al Governo, ma solo in parte.
È vero che questo è un traguardo storico della destra, come diceva la collega Schifone poc'anzi. È un traguardo storico perché, su questo terreno come su altri, sono quasi 80 anni - 78 - che si prova a dare una lettura della Carta costituzionale distorta, che ci si prova a togliere qualche sassolino dalle scarpe e che si prova a fare quello che non è stato fatto con la Costituzione dato che, provando anche a mettere un po' in ordine le cose, nella Costituzione non c'è scritto quasi niente di quello che state facendo, a meno che non abbiamo due articoli 46 - uno voi, uno io - ma questi sono stati stampati dalla Camera e dovrebbero essere gli stessi.
“Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”. Voi smentite quello che c'è scritto in questo articolo importante della Costituzione in 3 punti: la questione del diritto dei lavoratori, perché voi il diritto dei lavoratori non lo introducete; l'esigibilità del diritto stabilito dall'articolo 46 della Costituzione nella vostra legge non c'è e quando la Costituzione parla di diritti lo fa con una grande attenzione. I diritti sono una cosa seria quando vengono introdotti in una Carta costituzionale; ciò significa che il legislatore, negli anni a seguire, deve legiferare rendendo quel diritto in qualche modo esigibile.
Dopo 78 anni facciamo una legge riferita all'articolo 46 e sull'esigibilità da parte dei lavoratori, che sono i soggetti di quell'articolo, non c'è scritto niente. I soggetti sono le imprese, gli statuti delle imprese: chi opera e agisce è l'impresa attraverso il suo statuto; poi arrivano i contratti e poi arrivano i lavoratori. Non c'è scritto questo: i soggetti sono i lavoratori, che devono poter esercitare un diritto che non è il diritto a partecipare, ma il diritto a collaborare, che è tutta un'altra cosa.
Senza ricorrere alla lingua italiana si può dire che “lavorare con” e “fare parte” sono due concetti nella nostra lingua completamente diversi. Ciò non è un caso, non è che quando è stata scritta la Costituzione - e poi anche nei controlli di stile: ne furono fatti due - si è inserito “partecipare” per caso, presupponendo che partecipare e collaborare fossero la stessa cosa, no assolutamente. È stato lunghissimo il dibattito sull'espressione che andava usata, andatelo a prendere il dibattito in Costituzione. Alla fine, dopo una serie di emendamenti che provavano a introdurre il concetto della partecipazione, una larghissima maggioranza scelse la collaborazione, perché si giudicò inopportuno il termine “partecipazione” dato che la stragrande maggioranza dei costituenti, di questi nostri padri e madri costituenti, ritenne che i lavoratori non dovessero partecipare alla gestione delle imprese, e poi ne parleremo.
Inoltre, c'è la parola gestione e qui addirittura non c'è neanche più quella. Soprattutto non c'è niente dentro l'articolo 46 che riguarda la partecipazione agli utili, anche quella viene espunta nel dibattito parlamentare, con interventi molto autorevoli. Andate a leggere cosa ha detto su questo argomento, sulla partecipazione agli utili, uno che era un po' liberale e che si chiamava Einaudi.
Quindi, per piacere, almeno lasciate in pace la Costituzione. Dovete fare una legge di questo tipo? La volete fare? Ritenete, dopo 78 anni, che sia venuto il momento? C'è una domanda da parte delle imprese a fare, come al solito, la scala mobile al contrario, cioè i lavoratori non avranno la scala mobile mentre le imprese l'avranno? Allora, fatela, lasciando un pochettino di cura verso la Carta costituzionale. Con l'articolo 46, questa legge non ha niente a che vedere. L'articolo 46, sicuramente, può essere ulteriormente attuato dalla nostra legislazione, non c'è dubbio, ma l'articolo 46 è ampiamente attuato. Le forme di collaborazione dei lavoratori alla gestione delle imprese sono numerosissime e sono in un gran numero di contratti di lavoro: nel contratto dell'energia, che valorizza la partecipazione, nel contratto dell'industria metalmeccanica, con le grandi aziende che fanno il comitato consultivo di partecipazione. Ci sono varie clausole a contenuto obbligatorio in materia di informazione e consultazione e, poi, ci sono tanti altri contratti. Chi ha detto che non c'è collaborazione? Ci sono gli enti bilaterali, che sono un prodotto avanzato delle relazioni sindacali in questo Paese. C'è il sistema bilaterale del settore edile e così via, perché potrei continuare. Nel contratto dell'istruzione e ricerca, c'è l'osservatorio a composizione paritetica. Ci sono numerosissimi istituti, figli della contrattazione, che garantiscono la collaborazione dei lavoratori alla gestione delle imprese.
Cosa mancava? Mancava l'attacco alla contrattazione, quella che, come giustamente ha detto il collega Scotto, abbiamo provato a valorizzare più volte. L'abbiamo fatto, proponendovi leggi sul salario minimo, sulla riduzione dell'orario di lavoro. Quelle sono le leggi per la contrattazione. Quelle non intaccano la contrattazione, ma stabiliscono le asticelle dalle quali partire. La legge sul salario minimo indica una soglia dalla quale partire per fare buona contrattazione. La nostra proposta di legge sulla riduzione dell'orario di lavoro, all'inverso, propone una soglia dalla quale partire per ridurre l'orario di lavoro, ma la contrattazione lì è libera, anzi si avvantaggia di questo intervento del legislatore, che, appunto, è previsto chiaramente all'articolo 36 della Costituzione.
Qui, invece, si fa un'altra cosa, molto grave: innanzitutto, si fa una norma che non riguarderà tutti, ma solo alcuni livelli della contrattazione. Noi abbiamo il mercato del lavoro più disastrato d'Europa, le condizioni di lavoro più precarie e meno retribuite d'Europa. Abbiamo lavoro che arriva fino al caporalato e alla schiavitù, il sistema lavoro più sfilacciato in assoluto, dove maggiori sono le distanze tra i livelli più elevati di reddito, di diritti, di tutele, quindi di contrattazione per i lavoratori, e quelli, invece, che sono abbandonati. Questa norma, eventualmente, interviene nel punto più alto del mercato del lavoro, nel punto più alto della contrattazione, dove si contrattano più diritti, più reddito, più benefici per i lavoratori ed è proprio là che si introduce questo elemento, guarda un po'. È proprio là che va a cadere questo elemento, con un'attenzione, quella di non estenderlo alle aziende pubbliche, perché quelle potevano essere un problema; c'è il problema della privatizzazione, ma non solo. Noi, nel punto più alto della forza del sindacato di contrattare, introduciamo questa sorta di , in realtà, niente di più, ossia la possibilità di trasformare premi di risultato in azioni, con un grande nocumento per i lavoratori.
Infatti, i premi di risultato fanno parte della contrattazione, fanno parte del salario, portano non solo retribuzione, ma anche contribuzione. Questa pessima legge - ripeto - questa pessima legge mette elementi di salario e di reddito fuori dalla contrattazione salariale. Apparentemente si contratta, ma in realtà sta fuori dalla busta paga. Portare reddito fuori dalla busta paga è sempre un danno per le lavoratrici e per i lavoratori. Questo è proprio un caso di scuola su come si portano elementi di reddito fuori dalla busta paga. È un in realtà. Tutta questa discussione per fare un fatto di azioni erogate al posto del salario. La partecipazione diventa davvero ben poca cosa, perché deve stare prima negli statuti delle aziende e, quindi, è concessa, è un atto dell'azienda prevedere quel tipo di partecipazione e di collaborazione dei lavoratori e non è quella scritta nell'articolo 46, cioè il diritto esigibile dei lavoratori. Dal punto di vista del vantaggio, c'è la partecipazione azionaria agli utili e alle perdite (non lo dite, ma si potrebbe anche scrivere nel titolo della norma che ci possono essere anche le perdite). Almeno un atto di onestà, perché il lavoratore, quando è indotto a prendere azioni al posto del reddito, azioni che non saranno in più, ma saranno parte del salario, potrebbe addirittura anche andarci a perdere.
Allora, perché siamo così contrari? Per tutte queste ragioni e non perché le cose non possano cambiare, non perché, dopo 78 anni, non si possa rivedere un articolo della Costituzione, ma perché, purtroppo, va detto, con grande rammarico, che, quando fu fatta la discussione sull'articolo 46 (anzi, era l'articolo 43, poi fu cambiato di numero), c'erano la sinistra, i liberali e i democratici - quindi, il centro, la sinistra e i liberali - e solo un pezzettino di destra, che parlava di partecipazione, di utili e cose di questo tipo. Tuttavia, la stragrande maggioranza dell'Assemblea costituente, analizzando cosa fosse il lavoro in quel momento nel Paese e quali fossero le prospettive per le lavoratrici e per i lavoratori, ritenne ragionevolmente di scrivere l'articolo 46, come lo conosciamo oggi.
Noi dobbiamo dire che, purtroppo, quelle ragioni sono tutte in piedi. Non sono ragioni ideologiche, sono ragioni fondate sulla concretezza, sul fatto che il mondo del lavoro e il mercato del lavoro sono sistemi che vanno affrontati in modo sistemico. Bisogna conoscere gli effetti che si producono e chi se ne avvantaggia, quando si fa l'ultima, la più piccola e, apparentemente, meno significante delle norme. Questa è una norma che non porta alcun vantaggio alle lavoratrici e ai lavoratori. Per la prima volta nella storia, da 78 anni a questa parte, un Governo e una maggioranza scelgono il sindacato buono, scelgono il tipo di contrattazione, dicono qual è il modo di fare sindacato buono e qual è il modo di fare sindacato cattivo. Il sindacato che si accusa, quando fa politica, perché fa lo sciopero generale, perché esprime tutto il proprio dissenso rispetto a una manovra economica, in quel caso fa politica; invece, per il Governo il sindacato non deve fare politica, però la politica può fare il sindacato, perché questa è una scelta di natura sindacale e riguarda il modo di fare sindacato.
La prima cosa che avrebbero dovuto fare la maggioranza e il Governo rispetto a questa proposta, assolutamente legittima, sarebbe stata quella di ascoltare gli auditi con attenzione, di valutare, di avere equilibrio. In Italia, ci sono circa 24 milioni di lavoratori e una parte è a tempo indeterminato. Di questi, probabilmente un terzo è iscritto al sindacato, quindi 8 milioni circa sono iscritti a un sindacato.
