PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ROBERTO GIACHETTI, legge il processo verbale della seduta del 3 ottobre 2025.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 91, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta in corso .
PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 3 ottobre 2025, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive):
«Conversione in legge del decreto-legge 3 ottobre 2025, n. 145, recante misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA)» (2642) - .
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 3 ottobre 2025, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla I Commissione (Affari costituzionali):
«Conversione in legge del decreto-legge 3 ottobre 2025, n. 146, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso regolare di lavoratori e cittadini stranieri, nonché di gestione del fenomeno migratorio» (2643) - .
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge costituzionale, in prima deliberazione, n. 2473-A: Modifiche allo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Alessandro Urzi'.
ALESSANDRO URZI', Grazie, Presidente. Mi permetta però di avviare la discussione in Aula su un passaggio così delicato, dedicato a un momento storico di eccezionale rilevanza, come la riforma dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, manifestando, proprio oggi che si tiene a Bolzano una manifestazione di lavoratori delle acciaierie di Bolzano, e più diffusamente di bolzanini, a sostegno delle proprie fabbriche, del lavoro e dell'impresa, la mia piena testimonianza di vicinanza verso la prova di resilienza e tenace attaccamento da parte del territorio verso la vocazione industriale e, in particolare, siderurgica del capoluogo altoatesino.
Non posso che essere idealmente partecipe di questo sentimento. Lo affermo, Presidente, benché possa apparire singolare, perché l'economia, a cui pure questa riforma guarda, e la stabilità occupazionale rappresentano sicurezza sociale alla pari delle regole che fissano i perimetri delle prerogative delle istituzioni e nel caso specifico nel delicato e complesso sistema che regola i poteri fra Stato e autonomia speciale. Un percorso non affatto semplice, il cui passaggio fondamentale è stato l'assunzione di responsabilità per la pacificazione, alla fine del secondo conflitto mondiale, di due Nazioni uscite sconfitte dalla guerra e fragilissime nella cristalleria dei nuovi assetti europei, vigilati dalle potenze vincitrici.
L'accordo del 1946 al tavolo di pace di Parigi fra i Ministri degli Esteri De Gasperi, che allora del Governo era anche il capo, e Karl Gruber ha fissato un punto di non ritorno fra le relazioni a cavallo del Brennero, là dove in precedenza la storia aveva raccontato sin dall'Ottocento, forse anche prima, pulsioni all'affermazione, di volta in volta, di un primato da parte di un elemento linguistico sull'altro.
La prima autonomia regionale, seguita all'approvazione del primo statuto; poi, Presidente, il “Los von Trient”, cioè “via da Trento”, lanciato da Silvius Magnago a Castel Firmiano nel 1957; poi il terrorismo omicida, nonostante il quale - non grazie al quale, come una certa storiografia viziata racconta in modo interessato - il difficile dialogo è proseguito sino al pacchetto di misure per il riordino del sistema dell'autonomia nel 1969 e con l'approvazione, successivamente contrastata proprio in queste Aule, del secondo statuto di autonomia nel 1972, con una potente devoluzione di poteri dalla regione Trentino-Alto Adige alle province autonome di Trento e di Bolzano. Da uno spazio di autonomia regionale in cui la componente di lingua italiana era maggioritaria, e lo è ancora per le residue funzioni per lo più ordinamentali riconosciute alla regione autonoma, si va ad un'autonomia provinciale di Bolzano definita all'interno dei confini di un territorio prevalentemente abitato da una popolazione di lingua tedesca, con una presenza successivamente riconosciuta terza componente linguistica costituente l'autonomia, ossia quella dei ladini. Poi gli italofoni, minoranza, in termini strettamente numerici, di secondo grado a livello territoriale.
Da qui la riforma costituzionale del 2001, che ha segnato l'inversione dell'architettura costituzionale, per cui le province sono divenute parte costituente della regione e non articolazione della stessa. Un percorso che è stato accompagnato da una potente produzione di normativa di rango costituzionale. Le norme di attuazione dello statuto hanno rifilato le prerogative delle autonomie, a cui si è affiancata ancora la più imponente produzione legislativa delle province autonome di Trento e di Bolzano e della regione autonoma del Trentino-Alto Adige, in questa tripolarità tanto unica da fare definire il sistema della specialità dell'autonomia in questa regione “la più speciale fra le speciali”.
Oggi, Presidente, si compie un ulteriore passaggio in questo percorso di crisi e soluzioni, di denunce e compensazioni. Un infinito percorso di assunzioni di responsabilità di governo di volta in volta celebrate o anche ferocemente contestate, ma che hanno prodotto, nell'equilibrio delle spinte spesso contrapposte, un equilibrio che ha garantito pace e ha smorzato la più ampia parte dei conflitti definiti sino a pochi anni fa etnici e oggi derubricati a dibattiti su come garantire stabilita nell'interesse comune. Presidente, non è per nulla scontato tutto questo, come ci raccontano i drammi che vediamo sfilare di fronte ai nostri occhi tutti i giorni.
Nella propria configurazione le autonomie provinciali hanno trovato pure un loro equilibrio virtuoso, che oggi si trova ad affrontare una nuova sfida: il proprio rapporto con le regioni confinanti non dotate di autonomia e che ai modelli altoatesino o trentino guardano con contrastanti sentimenti. Questa opera di revisione statutaria nasce, Presidente, da un preciso impegno del Presidente Meloni proprio qui, alla Camera, e successivamente rinnovato al Senato, nei giorni del proprio insediamento al vertice del Governo. L'impegno è di valutare il ripristino degli standard di autonomia del 1992. Ma cosa accadde nel 1992? L'Austria dichiarò all'Italia la chiusura della vertenza internazionale che era stata aperta davanti all'ONU negli anni Sessanta, quelli del “Los von Trient”, del “via Bolzano da Trento”.
Questa chiusura del contenzioso internazionale passa alla storia con il nome del rilascio della quietanza liberatoria.
Viene riconosciuto all'Italia il fatto di aver compiuto tutti i passi giusti e necessari, nella dialettica politica di questi ultimi 60 anni di vita interna, talvolta indicati anche come non dovuti o eccedenti il necessario, per garantire, attraverso le autonomie provinciali, quella regionale, e l'attuazione di dettaglio delle proprie prerogative, quanto l'Austria reclamava. Quindi, l'autonomia come punto di approdo di un percorso, ma sempre come materia da affinare e aggiornare.
Questa esigenza è emersa dopo la riforma costituzionale del 2001 che ha prodotto una massa di conflitti di attribuzione fra Stato e autonomie speciali anche per interpretare limiti e confini delle competenze, spesso trasversali tra i diversi livelli di governo.
Il ripristino degli standard di competenze del 1992 è stato il punto di partenza di questa riforma che infine ha abbracciato, proprio nello spirito di garantire quell'equilibrio virtuoso fra poteri dello Stato e autonomie e, all'interno delle stesse autonomie, in particolare in quella provinciale altoatesina, fra gruppi linguistici, anche altri ambiti che fanno di questo testo un elemento di assoluta novità, capace di rappresentare perfettamente gli interessi dello Stato, delle autonomie provinciali e regionali e dei gruppi linguistici - tutti i gruppi linguistici - con modifiche non solo formali ma di rimozione anche di antistorici limiti all'esercizio di fondamentali diritti, come quello a poter concorrere, per esempio, all'amministrazione della cosa pubblica. Ad oggi, Presidente, se nei comuni è eletto un solo consigliere di un gruppo linguistico minoritario a livello territoriale, quindi di fatto un italiano o un ladino, è vietato per lo stesso assumere l'incarico di assessore. Questo è un limite antistorico che questa riforma cancella.
C'è la ridefinizione dei limiti all'elettorato attivo, per quanti da altre regioni italiane e dall'UE si trasferiscano in provincia di Bolzano… Quanto ho ancora, Presidente?
PRESIDENTE. Un minuto e mezzo.
ALESSANDRO URZI', . …Vi è poi la possibilità di garantire una più adeguata rappresentanza di tutti i gruppi linguistici nella giunta provinciale di Bolzano, condizione posta a rischio dalle cicliche riduzioni fortemente al di sotto delle quote di consistenza dei gruppi linguistici nel territorio.
Lascerò a verbale la relazione che comprende un dettagliato elenco di tutte le misure su cui questa riforma incide: la ridefinizione degli ambiti delle competenze, in modo da abbattere la conflittualità fra Stato e autonomie, che poi si riversa sulla Corte costituzionale, gli interventi per potenziare le autonomie in ambiti innovativi e strategici e anche il nuovo criterio di approvazione delle modifiche dello statuto di autonomia stesso, che prevede una formula d'intesa da parte dei consigli provinciali e regionale; inoltre, vi è anche la prerogativa fatta salva del Parlamento sovrano di approvare la riforma ovviamente in un clima che questa misura auspica essere di condivisione; tanto è vero che questa riforma, Presidente, esce da un percorso complesso che ha visto la partecipazione di Stato, province, consigli, parti politiche e commissioni paritetiche alla pari per dare corpo a una riforma a lungo attesa e sulla quale c'era un impegno del Presidente Meloni, che è stato mantenuto.
PRESIDENTE. Si intende autorizzato a depositare la relazione a cui ha fatto cenno. Chiedo a questo punto se vuole intervenire il rappresentante del Governo nella persona del Ministro degli Affari regionali e delle autonomie, senatore Calderoli. Non intende intervenire.
A questo punto, è iscritta a parlare la deputata Sara Ferrari. Ne ha facoltà.
SARA FERRARI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Non posso non iniziare il mio intervento con un auspicio: che oggi, il 7 ottobre, diventi la data dell'inizio di un percorso di pace vera nel Medio Oriente. Che cessino le armi, che i prigionieri possano tornare a riabbracciare le loro famiglie e che possano entrare gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Vorrei che il 7 ottobre fosse ricordato per il 2025 e non per il 2023 e che oggi possa davvero essere la data straordinaria da cui inizia davvero il processo di pace.
Voglio a questo aggiungere una chiosa. Mi aggrego all'auspicio che ha espresso il collega Urzi' rispetto alla contingenza che vede in questo momento una manifestazione, nella città di Bolzano, di lavoratori delle Acciaierie Valbruna. Nell'associarmi, non posso che fare a lui appello, in quanto rappresentante di una delle forze politiche che governa la provincia autonoma di Bolzano e che è responsabile delle motivazioni per le quali oggi un'acciaieria in buona salute si trova a rischio di chiusura per la scelta del nuovo bando di assegnazione delle aree su cui si insedia, con il rischio che questo metta a repentaglio i numerosi posti di lavoro degli operai. Ciò si può evidentemente risolvere attraverso un ragionamento con la provincia autonoma di Bolzano che di quelle aree è proprietaria; dunque, non posso che sperare che, nella collaborazione per questa soluzione, possa fare sicuramente la sua parte anche il collega che è intervenuto. Io, ahimè, sto all'opposizione, quindi posso solo segnalare la problematica e augurare che la soluzione sia vicina e positiva.
Bene. Oggi siamo qui a parlare di modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol. Modifiche, appunto. Non chiamiamola “riforma dello statuto di autonomia”, perché qui non c'è alcuna riforma, c'è un aggiustamento, un , come è stato definito da illustri costituzionalisti, un di competenze che la regione Trentino-Alto Adige e le due province già possiedono. E giustamente, però, è un aggiornamento linguistico; è un aggiornamento concettuale che va a rendere più attuale un testo che risale al 1948, che è stato poi aggiornato nel 1972 e che ha avuto delle modifiche nel 2001, ma che ancora oggi ha bisogno di quella che possiamo definire una manutenzione poco più che ordinaria. Già fatico a dire che questa possa essere una manutenzione straordinaria.
Ebbene, di che cosa stiamo parlando? Lo statuto di autonomia è la carta fondamentale che definisce l'architettura istituzionale e le prerogative di una autonomia. È la legge fondamentale della regione e delle due province, di un'entità che, di fatto, gode di un ordinamento speciale; ed è la carta che disciplina l'organizzazione interna di questo territorio, il funzionamento dei suoi organi e soprattutto le materie di sua competenza, che è ciò su cui questo provvedimento va a insistere.
Bene. Ha fatto un anche il collega. Non posso non farlo perché quella del Trentino-Alto Adige è una specialità più speciale delle altre speciali. Ha, come ciascuna, evidentemente, la sua storia. In questo caso stiamo parlando di un'autonomia di lunga data, che si fonda su attitudini, abitudini e consuetudini di gestione autonoma del territorio, degli usi civici, che risale addirittura all'epoca medievale.
Stiamo parlando di un territorio che è il risultato di due realtà politico-istituzionali, uniche nel panorama del nostro Paese, che, dall'undicesimo fino al diciannovesimo secolo, hanno retto quel territorio: sono il principato vescovile di Trento e il principato vescovile a Bolzano.
Due realtà che, con le rispettive differenze, hanno retto l'organizzazione e la gestione della vita comunitaria in quei territori.
Ebbene, la nascita dello statuto di autonomia dopo la Seconda guerra mondiale, in qualche modo, va anche a riconoscere quelle competenze e quelle capacità maturate dalle comunità locali nel tempo. Ma soprattutto, lo statuto di autonomia del 1948 si inserisce all'interno del Trattato di Pace di Parigi e va a regolare la convivenza di due diverse etnie su un confine.
La nascita della regione Trentino-Alto Adige, dunque, si inserisce all'interno di un trattato di pace, che, però, ha visto, poi, nel tempo, una rivendicazione giusta, da parte della popolazione di lingua tedesca, del riconoscimento vero e concreto dei propri diritti, in maniera speculare a quanto era avvenuto negli anni precedenti da parte degli abitanti di lingua italiana del Trentino, i quali avevano chiesto autonomia all'Impero austro-ungarico nel quale erano minoranza. A posizioni invertite, la minoranza di lingua tedesca - che si trova, all'interno di una regione, ad essere minoritaria e, quindi, anche negli organismi decisionali ha numeri di minoranza - rivendica, nel corso del dopoguerra, un maggior concreto riconoscimento dei propri diritti, perché all'interno di quella che è oggi la provincia autonoma di Bolzano, in realtà, ha la maggioranza.
Questa richiesta si è manifestata con delle proteste consistenti - che hanno portato anche a quello che è stato chiamato “terrorismo sudtirolese”, che si è manifestato con attacchi alle linee ferroviarie ed elettriche, ci sono stati momenti di grande tensione - e poi si è risolta con il secondo statuto di autonomia, che ha, in qualche maniera, evitato che quel territorio potesse trovarsi a vivere le vicende drammatiche che ha vissuto, ad esempio, l'Irlanda.
Quella convivenza etnica è diventata, proprio grazie al riconoscimento reale di quei diritti etnici, un esempio che, ancora oggi, viene utilizzato ed è stato utilizzato in altri contesti geografici come modello di pacificazione e di convivenza etnica su un territorio, che si è concretizzato, appunto, nel secondo statuto di autonomia. Infatti, il secondo statuto di autonomia, scritto nel 1971, ma entrato in vigore nel 1972, di fatto riconosce le due province come le responsabili dell'azione legislativa ed esecutiva su quel territorio, cioè la regione diventa un istituto di secondo livello, che è il risultato della sommatoria delle due province, e non più le due province che derivano dalla regione.
Nel 1992 l'Austria rilascia la quietanza liberatoria, per cui si chiude il contenzioso con l'Italia grazie all'intercessione dell'ONU, e arriviamo al 2001 con la modifica del Titolo V della Costituzione, che va a riconoscere e a definire meglio le competenze delle due province.
E poi arriviamo a oggi, con quella che io considero, con dispiacere, un'occasione mancata. La relazione illustrativa di questo provvedimento richiama il fatto che questo passaggio normativo di oggi sia il risultato di un accordo politico e che stia dentro il discorso programmatico della Presidente del Consiglio Meloni come uno degli obiettivi da raggiungere. Però, contemporaneamente, la stessa relazione illustrativa, per volontà dei consigli provinciali di Trento e di Bolzano e del consiglio regionale, riconosce anche che questo non è l'adeguamento degli statuti al Titolo V della Costituzione. Quindi, non lo è ancora oggi: 24 anni dopo, quella cosa non si è ancora risolta e questo testo si limita a fare, come dicevo prima, un po' di manutenzione poco più che ordinaria.
Io non posso non essere d'accordo con questo testo, però ravviso tutti i limiti e tutta la debolezza di un'occasione annunciata, ma non esercitata. È stata definita da illustri costituzionalisti come un mero , un , addirittura un “brodino caldo”. In realtà, andiamo a vedere di che cosa si tratta. Si tratta di chiarimenti e di aggiustamenti che vanno ad esplicitare meglio le competenze di cui le due province autonome già godono. C'è una distanza tra la realtà di questo provvedimento e quello che ne è il racconto. Questo, evidentemente, fa parte del gioco politico: c'è che chi deve legittimamente raccontare che questo è un passaggio storico e chi, in qualche maniera, come me, ha la responsabilità di mettere i puntini sulle “i”.
Ebbene, qual è il merito di questo testo, cioè cosa cambia e cosa si modifica veramente? Come dicevo, si chiariscono alcune definizioni relative alle competenze, che erano rimaste un po' ambigue, e cioè che si prestavano ad interpretazioni. Come sapete, la norma chiederebbe di non avere interpretazioni, ma di essere chiara ed esplicita, perché altrimenti consente, come è accaduto in questi anni, il contenzioso costituzionale - laddove spesso la Corte costituzionale ha dato ragione allo Stato nel confronto e nella richiesta di riconoscimento della propria competenza - tra province e Stato.
Il testo aggiorna anche il linguaggio, cioè fa un aggiornamento della terminologia e di concetti che non esistevano né nel 1948, né nel 1972: mi riferisco, ad esempio, alla parola “ambiente”, che pure nel testo è riconosciuto come competenza primaria alle province e che, di fatto, era già esercitato nella sommatoria delle competenze esclusive già elencate nel testo. Ma il concetto di ambiente, in passato, non esisteva e, nel momento in cui viene inserito, è comunque riferito all'interesse provinciale. Quindi, questa norma non sta, ovviamente, delegando alle province la competenza ambientale, perché sappiamo benissimo che non lo potrebbe fare, però la competenza e il riferimento provinciale adesso sono esplicitati in maniera chiara.
Si riconoscono, poi, in questa carta dell'autonomia - quindi con una certezza di livello costituzionale, perché credo non sia necessario ricordare che questo statuto è riconosciuto all'interno della Costituzione - competenze già esercitate dalle due province per legge ordinaria, che vengono qui riconosciute all'interno dello statuto. Faccio riferimento in questo caso, ad esempio, alla gestione della fauna selvatica e alla possibilità, per i presidenti delle due province, di gestire la fauna selvatica in termini di ordinanze che, in questi anni, sono già state emesse dai due presidenti.
Ciò significa che la norma, che risale al 2018, riconosce già loro questa possibilità, norma che non è stata giudicata illegittima dalla Corte costituzionale e che semplicemente adesso entra all'interno dello statuto.
Bene, quali sono allora i limiti reali di questo provvedimento, tra modifiche vere e narrazione politica? Innanzitutto, che l'obiettivo di costruire un'intesa è un obiettivo non raggiunto. Si è lavorato negli anni precedenti a questo, attraverso il coinvolgimento delle realtà territoriali, sia degli enti locali, sia dell'associazionismo, sia di rappresentanze collettive dei territori della provincia di Trento e di Bolzano per provare a costruire un nuovo rapporto tra lo Stato e le province, con una larga partecipazione - dicevo - del territorio e della comunità; ciò che poi non è successo con questo passaggio normativo, che è, dal punto di vista metodologico, il risultato di un accordo al vertice, di un accordo politico fra i due presidenti e il Governo.
Non c'è stata alcuna partecipazione collettiva, né delle assemblee legislative, né del territorio, alla costruzione di questi aggiornamenti dello statuto; quindi, direi un limite chiaro di tipo metodologico e di tipo partecipativo.
Qual era l'obiettivo dichiarato? Quello di costruire uno strumento, quello dell'intesa, che andasse a prevedere che, qualora da parte parlamentare ci fosse stata una iniziativa legittima di modifica dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige, ebbene quella iniziativa avrebbe dovuto incontrare l'intesa, cioè l'accordo dei consigli provinciali e del consiglio regionale, perché solo così evidentemente si può dare concretezza a un rapporto pattizio, a un rapporto che riconosce a tutti gli effetti quell'autonomia.
Ebbene, questo strumento d'intesa non si è trovato. Quello che qui si chiama “intesa” è un parere non vincolante, espresso dalle assemblee legislative delle province, della regione, in maniera non difforme da oggi, in qualche maniera modificato non in meglio.
Mi spiego: oggi, come è stato fatto per questo appuntamento, per questo provvedimento, si è chiesto - e nel maggio scorso le assemblee hanno deliberato - il parere ai consigli provinciali di Trento e di Bolzano e al consiglio regionale su questa proposta di legge. Pareri positivi, espressi anche dal mio partito, perché ripeto: meglio un mero aggiustamento, un mero aggiornamento, che niente.
Quel parere è un parere non vincolante, ma è preventivo se non altro: è avvenuto prima che noi arrivassimo qui con un testo e, magari, avrebbe potuto modificare quella proposta di legge per migliorarla, per raccogliere il punto di vista del territorio, di quell'autonomia che vogliamo andare a riconoscere.
Ebbene oggi, invece, si racconta di un passo avanti, di una intesa che è lo stesso identico parere espresso fra la prima e la seconda lettura del provvedimento. Cioè, si dice nel testo che, dopo la prima lettura, i consigli provinciali e il consiglio regionale hanno 60 giorni di tempo per trovare insieme allo Stato un'intesa. Se quell'intesa non si trova, la Camera, la seconda Camera approva comunque il testo così com'è. Se questa vi sembra un'intesa, a me sembra un parere non vincolante che si va a inserire in una fase del procedimento legislativo sicuramente più rigida e più bloccata di quanto non sia oggi.
Altro limite di questo testo è che, nell'elencare le competenze esclusive delle province, lascia la dizione “nei limiti dell'interesse nazionale”. Cioè, queste competenze sono esercitate nei limiti dell'interesse nazionale. Ok, però per le regioni ordinarie questa dizione non c'è più dal 2001. È come dire che le altre regioni, quelle ordinarie, hanno meno competenze proprie, ma quelle che esercitano le esercitano nel proprio interesse ed è sottinteso che stanno dentro un quadro nazionale.
Invece qui si è mantenuta e questa dicitura rimane come confine per l'esercizio della nostra autonomia speciale, ma lascia anche un e una domanda non risolta: chi decide, come e quando, qual è l'interesse nazionale? E questo rimane un di questo provvedimento, il baco di questo provvedimento, che porta a ribadire che siamo di fronte, ancora una volta, a una semplice operazione di manutenzione.
Vado a chiudere nel dire quali sono stati gli emendamenti che ho presentato, cioè il contributo che ho provato a dare per migliorare questo testo, che ha i limiti che ho espresso.
Ho provato a dire che, se proprio il Parlamento vuole modificare lo statuto di autonomia in una situazione in cui non si configura l'intesa con i territori - quindi in qualche maniera contro la volontà dei territori -, visto che la norma che state approvando dice che si andrà comunque al voto, almeno che quel voto sia un voto di maggioranza piena, quindi almeno con i due terzi delle Camere.
Ho anche provato a recuperare quella che era stata la proposta del cosiddetto “tavolo Bressa”, che aveva provato a ragionare se fra la prima votazione di una Camera e la seconda si poteva costituire un organismo misto fra rappresentanti dello Stato e delle province per provare a raggiungere un punto di caduta condiviso e, solo dopo averlo trovato, la seconda Camera andasse a votare effettivamente. Anche questo, ovviamente, è stato bocciato.
Ho anche provato a chiedere di non fare un oltraggio ai due consigli provinciali togliendo loro la possibilità di decidere quando chiedere il riconoscimento della propria competenza in caso di una norma statale che dovesse risultare in grado di invadere le nostre competenze. La norma dice che, d'ora in poi, a decidere se impugnare una norma oppure no sarà la giunta e non più il consiglio.
Troviamo, questo, terribilmente lesivo della pluralità politica che si esprime all'interno dei consigli, laddove la responsabilità su un tema importante, come le garanzie autonomistiche - è un tema che ci deve vedere tutti largamente coinvolti -, lo assegna invece alla giunta, che evidentemente ha un suo colore politico e, d'ora in poi, potrà decidere se ricorrere oppure no.
Infine - mi è dispiaciuto molto che i colleghi della maggioranza non abbiano voluto riconoscere queste mie proposte -, ho provato a chiedere, a proporre che, all'interno di questo statuto, fosse riconosciuto qualcosa che l'articolo 117 della Costituzione prevede già per le regioni ordinarie - e, dunque, in teoria, anche per noi, visto che vale la clausola di maggior favore -, ma che, di fatto, nel nostro statuto non c'è e, a tutti gli effetti, spesso la regione ignora. Ad essere ignorato è il tema delle pari opportunità, cioè dell'equilibrio nella rappresentanza, che, all'articolo 117, si prevede che le regioni debbano raggiungere, legiferando, per promuovere questa pari rappresentanza, e che, nella regione Trentino-Alto Adige, ancora ostinatamente non si fa, ossia si esercita un'autonomia per non raggiungere, per non fare, per bocciare ogni proposta di legge che vada in quella direzione. Ricordo semplicemente che la regione ha competenza sugli enti locali, sulle norme elettorali e che, nei comuni di tutta Italia sopra i 5.000 abitanti, si vota con la doppia preferenza di genere nelle elezioni amministrative, tranne che in Trentino-Alto Adige, perché la regione non ha mai accettato di legiferare in questi termini. Allora, ho provato a dire che, visto che l'articolo 117 non viene rispettato, nonostante sia tra le nostre competenze, magari, mettendolo dentro lo statuto, visto che è un principio che non possiamo non condividere, forse, si può legiferare anche nel nostro territorio in questa direzione.
E, infine, quell'articolo della Costituzione consente alle regioni ordinarie di costituire entità territoriali transfrontaliere, Gruppi europei di cooperazione transfrontaliera. Ebbene, le due province, insieme al Tirolo, da molto tempo hanno già costituito un Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera: si chiama Euregio ed è un'organizzazione politico-istituzionale che ci consente di costruire una dinamica di collaborazione con il Tirolo, in qualche maniera ricomponendo il Tirolo storico e che dovrebbe agevolare ad esempio il transito autostradale, il traffico commerciale, i rapporti culturali fra territori che hanno esigenze simili, legate all'agricoltura, alla gestione del territorio, eccetera. Ebbene, questa realtà oggi non è riconosciuta nello Statuto, certo, lo statuto ha un aggiornamento precedente. Allora, perché non riconoscere dentro la nostra Carta costituzionale dell'autonomia…
SARA FERRARI(PD-IDP). …una realtà che abbiamo già costituito? Davvero sono basita che si sia voluta bocciare anche questa proposta.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Simona Bordonali. Ne ha facoltà.
SIMONA BORDONALI(LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Ministro Calderoli, prima di entrare nel merito del provvedimento, vorrei anch'io ricordare che, oggi, è il 7 ottobre. Dobbiamo ricordare questa data, quando, il 7 ottobre 2023, ci fu l'attacco improvviso ad opera di Hamas, dei terroristi, in territorio israeliano, dove venne causata la morte di circa 1.200 persone, dove 250 persone vennero prese in ostaggio e alcuni sono ancora in ostaggio.
Anch'io mi auguro che il 7 ottobre di quest'anno venga ricordato come la data che pone fine finalmente a questa guerra, perché il 7 ottobre 2023 deve essere ricordato per quello che è stato effettivamente, e non come abbiamo visto nei vergognosi cartelli nel corso delle recenti manifestazioni, dove veniva ricordato come data della resistenza palestinese. Sicuramente, c'è un nome che può portare alla pace e lo sta dimostrando, che è il Presidente Trump, ed è grazie anche a tutti i mediatori, in testa l'Egitto, se il 7 ottobre 2025 diventerà la data della chiusura di questa guerra, che ha fatto tante vittime; ciò sarà sicuramente merito - come ho già detto - del Presidente Trump e di tutti i mediatori che si stanno impegnando, e non certo di personaggi che in questo periodo hanno suscitato tanto clamore. Mi riferisco ovviamente agli equipaggi della , che hanno attirato attenzione più su loro stessi che non sulla guerra.
Entrando nel merito del provvedimento, Presidente, intervengo innanzitutto ringraziando il Ministro Calderoli, che, intervenendo sullo statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol, aggiorna e rafforza in modo concreto l'autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle sue province.
Si tratta di un provvedimento importante, che corregge errori e storture derivanti dal pasticcio creato dalla sinistra con la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001. Quella riforma, che era nata con l'intento di ampliare l'autonomia regionale, in realtà ha prodotto l'effetto contrario: ha generato solo confusione, sovrapposizione di competenze e contenziosi continui tra Stato e regioni; invece di dare la libertà, ha imbrigliato le autonomie speciali dentro un labirinto di materie concorrenti, in cui nessuno sapeva più chi dovesse decidere cosa.
Con questa riforma dello statuto, finalmente, si fa chiarezza. Il Trentino-Alto Adige e le sue province autonome tornano ad avere una cornice chiara e moderna, coerente con la Costituzione e con l'assetto istituzionale che la Lega difende da sempre: un'Italia delle autonomie, in cui le decisioni vengono prese vicino ai cittadini.
Le modifiche introdotte da questo disegno di legge toccano molti aspetti, ma il principio ispiratore è uno solo: dare certezza e piena titolarità alle competenze provinciali, eliminando i margini di sovrapposizione con lo Stato. Si ridefiniscono, per esempio, alcune materie di competenza esclusiva delle province autonome. Il governo del territorio, che comprende urbanistica, edilizia, piani regolatori, sostituisce la vecchia e più limitata nozione di urbanistica. La materia dei servizi pubblici locali viene ampliata: oggi, le province potranno disciplinare l'assunzione diretta, l'organizzazione e la gestione dei servizi di interesse provinciale e locale, compreso l'intero riciclo dei rifiuti. Si chiarisce la competenza in materia di viabilità, acquedotti e contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di interesse provinciale. Si introduce la competenza esclusiva sulle piccole e medie derivazioni idroelettriche e sulla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema di interesse provinciale, compresa la gestione della fauna selvatica. Viene, inoltre, riconosciuta alle province la competenza esclusiva sul commercio, un ambito che finora era fonte di continui conflitti interpretativi.
Negli ultimi vent'anni, infatti, le delibere provinciali del Trentino-Alto Adige sono state impugnate in numerosissime occasioni, proprio a causa di questi intrecci di competenze concorrenti. Il Governo e la Corte costituzionale sono stati costretti più volte a intervenire, rallentando l'attività amministrativa e creando incertezza giuridica. Con questo intervento, finalmente, questi contenziosi saranno destinati a ridursi drasticamente, se non addirittura a scomparire. È un risultato concreto e positivo, che dà stabilità istituzionale e certezza normativa a due province che sono da sempre un modello di buona amministrazione.
Il disegno di legge tocca anche altri aspetti rilevanti dello Statuto: aggiorna la denominazione ufficiale della regione, che diventa Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, riconoscendo pienamente la sua identità bilingue; definisce in modo più moderno le procedure elettorali e le regole sulla residenza per l'esercizio del diritto di voto riducendo i tempi minimi e semplificando l'iscrizione alle liste elettorali; chiarisce la rappresentanza linguistica nella giunta provinciale di Bolzano garantendo equilibrio tra i gruppi linguistici; riforma il procedimento di revisione dello Statuto introducendo il principio dell'intesa tra consiglio regionale e consigli provinciali, così da rafforzare il protagonismo delle istituzioni locali; infine specifica che le norme di attuazione possono contenere anche disposizioni volte ad armonizzare la potestà legislativa provinciale con quella statale, assicurando coerenza e chiarezza normativa.
È, quindi, un provvedimento di equilibrio e di responsabilità che non tocca solo questioni formali, ma produce effetti sostanziali e misurabili. Per questo, la Lega non può che ringraziare e applaudire il Ministro Calderoli che, con serietà e competenza, ha portato avanti un lavoro atteso da anni, costruendo un testo condiviso con i territori e dimostrando che si può fare riforma partendo dal basso con il dialogo e la concretezza.
Per noi della Lega il principio è semplice e radicato nel nostro DNA politico: le decisioni devono essere prese il più possibile vicino ai cittadini. Solo così si garantisce una vera autonomia e si rafforza la responsabilità di chi governa. Quando decide Roma, nessuno sa più di chi sia la colpa o il merito, quando decide il territorio, invece, i cittadini sanno chi li amministra bene e chi li amministra male. È questo il senso profondo dell'autonomia: non un privilegio, ma una forma di responsabilità diretta verso la comunità. Ecco perché questo disegno di legge costituzionale rappresenta un passo avanti importante, un segnale di fiducia nei territori e un atto di coerenza con la visione federalista che la Lega porta avanti da sempre. Per tutte queste ragioni, Ministro Calderoli, il gruppo della Lega accoglie con entusiasmo questo provvedimento, che finalmente restituisce un pieno significato alla parola “autonomia” e riafferma il principio che lo Stato serve i cittadini e non il contrario .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Penza. Ne ha facoltà.
PASQUALINO PENZA(M5S). Grazie, Presidente. Anche il MoVimento 5 Stelle vuole ricordare questa data, il 7 ottobre, e le 1.200 vittime dell'attacco del 2023, augurando che la pace sia vicina e si ponga presto termine agli eccidi che hanno avuto origine in questa terra, a noi cara, e che hanno coinvolto due popoli che meritano di vivere in pace.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, cercherò di essere breve nel mio intervento. La discussione che oggi affrontiamo non è un passaggio tecnico, né un semplice aggiornamento amministrativo, riguarda le fondamenta di un equilibrio costituzionale che, per settant'anni, ha rappresentato uno dei modelli più maturi di autonomia e convivenza della nostra Repubblica.
Lo statuto del Trentino-Alto Adige non è un testo qualsiasi, è una pagina viva della nostra storia democratica. Nasce da un accordo di pace, l'accordo De Gasperi-Gruber del 1946, e da un'idea di Europa costruita sul rispetto delle differenze e sulla cooperazione tra comunità. Da quella visione nacque un modello che ha saputo trasformare un territorio complesso in un laboratorio di convivenza, di crescita e di equilibrio istituzionale. Oggi intervenire su quello statuto significa toccare un punto essenziale del patto repubblicano tra Stato e autonomie e dobbiamo farlo con responsabilità, con lungimiranza ma anche con la consapevolezza che ogni riforma di questo tipo non riguarda solo due province, riguarda l'intera architettura della Repubblica.
L'articolo 5 della Costituzione ci indica la strada: una Repubblica, una e indivisibile, che riconosce e promuove le autonomie locali. L'unità non è in contrasto con l'autonomia, è ciò che le dà senso e garanzia. L'autonomia, se ben costruita, serve a rendere più efficace e più vicina ai cittadini l'azione pubblica. Ma perché questo accada occorre equilibrio. Occorre che l'autonomia non diventi privilegio, ma strumento di partecipazione e di responsabilità. Ecco perché, come MoVimento 5 Stelle, guardiamo a questa riforma con spirito costruttivo ma anche con la massima attenzione. Noi non siamo contrari all'autonomia, anzi. Siamo convinti che, se ben attuata, essa rappresenti una delle forme più alte di democrazia. Ma chiediamo che resti fedele al suo spirito originario: quello di un'autonomia che unisca e non divida, che avvicini lo Stato ai cittadini, e non il potere ai palazzi.
Negli ultimi decenni il sistema delle autonomie ha garantito stabilità e prosperità a molti territori. Ma accanto ai risultati positivi, sono emersi anche rischi concreti: il rischio dell'autoreferenzialità, il rischio di decisioni opache, il rischio che le autonomie si trasformino in sistemi chiusi. E proprio per evitare questo dobbiamo prestare attenzione ad alcune criticità del testo che oggi esaminiamo.
