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Giovedì 31 Luglio 2025 ore 10:50
AULA, Seduta 521 - Decreto comparti produttivi, approvazione definitiva
Resoconto stenografico
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La Camera è convocata lunedì 4 agosto alle ore 13.
Nella seduta di giovedì 31 luglio è stato approvato il disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato) (C. 2527). In precedenza la Camera, con 178 voti favorevoli e 107 contrari, ha approvato la questione di fiducia posta dal governo sul medesimo provvedimento.
Alle ore 13.45 si è svolta la riunione del Parlamento in seduta comune per l'elezione di un membro del Consiglio superiore della magistratura.
Nella seduta di giovedì 31 luglio è stato approvato il disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato) (C. 2527). In precedenza la Camera, con 178 voti favorevoli e 107 contrari, ha approvato la questione di fiducia posta dal governo sul medesimo provvedimento.
Alle ore 13.45 si è svolta la riunione del Parlamento in seduta comune per l'elezione di un membro del Consiglio superiore della magistratura.
XIX LEGISLATURA
521^ SEDUTA PUBBLICA
Giovedì 31 luglio 2025 - Ore 10,50
(ore 10,50 e ore 16)
Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1561 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato). (C. 2527)
Relatori: MAERNA, per la X Commissione; MALAGOLA, per la XI Commissione.
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- Lettura Verbale
- Missioni
- Disegno di legge: S. 1561 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato) (A.C. 2527) (Seguito della discussione ed approvazione)
- S. 1561 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato).(C. 2527)
- Ripresa esame - A.C. 2527
- Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 2527
- Vice Presidente RAMPELLI Fabio
- Deputata GHIRRA Francesca (ALLEANZA VERDI E SINISTRA)
- Deputata PASTORELLA Giulia (AZIONE-POPOLARI EUROPEISTI RIFORMATORI-RENEW EUROPE)
- Deputata CAVO Ilaria (NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC E ITALIA AL CENTRO)-MAIE-CENTRO POPOLARE)
- Deputato CAROTENUTO Dario (MOVIMENTO 5 STELLE)
- Deputata TENERINI Chiara (FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE)
- Deputato TOCCALINI Luca (LEGA - SALVINI PREMIER)
- Deputato PAGANO Ubaldo (PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA)
- Deputato VOLPI Andrea (FRATELLI D'ITALIA)
- S. 1561 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato).(C. 2527)
- In morte dell'onorevole Francesco Marenco
- La seduta, sospesa alle 12,25, è ripresa alle 12,35.
- Si riprende la discussione
- La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 16.
- Missioni (Alla ripresa pomeridiana)
- Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente
- Preavviso di Votazioni Elettroniche
- Sull'ordine dei lavori
- Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2527
- S. 1561 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato).(C. 2527)
- Ripresa esame - A.C. 2527
- Esame ordini del giorno - A.C. 2527
- Votazione ordini del giorno - A.C. 2527
- Esame ordini del giorno - A.C. 2527
- Votazione ordini del giorno - A.C. 2527
- Esame ordini del giorno - A.C. 2527
- Votazione ordini del giorno - A.C. 2527
- Esame ordini del giorno - A.C. 2527
- Votazione ordini del giorno - A.C. 2527
- Esame ordini del giorno - A.C. 2527
- Votazione ordini del giorno - A.C. 2527
- S. 1561 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato).(C. 2527)
- Sull'ordine dei lavori
- Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2527
- S. 1561 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato).(C. 2527)
- Dichiarazioni di voto finale - A.C.2527
- Vice Presidente MULE' Giorgio
- Deputato GIACHETTI Roberto (ITALIA VIVA-IL CENTRO-RENEW EUROPE)
- Deputato BONELLI Angelo (ALLEANZA VERDI E SINISTRA)
- Deputato BENZONI Fabrizio (AZIONE-POPOLARI EUROPEISTI RIFORMATORI-RENEW EUROPE)
- Deputato BICCHIELLI Pino (NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC E ITALIA AL CENTRO)-MAIE-CENTRO POPOLARE)
- Deputata L'ABBATE Patty (MOVIMENTO 5 STELLE)
- Deputato SQUERI Luca (FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE)
- Deputato GIACCONE Andrea (LEGA - SALVINI PREMIER)
- Deputato SCOTTO Arturo (PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA)
- Deputato IAIA Dario (FRATELLI D'ITALIA)
- Votazione finale ed approvazione - A.C. 2527
- Dichiarazioni di voto finale - A.C.2527
- S. 1561 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato).(C. 2527)
- Modifica nella composizione di gruppi parlamentari
- Organizzazione dei tempi di esame di un disegno di legge e di un testo unificato di proposte di legge
- Interventi di fine seduta
- Vice Presidente MULE' Giorgio
- Deputata SCARPA Rachele (PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA)
- Deputato GRIMALDI Marco (ALLEANZA VERDI E SINISTRA)
- Deputato FERRARA Antonio (MOVIMENTO 5 STELLE)
- Deputata ASCARI Stefania (MOVIMENTO 5 STELLE)
- Deputato BORRELLI Francesco Emilio (ALLEANZA VERDI E SINISTRA)
- Ordine del giorno della prossima seduta
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
GIOVANNI DONZELLI, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 93, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta in corso .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2527: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge in esame, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato.
Ricordo altresì che, secondo quanto stabilito nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri, 30 luglio 2025, la votazione per appello nominale avrà luogo a partire dalle ore 12,30.
Dopo tale votazione, l'esame del provvedimento proseguirà, per l'esame degli ordini del giorno, le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale, nella giornata odierna, a partire dalle ore 16 e fino alle ore 20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24, ed eventualmente nella seduta di domani, venerdì 1° agosto.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, la deputata Francesca Ghirra. Ne ha facoltà.
FRANCESCA GHIRRA(AVS). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, oggi, per l'ennesima volta - abbiamo perso il conto ormai -, ci troviamo in quest'Aula per la conversione in legge dell'ennesimo decreto-legge su cui avete posto l'ennesima questione di fiducia. Il gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra non vi darà la fiducia su questo provvedimento, non solo perché state costantemente e reiteratamente svilendo il ruolo del Parlamento, non solo perché state calpestando le disposizioni della nostra Costituzione sulla separazione dei poteri, non solo perché state abusando delle previsioni dell'articolo 77, che dispone l'utilizzo della decretazione d'urgenza solo per casi straordinari e di necessità e urgenza appunto, non solo perché avete reso, di fatto, il nostro un sistema monocamerale, non vi accorderemo la fiducia perché non condividiamo le disposizioni di questo decreto-legge neanche nel merito.
La Camera licenzia l'ennesimo decreto Ilva in fretta e furia, dopo l'approvazione in prima lettura al Senato e la bocciatura di tutti i nostri emendamenti. Si parla di comparti produttivi, ma sappiamo bene che il vero obiettivo è mettere l'ennesima toppa sulla situazione drammatica dell'ex Ilva. Sicuramente le responsabilità della situazione dello stabilimento tarantino non sono attribuibili solo a questo Governo: in dieci anni, tra decreti-legge, commissariamenti, stati di insolvenza, amministrazioni straordinarie, scudi penali, finanziamenti, apporti di capitali, il passivo ufficiale del polo siderurgico dell'ex Ilva di Taranto supera 1,6 miliardi di euro; pendono ulteriori richieste da parte di creditori nei confronti della società AdI per 650 milioni di euro; lo Stato ha concesso fino ad oggi finanziamenti per oltre 2 miliardi, senza contare le risorse e i fondi di garanzia concessi alle imprese fornitrici del gruppo Ilva.
Le responsabilità, come dicevo, non sono certamente tutte imputabili a voi, ma la colpa di aver bloccato il processo di decarbonizzazione invece è tutta vostra . Per rincorrere un'ideologia retrograda e “clima-freghista”, avete deciso di sacrificare un intero territorio, un intero comparto produttivo, migliaia di lavoratori e gli oltre 185.000 abitanti di Taranto. Così come è vostra la decisione di infischiarvene delle prescrizioni della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 25 giugno 2024, che ha dato un'interpretazione molto puntuale di alcune disposizioni della direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali e, in particolare, sull'obbligo di sospensione degli impianti in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione di impatto ambientale che comportino un pericolo immediato, grave e rilevante per l'integrità dell'ambiente e della salute umana. Certo, la conferenza dei servizi sul riesame dell'AIA ha avuto, sì, un esito positivo, con l'approvazione del parere istruttorio conclusivo da parte dell'autorità competente, ma con ben 477 prescrizioni ambientali e, soprattutto, con il parere contrario di tutti gli enti territoriali: regione Puglia, provincia di Taranto, comune di Taranto e comune di Statte.
E voi cosa avete deciso di fare? Avete deciso di garantire, per ulteriori 12 anni e con il limite di 6 milioni di tonnellate annue di produzione - ora ne contiamo 2 -, la continuità produttiva, senza prevedere nessun intervento per rimuovere i fattori di pericolo per la salute, l'incolumità e la vita della popolazione e dei lavoratori. Come fate a chiederci la fiducia nel momento in cui continuate a imporre alle persone di scegliere se lavorare e ammalarsi o tutelare la propria salute ? Perché, di fatto, legittimare la continuità produttiva a 6 milioni di tonnellate, senza procedere con bonifiche e decarbonizzazione, esporrà gli abitanti tarantini a forti rischi per la propria salute.
Eppure, il diritto alla salute attiene alle esigenze basilari della persona e deve essere immediatamente tutelato. Tanto più che l'articolo 41 della Costituzione, quando parla di salute, non privilegia alcun bilanciamento e afferma, senza ombra di dubbio, che le esigenze economiche e produttive non possono mai prevalere sul diritto alla salute. Ma voi vi sentite sopra la legge: anche in questo caso, avete deciso di andare avanti senza sentire ragioni. Come potremmo, quindi, mai darvi la fiducia per un provvedimento che avete annunciato e presentato con toni trionfalistici, ma che non risolve nulla e che continua ad affrontare la questione ex Ilva in maniera periodica e cadenzata, in nome di una emergenza perenne?
È un provvedimento inutile, che si inserisce nella totale assenza di politiche industriali per il nostro Paese, segnato dal trentesimo mese consecutivo di crollo produttivo, coincidente, di fatto, con il periodo di mandato di questo Governo; un provvedimento a cui ne seguiranno senz'altro degli altri, altrettanto emergenziali e altrettanto inutili. È la nona volta che il Governo Meloni torna sulla questione ex Ilva senza trovare soluzioni adeguate. Per la nona volta ci proponete un intervento-tampone, con cui non viene garantito nulla e si tengono in piedi tutte le contraddizioni che caratterizzano la situazione dell'impianto tarantino. Non si garantisce la salute dei lavoratori e dei cittadini di Taranto, non si prevedono interventi di bonifica - per cui avete sottratto persino le risorse, anche nell'ultimo provvedimento di gennaio -, non si garantisce alcuna continuità produttiva ed occupazionale. Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo anche oggi: i 200 milioni che avete previsto per garantire la continuità produttiva non servono a niente, non sono affatto sufficienti, tanto che, su 8.000 lavoratori, 3.500 continueranno con il regime di cassa integrazione e tutto l'indotto subirà un durissimo colpo.
E come avete deciso di intervenire per tutelare i lavoratori più fragili e precari della catena produttiva? In nessun modo. Avete scelto di infischiarvene anche in questo caso. Infatti, non avete previsto nulla né avete accolto alcuno dei nostri emendamenti. Non avete stanziato nuove risorse per le bonifiche né reintegrato quelle che avevate sottratto a gennaio, come ho detto. Eppure, la contaminazione ambientale dell'area di Taranto è ampiamente dimostrata da studi scientifici e da sentenze della magistratura, che hanno accertato l'impatto devastante dell'inquinamento siderurgico sulla salute dei lavoratori e dei cittadini di Taranto. Neanche con questo decreto, però, lo Stato decide di farsi carico di garantire la bonifica non effettuata dai precedenti proprietari, ma continua ad elargire risorse per alimentare la continuità produttiva di un'industria ancora connotata da gravissimi impatti ambientali e sanitari.
Sparisce ogni riferimento al PNRR, alla necessità che l'idrogeno utilizzato nella produzione del cosiddetto preridotto derivi da sole fonti rinnovabili. L'intervento ha trovato, infatti, finanziamento a valere sui fondi dell'FSC, consentendo ad Acciaierie d'Italia Spa di procedere sia alla realizzazione che alla gestione dell'impianto, attraverso una con un socio privato, selezionato tramite gara a cosiddetto doppio oggetto. Eppure, il Consiglio di Stato, con una sentenza del 2025, aveva confermato la decisione del TAR Puglia, che aveva disposto l'annullamento della gara indetta da DRI d'Italia nel 2023 per la realizzazione dell'impianto. I giudici avevano stabilito che DRI avesse aggiudicato la gara a un'offerta diversa e deteriore rispetto a ciò che era richiesto dal bando, tale da costituire un e da comportare, quindi, l'esclusione della ricorrente dalla procedura competitiva.
La previsione che l'idrogeno per l'alimentazione dell'impianto DRI possa essere prodotto anche con fonti non rinnovabili rende ancora una volta evidente l'aleatorietà del presunto processo di decarbonizzazione dell'ex Ilva. Anche perché sappiamo che il piano avanzato dal Governo, nell'ambito dell'accordo di programma istituzionale per la decarbonizzazione, prevede la realizzazione di tre forni elettrici e altrettanti impianti DRI connessi non prima del 2032, per la cui alimentazione servono non meno di 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. È questa, per voi, la decarbonizzazione? Ma con che coraggio ci chiedete la fiducia su questo provvedimento ? Fiducia per stanziare ulteriori risorse per una fabbrica di malattie e malessere, procedure forzate, che hanno determinato le dimissioni del sindaco di Taranto, al quale va tutta la nostra solidarietà, e che andranno comunque avanti a rilento. Il Ministro Urso ha deciso di procedere anche senza il sindaco, confermando la firma dell'accordo di programma proprio oggi, qui, a Roma. Ma l'assenza di Bitetti non consente di stipulare l'accordo nei termini trionfalistici con cui l'aveva immaginato il Governo. Verrà stabilito il passaggio a tre forni elettrici e la chiusura degli altiforni, ma nulla sarà previsto rispetto alla nave rigassificatrice - che il territorio non vuole - e agli impianti del preridotto per alimentare i forni elettrici. “Andiamo comunque avanti” - ha detto Urso - “perché bisogna aggiornare il bando di gara per la vendita e non possiamo perdere altro tempo”. È così che il Governo interpreta il confronto con gli enti locali e le legittime richieste che arrivano da territori martoriati come quello di Taranto: come una perdita di tempo.
No, Presidente, non avrete la nostra fiducia. Noi contestiamo le modalità di questo Governo nel metodo e nel merito e, finché non riuscirete a trovare soluzioni adeguate per garantire, oltre alla continuità produttiva e occupazionale, la salute dei cittadini e la tutela dell'ambiente, non potremo che votare contro i vostri provvedimenti .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Pastorella. Ne ha facoltà.
GIULIA PASTORELLA(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Di solito, quando si tratta di un decreto, è perché trattiamo una questione urgente; quando si pone la fiducia, è perché la questione è strategica. Per una volta, entrambe queste condizioni sono quelle in cui ci troviamo per quanto riguarda la soluzione o la tentata soluzione al problema della cosiddetta ex Ilva.
Il problema, il motivo per cui, già lo dico, non voteremo “sì” a questa fiducia è che la maniera in cui viene affrontata questa questione, che è assolutamente fondamentale, tratta uno dei comparti produttivi più colpiti dalla crisi industriale, non può essere affrontata come viene affrontata in questo decreto, e non abbiamo fiducia nel fatto che il Governo riesca ad affrontarla. Adesso spiegherò in pochi minuti per quale motivo. Il motivo è che questa vicenda irrisolta, ovviamente, affonda le sue radici ben più lontano dall'inizio del Governo Meloni; le affonda nel tentativo dell'allora Ministro Carlo Calenda di impostare una strategia industriale per rilanciare quel sito produttivo, che aveva, poi, trovato esito in una gara internazionale, vinta dal principale produttore mondiale di acciaio, che aveva promesso investimenti per ben 4 miliardi, la salvaguardia occupazionale e il mantenimento dei livelli salariali.
Quindi direi un accordo più che decente per il nostro Paese, anzi, io direi strategico. Peccato che poi sia arrivato il Governo “Conte 2”, la storia la sappiamo tutti: il Presidente Conte ha deciso di togliere lo scudo penale a garanzia degli investimenti, e, quindi, questi investimenti sono evaporati, innescando il disimpegno di ArcelorMittal, e quindi la successiva crisi. Da allora devo dire che non si è mossa purtroppo una foglia, anzi, abbiamo assistito a una lunga serie di decisioni sbagliate, tentativi confusi, ripeto, non solo di questo Governo, però diciamo che siamo arrivati adesso a questo Governo, che è in carica oramai da quasi 3 anni, e ancora adesso vediamo semplicemente uno sperpero sistematico di risorse pubbliche, senza mai arrivare a una soluzione sostenibile.
Questo decreto fa esattamente la stessa cosa, cioè rimanda ancora, ulteriormente, creando “soluzioni ponte”, mettendo ulteriori risorse dei cittadini, ma senza davvero andare verso un accordo. Adesso ci sono le discussioni con Baku Steel, speriamo che arrivino da qualche parte. L'offerta sicuramente non è entusiasmante e i toni trionfalistici con cui Urso ha annunciato l'ottenimento dell'AIA, dell'autorizzazione integrata ambientale, non fanno sperare che davvero questo sia un rilancio decente. Oggi Orsini, in un interessante articolo, ha giustamente messo i puntini sulle “i” per quanto riguarda la posizione di Confindustria, che in questo caso condividiamo, dicendo che cosa serve veramente a questo impianto, che cosa serve per essere rilanciato.
Serve un piano industriale serio, con delle tecnologie, delle previsioni di tecnologie che siano sostenibili, sia a livello ambientale che a livello di produttività; servono naturalmente le risorse, quindi accelerare il più possibile il completamento del bando della gara internazionale, per ottenere finalmente questi investimenti. E ha espresso un terzo punto molto, molto corretto: la questione del consenso. Quindi, non dimenticarci che questo impianto produttivo, per quanto strategico a livello nazionale, si inserisce in un contesto locale molto, molto difficile; un contesto locale dove abbiamo assistito, non più tardi di qualche giorno fa, alle dimissioni del neoeletto sindaco Bitetti, sotto pressioni dei gruppi ambientalisti e di cittadini che, giustamente, lo dico, chiedono soluzioni.
Io sono stata a Taranto proprio in occasione della campagna elettorale ed è terribile vedere come questi cittadini, questi lavoratori, le sigle sindacali, chiedano da anni non solo una soluzione al tema della sicurezza, al tema della sanità, quindi della prevenzione di tutti quelli che sono i danni alla salute che questo impianto produce, ma chiedono semplicemente delle cose banali. Chiedono non l'ulteriore cassa integrazione, come prevede questo decreto, ma chiedono semplicemente di poter lavorare e di farlo in condizioni sicure e in un ambiente sano.
Credo che siano richieste del tutto naturali e in linea anche, tra l'altro, con quello che dice la nostra Costituzione. Che cosa succederà adesso? Succederà che speriamo che il processo vada avanti. Adesso per gli impianti dell'ex Ilva il problema è che, mentre noi ci arrabattiamo tra gare internazionali e altri tipi di negoziati, sono andati verso una crisi tecnica irreversibile. Abbiamo visto recentemente, qualche mese fa, un incidente che si è avverato, un altoforno bloccato dal dicembre 2023; l'altro sequestrato dalla magistratura proprio dopo questo incidente di maggio, questo grave incendio; l'unico rimasto operativo di nuovo fermato recentemente per ispezioni.
Quindi ora la produzione è completamente azzerata, la tanto invocata continuità produttiva e la promessa fatta anche dal Ministro Urso, per ora, si sono dissolte nella realtà dei fatti di un impianto fatiscente, non più adatto ai tempi, e questa decarbonizzazione futura oramai viene considerata puramente uno slogan, sia dalle comunità locali che dal resto del Paese. A tutto questo, dicevo, si aggiunge la situazione dei lavoratori, non solo dei lavoratori dell'impianto in sé, ma di tutta l'area del tarantino.
Se ci aggiungiamo, poi, che un impianto strategico come il porto di Taranto, che è in strettissima connessione, in simbiosi con l'impianto dell'ex Ilva e può contribuire, con il suo migliore funzionamento, anche a un rilancio del territorio, adesso viene guidato da un nuovo presidente dell'autorità portuale, Gugliotti, che, a mia risposta, ha indicato come sua maggiore competenza e simbolo di capacità di gestire il porto di Taranto il fatto di avere la patente nautica, se questa è l'idea del Governo su come rilanciare l'area di Taranto, forse dobbiamo farci delle domande.
Quindi, per finire, questo decreto è un mantenimento dello in attesa forse di un miracolo. Il problema è che non è più sostenibile e neanche un miracolo può davvero salvare questa situazione. Non è sostenibile a livello tecnico, non è sostenibile a livello economico e, come dicevo, non è sostenibile dal punto di vista ambientale e sanitario. Quindi, continuare così vuol dire condannare il Paese a una lenta emorragia di risorse, di posti di lavoro e di credibilità, perché, così come ArcelorMittal è andata via, il prossimo investitore, incapace di poter contare su un'affidabilità del Governo italiano, del Paese e del sistema Italia, probabilmente, anche lui sarà pronto a scappare.
È ovvio che non ci sono soluzioni semplici, non siamo folli, ci occupiamo come partito molto di politica industriale e sappiamo che non esistono scorciatoie, ma continuare, forse, a inseguire una produzione siderurgica del passato con strutture sempre più obsolete e costi esplosivi significa solo ritardare l'inevitabile a spese dei contribuenti. Bisogna davvero cambiare passo. Noi abbiamo più volte suggerito al Governo come cambiare passo, in certi casi tornando a sistemi che funzionavano, ripassando da Transizione 5.0, che si è rivelata inutile e inutilizzata, a Industria 4.0, rivedendo tutta quella che è la normativa per l'energia, perché i costi dell'energia sono naturalmente penalizzanti per il nostro Paese. Invece di proporre una soluzione e una strategia industriale, sembra che il Governo voglia puntare ad altre cose.
Ieri abbiamo visto il Governo puntare sul settore del turismo, con un meraviglioso emendamento al Senato della Ministra Santanche' per un meraviglioso superbonus in salsa balneare. Io credo che questo non sia quello di cui ha bisogno l'Italia, Paese del G7, ancora tra le prime potenze industriali. Ma davvero si può pensare di poter vivere di solo turismo? Siamo seri? No, onestamente ci vuole una politica industriale vera, una strategia sull'energia vera, con coraggio di andare anche verso il nucleare, puntare anche su settori innovativi e ad alto valore aggiunto, anche quando questo è impopolare.
Perché il mondo sta cambiando, e quindi, se vogliamo andare avanti, dobbiamo avere anche un'idea innovativa per i settori produttivi italiani. Non possiamo semplicemente essere incagliati in una visione industriale del Novecento, dove l'unica risposta è “salviamo quello che c'è”, senza chiedere che cos'è che possiamo essere.
Quindi, che sia sull'Ilva, che sia su altri settori e altri siti produttivi, ai lavoratori di oggi non possiamo semplicemente dire “vi abbiamo salvato il posto”. Dobbiamo poter dire loro “vi stiamo costruendo un futuro”. Ed è per questo, Presidente e colleghi, che oggi, ancora una volta, non vi daremo la nostra fiducia .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ilaria Cavo. Ne ha facoltà.
ILARIA CAVO(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Sottosegretaria e onorevoli colleghi, a nome del gruppo di Noi Moderati, dichiaro il voto di fiducia alla conversione in legge del decreto-legge n. 92 del 26 giugno scorso. Il provvedimento su cui oggi il Governo pone la questione di fiducia non è solo un provvedimento articolato e complesso, ma uno strumento responsabile per intervenire su alcune tra le sfide industriali più complesse del Paese. Questa legge rappresenta una risposta concreta e urgente alle necessità produttive, occupazionali e sociali che investono il nostro sistema economico nazionale in una fase di straordinaria complessità.
Il cuore del provvedimento riguarda gli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, in particolare gli impianti ex Ilva. Si prevede, innanzitutto, un finanziamento massimo di 200 milioni di euro per l'anno 2025, destinato a garantire la continuità produttiva, la manutenzione straordinaria e la sicurezza degli impianti siderurgici. È una misura, un prestito essenziale per salvaguardare migliaia di posti di lavoro, garantire continuità produttiva, appunto, e continuare a sostenere la competitività della filiera siderurgica italiana.
L'articolo 2 semplifica la realizzazione di impianti DRI per la produzione del preridotto, sostanza cruciale per avviare un processo di decarbonizzazione della siderurgia, perché il preridotto è essenziale per rifornire i forni elettrici, nel quadro degli obiettivi di transizione ecologica.
Ugualmente rilevanti sono le semplificazioni amministrative che facilitano gli investimenti superiori ai 50 milioni di euro nelle aree industriali ex Ilva, riducendo tempi e incertezze e garantendo agli investitori la certezza del diritto.
Il provvedimento si occupa anche dell'indotto industriale, dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e introduce norme per facilitare la cessione dei complessi industriali, rafforzando la funzione del commissario straordinario e rendendo più rapide le transizioni industriali, sempre nel rispetto dei lavoratori.
È un decreto che - lo voglio dire con chiarezza - è più di un intervento d'urgenza: è l'inizio o un possibile inizio di una prospettiva nuova per l'industria siderurgica italiana. È la cornice o rappresenta le fondamenta su cui poter costruire quello che è stato definito dal Ministro Urso il più importante polo siderurgico europeo per la produzione di acciaio acciaio che serve per i treni ad alta velocità, per le auto, gli elettrodomestici, la difesa, l'aerospazio, solo per fare alcuni esempi. È un acciaio che richiede tecnologia, innovazione e capacità industriale integrata. Si tratta di un progetto complesso e non scontato, che ha necessità di un punto fermo da cui partire ed è questo decreto.
È a questa impostazione e all'importanza di affrontare la sfida più grande della valorizzazione e trasformazione della siderurgia che noi oggi stiamo dando fiducia, consapevoli delle complessità, di quelle che ancora oggi appaiono incognite. Qui, approviamo un nuovo prestito per l'ex Ilva, ma è evidente che dovranno arrivare investimenti certi di un acquirente e che è necessario proseguire la gara e aspettarne gli esiti.