I soggetti sindacali contrari a questa proposta di legge rappresentano una grandissima parte di quei lavoratori. La stragrande maggioranza dei lavoratori iscritti a un sindacato in questo Paese è iscritta ai sindacati che sono contrari a questa proposta, senza parlare della contrarietà delle associazioni datoriali, di Confindustria in particolare. Non andavano ascoltati? Era un primo atto, un dovere da parte della maggioranza: ascoltare quell'opposizione, quella contrarietà, quel dissenso, quelle perplessità, quei dubbi che vincolavano un intervento sull'articolo 46, innanzitutto, a un intervento serio sull'articolo 39, a una legge sulla rappresentanza.
E invece, dentro questa norma, si fa un danno anche al concetto di rappresentanza, è un capolavoro in negativo. Spero anch'io che venga migliorata la norma, perché è meglio una norma fatta un poco meglio che una norma scritta in questo modo, ci mancherebbe altro. Il “tanto peggio, tanto meglio” non è assolutamente nella nostra cultura. Però, apparentemente, questa è una legge irragionevole, che si spiega soltanto con l'idea di introdursi nel dibattito sindacale, di togliersi - l'ho detto già - qualche sassolino dalle scarpe rispetto alla Costituzione e di provare a fare un ennesimo favore, non alle imprese italiane, perché è troppo generico, ma a una parte delle imprese italiane, perché ci sono anche quelle che stanno bene e a cui questa norma non serve assolutamente a niente. Pur augurandoci che nel dibattito in Aula possa migliorare la norma, noi confermiamo il nostro giudizio e il nostro voto negativo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fenu. Ne ha facoltà.
EMILIANO FENU(M5S). Grazie, Presidente. Anch'io ringrazio i relatori per il lavoro svolto e i colleghi, sia quelli delle Commissioni finanze e lavoro, sia quelli che questa mattina hanno parlato prima di me. È stato fatto sicuramente un grande lavoro, in particolare nella Commissione lavoro, che è stata quella più interessata dal provvedimento. Però, in realtà, come al solito, ci siamo trovati davanti a un risultato che esprime il di questa maggioranza nel corso di tutta la legislatura: un'eterogenesi dei fini, che abbiamo visto tradotta anche in questo provvedimento, come in altri. E faccio alcuni esempi di provvedimenti precedenti.
Uno dei più eclatanti è quello riguardante i contributi sugli extraprofitti delle banche. Ci si è impossessati di un tema che era stato sollevato dal MoVimento 5 Stelle, dall'opposizione, ma che era sentito anche dalle persone. In occasione dell'aumento dei tassi di interesse, la maggioranza e il Governo si sono impossessati del tema. La finalità della proposta di legge originaria era quella di chiedere un contributo alle banche su questi extraprofitti dovuti all'aumento dei tassi, e il risultato, proprio in linea con l'eterogenesi dei fini, è stato uno strumento per le banche per potersi capitalizzare.
Quindi questi extraprofitti, di fatto, con il benestare e con la promozione del Governo, sono rimasti nel loro patrimonio. Un altro esempio è la proposta di legge delle opposizioni sul salario minimo, che in Commissione è stata completamente soppressa e svuotata. Ne è venuta fuori una delega in bianco, che il Governo non ha alcuna intenzione di portare avanti, tant'è che è ferma. E poi basterebbe andare a leggere i documenti di programmazione economica di questo Governo per capire che, anche in questo caso, si tratta di eterogenesi dei fini.
Basta andare a vedere l'ultimo, ad esempio, che è il Piano strutturale di bilancio inviato alla Commissione europea, per rendersi conto che, in realtà, l'obiettivo del Governo non è fissare un salario minimo o affrontare il tema del lavoro povero, ma è l'esatto opposto, perché il Governo scrive espressamente che la moderazione salariale, quindi tenere bassi salari, è un elemento di competitività per le esportazioni. Questo è il contrario del salario minimo, e non è perché il Governo e la maggioranza siano cattivi, ma è una scelta economica ben precisa.
Questa è una politica economica mercantilista, che consiste, in questo caso, nel tenere bassi i salari, in modo che i nostri prodotti siano più competitivi e la competizione si fondi sulla povertà dei lavoratori, e nel ridurre anche i consumi, perché, per migliorare la bilancia commerciale, occorre ridurre i consumi, così si riducono le importazioni e migliora la bilancia. Quindi è una politica economica mercantilista: il contrario di chi dice, invece, di perseguire il miglioramento dei salari dei lavoratori. E quindi questo è un altro esempio.
L'ultimo esempio è stato anche richiamato da qualche collega prima: il taglio del cuneo fiscale. Il Governo dice che si tratta di un errore. Abbiamo visto lo sbandierato taglio del cuneo fiscale che in questa proroga è diventato cuneo fiscale al posto di cuneo contributivo. In questa trasformazione è venuto fuori che chi ha redditi bassi, con questa modifica, perde il annuo da 1.200 euro. Quindi i lavoratori con i redditi più bassi, se non si fa alcuna correzione, avranno 1.200 euro all'anno in meno nello stipendio. Altro che taglio del cuneo fiscale e aumento dei salari, anche questa è eterogenesi dei fini.
Il provvedimento che ci troviamo oggi a discutere è diventato, purtroppo, un vero e proprio specchietto per le allodole, perché la finalità, la originaria, che ha mosso anche un grande sindacato, quale la CISL, a raccogliere oltre 400.000 firme, quindi una grande proposta di iniziativa popolare, assolutamente condivisa anche da noi nel testo originario, era l'attuazione dell'articolo 46 della Costituzione, ossia promuovere la partecipazione dei lavoratori nella gestione delle imprese. Una finalità assolutamente condivisa, come anche il testo originario.
Nelle Commissioni il testo è stato completamente stravolto e snaturato: non solo ha tradito la finalità originaria, che era l'attuazione dell'articolo 46, ma, oltre ad avere svilito il ruolo della contrattazione collettiva, in diversi passaggi - che, a mio giudizio, saranno in qualche modo inattuati, perché sono ridondanti rispetto alla contrattazione collettiva e alla normativa già esistenti - ci sono dei messaggi pericolosi, che rischiano di trasformare questo provvedimento in uno strumento in mano alle aziende per portare avanti, anche loro, una politica di moderazione, ma anche di precarizzazione del salario.
Faccio alcuni esempi. L'articolo 4: la partecipazione dei lavoratori ai consigli di amministrazione. Nel testo originario, questa previsione era affidata alla contrattazione collettiva, che poteva prevedere la partecipazione dei lavoratori nei consigli di amministrazione. In realtà è tutto già ampiamente previsto, sia nella contrattazione collettiva che nella normativa vigente. Tuttavia, nel modificare l'articolo 4, si è dato un messaggio davvero pericoloso e sbagliato, perché l'articolo prevedeva la delega alla contrattazione collettiva e, soprattutto, prevedeva una cosa abbastanza ovvia, che dovrebbe essere abbastanza accettata da tutti, ossia la volontarietà.
La partecipazione ai consigli di amministrazione doveva essere prevista, in qualche modo, dalla contrattazione. Si è trasformato l'articolo e adesso sono gli statuti delle società che possono prevedere la partecipazione, se previsto dalla contrattazione collettiva. Cosa significa? Che, anche se previsto dalla contrattazione collettiva, le società possono decidere se far partecipare o meno i lavoratori o i rappresentanti dei lavoratori ai consigli di amministrazione. Quindi è una cosa che già si può fare, non c'era bisogno di fare un articolo.
Però, in questo, ci sono state delle modifiche che hanno fatto intendere che, in realtà, non si vuole dare ai lavoratori la possibilità di partecipare ai CdA, perché nel testo originario era previsto che venissero concessi permessi retribuiti ai lavoratori, ad esempio, che intendessero partecipare ai CdA, sia per la preparazione alle riunioni del CdA, sia per la partecipazione stessa.
Questi commi sono stati soppressi: quindi, oltre a dare la possibilità alla società di consentire una partecipazione o meno - è la società che decide -, comunque, se si decide, il lavoratore non è posto nelle condizioni di partecipare, perché dovrebbe rinunciare a una parte di salario e a una parte di ore di lavoro da dedicare alla partecipazione e alla preparazione dei CdA.
Quindi, in realtà non sono state create le condizioni per questa partecipazione ed è stato ridotto il numero di ore per la formazione; nel testo originario era previsto che il lavoratore potesse formarsi per almeno 24 ore l'anno, per potergli garantire un minimo di preparazione per la partecipazione ai CdA. Questo orario è stato ridotto a 10 ore; quindi, se la società decide che tu puoi partecipare al CdA, innanzitutto lo fai a tue spese e, comunque, lo fai in modo più o meno inconsapevole, più “meno” che “più”.
Un altro esempio, l'articolo 5. Ecco questa partecipazione era prevista, nel testo originario, anche per le società partecipate dallo Stato: per evitare i rischi, quest'articolo è stato interamente soppresso. Quindi, mentre per i privati, con le modifiche che ho detto, può essere consentita una partecipazione al CdA, per le società partecipate è meglio evitare qualsiasi rischio. Si sopprime interamente l'articolo e il motivo è facilmente intuibile: perché, in un piano abbastanza evidente di dismissione, vendita, svendita delle quote delle nostre partecipate, mettersi in mezzo alle scatole dei lavoratori o dei rappresentanti dei lavoratori nei CdA delle partecipate? Non rischiamo, eliminiamo direttamente l'articolo: questa è la vera motivazione, creando una discriminazione evidente rispetto alla società privata.
Un altro articolo molto significativo, anche per le modifiche che ha subito, è l'articolo 7 (che poi con le modifiche è diventato l'articolo 6) che contemplava, invece, la partecipazione dei lavoratori al capitale di rischio, quindi il possesso, da parte dei lavoratori, di azioni della società. Anche questa è una previsione in realtà che esiste già: esiste nella contrattazione collettiva, ci sono tanti esempi di società che promuovono la partecipazione al capitale da parte dei lavoratori. Quindi, non c'era niente di nuovo, però era un articolo necessario. Anche in questo caso, si attribuiva ai contratti collettivi la previsione di questa possibilità e soprattutto - come dicevo prima - nell'articolo originario era prevista una cosa che già adesso è prevista, però veniva ribadita, ossia la volontarietà del lavoratore; ad esempio, la volontarietà del lavoratore, il rispetto della sua volontà quando la società decide di pagare i premi di risultato non con risorse monetarie, ma con azioni. Quindi, la volontà del lavoratore o almeno della contrattazione collettiva dovrebbe essere la base; invece questi due commi sono stati soppressi e questo articolo è stato trasformato in uno strumento molto pericoloso. È vero che c'è un richiamo, per fortuna, alla norma vigente - e, quindi, a questo punto, mi chiedo che utilità abbia - però, comunque, è un messaggio molto pericoloso perché, così com'è, se non ci fosse il richiamo alla norma vigente, quest'articolo starebbe a significare che la società, l'impresa in via unilaterale può decidere di pagare ai propri dipendenti i premi di risultato con delle azioni: questo è scritto nel nuovo articolo che adesso è diventato articolo 6.
