PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ROBERTO TRAVERSI, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 99, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta odierna .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2206: Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Le Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione affari esteri, anche a nome del relatore della Commissione difesa, deputato Bagnasco, il deputato Emanuele Loperfido.
EMANUELE LOPERFIDO, . Grazie, Presidente. Colleghi, deputati, rappresentante del Governo, nella mia esposizione mi limiterò ad illustrare il contesto multilaterale, a livello di Unione europea e NATO, nel quale si inserisce il sostegno militare italiano in favore dell'Ucraina, lasciando al collega della IV Commissione il compito di illustrare le norme del provvedimento.
Quanto al contesto europeo, ricordo che, nella riunione del 19 dicembre scorso, il Consiglio europeo ha ribadito il suo perdurante sostegno all'indipendenza, alla sovranità, all'integrità territoriale dell'Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale. Ha, inoltre, riconfermato il risoluto impegno dell'Unione europea a continuare a fornire all'Ucraina un sostegno non solo politico, finanziario, economico, umanitario e diplomatico, ma anche militare, per tutto il tempo necessario e con l'intensità necessaria. In particolare, sul piano militare il Consiglio europeo ha invitato gli Stati membri a intensificare gli sforzi per quanto riguarda la fornitura di sistemi di difesa aerea, munizioni e missili, nonché la fornitura alle brigate ucraine della formazione e delle attrezzature necessarie.
Ha, altresì, sottolineato l'importanza di intensificare i lavori per sostenere e sviluppare ulteriormente l'industria della difesa dell'Ucraina e per approfondire la sua cooperazione con l'industria della difesa dell'Unione europea. Nel contempo, si è ribadito il convinto sostegno a favore di una pace globale, giusta e duratura, basata sui principi della Carta delle Nazioni Unite e sul diritto internazionale, in linea con i principi e gli obiettivi chiave della formula di pace dell'Ucraina, sottolineando altresì il principio secondo cui nessuna iniziativa sull'Ucraina può essere intrapresa senza l'Ucraina.
A conferma del significativo pieno impegno sotto il profilo del supporto militare, segnalo che tra il 2022 e il 2024 l'Unione europea ha mobilitato 6,1 miliardi di euro a titolo dello Strumento europeo per la pace, con l'obiettivo di rafforzare la capacità e la resilienza delle forze armate ucraine e proteggere la popolazione civile dall'aggressione militare in corso. Le misure di assistenza concordate finanziano l'approvvigionamento di forniture e attrezzature militari letali e non letali, quali dispositivi di protezione individuale, di pronto soccorso, carburante, munizioni e missili.
Tra l'altro, nel marzo 2024 l'Unione europea ha deciso di aumentare il massimale finanziario dello Strumento europeo per la pace di 5 miliardi di euro, istituendo un apposito Fondo di assistenza per l'Ucraina. Così facendo, il sostegno finanziario a Kiev stanziato attraverso lo Strumento europeo per la pace ha raggiunto un totale di 11,1 miliardi di euro. Tenuto conto del sostegno militare fornito dai singoli Stati membri dell'Unione europea, si stima che il sostegno militare globale dell'Unione europea all'Ucraina ammonti ad oltre 47 miliardi di euro.
Sempre in ambito Unione europea, ricordo che da novembre 2022 è altresì operativa la missione di assistenza militare EUMAM-Ucraina, con l'obiettivo di promuovere la formazione di 40.000 soldati ucraini in diversi ambiti, tra cui: assistenza medica, sminamento, logistica e comunicazione, manutenzione e riparazione degli equipaggiamenti militari, preparazione alla guerra chimica, batteriologica e nucleare.
Per quanto concerne l'ambito NATO, nella dichiarazione adottata in esito alla riunione del Consiglio NATO-Ucraina, svoltosi a margine del Vertice di alleanza di Washington dell'11 luglio 2024, è stato ribadito l'impegno a fornire all'Ucraina ulteriori sistemi di difesa aerea e altre capacità militari, nonché consulenza sulla progettazione e l'implementazione di un'architettura di difesa integrata per consentire l'uso più efficiente della capacità e supportare la sua transizione verso la piena interoperabilità con la NATO.
Soprattutto sul piano politico, gli alleati intendono continuare a sostenere l'Ucraina nel suo percorso verso la piena integrazione euroatlantica, inclusa l'adesione alla NATO, quando saranno soddisfatte le condizioni. In termini quantitativi, gli alleati atlantici sono impegnati a fornire a Kiev un finanziamento di base minimo di 40 miliardi di euro entro il 2025.
Infine, segnalo che, in esito alla riunione dei Ministri degli Esteri dei Paesi del G7, svoltasi a Fiuggi il 26 novembre scorso, è stata sottoscritta una dichiarazione congiunta in cui, con riferimento ai profili politico-militari, si ribadisce il sostegno all'integrità territoriale, alla sovranità e all'indipendenza dell'Ucraina; si sollecita l'adozione di misure appropriate contro i Paesi terzi, come la Cina, che supportano materialmente la macchina da guerra della Russia, in particolare contro le istituzioni finanziarie che facilitano l'acquisizione, da parte di Mosca, di materiali per la sua industria di difesa.
Si esprime preoccupazione per lo spiegamento delle truppe della Corea del Nord in Russia e per il loro utilizzo sul campo di battaglia contro l'Ucraina, che segna una pericolosa espansione del conflitto, con gravi conseguenze per la sicurezza europea e indo-pacifica; e si ribadisce, inoltre, l'obiettivo finale di raggiungere una pace globale, giusta e duratura, in grado di ripristinare il pieno diritto dei principi fondamentali del diritto internazionale, palesemente violati dalla Russia.
Passando ai contenuti, ricordo come la cessione dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine sia stata autorizzata dall'articolo 2- del decreto-legge n. 14 del 2022, previo atto di indirizzo delle Camere, in deroga alla legge n. 185 del 9 luglio 1990. L'autorizzazione alla cessione è stata poi prorogata, da ultimo, fino al 31 dicembre 2024 con il decreto-legge n. 200 del 2023, convertito dalla legge n. 12 del 2024, di contenuto identico al provvedimento in esame.
L'elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari oggetto della cessione, nonché le modalità di realizzazione della stessa, anche ai fini dello scarico contabile, sono definiti con uno o più decreti del Ministero della Difesa, adottati di concerto con il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministero dell'Economia e delle finanze.
Si ricorda che le cessioni di mezzi, materiali e armamenti avvengono a titolo non oneroso per la parte ricevente (cioè, il Governo ucraino) ma, al pari di quelle realizzate dagli altri Stati membri, sono parzialmente rimborsati dall'Unione europea attraverso i Fondi dello strumento europeo per la pace (European Peace Facility).
Il provvedimento, al quale non sono state apportate modifiche nel corso dell'esame in sede referente, si compone di due articoli. L'articolo 1 proroga nuovamente, fino al 31 dicembre 2025, l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina, prevista dall'articolo 2- del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14. La relazione tecnica sottolinea come dal provvedimento non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tenuto conto che i materiali e i mezzi oggetto di cessione sono già nelle disponibilità del Ministero della Difesa, mentre eventuali oneri ad essi connessi saranno sostenuti nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
In conclusione, signor Presidente, auspico una rapida approvazione del provvedimento in esame, tanto più urgente in una fase di forti attacchi della Russia alle infrastrutture e alle città dell'Ucraina.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo che si riserva di farlo successivamente.
È iscritto a parlare il deputato Care'. Ne ha facoltà.
NICOLA CARE'(PD-IDP). Grazie, Presidente. Gentili colleghi, oggi siamo qui per riaffermare con forza e determinazione il nostro sostegno all'Ucraina e al suo diritto inalienabile di resistere a un'aggressione brutale. Quello di difendere le proprie città, le proprie famiglie e le proprie infrastrutture è un diritto sacrosanto. Non possiamo dimenticare che la guerra, con la sua scia di morte e distruzione, non è solo un fatto lontano da noi, ma una ferita aperta che riguarda tutta l'Europa, tutto il mondo. Il contesto geopolitico attuale ci impone di riflettere profondamente e l'ordine mondiale costruito con fatica dopo la Seconda guerra mondiale è oggi sotto attacco da parte di potenze che non rispettano più le regole del diritto internazionale.
La retorica di alcuni mondiali, che sembrano giustificare l'espansione territoriale e il dominio attraverso la forza, deve allarmare tutti noi. Non possiamo rimanere silenziosi di fronte a questa deriva. In questo contesto dobbiamo riaffermare la nostra solidarietà e il nostro impegno nei confronti dell'Ucraina. Non possiamo permettere che il Paese venga cancellato dalla mappa geografica, né possiamo accettare che la sua voce venga messa a tacere. Gli aiuti umanitari che abbiamo inviato finora sono stati volti a garantire che l'Ucraina possa arrivare al tavolo dei negoziati in una posizione di forza. È fondamentale che la comunità internazionale si unisca per sostenere gli sforzi di pace e per garantire che il diritto alla vita e alla dignità di ogni cittadino ucraino venga rispettato.
Dobbiamo essere chiari: il negoziato che ci aspetta non sarà semplice, sarà un processo lungo e difficile, in cui tutti noi dovremo pagare un prezzo. Ecco perché è essenziale che l'Europa non rimanga spettatrice, ma si assuma un ruolo di primo piano. Dobbiamo investire in una diplomazia attiva e in una politica estera comune che metta al centro la ricerca della pace. Solo così possiamo sperare di risolvere questa crisi in modo giusto e duraturo.
La pace non deve essere confusa con una semplice tregua. Non possiamo accettare una soluzione temporanea che congelerebbe il conflitto e ci costringerebbe a pagare il prezzo delle conseguenze in futuro. Dobbiamo lavorare per una pace autentica che riconosca i diritti dell'Ucraina e garantisca la sua integrità territoriale.
È tempo di costruire una nuova architettura di sicurezza in Europa, che tenga conto delle sfide attuali e future. In questo senso, l'Europa deve coltivare la propria autonomia strategica con la creazione di una difesa europea, un esercito europeo che, ormai, non è solo un'ispirazione, ma una necessità. Dobbiamo avere la capacità di proteggere i nostri valori e i nostri interessi senza dovere o doverci affidare esclusivamente a potenze straniere, esterne. È il momento di agire, di mettere in campo una visione condivisa e di far sentire la nostra voce in modo forte e chiaro.
Mentre ci impegniamo a sostenere l'Ucraina, non possiamo dimenticare che anche noi, come Italia, dobbiamo fare la nostra parte non solo sul fronte militare, ma anche su quello diplomatico. È nostro dovere promuovere iniziative che possano portare a una soluzione pacifica del conflitto. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a chi, nel nostro Paese, cerca di giustificare la guerra o minimizzare la sofferenza degli ucraini.
In questo frangente, la nostra voce deve essere chiara, unita. Dobbiamo lavorare a stretto contatto con i nostri alleati, coinvolgendo le istituzioni internazionali come le Nazioni Unite e l'Unione europea per garantire che il diritto internazionale venga rispettato e sostenere l'Ucraina in ogni modo possibile. La europea deve essere incisiva e non possiamo permetterci di lasciare il nostro destino nelle mani degli altri.
Inoltre, è cruciale che i nostri sforzi siano accompagnati da una strategia economica e sociale rivolta alla ricostruzione dell'Ucraina. Gli investimenti in infrastrutture, nel settore energetico e nella società civile, non solo aiuteranno a risollevare il Paese, ma rafforzeranno anche la nostra alleanza e la stabilità dell'intero continente.
Il nostro compito, come membri della comunità internazionale, è quello di garantire che l'Ucraina non venga lasciata sola nel suo percorso di ripresa.
Vorrei anche sottolineare l'importanza di mantenere viva la memoria delle atrocità commesse durante questo conflitto.
Dobbiamo assicurarci che le vittime dell'aggressione russa non vengano dimenticate e che le loro storie vengano raccontate. Le lezioni apprese da questo conflitto devono servire a prevenire futuri atti di violenza e a rafforzare la nostra determinazione a difendere i diritti umani ovunque. Infine, voglio ribadire che il nostro impegno non è solo per l'Ucraina ma per una visione più ampia di giustizia e di pace in Europa. La nostra storia ci insegna che la pace non viene mai data per scontata ed è sempre il risultato di scelte difficili e di compromessi dolorosi. Siamo qui per ricordare che la vera pace si basa sul rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani.
In conclusione, Presidente, l'Europa dev'essere un faro di speranza e di giustizia. Dobbiamo lavorare insieme, uniti, per costruire un futuro in cui ogni popolo possa vivere libero dalla paura e dalla violenza. Sostenere l'Ucraina significa, in definitiva, sostenere i valori fondamentali che uniscono tutti noi .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mauro Malaguti. Ne ha facoltà.
MAURO MALAGUTI(FDI). Grazie, Presidente. C'è una bella canzone di Francesco De Gregori che si intitola e in una strofa recita: “La storia siamo noi” e se la storia siamo noi, inteso in senso lato, noi popoli, noi genti, dalla storia impariamo sempre troppo poco, perché credo che non ci sia mai stato, nella storia dell'uomo, un periodo senza che ci fosse qualche conflitto nel mondo.
Oggi assistiamo a un conflitto molto vicino a noi, cosa che forse la nostra generazione non si sarebbe mai aspettata, e la storia ci insegna che, quando c'è un conflitto, c'è un aggressore e un aggredito e credo che molto difficilmente si possa attribuire la responsabilità del conflitto all'aggredito. Se Putin si fosse fermato al Donbass, dove c'era un conflitto in corso da circa otto anni tra filorussi e filoucraini, probabilmente sarebbe finito tutto lì. Invece, ha voluto invadere l'Ucraina, invadere un Paese sovrano. Ora votiamo un decreto, che è semplicemente una proroga del decreto del Governo Draghi del 2022, e lo votiamo dopo circa tre anni di guerra, con oltre 12.000 vittime civili, con molte donne e bambini costretti a emigrare per salvarsi, con uomini cinquantenni mandati al fronte per tentare di salvare l'ultima generazione, i diciottenni, in un Paese ormai in macerie.
Ho sentito le dichiarazioni - in occasione dell'intervento del Ministro e, quindi, sulle risoluzioni che ne sono seguite - dell'onorevole Lomuti, che diceva che i cittadini non sceglierebbero mai le armi perché ogni missile è una strada in meno, ogni carro armato è una scuola in meno, ogni nave è un ospedale in meno. In queste macerie dell'Ucraina certamente di scuole, ospedali e strade ce ne sono molti meno, ma io vi dico sinceramente che il coraggio di dire a questo popolo che non li aiutiamo più perché i soldi sono pochi perché dobbiamo fare qualche cos'altro di costruttivo a casa nostra, io non ce l'ho. In questo caso, forse, l'opposizione avrebbe ragione quando a volte ci apostrofa come vigliacchi. Forse solo in questo caso effettivamente avrebbe ragione, però mi lasci dire, Presidente, che, nonostante io sia alla prima legislatura - faccio politica da quando ero ragazzo: ho fatto un mandato in circoscrizione centro a Ferrara, tre in consiglio comunale, uno in provincia e uno in regione Emilia-Romagna -, non mi sono mai permesso di apostrofare i miei interlocutori politici, che avevano idee diverse dalle mie, con termini quali: “vigliacchi”, “codardi”, “vergognatevi”. Solo in questo caso forse avrebbero ragione, perché, ripeto, il coraggio di andare da questo popolo a dirgli che ora non li aiutiamo più, perché è possibile che oggi questo decreto non sia votato all'unanimità in quanto qualcuno abbia cambiato idea, io non ce l'ho.
Cosa ci insegna la storia? La storia ci insegna che nel 1939 Hitler invase la Polonia e, grazie all'accordo Ribbentrop-Molotov, la divise con l'Unione Sovietica. Poi nel 1940 invase anche la Danimarca e la Norvegia, nel 1941 invase la Grecia e, prima di essere fermato, invase altri 11 Paesi. Questo avvenne perché allora qualcuno decise di non guardare. Ieri abbiamo celebrato gli ottant'anni dalla liberazione, dall'apertura dei cancelli di Auschwitz, e anche questo forse avvenne perché allora qualcuno per molto tempo scelse di non guardare.
Ho sentito il collega Bonelli dire: il Ministro non ci ha prospettato nessuna strada, nessuna soluzione. Credo che non sia facile trovare soluzioni a questa situazione, perché è andata molto oltre, però non ho sentito neanche proposte alternative. Se l'alternativa è dire oggi non vi aiutiamo più, non so se questa sia davvero l'alternativa che dovremmo seguire.
Poi, ho sentito anche delle teorie come quella dell'onorevole Baldino, che dice: non abbiamo rispettato i patti del 1989; l'Alleanza atlantica si è allargata a destra. Forse è vero, ma c'è un piccolo particolare: non si è allargata con i carri armati, ha raccolto l'anelito di libertà di alcuni Paesi che volevano scegliere una forma di Governo diversa, che volevano scegliere di avere maggiore libertà.
I sistemi totalitari hanno un loro fascino: anche a me piacerebbe andare in metropolitana, come a Mosca, senza che qualcuno mi metta le mani nel portafoglio, senza essere circondato da ragazzini di seconda generazione, stranieri di seconda generazione, che ti mettono un coltello alla gola per portarti via il telefono o il portafoglio, o vedere delinquenti che sputano addosso alla Polizia mentre fa il proprio lavoro. Anche a me piacerebbe questo, però quando si sceglie un pacchetto si sceglie tutto quello che esso comporta, con i pro e con i contro. Allora, scegliendo quel pacchetto, che hanno scelto certi Paesi totalitari, è chiaro che si perde anche la libertà di espressione, la libertà di opinione, la libertà di dire ciò che si pensa e di contestare quello che fa il Governo. Non è come qui dove lasciamo piena libertà di contestare e chiediamo semplicemente che non si facciano danni. Anche se non si facessero danni, la libertà di contestare e la libertà di opinione in quei Paesi sicuramente non c'è. Allora, questa è la scelta che noi abbiamo fatto e che noi dobbiamo continuare a portare avanti.
Poi, ho sentito anche dichiarare, sempre dalla collega, che la storia non ci chiederà da che parte abbiamo combattuto, ma ci chiederà da che parte stavamo quando bisognava costruire la pace e noi stavamo dalla parte sbagliata. Credo che questa sia un'affermazione molto grave, perché quei 10.000 soldati coreani che stanno combattendo in Russia oggi sanciscono che c'è un'alleanza tra i Paesi totalitari il cui unico scopo è schierarsi contro le democrazie. Oggi non è più un problema di destra e di sinistra, non sono più le ideologie del Novecento, che abbiamo ereditato, che partoriscono ancora conflitti ideologici, oggi il conflitto è completamente diverso, perché oggi il conflitto è tra Paesi che hanno scelto di governare con un sistema totalitario e Paesi che hanno scelto di governare con un sistema democratico, con un sistema di libertà, con tutti i difetti che ha la democrazia, perché nessuno dice che sia un sistema di governo perfetto, però abbiamo scelto questo e lo dobbiamo continuare a rispettare e a difendere, perché è fondamentale anche per il nostro futuro. Se la storia siamo noi, verremo giudicati proprio per la parte con cui ci siamo schierati, cioè dalla parte del diritto internazionale, dalla parte dei principi della Carta delle Nazioni Unite, dalla parte dell'articolo 52 della nostra Costituzione, che sancisce il sacro diritto alla difesa del suolo patrio, e questo sta facendo l'Ucraina, l'esercito ucraino: sta difendendo il proprio suolo, ma difendendo il proprio suolo difende la libertà, difende i nostri principi di governo, difende la dignità dell'Occidente e se l'Occidente non capisse questo credo che il suo ruolo nel mondo sarebbe sempre più marginale .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Benedetto Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA(MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. In questi giorni l'Unione europea l'ha scampata, è riuscita ad evitare una brutta figura internazionale, a mio avviso un danno reputazionale, perché è riuscita a evitareil voto contrario e, quindi, il veto di Orbán sulla prosecuzione delle sanzioni alla Russia a causa dell'aggressione terribile ai danni della Repubblica ucraina.
L'abbiamo scampata per poco, altrimenti la nostra discussione sarebbe completamente diversa questa mattina. E, peraltro, devo dire che, stando a quello che si è riusciti a capire, Orbán ha anche spuntato poco, tutto sommato. Ha dovuto adeguarsi alla volontà comune europea - larghissimamente maggioritaria, se non proprio comune - e rimettere in tasca il suo diritto di veto, così come il Governo slovacco di Fico.
Perché parto da qua? Perché quello è un pezzo della frontiera a cui noi dobbiamo guardare per capire cosa significa e cosa significhi l'influenza russa, anche oltre l'Ucraina bombardata quotidianamente in modo vile e violento nelle sue infrastrutture civili ed energetiche. Quotidianamente, da tre anni. Questo è il segno della resistenza ucraina, alla quale noi dovremmo rendere omaggio: tre anni di bombardamenti incessanti su obiettivi civili, su obiettivi infrastrutturali, il terzo inverno spesso al freddo per gli ucraini. Ma verrò all'Ucraina dopo. Mi riferisco ora a quello che sta succedendo anche fuori dall'Ucraina, in termini di pervasività e corruzione dall'interno della democrazia europea da parte di Putin, che mi sembra una cosa che non vogliamo vedere o molti non vogliono vedere.
Si pensi a quello che è successo in Bielorussia, la settimana scorsa: un sistema che è diventato, negli ultimi tre anni, totalitario, dittatoriale, oppressivo, senza possibilità di scampo per nessuna persona libera che aneli alla democrazia e all'Europa.
In Bielorussia Lukashenko ha vinto le elezioni con l'85 per cento, ma sembra che all'Italia questo non interessi, non solo ai filoputiniani - che sono tanti, è chiaro - ma anche a coloro che, magari, filoputiniani non sono, o almeno non vorrebbero esserlo, e che denunciano la guerra che prosegue e non vedono, per esempio, quello che è successo in Bielorussia. Parlate con i bielorussi, con quelli che sono dovuti scappare, con quelli che hanno i parenti in prigione, segregati e seviziati, per capire di cosa stiamo parlando anche oltre il confine ucraino.
Parlate con quei tanti difensori della libertà e della democrazia in Ungheria o in Slovacchia, dove i due principali amici europei espliciti di Putin, contrari alle sanzioni europee, tengono con violenza sotto una cappa totalitaria le persone che, come noi, semplicemente anelano alla libertà, alla democrazia, ai diritti e allo Stato di diritto. Per non parlare - scendendo un po' più giù - di quello che sta succedendo in Serbia, con una torsione sempre più autoritaria, anti-libertà.
Per non parlare, inoltre, di quello che è successo da poco in Georgia, e noi dobbiamo mantenere e dimostrare un'attenzione a quelli che in Georgia vogliono sfuggire al gioco putiniano, perché, come noi, anelano a un minimo di libertà e guardano all'Europa e non alla Russia, dove i giornalisti vengono ammazzati come prospettiva di vita.
Si guardi a quello che è successo in Romania - passando attraverso la Transnistria - con le elezioni inficiate dalla propaganda russa attraverso i .
Quindi, questo è quello di cui stiamo parlando oltre il fronte e sembra che non ce ne si voglia occupare. Poi c'è quello che succede in Ucraina e veniamo al merito del provvedimento in esame.
Un'operazione di guerra violenta che prosegue, ma in questi tre anni c'è la debolezza di Putin. In questi tre anni - ovviamente stiamo parlando di un dramma, non è una questione che può essere semplificata - c'è un Paese che ha resistito, un Presidente che ha guidato il suo popolo, il suo Paese e il suo esercito a una resistenza da Davide contro Golia, contro uno degli eserciti più potenti, più numerosi e più ben equipaggiati (poi si è capito che non era proprio così, soprattutto all'inizio); e resistono in nome di cosa? In nome della loro voglia di autonomia, di libertà, di democrazia e di Europa.
E noi abbiamo risposto, a mio avviso, in modo reticente, non abbiamo consentito loro di usare la contraerea da subito - come avremmo dovuto fare -, non abbiamo consentito loro di colpire, con le armi che gli fornivamo, gli obiettivi militari in Russia. Ma dire queste cose è parlare da guerrafondai? Da persone che “non vogliono la pace”? Io penso che dire queste cose sia un modo di guardare la realtà per quello che è, non inventarsene un'altra e fare i passi di lato e consentire l'avanzata putiniana. Non c'è stata una discussione, un convegno, una mezza manifestazione di piazza sul fatto che il dittatore nordcoreano abbia mandato al macello, contro gli ucraini, decine di migliaia di nordcoreani incolpevoli, loro.
Tutto questo sembra non esistere. Per questo io ritengo e noi diciamo - l'abbiamo sostenuto fin dall'inizio che il Governo Meloni si sia mosso bene, in scia con quanto fatto dal Governo Draghi - che non c'è un'opzione alternativa, oggi, al sostegno, anche militare, all'Ucraina; non ce n'è una che non sia quella di voltarsi dall'altra parte, consentire lo scempio di vite, di diritto, di diritto internazionale, di libertà, immotivato, se non motivato da una visione imperialista come quella di Putin, e girarci dall'altra parte, sperando che poi non arrivi a noi, non arrivi in un Paese dell'Unione europea.
Poi magari qualcuno dirà: “vabbè, l'Estonia e la Lettonia erano russe, poi la Polonia, però i polacchi…” e via dicendo. Non può funzionare così, già lo abbiamo visto in Romania. Io credo che bisognerebbe fare passi avanti anche sull'utilizzo degli finanziari russi.
Credo che sia stato positivo che, grazie anche alla spinta italiana nell'ambito del G7 - spinto da questo Parlamento con delle risoluzioni approvate a larga maggioranza a cui anche noi abbiamo contribuito come +Europa - si possano utilizzare direttamente anche gli , se non smobilitandoli, mettendoli a garanzia, per esempio, di una emissione di titoli del debito pubblico ucraini, garantiti dai fondi russi, che servano a difendere il Paese e a ricostruirlo.
E meglio si difenderà, prima si ricostruirà e magari poi i russi entreranno in possesso degli finanziari, se questa garanzia non dovrà essere messa in campo.
Noi non possiamo permetterci la , di cui parlava in una telefonata rubata la Meloni già un anno e mezzo fa; non possiamo permettercela perché non possiamo abbandonare l'Ucraina, altrimenti faremmo un danno enorme all'Europa.
Io credo che le parole usate a Davos da Zelensky siano perfette: l'Europa deve essere in grado di garantire la pace e la sicurezza per tutti, per se stessa e per gli altri; è quello che dobbiamo fare. È come la discussione sulle spese militari: cosa vogliamo? Fingere di non vedere il mondo attorno e pensare che un'Europa senza capacità autonoma difensiva sia un'Europa che garantisce libertà, democrazia e diritto ai suoi confini e anche all'interno? Io credo sia una finzione assoluta e che la nostra responsabilità sia quella di prendere il destino di noi europei nelle nostre mani, anche dal punto di vista della sicurezza. Ciò non perché Trump fa il bullo con noi e ci minaccia a destra e a sinistra, sopra i dazi, sotto i dazi, ma perché sono nell'interesse della libertà e della democrazia, in Europa e fuori dall'Europa, una capacità autonoma difensiva ed una sovranità strategica. Quando sento parlare di sovranità nazionale penso che, ormai, la sovranità nazionale di qualunque degli Stati nazionali europei sia di “cartone” e può essere esercitata solo in modo subordinato al piacere di qualche potente di turno, che può essere Putin per qualcuno (spero una minoranza) o la Cina o al meglio Trump.
Se vogliamo continuare a esercitare una qualche forma di sovranità e di autonomia - che non sia e non garantita dall'esterno - credo che lo dobbiamo fare facendo un salto di qualità politico arrivando agli Stati Uniti d'Europa, un sistema di difesa comune. Partiamo dall'interoperabilità, facciamo gli acquisti comuni, ma dobbiamo arrivare a un sistema di difesa comune, perché, altrimenti, tra 10-20 anni, prima di quanto molti si aspettino, la totale e assoluta marginalità dell'Europa sarà un fatto acquisito; e mi auguro che anche la relazione speciale con Trump, che il Presidente Meloni ritiene di avere a quanto pare, non venga viziata dall'illusione di ottenere qualcosa da Trump, come Italia, sganciando il proprio destino da quello del resto dell'Europa e, soprattutto, dall'Unione europea. Le cose non funzionano così.
Io non so se essere positivo o negativo rispetto a quello che succede. Certo, finché saremo nelle mani del diritto di veto di qualsiasi piccolo Paese - piccolo o grande, ma in questo caso piccolo Paese - come l'Ungheria, che è già oltre confine, dal punto di vista politico, sentimentale, che è già russo dentro, faremo fatica a mantenere la nostra autonomia e la nostra capacità di incidere, che comunque abbiamo avuto come europei per decenni e spariremo definitivamente dalla mappa degli equilibri geopolitici, con grave danno soprattutto per le persone - non solo i migranti - che continuano a vedere l'Europa come il luogo della difesa delle libertà individuali, della tolleranza, della capacità di includere le diversità di ogni di ogni genere e tipo.
Quindi, da questo punto di vista, in conclusione, andiamo avanti con questo meccanismo faticoso, perché è facile, magari, andare in televisione e dire: “ma noi siamo per la pace”. Ci sono autorità indiscutibili dal punto di vista religioso e altro, che richiamano alla necessità della pace. Ci sono poi le autorità politiche che devono tenere conto di quello che sta accadendo: non c'è un'oncia di vantaggio per l'Europa e per la sicurezza europea e italiana nell'avanzata militare e propagandistica di Putin. Da questo dobbiamo difenderci, aiutando gli ucraini a difendersi.
Auspico, come e più di tutti quelli che invocano la pace e non vogliono mandare più nemmeno un o un'arma per consentire ai russi e ai nordcoreani di sparare contro i militari e civili ucraini senza nemmeno avere una reazione, mi auguro, ripeto, come tutti voi, più di tutti voi, che sia possibile arrivare, nel 2025, a una tregua, a un cessate il fuoco, prodromico a una pace negoziata con la comunità internazionale che faccia da garante e con l'Unione europea che possa svolgere un ruolo anche in termini di garanzia di una pace, ma solo se Putin viene fermato. Se Putin non viene fermato, non arriverà mai la pace. Ricordiamoci che in questi 3 anni qualche conquista territoriale evidentemente c'è stata, oltre a quelle che già Putin aveva. Inoltre Putin ha piegato l'economia russa a un'economia di guerra, ma non ha vinto e, se non vince Putin, non solo vince la resistenza ucraina, ma vinciamo noi e la nostra prospettiva di libertà, di democrazia e di pace, in Europa e fuori dall'Europa.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lomuti. Ne ha facoltà.
ARNALDO LOMUTI(M5S). Grazie, Presidente. È evidente che siamo in netto contrasto con chi continua a dire che servono le armi per sconfiggere militarmente Putin. Siamo di fronte a un'utopia che non è nemmeno tanto un'utopia innocente, perché sono morti dall'inizio del conflitto centinaia di migliaia di vite umane fra civili e militari. Quindi, starei attento, inizierei veramente a stare attento, a calibrare le parole, quando si dice che bisogna andare avanti, come dicono Rutte e i “grandi”, lo dico tra virgolette, dell'Unione europea, che stanno portando il nostro continente allo sfascio economico, finanziario e sociale, perché questo è il risultato, se analizziamo i dati.
Gli americani e i russi, mentre noi qui diciamo ancora: “armi, armi, armi, armi”, stanno per parlarsi, come già hanno ampiamente annunciato. È certo che Washington voglia proporre a Mosca, in modo da assicurare la propria primazia, una tregua, proprio per strappare la Russia all'abbraccio cinese e noi: “armi, armi, armi”.