Questo giorno, in cui siamo tenuti a fare dichiarazioni di voto, del resto è cruciale per l'incontro che si terrà, tra qualche ora, tra il MIMIT, il Ministro, e le autorità locali di Taranto, anche dopo le dimissioni del sindaco, per definire un accordo di programma o comunque tracciare l'impostazione industriale del polo siderurgico, per capire dove collocare i tre forni elettrici previsti e approfondire le alternative su dove sistemare i tre impianti DRI e su come definire il loro approvvigionamento energetico. È un tema, quello dell'approvvigionamento energetico, non secondario, soprattutto, per quanto riguarda i costi.
In attesa di conoscere gli esiti di questo incontro su dove saranno collocati i DRI - Taranto, Gioia Tauro, perché, in quest'Aula, durante il della scorsa settimana, il Ministro Urso ha confermato un DRI a Gioia Tauro - da deputata ligure, mi concentro per un momento sul ruolo che potrebbe avere lo stabilimento di Genova, funzionale anche agli stabilimenti del Nord.
È di rilievo che il Ministro Urso, proprio nella risposta a quel , nel confermare la prospettiva di un forno elettrico per Genova, escludendo un impianto DRI a Genova per l'incompatibilità con l'aeroporto, abbia parlato di possibile valorizzazione autonoma dello stabilimento di Genova nella gara che sarà aggiornata: una prospettiva anche indipendente dalle scelte di e su Taranto.
Il sito ex Ilva di Genova ha una sua identità. È, infatti, specializzato nella produzione di latta, nota come banda stagnata, che viene utilizzata principalmente nell'industria alimentare, ad esempio, per lattine, scatolette (è l'unico sito italiano in grado di produrla) ed è coinvolto nella lavorazione di laminati a freddo, ricevendo semilavorati da Taranto. La lavorazione e la laminazione sono sempre state la sua vocazione.
È importante, quindi, capire come impatterebbe un forno elettrico e anche il contesto all'interno del mercato globale. Comprendere le prospettive di queste produzioni è importante, anche ai fini delle filiere verticali, a cui sono funzionali; e qui mi riferisco proprio al collegamento con Taranto.
Il nostro tessuto produttivo ha certamente bisogno di risposte e chiarezza, per questo accogliamo con favore le misure che il Governo ha inserito, a tutela della continuità produttiva del polo siderurgico nazionale, con interventi finanziari mirati e controllati. Per questo sarà importante capire come si esprimeranno gli esponenti degli enti locali sulle prospettive tracciate, perché dalla loro posizione dipenderà la nuova impostazione della gara, anche dalla loro posizione.
Per quanto riguarda, nello specifico, Genova, il presidente della regione Bucci si è espresso in maniera favorevole al progetto del forno elettrico; la sindaca Salis, viste anche le dimissioni del sindaco di Taranto, ha preso tempo e ha chiesto di conoscere meglio il piano industriale. È previsto un allungarsi dei tempi. Questo è accaduto in consiglio comunale a Genova nel silenzio eloquente della sua maggioranza.
Come ho avuto modo di dire in quella sede - e penso sia utile ribadirlo anche in quest'Aula - la complessità dei problemi non può essere una giustificazione per rinviarli o non affrontarli. Al contrario, proprio l'evolversi della situazione di Taranto dovrebbe velocizzare un confronto e le scelte da cui dipenderà la nuova impostazione della gara, senza la quale, se non sarà rinnovata e, quindi, poi, chiusa, un preciso piano industriale non arriverà mai.
E neppure si potrà fare un monitoraggio per capire quali aree saranno necessarie alla siderurgia per destinare - come io chiederò in un ordine del giorno, proprio su Genova - quelle non necessarie ad altre attività industriali e produttive.
Non possiamo rischiare che il cane si morda la coda: aspettare risposte al posto di prendere alcune decisioni che traccino una rotta. Noi, in questo provvedimento, alcune decisioni le stiamo assumendo. Di certo, quello che abbiamo di fronte è un cambio di paradigma: non più una colata a caldo, non più impatto ambientale, ma acciaio , alta tecnologia e sostenibilità ambientale. Ma è un cambiamento che deve essere capito e spiegato, ascoltando le preoccupazioni dei cittadini, con la chiarezza di una comunicazione trasparente.
Taranto e Genova potranno avere percorsi di rilancio diversi, ma il loro destino resta legato dalle interconnessioni produttive. È importante, quindi, procedere con impegno e trasparenza su tutti i fronti, senza perdere di vista l'obiettivo primario che è quello della sostenibilità economica, anche rispetto al mercato, della sostenibilità finanziaria, occupazionale, ambientale - rispetto anche al tema del dell'approvvigionamento energetico - e sociale di ogni scelta.
È un equilibrio non semplice, una sfida complessa, ma questo provvedimento è un punto da cui partire, una condizione senza la quale nessun altro ragionamento, accordo, gara o bando avrebbe senso o sarebbe possibile. La fiducia che diamo oggi è la fiducia che si possa arrivare a non parlare più di ex Ilva, che si possa togliere l'“ex”, che si possa guardare avanti, a un assetto completamente nuovo e sostenibile, con una prospettiva che non guarda più al passato, ma al futuro.
Noi Moderati crediamo in un'industria moderna, che non consuma territorio, ma lo riqualifica, che non allontana i cittadini, ma li coinvolge in un progetto condiviso di sviluppo sostenibile. Questo decreto-legge si inserisce in tale visione. Le misure per la continuità produttiva degli impianti ex Ilva, gli strumenti per la decarbonizzazione, la semplificazione amministrativa per attrarre investimenti e, soprattutto, gli interventi a sostegno del lavoro e della coesione sociale ci consegnano una strategia complessiva e coerente.
Accogliamo positivamente anche l'articolo 1-che prevede misure analoghe anche per il polo di Piombino, introducendo disposizioni che agevolano la riqualificazione industriale e ambientale dell'area. Con l'articolo 7 si estende fino al 2027 la possibilità di utilizzare la cassa integrazione straordinaria per le grandi imprese con più di 1.000 dipendenti.
L'articolo 10- introduce tutele contro le emergenze climatiche, un tema spesso dimenticato, ma che ha un impatto reale crescente sulla salute dei lavoratori, soprattutto nei settori più esposti come l'agricoltura e l'edilizia. Si sostiene anche in questo provvedimento la filiera della moda.
Non meno rilevante è l'articolo 10- che prevede un contributo straordinario, massimo di 500 euro, per i nuclei familiari beneficiari dell'assegno di inclusione, che si trovano a vivere una sospensione di un mese: una misura che evita la discontinuità reddituale nei percorsi di sostegno alla povertà.
Nel complesso, quindi, questa legge si propone di ricomporre le esigenze industriali con quelle sociali. È un provvedimento concreto e responsabile, senza il quale anche le prospettive o le incognite legate alla gara per gli impianti ex Ilva - lo ribadiamo - non possono essere sciolte. Si gettano nuove basi, indispensabili per ripartire non senza difficoltà, ma queste basi, fatte di risorse, finanziamenti, snellimenti di procedure, ammortizzatori sociali rinnovati, sono condizioni necessarie.
In questa legge troviamo, quindi, la sintesi virtuosa tra sviluppo e coesione, tra politica industriale e attenzione al lavoro, tra responsabilità pubblica e rispetto della sostenibilità finanziaria. È esattamente la sintesi che Noi Moderati rivendichiamo come tratto identitario della nostra azione politica: un'azione pragmatica centrata sui bisogni reali dei territori, che rifugge da ideologie e slogan e che si misura sui risultati concreti per le famiglie le imprese e i lavoratori. Per queste ragioni, ribadisco il voto di fiducia favorevole del gruppo di Noi Moderati al provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Carotenuto. Ne ha facoltà.
DARIO CAROTENUTO(M5S). Sì, Presidente, grazie. C'è un filo che tiene insieme questo decreto e tutta l'azione del Governo Meloni ed è la paura della verità, la paura di guardare i cittadini e dire: non abbiamo un piano. A Taranto, come in sanità, come sul lavoro, sul sulle politiche migratorie, sui rapporti internazionali, si ostentano certezze nel circo mediatico, proprio un circo, di fatto, nascondendo la realtà, che vi vede, piano piano, annegare, di toppa in toppa, di rinvio in rinvio.
Taranto è l'emblema di tutto questo: dopo l'ennesimo incidente e dopo anni di promesse, usate ancora un decreto, su cui chiedete per giunta la fiducia, per tenere in vita un impianto malato, per approvare fondamentalmente un'autorizzazione integrata ambientale che, scritta così, non è una strada da percorrere, è un cappio che stringe al collo: altri anni di carbone, altre prescrizioni, altri tavoli, un'altra stagione di “resistiamo e poi vedremo”. Intanto, famiglie intere costrette a scegliere tra respirare e mangiare, tra salute e lavoro. Voi la chiamate continuità produttiva, ma questa è continuità del ricatto. Questo è incivile, non è degno del nostro Paese. È un tradimento del patto tra Stato e cittadini ed è un tradimento della nostra Costituzione. Noi proponiamo proprio l'opposto: spezzare il ricatto. Vengono prima le persone, poi le acciaierie. Convertire la cassa integrazione magari in un reddito garantito per i lavoratori diretti e per l'indotto, per fermare ciò che è pericoloso, avviare bonifiche vere, formare e ricollocare chi serve a questa necessaria transizione: questa è una strada da poter percorrere. Così lo Stato ritrova libertà e forse non è più ostaggio della paura di lasciare magari qualcuno senza lavoro e può decidere se e come riaccendere e con quale tecnologia.
Non è assistenzialismo, è visione di Paese, è giustizia sociale, perché finché non c'è salute e finché non c'è un progetto pulito e credibile, lo Stato allora ti protegge e intanto ti dà reddito e ti dà la dignità. Non è solo Taranto, perché parliamo, appunto, della fiducia. Voi chiedete fiducia brandendo spesso questa parola “sovranità” che state proprio svilendo nel suo senso, anche nei suoi sensi migliori. Avete ridotto l'interesse nazionale a uno slogan. Davanti ai dazi e ai capricci della Casa Bianca vi piegate e definite sostenibile spendere il 5 per cento del PIL in armi. Ma sostenibile per chi? Non per i pronto soccorso, non per le liste d'attesa, non per i medici, che scappano, e i pazienti, che rinunciano a curarsi . Ma poi fiducia su cosa, sulla migrazione? Avete venduto il modello Albania come miracoloso, come da esportare, e si è rivelato costoso e confuso, oltre che moralmente indegno, mentre intanto il mare continua a restituire vite spezzate (le ultime poche ore fa). Le comunità di immigrati restano sole senza politiche serie di accoglienza, integrazione e lavoro, e spesso gli immigrati finiscono nel lavoro nero, spesso finiscono morti ammazzati sul lavoro.
Sull'industria raccontate le ripartenze, mentre l'apparato produttivo è in calo. Sulla sanità parlate di merito e modernità, mentre la realtà è fatta di rinuncia a un diritto universale. Con la “riforma dell'ingiustizia” state riuscendo nell'impresa di scontentare tutti, con quella del reddito di cittadinanza avete guadagnato il primato del record dei poveri e intanto tra gli scranni di questo Governo continuano a sedere due Ministre che in qualunque democrazia matura sarebbero state costrette a immediate dimissioni . Invece no: qui si tira a campare, perché l'immagine non si incrini. L'immagine, appunto: qui sta la ferita democratica. C'è - lo dico con chiarezza - un'associazione a delinquere di stampo mediatico che ogni giorno costruisce la scenografia: titoli fotocopia, indignazioni a orologeria, industria della distrazione. Se qualche presidio di verità resiste lo si scredita, se un dato contraddice la narrazione lo si seppellisce sotto 5 o lo si cancella. Penso a programmi come o alla cancellazione di , reo di parlare proprio del cambiamento climatico e - pensate un po' - spesso proprio di Ilva e di Taranto . Un sistema che ha provato fino all'ultimo a venderci lo Stato israeliano, oggi responsabile di crimini sotto gli occhi del mondo, come baluardo della democrazia, mentre solo la resistenza e la resilienza del popolo palestinese tengono accese le telecamere e ci mostrano la realtà che preferireste non farci sapere.
Ma è questo il patto che pretendete? Tacere, girare lo sguardo, firmare cambiali in bianco? Perché - vedete - la fiducia non è un atto di fede; è un contratto con i cittadini e lo si onora con scelte chiare. Dire che a Taranto finisce l'era del ricatto, ad esempio, che il reddito si garantisce finché la salute non è garantita, ad esempio, che decarbonizzazione non è solo una parola ma è un cronoprogramma con tappe, lavori, bonifiche e tutele, dire che con gli Stati Uniti noi difendiamo interessi e filiere, come, ad esempio, la Jabil e i suoi 400 lavoratori che sono in protesta da mesi, e non che gli Stati Uniti servono alle vostre carriere politiche, dire che in sanità si investe per ridurre le attese e non per moltiplicare primari e amici, dire che sulla legalità chi sbaglia paga e chi mente si dimette , dire che l'informazione pubblica non è un della maggioranza ma un bene comune da proteggere più dell'oro.
Ma voi avete scelto altro: avete scelto decreti che tengono in vita il carbone, allargano i poteri dei commissari e stringono le tutele; avete scelto titoli al posto dei contenuti, viaggi al posto degli accordi, isolamento morale al posto di una politica estera degna di un Paese fondatore dell'Europa; avete smantellato reti di protezione sociale e poi accusato i poveri di essere poveri; avete chiamato sovranità ciò che è subalternità e ordine ciò che è paura. Questa è la vostra sovranità. Avete affidato addirittura pezzi della nostra cybersicurezza a fornitori israeliani di e siete finiti nello scandalo, stracciando i contratti quando si è scoperto - cioè, loro hanno stracciato i contratti - che stavate spiando attivisti e giornalisti. Questo è il vostro controllo della sicurezza: dipendenza, abuso, retromarce. Ecco il punto: proclamate sovranità e piegate la testa, parlate di Occidente e scambiate la legge internazionale con la ragione del più forte e, mentre costruite consenso con l'industria della distrazione, chiedete fiducia. Ma per cosa? Noi questa fiducia non ve la possiamo dare. Ma come potremmo? Perché uno Stato serio non delega la propria libertà, non tace davanti alla giustizia internazionale, non accetta che il diritto vada a giorni alterni, non chiede a un popolo sotto assedio di aspettare ancora. L'Italia, soprattutto, merita un Governo che chiami le cose col loro nome: pace quando è pace, diritti quando sono diritti, crimini quando sono crimini. Fino ad allora troverete sempre la nostra opposizione fino in fondo .
Allora, sì, oggi parliamo di Taranto ma decidiamo molto di più, perché vogliamo un'Italia che sia un Paese dove una città non viene più sacrificata per un titolo di Borsa, dove un operaio non deve scegliere tra lavoro e cibo e dove un Parlamento sa dire una parola semplice e potente: “Basta”. Basta con i ricatti chiamati politiche industriali, basta con la museruola alla libera informazione, basta con la sudditanza chiamata sovranità e basta con la propaganda chiamata Governo. La nostra proposta è chiara: noi vogliamo che ci sia un reddito garantito per spezzare il ricatto, bonifiche e riconversioni vere, cronoprogramma di decarbonizzazione serio e soprattutto trasparenza totale degli atti e salute come precondizione, non come postilla. Questa è la strada che rimette le persone al centro. Voi scegliete gli annunci e gli accordi sottobanco, noi scegliamo i cittadini. Ma Taranto e i suoi lavoratori, l'indotto, la Puglia, l'Italia, meritano di più e noi stiamo dalla loro parte fino in fondo. Per questo annuncio il “no” del MoVimento 5 Stelle alla fiducia del Governo Meloni .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Chiara Tenerini. Ne ha facoltà.
CHIARA TENERINI(FI-PPE). Grazie, Presidente. Colleghi deputati, Sottosegretario, oggi siamo chiamati ad esprimerci su un provvedimento che non è solo un decreto-legge, è un atto di responsabilità nazionale, un'azione di Governo che guarda in faccia la realtà produttiva del Paese, ne riconosce le fragilità e risponde con strumenti concreti, misurabili e sostenibili.
Il decreto in oggetto rappresenta una svolta nella gestione delle crisi industriali, non più una somma di interventi tampone, ma una visione unitaria capace di connettere l'urgenza al futuro. Non è un decreto di emergenza, è un decreto di ripartenza. Per troppi anni il dibattito politico ha oscillato tra due estremi: lo Stato assente e lo Stato invasivo. Ma ciò di cui ha bisogno oggi l'Italia è uno Stato strategico, non invasivo ma presente, capace di attivare leve, orientare investimenti, costruire condizioni. Questo decreto incarna proprio questa idea: uno Stato che non sostituisce ma guida, che non comanda ma coordina, che non spreca ma investe con criterio, guardando a un'idea alta e moderna di sviluppo. La storia dell'ex Ilva è la cartina tornasole di un'Italia che per troppi anni ha galleggiato sulla gestione delle esistenze, senza visione e senza coraggio. Governi che si sono succeduti a colpi di decreti, commissari, piani annunciati e mai realizzati. La verità è che Taranto è stata abbandonata a un destino incerto, stretta tra inquinamento e disoccupazione. L'accordo con ArcelorMittal fu gestito con superficialità, la revoca dello scudo penale fu una follia ideologica e le promesse dei Governi PD e MoVimento 5 Stelle si sono sciolte come neve al sole.
Oggi finalmente il Governo Meloni ha preso una direzione chiara: produzione sì, ma con regole, salute, transizione e investimenti. Questo non è solo un cambio di metodo, è un cambio di civiltà. Forza Italia voterà convintamente a favore di questo testo, perché incarna quella cultura di Governo che ci appartiene: pragmatica, riformista, liberale. Un'Italia che riparte non contro l'impresa, ma al fianco dell'impresa, non contro il lavoro ma a difesa del lavoro, non contro l'ambiente ma dentro una prospettiva di sostenibilità e innovazione industriale. Nel cuore di questo provvedimento ci sono due nomi che per chi, come me, viene da una terra operaia e generosa, come la Toscana, evocano una storia di gloria e ferite ancora aperte: Taranto e Piombino. Partiamo da Taranto.
Partiamo da Taranto: l'articolo 1 del decreto prevede uno stanziamento fino a 200 milioni di euro per il 2025 a sostegno dell'ex Ilva in amministrazione straordinaria. Non si tratta di un assegno in bianco, ma di una scelta strategica per il sistema Paese. L'acciaio è ancora oggi un pilastro della manifattura europea e lo sarà tanto più nella transizione verde, che richiederà acciaio di qualità per le infrastrutture, per l', per l'energia.
Non basta però tenere aperti gli impianti, e per questo il decreto accompagna il sostegno finanziario con una novità epocale: l'autorizzazione integrata ambientale è stata aggiornata su impulso del Ministero dell'Ambiente, includendo per la prima volta la valutazione di impatto sanitario dell'Istituto superiore di sanità come elemento vincolante. È un cambio di paradigma che Forza Italia ha sostenuto sin dall'inizio. L'industria del futuro non è quella che ignora i territori, ma quella che ci convive, che investe in tecnologie pulite, che rispetta la salute dei cittadini e, al tempo stesso, garantisce occupazione e competitività.
Le 472 prescrizioni ambientali, la soglia produttiva fissata a 6 milioni di tonnellate annue e l'equilibrio cercato tra direttive europee e realtà produttiva locale sono tutti tasselli di un mosaico complesso, ma coerente. Un equilibrio difficile, certo, ma necessario, e lo sarà ancora di più se, come auspichiamo, accanto al pubblico tornerà a investire con serietà il privato, e se le istituzioni manterranno quel senso di corresponsabilità che, da liberale, considero la forma più alta di cittadinanza. È in questo equilibrio che si gioca la sfida della nostra epoca: tenere insieme competitività e sostenibilità.
E lo dico con chiarezza, non ci sarà transizione ecologica senza una solida base industriale. Non esiste economia verde senza industria che produce, ricerca che innova e impresa che investe. Questo decreto segna un punto politico decisivo: l'ambiente non è più vissuto come un freno, ma come uno standard europeo, da raggiungere attraverso la tecnologia, l'organizzazione e la responsabilità. E l'Italia in questa sfida può e deve essere protagonista.
Ma è con l'articolo 1- che il decreto assume, per me e per molti colleghi toscani, un significato speciale. Piombino: Piombino non è solo un nome sulla carta, è la città che ha dato all'Italia intere generazioni di lavoratori, acciaierie che hanno forgiato ponti e ferrovie, economie che hanno fatto crescere interi territori. E poi il declino, la deindustrializzazione, la cassa integrazione diventata cronaca quotidiana, ma anche l'amarezza di avere visto per anni passerelle politiche e promesse a vuoto.
Governi e amministrazioni regionali di centrosinistra hanno più volte annunciato in pompa magna miracolosi investitori internazionali, progetti straordinari, rilanci imminenti. Spesso, quello che è rimasto sono state scatole vuote e la delusione delle famiglie dei lavoratori e dei giovani che attendevano risposte vere. E invece oggi, con questo Governo, il vento cambia: si firma l'accordo con Metinvest, si mette finalmente a terra un piano concreto per l'accesso al credito, si rompe la palude dei vincoli e si apre una nuova strategia per chi vuole davvero investire in un polo industriale che ha tutto per tornare strategico, dalla logistica alla competenza della sua manodopera.
Le nuove disposizioni che facilitano l'accesso al credito agli operatori economici nell'area classificata come sito di interesse nazionale sono un passaggio cruciale. Senza credito non c'è impresa e senza impresa non c'è futuro. Sempre a Piombino si volta pagina anche sulle autorizzazioni ambientali. Si supera l'approccio punitivo che ha bloccato per anni ogni investimento e si introduce un principio fondamentale per la cultura liberale: regole chiare, tempi certi, orizzonti stabili. Il rispetto dell'ambiente non deve essere una barriera ideologica, ma una condizione negoziabile con intelligenza, per attrarre impresa buona e non per respingerla.
Forza Italia ha lavorato con coerenza in questa direzione, portando le istanze del territorio nei Ministeri competenti e dando voce a chi voce non aveva più, e continueremo a farlo. Il decreto non si limita alla siderurgia, interviene su altri nodi strutturali. L'articolo 2 rilancia la filiera del preridotto, puntando su tecnologia e decarbonizzazione. L'articolo 3 semplifica le procedure per investimenti superiori a 50 milioni in aree industriali dismesse, sbloccando progetti e liberando energia economica. Gli articoli 6, 7 e 8 rafforzano la rete degli ammortizzatori sociali: non sussidi passivi, ma strumenti attivi per accompagnare la transizione industriale.
L'articolo 10- rafforza l'assegno di inclusione con un contributo straordinario per chi vive condizioni di fragilità estreme, perché la dignità non può aspettare i tempi della burocrazia. Infine, l'articolo 11 garantisce la copertura finanziaria senza scostamenti, ma utilizzando responsabilmente le risorse della Cassa depositi e prestiti. È una legge che ha un'anima economica, certo, ma anche una profondissima valenza sociale. Non possiamo, però, ignorare il segnale che arriva da Taranto. Le dimissioni del sindaco Piero Bitetti, espressione del centrosinistra, eletto appena due mesi fa, rappresentano un caso emblematico di come non si governa un territorio.
Di fronte alle tensioni con associazioni ambientaliste, il primo cittadino ha scelto di alzare le mani, dichiarando inagibilità politica e lasciando la città priva di guida proprio alla vigilia della firma dell'accordo di programma sul futuro dell'ex Ilva. Un passaggio strategico in cui il comune avrebbe dovuto far sentire la propria voce, tutelare i cittadini e contribuire alla costruzione di un nuovo equilibrio tra sviluppo industriale e salute pubblica. Invece il sindaco abbandona il tavolo nel momento più delicato, lasciando un vuoto istituzionale e politico che indebolisce la rappresentanza locale e rischia di compromettere il percorso di rilancio.
Non è questo il coraggio che serve a Taranto e non è questo il profilo che una città così provata e determinata merita. La verità è che chi ha costruito il consenso sulla promessa di saper conciliare ambiente e lavoro, sviluppo e tutela, oggi si ritrova incapace di governare le contraddizioni che la realtà inevitabilmente pone. E, allora, bene che il sindaco non rientri, perché Taranto ha bisogno di un'amministrazione capace di stare nel conflitto, reggere la responsabilità e rappresentare davvero le sue comunità, e non di figure che scompaiono quando il confronto si fa serio.
È anche per questo che votiamo la fiducia con convinzione, perché questo decreto chiama lo Stato alla sua funzione più nobile, quella di essere motore di sviluppo, garante di equità, regista di un nuovo patto produttivo tra territorio, impresa e lavoro. Con questo spirito, Forza Italia conferma il proprio sostegno a un provvedimento che parla al presente, ma guarda al futuro. La fiducia che oggi votiamo non è un atto di parte, è un atto di responsabilità verso il Paese, verso i lavoratori, verso le imprese che hanno creduto, nonostante tutto, che l'Italia possa ancora essere un luogo dove valga la pena produrre, crescere e innovare.
Lo votiamo da liberali, convinti che la vera modernità consista nell'unire libertà economica e coesione sociale, impresa e dignità, sviluppo e giustizia, e lo votiamo con la consapevolezza che questo Parlamento, quando sa mettersi al servizio della crescita, è all'altezza della sua storia .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Luca Toccalini. Ne ha facoltà.
LUCA TOCCALINI(LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, oggi prendo la parola per annunciare il voto favorevole alla fiducia sul decreto-legge n. 92 del 2025. Un provvedimento che non è solo un insieme di articoli, ma un atto politico ben chiaro, un atto di indirizzo industriale ed è un messaggio molto forte e inequivocabile. Questo è il Governo - e lo ha dimostrato più volte - che non si volta dall'altra parte. È il Parlamento che si assume la responsabilità di intervenire dove serve, nelle fabbriche, nei cantieri, negli stabilimenti strategici della nostra economia. E parto dal cuore di questo decreto, ovvero dall'intervento sull'ex Ilva di Taranto, simbolo di una battaglia che non è solo industriale, ma anche sociale e culturale. Destiniamo, infatti, 200 milioni di euro per garantire la continuità produttiva, la sicurezza degli impianti, la manutenzione urgente e il ripristino operativo. Un intervento che era essenziale e non più rinviabile. E chi oggi grida allo scandalo dovrebbe ricordarsi bene chi ha abbandonato l'ex Ilva negli scorsi anni, chi ha firmato degli accordi disastrosi, chi ha consegnato la a soggetti privati e senza controllo lasciando pagare lo Stato con i soldi dei cittadini, senza poter intervenire.