Cosa significa? Che, se la società vive un momento di difficoltà e di crisi di liquidità, decide, in via unilaterale, di pagare i premi ai propri lavoratori con delle azioni; azioni che ovviamente possono svalutarsi - ed è facile prevedere una svalutazione se l'impresa è in crisi di liquidità - e, soprattutto, sono partecipazioni al capitale di rischio, e non prevedono una copertura contributiva. Cioè, i premi di risultato, anche se godono di uno sgravio, hanno una copertura contributiva; qua le società in via unilaterale, secondo questo articolo, possono utilizzare questo strumento, nato per attuare l'articolo 46 della Costituzione, come mezzo - come dicevo prima - di precarizzazione e di moderazione del salario. Quindi, questo è un altro esempio di eterogenesi dei fini.
Sulla consultazione preventiva, all'articolo 12 originariamente era prevista, giustamente e in maniera condivisa anche da noi, una consultazione dei lavoratori nell'ambito delle commissioni paritetiche, obbligatoria, sull'andamento economico e finanziario della società, ad esempio, sui piani per la transizione ecologica e digitale, oppure sull'evoluzione dell'occupazione, quindi un tema che interessa in via diretta i lavoratori. Anche questo articolo è stato completamente stravolto: l'obbligatorietà è stata eliminata, quindi è diventata una facoltà delle imprese di informare, di consultare i lavoratori, ed è stata eliminata anche tutta la parte in cui venivano elencati gli argomenti sui quali informare i lavoratori. Quindi, il risultato, abbastanza inutile, è che l'impresa, se vuole, può informare i propri dipendenti su quello che vuole. Ecco, questo è l'esito della modifica dell'articolo 10. Però, anche in questo caso, per evitare i rischi, si è soppresso l'articolo 13, che prevedeva invece la consultazione dei lavoratori nella pubblica amministrazione, quindi creando anche qua una discriminazione evidente tra dipendenti pubblici e privati.
Quindi, noi abbiamo condiviso la , anche il testo originario, che è stato il frutto di una raccolta davvero importante di firme per la proposizione della proposta di iniziativa popolare, ma - come ho detto - la proposta è stata completamente tradita. È stato tradito lo spirito della Costituzione e dell'articolo 46 e viene anche calpestato, in realtà, questo spirito. Quindi, siamo di fronte a un testo che maschera il suo vero obiettivo che è schiacciare i diritti dei lavoratori e consolidare il potere delle imprese, probabilmente di poche imprese, delle più strutturate, delle più grandi della democrazia economica.
Non possiamo avallare un simile tradimento e mi auguro che la maggioranza, insomma, quest'Aula ma anche i soggetti proponenti abbiano il coraggio di rigettare questo testo ed elaborare un provvedimento che rispetti davvero i diritti e la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Battilocchio. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO BATTILOCCHIO(FI-PPE). Grazie, Presidente. Colleghi, Forza Italia ritiene che si compia un passo molto importante per il Parlamento italiano e, soprattutto, per il mondo del lavoro e delle relazioni tra quei soggetti che una volta erano definiti “capitale” e “lavoro”, un passo importante per diverse motivazioni.
La prima riguarda la nostra Costituzione. L'articolo 46 della Carta fondamentale recita: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
Con questo provvedimento, diamo finalmente attuazione a uno degli articoli più sociali e più avanzati della nostra Costituzione, forse uno di quegli articoli che rappresenta una delle migliori fotografie di quel compromesso alto che, all'epoca, il partito della Democrazia Cristiana, da un lato, e i partiti del Fronte popolare, comunista e socialista, seppero raggiungere in sede costituente.
Ho voluto leggere interamente l'articolo 46 perché, nel percorso fatto in Commissione e nel testo finale che è stato approvato, sono stati toccati e attuati i tre principi contenuti nella disposizione. Il diritto dei lavoratori alla partecipazione alla gestione delle aziende per l'elevazione economica e sociale del lavoro: questo principio è contenuto nel testo approvato e anche nei benefici di natura economica a cui ho fatto riferimento in precedenza, in armonia con le esigenze della produzione, cioè una partecipazione non imposta, ma condivisa e concordata con le imprese.
Proprio questo principio è attuato in quei passaggi che l'opposizione ha bollato, a nostro avviso, erroneamente come colpi alla contrattazione collettiva; un tema anche questo su cui tornerò in maniera più approfondita a breve, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge. Qui c'è il ruolo del Parlamento, ci sono le istanze - che condividiamo -, di chi, come la CISL, ha sostenuto con forza e coraggio l'approvazione di una legge sulla partecipazione dei lavoratori. Ci sono le posizioni delle imprese, dove non sono un mistero le remore di Confindustria, e poi c'è la politica, a cui, tramite il Parlamento, spetta l'ultima decisione, spetta il dovere di fare sintesi e questo principio costituzionale, che l'articolo 46 ribadisce, è stato pienamente attuato con le modifiche apportate al testo in Commissione.
La seconda motivazione dell'importanza di questo passaggio parlamentare sta nel fatto che ci apprestiamo ad introdurre nell'ordinamento un quadro normativo che disciplina le forme di partecipazione al capitale di un'impresa da parte dei lavoratori. Si tratta di uno di quei passaggi che segnano, insieme ad altri, ovviamente, la cifra di una legislatura.
Noi parlamentari, nel corso del nostro mandato, ci troviamo ad approvare numerose leggi e qualche riforma. Quella di oggi è una riforma nel vero senso della parola, perché, al di là della portata normativa più o meno perfettibile, introduce la possibilità di una nuova visione e di un nuovo modo di gestire le relazioni tra capitale e lavoro, che non è quello conflittuale, ma è un modello collaborativo.
Proprio a tale proposito, non posso esimermi da una considerazione di natura politica che, forse, travalica i confini di questo dibattito ma, allo stesso tempo, vi è strettamente collegata. Questa volontà di porre su un piano nuovo e, se vogliamo, più moderno le relazioni sindacali, purtroppo, non si ravvisa nei quattro sul lavoro che si voteranno in primavera, sostenuti da chi si oppone a questa legge. L'impostazione di quei quesiti è l'esatto opposto e sembrano ancorati al Novecento invece che guardare all'economia che abbiamo davanti.
Personalmente rivedo oggi l'impostazione del sulla scala mobile del 1985, con la differenza che, almeno in quel caso, fu la politica e il Partito Comunista a decidere l'operazione, invece di essere trascinata, come avviene oggi, e quella sul per estendere a tutti i lavoratori l'articolo 18, voluto da Rifondazione Comunista e dal suo segretario di allora, Fausto Bertinotti.
Mi limito a citare due dei quattro quesiti che rendono bene l'idea di questa impostazione di retroguardia. Che senso ha eliminare oggi il tetto di indennizzo che i datori di lavoro, con meno di 15 dipendenti, debbono pagare in caso di licenziamento illegittimo? Una norma che è vigente dal 1990, dunque da 35 anni.
In materia di contratti a termine che senso ha - e lo chiedo a chi nell'opposizione, durante il Governo Draghi, ha votato con noi emendamenti che andavano in senso contrario - produrre una normativa di risulta più severa in termini di causali di quanto non fosse quella del decreto Dignità, che le causali le ha introdotte? L'unica risposta è che, per motivi che almeno noi non comprendiamo, si vuole tornare al conflitto nelle imprese invece che alla collaborazione. Una contrapposizione che, di certo, non giova all'economia e neppure ai diritti dei lavoratori, al di là di quanto si dice, allo stesso modo nel quale sono milioni di lavoratori a subire il danno economico del mancato rinnovo dei contratti pubblici.
La filosofia e il fine ultimo della legge in esame sono l'esatto contrario dell'imposizione che ho appena descritto.
Terzo elemento di importanza è stata la decisione non formale di adottare come testo base e portare in Aula la proposta di legge di iniziativa popolare, anche in presenza di diverse specifiche proposte di legge di maggioranza.
L'iniziativa parlamentare, quando è attuata direttamente dai cittadini, deve essere tenuta in considerazione, su questo sono personalmente convinto, ma si devono valutare, ovviamente, anche il merito e il contenuto della proposta, e il salario minimo orario, nell'impostazione che gli avete dato, non lo condividiamo nel merito. A danneggiare la contrattazione collettiva vi sono interventi come quello del salario minimo legale, perché è evidente che se per legge si stabilisce una paga oraria, i contratti collettivi sono inevitabilmente depotenziati.
Il testo che stiamo esaminando, invece, rispetta pienamente la contrattazione collettiva, alla quale, anzi, fa esplicito riferimento. Ed è per questo, e per rispettare la parte dell'articolo 46 della Costituzione quando specifica che le forme di partecipazione devono essere «in armonia con le esigenze della produzione», che si è voluto specificare che il primo passo deve essere una previsione, nello statuto dell'impresa, di accedere a forme di cogestione; dunque, che questa sia prevista dalla contrattazione collettiva.
Il testo che è arrivato al nostro esame mantiene comunque le quattro forme di partecipazione previste dalla proposta originaria: partecipazione gestionale, economica, organizzativa e consultiva, nelle modalità che la maggioranza ha ritenuto, con decisione politica, più idonee a tutelare in maniera equilibrata gli interessi coinvolti: quelli delle imprese, dei lavoratori e degli organismi di rappresentanza, dato che, carte alla mano, confuta la tesi di chi sostiene che questa sia stata ridotta ad una legge inutile; e ciò emerge dal suo onere finanziario, che è collegato alla parte della partecipazione alla gestione economica.
I colleghi che hanno una consolidata esperienza parlamentare sanno che, quando ci si vuole limitare ad approvare una legge-manifesto lo si fa senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e non si stanziano 70 milioni di euro per agevolare la partecipazione agli utili di impresa da parte dei lavoratori; 70 milioni sono una cifra che, per una proposta di legge che nasce in Parlamento, è elevata; ed anche in questo caso basta scorrere distrattamente i resoconti della Commissione bilancio per rendersi conto di come proposte di legge importanti, in alcuni casi ampiamente condivise, non riescano a superarne il vaglio perché non si trovano le coperture per 1 o 2 milioni di oneri.