La prima riguarda la tendenza, evidente in diversi articoli, a concentrare il potere decisionale nelle mani delle giunte e dei presidenti, riducendo di fatto il ruolo dei consigli provinciali. È una scelta che altera l'equilibrio dei poteri, inibisce il controllo democratico e rischia di trasformare l'autonomia in un modello iper-presidenziale. Il principio fondante dello statuto del 1972 era la condivisione: nessun potere senza controllo, nessuna competenza senza responsabilità. Oggi dobbiamo difendere quello spirito. Un'autonomia che concentra tutto nelle mani dell'Esecutivo perde il suo carattere partecipativo e si allontana dai cittadini.
C'è poi la questione del trasferimento di competenze. La riforma assegna alle province funzioni nuove e importanti, anche in materie molto sensibili come ambiente, urbanistica, rifiuti e tutela della fauna. Ma lo fa senza inserire un chiaro richiamo ai principi e agli standard minimi nazionali ed europei. Il rischio è quello di creare un “federalismo delle deroghe”, dove ogni territorio decide per conto proprio, indebolendo la coerenza delle tutele ambientali e dei diritti dei cittadini. La protezione dell'ambiente, dell'aria, dell'acqua e del paesaggio non può essere oggetto di competizione tra enti: è un patrimonio comune, che richiede regole comuni.
Un'altra lacuna evidente riguarda la partecipazione. Lo statuto non introduce strumenti di democrazia diretta o consultiva, non prevede la possibilità di iniziative popolari digitali, né consultazioni obbligatorie su scelte che incidono sulla vita dei cittadini. In un tempo in cui la tecnologia consente di coinvolgere facilmente le persone, questa assenza è inspiegabile. Allargare i poteri istituzionali e, al tempo stesso, restringere gli spazi di partecipazione, significa sbilanciare l'autonomia verso l'alto, non verso il basso. Infine, c'è il nodo del rapporto tra Stato e autonomie. Il principio di leale collaborazione, cardine del sistema costituzionale, viene evocato ma non regolato. Non sono previsti strumenti chiari per la risoluzione dei conflitti, né procedure trasparenti per gli accordi tra Governo e province. Senza regole certe, si rischia di spostare le decisioni in sedi informali, dove prevale la convenienza politica del momento anziché l'interesse generale. E quando le stesse forze governano a Roma e nei territori, la possibilità di un controllo effettivo sulla legittimità costituzionale si indebolisce.
L'autonomia, per funzionare, ha bisogno di regole stabili e pubbliche, non di rapporti personali o intese riservate. Serve chiarezza, non ambiguità; cooperazione, non subordinazione.
Detto questo, la nostra non è una posizione di chiusura. Al contrario, vogliamo proporre un modello di autonomia che guardi avanti e che si rinnovi, che parli al Paese di domani; un'autonomia che non sia solo amministrativa, ma anche civica, digitale, ambientale e partecipata. Il primo punto è restituire centralità ai cittadini; la democrazia del futuro deve saper usare gli strumenti della tecnologia per avvicinare le persone alle decisioni. Chiediamo che lo statuto preveda la possibilità di presentare iniziative popolari digitali, di promuovere referendum confermativi su riforme statutarie e leggi fondamentali e di introdurre consultazioni pubbliche obbligatorie per i piani territoriali e ambientali.
Inoltre, serve un sistema di trasparenza totale, che renda accessibili tutti i dati relativi a spesa pubblica, appalti e politiche ambientali. Solo una democrazia che mostra come decide può pretendere fiducia dai cittadini. Il secondo punto è la responsabilità: chi chiede più poteri deve accettare più controlli. Ogni bilancio provinciale dovrebbe essere accompagnato da un bilancio di sostenibilità, per misurare l'impatto delle scelte su ambiente, salute e coesione sociale. I consigli provinciali devono poter esercitare pienamente il loro ruolo di indirizzo e vigilanza, con tempi certi per accedere agli atti e discutere mozioni. Un'autonomia forte non teme il controllo: lo valorizza.
C'è poi il tema ambientale, che per il MoVimento 5 Stelle è imprescindibile. Il nuovo statuto deve contenere una clausola verde chiara e vincolante. Ogni competenza trasferita deve rispettare gli obiettivi di tutela ambientale e climatica, e garantire standard almeno pari, se non superiori, a quelli nazionali. Le province autonome, per storia e sensibilità, possono diventare esempi di innovazione sostenibile, luoghi dove si sperimentano politiche ambientali d'avanguardia. Per esserlo davvero, però, devono assumersi impegni concreti, misurabili e verificabili.
Proponiamo anche di rendere effettiva la leale collaborazione tra Stato e autonomie, con conferenze periodiche e sedi di confronto istituzionale permanenti. Solo un dialogo trasparente e continuo può prevenire conflitti e rafforzare la fiducia reciproca. Infine, lanciamo un'idea che può davvero rappresentare un passo in avanti: la creazione di un Osservatorio permanente sulla qualità della democrazia autonoma, composto da istituzioni, università, associazioni civiche e cittadini estratti a sorte. Un luogo di monitoraggio e proposta dove si misuri nel tempo l'efficacia dello statuto, la trasparenza delle decisioni, il grado di partecipazione.
L'autonomia deve essere un processo vivo, capace di correggersi e migliorare, non un sistema chiuso su se stesso. Onorevoli colleghi, la nostra Repubblica ha bisogno di autonomie forti, ma anche di una visione comune. Non possiamo permetterci un'Italia frammentata, dove le differenze si trasformano in disuguaglianze. L'autonomia deve essere un modo per condividere meglio le responsabilità, non per dividerle. Il Trentino-Alto Adige, per la sua storia e la sua posizione, può essere un modello europeo di sostenibilità e innovazione, un laboratorio di buona amministrazione e partecipazione, ma per esserlo deve restare ancorato ai principi della Costituzione, al rispetto dei diritti e alla trasparenza.
Vogliamo un'autonomia che guardi al futuro, che coinvolga i cittadini, che difenda l'ambiente e che promuova la giustizia territoriale. Un'autonomia che non isola, ma connette; che non privilegia, ma responsabilizza. L'autonomia non è una bandiera da sventolare, ma è una promessa da mantenere. e quella promessa è semplice: più vicinanza, più giustizia, più libertà per tutti i cittadini, ovunque vivano.
Il MoVimento 5 Stelle difenderà sempre questa idea di autonomia, dentro e oltre i confini del Trentino-Alto Adige, perché crediamo in un Paese che non teme le differenze, ma le valorizza; che non cede alla logica dei piccoli poteri, ma costruisce una democrazia grande, aperta e solidale.
Ecco l'autonomia che vogliamo: quella che unisce, che ascolta, che risponde. Un'autonomia capace di guardare lontano, senza mai perdere di vista il volto dei cittadini, che ne sono il vero cuore .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Urzi'.
ALESSANDRO URZI', . Rapidissimamente, Presidente, ringrazio innanzitutto per i contributi costruttivi, anche delle minoranze politiche, che per alcuni non escludono, peraltro, un sostegno nella condivisione di molti tratti di questa riforma, pur nel legittimo esercizio di attività emendativa, ma senza pregiudizi, mi è parso di cogliere. L'obiettivo d'altronde è unire in ciò che è condiviso.
Voglio ringraziare tutto il Governo, a iniziare dal Presidente del Consiglio, ma anche, nella sua azione costante, il Ministro Calderoli, in prima fila sempre, così come tanti altri che si sono appalesati nel corso della discussione in modo concreto per tutto questo lunghissimo tempo di discussione preliminare rispetto a quella in Aula.
In attesa del merito della discussione qui, in questo Parlamento, Presidente, ribadendo evidentemente la sovranità del Parlamento stesso, come ho già ribadito in precedenza, bisogna tenere conto di quella contrattazione che si è già svolta articolatamente fra i soggetti politici che si sono fatti promotori di questa iniziativa di legge, il Governo e le rappresentanze delle autonomie locali, province, regioni, consigli provinciali che hanno espresso un favorevole parere rispetto al testo di questa norma.
Nel momento in cui avviamo la discussione, dunque, bisogna tenere sullo sfondo tutto ciò per poter avere un giudizio completo rispetto alla complessità del percorso che ha prodotto il testo che oggi questo Parlamento discute e sul quale voterà.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, Ministro Calderoli.
ROBERTO CALDEROLI,. Grazie. Alcune considerazioni, anche alla luce del dibattito in Commissione. Sono un po' sorpreso perché, se devo valutare l'atteggiamento delle opposizioni, c'è chi dice che abbiamo fatto troppo poco e chi troppo tanto, a fronte di emendamenti che avrebbero soppresso molte delle materie che, invece, venivano attribuite alle province.
L'onorevole Ferrari dice che alcuni costituzionalisti parlano di , di , addirittura un “brodino caldo”. So che il presidente Kompatscher e il presidente Fugatti, i consigli provinciali e il consiglio regionale l'hanno considerata una riforma e hanno dovuto mettere nella relazione illustrativa che non costituisce l'adeguamento per non far venir meno l'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, e quindi, per esempio, non poter esercitare quel diritto previsto dall'ultimo comma dell'articolo 117 della Costituzione, richiamato nell'intervento dell'onorevole Ferrari.
Credo che, se non si trattasse di una riforma, non avremmo una richiesta da parte di tutte le altre quattro regioni a statuto speciale che dicono: dopo il Trentino-Alto Adige voglio esserci io. Lo ha chiesto il Friuli, lo ha chiesto la Valle d'Aosta, lo hanno chiesto la Sicilia, la Sardegna. Quindi, evidentemente, direi che è un bel passo in avanti. Credo che abbiamo ottemperato a quella richiesta che è giunta nell'ottobre del 2022 al Festival delle regioni a Torino, dove i cinque presidenti delle province e delle regioni a statuto speciale consegnarono alla Presidente Meloni e al sottoscritto una proposta di legge in cui si riformavano i rispettivi statuti.
Quale era l'obiettivo? Il ripristino delle condizioni di autonomie preesistenti a che cosa? Preesistenti alla riforma del Titolo V, che non ha fatto il sottoscritto, ma ha voluto qualcun altro, creando le condizioni perché venissero sicuramente messe in discussione molte delle competenze delle regioni a statuto ordinario, ma ancor di più quelle delle regioni a statuto speciale, e, se vogliamo, oltre il ripristino vi è anche una maggiore puntualizzazione di quali sono le materie e un incremento delle stesse, quindi anche il livello di autonomia è cresciuto.
Un punto che per me era fondamentale - e credo che lo sia stato anche per il relatore - era anche un riequilibrio di tutte le componenti linguistiche, e io credo che l'essere riusciti a trovare un accordo su un riequilibrio, mettendo d'accordo la componente tedesca, quella italiana e quella ladina, sia una cosa non di poco conto.
Poi, tutto può essere migliorato. Si viene a contestare l'intesa, che è un'intesa debole. Io ho ragionato tante volte su questo argomento: è possibile e pensabile metterci un'intesa forte? Io dico di no, né con la maggioranza assoluta né con i due terzi, perché questo priverebbe il Parlamento del proprio potere costituente. Quindi, credo che la soluzione raggiunta sia un bell'avanzamento, perché mi sembra discutibile il fatto che in passato si dovesse esprimere un parere sul progetto di legge, che veniva presentato dal parlamentare oppure dal Governo, su un testo che avrebbe potuto essere completamente modificato e su cui la provincia o la regione non sarebbero più tornate ad esprimersi. Credo che l'esprimersi, anche solo con l'intesa debole, su un testo che ha già avuto la lettura conforme in due rami del Parlamento sia una cosa assolutamente ragionevole.
L'onorevole Ferrari dice: è rimasto nei limiti dell'interesse nazionale e non c'è più rispetto a quelle che sono le regioni a statuto ordinario. È vero, ma le regioni a statuto ordinario hanno solo la materia residuale, che hanno come competenza esclusiva; qui le competenze esclusive sono tante. D'altra parte, invece, il collega del MoVimento 5 Stelle dice che in campo ambientale i limiti non devono essere solo quelli nazionali, ma addirittura al di sopra. Quindi, mettiamoci un po' d'accordo e cerchiamo di trovare un possibile compromesso.
È stato contestato il fatto che, al posto del consiglio, si esprima la giunta rispetto a queste valutazioni, eccezioni di possibile costituzionalità rispetto a normative statali. Io sono d'accordo sul criterio della rappresentatività, però non posso dimenticarmi che, ormai, il Trentino e la Valle d'Aosta già non solo non hanno l'elezione diretta - come non ce l'ha l'Alto Adige -, ma la composizione della giunta è espressione di un consiglio provinciale che viene eletto con il sistema proporzionale. Quindi, più proporzionale e rappresentativo di così credo che non si possa. D'altra parte, il nostro interlocutore, quando dialoghiamo con le regioni, è il presidente o governatore della regione, come dir si voglia: è lui il soggetto che rappresenta la regione. In questo caso sarà la provincia, che sicuramente non è una forma di presidenzialismo, perché la composizione della giunta è assolutamente coincidente con quella del consiglio eletto proporzionalmente.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge costituzionale, già approvata, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato, n. 976-B: Modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Simona Bordonali.
SIMONA BORDONALI, Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Ministro Calderoli, l'Assemblea avvia oggi la discussione, in seconda deliberazione, della proposta di legge costituzionale d'iniziativa del consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, recante modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvata in prima deliberazione dalla Camera il 23 ottobre 2024 e, senza modificazioni, dal Senato il 27 maggio 2025.
Quanto all'oggetto della proposta in esame, ricordo preliminarmente che l'articolo 116, primo comma, della Costituzione, prevede che gli statuti delle cinque regioni ad autonomia speciale siano adottati con legge costituzionale.
Per quanto riguarda l'esame in sede referente, si rammenta che la Commissione affari costituzionali ha avviato l'esame della proposta di legge costituzionale nella seduta del 2 luglio 2025. La proposta di legge costituzionale è stata riesaminata dalla Commissione ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del Regolamento, senza procedere all'esame di emendamenti, trattandosi di una seconda deliberazione.
Venendo, in modo sintetico, al contenuto della proposta in esame, l'articolo 1 modifica, con prevalenti finalità di manutenzione normativa, l'articolo 5 dello statuto, che individua le materie in cui la regione esercita una potestà legislativa concorrente, sostituendo, al numero 18), le parole “edilizia popolare” con “edilizia residenziale pubblica”.
L'articolo 2 reca una modifica all'articolo 7 dello statuto, per aggiungere, tra gli ambiti di potestà legislativa regionale, la possibilità di istituire nuovi enti di area vasta e di modificare la loro circoscrizione e denominazione, d'intesa con le popolazioni interessate. In merito, ricordo che la regione Friuli-Venezia Giulia, al pari delle altre regioni a statuto speciale, ha competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni. Rammento, altresì, che l'espressione “enti territoriali di area vasta” è stata utilizzata per la prima volta dalla legge n. 56 del 2014, la cosiddetta legge Delrio. In mancanza di un'esplicita definizione normativa, l'ente di area vasta può essere inteso quale livello di governo intermedio tra il comune e la regione, corrispondente all'ambito territoriale ritenuto ottimale per lo svolgimento di funzioni che, per il loro esercizio unitario, necessitano di una dimensione sufficientemente estesa.
L'articolo 3 sostituisce l'articolo 8 dello statuto, stabilendo che la regione esercita funzioni di programmazione, nonché funzioni amministrative nelle materie in cui ha potestà legislativa a norma degli articoli 4 e 5 e in conformità con i principi della Costituzione e del presente statuto.
L'articolo 4 interviene sull'articolo 11 dello statuto, affermando che gli enti di area vasta sono titolari di funzioni amministrative proprie, individuate con legge regionale, e di quelle conferite con legge regionale. La disposizione riprende quanto previsto dall'articolo 118, secondo comma, della Costituzione, in base al quale le province, insieme con i comuni e le città metropolitane, sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
L'articolo 5 interviene sulla disciplina del referendum sulla legge regionale in materia di forma di Governo e sistema elettorale, modificando l'articolo 12 dello statuto.
L'articolo 6 interviene sulla disciplina del numero dei componenti del consiglio regionale, modificando l'articolo 13 dello statuto. In particolare, si stabilisce che il consiglio regionale si compone di un numero fisso di 49 consiglieri.
L'articolo 7 interviene sull'articolo 54 dello statuto, reintroducendo la possibilità per la regione di assegnare agli enti di area vasta una quota delle entrate regionali, al fine di adeguare le loro finanze al raggiungimento delle finalità e all'esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi. Faccio presente che la disposizione vigente già prevede tale possibilità in relazione ai comuni.
L'articolo 8 modifica l'articolo 59 dello statuto, che definisce l'ordinamento degli enti locali. Il nuovo testo dell'articolo 59 dello statuto ricomprende, nella definizione di enti locali, anche gli enti di area vasta, così come prima del 2016 vi erano ricomprese le province, aggiungendo che si tratta di enti i cui organi sono eletti direttamente. Esso prevede, poi, che sia la legge regionale a disciplinare la prima istituzione, le circoscrizioni, le funzioni, la forma di Governo e le modalità di elezione degli organi di area vasta. La disposizione precisa che funzioni, forme di governo e modalità di elezione possono essere regolate anche con modalità differenziate.
L'articolo 9 sopprime alcune disposizioni sullo statuto speciale della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, ritenendole superate in attuazione della clausola di maggior favore di cui all'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
Da ultimo l'articolo 10, con disposizioni di coordinamento finale, prevede che agli enti di area vasta, come previsto nella riforma statutaria, si applicano, in quanto compatibili, le norme di attuazione statutaria previste per gli enti locali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che vi rinuncia.
È iscritta a parlare la deputata Isabella De Monte. Ne ha facoltà.
ISABELLA DE MONTE(FI-PPE). Grazie, Presidente. Signor Ministro, colleghi e colleghe, innanzitutto un ringraziamento alla relatrice per questa dettagliata illustrazione. Il mio sarà un intervento che avrà dei perché comunque siamo in seconda lettura e molte cose sono state dette in Commissione e in Aula; poi, siamo alla lettura successiva a quella del Senato con un testo invariato.
Quindi vorrei concentrarmi su alcuni aspetti - su cui, poi, tornerò anche in sede di dichiarazione di voto, quando sarà - e sull'evidenziare innanzitutto due punti per cui desidero ringraziare il Governo, cioè l'accoglimento di due emendamenti da me proposti: uno, che riguarda la definizione, oggi, di edilizia residenziale pubblica, e il secondo, riguardante il concetto della programmazione.
Ecco, erano aspetti non compresi, non contemplati inizialmente, ma credo comunque significativi nel momento in cui si parla di una riforma di carattere statutario. Desidero ricordarlo perché, per quanto riguarda il concetto di edilizia residenziale pubblica, si va al superamento della tradizionale definizione di edilizia popolare. E questo è un tema assolutamente di attualità perché non è solamente un aspetto formale, ma - ripeto - è un aspetto sostanziale, in quanto oggi, sia a livello di Governo sia a livello europeo, la casa è tornata al centro dell'attenzione. Questo lo vediamo in base al nuovo Piano casa, che è stato annunciato, ma anche rispetto al tema ormai generale - che riguarda non solo l'Italia, non solo le nostre singole regioni, ma si pone a livello europeo - di sostenere le famiglie e anche i singoli nell'accesso, quindi, nell'accessibilità alla casa, non solo con riferimento alla disponibilità economica, ma anche proprio a quella numerica.
Quindi, credo che anche oggi parlare di questo sia un aspetto importante, che travalica in questo momento il tema specifico dello statuto del Friuli-Venezia Giulia, ma appunto dimostra un'attenzione del Governo su questo tema assolutamente sensibile.
Il secondo è quello della programmazione, perché - poi ci tornerò in maniera più dettagliata - riequilibra assolutamente la distribuzione delle funzioni tra gli enti, come deve essere. Ripartirei dalla definizione: statuto regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Ecco, il tema dell'autonomia - come sa benissimo il Ministro - è molto importante.
La regione Friuli-Venezia Giulia ha autonomia speciale, ma è un tema sensibile e sentito da tutte le regioni. Lo sappiamo bene che, in maniera trasversale - signor Ministro - è stata richiesta una maggiore autonomia, quindi un avvicinamento delle funzioni ai cittadini, e desidero sottolinearlo in maniera più pregnante, ovviamente, quando si tratta delle regioni a statuto speciale, che trovano nella loro radice storica, la motivazione, ma sicuramente anche una loro attualità. Questa autonomia c'è nell'iniziativa, cioè noi parliamo di un'iniziativa del consiglio della regione Friuli-Venezia Giulia, un consiglio democraticamente eletto, che si è espresso nel senso di un ritorno ad enti di area vasta, che siano di carattere elettivo, quindi cambiando direzione rispetto al passato.
Credo che questa responsabilità, che si è assunta una regione, debba essere assolutamente rispettata. Lo dico non in maniera certamente notarile, acquiescente, ma in maniera completa, come si è fatto ampiamente in Commissione affari costituzionali, con un dibattito aperto, assolutamente esaustivo, come stiamo facendo qui in Aula, però comunque rispettando la volontà di una regione che ha deciso di cambiare rotta e vuole, quindi, andare in una direzione diversa rispetto al passato.
Ricordo che le province hanno ancora un senso, no? Cioè il fatto che esistano delle funzioni amministrative e di governo che abbiano ancora come riferimento l'ambito provinciale, vuol dire che questo ambito provinciale ha ancora un senso, è ancora una dimensione ottimale di esercizio delle funzioni. È poi un ricordo del passato, perché la spinta verso questi enti di secondo grado si è avuta - lo ricordo bene - nella XVII legislatura, quando si parlava di riduzione della spesa pubblica, quando si parlava degli enti inutili. Ecco, questa era la spinta, più che andare ad ottimizzare delle funzioni.
Oggi, in maniera razionale, responsabile - come deve essere chi ha una funzione di carattere istituzionale - bisogna rivedere molto lucidamente se queste decisioni fossero state corrette oppure no.
Ebbene, ricordo bene - perché ho svolto anche funzioni di sindaco - come queste leggi siano addirittura antecedenti. Cioè, più volte nel passato, non tanto per un aspetto economico, quanto per una necessità organizzativa più efficace, si andò verso riforme. Ricordo, ad esempio, la legge Iacop, n. 1 del 2006, che introdusse le associazioni intercomunali, che non avevano una personalità giuridica, ma erano volte a mettere insieme funzioni tra comuni per esercitarle meglio, con personale focalizzato su alcune funzioni. Quindi, non è certamente una novità questa, che viene dagli anni della XVII legislatura, ma è ben antecedente.
Una cosa voglio anche dirla: avendo la regione Friuli-Venezia Giulia competenza in materia di enti locali, di autonomia e anche di finanza pubblica, comunque bisogna riconoscere che le province funzionavano. Ecco, forse ci siamo dimenticati. Oggi le chiamiamo enti di area vasta, ma comunque bisogna riconoscere che gli enti funzionavano: avevano competenza ambientale, avevano competenza in materia di strade, di edilizia scolastica, c'era un riferimento ben preciso, che era quello istituzionale, con competenze che venivano gestite - tutti ora lo riconoscono - in maniera efficace.
C'è da dire anche che la regione Friuli-Venezia Giulia ha ancora una sua complessità, nata dal fatto che c'è un confine con due Stati; non è più quel confine ingresso in Unione europea, ma comunque ha delle complessità di relazione, di gestione, anche di strade, che richiedono, forse, una gestione diversa rispetto a quella attuale.
Poi, appunto, una riflessione, che è questa: dovevamo avere, come dicevo prima, una gestione più efficace, però quello che noi abbiamo visto nella regione Friuli-Venezia Giulia è stato, in realtà, un assorbimento delle funzioni a livello regionale.
Quindi, in realtà, non c'è stata questa vicinanza; c'è stata, invece, una regione che ha aumentato il suo carico, ha aumentato il suo carico amministrativo e, quindi, in realtà quella funzione che magari era auspicata, anche in maniera del tutto in buona fede, ecco, non si è realizzata.
Questo lo dico, appunto, ritornando al tema della programmazione. Noi che cosa dobbiamo avere? Dobbiamo avere delle regioni che abbiano - come hanno - una funzione legislativa nelle materie di loro competenza e una funzione di programmazione, lasciando le funzioni il più possibile vicine ai cittadini. È quello che oggi noi troviamo scritto nell'attuale articolo 3.
Ecco, questo va peraltro nel senso anche della sussidiarietà - io faccio parte della XIV Commissione -, con riferimento al concetto della sussidiarietà europea. Cosa ci dice questo principio? Ci dice, ad esempio a livello europeo appunto, che l'intervento unionale si esercita quando la finalità può essere meglio raggiunta a livello europeo anziché a livello dei singoli Stati. Questo deve essere un principio generale.
Quindi, nel momento in cui noi affermiamo questo principio - su cui credo siamo tutti d'accordo - allora, dobbiamo anche riconoscere che, proprio per questa ragione, cioè di vicinanza al cittadino, dobbiamo avere delle funzioni che il più possibile devono ritornare ai loro territori.
Poi, c'è un aspetto importantissimo, che è quello della rappresentatività: gli enti di secondo livello non danno questo tipo di garanzia.
Nel momento in cui si parla di lontananza dei cittadini dalla politica, dalle istituzioni e dai palazzi, noi dobbiamo invertire la rotta anche in questo senso e dobbiamo tornare a quella elettività, a quella rappresentatività e a quella legittimazione che un'elezione diretta può garantire. Per tutte queste ragioni credo si stia andando nella direzione giusta ed auspico, quanto prima, che si possa avere il voto finale e passare anche alla lettura del Senato.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Matteoni. Ne ha facoltà.
NICOLE MATTEONI(FDI). Grazie, Presidente. Anche noi oggi ricordiamo con commozione le 1.200 vittime israeliane che hanno perso la vita per mano dei terroristi di Hamas, ci stringiamo ancora una volta alle loro famiglie e mandiamo la nostra solidarietà agli ostaggi ancora in mano a questi delinquenti. Oggi ritrovare la strada della pace è il modo giusto per onorarle e speriamo veramente di arrivare a questo obiettivo nel più breve tempo possibile.
Tornando alla discussione sul provvedimento, oggi iniziamo l'esame, in seconda lettura, del provvedimento di riforma statutaria, voluto fortemente dal consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia. Parliamo di una regione a statuto speciale, una terra di gente laboriosa che ama profondamente il suo territorio, a cui con onore e orgoglio da giuliana rivendico di appartenere.
Questa riforma dello statuto torna in quest'Aula dopo esser passata, attraverso un esame approfondito, nelle Commissioni competenti e successivamente in Aula, in prima lettura in entrambi i rami del Parlamento. Rispetto al testo originario, alla Camera sono stati introdotti ulteriori articoli, di cui ricorderò successivamente i dettagli e, al Senato, il testo è stato approvato senza modificazioni nel maggio di quest'anno.
L'autonomia della mia regione, dovuta alle particolarità di una terra di confine ma anche a una storia difficile, spesso tragica, rappresenta una ricchezza irrinunciabile, un fattore imprescindibile che ha accompagnato il territorio in questi anni verso uno sviluppo sociale, culturale ed economico con risultati importanti, ma - va ricordato - sempre in perfetto equilibrio con le altre regioni a statuto ordinario. Ci si è dunque trovati di fronte all'esigenza di onorare questa specialità, di tornare ad avere rispetto verso la storia istituzionale della regione e, quindi, di superare la riforma degli enti locali avvenuta durante la XVII legislatura con l'approvazione della legge costituzionale n. 1 del 28 luglio 2016, che ha soppresso il livello di governo delle province, demandando alle regioni e ai comuni le relative competenze.
I comuni del Friuli e della Venezia Giulia sono racchiusi tra le Alpi e il mare e le loro esigenze vanno affrontate in maniera distinta e puntuale in un quadro d'insieme che il livello di governo provinciale aveva sempre garantito. Tutti noi abbiamo letto e sentito, nei numerosi dibattiti politici, dure parole circa l'inutilità di questi enti. Ebbene, noi del Friuli-Venezia Giulia siamo la prova vivente che le province sono enti fondamentali per il coordinamento di essenziali politiche pubbliche su più livelli di governo. Dunque, a nostro modo di vedere, affrontiamo una riforma necessaria e strategica per sostenere dal punto di vista qualitativo e quantitativo quelle politiche attive per la nostra gente. Perché - vede, Presidente - le innovazioni che vengono introdotte nello statuto regionale, grazie a questo provvedimento, serviranno non solo a garantire la rappresentatività di un territorio, grazie al numero definito dei consiglieri regionali, ma ristabiliranno quell'equilibrio amministrativo e politico che la riforma del 2016 ha eliminato. Ricordo, infatti, che siamo l'unica regione italiana che non ha questo ente territoriale: un fallimento politico 100 per cento targato centrosinistra. E ora, grazie all'impegno del consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, riusciremo a riportare ordine nel disordine istituzionale, garantendo così supporto ai comuni e al popolo regionale.
Ripercorro i contenuti della legge, partendo dall'articolo 1. Con esso vediamo modificato l'articolo 5 dello statuto che individua le materie in cui la regione esercita una potestà legislativa concorrente; al n. 18) le parole “edilizia popolare” sono sostituite da “edilizia residenziale pubblica”, un termine più attuale e meno obsoleto.
L'articolo 2, invece, modifica l'articolo 7 dello statuto, conferendo alla regione la possibilità di istituire nuovi comuni, anche nella forma di città metropolitana, intese le popolazioni interessate, e nuovi enti di area vasta - il vero fulcro della riforma dello statuto - e di modificare le loro circoscrizioni e denominazioni, d'intesa con le popolazioni interessate.
L'articolo 3 riforma l'articolo 8 dello statuto, sancendo e valorizzando le nuove funzioni di programmazione nonché le funzioni amministrative nelle materie in cui ha potestà legislativa la regione a norma degli articoli 4 e 5, in conformità con i principi costituzionali e statutari.
L'articolo 4 modifica l'articolo 11 dello statuto, stabilendo che “gli enti di area vasta sono titolari di funzioni amministrative proprie, individuate con legge regionale, e di quelle conferite con legge regionale”. La disposizione riprende quanto previsto dall'articolo 118, secondo comma, della Costituzione, in base al quale: “I comuni, le province e le città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale (…)”.
L'articolo 5 sostituisce interamente il quarto comma e abroga il quinto comma dell'articolo 12 dello statuto, stabilendo come la legge su forma di governo e sistema elettorale regionale possa essere sottoposta a referendum regionale confermativo, in base alla disciplina prevista da apposita legge regionale. Non si mette, dunque, in dubbio la necessità di un referendum, ma il , i tempi, i presupposti e le modalità di svolgimento del referendum saranno determinati, al fine di evitare che una quota minoritaria di elettori possa svalutare la rappresentatività del consiglio regionale.
Con l'articolo 6 si riforma l'articolo 13 dello statuto, stabilendo che il consiglio regionale è composto da un numero fisso di 49 consiglieri, eliminando l'attuale previsione normativa che, al contrario, demandava al numero di abitanti la determinazione di tale cifra.
Con l'articolo 7 si interviene sull'articolo 54, prevedendo la possibilità per la regione di assegnare agli enti di area vasta una quota delle entrate regionali per garantire, dunque, il corretto funzionamento di tali enti.
Le modifiche statutarie proseguono con l'articolo 8, il quale sostituisce l'articolo 59 sull'ordinamento degli enti locali. La riforma del 2016, infatti, cambiò l'assetto delle competenze di questi ultimi. Inserendo anche gli enti di area vasta nello statuto, si vuole prevedere l'elezione diretta e la previsione in base alla quale spetta alla legge regionale disciplinare la prima istituzione, le circoscrizioni, le funzioni, la forma di governo e le modalità di elezione.
L'articolo 9 sopprime quelle disposizioni normative superate in attuazione della clausola di maggior favore di cui all'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 di riforma del Titolo V della parte II della Costituzione.
Infine, l'articolo 10 prevede ulteriori correzioni normative per armonizzare lo statuto in vista dell'introduzione degli enti di area vasta. Le province, voglio ancora sottolinearlo, per quanto parliamo di una regione piccola, sono enti indispensabili per la gestione e l'erogazione dei servizi. La riforma, infatti, dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia rappresenta un'opportunità per riequilibrare e ripristinare un assetto istituzionale che va ben oltre un semplice procedimento burocratico. Si configura come un elemento importante per riaffermare la nostra identità territoriale, valorizzando la diversità culturale, sociale ed economica della nostra regione e delle sue comunità locali.
In questo contesto di reintroduzione di questi enti territoriali, è nostro interesse attuare misure che permettano una gestione più autonoma dei servizi, facilitando un rapporto diretto e costruttivo con i cittadini. Non si tratta solo di una direzione verticale, tipica delle gerarchie istituzionali, ma anche di uno sviluppo orizzontale, creando una cintura di collegamento tra le diverse entità comunali e le autorità regionali. Questo ripristino è destinato a dare nuovamente voce alla politica e fungere da collegamento vitale tra le aree urbane e quelle interne, promuovendo una multilivello più inclusiva e capillare, garantendo maggiore efficienza, responsabilità e attenzione nell'interesse di tutti i cittadini del Friuli-Venezia Giulia.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, la deputata Simona Bordonali, che vi rinuncia. Ha facoltà di intervenire, in sede di replica, il rappresentante del Governo. Prego, Ministro Calderoli.
ROBERTO CALDEROLI,. Grazie, Presidente. Pochissime parole per ringraziare la relatrice e le deputate intervenute quest'oggi. Credo che questa modifica costituzionale rappresenti un'espressione di leale collaborazione fra Stato e regione, perché è un progetto di legge che nasce su iniziativa del consiglio regionale, modificato in Parlamento e che, fosse prevista o meno l'intesa, noi abbiamo chiesto il parere al consiglio regionale e dubito che questo Parlamento sarebbe andato avanti nel caso in cui quel parere fosse stato un parere contrario.
Credo sia auspicato e auspicabile il ritorno delle province, finalmente. Non c'era da sopprimerle o far passare la legge Delrio per rendersi conto di come servivano e funzionavano le province.
Si poteva fare qualcosa di più? Lo avrei fatto a titolo personale, però per me l'autonomia è sacra e, se viene dal Friuli, lo è ancora di più. Però, se dovevamo dire “rimettiamo le province”, chiamiamole province e non enti di area vasta, perché a me viene l'allergia . Ho l'orticaria ogni volta che qualcuno parla di enti di area vasta. Le cose hanno iniziato ad andar male proprio da quel punto lì.
Chiudo e, visto che ci sono esponenti del Friuli-Venezia Giulia, con “, onorevole De Monte” e “, onorevole Matteoni”.
NICOLE MATTEONI(FDI). Eh, no! no! è friulano!
ROBERTO CALDEROLI,. perché è friulano… forse in Venezia Giulia non lo apprezzano…
PRESIDENTE. Chi presiede è siciliano, quindi ha qualche problema.
Grazie Ministro Calderoli.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato alla parte pomeridiana della seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 505-A: Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, nonché al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 38, in materia di utilizzazione degli impianti sportivi scolastici da parte delle associazioni o società sportive.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Mauro Berruto.
MAURO BERRUTO, . Grazie, Presidente. Con grande piacere, abbiamo oggi l'esame della proposta di legge che reca modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 38, in materia di utilizzazione degli impianti sportivi scolastici da parte delle associazioni o società sportive.
Mi piace sottolineare, nel mio ruolo di relatore e di primo firmatario, che questa proposta di legge è stata esaminata naturalmente nella VII Commissione (Cultura) e che c'è stata una grande volontà per la quale ringrazio, nella fattispecie, la Sottosegretaria Frassinetti, che è stata anche protagonista di questo adattamento del testo in maniera che fosse solidamente accettabile, da parte sia del Ministero dell'Istruzione sia del Ministero per lo Sport. Il testo inizialmente presentato è stato poi modificato in Commissione mediante l'approvazione di due proposte emendative presentate da me, in qualità di relatore, in accordo con il Governo e - lo ribadisco - strutturando la stesura del testo in accordo con gli uffici legislativi del Ministero dell'Istruzione e del Ministero per lo Sport.