Quindi, Presidente, noi non accettiamo lezioni da chi ha causato quel disastro industriale. D'altronde non ci aspettavamo molto di diverso, dico la verità, soprattutto da una forza politica, e mi riferisco ai 5 Stelle, che, per bocca dell'allora Ministro per il Sud, Lezzi, garantivano che, chiudendo l'Ilva, l'economia tarantina e l'economia pugliese sarebbero sopravvissute tranquillamente con gli allevamenti di cozze pelose. Quindi chi se ne frega di 10.000 famiglie che lavoravano e lavorano ancora, grazie al Governo, all'Ilva, bisognava dedicarsi solo ed esclusivamente agli allevamenti di cozze.
O a chi, come l'ex Ministro Toninelli, a proposito di investimenti in cantieri e in infrastrutture, ci aveva emozionato, a fronte di una tragedia come quella della caduta del ponte Morandi, quando annunciò, nel momento della ricostruzione rapidissima di quel ponte, di voler fare delle aree pic-nic e delle aree gioco per bambini su quel ponte, dove passano milioni di macchine ogni anno. Quindi, davvero non ci stupiamo di chi ci ha regalato idee strampalate sul futuro industriale del nostro Paese .
Tra l'altro - non ce l'ho con loro, però oggi ho sentito intervenire il collega Carotenuto -, gli stessi sono stati anche giustizialisti nei confronti dell'Ilva di Taranto e di chi l'ha amministrata. Anche oggi hanno chiesto le dimissioni, come , di almeno un paio di Ministri, però poi mi ricordo che sono gli stessi che a settembre andranno a sostenere un candidato presidente indagato. Quindi, delle due l'una: o si è giustizialisti sempre o si è garantisti sempre. Noi scegliamo la via del garantismo, che è quella di un Paese normale .
Interveniamo sull'articolo 2 - lo hanno detto anche i colleghi che mi hanno preceduto -, inserendo norme sulla produzione di preridotto, e stabiliamo una cosa fondamentale, ossia che la transizione, sì, bisogna farla ed è fondamentale, ma va fatta con serietà e coerenza, soprattutto rispettando i tempi. Penso, per esempio, ai forni elettrici, al DRI, alla decarbonizzazione: si devono fare, ma richiedono tempo, richiedono capitale e richiedono industriali seri.
Capisco che questa cosa a sinistra sia di poca comprensione, avendo sostenuto il fallimentare e devastante in Europa, avendo sostenuto chi fa la battaglia ambientale andando ad imbrattare le nostre sculture in giro per l'Italia o occupando le strade, perché, magari pensano di risolvere così il problema ambientale; c'è chi, magari, pensa che, con cinque o sei pannelli fotovoltaici e due o tre impianti eolici, si possa decarbonizzare, da un giorno all'altro, l'ex Ilva di Taranto. Ecco, ci sono i sogni, c'è la propaganda e ci sono tantissime belle idee, e poi c'è la realtà, che è quella che persegue questo Governo, che viene tacciato costantemente di essere contro l'ambiente e, invece, è quello che cerca sempre e costantemente soluzioni concrete e realistiche, perché di questo si sta parlando.
All'interno del decreto, ricordiamo anche l'importanza che è stata data a Piombino. Ci sono investimenti importanti per favorire il credito per chi vuole investire in una delle aree industriali più complesse del Paese, perché l'Italia ha bisogno di una politica industriale coerente, e questo decreto lo dimostra in ogni suo punto.
Non dimentichiamo anche la parte che riguarda il lavoro, che torna al centro di questo decreto: penso agli sgravi fiscali per le imprese che operano in aree di crisi industriali complesse e attivano la cassa integrazione straordinaria; penso agli ammortizzatori sociali, che vengono estesi ai grandi gruppi industriali con oltre 1.000 dipendenti; penso ai 6 mesi in più di cassa integrazione alle imprese in via di cessione. Sono tutte misure di giustizia per tutti quei lavoratori che non devono pagare per responsabilità o per problematiche che le nostre aziende, purtroppo, ancora oggi stanno vivendo, come, in particolare, le misure per i lavoratori delle imprese confiscate alla criminalità organizzata. Ecco, quando un'impresa viene confiscata alla criminalità organizzata, le colpe non devono ricadere su tutti quei lavoratori che, seriamente, tutti i giorni, hanno lavorato con buon senso, ma devono ricadere assolutamente su chi, invece, ha scelto di fare impresa nel modo sbagliato. Quindi, è un decreto che parla il linguaggio della realtà e lascia da parte la propaganda.
In Commissione, in Aula e anche nel Governo c'è stata la presenza della Lega. Con serietà e concretezza, abbiamo portato la nostra voce, la voce di chi non crede nell'ormai famosissima decrescita felice, ma nella crescita intelligente del nostro Paese. Perché chi “gufa” sul fallimento industriale del nostro Paese, non credo gli voglia così bene.
Quindi, di fronte a queste polemiche che continuano a rimbombare ogni volta che in Aula c'è un provvedimento che riguarda l'industria del nostro Paese, mi piacerebbe ascoltare un po' più di collaborazione e, magari, un po' meno polemica, per raccogliere quei quattro voti in più, che non servono alla nostra Nazione.
Diciamolo chiaramente: senza acciaio, non c'è Italia, non ci sarebbero le infrastrutture, non ci sarebbe l', non ci sarebbe la difesa. E l'ex Ilva di Taranto, che piaccia o meno, è l'unico impianto a ciclo integrale. Non è solo un sito industriale, ma è un strategico per la sicurezza nazionale. La stiamo salvando e lo stiamo facendo, però, senza rinunciare all'ambiente, come dicevo prima, perché all'interno del decreto ci sono anche 80 milioni di euro per le bonifiche, che sono una cosa fondamentale. Perché sono d'accordissimo che la salute debba andare di pari passo con l'industrializzazione - è inutile negare che ci siano stati e ci siano ancora problemi di salute nelle aree attorno a Taranto -, però le cose vanno risolte, e non con la propaganda.
Non possiamo nasconderci: stiamo vivendo un contesto molto complicato, e questo decreto dà le risposte giuste, dà il segno che si può governare con responsabilità e visione, non bloccando le grandi opere, come qualcun altro vorrebbe fare, non dicendo “no” a tutto. Siamo quelli che mettono le mani nei difficili e che scelgono di risolvere i problemi, invece di cavalcarli. È successo con Alitalia, problema decennale che è stato risolto dal Ministro Giorgetti. È successo con l'ex Ilva, problema che viene risolto da questo Governo. Perché a volte, quando si governa, ci si dimentica che non è il consenso facile, quello da perseguire, ma, quando si hanno delle responsabilità - e questo centrodestra lo dimostra sempre -, bisogna risolvere i problemi , anche, magari, a volte, prendendo posizioni che sono un po' meno popolari, ma concrete e che a lungo termine portano ai risultati.
C'è, quindi, chi parla di futuro e c'è chi lo realizza. La Lega, con il suo segretario Matteo Salvini, sceglie l'Italia vera, l'Italia che produce, l'Italia che lavora, l'Italia che innova e l'Italia che vuole correre, non l'Italia che si ferma e che vuole essere spenta da qualche forza politica. Abbiamo acceso una rotta chiara: lavoro, sviluppo, sovranità produttiva. L'Italia merita questo coraggio: il coraggio degli imprenditori che, quotidianamente, nonostante i tanti problemi, si sforzano, si impegnano, si sacrificano e portano avanti davvero il nostro Paese.
Quindi, concludo, Presidente, ribadendo il voto favorevole del nostro gruppo Lega Salvini-Premier. È un voto che ha un peso enorme, perché è il “sì” a 10.000 famiglie che non devono essere mai lasciate sole, è il “sì” a chi ancora oggi crede in uno Stato che accompagna le aziende e non le punisce, ma soprattutto è il “sì” di un'Italia che vuole tornare protagonista nel mondo
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ubaldo Pagano. Ne ha facoltà.
UBALDO PAGANO(PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, dieci volte inferiori sono le capacità cognitive dei bimbi nati e cresciuti nei quartieri più vicini all'ex Ilva, a causa dell'esposizione ad agenti inquinanti come arsenico e piombo (su ); 600 sono i bambini che, nell'arco di 14 anni, dal 2002 al 2015, sono nati nel SIN di Taranto con malformazioni e più di 40 sono quelli che hanno sviluppato un tumore nel primo anno di vita; 4.876 sono gli operai in cassa integrazione, mentre facciamo questa discussione in Aula. Questi sono i numeri che raccontano la cifra emotiva della tragedia che stanno vivendo le comunità territoriali e le lavoratrici e i lavoratori coinvolti.
E voglio rasserenare i replicanti destrorsi, che, ancora, in questi giorni, hanno ripetuto come pappagalli le responsabilità della mia forza politica sulla vicenda che ci occupa. Lo ripeto anche oggi, che si capisca: noi abbiamo avuto il coraggio di fare i conti con il nostro passato e, soprattutto, abbiamo avuto la dignità di chiedere scusa . Voi, invece, continuate a nascondere la testa sotto la sabbia! Eppure - ricordo i numeri -, per ben 5 anni, 5 mesi e 22 giorni, negli ultimi 12 anni, al Governo ci siete stati anche voi: tempo in cui ogni scelta fatta è stata condivisa dalle forze che ora sono in maggioranza.
E, allora, per cortesia, basta con l'ipocrisia e basta con questa propaganda, perché non c'è nulla di più paradossale per questo Governo che venire oggi, qui, a chiedere l'ennesima fiducia, soprattutto su un provvedimento come questo, dopo tre anni di poche idee e ben confuse. Qui, Presidente, più passano le settimane e più si consolida il sospetto che le cose stiano in maniera molto diversa da come vengono raccontate: il sospetto è che l'ex Ilva sia solo una pedina sacrificabile in un disegno più grande, utile al Governo per stringere accordi che vanno ben al di là del futuro della siderurgia italiana. Ogni riferimento a navi gasiere è puramente voluto.
In mezzo a questo marasma, però, ci sono le comunità coinvolte: Taranto, Genova, Novi Ligure. Soprattutto Taranto, ancora una volta, terra di sacrificio, come l'ha definita l'ONU, per interessi che sono, evidentemente, più grandi dei diritti dei cittadini.
Questo decreto non cambia assolutamente nulla in questo quadro drammatico, è una scatola vuota: zero per i lavoratori, zero per le bonifiche, zero per la tutela della salute, zero per la sicurezza, zero per la manutenzione, zero, passo zero per la diversificazione dell'economia del territorio. Come a dire: c'è l'acciaio e tanto basta. Transizione o no, di questo dovete vivere, o, ahinoi, morire: diceva Leogrande. Ed è anche per questo che, nel 2021, abbiamo istituito un fondo per indennizzare i residenti di quei quartieri.
Lo abbiamo fatto nella convinzione che fosse un modo tangibile, non esaustivo, per far sentire loro la presenza delle istituzioni, per riconoscere un po' di giustizia dopo decenni di polveri rosse sui balconi e nei polmoni
Ma, una volta arrivati al Governo, ci avete messo due anni per fare un decreto attuativo per far funzionare quel fondo. L'anno scorso le istanze sono raddoppiate, perché le sentenze, molto banalmente, a favore di quella gente, sono aumentate e i fondi non sono più bastati. Voi non solo non avete voluto mettere le risorse necessarie per pagarli tutti, ma, nella scorsa manovra, avete addirittura tentato di diminuirli e, in questo decreto, avete pure bocciato una modifica a costo zero, che avrebbe dato a tante altre famiglie la possibilità di presentare istanze. Insomma, state sabotando anche una delle piccole, poche iniziative che davvero arriva ai più colpiti di questa tragedia ambientale. E vi meravigliate se la gente è sfiduciata ed incazzata?
Sulla decarbonizzazione, poi, qualcosa c'è in effetti, peccato che le uniche parole, in realtà, non sono aggiunte, ma sono soppresse, perché avete cancellato l'idrogeno dai programmi di questo Governo, quando, in tutta Europa, si contano 30 progetti basati su DRI e forni elettrici alimentati ad idrogeno, annunciati o già avviati, che entro pochi anni inizieranno a dare i propri frutti. In Svezia già si produce acciaio verde da un po', sebbene in quantità ancora limitate. La vostra opacità non consente di capire la direzione in cui stiamo andando. Il gas naturale serve per favorire la transizione verso l'idrogeno oppure no? Se sì, in quanto tempo ci vogliamo arrivare? O è semplicemente una marchetta che volete consegnare all'accordo con Trump ? Su questo provvedimento pretendiamo chiarezza, non le fesserie che andate propalando in giro.
Purtroppo, Presidente, l'unico dato di verità è che questa partita non si gioca nei decreti né in Parlamento: la partita si gioca altrove. Ed è quello che è successo con l'AIA, che è stata rilasciata pochi giorni fa, in tutto il suo cinismo. I piani di decarbonizzazione, secondo gli ultimi , dovrebbero durare all'incirca 8 anni, però l'AIA che avete rilasciato qualche giorno fa, curiosamente, autorizza una produzione di 6 milioni di tonnellate a ciclo integrale per i prossimi 12 anni, 4 anni in più. Perché? Ma non solo. Perché nei prossimi 12 anni l'ex Ilva produrrà il triplo di quanto fa adesso, utilizzando gli stessi identici impianti che sono stati chiusi perché rendevano insopportabile il bilanciamento tra interessi industriali e diritti umani? Ma, siccome i vostri calcoli li avete fatti bene, l'AIA l'avete approvata nonostante il parere contrario di tutti gli enti territoriali e, proprio mentre gli chiedevate di esprimersi su un accordo di programma per la piena decarbonizzazione, in realtà, mettevate la pistola carica sul tavolo. Tutto in fretta, come se nei tre anni precedenti questo Governo non avesse avuto tempo e, forse, voglia per fare le cose per bene e senza quella pistola carica sul tavolo. Così facendo avete caricato sugli stessi enti tutta la rabbia, la frustrazione, il risentimento e la paura delle comunità coinvolte , ma non vi risparmierà, statene certi.
Signor Presidente, dopo tre anni siamo qui senza nulla: nessuna certezza, nessuna trasparenza, solo chiacchiere al vento e promesse, una dopo l'altra. Non è, forse, il caso di ricominciare a parlare un linguaggio di verità? Cominciate con il rispondere a domande semplici: a che punto è la gara che avevate fatto? E perché ne volete fare un'altra? La vecchia è fallita per quali ragioni? Perché vi eravate innamorati dell'offerta di Baku Steel, che da sempre produce quantitativi irrisori di acciaio nel mondo? Da dove nasce questa ossessione per la nave rigassificatrice, se - come pare - ci sarebbero soluzioni tecnicamente sostenibili per farne a meno? Perché il Governo dice che servono 5 miliardi di metri cubi di gas per la decarbonizzazione? Jindal, che aveva partecipato alla prima gara, dice che ce ne servono meno e lo stesso professor Mapelli, che dovrebbe essere un della materia, dice che ce ne vorrebbero la metà. Dov'è la verità? È vero o no che dalla nuova gara sparirà la preferenza per un acquisto senza “spezzatini”? State preparando le condizioni per fare qualche regalo al capitalismo straccione? E poi, soprattutto, quanto costa questo fantomatico piano Ilva? Chi pagherà le 472 prescrizioni che sono state imposte nell'AIA? Quale sarà il futuro degli operai e dei dipendenti dell'acciaieria?
Chi si occuperà delle bonifiche, a cui, nel frattempo, avete sottratto oltre mezzo miliardo di euro del fondo che era stato sequestrato ai Riva ? Chi pagherà per rimettere in sesto gli impianti che volete riattivare per triplicare la produzione? E, soprattutto, chi pagherà per la costruzione dei forni elettrici per la produzione del DRI? Esiste un piano industriale? Oppure no? Altrimenti, tutti saremo indotti ad immaginare che anche questi accordi siano semplicemente l'ennesima presa in giro. Ancora, dopo mesi di attesa, tutto questo resta avvolto nel mistero.
Allora lo diciamo qui, per l'ennesima volta: basta opacità, basta giri di parole, basta finzione e teatrini inutili. La situazione dell'ex Ilva è critica, la fabbrica è a pezzi, le bonifiche sono ferme, ciò che state creando sono soltanto i presupposti per un decennio d'inferno. Una soluzione ci sarebbe, abbiamo provato a proporvela nella fase emendativa, e lo sapete benissimo anche voi: accompagnare direttamente, attraverso le articolazioni dello Stato, attraverso soldi pubblici, il processo di transizione dell'ex Ilva, senza davvero produrre acciaio primario, in virtù dell'interesse strategico dello Stato. Perché - guardate - o è lo Stato a fare da garante per lo spegnimento dell'area a caldo a carbone nel più breve tempo possibile oppure nessuno sarà disposto a farlo; o è lo Stato ad assicurare il diritto alla salute e alla tutela dell'ambiente oppure nessuno saprà dare le stesse garanzie. Solo dopo, quando avremo una fabbrica in grado di produrre in modo ambientale ed economicamente sostenibile, si potrà parlare di cessione, non prima.
Allora provate a fare qualcosa di buono per le comunità coinvolte, cominciando dalla martoriata Taranto, se ne siete capaci, perché finora vi abbiamo sentito soltanto balbettare ipocrite bugie, perché questa fiducia…
PRESIDENTE. Concluda.
UBALDO PAGANO(PD-IDP). …più di ogni altra volta puzza di tradimento e indifferenza. Noi del Partito Democratico voteremo contro, con la consapevolezza di chi ha riconosciuto le proprie responsabilità ed è certo di essersi messo dalla parte giusta della ragione
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Volpi. Ne ha facoltà.
ANDREA VOLPI(FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Bergamotto, onorevoli colleghi, sostenere il voto di fiducia su questo provvedimento è un dovere politico e morale nei confronti di una città, Taranto, che è stata vittima, per molto tempo, del non fare della politica. Chi voterà contro dirà “no” all'unica soluzione strategica emersa nell'ultimo decennio. È proprio così, colleghi: negli anni dei Governi giallo-rossi, oltre ad illudere e a strumentalizzare, non si è fatto nulla per Taranto, non si è fatto nulla per i lavoratori, per le famiglie, per i cittadini, per tutelare la salute.
Prima di andare avanti, però, ci tengo ad esprimere, a nome del gruppo di Fratelli d'Italia, la solidarietà al sindaco di Taranto, Bitetti , non solo per le minacce che ha ricevuto, ma, ancor di più, perché anche questa volta la sinistra dei “no” ha scelto di penalizzare il territorio, il progresso, il futuro, ma non l'interesse di bottega, di fatto abbandonando il primo cittadino. La sinistra, come sempre, anche in nome di una transizione ecologica solo decantata, ha scelto la politica dei “no”: “no” alle infrastrutture strategiche, come il ponte sullo Stretto; “no” alle infrastrutture di collegamento Italia-Europa, come il TAV; “no” al Piano nazionale per il comparto siderurgico.
Trovo assai corretto, invece, che in questo decreto siano stati dati spazio e centralità ai territori, che vi sia stata la sensibilità di ascoltare e rendere protagonisti i cittadini e, in questo caso, anche regioni ed enti locali. In questo processo partecipato, democratico, trasparente, il Governo ha voluto inserire, nell'approvazione dell'iter, anche la partecipazione diretta. E in questo processo emergerà chiaramente e nettamente chi vuole salvare e rilanciare il mondo dell'ex Ilva e chi ha scelto, invece, la via della rassegnazione, dello sconforto, dell'interesse di parte al cospetto di quello generale ed ha scelto, politicamente, di mettere il PD di Emiliano da una parte, quello locale dall'altra e quello nazionale da un'altra parte ancora. Adesso o mai più: PD e MoVimento 5 Stelle dicano chiaramente se vogliono che il sito resti aperto o che chiuda, dicano se vogliono mantenere la produzione o dismetterla e dicano quali sono i motivi per i quali negli anni in cui hanno governato non l'hanno chiusa né hanno favorito una strategia per mantenerla .
Infatti, vedete, sostenere che vanno mantenuti i lavoratori senza mantenere la produttività è la più grande presa in giro che si possa compiere nei confronti di chi soffre e di chi lotta da anni, e prima, ascoltando l'esponente del MoVimento 5 Stelle che ha parlato di tutto tranne dell'Ilva, in quelle parole ho trovato proprio la conferma di tutto quello che sto dicendo . Per questo, stanco di ascoltare il canto dell'industria che muore, il Governo Meloni ha sempre operato coltivando l'interesse nazionale per salvaguardare il lavoro, tutelare l'ambiente, la salute, e curare lo sviluppo nell'ottica del progresso e della sostenibilità, e il decreto Ilva rappresenta senza dubbio la misura più significativa messa in campo negli ultimi anni.
Il passato - dimenticato da molti, a quanto pare - ci racconta che aver tolto lo scudo penale, l'aver spalancato la porta ad ArcelorMittal, avere illuso i cittadini con un parco giochi sul mare o con investimenti straordinari per la produzione delle cozze non ha contribuito a un confronto senza pregiudizi. Piaccia o no, la produzione dell'acciaio rappresenta un strategico per la Nazione, e non vi è dubbio su quale sia il nostro approccio. Il Piano è una risposta concreta a chi vorrebbe un'Italia dipendente dall'estero senza una propria autonomia produttiva. L' Ilva è e resterà, grazie al Governo Meloni, il principale polo siderurgico italiano, in quanto rappresenta una risorsa fondamentale per la nostra industria e perché la siderurgia è un pilastro del , in quanto consente lo sviluppo anche di altre, tante industrie collegate.
È da questa visione che nasce il Piano siderurgico nazionale, che prende vita su quattro poli: Terni, Piombino, Taranto e Genova. È di fronte a questa sfida, la sfida tra il continuare a produrre e, quindi, a vendere o l'andare a comprare all'estero - qualcuno, magari, auspicherebbe dal mercato cinese - che abbiamo scelto con coraggio l'unica strada credibile, sostenibile, e percorribile senza esitazioni e doppiogiochismo. Comprendo, ma non condivido, chi ha come riferimento l'uomo che ha smantellato l'industria pubblica italiana pezzo per pezzo, ad appannaggio di appetiti stranieri e che ha consegnato il alle multinazionali, svendendo la nostra Nazione. Ai di Romano Prodi rispondiamo che il nostro chiaro obiettivo è la riconversione dell'Ilva coniugando la sostenibilità ambientale ed economica, tutelando la salute pubblica, l'occupazione e la continuità produttiva degli impianti.
L'Italia ha già pagato i danni dell'ideologia - l'abbiamo visto sull', lo abbiamo visto sul mercato connesso all' -, ma a noi non interessa solo parlarne, a noi interessa realizzarla in modo compatibile con il mercato e mantenendo la produzione. E lo faremo attraverso questo piano di decarbonizzazione del sito di Taranto, che si fonda su due pilastri: la graduale sostituzione degli altiforni con tre forni elettrici in otto anni e con la realizzazione degli impianti di preridotto, essenziali per alimentare i forni elettrici. Attraverso questi impianti l'Ilva potrà produrre acciaio pulito e ad alto valore aggiunto destinato a settori strategici, diventando così il più evoluto e competitivo impianto siderurgico in Europa. Tale tecnologia innovativa sarà realizzata dalla società DRI d'Italia Spa, partecipata da Invitalia con un fondo pubblico da un miliardo di euro.
L'impegno del Governo, oltre alla realizzazione degli impianti per i preridotti, che saranno sufficienti ad assicurare un congruo approvvigionamento degli stessi, è volto a garantire un sufficiente volume di rottame ferroso - anche su questo si è già intervenuti con un provvedimento - e a contribuire alla revisione di regole europee per favorire proprio l'acciaio . È grazie al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, la più avanzata in Europa, che andremo avanti per tutelare la salute e sarà scongiurata la chiusura del polo siderurgico italiano. Con questa autorizzazione l'Ilva potrà continuare a produrre 6 milioni di tonnellate di acciaio all'anno usando gli attuali forni in attesa della realizzazione dei tre nuovi forni elettrici, e tale intervento - e questo è un passaggio che mi sento di sottolineare - ha fatto sì che si potesse garantire l'occupazione a oltre 25.000 persone tra diretti e indotto. In questo percorso, come anticipato, è previsto il coinvolgimento dei territori.
Infatti, con l'AIA, saranno coinvolti tutti sulla base di un Programma interistituzionale che prevede, appunto, le amministrazioni nazionali e quelle direttamente pugliesi del territorio.
Questo decreto, già approvato in Senato, reca misure urgenti sui comparti produttivi, e tale misura prevede interventi volti a garantire la continuità produttiva, il rilancio industriale e il sostegno occupazionale. Da rilevare: un finanziamento statale fino a 200 milioni di euro per il 2025 destinato a Ilva in amministrazione straordinaria per garantire la continuità produttiva e la sicurezza degli stabilimenti siderurgici; la realizzazione - come già anticipato - di impianti di preridotto con risorse dal Fondo per lo sviluppo e coesione; semplificazioni burocratiche per investimenti superiori a 50 milioni di euro in aree Ilva o collegate e l'autorizzazione, anche per il 2024, ad usare fondi residui per sostenere imprese strategiche. Inoltre, lo stanziamento di 200 milioni di euro come ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria destinato a imprese in fase di cessazione con possibilità concrete di vendita e riassorbimento occupazionale; l'aumento del tetto della spesa per il sostegno del reddito dei lavoratori dipendenti da aziende sequestrate o confiscate in amministrazione giudiziaria per gli anni 2025 e 2026, e l'incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica di 3,7 milioni per l'anno 2025, 2,2 milioni per l'anno 2026 e di 4,3 milioni per l'anno 2027.
Grazie all'impegno del Governo sarà così scongiurata la chiusura del più grande polo siderurgico italiano e, a differenza del passato, possiamo affermare con orgoglio che questo avviene per tre motivi: il primo è che il Governo italiano ha finalmente un chiaro piano strategico per fare dell'Italia il più avanzato Paese in Europa sulla siderurgia , perché sono stati coinvolti regioni ed enti locali nel processo decisionale - e questo non era stato mai fatto prima -, e perché risponde alle esigenze del sistema industriale italiano. A chi in questi giorni è impegnato a leggere le carte sui suoi fedeli alleati chiediamo di leggere bene anche le carte di questo decreto, perché l'obiettivo è rendere Taranto un modello avanzato di siderurgia in Europa, riuscendo nella sfida di coniugare la produttività e il sostegno all'industria e l'occupazione con la tutela dell'ambiente e della salute pubblica puntando su una reale transizione verde. Crediamo in un'Italia che non chiude ma che compete, che non arretra ma che guida lo sviluppo, e per tutti questi motivi, a nome del gruppo di Fratelli d'Italia, esprimo il voto favorevole alla fiducia al Governo Meloni .
