PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
STEFANO VACCARI, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
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PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 100, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell' al resoconto stenografico della seduta in corso .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una informativa urgente del Governo sul Piano di pace per la Striscia di Gaza.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi - per sette minuti ciascuno - e delle componenti politiche del gruppo Misto - per un tempo aggiuntivo - in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani.
ANTONIO TAJANI, . La ringrazio signor Presidente. Onorevoli deputati, fra le tante occasioni nelle quali ho avuto l'onore di riferire alle Aule e alle Commissioni parlamentari, è forse la prima volta, in questi anni turbolenti, che posso condividere con voi un sentimento di sollievo e di speranza per il futuro. Il successo dell'iniziativa di pace, avviata dal Presidente degli Stati Uniti, potrebbe davvero costituire una svolta storica che cambia il volto del Medio Oriente e, quindi, del Mediterraneo, con profonde ripercussioni anche sulla sicurezza e sugli interessi nazionali. Naturalmente il successo del cosiddetto piano Trump è ancora legato ad un filo. Molte sono le variabili che ancora non sono state definite: dal ritorno delle salme degli ostaggi assassinati fino alle modalità effettive dello smantellamento della struttura militare di Hamas o di quello che ne resta. Nelle ultime ore è stata annunciata la riapertura, da parte israeliana, del valico di Rafah in Egitto e Gaza per consentire il transito degli aiuti umanitari. Tuttavia, quel filo di speranza si sta rivelando solido perché interpreta la volontà di pace di popolazioni che hanno sofferto moltissimo, da una parte e dall'altra, per un conflitto così sanguinoso: la volontà del popolo di Israele di veder tornare sani e salvi gli ostaggi ancora vivi e di consegnare alla pietà dei familiari le spoglie di quelli uccisi, la volontà del popolo di Gaza di sopravvivere ad un conflitto tremendo, nel quale sono stati usati come scudi umani e come bersagli da Hamas, mentre Israele non ha voluto adottare quelle attenzioni e quelle cautele imposte dal diritto internazionale umanitario. Da qui tante, troppe vittime innocenti e tanti sopravvissuti che chiedono cibo, cure mediche e soprattutto sicurezza e speranza per il futuro della loro terra.
Oggi, questa è la grande speranza che si affaccia. Quel futuro potrebbe finalmente essere a portata di mano. Oggi finalmente ci sono le condizioni per una Gaza liberata dall'incubo di Hamas e affidata provvisoriamente ad un controllo internazionale, con l'attiva partecipazione dei Paesi islamici. Tutto questo nella prospettiva di giungere ad uno Stato palestinese vero, democratico, pacifico, non confessionale, affidato ad una Autorità nazionale palestinese profondamente rinnovata negli uomini e nei metodi, uno Stato pacifico riconosciuto da Israele e che riconosca Israele.
Il riconoscimento dello Stato della Palestina - quando ci saranno le condizioni che sono state poste anche dal Parlamento - è ora più vicino; una convivenza di “due popoli e due Stati” in quel territorio tormentato e tuttavia così pieno di significato spirituale per gli ebrei, per gli islamici e per noi cristiani. Cristiani che in Medio Oriente hanno subito persecuzioni e aggressioni che ne hanno ridotto significativamente il numero e la capacità di espressione, ma che sono rimasti forza di pace anche nel martirio.
Mi inchino oggi, con rispetto, all'autorevolezza e alla serenità dimostrate in questi mesi dal Patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pizzaballa, che ne hanno fatto uno dei pochi interlocutori rispettati da tutti e vettore prezioso di aiuti materiali e spirituali alla popolazione oppressa dalla guerra. Solo chi era interessato alla provocazione politica e non alla tutela della gente di Gaza non ne ha saputo riconoscere la straordinaria autorità morale e il ruolo prezioso al fianco della gente sofferente.
Questo conflitto ha suscitato un'ondata emotiva e un'attenzione mediatica senza uguali rispetto alle altre situazioni di crisi parimenti sanguinose nel mondo, proprio in ragione della particolare valenza simbolica di questi luoghi.