Venendo al contenuto della proposta di legge in esame, c'è un articolo unico che fondamentalmente sostiene il diritto alla pratica sportiva, che in quest'Aula abbiamo sancito il 20 settembre 2023 votando all'unanimità la modifica all'articolo 33 riguardante lo sport, che, quindi, ha bisogno di luoghi dove poter essere esercitata. Quindi, interveniamo sull'articolo del testo unico che fa riferimento all'utilizzo delle palestre scolastiche, naturalmente fatte salve tutte, e a qualsiasi esigenza delle scuole affinché siano usate non solo in orario curricolare - quello è fuori discussione - ma anche in orario extracurricolare in relazione ai progetti PTOF, Piano triennale dell'offerta formativa.
Che cosa succede con questo testo che, da oggi, incominciamo ad analizzare? Succede che il consiglio d'istituto si impegna a comunicare all'inizio del calendario scolastico - altro tema che creava qualche difficoltà alle società sportive, che, invece, hanno una stagione sportiva che inizia a settembre, in concomitanza con il calendario scolastico - ai proprietari delle palestre scolastiche, che sono i comuni e le province, tutte le attività che sono in orario extracurricolare, facenti riferimento alla scuola, e quelle ore sono naturalmente riservate alla scuola.
Tutto il resto supera un modello che ha creato tante discontinuità e anche tante ingiustizie, perché ovviamente era molto legato al parere vincolante del consiglio di istituto e quindi accadeva - e purtroppo accade ancora - che magari due comuni limitrofi avessero due indicazioni diverse: qualcuno, facente riferimento al consiglio d'istituto, che permetteva l'utilizzo delle palestre scolastiche in orario extracurricolare, poteva entrare nella palestra scolastica il pomeriggio e la sera e, magari, nel comune di fianco, laddove il consiglio d'istituto non permetteva l'ingresso, i cittadini, le cittadine e le società sportive di quel comune restavano fuori. Ripeto: cambia un po' la prospettiva da questo punto di vista.
Sottolineo due aspetti che credo siano importanti. Questa norma permetterà anche che le palestre scolastiche possano essere utilizzate nella stessa modalità, per esempio, nel periodo estivo, quando la scuola è chiusa; questo di nuovo facilita ovviamente il lavoro delle società sportive, perché in quei periodi naturalmente i ragazzi e le ragazze, che sono studenti, non vanno a scuola, perché la scuola è chiusa, e quindi paradossalmente hanno più tempo per potersi allenare o fare attività. Ma, per esempio, mi piace immaginare - interverremo anche con qualche ordine del giorno che proporremo al Governo - che possano essere sviluppati progetti che riguardano, per esempio, la cultura del movimento delle persone 65, che, magari, nelle ore mattutine del calendario scolastico, quando la scuola è chiusa, possano usare quei luoghi come centro nevralgico e farli diventare, in questa maniera, oltre a quello che già sono, della salute.
Aggiungo che viene normata anche la possibilità da parte di società sportive e associazioni di presentare progetti di manutenzione o di miglioramento delle strutture sportive e scolastiche ai proprietari, quindi i comuni e le province, che, se riconoscono la bontà di quel progetto di rigenerazione e di riqualificazione, possono riconoscere l'interesse pubblico e affidare la gestione gratuita dell'impianto per una durata proporzionalmente corrispondente al valore dell'intervento e comunque non inferiore ai 5 anni.
Si innesca anche un principio di collaborazione pubblico/privato che ha l'unico scopo di migliorare le strutture sportive e scolastiche. Ovviamente, ricordo che le strutture sportive e scolastiche sono luoghi pubblici e, quindi, è giusto e doveroso che siano accessibili - lo ripeto - senza incidere sui programmi e sui piani formativi delle scuole e che possano anche essere migliorate e manutenute con l'attenzione che di solito queste società hanno quando ottengono uno spazio dove poter svolgere la propria attività.
Credo che, insomma, questo passaggio possa naturalmente segnare una stagione nuova di collaborazione, così come è stato molto collaborativo l'iter che ci porta oggi ad avviare la discussione generale e - mi auguro - domani al voto finale, perché - ribadisco - agiamo nel perimetro di qualche cosa che questo Parlamento ha definito con un patto che risale a quel 20 settembre 2023, ovvero il riconoscimento da parte della Repubblica del valore educativo - quindi siamo totalmente nel perimetro scolastico -, del valore sociale e della promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme. Lo abbiamo siglato insieme.
Lo sport in questa legislatura ci ha permesso di fare diverse cose insieme su proposta della maggioranza e su proposta dell'opposizione come in questo caso. Credo che questa sia una delle azioni che, per quel momento di politica, che, ovviamente, è un momento molto alto, ma ha anche un aspetto un po' simbolico, possa essere una delle politiche - il passaggio dal singolare al plurale non è così marginale - cioè di quelle azioni che poi trasformano un principio sancito dalla Costituzione in qualche cosa che incide sulla vita dei cittadini e delle cittadine e in questo caso delle tantissime società sportive.
Chiudo, ricordando che ovviamente questa proposta di legge ottimizza l'utilizzo delle palestre scolastiche, ma non posso non ricordare - lo dicono tutte le ricerche e lo ha detto Sport e Salute recentemente - che quasi il 60 per cento delle scuole nel Paese non ha una palestra scolastica.
Quindi, ovviamente da una parte sono felice che quelle che ci sono, che purtroppo sono nella metà, più o meno, delle scuole del nostro Paese, vengano utilizzate in maniera razionale ed estensiva, ma naturalmente non possiamo - e torneremo su questo aspetto - non immaginare un futuro in cui sia normale in questo Paese che una scuola abbia la sua palestra, che sia una palestra con tutti i canoni di qualità che servono per fare l'attività di educazione motoria nella scuola, nell'orario curricolare, per fare le attività che la scuola propone negli orari extracurricolari, e naturalmente per essere a disposizione delle società e di chi quella palestra possa usarla anche al pomeriggio o alla sera per i propri allenamenti e per i propri progetti .
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire, se lo ritiene, la rappresentante del Governo, che si riserva.
È iscritta a parlare la deputata Gribaudo. Ne ha facoltà.
CHIARA GRIBAUDO(PD-IDP). La ringrazio, Presidente. Intanto, prima di iniziare consenta anche a noi, come gruppo del Partito Democratico, questa mattina, di ricordare il 7 ottobre, a due anni dal massacro di Hamas. Con dolore e con una condanna assoluta del terrorismo, vogliamo qui, oggi, ricordare le vittime e la situazione che ancora permane. Mi riferisco, naturalmente, agli ostaggi che ancora non sono stati liberati.
Noi rifiutiamo ogni forma di antisemitismo, e anche da qui lo vogliamo dire forte e chiaro, così come, però, siamo consapevoli che la pace non si ottiene con altra violenza. E allora è fondamentale continuare a perseguire un percorso, che avevamo iniziato anche in queste Aule nel 2015, con la creazione di momenti di concreta - io dico - politica in sostegno della proposta “due popoli, due Stati”. Solo così potrà davvero rinascere la speranza. Grazie, Presidente, per questo momento di ricordo .
Ora vengo alla proposta di legge a prima firma Berruto. Una proposta di legge, se volete - me lo consenta il relatore, nonché caro collega -, di apparente semplicità, ma che racchiude un significato profondo per il nostro Paese. Una proposta, se volete, di buonsenso, si sarebbe detto un tempo, ma strategica al contempo. In poche parole, si vogliono aprire le porte delle palestre scolastiche e trasformarle da luoghi d'uso saltuario e concesso in orario extracurricolare a discrezione dei consigli di istituto, a spazi invece di comunità.
Io voglio ringraziare - poi entrerò nel merito della proposta - il collega Mauro Berruto per aver presentato questa iniziativa, perché, se volete, è una scelta politica chiara e, di questi tempi, verrebbe da dire, anche coraggiosa. Ringrazio, però, anche il Governo e la maggioranza per l'attenzione che è stata dedicata alla collaborazione, che raccolgo essere stata svolta nella Commissione di competenza. Perché vede, Sottosegretaria, io credo che sia importante ricordare una cosa, lei è stata parlamentare e lo sa bene, e lo dico anche al Presidente: sarebbe utile utilizzare più e meglio il nostro ruolo di legislatori. Siamo qui perché vogliamo legiferare, possibilmente semplificando - come è questa norma, rendendola semplice -, ma dobbiamo poter svolgere il nostro lavoro proprio a servizio delle nostre comunità, dei cittadini, mentre invece troppo spesso - lo diciamo anche oggi - si usa lo strumento della fiducia e, troppo spesso, la discussione parlamentare viene mortificata. Invece oggi è un bell'esempio di come anche il Parlamento può e ancora deve agire la sua funzione legislativa, e io penso che questo andrebbe ricordato e, soprattutto, esercitato più spesso, perché anche noi siamo portatori di idee, di istanze, che possiamo e dobbiamo trasformare in leggi, che, come in questo caso, produrranno dei cambiamenti concreti nella vita reale delle persone.
E io credo sia una bella pagina quella che viene scritta oggi e che si concluderà con il voto finale di questa proposta, che mi auguro e sono convinta che avrà la totale unanimità della Camera - o, almeno, me lo auguro -, perché è fondamentale lavorare in questa direzione. Quindi, è importante lavorare in questo modo.
Una legge, dicevamo, breve, composta da un solo articolo e due commi, ma capace di incidere concretamente nella vita quotidiana di milioni di ragazze e di ragazzi in questo Paese, di famiglie e di migliaia di società sportive che combattono con questo problema da sempre. Noi oggi risolviamo un problema con questa norma. La proposta, che reca modifiche al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e al decreto legislativo n. 38 del 2021, a prima firma del collega Berruto, è il frutto di un lavoro approfondito, mi pare svolto insieme alla VII Commissione, in stretto raccordo con il Governo e con il mondo della scuola e dello sport.
Il cuore del provvedimento è in questo articolo unico, che persegue tre obiettivi chiari, ricordiamoli: in primo luogo, sostenere il diritto alla pratica sportiva attraverso un uso più razionale e continuativo degli impianti scolastici, che sono luoghi pubblici e che, a maggior ragione, dopo l'approvazione della modifica all'articolo 33 della Costituzione - come ricordava prima il collega e relatore Berruto - che riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva, non possono più restare così spesso inutilizzati.
Il secondo principio è semplificare le procedure amministrative di concessione. Parliamo spesso delle semplificazioni e delle sburocratizzazioni. Ecco, qui si fa, eliminando passaggi ridondanti e favorendo convenzioni snelle con i soggetti sportivi del territorio.
Il terzo principio è garantire la piena neutralità finanziaria dell'intervento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. E quindi non solo è di buonsenso, ma conviene anche al nostro Paese, oltre che ai destinatari di questa proposta.
In base a questa nuova disposizione, comuni e province, che sono i proprietari delle palestre scolastiche, sentite le istituzioni scolastiche interessate, metteranno a disposizione delle associazioni e delle società sportive gli impianti scolastici al di fuori dell'orario scolastico e delle attività extracurricolari previste dal Piano triennale dell'offerta formativa, nonché - fatto inedito e finalmente risolto - anche durante la pausa estiva tra la fine e l'inizio dell'anno scolastico.
Piccolo inciso: sappiamo come sempre di più le famiglie fanno fatica a gestire i figli, perché il calendario scolastico è ancora costruito sulla raccolta del grano, lo ribadisco ancora una volta in quest'Aula. Invece, siamo nel 2025, andrebbe ripensata la scuola - non fare demagogia e propaganda, ma questo sì che sarebbe utile - e sappiamo bene che servirebbero strutture o spazi estivi utili alle famiglie. Io mi auguro che questo possa anche servire ad abbassare un po' i costi alle famiglie, che quando riescono a mandare i propri figli ai centri estivi, anche perché non hanno alternative quando lavorano, se lavorano, possano giovarsi anche di questa proposta. Sarebbe un altro passo, ulteriore, molto utile per le famiglie di questo Paese.
Le convenzioni, dicevo, così stipulate, pongono in capo ai concessionari gli obblighi di gestione, cura pulizia e manutenzione ordinaria, garantendo che al termine di ogni utilizzo le strutture siano restituite in piena efficienza per la ripresa dell'attività didattica. In sintesi, si supera la necessità del previo assenso formale dei consigli di circolo o di istituto - procedura che, in molti casi, ha di fatto rallentato o bloccato l'apertura delle palestre, creando ingiustizie clamorose nel Paese -, mantenendo una doverosa interlocuzione con le istituzioni scolastiche, che restano ascoltate rispetto alle loro necessità nella definizione delle convenzioni, così come le società sportive che operano nei territori non dovranno più vedersi negato l'accesso a luoghi pubblici, dove si deve poter esercitare il diritto allo sport.
Il comma 2 interviene su un tema di grande impatto in termini di visione e sviluppo sia dell'attività sportiva, che della manutenzione delle, purtroppo, poche palestre scolastiche. Da oggi, le associazioni e le società sportive senza fini di lucro potranno presentare all'ente locale un progetto di rigenerazione, riqualificazione e ammodernamento dell'impianto sportivo scolastico. Qualora l'ente riconosca l'interesse pubblico dell'intervento, potrà stipulare una convenzione che preveda l'uso gratuito dell'impianto per un periodo proporzionale al valore dell'investimento, comunque non inferiore a cinque anni, anche qui in regime di neutralità finanziaria. Si tratta di un incentivo concreto a investire nel patrimonio sportivo scolastico, favorendo partenariati virtuosi pubblico-privati, senza costi aggiuntivi per lo Stato. Con la lettera si modificano e si integrano le disposizioni dell'articolo 6, comma 4, del medesimo decreto.
Viene precisato che le palestre, aree di gioco e impianti sportivi scolastici, compatibilmente con le esigenze didattiche e con le attività sportive della scuola, possano essere utilizzati da associazioni e società sportive dilettantistiche anche per lo svolgimento di sedute di allenamento e gare ufficiali. È una specificazione importante, che amplia e chiarisce le finalità d'uso, offrendo nuove opportunità per la pratica sportiva di base. Inoltre, al nuovo comma 4- stabilisce che i consigli di istituto o di circolo, al momento dell'approvazione o aggiornamento del piano triennale dell'offerta formativa, comunichino all'ente locale proprietario le attività che impediscono, anche parzialmente, l'utilizzo delle strutture sportive scolastiche.
Questo dovrà succedere entro il primo giorno del calendario scolastico, intervenendo su un altro problema storico: quello dei ritardi delle concessioni a società che iniziano la propria stagione sportiva a settembre. In questo modo la pianificazione - che è una gran bella parola, Presidente - delle attività scolastiche e l'utilizzo sportivo pomeridiano saranno finalmente coordinati, evitando sovrapposizioni, conflitti e ritardi che penalizzano tutti, soprattutto, lo ripeto, le famiglie, i ragazzi e le ragazze. Questa proposta di legge non nasce in astratto, risponde a una realtà concreta, e anche per questo ringrazio l'onorevole Berruto.
In Italia, secondo il rapporto dell'Osservatorio Valore Sport di The European House-Ambrosetti, rilanciato da Sport e Salute, quasi il 60 per cento degli edifici scolastici italiani non dispone di una palestra, con punte superiori al 75 per cento in alcune regioni del Mezzogiorno. È inimmaginabile e insopportabile che quelle che ci sono siano spesso chiuse o sottoutilizzate. Aprirle al territorio significa aprire spazi di sport, fatemi dire di salute, di socialità e di inclusione, soprattutto nei quartieri e nei comuni dove non esistono impianti sportivi comunali o privati; significa cioè, con questa proposta, contrastare la sedentarietà, che oggi è uno dei principali problemi di salute pubblica; significa favorire la partecipazione delle bambine e delle ragazze, che abbandonano l'attività sportiva in età adolescenziale più dei coetanei maschi; significa costruire alleanze educative tra scuola, famiglie, enti locali, associazioni sportive e Terzo settore; significa valorizzare l'idea, profondamente democratica, che la scuola non sia solo un luogo di istruzione, ma un presidio civico, che serve e che appartiene alla comunità.
Il provvedimento che oggi approda in Aula traduce questa visione in norme chiare, realistiche e sostenibili; non crea nuova burocrazia, ma la riduce; non impone oneri, ma genera opportunità e incoraggia la corresponsabilità tra pubblico e privato sociale, mantenendo la centralità della scuola e la tutela della sua funzione educativa; ed è, in fondo, un atto di fiducia nei dirigenti scolastici, negli amministratori locali, nei volontari, nei dirigenti delle associazioni sportive, nelle famiglie e nei cittadini, che riconoscono nello sport davvero un valore educativo e civile.
Infine, come Partito Democratico, noi pensiamo che lo sport sia un diritto e non un lusso: deve essere accessibile a tutte e a tutti, nei grandi centri urbani come nei piccoli comuni, nelle periferie come nei quartieri più serviti. La diffusione ancora, e meno male, delle scuole può risolvere almeno questo divario territoriale. Sappiamo bene come questo sia un Paese pieno di divari generazionali, di genere e geografici. Proviamo con questa proposta almeno a sanare questo divario territoriale e, speriamo, anche di genere proprio sullo sport.
È fondamentale, e per noi del Partito Democratico è centrale, che ogni bambino e ogni bambina possa avere la possibilità di fare sport indipendentemente dalle condizioni economiche della propria famiglia e dal luogo in cui è nato o nata. Questa è l'Italia che vogliamo costruire, un'Italia dove la politica torna a fare il proprio mestiere: ascoltare i bisogni reali delle persone e trasformarli in leggi che davvero migliorino la loro vita quotidiana .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Roscani. Ne ha facoltà.
FABIO ROSCANI(FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il mio sarà un breve intervento, che va, però, a sottolineare l'importanza della proposta di legge oggi in esame. Si tratta di una proposta di legge che è stata già definita e penso che, quando la politica ha la capacità, in qualche modo, di unirsi sotto un'unica bandiera nel sostenere delle battaglie giuste, cose che servono per le giovani generazioni, per la nostra scuola, per il valore dello sport, sia sempre una buona notizia e valga la pena sottolinearlo.
Ringrazio, quindi, il primo firmatario di questa proposta di legge, il collega Berruto, ringrazio la Sottosegretaria Frassinetti per il lavoro che il Governo ha fatto, insieme alla Commissione cultura, per giungere ad un testo condiviso, e il Ministro dello Sport.
La proposta di legge in esame - è già stato detto - è composta di un solo articolo e si occupa di utilizzazione degli impianti sportivi scolastici da parte delle associazioni e delle società sportive. Un testo che viene dalla sede referente della Commissione cultura, che ha avviato il suo lavoro in data 26 giugno, che poi si è concluso con l'approvazione di due proposte emendative in data 1° ottobre. In particolare, le modifiche sono apportate al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, nonché al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 38.
Queste modifiche stabiliscono che gli enti locali, attraverso apposite convenzioni e sentite le istituzioni scolastiche, mettano a disposizione di società e associazioni sportive gli impianti scolastici e le relative attrezzature al di fuori dell'orario scolastico e delle attività extracurricolari previste dal piano triennale di offerta formativa, nonché durante la sospensione estiva delle lezioni, senza la necessaria attuale previa acquisizione - prevista, invece, in via ordinaria per l'utilizzo della generalità degli altri spazi scolastici - dell'assenso dei consigli di circolo o di istituto.
Restano in capo ai concessionari gli obblighi di gestione, cura e pulizia, nonché quelli necessari a garantire la funzionalità degli impianti. La proposta di legge interviene anche, come detto, sul decreto legislativo n. 38 del 2021, al fine di introdurre la possibilità, per le associazioni e società sportive senza fini di lucro, di presentare agli enti locali i progetti di rigenerazione, riqualificazione o ammodernamento degli impianti sportivi scolastici.
In caso di riconoscimento dell'interesse pubblico del progetto, l'ente locale stipula una convenzione che attribuisce l'uso gratuito dell'impianto per un periodo proporzionale al valore dell'intervento. Si precisa, inoltre, che la disposizione che impone che le palestre, le aree di gioco e gli impianti sportivi scolastici siano messi a disposizione delle associazioni e società sportive dilettantistiche stanziate sul territorio comunale o limitrofo si applichi anche con riferimento allo svolgimento, da parte di tali associazioni o società, delle sedute di allenamento e delle gare ufficiali.
In ultimo, si prevede che, per l'utilizzo delle strutture sportive scolastiche da parte delle società sportive e in generale, i consigli di istituto o di circolo, in occasione dell'approvazione e dell'aggiornamento del piano triennale dell'offerta formativa, comunichino all'ente locale proprietario le attività sportive scolastiche, anche extracurricolari, che impediscono, anche solo parzialmente, tale utilizzo. Questo per dire che è una proposta di legge sicuramente semplice, una proposta di legge breve, ma che incide fortemente sul ritrovato valore, diciamo così, dello sport anche all'interno di spazi pubblici come le nostre scuole.
Una proposta di legge che potrà incoraggiare in maniera virtuosa quel rapporto tra pubblico e privato, e che consentirà anche un ammodernamento degli impianti già esistenti. Pensiamo che questa proposta di legge vada ad inserirsi nella cornice più ampia che questo Parlamento ha avuto anche in questa XIX legislatura, la capacità di approvare quella modifica all'articolo 33 della Costituzione che inserisce il diritto allo sport nella nostra Carta costituzionale, e che quindi va a insistere su quella fruizione del diritto allo sport per le giovani generazioni e non solo, e che racconta anche di una visione della scuola al centro delle nostre comunità.
Una scuola che sia davvero capace di mettere insieme i nostri territori e di poter essere, anche e soprattutto, un luogo di aggregazione sociale, culturale, valoriale e sportiva all'interno delle nostre comunità. Un passo che si inserisce, quindi, in questa cornice, che va in questa direzione e che ci vede assolutamente favorevoli nel continuare questa strada intrapresa.
È un bel segnale il fatto che la politica questa strada la stia percorrendo insieme, capace, quindi, di mettere nero su bianco delle proposte che incideranno davvero in maniera concreta sulla vita dei nostri istituti scolastici, sulla vita degli studenti e su un ritrovato valore dello sport nella nostra Nazione, usciti fuori da quella cultura che prevedeva - diciamo così - lo sport visto soltanto come l'ora di educazione motoria che serviva per ripassare la materia dell'ora successiva. Ecco, stiamo proseguendo su questo cambiamento, su un'attenzione importante che il Governo ha voluto dare allo sport. Potrei ricordare tanti provvedimenti e ne ricordo uno a beneficio delle giovani generazioni: l'istituzione e il finanziamento delle borse al merito sportivo e il rafforzamento del programma “Studente-atleta”.
Anche questo provvedimento si inserisce, ovviamente, in tale visione e crediamo che sia davvero la strada giusta per dare onore al merito a quella modifica costituzionale che abbiamo ricordato tutti e che davvero ha segnato un passo fondamentale per questa legislatura, per la politica, ma per tutta la Nazione .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gaetano Amato. Ne ha facoltà.
GAETANO AMATO(M5S). Grazie, Presidente. Anche noi del MoVimento 5 Stelle vogliamo ricordare quel tragico e infame 7 ottobre, però nello stesso tempo noi vogliamo anche ricordare le decine di migliaia di vittime che si sono succedute a quel giorno - ripeto - infame a causa della reazione esagerata ed esasperata di Netanyahu e di Israele, che hanno tolto il diritto di vivere a 60.000 persone, civili, bambini, anche perché, Presidente, il diritto non vale fino a un certo punto. Il diritto è diritto e ancora adesso Netanyahu sta continuando con le sue azioni di guerra, che noi speriamo terminino al più presto, vista l'apertura che c'è stata da parte di Hamas, per raggiungere finalmente una pace con “due popoli e due Stati”.
Detto questo, entriamo nel merito della proposta presentata dal collega Berruto, una proposta meritoria. Sono stati citati dei dati: sei scuole su dieci mancano di attrezzature sportive. Vede, Presidente, le racconto un aneddoto. Io sono stato un docente di educazione fisica e mi ricordo - insomma, ho cominciato a insegnare oltre 45 anni fa, quindi sembra tutta un'altra epoca - che quando facevamo educazione fisica e ci servivamo della corte dei palazzi dove erano ospitate le aule, perché erano all'interno di fabbricati per civili abitazioni, c'era il sorvegliante di turno, perché quando i ragazzi facevano una partita di pallavolo o si esercitavano con la pallacanestro uno di loro doveva rimanere fuori e doveva guardare in alto se la signora del piano alto - il collega Berruto mi guarda e mi fa sorridere su questo, ma vi assicuro che è vero - gettava un secchio d'acqua. Quindi, alla voce: “via!” scappavano tutti, cadeva l'acqua e si riprendeva a fare le esercitazioni.
Dicevo, proposta meritoria quella del collega Berruto, che mette in risalto la necessità, appunto, di dare una spinta maggiore allo sport, una spinta a un'attività che spesso - sempre più spesso - riesce a togliere i ragazzi dalla strada. Il fatto di poter utilizzare delle palestre laddove ci sono - infatti, come dicevo, sei istituti su dieci non hanno la palestra e questo accade particolarmente nel Meridione - dovrebbe essere di sprone anche per il Governo, per questo Governo, a dotare quante più scuole possibili di luoghi adatti a svolgere attività sportiva.
Nei tre mesi estivi - ma non solo quelli -, nei pomeriggi e nelle sere sarebbero, poi, i luoghi usati da sport non ricchi: parliamo di pallavolo, parliamo di pallacanestro, parliamo delle attività che si possono fare all'interno di una palestra. Si aiuterebbero società dilettantistiche, che non sempre hanno a disposizione cifre per affittare il palazzetto o per spostarsi o per allestire un campo dove poter poi svolgere la loro attività, sia di allenamento sia di partite ufficiali. Se ogni città e ogni squadra riuscissero ad avere una sede propria dove poter svolgere la propria attività senza dover prendere i pullman, le auto e spostarsi nei paesi vicini, dove, appunto, c'è la possibilità di utilizzare un campo di pallavolo, un campo di pallacanestro o un luogo dove fare ginnastica artistica, questo servirebbe molto alle nostre comunità. Servirebbe molto a togliere dalla strada quei ragazzi che, finito l'orario scolastico, spesso - e particolarmente al Sud - invadono le strade, strade che poi possono portare in qualsiasi direzione, non solo in quelle favorevoli alla società civile.
Avere un'opportunità di frequentare gruppi sportivi, squadre - ripeto - di pallavolo o di pallacanestro, quindi sport di squadra, porta a rispettare le regole, porta ad abituarsi ad avere un comportamento che vada d'accordo con chi è insieme a noi in quel momento e questo si ripercuote, poi, nella società civile. Quindi, noi ci auguriamo, ovviamente, che il Governo possa prendere spunto proprio da questa proposta di legge, che ha visto tutti favorevoli, maggioranza e opposizione, per poter pensare a come poter dotare - e lo dico alla Sottosegretaria - quei sei su dieci in cui mancano luoghi per l'attività sportiva e magari anche di posti comuni di cui usufruire .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore Berruto, che vi rinuncia.
Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, che vi rinuncia.
Il seguito del dibattito è dunque rinviato alla parte pomeridiana della seduta.
Si è così concluso lo svolgimento delle discussioni sulle linee generali. Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 95, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Achille Enoc Mariano, già membro della Camera dei deputati nella XII legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 10 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Soumahoro. Ne ha facoltà.
ABOUBAKAR SOUMAHORO(MISTO). Grazie, Presidente. Presidente, con questo intervento vorrei chiedere un'informativa della Ministra del Lavoro, perché in questi giorni vi è stata una strage di braccianti nel nostro Paese. Sei braccianti invisibili sono morti sul lavoro, avevano un nome: Singh Jaskaran, 20 anni; Singh Surjit, 33 anni; Singh Harwinder, 31 anni; Kumar Manoj, 34 anni. Presidente, sono gli ennesimi morti sul lavoro, ma, in particolar modo, è l'ennesima strage di braccianti invisibili, impegnati nella raccolta della verdura e della frutta nel nostro Paese.
A tal proposito, Presidente, restando convinto che gli organi competenti faranno il loro lavoro, vorrei qui sottolineare, Presidente, che il tema della sicurezza sul lavoro, il tema del trasporto, è stato all'ordine del giorno di una mia proposta proprio in quest'Aula, una proposta nella quale chiedevo di garantire, di istituire nel nostro Paese, lungo la filiera agricola, il servizio di trasporto, da una parte per tutelare i braccianti dal ricatto dei caporali, dall'altra parte per garantire la sicurezza sul lavoro, per quanto può verificarsi in una situazione di incidente .
Presidente, andando a concludere, questa proposta fu bocciata dal Governo. Qui siamo di nuovo dinanzi ad altre stragi. Probabilmente, assumendo un'iniziativa del genere, vi è la possibilità di prevenire determinate situazioni, quali quelle delle morti sul lavoro o dei morti sul lavoro durante il tragitto da e per il lavoro o, comunque, dal lavoro fino al luogo di dimora. Ricordiamoli oggi, vuol dire dargli un nome; ricordarli oggi, questi invisibili, vuol dire assumere provvedimenti, iniziative.
In questo caso - Presidente, concludo - il Governo, tutta l'Aula, tutto questo Parlamento deve assumere una responsabilità comune e collettiva, perché salvare un solo bracciante invisibile vuol dire salvare un esercito di lavoratrici e lavoratori impegnati a garantire ciò che oggi viene chiamato in Italia e nel mondo il
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, la deputata Guerra. Ne ha facoltà.
MARIA CECILIA GUERRA(PD-IDP). Grazie, Presidente. Ci associamo alla richiesta avanzata dall'onorevole Soumahoro. Il tema è molto importante sotto diversi profili. C'è un profilo di tipo generale: sappiamo che gli incidenti sul lavoro sono una piaga del nostro sistema, e lo sono, in particolare, proprio gli incidenti ; quindi c'è un problema specifico, che va affrontato con strumenti idonei. Ma in questo caso il tema merita ancora di più la nostra attenzione, come già, ovviamente, la meriterebbe per le morti che questo incidente gravissimo ha causato, perché, quando ne abbiamo parlato tanti anni fa e abbiamo fatto una legge, una legge sul caporalato, uno dei temi che abbiamo sollevato è proprio il fatto che molto spesso queste forme illegali, l'intermediazione di manodopera, si appoggiano su carenze effettive, vere, rispondono a una domanda che esiste e che non trova una risposta.
Nella nostra legge sul caporalato si ponevano problemi, come quello della costruzione di un sistema di incontro fra domanda e offerta che non passasse per la messa all'asta dei posti fatti in luoghi non idonei. da soggetti non idonei, e, molto segnatamente, questo tema del trasporto, perché è evidente che ci sono soggetti - non sono in grado di dire esattamente quali sono le responsabilità ovviamente in questo specifico incidente, su cui indagherà la procura - che organizzano trasporti non idonei, sostituendosi a una carenza di servizio pubblico, per portare i lavoratori che, nella generalità dei casi, sono lavoratori immigrati, che vengono considerati un po' come l'ultimo anello della catena, spesso sfruttati, con orari di lavoro assolutamente indegni e, poi, ospitati in case - le chiamo case, in capanni - assolutamente inadatte alle persone.
Però, dicevo, vengono trasportati in modo inidoneo proprio per la mancanza di un servizio pubblico che permetta loro, lavoratori, di raggiungere il luogo di lavoro. Quindi questo incidente, nella sua gravità, deve far accendere a tutti quanti un faro su queste problematiche. La domanda che noi vogliamo fare alla Ministra del Lavoro è, a partire da questo incidente, una verifica rispetto alle condizioni di lavoro delle persone nelle campagne e alla mancata compiuta attuazione della legge sul caporalato .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, la deputata Onori. Ne ha facoltà.
FEDERICA ONORI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Vorremmo unirci a questa richiesta di informativa alla Ministra del Lavoro, perché il tema che i miei colleghi hanno sollevato è di assoluta pertinenza e di assoluta priorità. In particolare, l'idea di cercare proposte concrete per affrontare l'aspetto del trasporto legato all'attività agricola, ai tanti lavoratori impiegati nel settore agricolo, dovrebbe essere una direzione di lavoro; un lavoro fatto tutti insieme, però. Auspichiamo davvero che finalmente, dopo 3 anni - perché finora dobbiamo dire che non abbiamo visto sforzi concreti in questa direzione, e quella del caporalato è una delle ferite più profonde del nostro Paese -, la Ministra possa intervenire in un modo da far presente anche il lavoro delle opposizioni e poter lavorare e riflettere tutti insieme su direzioni concrete.
Ad esempio, quella del trasporto, ripeto, potrebbe essere una di queste, andando banalmente ad implementare, a migliorare e ad efficientare la parte di trasporto pubblico locale legata a quelle tratte che, è risaputo, sono le tratte interessate dai lavoratori del settore agricolo, magari specificatamente in alcune fasce orarie. Questo permetterebbe di sottrarre l'ennesimo potenziale a un altro tipo di caporalato che potrebbe evidentemente poi introdursi, che è quello delle corse autobus in un settore e in alcune aree.
Vorrei anche dire che non è soltanto il Sud, non è soltanto il Centro, ormai l'Italia, da questo punto di vista, purtroppo, è abbastanza unita, come anche i settori: non c'è più una divisione netta in settori, tra settori in cui il caporalato viene molto impiegato e settori in cui questo è assente. Voglio fare un esempio: il settore agricolo è sicuramente il primo che abbiamo in mente, ma c'è anche il settore edile, dove noi riscontriamo sempre più presenza di lavoratori reclutati attraverso i processi e le dinamiche del caporalato.
Finalmente allora, forse, dopo tre anni, è giunto il tempo che la Ministra Calderone si prenda la responsabilità di questo tema, non lo lasci semplicemente a dichiarazioni di intenti e proviamo tutti insieme a cercare delle soluzioni, perché il Paese non si aspetta niente di meno .
PRESIDENTE. Non ci sono altri interventi sull'ordine dei lavori su questa materia, quindi lasciamo la parola al deputato Cappelletti per una richiesta di informativa. Ne ha facoltà.
ENRICO CAPPELLETTI(M5S). Grazie, Presidente. Sì, è per chiedere un'informativa urgente al Ministro Urso e al Ministro Tajani per competenza, perché questi nuovi dazi minacciati o promessi dagli Stati Uniti sono fonte per noi di grande preoccupazione. Infatti, vanno ad aggiungersi alla tariffa unica del 15 per cento, che non era l'unica ad aver fatto perdere competitività alle nostre imprese in quel mercato, ma che andava ad aggiungersi ulteriormente alla svalutazione del dollaro nei confronti dell'euro.
Come se tutto questo non bastasse, ora arrivano ulteriori minacce di dazi sui settori che sono proprio quelli tipici del . Glieli cito: parliamo dell'agroalimentare, con questo rischio super dazio addirittura sulla pasta italiana, ma pensiamo anche al mobile e all'arredamento che è un fiore all'occhiello dell' del nostro Paese nel mondo; pensiamo alla cosmetica, pensiamo alla meccanica, pensiamo all', pensiamo alla farmaceutica che è un settore strategico e in crescita.
Eppure, signor Presidente, la propaganda di “Tele Meloni”, solo fino a qualche mese fa, dipingeva la Premier come un pontiere autorevole e credibile che, grazie ai rapporti privilegiati con Trump, avrebbe evitato ogni difficoltà alle aziende del nostro Paese.
La verità ora pare che sia completamente opposta. Per evitare i dazi, la Premier Meloni si è innanzitutto impegnata ad acquistare costosissimo GNL americano e, non a caso, a luglio, Meloni faceva annunciare ad ENI un contratto di acquisto di 2 milioni di tonnellate all'anno, per vent'anni, di GNL americano. Nei primi sei mesi del 2025, l'Italia ha già raddoppiato gli acquisti di gas dagli Stati Uniti.
La Presidente Meloni ha insomma scambiato i dazi con l'aumento delle bollette e, quindi, aumentano le difficoltà a competere delle nostre aziende.
Come se questo non bastasse, si è poi impegnata a portare al 5 per cento gli acquisti in armi, i quali non vanno tutti negli Stati Uniti, ma - sappiamo dai dati che ci arrivano da Confindustria - l'80 per cento di questo 5 per cento va nel mercato americano.
Come se non bastasse tutto questo, si è anche impegnata, per non avere l'aumento dei dazi, a non applicare la ai giganti USA dal , per cui adesso abbiamo le aziende italiane che pagano il 40-45 per cento di imposizione fiscale e devono competere con i giganti del degli Stati Uniti che pagano il 2-3 per cento, grazie all'elusione fiscale.