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia. Le votazioni inizieranno alle 12,30.
PRESIDENTE. Un attimo di attenzione, colleghi. Comunico che lo scorso 18 giugno è deceduto l'onorevole Francesco Marenco, membro della Camera dei deputati nella XI e XII legislatura.
Iscritto dapprima al gruppo parlamentare Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale e successivamente al gruppo Alleanza Nazionale, fu componente della Commissione trasporti.
Nato a Genova il 16 novembre 1939, fu una figura di riferimento della destra genovese, svolgendo - anche prima di approdare in Parlamento - un'intensa e significativa attività politica e amministrativa a livello locale. Negli ultimi anni aveva aderito a Forza Italia, proseguendo nel suo impegno in favore della città. La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.
Io, personalmente, rivolgo il mio cordoglio per la scomparsa di un uomo coraggioso, onesto, sempre fedele all'Italia che non ha mai tradito i valori in cui credeva, servendoli e onorandoli per tutto il percorso della sua vita e un affettuoso saluto alla figlia Roberta, che in questo momento è presente in tribuna .
Ha chiesto di parlare, per un breve ricordo, la deputata Maria Grazia Frijia. Ne ha facoltà.
MARIA GRAZIA FRIJIA(FDI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, oggi l'Aula della Camera si stringe nel ricordo di Franco Marenco, già nostro collega parlamentare, uomo delle istituzioni e della politica che ci ha lasciato, appunto, in questi giorni.
Per prima cosa, anch'io vorrei rivolgere il cordoglio alla famiglia e rivolgo un affettuoso e caro abbraccio alla figlia, Roberta, che è qui con noi, seduta nei banchi del pubblico. Un piccolo ricordo: non posso dimenticare quando ho conosciuto Franco Marenco, ero una giovane coordinatrice provinciale di Azione Giovani, il movimento giovanile di Alleanza Nazionale della mia città. Da subito si comprendeva la forza, la determinazione, la passione e la capacità di ascolto di un uomo che ha fatto della politica, che era la sua passione, la sua ragione di vita. Per tutti noi liguri, militanti di Alleanza Nazionale, per tutti noi era un riferimento capace di dare consigli e stare vicino ai territori.
Franco Marenco, bersagliere in gioventù, bancario e sindacalista della CISL, ha dedicato, come dicevo, tutta la sua vita alla politica e all'impegno civile. Consigliere provinciale e comunale a Genova, seppe interpretare con determinazione i bisogni della sua città e della sua gente. Fu poi eletto deputato per due legislature, ricoprendo, durante il suo secondo mandato, anche l'incarico di vicepresidente della Commissione trasporti della Camera, ruolo che gli consentì di valorizzare al meglio la sua esperienza e la sua conoscenza delle dinamiche economiche e marittime, centrali per Genova e per la Liguria.
Dirigente politico del MSI e poi di Alleanza Nazionale, Marenco è stato un punto di riferimento costante, capace di custodire la memoria storica della destra italiana, senza rinunciare al cambiamento e al rinnovamento. La sua figura ha rappresentato un ponte all'interno del centrodestra ligure, unendo generazioni e mondi diversi, sempre nel solco della passione civile e dell'amore per l'Italia. Militante instancabile, non si è mai risparmiato e ha saputo vivere la politica come servizio alla comunità, nel segno del rispetto, della lealtà e dell'attaccamento alla sua Liguria e alla nostra Nazione.
Seppe comprendere la necessità di accompagnare il mondo della destra verso nuove forme di rappresentanza, contribuendo al passaggio dal MSI ad Alleanza Nazionale, e poi alla più ampia stagione del centrodestra. In questo percorso, la sua figura rimase quella di un dirigente capace di unire generazioni diverse. Marenco ha incarnato una destra che sa aprirsi, rinnovarsi e diventare protagonista nella storia repubblicana. Infatti, l'ultima volta che ho avuto il piacere di sentirlo al telefono mi espresse la sua grande felicità e soddisfazione per i risultati che avevamo raggiunto, confermando, per la seconda volta, la vittoria del centrodestra a La Spezia, città che per tanto tempo fu governata dalla sinistra, e la vittoria del centrodestra alle elezioni politiche del 2022, con Giorgia Meloni Presidente del Consiglio.
Con la scomparsa di Franco Marenco perdiamo un uomo delle istituzioni coerente e sempre dalla parte della gente, che ha incarnato valori e passioni profondi nel ruolo che ha ricoperto. Che il suo impegno per Genova, la Liguria e l'Italia resti ispirazione anche per noi che sediamo in quest'Aula. A nome mio personale e del gruppo di Fratelli d'Italia esprimo il più sincero cordoglio ai suoi familiari e a quanti ne hanno condiviso il cammino politico e umano .
PRESIDENTE. Poiché in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo è stato convenuto che la votazione per appello nominale abbia luogo a partire dalle ore 12,30, sospendo la seduta fino a tale ora.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.
Indico la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.
Ricordo che l'estrazione a sorte del nome del deputato dal quale la chiama avrà inizio è stata già effettuata dalla Presidenza nella seduta di ieri. La chiama avrà quindi inizio dalla deputata Marianna Ricciardi.
Invito i deputati Segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia:
Presenti: ……………….. 289
Votanti: ………………... 285
Astenuti: …………………. 4
Maggioranza: …………. 143
Hanno risposto : …….. 178
Hanno risposto : ……. 107
La Camera approva.
Si intendono così precluse tutte le proposte emendative presentate.
sì:
Albano Lucia
Almici Cristina
Ambrosi Alessia
Amich Enzo
Amorese Alessandro
Andreuzza Giorgia
Antoniozzi Alfredo
Bagnasco Roberto
Baldelli Antonio
Barabotti Andrea
Battilocchio Alessandro
Battistoni Francesco
Bellucci Maria Teresa
Benvenuti Gostoli Stefano Maria
Benvenuto Alessandro Manuel
Bergamini Davide
Bicchielli Pino
Bignami Galeazzo
Billi Simone
Bisa Ingrid
Bof Gianangelo
Boscaini Maria Paola
Caiata Salvatore
Candiani Stefano
Cangiano Gerolamo
Cannata Giovanni Luca
Caparvi Virginio
Caramanna Gianluca
Caretta Maria Cristina
Caroppo Andrea
Carra' Anastasio
Casasco Maurizio
Castiglione Giuseppe
Cattaneo Alessandro
Cattoi Vanessa
Cavandoli Laura
Cavo Ilaria
Cerreto Marco
Cesa Lorenzo
Chiesa Paola Maria
Ciaburro Monica
Ciancitto Francesco Maria Salvatore
Cirielli Edmondo
Coin Dimitri
Colombo Beatriz
Colosimo Chiara
Comaroli Silvana Andreina
Comba Fabrizio
Congedo Saverio
Coppo Marcello
Crippa Andrea
Dara Andrea
D'Attis Mauro
De Bertoldi Andrea
De Corato Riccardo
De Monte Isabella
De Palma Vito
Deidda Salvatore
Delmastro Delle Vedove Andrea
Di Giuseppe Andrea
Di Maggio Grazia
Dondi Daniela
Donzelli Giovanni
Ferrante Tullio
Filini Francesco
Formentini Paolo
Foti Tommaso
Frassinetti Paola
Frassini Rebecca
Frijia Maria Grazia
Gabellone Antonio Maria
Gardini Elisabetta
Gatta Giandiego
Gemmato Marcello
Gentile Andrea
Giaccone Andrea
Giagoni Dario
Giglio Vigna Alessandro
Giordano Antonio
Giorgianni Carmen Letizia
Giovine Silvio
Gruppioni Naike
Iaia Dario
Iezzi Igor
La Porta Chiara
La Salandra Giandonato
Lampis Gianni
Lancellotta Elisabetta Christiana
Lazzarini Arianna
Loizzo Simona
Longi Eliana
Loperfido Emanuele
Lovecchio Giorgio
Lucaselli Ylenja
Lupi Maurizio
Maccanti Elena
Maccari Carlo
Maerna Novo Umberto
Maiorano Giovanni
Malagola Lorenzo
Malaguti Mauro
Mantovani Lucrezia Maria Benedetta
Marchetti Riccardo Augusto
Marchetto Aliprandi Marina
Marrocco Patrizia
Mascaretti Andrea
Maschio Ciro
Matera Mariangela
Matone Simonetta
Matteoni Nicole
Mattia Aldo
Maullu Stefano Giovanni
Mazzetti Erica
Mazzi Gianmarco
Messina Manlio
Michelotti Francesco
Miele Giovanna
Milani Massimo
Mollicone Federico
Molteni Nicola
Montaruli Augusta
Montemagni Elisa
Morgante Maddalena
Mura Francesco
Nisini Tiziana
Nordio Carlo
Osnato Marco
Padovani Marco
Palombi Alessandro
Panizzut Massimiliano
Pellicini Andrea
Perissa Marco
Pichetto Fratin Gilberto
Pierro Attilio
Pietrella Fabio
Pisano Calogero
Pittalis Pietro
Pizzimenti Graziano
Polo Barbara
Pretto Erik Umberto
Prisco Emanuele
Pulciani Paolo
Raimondo Carmine Fabio
Ravetto Laura
Rixi Edoardo
Rizzetto Walter
Roccella Eugenia
Romano Francesco Saverio
Roscani Fabio
Rossello Cristina
Rossi Angelo
Rossi Fabrizio
Rotelli Mauro
Rotondi Gianfranco
Ruspandini Massimo
Russo Gaetana
Russo Paolo Emilio
Saccani Jotti Gloria
Sasso Rossano
Sbardella Luca
Schiano Di Visconti Michele
Semenzato Martina
Silvestri Rachele
Sorte Alessandro
Squeri Luca
Tenerini Chiara
Testa Guerino
Toccalini Luca
Trancassini Paolo
Tremaglia Andrea
Urzi' Alessandro
Vietri Imma
Vinci Gianluca
Volpi Andrea
Ziello Edoardo
Zoffili Eugenio
Zucconi Riccardo
Zurzolo Immacolata
no:
Aiello Davide
Alifano Enrica
Amato Gaetano
Amendola Vincenzo
Appendino Chiara
Ascari Stefania
Auriemma Carmela
Bakkali Ouidad
Barbagallo Anthony Emanuele
Benzoni Fabrizio
Berruto Mauro
Boldrini Laura
Bonafe' Simona
Bonetti Elena
Boschi Maria Elena
Braga Chiara
Bruno Raffaele
Cantone Luciano
Cappelletti Enrico
Caramiello Alessandro
Carmina Ida
Carotenuto Dario
Caso Antonio
Casu Andrea
Cherchi Susanna
Ciani Paolo
Colucci Alfonso
Cuperlo Gianni
Curti Augusto
De Luca Piero
De Maria Andrea
De Micheli Paola
Di Biase Michela
Di Sanzo Christian Diego
D'Orso Valentina
Evi Eleonora
Faraone Davide
Fede Giorgio
Ferrara Antonio
Ferrari Sara
Filippin Rosanna
Fontana Ilaria
Forattini Antonella
Fornaro Federico
Gadda Maria Chiara
Ghio Valentina
Ghirra Francesca
Giachetti Roberto
Gianassi Federico
Girelli Gian Antonio
Giuliano Carla
Graziano Stefano
Grimaldi Marco
Grippo Valentina
Gubitosa Michele
Guerra Maria Cecilia
Iacono Giovanna
Iaria Antonino
L'Abbate Patty
Lai Silvio
Lomuti Arnaldo
Madia Maria Anna
Malavasi Ilenia
Manzi Irene
Mari Francesco
Marino Maria Stefania
Mauri Matteo
Merola Virginio
Morfino Daniela
Orfini Matteo
Orrico Anna Laura
Pagano Ubaldo
Pandolfo Alberto
Pastorella Giulia
Pavanelli Emma
Pellegrini Marco
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Penza Pasqualino
Perantoni Mario
Piccolotti Elisabetta
Porta Fabio
Prestipino Patrizia
Provenzano Giuseppe
Quartini Andrea
Ricciardi Marianna
Ricciardi Toni
Richetti Matteo
Roggiani Silvia
Romeo Nadia
Ruffino Daniela
Santillo Agostino
Sarracino Marco
Scarpa Rachele
Schlein Elly
Scotto Arturo
Serracchiani Debora
Simiani Marco
Soumahoro Aboubakar
Sportiello Gilda
Stefanazzi Claudio Michele
Stumpo Nicola
Tabacci Bruno
Torto Daniela
Tucci Riccardo
Vaccari Stefano
Zanella Luana
Zaratti Filiberto
Gebhard Renate
Manes Franco
Schullian Manfred
Steger Dieter
Ascani Anna
Bagnai Alberto
Barelli Paolo
Barzotti Valentina
Bitonci Massimo
Brambilla Michela Vittoria
Calderone Tommaso Antonino
Calovini Giangiacomo
Cappellacci Ugo
Carloni Mirco
Cecchetti Fabrizio
Centemero Giulio
Colucci Alessandro
Costa Sergio
Della Vedova Benedetto
Dori Devis
Ferro Wanda
Freni Federico
Gava Vannia
Giorgetti Giancarlo
Gribaudo Chiara
Guerini Lorenzo
Gusmeroli Alberto Luigi
Leo Maurizio
Lollobrigida Francesco
Magi Riccardo
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo
Meloni Giorgia
Minardo Antonino
Molinari Riccardo
Morrone Jacopo
Mule' Giorgio
Onori Federica
Pagano Nazario
Patriarca Annarita
Quartapelle Procopio Lia
Ricciardi Riccardo
Scerra Filippo
Siracusano Matilde
Stefani Alberto
Tajani Antonio
Traversi Roberto
Tremonti Giulio
Varchi Maria Carolina
PRESIDENTE. Sospendo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 16 per l'esame degli ordini del giorno, le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale del provvedimento in esame.
Colleghi, vi invito a liberare tempestivamente l'emiciclo al fine di consentire le operazioni di montaggio delle cabine, atteso l'imminente inizio della riunione del Parlamento in seduta comune.
Ricordo che la chiama avrà inizio dai senatori.
La seduta è sospesa.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 97, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla V Commissione (Bilancio):
S. 1565. - “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95, recante disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese, nonché interventi di carattere sociale e in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali” (2551) - exbisexbisexbis.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
Poiché il suddetto disegno di legge è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da lunedì 4 agosto 2025, ai sensi del comma 5 all'articolo 96- del Regolamento, i termini di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo sono conseguentemente adeguati. In particolare, il termine per la presentazione di questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge è fissato alle ore 10 di sabato 2 agosto 2025.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 10 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, il deputato Anthony Emanuele Barbagallo. Ne ha facoltà.
ANTHONY EMANUELE BARBAGALLO(PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Siamo qui a chiedere, per suo tramite, un'informativa urgente da parte del Governo sui fatti di cui siamo venuti a conoscenza sabato scorso. Una nota testata giornalistica ha reso nota la notizia secondo cui un noto albergo di Palermo, l'hotel Politeama Garibaldi, è gestito in questo momento - da alcuni anni - da una società, la Cribea Srl, che è di proprietà di Giorgio Cristiano che, sempre secondo questa nota testata giornalistica, sarebbe il nipote di Giovanni Brusca. Giorgio Cristiano avrebbe avuto assegnato l'hotel Politeama Garibaldi solo di recente, a seguito di un provvedimento del tribunale di Palermo, dopo che il tribunale ha acquisito il parere favorevole dell'Agenzia dei beni confiscati alla mafia, della questura e della procura di Palermo.
La notizia, francamente, non solo ci ha lasciati sgomenti e perplessi, ma riteniamo, anche a tutela dell'interessato per fugare ogni ombra in questo settore - proprio perché viene tirato in ballo il nome di Giovanni Brusca che, ricordo, è la persona che ha ucciso Giovanni Falcone, Rocco Chinnici e, per essere chiari, il piccolo Di Matteo - e proprio perché non ci possano essere ombre, serve che il Governo venga urgentemente a chiarire se il tribunale di Palermo, nel momento in cui ha firmato, era a conoscenza del rapporto di parentela, se è vero che c'è un rapporto di parentela e se, al momento del rilascio dei pareri, sono stati approfonditi tutti questi aspetti .
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2527.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico, ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati .
Avverto che l'ordine del giorno n. 9/2527/37 Sottanelli è stato ritirato dal presentatore.
Invito la rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.
FAUSTA BERGAMOTTO,. Sull'ordine del giorno n. 9/2527/1 Scotto il parere è favorevole con riformulazione dell'impegno: “impegna il Governo a valutare l'opportunità di introdurre ulteriori misure a tutela dei lavoratori e delle imprese per fronteggiare l'emergenza climatica, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/2 Iaia il parere è favorevole con riformulazione del terzo impegno: “ad assicurare, per quanto di competenza, il riesame dell'AIA, recentemente rilasciata, avente ad oggetto un ciclo produttivo a carbone tempestivamente secondo i tempi procedimentali previsti dalla normativa di settore, alla luce della programmata installazione di forni elettrici e del loro ridotto potenziale emissivo”.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/3 Boldrini il parere è favorevole sul primo impegno, contrario sul secondo impegno e sul terzo impegno è favorevole con riformulazione, unicamente premettendo: “nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità (…)”.
L'ordine del giorno n. 9/2527/4 Simiani è accolto come raccomandazione.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/5 Gribaudo, espunte le premesse il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “impegna il Governo a valutare l'opportunità di introdurre ulteriori misure a tutela dei lavoratori e delle imprese per fronteggiare l'emergenza climatica, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/6 Di Sanzo il parere è favorevole con riformulazione, sostituendo, al secondo impegno, la parola: “garantire” con la parola: “favorire”.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/7 Gianassi, espunte le ultime due premesse, il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “ad onorare gli impegni presi nell'accordo di programma per il potenziamento infrastrutturale del porto di Piombino, compresa una nuova banchina dedicata alle materie prime per l'acciaieria Metinvest; ad assicurare, come previsto nell'accordo di programma e nel rispetto delle competenze e prerogative delle autorità di sistema portuale, che nella fase di realizzazione della nuova banchina il rinnovo delle concessioni delle infrastrutture portuali affermi l'interesse pubblico della loro piena utilizzazione e dunque si orienti a riconoscere e soddisfare, in funzione del fabbisogno di supporto logistico dei traffici che si svilupperanno, il nuovo assetto produttivo determinato dalla realizzazione dell'accordo di programma”.
Sugli ordini del giorno n. 9/2527/8 Mari e n. 9/2527/9 Ghirra il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/10 Aiello, espunta l'ultima premessa, il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “a favorire nuovi ed ulteriori investimenti nell'area, per creare nuove opportunità di lavoro e rilanciare l'economia locale, anche attraverso incentivi per le aziende che decidono di investire nell'area e assumere i lavoratori ex Fiat”.
Sugli ordini del giorno n. 9/2527/11 Carotenuto, n. 9/2527/12 Furfaro e n. 9/2527/13 Tucci il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/14 L'Abbate, espunta la seconda premessa, il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “a continuare l'opera di bonifica e di risanamento ambientale e sanitario delle aree industriali interessate dall'ex Ilva; a continuare a salvaguardare la continuità produttiva e occupazionale degli impianti siderurgici ex Ilva, assicurando il pieno coinvolgimento delle parti sociali e degli enti locali interessati; a promuovere la filiera di produzione dell'idrogeno verde nel Sud Italia e, in particolare, nella regione Puglia, in coerenza con gli impegni europei in materia di transizione energetica e neutralità climatica”.
Sugli ordini del giorno n. 9/2527/15 Cappelletti, n. 9/2527/16 Donno, n. 9/2527/17 Lomuti, n. 9/2527/18 Pavanelli e n. 9/2527/19 Morfino il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/20 Ilaria Fontana, espunte la seconda, la terza e l'ultima premessa, il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “ad avviare il processo di decarbonizzazione dell'ex Ilva e a continuare nel lavoro di bonifica e decontaminazione delle aree”.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/21 Soumahoro, espunte le premesse, il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di adottare ulteriori iniziative in materia di assegno di inclusione, volte a rafforzare ulteriormente la misura”.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/22 Michelotti il parere è favorevole.
Anche sull'ordine del giorno n. 9/2527/23 Fabrizio Rossi il parere è favorevole.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/24 Bonafe', espunta la terza, la settima e la penultima premessa, parere favorevole con la seguente riformulazione: “ad accompagnare le disposizioni dell'articolo 10 del provvedimento in esame con ulteriori misure concrete e tempestive da inserire nel Piano Italia Moda e rafforzare la competitività internazionale dei settori moda, tessile e abbigliamento, anche attraverso incentivi alla ricerca, innovazione, sostenibilità ambientale e digitale”.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/25 Pastorino, espunta la terza premessa, parere favorevole con la seguente riformulazione: “a tenere ferme le tempistiche preannunciate in relazione all'indizione di una nuova gara per l'acquisizione dei beni e delle attività facenti capo a Ilva Spa in amministrazione straordinaria e Acciaierie d'Italia Spa in amministrazione straordinaria e alle altre società appartenenti ai rispettivi gruppi, il cui bando sia modulato sulla base del piano di decarbonizzazione descritto in premessa”.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/26 Lacarra, espunte le premesse, parere favorevole con la seguente riformulazione: “impegna il Governo a valutare l'opportunità, nel rispetto dei limiti di finanza pubblica, di intraprendere ulteriori iniziative volte a tutela dei lavoratori delle società ex Ilva Spa in amministrazione straordinaria e Acciaierie d'Italia in amministrazione straordinaria”.
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, ho difficoltà a seguire. Colleghi, per cortesia. Prego.
FAUSTA BERGAMOTTO,. Sugli ordini del giorno n. 9/2527/27 Ubaldo Pagano e n. 9/2527/28 Stefanazzi parere contrario.
Sugli ordini del giorno n. 9/2527/29 Giovine e n. 9/2527/30 Bonetti parere favorevole.
L'ordine del giorno n. 9/2527/31 Fossi è accolto come raccomandazione.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/32 Cavo parere favorevole.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/33 Bonelli parere contrario.
L'ordine del giorno n. 9/2527/34 Gardini è accolto come raccomandazione.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/35 Benzoni, espunte le ultime due premesse, parere favorevole con riformulazione nel senso di premettere al primo impegno le parole: “compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/36 Ruffino parere favorevole.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno n. 9/2527/37 è ritirato.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/1 Scotto: onorevole Scotto, accetta la riformulazione? No. Lo mettiamo ai voti o vuole intervenire? Lo mettiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. n. 9/2527/1 Scotto, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/2 Iaia: accetta la riformulazione, onorevole? Sì.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/3 Boldrini: onorevole accetta la riformulazione?
LAURA BOLDRINI(PD-IDP). Chiedo gentilmente alla Sottosegretaria se può rileggermi la riformulazione, perché non l'ho colta prima. Grazie, molto gentile.
PRESIDENTE. Il parere era favorevole sul primo impegno, contrario sul secondo, mentre sul terzo impegno c'era una riformulazione. Prego, Sottosegretaria Bergamotto.
Silenzio, per favore.
FAUSTA BERGAMOTTO,. La riformulazione del terzo impegno prevede di premettere la seguente formula “nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di (…)”.
PRESIDENTE. Presidente Boldrini, la accetta?
LAURA BOLDRINI(PD-IDP). Grazie, Presidente. La accetto, ormai siamo in questo ordine di idee.
PRESIDENTE. Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/4 Simiani: onorevole, accetta la raccomandazione? Sì.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/5 Gribaudo: onorevole, accetta la riformulazione? No.
Passiamo, quindi ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/5 Gribaudo, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/6 Di Sanzo: onorevole, accetta la riformulazione? Sì.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/7 Gianassi: onorevole, accetta la riformulazione? Sì.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/8 Mari, su cui il parere è contrario.
Passiamo, quindi, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/8 Mari, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/9 Ghirra, su cui il parere è contrario.
Passiamo, quindi, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/9 Ghirra, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/10 Aiello: onorevole, accetta la riformulazione? La vuole riascoltare? Per cortesia, Sottosegretaria Bergamotto, sull'ordine del giorno n. 9/2527/10 Aiello c'è una riformulazione, che prevede l'espunzione dell'ultima premessa; sentiamo poi la riformulazione dell'impegno.
FAUSTA BERGAMOTTO,. “A favorire nuovi ed ulteriori investimenti nell'area per creare nuove opportunità di lavoro e rilanciare l'economia locale, anche attraverso incentivi per le aziende che decidono di investire nell'area e assumere i lavoratori ex FIAT”.
PRESIDENTE. Onorevole Aiello, accetta la riformulazione? Sì.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/11 Carotenuto, su cui il parere è contrario.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Carotenuto. Ne ha facoltà.
DARIO CAROTENUTO(M5S). Grazie, Presidente. Registriamo ancora una volta una certa ottusità, da parte della maggioranza di questo Governo, nell'affrontare la tematica dell'esposizione dei lavoratori a stress climatico. Ho provato a convincervi anche su altri provvedimenti. Abbiamo fatto dei casi specifici, ad esempio quello dei camionisti, a cui addirittura viene proibito l'utilizzo dei condizionatori a veicolo spento, a veicolo fermo. Questo ha causato dei morti sul lavoro, per cui vi state assumendo veramente responsabilità molto gravi.
Io vi chiedo veramente di rifletterci, se non in questo provvedimento, nel prossimo. Ma cerchiamo di fare qualcosa affinché l'anno prossimo, di nuovo, non dobbiamo contare i morti per incidenti sul lavoro dovuti al caldo. Cerchiamo di affrontare la questione. Non capisco perché vi sia questo tipo di ottusità da parte del Governo, anche perché devo dire ai colleghi che, quando abbiamo lavorato in Commissione, su questo tema avevamo trovato delle convergenze, almeno a parole. E francamente non si capisce perché alle parole non seguano dei fatti. Abbiamo delle vittime, abbiamo situazioni veramente gravi che abbiamo documentato.
Ci sono dei record purtroppo negativi, come quelli delle morti sul lavoro, che spesso sono legate anche alle condizioni climatiche. Allora, veramente, cerchiamo di fare qualcosa di buono per questo Paese .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pavanelli. Ne ha facoltà.