Si è trattato quasi ovunque di un'attenzione sincera e di un'autentica passione per la causa della pace e della salvezza dei popoli, mentre pochi, anche se rumorosi, sono stati i casi di strumentalizzazione e di spettacolarizzazione per fini di politica interna o per pregiudizio antisemita, un pregiudizio mostruoso che tuttavia si è - ahimè - riaffacciato, dimostrando che la memoria della tragedia di 80 anni fa non è più sufficiente a tenere lontana l'eco del più odioso dei pregiudizi razziali. L'antisemitismo va combattuto ovunque e in ogni modo , con tutta la forza di cui i sistemi democratici dispongono. Fermarne la diffusione e reprimere ogni manifestazione è un impegno solenne che il Governo assume in questa Aula.
Purtroppo, anche ieri sera, ad Udine, violenti estremisti pro-Pal hanno aggredito le Forze dell'ordine, perché volevano impedire lo svolgimento della partita di calcio Italia-Israele. Esprimo tutta la mia solidarietà ai due giornalisti feriti dai manifestanti e a tutti i poliziotti, i carabinieri e i finanzieri che hanno garantito il regolare svolgimento della partita; undici fra di loro sono rimasti feriti.
Oggi però è innanzitutto il giorno della speranza, è il giorno in cui parlare di un futuro che non è più affidato solo alla forza delle armi. Parlo della luce di speranza che abbiamo visto negli occhi dei bambini di Gaza usciti in strada a festeggiare dopo il cessate il fuoco, quella delle famiglie israeliane che lunedì scorso hanno potuto finalmente riabbracciare i loro cari: immagini che rimarranno per sempre impresse nella nostra memoria. Lo ripeto: non dobbiamo alimentare illusioni premature, il cammino è ancora lungo, la prudenza è necessaria, ma, come ha detto il cardinale Pizzaballa: “vediamo finalmente le prime luci dell'alba al termine di una lunga notte”.
Il cessate il fuoco a Gaza, il rilascio degli ostaggi e il ritiro graduale delle forze israeliane erano obiettivi inimmaginabili solo fino a poche settimane fa. Oggi sono realtà grazie alla del Presidente degli Stati Uniti che ha incessantemente ricercato la fine del conflitto a Gaza. E grazie al ruolo svolto dai mediatori Egitto, Qatar e Turchia: i loro sforzi si sono rivelati cruciali per l'esito positivo dei negoziati. Il Governo italiano ha sostenuto questo difficile percorso fin dall'inizio, lavorando con pazienza e concretezza con due obiettivi molto chiari: mantenere sempre vivo il dialogo tra le parti e alleviare, per quanto possibile, le sofferenze della popolazione civile palestinese.
Rivendico oggi con orgoglio la nostra azione. Abbiamo potuto svolgere un ruolo attivo perché, in questi mesi, abbiamo preservato canali di dialogo sia con Israele sia con l'Autorità nazionale palestinese. Sono pochissimi i Paesi che possono dire di aver fatto altrettanto: abbiamo costruito ponti a dispetto di chi voleva tagliarli, , . È così che si lavora per la pace, giorno dopo giorno, con una paziente opera di tessitura, senza sventolare bandiere e senza cedere al clamore e ai proclami.
La presenza del Presidente del Consiglio Meloni, lunedì, a Sharm el-Sheikh, per la firma degli accordi di pace testimonia che il nostro Paese ha svolto un ruolo riconosciuto ed apprezzato da tutti i nostri , a partire dagli Stati Uniti. Me lo ha confermato direttamente, nei giorni scorsi, il Segretario di Stato Rubio che ha particolarmente apprezzato la posizione equilibrata mantenuta dal Governo in questi mesi. Me ne avevano dato atto anche i Ministri degli esteri dei Paesi arabi che, insieme ai principali europei, avevo incontrato a Parigi solo pochi giorni fa per ragionare insieme sul sostegno alla prospettiva di pace dischiusa dal piano americano.