Questa impresa - attenzione - per gli americani non è assolutamente facile, ma è vitale: in pratica, devono aprire alla Russia senza perdere la faccia. Io credo che i europei continuino ancora imperterriti a voler mandare armi, perché non sanno come uscirne, non sanno come salvare la propria faccia. Nel frattempo, Mosca mantiene prudenti le aspettative sul prossimo negoziato e sull'Ucraina, però mantiene alcuni punti fermi: mancanza di Stati cuscinetto e quindi, eccezion fatta per la Bielorussia, i russi cercheranno di mettere quanti più chilometri possibili tra Mosca e il nemico; quindi, una trattativa veramente difficile riguardo anche al fatto che ci sono territori conquistati; poi c'è la creazione di Stati cuscinetto e il riconoscimento di Mosca, a livello globale, che non potrà passare dal solo allentamento delle sanzioni o un reinserimento nei , tipo G8; chiederanno che i loro decennali malumori vengano riconosciuti e che, a guerra finita, la Russia recupererà molti dei rapporti congelati; questa è la realtà dei fatti, stanno parlando di questo.
L'Ucraina sarà soggetto di trattativa Usa-Russia, ma soprattutto oggetto di queste due: non vedrà soltanto decurtate parti del suo territorio, ma ridiscusso il suo nazionale con l'interessata partecipazione di molte entità extra-territorio ucraino. È una situazione difficilissima per l'Ucraina, oggi, non ieri, quando si poteva creare e c'erano gli elementi per andare verso la pace.
Torniamo indietro nel tempo, Presidente: 8 marzo 2022, a pochi giorni dall'invasione russa, Xi Jinping, Erdogan e Bennett (Cina, Turchia e Israele), che si rifiutano di armare Kiev e sanzionare Mosca, si propongono come mediatori. Quello stesso giorno Zelensky, intervistato dalla TV americana , fa un'importante apertura: ci siamo resi conto che la NATO - perché è questo il problema - non è pronta ad accettare l'Ucraina, l'Alleanza teme un confronto con la Russia. Quanto a Crimea e Donbass, possiamo discutere con Putin e trovare un compromesso sulle regioni e sulle repubbliche occupate temporaneamente.
Il 10 marzo 2022 Lavrov lascia intendere che i punti fermi per la Russia sono la neutralità dalla NATO dell'Ucraina e l'indipendenza del Donbass. Il 15 marzo Zelensky dice addio alla NATO: da anni sentiamo dire porte aperte all'Ucraina alla UE e alla NATO, ma abbiamo pure sentito dire che non possiamo entrarci e dobbiamo ammetterlo. Il 16 marzo il svela il piano di pace emerso dal tavolo russo-ucraino in Turchia, fatto di 15 punti. Quelli più importanti sono il cessate il fuoco da ambo le parti, il ritiro delle truppe russe, rinuncia di Kiev ad entrare nella NATO e ospitare basi militari o sistemi d'arma stranieri sul proprio territorio, garanzie di sicurezza per l'Ucraina da USA, Gran Bretagna e NATO stessa, congelamento delle dispute su Donbass e Crimea, da risolvere in futuro.
Poi arriva a Biden, che non gradisce e lo stesso giorno definisce Putin “criminale di guerra” per gli attacchi su Mariupol. Noi abbiamo sabotato quelle trattative di pace. Il 21 marzo, sui negoziati turchi, Zelensky dà per scontato l'esito positivo e dice: i compromessi tra Ucraina e Russia saranno sottoposti a un referendum in Ucraina. Il 23 marzo Zelensky invita il Papa in Ucraina e lo propone come garante della sicurezza dopo il negoziato. Il 9 aprile - saltiamo qualche passaggio -, il giorno ipotizzato per la firma dell'accordo tra la delegazione russa e quella ucraina, in attesa del decisivo vertice Putin-Zelensky, il Premier britannico Boris Johnson si precipita a sorpresa a Kiev, incontra Zelensky a quattrocchi e blocca ogni ipotesi di negoziato con parole definitive.
Abbiamo due versioni. Quella ucraina che dice: le parole di Johnson sono state “l'Occidente non sosterrà alcun accordo di pace” e la versione di Bennett, l'israeliano Bennett: non negoziate e continuate a colpire Putin. Poi Johnson pubblica sui l'elenco dei nuovi armamenti in arrivo da Londra incitando il leone Zelensky a combattere fino alla vittoria. Qualcosa in più ce l'ha Johnson rispetto a noi, quantomeno la trasparenza di pubblicare che cosa stanno inviando in Ucraina, cosa che in Italia invece non è ammessa. Le trattative si fermano, il 16 aprile annuncia la presenza di addestratori inglesi e americani sul suolo ucraino.
La Russia sferra un nuovo attacco a Nord-Est dell'Ucraina su un fronte di 500 chilometri, il negoziato è fallito. Da quel momento moriranno centinaia di migliaia di persone, tra militari e civili. Il territorio ucraino oggi è in gran parte devastato dalla guerra, più volte si è arrivati sull'orlo di una terza guerra mondiale nucleare che mette a rischio l'esistenza della specie umana, e ancora oggi non siamo fuori pericolo. Noi abbiamo le mani sporche di sangue, Presidente, perché abbiamo pensato di sconfiggere, erroneamente, militarmente la Russia e oggi, ancora qui, oggi, discutiamo di questo.
Eppure, le voci della politica internazionale, non la mia, unite a quelle di esperti militari, hanno sempre manifestato preoccupazione sulla scelta della guerra a oltranza contro la Russia e della impraticabilità della via della sconfitta militare della Russia, tra questi il generale Mark Milley. Chi è Mark Milley? È l'ex Capo di stato maggiore dell'esercito degli Stati Uniti d'America, il quale forse è uno che un po' ne capisce, un po' più di noi, un po' più di quei europei che oggi vogliono ancora le armi. Nel novembre 2022, intervenendo al di New York, aveva affermato la scarsa probabilità di una vittoria militare dell'Ucraina, e che quindi l'inverno avrebbe potuto fornire l'opportunità - c'era l'opportunità - di avviare i negoziati con la Russia, anche dopo averli sabotati.
Apriti cielo: l'di Biden si è subito mobilitato per rassicurare Zelensky e convincerlo, ma Milley non si lascia intimorire e ripete lo stesso concetto nel gennaio 2023, in occasione di una conferenza stampa tenuta nella base NATO di Ramstein, in Germania. Successivamente, lo afferma di nuovo nel contesto di un'intervista pubblicata da , un'autorevole rivista statunitense dedicata alle relazioni internazionali. Anche in questo caso la sostanza non cambia, oggi il generale Milley continua a non cambiare opinione, e anche noi, purtroppo.
Anche l'Occidente, purtroppo, non cambia opinione e continuiamo con le armi a perseguire la folle idea della sconfitta militare russa. Irroghiamo sanzioni alla Russia, che fanno, tra l'altro, più male a noi, anche qui, quanto siamo ridicoli, Presidente. Siamo di fronte a sanzioni che fanno più male ai Paesi sanzionatori che a quelli sanzionati. L'Ucraina dipende dal gas russo per il 10 per cento, invece l'Italia per il 46 per cento, la Germania per il 55 per cento. Invece no, noi entriamo fischiettando, con le mani nella tasca, in una nuova crisi energetica.
Dal 1° gennaio non arriva più il gas russo, la Commissione dell'Unione europea ha dichiarato di essere preparata a questa interruzione e di avere lavorato per più di un anno con gli Stati membri, costruendo quattro percorsi alternativi, provenienti principalmente dai terminali GNL - sarebbe il gas naturale liquefatto - in Germania, in Grecia, in Italia e Polonia, ma forse anche dalla Turchia. Certo che siamo preparati, basta comprare il gas americano, che ci arriva con le navi, pagando molto di più e inquinando molto di più e l'affare è fatto. Il risultato: aumento vertiginoso delle bollette per i cittadini italiani e per le imprese italiane.
Non siamo nemmeno trasparenti, anzi, non siete trasparenti, perché, mentre gli altri Paesi pubblicano armi e costi, come dicevo prima, i cittadini italiani non devono sapere nulla. Dopo 3 anni di guerra in Ucraina permane la più totale assenza di informazioni ufficiali sul costo del supporto militare che l'Italia ha fornito finora a Kiev in termini di armi e munizioni inviate. Al di là delle stime ufficiose sul valore complessivo del materiale ceduto, che supera ormai i 3 miliardi, senza contare il costo delle decine di voli di cargo dell'Aeronautica militare da Pratica di Mare alla base NATO Rzeszow in Polonia e dell'ignoto bilancio tra le uscite per la contribuzione nazionale dello European Peace Facility (di 1,4 miliardi degli 11,1 che l'EPF ha raccolto finora per l'Ucraina) e le entrate per i rimborsi erogati finora dallo stesso fondo, c'è la questione, sollevata nei giorni scorsi dall'Osservatorio Milex, sulle spese militari italiane dei costi di ripianamento scorte, nascosti nelle pieghe dei programmi di riarmo nazionali, come l'acquisto di missili antiaerei Mbda, al rimpiazzo dei vecchi Stinger americani inviati a Kiev e di nuove scorte di missili anticarro israeliani Spike, anch'essi mandati in Ucraina - stiamo parlando di trasparenza, mancata trasparenza - o il programma di nuovi obici semoventi Rch155, destinati a rimpiazzare i cannoni Fh70 e i vecchi semoventi M109, affiancando i Pzh2000, tutti sistemi oggetto di invio a Kiev.
O ancora, vi è la questione di ingenti e non chiari aumenti di costo del programma di acquisizione delle 5 nuove batterie missilistiche Samp/T e relativi missili Aster 30, inviati all'Ucraina, e del programma Shorad Grifo con missili Camm-Er, a rimpiazzo dei vecchi sistemi anti-aerei SkyGuard con missili Aspide, pure mandati a Kiev. Mancanza di trasparenza che fa il paio con la mancanza di obiettività con cui questa guerra ci è stata raccontata. In questi anni abbiamo sentito dire che l'Ucraina aveva vinto la guerra, che i russi si bombardavano da soli nella centrale di Zaporizhzhia, che Putin era più morto che vivo, che la Russia era in : questa si chiama manipolazione.
Quindi, abbiamo mancanza di trasparenza e manipolazione. Adesso veniamo a oggi, perché la situazione è estremamente preoccupante. Adesso, dopo 3 anni di fallimentare strategia bellicista, volta a sconfiggere militarmente la Russia, boicottando o rifiutando ogni soluzione negoziale, abbiamo o avete il coraggio di dirci che questo è il momento di inviare ancora più armi per cambiare traiettoria alla guerra: queste le parole del Segretario generale della NATO, Mark Rutte. Ma ci rendiamo conto che perfino Zelensky ha ammesso che l'Ucraina non ha più la forza di riconquistare i territori occupati e sta invocando una soluzione diplomatica? Cioè, noi ci stiamo sostituendo agli ucraini.
Ma le avete lette le parole del capo dei servizi segreti ucraini - chiedo la concentrazione su questo passaggio, perché questo è l'ultimo passaggio, questa è la realtà di oggi -, le parole del generale Budanov sul rischio di un collasso del fronte se non si apre un negoziato entro l'estate? Loro, Russia e America, stanno parlando di tutt'altro, non di armi; l'Ucraina sta chiedendo, in maniera anche preoccupata, che si avviino questi negoziati di pace, noi oggi qui parliamo di inviare armi. Non so come definirci, non so veramente come definirci. Dovremmo essere qui, a parlare oggi, qui, non di armi, ma di negoziato e di piani di pace, e invece continuiamo a parlare di armi da inviare, ciechi e sordi di fronte a una realtà che, per colpa della folle strategia bellicista, non è quella di 3 anni fa.
Oggi noi paghiamo 100.000 morti, non come 3 anni fa. Questi morti saranno sulla coscienza di qualcuno, sulla responsabilità dei “grandi”, tra virgolette, capi europei, tra i quali anche noi. Ci state raccontando da anni frottole a reti unificate su tutto, su tutto. Avete tagliato gli stipendi, colpendo anche chi vive con 750 euro al mese. Avete creato un fondo di 500.000 euro per i vostri Ministri e Sottosegretari. Avete una Ministra rinviata a giudizio per falso in bilancio per una truffa durante il COVID, quando l'Italia soffriva, forse non ha mai sofferto come in quel periodo. Le bollette sono aumentate in maniera vertiginosa e con costi intollerabili per famiglie e imprese.
Abbiamo 22 mesi di crollo di produzione industriale. Abbiamo una Premier scendiletto di Washington, a prescindere se c'è Trump o Biden: chi se ne frega. A Bruxelles sottoscrive poi un patto di stabilità franco-tedesco senza colpo ferire. Ci trasporta nella follia del riarmo. Volete destinare tutte le risorse sulle armi per fare bella figura davanti al Presidente americano di turno. Avete approvato una riforma con tagli lineari ovunque. Diminuisce la sicurezza nelle città. Alle Forze dell'ordine servono soldi, Presidente: soldi e personale, non scudi penali. State cercando un modello di giustizia alla Licio Gelli, con la separazione delle carriere in favore della classe politica.
In questo fine settimana - io sono della Basilicata - mi sono recato sul mio territorio e ho fatto un sopralluogo su una strada statale franata a Maratea nel 2022, che ha letteralmente tagliato in due la comunità, da una parte all'altra del territorio costiero. Quindi, tagliando fuori famiglie e imprese. Oggi, per quella strada vitale per l'economia di quel territorio, non esiste nemmeno un cantiere. Nemmeno un cantiere. Buttate decine e decine di miliardi per la follia delle armi in maniera inutile e criminale. Inutile e criminale. Ma per quei cittadini e per quelle imprese italiane, nostre, del Sud, di territori che soffrono da una vita, nulla, nulla, nulla! Una strada che dal 2022 è bloccata. Non c'è nulla. Servirebbero pochi milioni di euro per aggiustarla e far riprendere la vita in quel territorio, dove ultimamente - sebbene Maratea sia considerata “La perla del Sud” - hanno chiuso 16 alberghi. E intanto, la regione più ricca di acqua - la Basilicata - resta senz'acqua. Servono soldi per le infrastrutture. Una sanità pubblica al collasso, Stellantis a Melfi prende in giro mezzo milione di persone, compreso un presidente che non è mai stato sui temi che caratterizzano il nostro territorio. La popolazione diminuisce e diminuiscono anche le scuole. Il vostro fallimento sarà il fallimento del nostro Paese intero. Ci avete coinvolto in una carneficina - e concludo, Presidente - che era prevedibile ed evitabile. Sarà la storia a giudicarvi .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marco Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI(AVS). Presidente, colleghe e colleghi, stiamo per votare il decimo pacchetto di aiuti militari all'Ucraina. Anche questa volta, a differenza di ciò che avviene in altri Paesi europei - Presidente, mi faccia dire -, l'elenco del materiale da inviare è secretato. Inoltre, come lei sa, avendo assistito a diversi lavori della Conferenza dei capigruppo, il nostro gruppo non è presente nemmeno al Copasir e, perciò, non è nelle condizioni di sapere di che cosa esattamente stiamo parlando. E dopo tre anni di guerra continua la totale opacità sul costo del nostro supporto militare a Kiev. Secondo le stime di Milex, l'osservatorio sulle spese militari italiane, abbiamo superato ormai i 3 miliardi di euro, senza tra l'altro tener conto delle decine di voli dei cargo dell'Aeronautica militare da Pratica di Mare alla base NATO in Polonia, né del saldo fra uscite e rimborsi nella contribuzione nazionale all'European Peace Facility. Perché? Perché necessità bellica impone la secretazione. Sull'invio di armi all'Ucraina non è stato apposto però nessun segreto di Stato e secondo noi non ha senso applicare le disposizioni della legge n. 124 del 2007 su questi documenti. L'unico senso - sempre lo stesso - è mettere a tacere le opposizioni e soprattutto ogni voce critica sul tema e anche poter sostenere, senza contraddittorio, che c'è un depauperamento dei nostri arsenali. Quindi, acquistare nuove armi e continuare a fare favori alla stessa industria militare.
In tutta Europa assistiamo al riarmo di 27 eserciti, di 27 Nazioni, di 27 stati maggiori. In tutta Europa ovviamente si fa questo, ma senza mai, e dico mai, fare un accenno alla difesa comune europea. Ovunque c'è un aumento esponenziale di risorse economiche per la produzione di armi: armi che la Francia e l'Italia producono e che Paesi come la Germania comprano. Pensate al Piano straordinario per il riarmo della Germania: 100 miliardi di euro. La più grande manovra economica bellica dal 1945 ad oggi. E ne vediamo gli effetti: vediamo la recessione proprio lì, proprio lì in quel Paese che doveva essere e che era “la locomotiva d'Europa”. Ecco, il famigerato “Next Generation boom”. E l'Italia? In Italia, sempre dalle stime Milex, la spesa di 32 miliardi prevista per il 2025 è un record, un nuovo record: per la prima volta nella storia della Repubblica il militare supera i 30 miliardi di euro. Di questi, ben 13 sono destinati all'acquisto di nuovi armamenti. Dal 2016 la spesa militare italiana è aumentata del 60 per cento. Negli ultimi cinque anni, invece, del 77 per cento. Raggiungere il 2 per cento richiesto dalla NATO - obiettivo, come sapete, non vincolante - è ormai un mantra, anzi, un : un che abbiamo subìto prima dell'arrivo di Trump e che oggi Trump ci porta al 5 per cento. E ovviamente a scapito di cosa? Lo dico perché sembra tutto lo stesso destino, lo stesso quadro, e non è così. Ovviamente, a scapito di sanità e istruzione pubblica, nonché lotta alla povertà e transizione ecologica. E intanto, i grandi complessi industriali della difesa, che vivono quasi esclusivamente di commissioni statali, festeggiano, fanno utili e danno .
Leonardo, di cui lo Stato detiene il 30 per cento delle quote, ha un fatturato che ormai supera i 12,3 miliardi di euro. È tra le 12 industrie della difesa più rilevanti al mondo. Fincantieri, colosso della cantieristica navale, negli ultimi anni ha aumentato la quota di produzione di navi da guerra del 36 per cento del fatturato totale. Segno - me lo faccia dire così, Presidente - che la guerra paga, la guerra paga eccome. E ripaga. Inoltre, ci sono le banche che forniscono i conti correnti per le esportazioni di armi e offrono liquidità e anticipi alle aziende della Difesa, con forti interessi sulle somme prestate o anticipate. Bene, il Governo Meloni vorrebbe smettere anche di fornire la lista delle maggiori banche attive nel settore: sempre più opacità. La guerra in Ucraina, nel 2023, ha fatto registrare, alle aziende italiane di munizionamento, commesse record per oltre 890 milioni di euro. Secondo il Ministro Crosetto, però, quando decidiamo l'ennesimo invio di arsenali all'Ucraina, non stiamo discutendo di una questione politica. No. Quindi, l'invio meriterebbe quasi un voto unanime del Parlamento. Davvero? Guerra, pace, corsa agli armamenti e sottrazioni di risorse vitali alla spesa sociale, non sono temi su cui si esercita una grande scelta politica? Ma chiediamoci, soprattutto: tutto questo è servito? Si diceva che bisognasse bilanciare le forze in campo prima di aprire una trattativa. Bene, noi crediamo che il continuo invio di armi non ci abbia avvicinati a una soluzione di pace e nemmeno abbia abbassato il livello del conflitto; invece, non è mai stata - e lo possiamo dire senza paura di essere corretti - imboccata la strada per un cessate il fuoco o per un negoziato.
Oggi, il Parlamento europeo invita gli Stati membri ad aumentare il sostegno a Kiev, a rimuovere addirittura le restrizioni sull'uso delle armi contro obiettivi militari in territorio russo, armi e missili statunitensi, britannici ed europei. Quindi, si sta spingendo per consentire all'Ucraina di condurre azioni militari sul territorio russo e che cos'è questa se non un'ulteriore del conflitto? Ci avvicina alla pace o a un confronto diretto tra Unione europea, NATO e Russia, potenze nucleari che possono portarci a una tragedia senza fine?
E chi farà le spese di un prolungamento del conflitto, se non la popolazione civile? Nel 2024 il numero di civili uccisi o feriti in questo conflitto è aumentato di quasi il 30 per cento rispetto al 2023, come dice un rapporto delle Nazioni Unite. Solo nei primi tre trimestri del 2024 sono stati uccisi o feriti più bambini che in tutto il 2023. L'OHCHR riporta che tra il febbraio del 2022 e il 31 dicembre del 2024 sono stati uccisi almeno 12.456 civili, tra cui 669 bambini; 28.382 civili, tra cui 1.833 bambini sono rimasti feriti. Si tratta di cifre che vanno approssimate per eccesso. Sono aumentati gli attacchi verificati a scuole e ospedali: oltre 580 strutture educative e sanitarie danneggiate o distrutte negli ultimi nove mesi. E anche il 2025 è iniziato nel segno del sangue: almeno 13 persone uccise e più di 100 feriti in un attacco a Zaporizhzhia, proprio il 9 gennaio; nuovi sfollamenti con oltre 1.600 persone, tra cui bambini, in fuga dalle aree in prima linea, soprattutto nel Donetsk e a Kharkiv. Ecco, gli unici effetti tangibili di questa .
E qual è la situazione sul campo di cui nessuno parla più? La Russia continua a conquistare villaggi nell'est e ha l'iniziativa del conflitto saldamente in mano. Nemmeno Zelensky crede più che i suoi militari possano combattere alla pari, figuriamoci riconquistare i territori perduti. Quindi, abbiamo conquistato - lo chiedo -, costruito condizioni più avanzate, più favorevoli? E nello scacchiere internazionale - mi chiedo e vi chiediamo - vediamo forse un maggiore equilibrio? A che tipo di trattativa potremmo andare incontro oggi? Se si imporrà la linea di Trump sarà un'umiliazione ancora maggiore per il popolo ucraino. Trump immagina un equilibrio tra blocchi che si spartiscono il potere globale. Abbiamo già visto questo film. Putin si dice pronto ad avviare colloqui con gli Stati Uniti e a quali condizioni, congelare le linee del fronte sulle posizioni attuali? Riconoscere di fatto l'autorità russa sui territori ucraini occupati, lasciandoli sulla carta sotto la giurisdizione di Kiev? Impedire all'Ucraina di entrare nella NATO? Lasciare le garanzie di sicurezza e il ai Paesi dell'Unione europea? Ma noi a quale obiettivo vogliamo lavorare? Ve lo chiedo perché non se ne parla mai. Sembra che questo continuo invio serva a progettare l'attesa, ma l'attesa di cosa, qual è la trattativa, qual è la proposta in campo? L'ingresso dell'Ucraina nella NATO a costo della cessione di parte del territorio? È questo l'obiettivo? Un'Ucraina neutrale che mantenga l'integrità territoriale? Discutiamone, parlateci, fate delle proposte pubbliche. Niente, silenzio.
Senza un'iniziativa in cui l'Europa sia protagonista, sia protagonista fra i grandi , gli scenari sono cupi. E anche la Presidente Meloni nelle sue comunicazioni in Senato ha messo al centro il ruolo e il futuro dell'Europa. Ma quale futuro in un mondo di guerra se non c'è un'iniziativa politica per portare il mondo fuori dalla guerra? Sul piano diplomatico l'Italia e l'Europa sono rimaste mute. Ma quale diplomatica è possibile, se ancora oggi non ragioniamo su ipotesi realistiche? Crosetto lo ha ammesso: non siamo ancora in uno scenario di pace, anzi, ce ne siamo abissalmente allontanati. Ma se siamo in guerra con la guerra, abbiamo il dovere di lavorare per la pace. L'ultimo invio di armi sarà sempre e dico sempre il penultimo, se l'unico orizzonte è e sarà la guerra, se le autorità europee continueranno a sostenere che dobbiamo spendere di più per prevenire la guerra, ma dobbiamo anche spendere di più per prepararci alla guerra, come ha dichiarato l'Alta rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas. Siamo molto oltre l'idea di armare Kiev per costringere Putin a una pace giusta, siamo molto oltre, e lo sapete anche voi; forse, si è capito che non c'è traccia all'orizzonte. Siamo all'armarsi per combattere, anzi, far combattere gli altri, perché siamo pure ipocriti.
Kallas vuole che facciamo di più per aiutare l'Ucraina, il fronte della difesa dell'Europa. Vincere la guerra è la linea del Capo della diplomazia europea. E quale sarebbe lo spazio per le sue strategie diplomatiche? Nessuno. E, invece, sfondare il 2 per cento del PIL e seguire le iperboli di Trump che sogna il 5 dove ci porta? Kubilius, il Commissario europeo per la Difesa, ha parlato di un per aumentare la produzione e l'acquisizione della difesa per eguagliare la Russia. Siamo a una guerra fredda senza una delle due parti in gioco, senza nemmeno il socialismo dall'altra, che fa aumentare e salari in Europa. Che destino infausto: difendere l'Europa, ma con un esercito europeo, con 27 eserciti, armati fino ai denti. L'addentellato qual è? È facile: tagliare le pensioni, tagliare la sanità e l'istruzione, dove invece spendiamo troppo. Questo è il in cui ci muoviamo. Se l'Italia non saprà dire una parola di pace, perderemo l'ennesima occasione per salvarci, così se non capiamo che da questa bellica non ci sarà mai una vera diplomatica e si rischia davvero che due , due amici-nemici, riflettano da soli in una guerra fredda senza ideologie, ma con grandi interessi economici alle spalle. Ecco, il futuro di un'Europa sempre più arida, sempre più isolata e sempre più preda di nazionalismi. Di chi siamo amici e perché? Di chi siamo nemici, di quali popoli?
Questa discussione è una discussione monca, è una discussione che non rende sovrano questo Parlamento. Non solo perché non conosciamo gli armamenti; non solo perché si continua a omettere qual è la vera spesa; ma, soprattutto, perché si omette un destino alternativo a quello che vediamo, lo si rimuove, non lo si mette in campo, non si ha la voglia di dire quali potrebbero essere le alternative a questo scenario di guerra. Già, perché per fare la pace ci vogliono compromessi, ci vuole diplomazia, ci vuole anche l'ammissione di grandi, di grandi responsabilità, anche della nostra comunità internazionale, perché nessuno qui si è mai diviso, nessuno qui ha mai negato quella che è stata un'invasione, l'invasione di uno Stato su un altro Stato sovrano, ma la storia ci dirà molto presto che aver portato questa discussione dal difenderci per poi armarci, per poi arrivare all' di un conflitto che sembra sempre più globale, che porterà potenze atomiche a sfidarsi ancora di più sui propri arsenali, ecco, tutto questo ci fa dire che anche questa è una grave perdita per la democrazia. Perché, non solo, non stiamo preparando la pace, ma continuiamo a preparare la guerra con i fondi e con le risorse che servirebbero, invece, per far tutt'altro e fatemelo dire perché è uno scenario di cui non parliamo mai: siamo davanti a un giudizio universale climatico.
Siamo usciti mal messi da una pandemia. E siamo davanti a un'Europa con meno occupati, con salari sempre più bassi e con i dazi di Trump alle porte. Ma non servirebbe esattamente tutt'altro? Non servirebbe mettere tutte le risorse possibili per la messa in sicurezza della nostra economia, del nostro territorio, dell'ambiente? Per un piano di pace? Per un piano che faccia esattamente quella riconversione ecologica dell'economia, nella piena e buona occupazione? E un'altra cosa non dite, che questa corsa alle armi non porta occupazione e non porta profitti, se non per quei banchieri e per quegli interessi sempre di più di pochi, quei pochi che scommettono sulla guerra per continuare a fare gli interessi dei primi. In quei primi non ci sono né i civili ucraini, e di sicuro non c'è l'Europa, che rischia di pagare il prezzo più grande di questa
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione affari esteri, deputato Emanuele Loperfido, che rinuncia. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, che rinuncia.
Il seguito del dibattito è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 14.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 102, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 10 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Colleghi, non essendoci interventi sull'ordine dei lavori, sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,15.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Soumahoro.
ABOUBAKAR SOUMAHORO(MISTO). Grazie, Presidente. Presidente, in queste ore il secondo polmone verde del mondo sta bruciando. Nella Repubblica Democratica del Congo ci sono quasi 7 milioni di sfollati interni nel corso degli anni. In queste ore ci sono morti e nel corso degli anni si parla di 6 milioni di morti. Eppure i nostri telefonini, che ci permettono di venire a conoscenza di ciò che accade nei 4 angoli del mondo, dovrebbero attirare la nostra attenzione. Il 70 per cento della materia prima del coltan, che permette di lavorare, di dare vita a questi proviene dalla Repubblica Democratica del Congo.
Eppure c'è un silenzio attorno a ciò che sta accadendo in queste ore in Congo.
Per questo motivo, chiedo un'informativa da parte del Ministro degli Affari esteri su quanto sta succedendo nella Repubblica Democratica del Congo. C'è bisogno di pace e questa pace vuol dire meno persone in fuga; questa pace vuol dire meno persone sradicate dalle proprie terre, dai propri cari; questa pace vuol dire la possibilità di far respirare e progredire il secondo polmone verde dopo l'Amazzonia, che è la Repubblica Democratica del Congo.
Presidente, concludo chiedendo questa informativa da parte del Ministro degli Affari esteri e del Governo, perché non possiamo essere indifferenti rispetto a quanto di drammatico sta accadendo in queste ore e da troppo tempo nella Repubblica Democratica del Congo .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.
FEDERICO FORNARO(PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Ringrazio il collega Soumahoro per avere voluto porre in evidenza questa guerra dimenticata. Sono troppe le guerre dimenticate, ma questa ha dimensioni veramente straordinarie, purtroppo in negativo, con un numero elevatissimo di morti, con una situazione che si protrae da troppo tempo. Credo, quindi, che sia utile un'informativa da parte del Governo per capire come il nostro Paese, la comunità internazionale e i Paesi democratici stanno provando ad intervenire per porre fine a questo autentico massacro.
Credo che sia importante e che sia una questione che meriti assolutamente l'attenzione del Governo e di questa Camera, perché abbiamo giustamente posto l'attenzione in questi mesi e in questi anni su altri teatri di guerra, avremo, poco dopo, nel punto successivo, la questione della guerra in Ucraina, ma, purtroppo, le questioni e le contese belliche sono molteplici, e, come dicevo all'inizio, questa del Congo certamente merita anche la nostra attenzione.
Quindi, un'informativa del Ministro degli Affari esteri credo che possa essere estremamente utile, poi nelle forme e nei modi che si andranno a determinare, eventualmente anche con le Commissioni congiunte, non necessariamente in Aula. Adesso non so quale sia il pensiero del collega Soumahoro, ma che noi proviamo a porre attenzione a questo conflitto credo che sia una necessità e, in qualche modo, anche un dovere
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI(AVS). Grazie, Presidente. Sembra incredibile, ma domenica 26 è stato già il 10° anniversario della liberazione, della vittoria di Kobane sul Daesh, sull'ISIS. Si tratta di una notizia che è passata in secondo piano, visti gli scenari di guerra globale, ma per tutti noi, per tutti noi europei, è una data davvero importante. Per questo, come sapete, da tutta Europa delegazioni sono partite proprio per andare lì, nell'alta Siria, per vedere le condizioni non solo di quella città, di quel popolo, che da più di 10 anni ha usato le parole del confederalismo democratico per dare un'altra autonomia e un altro Governo nell'alta Siria.
Un Governo che finalmente desse a tutte le donne, tra l'altro combattenti contro Daesh, il governo del proprio Paese, che desse giustizia e anche una via di uscita per tanti, soprattutto per il popolo curdo di quell'area. Faccio queste premesse perché questa mattina, con la collega Ghirra, siamo stati svegliati alle prime luci del mattino, perché un presidente di municipio, Amedeo Ciaccheri, è stato fermato a Istanbul, di rientro da Erbil, proprio stamattina. Amedeo Ciaccheri è stato sottoposto al fermo, e per questo abbiamo subito chiamato l'ambasciatore Marrapodi, che ringraziamo, e abbiamo chiamato la Farnesina.