EMMA PAVANELLI(M5S). Grazie, Presidente. Mi stupisco che si continui a negare l'evidenza: si continuano a negare, in quest'Aula, i cambiamenti climatici, si continua a negare quello che sta succedendo fuori da questo Palazzo. Di anno in anno subiamo temperature molto alte e, di anno in anno, sono sempre più alte. Purtroppo, non ci avete concesso nessun emendamento che andasse nella direzione di tutelare i lavoratori, non solo i lavoratori dipendenti, ma anche i lavoratori autonomi, che, magari, lavorano in certe condizioni, all'aperto, o, comunque, in condizioni in cui le temperature sono molto elevate.
Con quest'ordine del giorno - più che altro, con questa bocciatura di quest'ordine del giorno da parte del Governo e della maggioranza - state confermando il vostro negazionismo e questo è un problema, perché è assolutamente necessario creare un fondo e delle regole preventive non appena le temperature esterne arrivano a una certa temperatura, per tutelare i cittadini, per tutelare i lavoratori, ma anche per tutelare i datori di lavoro, perché anche loro hanno la necessità di essere tutelati e di avere delle regole fisse. Oggi è, praticamente, già il mese di agosto e abbiamo questo testo in mano, che viene chiuso quando l'emergenza non dico che è finita, ma sta andando verso la fine. E, allora, cosa faremo? Nel 2026, di nuovo, ad agosto, andremo a votare un decreto emergenziale, arrivato in ritardo e che continua a tardare? Facciamola finita con il negazionismo, cerchiamo di mettere a regime un metodo affinché i nostri concittadini non rischino di morire sul lavoro per il caldo .
PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/11 Carotenuto, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/12 Furfaro, sul quale c'è il parere contrario. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/12 Furfaro, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/13 Tucci, sul quale c'è il parere contrario: onorevole Tucci, vuole metterlo in votazione? Sì.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/13 Tucci, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
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Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/14 L'Abbate: onorevole L'Abbate, accetta la riformulazione? Sì.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/15 Cappelletti. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/15 Cappelletti, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
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Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/16 Donno, sul quale c'è il parere contrario: onorevole Donno, chiede di intervenire o lo mettiamo in votazione?
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/16 Donno, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/17 Lomuti, sul quale c'è il parere contrario. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/17 Lomuti, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/18 Pavanelli.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pavanelli. Ne ha facoltà.
EMMA PAVANELLI(M5S). Grazie, Presidente. Quest'ordine del giorno, Presidente, chiede di estendere, nel primo provvedimento possibile, la platea dei beneficiari di aiuti nel settore tessile, nel settore della moda, nel settore delle calzature, in tutto quel mondo che appartiene al nostro tessuto produttivo del e della moda. Io trovo abbastanza anomalo e sorprendente che questa maggioranza e il Governo non intendano ampliare questa platea, perché stiamo vivendo momenti molto difficili, Presidente. Già alcuni anni fa, con l'inizio della guerra tra Russia e Ucraina, una regione, come la regione Marche, ha subito un grande tracollo delle vendite delle calzature da parte dei calzaturifici. Stiamo vivendo anche in questo momento un grande disagio, anche per quanto riguarda il lusso, non solo per i cali delle vendite, ma anche per i tanti problemi che stanno venendo fuori per gli abusi, per quanto riguarda i lavoratori degli appalti e dei subappalti di questo settore. Oggi siamo a tre giorni dall'annuncio di nuovi dazi e adesso vedremo come sarà questa novità, questo 15 per cento dei dazi verso gli Stati Uniti; sicuramente, nei prossimi mesi, subiremo un altro tracollo del settore tessile.
Ebbene, avete un Ministero, che si chiama “Ministero del ”, continuate a fare tavoli del settore e poi, però, nei fatti succede ben poco. Mi stupisco, Presidente, perché nei banchi della maggioranza abbiamo diversi imprenditori del tessile e mi stupisco perché non si vogliono tutelare quelle microimprese, quelle piccole e medie imprese, che sono proprio quelle che stanno avendo e stanno subendo maggiori fatiche per il calo dell', per il calo delle vendite, anche interne al nostro Paese, perché, come sappiamo, i salari non sono adeguati ai nostri tempi.
Allora, si chiede di estendere anche a tutta la filiera del tessile, perché non abbiamo solo chi cuce i nostri vestiti o produce le nostre scarpe, ma abbiamo tutta una filiera, e questo dovrebbe essere, anzi, è un vanto per il nostro Paese: con quest'ordine del giorno andavo proprio a chiedere questo. Mi dispiace moltissimo e trovo abbastanza sorprendente che non si vogliano tutelare i lavoratori italiani del . Smettete, una buona volta, di continuare con gli slogan e la propaganda dei patrioti, perché qui di patrioti ne vedo sempre meno.
PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/18 Pavanelli, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/19 Morfino, sul quale c'è il parere contrario. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/19 Morfino, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/20 Ilaria Fontana: onorevole Ilaria Fontana, accetta la riformulazione proposta dal Governo? No.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/20 Ilaria Fontana, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
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Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/21 Soumahoro: onorevole Soumahoro, accetta la riformulazione? No, e chiede di parlare. Ne ha facoltà.
ABOUBAKAR SOUMAHORO(MISTO). Grazie, Presidente. Non posso accettare la riformulazione del Governo per un motivo molto semplice, Presidente.
Il tema, come il Governo ben sa, è quello di subordinare misure, quali l'assegno di inclusione, alla residenza. Proprio questo principio viola il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (UE) n. 492/2011, quindi due regolamenti europei, il regolamento n. 883 del 2004 e il regolamento n. 492 del 2011. Ricordo che proprio il nostro Paese è stato deferito davanti alla Corte europea di giustizia per discriminazione. Questo è il tema, non si tratta soltanto di ampliare le risorse, ma bensì di rispettare un principio sancito dalle direttive europee, tra l'altro provvedimenti europei che il nostro Paese ha recepito. Di mezzo c'è sempre l'autorevolezza, la credibilità dell'Italia, ragione per cui non posso accettare questa riformulazione del Governo, pertanto chiedo di mettere al voto.
PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
L'onorevole Scotto sottoscrive l'ordine del giorno in esame.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/21 Soumahoro, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Sugli ordini del giorno n. 9/2527/22 Michelotti e n. 9/2527/23 Fabrizio Rossi il parere è favorevole.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/24 Bonafe'. Onorevole Bonafe', accetta la riformulazione proposta dal Governo? Sì.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/25 Pastorino. Onorevole Pastorino, accetta la riformulazione proposta dal Governo? Sì.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/26 Lacarra. Onorevole Lacarra, accetta la riformulazione proposta dal Governo? Non vedo l'onorevole Lacarra. Onorevole Scotto, mi dà… l'accetta.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/27 Ubaldo Pagano, su cui vi è il parere contrario del Governo. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/27 Ubaldo Pagano, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/28 Stefanazzi. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/28 Stefanazzi, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Sugli ordini del giorno n. 9/2527/29 Giovine e n. 9/2527/30 Bonetti il parere è favorevole.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/31 Fossi. Onorevole Fossi, accetta la raccomandazione? Non l'accetta. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/31 Fossi, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/32 Cavo il parere è favorevole.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/33 Bonelli, su cui vi è il parere contrario del Governo. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2527/33 Bonelli, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/34 Gardini. Onorevole Gardini, accetta la raccomandazione al suo ordine del giorno? Sì.
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2527/35 Benzoni. Onorevole Benzoni, accetta la riformulazione? Sì.
Sull'ordine del giorno n. 9/2527/36 Ruffino il parere è favorevole.
L'ordine del giorno n. 9/2527/37 Sottanelli è stato ritirato.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, il deputato Grimaldi. Ne ha facoltà. Prego, onorevole Grimaldi. Colleghi, silenzio, così continuiamo i lavori per come ci siamo prefissi. Prego.
MARCO GRIMALDI(AVS). Grazie, Presidente. Siamo qui ovviamente a chiederle un'informativa urgente e la chiediamo al Ministro Urso e alla Presidente del Consiglio Meloni. Infine è successo, dopo numerose interrogazioni delle opposizioni, tutte senza risposta, le opposizioni qua unite oggi, in Aula, vi chiedono un'informativa urgente sulla cessione di Iveco. Già, perché abbiamo appreso dai giornali, così lo hanno appreso i lavoratori e le lavoratrici del gruppo, così i sindacati, della cessione di Iveco Defence Vehicles a Leonardo per, credo, un controvalore di 1,7 miliardi, una cifra . Sapevamo tutti qui dentro, tranne il Governo, che questo sarebbe stato il primo passo verso lo smantellamento di Iveco…
PRESIDENTE. Colleghi, abbiamo bisogno di silenzio. Perché viceversa, colleghi, allunghiamo i lavori, allunghiamo i lavori. Prego, onorevole Grimaldi.
MARCO GRIMALDI(AVS). Dicevo che tutti qua dentro sapevamo che questo poteva essere il primo passo verso lo smantellamento. Nessuno però si immaginava che Exor, in pochissime ore, provvedesse rapidamente a cedere l'altra partita, ancora più grande, detenuta dalla di appunto cedere il resto del gruppo a Tata Motors. Tutto questo era già stato annunciato a marzo e anche su questa vicenda avevamo depositato altrettante interrogazioni, non risposte. Ecco, lo dico al Governo: avete taciuto e continuate a fingervi morti su una vicenda industriale che ci richiama delle responsabilità sociali e anche un interesse nazionale.
Neanche una parola di fronte all'arroganza degli Elkann, degli Agnelli e dei Nasi. Voglio chiamarli con i loro nomi perché sono loro i detentori della parte principale del gruppo, sono loro a detenere il 27,06 per cento del capitale di Iveco e sono sempre loro a seguire una sola cosa: l'irrefrenabile passione per i dividendi, è l'unica cosa che gli interessa. Elkann è venuto qua a spiegarci che è ancora il più grande imprenditore italiano, che ha dato tantissimo, che lui segue gli interessi del gruppo. L'unico interesse del gruppo qua è staccare ulteriori ai loro soci, questa è la verità.
Lo fanno impunemente, e lo fanno impunemente senza alcun confronto con i lavoratori, con i sindacati e con i Governi, oppure il Governo era informato. E allora c'è da chiedersi, per questo chiediamo insieme: è stata usata la ? Qualcuno ha presente questo tipo di meccanismo? Già, perché in questa vicenda c'è chi è attratto dall'economia di guerra, c'è chi vuole già e vede i finanziamenti del , i venti di guerra, i dazi, e vuole arrivare lì, a staccare quando è utile. Ma a noi interessa la sorte dei 14.000 dipendenti tra Torino, Brescia, Suzzara, Foggia e Bolzano.
Lo abbiamo già visto con la vicenda Marelli. Che cosa è successo, Presidente? Lei se lo ricorderà bene. È stata venduta a un fondo americano e ora va verso il fallimento. E Tata ci ricorda brutte vicende, brutte vicende che potrebbero tornare anche su Iveco. Il tessuto industriale italiano perde pezzi giorno dopo giorno e voi restate a guardare, Ministro Urso, altro che ! Avete il dovere di intervenire ora, di tutelare le persone di fronte all'ennesimo scarico di responsabilità da parte di questi padroni avidi. Così sono e così vorremmo sapere qual è la vostra idea, che cosa pensate per il tessuto industriale italiano, che cosa pensate per il futuro dell', per il trasporto collettivo. Vi vorremmo qua, in Aula, a dirci cosa ne sapete di questa dismissione e che cosa avete da dire .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, il deputato Fabrizio Benzoni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). Presidente, noi non solo ci associamo a questa richiesta di informativa urgente, riteniamo che sia doverosa, perché non possono passare delle operazioni di questa entità, di qualche miliardo di euro, senza che il Governo ci abbia messo la faccia e la metta davanti al Parlamento per spiegarci cosa sta accadendo, perché la storia recente ci insegna come Exor ha già ceduto alcuni gioielli di famiglia e non è sempre andata bene, non sempre sono stati rispettati i fatti e le promesse delle acquisizioni che abbiamo già visto. Lo abbiamo visto con Comau, lo abbiamo visto con Marelli, lo stiamo vedendo con gli stabilimenti Stellantis in Italia, con le promesse di investimento che non arrivano, con il mantenimento dei posti di lavoro.
Ma qui c'è un fatto ancora più grave. Noi chiediamo che sia la Meloni a venire a riferire in Aula, perché il Ministro Urso ha già risposto a un non rispondendo. E se il Governo non era a conoscenza di questa operazione, è ancora più grave; se lo era e non sta garantendo delle condizioni attraverso le quali garantire di non perdere un straordinario, come quello di Iveco in Italia, lo riteniamo grave allo stesso tempo.
In tutto ciò, non ci sono solo i 14.000 operai e collaboratori di Iveco, c'è tutta una filiera che vive in tutto il Paese, non solo dove ci sono le fabbriche, che va garantita rispetto al fatto che, come è accaduto in altri settori, quello dell', non si cambino i fornitori, non si cambi chi produce i pezzi, non si cambino le lavorazioni, per mantenere qui solo l'assemblaggio e perdere completamente il nostro . Su questo noi chiediamo se verrete in Aula. Ci saremo la settimana prossima, abbiamo una settimana d'agosto. Siamo qui per discutere e per capire se il Governo sapeva, quali condizioni ha posto, come intende intervenire nei prossimi mesi, perché è davvero singolare che si chieda e si applichi la su un'operazione bancaria, Italia su Italia, e non ci si guardi quando c'è un'operazione che dà, fuori dall'Europa, un strategico come quello di Iveco.
Una storia che riguarda tante città, ma riguarda marchi storici (dalla OM, insieme alla FIAT veicoli speciali, alla Lancia veicoli speciali di Bolzano, alla Magirus tedesca), che vede dal 1975 una eccellenza italiana nel campo dei veicoli commerciali, vede un'eccellenza che, in una settimana dalle prime indiscrezioni di stampa ad oggi, viene confermata, dismessa e passa in proprietà cinese.
E - vorrei dirlo - se le garanzie sono quelle che non ci sono stabilimenti in competizione in Europa, quello del mantenimento della sede a Torino, quello del mantenimento dei posti di lavoro nel nostro Paese per due anni, credo che questa sia una condizione inaccettabile, perché dopo due anni - che, guarda caso, è il tempo che manca alla fine del vostro Governo -, se ne dovranno occupare gli altri quando, per l'ennesima volta, i patti non verranno rispettati e, ancora una volta, perderemo un settore strategico, posti di lavoro e capacità di investimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sullo stesso argomento la deputata Chiara Appendino. Ne ha facoltà.
CHIARA APPENDINO(M5S). Grazie, Presidente. Anche noi ci associamo alla richiesta, perché parliamo di un'azienda strategica, storica, di un'azienda che è stata per decenni un pilastro dell'Italia e dell'italianità del nostro sistema industriale.
Eppure, Presidente, oggi siamo di nuovo di fronte all'ennesimo copione: e cos'è questo copione? Da un lato, la famiglia Agnelli-Elkann che si vuole liberare, l'ennesima volta, di quel poco che è rimasto, che ha d'italianità, e dall'altra un Governo che, quando succede qualcosa di questo tipo, minimizza o non sa o fa finta di non vedere. Non può allora funzionare così. Non può funzionare così perché, diciamolo, questa non è un'operazione industriale. Questa è l'ennesima operazione finanziaria: non è neanche una cessione, è uno spezzatino brutto, fatto probabilmente sulla pelle di lavoratori e lavoratrici. Questo avviene dopo che la famiglia Elkann non è che non abbia fatto danni - ce lo ricordiamo cosa è successo su Stellantis? Ce lo ricordiamo cosa è successo su Marelli? Ce lo ricordiamo cos'è accaduto alle filiere che fanno parte di queste realtà? -, però, niente, il copione vede la famiglia Elkann che continua indisturbata a pensare ai suoi dividendi e ai suoi finanziari.
Il problema però è anche chi c'è dall'altra parte, cioè il Governo, Presidente. È per questo che vogliamo il Ministro Urso. Io non capisco: il Ministro Urso proprio non ce la fa a dire alla famiglia Elkann che sbaglia, nonostante i soldi pubblici che prende . Non ce la fa. L'indole del Ministro Urso è sempre la stessa: fare da scendiletto. L'ha fatto per ENI, lo fa per Elkann, lo fa per Stellantis e lo fa anche questa volta.
Presidente, c'è stato un tavolo: bene. Però il tavolo non basta, perché poi contano due cose: chi fai sedere a quel tavolo e il Ministro da che parte si siede quando sta a quel tavolo. Per noi è chiaro: se ti siedi a un tavolo e rappresenti lo Stato, devi difendere i lavoratori e le lavoratrici, devi difendere gli stabilimenti; è la normalità, ma con questo Ministro siamo oltre le cose normali. Non solo: se ti siedi al tavolo e rappresenti l'Italia, devi difendere l'italianità, devi difendere quel .
Una cosa ci è chiara: la parte militare la prende Leonardo e, quindi, siamo a posto. D'altra parte è perfettamente coerente con la vostra ossessione per le armi. Non voglio aprire qui la vergogna dei 14 miliardi di debito fatti per le armi e non per la scuola e per la sanità: siete coerenti! C'è però un problema e cioè c'è la parte civile, è lì che c'è la nostra identità, è lì che ci sono tanti lavoratori e lavoratrici, è lì che ci sono le nostre filiere. Allora, Presidente, lo dico al Ministro tramite lei: ma il Ministro del potrà tirare fuori una volta un po' di patriottismo e difendere l'italianità ? Ci venga a dire come intende tutelare le migliaia di lavoratori e lavoratrici, ci venga a dire quali sono le garanzie concrete perché gli stabilimenti rimangano qui, ci venga a dire come intende salvaguardare l'italianità della parte civile. Il va bene per Beko, va bene per le banche, ma qui non lo possiamo valutare? No? Mi faccia capire: due pesi e due misure ? E perché non valutare l'ingresso dello Stato? Non so, magari Cassa depositi e prestiti. Perché Tata e Cassa depositi e prestiti e Leonardo non siedono al tavolo del Ministro?
Presidente, chiudo: noi non vogliamo un altro caso Marelli, noi non vogliamo un'altra volta che siano le filiere, le imprese, i lavoratori a pagarne il prezzo. Queste risposte a queste domande, il Ministro non le deve a noi, le deve ai 6.000 lavoratori di Torino, le deve ai 2.400 lavoratori di Suzzara, le deve ai 1.600 lavoratori di Brescia, ai 500 lavoratori di Foggia e a tutti quegli altri lavoratori e lavoratrici degli altri stabilimenti e dell'indotto, perché loro hanno paura, loro sono legittimamente preoccupati. Chiudo su un'ultima cosa: può anche non dovere una risposta a loro, ma la deve a se stesso, perché se avesse un minimo di dignità il Ministro Urso, oltre a mettere l'etichetta del sul Ministero, dovrebbe anche per se stesso difendere questo una volta per tutte! Allora, venga e ci dica cosa vuole fare
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire, sullo stesso argomento, la deputata Antonella Forattini. Ne ha facoltà.
ANTONELLA FORATTINI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Anche il Partito Democratico si unisce alla richiesta di informativa urgente al Ministro Urso, alla Premier Meloni, per avere risposte circa la vendita di Iveco. Si vende un altro pezzo di industria italiana nella completa indifferenza del Governo che, anzi, plaude all'operazione, il tutto senza alcuna garanzia per i lavoratori, per i territori, per l'indotto. Noi riteniamo sia una scelta sbagliata, una scelta che non garantisce i 14.000 lavoratori di cui 5.000 distribuiti tra Brescia e Mantova e, soprattutto, come dicevo prima, non garantisce l'indotto: parliamo di una rete di circa 7.500 fornitori che gravitano intorno a Iveco, che potrebbero vedersi negate le commesse da un giorno all'altro. Iveco da sempre è stata in Europa per i veicoli commerciali e oggi viene acquistata da un investitore concorrente, forse più interessato alla rete commerciale che Iveco ha in tutta Europa, essendo in questo settore, più che al suo sviluppo. Noi ovviamente chiediamo, come ho già detto, garanzie per i lavoratori, per il territorio e soprattutto vogliamo anche sapere che fine faranno i 5,5 miliardi di investimenti legati alla transizione energetica che Iveco doveva portare avanti e che, oggi, avendo ceduto a Tata senza un minimo di garanzie, non sappiamo che fine faranno
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Roberto Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Grazie, signor Presidente, ma quando ho visto il titolo di questo decreto, ho detto: bah, finalmente sta succedendo qualcosa di importante. Il Ministro Urso si è svegliato, il Governo ha deciso effettivamente di occuparsi dell'industria di questo Paese, perché il titolo è altisonante: misure urgenti a sostegno dei comparti produttivi. Apriti cielo di quanto, in effetti, ci sia bisogno! In realtà, questo titolo nasconde - lo sappiamo perfettamente - l'ennesimo provvedimento sull'Ilva.
Ora, l'importanza di avere un'acciaieria in un Paese che ha la seconda industria manifatturiera d'Europa mi sembra assolutamente necessaria e certo non va spiegata. Se vogliamo continuare a esportare, se vogliamo produrre, se vogliamo fare la differenza o, se vogliamo riempirci la bocca con parole come sovranità nazionale, allora dobbiamo avere la produzione in casa nostra. Abbiamo visto cosa vuol dire non saper più produrre all'estero: vuol dire che poi ci si trova sguarniti e sforniti di quelle armi produttive che ci consentono di essere all'avanguardia e di eccellenza.
Penso che questo sia - come dicevo, signor Presidente - il secondo, il terzo o il quarto provvedimento che riguarda l'Ilva e lo mascherate: una volta gli mettete un nome, una volta gliene mettete un altro, ma sostanzialmente sono sempre delle toppe che vengono poste in questa situazione. Questo è un momento delicatissimo, che - come sappiamo - è segnato da una crisi profonda che coinvolge migliaia di lavoratrici e di lavoratori non soltanto di Taranto ma anche di Genova e passando anche per gli altri sette stabilimenti del gruppo Acciaierie d'Italia e di Ilva. Quindi, va detto con grande chiarezza che questa non è una vertenza locale. Continuiamo a viverla come la vertenza dell'Ilva a Taranto, ma obiettivamente è molto di più: è una questione nazionale ed europea, perché riguarda - ed è utile ricordarlo - il più grande sito siderurgico d'Europa, con oltre 20.000 persone impiegate direttamente o nell'indotto, e coinvolge filiere industriali strategiche non solo per l'Italia ma anche per l'Unione europea.
Signor Presidente, colleghi, sono anni che l'approccio di una soluzione alla vicenda dell'Ilva è parso dare maggiore attenzione all'aspetto occupazionale, ambientale e sanitario, tralasciando, troppo spesso e troppo a lungo, quello industriale: un atteggiamento che è risultato fallimentare per ben due volte, anzi direi quasi tre. Infatti, sono attualmente in corso due procedure di amministrazione straordinaria e anche quella attuale finanziariamente presenta delle grandi criticità. Noi pensiamo, quindi, che valga forse la pena addrizzare la prospettiva e affrontare il problema innanzitutto dal punto di vista industriale, per generare risorse capaci di porre in atto i restanti interventi di ambientalizzazione e mantenere a un livello più alto possibile la componente occupazionale.
Oggi siamo chiamati a votare un decreto che prevede l'ennesimo prestito all'azienda di appena 200 milioni di euro, che servirà soltanto per la gestione corrente di qualche settimana, oltre a investimenti infrastrutturali previsti nell'area ex Ilva, per cui saranno semplificate le procedure autorizzative per interventi superiori a 50 milioni di euro. Infine, vengono stanziati 20 milioni di euro per una nuova tornata di integrazione salariale straordinaria, della durata massima di 6 mesi e non prorogabile. Insomma, un decreto che è del tutto insufficiente a traguardare verso una vera soluzione la vertenza Ilva, che si trascina, ormai come sappiamo, da tanti anni.
Ma è ovvio che, riprendendo il titolo del decreto, lo sguardo dovrebbe uno sguardo che guarda magari più in alto, più avanti. I dati che ci vengono forniti oggi, dalle stime preliminari dell'Istat, ci dicono che avremo ancora un segno meno per l'industria italiana - credo che sia il ventottesimo segno negativo -, con un calo dell'1,8 per cento rispetto a maggio 2024 e ben del 2,2 rispetto ad aprile 2025. Di fronte a un quadro così complesso, questo decreto interviene, ancora una volta, in maniera frammentaria e insufficiente, senza alcuna visione strategica, senza un vero progetto industriale e ambientale. Insomma, è - come ho detto - un nuovo intervento , l'ennesimo, che rincorre l'ennesima emergenza, anziché governarla.
Noi pensiamo che bisogna creare le condizioni affinché le nostre imprese trovino il coraggio di investire in modo concreto, utile e anche credibile, anche dotandosi delle tecnologie necessarie, ma perché questo accada è indispensabile che arrivino loro finanziamenti adeguati, che possano essere trasformati in investimenti reali, superando quella barriera strutturale caratterizzata da impedimenti di ogni tipo, a cominciare, ovviamente, da quelli burocratici.
Nell'assurda e sconfortante telenovela che ha riguardato la trattativa per l'accordo sui dazi tra l'Unione europea e gli USA, che è partita dalla minaccia originaria di Trump del 30 per cento, che poi, non si sa bene in base a quale veggenza, tutti davano per scontato che sarebbe arrivata al 10 per cento - cosa che aveva fatto esultare la Presidente del Consiglio, e che poi è planata su un 15 per cento, di cui però non si capiscono non solo i contorni ma nemmeno i dati reali-, ad un certo punto la Presidente Meloni, quando il 30 per cento era la cifra più accreditata, ha annunciato agli imprenditori che il Governo avrebbe stanziato 25 miliardi - ripeto: 25 miliardi - per le imprese italiane. L'annuncio è stato roboante, se pensiamo che la Spagna ne aveva messi a disposizione 14.
Ieri, però, è arrivata la realtà. Durante il , che ha svolto l'onorevole Boschi qui alla Camera, il Ministro Giorgetti ci ha detto chiaramente che anche questa era soltanto una ; quei 25 miliardi non esistono, così come non esiste una politica industriale in questo Paese. Il problema però, signor Presidente, è che i dazi, invece, restano e che quel 15 per cento rischia di essere un colpo ferale per le nostre imprese, che rappresentano un mondo produttivo che è esasperato dall'instabilità internazionale, preoccupato per i posti di lavoro, per la produzione, per la capacità dell' italiano. Noi siamo un Paese esportatore e se le nostre esportazioni… se disturbo posso interrompermi.
PRESIDENTE. Come disturba?
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Sto disturbando il dialogo…
PRESIDENTE. Ogni volta?
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). È un destino, Presidente.