Il lavoro fatto in legge di bilancio, dove la copertura attuale è stata reperita, dimostra che questa maggioranza ha voluto fortemente l'approvazione di questa proposta di legge e vuole che questa sia applicabile.
Un'altra critica che è stata mossa agli incentivi previsti a favore dei lavoratori da questa legge è che sarebbe poca cosa o, di peggio, uno specchietto per le allodole per costringere i lavoratori a sostenere le perdite.
Colleghi, nel primo caso sembra di vedere le critiche mosse al cuneo fiscale, quando si diceva che 100 euro in più al mese erano poca cosa; nel secondo, mi sento di dire che quello di mettere in conto alla collettività le perdite è stato un costume di un gruppo industriale che oggi non ha più né nome né sede in Italia, che con Governi di colore diverso dal nostro ha sempre avuto ottimi rapporti e che, fino a qualche mese fa, faticava a criticare per non inimicarsi la linea editoriale del giornale che detiene.
Presidente, in conclusione, anche alla luce del fatto che nel proseguimento dell'esame di questo provvedimento ci sarà molto da intervenire segnatamente su specifici temi, vorrei concludere il mio intervento con un ringraziamento per il lavoro svolto dalle due presidenze delle Commissioni finanza e lavoro, dai colleghi relatori e, ovviamente, dal Governo.
Forza Italia ritiene che sia stato fatto un ottimo lavoro e che, come ho avuto modo di dire, noi oggi stiamo mettendo mano ad una riforma vera, che è importante approvare e che, alla luce del suo effettivo funzionamento - non con paraocchi ideologici - potrà, ovviamente, essere oggetto di ulteriori modifiche motivate dalla prova dei fatti.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la VI Commissione, onorevole Cavandoli, che rinunzia, così come il relatore per la XI Commissione e la rappresentante del Governo.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 792: “Modifica alla legge 20 luglio 2000, n. 211, recante “Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”, al fine di prevedere un fondo per favorire l'organizzazione da parte delle scuole secondarie di secondo grado di "viaggi nella memoria" nei campi medesimi” e delle abbinate proposte di legge nn. 777-1495.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire, in sostituzione della relatrice deputata Dalla Chiesa, il presidente della Commissione cultura.
FEDERICO MOLLICONE, . Onorevoli colleghi, signor Presidente, signori del Governo, è un onore per me, in occasione dell'80° anniversario della liberazione di Auschwitz e in qualità di presidente della Commissione cultura della Camera, poter svolgere questa relazione in Aula. La come ha ricordato il Presidente Meloni, rappresenta l'abisso dell'umanità; è nostro dovere fare in modo che la memoria di quei fatti e di ciò che è successo non si riduca ad un mero esercizio di stile, ma si rinnovi di anno in anno per rendere le nuove generazioni e tutta la cittadinanza sempre più responsabilizzate.
La proposta di legge ordinaria oggi all'esame dell'Assemblea dispone, infatti, la modifica alla legge 20 luglio 2000, n. 211, recante "Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti", al fine di prevedere un fondo per favorire l'organizzazione da parte delle scuole secondarie di secondo grado di "viaggi nella memoria" nei campi medesimi”, Atto Camera n. 792.
Il provvedimento d'iniziativa parlamentare è stato approvato dal Senato il 18 gennaio 2023, trasmesso alla Camera dei deputati ed assegnato alla VII Commissione cultura in sede referente il 24 gennaio 2023, abbinato alle proposte di legge Manzi (A.C. 777) e De Palma (A.C. 1495), recante “Introduzione dell'articolo 2- della legge 20 luglio 2000, n. 211, concernente l'istituzione di un fondo per sostenere l'organizzazione di viaggi d'istruzione, da parte delle scuole secondarie di secondo grado, nei campi di concentramento nazisti per la conservazione della memoria degli eventi”. È stato quindi adottato come testo base per il seguito dell'esame nella seduta del 25 ottobre 2023.
Su tale testo non sono state presentate proposte emendative. La I Commissione (Affari costituzionali) e la V Commissione (Bilancio), competenti in sede consultiva, hanno entrambe espresso un parere favorevole sul provvedimento in esame. Il mandato al relatore a riferire favorevolmente in Assemblea sul provvedimento nel testo trasmesso dal Senato è stato conferito nella seduta del 5 dicembre 2023. Venendo al contenuto del provvedimento in esame, ricordo preliminarmente che la proposta di legge Atto Camera n. 792, composta di un solo articolo, introduce con una novella il nuovo articolo 2- alla legge n. 211 del 2000, che ha previsto l'istituzione del Giorno della Memoria, scegliendo la data del 27 gennaio in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.
Il nuovo articolo 2- della legge n. 211 del 2000 prevede, al comma 1, che presso il Ministero dell'Istruzione e del merito sia istituito un fondo con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, per promuovere e incentivare, nel rispetto dell'autonomia scolastica, i viaggi della memoria ai campi di concentramento nazisti per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado, al fine di far maturare la coscienza civica delle nuove generazioni rispetto all'estrema sofferenza patita dal popolo ebraico durante la persecuzione nazista della .
Ai sensi del comma 2, all'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni recate al comma 1, pari a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, si provvede quanto a un milione di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025 mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, e, quanto a un milione di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, mediante corrispondente riduzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi di cui all'articolo 1 della legge n. 440 del 1997.
Ai sensi del comma 3, il Ministro dell'Istruzione e del merito, con proprio decreto da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, definisce le modalità di utilizzo delle risorse di cui sopra, stabilendo, al contempo, la tipologia di spese finanziabili. Il Ministro dell'Economia e delle finanze è conseguentemente autorizzato ad apportare con proprio decreto le occorrenti variazioni di bilancio (comma 4).
Come ho avuto modo di sottolineare anche in occasione dell'inaugurazione della mostra “La fine dei nazisti”, organizzata dalla Fondazione Museo della , che ringrazio per l'ideazione e l'organizzazione, alla Casina dei Vallati a Roma, in questa sede voglio ribadire la nostra totale solidarietà alle comunità ebraiche delle città italiane e lanciare, come ha fatto oggi il Presidente Meloni, l'elaborazione della nuova Strategia nazionale per la lotta all'antisemitismo, un documento articolato e di scenario, che fissa obiettivi e azioni concrete per contrastare un fenomeno abietto, che non ha diritto di cittadinanza nelle nostre società.
Ricordo che già all'epoca del Governo di centrodestra, nella capitale, l'allora assessore Laura Marsilio potenziò i progetti e i gemellaggi fra le scuole, perché non si esaurisse tutto solo con i viaggi della memoria, come fanno anche oggi molte città italiane. In conclusione, questa mattina, nel deporre un cuscino di fiori, insieme a una delegazione di Fratelli d'Italia di Roma, davanti ai nomi dei deportati romani presenti al cimitero monumentale del Verano, mi sono tornate alla mente le parole di Giorgio Perlasca, Giusto fra le Nazioni, che salvò la vita a 5.000 ebrei ungheresi, fingendosi un console spagnolo. Fino al 1987 non raccontò del suo operato a nessuno.
“C'era della gente che era in pericolo di morire e bisognava fare qualcosa” disse in un'intervista. “Avendo la possibilità di farlo, l'ho fatto”. In suo nome e a nome di tutti coloro che durante quella stagione si sono contraddistinti per coraggio e solidarietà, oggi abbiamo il dovere di fare un appello alla responsabilità, la responsabilità di ricordare, di ripetere, di raccontare a figli e figlie, a ragazzi e ragazze, l'indifferenza che portò all'orrore dei campi di sterminio, e dare loro la possibilità di vedere da vicino i luoghi in cui questi crimini contro l'umanità sono avvenuti.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva.
È iscritta a parlare la deputata Patrizia Prestipino. Ne ha facoltà.
PATRIZIA PRESTIPINO(PD-IDP). Grazie, Presidente. Ottant'anni dalla liberazione dell'orrore di Auschwitz, è con grande orgoglio e consapevolezza che intervengo per conto del Partito Democratico su questa proposta di legge, che ci invita a riflettere su una delle pagine più buie e più orrende della nostra storia, e ci richiama al dovere morale di non dimenticare le atrocità della . Il ricordo delle vittime dello sterminio nazista e fascista deve essere un monito costante contro ogni forma di intolleranza, di odio e di discriminazione.
Mai come oggi, mentre l'Europa e il mondo intero si trovano a fronteggiare nuove sfide, dobbiamo ricordare che la storia non è solo un insieme di date e di avvenimenti, ma una guida etica e politica per il nostro presente e per il nostro futuro. Dobbiamo farci carico della memoria non solo come mero atto commemorativo, ma come fondamento per la costruzione di una società più giusta, più equa, più consapevole, più solidale ed inclusiva. In questo contesto - e su questo passo su un'altra linea - desidero richiamare l'attenzione su un importante contributo culturale recente, la miniserie , tratta dal romanzo di Antonio Scurati, dove il protagonista è magistralmente interpretato dal nostro Luca Marinelli. Perché lo cito?
Perché lo cito? Perché questo film non si limita a raccontare la caduta di un dittatore, ma ci costringe a riflettere sulle dinamiche del potere, sulla fragilità della democrazia, sui rischi insiti nella manipolazione ideologica.
La pellicola, inoltre, evidenzia, in modo crudo e a tratti anche disarmante, l'eredità di un regime che ha portato alla persecuzione e all'annientamento di intere comunità e alla distruzione dei valori fondanti della convivenza civile.
La figura di Mussolini, tratteggiata nel film con complessità, non deve essere oggetto di revisionismi o tentativi di riabilitazione, bensì di analisi critica. La narrazione cinematografica, in questo caso, può diventare uno strumento potente per educare le nuove generazioni, fornendo loro le chiavi per comprendere i pericoli di ogni forma di totalitarismo e l'importanza inderogabile di difendere i principi di libertà, i diritti umani e quelli democratici.