Questa politica di ascolto e ricerca di soluzioni sarà anche la cifra dei prossimi Dialoghi mediterranei, dove riunirò i Ministri degli esteri della regione, in una città, Napoli, crocevia del Mediterraneo, che quest'anno compie i 2.500 anni: da domani saremo lì. Per seguire questi aspetti ho deciso di nominare l'ambasciatore Archi, nostro ambasciatore presso la FAO, nuovo inviato speciale del Ministero degli esteri per la ricostruzione di Gaza, inclusi gli aspetti umanitari. Sarà il punto di riferimento alla Farnesina per questo tema cruciale e farà da raccordo, a livello tecnico, con istituzioni e amministrazioni locali, settore privato e società civile. Oggi pomeriggio avremo anche una riunione governativa sulla ricostruzione. È infatti cruciale consolidare ora le condizioni perché la pace resista, nella prospettiva di due Stati che convivono in pace e sicurezza. Tutto ciò che rende il cammino più difficile, come i ritardi nella riconsegna delle salme rispetto ai tempi pattuiti, è da deplorare con fermezza ma ci auguriamo che il problema si possa risolvere, come pare sia stamane, in maniera positiva.
La strada però è ormai tracciata. Credo che nessuno vorrà davvero tornare indietro e l'Italia è pronta a fare la sua parte. Del resto, anche di fronte all'orrore della guerra, quando ogni speranza sembrava vana, il Governo era impegnato per preparare la ricostruzione. Già dallo scorso anno abbiamo finanziato con 5 milioni la pianificazione per la ricostruzione da parte dell'Autorità nazionale palestinese, mettendo a disposizione le eccellenze dell'università di architettura di Venezia. Una squadra di esperti è già al lavoro per gettare le fondamenta della pianificazione.
Una missione tecnica della cooperazione italiana sarà a Ramallah nei prossimi giorni per proseguire nel raccordo con l'Autorità nazionale palestinese. In questa fase è fondamentale, infatti, portare assistenza immediata alla popolazione. Per questo lavoriamo per rafforzare e ampliare , coinvolgendo tutte le migliori forze del sistema italiano, che ho voluto riunire al Ministero all'indomani della cerimonia di Sharm el-Sheikh. Stiamo lavorando per un nuovo invio urgente di aiuti alimentari, il più grande finora realizzato.
Onorevoli deputati, desidero in questa sede esprimere il mio più profondo ringraziamento e quello del Governo per la straordinaria generosità della nostra filiera dell'agroalimentare e , che ha già messo a disposizione altre 100 tonnellate di aiuti, che porteremo presto a Gaza Mica le Flotille!. Stiamo tenendo la raccolta ancora aperta perché la domanda di partecipazione è fortissima: una vera e propria gara di generosità che deve rendere tutto il nostro Paese orgoglioso.
La sicurezza alimentare è una priorità del Governo, al centro del nostro impegno a sostegno della FAO, che proprio domani celebra qui, a Roma, il suo ottantesimo anniversario. Abbiamo già definito un primo pacchetto di aiuti da 60 milioni di euro dedicato alla sicurezza alimentare, alla sanità, all'assistenza di malati, feriti e mutilati e in tema di formazione per sostenere la costruzione della nuova palestinese.
In ambito sanitario, attraverso una stretta collaborazione sinergica con il Ministro dell'Università Bernini, metteremo a disposizione le eccellenze dei nostri ospedali, come il Bambino Gesù, il Gemelli, il Rizzoli di Bologna o il Meyer di Firenze. Faremo anche rete con gli ospedali italiani in Egitto e in Giordania: eccellenze assolute che vogliamo rafforzare e valorizzare, in collaborazione anche con il Ministro della Salute.
Le dimensioni della sfida che abbiamo davanti sono epocali: per questo è cruciale coinvolgere anche il settore privato, avviando collaborazioni strutturate di lungo periodo per inviare medici, macchinari e mettere a disposizione strumenti innovativi come la telemedicina o, per esempio, le nostre eccellenze nel campo della protesica.