A cosa è servito tutto questo? A cosa sono serviti tutti questi sacrifici? Le dico che l'unico risultato tangibile ottenuto dalla Premier pare sia stata la prefazione del figlio del Presidente degli Stati Uniti alla sua biografia che, attualmente, è in vendita negli scaffali negli Stati Uniti. Questo è l'unico risultato che ha portato a casa, perché nonostante tutti i sacrifici che sono stati imposti alle aziende nel nostro Paese, l'Amministrazione Trump continua a minacciare nuovi dazi.
Non è solo questo: l'Amministrazione Trump non esita anche a ricordarci, quasi quotidianamente, quelli che sono i nostri obblighi di Paese aderente alla NATO. Forse sarebbe giunto il momento di ricordare all'Amministrazione Trump anche che cosa è contenuto e che cosa prevede l'articolo 2 del Patto NATO. Prevede questo: “Le parti (…) si sforzeranno di eliminare ogni contrasto nelle loro politiche economiche internazionali e incoraggeranno la cooperazione economica”. È esattamente l'opposto di quello che stanno facendo. Quindi, l'Amministrazione USA, da una parte, richiede al nostro Paese di rispettare il patto, dall'altra, chiede l'esecuzione solo di quello che conviene.
Probabilmente è giunta l'ora di guardare anche altrove, di guardare anche ad altri mercati, di guardare per esempio la Cina e l'India che, da sole, fanno un mercato da 3 miliardi di persone. Noi del MoVimento 5 Stelle ci avevamo pensato...
ENRICO CAPPELLETTI(M5S). Concludo. Basta, Presidente, con i ricatti: è arrivato il momento di voltare pagina. Venga urgentemente il Ministro in Aula. Noi lo attendiamo con tutte le nostre proposte .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, la deputata Forattini. Ne ha facoltà.
ANTONELLA FORATTINI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Ci uniamo alla richiesta di informativa urgente al Ministro Urso, ma aggiungo anche al Ministro Lollobrigida, in quanto i dazi rappresentano una vera e propria sciagura per il nostro Paese e, ad oggi, non abbiamo risposte da questo Governo.
Anzi, abbiamo un Ministro del Governo che dice che i dazi americani possono essere un'opportunità, mentre oggi abbiamo le nostre aziende seriamente preoccupate rispetto alle esportazioni e la pasta rappresenta una di quelle merci che oggi devono essere tutelate. Lo chiedono gli imprenditori stessi, che stanno decidendo se esportare la propria produzione in altri Paesi, perché non vedono nessuna tutela.
Anche le linee di intervento per la futura legge di bilancio non contengono, nel Documento di programmazione, alcunché rispetto ai dazi e, pertanto, chiediamo ai Ministri di venire in Aula a riferire rispetto a quelle che possono essere le misure da mettere in atto per salvaguardare il .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Conte ed altri n. 1-00445, Boschi ed altri n. 1-00487, Orfini ed altri n. 1-00488, Mollicone, Latini, Tassinari, Cavo ed altri n. 1-00489 e Piccolotti ed altri n. 1-00492 concernenti iniziative per il finanziamento del settore del cinema e dell'audiovisivo .
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 15 settembre 2025, sono state presentate le mozioni Boschi ed altri n. 1-00487, Orfini ed altri n. 1-00488, Mollicone, Latini, Tassinari, Cavo ed altri n. 1-00489 e Piccolotti ed altri n. 1-00492, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.
Avverto, infine, che è stata da ultimo presentata la mozione Grippo ed altri n. 1-00496 . Il relativo testo è in distribuzione.
PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo, Sottosegretario Mazzi, ha facoltà di intervenire esprimendo altresì il parere sulle mozioni presentate.
GIANMARCO MAZZI,. Grazie, Presidente. Chiama lei le mozioni o vado in autonomia per i pareri?
PRESIDENTE. Cominciamo dalla mozione Conte ed altri n. 1-00445.
GIANMARCO MAZZI,. Il parere è contrario su tutte le premesse; sull'impegno 1) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a contrastare le pratiche di abuso e spreco di denaro pubblico e a continuare ad adottare iniziative volte ad introdurre maggiori controlli sulle documentazioni”; sugli impegni 2), 3) e 4) il parere è contrario; sull'impegno 5) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare ad adottare iniziative di competenza volte ad introdurre anche meccanismi che favoriscano la equa distribuzione del lavoro e di premialità per l'equilibrio di genere”; sull'impegno 6) il parere è contrario.
Sull'impegno 7) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare ad adottare ogni ulteriore iniziativa volta a stimolare la crescita economica e occupazionale del settore ed incrementare l'attrattività culturale del Paese”.
PRESIDENTE. Passiamo alla mozione Boschi ed altri n. 1-00487.
GIANMARCO MAZZI,. Sulla mozione Boschi ed altri n. 1-00487 il parere è contrario su tutte le premesse. Sull'impegno 1) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare ad adottare iniziative volte a salvaguardare il comparto, gli operatori, i professionisti e i canali di distribuzione, assicurando continuità produttiva e occupazionale lungo l'intera filiera”.
Sull'impegno 2) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare ad adottare iniziative volte a investire nel settore cinematografico e audiovisivo, garantendo il pluralismo e l'imparzialità dell'azione amministrativa, fondando l'allocazione delle risorse su criteri predeterminati nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato”.
Sull'impegno 3) il parere è contrario.
Sull'impegno 4) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a implementare gli strumenti adottati per garantire la trasparenza dei processi decisionali relativi all'erogazione dei contributi, nonché la diffusione in delle principali informazioni su risorse impegnate e liquidate”.
Sull'impegno 5) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare ad adottare misure efficaci di verifica sull'utilizzo dei contributi mediante controlli ed , tracciabilità delle spese, eventuale recupero delle somme indebitamente percepite, favorendo i nuovi talenti e sostenendo il pluralismo artistico”.
Sull'impegno 6) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare ad adottare iniziative di competenza volte a garantire il sostegno finanziario delle sale cinematografiche e incentivare investimenti atti a salvaguardare la loro natura di luoghi di comunità, sia attraverso il ripensamento dei cinema alla luce delle nuove tecnologie, sia favorendo la portata sociale degli stessi, incentivando e sviluppando forme di cooperazione con le scuole, università, centri di formazione e strutture sanitarie e con le realtà sociali impegnate nel perseguimento di finalità di interesse generale”.
Sull'impegno 7) il parere è contrario.
PRESIDENTE. Passiamo alla mozione Orfini ed altri n. 1-00488.
GIANMARCO MAZZI,. Sulla mozione Orfini ed altri n. 1-00488 il parere è contrario su tutte le premesse.
Sugli impegni 1) e 2) il parere è contrario.
Sull'impegno 3) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a promuovere iniziative a tutela e sostegno del comparto cinematografico in tutta la sua evoluzione tecnologica”.
Sull'impegno 4) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a promuovere il sostegno e la rigenerazione delle sale cinematografiche, riconoscendone il ruolo strategico come spazi di fruizione culturale, coesione sociale e presidio territoriale, anche alla luce delle trasformazioni digitali e delle nuove modalità di consumo audiovisivo”.
Sull'impegno 5) il parere è contrario.
Sull'impegno 6) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare ad attuare politiche di sostegno dei livelli occupazionali dell'industria cinematografica e per l'intera filiera culturale, a sostegno di una politica di cultura fruibile ed autonoma”.
Sugli impegni 7) e 8) il parere è contrario.
Sull'impegno 9) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a valorizzare, nell'ambito delle politiche di sostegno al settore audiovisivo, le produzioni indipendenti”.
Sull'impegno 10) il parere è contrario.
PRESIDENTE. Passiamo alla mozione Mollicone, Latini, Tassinari, Cavo ed altri n. 1-00489.
GIANMARCO MAZZI,. Sulla mozione Mollicone, Latini, Tassinari, Cavo ed altri n. 1-00489 il parere è favorevole su tutte le premesse e su tutti gli impegni.
PRESIDENTE. Passiamo alla mozione Piccolotti ed altri n. 1-00492.
GIANMARCO MAZZI,. Sulla mozione Piccolotti ed altri n. 1-00492 il parere è contrario su tutte le premesse.
Sugli impegni 1), 2) e 3) il parere è contrario.
Sull'impegno 4) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare ad adottare tutte le iniziative necessarie per favorire la tutela e la diffusione della cultura cinematografica”.
PRESIDENTE. Passiamo alla mozione Grippo ed altri n. 1-00496.
GIANMARCO MAZZI,. Sulla mozione Grippo ed altri n. 1-00496 il parere è contrario su tutte le premesse.
Sugli impegni 1), 2), 3) e 4) il parere è contrario.
Sull'impegno 5) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a consentire che il credito d'imposta possa essere reinvestito, favorendo così la continuità produttiva e la programmazione industriale”.
Sugli impegni 6), 7) e 8) il parere è contrario.
Sull'impegno 9) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a garantire, tramite il portale unico digitale già attivo presso la Direzione generale cinema e audiovisivo, la presentazione delle domande da parte delle produzioni, con assistenza e tracciamento delle pratiche”.
Sull'impegno 10) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a implementare gli strumenti adottati per garantire la trasparenza dei processi decisionali relativi all'erogazione dei contributi, nonché la diffusione in delle principali informazioni su risorse impegnate e liquidate”.
Sugli impegni 11) e 12) il parere è contrario.
Sull'impegno 13) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a rafforzare i controlli così da prevenire frodi e irregolarità”.
Sull'impegno 14) il parere è contrario.
Sull'impegno 15) il parere è favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di promuovere adeguatamente percorsi di formazione continua e aggiornamento professionale, con particolare riferimento alle nuove tecnologie di produzione e -produzione (VFX, e intelligenza artificiale)”.
Sull'impegno 16) il parere è favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di monitorare e pubblicare annualmente indicatori disaggregati per segmento (/, produzione, , distribuzione, esercizio), distinguendo tra dipendenti, autonomi e intermittenti, così da consentire interventi mirati e verificabili”.
Sull'impegno 17) il parere è contrario.
Sull'impegno 18) il parere è favorevole con riformulazione: “a valutare l'opportunità di favorire ricerca e sviluppo di filiera, sostenendo l'adozione di tecnologie innovative”.
Sull'impegno 19) il parere è contrario.
Sull'impegno 20) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare ad adottare iniziative di competenza volte a garantire il sostegno finanziario delle sale cinematografiche e incentivare investimenti atti a salvaguardare la loro natura di luoghi di comunità, sia attraverso il ripensamento dei cinema, alla luce delle nuove tecnologie, sia favorendo la portata sociale degli stessi, incentivando e sviluppando forme di cooperazione con le scuole, università, centri di formazione e strutture sanitarie e con le realtà sociali impegnate nel perseguimento di finalità di interesse generale”.
Sull'impegno 21) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a valorizzare, nell'ambito delle politiche di sostegno al settore audiovisivo, le produzioni indipendenti”.
Sull'impegno 22) il parere è contrario.
Sull'impegno 23) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a fondare l'allocazione delle risorse destinate al finanziamento delle opere cinematografiche e audiovisive su criteri predeterminati”.
Sugli impegni 24) e 25) il parere è contrario.
PRESIDENTE. Prima di passare alle dichiarazioni di voto, ha chiesto di parlare, sull'ordine lavori, il presidente Fornaro. Ne ha facoltà.
FEDERICO FORNARO(PD-IDP). Grazie, Presidente. Ringrazio il Sottosegretario: chiederemmo, però, la cortesia di avere i testi delle riformulazioni, che sono state molto ampie e numerose, in modo da poter fare una valutazione più attenta.
PRESIDENTE. Sarà nostra cura provvedere alla distribuzione dei testi letti dal Sottosegretario.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, il deputato Roberto Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Grazie, signor Presidente. Il comparto del cinema e dell'audiovisivo in Italia sta attraversando oggi un momento di difficoltà, dovuto a scelte molto discutibili e in larga misura dannose da parte dell'attuale Governo. Sarebbe quasi inutile ricordare che il settore rappresenta una delle eccellenze italiane e, come tale, ha bisogno di un'impostazione a tutto campo, che tenga conto della duplice funzione di natura culturale e sociale, in ossequio ai principi dell'espressione plurale delle varie anime della società e di quella strategica in termini produttivi, con ritorni sul piano economico e occupazionale rispetto a tutto ciò che attiene al cinema inteso come industria.
Questa è una premessa del tutto pleonastica - lo so -, ma ci pare, invece, assolutamente necessaria se si considera quale sia l'attuale stato di salute del cinema e dell'audiovisivo in Italia.
Non così buono se è vero che, soprattutto nell'ultimo anno, abbiamo assistito a numerose manifestazioni da parte delle principali associazioni di categoria, che più volte hanno chiesto di aprire un confronto con il Governo per sbloccare una situazione di stallo dovuta, in primo luogo, a ritardi con cui si è intervenuti sul piano normativo nell'ambito del Fondo cinema, con conseguenze evidenti per quanto riguarda la definizione di strategie e programmazione.
Tutto ciò va esattamente in controtendenza rispetto alla necessità di trattare la materia come meriterebbe, cioè come un economico e culturale portante, su cui l'investimento strategico è definito da un quadro normativo stabile, chiaro, trasparente; un impianto indispensabile per sostenere il settore nella sua interezza e, parallelamente, per incentivare attività e investimenti, così come per aprire e rendere maggiormente appetibile il Paese anche alle produzioni straniere. Ma questa cornice organica esisteva già e funzionava, al netto di correttivi e migliorie che una norma di dieci anni fa potrebbe comunque prevedere. Parliamo, infatti, di una riforma varata dal Governo Renzi che, con la legge n. 220 del 2016, ha ridefinito il sistema nazionale di sostegno per il settore; ha allargato lo spazio di copertura dell'intervento pubblico; ha separato dal FUS le risorse per l'audiovisivo, con la creazione di un Fondo per lo sviluppo degli investimenti con finanziamenti di partenza stabili e proporzionali alle entrate Ires e IVA, ma soprattutto con un meccanismo di incentivi fiscali che andassero effettivamente a promuovere l'attività, con un occhio di riguardo soprattutto ai registi esordienti e ai giovani talenti.
Tutto ciò, dati alla mano, ha avuto ricadute positive, soprattutto nel triennio immediatamente successivo all'emanazione della legge… cioè, siamo in cinque , se almeno tre se ne uscissero dall'Aula, non sarebbe male, noi non ci teniamo particolarmente. Tutto ciò, dati alla mano - dicevo, Presidente -, ha avuto ricadute positive, soprattutto nel triennio immediatamente successivo all'emanazione della legge, consentendo, quindi, una crescita del settore tanto sul piano economico quanto su quello occupazionale.
Il in particolare, si è rivelato uno strumento di importanza strategica, direi quasi vitale, per la nostra industria cinematografica, eppure il Governo ha ritenuto opportuno metterci le mani - malamente, ovviamente - modificando le aliquote e il sistema d'accesso. Pensiamo solo agli incentivi fiscali: sono passati dai 541 milioni del 2023 ai 412 del 2024, significa un taglio secco di quasi 130 milioni; taglio che non viene in alcun modo coperto nemmeno dai contributi selettivi, che sono aumentati solo di 37 milioni.
Le modifiche introdotte hanno consegnato, di fatto, all'amministrazione competente una discrezionalità più ampia nel riconoscimento dei criteri di applicabilità ed hanno rallentato il positivo che l'incentivo aveva prodotto negli anni. Allo stesso tempo si sono introdotti dei criteri che, sostanzialmente, vanno a vantaggio delle grandi produzioni, penalizzando quelle indipendenti, restringendo ancor di più, in un'ottica di pluralismo culturale, il ventaglio delle scelte, delle visioni differenti, delle creatività.
Ora, qualcuno potrebbe dire che è l'opposizione che fa l'opposizione e che la nostra sia, come dire, una posizione strumentale all'obiettivo, ma, signor Presidente e colleghi, il problema è che basterebbe guardare a quello che succede fuori dai patrii confini per fare un immediato confronto. I principali Paesi europei vanno nella direzione opposta a quanto fatto dal Governo, ovvero allargano e non strozzano le maglie degli incentivi e disegnano delle strategie coordinate, anche incoraggiando produzioni internazionali all'investimento. In particolare, penso alla Spagna, che sta puntando sull'audiovisivo, perché crede che il cinema sia un settore chiave del Paese, e ha predisposto un vero piano quinquennale sinergico tra più attori, potenziando lo strumento del dal 30 fino ad arrivare a ben oltre il 40 per cento, se le produzioni scelgono determinate regioni in cui investire: penso ai Paesi Baschi o alle Canarie; stesso indirizzo lo ha preso la Gran Bretagna, che ha alzato la percentuale quasi al 40 per cento; o ancora, pensiamo alla Turchia, che nel ramo sta crescendo vertiginosamente da anni.
Noi, qui, anziché aumentare l'impegno, facciamo esattamente l'opposto. Avete motivato la sostanza di questi interventi come se fosse funzionale a un'esigenza di razionalizzazione: quindi avete ridotto i contributi automatici e aumentato i selettivi, con il risultato di deprimere la capacità produttiva perché, come accennato prima, tra l'abbassamento della soglia per gli incentivi e un inadeguato innalzamento dei contributi selettivi, si è prodotta, come è evidente, una contrazione, sotto gli occhi di tutti, di 90 milioni di euro.
Se, quindi, se da un lato avete deciso di tagliare - penso alla legge di bilancio, che ha ridotto anche la dotazione base del Fondo da 750 a 700 milioni di euro annui -, allo stesso tempo, però, avete riservato 52 milioni di euro per promuovere una indefinita area che racconti l'identità nazionale attraverso personaggi italiani: una mossa che, onestamente, si presta facilmente a trasformarsi in una misura più che altro ideologica, parziale, strumentale; una misura di cui il settore non credo sentisse l'urgenza né la necessità. Restano, invece, molto più urgenti degli interventi, ed di verifica e controllo sui contributi erogati, trattandosi - ricordiamolo - sempre di denaro pubblico, oltre che una maggiore trasparenza sul processo decisionale.
Altrettanto necessario sarebbe mettere mano, alla luce del dilagare delle nuove tecnologie, alla profonda crisi che ha investito le sale cinematografiche. Che cosa ne facciamo? Noi crediamo sia utile e assolutamente possibile ripensarne la funzione, come spazio non meramente culturale, ma anche sociale, mantenendone lo spirito di luogo a disposizione della collettività e promuovendo la collaborazione con scuole, università, associazioni. Insomma, in altre parole, salvando un patrimonio esistente per rivitalizzarlo, trasformandolo in altro, ma sempre a beneficio della comunità.
In conclusione, signor Presidente e colleghi, con questa mozione chiediamo al Governo di intervenire subito per tutelare il settore, con un occhio di riguardo al cosiddetto “cinema indipendente”. Chiediamo di ampliare gli investimenti nel rispetto della pluralità delle voci, con imparzialità e fuori da ogni tentativo di influenza politica, innanzitutto attraverso il ripristino e il rafforzamento degli incentivi fiscali, come accade nei grandi Paesi europei. Chiediamo anche maggiore trasparenza nei meccanismi di erogazione dei contributi e una verifica puntuale sulle spese e sugli obiettivi raggiunti da tutti i livelli: culturale, industriale, occupazionale. Come termometro dello stato di salute di questi ultimi, chiediamo anche il rispetto della scadenza della relazione annuale al Parlamento - vorrei segnalare che, dal 2022, le tempistiche sono saltate completamente -, in modo da poterne valutare nel complesso gli effetti, con particolare attenzione all'efficacia delle agevolazioni tributarie. Da ultimo chiediamo di salvare, come ho detto, le sale cinematografiche, sostenendole finanziariamente e investendovi in un'ottica sociale, ripensandone anche scopi e funzioni, con finalità di interesse generale, se necessario.
Tutto questo perché non vogliamo che un patrimonio culturale, sociale, occupazionale, com'è l'universo del cinema e dell'audiovisivo, venga trattato con la superficialità e la sciatteria con cui lo avete trattato fino ad oggi
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Calogero Pisano. Ne ha facoltà.
MARTINA SEMENZATO(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Dichiarando il voto favorevole alla mozione…
PRESIDENTE. Mi pare evidente che non sia l'onorevole Calogero Pisano… È dello stesso gruppo comunque, lei, giusto? Va bene, ha facoltà di sostituire il deputato Calogero Pisano. Prego.
MARTINA SEMENZATO(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Dichiarando il voto favorevole, a nome del gruppo di Noi Moderati, alla mozione di maggioranza, Presidente, le chiedo cortesemente di poter depositare l'intervento.
PRESIDENTE. È autorizzata a depositare la sua dichiarazione di voto.
Ha chiesto di parlare la deputata Piccolotti. Ne ha facoltà.
ELISABETTA PICCOLOTTI(AVS). Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, oggi discutiamo di cinema e qualcuno, forse, penserà che sia un tema di nicchia, che in tempi come questi parlare di cinema sia parlare di altro, di qualcosa che non riguarda la vita concreta delle persone. Invece no, perché parlare di cinema, oggi, significa parlare di libertà, significa parlare di democrazia, significa parlare anche di lavoro, perché il cinema è tutto questo: è libertà, è cultura, è un pezzo della nostra storia civile e difenderlo significa difendere la possibilità per un Paese di guardarsi allo specchio.
L'Italia che usciva dalla guerra e dalla dittatura, l'Italia che nel 1946 diventava Repubblica si è raccontata al mondo, prima di tutto, attraverso il cinema. Nei decenni in cui la democrazia era ancora fragile il cinema è stata la voce più forte, la più libera e la più coraggiosa. Rossellini, De Sica, Visconti, Antonioni, Pasolini: nominarli, Presidente, è già nominare un'epoca. Un Paese che si interroga, che non ha paura di mostrare le proprie contraddizioni, le proprie ingiustizie e le proprie speranze: questo era quel cinema.
L'Italia si è fatta compiutamente democratica e culturalmente innovativa anche grazie a loro. Il mondo intero ci ha riconosciuto in quelle immagini, senza la necessità di surreali categorie di finanziamenti come quelle che sono state inserite da questo Governo dedicate all'identità nazionale.
Il cinema italiano è stato per decenni anche sinonimo di impegno civile. Oggi, invece, viviamo in un'epoca in cui l'impegno civile viene confuso con la faziosità e in cui la cultura è vista come un campo di battaglia ideologica.
Ma il cinema, Presidente, non è una guerra culturale, è la narrazione di una comunità ed è la memoria viva di un popolo. Ecco perché discutere del suo futuro significa discutere anche del futuro della nostra democrazia.
Negli ultimi tre anni questo Governo ha progressivamente indebolito il sistema di sostegno pubblico al cinema e all'audiovisivo: l'ha fatto con tagli, l'ha fatto con decreti e l'ha fatto con regole che - lo diciamo con chiarezza - penalizzano i piccoli per favorire i grandi e penalizzano i produttori indipendenti per favorire le imprese cinematografiche straniere.
Dietro le formule tecniche e i decreti interministeriali c'è stata una precisa scelta politica: spostare risorse dalle produzioni indipendenti alle grandi società di capitale. Sostanzialmente il Governo ha deciso di finanziare quei film che non ne avevano bisogno, perché già capaci di reperire le risorse sul mercato.
Che senso ha avuto tutto questo? In nome del mercato, appunto, si è colpita la libertà e si è colpito un settore artistico e culturale vitale per il nostro Paese.
Non è un caso perché tutto è cominciato nel 2023 con questo Governo, con la riforma del , un istituto nato nel 2008, reso strutturale nel 2016 e pensato per sostenere la filiera cinematografica in tutte le sue fasi: la scrittura, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione. Si tratta di una misura che aveva dato risultati straordinari, che aveva rilanciato il settore e che aveva reso possibile la nascita di centinaia di nuove realtà produttive, di nuovi autori anche e di nuovi linguaggi.
Ma nel 2024 e nel 2025 il Governo ha scelto di cambiare le regole e non in meglio. Con il decreto interministeriale n. 225 del 2024, il cosiddetto “produzione”, sono stati introdotti criteri così rigidi da rendere impossibile per molti l'accesso al beneficio fiscale. Oggi serve dimostrare di avere contratti di distribuzione vincolanti già in fase di richiesta del credito e serve garantire una circuitazione minima in sala che per le opere cinematografiche è fissata a 240 proiezioni in tre mesi in almeno 10 sale. È una soglia che nemmeno molti film di qualità riescono a raggiungere.
Il decreto ha, inoltre, cancellato la categoria delle opere di ricerca e formazione, spesso il primo approdo per i giovani autori e per le opere sperimentali e ha introdotto vincoli societari (obbligo di essere società di capitale con capitale e patrimonio minimi) che escludono associazioni, cooperative, fondazioni e piccole imprese culturali.
Qui va detto con franchezza ciò che molti pensano e che troppi tacciono: questa ostilità verso il mondo del cinema non nasce solo da una certa idea economicista e commerciale della cultura; nasce, anche e soprattutto, da ragioni di potere. Perché il cinema italiano nella sua storia ha esercitato una funzione critica, ha dato voce ai conflitti sociali e ha raccontato le periferie, le diseguaglianze e i diritti negati. È stato nel senso più alto e nobile del termine uno sguardo di parte, in molte occasioni la parte dei più deboli, degli invisibili, di chi non ha canali per farsi ascoltare.
E, allora, la destra ha costruito nei suoi circoli intellettuali una narrazione comoda e falsa: il cinema è di sinistra e, quindi, va punito; è una corporazione e, quindi, va messo in riga; è un'élite e, quindi, va mortificata. Il Ministro Sangiuliano lo disse e non lo disse neanche troppo velatamente. Ecco la verità politica dietro certi decreti. Non si vuole soltanto redistribuire risorse, si vuole disciplinare un campo simbolico che non si lascia addomesticare.
Ma uno Stato democratico, Presidente, non punisce chi critica, lo sostiene proprio perché lo critica, perché il dissenso è una ricchezza pubblica e non un fastidio privato del Ministro di turno.
Non si tratta solo di norme, si tratta anche di risorse: fino al 2023 la dotazione del fondo cinema era di 750 milioni di euro l'anno, con la legge di bilancio per il 2024 e il 2025 il Governo l'ha ridotta a 700 milioni, sottraendo 130 milioni al credito d'imposta; mentre i contributi selettivi, quelli che sostengono i film difficili, i giovani autori, i documentari e le opere di qualità sono aumentati di appena 37 milioni. È una sproporzione che rivela la mancanza di visione industriale e culturale.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: dal gennaio 2024 il 70 per cento del settore è fermo. Lo denunciano associazioni di categoria, maestranze e artisti. Elio Germano, Geppi Cucciari e altri 200 tra artisti e registi che hanno inviato una lettera al Ministro Giuli e hanno posto un tema reale, ma hanno ricevuto in cambio soltanto sarcasmo e nessuna soluzione.
E, allora, diciamolo chiaramente: la maggioranza sta negando la realtà, come dimostra anche la mozione che è stata da loro depositata in queste ore. Negano la crisi quando i sono fermi, minimizzano i numeri quando le lavoratrici e i lavoratori restano senza tutele, liquidano come allarmismo e strumentalità politica ciò che in realtà è cronaca.
Non è un confronto sui gusti, Presidente, è il rifiuto dei fatti, è l'idea che il consenso si possa costruire, non trovando soluzioni ai problemi, ma inventando una realtà alternativa fondata sulla propaganda.
E, allora, ricordiamolo: il cinema è anche lavoro. Dietro ogni film ci sono , tecnici, costumisti, montatori, elettricisti, scenografi, truccatori, logistica, sicurezza e trasporti. Sono persone e il loro contratto nazionale è fermo dal 2018 Tra il 2021 e il 2023 hanno perso oltre il 17 per cento del loro potere d'acquisto e i beni alimentari sono cresciuti nello stesso periodo del 30 per cento. Il contratto è normativamente inadeguato e consente livelli di precarietà non più accettabili in assenza di un all'altezza.
Un Paese che vuole un cinema forte deve partire da qui: lavoro, diritti e dignità. Per questo con la nostra mozione abbiamo chiesto un cambio di rotta, ossia di portare la dotazione del Fondo cinema a 1 miliardo di euro in tre anni, di sbloccare subito il rinnovo del contratto nazionale e di riformare davvero il , dando alcune specifiche molto stringenti. E, infine, proponiamo anche una misura permanente di promozione del pubblico giovanile…
ELISABETTA PICCOLOTTI(AVS). …biglietti a 3,50 euro per studenti e 30 con ristori alle sale. È questo, secondo noi, colleghi, il modo per restituire al cinema italiano la sua forza, una forma alta di politica e di democrazia a cui non dobbiamo in nessun modo sottrarci .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Grippo. Ne ha facoltà.
VALENTINA GRIPPO(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. La del settore audiovisivo risponde a due esigenze: da una parte, evidentemente, quella di dare attuazione, con lo strumento più bello, uno dei più belli che la cultura ci dà, quello del cinema, dell'audiovisivo, all'articolo 9 della Costituzione che tutela e garantisce la cultura, l'identità italiana, la creatività, che ne incentiva la promozione e la salvaguardia.
È quell'elemento della nostra Costituzione che ci dà uno strumento per essere conosciuti - e sul cinema lo siamo da sempre, per primi -, uno strumento di diplomazia culturale e di . Ma al contempo, nel comparto audiovisivo - e questo a volte genera delle oscenità e lo dico veramente senza voler offendere chi ci guida nelle politiche che vengono attuate - a volte chi ci guida sembra ignorare che parliamo di un comparto strategico, un settore produttivo che pesa, per esempio, in Italia - ma questo è uguale nella maggior parte dei Paesi europei - più dell'agricoltura. È un mercato da 12 miliardi di euro con 120.000 lavoratori (solo quelli che direttamente lavorano nel comparto audiovisivo) e un indotto enorme sul territorio, sul turismo, sui consumi culturali. L'Italia spesso fatica ad avere il ruolo che dovrebbe avere - da qualche anno è più vero che mai -, ma non tutti i problemi di questo comparto sono nati ieri.
Cosa si dovrebbe fare oggi? Oggi si dovrebbe essere qui in quest'Aula, intanto qui con il Ministro o con la Sottosegretaria che se ne occupa - non ce ne voglia il Sottosegretario Mazzi che è qui oggi, ma si darebbe un segno di attenzione forse più diretta -, e ci vorrebbe quello che ho visto la scorsa settimana in Consiglio d'Europa. Eravamo lì con molti colleghi e abbiamo votato all'unanimità, tutti i presenti, per un documento, quello sulla coproduzione delle serie televisive, per pensare congiuntamente, nella stretta fra i dazi che arrivano dagli Stati Uniti e la competizione aggressiva che arriva da altri continenti e da altre aree del mondo, come fare a rafforzare il prodotto audiovisivo europeo, perché è un prodotto che dà lavoro, perché è un prodotto che dà sviluppo e perché la creatività da sempre è il petrolio e il valore aggiunto dell'Europa.
Oggi, invece, noi siamo qui a vedere delle riformulazioni e a sentire dei di buone intenzioni, quasi come se nel segnalare al Governo delle cose che oggettivamente non funzionano - quando c'è una legge sul che vede 5 decreti attuativi, infinite circolari interpretative e le imprese piccole, grandi e medie che su tante cose discutono, ma sono tutte d'accordo sul fatto che non riescono a capire quando e come presentare una domanda - non si può non essere tutti d'accordo a pensare che quei problemi vanno risolti. Vedere che si fanno tanti distinguo ci preoccupa, perché ci fa capire che non è oggi la giornata che poteva essere, cioè la giornata di un cambio di passo sulle politiche dell'audiovisivo di questo Paese. Ripeto: non è solo la politica culturale del Governo di turno, ma stiamo parlando di un comparto molto importante per la produttività della Nazione e per l'identità della Nazione.
Questa duplice natura ha fatto oggettivamente spostare l'attenzione da quelle cose che potevano essere fatte e che intanto i nostri vicini di casa, quelli un po' più lontani, hanno iniziato a fare. È stato detto nel dibattito di chi mi ha preceduto, ma voglio ricordarlo: la Spagna ormai è diventata - ci ha lavorato 10 anni - l' europeo dell'audiovisivo e lo ha fatto applicando delle politiche integrate e non discutendo se i film fossero di maggioranza o di opposizione, ma ragionando su come far crescere il prodotto spagnolo nel mondo, che passa per tante cose come, ad esempio, la semplificazione sui visti, la semplificazione per le che vogliono girare in Spagna per poter accedere a finanziamenti e la certezza. Questo è il tema che noi più volte, in occasione delle leggi di bilancio e tutte le volte che abbiamo potuto farlo in Commissione e in quest'Aula, abbiamo sollecitato al Governo rispetto all'incertezza, che è il problema principale del comparto in Italia.
Chi investe in Italia - se si tratta di investitori esteri o se si tratta di produttori indipendenti - inizia il suo percorso produttivo senza sapere che cosa sarà. Il punto non è se ci saranno contributi o se ci sarà il - probabilmente ci sarà -, ma il punto è che per poter pianificare un investimento in qualsiasi settore bisogna avere delle certezze. Se si inizia un percorso non sapendo se ci sarà il , quando ci saranno le finestre per fare le domande, se ci saranno dei vincoli di investimento e quali saranno le finestre - per citare alcuni dei temi tecnici che vivono nell'incertezza - evidentemente gli investimenti saranno allontanati.
Non giova la continua confusione che viene fatta, anche dal Governo nel dibattito pubblico ma, ahimè, da molti interlocutori, fra gli investimenti cosiddetti selettivi, cioè quelli che rientrano nei diritti di chi fa politica culturale anche per avere dei criteri di valutazione, di selezione e di scelta, rispetto al , che è un incentivo fiscale che per sua natura esiste solo nella misura in cui vede dall'altra parte un investitore, si tratti di un investitore indipendente, piccolo, italiano o un investitore grande o straniero. Tutti questi pezzetti del dell'ecosistema cultura e audiovisivo non vanno contrapposti, ma vanno messi intorno a un tavolo per ragionare, tutti insieme, su quali sono i passaggi necessari.
Per far questo Azione - è nel nostro stile e lo continueremo a fare fino a fine legislatura stancamente ma incessabilmente - ha fatto una di 15 punti, che consegna con la mozione, dove dice passo a passo, cercando di non essere ideologica e cercando di non alzare l'asticella dello scontro, quali sono gli interventi che da una parte renderebbero possibile attrarre grandi investimenti internazionali e dall'altra tutelerebbero gli imprenditori e i produttori italiani, anche per avere maggiore forza contrattuale quando si trovano a dialogare, a trattare e a negoziare con i grandi internazionali. Questi passaggi riguardano i visti, riguardano evidentemente l'investimento sul , riguardano le certezze triennali sui piani degli investimenti e riguardano le semplificazioni. Ma riguardano anche altri aspetti: le tutele per i lavoratori dello spettacolo, che sulla carta avrebbero dei diritti che non vengono finanziati e attuati e il rapporto con l'intelligenza artificiale. Tutti noi abbiamo avuto modo di vedere strumenti che, per esempio, possono svolgere in modo semplice il lavoro dei doppiatori. La parte del doppiaggio è una parte molto pesante nel sistema produttivo italiano, che, fra l'altro, ha contraddistinto l'Italia per una grande qualità delle persone che se ne occupano e dei doppiatori italiani, che sono un'eccellenza in tutto il mondo, ma sono persone che rischiano a brevissimo di perdere il lavoro. Abbiamo fatto delle proposte per una legislazione anche a tutela della identità dei creativi e degli artisti, affinché l'intelligenza artificiale sia uno strumento per far migliorare il prodotto audiovisivo e non un concorrente di chi crea e di chi lavora. Abbiamo proposto di lavorare sulle coproduzioni internazionali, in particolare quelle europee, per dare attuazione alle direttive sia a livello di Consiglio d'Europa, per i rapporti anche con i Paesi extra-UE, sia a livello di Unione europea, perché ci vedano protagonisti di collaborazioni internazionali che facciano sì che le nostre produzioni abbiano un respiro più pesante e possano competere con i grandi di oltreoceano.