Ma la memoria non solo è un esercizio intellettuale, ma anche un impegno concreto. Spetta a noi, rappresentanti delle istituzioni, garantire i valori dell'antifascismo, della solidarietà e dell'uguaglianza, affinché rimangano vivi, vegeti e attuali. Ciò significa investire nell'educazione - e qui parlo nella veste di docente di liceo -, affinando strumenti didattici che rendano i giovani consapevoli di quanto accaduto. Significa sostenere la cultura, la ricerca storica e la produzione culturale - come, per esempio, il film che ho appena citato -, affinché ci aiutino a mantenere viva la memoria collettiva e valorizzino i principi della tolleranza e dell'antifascismo. Significa anche vigilare con fermezza contro ogni rigurgito di odio, di antisemitismo e di negazionismo, che oggi trovano spesso nuove forme di espressione, spesso amplificate dai . Non possiamo permettere che l'indifferenza, l'ignoranza e quel silenzio complice, che già in passato ha reso possibile tragedie inimmaginabili, minaccino ciò che, con tanta fatica, è stato costruito dopo la tragedia della seconda guerra mondiale. Le vittime dell'Olocausto sono non solo i 6 milioni di ebrei assassinati nei campi di sterminio, ma anche tutte le vittime dei regimi totalitari, i dissidenti politici, gli omosessuali, i rom, i sinti, le persone con disabilità.
La proposta di legge in discussione ha, come oggetto, i viaggi della memoria nei campi nazisti, ribadendo l'importanza della memoria storica come fondamento per la prevenzione di nuovi crimini contro l'umanità, al fine di sensibilizzare i giovani e promuovere i viaggi di istruzione nei luoghi della memoria. La PDL presentata dal Partito Democratico, a firma della collega Irene Manzi, richiede, nell'articolo 2, l'istituzione di un fondo con un capitale pari a 8 milioni di euro: ben 6 milioni in più rispetto a quanto previsto dal testo approvato in Senato. Proprio per quanto argomentato finora, sono convinta dell'importanza di questi viaggi, perché, come strumento di formazione, rappresentano un'occasione unica per approfondire il tema. Visitare luoghi simbolici come i campi di concentramento e sterminio, consente di toccare con mano le atrocità commesse durante la Shoah, favorendo una comprensione più profonda e più consapevole della storia. Queste esperienze, se vissute in prima persona, soprattutto dai nostri giovani, aiutano a mantenere viva la consapevolezza del passato, contribuendo a formare cittadini più responsabili e più consapevoli del valore della libertà e della dignità della persona umana.
In prima persona, ho accompagnato tanti studenti, come docente e come rappresentante delle istituzioni romane, dopo che l'allora sindaco Veltroni ebbe la straordinaria sensibilità di istituire, per la prima volta, i viaggi della memoria nelle scuole romane: viaggi ai quali partecipava egli stesso, come partecipano ancora oggi tanti sindaci di tante città d'Italia coinvolte in questi progetti. Bene, ricordo la commozione, mista all'orrore, stampata sui volti dei miei studenti alla vista dei campi di sterminio, raccontati dai grandi superstiti che l'avevano vissuti sulla pelle del cuore e dell'anima.
Ricordo le lacrime che scorrevano senza freni o quelle a malapena trattenute dai miei ragazzi, quando, per la Giornata della Memoria, invitavamo a scuola il meraviglioso Piero Terracina (che non c'è più) per testimoniare o quando Sami Modiano, con ferma dolcezza, mostrava ai ragazzi il tatuaggio dell'orrore, raccontando loro cosa successe dopo le leggi razziali, raccontando di non essere riuscito a salvare la sorella. “Quel giorno persi la mia innocenza” - raccontava ai ragazzi - “Quella mattina mi ero svegliato come un bambino, la notte mi addormentai come ebreo”. Questo racconta Sami Modiano, quando va in giro per le scuole. E i ragazzi si buttavano commossi tra le sue braccia, confondendo le loro lacrime alle sue, come se, grazie a quella esperienza emotiva vissuta in maniera così forte, fosse diventato lui uno della loro famiglia. Questo significa celebrare con rispetto e dignità, trasmettere la memoria di quello che la storia condanna, perché certi errori non debbano più ripetersi nella storia.
Il nostro è un impegno civile, colleghi e colleghe, come legislatori e come cittadini. Combattere l'odio, l'indifferenza e la crudeltà e continuare a far conoscere, a raccontare e a tramandare. Solo così potremo essere degni del sacrificio di chi ci ha preceduto e costruire un futuro di pace e di dignità per tutti.
Solo in questo modo si costruisce una memoria - per parafrasare Orazio - .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Perissa. Ne ha facoltà.
MARCO PERISSA(FDI). Grazie, Presidente. Membri del Governo, colleghi, tecnicamente, oggi andiamo a discutere su una proposta di legge che prevede di rinforzare i finanziamenti destinati all'organizzazione dei viaggi della memoria. Una discussione che, non a caso, avviene proprio nel giorno in cui si celebra l'ottantesimo anniversario dallo sfondamento dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz per mano dell'Armata rossa. Ottant'anni che, per alcuni Paesi nel mondo, sono la loro storia recente, ma per l'Europa e per l'Italia sono l'ultimo scorcio di un pezzo di storia molto più lunga. E così, anche per le parole dei tantissimi momenti di memoria che, nel corso degli anni si sono succedute, e anche grazie alle parole dei superstiti e dei sopravvissuti che abbiamo sentito, nonché grazie a quelle esperienze dirette che sono state trasmesse a noi, ai nostri figli e ai nostri studenti, sembra sempre ieri. E credo che questo, in qualche modo, contribuisca alla costruzione di un modello positivo della memoria: non soltanto “non dimenticare”, non soltanto “ricordare”, ma “ricordare bene”, cioè, con chiarezza e senza alcuna forma di equivoco, posto che, in quella pagina buia della nostra storia, milioni di persone sono state perseguitate e sterminate senza nessuna colpa. Lo sfondamento dei cancelli di Auschwitz ottant'anni fa ha mostrato al mondo, in maniera simbolica, l'orrore della lucida strategia del nazismo di Hitler volta a inseguire, perseguitare e sterminare persone innocenti.
Al di fuori di ogni ipocrisia, di questa atroce responsabilità si macchia in Italia anche un colpevole fascismo, con la pubblicazione delle leggi razziali, con la partecipazione ai rastrellamenti: una pagina terribile dell'umanità, una pagina oscena della storia d'Italia. Una pagina che offusca - anche in questo caso ingiustamente - quanto fatto da alcuni italiani in quel momento così buio: italiani distintisi per la solidarietà, per l'amicizia e per il coraggio nel cercare di aiutare chi ingiustamente era perseguitato.
Erano i “Giusti tra le Nazioni”. L'Italia oggi vanta - se possiamo utilizzare questo termine - l'ottava posizione, fra le Nazioni al mondo, per numero di persone che si sono distinte nella capacità di aiutare. Un numero che negli anni è aumentato, perché chi ha compiuto gesti di aiuto e di supporto alla fuga o al nascondersi era talmente in buona fede che, per anni, ha taciuto il supporto che ha dato a queste persone.
Ciò a dimostrazione di quanto - mentre i protagonisti della politica italiana in quegli anni scrivevano una delle pagine più brutte della nostra storia, forse la pagina più brutta della nostra storia - ci fosse un popolo che a quel modello si ribellava e che tendeva la mano ai più fragili e a quelli che erano più in pericolo. C'è da dire che, indubbiamente, come dicevo all'inizio di questa riflessione, il racconto e le testimonianze, per quanto dolorose e tragiche, dei sopravvissuti e dei loro familiari hanno permesso che il ricordo rimanesse nitido nelle persone che sono nate anni e anni dopo.
È in questo contesto che l'atto normativo che ci accingiamo a votare da qui ai prossimi giorni assume un valore rilevante, perché rinnovare stanziando ulteriori fondi nell'organizzazione dei viaggi della memoria, se a volte il denaro può avere un significato un pochino al di sopra del mero esercizio della materia, significa rinnovare con forza il desiderio di ricordare di più e meglio, per sempre, a testimonianza delle giovani generazioni.
La senatrice Segre si chiedeva in un'intervista se qualcuno avrebbe mai avuto la forza di ereditare quel messaggio che lei ha voluto lanciare con le sue testimonianze, con la nomina di senatrice a vita, nel ricordo della Shoah. Con umiltà, ma credo anche con ferma determinazione, possiamo anche dire che questo Parlamento e la politica italiana cercano, anche con questi gesti, di essere all'altezza di quell'esempio, di quel messaggio e di quella testimonianza nel rassicurare chiunque che il ricordo di quello scempio non cadrà nell'oblio per opera dei cittadini che, quando all'occorrenza possono indossare i panni di parlamentari della Repubblica, di Ministri o di sottosegretari, non dimenticano che c'è un pezzo fondamentale della vita di ognuno di noi che prende la direzione giusta solo se è capace di ricordare la direzione da cui si proviene. E dal dolore, spesso e volentieri, del ricordo, in questo caso, della memoria arrivano gli insegnamenti più grandi e più alti.
Con umiltà, oggi, noi continuiamo a dire a quei sopravvissuti, ai loro familiari, ma anche a tutte le persone che non ce l'hanno fatta che, di fronte a quello scempio, non ci siamo rassegnati e che oggi più che mai, purtroppo, siamo costretti ad ammettere, per onestà intellettuale, che l'odio religioso, l'odio razziale, quella forma di persecuzione nei confronti della religione ebraica e delle persone che seguivano e che seguono la religione ebraica sono mutati, ma non spariti; ringraziando Dio, non raggiungono e non raggiungeranno - io spero e credo - mai più i livelli che la storia ci ha insegnato, ma non per questo allora possiamo sentirci soddisfatti, perché, quando anche in un piccolo rivolo del nostro pianeta, nella parte più remota dell'ultimo essere umano che vive su questo pianeta, dovessimo inciampare in un sentimento di odio religioso o di odio razziale, ecco, da parte nostra ci sarà la ferma volontà di condannare quello che incontriamo.
Quello che è successo è memoria e, per effetto di quella tragedia, per la memoria di quella tragedia, oggi, più o meno siamo tutti rassicurati che quelle giornate, quegli anni non torneranno mai più, ma il messaggio che lanciamo oggi con forza è che, anche di fronte a un mutamento di quel sentimento di odio, anche di fronte a un assottigliamento dell'esasperazione di quel sentimento di odio nelle azioni quotidiane, c'è la più totale intransigenza; perché soltanto così possiamo tornare a casa e guardare con orgoglio i nostri figli, convinti di crescerli con esempi virtuosi e cercando di renderli, questo sì, persone sempre più inclusive e pronte ad accogliere la diversità, sancendo un principio assoluto e universale: ossia che dal confronto con il diverso si riesce ad essere sempre e comunque migliori .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Amato. Ne ha facoltà.