Quella brutta mezz'ora è passata con un foglio di via e, adesso possiamo dirlo, Amedeo Ciaccheri con tutta la delegazione è appena atterrato a Roma e noi siamo felici che tutta la delegazione italiana sia rientrata qua.
Però perché prendiamo la parola, se non per ringraziare il nostro ambasciatore, la Farnesina e chi in quei minuti si è attivato per togliere quell'arresto, quel fermo e cavarsela con un foglio di via? Lo diciamo al nostro Paese, ma a tutta la comunità internazionale: se la Turchia pensa che chi è amico del popolo curdo, chi è vicino alle parole di libertà di Kobane, sia un nemico della Turchia, questo è un problema politico. Lo diciamo perché quell'area ancora oggi viene bombardata, anche dall'esercito turco
E proprio oggi, che si parla con parole di speranza sul futuro della Siria, noi chiediamo che gli aiuti umanitari arrivino, arrivino fino a lì, non solo fino a Kobane, ma verso quel popolo, verso quei campi profughi. Lo diciamo qua, davanti all'opinione pubblica, da più di 10 anni. Loro gestiscono migliaia e migliaia di terroristi, migliaia e migliaia di famiglie, di famiglie di quei terroristi. Vogliono un processo democratico, vogliono dei processi e un tribunale internazionale per chi ha commesso quei reati. Sarebbe facile, e lo dico a chi non comprende, togliersi di mezzo quegli ostaggi, quei prigionieri, facendo finta che nulla sia successo, oppure fare processi sommari, come abbiamo visto in altre parti di quel mondo. Invece il popolo curdo ci chiede serietà, rispetto.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
MARCO GRIMALDI(AVS). Hanno lottato per tutte e tutti noi, e questa vicenda ci ricorda che tutte e tutti noi abbiamo una grande responsabilità, una grande solidarietà, che ancora dobbiamo nei loro confronti e spero che questa vicenda sia chiara davvero a tutte e tutti
PRESIDENTE. Tecnicamente, onorevole Grimaldi, anche ai fini del verbale, quindi lei chiede un'informativa del Governo sulla materia che riguarda la Turchia e i curdi? Va bene.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Onori. Ne ha facoltà.
FEDERICA ONORI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Intervengo per unirci alla richiesta dei colleghi Soumahoro e Fornaro, che abbiamo trovato assolutamente appropriata e opportuna, e per suggerire già una possibile finestra. Abbiamo un'audizione informale con il Vice Premier e Ministro Tajani per questo giovedì 30 gennaio, con le Commissioni estere di Camera e Senato riunite congiuntamente.
Questa audizione è sugli esiti del Consiglio degli affari esteri dell'Unione europea, quindi proponiamo che possa ricomprendere in quell'occasione anche il tema del Congo.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2206: Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta odierna si è conclusa la discussione generale e il relatore per la Commissione affari esteri e del rappresentante del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione e agli articoli del decreto-legge .
Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri , che sono in distribuzione.
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso delle proposte emendative, invito i relatori e la rappresentante del Governo ad esprimere il parere.
EMANUELE LOPERFIDOGrazie, Presidente. In seguito all'esame nelle Commissioni esteri e difesa i pareri sono negativi su tutti gli emendamenti.
PRESIDENTE. Contrario su tutti gli emendamenti.
Il Governo?
MATILDE SIRACUSANO,. Il parere è conforme al relatore.
PRESIDENTE. Contrario su tutti gli emendamenti.
Passiamo agli identici Dis 1.1 Fratoianni e Dis 1.2 Riccardo Ricciardi. Se nessuno chiede di intervenire li pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Dis 1.1 Fratoianni e Dis 1.2 Riccardo Ricciardi, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.2 Pellegrini. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pellegrini. Ne ha facoltà.
MARCO PELLEGRINI(M5S). Grazie, Presidente. Per la verità faccio un intervento sia sull'emendamento 1.2 che sull'emendamento 1.5 che sono abbastanza simili e quindi se me lo concede, Presidente, spiegherò anche quali sono le differenze. Questi emendamenti hanno due obiettivi: il primo è quello di parlamentarizzare il più possibile la gestione di questa crisi terribile che coinvolge l'Ucraina e la Russia, come Paese aggressore; noi chiediamo che ogni singola autorizzazione all'invio di mezzi militari e anche non militari e umanitari passi sostanzialmente dalle Camere, quindi, il Governo renda preventive comunicazioni alle Camere e le Camere esprimano un atto di indirizzo con un voto specifico.
Noi pensiamo che davvero in casi di questo genere così importanti, così gravi sia il minimo chiedere al Parlamento di partecipare ed esprimere la propria volontà ogni volta; oltre a questo, chiediamo che l'elenco dei mezzi, che noi forniamo all'Ucraina, quindi sia militari sia non, sia finalmente reso pubblico; è un'esigenza che ormai manifesta la maggioranza dei cittadini, ma è anche una cosa logica.
Io posso capire che, nei primi mesi, non si volesse dare un vantaggio all'aggressore, a Putin e alla sua follia con la quale ha aggredito e invaso l'Ucraina, ma ora questa esigenza è scemata, perché altri importanti Paesi, che tra l'altro inviano armi in Ucraina in numero molto maggiore del nostro, con un costo molto maggiore del nostro e con armi probabilmente ancora più letali, pubblicano tale lista tranquillamente e, quindi, informano la propria opinione pubblica di quello che si sta facendo.
A maggior ragione dovrebbe succedere in Italia, visto che vige l'articolo 11 della Costituzione che tutti noi ben conosciamo, cioè che l'Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Allora, essendo eccezionale il caso che consente l'invio delle armi, che almeno si rendano edotti tutti i cittadini di cosa esattamente si manda ai all'Ucraina, altrimenti siamo costretti a leggere le informazioni da indiscrezioni giornalistiche oppure da Ministri di altri Paesi, come è successo nel Regno Unito. L'opinione pubblica italiana ha saputo che l'Italia inviava gli , letali missili, perché l'ha dichiarato un Ministro del Regno Unito e questa è una cosa talmente assurda che farebbe ridere se non avesse aspetti di tragicità. Questo è l'emendamento 1.2; l'emendamento 1.5 rende la pubblicità di questi atti meno pubblica, mi lasci passare il termine: questo elenco viene trasmesso alle Commissioni parlamentari che sono competenti per materia. Davvero credo che noi chiediamo il minimo sindacale, quindi confidiamo nell'approvazione da parte di quest'Aula .
PRESIDENTE. Comunico, colleghi, che è deceduto l'onorevole Francesco Paolo Lucchese, già membro della Camera dei deputati dalla XII alla XVI legislatura e Segretario di Presidenza nella XIV legislatura. La Presidenza della Camera ha già formulato ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
PRESIDENTE. L'onorevole Dell'Olio sottoscrive l'emendamento 1.2 Pellegrini.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.2 Pellegrini, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.4 Lomuti, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.3 Francesco Silvestri.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Francesco Silvestri. Ne ha facoltà.
FRANCESCO SILVESTRI(M5S). Grazie, Presidente, vorrei sottolineare nuovamente un tema, secondo me, fondamentale per il nostro Paese. Noi viviamo un'anomalia di sistema, anzi due, che proviamo a spiegare, così vediamo se hanno un legame. La prima: noi abbiamo un Ministro della Difesa che prima di diventare Ministro della Difesa si occupava di vendita di armi. Benissimo. Poi, abbiamo una seconda anomalia: noi siamo l'unico Paese al mondo ad avere ancora il segreto sulla vendita delle armi. Su queste due ipotesi si potrebbero ricostruire tanti teoremi, però c'è oggettivamente un fatto: noi siamo l'unico Paese che tiene nascosto alla propria cittadinanza cosa inviamo, ossia i miliardi di tasse che i cittadini spendono per la produzione di armi e mandarle in una guerra ormai senza senso; e questo lo dimostrano i fatti. Non è dato sapere dal Governo come vengono spesi questi soldi.
Noi facemmo un dove io chiesi al Ministro come mai avevamo ancora intenzione di mantenere questo segreto e il Ministro, forse preso un po' in controtempo, mi rispose: “sto pensando di cambiarlo”. Eravamo a maggio e, quindi, parliamo di più di sei mesi fa. Da quel banco del Governo il Ministro, ovviamente non avendo una tesi credibile, mi rispose: “sì sto pensando di cambiarlo”. Da lì non abbiamo più nessuna notizia ma non è un dettaglio, perché mantenere un segreto sulla vendita delle armi, dopo tutti questi anni, non è il vezzo dell'opposizione che vuole incalzare il Ministro su un dettaglio ma è un sacrosanto dovere ed è un diritto di questa cittadinanza sapere dove vanno a finire i soldi, gestiti da un Ministro che prima vendeva armi. È la cosa più normale del mondo!
Allora, noi chiediamo questo. Visto che la tesi, che spesso ho dovuto dibattere con tanti avversari, anche in televisione su questo tema e anche con lei, Presidente, in un programma TV, è: “noi non possiamo far sapere che armi mandiamo al nostro nemico”, in questo modo stiamo dando dei “putiniani” ai francesi; stiamo dando dei “putiniani” agli inglesi, agli americani, ai tedeschi, ai polacchi . Tutti vogliono far sapere la propria strategia militare a Putin tranne che l'Italia.
Allora, visto che questa tesi non regge, dopo due anni, dopo che un Ministro si è impegnato quantomeno a riflettere sul cambiamento, visto che c'è una tesi che non regge in alcun modo, visto che c'è un sacrosanto dovere di questo Governo di dare quantomeno una risposta politica, chiedo a qualcuno della maggioranza, del Governo o di un Gabinetto - non so: a qualcuno - di alzarsi e di darci la motivazione per cui questo Paese ancora viene trattato da serie B. Mentre i cittadini inglesi e francesi possono sapere, i cittadini italiani vengono considerati come popolo di serie B.
Noi attendiamo una risposta da due anni. È un che ancora non ha avuto alcun tipo di risposta politica; noi siamo qui oggi, riproponendo questo tema, ma vedo che da nessuna parte c'è l'intenzione di voler spiegare un'anomalia del genere .
PRESIDENTE. L'onorevole Dell'Olio sottoscrive l'emendamento 1.3 Francesco Silvestri.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.3 Francesco Silvestri, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.5 Pellegrini.
Ricordo che l'onorevole Pellegrini è intervenuto prima.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Dell'Olio. Ne ha facoltà.
GIANMAURO DELL'OLIO(M5S). Presidente, oltre a richiedere di aggiungere la firma, approfitto di questo emendamento - e quello che sto dicendo si applica un po' a tutti questi emendamenti - per riferire quanto questo decreto di fatto…
PRESIDENTE. Colleghi del Partito Democratico, l'onorevole Dell'Olio non riesce a stare sereno perché disturbato dalle vostre voci. Se per favore mi date una mano. Onorevole Casu, onorevole Ricciardi…
GIANMAURO DELL'OLIO(M5S). Vado avanti.
GIANMAURO DELL'OLIO(M5S). Questo decreto-legge, che non è certamente il primo, approfittando del fatto che i mezzi sono secretati, come i materiali, negli invii, dice che questo è a oneri zero, quindi, non c'è alcun impatto. Dunque, la domanda è una: o state - non “stiamo” - decidendo di inviare in Ucraina, ovunque state inviando mezzi, materiali in totale obsolescenza, quindi tutti gli scarti possibili e immaginabili; oppure, non è vero che quello che state inviando non abbia un impatto, perché, comunque, avrà un impatto sulla dotazione dei mezzi e dei beni delle strumentazioni italiane, quindi anticiperemo i riarmi e, quindi, ci sarà un costo.
Perciò, state facendo un decreto-legge a costo zero che a costo zero non sarà e se anche questo non fosse vero, perché effettivamente state inviando tutti gli scarti possibili e immaginabili e, quindi, non so davvero quale sia la cosa corretta, state dicendo, però, che anche le spese di trasporto sono all'interno dei contratti già in essere. Senza voler essere un guru della logistica, non riesco lontanamente a immaginare come l'invio di beni e mezzi in zone di conflitto o anche in zone vicine al conflitto possa essere assolutamente gestito all'interno dei contratti in essere, se non anticipando oneri, quindi dando fondo a quelli che possono essere contratti a chiamata e, dunque, ancora una volta anticipando, quindi richiedere di dover spendere ulteriori soldi.
Non sto entrando nel merito quindi dell'opinione negativa che abbiamo noi, come MoVimento 5 Stelle, di questo decreto, perché lo hanno già fatto i miei colleghi. Sto entrando nel merito rispetto al fatto che questo Governo non si sta prendendo nemmeno la responsabilità di mettere un centesimo su questo decreto-legge, come, invece, è corretto che sia, e quindi non sta dicendo la verità agli italiani sul fatto che questi invii hanno, comunque, un costo. Avete voglia di spendere soldi per l'invio? Bene, avete tutto il diritto di farlo, ma dovreste avere la correttezza e la coscienza di andare ad associare anche degli importi, cosa che, invece, continuate a non fare.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.5 Pellegrini, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.6 Fratoianni.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI(AVS). Grazie, Presidente. Noi chiediamo formalmente a lei, a un prossimo Ufficio di Presidenza e alla Conferenza dei capigruppo di arrivare a un punto di chiarezza e di trasparenza. Abbiamo appena votato in Commissione bilancio un ennesimo parere che è un copia e incolla degli interventi precedenti; e sa perché non funziona? Dicevo, Presidente, abbiamo votato per l'ennesima volta in Commissione bilancio una copertura finanziaria inesistente, un'invarianza finanziaria che tecnicamente non si regge, con un che forse poteva andare bene due o tre anni fa, che è quello della cosiddetta obsolescenza del nostro materiale bellico. Per chi ci sta ascoltando per la prima volta, vuol dire che, tecnicamente, la prima volta che abbiamo fatto gli invii abbiamo detto: iniziamo a esaurire e a dare all'Ucraina tutto quello che abbiamo in più nei nostri arsenali; con i nostri accordi pluriennali compreremo e rinnoveremo il nostro parco.
Mi faccia dire che siamo al decimo pacchetto e siamo uno fra i pochissimi Paesi per cui questa vicenda del materiale da inviare è secretata. Fa davvero ridere spiegare che in Germania, in Francia e nel Regno Unito tutta questa discussione non solo è trasparente ma è anche alla luce del sole l'elenco dei mezzi e delle risorse.
Ma davvero - e lo dico al Governo - esiste il segreto di Stato su questo elenco? A noi non risulta. Allora lo chiediamo a lei, Presidente: ci sono gli estremi per invocare la legge n. 124 del 2007? Noi crediamo di no, è tecnicamente un falso, non c'è nessun segreto di Stato su tutto questo. Allora, già siamo in una condizione surreale e ci sono gruppi, come il nostro, che non fanno parte del Copasir e non hanno evidenza di quello di cui stiamo discutendo. Vi chiediamo se, dopo i tantissimi voli, i cargo dell'Aeronautica militare che portano il nostro materiale da Pratica di Mare fino alla base NATO di Rzeszow in Polonia, è davvero ammissibile che si voti un falso in Commissione bilancio, dicendo che anche quelle spese erano previste?
Ma previste dove? Da chi? È tecnicamente possibile dire che questo invio di armi sia ad invarianza finanziaria, quando un osservatorio come Milex ci dice che abbiamo abbondantemente superato i 3 miliardi di euro da quando è iniziata questa discussione? È tecnicamente possibile dire che tutto questo è successo mentre il bilancio dello Stato - udite, udite - per la prima volta ha toccato i 32 miliardi di euro nel 2025 per la spesa in difesa? Io e noi crediamo di no. Ognuno si può assumere le responsabilità politiche, mi pare che il nostro gruppo davanti a tutti lo abbia fatto, più e più volte.
Mi pare che la maggioranza abbia un'ampia maggioranza per dare l'ok a questo provvedimento, che va oltre i limiti della sua maggioranza, ma spiegatemi che senso ha votare contro un emendamento che vi chiede di fare questa discussione alla luce del sole. Che l' diplomatica sia assente è chiaro a tutti, tanto è vero che, senza tanti giri di parole, ormai ci si abbandona addirittura a Trump per una soluzione salvifica con Putin, che si sfrega le mani e non vede l'ora di aprire una trattativa che sarà molto peggiore per gli ucraini di quella che avremmo potuto avviare 2 anni fa, in un altro contesto e senza queste parole di guerra. Allora noi vi chiediamo semplicemente di assumervi le responsabilità e di dirci esattamente cosa c'è dietro quell'invio, numeri e mezzi .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.6 Fratoianni, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.7 Baldino.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldino. Ne ha facoltà.
VITTORIA BALDINO(M5S). Grazie, signor Presidente. Presidente, vorrei fare una domanda molto semplice a tutti i colleghi e le colleghe, all'esponente del Governo presente e anche a lei, che rappresenta la Camera dei deputati: ma noi qui che cosa stiamo facendo, Presidente? Perché ci state chiedendo di approvare un'autorizzazione, un'ulteriore autorizzazione a un invio di armi per tutto l'anno, e non sappiamo quali armi mandiamo, perché l'Italia è una delle poche Nazioni che ha deciso di mantenere il segreto sulle armi che mandiamo, a differenza di nostri vicini europei e anche degli Stati Uniti, che per lungo tempo, invece, hanno pubblicato dettagliatamente l'elenco di armi mandate in Ucraina.
Non siamo informati periodicamente di quanti invii di armi trasmettiamo. Ci state chiedendo di approvare un decreto ad invarianza finanziaria, quando, in realtà, sappiamo che non possiamo dire che mandiamo armi per tutto il 2025 senza spendere neanche un euro in armamenti. Quindi mi chiedo, Presidente, che cosa stiamo facendo? Non possiamo neanche permetterci di esprimere il nostro disappunto, perché ci venite a dire, come ha fatto il Ministro Crosetto, la settimana scorsa, durante la sua replica all'informativa, che noi non possiamo parlare, perché abbiamo già dato il via libera al primo decreto nel febbraio-marzo del 2022.
Signori, sono passati 3 anni, non siamo al 24 febbraio 2022. Sono passati 3 anni e in questi 3 anni forse non vi siete accorti di che cosa è successo. Allora ve lo dico io che cosa è successo in questi 3 anni: che quella strategia non ha funzionato affatto; che la Russia, che controllava il 7 per cento del territorio ucraino, adesso controlla il 20 per cento di territorio ucraino; che le vittime sono mezzo milione tra morti e feriti, il triplo di quelli russi sono ucraini. È successo che la Russia può contare su un esercito di 2,5 milioni di uomini e l'Ucraina ha a malapena meno di un milione di uomini, ha difficoltà anche nell'arruolamento.
È successo che le sanzioni che abbiamo comminato alla Russia hanno fatto più male a noi che alla Russia stessa. La crisi del settore automobilistico tedesco, da cui dipende anche la crisi del settore automobilistico italiano, dipende proprio da quello, dalle sanzioni, dalla guerra, dal conflitto ucraino. Che cosa stiamo facendo qui, Presidente? Vorrei che tutti fossero quantomeno consapevoli del fatto che questo Parlamento è totalmente inutile rispetto a una situazione che è essenziale per la vitalità del nostro Paese e del nostro continente.
Che cosa stiamo facendo? Allora ve lo dico io che cosa stiamo facendo, siccome voi non avete una benché minima idea di cosa significhi alzare la testa in Europa, di cosa significhi alzare la testa rispetto alla nostra Alleanza atlantica, perché siamo completamente supini, piegati alle volontà di cose decise altrove, ve lo dico io che cosa state facendo: questo di oggi, questo vuoto decreto di oggi è solo un alibi , un alibi all'assenza totale della vostra politica, all'assenza totale di una visione geopolitica, e noi non vogliamo essere complici .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.7 Baldino, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.8 Riccardo Ricciardi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Riccardo Ricciardi. Ne ha facoltà.
RICCARDO RICCIARDI(M5S). Grazie, Presidente. Ricordo che nel giugno del 2022 eravamo a scrivere una risoluzione per il Consiglio europeo, per il Presidente Draghi, dove già, come MoVimento 5 Stelle, in quel momento, chiedevamo la possibilità di inserire tra gli impegni un passaggio parlamentare. Ricordo una fatica immensa, una giornata intera per poterlo inserire nelle contrattazioni di maggioranza, e purtroppo non ci riuscimmo perché già all'epoca quella maggioranza, con l'aiuto dell'opposizione all'epoca di Fratelli d'Italia, impediva che ci fosse un passaggio parlamentare sul tema della consegna delle armi.
Vorrei capire il perché, e lo chiedo a tutto l'arco parlamentare, questa cosa non è possibile, lo hanno già detto i miei colleghi in diverse forme e in diversi modi. Non ho una motivazione valida sul fatto che non ci sia un passaggio parlamentare, e lo ricordo a tutti, lo ricordo sempre a chi parla di centralità del Parlamento. La centralità del Parlamento vale sempre: quando si devono fare le battaglie contro il premierato ci vuole la centralità del Parlamento, ma ci vuole la centralità del Parlamento anche quando il nostro Paese si impegna a inviare armi .
Non è che la centralità del Parlamento la si invoca a giorni alterni e su un fatto di questo tipo non diciamo nulla e assecondiamo chi, invece di mettere l'Italia al centro del mondo, mette l'Italia come primo maggiordomo di Donald Trump. Perché questo è l'Italia oggi, il primo maggiordomo di Donald Trump . Parlate di investimenti in difesa? Noi vorremmo un Paese sicuro, certamente, ma a cosa servono questi investimenti in difesa? A fare gli interessi degli americani o a fare gli interessi degli italiani e degli europei ?
Perché dobbiamo intenderci anche su questo. Da 3 anni ci state spiegando che il motivo è il diritto internazionale, ma il diritto internazionale non vale quando c'è da perseguire il genocida Netanyahu; il diritto internazionale non vale quando si mette su un aereo di Stato, a spese nostre , un criminale e lo si riporta a casa. Forse dovevate metterlo su un treno, almeno avremmo avuto la garanzia che non sarebbe mai tornato , forse dovevate fare questo.
Allora, davvero, io non capisco questa cosa, e trovo inverosimile che il dibattito e la maturità del dibattito politico in Italia, su questo tema, siano completamente appiattiti .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.8 Riccardo Ricciardi, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico, ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati .
Invito la rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.
MATILDE SIRACUSANO,. Sugli ordini del giorno n. 9/2206/1 Pellegrini, n. 9/2206/2 Francesco Silvestri, n. 9/2206/3 Cappelletti, n. 9/2206/4 Baldino e n. 9/2206/5 Lomuti il parere è contrario. Sull'ordine del giorno n. 9/2206/6 Fratoianni il parere è favorevole con riformulazione, ossia occorre espungere la terza premessa e riformulare l'impegno nei seguenti termini: «a considerare la possibilità di continuare a procedere con l'attuale postura, in relazione all'impiego del materiale contribuito in territorio russo».
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Siracusano.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2206/1 Pellegrini, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2206/2 Francesco Silvestri, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2206/3 Cappelletti, su cui vi è il parere contrario del Governo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cappelletti. Ne ha facoltà.
ENRICO CAPPELLETTI(M5S). Grazie, Presidente. C'è un parere contrario all'impegno del Governo per uno sforzo efficace sul piano diplomatico, in sinergia con gli altri Paesi, per un immediato cessate il fuoco. Volevo ricordare alla rappresentante del Governo che, circa 2 anni fa, il 24 maggio 2023, aveva accolto un ordine del giorno che imponeva un impegno preciso. Peraltro, un impegno solenne, perché votato all'unanimità da tutta l'Aula. E volevo ricordarlo questo impegno che era stato assunto dal Governo: «impegna il Governo ad adoperarsi per la convocazione di una conferenza sulla sicurezza in Europa». Dov'è questo impegno per organizzare una conferenza sulla sicurezza in Europa? Nell'arco di 2 anni non è stato dedicato un minuto per farlo. «Si impegna il Governo a ristabilire un quadro di pace, sicurezza e cooperazione, nonché avviare un percorso per una conferenza internazionale di pace». Ebbene, questa era la volontà della Camera dei deputati, questa era la volontà del Governo 2 anni fa. Ma cosa è stato fatto in 2 anni?
E ancora. Il Governo, ossia voi avevate assunto l'impegno a perseguire, in ogni sede utile, la ricerca del dialogo e del negoziato politico tra le parti in conflitto. Cosa avete fatto ?
Avevate assunto voi l'impegno di promuovere la ricerca di accordi per la militare, il cessate il fuoco e l'apertura di corridoi umanitari. Non parliamo dei risultati, parliamo di impegno a darsi da fare per ottenere questi risultati. Nulla è stato fatto, da questo punto di vista.
E ancora. Avevate assunto l'impegno di ricercare, in ogni sede opportuna, una soluzione negoziata del conflitto che ponesse al centro il riconoscimento e il rispetto del diritto internazionale - cosa che tutti vogliamo -, con particolare riferimento al diritto internazionale dei diritti umani. Anche su questo fronte, ahimè, a distanza di 2 anni proprio in questi giorni da questo impegno solenne - solenne perché è stato votato all'unanimità dalla Camera deputati - nulla è stato fatto. E allora non sorprende se arriva adesso un parere contrario rispetto ad un impegno o ad un ordine del giorno che va a chiedere al Governo esattamente ciò che era stato già chiesto, e rispetto al quale era stato assunto un impegno preciso davanti al Paese, davanti alla Camera dei deputati, davanti agli italiani. Un impegno che è stato disatteso e rispetto al quale non c'è nessun interesse a darvi esecuzione .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2206/3 Cappelletti, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2206/4 Baldino, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2206/5 Lomuti, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2206/6 Fratoianni, su cui il parere del Governo è favorevole, previa riformulazione. Onorevole Fratoianni, accetta la riformulazione?
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Grazie, signor Presidente. Molto brevemente. Non accetto, e mi rivolgo al Governo. Capisco l'obiezione sulla terza premessa, che contiene una valutazione politica che, com'è noto, ci divide da molto tempo. Sull'efficacia della strategia che avete scelto ci torneremo dopo, in sede di dichiarazione di voto.
Quello che trovo, però, francamente un po' incomprensibile e, secondo me, anche un pelino imbarazzante per voi (per il Governo e per la maggioranza), è la riformulazione dell'impegno. Non so se i colleghi e le colleghe l'hanno ascoltato, perché noi chiediamo una cosa semplice. Chiediamo che il Governo non autorizzi l'utilizzo del materiale militare che verrà ceduto, in seguito al decreto che state per approvare per l'ennesima volta, in territorio russo.
Si tratta di un tema che, come tutti e tutte sapete, è stato affrontato dal Parlamento europeo, è un dibattito aperto. È stata eliminata la restrizione per la maggior parte dei Paesi, che pure preesisteva.
Ora, di fronte a quel dibattito, il bello è che il nostro Governo, per bocca autorevole della Presidente del Consiglio e dei Vice Premier, ha più volte ribadito la contrarietà del Ministro della Difesa italiana al fatto che le proprie armi vengano utilizzate in territorio russo. Allora, qui delle due l'una: o non vi siete parlati, oppure state cambiando posizione. Ditecelo però, perché non è una questione irrilevante; e riformularlo nel senso di «valutare la possibilità di mantenere l'attuale postura», scusate, ma che vuol dire? L'attuale postura è il divieto all'utilizzo delle armi in territorio russo. Avete cambiato idea? Se avete cambiato idea, ditecelo. Se non avete cambiato idea - e mi rivolgo alla Sottosegretaria - accettate l'impegno, eliminando la premessa, e io accetto la riformulazione. Ma questa riformulazione, complessivamente così come lei ce l'ha fornita, francamente - ripeto - è inaccettabile ma, secondo me, anche un po' imbarazzante per voi .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2206/6 Fratoianni, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di intervenire per dichiarazione di voto il deputato Davide Faraone. Ne ha facoltà.
DAVIDE FARAONE(IV-C-RE). Presidente, col suo permesso, aspetterei che i colleghi…
PRESIDENTE. Ma lo faranno in silenzio, onorevole Faraone, guardi.
DAVIDE FARAONE(IV-C-RE). Non ci credo tanto, Presidente.
PRESIDENTE. Ma sì, guardi, ci creda. Guardi, si fidi di me.
DAVIDE FARAONE(IV-C-RE). Non ho grande fiducia, Presidente. Non in lei, naturalmente.
PRESIDENTE. La ringrazio, però, adesso i colleghi fanno in silenzio. Lei provi e, casomai, ci fermiamo. Prego, onorevole Faraone. Colleghi, vi prego, davvero, facciamo silenzio. Prego.
DAVIDE FARAONE(IV-C-RE). Presidente, è la decima volta che votiamo questo provvedimento dalla passata legislatura ad oggi e, per la decima volta, voteremo sì sull'invio delle armi e di tutto ciò che serve a supporto della resistenza ucraina e del popolo ucraino. Infatti, le ragioni che ci hanno spinto a votare sì la prima volta sono rimaste intatte nel tempo, seppur, signor Presidente, il contesto purtroppo è notevolmente cambiato.
Io, intanto, inviterei tutti i colleghi che decidono di votare no, quelli che hanno cambiato idea nel tempo o quelli che hanno votato no dalla prima volta ad andare a guardare quello che è accaduto in questi giorni in Bielorussia, per comprendere qual è l'idea che Putin ha dell'Ucraina.
In Bielorussia si sono tenute elezioni farsa in cui Lukashenko, vassallo di Putin, si è scelto gli avversari, perché i veri oppositori li ha messi tutti in carcere o stanno in esilio. L'idea di Putin per l'Ucraina è proprio questa: farla diventare una sorta di Nazione senza alcuna sovranità, con un vassallo da mettere al posto di Zelensky. Addirittura, Putin in questi giorni - o i suoi portavoce -, rispetto anche a ipotesi di trattativa, oltre a dire che rifiuterebbero sempre qualunque forza di interposizione, oltre a dire che l'Ucraina dovrà essere uno Stato cuscinetto, neutrale, che mai potrebbe aderire alla NATO, all'Unione europea, ha detto che Zelensky non può essere il Presidente dell'Ucraina, quello deve essere scelto da lui, con la stessa modalità bielorussa.
Proprio per queste ragioni, Presidente, continua a essere inconcepibile l'idea di chi pensa che noi, dell'Ucraina, non dobbiamo interessarci o, comunque, ce ne dobbiamo interessare soltanto rispetto ai di Putin. Infatti, al di là delle dichiarazioni che si fanno, quando si dice “non diamo una mano alla resistenza ucraina”, significa esattamente: lasciamo che Putin faccia quello che vuole.
Però, Presidente, il contesto internazionale è cambiato anche perché ci ritroviamo con un altro Presidente degli Stati Uniti d'America e su questo, Crosetto, la scorsa settimana, nelle sue comunicazioni, non è riuscito a farci comprendere qual è l'atteggiamento dell'Italia rispetto al mutato contesto internazionale, per il cambio della guida alla Casa Bianca e per il fatto che va alla Casa Bianca un uomo che per mesi, con la Presidenza Biden, ha bloccato il sostegno, con armamenti, all'Ucraina, oltre ad avere dichiarato in questi giorni che tutti i trasferimenti, i sostegni e i supporti da un punto di vista degli armamenti andranno sospesi, fatta eccezione per l'Egitto e per Israele. Mancava l'Ucraina.
Quindi, discutere su questo decreto, senza tener conto che il contesto internazionale è mutato, sarebbe un grosso errore ed è quello che abbiamo visto verificarsi con le comunicazioni del Ministro Crosetto. Tant'è vero che ci siamo astenuti. Oggi, votiamo sì al decreto, la settimana scorsa invece ci siamo astenuti rispetto alle comunicazioni di Crosetto, perché assolutamente ambigue rispetto a tante questioni. Infatti, non ci scontriamo più tra due idee di pace in questa Camera. La prima è quella che fonda sulla deterrenza la sua base: non una pace costruita aggredendo qualcuno, ma semplicemente dotandoci di tutti gli strumenti che consentano a chiunque voglia violare il diritto internazionale di non farlo, in questo caso per l'Ucraina, ma vale anche per tutti gli altri Stati sovrani che possono subire quello che l'Ucraina sta subendo oggi. La deterrenza, come la metti in campo? Armandoti. Non vedo altri strumenti per la deterrenza, quando uno come Putin non vuole sentire ragioni, se non le sue, e che non accetta la sovranità di uno Stato, a meno che non si sottometta, a meno che non faccia quello che lui dice. Rispetto a questo, la pace attraverso la deterrenza è uno strumento utile, che è stato utile aver messo in campo in questi anni.