Abbiamo parlato anche delle sale cinematografiche. Abbiamo parlato delle sale cinematografiche perché la tutela del prodotto audiovisivo passa anche per un rilancio dei luoghi della cultura. È evidente che le sale cinematografiche vanno ripensate. Noi abbiamo fatto una proposta molto approfondita su questo e l'abbiamo richiamata anche nella mozione. Le sale cinematografiche debbono diventare dei luoghi della cultura e dei luoghi del presidio culturale che non solo proiettano film, ma che hanno al proprio interno librerie e centri di aggregazione, proprio per ripensarsi, come è avvenuto in altre Nazioni, pensiamo al modello dei terzi luoghi francesi.
Mi avvio alla conclusione, Presidente. Noi, come sempre, abbiamo provato a essere costruttivi, ma come sempre non faremo sconti, perché parlare di cultura non è un e non è un tempo libero: è una parte sostanziale dell'industria del nostro Paese ...
PRESIDENTE. Mi dispiace, deputata Grippo.
Ha chiesto di parlare il deputato Gaetano Amato. Ne ha facoltà.
GAETANO AMATO(M5S). Grazie, Presidente. Prima di parlare di questa mozione, vorrei portare, però, i ringraziamenti della mia città alla Presidente del Consiglio e al Presidente degli Stati Uniti.
Io abito a Gragnano, la città della pasta. Quindi, dopo i dazi al 107 per cento stanno chiudendo attività storiche della mia città. Detto questo, entriamo in quello che è il provvedimento in discussione. Presidente, io ho una certa età, 70 anni. Forse è la mia età a riportarmi spesso alla mia gioventù. Mi ricordo il periodo delle scuole elementari, erano altre scuole, altre maestre, e mi ricordo che, quando non eravamo preparati in qualche cosa, mi sentivo dire: sei un ciuccio. E allora devo dire a questo Governo: siete ciucci, ma siete ciucci sul serio.
Allora, portiamo dei dati. Dal CNEL, per la categoria G121 - che sono le categorie delle , sono quelle che fanno girare le , sono quelle che permettono di girare un film, ci dicono che nel 2022 avevamo 16.000 operatori impegnati, nel 2023 erano 18.000, nel 2024 erano 1.800, con un calo del 90 per cento. E le voci di questo Governo che cosa ci dicono? Che i dati INPS dicono altro. Per forza, siete ciucci, non sapete che nei dati INPS ci sono gli sportivi, i ballerini , tutti quelli che fanno spettacolo, anche i circensi, che nulla hanno a che vedere con il cinema.
Noi sappiamo che dalle file della maggioranza dopo si evolverà una voce “tenorinale”, che citerà dei dati sballati, e infatti ve li distruggiamo prima. Ci dite di Cinema in festa, Cinema Revolution, investimenti da 25 milioni di euro, citando cifre che non so dove abbiate preso. È il secondo peggiore dato dopo giugno 2024. Sono dati Cinetel: c'è un meno 24 per cento. I attivi: magnificate 40, 35, 29, 78. Sembrano i numeri al lotto. Sono 14 i attivi in Italia, di cui 9 televisivi. Quindi, di cinema ce ne sono 5. Vi vantate di avere messo 696 milioni di euro nel 2024 e nel 2025. Bravi! Vi siete scordati di dire, però, che nel 2021 erano 922 milioni, nel 2022 erano 850, siete arrivati voi e avete abbassato a 750 nel 2023, con un taglio di 100 milioni di euro, e un ulteriore taglio a 696 nel 2024 e nel 2025.
Ma di che vi vantate? Ve ne vantate pure ? Citate dati di ANICA e APA. Per forza, sono quelli che hanno fagocitato tutti i fondi a discapito dei piccoli produttori, hanno mangiato tutto loro. Parlate di verifiche, voi, dopo che avete dato 4 milioni di euro al produttore di Kaufmann. Le verifiche della Guardia di finanza le abbiamo avviate noi , io ho presentato tre esposti alla magistratura per quelle verifiche. Voi dove eravate? Sostituire il Consiglio superiore con un che sarà nominato da ANICA e da APA, cioè dagli amici degli amici?
Ma avete anche il coraggio di dirlo? Il Ministro Giuli, che non c'è in Aula… Ancora una volta c'è il Sottosegretario Mazzi, che noi sosteniamo da sempre essere il vero Ministro, tant'è vero che sostituisce anche la Sottosegretaria Borgonzoni, che sarebbe quella che deve rispondere di cinema e che qua non viene da due anni. Dicevamo, il Ministro Giuli deve nominare il direttore generale e pensa di nominare Brugnoni. Persona perbene, mi dicono, certamente, ma non ha i requisiti, e quindi la Corte dei conti probabilmente lo boccerà, e di nuovo la direzione cinema resterà senza guida.
Il fondo alle banche lo diamo a Mediolanum? Giusto per far contento qualche amico. Sottosegretario, fumo, c'è sempre e solo fumo. Io ho ascoltato le vostre riformulazioni, c'è una parola sbagliata nelle vostre riformulazioni, quel “continuare”. Se voi aveste detto “a interrompere quello che stiamo facendo”, probabilmente le avremmo pure accettate ; è quel “continuare” che noi non possiamo accettare. Non possiamo accettare che continuiate a fare quello che state facendo.
Il Ministro Giuli ci ha accusati di non fare delle proposte concrete, le abbiamo messe in questa mozione: opere prime e seconde, vanno finanziate le opere prime e seconde , specialmente agli . È là la vera forza del cinema italiano, è sempre stata quella delle opere prime e seconde. Formazione delle commissioni: le formate sempre nominando amici, amici degli amici. Ma è possibile che non pensiate che alla commissione cinema serve gente del cinema, pescata nelle , pescata nei direttori di fotografia, nei registi, negli aiuto-registi? Così andrebbe formata una commissione, in modo da poter valutare seriamente se quel film abbia o no valore.
Dieci mesi, dovrebbero passare dieci mesi dall'uscita in sala a quella in TV, perché per finanziare i grossi stranieri…cosa a cui noi siamo contrari, perché il deve servire all'Italia, ai talenti italiani, e non a fare da bacino mangiatoia alle grandi straniere. Netflix ha messo uno degli ultimi film presentati a Venezia contemporaneamente anche in TV, perché ovviamente alle interessa poco delle sale italiane, interessa poco sapere che le sale italiane stanno chiudendo.
E il . Noi ve l'abbiamo fatta una proposta: utilizzare un in modo inversamente proporzionale al costo del film, perché è impensabile che arrivi in Italia Denzel Washington e prenda 30 milioni di . Trenta milioni di ! Ripeto, Sottosegretario, noi vorremmo che seriamente evitaste di dire “continuiamo”, perché lo sa anche lei, perché lei è del mestiere, lei lo sa che così non funziona, lei lo sa che così stiamo distruggendo il cinema italiano. Lei lo sa e non può parlare, perché non è materia che segue lei direttamente.
E io la capisco su questo, però non possiamo affossare una storia centenaria, una storia che ha portato alla ribalta del mondo il neorealismo, la commedia, quella vera, quella graffiante dei Monicelli, dei Sordi, la commedia degli Scola. Non possiamo, non possiamo assolutamente cancellare oltre 100 anni di storia per delle cose che voi volete continuare a fare .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Dalla Chiesa. Ne ha facoltà.
RITA DALLA CHIESA(FI-PPE). Grazie Presidente, grazie colleghi. La mozione che discutiamo oggi tocca un settore importantissimo, sia per identità culturale che per l'economia del nostro Paese: il cinema e l'audiovisivo. Non parliamo soltanto di intrattenimento, ma di una grande industria che dà lavoro a decine di migliaia di professionisti - registi, sceneggiatori, attori, tecnici, maestranze, sono tutti bravissimi - e che alimenta un indotto che va dal turismo alla formazione, fino all'innovazione tecnologica.
I numeri parlano chiaro: dal 2016 al 2024 il sostegno pubblico al settore è cresciuto da 250 milioni a quasi 700 milioni di euro, una crescita che conferma la scelta di questo Governo di centrodestra di investire in quello che è un patrimonio culturale, è importantissimo . Non ce n'è un altro simile, anche a livello internazionale. Grazie al e ad altre misure di incentivazione, gli investimenti in produzione sono aumentati del 53 per cento, quelli internazionali addirittura del 950 per cento rispetto al 2019.
Non è un caso, quindi, se oggi l'Italia torna a essere un luogo scelto dalle grandi produzioni mondiali, perché tutti sanno che da noi trovano competenze, creatività, professionalità e strutture all'avanguardia, ed è una vittoria del Paese, che conferma come le politiche messe in campo stiano dando dei frutti concreti. Naturalmente, i problemi non sono mancati, quelli non mancano mai, lo sappiamo. Il ha mostrato delle criticità, in alcuni casi vi sono state anche delle irregolarità, degli sprechi e qualche truffa.
Il Governo non è che abbia fatto finta di nulla, è intervenuto chiedendo trasparenza. Sono stati emanati nuovi decreti, sono stati introdotti regole più chiare e strumenti di controllo più efficaci così da restituire certezza e credibilità al sistema senza mai mettere in discussione l'impianto di fondo che rappresenta un modello riconosciuto a livello internazionale. Questa è la differenza fra il nostro approccio e quello di chi ci ha preceduto. Noi non lasciamo le irregolarità sotto il tappeto, come si fa con la polvere, noi non usiamo il settore come terreno di rendita o di clientele - i famosi “circoletti” - ma ci assumiamo la responsabilità di garantire un sistema serio al servizio degli operatori e soprattutto dei cittadini che, con le loro tasse, alimentano questo straordinario investimento culturale .
In questi mesi, anche grazie a iniziative come il progetto , le presenze in sala sono cresciute, segnando più 6 per cento rispetto al 2024 e quasi più 18 per cento sul 2023, segno che il pubblico lo vuole, che il pubblico risponde, che la domanda di cinema e audiovisivo è viva e che il lavoro fatto sta producendo risultati. Perché il cinema - ed è giusto saperlo - non è soltanto un'industria, ma è comunità: pensate alla sala buia che diventa una piazza; è il racconto condiviso che unisce e che forma l'identità collettiva. In un tempo di frammentazione, il cinema e l'audiovisivo sono strumenti preziosi di unione sociale e di crescita culturale. E guardiamo anche a Cinecittà che si avvia a diventare il principale centro europeo entro il 2026: infrastrutture moderne e capacità produttive senza eguali, un progetto strategico che testimonia come l'Italia sia tornata a essere un punto di riferimento internazionale per la creatività e la produzione audiovisiva.
Cinecittà non è soltanto un luogo; Cinecittà è un simbolo, è il simbolo del cinema, è la fabbrica dei sogni che, negli anni Cinquanta e Sessanta, ha fatto dell'Italia la capitale del cinema mondiale. Oggi è il laboratorio dove il nostro Paese torna a giocare un ruolo da protagonista. Vogliamo che Cinecittà sia per i giovani italiani di oggi ciò che fu per le nostre generazioni e per gli artisti del passato: un luogo in cui il talento incontra le opportunità.
Questa mozione, che Forza Italia sostiene con convinzione, va proprio nella direzione di rafforzare questo percorso. Prevede trasparenza, più efficienza, il coinvolgimento delle realtà rappresentative del settore, nuove opportunità per le sale cinematografiche, sostegno alle produzioni indipendenti e ai generi più popolari, anche a quelli del cinema per famiglie. Non dimentica i videogiochi - un comparto giovane che è in forte crescita - né la necessità di formare le nuove generazioni affinché conoscano e pratichino il linguaggio audiovisivo che oggi è diventato fondamentale.
In questo senso il nostro impegno è chiaro: dare dignità a tutte le forme dell'audiovisivo, dal grande cinema d'autore alle nuove frontiere digitali, perché ogni linguaggio artistico ha valore e perché un Paese moderno deve essere in grado di parlare a tutti senza lasciare indietro nessuno; deve creare uguaglianze e non diseguaglianze. Il nostro cinema ha una tradizione gloriosa. I registi, quelli più amati, quelli più bravi, li conosciamo tutti: Rossellini, Fellini, Antonioni, Scola, fino ai grandi successi contemporanei, Tornatore, Ozpetek; i nostri professionisti continuano a vincere premi nei festival più prestigiosi, portando l'Italia nel mondo come simbolo di bellezza e creatività. Ma il cinema non è soltanto passato, anche se un passato importante. È futuro, è strumento educativo, è mezzo per raccontare identità e valori, è occasione di crescita culturale e civile.
Chi ama la libertà, ama anche il cinema. Perché parlo di libertà? Perché il cinema è un racconto libero, è uno sguardo diversificato, è la possibilità di interpretare la realtà vista da prospettive diverse. Difendere il cinema significa difendere la libertà di pensiero, ma quella di tutti! Significa dare cittadinanza alla cultura come motore di una società evoluta e consapevole.
Per questo ribadiamo che il cinema e l'audiovisivo non vanno visti come un lusso, ma come una priorità nazionale. Forza Italia, insieme alla maggioranza di centrodestra, intende sostenere con forza questa prospettiva, coniugando libertà creativa e responsabilità nell'uso delle risorse pubbliche, valorizzazione della tradizione, capacità di innovazione, centralità del lavoro e apertura ai mercati globali. Annuncio dunque il voto favorevole del nostro gruppo, con la convinzione che sostenere il cinema e l'audiovisivo significhi sostenere l'Italia, la sua economia, la sua cultura e il suo futuro .
PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e i docenti dell'Istituto di istruzione superiore “Taramelli - Foscolo” di Pavia, che partecipano oggi alla giornata di formazione a Palazzo Montecitorio e assistono ai nostri lavori dalle tribune . Auguriamo loro ogni fortuna.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Latini. Ne ha facoltà.
GIORGIA LATINI(LEGA). Grazie, Presidente. Oggi parliamo di cinema, siamo qui per far comprendere quanto questo Governo stia lavorando in questa direzione, in prima fila il Ministro Giuli, insieme al Sottosegretario Borgonzoni che ha la delega, proprio per far tornare sempre più grande il cinema in Italia, riconoscendolo quale indispensabile per lo sviluppo economico del Paese.
Con questa mozione la maggioranza vuole sottolineare con forza l'importanza strategica del settore cinematografico e audiovisivo non soltanto come motore culturale e identitario, ma anche come un attrattore capace di attrarre investimenti nazionali e internazionali e di generare occupazione qualificata.
In questa direzione siamo andati anche nella regione Marche, insieme al presidente Acquaroli, che è stato rieletto da poco. Quando ero assessore alla cultura della regione Marche abbiamo quintuplicato le somme per promuovere il cinema in quella regione, passando da 3 milioni a 16 milioni, seguendo proprio anche il Governo, perché il sostegno pubblico al cinema italiano è cresciuto in modo esponenziale, passando dai circa 250 milioni di euro del 2016 a 696 milioni di euro per il 2024 e questa dotazione è confermata per il 2025. Quindi parliamo di investimenti importanti. Abbiamo anche dei dati (ANICA e APA), presentati nel corso della 82° edizione della Mostra internazionale del cinema di Venezia, che ci dicono che gli investimenti di produzione cinematografica in Italia sono aumentati del 53 per cento mentre quelli internazionali sono aumentati del 950 per cento rispetto al 2019.
Da settembre 2024 a luglio 2025 sono state presentate ben 729 domande di , sia nazionale che internazionale, per un credito richiesto complessivo di ben 718 milioni di euro, con 32 attivi soltanto in queste settimane in Italia. Quindi penso siano numeri importanti; quindi, mentre l'opposizione si dedica alle solite polemiche, il Sottosegretario Borgonzoni dimostra con i fatti di tutelare le risorse pubbliche del settore cinematografico con azioni concrete. Nel periodo dal 13 giugno al 24 agosto, stando alle rilevazioni Cinetel e grazie al progetto , il cinema italiano ed europeo ha totalizzato 1,3 milioni di presenze con un più 6,2 per cento rispetto al 2024 e un più 17,8 per cento sul 2023. Ciò significa che abbiamo il 20,4 per cento in più nel triennio 2017-2019.
Questi sono fatti, come anche i 66 milioni di euro di che sono stati recuperati: questo è un risultato importante, che dimostra l'efficacia dell'azione di vigilanza che è stata messa in campo. Ed è proprio nel solco di queste azioni che intendiamo continuare ad operare per innovare gli strumenti di incentivazione e ottimizzare i risultati, garantendo trasparenza e meritocrazia.
Con questa mozione il Governo, poi, si impegna anche a valutare l'opportunità di innalzare il massimale di credito d'imposta per ogni singola impresa, proprio perché vogliamo supportare la competitività delle imprese italiane nel mercato internazionale.
Quindi, penso che sia una mozione che sta andando verso una direzione di grande attenzione verso questo settore e mi voglio complimentare anch'io con la nuova amministrazione che si è insediata con questo Governo a Cinecittà, perché già ci sono risultati incoraggianti, risultati positivi. Cinecittà sta ritornando ad essere il principale europeo per la produzione audiovisiva, con infrastrutture all'avanguardia, con una capacità produttiva che non ha eguali al di fuori del nostro continente.
Un'altra azione di cui siamo orgogliosi è che questo Governo sta favorendo anche le proposte volte a incentivare la formazione delle giovani generazioni e a favorire l'inclusione sociale attraverso la cultura cinematografica, garantendo un ampio accesso alle opere cinematografiche, soprattutto nelle aree più difficili e più disagiate.
In conclusione, come Lega, ovviamente spingiamo affinché una proposta a noi molto cara possa vedere presto la luce: cioè, l'istituzione di una banca dati unica audiovisiva degli artisti, interpreti o esecutori e una banca dati unica dei fonogrammi, al fine di agevolare la corretta identificazione di coloro cui spettano i diritti connessi ai diritti d'autore.
Concludo, Presidente, dicendo che con questa mozione si offrono finalmente risposte concrete e prospettive di sviluppo all'industria culturale italiana, valorizzando la nostra identità, rafforzando il ruolo dell'Italia nel panorama internazionale, e di questo siamo orgogliosi. Quindi, per queste ragioni, il voto della Lega sarà favorevole
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Matteo Orfini. Ne ha facoltà.
MATTEO ORFINI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Noi chiediamo di fare questa discussione sulla crisi del cinema da circa due anni e finalmente ci siamo riusciti, usando gli strumenti a disposizione delle opposizioni, ma mi faccia dire: il primo problema è lì, tra i banchi del Governo. Non ce l'ho ovviamente con il Sottosegretario Mazzi, che ringrazio per essere qui, ma mi riferisco al fatto che non solo non c'è il Ministro Giuli - e vabbè, anche se una discussione che attendiamo da due anni avrebbe meritato la presenza del Ministro -, ma non c'è nemmeno la Sottosegretaria Borgonzoni, che ha la delega su questa materia. Sono due anni che chiediamo di discutere con lei e sono due anni che scappa dal Parlamento; mentre fuori dal Parlamento lei, il Governo e la maggioranza offendono il mondo del cinema, criminalizzano il mondo del cinema. Guardate, è un caso abbastanza raro quello in cui un Ministero, che dovrebbe proteggere un settore, invece ne diventa il carnefice, perché questo è accaduto ed è stato ricordato da tanti colleghi.
Tra le tante peculiarità delle azioni di questa maggioranza - molti se ne dimenticano, perché ne avete fatte tante - ricordo la lettera che l'allora Ministro Sangiuliano - ve lo ricordate Sangiuliano? - scrisse al Ministro dell'Economia e delle finanze chiedendogli di tagliare di più il cinema, dicendo: i tagli che avete fatto non bastano, vi prego, tagliate il mio Ministero ancora di più! Questo è successo nel nostro Paese, mentre si raccontavano gli autori e i registi come dei parassiti - lo ha fatto anche adesso la collega Dalla Chiesa -, i circoletti presunti di una sinistra che avrebbe occupato questo settore: una pletora di offese assolutamente gratuite, che sono state però accompagnate purtroppo da fatti. Non ci si è limitati a criminalizzare a parole, ma si è colpito un intero settore.
Il balletto sul questo è stato: prima bloccato, poi emanato con dei regolamenti che falcidiavano soprattutto i produttori indipendenti, poi bloccato dai ricorsi al TAR: due anni in cui chi doveva fare cinema rispettando le regole non aveva le regole per fare cinema e chi truffava ha potuto continuare serenamente a truffare. Il si è trasformato in un feticcio politico. Guardate, solo da noi succede questo. Lo ha ricordato l'onorevole Giachetti: in tutto il mondo quello strumento viene utilizzato per attrarre investimenti e per produrre ricchezza. Noi l'abbiamo trasformato in un mostro, in un nemico politico, quando bastava riformare quello che non funzionava.
Lo abbiamo sempre detto: il problema non era lo strumento, erano i controlli che mancavano, erano insufficienti, e i controllori. Avete rimosso il direttore generale con molto ritardo: noi l'avevamo chiesto, voi l'avete confermato e, poi, vi siete resi conto di aver sbagliato e avete lasciato lì chi ha gestito questo settore.
Onorevole Dalla Chiesa, lei ha detto: noi non abbiamo fatto come quelli di prima. Quelli di prima eravate voi. Prima di voi, c'era la Sottosegretaria Borgonzoni a occuparsi di questo. Chi ha gestito in questi anni il cinema, producendo cose positive e anche tanti di quei danni che oggi voi attribuite ad altri, è chi ancora oggi lo gestisce da lontano, perché qui non si vede. Voi lo avete fatto non solo per una ragione politica, ma perché avete immaginato di poter riformare questo settore, costruendo un patto di potere vero e proprio con i più forti a danno di tutti gli altri, e avete creato un meccanismo darwiniano nel mondo del cinema. Infatti, nelle vostre risoluzioni, nelle quali date i numeri, citate solo i numeri di una parte, di chi obiettivamente sta meglio di prima perché ha guadagnato dalle vostre politiche. Avete scelto le piattaforme - bel Governo di sovranisti, che apre le porte alle multinazionali straniere nel nostro Paese - e i produttori più forti, penalizzando la produzione indipendente: quelle piccole e medie imprese che, però, sono l'ossatura della produzione italiana e anche, Sottosegretario Mazzi, il tratto identitario della produzione italiana. Perché la peculiarità che ha reso grande il nostro cinema è esattamente questa: il lavoro diffuso di tante maestranze, di tanti lavoratori delle , di tanti sceneggiatori, artisti, autori, attori, che sono cresciuti e si sono affermati attraverso le produzioni indipendenti, che voi avete ucciso.
Un prezzo altissimo lo hanno pagato le lavoratrici e i lavoratori; anche qui, se la Sottosegretaria competente e il Ministro, invece di fare le sfilate sui vari del nostro Paese, incontrassero davvero tutte le rappresentanze di settore, sentirebbero quello che noi abbiamo ascoltato in questi anni, cioè persone, lavoratrici, lavoratori, eccellenze del nostro Paese che non sanno più come fare questo mestiere perché è tutto bloccato, che non sanno come dar da mangiare alle loro famiglie.
Sono competenze che si disperdono. È un dramma occupazionale e imprenditoriale enorme per il nostro Paese, che voi negate. E lo negate anche nelle risoluzioni e negli interventi che avete presentato qui e che state facendo qui; lo fate perché non potete ammettere il fallimento di questi anni, tanto che nelle proposte - ho letto con attenzione la risoluzione a prima firma del presidente Mollicone - voi sostanzialmente cosa proponete? Di andare avanti così: più potere alla Direzione generale del cinema, che è quella che ha prodotto il disastro, non sapendo vedere le truffe; più potere alla Sottosegretaria; più potere a chi, fin qui, non è riuscito a garantire autonomia e forza al mondo del cinema.
Noi avevamo fatto una cosa diversa, raccogliendo l'invito di un uomo non certo di sinistra. Quando il maestro Pupi Avati ha chiesto alla politica di unirsi per salvare il cinema italiano, noi abbiamo raccolto quella proposta insieme alle altre forze di opposizione e oggi, nelle nostre risoluzioni, in modo diverso, c'è una proposta che le accomuna…
FEDERICO FORNARO(PD-IDP). Non è possibile, Presidente! Siamo in dichiarazione di voto! Non è possibile!
MATTEO ORFINI(PD-IDP). … Lo so, ma il disinteresse della destra per il cinema è noto. Abbiamo chiesto e vi proponiamo una cosa semplice: l'Agenzia per il cinema e per l'audiovisivo, raccogliendo quell'invito di Pupi Avati. Voi oggi a quell'invito ancora una volta dite “no” e, di certo, non viene da un trinariciuto regista comunista.
Vi abbiamo chiesto - e avevamo lavorato insieme nella passata legislatura - di dare almeno sollievo alle lavoratrici e ai lavoratori attraverso l'indennità di discontinuità: l'abbiamo finanziata insieme, con un emendamento delle opposizioni; voi l'avete smantellata, smontata e definanziata. Il Sottosegretario Mazzi si è impegnato e sta lavorando per trovare una soluzione, però, ad oggi, quella soluzione non si vede.
Perché - questa è la domanda - fate tutto questo? Perché un Governo fa la guerra a una filiera industriale del proprio Paese? Perché danneggiate un pezzo dell'economia di questo Paese?
La ragione purtroppo è triste, ma semplice: perché voi considerate questo settore, che occupa o, almeno, occupava 180.000 persone tra addetti diretti e indiretti, qualcosa che non controllate, che non è a voi vicino e, quindi, decidete politicamente, scientificamente, di colpirlo e di occuparne i posti, le postazioni principali, perché volete decidere cosa fa la cultura, dove va la cultura, che indirizzo prende la cultura nel nostro Paese. Ma guardate che in democrazia non funziona così, perché il mestiere della politica, delle istituzioni non è decidere quale produzione culturale va avanti e quale no, ma garantire la libertà della produzione culturale. La libertà da noi, dalla sinistra, dalla destra, dalla politica in generale, e la libertà dai poteri economici e dai condizionamenti economici. Perché l'indennità di discontinuità? Perché un artista, per essere libero, non deve avere un problema e dipendere dal committente. Per questo in democrazia esiste il sostegno pubblico alla cultura, perché il cinema e la cultura in generale è questo: è pensiero critico, è capacità critica, è capacità di innovare, di rompere i meccanismi del e di produrre sperimentazione e innovazione.
Voi che dite la tradizione italiana, la tradizione italiana è questa: non è produrre i film e finanziare i film sui personaggi storici, è lasciare che il nostro cinema continui a innovare, a creare, a sperimentare, a cambiare, rielaborando la propria tradizione. E questo si fa non lasciandolo solo nel confronto con il mercato. C'è bisogno di sostenere la cultura e il cinema...
PRESIDENTE. Deputato Orfini, le chiedo scusa, la interrompo. Nel frattempo sospendiamo il tempo a sua disposizione e aspettiamo che l'Aula si decida a fare silenzio, perché abbiamo scampanellato il più possibile, ma il risultato non è stato soddisfacente. Quindi, se i colleghi deputati ci consentono di andare avanti con i nostri lavori, proseguiamo. Prego.
MATTEO ORFINI(PD-IDP). Difendere l'identità del nostro Paese è esattamente difendere quella capacità di innovare, di creare e di sperimentare ed è anche un modo di resistere allo strapotere dell'algoritmo. Oggi noi cosa possiamo vedere? Cosa viene spinto davanti al nostro televisore o nelle nostre sale? Quello che già funziona, perché è uguale a quello che già c'è stato. Garantire che si continui a sperimentare e a finanziare ed innovare chi prova qualcosa di diverso è un modo di garantire quella capacità di continuare a creare cose nuove e guardare al futuro in modo diverso. Insomma - ed ho finito -, c'è un nesso tra diffusione e libertà della cultura e qualità della democrazia. Proprio per questo, noi abbiamo bisogno di garantire quella libertà, che, forse, è esattamente quello che a voi spaventa .
PRESIDENTE. Ha chiesto di poter dare delle precisazioni il Sottosegretario Mazzi? … Diamo la parola al deputato Mollicone per la sua dichiarazione di voto e poi torneremo a lei, Sottosegretario. Prego, deputato Mollicone.
FEDERICO MOLLICONE(FDI). Grazie, Presidente. Signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, i dati diffusi dal MIC, quelli ufficiali, confermano segnali molto positivi: investimenti nazionali in crescita del 53 per cento, internazionali del 950 per cento rispetto al 2019. Da settembre 2024 a luglio 2025, sono arrivate 729 domande di per circa 718 milioni di euro. Attivi in queste settimane, più di 31 in Italia. Anche il sostegno pubblico è cresciuto: dai 250 milioni del 2016 ai 696 milioni del 2024, confermati per il 2025. Questo, colleghi, per il suo tramite, Presidente, smentisce la narrazione strumentale, falsa e sfascista dell'opposizione, che così danneggia non il Governo, che è in ottima salute dopo le regionali nelle Marche e in Calabria per l'opposizione, ma quello dell'industria del cinema .
Numeri che testimoniano la potenza dell'azione politica dell'Esecutivo. Le nuove regole in vigore dal 2024, introdotte dal Governo Meloni, con il Ministro Giuli e il Sottosegretario Borgonzoni, hanno reso più stringenti i controlli sui costi, introdotto sanzioni rafforzate per i revisori e stabilito criteri più rigorosi per accedere al credito d'imposta. La Direzione generale cinema è attualmente al lavoro su 200 fascicoli per verifiche su 350 milioni di euro di credito. Siamo quindi, colleghi, dalla parte di tutti i produttori onesti, che sono certamente il 99 per cento, ma abbiamo avviato quei controlli che voi in passato non avete mai avviato.
Come Parlamento, insieme al Governo, sempre con il Ministro Giuli e il Sottosegretario Borgonzoni, intendiamo continuare a mantenere alta l'azione di controllo. Per questo, oggi abbiamo depositato questo atto di indirizzo condiviso da tutta la maggioranza, una mozione per rendere il sistema più efficace e flessibile: rafforzamento della , aumento del personale per procedure più snelle e snellimento delle procedure tecniche e amministrative. Centrale sarà la semplificazione amministrativa insieme a una riforma dei contributi selettivi che introduce anche la figura del , parte integrante di un più ampio disegno di trasparenza e controllo. La scelta politica è chiara: verifiche rigorose...
PRESIDENTE. Deputato Mollicone, sono costretto ad interromperla, porti pazienza. Ovviamente, blocchiamo anche il tempo. Colleghi deputati, è necessario che ciascuno prenda la propria postazione e non disturbi l'oratore che sta compiendo la propria dichiarazione di voto. Colleghi, non so se è chiaro: chi vuole parlare fa ancora in tempo a spostarsi in Transatlantico o dove preferisce per poterlo fare, senza disturbarci. Prego, prosegua deputato Mollicone.
FEDERICO MOLLICONE(FDI). Dicevamo, la scelta politica è chiara: verifiche rigorose per tutelare le imprese sane e i professionisti seri e colpire eventuali sacche di opacità.
Ma la nostra mozione dedica attenzione anche al cineturismo che è aumentato, alle autorizzazioni per le riprese e alla semplificazione delle operazioni delle , dedica attenzione a un razionale coordinamento con Cinecittà, destinata, entro il 2026 - anche qui, smentendo la narrazione falsa e ipocrita dell'opposizione -, a diventare il principale europeo dell'audiovisivo: grazie a infrastrutture all'avanguardia, a una capacità produttiva che non ha eguali nel continente, oltre il 75 per cento del fatturato di Cinecittà proviene, oggi, proprio da produzioni internazionali, quelle produzioni internazionali che, prima, ci dite di non avere e, poi, quando ce l'abbiamo, con il collega Amato ci dite che non dobbiamo averne.
La nostra mozione, poi, dedica attenzione anche alle misure per i film di genere, che hanno fatto grande il cinema italiano: il , l'azione, la fantascienza, l', in particolare, nell'anno del centenario di Carlo Rambaldi, grandissimo genio italiano, che onoriamo e onoreremo nei prossimi del cinema; per valorizzare professionalità come effettistica e controfigure, conquistare nuovi pubblici attraverso anche gli effetti speciali, le produzioni digitali, le nuove generazioni.
Il testo dedica poi anche grande rilievo ai giovani autori, sempre per sottolineare le lamentele dell'opposizione e smentirle. I contributi selettivi saranno orientati esattamente verso di loro, con limiti di accesso per le grandi produzioni.
Su questo voglio rispondere al collega Amato che mostra sempre il suo grande talento da bravo attore, ma fa davvero troppe parti in commedia: fa qui la faccia feroce, in Aula, per poi fare la faccia gentile nei corridoi del Ministero e su questo penso ci voglia un po' di coerenza, collega Amato
Il Governo ha poi stanziato 600.000 euro in più per il Centro sperimentale; ha stanziato 7.800.000 euro per le opere cinematografiche di giovani autori; 7.500.000 euro per opere cinematografiche prime e seconde e 20 milioni di euro per i nuovi mestieri.
C'è poi una convergenza di interessi tra chi vuole liberare il cinema e i giovani che escono da centri formativi come questo, come il Centro sperimentale e, poi, trovano una “cappa”; trovano un circoletto di attori o registi famosi che si scambiano film e favori fra loro, questo, sì, a impedire ai nuovi giovani di emergere. Noi siamo dalla parte dei nuovi talenti perché possano fare film, perché possano vederli distribuiti o mandati in onda.
Allo stesso tempo, colleghi, intendiamo ridefinire anche la figura del produttore indipendente, garantendo maggiore coerenza per il comparto, e continueremo, quindi, a lavorare sulla domanda: misure per incentivare la partecipazione, soprattutto dei giovani, nei territori fragili, in coerenza con il Piano Olivetti voluto dal Ministro Giuli e approvato dal Parlamento nel decreto Cultura.
Il Parlamento, quindi, continuerà a essere al fianco del Governo come motore di questa rivoluzione dolce che, nonostante voi, colleghi dell'opposizione, stiamo portando avanti, ma convinti sempre che il dialogo con le categorie degli operatori debba essere centrale, a differenza di quello che accadeva in passato con i vostri Ministri. Non trascuriamo, quindi, le sfide quotidiane: da quando è entrata in vigore la legge contro la pirateria, in termini assoluti, ci sono stati 25 milioni di atti di pirateria in meno tra gli adulti; 14 milioni in meno per i film; 7 milioni in meno per le serie e le e 2 milioni per le dirette sportive.
Una legge che era nata, che doveva essere solo per lo sport, per la pirateria sportiva e che noi abbiamo voluto estendere all'audiovisivo e all'editoriale, dimostrando che avevamo ragione e dimostrando che le categorie avevano ragione, che dovevano essere tutelate e protette come mai è stato fatto nel passato. Questo è un inizio importante, ma anche un percorso da continuare con attenzione e dialogo, proprio con le categorie.
Per questo nella mozione abbiamo inserito anche un ulteriore passo nel contrasto alla pirateria e al e le statistiche di FAPAV dicono che 9 film su 10, che escono in sala, sono oggetto di audio-video, rendendoli disponibili illegalmente a pochi giorni dalla data di uscita ufficiale. Questioni di cui non vi eravate mai occupati.
Signori, in conclusione, con questa mozione votiamo non solo gli indirizzi per una grande riforma del cinema italiano, ma votiamo una visione culturale, votiamo la fiducia nell'Italia, nei suoi produttori, nella sua creatività, nel suo talento, nella sua capacità di parlare al mondo attraverso le immagini e le storie, la sua capacità di narrazione. Dietro ogni numero che oggi ho ricordato ci sono lavoratori, artisti, tecnici, maestranze, giovani autori, giovani talenti, che hanno deciso di scommettere sulla propria Nazione e sulla narrazione dell'immaginario nazionale. Ci sono territori che si rigenerano grazie a un , ci sono comunità che si riscoprono protagoniste, ci sono nuove generazioni che trovano…
FEDERICO MOLLICONE(FDI). …nel cinema non solo intrattenimento, ma identità, radici e futuro. L'Italia continuerà, quindi, a essere protagonista di questo scenario e noi saremo in prima fila, qui, per sostenere il cinema italiano e sostenere il Governo italiano in questa battaglia
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Passiamo alla votazione della mozione Conte ed altri n. 1-00445.
Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, pertanto, il parere deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Conte ed altri n. 1-00445, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo dunque alla votazione della mozione Boschi e altri n. 1-00487.
Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, pertanto, il parere deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Boschi e altri n. 1-00487, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione della mozione Orfini ed altri n. 1-00488.
Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, pertanto, il parere deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Orfini ed altri n. 1-00488, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione della mozione Mollicone, Latini, Tassinari, Cavo ed altri n. 1-00489.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Mollicone, Latini, Tassinari, Cavo ed altri n. 1-00489, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Passiamo alla votazione della mozione Piccolotti ed altri n. 1-00492.
Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, pertanto, il parere deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Piccolotti ed altri n. 1-00492, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione della mozione Grippo ed altri n. 1-00496.
Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, pertanto, il parere deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Grippo ed altri n. 1-00496, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
PRESIDENTE. Passiamo a questo punto agli interventi per ricordare le vittime dell'attacco del 7 ottobre 2023. Ha chiesto di parlare la deputata Maria Elena Boschi. Ne ha facoltà.
MARIA ELENA BOSCHI(IV-C-RE). Grazie, Presidente. Il 7 ottobre di due anni fa i terroristi di Hamas hanno massacrato 1.200 persone innocenti, israeliani e non solo. Li hanno massacrati perché ebrei, perché liberi. Ragazzi e ragazze che ballavano, che erano liberi di amare chi volevano, di vestire come volevano.
Hamas ha compiuto un femminicidio di massa, torturato delle persone, violentato donne e ragazze e rapito centinaia di persone, portate nei cunicoli di Gaza. Oggi il nostro pensiero va, prima di tutto, a quelle vittime e alle loro famiglie. Ne voglio ricordare una tra tante: la famiglia Bibas. Kfir e Ariel erano due fratellini che insieme non arrivavano ad avere cinque anni e sono stati strangolati, a mani nude, dai macellai di Hamas, insieme alla loro mamma Shiri, e restituiti, in uno spettacolo macabro, alle loro famiglie.
Ecco, io credo che niente di quello che è avvenuto dopo, neanche la tragedia compiuta a Gaza dal Governo Netanyahu, possa oggi far venir meno il cordoglio e la vicinanza umana per quelle vittime innocenti e per quelle vite sacre e niente possa mettere in discussione la condanna ferma dei terroristi di Hamas e di quello che hanno compiuto.
Allo stesso modo oggi noi chiediamo, senza nessuna vergogna e senza nessun imbarazzo, ma con estrema convinzione, la liberazione immediata di tutti gli ostaggi che sono ancora in mano ad Hamas: 48 persone - non sappiamo ancora quanti di loro siano ancora in vita - che devono tornare il prima possibile alle loro case e alle loro famiglie. Chi deve provare imbarazzo e vergogna oggi semmai è chi attacca Liliana Segre in questi giorni per avere un po' di visibilità in più , per un'ospitata in televisione e, magari, per un futuro in politica. La nostra vicinanza alla senatrice Segre, a Liliana Segre .
Noi sappiamo che Hamas non ha soltanto stroncato delle vite umane il 7 ottobre, ma ha posto fine a un processo politico di avvicinamento per la prima volta tra Arabia Saudita e Israele, che avrebbe potuto portare, con l'ampliamento degli Accordi di Abramo, ad una nuova pacificazione dell'area. L'ha fatto d'accordo con l'Iran e ne è seguita una reazione da parte del Governo Netanyahu che ha provocato migliaia di vittime innocenti sulla Striscia di Gaza, che ha portato ad una crisi umanitaria senza precedenti, a cui assistiamo oggi a Gaza e a delle atrocità che devono finire il prima possibile sulla Striscia di Gaza.
Proprio per questo chiediamo di impegnarci tutti per rilanciare l'unico piano di pace oggi possibile per arrivare ad una tregua, quello proposto da Blair, sostenuto da Trump e fatto proprio da molti Paesi europei e dai Paesi arabi moderati per la liberazione degli ostaggi, per il ritiro israeliano da Gaza, per il disarmo di Hamas e per arrivare ad un'autorità di transizione internazionale che possa riportare il diritto a Gaza, che possa portare alla ricostruzione di Gaza e soprattutto alla prospettiva dei “due popoli, due Stati”, con il riconoscimento dello Stato di Palestina, ma anche con il riconoscimento, da parte di tutti i Paesi arabi, del diritto di esistere di Israele. Lo facciamo perché noi, che facciamo politica, abbiamo il dovere di trovare delle soluzioni possibili, soprattutto perché nemmeno un'altra vita umana possa essere spezzata e possa essere sprecata.
Noi chiediamo e vogliamo che tutti i bambini israeliani e palestinesi possano nascere, vivere e giocare liberamente, senza aver paura di uscire di casa e senza aver paura per la propria vita. Chiediamo che i bambini abbiano diritto semplicemente ad essere bambini
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ylenja Lucaselli. Ne ha facoltà.
YLENJA LUCASELLI(FDI). Grazie, Presidente. Il 7 ottobre del 2023 resterà, purtroppo, scolpito nella memoria dell'umanità come una delle pagine più nere del nostro tempo. Quel giorno uomini, donne, anziani e bambini sono stati massacrati, torturati, rapiti e violentati e questo non dobbiamo e non possiamo dimenticarlo. Tutto questo accadeva non in una zona di guerra ma nelle loro case, nelle loro città, nei luoghi dove si vive, si ama e si sogna. Un attacco terroristico vile che ha preso di mira dei civili innocenti, colpevoli soltanto di essere israeliani, colpevoli, secondo Hamas, di esistere. Ecco, fu un sì, che poi ha scatenato la guerra e noi come italiani e come europei, ma banalmente come esseri umani, abbiamo il dovere morale e storico di non voltare lo sguardo.
Soprattutto da patrioti non possiamo accettare l'idea che qualcuno, in nome di una ideologia fanatica e disumana, possa celebrare il terrore come fosse resistenza. No, quello che abbiamo visto il 7 ottobre non ha nulla a che fare con la libertà, con la giustizia e con il diritto dei popoli. È stato odio allo stato puro, è stato terrorismo e il terrorismo non ha mai scusanti e dobbiamo chiamarlo con il suo nome.
Fratelli d'Italia ha sempre scelto da che parte stare: dalla parte di chi difende la propria casa, dalla parte di chi piange i propri morti, dalla parte di chi combatte contro il fondamentalismo islamista, che vuole cancellare l'Occidente e i suoi valori, perché - non dimentichiamolo, colleghi - l'ideologia che ha armato la mano di Hamas è la stessa che ha colpito Parigi, Londra, Berlino, Madrid e la stessa Italia, che ha cercato di colpire noi stessi, qui. Allora, a chi ancora oggi cerca ambiguità, a chi strizza l'occhio ai centri sociali che inneggiano al martirio, a chi partecipa alle manifestazioni con le bandiere verdi e nere, invece che con quelle della pace, diciamo: basta
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Chiara Braga. Ne ha facoltà.
CHIARA BRAGA(PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervenendo oggi non posso nascondere la commozione personale, la consapevolezza che nessuna parola possa descrivere, fino in fondo, il dolore e la tragicità di ciò che oggi ricordiamo. Sono trascorsi due anni dal 7 ottobre del 2023, il giorno in cui il buio è sceso sulla terra più sacra per milioni di donne, uomini, ebrei, cristiani e musulmani.
Il 7 ottobre si è consumato un massacro ad opera di uomini di Hamas, terroristi esperti e miliziani fondamentalisti. Hanno assaltato e ucciso ragazzi che partecipavano in assoluta spensieratezza a un musicale, civili nelle loro case, nei , nelle strade, travolti da una furia cieca e pianificata di violenza e orrore che ha provocato la morte di 1.200 persone, tra cui molti bambini, oltre alla cattura di 251 ostaggi e di questi 48 sono ancora nelle mani di Hamas e il loro destino ci angoscia ogni giorno e ogni giorno ne abbiamo chiesto insistentemente il rilascio.
Noi vogliamo ribadire la nostra dura e ferma condanna per chi si è reso artefice di quei fatti. Qualunque sia il contesto in cui avviene, l'uccisione brutale di innocenti non ha giustificazione alcuna né mai potrà averne , in ogni luogo accada. Nulla può essere considerato causa di tale deliberata efferatezza. È giusto ribadirlo, perché l'inaccettabile massacro di decine di migliaia di palestinesi innocenti a Gaza da parte del governo criminale di Netanyahu e le violenze in Cisgiordania non possono far venir meno il sentimento di sdegno per quanto accaduto due anni fa e rendere la condanna di quell'atto meno decisa. Noi siamo convinti che aver subito un'ingiustizia non giustifica la commissione di altri atti di ingiustizia - mai -, né la violazione sistematica e brutale del diritto internazionale, con quello che è avvenuto in questi due anni da parte del Governo di Netanyahu.
Il 7 ottobre si è consumata una frattura nel mondo che parte dal Medio Oriente ma attraversa ogni continente ed è un baratro che ancora oggi, purtroppo, appare di difficile soluzione, dalla violenta e sproporzionata risposta di Israele contro Gaza alle vacillanti e contorte ipotesi di tregua e di pace a cui, tuttavia, abbiamo il dovere di attaccarci e di appellarci in queste ore, perché la convivenza pacifica torni ad essere un'ipotesi praticabile e la soluzione di “due popoli, due Stati”, con il pieno riconoscimento dello Stato di Palestina, possa vedere il diritto di vivere in pace e in sicurezza nello Stato di Israele e di Palestina. Lo dobbiamo fare per dare una speranza a una regione martoriata, ma anche per dare speranza all'umanità, perché in fondo il 7 ottobre, con la sua carica di orrore, non è mai finito …
PRESIDENTE. Perdoni.
Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Formentini. Ne ha facoltà.
PAOLO FORMENTINI(LEGA). Grazie, Presidente. Interveniamo, ancora una volta, purtroppo, in quest'Aula, a parlare di morti, di una strage orrenda, quella del 7 ottobre di due anni fa.
Noi della Lega abbiamo sempre ricordato quei morti, anche quando era difficile, anche quando era scomodo, e continueremo a farlo, perché crediamo che ciò che è successo debba essere di monito e debba essere condiviso da tutte le forze politiche.
Per ora qui, in quest'Aula, in questo giorno, si è vista una concordia. Speriamo che la concordia sia unanime e non come abbiamo visto, proprio oggi, in regione Liguria, dove parte delle opposizioni ha lasciato l'Aula del consiglio regionale perché era stato chiesto un minuto di silenzio per i morti del 7 ottobre.
Dobbiamo restare uniti, perché la violenza avanza e avanza il terrorismo. Chi non ricorda, chi non commemora e chi cancella facilita l'azione di Hamas e fa il gioco di chi porta la violenza nelle nostre città.
Allora, dobbiamo unirci, come abbiamo fatto in passato, contro la violenza per la democrazia e per onorare quei morti, i morti di una democrazia: persone civili e innocenti massacrate, torturate, stuprate.
Solo se saremo in grado di farlo, difenderemo le nostre istituzioni e la democrazia e difenderemo la nostra libertà che è sotto attacco ogni giorno. Non sono solo le sinagoghe ad essere attaccate e non sono solo i turisti ebrei per le calli di Venezia: no, siamo tutti noi per i valori che rappresentiamo e per quello in cui crediamo. Non possiamo più lasciare cancellare la nostra civiltà impunemente. Dobbiamo riscoprire l'orgoglio di quello che siamo e, per dovere morale nei confronti di quelle famiglie, dobbiamo arrivare presto alla liberazione degli ostaggi e al cessate il fuoco
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Patrizia Marrocco. Ne ha facoltà.
PATRIZIA MARROCCO(FI-PPE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ricordare il 7 ottobre 2023 è un dovere morale prima ancora che politico. In questa data il terrorismo di Hamas ha inflitto a Israele una ferita profonda: famiglie distrutte, bambini, anziani, donne e uomini trucidati nelle loro case, nei nei luoghi di vita quotidiana. Centinaia di persone rapite, molte delle quali ancora oggi trattenute contro ogni principio di civiltà e lontane dai propri affetti e dalla propria libertà.
Quel giorno ha segnato non solo la storia di Israele, ma anche la coscienza dell'umanità intera. Ricordare significa dare voce alle vittime, custodire la memoria del loro dolore, riconoscere la dignità delle famiglie che ancora oggi attendono giustizia e verità.
Hamas con la sua violenza non ha soltanto colpito un popolo, ma ha infangato il principio stesso di convivenza calpestando diritti, speranza e futuro.
La nostra responsabilità non si ferma qui: nel condannare con fermezza assoluta i crimini di Hamas non possiamo tacere il dramma che si consuma parallelamente. Il popolo palestinese sta pagando un prezzo inaccettabile e vergognosamente alto per le colpe di Hamas che lo ha ridotto a scudo umano, privandolo di voce, protezione e dignità. A quella popolazione innocente, che subisce le conseguenze di un conflitto che non ha scelto, vanno la nostra vicinanza, il nostro rispetto e il nostro impegno concreto, affinché non si lasci da sola e si arrivi presto ad un patto di pace.
Il piano di pace illustrato dalla Casa Bianca il 29 settembre rappresenta una possibilità storica: l'unica possibilità per arrestare una spirale di sangue che ha travolto generazioni.
In queste ore, mediatori e rappresentanti delle parti si confrontano in Egitto per delineare i passaggi che rendono operativo quel percorso: la liberazione degli ostaggi, il superamento del potere armato di Hamas, la ricostruzione di Gaza e l'avvio di un'amministrazione civile palestinese credibile e capace di dialogo e responsabilità.
L'Italia sostiene con convinzione ogni sforzo che conduce alla pace nella garanzia della sicurezza di Israele e nel pieno riconoscimento della dignità del popolo palestinese.
Onorare la memoria del 7 ottobre significa affermare che nessun popolo deve più conoscere quell'orrore e che il dolore di uno non può essere negato od opposto al dolore dell'altro. Solo così il ricordo diventa impegno e la memoria diventa futuro.
Concludo, Presidente, esprimendo a nome del mio gruppo piena solidarietà alla senatrice Liliana Segre , una donna che con la sua dignità e la sua testimonianza rappresenta la memoria viva contro l'odio. A lei il nostro rispetto umano e la nostra vicinanza .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Riccardo Ricciardi. Ne ha facoltà.
RICCARDO RICCIARDI(M5S). Grazie, Presidente. Quando noi diciamo di stare dalla parte dell'umanità, non ci stiamo a giorni alterni o a seconda del colore della pelle della vittima o del carnefice o a seconda della nazionalità della vittima o del carnefice . Chiunque sta dalla parte dell'umanità quel 7 di ottobre ha pianto vedendo quelle immagini e ha sofferto per quelle immagini, ed oggi è qui a solidarizzare con quelle vittime e a ricordare quell'atroce attentato con dolore.
Però, non si può stare dalla parte dell'umanità a giorni alterni e non si può pensare che ogni tentativo di capire cosa è successo prima del 7 di ottobre sia bollato come giustificazionismo. Non si può pensare che la storia parta il 7 ottobre. Non si può accettare che oggi venga preso uno striscione indecente, su una manifestazione di 2 milioni di persone, e parlare di antisemitismo , perché quelle persone, che erano in piazza con noi sabato e domenica, io le ho trovate in tutte le piazze e in tutte le celebrazioni a ricordare le vittime nazifasciste. Le ho trovate sempre da quella parte a lottare contro chi ha compiuto l'efferato crimine dell'Olocausto. C'erano sempre e ci sono sempre state. Non tutti dalla parte della maggioranza possono dirci di essere sempre stati a ricordare quei momenti e quelle vittime .
Allora, oggi - perché, poi, oltre al ricordo, noi abbiamo il dovere di fare politica e di capire come vanno determinate cose - Israele è veramente più sicura? Oggi veramente abbiamo sradicato il terrorismo islamico dalla faccia dell'umanità dopo due anni? Oggi l'antisemitismo è meno forte, sì o no?
E, allora, queste cose noi dobbiamo chiedercele, quando parliamo di Israele che ha come valore l'essere democrazia. L'essere democrazia sarebbe stato rispondere da democrazia a un attacco di questo tipo; non democrazia come sistema elettorale, ma democrazia come sistema di valori. Una democrazia non risponde con un genocidio a un efferato attacco Allora, a Gaza hanno finito i giorni del calendario da celebrare. Noi oggi ricordiamo il 7 ottobre. Oggi a Gaza sono morte 59 persone e non hanno più i giorni del calendario per ricordare i loro morti, perché sono tutti occupati. Noi il carnefice lo condanniamo sempre. Voi col carnefice di Gaza fate affari! Siete complici e domani entrerete anche nel comitato d'affari che continuerà a seminare odio in quella terra .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Federica Onori. Ne ha facoltà.
FEDERICA ONORI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Oggi è il 7 ottobre e commemoriamo un attacco terribile, orribile e disumano. Io voglio iniziare il mio intervento dicendo che mi atterrò a questo tipo di tema qui. Tutti gli altri giorni parliamo delle motivazioni storiche, chiediamo a Israele di fare o non fare certe cose e abbiamo chiesto al nostro Governo di fare o non fare certe cose. Io, però, oggi mi atterrò alla commemorazione, perché questo intervento questo voleva essere e questi sono i tre minuti che mi sono dati.
Lo farò iniziando con le parole di Primo Levi che diceva: “È accaduto, quindi può accadere di nuovo”. Questa è la radice di ciò che dobbiamo ricordare. È accaduto, oggi ricordiamo quello che è accaduto due anni fa. A due anni di distanza ricordiamo quindi, con profonda commozione, le vittime innocenti - innocenti - dell'attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023. Erano centinaia di uomini, di donne, di bambini, di famiglie intere brutalmente uccise o rapite nei loro villaggi, nelle loro case, nei luoghi di festa.
Quell'attacco, il più grave contro il popolo di Israele dalla fondazione dello Stato di Israele, rappresenta una ferita profonda non solo per Israele, ma per l'intera umanità e un richiamo drammatico alla necessità di non abbassare mai la guardia di fronte al terrorismo e all'odio.
La memoria di quella giornata ci impone di rinnovare la nostra solidarietà al popolo di Israele e a tutte le vittime del terrorismo, ovunque nel mondo, perché il terrorismo, in ogni sua forma, non colpisce soltanto i Paesi, i confini, le entità geografiche, colpisce i valori stessi della convivenza, della libertà e della dignità umana. Il dolore di quel giorno continua a interrogare le nostre coscienze, e, invero, tanti sono gli interrogativi non risolti intorno al 7 ottobre 2023. Ogni volta che la violenza si ripete e che il fanatismo prevale sulla vita, il male trova terreno per crescere. Ricordare quelle atrocità è, quindi, un monito per vigilare, per non lasciarsi trascinare dall'indifferenza e difendere con fermezza il diritto di ogni persona a vivere in sicurezza e in pace.
Quarantotto ostaggi rimangono, soltanto venti in vita, di cui due in gravissime condizioni. Quindi, la nostra commemorazione non può non menzionare anche la nostra estrema, autentica vicinanza a tutti gli ostaggi e alle loro famiglie per tutto quello che hanno dovuto vivere in questi due anni. Che il ricordo del 7 ottobre ci guidi…
FEDERICA ONORI(AZ-PER-RE). …nel perseguire una pace giusta e duratura in Medio Oriente, una pace fondata sulla sicurezza dei popoli che vi abitano, sul rispetto reciproco, sulla giustizia e sulla dignità di ogni essere umano .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI(AVS). Oggi ricordiamo un crimine orrendo, un spietato contro civili innocenti. Lo abbiamo sempre detto, senza se e senza ma. Un atto di terrore che ha causato 1.250 morti, di cui almeno 800 civili, tantissimi bambine e bambini, ragazzi giovanissimi e centinaia di rapimenti.
Il nostro pensiero va alle vittime e alle loro famiglie, agli ostaggi ancora nelle mani di Hamas e alle famiglie che ne attendono la liberazione. Non c'è giustificazione possibile. E fateci dire che il 7 ottobre non è sepolto sotto le macerie di Gaza. Lo diciamo perché gli errori si sommano, non vengono rimossi da orrori ancora più grandi. Noi siamo, appunto, ostinati messaggeri di pace e nessuna pace si prepara con il massacro di un intero popolo. La pace non nasce mai dalla vendetta. Per questo, anche oggi, portiamo la e non abbiamo paura a dire che anche il 7 ottobre si può e si deve parlare del genocidio a Gaza, di occupazione e in Cisgiordania, perché la risposta al 7 ottobre, quella sì, non può essere l'annessione totale della Palestina, una fatta di colonialismo e mercantilismo.
L'orrore per la barbarie non può accecarci e indurci a rimuovere la storia. Non è vero che tutto nasce il 7 ottobre; Gaza era sotto assedio da anni e i diritti dei palestinesi erano negati da decenni, sotto l'occupazione israeliana, ma, appunto, non ci sono se e non ci sono ma, non ci sono giustificazionismi e non c'è nemmeno simmetria tra chi ha il potere militare e chi vive sotto l'occupazione. E anche parlare di guerra senza riconoscere quell'asimmetria è una mistificazione. Negare il genocidio perpetrato da Israele non aiuta a rendere giustizia agli israeliani che hanno perso la vita il 7 ottobre e la condanna del terrorismo non può diventare alibi per l'indifferenza verso crimini di guerra e punizioni collettive.
Noi siamo convinti che solo il riconoscimento della Palestina non occupata e un processo di pace vera possano garantire pace nella terra di Abramo. Ogni bambino ucciso a Gaza è una sconfitta per l'umanità, come lo è ogni vittima israeliana. Noi non vogliamo che l'orrore si ripeta. Chi è complice con il governo criminale di Netanyahu ci condanna a ripeterlo. Noi vogliamo un mondo ipotecato dalle conseguenze di così tanto dolore. Non possiamo accettare la disumanizzazione dell'altro, non la possiamo accettare, quando si traduce in antisemitismo.
MARCO GRIMALDI(AVS). Una riga. Non possiamo assuefarci alla violenza e al suprematismo. Non sarà la vendetta, mai e poi mai, a mettere la fine a questa spirale, sarà la giustizia, unico modo di avere la pace .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Carfagna. Ne ha facoltà.
MARIA ROSARIA CARFAGNA(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Oggi, a due anni dal 7 ottobre 2023, è nostro dovere ricordare l'orrore di quella giornata e di farlo, come dovremmo fare ogni giorno, senza ribaltare la storia, manipolare la verità o trasformare le vittime in carnefici.
Il 7 ottobre è accaduto quello che credevamo non potesse più accadere dopo la : la caccia all'ebreo nelle case, nei villaggi, nelle fattorie, nei israeliani, tra i ragazzi del Nova Festival, massacrati a centinaia, senza pietà e barbaramente. Un orrore che si è moltiplicato nei giorni successivi, con le testimonianze delle violenze alle donne, degli stupri, delle mutilazioni sulle donne, delle sevizie ai bambini, delle storie degli ostaggi rapiti, rinchiusi e trattati come animali nei tunnel di Gaza.
Con le storie atroci, come quelle della famiglia Bibas: Kfir, nove mesi, Ariel, quattro anni e la loro madre Shiri, rapiti, uccisi nei tunnel di Gaza durante la prigionia. Ciascuna di quelle storie deve restare come un monito nei nostri cuori, così come nei nostri cuori resta indelebile il ricordo della solidarietà degli italiani, che, immediatamente, dopo l'eccidio del 7 ottobre, si sono riversati nelle città italiane per manifestare solidarietà, vicinanza al popolo israeliano, ma anche condanna contro quella orribile violenza di massa.
So bene che due anni dopo quel sentimento è cambiato, è meno forte. La sproporzione della reazione del Governo israeliano, le migliaia di vittime tra i civili palestinesi, la catastrofe umanitaria in corso a Gaza: tutto questo ha cambiato lo sguardo del mondo. Ma inneggiare a un , simpatizzare con le bande di criminali terroristi che, in poche ore, hanno fatto migliaia di morti, più di mille morti tra anziani, bambini e donne, e ne hanno presi in ostaggio più di 200, trasformandoli in scudo umano, o definire, come abbiamo letto sullo striscione del corteo del 7 ottobre, il 7 ottobre come “giorno della resistenza”, è inaudito per un Paese come il nostro , che dovrebbe conoscere la differenza che c'è tra apologia di strage e critica legittima allo Stato di Israele, e dovrebbe sapere che senza il 7 ottobre non ci sarebbe stato tutto il resto.
E, allora, oggi, mentre speriamo che il piano americano porti alla fine della guerra, alla liberazione degli ostaggi e alla cessazione delle sofferenze del popolo palestinese, il ricordo del 7 ottobre deve accompagnarsi ad un avvertimento, come ha ricordato saggiamente il Presidente Mattarella: alziamo la guardia, perché l'antisemitismo sta tornando a diffondersi e usa la tragedia di Gaza come strumento per i suoi fini ignobili.
MARIA ROSARIA CARFAGNA(NM(N-C-U-I)M-CP). Sta a noi evitare che questo accada .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA(MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Il 7 ottobre di due anni fa, la furia di Hamas si è abbattuta su inermi cittadini israeliani e di altre nazionalità, con un'operazione di guerra criminale e inumana. Hamas è un'organizzazione terroristica, il cui scopo fondativo è distruggere Israele e uccidere gli ebrei in quanto tali. La storia del conflitto israelo-palestinese è lunga, complessa e contraddittoria e, in queste settimane, abbiamo discusso e continueremo a discutere e occuparci di quanto di terribile sia accaduto dopo il 7 ottobre, in particolare alla popolazione civile di Gaza, e di come cercare di contribuire alla fine immediata della guerra, che speriamo sia davvero a portata di mano.
Oggi però è il giorno del ricordo delle vittime del 7 ottobre, della speranza che coloro che sono ancora ostaggi barbaramente trattenuti da Hamas e da altri gruppi jihadisti nei cunicoli di Gaza, possano essere presto rilasciati. A chi è capitato, come a me e ad altri colleghi, di visitare i al confine con la Striscia, assaliti dai miliziani che sparavano e uccidevano, che erano abitati da israeliani che sceglievano di vivere in quei luoghi proprio in nome della convivenza tra palestinesi e israeliani, ecco, a me e a coloro che sono stati lì, la percezione forte di quello non sempre è compreso… di quello che è stato l'impatto del 7 ottobre sulla gente civile e normale di Israele; così come la testimonianza dei rapiti rilasciati, di coloro che sono sfuggiti alla strage, nascondendosi al festival musicale, l'immagine delle telecamere di sorveglianza delle cittadine al confine con Gaza, che riprendevano le scorribande dei miliziani, che sparavano e ammazzavano passanti e automobilisti.
Ecco, oggi è il giorno per ricordare tutto questo ed è anche il giorno per ribadire il “no” a ogni gesto e discorso antisemita in Europa e in Italia. Se gli ebrei europei tornassero a sentirsi in pericolo solo in quanto ebrei, a nascondersi solo in quanto ebrei, l'Europa perderebbe la sua identità basata sul pluralismo e la tolleranza, riacquistata negli anni dopo la tragedia nazifascista (.
PRESIDENTE. Si sono così conclusi gli interventi in ricordo delle vittime dell'attacco del 7 ottobre 2023.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ottaviani. Ne ha facoltà. Aspetti che ci mette sempre un po' di tempo prima di attivarsi il microfono. Adesso va bene. Prego.
NICOLA OTTAVIANI(LEGA). Grazie, Presidente. Il gruppo Lega intende chiedere, proporre il rinvio della discussione relativa alla mozione, per quelli che noi riteniamo essere, Presidente, necessari approfondimenti di carattere tecnico, contabile e anche finanziario. Gli elementi che vengono indicati all'interno della mozione sono, in realtà, di una importanza esiziale per quanto riguarda i comuni. Tra tutti, citiamo: la revisione delle regole sul Fondo crediti di dubbia esigibilità, la soluzione per il Fondo di anticipazione di liquidità, la maggiore libertà nell'utilizzo degli avanzi. Sono questioni di una portata e di una rilevanza tale per cui noi riteniamo che ci sia l'opportunità, perlomeno, di un approfondimento su alcune di tali questioni che vengono sollevate, tenuto conto anche, Presidente, di quello che è stato disposto nella legge di bilancio 2025, in cui all'articolo 1, ai commi 753 e 754, è stato previsto un incremento del Fondo di solidarietà comunale di un miliardo l'anno, per i futuri cinque anni. Quindi, riteniamo che tutto questo abbia bisogno di un'ulteriore valutazione - anzi, meglio, approfondimento - di natura tecnica, contabile e finanziaria .
PRESIDENTE. Quindi, tanto per intenderci, lei chiede il rinvio di questa mozione alla prossima settimana?
NICOLA OTTAVIANI(LEGA). Sì, grazie, Presidente.
PRESIDENTE. Affermativo. D'accordo, allora, sulla richiesta di rinviare alla prossima settimana il seguito dell'esame della mozione concernente iniziative in materia di trasferimento delle risorse statali agli enti locali, darò la parola a un deputato contro e a uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno, a norma dell'articolo 41 del Regolamento. Chi chiede di parlare contro? Deputato Fornaro, prego, a lei la parola.
FEDERICO FORNARO(PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Qui c'è una questione di merito e di metodo che ci porta ad essere contrari. Vorrei ricordare ai colleghi e al collega Ottaviani, per il suo tramite, che questa mozione, a prima firma della collega Roggiani, è una mozione in quota alle opposizioni. Voi non potete comportarvi, come maggioranza, come fosse un provvedimento che avete chiesto voi che venisse inserito nel calendario . Questo è un punto, secondo me, di istituzionale, di rapporti corretti tra maggioranza e opposizione. È da ieri, da oggi, che si dice, si sussurra e, poi, arriva l'intervento in Aula. Non si fa così. Un'altra questione di metodo. Abbiamo affrontato molte volte queste questioni, ma c'è un punto di fondo: voi non potete considerare un provvedimento in quota opposizione come fosse nelle vostre disponibilità.
Secondo, nel merito. Questo testo è conosciuto da diverso tempo. Si sapeva da un mese che sarebbe entrato nel calendario e c'era tutto il tempo per fare gli approfondimenti che il collega Ottaviani ritiene utile fare, e su questo potremmo anche essere d'accordo, perché, ovviamente, la mozione è molto ampia, non è strumentale, non è provocatoria, pone delle questioni reali che riguardano i bilanci e le finanze comunali e, quindi, gli approfondimenti sono quanto mai necessari. Però c'era tutto il tempo. Cioè, non si può arrivare - lo dico, signor Presidente, direttamente a lei perché si faccia tramite con il Presidente Fontana - con questa modalità di in Aula per modificare un calendario su provvedimenti dell'opposizione.
È un modo sbagliato di affrontare i rapporti tra di noi, è un modo sbagliato e assolutamente scorretto perché, alla fine, quello che noi decidiamo in Capigruppo - le quote, il calendario - rischia di rimanere cartastraccia, oppure nelle sole prerogative della maggioranza che, a questo punto, fa quello che ritiene e ha voglia di fare. Veramente, siamo molto delusi e a disagio di fronte a questo modo di lavorare. Le chiedo di trasmetterlo al Presidente della Camera e, se sarà necessario, dovremo trovare, eventualmente, anche soluzioni a livello regolamentare perché, altrimenti, i calendari sono cartastraccia e, alla fine, la maggioranza si trasforma - giusto o sbagliato, volente o nolente - in dittatura della maggioranza , e questo è per noi assolutamente inaccettabile .
PRESIDENTE. Chi chiede di parlare a favore? Se non c'è nessuno, passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio alla prossima settimana del seguito dell'esame della mozione concernente iniziative in materia di trasferimento delle risorse statali agli enti locali, ovviamente confermando al deputato Fornaro che sarà interpellato sulle sue obiezioni il Presidente Fontana, che peraltro ci ascolta.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva per 31 voti di differenza.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, in prima deliberazione, n. 2473-A: Modifiche allo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Ricordo che, nella parte antimeridiana della seduta, si è conclusa la discussione generale e il relatore e il rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge costituzionale e delle proposte emendative ad esso presentate .
Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore e il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge costituzionale. Prego, deputato Urzi'.
ALESSANDRO URZI', . Grazie, Presidente. Per praticità, su tutte le proposte emendative, esprimo parere contrario.
ROBERTO CALDEROLI,. Parere conforme al relatore.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 1.3 Auriemma. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.3 Auriemma, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.5 Ferrari.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.
SARA FERRARI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervengo per illustrare questo emendamento. Stiamo votando modifiche, direi, ordinarie dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige. Si configurano come una manutenzione poco più che ordinaria e, soprattutto, questo passaggio legislativo non aggiorna il nostro statuto alle modifiche del Titolo V della Costituzione del 2001.
Ho voluto fare questa proposta perché nell'articolo 117 della Costituzione si prevede che le regioni debbano legiferare per promuovere… Presidente non riesco a sentirmi...
SARA FERRARI(PD-IDP). L'articolo 117 della Costituzione impone alle regioni di legiferare nella direzione di promuovere la pari rappresentanza di genere nelle istituzioni. Ebbene, nella provincia autonoma di Trento e nella provincia autonoma di Bolzano, nella regione in questo caso - perché è la regione che legifera sugli enti locali - queste norme non vengono applicate. E siccome in realtà l'articolo 117 compete anche alla regione autonoma Trentino-Alto Adige per la clausola di maggior favore, ho inteso fare in modo che quella norma fosse richiamata all'interno dello statuto, perché possa essere esercitata, perché quella competenza venga esercitata, perché quella norma venga effettivamente applicata.
Per ben quattro volte, negli ultimi anni, dal 2012 a oggi, quando tutti i comuni italiani sopra i 5.000 abitanti votano con la doppia preferenza di genere nelle elezioni amministrative, ebbene, nella provincia autonoma di Trento e di Bolzano questo non esiste perché la regione non ha mai voluto approvare questa norma e ha respinto per ben quattro volte le proposte di legge che intendevano adeguare la nostra autonomia a questa norma. Allora, ho provato a inserirlo in questo statuto perché anche la nostra regione potesse adeguarsi ed esercitare la propria autonomia in termini positivi e non di retroguardia. Purtroppo, accolgo con dispiacere il parere negativo anche su questo emendamento.
PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.5 Ferrari, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.6 Ferrari. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.
SARA FERRARI(PD-IDP). Grazie, Presidente, intervengo per illustrare anche questo emendamento ed esprimere tutto il mio sconcerto per il parere negativo. Davvero il parere negativo sul riconoscimento dell'Euregio all'interno dello statuto di autonomia non può che essere classificato come una posizione ideologica, preconcetta e di chiusura perché la proposta arriva dall'opposizione. Era una proposta innocua, per certi versi, che semplicemente andava a riconoscere, all'interno dello statuto, un'operazione di applicazione dell'articolo 117 della Costituzione che consente anche alle regioni ordinarie di costituire entità territoriali istituzionali, gruppi europei di cooperazione transfrontaliera, che la regione Trentino-Alto Adige o meglio le due province di Trento e Bolzano hanno costituito insieme al Tirolo da molto tempo.
L'Euregio è una realtà, tanto che ha una sua assemblea che riunisce i consigli provinciali dei tre territori e che delibera, fa mozioni, deliberazioni per condividere indirizzi comuni su materie transfrontaliere, sul traffico, sul commercio, sulle relazioni culturali, sulla conservazione e valorizzazione delle tradizioni. Eppure, tutto questo esiste; esiste da tempo. La nostra è una delle poche regioni che ha applicato quella norma; peccato però che nel nostro statuto, fermo al 1972, oggi, che ha finalmente un suo aggiornamento - e l'unica operazione che possiamo riconoscere e condividere del provvedimento odierno è che finalmente aggiorna uno statuto ormai datato -, ecco, lì dentro, non andiamo a riconoscere che questa regione ha costituito quel gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera che si chiama Euregio.
Non volerlo fare è davvero un'impuntatura abbastanza insensata, me ne dispiaccio e non so come faranno i colleghi di maggioranza a spiegare per quali motivi si sono trovati contrari a questa operazione.
PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.6 Ferrari, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.7 Auriemma. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.7 Auriemma, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.10 Penza. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.10 Penza, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.12 Baldino. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.12 Baldino, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione…
No, c'è l'emendamento 1.11 Penza. La votazione è revocata perché abbiamo saltato un emendamento, ho saltato un emendamento, quindi facciamo retromarcia.