GAETANO AMATO(M5S). Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, l'esistenza ha due facce: vita e morte. La vita è presente, futuro e passato. Pirandello ne diceva che il gusto della vita, il sapore è legato ai ricordi e, quindi, immancabilmente al passato. La Presidente Meloni e illustri colleghi hanno parlato di colpe del fascismo e del nazismo; io aggiungerei anche le colpe dell'ignavia.
Primo Levi dice: “non volevano sapere”; poi, aggiunge: “volevano non sapere”, il che è molto diverso, è girarsi dall'altro lato. Quelli della mia generazione stanno vivendo quel periodo attraverso i racconti, che non sono reali; sono i racconti di chi ce l'ha fatta; o abbiamo visto film, anche premiati dall'Oscar come , raccontarci un periodo che immancabilmente però ci viene trasmesso attraverso un'opera, attraverso la mediazione di un regista e ciò forse ci condiziona nel ritenerlo solo un film. Anche la senatrice Segre che racconta - ed è ancora uno dei pochi testimoni di quel periodo - dice: non vorrei che alla fine tutto si riducesse a un rigo in un libro.
Io devo dire che quell'ignavia c'è ancora oggi; è un'ignavia che porta i popoli a girarsi dall'altro lato su quello che sta accadendo sia in Ucraina sia in Palestina. Qualcuno dice che non c'è nesso. Il nesso c'è. Il nesso è la ferocia criminale dell'uomo e l'ignavia è di tutti noi, anche in quest'Aula, che abbiamo fatto poco o nulla per fermare un genocidio. Chi vivrà, vedrà. Io non vorrei che, tra vent'anni, quest'Aula si trovasse a commemorare un altro ricordo, un'altra memoria, come ciò che è successo ad Auschwitz, perché quei morti in Palestina pesano.
Quei bambini, così come i bambini deportati ad Auschwitz, probabilmente non sanno, non sanno il perché, sono solo bambini, e chi non ce l'ha fatta l'unica cosa che potrà dire è: io sono nel vento senza sapere perché .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cavandoli. Ne ha facoltà.
LAURA CAVANDOLI(LEGA). Grazie, Presidente. Oggi che è il Giorno della Memoria - è stato detto - approda in Aula questa proposta a prima a firma della senatrice Pirovano, quindi fortemente voluta dal gruppo della Lega. È la senatrice che aveva lavorato nella scorsa legislatura a fianco della presidente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza, la senatrice a vita Liliana Segre, e che proprio da questo insegnamento e da questa condivisione ha tratto la voglia, l'ispirazione e la forza di portare avanti questa proposta di legge.
È una proposta di legge nata nella scorsa legislatura, che ha fermato il suo corso con lo scioglimento anticipato delle Camere e che, quindi, ora è stata ripresa e riportata in questo giorno così importante e con tanto significato. Sono molto lieta che proprio oggi arrivi in Aula, a Montecitorio, perché proprio 80 anni fa le truppe dell'Armata rossa varcarono le porte di Auschwitz e finalmente liberarono il campo di concentramento.
Si va, dal punto di vista più tecnicamente legislativo, a novellare una norma, la legge n. 211 del 2000, che riconobbe il 27 gennaio come “Giorno della Memoria” e precedette di ben 5 anni quella che fu la risoluzione dell'ONU che riconobbe a livello internazionale questa giornata così importante. Questo ci rende onore come Paese, perché siamo stati più avanti e precursori di quella che è una testimonianza che l'umanità stessa deve tributare.
Siamo tutti ben coscienti che questi viaggi della memoria ci sono già e sappiamo che, però, c'è una certa difficoltà a sostenerne gli oneri. Per questo c'è stata questa norma, che ha finanziato e che è anche un invito a rifinanziare e a incrementare il fondo dedicato alla realizzazione dei viaggi della memoria per gli studenti delle scuole secondarie superiori.
Quello che noi vogliamo è favorire e incentivare, perché in questi viaggi c'è una forte valenza formativa anche dal punto di vista educativo, ma anche e soprattutto per coinvolgere le giovani generazioni che, attraverso l'esperienza di un viaggio, sono rese testimoni e protagoniste delle atrocità della storia.
Quello che si vuole fare è formare una coscienza consapevole nelle nuove generazioni per evitare che certi episodi si possano ripetere. Già, perché - ci tengo a sottolinearlo in quest'Aula - il revisionismo storico, che purtroppo spesso ci capita di sentire rispetto ad altri episodi storici, è comunque un rischio che sulla Shoah non possiamo correre e che l'umanità non può correre.
Quando questi ragazzi si recano nei campi di sterminio - ovviamente, debitamente preparati dagli insegnanti, che sono formati e li devono accompagnare nella preparazione (che non deve essere tralasciata) di un viaggio che può essere scioccante - sanno benissimo che si trovano davanti a una situazione che li cambierà probabilmente per tutta la vita.
Le domande che fanno sono dalle più banali alle più personali ed intime. Io, guardando un documentario, ho visto alcuni ragazzi che chiedevano dove finissero le ceneri di queste persone che non c'erano più e la risposta era - ahimè - molto pesante; infatti, la risposta era: un po' li mettevano nel fiume, un po' nel terreno, un po' per coprire la strada; insomma, sono sotto i vostri piedi; quello che vedete di verde ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento, sono loro, sono persone, quello che ci hanno lasciato anche dal punto di vista più fisico e tangibile.
È quindi giusto incentivare, stimolare, rafforzare e dare le risorse economiche per realizzare questi viaggi, perché la memoria deve restare ed è necessaria: dobbiamo ricordare perché le cose che si dimenticano possono ritornare e questo è il testamento di Primo Levi, che mi sento di fare mio e di dare a quest'Aula.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Palma, che non vedo; s'intende che vi abbia rinunciato.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Mollicone, presidente della VII Commissione, e il rappresentante del Governo non intendono replicare.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Lupi ed altri n. 1-00228 concernente iniziative volte a promuovere le maratone e a favorire la partecipazione di atleti stranieri, con particolare riferimento ai profili afferenti alla tutela sanitaria .
La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori
Avverto che è stata presentata la mozione Berruto ed altri n. 1-00393, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
È iscritto a parlare il deputato Pino Bicchielli, che illustrerà la mozione Lupi ed altri n. 1-00228 , di cui è cofirmatario.
PINO BICCHIELLI(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signora Sottosegretario, le maratone rappresentano uno degli eventi sportivi più diffusi e partecipati a livello mondiale. Un evento, quello delle maratone, che oltre al grande valore sportivo rappresenta ormai un evento di grande importanza sotto numerosi profili. Se, infatti, è innegabile che lo sport in generale, quando correttamente praticato, rappresenta uno strumento di benessere fisico e mentale, va peraltro sottolineato come oggi lo sport abbia la capacità di raggiungere obiettivi altrettanto importanti legati anche alla dimensione sociale, così come a quella economica e turistica.
Non dimentichiamoci che uno dei primi atti di questa legislatura è stata la modifica dell'articolo 33 della Costituzione, dove abbiamo aggiunto un nuovo ultimo comma, ai sensi del quale “la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme”.
I numeri legati alle maratone sono numeri importanti. Nel 2024 le sei - New York, Londra, Berlino, Chicago, Boston e Tokyo - sono arrivate, da sole, a vedere la partecipazione di circa 270.000 persone. La maratona di New York, la più partecipata al mondo, ha registrato, lo scorso novembre, 55.530 , tra cui 2.586 italiani e - perché non dirlo, signor Presidente - anche alcuni nostri colleghi parlamentari.
Oggi, però, non siamo qui per sostenere quella che è certamente una certezza condivisa, cioè che le maratone rappresentano eventi di grande valore sociale, turistico ed economico, ma siamo qui per far sì che la normativa che regola tali eventi sia in linea con i principi del nostro ordinamento e sia strumento di promozione di questo grandissimo valore sociale che è lo sport.
Credo sia doveroso, infatti, come legislatori impegnarci affinché lo sport possa trovare sempre maggiore spazio nella società per la sua capacità di generare un benessere psicofisico, ma anche per il suo potenziale come strumento sociale. Lasciatemi dire che credo sia da non sottovalutare come in taluni contesti lo sport possa diventare lo strumento per vincere complesse sfide legate a situazioni di emarginazione e di degrado sociale.
Oltre alla dimensione sociale, come già ricordato prima, non possiamo, poi, non sottolineare l'impatto economico che lo sport genera in tutte le sue forme. Leggiamo sul Rapporto Sport 2024 che il contributo dello sport al valore aggiunto italiano è stato, nel 2022, di circa 24,7 miliardi di euro, di cui 4,2 miliardi di euro generati dalle attività sportive, 11,4 miliardi dalle attività strettamente connesse alle attività sportive e 9 miliardi di euro dalle attività connesse alle attività sportive in senso ampio.
È all'interno di queste premesse che si inserisce, signor Presidente, la nostra mozione, la mozione che sto presentando.
Come già detto, le maratone rappresentano uno degli eventi maggiormente partecipati al mondo e questo è dovuto, in parte, anche all'ampia offerta di eventi organizzati.
L'Italia offre, senza dubbio, uno scenario straordinario per l'organizzazione di questi eventi e l'offerta sportiva per i , agonistici e amatoriali, è molto ampia. Nel calendario 2025 della Federazione italiana di atletica leggera sono previste 41 maratone e 173 mezze maratone. Eppure, se prendiamo come esempio la maratona di Roma, che, solo per la cornice artistica che offre, avrebbe il potenziale per essere una delle maratone più belle e partecipate del mondo, vede un numero di partecipanti inferiore rispetto alle maratone organizzate nelle grandi metropoli europee ed è lontanissima dal raggiungere i numeri delle sei maratone più importanti.