PRESIDENTE. Ha ragione. Per favore, colleghi. Prego.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Così come non esiste - dicevo - una politica industriale in questo Paese, il problema, però, è che i dazi esistono e quel 15 per cento rischia di essere un colpo ferale per le nostre imprese, che rappresentano un mondo produttivo che è esasperato dall'instabilità internazionale, è preoccupato per i posti di lavoro, per la produzione e per la capacità dell' italiano. Noi siamo un Paese esportatore e se le nostre esportazioni subiscono dei danni è un danno generale alla nostra economia.
In questo provvedimento non c'è nulla che aiuti il nostro mondo produttivo, non c'è nulla che possa incentivare le imprese. Per esempio, si citava adesso, nella richiesta di informativa, che la maggioranza, durante l'audizione del presidente Elkann, sollecitava il presidente a riportare in Italia le produzioni dalla Spagna e dalla Serbia. È una bella dichiarazione, una bella richiesta, ma se poi non si investe un euro affinché possa diventare effettivamente attrattiva un'ipotesi del genere bisogna capire bene che senso ha.
Insomma, questo provvedimento è un'accozzaglia di norme che non risolvono nulla, non risolvono i problemi dell'ex Ilva e, ancor meno, quelli del nostro mondo produttivo. Vi serve per galleggiare, sport nel quale ormai siete diventati primatisti mondiali e probabilmente potreste raggiungere qualche medaglia che non è stata raggiunta nei mondiali di nuoto a Singapore.
Da ultimo - annunciando, ovviamente, il voto contrario di Italia Viva - vorrei segnalare anche, a proposito di scorrettezze istituzionali, quanto è accaduto al Senato, al quale è stato posto riparo grazie all'attività delle opposizioni, quando è stato sventato … perché è stato fatto ritirare un emendamento di Fratelli d'Italia per cambiare una norma che riguardava le tutele dei lavoratori. Non siamo sicuri che questo tentativo sia una rinuncia definitiva, perché sappiamo che ogni tanto quando ritirate qualcosa da un provvedimento poi la rimettete in un altro. Magari qualche volta questo non vi riesce, perché qualcuno, che deve giudicare sull'ammissibilità dei requisiti di costituzionalità, vi mette in mora, come è accaduto di recente, tant'è che nel decreto in corso al Senato avete dovuto ritirare una serie di norme… Comunque, noi vigileremo affinché questo non accada più. Con questo annuncio il voto contrario di Italia Viva .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonelli. Ne ha facoltà.
ANGELO BONELLI(AVS). Grazie, signor Presidente. Siamo ad affrontare, ancora una volta, l'ennesimo decreto che in molti - specialmente la popolazione tarantina - dal 2012 hanno battezzato e definito, purtroppo, come tra i “decreti Salva Ilva”. È complicato riuscire a numerarli, tanto il numero è così elevato: forse sono 18, forse sono 19. Mai si è vista, nella storia di questo Paese, una decretazione così massiccia su un impianto, che evidenzia, in maniera molto chiara, l'assenza di un'idea, di una strategia, che non è solo di questo Governo - sarei disonesto dal punto di vista intellettuale - ma che viene da molto lontano.
Questo decreto, però, rappresenta il fallimento del Ministro Urso, una sua totale incapacità a costruire una proposta industriale per il Paese . Ne dovrebbe prendere atto. Non è che il Ministro Urso, ricattando Taranto, come sta facendo, può pensare di ottenere qualcosa.
Non è con i ricatti che si può risolvere il problema di una popolazione che ha pagato un prezzo in termini di salute drammatico e non si può nemmeno essere indifferenti a quel prezzo di salute che la popolazione tarantina ha pagato, ma spiegherò perché penso che questa proposta, questo decreto, ma anche l'accordo di programma che propone il Ministro Urso rappresentino il suo fallimento, il vuoto assoluto, una cambiale in bianco rispetto a quei predatori che pensano di venire in Italia e speculare non solo sulla salute, ma anche sul lavoro.
Il 26 luglio del 2012 - sembra una vita, 26 luglio del 2012 - l'impianto dell'Ilva di Taranto veniva sequestrato perché i magistrati dicevano e scrivevano che produceva inquinamento e morte. Sono passati oltre 13 anni e stiamo parlando ricominciando da zero, nulla è cambiato. Allora vorrei chiedere: cosa deve accadere per portare coloro i quali hanno pontificato in questi anni, con varie responsabilità, ad assumersi la responsabilità e a dire di fronte al Paese: “ho sbagliato”? No, sono ancora lì a pontificare e a dire all'Italia, ai tarantini e alle tarantine cosa si deve fare. Eppure l'Ilva ha accumulato un debito certificato, l'ultimo dato pubblico disponibile risale al 2022, ben tre anni fa: un debito di 4,7 miliardi di euro. Ripeto: 4,7 miliardi di euro di debito a fronte di oltre 2 miliardi di euro di soldi pubblici che, dal 2012 ad oggi, sono stati inseriti nella pancia dell'Ilva a varie ragioni. Ricordo che l'1,2 miliardi di euro, che sono stati rapidamente e giustamente prima sequestrati e, poi, confiscati ai Riva per frode fiscale, che dovevano andare alle bonifiche, non sono andati alle bonifiche con un'ulteriore forma di rapina sociale e ambientale a quel territorio.
Allora, signor Presidente, cosa accade? Accade che il Ministro Urso propone un accordo di programma per fare il degli altiforni, spendere quasi 1 miliardo di euro, per poi dire, dopo pochi anni (o meglio 8 o 12 come scritto nell'AIA), a chi farà quegli investimenti di 1 miliardo di euro: “non se ne fa più nulla, faremo i forni elettrici”.
Allora la domanda è retorica: ma chi volete prendere in giro? Ma qual è l'imprenditore che va a investire oltre 1 miliardo di euro per poi cambiare e rifare un'infrastruttura diversa? È evidente che questo accordo di programma è un modo per imporre alla popolazione una nave rigassificatrice che dovrà portare una quantità di gas…e se andiamo a leggere - vedo qui di fronte il collega Iaia, Iaria chiedo scusa…Iaia, avevo detto bene, chiedo scusa onorevole -, un documento prevede la necessità di 3,1 miliardi di metri cubi di gas per alimentare l'impianto siderurgico.
Ebbene, questi 3,1 miliardi di metri cubi di gas il Ministro Urso non dice che servirebbero per alimentare 12 milioni di tonnellate di acciaio, non i 6 milioni che loro prevedono nell'autorizzazione integrata ambientale. Allora la domanda è: ma l'altra quantità di gas a che serve? Serve per fare speculazione sul mercato, sulla pelle della popolazione tarantina? Ma io penso anche no! Basta, finitela! Non è possibile, non avete alcuna strategia industriale. Queste stime energetiche sono gonfiate ed evidenziano la totale inadeguatezza di questo documento. Vorrei ricordarvi anche che la Corte di giustizia europea ha stabilito che nell'autorizzazione integrata ambientale fosse esplicitamente indicata e prevista la valutazione di impatto sanitario. Ebbene, questo documento, insieme alle questioni conclusive, è stato negato di fatto alla consultazione pubblica come prevede la Convenzione di Aarhus. Ebbene, come è possibile che un elemento fondamentale, come la valutazione di impatto sanitario che la Corte di giustizia ci chiede, non abbia avuto una certa pubblicità per consentire alla popolazione di fare le proprie osservazioni o, quantomeno, di sapere che ne sarà della propria vita in quella realtà? Oggi infatti l'Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente della Puglia ci dice che l'inquinamento non è cessato, i picchi di benzene sono elevatissimi, nonostante la produzione sia calata.
Ma cosa deve accadere per dire che avete sbagliato? Perché noi l'abbiamo sempre detto. Avevate detto che i decreti Salva Ilva servivano a garantire l'occupazione; tutto ciò non è accaduto perché la cassa integrazione ha espulso lavoratori da quell'impianto e non avete nemmeno garantito il diritto alla salute.
Ora, da questo punto di vista, vorrei dire anche un'altra cosa, perché l'elemento assolutamente inaccettabile per il gruppo parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra è che il Ministro Urso va dicendo che una parte di quella produzione di acciaio potrà servire per produrre armi. Ma anche no, grazie! Perché la conversione del nostro sistema industriale in produzione di armi la riteniamo inaccettabile; è il tema rispetto al quale non siete stati in grado di fare una proposta di conversione industriale che altri Paesi hanno fatto .
Io vorrei citarvi solo il caso di Duisburg, che aveva una sua acciaieria: è intervenuta, ha fatto un grande lavoro di ristrutturazione, ha ammesso forni elettrici, ha spostato le cokerie dai centri abitati, eliminando ovviamente l'uso del carbone.
Oggi voi siete qui e attraverso questo decreto - che poi è collegato all'autorizzazione integrata ambientale, è collegato all'accordo di programma che, oggi, in questo momento, mentre noi parliamo, il Ministro Urso vuole imporre alla città di Taranto e al Paese intero - imponete ovviamente una prospettiva e un futuro che, dal punto di vista della politica industriale, non sono chiari. Ma io vi domando: ma non vi è stato sufficiente quello che è accaduto con ArcelorMittal? Sono stati fatti entrare nel nostro Paese dei predatori che tutti conoscevano? L'allora Ministro Calenda doveva chiedere a François Hollande chi era ArcelorMittal, invece il gruppo di Azione viene qui, oggi, a proporre un ordine del giorno per posticipare il carbone al 2038. Penso che sia chiaro oggi che c'è una politica energetica che guarda a destra e che costruisce un solco, per quanto ci riguarda, assolutamente invalicabile. Pensare di portare la produzione del carbone al 2038, quindi il lo ritengo un qualcosa di inaccettabile. Facciamo tanti auguri. Noi pensavamo che il dialogo fosse possibile, ma queste posizioni per noi non sono ricevibili. Su questo tema qualcuno dovrebbe dire che ha sbagliato, anche quando ha proposto un'immunità penale a garanzia di chi produceva; l'immunità penale non si è mai vista in nessuna parte del mondo, forse solo in Corea del Nord può accadere una cosa di questo genere avete imposto in quel Paese, a Taranto, l'immunità penale. Allora anche adesso è arrivato il momento di dire: basta! Noi siamo ovviamente favorevoli a che il Paese abbia un suo sistema industriale; non siamo assolutamente contrari a che non si produca acciaio, per carità, ma il punto è che non siete stati in grado, dal 2012 ad oggi, di presentare una proposta industriale che mettesse al centro la questione della tutela della salute in un territorio che ha scaricato una quantità di diossina che è inaccettabile.
Di fronte a questo avete una responsabilità che non è solamente nei confronti dei cittadini e delle cittadine di Taranto, è una responsabilità nei confronti del Paese, che evidenzia la vostra totale inadeguatezza ad affrontare politiche nuove dal punto di vista industriale. Da questo punto di vista, voi siete assolutamente colpevoli e di questo vi accusiamo
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benzoni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Dall'intervento che mi ha preceduto credo proprio si capisca come l'idea di politica industriale e di politica energetica sia molto differente tra Azione e un altro pezzo delle opposizioni. Ed è plastico nell'intervento a cui ho assistito prima e anche con riferimento a questo provvedimento, che evidentemente non trova tutte le nostre sollecitazioni rispetto alla soluzione del problema dell'Ilva e non solo, ma in qualche modo, di sicuro, supera una stagione nella quale chi oggi ci spiega quello che bisogna fare per le politiche industriali avrebbe portato il collasso delle politiche industriali di questo Paese. Perché è ora di finirla di mettere in competizione la tutela della salute con il benessere e la crescita di un Paese. Le due cose devono andare di pari passo in quello stabilimento che, vorrei ricordarlo, è il più grande d'Europa. Non si riuscirà mai a tutelare la salute, a fare investimenti per il recupero e la bonifica di quel posto, se non c'è un piano industriale che fa ripartire quella fabbrica.
Oggi, servono miliardi. E gli investitori, quando c'erano, li ha fatti scappare non lo scudo penale, ma chi l'ha tolto lo scudo penale . Perché, senza scudo penale, chi entra in quello stabilimento domani, è preso per l'inquinamento del giorno prima e bisogna dargli il tempo di fare gli investimenti, di metterci miliardi e, allo stesso tempo, di garantire salute nel breve tempo, con un piano industriale che dia delle scadenze chiare e nette. Non a caso, da quando questo scudo penale è stato tolto, gli investitori sono spariti. E anche quel tanto auspicato allevamento di cozze che doveva sostituire l'Ilva, io non lo vedo. E non solo non vedo l'allevamento di cozze, non vedo il parco giochi per Taranto e non vedo migliorare la situazione. Allora, se vogliamo parlare di politiche industriali, si torni nei nostri territori, si vadano a visitare le aziende e si ascoltino quali sono le esigenze delle aziende, che non sono, di certo, quelle di togliere lavoro, di chiudere e di non fare acciaio. Il nostro Paese ha bisogno di acciaio e ha bisogno di politiche industriali.
In questo provvedimento, ci sono due cose che sono anche molto differenti. La prima è su Ilva: non risolve ancora il problema, cerca una strategia, non la trova, posticipa ancora le soluzioni, ma, quantomeno, ci garantisce una strada. È strano sentire da alcuni che siamo contro i forni elettrici e a gas. Che vengano i 5 Stelle fuori dalle acciaierie di Brescia e Bergamo a dire che i forni elettrici e a gas sono sbagliati; che vengano a spiegarlo agli imprenditori che, grazie a quei forni elettrici, sono un'eccellenza nel mondo ! Ma cosa vuol dire che siamo contro il gas? Ma cosa vuol dire? Continuiamo a parlare di idrogeno e acciaio verde. Stiamo parlando di fantascienza. Bisogna essere anche concreti nelle cose, quando si parla di politica industriale. Bisogna ascoltare chi fa i conti alla fine del mese, perché noi continuiamo a mettere i soldi in Ilva, senza un piano industriale che stia in piedi in questo momento.
E, allora, quando gli investitori arrivano, bisogna garantirgli gli investimenti, controllare che li facciano, che mantengono i posti di lavoro e, allo stesso tempo, bisogna dirgli, però, che devono fare gli investimenti per modificare il piano ambientale, per ridurre l'inquinamento e per fare le bonifiche. Questa è l'unica soluzione che abbiamo a Taranto.
Accanto a questo - e, sinceramente, è una delle buone notizie di questo provvedimento e fa un po' specie che arrivi tramite un ordine del giorno -, c'è il tema di Piombino. Perché, mentre a Taranto non sappiamo cosa accadrà, a Piombino stiamo approvando, con questo provvedimento, un investimento di oltre 2,5 miliardi di euro, che porta direttamente in collegamento i minerali estratti in Ucraina a un porto e alla produzione di acciaio nel nostro Paese. Possiamo dire che, finalmente, c'è un pezzettino di politica industriale in questo provvedimento? Manca un pezzo, ce l'avete accolto come ordine del giorno: “compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”. Se il privato ci mette 2,5 miliardi, lo Stato deve sistemare le banchine con 170 milioni dell'accordo di programma. E spero che lo facciamo, perché non vorrei che saltasse anche questa operazione perché manca un nostro pezzettino; se lo Stato lo farà, ne saremo felici.
Accanto a questo, però, c'è un tema. Noi stiamo ragionando in un momento in cui siamo colpiti dai dazi, c'è incertezza internazionale, la politica industriale è al collasso, perché lo stiamo vedendo con Iveco che viene venduta, con aziende che chiudono, l' oramai è ridotto al nulla, rischiamo di perdere anche la filiera dell'acciaio, e speriamo che questa operazione di Piombino riporti la centralità, ma, i dazi noi non ce li abbiamo con gli Stati Uniti, ce li abbiamo per il fatto che le imprese italiane pagano l'energia quasi il doppio di altri Paesi europei. Questa è la priorità per fare politica industriale, questa è la priorità per rispondere ai nostri cittadini, alle nostre aziende, per dare e fornire posti di lavoro nel nostro Paese e crescita economica.
Accanto a questo, nessuno è contro le rinnovabili, ma noi sappiamo benissimo - e lo dice il PNIEC, lo dicono tutti i documenti che abbiamo - che non basteranno le rinnovabili per sostenere il fabbisogno energetico del nostro Paese né, soprattutto, per averlo a un costo più basso di quello attuale, perché, nonostante la percentuale di rinnovabili stia crescendo, non sta decrescendo il costo dell'energia. Allora, noi siamo felici che, oggi, grazie a un lavoro anche di interlocuzione, due ordini del giorno vengano approvati, e sono due ordini del giorno che, se attuerete nei prossimi mesi, daranno finalmente la risposta al costo energetico alle imprese e ai cittadini italiani.
Il primo è quello di medio termine, che è finalmente introdotto dal mio ordine del giorno n. 35, il disaccoppiamento soprattutto nel settore idroelettrico: è un settore che produce energia continuativa, al contrario delle rinnovabili, che non richiede accumulo perché si auto-accumula e può essere utilizzato, e che, oggi, chiede semplicemente o di mettere a gara a un prezzo al ribasso, oppure di ridare le concessioni e riportarle avanti, ma, allo stesso tempo, con un prezzo calmierato, che è immediatamente un abbassamento del costo energetico per le nostre imprese.
Siamo molto felici che, dopo mesi di battaglia, il Governo abbia accolto questo ordine del giorno e speriamo che, però, venga attuato dalle prossime gare, dalle prossime messe in concessione dell'idroelettrico, per dare risposte immediate a chi oggi ha una difficoltà, che è un dazio ogni volta che produce un pezzo nelle sue aziende, che è il costo energetico.
L'altro è il tema del PNIEC, dei piani europei, che introduce il nucleare all'interno del energetico: è l'unica soluzione che abbiamo per avere energia continuativa a basso prezzo, in un energetico che, ovviamente, continua a valorizzare anche le fonti rinnovabili.
Per fare questo bisogna accelerare. Bene l'apertura del Governo, ma bisogna accelerare sui tempi. Nel mentre bisogna arrivare a quel momento sapendo che bisogna tornarci, e non possiamo sempre dipendere dall'energia che importiamo dagli altri - peraltro fatta col nucleare - a un prezzo che è il doppio di quello che costerebbe a noi. Non possiamo pensare di andare solo sulle energie rinnovabili, i cui costi per l'accumulo e per la distribuzione sono più alti ancora di quelli che immaginiamo, perché dobbiamo pagare miliardi di batterie cinesi per accumularli, e non ci garantiscono neanche una sicurezza energetica. Allora, la soluzione è quella di andare avanti in un percorso di decarbonizzazione che, però, sia compatibile con il resto dell'Europa. È un po' strano che la Germania ci arrivi nel 2038 e noi pensiamo nel 2035.
E, allora, accanto a un percorso che è di continua decarbonizzazione, utilizzare un pezzo del carbone per continuare a produrre energia a basso costo e rendere le nostre imprese competitive, non lo vediamo come un disastro, soprattutto perché, di quei 90 e passa terawatt che la Germania produce, la maggior parte è a lignite, che è decisamente molto più inquinante dei nostri due stabilimenti aperti a carbone, che sono quelli che - vorrei ricordare -, durante la crisi energetica, durante il COVID, ci hanno salvato, proprio grazie alla riapertura di quegli impianti a carbone. Allora, questo è il secondo obiettivo: darci una scadenza, che è quella in cui verrà realizzata una totale decarbonizzazione del nostro Paese, affiancata all'introduzione e alla messa sul mercato della nuova energia nucleare.
Con queste risposte, io credo che oggi noi abbiamo dato una vera risposta al Paese e alle esigenze dell'impianto produttivo. Non avremo risolto Ilva e, anzi, siamo molto lontani dal farlo, ma sicuramente abbiamo dato risposta a chi ogni giorno va a lavorare, prende uno stipendio, continua a produrre e ha una grande difficoltà: pagare meno l'energia. Oggi un piccolo passo in avanti l'abbiamo fatto, quindi, annuncio il nostro voto di astensione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.
PINO BICCHIELLI(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signora Sottosegretaria, oggi ci troviamo a discutere e votare il provvedimento che reca misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi e disposizioni nel settore del lavoro e delle politiche sociali.
Immediatamente, signor Presidente, io esprimo, a nome del mio gruppo, un voto favorevole, perché è un voto che conferma la fiducia alle politiche del Governo, per un provvedimento che rappresenta un passo significativo verso il rafforzamento del nostro sistema produttivo, la tutela dell'occupazione e il sostegno alle categorie più vulnerabili della nostra società.
Permettetemi di analizzare le ragioni di questa scelta, analizzando, appunto, i principali contenuti del provvedimento e il loro impatto strategico per il nostro Paese. Uno degli elementi cardine di questo provvedimento è rappresentato dalle misure a favore degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, con particolare attenzione al comparto siderurgico e, nello specifico, alla situazione dell'ex Ilva. Infatti, l'articolo 1 prevede un finanziamento fino a 200 milioni di euro per il 2025, destinato a interventi di ripristino e manutenzione straordinaria degli impianti siderurgici di proprietà dell'Ilva. Questo intervento è un intervento cruciale per garantire la continuità produttiva e la funzionalità di un industriale fondamentale per la nostra economia.
Il settore siderurgico non è solo un pilastro per la nostra industria manifatturiera, ma rappresenta un elemento strategico per la nostra sovranità economica. La crisi dell'Ilva, aggravata da anni di incertezze gestionali e difficoltà finanziarie, ha messo a rischio migliaia di posti di lavoro e la competitività del nostro sistema industriale. Con questo provvedimento, il Governo dimostra di voler affrontare con decisione queste criticità, non solo attraverso un provvedimento finanziario, un intervento finanziario, ma anche con misure che favoriscono la semplificazione e l'accelerazione degli investimenti. Appunto, la possibilità per gli investitori di accedere a procedure semplificate sia all'interno delle aree ex Ilva sia in quelle correlate rappresenta, secondo noi, un segnale forte per attrarre capitali e rilanciare la produttività.
Questo intervento risponde proprio a una necessità non più procrastinabile: riconvertire e modernizzare un'area industriale strategica, favorendo investimenti che ne promuovono la sostenibilità ambientale e la competitività economica. La possibilità poi per il concessionario di acquisire diritti di superficie e altre facoltà necessarie per la gestione del sito è un passo concreto verso la rigenerazione di un'area che ha sofferto anni di declino industriale. Un altro aspetto fondamentale di questo disegno di legge è il rafforzamento degli strumenti di protezione per i lavoratori, specialmente quelli in contesti di crisi industriale.
Poi, signor Presidente, la previsione di decadenza dal trattamento per chi rifiuta percorsi di formazione e offerte di lavoro adeguate dimostra un approccio equilibrato, che coniuga il sostegno economico con l'incentivo alla riqualificazione e al reinserimento lavorativo. Poi, tra i vari articoli, notiamo l'articolo 10-, che affronta le emergenze climatiche, come le ondate di calore, prevedendo proprio l'esonero dal contributo addizionale per quelle imprese che sospendono o riducono l'attività lavorativa tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2025.
Questo provvedimento inoltre si estende anche al settore agricolo. Risponde a una necessità sempre più pressante: garantire la sicurezza dei lavoratori in condizioni climatiche estreme, senza penalizzare le imprese. Con un limite di spesa di 33 milioni di euro per il 2025, questa misura dimostra ancora una volta attenzione sia alla salute dei lavoratori sia alla sostenibilità economica delle aziende. Il disegno di legge non si limita a intervenire sul settore siderurgico, ma estende il suo raggio di azione ad altre filiere strategiche, come, ad esempio, quella della moda.
Prevede, infatti, misure urgenti a favore della filiera produttiva della moda, con la possibilità di estendere, per un ulteriore periodo di 12 mesi, e quindi fino al 31 dicembre di quest'anno, gli interventi di sostegno. Questo dimostra proprio la volontà di tutelare un settore che rappresenta l'eccellenza del e che contribuisce significativamente al nostro e alla nostra identità culturale. Poi, sul piano delle politiche sociali, viene introdotto un contributo straordinario aggiuntivo per i beneficiari dell'assegno di inclusione, con un importo massimo di 500 euro erogato con la prima mensilità di rinnovo.
Poi c'è un'attenzione particolare a supporto dei nuclei familiari più fragili. C'è un'attenzione particolare a queste categorie in un contesto di crescenti diseguaglianze, un segnale che riteniamo di responsabilità sociale e che non possiamo che non accogliere con favore. Poi, dal punto di vista finanziario, il provvedimento è ben calibrato. Disciplina le coperture degli oneri derivanti dal decreto attingendo a risorse già disponibili, come il Fondo per gli interventi strutturali di politica economica e il Fondo sociale per l'occupazione e la formazione.
Tutto questo approccio garantisce la sostenibilità delle misure adottate, senza gravare ulteriormente sul bilancio dello Stato. Poi vi è la previsione di meccanismi di monitoraggio da parte dell'INPS, come indicato in più articoli del disegno di legge, assicurando, quindi, trasparenza e controllo sull'utilizzo delle risorse, evitando sprechi e garantendo che i benefici raggiungano i destinatari previsti.
Signor Presidente, questo provvedimento per noi rappresenta un intervento organico e lungimirante, che affronta con determinazione alcune delle sfide più pressanti del nostro tempo: la crisi del settore siderurgico, la tutela dell'occupazione, la protezione delle filiere produttive strategiche, il sostegno alle fasce più deboli della popolazione. Quindi, le misure adottate non si limitano a tamponare le emergenze, ma tracciano un percorso di sviluppo sostenibile che coniuga crescita economica, innovazione ambientale e giustizia sociale.
E su questi ultimi punti permettetemi di fare alcune riflessioni. L'obiettivo imprescindibile è sicuramente quello di superare i fattori che hanno reso il lavoro e la produzione alternativi alla salute e al benessere. Sono comprensibili le preoccupazioni dei cittadini, dei lavoratori e di tutte le imprese collegate alla siderurgia, pur non essendo condivisibili alcune modalità di protesta. Ma per mettere a terra un piano di riconversione ambizioso ed efficace, che rilanci tutto il settore, che mantenga i livelli occupazionali e garantisca qualità di vita e benessere ai cittadini e alle future generazioni, è necessaria la collaborazione e l'impegno di tutte le istituzioni e degli operatori privati.
Bisogna avere anche un po' di coraggio nell'assumersi la responsabilità delle proprie decisioni, perché è questo che noi siamo chiamati a fare. È altrettanto necessaria anche la cautela, e quindi seguiamo e seguiremo con attenzione gli sviluppi, convinti come siamo della necessità di puntare sull'attrattività di capitali di investimento del Sud e sulle potenzialità di sviluppo e crescita di tutto il Meridione.