Poi c'è la pace di chi - in buona fede, sicuramente, ma io non la condivido - dice: stiamo fermi semplicemente e mettiamo in campo alcune azioni che possano spingere Putin a cambiare idea. Ma non si capisce bene quali e neanche su che basi si costruisce quella pace. Cosa non deve fare Putin? Non deve invadere uno Stato sovrano? Lo deve invadere fino a un certo punto? Anche questo è un enigma. È da dieci volte che votiamo questo benedetto provvedimento e per dieci volte non ho capito, da chi dice che non bisogna agire in difesa dell'Ucraina, cosa bisogna fare.
Però, al di là di queste due teorie che ci hanno visto scontrarci in queste dieci occasioni tutte le volte che ci sono state opportunità di discuterne, in questo caso siamo di fronte a un altro tipo di pace, che viene messa in campo dal Presidente degli Stati Uniti d'America Trump e che in passato aveva riguardato solo Xi Jinping e Putin, questa idea per cui non bisogna immischiarsi, e lasciar fare, per cui la Cina, se vuole intervenire a Taiwan, lo deve poter fare, senza che nessuno interviene, Putin lo può fare in Ucraina.
Ora, rispetto a questo tipo di atteggiamento, naturalmente fatte le dovute differenze e considerando il contesto che è quello che ho detto (Ucraina e Taiwan sono due esempi), il fatto che Trump parli della Groenlandia nei termini in cui ne ha parlato, per me sono elementi di preoccupazione e di novità rispetto a questa pace autoritario-compensativa, che è la terza teoria pacifista che vediamo messa in campo in questo contesto internazionale mutato.
Io, su questo, da parte di Crosetto e da parte del Governo, non ho sentito parole chiare. Non ho sentito parole chiare sul ruolo dell'Europa, sul fatto che non ci possa essere sempre una sovrapposizione fra gli interessi della NATO e gli interessi dell'Europa. Non ci saranno, non ci sono in Ucraina, probabilmente, non ci sono e non ci saranno nel Mediterraneo probabilmente. E quando è così, l'Europa come si organizza? Cosa mette in campo rispetto al fatto che sicuramente la NATO sta svolgendo una funzione importantissima? Anche lì, io sono dell'idea che bisogna sostenere economicamente la difesa che la NATO deve mettere in campo, per cui il tema del 2 per cento ci riguarda e riguarda questo Governo da due anni e mezzo. Da due anni e mezzo il Governo è chiamato ad arrivare con gli investimenti sulla Difesa al 2 per cento, questo Governo, invece, si presenterà, in Belgio, il 3 febbraio, con il Governo più trumpiano d'Europa - così ama definirsi la Meloni -, con l'1,57 per cento di investimento sulla Difesa. Ormai siamo l'unico Paese - uno dei pochissimi Paesi - che non ha raggiunto almeno il 2 per cento.
Quindi, premesso che bisogna rispettare gli impegni in ambito internazionale e in ambito NATO, per evitare che Trump, attraverso questo tema, costruisca tanto altro, credo che bisogna immaginare un esercito europeo, bisogna immaginare una diplomazia europea, proprio perché Trump non mi rassicura e non ci rassicura rispetto ai suoi intendimenti.
L'Afghanistan ci insegna chi è Trump e come ha deciso di mollare. Poi, naturalmente, anche l'amministrazione Biden ci ha messo del suo, ma chi ha iniziato è stato Trump. Quindi, l'idea che ci sia una storia stile “Afghanistan” nel centro dell'Europa a me preoccupa particolarmente. Per cui, attrezzarci come Europa rispetto a questo scenario internazionale, profondamente mutato, credo sia assolutamente necessario.
Il Governo come si porrà? Farà la quinta colonna, così come pensa la Meloni, vantandosi del fatto di essere l'unica tra gli invitati in Campidoglio oppure penserà di investire sull'Europa e di dare un ruolo all'Europa? Europa che, naturalmente, è vittima di eventuali diplomazie - e sto chiudendo, Presidente - russe, americane o cinesi, se non si organizza.
Per cui, Presidente, voteremo anche questa volta a favore del provvedimento. Naturalmente auspichiamo che il Governo esca da alcune ambiguità perché, da quel punto di vista, credo che l'Italia debba manifestare la sua autorevolezza e debba manifestare anche la sua coerenza nel rispetto degli impegni internazionali e degli impegni europei .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nicola Fratoianni. Ne ha facoltà.
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Grazie, signor Presidente. Il collega Faraone, poco fa, si chiedeva quale sia l'atteggiamento, la reazione del nostro Governo di fronte al mutato quadro internazionale e, in particolare, di fronte all'arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, le cui idee e il cui approccio alla vicenda ucraina sono un po' diversi da quelli di chi lo ha preceduto. Vorrei, per suo tramite, provare a dare io una risposta. La mia impressione è che la reazione sia un gran sospiro di sollievo all'idea che finalmente arrivi qualcuno in grado di chiudere questa guerra. Temo la reazione che serpeggia in buona parte delle Cancellerie occidentali, quelle che, fino all'altro ieri, si sono lanciate nella guerra fino alla vittoria, in nome dei nostri valori, della democrazia e del diritto internazionale.
È il segno però - e qui casca l'asino ancora una volta; se non fosse già cascato tante e troppe volte in questi quattro anni - di una grande, gigantesca ipocrisia. L'ipocrisia di una politica che continua a non fare i conti con la dura realtà delle cose. La scelta di fare dell' militare l'unica strategia con cui affrontare l'invasione criminale della Russia putiniana ai danni dell'Ucraina è una scelta che ha fallito. Quand'è che vorremo fare i conti con questa realtà? Quando arriverà il momento in cui prenderemo atto della tesi fondamentale su cui era basato questo impianto: “le armi servono affinché si costruisca sul terreno una condizione più avanzata perché la trattativa intervenga”. Vi ricordate, no? L'obiezione alla nostra tesi è sempre stata questa: “Ma noi non siamo mica guerrafondai”. Ci credo. “Siamo anche noi per la pace”. Ci credo. “Ma per fare la pace bisogna costruire un equilibrio che non metta l'Ucraina in condizione di estrema subalternità di fronte al neoimperialismo putiniano”. Bene.
Che sta succedendo oggi? Signori e signore del Governo, colleghi e colleghe della maggioranza e anche dell'opposizione, che cosa sta succedendo oggi? Oggi abbiamo un quadro da ecatombe sul piano delle vittime, della distruzione, dei danni materiali e immateriali. Abbiamo un Paese schiantato nel suo futuro. Un Paese privo di uomini in età da combattimento e di giovani, costretto in queste ore a lanciare una nuova leva per mettere in discussione proprio quella riserva di futuro che aveva provato a proteggere scegliendo di mandare al fronte uomini in un'età che, generalmente, non si misura con la durezza dello scontro militare.
Abbiamo un'Ucraina che è molto più invasa di quanto non fosse soltanto qualche tempo fa, quando noi - prima da soli, solissimi, poi in migliore e più ampia, ma insufficiente compagnia - chiedevamo un salto di qualità, cioè la messa in campo di un'iniziativa politica e diplomatica. Ma tutto questo è scomparso: prima dal lessico - vi ricordate la vittoria? Poi è scomparsa anche la vittoria, forse, per senso del ridicolo - e poi dall'iniziativa pubblica, dal terreno della proposta.
Lo abbiamo detto al Ministro Crosetto, qualche giorno fa, io e il collega Angelo Bonelli, nella discussione e nelle dichiarazioni di voto. Ci saremmo aspettati una proposta e continuiamo ad aspettarla. Che cosa pensate voi, che siete il Governo di un grande Paese del G7, di uno dei Paesi fondatori dell'Unione europea? Qual è il nostro punto di vista? Non siamo passanti e non ve la potete cavare sempre col solito ritornello: “La pace si fa come e quando vorrà farla l'Ucraina”. Non basta questa dichiarazione di buona fratellanza; serve anche la responsabilità di una proposta. Siccome lì stiamo arrivando e lì arriveremo, forse è il caso che un'iniziativa politica venga prima, entri in campo prima di ridursi a pura funzione notarile delle scelte che si prendono oltreoceano.
A tutto questo - abbiate pazienza - si accompagnano anche gli aspetti minori, ma non per questo meno rilevanti e, anzi, persino un po' ridicoli, nella nostra postura di fronte a questa tragica vicenda: per esempio, la secretazione della fornitura militare. Perché? Ce lo potete spiegare perché? È stato ricordato in modo piuttosto efficace.
State dando dei “filoputiniani”, cioè coloro che si adoperano a fornire un vantaggio all'invasore, a mezzo mondo, visto che in tutto il mondo la lista dei trasferimenti militari è pubblica? Non credo. E allora perché? Perché? Ciò che infine - e concludo - colpisce e preoccupa e fa anche un po' disperare è il senso di assuefazione, il senso di rassegnazione, la naturalizzazione della guerra all'idea che tanto è tutto normale e che lì siamo destinati. In fondo, è quel senso che accompagna il dibattito, anch'esso deprimente, preoccupante e, in verità, assai drammatico, sull'aumento infinito della spesa militare. Ora sento che c'è perfino chi si lamenta del fatto che ne spendiamo troppo pochi di soldi. E questo anche mi preoccupa un pochettino. Ma l'aumento infinito, la rincorsa alla spesa militare, indicata come strumento fondamentale affinché la nostra sicurezza cresca in un mondo attraversato dalle crisi, è la rinuncia definitiva all'alternativa radicale alla guerra, che è invece il compito prioritario della politica.
L'alternativa alla guerra - la pace - è il luogo, lo spazio, della politica, perché la guerra è la fine, la negazione, la morte della politica, oltre che dei corpi, dei poveri corpi di chi, sotto le bombe, la vita la perde letteralmente. Insomma, per l'ennesima volta, dall'inizio di questa invasione, ci ritroviamo qui in una discussione che sembra sempre più rituale. Avremmo bisogno, cara Sottosegretaria, colleghi e colleghe, di una discussione tutt'altro che rituale.
Avremmo bisogno dello scatto, della reazione intellettuale e politica di una classe dirigente non rassegnata ad essere notaio di fronte ai drammi di un mondo che si avvia, rapido, rapido, sull'orlo di un baratro da cui sarà impossibile risalire .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Onori. Ne ha facoltà.
FEDERICA ONORI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. La giornalista russa Anna Politkovskaja, assassinata a Mosca mentre rincasava, diceva: pensate ancora che il mondo sia vasto, che se c'è un incendio in un luogo questo non abbia alcun impatto altrove e che possiate restare sereni sulla vostra veranda ad ammirare le vostre assurde petunie?
Presidente, colleghi, membri del Governo, oggi ci troviamo di fronte a una questione che, come appunto diceva Anna Politkovskaja, non possiamo di certo considerare lontana da noi.
Il conflitto russo in Ucraina - perché non è il conflitto ucraino, ma è il conflitto russo in Ucraina, perché viene dall'aggressione russa sul territorio ucraino; si diceva che le parole erano importanti e lo sono - non riguarda solo l'Ucraina, ma minaccia la sicurezza, la libertà e i valori su cui si fonda tutta l'Europa e, quindi, anche l'Italia. E, allora, vediamo perché non dovremmo permettere che un Paese venga invaso senza che si possa reagire. È presto detto: perché, altrimenti, ne verranno invasi altri, dopo. La dimostrazione è presto fatta: la Russia ha già violato il principio di sovranità territoriale dei Paesi circostanti con la Georgia, nel 2008, aggredendo militarmente quel Paese per conquistare una regione, anche lì, in cui doveva difendere la popolazione russofona. Lo aveva già fatto in passato, nel 2014, con la stessa Ucraina, annettendo militarmente la Crimea. E mi voglio soffermare su questa espressione: “annettendo militarmente” vuol dire che io entro con i carri armati e mi prendo quello che voglio. Ed è questo che fa Putin, perché è questo che fanno i dittatori . E lo schema è chiaro, è un comportamento che si ripete e ha un nome pure ben preciso, che si chiama “politica imperialista”, perché è chiaro che Putin mira a riconquistare i territori che prima appartenevano all'impero russo e a farlo con la forza.
I colleghi che oggi voteranno in modo contrario sul supporto dell'Ucraina, consapevolmente o meno, sosterranno la politica imperialista di Putin, perché, è bene che si sappia, che i cittadini italiani - magari qualcuno sta addirittura seguendo questo dibattito - lo sappiano: quando parliamo di supportare l'Ucraina anche dal punto di vista militare parliamo, ad esempio, di permettere al nostro Governo di mandare il SAMP/T, che è una batteria missilistica di difesa aerea, è quella cosa che, quando i bambini vanno a scuola, possono arrivare a scuola, da casa, senza rischiare di morire, perché c'è una batteria antiaerea che li difende in caso di attacco missilistico e Putin attacca le scuole, Putin attacca gli ospedali, attacca gli obiettivi civili. Quando questo viene fatto in altre parti del mondo, giustamente ci indigniamo e ci indigniamo tutti, noi per primi, perché attaccare un ospedale vuol dire lasciare tutta una regione senza cure e questo è gravissimo, perché si creano crisi sanitarie. Noi abbiamo presentato un'interrogazione solo pochi giorni fa sulla crisi sanitaria gravissima a Gaza. Ebbene, c'è chi, questa coerenza, però, mi dispiace dirlo, non può proporla, perché sono anni, lo ripeto, sono anni che non ascoltiamo nessun tipo di critica, comunicato, velina, sugli attacchi di Putin a obiettivi civili ucraini e questo, certo, lascia pensare.
C'è un'altra considerazione, Presidente, che forse emerge meno spesso e meno di frequente delle altre, ma che non è meno interessante o non ha conseguenze meno gravi. L'Ucraina è uno dei principali esportatori mondiali di grano. Contribuisce a circa il 10 per cento delle esportazioni globali. L'Ucraina è quarta tra gli esportatori mondiali di mais. Dove lo esporta? In Medio Oriente, in Africa del Nord ed è, quindi, un pilastro essenziale della sicurezza alimentare di queste regioni, che sono regioni ovviamente già vulnerabili, come sappiamo, per le frequenti crisi economiche e sociali. Ebbene, cedere ora, cedere alla Russia il controllo dell'Ucraina significherebbe darle il monopolio su risorse cruciali e vorrebbe dire permettere alla Russia di destabilizzare regioni da cui poi evidentemente si dovrà scappare. Anche questo è interessante e forse spesso non viene sottolineato.
Voglio riportare anche una mia esperienza personale. Io ho avuto il piacere e l'onore, banalmente perché l'ho scelto e ho fatto in modo che accadesse, di andare in Ucraina nel 2023, nel 2024 e ci tornerò adesso a febbraio. Ogni volta trovo un Paese che non ha nessuna voglia di arrendersi, un Paese che vuole scegliere il proprio destino, un Paese che non accetta di essere calpestato dallo scarpone russo.
E, davvero, se potessi, inviterei i colleghi che oggi voteranno “no” al supporto anche militare all'Ucraina a parlare con qualche militare, con qualche ragazza, con qualche ragazzo, venendo così a conoscenza del fatto che loro sono i primi che vorrebbero che questa guerra finisse, magari per ricongiungersi con le proprie famiglie, magari, essendo giovani, per farsela, una famiglia, magari, per riprendere in mano quelle carriere che hanno dovuto momentaneamente abbandonare per difendere il proprio Paese, perché il proprio Paese, banalmente, è stato invaso, ed è quello che succede quando ti invadono il Paese: lo difendi. Quindi, sì, c'è bisogno di una pace, ma di una pace vera, che duri, non di una pace che Putin può interrompere quando più gli aggrada, perché, magari, ha deciso di invadere un Paese confinante.
Prima di chiudere, vorrei toccare, se ho qualche minuto ancora, un ultimo argomento che è molto importante rispetto a quello che stiamo affrontando oggi, ed è la corretta informazione sul conflitto russo in Ucraina nel dibattito pubblico italiano, corretta informazione che c'è o che non c'è stata. Secondo noi, non c'è stata. Non c'è stata perché abbiamo visto presentatrici, conduttori che evidentemente non erano affatto preparati a condurre e gestire un dibattito su una questione delicatissima con ospiti che evidentemente si facevano portavoce della propaganda e delle falsità russe. Il problema non è essere preparati su tutto, è chiaro, il problema è che in questi programmi non è stata mai fatta una rettifica, non solo in quel momento, ma neanche nelle puntate successive. Allora, questo vuol dire non avere a cuore la corretta informazione, questo vuol dire che l'opinione pubblica italiana è stata esposta a una valanga di falsità e di menzogne che poi ha creato il dibattito che conosciamo. E c'è davvero del capolavoro in questo. Abbiamo televisioni, ma anche dagli algoritmi molto poco trasparenti, chi più preparato, chi meno, chi forse meno consapevolmente, che hanno messo a rischio il benessere e la salute dell'opinione pubblica italiana e, quindi, l'opinione pubblica necessariamente è quella che conosciamo. Ora, che cosa ci facciamo con questa opinione pubblica? Ci facciamo i sondaggi. Quindi, c'è un'opinione pubblica assolutamente disastrata, e se la confrontiamo con altri Paesi, possiamo averne evidenza, su cui poi andiamo a fare i sondaggi, così poi gli stessi propagandisti, o chi comunque inconsapevolmente produce e rimanda alla propaganda russa, tornano negli stessi salotti televisivi o nelle stesse pagine e a dire: lo vedete, il popolo italiano non la vuole aiutare l'Ucraina, lo vedete che abbiamo ragione? Certo, e poi, lì, si inseriscono quei partiti che magari mettono l' #pace nel proprio simbolo.
E proprio a costoro vorrei dire: venite ogni tanto alle manifestazioni davanti all'ambasciata russa, venite ogni tanto ai picchetti contro la propaganda russa nelle varie città, mettetecelo un piede in Ucraina, perché scoprirete, magari, se vi interessa, che le cose non stanno esattamente così, perché votare “no” oggi su questo provvedimento non vuol dire essere per la pace, vuol dire essere per i dittatori. Noi, questo, ce l'abbiamo bene in mente e tutto quello che ho descritto per quanto mi riguarda è molto triste, è molto sconfortante. Oggi, facciamo l'unica cosa che possiamo fare: sostenere l'Ucraina nel suo diritto a difendersi, perché se l'Ucraina resiste, resiste la nostra sicurezza e resiste la nostra libertà .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.
PINO BICCHIELLI(NM(N-C-U-I)M-CP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, la rapidità con cui si evolvono gli scenari a livello internazionale fa sì che il contesto sembri radicalmente cambiato rispetto solo a una settimana fa, quando il Ministro della Difesa Crosetto ha reso le sue comunicazioni a quest'Assemblea sulla situazione in Ucraina e sulla necessità di proseguire nel solco delle azioni già intraprese. Il fattore dirompente è stato sicuramente l'insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e lo scambio dei messaggi con il Presidente russo Putin.
Sin dall'inizio della campagna elettorale, Trump ha dichiarato di voler modificare la posizione americana nel conflitto dando un decisivo impulso alla fine delle ostilità e non possiamo che guardare con favore a qualsiasi evoluzione che avvicini a una soluzione pacifica.
Questo, tuttavia, non vuol dire modificare la posizione che l'Italia ha mantenuto sin dall'inizio della guerra che, lo ricordiamo, ha preso il via con la sconsiderata e inaccettabile invasione del territorio ucraino da parte dell'esercito russo.
E non intendo sorvolare, signor Presidente, nemmeno sulle preoccupazioni di chi vede nel nuovo riassetto internazionale il rischio che il peso dell'Europa venga schiacciato da altro.
Abbiamo più volte commentato l'importanza di un rafforzamento del ruolo dell'Unione, obiettivo che sosteniamo con forza, a maggior ragione alla luce dei nuovi eventi. L'Europa, però, diventa più forte non se gli altri attori internazionali diventano più deboli. L'Unione deve trovare la propria forza nella capacità di definire una politica comune in campo internazionale e della difesa e di avere soprattutto una visione strategica.
Oggi il nostro Paese rappresenta un perno fondamentale nella politica internazionale dell'Unione e l'insediamento del Governo Meloni ha impresso un decisivo cambio di passo nelle relazioni con i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, per quanto concerne la gestione dei flussi migratori e l'avvio di nuove forme di cooperazione in campo energetico.
In riferimento alla crisi ucraina, gioca un ruolo particolare la relazione con gli Stati Uniti e con la nuova amministrazione americana: un ruolo riconosciuto al Presidente ucraino Zelensky, come riportato da Cecilia Sala - e mi faccia dire che tornare a leggere la firma di Cecilia Sala non è stato un momento privo di emozione - che ha intervistato Zelensky su , un ruolo che dobbiamo anche alla stabilità che caratterizza questa fase politica, con una maggioranza coesa che sostiene un Esecutivo forte di un chiaro mandato elettorale e un orizzonte di legislatura.
Come ha illustrato a quest'Aula, la settimana scorsa, il Ministro Crosetto, la complessità della situazione sul campo - stiamo parlando di un conflitto, vorrei ricordarlo, che si va, purtroppo, intensificando con sempre più vittime civili e la presenza di truppe nordcoreane - non consente di considerare questi primi segnali di un nuovo corso come risolutivi, ma di riclassificarli all'interno di una nuova strategia di pace, obiettivo da sempre degli sforzi europei e del nostro Paese.
Quando si parla di un conflitto che ha colpito così intensamente la popolazione civile, logorando le relazioni fra popoli fratelli, diventa ancor più delicato immaginare un percorso che porti alla pacificazione. In ogni caso, questo rimane l'obiettivo che dobbiamo perseguire con forza, mettendo in campo tutti gli strumenti a nostra disposizione. E rientra in quest'ottica l'approvazione del decreto all'esame dell'Aula. Ciò che propone il testo è la proroga, fino al 31 dicembre di quest'anno, dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina. E se oggi possiamo parlare di un cambiamento delle condizioni per l'apertura di un processo di pace è perché, fino ad oggi, l'Ucraina ha potuto difendersi sul campo dall'aggressione russa.
D'altronde, è ciò che abbiamo sempre sostenuto: aiutare l'Ucraina a difendersi vuol dire lavorare per una pace giusta e non accettare che la fine delle ostilità corrisponda all'invasione di uno Stato sovrano. Ciò che possiamo augurarci oggi è che questa possa essere davvero l'ultima proroga. È stato l'auspicio più volte ribadito anche dal Ministro Crosetto, il 22 gennaio, durante le comunicazioni a quest'Aula, al termine delle quali sono state approvate le risoluzioni che impegnano il Governo, tra l'altro, a proseguire il sostegno militare all'Ucraina.
In particolare, vorrei ricordare a tutti noi che è stata interamente approvata la risoluzione di maggioranza, sono state parzialmente approvate, con alcune riformulazioni, le risoluzioni del Partito Democratico, di Italia Viva, di Azione, di +Europa. L'Assemblea ha, dunque, già espresso un orientamento decisamente a favore dell'invio di aiuti e mezzi all'Ucraina. Resta, dunque, il passaggio - non solo formale, ma fortemente politico - della conversione del decreto-legge, oggi al vaglio della nostra Aula.
Signor Presidente, questa guerra ha colpito il cuore del nostro continente, ha riportato le bombe a poche migliaia di chilometri dai nostri confini, ha alzato il livello di attenzione in termini di sicurezza militare, ha fatto emergere la grande fragilità di un sistema di approvvigionamento dipendente dall'estero, come quello europeo e quello nazionale, imponendoci riflessioni anche sul energetico, anche e soprattutto in funzione della transizione ecologica; ha avuto un impatto economico considerevole, che pesa tuttora su famiglie e imprese; rappresenta sicuramente una delle grandi crisi di questo decennio, che stanno ridisegnando il mondo.
Tutti auspichiamo - sono convinto di questo - che il 2025 sia davvero l'anno della svolta, in cui si possa parlare concretamente di ricostruzione dell'Ucraina e di avvio di un percorso di rilancio economico in un contesto pacificato.
L'Italia ha la possibilità e la responsabilità di svolgere un ruolo centrale in questo processo. Il nostro gruppo, Noi Moderati, sarà sempre a sostegno del Governo in questa delicata fase, a maggior ragione oggi, signor Presidente. In virtù degli ultimi sviluppi, siamo convinti più che mai di aver tenuto in questi anni la posizione giusta. Abbiamo agito secondo i principi che fanno da architrave della nostra Costituzione, in base ai valori fondativi della democrazia e dell'Unione europea e nell'alveo delle convenzioni internazionali.
Abbiamo agito tenendo sempre chiaro l'obiettivo della pace e della difesa dell'integrità dell'Ucraina. Come ha ricordato il Ministro degli Affari esteri, l'onorevole Tajani, qualche giorno fa, non siamo nemici di nessuno, proprio perché siamo costruttori di pace e abbiamo a cuore che essa possa tornare ad essere il crocevia delle relazioni tra Stati anche in quel contesto.
In virtù di questo, dobbiamo ora proseguire sostenendo ogni azione che possa avvicinare la fine del conflitto e la definizione di un cessate il fuoco nel più breve tempo possibile. Ma è necessario farlo consentendo ancora all'Ucraina di difendersi.
Pertanto, signor Presidente, dichiaro il voto favorevole di Noi Moderati alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all'Ucraina, affinché, attraverso la difesa della sua sovranità territoriale e della popolazione, si possa avvicinare quel momento in cui tutte le parti coinvolte possano sedersi a un tavolo di pace, avendo finalmente deposto le armi. Noi saremo presenti anche lì, pronti sin da ora ad accompagnare tutto il processo di pacificazione e di ricostruzione dell'Ucraina
PRESIDENTE. Saluto la delegazione di studentesse, studenti e docenti del liceo statale “Guacci”, di Benevento, che oggi partecipano alla giornata di formazione a Palazzo Montecitorio. Benvenuti alla Camera dei deputati .
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bagnasco. Ne ha facoltà.
ROBERTO BAGNASCO(FI-PPE). Grazie, Presidente. Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, in questi anni di conflitto il nostro sostegno all'Ucraina non è stato solo il frutto di un'analisi delle contingenze internazionali, ma la risposta a un principio che è alla base della nostra identità nazionale ed europea: la difesa della libertà, della democrazia e del diritto all'autodeterminazione dei popoli.
Oggi siamo qui, ancora una volta, con la stessa convinzione, per ribadirlo. A nome di Forza Italia, esprimo quindi il nostro convinto sostegno al provvedimento in esame che proroga fino al 31 dicembre 2025 - si spera sia l'ultima volta, ma non c'è alcuna certezza, purtroppo - l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative dell'Ucraina.
Questo decreto non rappresenta soltanto un atto tecnico di proroga, ma conferma la ferma volontà dell'Italia di continuare a supportare l'Ucraina nella sua legittima difesa - ripeto: continuare a supportare l'Ucraina nella sua legittima difesa - contro l'aggressione russa, nel rispetto del diritto internazionale e dei valori di libertà e di democrazia.
Questo decreto, infatti, non è solo una risposta agli impegni assunti dal nostro Parlamento attraverso le risoluzioni del dicembre 2022 e del gennaio 2025, della scorsa settimana quindi, ma è un segnale politico di fondamentale importanza. L'Italia, membro fondatore dell'Unione europea e della NATO, non arretra di fronte all'impegno per la sicurezza comune. Proseguire il sostegno militare all'Ucraina è una scelta strategica che guarda al futuro della stabilità europea. Garantire l'integrità territoriale e l'indipendenza del popolo ucraino non è solo un dovere morale, ma è un tassello essenziale per contrastare ogni tentativo di destabilizzazione del nostro continente.
Ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi e ho sentito parlare di cose assolutamente non vere e di questo non posso che dispiacermene in maniera importante, come, ad esempio, di aumento infinito della spesa militare. Questa è una falsità assoluta, ripeto, una falsità assoluta. La spesa militare per l'Italia, ancora quest'anno, è ancorata all'1,57 quando, purtroppo, devo dire, gli impegni presi da Governi precedenti, di qualunque colore politico, erano di arrivare in tempi molto più brevi al 2. Siamo all'1,57 e ci collochiamo - lo dico per chiarezza di intendimenti - in fondo alla graduatoria degli impegni militari nel sistema europeo.
Questo, quindi, non vuol dire aumento infinito della spesa militare, che è un'assoluta falsità, come un'assoluta falsità, ed è sbagliato, che ogni volta che si fa un invio si debba passare per il Parlamento. È importante la centralità del Parlamento, chiaramente ci crediamo tutti in maniera importante, ma è altrettanto importante anche essere effettivamente significativi in questi aiuti. Se ogni volta che dobbiamo mandare un carro armato o anche un aiuto di tipo umanitario dovessimo passare per il Parlamento, questo vorrebbe dire rendere assolutamente negativi i nostri interventi e non positivi per quanto lo sono stati in questi anni.
L'Italia ripudia la guerra, questo è vero, lo dice la nostra Costituzione, ma, soprattutto, lo dice la nostra coscienza. Anche negli aiuti, cari colleghi, abbiamo scelto aiuti di tipo difensivo, di tipo umanitario e mai di tipo offensivo, mai, lo ripeto, di tipo offensivo .
Abbiamo una visione geopolitica chiara. Questo Governo, il Presidente Meloni, il Ministro Crosetto e il Ministro degli Affari esteri Tajani hanno dimostrato di avere una visione geopolitica estremamente chiara, che è a favore degli interessi italiani e anche, se mi consentite, con la stessa convinzione, anche degli interessi europei. Proseguire il sostegno militare all'Ucraina è, quindi, una scelta strategica che guarda al futuro della stabilità europea. Garantire l'integrità territoriale e l'indipendenza del popolo ucraino non è solo un dovere morale, ma un tassello essenziale per contrastare ogni tentativo di destabilizzazione del nostro continente.
Il nostro voto favorevole si basa, quindi, su una convinzione profonda, quella che l'Italia debba essere all'altezza delle sue responsabilità internazionali. Pensiamo di esserlo stato in questi anni, contribuendo attivamente alla pace e alla stabilità globale. Nell'attesa che si instauri una trattativa di pace, avrei avuto piacere di ascoltare volentieri, da coloro i quali non si riconoscono in questa nostra posizione, quali sono le alternative proponibili per arrivare a una pace. Nell'attesa, quindi, che si instauri una trattativa di pace, che mi auguro venga intavolata quanto prima, riteniamo che l'Ucraina abbia tutto il diritto di continuare a difendersi. L'Ucraina aveva e ha tutto il diritto di continuare a difendersi. Per questo, a nome di Forza Italia, esprimo voto favorevole a questo provvedimento. Il nostro voto è, ancora una volta, un voto per la libertà, per la democrazia e per la sicurezza della nostra Europa. È un voto che riafferma il ruolo dell'Italia come attore responsabile e solidale sullo scenario internazionale. È un voto per la difesa dei principi su cui si fondano la nostra civiltà e il nostro sistema internazionale .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pellegrini. Ne ha facoltà.
MARCO PELLEGRINI(M5S). Grazie, Presidente. Sono più di due anni che affermiamo, in quest'Aula e nel Paese, che l'Ucraina non aveva e non ha - purtroppo, ovviamente - alcuna possibilità di riconquistare militarmente i territori invasi dai russi, e che più andava avanti la guerra minori erano le possibilità di negoziare una pace vantaggiosa, cioè una pace senza rinunce territoriali e senza condizioni capestro. L'unica possibilità di riappropriarsi dei territori occupati era seguire la via diplomatica, ad esempio lavorando sulla ipotesi, una concreta ipotesi di accordo e, quindi, di pace, che era venuta fuori dal tentativo negoziale effettuato in Turchia, sotto l'egida dei negoziatori turchi e israeliani.