Passiamo all'emendamento 1.11 Penza. Sempre Penza primo firmatario, da qui l'equivoco. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.11 Penza, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.12 Baldino … Non so cosa accada…Bene, vi ringraziamo per questo bentornato al deputato Scotto.
Passiamo all'emendamento 1.12 Baldino. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.12 Baldino, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.100 Caramiello. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 Caramiello, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.102 Alfonso Colucci. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.102 Alfonso Colucci, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.14 Baldino. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.14 Baldino, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.104 Alfonso Colucci. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.104 Alfonso Colucci, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.103 Auriemma. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.103 Auriemma, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.15 Auriemma. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.15 Auriemma, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.101 Baldino. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.101 Baldino, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.16 Penza. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.16 Penza, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.17 Baldino. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.17 Baldino, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.18 Auriemma. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.18 Auriemma, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.19 Penza. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.19 Penza, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.20 Auriemma. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.20 Auriemma, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.21 Auriemma. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.21 Auriemma, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.22 Alfonso Colucci. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.22 Alfonso Colucci, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo agli identici emendamenti 1.23 Ferrari e 1.24 Alfonso Colucci. Ha chiesto di parlare la deputata Ferrari. Ne ha facoltà.
SARA FERRARI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Questo emendamento, che è identico a quello del collega Alfonso Colucci, chiede una cosa molto semplice. Nel momento in cui ci fosse un contenzioso per conflitto di attribuzione rispetto alla competenza, o provinciale o statale, oggi il consiglio provinciale delibera se impugnare la norma statale che ritiene avere leso le sue prerogative; questa modifica, che ci accingiamo invece a votare, sposta sulla giunta la responsabilità di decidere se si vuole o meno impugnare quella norma. Questo ovviamente restringe la partecipazione; questo ovviamente fa sì che la giunta, che evidentemente rappresenta esclusivamente la maggioranza, decide se impugnare o meno una norma.
Oggi, invece, questa scelta spetta al consiglio e noi non capiamo perché si debba togliere la trasparenza e la condivisione collettiva di tutte le forze politiche, che possono essere d'accordo o meno. All'interno del consiglio la maggioranza esercita la sua supremazia di maggioranza, ma è un luogo nel quale queste decisioni vanno condivise; fanno riferimento a competenze statutarie che stanno dentro la Costituzione e sono passaggi che si condividono. Invece voi state andando a proporre che sia la giunta, quindi esclusivamente la maggioranza, ad assumere questa decisione. Noi crediamo che sia un passaggio sbagliato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alfonso Colucci. Ne ha facoltà.
ALFONSO COLUCCI(M5S). Grazie, Presidente. Con questo emendamento chiediamo che venga mantenuta la previa deliberazione del consiglio, ai fini dell'impugnativa davanti alla Corte costituzionale delle leggi per conflitto di attribuzione.
In realtà, la proposta di legge che stiamo discutendo propone proprio di modificare l'articolo 98 dello statuto della regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle province autonome di Trento e Bolzano, che sono collegate, trasferendo la competenza sulla deliberazione per l'impugnazione delle leggi statali proprio dal consiglio alla giunta.
Noi pensiamo, anche in coerenza con il dettato della Corte costituzionale, che spetti all'assemblea, e quindi al consiglio, che è organo elettivo, una valutazione - che non è una valutazione solo tecnica, ma una valutazione altamente politica - su un'iniziativa di impugnativa delle leggi per conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, e che quindi il trasferimento esclusivo alla giunta non metta al centro come dovuto quello che è il tema della rappresentanza.
Vede, Presidente, l'intero articolato che stiamo esaminando ha, a nostro avviso, esattamente questo , cioè risente di un'impostazione verticistica dell'autonomia; immagina l'autonomia come un mero trasferimento di competenze dal livello nazionale al livello regionale, e quindi delle province autonome, e non declina piuttosto l'autonomia, come noi riteniamo invece debba essere fatto, ossia come strumento di partecipazione attiva delle collettività a quelli che sono i processi decisionali.
Questo vizio, che noi riscontriamo in questa norma e che cerchiamo di correggere con questo emendamento, lo riscontriamo per l'intero provvedimento, nel senso che siamo di fronte ad una riproposizione di una nozione vecchia di autonomia, sia pure dell'autonomia speciale del Trentino-Alto Adige, che per noi è un bene prezioso: una concezione vecchia, che non riesce a declinare in termini innovativi, in termini propositivi, verso il futuro, un concetto di autonomia che sia partecipazione attiva dei cittadini, che sia coinvolgimento delle comunità di riferimento, che sia, in fin dei conti, democraticità
PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, li pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.23 Ferrari e 1.24 Alfonso Colucci, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.26 Alfonso Colucci . Ha chiesto di parlare il deputato Alfonso Colucci. Ne ha facoltà.
ALFONSO COLUCCI(M5S). Grazie, Presidente. Questo emendamento rivede esattamente il procedimento di modifica dello statuto all'articolo 103, affinché proprio l'intesa sul testo approvato dalle Camere sia una deliberazione su testo conforme da parte del consiglio regionale e dei consigli provinciali e non sia una mera consultazione o possibilità di veto superabile. Introdurre la possibilità di organizzare un referendum popolare confermativo regionale sulle modifiche statutarie garantisce così il coinvolgimento diretto della popolazione interessata.
In realtà, questa proposta di legge introduce un meccanismo di intesa per le modifiche statutarie, ma prevede anche che, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa nei 60 giorni, le Camere possano comunque adottare le modifiche a maggioranza assoluta, fermi restando i livelli di autonomia riconosciuti.
Orbene questa formulazione, sia pur conservando i livelli di autonomia riconosciuti, non è una vera intesa, perché non richiede una deliberazione su testo conforme tra le parti. Quindi, questa norma che si introduce, in realtà, mortifica l'autonomia di quella regione e di quelle province autonome.
Peraltro, la formula utilizzata con questo articolato appare di dubbia portata interpretativa. Quindi, noi proponiamo prima di tutto che ci sia un'intesa su testo conforme, il che valorizza esattamente il portato dell'autonomia della regione e delle province autonome collegate, ma anche la possibilità di introdurre un referendum popolare confermativo, come passo dirompente e come forma nobile di tutela dell'autonomia, permettendo al popolo, alle comunità territoriali del Trentino-Alto Adige, di Trento e di Bolzano, di esprimersi attivamente, di partecipare attivamente al processo democratico di quelle province e di quella regione.
PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.26 Alfonso Colucci, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.2 Ferrari. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.2 Ferrari, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.27 Ferrari. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.27 Ferrari, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.28 Alfonso Colucci. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.28 Alfonso Colucci, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.29 Auriemma. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.29 Auriemma, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.30 Ferrari. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.30 Ferrari, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'emendamento 1.31 Alfonso Colucci. Ha chiesto di parlare il deputato Alfonso Colucci. Ne ha facoltà.
ALFONSO COLUCCI(M5S). Grazie, Presidente. L'articolo 107 dello statuto disciplina la composizione della Commissione paritetica dei 12 e dei 6, che è incaricata di elaborare gli schemi delle norme di attuazione. È un ruolo cruciale questo per lo sviluppo dell'autonomia e la risoluzione dei conflitti con lo Stato e tuttavia il funzionamento interno di questa commissione è, a nostro giudizio, rimasto finora interno e incompleto e si basa spesso su prassi che non sono codificate. Tra le criticità che noi abbiamo riscontrato vi sono la mancanza della predeterminazione dei requisiti soggettivi dei componenti, che ha portato a una prevalenza di profili politici a discapito di quelli tecnici, una sottorappresentazione delle minoranze politiche e la trasparenza sui lavori insufficiente, con relazioni occasionali e accesso limitato alla documentazione per i consiglieri.
Con questo emendamento noi cerchiamo di dare una risposta necessaria e lungimirante proprio a queste problematiche. Un intervento, questo emendativo, che, pur apparentemente tecnico, tocca il cuore stesso della democrazia autonomistica e si muove su essenziali quattro pilastri.
Il primo favorisce la programmazione delle attività, che rappresenta un primo elemento di innovazione. Introdurre l'obbligo di definire linee di intervento prioritarie, attraverso un atto di indirizzo del consiglio regionale, supera quella che è una gestione che attualmente definiamo estemporanea dei lavori.
In secondo luogo, favorisce criteri di trasparenza e di accessibilità dei lavori delle Commissioni. Questo emendamento, infatti, introduce l'obbligo di garantire la massima pubblicità ai lavori, prevedendo la creazione e la digitalizzazione di un archivio storico che raccolga tutta la documentazione dal 1973 ad oggi. Questo intervento risponde a una logica concreta che consente ai consiglieri regionali e provinciali, nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di svolgere accuratamente la propria attività di controllo e di indirizzo, avendo a disposizione tutta la documentazione necessaria per formulare il proprio parere e la propria opinione politica.
Il terzo elemento riguarda la professionalizzazione anche delle Commissioni attraverso la definizione di competenze chiare e requisiti professionali anche per l'accesso alla Commissione. L'introduzione di tali criteri chiari per le competenze professionali mira proprio ad assicurare che le Commissioni siano composte da professionalità altamente specializzate, sia in materia tecnica, che giuridica, che economica: competenze necessarie per elaborare norme di attuazione complesse e di qualità.
Il quarto pilastro, forse il più significativo, introduce la garanzia statutaria della rappresentanza delle minoranze politiche. L'attuale sistema, che vede esclusivamente attualmente il consiglio provinciale di Trento garantire una forma limitata di rappresentanza minoritaria, ha creato di fatto una sotto rappresentazione delle minoranze e uno svilimento del pluralismo politico. Questo emendamento intende correggere questo squilibrio e introduce principi statutari che assicurano un salutare bilanciamento democratico, consentendo così a tutte le sensibilità politiche di contribuire al processo legislativo.
Ancora una volta, il MoVimento 5 Stelle declina il concetto di autonomia speciale in termini non di trasferimento di poteri e di funzioni, bensì di democrazia e di partecipazione altamente qualificata .
PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.31 Alfonso Colucci, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Prima di andare avanti, salutiamo la delegazione parlamentare britannica del Gruppo di amicizia Regno Unito-Italia, che oggi è in visita alla Camera dei deputati e, in particolare, si trova proprio in tribuna alla mia sinistra. Grazie per la vostra visita e la vostra presenza .
Avverto che, consistendo il disegno di legge costituzionale di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati .
Invito il rappresentante del Governo, il Ministro Calderoli, ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.
ROBERTO CALDEROLI,. Grazie, Presidente. Il parere è contrario su tutti gli ordini del giorno. Ci sono spunti interessanti, che però non si concretizzano nella riforma costituzionale e potranno essere più utili nella sua fase di attuazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2473-A/1 L'Abbate, con il parere contrario del Governo. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2473-A/1 L'Abbate, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2473-A/2 Alifano. Ha chiesto di parlare la deputata Alifano. Ne ha facoltà.
ENRICA ALIFANO(M5S). Grazie, Presidente. Al di là delle diciture, che possono tanto piacere e che sono rimbalzate, dei vari proclami che sono rimbalzati in cronaca, al di là anche dei cambi di denominazione - io leggo che all'articolo 1, al comma 1, lettera le parole: “regione Trentino-Alto Adige” sono sostituite dalla nuova dicitura: “Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol”; quindi, c'è un riconoscimento della minoranza linguistica -, al di là di queste cose di pura facciata, di proclami, in realtà bisogna poi andare alla sostanza delle cose.
Il trasferimento di competenze in materie come urbanistica, contratti pubblici, servizi pubblici, ambiente e fauna selvatica sicuramente necessiterà di un confronto con la normativa vigente e, quindi, anche un raccordo con l'esistente normativo. Necessiterà sicuramente, signor Presidente, di maggiori risorse e non c'è da nascondersi su questo tema. Il fatto di scaricare, poi, su altri livelli di governo ovviamente comporta un problema di reperimento di risorse.
Al momento io penso che nessuno possa dire se tale trasferimento sarà efficiente, quantomeno nel medio periodo, e nessuno è in grado di dire se questo passaggio sarà conveniente per cittadini e per imprese. Ancora, nessuno al momento è in grado di dire se, nel medio o nel lungo termine, la regione avrà risorse sufficienti per gestire nuovi compiti e se avrà capacità amministrativa, dunque se questo trasferimento sarà sostenibile.
Quello che sappiamo oggi - e l'abbiamo appreso da organi di stampa - è che la modifica degli scaglioni Irpef ha determinato di già un minor gettito per le casse delle province autonome.
Si sono anche stimati dei valori: si parla di 70-80 milioni per la provincia di Bolzano e 100 milioni per la provincia di Trento.
Noi, con questo ordine del giorno, chiediamo innanzitutto, come sempre da parte del MoVimento 5 Stelle, di restituire un po' di centralità alle Camere, a questo Parlamento che, di fatto, dovrebbe avere - io credo - un ruolo ben più importante di quello che viene riconosciuto dall'attuale maggioranza nella presente legislatura. E chiediamo, con questo ordine del giorno, un impegno innanzitutto al Governo: di trasmettere, nel termine di sei mesi dall'approvazione di queste modifiche, una relazione dettagliata sull'impatto determinato dalla riforma fiscale - e lo vedremo, penso, anche a breve, lo vedranno i cittadini, ma io penso che sia necessario anche un dibattito all'interno di quest'Aula - sul gettito delle province, in modo da monitorare anche gli effetti, nel medio e nel lungo termine, di queste innovazioni e in modo da prevedere - e lo dico a beneficio degli abitanti di questa regione - eventuali misure compensative e di ristoro, qualora non fosse possibile al momento, allo stato attuale, con le risorse che sono attualmente a disposizione della regione, sostenere questi nuovi compiti che risulteranno - io penso - di grande impegno e gravosi .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2473-A/2 Alifano, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2473-A/3 Penza, su cui vi è il parere contrario del Governo. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2473-A/3 Penza, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2473-A/4 Pellegrini, su cui vi è il parere contrario del Governo. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2473-A/4 Pellegrini, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2473-A/5 Alfonso Colucci, su cui vi è il parere contrario del Governo. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2473-A/5 Alfonso Colucci, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Dieter Steger. Ne ha facoltà. Colleghi, qualora aveste intenzione di allontanarvi dall'Aula, siete pregati di farlo in silenzio per consentire al deputato Steger di svolgere la propria dichiarazione di voto. Prego.
DIETER STEGER(MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi non discutiamo semplicemente di un disegno di legge costituzionale. Con il disegno di legge n. 2473-A discutiamo di una ulteriore tappa importante del cammino autonomistico del Trentino-Alto Adige/Südtirol, di una scelta che parla di fiducia, di responsabilità, di condivisione e della convivenza tra gruppi linguistici differenti. Parlo a quest'Aula nella mia veste di presidente della Südtiroler Volkspartei, il partito che questa riforma l'ha voluta, negoziata e sostenuta, non per convenienza, ma per convinzione; una convinzione semplice e forte. L'autonomia non è mai qualcosa che si difende soltanto, è qualcosa che si costruisce ogni giorno. Questo disegno di legge costituzionale interviene sullo statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol aggiornandolo e adattandolo a un contesto politico, economico e istituzionale profondamente mutato dopo la riforma costituzionale del 2001.
I cardini principali sono chiari: ripristino di competenze andate perdute; ridefinizione più netta delle competenze tra Stato, regioni e province autonome, per evitare conflitti e contenziosi; semplificazione amministrativa e procedurale per ridurre lentezze e sovrapposizioni; rafforzamento delle tutele linguistiche e consolidamento del principio della parità tra le lingue; meccanismi procedurali chiari e trasparenti che consentono di risolvere i conflitti di competenza in tempi certi e con regole definite.
Non si tratta di una riforma cosmetica, si tratta di una modernizzazione istituzionale, che riconosce come l'autonomia, per restare viva, debba sapersi aggiornare, semplificare e rendere più efficiente. Come SVP abbiamo voluto questa riforma per ragioni precise e profonde: anzitutto, perché crediamo in un'autonomia forte, ma responsabile e condivisa. Non chiediamo più autonomia per principio, ma un'autonomia migliore, cioè più efficace, più chiara, più vicina ai bisogni dei cittadini. In secondo luogo, perché vogliamo correggere aspetti problematici della riforma costituzionale del 2001 e così porre fine ai conflitti di competenza che, negli ultimi anni, hanno paralizzato molte decisioni. In terzo luogo, perché questa riforma rafforza la certezza del diritto, dà regole chiare ai cittadini, alle imprese e alle istituzioni, e dove c'è chiarezza cresce anche la fiducia.
Infine, vogliamo riaffermare un principio fondamentale: l'attuale autonomia del Südtirol è stata raggiunta in seguito ad un confronto pluriennale, separato e proficuo, talvolta anche molto difficile, tra lo Stato, le comunità e le rappresentanze locali, sempre però nell'ottica di scelte condivise, di un patto costituzionale, che serve a unire e non a separare. A questo punto, vorrei ricordare un dato spesso dimenticato, ma essenziale: la popolazione della nostra provincia, poverissima nel dopoguerra, con il proprio impegno, la propria laboriosità e un profondo senso civico, ha saputo, grazie all'autonomia, creare benessere, infrastrutture e coesione sociale. Quella che un tempo era una terra di emigrazione, di scarsità, è oggi una realtà prospera, moderna e…
PRESIDENTE. Chiedo scusa, deputato Dieter Steger, la devo interrompere. Voglio ricordare, devo ricordare, che non è possibile fare video in Aula, quindi ciascuno si regoli di conseguenza. Prego, prosegua, scusi per l'interruzione.
DIETER STEGER(MISTO-MIN.LING.). Un tempo era una terra di emigrazione e di scarsità, oggi è una realtà prospera, moderna e solidale. Questo non per caso, ma perché l'autonomia ha reso possibile un modello di sviluppo fondato sulla responsabilità locale, sull'efficienza amministrativa e sul reinvestimento delle risorse nel territorio. Oggi la provincia autonoma di Bolzano non rappresenta un peso per lo Stato, ma, al contrario, è contribuente netto del sistema Paese: dà più di quanto riceva. Lo Stato trae beneficio dal nostro contributo fiscale e sociale: un risultato che dimostra che l'autonomia, quando ben gestita, non divide, ma rafforza l'Italia, è la prova concreta che la fiducia verso le autonomie non è un rischio, bensì un investimento.
Desidero, in questo contesto, esprimere un sincero ringraziamento al Governo e, in particolare, alla Presidente Giorgia Meloni, per aver mantenuto con coerenza e determinazione la parola data nel suo discorso di insediamento in Parlamento, confermando così un impegno di lealtà istituzionale e di rispetto verso le autonomie. Un ringraziamento va, inoltre, al Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli per il suo costante impegno nel portare a compimento l'iter parlamentare di questo disegno di legge costituzionale e per la sua instancabile dedizione alla causa autonomistica. Desidero, infine, ringraziare il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, per la sua vicinanza, la sua solidarietà e il suo convinto sostegno alla nostra autonomia speciale, riconosciuta come modello di equilibrio, convenienza e responsabilità Hanno dimostrato che il dialogo con le autonomie può essere leale e costruttivo, che non serve alzare la voce per ottenere il rispetto. Il Governo ha mantenuto gli impegni presi, onorando non solo un accordo politico, ma un patto di fiducia istituzionale. E questo lo voglio dire con chiarezza, è un segnale importante anche per il futuro delle altre regioni speciali e per l'intero sistema delle autonomie italiane.
In un certo senso, ci consideriamo come apripista per le legittime aspettative delle altre regioni.
Onorevoli colleghi, questa riforma merita un giudizio equilibrato, non euforico, ma lucido. I punti forti sono evidenti: la riduzione di conflitti di competenza, grazie a procedure più snelle e a tempi certi; il trasferimento progressivo di funzioni dalla regione alle province e, quindi, una maggiore vicinanza ai cittadini; il rafforzamento della tutela delle minoranze linguistiche con norme più chiare, in particolare per la scuola e la madrelingua; la cooperazione istituzionale stabile tra Stato e autonomie che rafforza il principio della leale collaborazione.
Ma, accanto ai meriti, è giusto riconoscere anche alcuni punti delicati. Il meccanismo che consente alle Camere di deliberare a maggioranza assoluta in assenza d'intesa, sebbene tutelato da clausole di salvaguardia, per noi è un punto problematico che richiede alta vigilanza. È uno strumento che speriamo non dovrà mai essere applicato, ma che, in ogni caso, va usato con grande sensibilità ed equilibrio e mai come scorciatoia. Inoltre, alcune formulazioni armonizzatrici, quelle che parlano di coordinamento tra competenze statali e provinciali, in mani meno sensibili, potrebbero aprire varchi interpretativi che restringono gli spazi autonomistici e questo non può essere il senso della riforma. Infine, il successo della riforma dipenderà dall'attuazione, dalle norme di attuazione, dai decreti, dalle risorse e dalla volontà politica costante di rispettarne lo spirito.
Ecco perché, pur sostenendo questa riforma, la SVP intende restare vigile, esercitando il suo ruolo politico e istituzionale di custode dell'autonomia, anche dopo l'approvazione della legge.
C'è un principio che vorrei sottolineare con forza: l'autonomia non è mai compiuta. È un processo permanente che si adatta ai tempi, alle sfide e alle nuove forme di convivenza e di governo.
Ogni generazione ha il dovere di portarlo a un passo più avanti, non per ambizione, ma per responsabilità. Perché se l'autonomia si ferma, arretra e, se arretra, perde la sua forza propulsiva.
Ecco, perché noi guardiamo con speranza a ulteriori sviluppi, ad un'autonomia che sappia evolversi nel campo della finanza, della digitalizzazione, delle competenze europee e della gestione dei servizi pubblici. L'autonomia è come una casa che va sempre curata. Non basta averla costruita, bisogna abitarla manutenerla e migliorarla.
DIETER STEGER(MISTO-MIN.LING.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questo disegno di legge costituzionale, noi rafforziamo un principio fondamentale della Repubblica, ossia che la diversità può essere una forma di coesione e che il pluralismo linguistico e culturale è una ricchezza e non una minaccia.
Per questo, a nome della Südtiroler Volkspartei, annuncio il voto favorevole su questa riforma, un voto che nasce dal realismo, un voto che riconosce i punti di forza, ma non ignora le criticità. È un voto che unisce gratitudine e vigilanza, fiducia e responsabilità. Perché l'autonomia per noi non è solo una bandiera da sventolare, è un impegno quotidiano da onorare con rispetto, con equilibrio e anche con coraggio .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luana Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA(AVS). Grazie, Presidente. Il mio intervento si discosterà un po' da quello precedente. Innanzitutto, il provvedimento in esame merita una precisazione preliminare, visto che parliamo di uno statuto che, risalente al 1972, sicuramente era bisognoso di aggiornamento. Nonostante ciò si ripropone, tutto sommato, lo
Ci si limita a riscrivere, in forma più attuale, competenze che la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e le due province autonome già possiedono ed esercitano di fatto. Quindi, il disegno di legge sulla riforma dello statuto di autonomia è stato elaborato sulla base di un rapporto diretto, quasi esclusivo, del Governo nazionale con i presidenti delle due province autonome di Trento e Bolzano, senza alcun reale coinvolgimento - da quanto mi è dato e ci è dato sapere - e protagonismo nella fase di elaborazione da parte dei due consigli provinciali e, unitariamente, del consiglio regionale, massima espressione della democrazia rappresentativa delle due province e della regione.
Non si tratta propriamente di una organica riforma dello statuto di autonomia, che potrebbe dar vita, in qualche misura, ad un terzo statuto, dopo quelli del 1948 e del 1972, ma di una operazione, per così dire, di manutenzione dello statuto in vigore, in ambiti limitati al presunto ripristino di competenze che sarebbero state erose dalla giurisprudenza costituzionale, a partire dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 e via seguendo.
Il testo del disegno di legge non affronta il tema cruciale della permanenza in vigore o meno dell'articolo 10 della riforma del Titolo V della Costituzione, introdotto con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001. L'articolo 10 recita: “Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”. Intendo dire che c'è il forte rischio che il DDL costituzionale in esame, una volta approvato, possa essere considerato corrispondente alla previsione dell'articolo 10 - che recita: “Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti” - e che, quindi, possa determinare la decadenza della clausola di maggior favore contenuta in quello stesso articolo 10, con un obiettivo e gravissimo depotenziamento, al di là delle intenzioni, della stessa autonomia.
Nel disegno di legge costituzionale c'è un forte accentramento in capo ai presidenti delle province autonome di Trento e di Bolzano con un corrispettivo, conseguente, forte depotenziamento del ruolo democratico dei rispettivi consigli provinciali. Nulla si prevede nel disegno di legge costituzionale in merito ad una più precisa definizione del ruolo della regione come sede istituzionale di raccordo e collaborazione tra le due province autonome. Sempre nel disegno di legge costituzionale, nulla si prevede in riferimento al rapporto con l'Unione europea e al ruolo del gruppo europeo di cooperazione territoriale quale dimensione euro-regionale.
È fortemente discutibile anche quanto previsto in merito alle funzioni delle Commissioni dei Dodici e dei Sei, alla necessità di una maggiore trasparenza dei loro lavori istruttori e alla necessità di un diretto rapporto, informativo e di confronto, sulle proposte con i consigli provinciali e il consiglio regionale.
Noi di AVS non condividiamo assolutamente la previsione dell'attribuzione alle due province autonome della competenza esclusiva in materia di fauna selvatica, oltretutto con l'attribuzione della competenza di questa materia ai presidenti delle due province, anziché ai due consigli provinciali. Si ricorda che l'articolo 9 della Costituzione italiana determina, tra l'altro, la tutela della biodiversità, e quindi indirettamente affronta il tema dei lupi e degli orsi, che rimangono specie altamente protette, perché la fauna selvatica è proprietà indisponibile dello Stato. Queste specie sono inoltre protette dalla direttiva Habitat.
Altro punto molto importante è che, ricordo, secondo l'ultimo rapporto ISPRA 2022-2024 il Trentino è tra le aree a maggiore pericolosità, con oltre il 20 per cento del territorio a rischio molto elevato di frana, come noto. In Alto Adige migliaia e migliaia di edifici sono a rischio di caduta massi. Poi ovunque vi è il tema e il problema delle colate detritiche, alluvioni, eventi estremi e incendi boschivi, che colpiscono in particolare le zone montane, spesso con una violenza inaudita. Quindi noi crediamo che questo statuto, in realtà, non affronti i veri temi e i veri problemi della regione e delle due province autonome. Per questa ragione, Presidente, esprimiamo un voto di astensione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alessio. Ne ha facoltà.
ANTONIO D'ALESSIO(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Io sarò estremamente sintetico rispetto a quello che può sembrare un argomento residuale, banale o marginale, sicuramente è circoscritto da un punto di vista territoriale, però rientra in quello che è il delicato equilibrio dei poteri e delle prerogative delle istituzioni, perimetro che va disegnato corretto circa i poteri dello Stato e delle autonomie speciali. L'autonomia è un concetto pericoloso sotto certi aspetti, ma anche che può diventare virtuoso a seconda di come viene declinato.
È chiaro che c'è la necessità dello Stato di decentrare sotto certi profili per rendere le decisioni più snelle e anche più attinenti a quella che è la specificità di un determinato territorio, senza però perdere da parte dello Stato la centralità e l'organizzazione delle grandi materie più importanti e della strutturazione di un Paese. Allora, ovviamente, l'architettura istituzionale deve essere estremamente equilibrata. In quel territorio poi storicamente si è raggiunto un punto di equilibrio successivo alla Seconda guerra mondiale, quando i due Stati, Austria e Italia, che erano venuti fuori male dal conflitto mondiale, avevano la necessità di regolamentare quella zona che doveva essere poi anche una zona in cui convivevano due etnie, quindi con ovvi problemi e con necessità di creare un'organizzazione e un equilibrio di pesi e contrappesi.
Quindi, il riordino del sistema delle autonomie, con il trasferimento poi dalla regione alle province di materie e competenze. Nel 2001, giusto per tracciare un momento e una data storica, le province diventarono parte della regione e non solo una propaggine organizzativa e organizzatoria delle regioni stesse. Si tratta, ovviamente, di una materia di natura costituzionale. Si è creato in quella zona un equilibrio che noi potremmo definire tripolare, cioè quello della regione, della provincia di Bolzano e della provincia di Trento. Naturalmente se sono chiare le norme - i latini dicevano - non c'è possibilità di un'interpretazione diversa.
Questo provvedimento sotto certi profili va a chiarire degli elementi che non erano estremamente chiari e che hanno determinato in questo senso anche del contenzioso, proprio in termini di attribuzione allo Stato, alle regioni o alle province di determinate materie. Naturalmente il deve essere quello delle procedure snelle, della certezza dei tempi e di un equilibrio necessario a evitare conflitti, creando un'organizzazione saggia per la tutela e la garanzia di tutti gli interessi rappresentati.
Allora, sotto certi profili possiamo anche sottolineare degli aspetti positivi del provvedimento, perché rimuove dei limiti che non hanno più ragion d'essere e abbatte delle discriminazioni e degli steccati. Ha anche la capacità di specificare delle competenze che, come dicevamo, non erano di chiara interpretazione e ha anche un aggiornamento sulla terminologia. Se possiamo evidenziare un lato negativo è che, purtroppo, questo non è l'adeguamento e l'assetto definitivo degli statuti al Titolo V della Costituzione. Complessivamente, però, abbiamo fatto una valutazione di votare positivamente per questo provvedimento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alfonso Colucci. Ne ha facoltà.
ALFONSO COLUCCI(M5S). Grazie, Presidente. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor Ministro, l'autonomia statutaria della regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle province autonome di Trento e Bolzano è nata per dare soluzione alla questione altoatesina, e direi anche che ha avuto successo. Il processo ha origini storiche antiche. Già all'indomani della Prima guerra mondiale si affermarono forti le istanze autonomistiche dell'Alto Adige, istanze poi riproposte anche alla fine della Seconda guerra mondiale. Non fu questo un percorso facile, anzi, fu faticoso e controverso. Il 5 settembre del 1947, con la firma a Parigi dell'Accordo Italia - Austria con De Gasperi e Gruber, vi fu l'affermazione di principi innovativi e coraggiosi per la convivenza pacifica e feconda tra la popolazione italiana e la popolazione altoatesina, diverse per etnia, lingua e cultura. Fu un primo passo verso la soluzione.
L'autonomia speciale - “la più speciale tra le speciali” si disse - ivi affermata era non solo il riconoscimento, ma anche la valorizzazione della specialità della comunità altoatesina di lingua tedesca, definita minoranza linguistica. La nostra Costituzione sancì il riconoscimento dell'autonomia statutaria della regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, che si compone delle province autonome di Trento e Bolzano, al primo e al secondo comma dell'articolo 116. Ne seguì l'approvazione, necessariamente con legge costituzionale, del relativo statuto speciale.
È al 1992 che possiamo fissare la data di completamento di questo iter complesso e faticoso con la solenne dichiarazione, in sede di Nazioni Unite, della piena composizione della controversia altoatesina. La dichiarazione congiunta, firmata nel 1993 dai Presidenti Ciampi e Klestil, definisce quello statuto speciale “un riuscito modello di tutela delle minoranze e di serena coabitazione”. Il bilinguismo e il multiculturalismo di quelle comunità hanno trovato così un quadro giuridico che ne esalta i valori della pacifica e operosa convivenza e ne rafforza gli obiettivi di tutela e di valorizzazione della specialità nel quadro del multiculturalismo europeo e dei principi di unità e di indivisibilità della Repubblica.
Orbene, le modifiche allo statuto del Trentino-Alto Adige/Südtirol avrebbero dovuto promuovere l'ulteriore valorizzazione delle comunità territoriali locali, del loro multiculturalismo e della loro partecipazione effettiva e diretta alle decisioni degli enti territoriali di riferimento, e invece si risolve in un'operazione verticistica, che vede l'autonomia come mera devoluzione di potestà e di funzioni, senza coglierne la sua vera essenza, che sta, a nostro giudizio, nel dare maggiore voce ai cittadini, nel favorire maggiore trasparenza dei processi decisionali e maggiore partecipazione democratica.
Così il dichiarato e condivisibile obiettivo del rafforzamento dell'autonomia di quei territori viene declinato con strumenti da noi non condivisibili. Questa proposta manca, infatti, di visione e di metodo. Parliamo e partiamo dal metodo.
ALFONSO COLUCCI(M5S). Nasce da un confronto ristretto tra Governo e vertici locali, e non da un dibattito pubblico vero e nemmeno da un percorso aperto nei territori, nei consigli e nella società. Arriviamo al merito. Essa estende le competenze esclusive su materie come ambiente, governo del territorio, contratti pubblici e servizi. Modifica le procedure di revisione statutaria, interviene sui meccanismi di controllo e riscrive la disciplina delle impugnative.
Oblitera del tutto che alcune di queste materie - penso al governo del territorio o alla disciplina dei rifiuti - hanno ormai una dimensione ultra-nazionale che ne impone l'armonizzazione con il quadro non solo nazionale, ma anche europeo; e così non è stato. Il mero trasferimento di funzione non è il mezzo più idoneo a garantire l'efficacia degli interventi. Si riservano zone di opacità nella necessaria collaborazione e concertazione con lo Stato e con l'Unione europea. I consigli, regionale e provinciale, organi elettivi e rappresentativi, vedono ridurre il proprio ruolo a favore delle giunte, che sono organi non elettivi. La competenza all'impugnazione delle leggi statali si sposta dal consiglio alla giunta, come se si trattasse di un atto di mera amministrazione e non anche di un atto con alto valore politico. I cittadini non ottengono strumenti nuovi per affermare il loro primato democratico.
In questa proposta di legge la cittadinanza, le comunità, i territori restano ai margini. Autonomia deliberativa è la nostra visione: significa mettere comunità, istituzioni e cittadini al centro delle scelte collettive perché la nostra Carta costituzionale, nel suo senso più profondo, non intende le autonomie solo quali spazi di decentramento amministrativo, ma anche - e direi soprattutto - come luoghi di decisione condivisa in cui le identità territoriali si esaltano e si intrecciano nel quadro unitario e indivisibile della nostra Repubblica.
L'autonomia deliberativa valorizza i territori, ne riconosce la ricchezza, ne affida la cura a chi in essi vive, dentro un orizzonte comune. È un'autonomia che rafforza la democrazia, perché distribuisce, sì, poteri, ma anche responsabilità collettive.
Questa è l'autonomia che difendiamo: quella che nasce dal basso, che si fonda sul coinvolgimento, che rende le comunità non mere spettatrici, ma protagoniste; quella che tiene insieme libertà e coesione, pluralità e unità, solidarietà e perequazione.
Noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo cercato di rimettere al centro proprio questi aspetti con i nostri emendamenti. Abbiamo presentato proposte per dare ai consigli pieno accesso agli atti delle concertazioni con il Governo; per introdurre un vero raccordo con l'ordinamento europeo e le convenzioni del Consiglio d'Europa; per rendere effettivi referendum popolari e leggi di iniziativa popolare, anche con la firma digitale; per rafforzare la trasparenza delle commissioni paritetiche, che oggi operano con regole interne opache; per stabilire tempi certi nella formazione della giunta regionale, evitando proroghe infinite come quella dell'ultima legislatura; per evitare conflitti di interessi, per favorire la trasparenza e la pubblicità dei processi deliberativi.
I nostri sono tutti emendamenti seri e concreti, pensati per rendere l'autonomia più democratica, più partecipativa, più trasparente: tutti respinti.
Dunque, Presidente - avviandomi a concludere -, la nostra posizione è chiara: non voteremo contro questo provvedimento perché così noi vogliamo riconoscere e sottolineare l'alto valore costituzionale delle autonomie speciali, ma non possiamo certamente votare a favore di un intervento che consolida le solite dinamiche di vertice, a cui ormai questa maggioranza di destra ci ha abituati.
L'autonomia è una ricchezza e non deve diventare un affare tra pochi. Per tutte queste ragioni annuncio il voto di astensione del MoVimento 5 Stelle .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Emilio Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO EMILIO RUSSO(FI-PPE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, autonomia significa governo vicino, decisioni immediate, riconoscibili e sussidiarietà vuol dire agire al livello più prossimo al problema, per efficacia e per responsabilità. Questi principi non devono restare soltanto scritti nella Costituzione, sulla carta: non sono filosofia politica. L'autonomia deve essere praticata in ogni singolo atto parlamentare ed è quello che stiamo facendo proprio oggi.