Quindi, in conclusione, signor Presidente, il nostro voto è un voto favorevole ed è un atto di fiducia nel Governo e nelle potenzialità del nostro sistema produttivo, nonché nella capacità del nostro Paese di affrontare le difficoltà con pragmatismo e con visione strategica. Non è solo una risposta alle urgenze del momento, ma è un investimento sul futuro dell'Italia .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole L'Abbate. Ne ha facoltà.
PATTY L'ABBATE(M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, Governo, per molti anni, ogni mattina, mi sono recata a Taranto, alla facoltà di ingegneria, che si trova in una zona che è appunto la zona di Paolo VI. Questo ve lo racconto perché io ricordo che, ogni volta che arrivavo a Martina Franca, quindi ero in alto, e poi iniziavo a vedere Taranto, se guardavo a sinistra vedevo la bellezza della città. Vedevo i due mari, il Mar Piccolo e il Mar Grande, e il Ponte Vecchio. Ma poi guardavo a destra e vedevo questi camini con le fasce rosse e bianche e con un fumo che allora era proprio nero e rosso, perché c'era anche l'ossido di ferro, che andava praticamente non solo sulla città di Taranto, ma si spargeva per tutta la provincia.
Quindi due realtà contrapposte, e, visto che mi lavoravo a ingegneria e avevo a che fare con inquinanti, il guaio era che sapevo benissimo cosa c'era in quei fumi. In quei fumi c'erano le diossine e le diossine erano cancerogene. Quindi, erano fumi che danneggiavano la salute dei cittadini. Quando facevamo le ricerche, mi ricordo che abbiamo trovato nel latte materno delle donne che allattavano i bambini di Taranto un'elevata concentrazione di diossine.
Signori, ho sentito il collega della maggioranza che ha detto, poco fa, in dichiarazione di voto di fiducia, che era stanco di sentire il canto dell'industria che muore. Ma quale industria ? Qui stiamo parlando di esseri umani. Signori, esseri umani che stanno morendo, padri di famiglia, stiamo parlando di bambini e voi parlate di industria. Signori, prima dell'acciaio vengono le persone. Lo ha detto anche il collega: prima dell'acciaio, prima delle imprese, prima del denaro, che forse è l'unica cosa che forse vi interessa, la speculazione!
La speculazione sulle vite di chi non c'è più a Taranto e su quelli che ancora stanno lì, perché si ammalano e continuano ad ammalarsi. Voi parlate di industria, e, allora, non vi siete nemmeno accorti di quello che stiamo dicendo da giorni. Questo ci spaventa, ci spaventa! Il vostro lato umano dov'è? Questo fa veramente paura. L'Europa ha condannato voi, Stato italiano, perché ci state voi adesso, e quindi il Governo. Hanno condannato voi per le violazioni ambientali su Taranto. Quindi, stiamo pagando e siamo in infrazione, ma non è solo quello che paghiamo. È che anche l'ARPA Puglia, ma anche l'ISPRA, continuano a segnalare livelli di inquinamento elevati incompatibili con la vita.
Poi c'è la città di Taranto, che sta aspettando. Aspetta da tempo che cosa? Aspetta una bonifica, ma una bonifica che non arriverà mai, perché i soldi della bonifica li aveva messi il MoVimento 5 Stelle, ma voi li avete dirottati su altro, su altre cose . Quindi, questa bonifica, come state dicendo, non vi tocca. Signori, l'INAIL, nel 2024 e 2025, ha dato dei dati molto, molto critici: i lavoratori che hanno denunciato diagnosi tumorali sono stati 107.
Stiamo parlando di più di un lavoratore a settimana. Stiamo parlando di cancro. Non mi sembra che questo sia un canto, signori: questa è una grande disgrazia. I cittadini di Taranto si ammalano e muoiono per un diritto negato, quello della salute !
Parliamo dell'AIA. L'AIA - ditelo chiaramente ai cittadini cosa state facendo - è stata approvata con il parere negativo dell'Istituto superiore di sanità, con il parere negativo dell'Ordine dei medici e con il parere negativo dell'ARPA Puglia. E se il MoVimento 5 Stelle non avesse fatto l'accesso agli atti, signori, io oggi non avrei detto nemmeno queste cose, perché avete secretato tutto. Era tutto nascosto, l'avete fatto voi, era tutto nascosto. Sono state, quindi, che cosa? Le interrogazioni parlamentari… quello che è riuscito a desecretare il senatore Mario Turco di Taranto. Quindi, possiamo dire qui quello che state facendo, signori, contro tutto quello che è un territorio ed enti di rilievo vi hanno detto chiaramente: state facendo qualcosa che sta danneggiando non solo l'ambiente e il territorio, ma la salute dei cittadini.
Ora, se non vi interessa nulla dei cittadini, passiamo all'impresa, perché voi, con questo , con “mandiamo avanti il ”… Ma a noi sembra che non vi interessi nulla nemmeno di questo, perché questo è l'ennesimo decreto per risolvere, cosa? Le problematiche dei sistemi produttivi? Ma dov'è il piano? Il piano industriale dov'è? Io credo che, come me, anche voi (vi vedo), quando venite a parlare con le imprese, siete tutti così aperti e ascoltate, ma la prima cosa che vi stanno chiedendo è: “Un piano industriale dov'è, signori”? Quindi altro che canto, questa è una tragedia! Noi abbiamo 285.000 aziende che hanno chiuso nel 2024, oltre ai 29 mesi consecutivi di calo industriale, signori. E noi siamo qui a fare ancora decreti di urgenza - urgenza! -, ma cosa partoriamo? Cose assurde che servono, forse, non lo so, ai vostri amici.
E poi riprendiamo la storia infinita chiaramente dell'ex Ilva. Sostegno produttivo. Che cosa avete dato? 200 milioni di euro ancora di finanziamento? Ma per fare cosa? Perché non abbiamo ancora capito nemmeno che cosa volete fare con questi soldi. Sicuramente, avete cancellato la speranza di percorrere la strada che noi avevamo fatto col Governo Conte II, quella della decarbonizzazione, signori. Perché mi dovete spiegare, anzi il Ministro Urso mi deve spiegare, perché ha fatto scomparire l'idrogeno verde, quindi la possibilità di produrre l'acciaio . Le fonti rinnovabili sono sparite da questo decreto. Ma perché dobbiamo fare passi indietro? Io questo non me lo spiego.
Guardate, l'idrogeno verde non serve solo all'Ilva di Taranto, signori. Serve a tutta l'Italia, perché sarebbe una spinta maggiore in innovazione. Potremmo avere, quindi, una filiera nuova, nuovi posti di lavoro ! Ma sapete che significa? Ma perché l'Italia deve rimanere indietro, perché dobbiamo continuare a dare i soldi a chi dà carbone e a chi dà gas? L'Italia resterà indietro. Poi ci lamentiamo che non ci sono posti di lavoro. I nostri ragazzi non possiamo inserirli in questa filiera, signori.
L'altro giorno, sono stata anche in un'altra azienda, che, con grande gioia, portava avanti un nuovo progetto: loro fanno , sistemi che, con l'idrogeno all'interno, servono ad alimentare le navi. Poi ho chiesto (giustamente, da tecnico): l'idrogeno dove lo prendete? E mi hanno detto la verità: “Onorevole, l'idrogeno non c'è. Qui in Puglia abbiamo due sistemi che, sì, lo producono, ma è poco, ci serve!”. E, allora, abbiamo un'impresa italiana che cerca di risollevarsi con le innovazioni, ma voi la state affondando, perché i soldi sulle innovazioni non li mettete, assolutamente!
Io mi chiedo: perché vi girate dall'altra parte, quando c'è il grido delle madri di Taranto, che vi chiedono di chiudere le fonti inquinanti, quando c'è il grido dei lavoratori, che vi chiedono di riconvertire, in modo industriale e l'impianto, con l'idrogeno verde? E poi c'è la bonifica dei territori, che non avete fatto. E noi, che siamo qui e siamo il loro portavoce, ve lo ripetiamo, perché così poi non potete dirci che non lo sapevate. Eh sì, perché chiaramente, come al solito, fate finta di non vedere. Vi ho sentito nelle vostre dichiarazioni di voto, io non lo so, sembravano favole, che non so da quale realtà inventata le avete tirate fuori, perché la realtà è questa.
Signori, ci sono dati chiari. Sapete cosa volete fare? Questo lo avete detto in un progetto. Voi avete l'altoforno 2, su cui c'è un progetto, signori, per farlo diventare un inceneritore per bruciare 50.000 tonnellate di plastiche. Ma nemmeno il Puglia stanno! Quindi, cosa significa che volete fare , ancora, con un fumo nero di plastiche, con fumi cancerogeni che verranno fuori da quel camino 2, sulla pelle dei cittadini?
Concludo, Presidente. Eppure, sentiamo degli dal Governo, che avrebbe finalmente ridato dignità all'industria italiana, uno che suona così assurdo di fronte all'evidenza. Ed è tutto fumo, purtroppo, come il fumo dell'ex Ilva, che avete reso senza bonifica e senza un futuro, signori, perché non c'è una visione chiara, non c'è una strategia in quello che state facendo.
Quindi, concludo dicendo che sono convinta che, dopo questo decreto, che è l'ennesimo, probabilmente vedremo ancora, qui, in Aula, altri decreti Ilva. Ma allora mi chiedo: saranno sempre questi decreti di colore nero fumo o rosso sangue? Se saranno così, non vogliamo partecipare a quello che state mettendo in piedi. È un teatrino pazzesco sulla pelle dei cittadini di Taranto. Quindi, dichiariamo, con il nostro voto, “no”, assolutamente, a quest'altro disastro del Governo Meloni .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luca Squeri. Ne ha facoltà.
LUCA SQUERI(FI-PPE). Grazie, Presidente. Una delle pregiudiziali presentate dall'opposizione a questo decreto-legge afferma che esso rientrerebbe nella categoria dei decreti che disciplinano in maniera periodica e cadenzata un medesimo oggetto, in nome di un'emergenza perenne, trattandosi della quattordicesima reiterazione del cosiddetto decreto “Salva-Ilva” ed il nono dell'attuale Esecutivo.
Come dire, si cade nella reiterazione di un medesimo decreto, vietata dalla Corte costituzionale, con la sentenza del 1996.
In realtà, se questo Governo è intervenuto già nove volte sulla questione Ilva, ci sono motivi precisi che non hanno niente a che vedere con la reiterazione, ma, piuttosto, con l'ostruzionismo di una parte politica, per la quale la soluzione del problema, al di là delle abituali considerazioni sulla salvaguardia dei livelli occupazionali, è semplicemente la chiusura dell'Ilva. D'altra parte, vanno considerate le difficoltà interne, ma soprattutto internazionali, nella produzione e nel mercato dell'acciaio, dalle quali discende la difficoltà di collocare sul mercato quella che un tempo era la prima acciaieria d'Europa.
Al di là della contingenza, dello stanziamento-ponte contenuto nel decreto e delle norme sulla tutela dei lavoratori, volti a superare l'ennesima fase di transizione, è opportuno rilevare le linee guida strategiche che questo Governo sta portando avanti nel settore della siderurgia. L'Italia è un Paese manifatturiero. Uno dei settori chiave della manifattura è l'industria meccanica. L'acciaio è un fondamentale di questa industria. Al tempo stesso, l'edilizia e le opere pubbliche necessitano di ferro e acciaio. Senza una siderurgia forte e competitiva, non è possibile alcun tipo di sviluppo industriale. Non a caso, l'Italia, che è la seconda manifattura d'Europa, è anche la seconda per consumi e produzione di acciaio.
Pertanto, le norme che stiamo per approvare servono a renderci indipendenti su un fondamentale, o almeno a non aggiungere anche questa alle tante dipendenze di cui l'Europa soffre.
La produzione italiana dell'acciaio nel 2024, l'anno scorso, è scesa sotto i 20 milioni di tonnellate, con un calo del 5 per cento. Siamo stati superati anche dal Vietnam, che ne ha prodotti 23 milioni. L'intera Europa è sotto la soglia dei 130 milioni di tonnellate: una soglia che si confronta con il miliardo di tonnellate della Cina e i 150 milioni della sola India, oppure con i 30 dell'Iran, che passa per uno Stato soggetto a sanzioni.
Di fronte a questi dati di fatto, appaiono miopi le considerazioni dell'opposizione sul respiro corto di questo decreto. Al contrario, esso si inquadra in un disegno economico, politico e geopolitico complessivo, portato avanti dal centrodestra.
Cosa ha fatto, dunque, per l'acciaio, questo Governo, oltre ai nuovi decreti sull'Ilva? Come sempre, manca all'opposizione il quadro d'insieme. Ecco l'elenco: innanzitutto, la stretta sui rottami ferrosi; in secondo luogo, la richiesta all'Unione, approvata tramite una mozione del collega Casasco, di una migliore regolazione del CBAM, un meccanismo con il quale sono applicati alle importazioni di alcuni prodotti strategici ad alta intensità emissiva, come l'acciaio e altri prodotti provenienti da Paesi extraeuropei, gli stessi costi del carbonio, sostenuti dalle imprese ricadenti in ETS.
Infine, in terzo luogo, le misure a favore degli energivori, che sono di fatto esclusi dagli oneri di sistema e a breve usufruiranno dell' e del . Quanto alla recente apposizione dei dazi da parte degli USA, gli industriali dell'acciaio ci hanno fatto notare che, poiché tali dazi graveranno anche su molti Paesi asiatici, il rischio è che ci si trovi inondati di acciaio a basso costo proveniente dal . Diversamente dagli Stati Uniti, il sistema di salvaguardia europeo è farraginoso e le nostre norme sono lente e faticose a partire.
Rammento che nel 2019 l'allora Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, scrisse al Presidente della Commissione europea Juncker in merito al massiccio aumento delle importazioni dell'acciaio dall'Indonesia, triangolato con la Cina, chiedendo di rivedere immediatamente l'elenco dei Paesi in via di sviluppo a cui si applicano le misure di salvaguardia; misure che furono applicate oltre 6 mesi dopo, nonostante fosse chiaro che la triangolazione era accortamente studiata e posta in essere facendo leva sulla rigidità e sulle lentezze operative che affliggono l'Unione. Rigidità e lentezze che possiamo annoverare tra i cosiddetti dazi interni.
Nei giorni scorsi l'Italia, la Francia e altri 9 Paesi hanno chiesto alla Commissione europea l'adozione di misure immediate, necessarie a preservare la capacità europea nel settore dell'acciaio, sia nei confronti degli USA che negli altri Paesi esportatori. Il pericolo è rappresentato dalla sovracapacità globale. Attualmente la siderurgia italiana è la più avanzata al mondo nella produzione di acciaio sostenibile: disponiamo di ben 34 forni elettrici già operativi in 29 città italiane, con una capacità complessiva di circa 23 milioni di tonnellate.
Il piano per l'ex-Ilva di Taranto prevede un definitivo passo in avanti: gli altiforni tradizionali verranno progressivamente sostituiti da moderni forni elettrici di ultima generazione, con tecnologie altamente innovative e sicure. Il progetto renderà il polo siderurgico ionico il più grande e moderno di Europa, capace di produrre esclusivamente acciaio verde a ridotto impatto ambientale. Su queste basi, l'accordo di programma è stato considerato vantaggioso dal presidente della regione, Michele Emiliano, e dai sindacati.
Le dimissioni, il 28 luglio, del sindaco di Taranto - sappiamo rientrate - per inagibilità politica e le spaccature del consiglio comunale, a maggioranza di sinistra, stanno rimettendo tutto in discussione. Le dimissioni appaiono come una scelta tattica più che come un gesto dettato da responsabilità istituzionale. Il Ministro Urso ha annunciato che l'accordo verrà comunque sottoscritto per la parte che non prevede la partecipazione dell'amministrazione comunale di Taranto, rimandando a settembre la definizione delle altre partite.
Tuttavia, oltre a tutto il centrodestra, sono gli stessi sindacati locali che si sono ribellati a questo atteggiamento pilatesco dell'amministrazione comunale. Leggo testualmente la posizione della FIOM, molto vicina alla sinistra, se non sbaglio: “A Taranto è a rischio tutto: decarbonizzazione, lavoro e salute. È ora che ci si assuma le responsabilità. (…) Il diritto alla salute e all'ambiente, che per noi è stato sempre legato indissolubilmente ai lavoratori, non può essere usato come una minaccia. Non c'è decarbonizzazione senza continuità produttiva, ma un salto nel vuoto senza paracadute”. Ascoltate questa voce dei sindacati.
A quelli che chiedono la chiusura degli altiforni attuali in attesa della cosiddetta elettrificazione totale, che ha da venire, voglio ricordare che la Corte europea dei diritti dell'uomo, cui peraltro si erano rivolti un gruppo di cittadini tarantini, ha precisato che allo Stato compete un certo margine di apprezzamento, in quanto deve tenere conto del giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti dell'individuo e della società nel suo complesso. Vi ricordate la sostenibilità ambientale, economica, sociale? Va riempita di contenuti, non solamente lasciata alle chiacchiere.
Un altro sindacato, la UILM, nei giorni scorsi ha affermato: “Sono stati spesi 2 miliardi in investimenti ambientali. La produzione è passata da 10 milioni di tonnellate all'anno a meno di 2 e il famoso ciclo integrale, fiore all'occhiello negli anni Settanta, ormai è nella fase terminale con gli altiforni a fine vita, solo uno in esercizio, 4.500 lavoratori sociali in cassa integrazione e altre migliaia nell'appalto”. Nessuno parla di chiusura dell'Ilva, nei fatti però è l'obiettivo che continua a rifiutare il piano di passaggio al ciclo integrale.
Vado a concludere affermando che lo stallo attuale è direttamente imputabile alle contraddizioni interne alla sinistra, rispetto alle quali i sindacati, compresi quelli di sinistra, sono schierati con il centrodestra. Dunque, colleghi dell'opposizione, nell'annunciare il voto favorevole di Forza Italia, vi invito a uscire dal vostro schematismo, dalla vostra ristrettezza di visione. Se chiude l'Ilva, non solo fate un danno incalcolabile al vostro Paese, ma mettete in discussione tutto quello che riguarda Taranto - le bonifiche dei siti inquinanti, le risorse del , gli accordi di programma per il rilancio industriale ed economico -, mettete in discussione soprattutto il futuro dei giovani di questa città .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giaccone. Ne ha facoltà.
ANDREA GIACCONE(LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, questo è un provvedimento importante, un provvedimento che vuole dare risposte, sostenendo i comparti produttivi e i lavoratori, a problematiche di importanza cruciale per il Paese. Questo provvedimento si basa su due linee di azione principali: da un lato le misure per gli stabilimenti di interesse strategico nazionale, dall'altro le misure in materia di ammortizzatori sociali. Per quanto riguarda la prima parte, il Governo interviene con un finanziamento oneroso di 200 milioni per il 2025 per garantire continuità produttiva e sicurezza degli stabilimenti dell'ex Ilva in amministrazione straordinaria. Di questi 200 milioni, circa 63 milioni verranno destinati a lavori di ammodernamento industriali e ambientali.
Sempre riguardo alla questione Ilva, vengono aggiornate - aggiornate e non cancellate, come ho sentito dire - le norme relative alla realizzazione di un impianto di preridotto a Taranto, rifinanziando il progetto a livello nazionale. Il preridotto è un materiale intermedio utilizzato nei forni siderurgici elettrici per consentire di ridurre le emissioni climalteranti. Rifinanziando il progetto, il Governo, al di là delle retoriche dell'opposizione, mantiene ben fermo l'obiettivo della decarbonizzazione futura del settore.
Ci sono poi disposizioni per semplificare gli investimenti, superiori a 50 milioni, nelle aree industriali ex Ilva, estendendo le norme relative alla realizzazione di programmi di interesse strategico nazionale; infine misure relative a una disciplina speciale per la cessione del contratto di acquisto di complessi aziendali e misure importanti e specifiche per la riqualificazione del polo siderurgico di Piombino.
Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, abbiamo l'esonero dal contributo addizionale per l'integrazione salariale per aziende localizzate in aree di crisi industriale complessa, un ulteriore periodo di cassa integrazione straordinaria in deroga per imprese con almeno mille dipendenti fino al 31 dicembre 2027, fino a 6 mesi aggiuntivi di CIGS per imprese che stanno cessando l'attività con prospettive di vendite e riassorbimento dei lavoratori. Viene inoltre incrementato il fondo per i lavoratori di aziende poste sotto sequestro e confisca, perché è evidente che non devono essere i lavoratori a pagare le colpe di altri.
Altre misure sono previste per il settore moda, così come viene introdotta una disciplina speciale per fronteggiare situazioni eccezionali legate al clima per imprese edili, lapidee e anche per gli operai agricoli a tempo determinato. Una pluralità di misure il cui filo conduttore è quello di sostenere le imprese e i lavoratori, con una parte centrale, un del provvedimento, che è destinato all'acciaieria di Taranto. Il tema dell'ex Ilva è un tema complesso, un tema che non si risolve con slogan o ricette semplicistiche, un tema in cui si intrecciano in modo inscindibile tematiche come la prioritaria tutela della salute pubblica, il mantenimento dei livelli occupazionali, l'attenzione per l'ambiente e le conflittualità proprie del rapporto tra città e stabilimento; conflittualità anche molto aspre, come abbiamo visto in questi giorni con le dimissioni del sindaco. L'ex Ilva è l'unico stabilimento a ciclo integrale d'Italia.
In quest'ottica, è una questione di sicurezza nazionale, ma è anche uno stabilimento che dà lavoro a molte persone: 8.000 a Taranto, 10.000 in tutto il gruppo, senza considerare l'indotto. È, quindi, importante continuare a produrre, continuando i controlli, con i lavori sull'ambientalizzazione, e tutelando i livelli occupazionali.
Certo, c'è chi dice che questo è l'ennesimo provvedimento Salva Ilva. Intanto bisognerebbe ricordare come i provvedimenti del “Conte 2”, con lo stralcio dello scudo penale, hanno prodotto disastri noti a tutti. Quali sarebbero, però, le conseguenze del non intervenire? L'azzoppamento della produzione di acciaio nazionale, la perdita di posti di lavoro, la desertificazione industriale. E chi si farebbe carico dei costi per la bonifica del sito in quel caso?
Certo, la tutela della salute pubblica deve essere prioritaria, così come occorre continuare a lavorare per la futura decarbonizzazione, ma un inciso sulla decarbonizzazione occorre farlo. Il settore siderurgico è ad alta emissione di carbonio: le emissioni globali dell'UE sono diminuite, al 2023, di più del 35 per cento rispetto al 1990; oggi l'intera Unione europea rappresenta meno del 7 per cento delle emissioni globali di gas climalteranti, una percentuale limitata rispetto ai grandi emettitori, cioè la Cina, con il 30 per cento, gli Stati Uniti e l'India. Il dato è positivo, ma va analizzato con attenzione: una parte importante di questa riduzione delle emissioni deriva da cambiamenti tecnologici, transizione a combustibili a bassa intensità di carbonio, dalle fonti rinnovabili, da interventi normativi, ma un'altra parte, non trascurabile, deriva da una riduzione fittizia, cioè non si riducono realmente le emissioni ma si spostano in altri Paesi extra UE, il cosiddetto .
Lo cito perché è un fenomeno a cui il settore della siderurgia è particolarmente esposto. Questo avviene essenzialmente in due modi: con la delocalizzazione produttiva, cioè quando un'industria si sposta da un paese UE a un Paese extra UE, oppure con importazioni ad alta intensità di carbonio, ossia quando si importano materiali o semilavorati ad alta intensità, danneggiando, tra l'altro, produttori europei soggetti a normative più stringenti. Quali sono le conseguenze di questo fenomeno? Citiamone alcune: perdita di posti di lavoro, indebolimento del sistema produttivo, peggioramento del rapporto tra ed e nessun reale beneficio di riduzione delle emissioni, che vengono semplicemente spostate. Questo non è negazionismo climatico e non vuol dire essere contrari alla decarbonizzazione che, però, deve essere fatta in modi e in tempi sostenibili, lasciando da parte un certo qual “talebanesimo ”che tutto vuol normare e tutto vuol prescrivere, creando danni inenarrabili dal punto di vista economico senza reali benefici ambientali.
Vedete, colleghi, per anni ci è stata raccontata, da parte di una certa narrativa, da parte di una certa politica, una visione che accomunava iperliberisti, tecnocrati, seguaci della terza via, quella di un mondo immaginifico, un mondo nel quale una parte del mondo avrebbe dovuto produrre e l'altra parte del mondo, cioè il nostro mondo, il mondo occidentale, avrebbe dovuto consumare i beni prodotti altrove, il magico mondo della globalizzazione. Poi è arrivato il COVID e ci ha fatto capire come quella visione, forse, non fosse così lungimirante.
Già negli anni Novanta la Lega aveva le idee ben chiare, aveva ben compreso i grandi pericoli che si celavano dietro questa visione del mondo, il mondo della globalizzazione senza regole. Ben lungi dal portare al benessere diffuso, ha portato delocalizzazioni, concorrenza sleale, impoverimento del potere d'acquisto delle classi lavoratrici. Una globalizzazione che ha portato a concentrare e ad aumentare la ricchezza nelle mani di pochi, impoverendo tutti gli altri. Noi ci opponevamo allora a questa visione, che tanti disastri ha provocato, e continuiamo ad opporci anche oggi. Il senso di questo decreto va in questa direzione: continuare a produrre in Italia, incentivare l'industria in Italia, difendere gli strategici e nazionali tutelando i lavoratori. Per cui dichiaro il voto favorevole del gruppo della Lega al provvedimento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Scotto. Ne ha facoltà.