Si poteva lavorare su quell'accordo che, tra l'altro, era stato scritto, in tutti i particolari, dai negoziatori russi e ucraini. Lo voglio ripetere, lo hanno scritto i russi e gli ucraini. Si poteva lavorare su quello. Questo accordo sostanzialmente prevedeva il non ingresso dell'Ucraina nella NATO, un'ampia autonomia amministrativa dei territori del Donbass e la denuclearizzazione dell'Ucraina stessa. Si poteva lavorare su quella ipotesi, la pace praticamente era vicina e, invece, tutto ciò non è successo.
Il Ministro Crosetto, che era qui la scorsa settimana, quando glielo abbiamo ricordato - gliel'avevano ricordato i colleghi Lomuti e Baldino - ha affermato il falso, cioè ha detto che quell'ipotesi di accordo non è stato ratificato perché Putin a un certo punto si è alzato. Non è assolutamente vero.
La verità - lo dicono tutti gli organi di stampa e lo hanno ammesso poi anche i negoziatori ucraini - è che Boris Johnson, che allora era il Primo Ministro del Regno Unito, i posteri non lo ricorderanno con grande enfasi, si precipitò a Kiev e disse a Zelensky che non valeva la pena sostanzialmente addivenire a quell'accordo, perché sarebbe stato relativamente facile battere militarmente la Russia, così ci saremmo tolti una volta per tutte questo pazzo sanguinario di Putin, anche perché la Russia era militarmente non fornita, non aveva mezzi, a loro dire, adeguati ad una guerra tecnologica con i mezzi occidentali; disse che i russi combattevano a badilate, che non avevano fondi, che sarebbero andati in nel giro di poche settimane e che Putin era malato, aveva il cancro, probabilmente, e quindi sarebbe morto di lì a poco. Tutte queste fandonie, che sono state, tra l'altro, propalate da gran parte dei mezzi di comunicazione, non erano sciocchezze dette così - la storia ha dimostrato essere tali, cioè delle sciocchezze - ma erano delle bugie studiate a tavolino per convincere, in questo caso, gli italiani, che valeva la pena fare uno sforzo di poche settimane, al più di qualche mese, perché avremmo risolto una volta per sempre la pratica Putin, la pratica russa, che probabilmente sarebbe stata smembrata. Vi avevano convinti, ci avevano convinti - noi, per la verità, del MoVimento 5 Stelle, no - e hanno ottenuto l'appoggio, almeno inizialmente, dell'opinione pubblica, che ora ha nettamente cambiato idea.
Il generale Mark Milley, il Capo di stato maggiore delle Forze armate statunitensi - quindi, non uno di quei sedicenti esperti che vanno in TV a discettare di strategie militari, ma uno che per mestiere prepara la guerra, uno che per mestiere conosce esattamente il nemico, quindi la Russia, uno che per mestiere conosce il campo di battaglia - aveva detto, a novembre del 2022, più di due anni fa, che stava arrivando l'inverno, che la guerra si era impantanata, si stava arrivando a una guerra di trincea e, quindi, era il momento giusto per cercare di arrivare ad una soluzione negoziale.
Il generale Zaluzhny, l'eroe di Kiev, un generale amatissimo in Ucraina, che era il Capo di stato maggiore delle Forze ucraine, voglio citarlo testualmente, diceva, più o meno nello stesso periodo, quindi a fine 2022: è una guerra di trincea che può durare anni, logorando lo Stato ucraino che, a differenza della Russia, non ha una riserva quasi illimitata. Non avete voluto ascoltarlo, così come non avete voluto ascoltare il generale Mark Milley. Continuo, l'analista britannico Frank Ledwidge, un analista molto vicino al Governo del Regno Unito, molto vicino all'Ucraina e al suo sforzo militare, qualche mese fa ha sostenuto l'ovvio, quello che per noi è ovvio, quello che per gli osservatori neutrali è ovvio, cioè che Kiev non ha alcuna possibilità di vincere la guerra e di riconquistare i territori. Neanche lui avete voluto ascoltare.
Papa Francesco ha pregato, vi ha pregato, vi ha supplicato, ha messo a disposizione i suoi mezzi diplomatici affinché si facesse ogni sforzo per arrivare nel più breve tempo possibile alla conclusione di questa guerra. Nemmeno lui avete voluto ascoltare. Siccome non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire e non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere, questo Governo ha esattamente ignorato tutti e ha proseguito per la sua strada, anche di fronte all'evidenza di queste voci qualificate, qualificatissime anzi, che ho appena citato; e mi riferisco a esponenti militari - ripeto - che lo fanno di mestiere.
Non è una parte politica che lo diceva, lo dicevano esperti militari. Quindi, il Governo ha deciso di tirare dritto sostanzialmente non intraprendendo alcuna ipotesi diplomatica né alcuna ipotesi negoziale, quindi continuando a inviare armi e subordinando eventuali cambi di strategia al raggiungimento di una parità sul campo; ce lo siamo sentiti ripetere più volte dalla Meloni e dal Ministro Crosetto. Ma davvero dite? Ma davvero fate? La parità sul campo, con una superpotenza nucleare, che ha un arsenale nucleare infinito ? Che è uno dei maggiori Paesi al mondo per possesso di materie prime e che è il Paese più esteso al mondo, che ha una popolazione di milioni e, quindi, ovviamente ha anche un esercito composto da milioni di soldati? Davvero, questi atteggiamenti, questo modo di non fare politica e questo modo di tradire l'articolo 11 della Costituzione farebbero quasi ridere, perché sono atteggiamenti da operetta e invece sono cose tragiche, perché hanno contribuito alla morte di centinaia di migliaia di ucraini che si potevano salvare .
In questi due anni e oltre di Governo avete deciso di ascoltare solo i falchi europei e i falchi della NATO. Voglio citare, a mo' di esempio, il Segretario generale, Mark Rutte, da poco insediato, che a Ramstein ha annunciato, apro virgolette, voglio essere preciso: “dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che l'Ucraina abbia ciò di cui ha bisogno per prolungare la lotta e prevalere”; questo secondo lui è l'obiettivo. Poi continua con le castronerie: occorre “una mentalità di guerra”; oppure “parlare di pace aiuta Mosca”. Questi sarebbero gli sforzi diplomatici di un europeo, uno dei maggiori esponenti della NATO che - lo ricordo - è un'alleanza difensiva. Continua il suo delirio militaristico: l'Unione europea deve aumentare le spese militari o si parlerà russo, la guerra va prolungata.
Questa è la situazione e questo Governo, acriticamente, si è prostrato a questi e ha esattamente proseguito su questa strada. Quindi, quando questo Governo dice - concludo, Presidente, mi avvio a concludere - di aver fatto tutti i tentativi per arrivare a una soluzione negoziale è semplicemente falso. Noi non vogliamo negare agli ucraini il diritto di difendersi, noi vogliamo che vengano messi subito, prima che sia troppo tardi, nella condizione di non doverlo più fare, fermando le armi, fermando la guerra. Lo scorso anno, quando eravamo qui a discutere un analogo decreto, avevamo detto pari pari le cose che stiamo dicendo oggi. Lo abbiamo detto migliaia di morti fa: se ci aveste ascoltato migliaia di ucraini sarebbero ancora vivi
Quindi concludo, Presidente: il nostro, ovviamente, è un no a questo decreto, è un no alla follia della guerra e del bellicismo. Ma il nostro è un sì, è un convinto sì alla speranza, è un sì a Papa Francesco, è un sì alla libertà del popolo ucraino che spero si libererà presto dei bellicisti come voi .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Formentini. Ne ha facoltà.
PAOLO FORMENTINI(LEGA). Grazie, Presidente. Oggi siamo nuovamente chiamati a esprimerci sulla prosecuzione degli aiuti all'Ucraina che sono essenziali per l'autodifesa di Kiev, che avrebbe altrimenti dovuto capitolare di fronte all'aggressione russa, malgrado il valore e l'abnegazione dei militari ucraini. C'è chi purtroppo ritiene, per quanto possa sembrare assurdo, che la resistenza degli ucraini sia stata un ostacolo alla pace, ma chi lo sostiene dovrebbe anche spiegare cosa intenda allora per pace.
Chi potrebbe mai accettare di essere invaso da un altro Stato senza provare a respingerlo? La Repubblica italiana - lo ricordiamo - è nata proprio dalla resistenza, resistenza che ha avuto costi umani non certo trascurabili. Può darsi che l'Ucraina, nel momento in cui finalmente ci si siederà al tavolo negoziale, non avrà recuperato tutti i territori che le sono stati sottratti con la forza. È una prospettiva molto concreta purtroppo, ma non possiamo affatto concludere che gli ucraini si siano battuti invano: l'Ucraina ha difeso finora con successo la propria sovranità e la propria soggettività internazionale, che Putin invece intendeva negare, arrivando addirittura a definirla un prodotto artificiale del bolscevismo leninista.
Non solo l'Ucraina ha resistito, ma l'identità nazionale ucraina si è straordinariamente rafforzata. Tutti vogliamo la pace, anche gli ucraini, ma non una pace qualunque, come pochi giorni fa ha spiegato efficacemente il Ministro della Difesa, Crosetto, bensì una pace giusta, che andrà anche adeguatamente protetta.
Noi auspichiamo che le parti inizino presto a dialogare e a trattare, anche grazie all'attivo coinvolgimento degli Stati Uniti, ma fino a quel momento il nostro aiuto non dovrà cessare, perché la guerra continua e ciascuno probabilmente - va detto - si terrà ciò che avrà in mano al momento della cessazione delle ostilità. Ogni giorno si fanno notare i progressi delle forze russe, ma nessuno si chiede quanto anche la Russia stia pagando questi progressi. Eppure, tutti sappiamo che Putin è stato costretto dalle circostanze a comprare armi in Iran e a invitare truppe nordcoreane al fronte: questi sono chiari indizi che anche a Mosca ci sono difficoltà. Man a mano che il prezzo della guerra aumenta crescono anche le speranze che i due belligeranti vogliono porvi fine. Dobbiamo fare in modo che quando ciò accadrà l'Ucraina abbia in mano le carte migliori possibili.
Più lontana da noi correrà la linea del confine di fatto russo-ucraino, più sicura sarà tutta l'Europa e anche l'Italia, ricordiamolo. Mentre confidiamo in una cessazione delle ostilità, appoggiamo la decisione del Governo di chiederci oggi il rinnovo, fino alla fine dell'anno, dell'autorizzazione preventiva a dare agli ucraini tutto ciò di cui hanno bisogno, naturalmente nei limiti delle nostre possibilità attuali. Sappiamo che la natura degli attacchi che si abbattono tremendamente ogni giorno sugli ucraini rende particolarmente utile ogni contributo alle capacità difensive antiaeree e antimissilistiche di cui dispone Kiev. È importante continuare a dimostrare che siamo ancora uniti, non ci siamo divisi. Quanto siamo riusciti a fare aiuterà Kiev a mantenere la propria sovranità su una larga parte del proprio territorio e voteremo quindi a favore. Noi della Lega da sempre guardiamo al Presidente Trump, certi che, senza abbandonare il popolo ucraino, lavorerà incessantemente per la pace .
Mi sia infine consentito esprimere, anche da quest'Aula della Camera dei deputati, solidarietà al nostro senatore Dreosto, che è stato attaccato dagli russi per aver denunciato un attacco al porto di Trieste .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Care'. Ne ha facoltà.
NICOLA CARE'(PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi. In primo luogo, vorrei rendere omaggio al popolo ucraino: la loro resistenza è un esempio di coraggio e determinazione, che merita il nostro rispetto e la nostra ammirazione. In questi mesi abbiamo assistito a una lotta eroica che ha visto uomini, donne, giovani e anziani unirsi per difendere la propria Patria e i propri valori. Questa resistenza non è solo una battaglia per la sovranità territoriale, ma un atto di difesa della libertà e della dignità umana.
È nostro dovere, come membri dell'Unione europea, sostenere l'Ucraina non solo a parole, ma con azioni concrete e significative.
La legge n. 185 del 1990, che regola l' e l' delle armi, rappresenta un pilastro della nostra politica estera. Derogare a questa legge è una decisione che deve essere presa con la massima attenzione e responsabilità. La brutalità dell'aggressione russa ci impone di considerare l'adozione di misure straordinarie, ma dobbiamo farlo con la consapevolezza delle implicazioni a lungo termine. La nostra risposta deve essere guidata dalla necessità di garantire la sicurezza dell'Ucraina e della nostra stessa stabilità.
In questi mesi abbiamo visto il potere della solidarietà europea, che spero non si esaurisca con l'emergenza. L'accoglienza dei rifugiati ucraini ha dimostrato che l'Europa può unirsi in momenti di crisi. Questa risposta umanitaria è stata un esempio di come possiamo agire rapidamente e in modo coordinato. La ricostruzione sarà un compito arduo e richiederà un impegno significativo da parte di tutti noi, affinché il conflitto non lasci cicatrici permanenti. Un piano di ricostruzione deve includere investimenti in infrastrutture, sanità, educazione e sviluppo economico. Dobbiamo assicurarci che l'Ucraina non sia solo un Paese che si difende, ma un Paese che si sviluppa e che cresce all'interno dell'Unione europea.
Inoltre, dobbiamo considerare le implicazioni economiche del conflitto: l'aumento dei prezzi delle materie prime e delle fonti energetiche ha già avuto un impatto significativo sulle economie europee. È fondamentale che i europei rispondano a queste sfide con una strategia comune. Dobbiamo evitare che la guerra porti a divisioni interne che possono essere sfruttate da movimenti populisti e antieuropei. La nostra risposta deve essere unitaria e coordinata, affinché possiamo affrontare queste sfide con forza e determinazione. La strategia diplomatica è cruciale: la pace non può essere raggiunta solo attraverso l'uso della forza. È fondamentale che l'Europa giochi un ruolo attivo nei negoziati di pace. Deve esserci, deve unirsi, parlare con una sola voce e adottare una posizione forte e chiara. Solo così potremo garantire che gli interessi ucraini siano rispettati e che la pace futura non sia imposta, ma costruita insieme.
Dobbiamo riattivare le organizzazioni internazionali che hanno facilitato il dialogo in passato e lavorare per ristabilire la fiducia tra le parti. La diplomazia non può essere vista come un segno di debolezza, ma come una strategia necessaria per costruire un futuro di pace.
La comunità internazionale ha il dovere di riattivare i canali diplomatici, non solo per porre fine al conflitto, ma per costruire un'architettura di sicurezza sostenibile in Europa. Dobbiamo lavorare per ripristinare le relazioni fra gli Stati e trovare un terreno comune su cui discutere. È fondamentale che l'Unione europea assuma un ruolo di in questo processo, proponendo iniziative diplomatiche che possano coinvolgere non soltanto l'Ucraina e la Russia, ma anche altri attori chiave, come gli Stati Uniti, la Cina e le organizzazioni internazionali. Riflettiamo sul significato della sicurezza per un secondo. Dobbiamo esplorare tutte le opzioni per garantire la sicurezza dell'Ucraina. L'ingresso dell'Ucraina nella NATO è una questione complessa, complessissima. Pertanto, dobbiamo considerare anche alternative, come l'invio di forze internazionali su basi bilaterali, che possono offrire garanzie di sicurezza, senza alterare il delicato equilibrio geopolitico.
Inoltre, dobbiamo affrontare la questione dei diritti umani. Le atrocità commesse durante questo conflitto non possono essere ignorate. Dobbiamo assicurarci che i responsabili dei crimini di guerra siano perseguiti e che le vittime ricevano giustizia. È fondamentale che l'Unione europea si impegni a sostenere l'Ucraina non solo sul piano militare ed economico, ma anche sul piano giuridico. La giustizia e la responsabilità devono essere al centro della nostra risposta. È basilare che i europei comprendano l'importanza di un approccio unito, perché solo così possiamo affrontare le sfide attuali e future.
Io mi chiedo: ma come è stato possibile che, dopo 1.100 giorni di guerra, non ci sia stata ancora un'azione diplomatica autonoma dell'Europa volta a isolare Putin, che, purtroppo, conta ancora un vasto consenso internazionale, nonostante l'invasione criminale dell'Ucraina? Come è possibile che, dopo oltre 1.100 giorni di guerra, non si sia ancora riusciti a cessare il fuoco in quella terra martoriata? Non possiamo permettere che l'Europa diventi un vassallo delle dinamiche geopolitiche globali. È tempo di decidere se vogliamo essere semplici spettatori della storia o protagonisti attivi nel plasmare il nostro destino.
Speriamo, inoltre, che sia l'ultima volta che dobbiamo derogare alla legge n. 185 e che si possa arrivare davvero a una pace giusta. Non ci si è lavorato abbastanza fino ad ora, secondo me, perché in questi mesi molti di voi aspettavano l'arrivo di Trump, che ha fatto passare il messaggio di essere capace in pochi giorni di fare la pace. Magari fosse così! Sarà molto più complesso.
Trump non deve essere da solo; al fianco di Trump ci deve essere l'Europa, perché senza l'Europa la pace non si può fare. L'Europa ha pagato un prezzo enorme in termini di stanchezza delle opinioni pubbliche, di prezzi delle materie prime, che sono aumentati, di partiti populisti che hanno fatto della stanchezza della guerra - e in parte anche del filo putinismo - un pezzo della loro cifra politica con cui stanno sfidando i risultati consolidati in alcune aree del continente.
In conclusione, Presidente, il nostro sostegno all'Ucraina deve essere incondizionato e strategico, perché solo così possiamo costruire un'Europa che non solo risponda alle crisi ma che anticipi e prevenga i conflitti, promuovendo la pace e la stabilità per tutti i suoi cittadini. Questa guerra non è solo una questione di confini e di territori, ma è una sfida per il nostro modo di vivere, per i nostri valori, per il futuro delle generazioni a venire. Dobbiamo costruire ponti, sempre mantenendo, però, saldi i nostri principi e valori. La guerra in Ucraina, scatenata dall'aggressione russa, ha messo in discussione le corde più profonde dei valori e dei principi su cui si fonda l'Unione europea: la democrazia, la libertà e il rispetto dei diritti umani. Noi del Partito Democratico non smetteremo mai di chiedere di far tacere le armi e l'aggressione per consentire l'avvio di un negoziato per giungere a una pace giusta, sicura e rispettosa della verità. Lavoriamo insieme senza esitazioni per un futuro di pace, giustizia e prosperità per l'Ucraina e per tutta l'Europa. Noi ci siamo !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciaburro. Ne ha facoltà.
MONICA CIABURRO(FDI). Presidente, onorevoli colleghi, con il voto di oggi non ci accingiamo ad affrontare unicamente la proroga al 31 dicembre 2025 dell'autorizzazione per la fornitura di aiuti a Kiev ma, con essa, anche la questione del ruolo geopolitico della nostra Nazione. Nei tre anni dall'inasprimento del conflitto il mondo è cambiato: è cambiato il vertice degli Stati Uniti d'America, così come è cambiato il quadro politico dell'Europa, restituendoci uno scenario in cui operare completamente diverso da quello di partenza. In questo scenario, di lento ma intenso e profondo cambiamento, ritroviamo la coerenza e i punti fermi che acquisiscono un rinnovato valore, lo stesso spirito che permea il decreto di oggi e la posizione del Governo sul conflitto russo-ucraino.
Permettetemi di essere chiara: l'Italia e l'Occidente non possono permettersi di avallare logiche per cui i confini diventano linee negoziabili conseguenti ad atti di arroganza, violenza o sopraffazione di uno Stato su un altro. In questi tre anni di conflitto i russi non solo hanno incrementato la violenza dei propri attacchi, ma hanno colpito e distrutto infrastrutture strategiche per la distribuzione energetica in Ucraina, pregiudicando la capacità di Kiev di erogare…
PRESIDENTE. Mi scusi un attimo, onorevole Ciaburro. Colleghi, per favore! Lo stesso silenzio che vi è stato assicurato manteniamolo, per favore, per l'intervento dell'onorevole Ciaburro. Per cortesia! Prego.
MONICA CIABURRO(FDI). In questi tre anni di conflitto - dicevo - i russi non solo hanno incrementato la violenza dei propri attacchi, ma hanno colpito e distrutto infrastrutture strategiche per la distribuzione energetica in Ucraina, pregiudicando la capacità di Kiev di erogare gas, servizi idrici, di riscaldamento e di trasporto alla popolazione, creando disagi, difficoltà, soprattutto nel quadro invernale ormai intollerabile per la popolazione civile e costringendo ogni giorno migliaia di persone ad abbandonare la propria terra. È da tre anni che questo succede e l'Italia è stata ed è posta di fronte ad una scelta di campo: proclamare il diritto dell'Ucraina all'autodifesa e ad aiutare il sopraffatto a difendersi. Una scelta che, come Italia, abbiamo intrapreso e che oggi continuiamo a sostenere.
Nel corso del dibattito, anche durante le repliche al Ministro Crosetto, ho sentito più colleghi, così come oggi, criticare l'invio di aiuti, anche militari, all'Ucraina, in quanto questi stessi aiuti sarebbero causa dell'inasprimento del conflitto, degli attacchi, e, proprio nel fornire ulteriori armamenti per sostenere la difesa dell'Ucraina, vi sarebbe il per prorogare questo conflitto. In questo dibattito c'è anche chi ha detto che non possiamo sostenere la parte palesemente inferiore, perdente di questa contesa, un principio di un cinismo straordinario. Dato che sono destinati a perdere, dobbiamo forse abbandonarli a se stessi? Ma se facessimo ciò, esattamente per questo motivo e con questa convinzione e ragione, saremmo i primi ad avallare un ordine internazionale dove è la forza a fare la ragione, un ordine basato su violenza e sopraffazione, la stessa che, come Italia, ripudiamo e rifiutiamo .
Il desiderio della fine del conflitto, del raggiungimento della pace è a noi tutti comune e condiviso. Come possiamo però raggiungere credibilmente un'iniziativa di pace? C'è un passaggio nella relazione del Ministro che credo sia utile per rispondere a questa domanda: A 1.600 chilometri da Roma, da oltre mille giorni, ogni giorno sull'Ucraina cadono 4.000-5.000 colpi di artiglieria, 300 bombe di aerei, 300 droni armati. Noi abbiamo scelto di fare in modo che qualcuna di quelle bombe non cadesse, perché se fossimo rimasti a guardare, oggi, avremmo sì la pace, ma solo perché non sarebbe più esistita né l'Ucraina, né il popolo ucraino. Vincere la pace significa porre le basi e le premesse affinché qualcuno non creda di aver già vinto la contesa e di poter dettare liberamente una pace non giusta e umiliante a chi cerca di difendersi dallo sterminio.
Signor Presidente, il provvedimento che ci apprestiamo a votare oggi è una copia identica di un decreto del 2022, allora c'era il Governo Draghi e tutte le forze presenti in questo emiciclo, fatta salva Fratelli d'Italia, erano nella maggioranza di Governo, come anche il MoVimento 5 Stelle che oggi, sullo stesso testo, nega, ripudia e abiura ciò che tre anni fa, in maggioranza, ha sostenuto e voluto . Signor Presidente, noi su questa questione non abbiamo mai tentennato e non inizieremo a farlo oggi. Per avvicinarci alla pace, per difendere il diritto e il dovere convinto, coerente dell'Ucraina di esistere, annuncio il voto favorevole di Fratelli d'Italia .
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2206: S. 1335 - "Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina" .
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Colleghi, prima di passare al prossimo punto all'ordine del giorno, sospenderei cinque minuti la seduta. Ricominciamo alle 16,25. La seduta è sospesa.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI(AVS). Presidente, si ricorderà che la scorsa settimana sono intervenuto per chiedere un'informativa urgente a Piantedosi sulla situazione degli Uffici migranti nelle principali città italiane. Parlavo di un capoluogo, in cui sono nato e cresciuto, che è Torino, che ha visto nelle scorse settimane decine e decine di persone all'addiaccio passare la notte per un appuntamento. Dicevo che questa situazione non è certo esclusiva di Torino, perché Roma e Milano sono nelle stesse situazioni. E dicevo: che cosa deve succedere? Quello che non doveva succedere è successo, Presidente. Questa notte, alle 10 di sera, un anziano si è messo in fila, qui a Roma, davanti all'Ufficio stranieri di via Patini. Questa notte un uomo è morto, è morto per chiedere un appuntamento, Presidente.
Guardi, lo dicevo la scorsa settimana: il problema non sono gli uffici fatiscenti, il problema non è - come sta succedendo a Torino, e ringrazio la società civile, la CGIL, la CISL, la UIL, l'ARCI, le Acli, la Protezione civile - mettere i tendoni lì davanti. Siamo nel 2025, ma mi spiegate - lo chiedo a Piantedosi - perché non è possibile dare un appuntamento con i sistemi informativi? Ma perché essere migrante vuol dire essere un cittadino non solo di serie B, ma un cittadino che non sa usare, secondo voi, questi strumenti? Ma mi spiegate perché una persona deve dormire fuori da un ufficio per essere sicuro di passare l'indomani? Quella morte non doveva succedere. Siamo davanti al razzismo di Stato, non ho altri nomi . Non ho altri nomi. E guardate, il crimine più grande che stiamo commettendo è nei confronti di quelle persone che sono cittadini che ogni giorno lavorano e studiano nel nostro Paese. Stanno chiedendo di rispettare dei doveri e noi gli dobbiamo dare dei diritti ! È una cosa gravissima, è una cosa gravissima, e chiedevo quell'intervento prima che fosse troppo tardi. Oggi è già tardi, ed è da anni che chiediamo di dimezzare quei tempi, di renderli possibili in tantissimi luoghi pubblici. Ma spiegatemi: perché ci deve essere solo un posto, in un grande capoluogo, solo uno? Perché non possiamo aprire i servizi informativi a loro?
Presidente, è una questione gravissima, io non so più come dirla, ed è da anni che chiediamo a Piantedosi di dare un'informativa, di dare una risposta .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, l'onorevole Benzoni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Ci associamo a questa richiesta e alle parole dell'onorevole Grimaldi. Arrivo da una serata a Genova in cui abbiamo parlato proprio di richiesta di permesso di soggiorno e, in particolare, di rinnovo di permesso di soggiorno, con le storie di centinaia di persone che ci hanno raccontato le difficoltà relative ai tempi assurdi per avere un appuntamento; e anche cosa provoca tutto ciò nella loro vita.
Noi abbiamo già fatto un in Aula al Ministro Piantedosi, il quale ha detto che sì, ci sono dei problemi e ciò è dovuto alla mancanza di personale e alla quantità di permessi di soggiorno che vengono richiesti, che sono sempre in aumento, ma che non c'è problema perché con quel cedolino, che in gergo si chiama “striscia”, tutto è regolare. Con la “striscia” non si può avere un contratto di affitto, con la “striscia” non si rinnova un contratto di lavoro, con la “striscia” non si apre un conto corrente. Stiamo costringendo migliaia di persone, che vogliono vivere in questo Paese con regolarità, a lavorare in nero, a non essere nel rispetto della legge e ce li stiamo mettendo noi in questa condizione per la mancanza della capacità di risolvere un problema e per la troppa burocrazia.
Chiediamo anche noi che il Ministro Piantedosi venga a rispondere in Aula .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.
FEDERICO FORNARO(PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Per associarci, anche come gruppo del Partito Democratico, a questa reiterazione di richiesta di informativa del Ministro Piantedosi.
La notizia della morte, ieri sera, di una persona in coda, ma anche le notizie che arrivano da tantissime realtà e città di questo sistema che costringe le persone a code che non solo fanno perdere molto tempo, ma, in molti casi, sono code degradanti. Credo che potremmo fare un lungo elenco di queste situazioni, che non sono degne di un Paese civile come l'Italia.
Credo, quindi, che, da questo punto di vista, sia necessaria non soltanto un'informativa, ma anche un'azione molto più incisiva da parte del Ministero, in coordinamento con le prefetture e le questure, perché si risolvano questi problemi, che, pur in presenza di necessarie procedure burocratiche, queste non assumano l'aspetto di situazioni degradanti che, lo ripeto, non appartengono alla nostra cultura, non appartengono e non devono appartenere alla nostra civiltà .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boschi sullo stesso argomento. Ne ha facoltà.
MARIA ELENA BOSCHI(IV-C-RE). Grazie, Presidente. Per unirci anche noi alla richiesta di informativa, a maggior ragione dopo l'evento drammatico della scorsa notte, ma, comunque, di fronte a una situazione che, più volte, è stata denunciata, anche in quest'Aula…
PRESIDENTE. Per favore, cambiamo microfono, onorevole Boschi, grazie.
MARIA ELENA BOSCHI(IV-C-RE). Riprovo, ma mi sa, Presidente, che è tutta la fila…
PRESIDENTE. Abbia pazienza, grazie.
MARIA ELENA BOSCHI(IV-C-RE). Poi arrivo a Forza Italia, Presidente. Non so se è l'obiettivo, ma…
PRESIDENTE. Forse è destino quello, non lo so.
MARIA ELENA BOSCHI(IV-C-RE). Esatto.
PRESIDENTE. Sarà il fato, che le devo dire. Prego.
MARIA ELENA BOSCHI(IV-C-RE). Sto andando verso Forza Italia, prossimo .
No, dicevo, Presidente, ci uniamo alla richiesta di informativa al Governo, alla luce dell'evento drammatico della scorsa notte, anche perché speriamo che, almeno stavolta, di fronte a un evento così tragico, il Governo decida finalmente di rispondere. Infatti, è una richiesta che più volte è stata fatta in quest'Aula, di fronte a una situazione che, ormai, si ripete da tempo, in diverse città del nostro Paese. In modo particolare, abbiamo visto tutti le immagini di Torino, ma, chiaramente, il problema non riguarda soltanto Torino. È evidente che ci siano disbrighi che devono essere effettuati, anche laddove si tratti semplicemente di un rinnovo del permesso di soggiorno, ma che devono avvenire in condizioni dignitose. Abbiamo visto persone costrette, per giorni, a stare sotto qualsiasi tipo di evento meteorologico, di intemperia, in tende senza servizi igienici, pur di non perdere il posto in fila, costrette in alcuni casi a perdere giorni di lavoro per avere la documentazione, anche per persone che spesso sono nel nostro Paese, perché rifugiati politici, fuggiti da regimi e che nel nostro Paese lavorano regolarmente da anni, pagano le tasse e vivono in modo del tutto legale. Tuttavia, per continuare a vivere in modo regolare e legale, hanno bisogno di quei documenti.
Tutti dobbiamo farci carico di quelle situazioni, non soltanto il Governo, perché credo sia una responsabilità che deve essere condivisa anche con le amministrazioni comunali. Tuttavia, è giusto che il Governo, per quanto riguarda la sua parte di responsabilità, se ne faccia carico e, soprattutto, venga in quest'Aula a dirci, a questo punto, cosa intenda fare con urgenza, perché non si può più rinviare .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Soumahoro. Ne ha facoltà.
ABOUBAKAR SOUMAHORO(MISTO). Grazie, Presidente. Intervengo per unirmi alla richiesta di informativa su questo drammatico caso e, in particolar modo, per esprimere cordoglio ai familiari e agli amici di questo signore, di questa persona, che, nella scorsa notte, è deceduta nei pressi della questura, all'ufficio stranieri di via Patini. Quindi, mi unisco alla richiesta di informativa.
Presidente, quello che sta accadendo - poi saranno gli organi competenti a circoscrivere e a stabilire le circostanze di questo decesso -, la situazione all'interno di molte città in relazione ai rinnovi delle richieste anche di permesso di soggiorno è una situazione drammatica, per certi versi vergognosa a causa delle file interminabili, delle attese. Una pratica di rinnovo del permesso di soggiorno, alla luce dell'attuale norma, la Bossi-Fini, che è ancora in vigore da oltre 22 anni, richiede 60 giorni. Ad oggi, i migranti aspettano 12 e in alcuni casi 24 mesi. È una situazione insostenibile! È una macchina che alimenta illegalità, che toglie la possibilità di affrontare opportunità lavorative.