In particolare, la partecipazione dei stranieri alle maratone organizzate in Italia si scontra con la difficoltà generata dalle certificazioni richieste ai cosiddetti amatoriali, i quali rappresentano, peraltro, la maggior parte dei partecipanti alle maratone. Infatti, per poter partecipare a una maratona organizzata in Italia, i cosiddetti turistico-sportivi, nel caso in cui volessero apparire ufficialmente in classifica e, di conseguenza, in qualità di competitivi, devono presentare una documentazione medica il cui costo risulta spesso limitante per la partecipazione degli atleti stranieri. E anche quando sono in possesso di certificazione medico-sportiva valida nel Paese di origine, gli esami richiesti per poter partecipare come amatoriali, sono numerosi: visita medica, esame completo delle urine, elettrocardiogramma sia a riposo che sotto sforzo, spirometria. Il livello di tutela è sicuramente di gran lunga superiore a quello richiesto dalle legislazioni straniere in materia di partecipazione dei alle maratone. Non dimentichiamo, inoltre, che, in diversi Paesi, tra cui anche diversi Stati europei come la Spagna, la Germania, l'Olanda, la Svezia e la Repubblica Ceca, i amatoriali possono partecipare presentando semplicemente un'autocertificazione. Invece la normativa italiana prevede un livello di tutela tale da generare spesso un limite vero e proprio per il straniero.
Io vorrei chiarire una cosa: qui noi non vogliamo venire meno a un principio fondamentale e cardine, che è quello della tutela della salute. La tutela della salute e la promozione dello sport rappresentano due princìpi imprescindibili. Si fa sport, lo si pratica, ma è giusto che l'attività sportiva sia accompagnata da un continuo controllo della medicina sportiva. Su questo non facciamo e non dobbiamo assolutamente fare passi indietro. Quello che la mozione propone è un aggiornamento della normativa in materia, affinché gli atleti stranieri che vogliano iscriversi alle manifestazioni organizzate sul territorio italiano, possano farlo basandosi sulle rispettive leggi di tutela sanitaria previste dal proprio Paese di residenza. Colleghi, prima di avviarmi alla conclusione, vorrei evidenziare un fatto che ritengo importante. I motivi di questa mozione sono stati oggetto di dibattito già nella scorsa legislatura e in quell'occasione il consenso è stato ampio e condiviso. Credo che sia un dato importante perché, se esistono temi sui quali è possibile essere uniti, uno di questi credo che sia proprio lo sport. La speranza è che questi temi, i temi che noi affrontiamo in questa mozione, possano, ancora una volta in questa sede, trovare un ampio, se non univoco, consenso.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Prestipino, che illustrerà la mozione n. 1-00393, di cui è cofirmataria.
PATRIZIA PRESTIPINO(PD-IDP). Grazie, Presidente. Come è stato già detto, la mozione in oggetto richiama nuovamente l'attenzione su una questione di grande rilevanza per il Paese: la necessità di rimuovere le barriere normative che limitano la partecipazione degli atleti stranieri alle maratone e mezze maratone organizzate in Italia. Si tratta di un tema già affrontato nel 2020 in quest'Aula e condiviso trasversalmente tra le forze politiche. Lo ricordo bene perché fui proprio io, allora, a dibattere su questo tema per conto del Partito Democratico.
Anche il Partito Democratico ha presentato una sua mozione, in linea con il principio sancito dall'articolo 33 della Costituzione, e richiede interventi specifici sul tema. Oggi come allora, desidero ribadire quanto le maratone non siano semplici eventi sportivi.
E lo dico da ex assessora allo sport, che ha sempre attribuito una grande importanza a questo tipo di evento, proprio perché rappresenta un fenomeno sociale, culturale ed economico di straordinaria rilevanza, capace di unire persone di ogni età, provenienza, promuovendo al contempo il benessere psicofisico, il turismo e lo sviluppo economico delle comunità ospitanti. Come evidenziato da entrambe le mozioni, l'impatto economico generato da eventi di questo genere è significativo, basti pensare che grandi maratone internazionali, come quella di New York, hanno registrato ricadute economiche di centinaia di milioni di dollari. Tuttavia, l'Italia risulta penalizzata da una normativa sanitaria eccessivamente stringente, che di fatto ostacola la partecipazione degli atleti stranieri, in particolare dei cosiddetti turistico-sportivi. Mentre in altri Paesi europei e nel mondo è sufficiente un'autocertificazione, una certificazione sanitaria rilasciata nel Paese di origine, in Italia gli atleti stranieri devono adeguarsi a requisiti specifici, tra cui esami medici dettagliati e molto costosi. Queste limitazioni, seppure animate da intenti di tutela della salute, hanno prodotto due effetti principali: uno, una drastica riduzione della partecipazione di atleti stranieri alle nostre maratone; due, un significativo danno economico e di immagine per il nostro Paese, che viene privato della possibilità di attrarre un pubblico più vasto, internazionale, che non si limita a correre, con evidenti ripercussioni sull'indotto turistico e culturale delle città ospitanti.
Presidente, a differenza di altri Paesi come la Germania, la Spagna o la Francia, le maratone italiane continuano a soffrire di una partecipazione ridotta, basti citare l'esempio della maratona di Roma, che pure l'allora sindaco Rutelli ebbe la straordinaria intuizione di rilanciare, dopo anni di stasi, ma che oggi registra numeri nettamente inferiori rispetto a quelli di Berlino, di Valencia o di New York. Questa cosa non è più accettabile per un Paese come il nostro, ricco di storia, cultura, paesaggi unici che si prestano, poi, come teatro per eventi di questo tipo. Il problema non riguarda solo l'organizzazione delle gare, ma coinvolge anche la capacità dell'Italia di competere su scala internazionale, di attrarre , di consolidare il turismo sportivo come elemento chiave del nostro sviluppo economico.
La nostra mozione non propone di abbassare gli standard di tutela della salute per i nostri atleti, ma di adottare un approccio equilibrato, inclusivo, in linea con le migliori pratiche europee. Per esempio, il Partito Democratico chiede di adottare iniziative normative che consentano agli atleti stranieri di partecipare alle cosiddette manifestazioni non-stadia, che si svolgono sul territorio italiano diffusamente, previo certificato che attesti un buono stato di salute, rilasciato conformemente alle normative sanitarie dei Paesi di residenza e accompagnato da un'autocertificazione che ridurrebbe gli oneri burocratici, gli iter, i costi attualmente richiesti. Avviare, poi, un piano strategico di sviluppo economico, in sinergia con regioni, comuni ed enti locali che consideri le maratone e le mezze maratone come strumenti per promuovere anche il turismo e le attività culturali, offrendo agli atleti e ai loro accompagnatori una esperienza completa ed attrattiva; considerare le manifestazioni non competitive come strumento di divulgazione della cultura della prevenzione, del movimento e del benessere psicofisico, coinvolgendo CONI, FIDAL e Sport e salute Spa; poi, garantire la gratuità dei servizi come le spese per il suolo pubblico, la sicurezza e la vigilanza, nonché promuovere una maggiore accessibilità allo sport, sostenendo per esempio le famiglie in difficoltà economica, nelle regioni con un maggiore tasso di dispersione scolastica, attraverso di spesa, come è stato fatto durante il COVID o anche nel periodo COVID per le attività sportive per famiglie meno abbienti; sostenere e promuovere le forme organizzate dei gruppi di cammino, di manifestazioni di camminate sportive, che pullulano la domenica mattina nelle nostre città.
Basta dare una letta alle pagine , tra l'altro seguitissime e gettonatissime: il , il , , il , insomma tutte quelle manifestazioni che coinvolgono i cittadini, gli amatori. Reperire risorse per promuovere la cultura del movimento quale strumento di prevenzione e controllo di patologie, per esempio quelle più insidiose, come il diabete, attraverso l'individuazione di aree verdi idonee alla pratica sportiva, anche ridisegnando il paesaggio urbano, se utile e necessario. Ricordiamo che a un euro investito nel settore sportivo corrisponde il risparmio di 3 euro nel lungo periodo per il sistema sanitario nazionale.
Se la mozione oggetto di discussione si concentra, principalmente, sull'abbattimento delle barriere normative che ostacolano la partecipazione degli atleti stranieri alle maratone competitive in Italia, la mozione presentata dal Partito Democratico amplia il dibattito, includendo ulteriori obiettivi, con una particolare attenzione ai risvolti sociali, come è poi nelle nostre corde. Non possiamo più permetterci di perdere tempo in un settore così strategico. Promuovere le maratone in Italia significa non solo valorizzare il nostro Paese come meta sportiva di eccellenza, ma anche generare benefici diretti per il tessuto economico e sociale delle nostre città.
Concludo ribadendo la convinzione del Partito Democratico che lo sport debba essere uno strumento di prevenzione, inclusione, crescita e benessere. Il nostro compito, come legislatori, è quello di rimuovere gli ostacoli che impediscono al nostro Paese di esprimere al meglio e appieno il proprio potenziale in questo ambito, rendendolo un punto di riferimento per lo sport e il turismo sportivo a livello internazionale, proprio come fa un maratoneta, con il coraggio di iniziare e la determinazione di continuare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Roscani. Ne ha facoltà.
FABIO ROSCANI(FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Gemmato, siamo di fronte a quello che ritengo essere un ulteriore passaggio importante. Può sembrare, infatti, secondario, ma nel tema di queste mozioni sono contenuti diversi aspetti che sono fondamentali per il sistema sportivo italiano, per il sistema di promozione turistica, per le persone e per gli atleti. Le maratone e le mezze maratone sono, infatti, tra gli eventi sportivi agonistici a vocazione popolare e amatoriale tra i più partecipati e diffusi al mondo.
Le 6 principali maratone del mondo - purtroppo, non c'è nessuna città italiana ad essere tra queste 6, New York, Londra, Boston, Berlino, Tokio e Chicago - hanno oltre 270.000 iscritti e un giro d'affari che supera i 2 miliardi di dollari. Tra le grandi maratone del mondo la più amata dagli italiani si conferma essere, ancora una volta, la maratona di New York, che, come sappiamo, si svolge nella prima domenica di novembre ed è, attualmente, la più partecipata al mondo. Basti pensare che già nel 2019, prima dello scoppio della pandemia, aveva raggiunto numeri record con oltre 54.000 partecipanti e che, nel 2024, ha visto la partecipazione di 55.530 .
Tra i partecipanti all'ultima edizione si contano, inoltre, oltre 2.500 nostri connazionali. Nel 2019 si calcolava un impatto economico della sola maratona di New York pari a circa 427 milioni di dollari, dove la maratona è addirittura iscritta in una voce di bilancio del comune di New York. La Federazione italiana di atletica leggera, la FIDAL, il 31 dicembre 2024 registrava 243.000 tesserati. A questi numeri si aggiungono, inoltre, oltre 54.000 tesserati con . Eppure, nessuna delle grandi maratone italiane figura non solo nelle prime 6, ma addirittura la maratona di Roma è al ventesimo posto.