In questi mesi terribili abbiamo consentito l'ingresso nel nostro Paese di più di 1.100 persone provenienti dalla Striscia, tra evacuazioni sanitarie, ricongiungimenti familiari e studenti . Siamo determinati a proseguire il nostro impegno per far venire in Italia i bambini bisognosi di cure - ne sono già arrivati 196 mentre la guerra infuriava, oltre a quelli curati dalla nave ospedale - e gli studenti desiderosi di proseguire nelle nostre università il loro percorso di studi. Il 23 ottobre accoglieremo un nuovo gruppo di studenti palestinesi, che verranno a formarsi nelle nostre università; i primi 39 sono arrivati nelle scorse settimane, accompagnati dal Ministro Bernini, che si era recata ad Amman a prenderli e accompagnarli in Italia. Il 29 ottobre abbiamo in programma una nuova operazione umanitaria per portare in Italia altre decine di bambini di Gaza bisognosi di cure, che saranno assistiti nei nostri migliori ospedali. Anche questo, onorevoli parlamentari, è un modo per contribuire a formare la futura classe dirigente per una Palestina libera, prospera, sovrana e pacifica: una Palestina che, in tali condizioni, l'Italia riconoscerà senza ulteriori attese.
La Palestina di domani avrà, però, bisogno di una classe dirigente forte, trasparente e preparata. Per questo stiamo lavorando, in stretto raccordo con il Ministro Zangrillo, per mettere a punto iniziative di formazione mirata per l'Autorità nazionale palestinese, come, ad esempio, un programma di scambio di diplomatici.
Il percorso delineato dal piano americano potrà proseguire solo in una situazione, ovviamente, di calma e senza nuove violenze. Come sapete, il piano Trump prevede il dispiegamento a Gaza di una forza internazionale di stabilizzazione. Come hanno confermato anche il Presidente del Consiglio e il Ministro della Difesa, l'Italia è pronta a fare la propria parte anche in questa eventualità, forte della solida e riconosciuta esperienza maturata negli anni in tanti quadranti internazionali complessi. Naturalmente, il Parlamento verrà coinvolto in tutte le decisioni che riguarderanno la nostra partecipazione alla forza internazionale di stabilizzazione e mi auguro che su questo argomento si possa trovare una unità di intenti tra tutte le forze politiche.
Possiamo noi, infatti, contare su una risorsa unica: i nostri militari sono ovunque apprezzati, portatori di pace. La loro professionalità, la loro umanità, la loro capacità diplomatica ne fanno una vera eccellenza italiana. In Libano, in Kosovo, in Africa svolgono un ruolo prezioso, riconosciuto da tutti. I nostri Carabinieri sono presenti in Palestina dal 2013, con una missione bilaterale di addestramento, e partecipano a due importanti missioni europee. Hanno maturato una profonda conoscenza della realtà locale, che possono mettere al servizio della popolazione di Gaza e della pace, per la loro abnegazione e la loro competenza.
A proposito, signor Presidente, mi consenta una breve considerazione: non posso non pensare, con profonda commozione, ai tre carabinieri scomparsi ieri mentre compivano una missione delicata. Ancora una volta, le Forze dell'ordine hanno pagato con la vita il loro impegno coraggioso e il loro grande senso del dovere. Ai carabinieri scomparsi va il pensiero commosso dell'intero Governo e la gratitudine di tutti gli italiani. Ci stringiamo idealmente ai familiari delle vittime e ai feriti rivolgiamo l'augurio di una pronta guarigione.
Onorevoli colleghi, dopo le immani devastazioni è tempo di avviare un percorso virtuoso di sviluppo per il territorio della Striscia. La ricostruzione - non solo materiale, ma anche morale - sarà il primo argine contro future forme di radicalizzazione. Vogliamo rafforzare ulteriormente il nostro impegno nel settore dell'istruzione, coinvolgendo anche il settore privato, le università e i centri di ricerca. È cruciale concentrarsi sulle scuole, per dare nuova speranza ai bambini e agli studenti palestinesi e israeliani: dobbiamo offrire loro la prospettiva di un futuro prospero e sereno, libero dalla violenza e dall'estremismo. Deve anche cessare, nelle scuole, l'educazione all'odio e all'estremismo, che purtroppo oggi è insita in molti testi e programmi scolastici. La rinascita della nazione palestinese e il futuro della regione nella pace e nella sicurezza nascono anche da questo. Del resto, dove c'è prosperità c'è anche sicurezza.