Per questo motivo, oggi urge più che mai un intervento da parte del Governo, per dare finalmente una speranza alle centinaia e centinaia di migranti che, in giro per il nostro Paese, si ritrovano sospese all'interno di una macchina burocratica, che genera illegalità.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Fratoianni ed altri n. 1-00370, Riccardo Ricciardi ed altri n. 1-00375 Faraone ed altri n. 1-00381, Richetti ed altri n. 1-00386 e Orsini, Calovini, Formentini, Tirelli ed altri n. 1-00387 concernenti iniziative in merito al conflitto in corso a Gaza e agli obblighi di cooperazione e assistenza giudiziaria nei confronti della Corte penale internazionale .
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 9 dicembre 2024, sono state presentate le mozioni Faraone ed altri n. 1-00381, Richetti ed altri n. 1-00386, Orsini, Calovini, Formentini, Tirelli ed altri n. 1-00387 e una nuova formulazione della mozione Riccardo Ricciardi ed altri n. 1-00375, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.
Avverto, altresì, che, in data odierna, sono state presentate la mozione Braga ed altri n. 1-00394 e una nuova formulazione delle mozioni Fratoianni ed altri n. 1-00370 e Faraone ed altri n. 1-00381 . I relativi testi sono in distribuzione.
PRESIDENTE. La rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire, esprimendo altresì il parere sulle mozioni presentate.
MARIA TRIPODI,. Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli colleghi.
Sulla mozione a prima firma dell'onorevole Fratoianni, si esprime parere contrario sulle premesse e sugli impegni n. 5), 6) e 7). Il parere è favorevole sugli impegni n. 2) e 3). Sull'impegno n. 1), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: aggiungere, dopo le parole “ad adempiere”, il seguente inciso: “in osservanza dello Statuto di Roma e degli obblighi di diritto internazionale in materia di immunità degli Stati o di immunità diplomatica”. Sull'impegno n. 4), il parere è favorevole, con la seguente riformulazione: espungere le parole “cessi ogni operazione militare e l'occupazione militare illegale di tali territori e l'illegale creazione e sostegno di insediamenti israeliani nonché”.
Sulla mozione a prima firma dell'onorevole Riccardo Ricciardi, si esprime parere contrario sulle premesse e sugli impegni n. 5) e 7) e 8). Sull'impegno n. 3), il parere è favorevole. Sull'impegno n. 1), si esprime parere favorevole con la seguente riformulazione: “a rispettare in osservanza dello Statuto di Roma e degli obblighi di diritto internazionale in materia di immunità degli Stati o di immunità diplomatica l'obbligo di cooperazione con la Corte penale internazionale, disposto dall'articolo 86 dello stesso Statuto di Roma, con riferimento ai mandati di arresto emessi nei confronti del Primo Ministro israeliano Netanyahu e dell'ex Ministro della Difesa Gallant e Mohammed Deif capo delle Brigate al-Qassam, in caso di ingresso nel territorio italiano allo scopo di affermare e rispettare i principi della giustizia penale internazionale e del diritto internazionale”.
Sull'impegno n. 2), si esprime parere favorevole con la seguente riformulazione: “a profondere ogni sforzo a tutti i livelli, internazionale, europeo e bilaterale, al fine di consolidare il cessate il fuoco raggiunto nella Striscia di Gaza, a garanzia dell'incolumità della popolazione civile e al rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi”.
Sull'impegno n. 4), si esprime parere favorevole con la seguente riformulazione: espungere le parole “affinché Israele interrompa immediatamente l'operazione militare Muro di ferro”.
Sull'impegno n. 6), si esprime parere favorevole con la seguente riformulazione: “a farsi promotore di una forte iniziativa diplomatica per garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario e per il riavvio di un processo di pace basato sul principio «due popoli, due Stati»”.
Sull'impegno n. 9), si esprime parere favorevole con la seguente riformulazione: “a continuare a sostenere in sede europea misure sanzionatorie specifiche contro i coloni israeliani violenti in Cisgiordania, solidamente documentate all'interno del regime globale dell'Unione europea per gravi violazioni dei diritti umani”.
Sull'impegno n. 10), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “a sostenere, presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, le iniziative volte a promuovere la costituzione di una missione internazionale di interposizione nella Striscia di Gaza, anche con il coinvolgimento diretto dei Paesi arabi, al fine di ricostruire l'area e fornire assistenza umanitaria alla popolazione locale”.
Sull'impegno n. 11), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: espungere la parola “israeliani”.
Sulla mozione a firma dell'onorevole Faraone ed altri n. 1-00381 , si esprime parere favorevole sulle premesse nn. 1), 2), 4), 5), 6), 7), 8), 9), 10), 11), 14) e 15).
Sulla premessa n. 3), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: espungere la parola “solo”.
Sulla premessa n. 12), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “L'elezione del generale Aoun alla Presidenza della Repubblica del Libano ha posto le basi per il graduale superamento dello stallo istituzionale per unire il popolo libanese e realizzare le riforme necessarie per la stabilità e la sicurezza del Paese”.
Sulla premessa n. 13), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: sostituire le parole “destano preoccupazione” con le parole “meritano attenzione”.
Passo ora al parere sugli impegni della mozione dell'onorevole Faraone ed altri n. 1-00381 . Si esprime parere favorevole sugli impegni nn. 1), 2), 4), 5), 7) e 9).
Sull'impegno n. 3), si esprime parere favorevole con la seguente riformulazione: sostituire le parole “ad adottare” con “a continuare a sostenere” ed espungere le parole “di competenza”.
Sull'impegno n. 6), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: aggiungere all'inizio del periodo le parole “a continuare”.
Sull'impegno n. 8), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “A seguito dell'elezione del Presidente Aoun il 9 gennaio, a continuare a sostenere il graduale superamento dello stallo istituzionale in atto in Libano, in vista della stabilizzazione e di una progressiva ripresa economica del Paese”.
Sulla mozione a prima firma dell'onorevole Richetti ed altri n. 1-00386 si esprime parere favorevole sulle premesse nn. 1), 2), 4), 6) e 7). Sulla premessa n. 10), il parere è contrario.
Sulla premessa n. 3), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: dopo le parole “di cui”, sostituire la parola “e” con “solo con il tempo sarà”.
Sulla premessa n. 5), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “l'esigenza di un analogo cessate il fuoco, poi raggiunto, si imponeva anche a Gaza, dove le conseguenze del conflitto sulla popolazione civile e l'emergenza umanitaria hanno raggiunto livelli di assoluta gravità”.
Sulla premessa n. 8), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: dopo le parole “principio imprescindibile” aggiungere le parole “valido” ed espungere le parole da: “e deve essere” fino alla fine del periodo.
Sulla premessa n. 9), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: sostituire le parole “di Israele” con “degli Stati”.
Sulla premessa n. 11), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “ferma restando l'indipendenza della Corte penale internazionale, i mandati d'arresto emessi nei confronti del Primo Ministro israeliano Netanyahu e dell'ex Ministro della Difesa Gallant per crimini di guerra e contro l'umanità, non contribuiscono in sé alla soluzione del conflitto militare o della crisi umanitaria”.
Sulla premessa n. 12), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “la strada per ripristinare il rispetto del diritto umanitario a Gaza e per garantire nel contempo il pieno diritto alla sicurezza di Israele dagli attacchi terroristici di Hamas, passerà da soluzioni politiche responsabili che chiamano in causa l'intera comunità internazionale, tra cui i Paesi arabi”.
Sulla mozione a firma...
PRESIDENTE. Gli impegni, per favore.
MARIA TRIPODI,. Sulla mozione a firma...
PRESIDENTE. No, mi scusi. Deve esprimere il parere sugli impegni della mozione Richetti, per favore. I due impegni.
MARIA TRIPODI,. Sulla mozione a firma dell'onorevole Braga...
PRESIDENTE. No, chiedo scusa … Colleghi! Ci penso io. Non dovete mica fare il mio lavoro. Siamo alla mozione Richetti ed altri n. 1-00386: lei mi ha dato tutti i pareri sulle premesse. Dovrebbe dare i pareri sui due impegni che contiene la mozione, per favore.
MARIA TRIPODI,. Sì. Un momento, Presidente.
PRESIDENTE. Siamo alla mozione n. 1-00386. Se però, per comodità, lei intanto vuole andare avanti, poi recuperiamo con calma.
MARIA TRIPODI,. Sì, sarebbe meglio. Andiamo avanti e poi la recuperiamo. Non me ne voglia il collega Richetti.
PRESIDENTE. No, ma non gliene vuole nessuno. Qua le vogliono solo bene. Allora, a quale mozione passiamo?
MARIA TRIPODI,. Ecco, sono arrivati i pareri sugli impegni della mozione Richetti. Perdonate questo inconveniente.
PRESIDENTE. Prego, esprima i pareri sulla mozione Richetti n. 1-00386.
MARIA TRIPODI,. Sull'impegno n. 1), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: aggiungere all'inizio del periodo le parole “a continuare” e sostituire le parole “promuovere in questo quadro l'immediato cessate il fuoco” con le seguenti: “consolidare il cessate il fuoco raggiunto”.
Sull'impegno n. 2), il parere è favorevole con la seguente riformulazione: aggiungere all'inizio del periodo le parole “a continuare”.
Sulla mozione Orsini, Calovini, Formentini, Tirelli ed altri n. 1-00387 si esprime parere favorevole su tutte le premesse e su tutti gli impegni.
Passiamo poi all'ultima mozione, cioè, la mozione a firma dell'onorevole Braga n. 1-00394. In questa mozione l'impegno n. 2) viene assorbito dalla riformulazione dell'impegno n. 1) che è la seguente: “a rispettare, in osservanza dello Statuto di Roma e degli obblighi di diritto internazionale in materia di immunità degli Stati o di immunità diplomatica, l'obbligo di cooperazione con la Corte penale internazionale disposto dall'articolo 86 dello stesso Statuto di Roma, con riferimento ai mandati di arresto emessi nei confronti del Primo Ministro israeliano Netanyahu, dell'ex Ministro Gallant e di Mohammed Deif, capo delle Brigate al-Qassam, allo scopo di affermare e rispettare i principi della giustizia penale internazionale”.
PRESIDENTE. Quindi, sostanzialmente, per quanto riguarda la mozione Braga n. 1-00394, lei àncora il parere favorevole a una riformulazione che assorbe il primo e il secondo impegno in quello che mi ha letto?
PRESIDENTE. Invece, il parere sulle premesse della mozione Braga ed altri n. 1-00394, l'ultima che abbiamo fatto?
MARIA TRIPODI,. Sulle premesse della mozione Braga ed altri n. 1-00394 il parere dovrebbe arrivare a minuti, perché la mozione è stata consegnata, purtroppo, proprio poco fa. Se vogliamo sospendere qualche minuto, chiedo scusa, ma è stata presentata alle ore 16.
PRESIDENTE. Non si preoccupi. Dobbiamo, non è che vogliamo, dobbiamo. Cinque minuti vanno bene? Allora, colleghi, sospendiamo la seduta che ricomincerà alle ore 17. Nel frattempo, se avete dubbi sulle formulazioni e sulle riformulazioni degli impegni, abbiamo preso nota.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Sottosegretaria Tripodi, le chiedo, per cortesia, i pareri sulle premesse della mozione Braga ed altri n. 1-00394.
MARIA TRIPODI,. Grazie, Presidente. Allora, con riferimento alla mozione a prima firma dell'onorevole Braga il parere sulle premesse è contrario, mentre, come ho detto poc'anzi, sugli impegni 1) e 2) il parere è favorevole con riformulazione.
PRESIDENTE. Quindi, il parere è contrario su tutte le premesse della mozione Braga ed altri n. 1-00394, mentre gli impegni 1) e 2) sono stati riformulati.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.
FEDERICO FORNARO(PD-IDP). Intervengo sull'ordine dei lavori, perché, adesso, la necessità di chiedere il parere per le parti separate ai primi firmatari… questo fatto incrocia ovviamente con le riformulazioni. Noi avremmo bisogno di avere i testi delle riformulazioni, di tutte, non soltanto di quelle di ogni singolo gruppo, perché ovviamente questo incrocia, poi, con la richiesta eventuale di votazioni per parti separate e di eventuale accettazione da parte dei proponenti. È un problema tecnico, non è un'osservazione alla Sottosegretaria, sia ben chiaro.
PRESIDENTE. Onorevole Fornaro, le copie sono in produzione, le consegneremo, rispetto a tutte le mozioni con tutte le riformulazioni e i pareri del Governo, a ogni gruppo, da qui a pochi minuti.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mauro Del Barba. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BARBA(IV-C-RE). Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, torniamo su un argomento drammatico, triste e lo facciamo in un momento particolarmente delicato per il conflitto in corso tra Israele e Hamas, nella Striscia di Gaza. Per affrontare gli argomenti di questa nostra mozione credo sia opportuno, però, ripartire dal giorno che ha generato tutto questo, ripartire dal 7 ottobre, perché descrivere i fatti del 7 ottobre e il loro infinito orrore ci consente di illuminare gli argomenti che andiamo a trattare.
Alle 6,30 del mattino del 7 ottobre si sono aperte le porte dell'inferno: migliaia di missili da ogni confine, migliaia di terroristi e civili palestinesi con motociclette, attraverso il mare, , parapendii, droni armati; 1.200 morti lasciati sul terreno, 250 rapiti, tra cui morti e rapiti anche nel massacro del festival musicale Supernova, che vedeva giovani colpevoli di ballare ed esprimere in questo modo la loro gioia di vivere; donne stuprate, episodi in cui i cadaveri sono stati fatti oggetto di scempio e di ogni orrore. Questo inferno, poi, si è rovesciato su Gaza, con i civili intrappolati e dei quali la stessa Hamas chiedeva il sacrificio di molto sangue, necessario per rovesciare le sorti di Israele.
Ecco, di fronte a tutto questo, in un momento particolarmente delicato, siamo giustamente a discutere anche di aspetti che riguardano il diritto internazionale, la questione della proporzionalità della risposta. Ebbene, colleghi, nell'interesse del dibattito, nel voler tornare sul punto del diritto internazionale, vorrei sottolineare come, dal punto di vista umano, non una sola vita innocente è giustificato che muoia per conseguire vantaggi di qualunque tipo.
Non serve trovarsi di fronte al pianto disperato di una sola madre per capire che questo sacrificio è contro natura, contro l'uomo. Perché mai un bambino innocente e totalmente estraneo ai fatti, anche uno solo, deve morire o dovremmo accettare che muoia? Quale fattore di proporzionalità renderà mai giustizia di questa singola vita?
Quale soldato, colleghi, sentirà lieve l'ora di tornare a casa dai propri figli, dopo la vittoria, portando con sé un peso così grave sulla coscienza, anche quando fosse pienamente giustificato dal diritto internazionale? La guerra e le cause della guerra ci sospingono in un terreno di disumanità. Entrando in quel luogo che è la guerra, entriamo nelle tenebre, che, purtroppo, con la loro costante presenza nella storia dell'uomo, costituiscono, anch'esse, parte tremenda e misteriosa di questa vita.
Noi dobbiamo difendere e appellarci al diritto internazionale, non per la sua superiore umanità o per la sua indubbia civiltà, ma perché costituisce il tentativo, da parte di chi vuole affermare la civiltà, di stabilire un confine dentro un perimetro che è al di fuori di ogni principio di umanità, come lo è ogni guerra. Dobbiamo oggi combattere contro il tentativo esplicito di alcuni tiranni di distruggere il diritto internazionale, proprio per questo suo ruolo scomodo e incredibile di voler individuare e inseguire i criminali fin dentro il terreno dei conflitti. Per questo motivo, colleghi, dobbiamo maneggiarlo con estrema cura. Questa guerra è stata scatenata con presupposti così atroci, così orribili, così ferocemente disumani, che ha immediatamente trascinato questo oscuro perimetro negli anfratti più bui della storia e nelle profondità più recondite dell'animo umano.
Di fronte a tutto ciò, noi, che viviamo, fortunatamente, all'esterno di questo perimetro impenetrabile allo sguardo di chi osserva, abbiamo il dovere di non banalizzare e distruggere la fiammella del diritto internazionale, primo inviato speciale nei teatri di guerra. Ma, nel contempo, colleghi, abbiamo il dovere supremo di compiere ogni sforzo umano, politico, operativo, e osare con coraggio ogni alleanza, ogni tentativo, anche il più imbarazzante, umiliante e inedito, per squarciare questo buio e farvi irrompere quella condizione che, troppo spesso, trattiamo con superficialità e che osiamo chiamare “Pace, Salam, Shalom”.
Noi riteniamo che questo coraggio, questa responsabilità, parta dalla capacità e dalla volontà di distinguere aggressori e aggrediti, ostaggi e prigionieri, carnefici e vittime, cause ed effetti, con il dovere supremo di contribuire a levare, alleggerire e illuminare - godendo, noi, del privilegio della pace - gli animi, le condizioni e i propositi di chi si trova ingaggiato nell'orrore della guerra. Lo stesso diritto internazionale si basa su queste distinzioni, ma è la responsabilità politica prima, che investe ciascuno di noi, che oggi è chiamata in causa, certamente con prudenza e discernimento, ma senza ambiguità ed esitazioni, a non contribuire alle tenebre dei luoghi di guerra e a non appesantire gli animi di chi è coinvolto nei conflitti, con il manto scuro dell'ideologia che annulla le coscienze e allontana le soluzioni reali.
Noi abbiamo il dovere di dire che le sentenze della Corte si rispettano e si rispetteranno sempre, ma che la politica si fa e si impone ogni giorno. Chi cerca di creare, con banali artifici retorici, confusione e contrapposizione tra questi piani, abdica alle nostre responsabilità. Sono i giorni di un atteso cessate il fuoco, che è costato tanto in termini di vantaggi militari, ma che assume un valore assoluto nella misura in cui restituisce libertà ai rapiti e speranza agli sfollati. Un cessate il fuoco che corre sul filo della precarietà, utilizzato anche per rafforzare la propaganda, riorganizzare le armi, soggiogare e sfruttare una popolazione inerme. Un cessate il fuoco che, con l'aiuto e la pressione della comunità internazionale, deve restituire il sapore della pace, la nostalgia della pace, il desiderio della pace, che si imponga e superi l'impulso dell'odio. Un cessate il fuoco che, come per le faticose settimane scandite dalla liberazione degli ostaggi, dovrà servire a individuare soluzioni definitive di riconoscimento reciproco e ridare, a queste sinistre parole, soluzioni definitive, un significato nuovo nella storia.
Di fronte a tutto ciò, colleghi, abbiamo il dovere di alimentare dibattiti utili alla pace e non giocare con le nostre convinzioni salottiere. Abbiamo il dovere di difendere e non strumentalizzare il diritto internazionale, e riconoscere le enormi opportunità che questo periodo di delicato equilibrio offre al mondo intero.
Verrà il tempo dei processi, ma quello che ora ci deve unire è il processo di pace. Ciascuno di noi, qua, ha celebrato il proprio processo politico, nelle innumerevoli volte in cui abbiamo, giustamente, impegnato quest'Aula sul conflitto israelo-palestinese. Domandiamoci, però, oggi, in questo importante dibattito - che dev'essere franco, che non deve avere ambiguità e che, soprattutto, non dev'essere ipocrita - se stiamo portando un reale contributo alla pace, quali sono gli effetti nell'inviare sugli scenari di guerra, anzi, sugli scenari del cessate il fuoco, armi ideologiche che oggi sarebbero più esplosive di quelle che si contesta di inviare.
Per queste ragioni, colleghi, nel sottolineare, come abbiamo fatto, che il diritto internazionale è una fiaccola, un inviato speciale, che va difeso sempre e ovunque, vogliamo ribadire che i criteri di umanità e i nostri doveri, come politica, ci impongono di maneggiare con cura questa materia, di non strumentalizzarla a favore nostro e delle nostre condizioni, e soprattutto ci impongono - nel dibattito che seguirà - di tener conto del momento delicato, in cui ci troviamo, del cessate il fuoco, avendo cura che ogni nostra parola, ogni nostra azione, ogni nostra decisione, anche quando è chiara e inequivocabile, come quella che abbiamo espresso, non ricada sullo scenario di guerra come una nuova arma, ma come uno strumento di pace .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Grazie, signor Presidente. Il cuore della discussione che svolgiamo oggi in quest'Aula, il cuore di queste mozioni e della mozione che, come Alleanza Verdi e Sinistra, abbiamo scelto di presentare, è il diritto internazionale, il suo ruolo e la sua funzione, che consideriamo decisiva in un mondo che almeno voglia rivendicare l'ambizione di regolare i propri conflitti senza l'impiego della forza, delle armi, della violenza e della tragedia che ogni guerra porta con sé.
Scegliere di mettere al centro di questa discussione il diritto internazionale, oggi, è quanto mai urgente, perché, che si volga lo sguardo alla tragedia infinita del Medio Oriente, della Palestina, di Israele e di Gaza, sconvolte da più di 15 mesi di guerra, sterminio e distruzione, che si volga lo sguardo più a Est, verso il conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina, che si volga lo sguardo alle iniziative che, in giro per il mondo, potenze assai rilevanti stanno mettendo in piedi, in queste ore, esplicitamente contro il diritto internazionale, il diritto internazionale, questo strumento così prezioso e decisivo, è oggi messo a forte rischio.
Il neo Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, tra i suoi primi atti, ha revocato la revoca che Biden fece delle sanzioni da lui predisposte nel suo primo mandato contro la Corte penale internazionale, cioè sostanzialmente le ha rimesse in campo e si prepara ad inasprirle.
La Knesset ha votato dispositivi che assimilano il sostegno alla Corte penale internazionale al terrorismo. Oggi, la Corte penale internazionale, quella istituita dal Trattato di Roma, un nome che dovrebbe essere a noi particolarmente caro, è l'obiettivo di un'iniziativa concentrica che, sul terreno delle scelte, dei materiali e del discorso pubblico, vuole delegittimarla.
Il Premier Benjamin Netanyahu, oggetto di un mandato d'arresto da parte della Corte penale internazionale insieme al suo collega di Governo, l'ex Ministro della Difesa, Gallant, e l'ultimo sopravvissuto del gruppo dirigente di Hamas, accusato dei crimini terribili dell'attentato terroristico del 7 ottobre, ha dichiarato poche ore fa, in occasione della cerimonia in ricordo della Giornata della Memoria ad Auschwitz, che la Corte penale internazionale si è disonorata, macchiandosi di antisemitismo per aver emesso i mandati d'arresto per crimini di guerra e crimini contro l'umanità nei suoi confronti.
Allora, è di questo che oggi dovremmo discutere. La discussione che oggi facciamo, anche sulla base delle riformulazioni del Governo, sulla base delle dichiarazioni di importanti, importantissimi esponenti del nostro Governo nei giorni scorsi, la discussione che facciamo sulla base delle scelte concrete che il nostro Governo ha messo in campo a proposito, per esempio, della vicenda incredibile di cui discuteremo ancora domani, la liberazione del torturatore, dello stupratore, dell'assassino, del criminale di guerra Almasri, avvenuta soltanto pochi giorni fa, in presenza di un mandato di arresto della Corte penale internazionale, ha esattamente questo elemento al centro, cioè la scelta, che come sempre la politica mette in campo - la politica è fatta di scelte -, da parte del nostro Governo, delle nostre istituzioni, su qual è la nostra parte di fronte a questo scontro.
Il punto qui, signora Sottosegretaria, è questo. Allora, riformulare gli impegni dicendo: sì, noi ci impegniamo a rispettare il diritto internazionale della Corte penale internazionale nell'ambito delle regole del diritto internazionale che normano l'immunità. Ma su questo la Corte ha già chiarito: il suo mandato d'arresto non è per niente in conflitto con quelle norme, semplicemente le inchieste della Corte e il mandato d'arresto che ne scaturisce superano quell'aspetto della norma del diritto internazionale, determinando un dovere più grande e prioritario per tutti quei Paesi che, naturalmente, hanno sottoscritto quell'accordo e lo hanno ratificato. Questo perché noi sappiamo che ci sono Paesi del mondo - e guarda un po', si chiamano Stati Uniti, si chiamano Israele, si chiamano Cina, si chiamano Russia - che non hanno ratificato e, in qualche caso, come la Cina, non hanno neanche sottoscritto il Trattato che istituisce la Corte penale internazionale. Chissà perché, verrebbe da chiedersi, con uno sguardo rivolto alla storia recente e meno recente del mondo terribile che abbiamo di fronte. Chissà perché sono questi i Paesi che hanno scelto di non ratificare quell'accordo.
Adesso, peraltro, mi passano un'agenzia e mi scuso per l'interruzione: la notizia appena arrivata è di un avviso di garanzia per Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Piantedosi a proposito della vicenda Almasri, perché era chiaro fin dall'inizio che non era un cavillo burocratico. Era chiaro fin dall'inizio …
GALEAZZO BIGNAMI(FDI). Non era chiaro niente!
SALVATORE DEIDDA(FDI). Non era chiaro niente!
NICOLA FRATOIANNI(AVS). State buoni…
PRESIDENTE. Un attimo, grazie. Colleghi, per favore! Onorevole Fratoianni, di questo tanto parleremo domani. L'ha detto lei, c'è l'informativa urgente, ne parliamo domani ... Colleghi, per favore. Vi prego, ordine. Colleghi, per favore.
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Presidente, per suo tramite, consiglierei un po' di relax ai colleghi della destra. Sono tanti, ma tendono all'agitazione.
PRESIDENTE. Però, della vicenda Almasri domani c'è l'informativa urgente...
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Però, Presidente, abbia pazienza: io parlo di quel che voglio se è attinente alla materia Siccome parliamo di una Corte penale internazionale, se permette, la notizia di un avviso di garanzia alla Presidente del Consiglio, al Ministro dell'Interno e al Ministro della Giustizia in relazione al caso Almasri è perfettamente attinente al dibattito che stiamo facendo : “Vergogna!”.
PRESIDENTE. Difatti, collega Fratoianni, non è che io le ho tolto la parola. Colleghi, per favore!
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Imparate ad ascoltare. Imparate ad ascoltare )!
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego, per favore!
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Non sentite? Devo parlare più forte ? Non sentono?
PRESIDENTE. Onorevole Fratoianni, si rivolga a me, la prego.
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Io mi rivolgo a lei, se i colleghi mi lasciano parlare. Se no, ci pensi lei, che come sempre, con efficacia, fa rispettare il diritto alla parola in quest'Aula.
PRESIDENTE. Ci mancherebbe, a quello ci penso io.
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Stavo dicendo che noi siamo già di fronte ad una scelta che il nostro Governo ha fatto, perché, se il giorno in cui viene finalmente annunciata la tregua a Gaza, il Ministro degli Affari esteri Antonio Tajani non trova di meglio da dire o da fare che dichiarare a tutto il mondo, a reti unificate, che, se viene Netanyahu in Italia, non ci son problemi, perché ci sono le immunità che regolano tutto; se consentiamo che l'ambasciatore israeliano, dopo gli incontri dica: “ma mi hanno assicurato che non c'è problema, può venire chiunque qui, a cominciare da Benjamin Netanyahu, non lo toccheranno”; se qualche giorno dopo liberiamo un torturatore come niente fosse e lo riaccompagniamo a casa con un volo di Stato, allora voi avete già scelto da che parte stare . State con chi delegittima la Corte penale internazionale, voi state dalla parte di chi sta demolendo il diritto internazionale!
E badate, badate, colleghi, colleghe, che questa questione è molto più grande di voi che oggi siete al Governo e di noi che oggi siamo all'opposizione; è molto più rilevante della battaglia politica che quotidianamente facciamo in questo Parlamento. Perché demolire il diritto internazionale oggi, sotterrare la Corte penale internazionale oggi, significa rinunciare definitivamente all'idea di un governo del mondo che non sia affidato alla legge del più forte, che non sia affidato alla legge delle armi, della violenza, dei soprusi .
Questo è il punto ed è questo il motivo per cui noi chiediamo con chiarezza che si prenda una posizione. Si tratta della chiarezza che non avete voluto dare anche nelle vostre riformulazioni, perché voi la chiarezza l'avete già data, avete già detto da che parte state: è la parte sbagliata della storia, è la parte sbagliata della storia .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Onori. Ne ha facoltà.
FEDERICA ONORI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Sono ormai trascorsi 15 mesi dall'attacco terroristico del 7 ottobre 2023, perpetrato da Hamas. Si tratta di un evento che ha lasciato un segno indelebile nella regione mediorientale, già caratterizzata da tensioni e instabilità croniche. Questo tragico episodio, che ha visto il coinvolgimento di Hezbollah e degli Houthi, in un conflitto che ha progressivamente assunto dimensioni regionali e ha dato luogo a una spirale di violenza, con gravi ripercussioni sulla sicurezza e sulla stabilità di tutta l'area. Gli accordi di cessate il fuoco tra Israele e Libano dello scorso novembre e quello tanto atteso tra Israele e Hamas di gennaio, di adesso, sono dei passi importanti verso l'allentamento delle tensioni, ma non possiamo non riconoscere la fragilità di questi accordi.
Mentre tiriamo un sospiro di sollievo, ci giungono notizie di violazioni degli accordi, di rinnovati scontri. Mentre migliaia di palestinesi stanno lentamente tornando nella parte settentrionale di Gaza, nelle loro case o in quello che è rimasto, ci giungono notizie di nuovi scontri in Cisgiordania, di possibili disaccordi, addirittura di proposte di trasferimenti forzati da internazionali.
La priorità è, invece, ora pensare al domani, aiutare la popolazione civile, composta in larga misura da donne, anziani e da bambini. La settimana scorsa abbiamo presentato un'interrogazione sulla situazione sanitaria, sulla crisi sanitaria nel Nord della Striscia di Gaza, dove, a seguito del bombardamento che ha distrutto l'ospedale Kamal Adwan, mancano strutture sanitarie funzionanti per assistere la popolazione.
Ora, alla luce di questo accordo, ripristinare il sistema sanitario è assolutamente una priorità tra le più urgenti.
Il nostro Ministro degli Affari esteri ha detto la settimana scorsa che la Corte dell'Aia non è il verbo, non è la bocca della verità, ma lo Statuto di Roma, pilastro fondamentale del diritto penale internazionale, di cui noi siamo firmatari, rappresenta un impegno collettivo nella lotta contro l'impunità per i crimini più gravi che riguardano l'intera comunità internazionale. L'articolo 58 di questo statuto fa comprendere come i mandati d'arresto emessi dalla Corte penale internazionale non siano misure punitive, ovvero non sono l'equivalente di una condanna, che evidentemente arriva solo dopo un processo equo, dove tutte le prove sono state analizzate.
Ha un altro significato ed è importante che si sottolinei questa differenza tra il mandato d'arresto nel diritto penale nazionale italiano e nel diritto penale internazionale: in quest'ultimo caso, infatti, non essendo una misura punitiva, è invece una misura volta a garantire la presenza degli imputati durante il processo e la prevenzione di ulteriori crimini. Credo che siamo tutti d'accordo sul fatto che è necessaria la presenza degli imputati durante il processo, imputati per i quali, evidentemente, sono emerse delle evidenze che potrebbero portare a una condanna - ciononostante la condanna non è stata ancora formulata - e siamo, credo, tutti d'accordo che sia necessario prevenire eventuali crimini che siano stati commessi. Quindi questi mandati che si differenzino in quanto strumento cautelare sono essenziali per questi 2 aspetti.