ARTURO SCOTTO(PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Vorrei dire, in premessa, una cosa: nessuno può dichiararsi innocente rispetto all'uso spasmodico della decretazione di urgenza, che in passato era ritenuta una patologia del sistema istituzionale che comprimeva la libertà del Parlamento. Dopo tre anni di Governo del centrodestra possiamo affermare, con moderata certezza, che la decretazione è diventata la fisiologia del vostro modo di legiferare e, siccome i vostri decreti non sono mai esclusivamente legati al titolo che portano, avete utilizzato un decreto che doveva occuparsi di una grande questione strategica nazionale, come quella del destino di Taranto e dell'ex Ilva, per provare a far passare - respinti con perdite - operazioni surrettizie sul mercato del lavoro che puntavano a un colpo di spugna sulla magistratura per evitare che ai lavoratori venissero date le risorse dovute e i salari dovuti quando non venivano rispettati i contratti nazionali . Avete provato, ancora una volta, a mettere il bavaglio alla magistratura, così come avete provato a farlo un'altra volta, in un altro decreto che voteremo la settimana prossima, il decreto Economia, provando addirittura ad allargare ulteriormente la sfera del lavoro interinale da 36 a 48 mesi, dopo che nel collegato lavoro avevate eliminato qualsiasi forma di vincolo per il lavoro somministrato. Siete ancora una volta dalla parte della precarietà e non dalla parte della stabilità del lavoro
Vede, signor Presidente, qui la partita, purtroppo, è sempre la stessa: il bivio tra salute e lavoro, tra ambiente e produzione. Presidente, non si può costringere ancora una volta Taranto a scegliere, ancora una volta da sola, lasciando i suoi amministratori, i suoi cittadini e i lavoratori di quella città nell'incertezza più piena, senza risorse vere. Voi parlate di 200 milioni quando sapete benissimo che per tamponare ne occorrevano almeno il doppio, con un'AIA, autorizzazione integrata ambientale, che spinge per la ricarbonizzazione, compresa una nave gassificatrice che proverà a investire e a incentivare la produzione a carbone e un accordo, però, di programma che parla di decarbonizzazione.
Che gioco sta facendo il Ministro Urso? Perché da tre anni non riesce a mettere in campo un piano industriale serio che produca un'accelerazione della decarbonizzazione? Siamo tutti convinti che un Paese come l'Italia non possa vivere senza l'acciaio se vogliamo politiche industriali che il vostro Governo non fa. Sarebbe il declino, ma non esiste riconversione possibile senza la mano pubblica, senza un pubblico che guidi le bonifiche, che si assuma la responsabilità di un processo che riallinei finalmente lavoro e salute
Vede, chi ha salvato quella fabbrica dalla chiusura non sono state le multinazionali, che sono venute qui e hanno coltivato esclusivamente l'interesse di sottrarre quote di mercato ad altri potenziali concorrenti, non producendo nulla e mettendo i lavoratori in cassa integrazione, ma sono stati quegli stessi lavoratori che hanno fatto scioperi per salvare Taranto, per evitare la chiusura di quella fabbrica, per pretendere le bonifiche, per determinare l'ambientalizzazione del sito.
A quei lavoratori avete il dovere di dare certezze e non, ancora una volta, delle pacche sulle spalle . Perché quei lavoratori sono cittadini innanzitutto, hanno i figli che frequentano le scuole a pochi chilometri dallo stabilimento ex Ilva, respirano quella stessa aria e hanno famiglie insediate lì da decenni. A loro va data una risposta molto semplice. È questa la volta buona o siamo, ancora una volta, davanti a un intervento sottofinanziato, che è semplicemente un rinvio?
Presidente, in un altro decennio, contrassegnato da straordinarie conquiste sociali e civili, dallo Statuto dei lavoratori al Servizio sanitario nazionale, dalla legge n. 194 ai decreti delegati, una classe dirigente trasversale, tra diversi, che si combatteva tutti i giorni in Parlamento, ma sicuramente più avveduta di quella attuale che ci governa, immaginò una legge speciale per Venezia, a salvaguardia di un patrimonio culturale inestimabile. Dopo due decenni quella ferita di Taranto va chiusa, anche con una legge speciale. Oggi è il tempo di risanare, ma anche di restituire, signor Presidente, a chi ha sofferto, a chi ha lottato, a chi ha subito lutti e ha pianto vittime. E, invece, avete preso i soldi di quelle bonifiche e li avete dirottati altrove. Questa è la vostra idea di risanamento di Taranto.
Vede, questo decreto interviene anche altrove e interviene tardivamente. Penso, ad esempio, all'intervento che recepisce il protocollo sul caldo. Quel protocollo firmato tra le parti sociali, sindacati e Confindustria che interviene su quei lavoratori esposti a temperature estreme oltre i 35 gradi che lavorano nei cantieri, che lavorano nelle fabbriche, che lavorano nei servizi, che lavorano nella logistica e che lavorano in agricoltura. Quel protocollo è entrato in vigore troppo tardi, anche per l'inazione del Governo e, purtroppo, entra in vigore il 1° luglio e non ha un euro in più. Signor Presidente, le sembra normale che, per garantire gli ammortizzatori sociali a quei lavoratori, costretti a stare su un cantiere con oltre 35 gradi, voi prendete i soldi dal Fondo sociale per l'occupazione e la formazione? Non ci mettete un euro in più e rispondete alla nostra richiesta di allargarla anche ai ciclofattorini e ai : vediamo la prossima volta. Ma quanto devono aspettare quelli che portano il cibo nelle nostre case per avere il diritto a non lavorare con temperature estreme che li ammazzano ?
Concludo, signor Presidente, siamo in un tempo difficile, abbiamo visto di che pasta è fatta la destra italiana; è la pasta di chi fa scelte antipatriottiche e anziché tutelare gli interessi delle imprese e dei lavoratori italiani preferisce fare anticamera fuori lo studio ovale e abbassare la testa davanti al ricatto dei dazi di Donald Trump . Se quella trattativa è andata come è andata, è anche colpa di chi ad aprile è andato alla Casa Bianca e ha detto: signor Presidente, si tratta su tutto, ma innanzitutto le vostre , che fanno profitti miliardari e pagano meno tasse di un operaio metalmeccanico, non le tocchiamo. Se è così che si fa una trattativa, signor Presidente, mi spieghi come si negoziano i dazi. Allora, serve qualcosa di straordinario. Serve uno scudo per i salari e per il lavoro, perché, come dice Confindustria, siamo esposti a rischi occupazionali tremendi - oltre 100.000 posti di lavoro - e ieri Giorgetti ha detto che rischiamo di perdere mezzo punto di PIL. Siccome la crescita è zero e la produzione industriale crolla mese dopo mese, tra qualche settimana saremo in recessione. Allora, occorre sostenere la domanda interna. Significa politiche salariali, significa rinnovare i contratti, significa il salario minimo, significa ammortizzatori sociali universali, significa un'altra politica economica .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iaia. Ne ha facoltà.
DARIO IAIA(FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, comincerei questo mio intervento con una considerazione: votare contro questo decreto vuol dire votare contro i 200 milioni di euro che il Governo Meloni ha messo a disposizione del gruppo Ilva. A cosa servono questi 200 milioni? Nell'ultimo intervento ho sentito parlare tanto di lavoro, di lavoratori e di difesa dei lavoratori. Questi 200 milioni servono anche, nella misura di 63 milioni, per garantire la manutenzione e la sicurezza degli impianti, perché poi è troppo facile venire a piangere . È troppo facile rammaricarsi nel momento in cui avviene l'incidente, come ne avvengono all'interno delle acciaierie, o magari nell'acciaieria di Taranto, e poi però votare contro nel momento in cui il Governo mette a disposizione un prestito per un'azienda in difficoltà, per un gruppo in difficoltà, al fine di garantire la sicurezza di questi lavoratori.
Quella dell'Ilva è indubbiamente una questione complessa. Le questioni complesse non possono avere, signor Presidente, soluzioni semplici. Questo mi sembra ovvio. Taranto è una città che ha sofferto tanto, che soffre tanto e che paga sulla pelle dei propri cittadini le scelte sbagliate, le scelte errate del passato. Per questo la sfiducia dei cittadini è comprensibile, ma la politica e il Governo hanno il dovere di dare speranza e di dare fiducia. Certamente noi non possiamo accettare lezioni da parte di chi non è stato in grado di gestire questo problema complesso. Peraltro, abbiamo assistito alle dimissioni lampo del sindaco del centrosinistra di Taranto, il sindaco Bitetti, nei confronti del quale, come Fratelli d'Italia, esprimiamo solidarietà per le aggressioni verbali che avrebbe subito, ma non accettiamo la condotta di un sindaco il quale, dopo 40 giorni dalle elezioni, di fronte al primo problema - si sapeva che la questione Ilva era un grosso problema - abbandona la barca , salvo poi, dopo non aver svolto il consiglio comunale di ieri, tornare oggi in sella ed essere in queste ore, proprio in questo momento, al MIMIT a discutere di questo accordo di programma.
Il sindaco ha detto una frase importante su cui soffermarsi. Il sindaco ha affermato: non ho agibilità politica. Cosa significa non avere agibilità politica? Il sindaco di Taranto lo deve spiegare. Non avere agibilità politica vuol dire non poter parlare, vuol dire non poter assumere decisioni di governo, vuol dire avere paura nel momento in cui si assumono determinate posizioni e si dicono determinate parole e si esprimono determinati concetti.
Noi, a differenza del centrosinistra, ci assumiamo la responsabilità di governare. In queste due giornate nessuna forza politica ha avuto il coraggio di dire: chiudiamo lo stabilimento. Avremmo rispettato di più la posizione di una forza politica che con coraggio avesse detto: noi siamo per la chiusura dello stabilimento. Notiamo che ci si nasconde dietro ad un dito. Si parla di chiusura delle fonti inquinanti senza soffermarsi sull'aspetto della transizione e della decarbonizzazione. Che significa governare e che significa assumersi le proprie responsabilità? Vuol dire proporre un accordo di programma finalizzato alla decarbonizzazione, rispetto al quale ha avuto parole positive il presidente della regione Puglia, Emiliano, che non è certamente di Fratelli d'Italia.
Poi abbiamo ascoltato prima anche il collega di Calenda, Benzoni, e condivido. Ne parlavamo anche prima. Si contesta l'uso del gas: follia, perché in Italia, su 34 forni elettrici posizionati in 29 città italiane, non esiste attualmente un solo forno elettrico alimentato ad idrogeno verde. Quindi, occorre un periodo di transizione. Ci sono progetti pilota, da questo punto di vista, ma dire che i forni elettrici di Taranto dovrebbero essere alimentati ad idrogeno verde vuol dire prendere in giro i cittadini , perché parliamo del presente e chi ha la responsabilità di governare deve governare il presente. E il presente è il gas naturale, non è certamente l'idrogeno verde e tutti sanno come il gas naturale sia il combustibile di transizione e come il gas naturale funga da ponte.
Qualche anno fa, abbiamo sentito un esponente politico pronunciare queste parole: “Credo che dobbiamo essere tutti orgogliosi di questo impianto, il più bell'impianto d'Europa, il più potente, tutti ce lo invidiano. E credo che sia un privilegio essere lì a lavorare”. Questa frase non è stata pronunciata dal Ministro Urso, non era la frase pronunciata da un acciaiere; chi ha pronunciato questa frase era Giuseppe Conte parlando con Bruno Vespa, nel programma di Bruno Vespa. E allora, in questi giorni abbiamo sentito il centrosinistra spiegarci come gestire l'Ilva, cosa fare, in che direzione andare; ci è stato spiegato (come se noi non lo sapessimo) che i cittadini soffrono, che gli operai arrancano, che le imprese dell'indotto sono in difficoltà, ma sommessamente ricordiamo che nel 2015, quando governavate, avete bruciato 150 milioni alle imprese dell'indotto, mentre questo Governo ne ha riconosciuti 120 . E allora non accettiamo lezioni da chi non ha avuto coraggio, da chi non ha avuto idee, da chi non ha avuto programmi.
Oggi noi con l'accordo di programma, per la prima volta con le carte, con i documenti e con le firme da parte del Governo, che ci mette la faccia, proponiamo una vera decarbonizzazione con la realizzazione, in sette anni più uno, di tre forni elettrici più un gruppo DRI per la produzione. Certamente serve il gas, certamente occorre senso di responsabilità e concretezza, altrimenti pensiamo di risolvere il problema di Taranto e del gruppo Ilva con i voli pindarici e con le fantasie, ma con le fantasie non si può governare. E allora si continua a parlare di chiusura delle fonti inquinanti, di bonifica e riconversione, senza essere stati capaci di farlo ed avendo raccolto i voti a Taranto, promettendo parchi acquatici, promettendo la coltivazione delle cozze, promettendo amenità di questo tipo.
Qualcuno ha detto dai banchi del MoVimento 5 Stelle, signor Presidente, che dovremmo vergognarci di andare a Taranto. Noi non ci vergogniamo, noi ci andiamo; ci andiamo a testa alta, ci assumiamo la responsabilità, perché diciamo ai cittadini tarantini che è possibile produrre acciaio verde ed è possibile produrre acciaio . E poi non ci vergogniamo perché? Perché il Governo ha investito più di ogni Governo per Taranto: 100 milioni per l'ospedale San Cataldo, con un indotto di 120 milioni, 350 milioni per i Giochi del Mediterraneo, il salvataggio dei portuali tarantini, il Tecnopolo; e poi i dati del Sud, la ZES, 28 miliardi di investimenti (Orsini, non Fratelli d'Italia ma il presidente di Confindustria), 35.000 posti di lavoro, un PIL prodotto del più 4 per cento. Questi i dati del Sud che riguardano e che ha prodotto il Governo Meloni.
E poi una serie di errori, cari amici del centrosinistra. Lo scudo penale, introdotto dal Partito Democratico… e sentiamo, oggi, dire “l'immunità penale” nei nostri confronti. La cancellazione da parte di Conte dello scudo penale, salvo poi essere pronto a mettersi a tappetino nei confronti di ArcelorMittal…Nel momento in cui ArcelorMittal ha minacciato il Governo dicendo: “io vado via”, Conte ha affermato: “non ti preoccupare, signor Presidente, ti restituisco lo scudo penale”. E poi l'annunciata madre di tutte le cause da parte del Presidente Conte: “farò a Mittal la madre di tutte le cause”, salvo poi farci una società insieme a Mittal, Acciaierie d'Italia , una società all'interno della quale il 68 per cento ce l'aveva Mittal e il 32 per cento ce l'aveva Invitalia e ce l'aveva il Governo. Che facoltà avevamo noi? Quella di poter indicare l'ordine del giorno di quel gruppo, null'altro.
Chiudo, signor Presidente. L'accordo di programma di cui tanto si è parlato, un'idea nuova, finalmente realizzabile: la decarbonizzazione, lo spegnimento graduale degli altoforni, con la sostituzione graduale degli altoforni con i forni elettrici ed è sufficiente leggere l' dell'accordo di programma. Peraltro non c'è alcuna imposizione, perché il Governo ha voluto condividere con il territorio, con il sindaco, con la provincia, con la regione, questo accordo di programma. Perché in passato abbiamo visto imposizioni nei confronti della città di Taranto e nei confronti della Puglia; in questo caso c'è una condivisione ed una possibilità, da parte del territorio, di esprimere la propria opinione.
L'accordo ha l'obiettivo di definire un'attività di decarbonizzazione nel periodo temporale 2026-2032, durante il quale gli impianti di produzione di acciaio a ciclo integrale verranno progressivamente sostituiti con impianti di produzione con forno elettrico, con conseguenti significativi abbattimenti degli inquinanti a beneficio della salute pubblica. Emiliano ha già espresso il suo assenso rispetto all'accordo di programma. Certamente occorrerà il gas. Il periodo previsto è 7 anni più 1. Chiudo. All'interno dell'accordo di programma c'è un aspetto importante: il comitato di sorveglianza per la vigilanza sull'accordo di programma, che ogni tre mesi dovrà aggiornare la cittadinanza e tutto il nostro Paese riguardo l' che conduce alla decarbonizzazione. All'interno del comitato vi è il Governo, vi è il MISE, vi è il MIMIT, vi è la provincia, vi è il comune e vi è la regione.
PRESIDENTE. Grazie…
DARIO IAIA(FDI). Quindi, la realtà è quella che noi perseguiamo. La realtà, la concretezza, il senso di responsabilità: è quello che perseguono Fratelli d'Italia e il Governo e per queste ragioni il voto del gruppo di Fratelli d'Italia sarà assolutamente a favore di questo provvedimento
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2527:
S. 1561 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi" .
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 31 luglio 2025, il deputato Manlio Messina, già iscritto al gruppo parlamentare Fratelli d'Italia, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.
PRESIDENTE. Avverto che nell' al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame del disegno di legge n. 2538, recante proroga del termine per l'esercizio delle deleghe previste dall'articolo 2 della legge 15 luglio 2022, n. 106, in materia di spettacolo, e del testo unificato delle proposte di legge nn. 1928, 2083, 2091, 2152 e 2194-A, recante delega al Governo per l'organizzazione, la realizzazione, lo sviluppo e il potenziamento dei centri di elaborazione dati .
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rachele Scarpa. Ne ha facoltà, compatibilmente con il rispetto che i suoi colleghi le assicureranno, lasciando in silenzio l'emiciclo. Prego, onorevole.
RACHELE SCARPA(PD-IDP). Grazie, Presidente. Lunedì mattina l'aereo di monitoraggio di ha avvistato nel Mediterraneo centrale un barcone con sopra 90 persone alla deriva in mare. L'allarme è stato lanciato.
Nessuna delle autorità informate ha risposto. Nessuna! A soccorrere quelle persone è stato un mercantile, ma nelle operazioni di soccorso ci hanno rimesso la vita due bambini, che sono nel frattempo morti affogati. Due morti assolutamente evitabili in quello che, purtroppo, non è un caso isolato. Nel Mediterraneo centrale in dieci anni sono morte oltre 31.000 persone e queste sono le vittime di un vuoto istituzionale che è stato volontariamente creato nelle acque del nostro mare, un'assenza creata ad arte nella quale si perdono le grida disperate di aiuto di queste persone e centinaia e centinaia di vite che finiscono nel silenzio, dimenticate da tutti.
Nel frattempo si lascia alla società civile il compito di sopperire alle mancanze degli Stati, che avrebbero su tutti il dovere di far rispettare il diritto del mare, cioè che nessuno deve essere lasciato e abbandonato in acqua a morire in condizioni di necessità. Questo, purtroppo, non avviene. Servirebbe ripristinare, a livello europeo, una missione di soccorso in mare, servirebbe uscire dal circolo mortale che sono le nostre politiche migratorie e istituire dei canali legali e sicuri perché sia possibile, per le persone, migrare senza morire. Ma in questo momento c'è un'urgenza, Presidente: le persone sopravvissute a quel naufragio e i cadaveri dei due bambini che sono morti si trovano ancora in mare, ancora a bordo del mercantile che li ha soccorsi quando gli Stati avrebbero dovuto farlo.
Allora, in un sussulto di dignità, Giorgia Meloni ordini alla Guardia costiera italiana di soccorrere quelle persone e di metterle in salvo, affinché la disperazione e l'umiliazione di quello che hanno vissuto non si protragga un minuto oltre. Con la nostra indifferenza e con il nostro silenzio, in quelle acque affonda anche il diritto internazionale e non solo le vite di quelle persone .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI(AVS). Grazie, Presidente. Come abbiamo denunciato, in queste ore una donna incinta di nove mesi ha rotto le acque a bordo della . A bordo del mercantile, appunto, ci sono ancora i corpi dei due bambini morti e i 98 sopravvissuti al naufragio, fra cui sei bambini e due donne incinte (una è vicina al parto).
In mezzo a questo vergognoso silenzio bisogna intervenire e lo chiediamo ormai da più di tre giorni. L'Europa deve essere un porto, non un muro come sta dimostrando ancora questa volta. La nave non può restare alla deriva. Le persone hanno bisogno di soccorso immediato e di un porto sicuro per sbarcare immediatamente. Allora, noi l'abbiamo detto più volte in queste ore: l'Agenzia europea per il controllo delle frontiere, Frontex, intanto ha dichiarato di aver giocato un ruolo cruciale nel supporto del soccorso con il dispiegamento in totale di quattro veicoli. I veicoli di Frontex, che spesso favoriscono respingimenti illegali in Libia, sono l'esempio più lampante di un'Europa che non soccorre e che se ne lava le mani. Sentirli vantarsi di essere cruciali francamente è imbarazzante.
Allora, per questo chiediamo al Governo di non chiudere gli occhi davanti a un ennesimo naufragio che rischia non solo, in questo caso, di essere un naufragio di Stato, ma il naufragio di un intero continente. Davanti a quelle vite spezzate, davanti a quei due cadaveri dei bambini e davanti a una donna che deve partorire vi chiediamo un porto sicuro e di restare umani .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Antonio Ferrara. Ne ha facoltà. Onorevole, un minuto e mezzo, perché poi interverrà un altro suo collega.
ANTONIO FERRARA(M5S). Onorevoli colleghi, negli anni Settanta i terroristi italiani cercavano rifugio nei Paesi di sinistra. Oggi assistiamo all'opposto: i golpisti della destra globale trovano protezione nei Paesi governati da alleati ideologici. È il caso della deputata brasiliana Carla Zambelli, ex fedelissima di Bolsonaro, condannata a dieci anni di reclusione per aver commissionato un attacco informatico al Consiglio nazionale di giustizia, inserendo un falso mandato d'arresto contro un giudice della Corte suprema brasiliana. Un parlamentare che durante la campagna elettorale, nel 2022, a San Paolo ha inseguito un giornalista con un'arma in pugno.
Dopo la condanna, ha iniziato la fuga in Argentina, Ungheria, Serbia e, infine, in Italia, dove è arrivata il 5 giugno, poco dopo l'emissione del mandato Interpol. Pensava forse che l'Italia, con un Governo politicamente affine, le avrebbe offerto riparo, ma non è stato il Governo a fermarla: è stato il collega deputato dell'opposizione Bonelli, che ha segnalato il suo rifugio. Zambelli è stata arrestata a Roma il 29 luglio scorso: una golpista fermata non grazie al Governo, ma nonostante il Governo . Lo stesso Governo che, qualche settimana fa, ha liberato un trafficante condannato, piegandosi al ricatto della Libia: con i golpisti chiude un occhio, con i trafficanti spalanca le porte. Per questo sarebbe corretto essere informati dai Ministri della Giustizia e dell'Interno e chiarire se vi sia stata o meno una collaborazione istituzionale attiva.
Ci dicono che il mondo è al contrario: vero, ma non come la racconta la destra globale, visto che i golpisti fuggono in Paesi amici. Chi urla ordine, poi copre i fuorilegge; chi grida sovranità, poi si fa ricattare. Sì, è tutto al contrario. Allora, chiudo in portoghese, per chi deve capire: “”
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascari. Ne ha facoltà.
STEFANIA ASCARI(M5S). Grazie, Presidente. Francesca Albanese è una donna di cui l'Italia può finalmente essere orgogliosa. Come relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati ha avuto il coraggio di scrivere nero su bianco quelle che sono le aziende che direttamente sono coinvolte nel genocidio che lo Stato terrorista di Israele sta attuando in Palestina. È veramente il primo caso nella storia per cui un funzionario delle Nazioni Unite è stato sanzionato dagli Stati Uniti per avere detto la verità .
Si sono chiusi due giorni intensi in cui la relatrice speciale ONU ha presentato il suo rapporto alla Camera e al Senato e un cittadino normale si aspetterebbe di leggere, sugli articoli di stampa, in merito a quanto raccontato e a quanto c'è di aberrante. Non è così, invece, perché si leggono solo delle falsità e delle insinuazioni vergognose ! Si leggono solo delle balle e questo significa che la maggior parte della stampa italiana che cosa fa? Vuole tenere all'oscuro il fatto che ci sia un legato al genocidio, che ci siano aziende a cui fa comodo che ci siano decine di migliaia di esseri umani massacrati, che ci siano aziende che riforniscono l'esercito israeliano, quell'esercito che spara in testa a dei bambini che sono in fila per prendere semplicemente dell'acqua e della farina e questo non da oggi, dal 1967. Questi giornali sono veramente carta straccia, perché nascondono la verità: sono cartastraccia !
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ascari.
STEFANIA ASCARI(M5S). Per questo motivo la controinformazione è un dovere: informiamoci, informiamo e ritorniamo ad essere umani .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borrelli. Ne ha facoltà.
FRANCESCO EMILIO BORRELLI(AVS). Presidente, oggi si sono tenuti, a Secondigliano, i funerali di Luigi Romano; quasi in contemporanea, a Calvizzano, quelli di Ciro Pierro; domani, i funerali di Vincenzo Del Grosso a Forcella. Sono i tre operai di cui, purtroppo, le cronache hanno a lungo parlato, morti per essere caduti da un cestello messo in modo - verificherà la magistratura - erroneo, sbagliato, approssimativo, mentre si facevano dei lavori.
Presidente, nei giorni seguenti alla vicenda tragica, ci sono stati tantissimi altri episodi. Qualcuno si domanderà: allora, c'è un'emergenza che è scoppiata sui cantieri e sulla sicurezza del lavoro?
No, Presidente. Il problema è che solo adesso se ne sta parlando. Abbiamo tentato con un referendum di invertire le cose, ma è necessario, e lo chiediamo tramite la sua persona, che il Governo faccia la sua parte, perché ogni giorno, in tutta Italia, centinaia, migliaia di lavoratori non sono in sicurezza e i primi responsabili sono i datori di lavoro che non pagano la sicurezza . Non tutti, sia chiaro, noi non ce l'abbiamo con tutti i datori, ma con coloro che per tagliare le spese, casomai del subappalto, evitano di investire sulla sicurezza.
Presidente, chiudo il mio intervento perché oggi mi ha colpito molto lo sguardo di una delle mogli, la moglie di Romano che, non so se lei l'ha visto il film “” quando uccidono la figlia di Michael Corleone e c'è quell'urlo, che però non ha voce, è un urlo bellissimo di quel film, lui urla ma non si sente niente, eppure ogni spettatore lo sente fino a dentro il cervello.
Quella donna che ha perso, purtroppo, dieci anni fa il figlio e, oggi, non ha più il marito, è rimasta sola, l'unica realtà che può affiancarla è lo Stato e l'unica cosa che può fare lo Stato è cambiare le leggi
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
1.
S. 1452 - Disposizioni in materia di composizione di giunte e consigli regionali e di incompatibilità (Approvato dal Senato). (C. 2500)
: DE CORATO.
2.
S. 1457 - Proroga del termine per l'esercizio delle deleghe previste dall'articolo 2 della legge 15 luglio 2022, n. 106, in materia di spettacolo (Approvato dal Senato). (C. 2538)
: CANGIANO.
3.
PASTORELLA ed altri; CENTEMERO ed altri; AMICH ed altri; ASCANI ed altri; IARIA ed altri: Delega al Governo per l'organizzazione, la realizzazione, lo sviluppo e il potenziamento dei centri di elaborazione dati. (C. 1928-2083-2091-2152-2194-A)
: AMICH.
4.
S. 1565 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95, disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese, nonché interventi di carattere sociale e in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali (Approvato dal Senato). (C. 2551)







