Questo nuovo statuto del Trentino-Alto Adige è il frutto di un dialogo condiviso, un esempio luminoso di come si superano le divisioni ideologiche, per il bene comune, in tempi di polarizzazione. Nasce da un accordo tra lo Stato e le due province autonome di Trento e Bolzano, ne rispetta le esigenze specifiche e ne onora la peculiarità storica, culturale e linguistica.
Il Trentino-Alto Adige, nel cuore dell'Europa, è un modello unico di convivenza tra culture, lingue e tradizioni diverse, non con la forza, ma con l'intesa: un “noi” che rafforza l'unità nazionale, senza cancellare le identità locali.
Io voglio ringraziare il Ministro Roberto Calderoli, il collega Dieter Steger e il relatore onorevole Urzì per il lavoro, per l'armonia che hanno creato nella scrittura e nella rifinitura di questo testo.
L'autonomia non è una concessione del centro, ma è un diritto inciso nell'articolo 116 della Costituzione, è il fondamento di un federalismo virtuoso che bilancia unità e diversità, non solo in Italia ma in ogni democrazia avanzata, dalla Svizzera all'Unione europea. Che cos'è l'autonomia se non un ponte universale tra il globale e il locale? Vale ovunque per proteggere lingue come il ladino e il tedesco, per difendere le Dolomiti dall'omologazione, per lasciare risorse nelle mani di chi le valorizza. Ha reso il Trentino-Alto Adige, nel tempo, un modello europeo di benessere sostenibile. E questo statuto aggiorna il vecchio statuto ai tempi moderni, chiarisce alcuni punti che necessitavano di un maggiore chiarimento, evita contenziosi, e lo fa senza tradire l'essenza del vecchio accordo.
Votando “sì” confermiamo un impegno verso il Trentino-Alto Adige e verso una Nazione che evolve, un modello che funziona - e bene - sin dai tempi di Alcide De Gasperi, figlio di quella terra, ispiratore dell'Europa unita; non per campanilismo ma per un'Italia che cresce dal basso, dove le autonomie non dividono ma moltiplicano opportunità per tutti .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Cattoi. Ne ha facoltà.
VANESSA CATTOI(LEGA). Sì, grazie, Presidente. Colleghi, Governo, Ministro, è per me un onore essere qui oggi in dichiarazione di voto su un'importante tappa del percorso evolutivo della nostra autonomia e per questo desidero veramente ringraziare, per il lavoro che è stato portato avanti, di concerto con le province di Trento e Bolzano, il Ministro Roberto Calderoli. Un lavoro non scontato, un lavoro attento, un dialogo costante e continuo, con il rispetto e la valorizzazione delle nostre autonomie e delle nostre competenze.
All'interno di questo disegno di modifica costituzionale, dove andiamo a modificare il nostro statuto, è ben chiaro l'intento e l'impegno che il Ministro Calderoli si era preso con i governatori delle nostre due province, quindi con i rispettivi consigli provinciali: quello di ripristinare quelle che erano state, di fatto, compresse, ossia le nostre autonomie, le nostre prerogative statutarie che erano state determinate all'interno della riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001.
E perché dico questo? Innanzitutto perché questo tipo di modifica va a togliere quelle compressioni che, di fatto, si riscontravano quotidianamente attraverso i contenziosi tra la regione e lo Stato. Ecco quindi che, grazie a queste modifiche, andiamo a superare i motivi di questi contenziosi e, soprattutto, diamo certezze. A cosa mi riferisco: innanzitutto, non c'è più il rischio di arretratezza della nostra autonomia. Ma perché? Perché all'interno della modifica è stato inserito un principio importantissimo, che è quello della tutela dei livelli di autonomia già riconosciuti. Ecco che, quindi, diamo, anche in una prospettiva futura, una garanzia del fatto che vengano tutelate le autonomie che ad oggi sono esistenti. Andiamo quindi a rafforzare e a superare l'attuale articolo 103 del nostro statuto, inserendo proprio questo riferimento puntuale.
E poi vi è la competenza primaria del legislatore provinciale che viene definita esclusiva. Cosa si intende: che, al pari della competenza del legislatore statale, viene individuata all'interno dell'articolo 117, secondo comma, della nostra Costituzione. Ecco un altro rafforzativo; quindi, non sono modifiche all'acqua di rose, come ho sentito esprimere da qualche collega parlamentare in sede di dichiarazioni anche in merito agli emendamenti. Quindi, andiamo a valorizzare questo strumento, che è quello dell'autonomia, anche attraverso lo strumento pattizio, attraverso un accordo tra lo Stato e le province. Ed è proprio in questo accordo, è nello strumento pattizio che noi andremo a ridurre e anche a comprimere i contenziosi.
Oltre a questo, andiamo ad inserire nuove competenze, come hanno già enunciato alcuni colleghi, che io riprenderò velocemente. Ricordo, tra le principali, innanzitutto il governo del territorio, perché attualmente noi abbiamo il riferimento generico della mozione di urbanistica, ma qui, parlando di governo di territorio, andiamo ad includere non solo l'urbanistica, ma anche l'edilizia e i piani regolatori. Abbiamo poi la materia dei servizi pubblici, che viene ampliata.
Oggi le province potranno, quindi, disciplinare l'assunzione diretta, l'organizzazione e la gestione dei servizi di interesse provinciale e locale, compreso anche il ciclo dei rifiuti.
Oltre a questo, in tema ambientale è stata inserita un'importante competenza esclusiva riferita non solo alle piccole e medie derivazioni idroelettriche, un altro fondamentale per il nostro territorio, perché vorrei ricordare che, soprattutto nella provincia autonoma di Trento, noi abbiamo la possibilità, grazie a questo inserimento normativo, di avere competenza diretta su un ambito che è strategico non solo per la tutela ambientale, ma anche per lo sviluppo del nostro territorio, e quindi per lo sviluppo del tessuto imprenditoriale. Oltre a questo, abbiamo riconosciuto anche alle province la competenza esclusiva nel commercio.
Ma torno sulla questione ambientale perché è stata inserita, finalmente, una questione importantissima, e quindi la gestione della fauna selvatica che è unita e associata soprattutto alla modifica dell'articolo 20 dello statuto: vengono poste in capo al presidente della province - delle nostre due province autonome - le attribuzioni che, solitamente, sono spettanti all'autorità di pubblica sicurezza. Questo è un passaggio veramente fondamentale per chi vive i territori di montagna.
Io ringrazio il Ministro perché, ancora una volta, non solo all'interno del DDL montagna, ma anche all'interno di queste modifiche dello statuto del Trentino-Alto Adige, è riuscito a portare avanti quelle che sono le richieste dei territori. Permetterà, quindi, ai presidenti delle due province di dare delle risposte soprattutto in termini di gestione della fauna selvatica, che per le nostre comunità è un tema molto importante e del quale non dobbiamo mai dimenticare l'importanza e la valenza nella quotidianità del vivere il territorio di montagna.
Poi, abbiamo detto che un'altra questione importante è la tutela delle minoranze linguistiche. Anche su questo sono state apportate delle modifiche che permettono di ritrovare la valorizzazione di quelle che sono delle minoranze linguistiche e, soprattutto, di quelle minoranze territoriali che, grazie alla nostra autonomia, nel percorso autonomista noi abbiamo sempre cercato di valorizzare e tutelare.
Voglio ricordare e faccio mie le parole di Alcide De Gasperi. Le porto all'attenzione di tutti voi, colleghi parlamentari, e ve le riporto perché, secondo me, sono veramente attuali anche ad oggi, nonostante siano passati parecchi anni da quando le ha dette Alcide: “Io che sono pure autonomista convinto e che ho patrocinato la tendenza autonomista, permettete che vi dica che le autonomie si salveranno, matureranno, resisteranno, solo a una condizione: che dimostrino di essere migliori (…) del sistema accentrato statale, migliori soprattutto per quanto riguarda le spese. Non facciamo concorrenza allo Stato per non spendere molto, ma facciamo in modo di creare un'amministrazione più forte e che costi meno. Solo così le autonomie si salveranno ovunque”.
Io credo che questo messaggio sia più che mai attuale e sia più che mai vero. La nostra autonomia è in continua evoluzione, e questo passaggio è una tappa fondamentale del percorso evolutivo della nostra autonomia che ci vede come territori dove cerchiamo di erogare ai nostri cittadini dei servizi sempre più efficienti, e soprattutto che rispondano e tutelino le radici storico-culturali delle nostre tradizioni e dei nostri territori.
Convinta di questo e convinta soprattutto che il percorso tracciato, grazie soprattutto a questa modifica dello statuto del Trentino-Alto Adige, porti a creare un valore aggiunto e un rafforzamento della nostra autonomia, per questo motivo dichiaro il voto favorevole non solo mio, ma di tutto il gruppo Lega-Salvini Premier .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ferrari. Ne ha facoltà.
SARA FERRARI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, oggi discutiamo una revisione dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol, che costituisce un intervento manutentivo, direi poco più di una manutenzione ordinaria. Non certo una riforma, e infatti, per fortuna, il testo è molto chiaro: “Modifiche allo statuto”: puntuali aggiornamenti, non certo una riforma, non certo quel terzo statuto che un accordo politico, che sta alla base di questo provvedimento, andava proclamando e promettendo all'inizio di questa legislatura.
E, infatti, lo stesso di questo provvedimento ricorda che il procedimento di revisione di questo statuto è stato avviato a fronte di specifiche richieste formulate dai rappresentanti della regione e delle province autonome, anche sulla scorta delle dichiarazioni programmatiche rese dal - io direi “dalla” - Presidente del Consiglio dei ministri, in data 25 ottobre 2022, alla Camera dei Deputati.
Ebbene, l'obiettivo dichiarato era lavorare al ripristino degli standard di autonomia della medesima regione, che nel 1992 hanno portato al rilascio della quietanza liberatoria da parte dell'Austria, che stanno alla base dell'ancoraggio internazionale della nostra autonomia, e ai provvedimenti intercorsi in particolare nel 2001, con la revisione del Titolo V della Costituzione che ha portato a un riconoscimento di specifica autonomia per le regioni ordinarie.
Però, la lettura dello statuto del 1972 oggi risulta obsoleta e necessitava giustamente di un aggiornamento, di un chiarimento nella definizione di competenze già in possesso, già possedute, già riconosciute alla regione.
Benissimo, rispetto a quanto si andava proclamando, questo provvedimento che abbiamo in votazione oggi è davvero il topolino partorito dalla montagna. È davvero poca cosa, è quello che i costituzionalisti del nostro territorio hanno definito un mero .
Quindi - dicevo - perfino il che abbiamo a disposizione dice che, a fronte di quanto era stato proclamato nelle dichiarazioni programmatiche della Presidente Meloni, i pareri rilasciati sul progetto di legge di iniziativa governativa dai consigli provinciali e dal consiglio regionale e che sono riportati nella parte finale della relazione illustrativa dicono che, di fatto, questo progetto non esaurisce l'adeguamento dello statuto di autonomia a quanto previsto dalla riforma costituzionale del 2001; cioè, non è nemmeno quell'adeguamento che stiamo aspettando dal 2024. È una riscrittura con il linguaggio moderno e attuale di un'autonomia che già esiste.
Ebbene, non possiamo certamente essere contrari alla resa in termini attuali di una Carta costituzionale dell'autonomia. Un'autonomia che - dicevo prima - è per certi versi più speciale delle altre speciali per l'ancoraggio internazionale che ha, dovuto sia all'origine dell'Accordo De Gasperi-Gruber del 1946, che faceva seguito alla previsione di questo accordo all'interno addirittura di un allegato del Trattato di pace di Parigi, ma anche ai successivi accordi tra l'Austria e l'Italia negli anni Sessanta, vi ricordo promossi dall'allora Presidente Aldo Moro.
Ebbene, oggi ci troviamo in un passaggio che non possiamo certamente non condividere e, quindi, annuncio il parere favorevole del Partito Democratico, così come già espresso nei due consigli provinciali e nel consiglio regionale. Certo è che dobbiamo riconoscere che quella di oggi è un'occasione mancata.
Non possiamo ignorare, in particolare, il di metodo con cui si è arrivati qui oggi perché - come ho anticipato prima - è il risultato di un accordo ai vertici tra i due presidenti delle due province e il Governo.
Non c'è nulla di quella partecipazione che fa la forza e la ricchezza della nostra autonomia, che noi avevamo invece previsto nei passaggi delle legislature precedenti, che hanno provato ad elaborare proposte di aggiornamento e che vedevano presenti gli enti territoriali, le associazioni, la collettività della nostra regione, e che nessuna voce in capitolo hanno avuto, così come non l'hanno avuta assolutamente i due consigli provinciali e quello regionale per giungere, invece, a questo testo, che davvero è poca cosa.
Mancano senz'altro riferimenti che per il Trentino-Alto Adige sono fondativi, ma, in particolare, voglio ravvisare la mancata opportunità, che io pure ho provato a proporre con i miei emendamenti, che sono stati senza motivazione respinti, di riconoscere all'interno di questo statuto - se è vero che è una carta che fotografa soltanto lo , ma comunque lo dovrebbe fotografare - l'esistenza del Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera, costituito negli anni passati, che è tutt'oggi vigente, che si chiama “Euregio”. Peccato, perché è una grande innovazione che la nostra Costituzione prevede per tutte le regioni e che noi siamo riusciti a fare, che ha la sua assemblea che si riunisce ogni due anni; da consigliera regionale, ho avuto l'onore di farne parte per 15 anni. Ebbene, tutto ciò nel nostro statuto non si vuole riconoscere; si fa l'aggiornamento, ma non si riconosce. Perché? Non si sa. Perché qui si ottengono solo pareri negativi, basati su scelte ideologiche e non su motivazioni chiare.
Dunque, la nostra posizione è chiara su questo testo: il voto è favorevole, ma sarà condizionato, perché è un voto consapevole. Siamo favorevoli ovviamente, come lo siamo sempre stati, a un'autonomia che cresce nella trasparenza - e qui non ce n'è stata molta - e nella partecipazione - , come sopra -, non certo a un'autonomia che sia materia per soli esecutivi e tecnocrati.
E poi lasciatemi dire, colleghe e colleghi, devo precisare che questa riforma - se la vogliamo chiamare così, ma io faccio fatica a chiamarla così - non ha nulla a che vedere con l'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario. L'autonomia speciale è nata - lo dicevo prima - da un patto costituzionale internazionale, è strumento di tutela delle minoranze linguistiche ed etniche ed è coesione territoriale: è un modello di convivenza pacifica, che è stato rappresentato in altre parti del mondo come punto di riferimento. L'autonomia differenziata, al contrario, è un meccanismo unilaterale di trasferimento di funzioni, che rischia di spezzare l'unità nazionale e di creare disuguaglianze tra cittadini italiani. Noi ci siamo opposti ieri, ci opponiamo oggi e ci opporremo domani a quella logica di frammentazione, perché un Paese solidale non può tollerare che i diritti fondamentali, come la scuola, la sanità, la sicurezza, dipendano dal codice di avviamento postale di nascita, ed ecco che, invece, siamo per le autonomie come strumento di solidarietà e non di divisione.
Concludo con le parole di Alcide De Gasperi: l'autonomia è un'opera di pazienza e di precisione, mai un atto di fede
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandro Urzi'. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO URZI'(FDI). Grazie Presidente. Il Trentino-Alto Adige, con la sua autonomia, viene definito come la più speciale fra le regioni a statuto speciale, e ci sono ragioni, oltre alla storia, che impongono un'attenzione particolare, per l'appunto speciale, alle dinamiche attorno a questa specialità nella specialità: la collocazione di questa autonomia lungo una frontiera che è stata, a fasi alterne, bordo, limite; in altre fasi, membrana osmotica fra dimensione del Nord e del Sud dell'Europa, tanto più dopo Maastricht e la caduta delle barriere doganali interne.
Il forte autonomismo è stato, allo stesso modo, tanto in Trentino quanto in Alto Adige, a fasi alterne, opportunità per l'assunzione di responsabilità di Governo, per un buon governo del territorio, altre volte ha alimentato diffidenze e pulsioni alla differenziazione a prescindere, in cui, nel migliore dei casi, si incunea il semplice orgoglio della propria appartenenza regionale o provinciale, altre volte un vero spirito separatista.
È in questa complessità che si è inserita la discussione sulla riforma dello statuto di autonomia. In particolare, la provincia autonoma di Bolzano è la somma di contraddizioni e di espressioni apparentemente in perenne conflitto: eccoli, cittadini di lingua italiana, cittadini di lingua tedesca, semplicemente italiani o tedeschi, li chiamano lassù, fianco a fianco. Minoranze nazionali che si ribaltano numericamente sul territorio, divenendo maggioranze, e gli italiani che, a livello locale, come accade in provincia di Bolzano, sono, in termini assoluti, minoranza di secondo grado, si dice. Insomma, da fare scoppiare veramente la testa.
Eppure, su questo fragile equilibrio di territorio di frontiera, si è trovata la ragione politica per definire la tenuta del tutto con il particolare, partendo dalla prima fra le esigenze: contemperare i poteri dello Stato con quelle interni alla regione del Trentino Alto-Adige. Italia ed Austria vi avevano provveduto, un autentico atto fondativo, con l'accordo fra gli allora Ministri degli Esteri dei due Paesi sconfitti, Italia ed Austria, Alcide De Gasperi e Karl Gruber, al tavolo di pace di Parigi. Era il 1946. Nulla di scontato, Presidente, erano gli stessi minuti in cui a Vergarolla, vicino a Pola, si piangevano ancora i morti della strage di innocenti bambini italiani, in una delle prime giornate di festa, dopo la tragica guerra, evento che accelerò l'esodo drammatico delle popolazioni italiane e aprì alla persecuzione, il cui ricordo è oggi scolpito nelle voragini delle foibe: monumenti gelidi che ci ricordano la drammatica cesura tra un “prima” e un “dopo” e che rimangono a testimonianza di un'amputazione dell'unità nazionale italiana.
Gli stessi giorni dell'accordo De Gasperi-Gruber erano i giorni e i mesi in cui, in un traffico incessante, i tedeschi dell'Est attraversavano, verso Ovest, l'Oder e il Neisse, per essere accolti nella residua Germania che a breve si sarebbe divisa con un muro. Ed erano i giorni in cui l'Austria riotteneva la sua integrità, precedente all' nazista, ma era spartita da quattro eserciti, fra cui quello sovietico a Vienna.
Nulla di scontato, quindi, signor Presidente, quell'accordo che sanciva l'autonomia per il Trentino-Alto Adige, che poi, nel 1972, è diventata autonomia incentrata sulle province. Se guardiamo a quale fosse il sottofondo degli accadimenti in quei mesi e se guardiamo pure oggi, accanto a noi, anche solo nel bacino mediterraneo e poco oltre, lungo i confini dell'impero -sovietico - dove il tema della condivisione di comuni spazi da parte di popolazioni di lingua e cultura diverse produce tutt'altro che i romanticismi che evocano, al contrario, le vallate del Trentino e dell'Alto Adige -, non va mai data per scontata la pace raggiunta che, per essere davvero pace, sempre ha conosciuto dolori e fratture.
L'autonomia speciale è stata anche tutto questo, signor Presidente: faticosa, controversa, avversata quando sbilanciata - ne sappiamo qualcosa noi da questa parte dell'emiciclo -, discussa quando trasformata in una religione. L'autonomia speciale del Trentino-Alto Adige è uno strumento e come tale serve, se riesce a compensare spinte contrapposte e ad annullare conflitti, trasformandoli in soluzioni, e ad esaltare qualità amministrative, sempre rifuggendo - in questo caso non cambieremo mai idea - da tentazioni autoreferenziali, non solidali con il resto del tessuto nazionale o, peggio ancora, da spinte secessioniste sempre ancora presenti, come monito per coloro che ritengono che una conquista politica non debba essere difesa e sostenuta ogni giorno come abbiamo fatto noi.
Oggi, Presidente, si interviene a cuore aperto sullo statuto per una operazione che dà seguito ad un impegno del Presidente del Consiglio Meloni, assunto proprio qui alla Camera, all'insediamento del Governo. Ma questo impegno si è trasformato, via via, in un grande meccanismo di consolidamento di una fiducia reciproca, costruita sulla lealtà fra gli interlocutori, che sono stati, da un lato, lo Stato, attraverso il Governo, dall'altro, le province autonome di Trento e di Bolzano, la regione autonoma del Trentino-Alto Adige, infine le Commissioni paritetiche. Tutto ciò ha ottenuto l'avallo dei consigli provinciale e regionale.
Non voglio ricorrere ad alcuna forma di retorica per dichiarare, oggi, la soddisfazione, a nome del gruppo di Fratelli d'Italia, per la qualità degli obiettivi raggiunti. Gli ambiti delle competenze legislative delle province autonome di Trento e di Bolzano e della regione rifilati, ridefiniti, non sono il di questa riforma, pur essendone parte importante.
Mi piace citare quelle sull'ecosistema di interesse provinciale, quella che attribuisce ai presidenti delle province attribuzioni di pubblica sicurezza in materia di gestione della fauna selvatica, ad eccezione della disciplina relativa alle armi: una risposta alla presenza su un territorio fortemente antropizzato di grandi predatori, orsi, , e lupi. Ma è sulla messa in discussione dei livelli di competenza già acquisiti e oggetto, nel 1992, della quietanza liberatoria da parte dell'Austria, che chiudeva la vertenza internazionale accesa all'ONU, che era intervenuto l'impegno del Premier Meloni.
Gli ultimi anni sono stati un martirio per il numero dei ricorsi di costituzionalità fra Stato e autonomie provinciali e regionali, scaturiti da una riforma, quella del Titolo V della Costituzione, imposta dalla sinistra nel 2001 e fonte di una sovrapposizione di livelli di competenze inestricabili, che hanno rallentato la virtuosità nella produzione legislativa dei consigli provinciali e regionali.
Questa riforma ridefinisce con chiarezza gli ambiti delle prerogative rispettivamente di Stato e autonomie speciali e abbatterà la conflittualità al cospetto della Consulta, facendo ovviamente salvi i princìpi ineludibili, come quello dell'interesse nazionale, quelli costituzionali e quelli generali dell'ordinamento della Repubblica. Né viene sottratta al Parlamento sovrano la prerogativa di approvare e respingere, in ultima istanza, le future modifiche allo stesso statuto di autonomia. Qui risiede, Presidente, nel Parlamento, la volontà del popolo e qui intendiamo mantenerla.
Ma, veda, abbiamo detto di come questa riforma chiuda un cerchio anche su un pacchetto di misure proposte, senza infingimento, dalla componente italiana dell'Alto Adige su diritti costituzionali fondamentali. D'altronde, non era più tollerabile, signor Presidente, per un consigliere comunale di minoranza linguistica italiana, minoranza territoriale linguistica italiana o ladina nei piccoli centri altoatesini, che se solo uno del proprio gruppo linguistico veniva eletto era vietato assurgere a rappresentante in giunta comunale della propria comunità. Dunque, un divieto discriminatorio che viene rimosso, come si ridurrà a un più ragionevole periodo di due anni il tempo necessario per un qualunque cittadino italiano o comunitario che si trasferisce in Alto Adige per esercitare il diritto elettorale attivo e l'introduzione, inoltre, della residenza storica per coloro che si fossero trasferiti fuori regione, fossero rientrati e avessero dovuto di nuovo ripercorrere i quattro anni di tempo per poter riacquisire il proprio diritto di sentirsi a casa. Ma sono previste anche modalità più elastiche per poter garantire un'adeguata rappresentanza del gruppo linguistico italiano in giunta provinciale in caso di sottorappresentazione dello stesso in consiglio provinciale. Sono dettagli, Presidente? No, sono segnali che questa riforma è pensata e costruita su interessi paritari, per superare ostacoli del passato e per costruire ponti sul futuro.
Egregio Presidente, Fratelli d'Italia si è assunta la paternità morale di questa riforma e la rivendica con forza ed orgoglio e ha dimostrato che gli impegni di sempre, della destra politica italiana, unitamente a quelli della destra di Governo e del nostro Presidente del Consiglio, noi semplicemente li realizziamo. Aspettavamo dal 2001 che i Governi di sinistra ponessero rimedio ai danni sui rapporti fra autonomia speciale del Trentino-Alto Adige e Stato creati dalla riforma della Costituzione imposta da loro all'Italia a colpi di maggioranza. Lo stiamo facendo noi mantenendo i nostri impegni. A nome del gruppo di Fratelli d'Italia annuncio, perciò, il parere favorevole a questa nostra storica ed innovativa riforma dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge costituzionale, in prima deliberazione, n. 2473-A: "Modifiche allo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol".
Dichiaro aperta la votazione.
.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Secondo le intese intercorse tra i gruppi, l'esame degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno è rinviato alla seduta di domani.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per fatto personale, il deputato Gaetano Amato, che si era prenotato per questo. Ne ha facoltà.
GAETANO AMATO(M5S). Grazie, Presidente. Il mio intervento è in replica a quanto fatto in quest'Aula dall'onorevole Mollicone che, approfittando delle dichiarazioni di voto e, quindi, dell'impossibilità a replicare a quanto da lui affermato, mi ha onorato, se così vogliamo dire, di inserirmi nella sua dichiarazione di voto.
Ora è cosa nota che l'onorevole Mollicone e il cinema sono due rette parallele che non si sono mai incontrate e mai si incontreranno . È cosa nota che l'onorevole Mollicone continua a diffondere delle per quanto riguarda i dati e gliel'abbiamo dimostrato in quest'Aula. Ma l'onorevole Mollicone, pensando di offendermi, ha affermato che io avrei una doppia faccia: una faccia cattiva in quest'Aula e una faccia diversa fuori dall'Aula. Forse l'onorevole Mollicone si voleva riferire al fatto che spesso mi trovo a parlare con i Ministri di questo Governo. Si facesse una domanda e si desse una risposta del perché i Ministri preferiscono parlare con me e non con lui. Ci dovrà essere una motivazione , specialmente per quanto riguarda Ministri o Sottosegretari impegnati nel campo che ci vede nella stessa Commissione, cioè la Commissione cultura.
Quindi, io direi all'onorevole Mollicone che quando ha qualcosa da dire di non farlo su dichiarazioni di voto, quando non si può replicare; lo facesse in Commissione, quando possiamo discutere tranquillamente .
PRESIDENTE. Come vede, comunque, il Regolamento offre la possibilità di questi richiami per fatto personale. La ringrazio per il suo intervento.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.
Ha chiesto di parlare il deputato Saverio Congedo. Ne ha facoltà per due minuti.
SAVERIO CONGEDO(FDI). Grazie, Presidente. La settimana scorsa, venerdì 3 ottobre, si è spento l'onorevole Achille Enoc Mariano, classe 1933, figura storica della destra salentina, deputato nella legislatura 1994-1996 e più volte consigliere comunale di Muro Leccese, un comune della provincia di Lecce. Achille Enoc Mariano è stato un esempio di militanza e coerenza al servizio dei valori della destra, un appassionato difensore delle sue idee, ma rispettoso di quelle degli altri e, per questo, stimato anche dagli avversari. È stato un esponente di quella generazione del Movimento sociale italiano prima, e di Alleanza nazionale poi, che, partendo appunto dalle condizioni difficili del Movimento sociale italiano, scelse di dare continuità ai suoi ideali proiettandoli, senza rinnegarli, verso un tempo nuovo in cui una nuova destra avrebbe governato, così come è successo.
Vogliamo ricordarlo da quest'Aula, da questi scranni che sono stati anche i suoi scranni, come un politico profondamente legato al suo comune, Muro Leccese, alla sua terra, alla sua gente, un militante fedele al suo credo politico. Lo ricordiamo anche come un uomo onesto e perbene e come amico. Alla sua famiglia, alla sua comunità umana e politica, ai suoi concittadini e ai suoi amici il nostro profondo e commosso cordoglio .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giandonato La Salandra. Ne ha facoltà.
GIANDONATO LA SALANDRA(FDI). Grazie, Presidente. Intervengo perché questa mattina, nella città di Foggia, i carabinieri del GIS, Gruppo intervento speciale, hanno proceduto all'arresto di Leonardo Gesualdo, un latitante esponente del clan Moretti-Pellegrino-Lanza. Questo a ben 5 anni di distanza da quella fuga e da quel mancato arresto nell'ambito dell'operazione “Decima Bis” da parte della DDA, prosecuzione della più risalente “Decima Azione”.
Questo arresto è significativo, come è stato significativo in passato l'intervento della Polizia di Stato per arrestare Tommaso Morra, altro latitante specializzato nei furti ai in provincia di Foggia, ma anche nel resto dell'Italia. Ma voglio ricordare anche come proprio oggi, nel Basso Tavoliere, nel Tavoliere delle Puglie, le Fiamme gialle hanno proceduto ad arresti di pluripregiudicati specializzati nel furto di auto rubate. Intervengo perché queste operazioni rappresentano la risposta dello Stato alla quarta mafia, ad una criminalità organizzata propria della provincia di Foggia, che si sta affermando. Quella “montagna di merda” - mi sia concesso il termine - che offende la mia città, offende la mia provincia e offende la mia terra, una terra bellissima.
Perché intervengo? Perché queste operazioni costituiscono la risposta dello Stato, dimostrando come in provincia di Foggia, nella città di Foggia, nei centri che caratterizzano la criminalità organizzata, lo Stato è presente, reagisce e dimostra la sua capacità …
PRESIDENTE. Cerchiamo di tenere un linguaggio che sia consono e appropriato a quest'Aula. Ha chiesto di parlare la deputata Laura Cavandoli. Ne ha facoltà.
LAURA CAVANDOLI(LEGA). Grazie, Presidente. Oggi abbiamo commemorato le vittime del 7 ottobre 2023. Invece, nella mia città, Parma, nella tarda serata di mercoledì 1° ottobre due assessori, unitamente a due consiglieri di maggioranza, si sono riversati nella stazione di Parma, occupando insieme ai manifestanti rivoltosi pro-Pal - si fanno chiamare così - i binari della stazione. Il tutto fra i vari cori di insulto al Premier Meloni, “Palestina libera”, “blocchiamo tutto” e similari.
Come è noto, occupare binari è un reato, in particolare articolo 340 del codice penale, anche se si tratta di un'occupazione pacifica e breve, e non vengono creati disagi o ritardi alla circolazione. Ma con il decreto Sicurezza è stato normato il blocco di strade e ferrovie, anche se in forma pacifica, come reato specifico, con pene detentive che possono arrivare fino a 2 anni di reclusione, soprattutto se si agisce in più persone. Ora mi chiedo perché un assessore, specialmente quello alla legalità e alla sicurezza, insieme a un altro assessore che si occupa di servizi educativi, debba rendersi partecipe di tali fattispecie penali. Invece che stigmatizzare l'invasione da parte dei manifestanti, si sono uniti a loro, in barba alle normative.
Il giorno successivo poi, sempre nell'ambito della maggioranza di sinistra del consiglio comunale di Parma, un membro della segreteria nazionale del PD ha mostrato sui trionfante una sua foto davanti allo slogan scritto in inglese “Palestina dal fiume al mare”, che sarebbe un inneggiare alla cancellazione dello Stato di Israele, ossia quello che viene definito da Emanuele Fiano un manifesto esemplare, il punto di contratto fra antisemitismo e ostilità a Israele.
Ha dovuto poi fare un dietrofront, ma senza chiedere scusa. Tutte queste manifestazioni che si sono verificate, assieme allo sciopero illegittimo del 3 ottobre, non hanno portato nulla alla Palestina, ma hanno danneggiato l'Italia .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Susanna Cherchi. Ne ha facoltà.
SUSANNA CHERCHI(M5S). Grazie, Presidente. L'annuncio dei dazi USA al 107 per cento sulla pasta italiana è una mazzata che rischia di cancellare dal mercato statunitense un settore che vale oltre 700 milioni di euro l'anno, mettendo in ginocchio migliaia di aziende e lavoratori lungo tutta la filiera agroalimentare. A Gragnano, città della pasta, sono in grande difficoltà e si intravedono all'orizzonte decine di licenziamenti. Le accuse di sono pretestuose e infondate. È evidente che si tratta di una manovra commerciale costruita a tavolino, figlia della politica protezionista avviata da Donald Trump.
L'obiettivo è chiaro: costringere i nostri produttori a delocalizzare per aggirare i dazi. In altre parole, portare via dall'Italia un'eccellenza costruita con decenni di lavoro, qualità e tradizione. Di fronte a questo scenario drammatico, il Governo Meloni resta inerte. Eppure Giorgia Meloni non perde occasione per proclamarsi paladina del , salvo poi sparire. Si è sublimata nella transizione dallo stato solido a quello aeriforme, è sparita. Meloni garantiva che il suo legame con Trump sarebbe stato un vantaggio per l'Italia.
Ma quale vantaggio? Non è un danno soltanto economico, è un'umiliazione: l'Italia sta subendo un ricatto commerciale e il Governo si piega senza fiatare, come già fatto su altri fronti. Il Ministro delle Imprese e del , Adolfo Urso, è scomparso dai radar, incapace di rispondere a una crisi che potrebbe causare un crollo immediato delle esportazioni di pasta già nei primi mesi del 2026. E intanto alle famiglie italiane, poverine, cosa succede? Rischieranno di pagare la pasta molto più cara, perché i produttori potrebbero, anzi, aumenteranno i prezzi in Italia.
Quindi basta con gli slogan, il Presidente Meloni dimostri di essere veramente una patriota e non complice della svendita di un'eccellenza italiana .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Piccolotti. Ne ha facoltà, per due minuti.
ELISABETTA PICCOLOTTI(AVS). Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, oggi il Parlamento europeo ha confermato l'immunità all'europarlamentare Ilaria Salis, eletta nelle liste di AVS . Per noi oggi è una giornata importante, non solo perché questo voto ha sottratto Ilaria a una persecuzione giudiziaria, non solo perché questo voto sancisce la verità su quei 15 mesi di reclusione cautelare in Ungheria che Ilaria Salis ha dovuto subire in assenza di qualsiasi condanna, pur essendosi sempre dichiarata innocente, in condizioni disumane, tra cimici e violazioni, che hanno previsto persino l'essere portata in catene, con manette ai piedi e ai polsi, all'udienza in tribunale.
Presidente, quelle immagini sconvolsero l'Italia intera, e io mi ricordo che sconvolsero anche molti esponenti del centrodestra, che presero la parola per affermare che erano condizioni inaccettabili e disumane. Oggi, Presidente, noi siamo quindi sollevati nel sapere che non saremo costretti a vedere di nuovo, nei prossimi quattro anni, quelle immagini. Ma ancora di più siamo felici che la democrazia abbia vinto sull'autocrazia di Viktor Orbán .
Vogliamo, a tal proposito, ringraziare tutti i parlamentari europei, di diverse famiglie e orientamenti politici, che hanno contribuito con il proprio voto alla conferma dell'immunità, perché con quel voto hanno difeso i valori europei e la nostra grande tradizione giuridica Vergogna, vergogna!Vergognati tu, il safari è finito!.
PRESIDENTE. Deputato Zoffili, la richiamo!
ELISABETTA PICCOLOTTI(AVS). Mi dà altri 10 secondi, immagino.
PRESIDENTE. Ho richiamato il deputato Zoffili all'ordine. Prego, concluda.
ELISABETTA PICCOLOTTI(AVS). A chi, come Orbán, Salvini, Vannacci e tanti altri delle destre estremiste vorrebbe indebolire lo Stato di diritto in Europa, minando l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e trasformando le nostre democrazie in democrature o autocrazie simili alla Turchia di Erdogan o alla Russia di Putin, noi diciamo che i popoli europei non lo permetteranno. I popoli europei difenderanno la democrazia insieme a noi .
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
1.
D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA: Modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (Approvata, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato). (C. 976-B)
Relatrice: BORDONALI.
2.
BERRUTO ed altri: Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, nonché al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 38, in materia di utilizzazione degli impianti sportivi scolastici da parte delle associazioni o società sportive. (C. 505-A)
: BERRUTO.
3.