L'Italia, come Paese firmatario dello Statuto di Roma, ha il dovere di rispettare i mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale. Noi nella nostra mozione utilizziamo la parola “ineludibile”: è ineludibile se noi diamo un valore alla credibilità dell'Italia come attore internazionale, garante di stabilizzazione e di pace. Chiaramente dobbiamo ribadire che la ricerca della giustizia internazionale non può e non deve ostacolare la possibilità di dialogo e negoziato politico, che rimangono l'unico strumento efficace per costruire una pace duratura.
L'equilibrio tra la ricerca della responsabilità giuridica e il sostegno alla riconciliazione politica richiede un approccio fermo, ma al tempo stesso pragmatico. Ciò che verrà dopo deve essere costruito su basi solide di dialogo, di giustizia e di riconciliazione. Ribadiamo, quindi, la necessità di riavviare con urgenza il processo negoziale israelo-palestinese, basato sul principio dei due popoli e due Stati, principio che rappresenta l'unica via realistica per una pace giusta e sostenibile. Per fare ciò sarà indispensabile contrastare con fermezza l'azione di Hamas, promuovendo, al contempo, il coinvolgimento degli Stati arabi nella ricostruzione e nella transizione di Gaza verso un assetto più stabile e prospero.
Questi impegni, che si inseriscono nel quadro di una delle risoluzioni approvate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, rappresentano una strada concreta, a nostro avviso, per coniugare il rispetto del diritto internazionale umanitario con la tutela della sicurezza di Israele e il riconoscimento dei diritti fondamentali del popolo palestinese. Non possiamo permettere che il diritto alla sicurezza dello Stato di Israele e il diritto alla vita e alla dignità del popolo palestinese siano posti in contrapposizione. Come ha detto il poeta palestinese Mahmoud Darwish, anche se non c'è speranza, siamo obbligati a inventare e creare speranza; senza speranza siamo perduti.
Quindi noi cerchiamo di lanciare questo messaggio da tradurre in azioni concrete. Dobbiamo riaffermare il ruolo dell'Italia come attore responsabile e promotore di pace nel contesto internazionale .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.
PINO BICCHIELLI(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signora Sottosegretaria, affrontare oggi questi temi è particolarmente significativo. Non c'è dubbio che questo sia un momento cruciale e speriamo anche di svolta definitiva della crisi apertasi all'indomani dell'attacco terroristico del 7 ottobre 2023 contro Israele e poi allargatasi a tutto il Medio Oriente. Più volte è stato annunciato, ma finalmente questi ultimi giorni hanno visto realizzarsi le condizioni della tregua con il rilascio degli ostaggi. Stiamo assistendo a immagini storiche: i primi ostaggi sono già tornati a casa, per loro l'incubo è finito.
Ora è il momento di parlare concretamente di pace e la missione del nostro Ministro degli Affari esteri, l'onorevole Tajani, va proprio in questo senso, affermando anche il ruolo principale che l'Italia può avere in questo processo in virtù delle radicate relazioni diplomatiche e della partecipazione al contingente UNIFIL in Libano. È dunque il momento di rimettere al centro il futuro dell'area e la sicurezza dei civili, una tregua che vorremmo potesse chiamarsi pace e che potesse finalmente riaprire un percorso di soluzione che riparta dagli Accordi di Abramo e preveda la formula: due popoli e due Stati.
Ma, come tutti i cessate il fuoco, anche quello in corso è fragile e influenzabile dal contesto politico, dalle decisioni e dalle relazioni internazionali. Lo dico con forza: nelle piazze e soprattutto in quest'Aula si metta fine alla strumentalizzazione della crisi in Medio Oriente per divisioni, scontri e accuse; lavorare per la pace vuol dire mettere davanti a tutto la sicurezza e la questione umanitaria. Detto questo, signor Presidente, il nostro Paese si trova a dover affrontare, insieme a tutta la comunità internazionale, un quadro globale segnato da tensioni e da crisi che richiedono risposte concrete, orientate alla costruzione della pace e della stabilità.
Alla luce di questo, va riconosciuto al Governo, alla nostra Presidente Giorgia Meloni, di avere dato un netto alla strategia internazionale italiana ed europea, grazie ad una visione globale che ha permesso di tenere la barra dritta anche quando europei storici attraversano momenti di tensioni e gravi crisi politiche interne. Una visione era necessaria: senza una visione non c'è missione, senza un'idea di fondo non c'è un'azione concreta, senza idee non c'è strategia.
Mettere al centro una visione chiara, forte e decisa delle azioni da mettere in campo nei vari teatri di tensione ha permesso all'Italia di tornare a recitare un ruolo di protagonista assoluto nell'alveo della comunità internazionale. La mozione di maggioranza si inserisce esattamente nel solco della visione che il Governo e la maggioranza stanno portando avanti: il provvedimento in oggetto non si limita a proporre interventi puntuali, ma si inserisce in una strategia di lungo periodo, basata sui valori della giustizia, del diritto internazionale e della solidarietà umanitaria.
Andando poi nello specifico dei vari scenari di guerra o di tensioni, vorrei innanzitutto sottolineare il significato del cessate il fuoco raggiunto tra Israele e Hezbollah, passo che ha consentito di arrivare alla situazione di oggi, un risultato che non sarebbe stato possibile senza il contributo determinante dell'Italia. L'accordo, che include il ritiro delle milizie di Hezbollah, il parallelo ritiro dell'IDF e il ridispiegamento dell'esercito regolare di Beirut, ha rappresentato una svolta storica, tuttavia non possiamo limitarci a constatarne il successo iniziale. Spetta a tutta la comunità internazionale, e dunque anche al nostro Paese, vigilare affinché quanto sottoscritto venga pienamente rispettato.
Il ruolo dell'Italia è stato, è e deve continuare a essere centrale. Con la nostra presenza storica all'interno della missione UNIFIL abbiamo garantito la stabilità del Sud del Libano per decenni e oggi ci troviamo di fronte alla necessità di aggiornare le regole di ingaggio di questa missione per adeguarle alla nuova situazione. In tal senso, il rafforzamento delle forze armate libanesi e il sostegno alla loro capacità di garantire la sicurezza nazionale non sono soltanto un impegno, ma un contributo strategico per la sicurezza di tutta la regione.
Parallelamente è indispensabile continuare a lavorare per la ricostruzione economica del Libano, un Paese provato da anni di instabilità e crisi economiche. La cooperazione italiana ha già destinato oltre 5 milioni di euro per progetti umanitari inseriti in un piano più ampio del valore di 28 milioni: è un impegno concreto, che va nella direzione di costruire una stabilità multilivello. La ricostruzione del Libano deve costituire una priorità per garantire la ripresa economica del Paese, anche al fine di promuovere la stabilità e la prosperità nella regione e prevenire il rischio migratorio.
Allo stesso tempo, signor Presidente, la mozione di maggioranza riafferma con chiarezza la nostra posizione sulla questione israelo-palestinese: la soluzione dei 2 Stati, con Israele e Palestina fianco a fianco in pace e sicurezza, resta l'unica via percorribile. Tuttavia questa visione deve essere perseguita attraverso un percorso negoziale diretto, che coinvolga entrambi le parti e garantisca la sicurezza di Israele. In tal senso, un riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese non può essere un atto non contestualizzato in un percorso volto al raggiungimento della soluzione dei 2 Stati e che veda il pieno coinvolgimento dei arabi della regione per definire un'architettura regionale normalizzata, che garantisca la sicurezza di Israele e i diritti dei palestinesi.
La nostra mozione, la mozione di maggioranza, affronta anche un tema particolarmente delicato: i mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale contro figure di spicco israeliane e palestinesi. L'Italia riconosce il ruolo della CPI come istituzione indipendente, tuttavia, allo stesso tempo, è consapevole che ogni iniziativa che vada in questa direzione deve essere valutata attentamente per non compromettere i negoziati di pace in corso.
Il nostro approccio è proprio quello di bilanciare giustizia internazionale e diplomazia, in condivisione con i europei, consapevoli che solo una pace stabile e duratura può garantire il rispetto dei diritti umani.
Infine, signor Presidente, mi soffermo sulla situazione in Siria. La caduta del regime di Assad apre scenari complessi e incerti: se, da un lato, possiamo sperare che la fine di una dittatura repressiva porti a un futuro più prospero per il popolo siriano, dall'altro, dobbiamo essere consapevoli dei rischi di ulteriori destabilizzazioni. L'Italia, d'altronde, è l'unico Paese del G7 ad avere l'ambasciata ancora operativa a Damasco; questo ha consentito di avviare un'interlocuzione diretta con le nuove autorità. In questo solco, di cui abbiamo parlato, è importante che si continui a lavorare affinché la transizione politica sia inclusiva e rispettosa delle diversità etniche e religiose del Paese, con particolare attenzione alla tutela delle comunità cristiane. Allo stesso tempo, è fondamentale evitare che si ripetano gli errori del passato, quando la caduta di regimi autoritari ha portato all'affermarsi di nuovi regimi integralisti.
Il nostro impegno in Siria non si limita solo sul piano diplomatico: come sottolineato dal Vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, la priorità è la sicurezza dei cittadini italiani presenti nel Paese e la nostra rappresentanza diplomatica, guidata dall'ambasciatore Ravagnan, sta svolgendo un lavoro prezioso per garantire che i nostri connazionali possano lasciare il Paese in sicurezza.
Signor Presidente, la mozione di maggioranza rappresenta un documento di grande importanza, secondo noi, che riafferma il ruolo dell'Italia come attore centrale nella promozione della pace, della giustizia e della solidarietà internazionale; traccia una visione strategica e ambiziosa per affrontare le crisi in Medio Oriente, basata su valori condivisi e sull'impegno a costruire un futuro migliore per tutti i popoli coinvolti; ciò anche in considerazione del fatto che le tensioni in Medio Oriente si riverberano anche su altri contesti e producono effetti a più ampio raggio.
È notizia, poi, delle settimane scorse la decisione del Presidente turco Erdogan di estendere per un altro anno il boicottaggio del World Economic Forum di Davos, in corso proprio in questi giorni. È una scelta direttamente legata alla guerra a Gaza, che evidenzia il crescere delle tensioni tra Turchia e Israele, anche in virtù dell'aumento dell'influenza turca in Siria dopo la caduta, appunto, del Presidente Assad.
L'Italia, insieme ai suoi internazionali, con Israele, continuerà a lavorare per la pace, per la sicurezza e per la dignità di ogni individuo, ma ci tengo, signor Presidente, a ribadire, in questa sede, che la tragedia di Gaza non può giustificare mai il riaffermarsi di episodi di antisemitismo e di razzismo. In gioco c'è la stabilità anche del nostro Paese e dell'Unione europea sul piano economico e commerciale e la tenuta e il rispetto dei valori e dei principi su cui è fondata la nostra Repubblica. Per tutte queste ragioni dichiaro, con convinzione, il voto favorevole sulla mozione di maggioranza da parte del gruppo di Noi Moderati .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Andrea Orsini. Ne ha facoltà.
ANDREA ORSINI(FI-PPE). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signor Sottosegretario di Stato, questa discussione si svolge all'indomani di grandi cambiamenti per il Medio Oriente e per il mondo. La tregua a Gaza, da tanto tempo e da tante parti invocata, è finalmente realtà, una realtà fragile, precaria, incerta, ma, comunque, una realtà che ha preso il posto dei combattimenti, del sangue, delle distruzioni e della guerra, una realtà che dobbiamo in ogni modo tutelare e consolidare. Anche l'atteggiamento degli Stati Uniti è mutato. La Presidenza Trump ha portato, da un lato, a un più esplicito impegno degli Stati Uniti a sostegno di Israele, nel nome dei comuni ideali di libertà, di democrazia e di Stato di diritto, ideali, voglio aggiungere, che sono anche i nostri; dall'altro, ha portato, però, anche a rinsaldare i rapporti con la parte più razionale e più consapevole del mondo arabo, dall'Egitto all'Arabia Saudita, per riprendere la strada tracciata anni fa con gli Accordi di Abramo, accordi che - è bene ricordarlo - furono patrocinati proprio dalla precedente amministrazione Trump.
In questo contesto discutere di un fantasioso arresto come quello del Primo Ministro Netanyahu farebbe quasi sorridere; sembra un esercizio futile di postuma vendetta politica e colpisce la pervicacia con cui una parte dell'opposizione insiste su questi temi. Del resto, non è certo la prima volta che la sinistra italiana, 5 Stelle compresi, perda l'appuntamento con la storia: è una costante degli ultimi 100 anni almeno. Ma, purtroppo, non si può sorridere su una tragedia, anzi su una catastrofe composta da tante tragedie: la tragedia del 7 ottobre, la peggiore strage di ebrei innocenti dai tempi di Hitler; la tragedia della popolazione di Gaza, usata cinicamente come ostaggio da Hamas per costringere Israele ad atti che suscitino l'indignazione dell'opinione pubblica internazionale; ancora, la tragedia delle famiglie degli ostaggi, che non hanno ancora rivisto i propri cari; la tragedia di alcune altre famiglie, moderna riedizione di quella di Antigone, che non possono dare sepoltura ai propri cari, assassinati da Hamas, perché anche le loro spoglie sono usate come oggetti di un cinico baratto, un baratto per il quale, per liberare una ragazza innocente, dopo un anno e mezzo di prigionia subita senza aver commesso alcuna colpa, occorre liberare decine di terroristi in carcere per reati di sangue.
Del resto, lo stesso Yahya Sinwar, il capo dei terroristi che progettò il massacro del 7 ottobre, era stato in carcere per molti anni per aver commesso altri sei omicidi, in quattro dei quali, tra l'altro, le vittime erano palestinesi. Venne rilasciato nel 2011 con altri 1.000 compagni di prigionia per ottenere la liberazione di un solo ostaggio, il caporale Gilad Shalit.
È giusto tutto questo? È giusto liberare dei terroristi per salvare degli ostaggi? Certamente è inevitabile se crediamo che la vita di ogni cittadino abbia un valore inestimabile. Lo crede Israele, come lo credono i Paesi dell'Occidente liberale. In questo quadro criticare le politiche di Israele e criticare il Governo Netanyahu è perfettamente legittimo; chiedere a Israele un maggiore impegno per tutelare le popolazioni civili è doveroso; criticare gli eccessi è giusto; approfittare di questa fase di tregua per moltiplicare gli aiuti alla gente di Gaza è indispensabile e l'Italia, come già nei mesi scorsi, è in prima linea nel soccorso alle tante vittime di questo drammatico conflitto , ma mettere sullo stesso piano un Paese democratico, nostro amico e alleato come Israele, e un'organizzazione terroristica come Hamas è inaccettabile e vergognoso .
Le prescrizioni della Corte penale internazionale vanno rispettate, certamente, ma non vanno necessariamente condivise. Possono essere criticate nel merito e nel metodo, ma soprattutto non sono autoapplicative. La Corte penale internazionale non ha un proprio corpo di polizia da utilizzare per questo: l'esecuzione è affidata agli Stati che hanno proprie regole e un proprio ordinamento.
L'Italia, come ha ben spiegato il Governo, è consapevole che esistono delle immunità e le immunità vanno rispettate. A questo proposito, la notizia di questi minuti, del ridicolo avviso di garanzia al Presidente Meloni, ai Ministri Nordio e Piantedosi e al Sottosegretario Mantovano, è la dimostrazione della confusione e del pregiudizio ideologico che affliggono non solo una parte dell'opposizione ma - ciò che è più grave - anche alcuni magistrati, malati di protagonismo o accecati dall'ideologia .
Ma, al di là di questo, vi è qualcuno in quest'Aula che pensa davvero che l'arresto di Netanyahu sia all'ordine del giorno della politica internazionale? Qualcuno pensa davvero che consoliderebbe la tregua o che avvicinerebbe la pace? Vi è qualcuno che non comprende che con le provocazioni politiche non si conclude alcun accordo? O, forse, si vuole solo ridurre il tutto all'ennesima speculazione politica interna, nell'illusione, del tutto infondata, di creare imbarazzo alla maggioranza o al Governo?
Ho sempre creduto, sulla base dell'insegnamento del presidente Berlusconi, che la politica estera debba essere sottratta alle meschinità delle manovre politiche interne, come avviene nei grandi Paesi democratici. Purtroppo, almeno questa volta, sembra che non vada così.
Il nostro Paese si è speso molto per la pace. La recente visita del Ministro degli Affari esteri Tajani in Israele e presso l'Autorità palestinese ha dimostrato la centralità del nostro ruolo. Il recentissimo viaggio del Presidente del Consiglio in Arabia Saudita ha aperto nuove strade all'iniziativa italiana nella regione. Tutto questo ci impone un supplemento di responsabilità e non certo il contrario. La soluzione dei due popoli e due Stati, nella quale ci ostiniamo a credere, forse oggi, grazie all'impegno dell'Italia, potrebbe essere leggermente più vicina.
Naturalmente, la gran parte del cammino è ancora da fare, ma, se vogliamo lavorare per questo, un passo alla volta è indispensabile farlo con attenzione e con responsabilità, consapevoli della complessità di un conflitto che danneggia tutte le parti in causa da quasi ottant'anni e consapevoli anche del fatto che Hamas non può e non deve avere un ruolo nel futuro di Gaza.
Così come il riconoscimento prematuro dello Stato palestinese, ad opera di alcuni nostri europei, non avvicina la pace, così l'avallo provocatorio a iniziative discutibili sul piano giuridico e ancor più su quello politico non fa che approfondire ancora di più il solco di diffidenze e di preoccupazioni per tutte le parti in causa.
Eppure, mai come ora si apre una serie di spiragli: la tregua a Gaza, quella precedente in Libano, il riallacciarsi dei fili degli Accordi di Abramo, la stessa caduta del regime di Assad in Siria, un territorio nel quale ancora una volta siamo presenti prima di altri e meglio degli altri e questo grazie anche alla scelta lungimirante di riaprire l'ambasciata, pur senza presentare la lettera e credenziali al dittatore Assad. Insomma, finalmente l'Italia è protagonista in un'area ai confini del Mediterraneo che ci riguarda direttamente, che riguarda i nostri interessi vitali, dall'energia ai commerci che passano attraverso lo Stretto di Hormuz nel Mar Rosso. Dobbiamo esercitare questo ruolo con consapevolezza, senza dimenticare né il legame storico con Israele, che è parte della nostra stessa identità di italiani ed europei (è parte integrante della nostra anima, come diceva il Presidente Berlusconi), né la nostra capacità di dialogo con i Paesi arabi, inclusi quelli più difficili.
Essere stati in grado di mantenere le relazioni con l'Iran, pur nella condanna della repressione del regime, ha consentito la liberazione in pochi giorni di Cecilia Sala, un capolavoro dell'Italia, dei nostri servizi di sicurezza, della nostra diplomazia, ma soprattutto del nostro Governo.
Questa è la strada da seguire e noi lo faremo senza dubbi e senza esitazioni. Per questo, voteremo la mozione di maggioranza e gli altri testi ai quali lei, signor Sottosegretario, ha dato parere favorevole a nome del Governo .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefania Ascari. Ne ha facoltà.
STEFANIA ASCARI(M5S). Grazie, Presidente. “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”. Di chi è questa frase? Questa frase è di Primo Levi, che ci ricorda e ci descrive quanto sta avvenendo proprio oggi nei confronti del popolo palestinese. Soldati israeliani che si comportano come carnefici nazisti agli ordini di un Governo che di umano non ha più nulla, perché sembra posseduto. Solo con la perdita dell'umanità si può spiegare come un uomo - se così si può definire -, un soldato possa sparare alla testa di una bambina di due anni, perché non c'è più niente di umano in tutto questo. E non ci vengano a dire che questa è lotta al terrorismo, perché questa affermazione non solo è falsa, ma va contro la più semplice logica. È evidente che quello che sta facendo questo Governo israeliano sarà la prima causa della nascita di un nuovo terrorismo, con l'avallo degli Stati Uniti e di tutti quegli Stati, Italia compresa, che stanno continuando ad inviare armi ad Israele. Ed è con forza che chiediamo di fermare questo della morte e interrompere ogni rapporto economico e commerciale con il criminale di guerra e contro l'umanità, Netanyahu!
Al Governo israeliano non interessa sradicare il terrorismo, ma interessa sradicare la verità, perché ha paura della verità. E qual è questa verità? Dal 7 ottobre ad oggi, sono state uccise sotto i bombardamenti israeliani e bruciate vive oltre 46.000 persone, soprattutto donne e bambini, anche se altri dati ufficiali ci parlano di oltre 70.000 vittime, innocenti uccisi. Non si sono limitati a sterminare decine di migliaia di persone, hanno privato un'intera popolazione di cibo, di acqua, di medicine, perché il messaggio era chiaro: dovete morire di fame, questo lo abbiamo visto con i nostri occhi al valico di Rafah, abbiamo visto il genocidio, l'abbiamo toccato con mano. Ed ancora, li hanno sfollati decine di volte, anche 19 volte in un mese, dicendogli: “andate lì, quello è un luogo sicuro, state tranquilli”! Invece poi bombardavano creando una situazione di panico e di angoscia, di morte h24.
Oggi a Gaza c'è la tregua. Adesso centinaia di migliaia di palestinesi stanno ritornando e lì troveranno macerie, amianto, detriti cadaveri e, secondo le Nazioni Unite, ci vorranno almeno 14 anni solo per liberare Gaza da questa devastazione.
Oggi, a Gaza, non c'è niente, ma voglio dirlo: quel niente è il loro tutto, è la ragione per cui hanno resistito e resistono, la terra che amano e che è la loro casa. Oggi, ripeto, c'è una tregua, ma nessuno dice, nessuna fonte di stampa dice che in Cisgiordania si continua a morire, perché qui Israele ha trasferito la guerra genocida con l'operazione “Muro di ferro”. E, quindi, se si vuole arrestare questa follia di guerra infinita, oltre al cessate il fuoco definitivo e permanente, bisogna porre fine all'occupazione illegale e criminale di territori altrui palestinesi da parte di Israele , che è la prima causa di radicalizzazione, oltre all'assenza totale di diritti riconosciuti in capo al popolo palestinese.
Bisogna porre fine all'. Israele non ha alcun diritto di mantenere il suo controllo sul territorio e sulla vita della popolazione di Gaza e a ribadirlo è la stessa Corte internazionale di giustizia, che ha definito illegali gli insediamenti israeliani, stabilendo che debbono avere fine il prima possibile. E, allora, l'illegalità come si contrasta? Facendo prevalere la giustizia e il diritto.
Ci tengo a ricordare che il 13 dicembre, assieme ai colleghi e alle colleghe dell'Intergruppo per la pace tra Israele e Palestina che coordino, assieme ad europarlamentari e ONG, siamo stati all'Aia, alla Corte penale internazionale. Abbiamo parlato con loro e abbiamo saputo che stanno subendo attacchi fortissimi per delegittimarla, per isolarla, specialmente dopo l'emissione dei mandati di arresto contro il criminale di guerra e contro l'umanità, Netanyahu, e l'ex Ministro della difesa, Gallant. In particolare, è bene ricordare che nei Parlamenti di Stati Uniti e Israele sono in discussione proposte di legge scellerate per introdurre sanzioni contro la Corte, contro i suoi funzionari e per criminalizzare chiunque collabori con la Corte. Questo significa consegnare il certificato di morte alla Corte, significa che tutti i procedimenti giudiziari pendenti rischiano di essere cancellati e, quindi, chi ha compiuto crimini abominevoli rimane impunito e le vittime rimarranno senza giustizia. Questo è aberrante! Bisogna parlarne e denunciarlo nelle sedi istituzionali .
In tutto questo, il Ministro Tajani cosa fa? Pensa a rassicurare Israele, dicendo che, se Netanyahu dovesse visitare il Paese, venire in Italia, non deve preoccuparsi, è il benvenuto, non sarà arrestato. Questa è l'idea che il nostro Ministro ha di una Corte internazionale, cioè che non è la bocca della verità; idee che sono contenute nella vostra mozione di maggioranza, che è a dir poco imbarazzante, veramente è dire poco.
Non avete evidentemente il tempo di studiare, forse perché questo Governo e questa maggioranza erano e sono impegnati a liberare e a rimpatriare, con un volo di Stato pagato con i soldi dei cittadini italiani, un criminale internazionale , un torturatore, che tra l'altro è ricercato ed è sotto mandato di arresto della Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità, tra cui, lo ripeto, torture e violenze sui migranti nei campi libici, per cui è arrivato pochi minuti fa un avviso di garanzia per Meloni, Piantedosi, Mantovano e Nordio. E allora vi chiediamo: ma come è possibile che avvenga tutto questo, che tra l'altro un criminale internazionale andasse a vedere tranquillamente una partita di calcio? Ma che messaggio aberrante dà questo Governo ? Che messaggio dà? Dà il messaggio che i criminali di guerra e contro l'umanità e chi tortura esseri umani possono dormire sonni tranquilli, possono stare proprio sereni.
Invece non possono farlo le ONG che salvano le vite in mare e i cittadini, i comuni cittadini, che scendono in piazza, o, come da ultimo, un regista bresciano, che ha appeso fuori la bandiera della Palestina e lo striscione “Palestina libera” e si è ritrovato Carabinieri e Polizia dentro la casa, con i genitori anziani, sequestrando questi striscioni. Ma è normale tutto questo ? Ma come si fa? La responsabilità è di chi si volta dall'altra parte, soprattutto dei che non smettono, purtroppo, di praticare il doppio standard.
Così i morti israeliani sono morti, i morti palestinesi sono numeri; gli israeliani sono ostaggi, quelli palestinesi sono prigionieri; degli ostaggi israeliani conosciamo i volti, la storia, i nomi, mentre dei 46.000 morti palestinesi non conosciamo nulla, nemmeno i volti. Eppure, lo voglio ricordare, erano anche loro esseri umani, con le loro vite, i loro sogni, i loro affetti. Soprattutto, c'erano dei bambini che potevano essere i nostri figli, e questa è la disumanizzazione che da sempre subiscono i palestinesi, perché hanno una colpa: sono palestinesi e devono essere puniti.
Negli ultimi anni, ci tengo a dirlo, ho avuto modo di incontrare molti uomini e donne palestinesi, persone straordinarie, profondamente legate alle proprie radici, tutte unite dal desiderio di portare alla luce le ingiustizie che il loro popolo subisce quotidianamente, ma anche la ricchezza della loro cultura e delle loro tradizioni. È per questo che li voglio ringraziare pubblicamente tutti e tutte in quest'Aula , nel Parlamento: grazie. E voglio ribadire che i palestinesi hanno diritto ad esistere come popolo, all'autodeterminazione. Questo è il primo tassello per costruire la pace.
Chiudo, Presidente, dicendo che è il momento di scegliere. Si può scegliere di stare dalla parte dell'ingiustizia e della disumanità, e quindi essere complici dell'orrore, o scegliere di stare dalla parte della giustizia. E come? Fermando l'invio di armi; firmando a favore delle risoluzioni per la pace nelle sedi internazionali, invece che astenersi; riconoscendo lo Stato di Palestina; facendo tutto il possibile per fermare definitivamente il genocidio. Basta silenzi, Palestina libera. Ritorniamo ad essere umani, grazie Palestina libera” “Salviamo la Corte penale internazionale”.
PRESIDENTE. Va bene, però sa che non si possono esporre cartelli. Quindi vi prego di togliere i cartelli e chiedo agli assistenti, per cortesia, di agevolare la rimozione dei cartelli .
Onorevole Sottosegretaria Tripodi, mi pare di capire, con riferimento al parere sulla mozione a prima firma dell'onorevole Richetti, che, con riguardo alla premessa 3), la proposta di riformulazione deve intendersi nel senso di sostituire le parole: “è impossibile” con: “solo con il tempo sarà possibile”. Lei mi conferma?
MARIA TRIPODI,. Esattamente, Presidente, confermo.
PRESIDENTE. Bene, lei me lo conferma e l'accendiamo, a posto.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Formentini. Ne ha facoltà.
PAOLO FORMENTINI(LEGA). Grazie, Presidente. Sottosegretaria, intervengo in un'Aula che è stata raggiunta dalla notizia dell'avviso di garanzia alla nostra Premier Meloni, al Ministro Nordio, al Ministro Piantedosi e al Sottosegretario Mantovano. Mi sia consentito esprimere la piena e totale solidarietà della Lega-Salvini Premier per qualcosa che è gravissimo . Lo diceva prima l'onorevole Orsini, dovremmo essere tutti uniti in politica estera. Purtroppo così non è, e così indeboliamo il nostro Paese.
Intervengo dopo il Giorno della Memoria, era ieri. Tutti si sono profusi in dichiarazioni: “”. Sono passate meno di 24 ore e ci risiamo, ci risiamo con l'odio per lo Stato di Israele, lo Stato degli ebrei, con l'antisemitismo nelle nostre università. Gli studenti di religione ebraica a La Sapienza devono nascondere la propria religione. Questa è la situazione dell'Italia di oggi, non quella delle leggi razziali, e non perché lo voglia questo Governo, ma perché ci sono frange estremiste che, invece che unirsi all'Occidente tutto, simpatizzano per chi fa la guerra all'Occidente.
Allora è necessario ritornare alle radici, alla riscoperta di quei valori comuni che sono alla base delle nostre democrazie. E sì, anche Israele è una democrazia, una democrazia nostra alleata, una democrazia che ha subito un atto terribile, un tentativo di genocidio è stato quel famoso 7 ottobre. Non dobbiamo scordarlo, lo sappiamo bene noi della Lega, che sempre ci spendiamo a difendere Israele, perché sappiamo che l'antisemitismo, purtroppo, è ritornato. Prima era soprattutto a destra, e ci sono stati danni, tragedie, genocidio, l'Olocausto.
Oggi lo vediamo nell'estrema sinistra, in una sinistra che non ha più gli anticorpi per combatterlo. È qualcosa di drammatico e di doloroso, perché ancora non siamo riusciti a fare i conti con quella storia e con un popolo nostro amico, nostro alleato, con il quale condividiamo radici. Torno sulle radici. In nome di quelle radici abbiamo costruito le nostre democrazie, su quei valori. Le democrazie sono fatte di regole, chi non accetta le regole si pone fuori dalle democrazie.
Allora stiamo attenti, perché questa simpatia per movimenti come Hamas non fa altro che minare l'Occidente, l'esistenza dell'Occidente stesso. Ho citato il 7 ottobre non a caso. Sono personalmente convinto, e mi prendo la responsabilità piena di ciò che sto per dire, che quell'attacco alla libertà, alla democrazia, ad un popolo sia stato sì, certo, con la regia dell'Iran, ma che qualcuno degli alleati dell'Iran (penso a Mosca, penso a Pechino) qualcosa la sapesse, perché lì c'è un'alleanza delle dittature contro la libertà, contro il libero pensiero.
È notizia di oggi che una nuova intelligenza artificiale, a buon mercato, si va già diffondendo, è cinese. Quell'intelligenza artificiale, se qualcuno digita “Piazza Tienanmen”, non dà risposte. Se qualcuno digita “Tibet” o “Taiwan”, legge: parte integrante del territorio della Repubblica popolare cinese. Ecco, noi stiamo favorendo queste forze, stiamo dimenticando chi siamo, ed è per questo che noi non possiamo consentire un uso di quelle istituzioni internazionali create dall'Occidente a difesa della libertà per distruggere la nostra libertà .
È quello che abbiamo visto a Gaza, dove l'UNRWA è stata più volte accusata da Israele, che ne ha fornito anche le prove, di nascondere al proprio interno elementi di Hamas. È quello che succede oggi con la Corte penale internazionale. Si vuole arrestare in Italia il Primo Ministro di uno Stato nostro alleato, Netanyahu, in nome del diritto, ma, così facendo, non si favorisce, forse, chi quel diritto, nel mondo del diritto internazionale, lo nega ogni giorno e vuole imporre con forza un nuovo ordine mondiale, cancellando proprio quelle stesse istituzioni che oggi, incapaci di reagire alla strumentalizzazione, si prestano a questo uso spregevole?