Ma oltre alla maratona di Roma, se pensiamo alla maratona di Milano, alla maratona di Venezia o alla maratona di Firenze, potenzialmente non hanno davvero nulla da invidiare a New York, Boston, Chicago, Tokyo e alle altre grandi maratone. Il 20 settembre del 2023 la Camera dei deputati ha riconosciuto il valore dello sport, approvando la riforma dell'articolo 33 della Costituzione.
Faccio mie le parole del Ministro Abodi: lo sport in Costituzione rappresenta la prima tappa di un percorso che concentra, in poche parole, un significato profondo e un valore inestimabile, che possiamo sintetizzare nell'auspicio dello sport per tutti e di tutti, parte delle indispensabili difese immunitarie sociali e importante contributo per migliorare la qualità della vita delle persone e delle comunità. Quindi, l'attenzione della politica e della nostra società verso lo sport è sempre più importante ed è legata soprattutto alla valorizzazione del benessere psichico e fisico.
Le centinaia di migliaia di partecipanti alle maratone rappresentano una vera e propria cultura, con proprie forme di aggregazioni, gruppi, trasferte, definendosi di fatto una vera e propria comunità sportiva e del benessere. Le presenze di italiani sono state rintracciate in 127 maratone nel mondo. Quindi, la maratona, come vediamo, non è un semplice evento sportivo, ma, come abbiamo detto, è una fonte qualificata per il mercato locale, che genera occupazione e indotto economico, che racconta una storia millenaria, che si fonda sul mito di Filippide e che va sostenuta e valorizzata rappresentando un tassello della nostra identità.
Pertanto, credo che gli impegni contenuti nella mozione che vede come promotore e primo firmatario il collega onorevole Maurizio Lupi, che ringrazio per avere avuto sempre una particolare attenzione al tema, siano fondamentali per centrare gli obiettivi che ci siamo posti e per vedere rilanciate nuovamente sul tetto del mondo le maratone italiane.
Intanto, è per noi di fondamentale importanza tutelare e sostenere l'aspetto sanitario, per cui l'Italia è modello ed esempio nel mondo, ma questo non certo ostruendo o rallentando la possibilità dell'interscambio, anche per favorire la partecipazione internazionale più ampia possibile anche a livello agonistico, perché questo dà lo spessore, il privilegio e anche l'importanza delle maratone. Dal 1° gennaio 2020, per la FIDAL è consentita l'organizzazione di gare non competitive con finalità turistico-sportive sulla stessa distanza, maratone e mezze maratone, svolte al di fuori dell'organizzazione federale, con partecipazione dei soli atleti stranieri non tesserati, riportati con le proprie prestazioni in ordine alfabetico e non in ordine di arrivo.
Tale tipologia di evento non competitivo e con finalità turistico-sportive non ricade sotto l'egida della FIDAL e i partecipanti dovranno essere identificati con pettorali differenziati. Dovranno essere, altresì, inseriti in un ordine alfabetico di arrivo distinto dalle classifiche delle manifestazioni agonistiche e non potranno beneficiare di premi di qualsiasi genere. A questa limitazione si aggiunge l'aggravio organizzativo. È di competenza degli organizzatori della manifestazione non competitiva con finalità turistico-sportive l'applicazione di quanto previsto dalla nota esplicativa relativa al decreto del Ministero della Salute dell'8 agosto 2014, che consente la partecipazione di atleti stranieri non tesserati in Italia senza certificato medico.
Va da sé che tali limitazioni riducono di fatto la partecipazione degli atleti stranieri alle maratone italiane, con danno economico per gli organizzatori e per il tessuto cittadino di riferimento. In secondo luogo, credo sia fondamentale metterci nelle condizioni di poter creare sinergia, fare sistema, rilanciare e considerare le nostre maratone e mezze maratone nell'ambito di un piano strategico di sviluppo economico, attivando insieme al CONI, alla FIDAL, alla Sport e Salute Spa, un tavolo di lavoro specifico. Implementare, inoltre, iniziative ed attività culturali, tali da valorizzare le città, anche di concerto con l'ANCI, in occasione delle maratone e delle mezze maratone, a vantaggio degli atleti e dei loro accompagnatori, sia italiani che stranieri.
In conclusione, Presidente, credo sia un passo in avanti per mettere in sinergia sport, salute, benessere, cultura, sviluppo economico, e far sì che le maratone e le mezze maratone italiane possano competere con le grandi maratone del mondo e siano un'occasione straordinaria di valorizzazione e promozione sportiva dei nostri territori, del nostro tessuto economico e sociale. Come la maratona, intesa come metafora di vita, ci spiega che solo con la volontà e la passione si possono raggiungere gli obiettivi e che quegli obiettivi comportano profonda dedizione e fatica, che non affronti però da solo, ma insieme a tutti gli altri che corrono con te, così come lo sport, in generale, ci insegna a superare qualsiasi ostacolo fisico e mentale, oggi anche noi abbiamo il compito - e auspico che quest'Aula possa farlo correndo tutti insieme - di abbattere un muro burocratico e procedurale in nome dello sport, dell'interscambio culturale, della tutela della salute e della sicurezza, della valorizzazione turistica, e, quindi, della crescita in ogni ambito della nostra Nazione.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Sottosegretario di Stato per la Salute, Marcello Gemmato.
MARCELLO GEMMATO,. Grazie, Presidente. Soltanto per lasciare traccia del compiacimento per il dibattito sviluppato su questa importante mozione, importante nella misura in cui affronta un problema reale e nella misura in cui questo Parlamento - lo ricordava opportunamente l'onorevole Roscani - ha deciso di inserire la valenza e l'importanza dello sport all'interno della Costituzione italiana, avviando un percorso di centralità.
Gli interventi che si sono susseguiti, si sono concentrati sull'importanza di queste mozioni, che, come finalità, hanno quella di declinare positivamente le maratone, andando a sminare alcune storture che esistono. Mi riferisco, per esempio, al tema dell'iscrizione degli stranieri alle maratone. Ne apprezzo l'utilità sociale e i risvolti turistici e economici evidenti che le maratone possono portare, laddove celebrate in parti della nostra Italia.
Da Sottosegretario per la Salute di questo Governo non posso non sottolineare l'importanza dello sport e delle maratone in termini di prevenzione. Noi oggi abbiamo un sistema sanitario nazionale che è quotato al quarto posto al mondo (fonte ). Abbiamo una sanità che ossequia all'articolo precedente al 33, ossia il 32, che declina lo straordinario universalismo del nostro sistema sanitario nazionale pubblico. Dobbiamo mettere in sicurezza questo patrimonio. E rispetto a una popolazione che invecchia - sostanzialmente siamo secondi soltanto al Giappone per longevità -, e vivendo purtroppo un momento di inverno demografico (abbiamo un tasso di natalità dell'1,24 bambini per donna), o rendiamo sostenibile il nostro sistema sanitario oppure evidentemente questo straordinario universalismo viene messo in discussione e può essere minato. Come possiamo evitare che ciò avvenga? Puntando sulla prevenzione.
Oggi - fatto 100 il Fondo sanitario nazionale -, investiamo il 90 per cento in cura e soltanto il 10 per cento in prevenzione. Dovremmo sforzarci di invertire e mitigare questa sproporzione fra il 10 e il 90. Immagino, pertanto, che mozioni come questa servano proprio ad avviare un percorso di questo tipo, sottolineando l'importanza dell'attività sportiva e dei corretti stili di vita, nonché il fatto che, aderendo a queste pratiche, si può invecchiare senza far conclamare determinate patologie o meglio facendole conclamare il più tardi possibile. Quindi, invecchiamento attivo, come effetto primario della nostra azione, e, come effetto collaterale, indotto e diretto, risparmio per le casse della sanità, cioè, per il fondo sanitario nazionale e, quindi, sostenibilità dello stesso.
Quindi, concludo così come ho iniziato: un plauso agli interventi dei colleghi che si sono susseguiti e un plauso ai colleghi che hanno immaginato di portare questa mozione, perché la mozione - che è un atto di indirizzo al Governo - serve proprio a stimolare il Governo ad andare in questo senso e il Parlamento è allineato con il Governo e viceversa, nella misura in cui entrambi perseguiamo lo stesso obiettivo, ossia investire in prevenzione e in corretti stili di vita, dando altresì la giusta importanza allo sport, che - come ha opportunamente, da ultimo, rammentato l'onorevole Fabio Roscani - è stato inserito in Costituzione. A questo, ci dobbiamo adeguare e con questo atto penso che andiamo nella giusta direzione.
PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
1.
S. 1335 - Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina (Approvato dal Senato). (C. 2206)
: LOPERFIDO, per la III Commissione; BAGNASCO, per la IV Commissione.
2.
S. 1335 - Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina (Approvato dal Senato). (C. 2206)
: LOPERFIDO, per la III Commissione; BAGNASCO, per la IV Commissione.
3.
4.
5.
6.
S. 403 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: ROMEO ed altri: Disposizioni per la promozione della pratica sportiva nelle scuole e istituzione dei Nuovi giochi della gioventù (Approvata dal Senato). (C. 1424)
e delle abbinate proposte di legge: BERRUTO ed altri; AMATO ed altri.
(C. 947-990)
: SASSO.
7.
GAETANA RUSSO ed altri: Modifiche al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, e altre disposizioni in materia di cancellazione dai pubblici registri dei veicoli fuori uso sottoposti a fermo amministrativo. (C. 805-A)
e dell'abbinata proposta di legge: CASU ed altri. (C. 347)
: CASU.
8.
Modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma. (C. 2034-A)
: URZÌ.
9.
D'INIZIATIVA POPOLARE: La partecipazione al lavoro. Per una governance d'impresa partecipata dai lavoratori. (C. 1573-A)
e delle abbinate proposte di legge: CIRIELLI; MOLINARI ed altri; FARAONE; MOLLICONE ed altri; FOTI ed altri.
(C. 300-1184-1299-1310-1617)
: CAVANDOLI, per la VI Commissione; MALAGOLA, per la XI Commissione.
10.
S. 347 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: PIROVANO ed altri: Modifica alla legge 20 luglio 2000, n. 211, recante "Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti", al fine di prevedere un fondo per favorire l'organizzazione da parte delle scuole secondarie di secondo grado di "viaggi nella memoria" nei campi medesimi (Approvata dal Senato). (C. 792)
e delle abbinate proposte di legge: MANZI ed altri; DE PALMA ed altri. (C. 777-1495)
Relatrice: DALLA CHIESA.
11.