Quindi, vicini a Israele perché - lo ha scritto ieri l'onorevole Orsini, l'ho ripreso anch'io, pochi hanno il coraggio di dirlo e di scriverlo - non ricordate gli ebrei morti, non ricordate l'Olocausto se non difendete quelli vivi. Voteremo a favore della mozione di maggioranza .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ghio. Ne ha facoltà.
VALENTINA GHIO(PD-IDP). Grazie, Presidente. Se assumeva un profilo di grande rilevanza la discussione su questa mozione nel momento in cui è stata avviata, oggi, in questi giorni, diventa più che mai centrale nel dibattito del nostro Paese, perché lo riguarda ancora più direttamente, soprattutto dopo quello che è accaduto in questi giorni. Le parole che abbiamo appena ascoltato di fantapolitica della Lega di adesso confermano ulteriormente il bisogno di una mozione come questa.
Lo scorso mese, con una delegazione di deputate e deputati di questo Parlamento, insieme a parlamentari europei e rappresentanti di organizzazioni umanitarie, siamo stati nella sede della Corte penale internazionale all'Aja, dove abbiamo incontrato i vertici della Corte, per comprendere, da fonte diretta, la situazione, per portare la nostra solidarietà a seguito dei pesanti attacchi che sta subendo da parte di alcuni Stati.
Mi riferisco alle proposte legislative in corso al Congresso degli Stati Uniti e alla Knesset israeliana, che prevedono sanzioni tali nei confronti della Corte, di chi ci lavora, dei soggetti economici che prestano loro i servizi, che, se venissero attuate, renderebbero, di fatto, la Corte impossibilitata ad agire. E, se a questi percorsi si aggiungono le dichiarazioni di discredito che in questi mesi, in questi anni sono seguite - penso a quelle del Ministro russo Medvedev, che ha citato la Corte come una misera organizzazione internazionale, a dichiarazioni più blande ma certamente altrettanto ambigue di alcuni nostri Ministri e della Premier -, la situazione diventa molto grave e necessita di un chiarimento e di una inequivocabile espressione di intenti, di riconoscimento pieno della Corte da parte di questo Parlamento.
Ed è ancora più rilevante, se si considera che l'Italia è tra i fondatori della Corte, il Paese dove fu firmato lo Statuto di Roma. Quindi, il lavoro della Corte va rispettato ma in tutti i suoi passaggi: le indagini, gli eventuali mandati di arresto, le sentenze, mettendo in atto ogni forma di collaborazione che ogni passaggio richiede. Se l'Italia non rispetta questo, se l'Italia si allinea al discredito della Corte, se l'Italia non collabora con la Corte, il nostro Paese non solo rinnega i capisaldi della nostra politica estera degli ultimi decenni ma mette in discussione l'obiettivo di perseguire la legalità internazionale .
Ma come si è arrivati a questo? Perché questo accade? Intanto perché il 21 novembre scorso la Corte ha emesso dei mandati di arresto scomodi per il Primo Ministro israeliano Netanyahu, per Gallant, l'ex Ministro della Difesa, per Mohammed Deif, di Hamas, accusandoli di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità. Ma alla Corte non ci sono solo i procedimenti contro Netanyahu, Gallant e Deif ma anche quelli contro la Russia per i massacri compiuti, in particolare, per le deportazioni dei bambini nell'occupazione dell'Ucraina e tutte le altre procedure aperte contro le guerre e crimini nel mondo, in varie parti del mondo, nell'Africa, dal Mali al Congo, perché la Corte penale internazionale opera appunto secondo principi di diritto internazionale. È un tribunale di ultima istanza, dove lavorano oltre mille persone di 109 Paesi diversi, che supplisce le giurisdizioni nazionali quando queste omettono di perseguire i crimini previsti dallo Statuto di Roma. Ma, nonostante questo, quest'ultima decisione ha generato forti reazioni politiche. Netanyahu stesso ha definito addirittura la mossa antisemita, motivata politicamente, nonostante la Corte accusi singoli individui, ovviamente, e non lo Stato di Israele. La decisione, invece, secondo noi rappresenta un passo importante per la giustizia internazionale. Certo, pone sfide politiche e diplomatiche complesse, ad affrontare le quali occorre essere all'altezza. Il nostro Governo avrebbe dovuto dimostrare di essere all'altezza ma così non è stato e non è. Ed è accaduto che mentre l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione, Borrell, dichiarava, prima dello scadere del proprio incarico, che le decisioni della Corte sono vincolanti per gli Stati membri, i rappresentanti del nostro Governo balbettano dichiarazioni in ordine sparso, lontane dal rispetto del diritto internazionale . Il Ministro Salvini dichiarava che il Premier israeliano sarebbe stato il benvenuto in Italia. Il Ministro Tajani insinuava che le decisioni della Corte dovrebbero essere giuridiche e non politiche e che si doveva applicare l'immunità, in palese contrasto con la Corte stessa. E voi, con i vostri pareri, avete continuato a reiterare il tema dell'immunità già contrastata dalla stessa Corte, che ne ha escluso la prevalenza. Ha escluso la prevalenza delle norme internazionali sull'immunità rispetto alle sue pronunce per crimini di guerra. Quindi, di cosa stiamo parlando? La Premier Meloni annunciava approfondimenti, tenendo a sottolineare però che le motivazioni della Corte dovevano essere oggettive e non politiche. Credo che si capisca bene da questa sequenza di dichiarazioni che il nostro Governo non è stato all'altezza del presidio della tutela della legalità internazionale .
Poi, solo pochi giorni fa è accaduto un fatto clamoroso: la scarcerazione di Almasri, per cui peraltro apprendiamo che adesso sembrano essere emanati avvisi di garanzia per peculato e favoreggiamento per Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano. Noi rispettiamo sempre la magistratura e attendiamo l'evoluzione del suo operato, ma nulla toglie alla gravità politica di quello che è accaduto . La scarcerazione del capo della Polizia giudiziaria libica su cui pende un atto di accusa della Corte penale di 36 pagine, in cui viene accusato di aver picchiato, torturato, molestato sessualmente, ucciso o aver ordinato di farlo i prigionieri di carceri libici. I casi accertati dall'Aia sono 5.140.
Come sappiamo, Almasri, ricercato internazionale, viene arrestato a Torino il 18 gennaio, scarcerato il 21 su indicazione della Corte di appello di Roma e accompagnato in Libia con un volo di Stato pronto allo scopo. Mentre la Corte chiede spiegazioni al Governo sulla violazione commessa - è la prima volta, la prima volta che un Governo europeo non dà esecuzione al mandato spiccato dall'Aia -, ancora una volta si susseguono balbettii e contraddizioni. Il Ministro Nordio, che ha grandi responsabilità in questa vicenda, si trincera dietro cavilli giuridici che avrebbero impedito la convalida dell'arresto e non motiva il suo mancato ma doveroso intervento sulla questione, il suo mancato ma doveroso collegamento con la Corte . Praticamente, secondo il Ministro, il torturatore libico è stato scarcerato perché il Ministro non è stato avvisato con congruo anticipo. Il Ministro Piantedosi dichiara l'incredibile, dice: “Almasri è stato allontanato dall'Italia per la sua pericolosità”, aggravando ancora di più, così, la condotta del collega Nordio. La Premier Meloni, dopo svariati giorni di imbarazzante silenzio, attacca di fatto la Corte dicendo che “forniremo i chiarimenti richiesti ma ne chiederemo altrettanti”. Quindi, la Premier, che ha usato come una bandiera al suo “darò la caccia ai trafficanti di uomini su tutto il globo terracqueo” non solo li rispedisce a casa su un comodo volo di Stato ma si dimostra una preoccupante interprete della giustizia internazionale , quella delle sanzioni selettive, dei due pesi e due misure, di fatto delegittimando con il suo operato pesantemente l'azione della Corte penale internazionale.
Insomma, la delegittimazione della Corte è evidente anche nel nostro Paese, ma si inserisce in una delegittimazione più ampia, inaccettabile, nel tentativo che c'è di colpire le istituzioni multilaterali. Dalla decisione del Governo israeliano di dichiarare il Segretario generale delle Nazioni Unite Guterres persona non grata, all'approvazione di leggi che definiscono l'UNRWA un'organizzazione terroristica, vietando di condurre qualunque azione umanitaria in Israele, in Cisgiordania, Gaza, con ulteriori ricadute drammatiche, agli attacchi contro UNIFIL nel sud del Libano: fatti su cui il nostro Governo è stato silente o debole, silente o debole.
Noi oggi abbiamo sentito il dovere di chiedere al Parlamento un impegno chiaro, rispettoso del diritto internazionale, rispettoso della dignità delle vittime di guerra, dei crimini contro l'umanità, senza che vi trinceriate dietro immunità poco praticabili. Infatti, vedete, le vittime sono tutte uguali, meritano tutte lo stesso rispetto: mi ritorna spesso alla mente questa frase che ci ha detto un rappresentante della Corte dell'Aia quando siamo andati in visita. Ma il nostro Paese, con la pessima gestione della vicenda Almasri, ha dimostrato il contrario, mettendo in discussione il diritto internazionale, affossando la speranza di giustizia di chi è stato torturato, stuprato, ingiustamente recluso, ha avuto familiari uccisi.
In Medio Oriente è in atto un percorso difficilissimo di mantenimento della tregua, un percorso pieno di ostacoli, che ha già avuto violazioni importanti, con attacchi alla popolazione civile inerme in Cisgiordania, come ci hanno anche testimoniato i racconti della recente visita del Comitato diritti umani della Camera. Ogni azione va messa in campo per sostenere questa fragile tregua, con il completo rilascio degli ostaggi, con il diritto di vivere in pace di tutti i civili, insieme all'attuazione di una politica che possa garantire l'unità della Striscia di Gaza, della Cisgiordania sotto l'autorità palestinese, oltre che il riconoscimento dello Stato di Palestina, la fine dell'occupazione dei territori. Ma la tregua non può e non deve cancellare quanto è avvenuto e le responsabilità, quelle di Hamas per il massacro del 7 ottobre e quelle del Governo israeliano per gli oltre 47.000 morti di Gaza , in buona parte donne, bambini, in buona parte morti per le conseguenze della fame, del freddo, del deliberato blocco di medicine e cure, che abbiamo visto con i nostri occhi al valico di Rafah il marzo scorso. Il futuro di pace si realizza se accompagnato dal diritto, un futuro di pace duratura non si può realizzare con la negazione della speranza, della giustizia per le vittime e per le loro famiglie.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
VALENTINA GHIO(PD-IDP). Per questo - e ho concluso, Presidente - per non perdere il senso del futuro, riteniamo che il nostro Paese abbia il dovere politico, oltre che giuridico, di cooperare e sostenere chi tutela la legalità internazionale, non di negarla, come avete fatto anche con le riformulazioni di oggi, di sostenere chi, come la Corte penale internazionale dell'Aia, opera per ridare giustizia e speranza a milioni di persone
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Stefano Maullu. Ne ha facoltà.
STEFANO GIOVANNI MAULLU(FDI). Grazie, Presidente. Mi consenta, prima di intervenire sulla mozione di Gaza, di esprimere tutta la solidarietà del gruppo di Fratelli d'Italia al Primo Ministro Giorgia Meloni e ai componenti del Governo raggiunti da un avviso di garanzia . Per riprendere le parole del Primo Ministro, che “non è ricattabile”, aggiungo che “non è condizionabile”. Credo che, insieme all'applauso, vada il nostro abbraccio corale a chi lavora quotidianamente per il bene del Paese.
Presidente, mi rivolgo a lei perché, parlando di Gaza, credo sia importante soprattutto pensare a ciò che è Gaza: un cumulo di macerie che diventano fango con la pioggia e polvere con il sole. E questa è un'immagine che credo tutti noi abbiamo ben presente, insieme ai corpi deturpati dei neonati, delle famiglie e dei giovani che sono stati raggiunti a tradimento dai terroristi di Hamas durante la giornata del 7 ottobre.
Una giornata che è iniziata, come è stato ben ricordato, con il lancio di 5.000 missili nell'arco di venti minuti. Una giornata che si è conclusa con il rapimento di 250 innocenti, che ancora oggi, in gran parte, sono prigionieri di questo movimento terroristico. Credo che tutto questo sia stato fatto ben sapendo che la merce di scambio erano il sangue e la vita dei tanti palestinesi che avrebbero sofferto e sarebbero periti per una reazione che è stata consolidata da Israele proprio come reazione codificata nel corso degli anni, anzi, nel corso dei decenni, occorre dire, da Moshe Dayan, per finire a Golda Meir.
E per un popolo che ha passato l'Olocausto credo che non ci sia più paura di nulla, e questo i terroristi di Hamas se lo sono scordato. Quindi, la prima domanda è il perché di tutto questo, ed è un perché che non trova una risposta, se non nella follia omicida di chi ha nel proprio statuto l'eliminazione di Israele, di chi è stato alimentato e foraggiato per decenni da Paesi stranieri che miravano a garantire che Israele fosse circondata.
Credo che questo contesto abbia una sola e precisa responsabilità da attribuire a tutti coloro che hanno deciso di non capire il senso della storia e di non capire ciò che, dopo i primi Accordi di Abramo, diventava un dato di fatto, da cui non poter sfuggire. Credo, quindi, che il fallimento di questa strategia sia sotto gli occhi di tutti. Tutto è cambiato: è cambiato con la decapitazione del movimento di Hezbollah; è cambiato con la caduta del regime di Assad, come è stato ben definito; è cambiato, credo, per poter garantire la riaffermazione di un punto di vista che possa garantire la pace e l'equilibrio non semplicemente a Gaza e in Israele, non semplicemente tra i palestinesi e il popolo israeliano, ma soprattutto in una dimensione particolarmente martoriata quale quella del Medio Oriente.
E qui va rammentata, ancora una volta, l'intuizione di questo Governo, l'attivismo e, soprattutto, la capacità di avere una dimensione di pragmatismo rispetto a quel contesto. È stato detto, ma occorre ribadirlo: la nostra presenza in Siria ha anticipato i mutamenti di regime in quel Paese e ha anticipato la possibilità di poter essere interlocutori in un Paese chiave, in un Paese cerniera. E allora, da questo punto di vista, credo valga ancora la pena di rammentare quello che ha rappresentato la presenza dell'Italia, non semplicemente a Gaza, con il programma e soprattutto con la nave ospedale, che è servita a curare in maniera rapida e immediata i tanti che soffrivano per tutto ciò che Hamas aveva creato .
Credo, invece, che vada dato atto all'Italia, all'attività del Governo, di una presenza continua e costante. Una presenza che ci ha, peraltro, riproposto come Paese in quel quadrante anche rispetto a tutto il resto dell'Unione europea. Credo che vada dato atto al Governo Meloni per una lungimiranza che ancora oggi credo sia sorprendente, per l'attività internazionale del Primo Ministro e la presenza del Ministro degli Affari esteri, che credo abbia individuato anche i canali chiave per poter continuare a garantire all'Italia una presenza costante.
Ecco perché noi voteremo convintamente la mozione di maggioranza e ci adegueremo a tutte le riformulazioni del Governo, perché crediamo che, mai come in questo momento, ci sia bisogno di pace, ci sia bisogno di poter garantire a Israele una possibilità di interlocuzione internazionale - peraltro, i grandi mutamenti che stanno avvenendo ci riporteranno senza ombra di dubbio in questa condizione - e per garantire al nostro Paese quel ruolo di cerniera che ormai da decenni svolgiamo in Libano e che certamente possiamo continuare a fare anche in Israele, soprattutto in un nuovo rapporto che veda la presenza dell'Autorità nazionale palestinese rispetto a ciò che aveva perso a Gaza in una lotta fratricida con il gruppo terroristico di Hamas, per poter garantire soprattutto ai palestinesi, quelli che a decine di migliaia cercano una risposta, di avere un'interlocuzione che non sia semplicemente il giogo di un movimento terroristico quale Hamas .
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Per quanto riguarda le votazioni per parti separate, faccio presente che i presentatori delle mozioni - ove necessario - hanno prestato il consenso previsto a seguito delle riforme regolamentari.
Passiamo, dunque, alla votazione della mozione Fratoianni ed altri n. 1-00370 . Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo.
Avverto, altresì, che sono state avanzate richieste di votazioni per parti separate, nel senso di votare: dapprima, congiuntamente i capoversi 2° e 3° del dispositivo; a seguire, il 6° capoverso del dispositivo; in fine, la premessa congiuntamente ai restanti capoversi del dispositivo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sui capoversi 2° e 3° del dispositivo della mozione Fratoianni ed altri n. 1-00370 , con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul 6° capoverso del dispositivo della mozione Fratoianni ed altri n. 1-00370 , con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla premessa e i restanti capoversi del dispositivo della mozione Fratoianni ed altri n. 1-00370 , con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione della mozione Riccardo Ricciardi ed altri n. 1-00375 .
Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo.
Avverto, altresì, che sono state avanzate richieste di votazioni per parti separate, nel senso di votare: dapprima, distintamente i capoversi 1°, 3° e 8° del dispositivo…
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Non si è sentito!
PRESIDENTE. VAR? Bene. Tanto poi ve lo ripeto. A seguire, la premessa congiuntamente ai restanti capoversi del dispositivo.
Allora, colleghi, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul 1° capoverso del dispositivo della mozione Riccardo Ricciardi ed altri n. 1-00375 , con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul 3° capoverso del dispositivo della mozione Riccardo Ricciardi ed altri n. 1-00375 , con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'8° capoverso del dispositivo della mozione Riccardo Ricciardi ed altri n. 1-00375 , con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla premessa e i restanti capoversi del dispositivo della mozione Riccardo Ricciardi ed altri n. 1-00375 , con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione della mozione Faraone ed altri n. 1-00381 .
Avverto che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, pertanto, il parere deve intendersi favorevole alla mozione nella sua interezza.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Faraone ed altri n. 1-00381 , come riformulata, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Passiamo alla votazione della mozione Richetti ed altri n. 1-00386.
Avverto che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo, ad eccezione della richiesta di espunzione del 10° capoverso della premessa e della riformulazione relativa all'11° capoverso della premessa.
Contestualmente, i medesimi presentatori hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare: dapprima, la mozione nella sua interezza, ad eccezione dei capoversi 10° e 11° della premessa; a seguire, i capoversi 10° e 11° della premessa.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Richetti ed altri n. 1-00386, come riformulata, ad eccezione dei capoversi 10° e 11° della premessa, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sui capoversi 10° e 11° della premessa della mozione Richetti ed altri n. 1-00386, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Orsini, Calovini, Formentini, Tirelli ed altri n. 1-00387 , con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Passiamo alla votazione della mozione Braga ed altri n. 1-00394.
Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, pertanto, il parere deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Braga ed altri n. 1-00394, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Secondo le intese intercorse tra i gruppi, l'esame degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno è rinviato alla seduta di domani.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Riccardo Ricciardi. Ne ha facoltà.
Colleghi, per favore, chi deve uscire lo faccia in silenzio.
RICCARDO RICCIARDI(M5S). Grazie, Presidente. Domani abbiamo un'informativa del Ministro Nordio e del Ministro Piantedosi su quella vicenda riprovevole del rimpatrio del criminale libico con un aereo di Stato. Abbiamo due indagati, ma ce ne manca un terzo: ci manca la Premier Meloni che venga in Aula a riferire
Questo lo riteniamo inaccettabile. Già la settimana scorsa abbiamo chiesto che fosse la Premier a intervenire e lo diciamo oggi più che mai, non entrando nella vicenda giudiziaria. Sento già che si sta gridando alla magistratura che non fa fare il lavoro al Governo. Attenzione, perché qui o ha detto una bugia in Senato il Ministro Piantedosi nel o l'ha detta la Meloni nel video che ha fatto oggi ! Infattiil Ministro Piantedosi ha detto che era stato informato il Dipartimento competente del Ministero della Giustizia e la Meloni lo ha negato nel video. Questo è un fatto politico! Non c'entra niente la magistratura, l'accerchiamento della magistratura!
Certo, erano belli i tempi in cui sentivamo la Meloni gridare all'alto tradimento nei confronti del Presidente del Consiglio che stava salvando un Paese durante la pandemia e chiedeva che intervenisse la magistratura in quel caso !
Vedete, quando si fermano i treni è colpa di un chiodo, quando non si trovano i soldi per le bollette è colpa delle finanze! Io sfido qualsiasi Governo della Repubblica a essersi trovato in eredità 209 miliardi di euro da spendere ed è colpa delle finanze! Quando c'è il problema dell'immigrazione - a gennaio, sono raddoppiati gli sbarchi rispetto al gennaio del 2024 - è colpa della magistratura che non fa portare in Albania, in quel centro allucinante, i migranti! Quando la sicurezza nelle nostre periferie non esiste, nonostante il Governo più a destra della storia della Repubblica, è sempre colpa di qualcun altro !
Allora, la Premier non è più, come a 25 anni, la Calimero della politica, che si ritrova, coi suoi amici fascistelli, a Colle Oppio, emarginata da tutta la politica . La Premier è Presidente del Consiglio italiano e si deve prendere una responsabilità ! Non può dare le colpe ad altri! Venga in Aula a rispondere su questo scandalo inaudito !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI(AVS). Grazie, Presidente. Noi non intendiamo chiedere certo un'informativa per quegli avvisi di garanzia. La Presidente Meloni ci ha tenuto ad avvisare tutti che lei non si lascia intimidire e con questo prova probabilmente a intimidire chi l'ha iscritta nel registro degli indagati.
Mi faccia dire che la vicenda per noi è più semplice. Domani, c'è un'informativa urgente in cui la Presidente Meloni è assente e questo - il Parlamento - è l'unico luogo in cui a noi deve rispondere .
Questo perché la vicenda è chiara, chiarissima, e l'ha descritta proprio Giorgia Meloni: doveva cercare in tutto il globo terracqueo quei trafficanti di uomini. Doveva cercarli e poi arrestarli. Tra l'altro hanno aumentato le pene per loro e per chi favorisce quei trafficanti ed è rimasta impigliata nelle sue stesse regole. Sa perché, Presidente? Perché dopo che li cerchi nel globo terracqueo e dopo che li arresti, se li rilasci e li riporti con un aereo di Stato a casa, non devi rispondere alla magistratura, devi rispondere al Parlamento italiano e devi venire qui, in Aula, con Nordio e Piantedosi a dirci cosa è successo, non è un cavillo. La Corte penale internazionale va rispettata come abbiamo appena detto nelle nostre mozioni, ma soprattutto va rispettata non solo l'opinione pubblica, ma la nostra Costituzione.
Vanno rispettati i diritti civili di quelle persone torturate, massacrate e violentate da un uomo che è stato riportato con un aereo dei servizi segreti. Una cosa la diciamo dal primo minuto e mi taccio: speriamo, come Alleanza Verdi e Sinistra, dal primo minuto che la Presidente del Consiglio si assuma le responsabilità e venga qui, perché una cosa è chiara; quell'aereo di Stato non poteva partire senza la sua autorizzazione e c'è stato un via libera, un via libera di cui lei deve rispondere davanti al Parlamento e davanti al Paese. Noi non ci faremo intimidire e continueremo a chiederlo davanti a tutte e tutti .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, su un altro argomento, sempre sull'ordine dei lavori, la deputata Baldino. Ne ha facoltà.
VITTORIA BALDINO(M5S). Grazie, signor Presidente. Io intervengo per richiedere un'informativa urgente della Ministra del Lavoro, Calderone, perché c'è una strage silenziosa che si sta continuando a consumare nel nostro Paese. Michael Affatato, 25 anni, è morto sabato scorso, cadendo da un capannone a Mandatoriccio. Qualche giorno prima Patrizio Spasiano, a Secondigliano, era un tirocinante. Fanno seguito ad un'altra morte di un giovane ragazzo, Sayed, sempre di 24 anni, morto a Lodi sempre cadendo da un capannone mentre lavorava.
Signor Presidente, noi vorremmo sapere dalla Ministra Calderone se ritiene che questa strage silenziosa possa ancora continuare senza colpo ferire. Noi vorremmo sapere dalla Ministra Calderone che impatto hanno avuto le misure in materia di salute e sicurezza sul lavoro messe in campo da questo Governo, da quando è in carica questo Governo, perché noi riteniamo sia urgente attuare un piano straordinario nazionale di prevenzione sugli infortuni sul lavoro. Non bisogna poi semplicemente piangere i nostri morti, bisogna prevenire queste cose che accadono; e per fare in modo che queste cose si prevengano, bisogna diffondere la cultura della sicurezza sul lavoro. Se è vero quello che dice il primo articolo della nostra Costituzione, ossia che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, il lavoro è il fondamento del nostro Paese e della nostra democrazia. Se questo è vero, non si può morire a 25 anni cadendo da un capannone, non si può morire mentre si fa tirocinio, non si può morire mentre si lavora, soprattutto se sono persone che hanno tutta la vita davanti.
Se è vero quello che dice il primo articolo della nostra Costituzione, i costi della salute e della sicurezza sul lavoro non possono ricadere soltanto su una parte, perché non è interesse soltanto di chi assume diffondere la cultura, fare formazione e prevenire gli infortuni sul lavoro, ma è interesse dello Stato intero, è interesse di tutti noi perché questo accada. Quindi è necessario che lo Stato difenda il primo articolo della nostra Costituzione e prevenga questa strage silenziosa che si sta consumando nel nostro Paese, perché, Presidente, spendiamo veramente tantissime risorse in opere inutili e in armi di distruzione e non ci rendiamo conto di quello che veramente conta, ossia che nessuna mamma debba non vedere il figlio tornare a casa dopo che è uscito per andare a lavorare. Questo veramente non può più accadere. Quindi, chiediamo che il Governo metta, in capo all'agenda delle cose da fare, la prevenzione, la salute e la sicurezza sul lavoro e chiediamo che venga qui a riferire su quanto fatto fino ad ora su questo tema, sull'impatto delle misure adottate e su quanto intende ancora fare, perché non si può più attendere, non possiamo più arrivare alla conta dei morti .
PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di mercoledì 29 gennaio 2025 l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:
alla VII Commissione (Cultura):
S. 597 - Fallucchi ed altri: Disposizioni per la promozione delle manifestazioni in abiti storici e delle rievocazioni storiche. Istituzione della “Giornata nazionale degli abiti storici”.
PRESIDENTE. Avverto che, come già comunicato ai gruppi, all'informativa urgente del Governo in merito alla richiesta di arresto della Corte penale internazionale e successiva espulsione del cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish, prevista per domani, mercoledì 29 gennaio, alle ore 16,15, prenderà parte, oltre al Ministro dell'Interno, anche il Ministro della Giustizia.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pavanelli. Ne ha facoltà per due minuti.
EMMA PAVANELLI(M5S). Grazie, Presidente. Intervengo oggi per denunciare le indecorose condizioni in cui sono costretti a lavorare i nostri agenti di Polizia presso il commissariato di pubblica sicurezza di Spoleto, una struttura che ormai da tempo, Presidente, versa in uno stato di degrado indegno per un ufficio pubblico, a maggior ragione quando si tratta di un presidio di sicurezza essenziale per il territorio. Stiamo parlando di una struttura con impianti elettrici non a norma, priva di accessibilità per le persone con disabilità, con infiltrazioni d'acqua che mettono a rischio la sicurezza di chi vi lavora e dell'utenza. A tutto questo si aggiungono servizi igienici obsoleti e insufficienti, un riscaldamento non funzionante e spazi inagibili.
Queste condizioni sono semplicemente inaccettabili e richiedono un intervento urgente per garantire un ambiente di lavoro sicuro e dignitoso per il personale del commissariato e per assicurare un servizio adeguato anche alla cittadinanza. Perché non utilizzare, per esempio, l'antistante istituto per sovrintendenti della Polizia di Stato come sede alternativa? Si tratta di una soluzione logica e immediata che garantirebbe spazi idonei e funzionali al personale e all'utenza. Ho presentato un'interrogazione al Ministro dell'Interno chiedendo chiarimenti al riguardo.
La sicurezza, al pari del decoro degli spazi pubblici, rappresenta un diritto e una priorità. Dovrebbero saperlo persino gli esponenti di un Governo come questo, sempre molto attenti alle parole e troppo poco ai fatti .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barabotti. Ne ha facoltà.
ANDREA BARABOTTI(LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, il 22 gennaio la provincia di Massa-Carrara ha ospitato, nel corso di una celebrazione istituzionale, uno dello scrittore e attore Moni Ovadia, che è stato riportato da molte testate giornalistiche nazionali per i suoi contenuti. L'artista sostanzialmente sosteneva che l'azione di Hamas, perpetrata il 7 ottobre, è un'azione pienamente legittima, perché un popolo occupato ha il diritto e il dovere di ribellarsi.
Le parole di Moni Ovadia hanno fatto certamente discutere e non è mia intenzione qui essere censore delle sue idee, per quanto strampalate esse siano. Però, nessuno si è concentrato su un fatto decisamente importante. In primo luogo, queste parole sono state pronunciate in una sede istituzionale, la provincia di Massa-Carrara.
La seconda circostanza, ancora più grave, è che queste parole sono state pronunciate in presenza di studenti e studentesse, portati in provincia per questo evento istituzionale dai loro professori.
Questa iniziativa si è tenuta per espressa volontà del presidente della provincia di Massa-Carrara, che ha avuto la bella idea di portare gli studenti e le studentesse della provincia ad ascoltare l'orazione di Moni Ovadia. Questi studenti e studentesse sono tornati a casa dalle loro famiglie con in testa l'idea che il 7 ottobre non è stato un atto terroristico, ma, viceversa, è stata un'azione assolutamente legittima di un'organizzazione che si chiama Hamas e che non è affatto un'organizzazione terroristica, come, invece, è.
Vorrei sapere, Presidente - lo faccio tramite lei -, se, tra i banchi del Partito Democratico, ci sia qualcuno capace, come ha fatto l'ufficio scolastico regionale, di alzare il ditino e prendere le distanze da questa iniziativa, dal loro presidente di provincia Gianni Lorenzetti, perché questo è un fatto grave. Il fatto stesso che sia stato il presidente della provincia a portare gli studenti di fronte a Moni Ovadia per esprimere quelle idee è assolutamente da condannare.
Fino a oggi, nemmeno ieri, nel Giorno della Memoria, nessuno del Partito Democratico ha avuto il coraggio di alzare il ditino e stigmatizzare l'operato del presidente della provincia .
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
1.
2.
3.
4.
S. 403 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: ROMEO ed altri: Disposizioni per la promozione della pratica sportiva nelle scuole e istituzione dei Nuovi giochi della gioventù (Approvata dal Senato). (C. 1424)
e delle abbinate proposte di legge: BERRUTO ed altri; AMATO ed altri.
(C. 947-990)
: SASSO.
5.
GAETANA RUSSO ed altri: Modifiche al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, e altre disposizioni in materia di cancellazione dai pubblici registri dei veicoli fuori uso sottoposti a fermo amministrativo. (C. 805-A)
e dell'abbinata proposta di legge: CASU ed altri. (C. 347)
: CASU.
6.
Modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma. (C. 2034-A)
: URZÌ.
7.
D'INIZIATIVA POPOLARE: La partecipazione al lavoro. Per una governance d'impresa partecipata dai lavoratori. (C. 1573-A)
e delle abbinate proposte di legge: CIRIELLI; MOLINARI ed altri; FARAONE; MOLLICONE ed altri; FOTI ed altri.
(C. 300-1184-1299-1310-1617)
: CAVANDOLI, per la VI Commissione; MALAGOLA, per la XI Commissione.
8.
S. 347 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: PIROVANO ed altri: Modifica alla legge 20 luglio 2000, n. 211, recante "Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti", al fine di prevedere un fondo per favorire l'organizzazione da parte delle scuole secondarie di secondo grado di "viaggi nella memoria" nei campi medesimi (Approvata dal Senato). (C. 792)
e delle abbinate proposte di legge: MANZI ed altri; DE PALMA ed altri. (C. 777-1495)
Relatrice: DALLA CHIESA.
9.
10.
11.