Come sapete, lo scorso luglio abbiamo organizzato, a Roma, una conferenza internazionale per la ricostruzione dell'Ucraina. È stato un grande successo e siamo pronti a condividere questa esperienza con i nostri arabi, in particolare con l'Egitto, per la realizzazione di un'iniziativa analoga dedicata a Gaza: una conferenza che si svolgerà a Il Cairo, probabilmente entro il mese di novembre. È un'azione doverosa verso una popolazione stremata, ma anche una grande opportunità per le nostre imprese: un'opportunità - sia ben chiaro - non di speculare su una tragedia, ma di concorrere, con la qualità del loro lavoro, a un progetto che non può essere solo umanitario. Gaza non ha bisogno solo di assistenza: ha bisogno di sviluppo sano e, come tale, creatore di risorse e di benessere.
Il sistema Paese deve essere protagonista di tutto ciò e le nostre imprese possono assumere un ruolo guida in molti settori. Penso all'esperienza, ahimè, maturata da tante imprese italiane che hanno operato in città devastate dopo i terremoti, che hanno competenza a lavorare in territori particolarmente complicati, con macerie enormi. Pensiamo alla ricostruzione de L'Aquila, di Accumoli “Rase al suolo” Rase al suolo? Purtroppo sì. Appunto, quindi questa esperienza maturata ()… no, stiamo dicendo la stessa cosa, quindi )... no, no, ma ho detto, stiamo dicendo la stessa cosa.
Sappiamo come lavorare bene e metteremo a disposizione di Gaza il nostro saper fare. Lo sanno anche i nostri : ieri ne abbiamo parlato a lungo, insieme al Presidente del Consiglio, con il Re di Giordania. Alla fine di questa mattinata, incontrerò il Ministro degli Esteri giordano, per rafforzare il meccanismo di coordinamento e assicurare che i nostri aiuti possano arrivare a Gaza il più rapidamente possibile.
Signor Presidente, onorevoli deputati, l'accordo di Sharm el-Sheikh segna un momento cruciale nella storia recente del Medio Oriente: il primo grande tassello di un processo di stabilizzazione della regione. Un processo che passa attraverso la nuova stagione degli Accordi di Abramo per la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Paesi arabi, della quale deve essere protagonista l'Arabia Saudita.
Da questo processo non può più autoescludersi, come in passato, l'Autorità palestinese che anzi, in un quadro di sicurezza collettiva, potrebbe dare e ricevere serie garanzie per il futuro.
Il Medio Oriente ha un ruolo politico ed economico fondamentale per l'Occidente, non soltanto per la grande disponibilità di combustibili fossili, ma anche in virtù di progetti come la Via del Cotone che, dall'India al Mediterraneo, vede nel Medio Oriente uno snodo fondamentale.
Cari colleghi, questo è il momento di guardare al futuro, un futuro di pace, però. È con questo spirito che abbiamo lanciato l'iniziativa di una risoluzione sulla tregua olimpica nell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in vista dei Giochi invernali che l'Italia ospiterà, il prossimo anno, a Milano e Cortina. Sarà un'iniziativa politica importante per rafforzare anche alle Nazioni Unite lo spirito del piano americano.
Come ci ricorda Papa Leone XIV, che ieri abbiamo accolto in visita ufficiale al Quirinale, non dobbiamo mai abbandonare la speranza della pace, ma lavorare con pazienza e determinazione perché la pace diventi realtà. Questa è la missione che ci siamo assunti: coltivare il seme della pace piantato in Medio Oriente e diffonderlo anche in altri teatri di crisi, a partire dall'Ucraina, naturalmente nel rispetto della sovranità e della libertà di quel popolo.
Non dimentichiamo neanche ciò che accade in guerre delle quali si parla meno, in modo particolare mi riferisco al Sudan. Siamo consapevoli del ruolo che un grande Paese come l'Italia è chiamato a svolgere nel mondo, crocevia di dialogo e punto di incontro fra culture e civiltà. Faremo la nostra parte anche questa volta ,
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare il deputato Giulio Tremonti. Ne ha facoltà.
GIULIO TREMONTI(FDI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, grazie a lei per quanto ci ha detto oggi e per quanto ha fatto nel tempo trascorso, a partire dal 7 ottobre 2023 per arrivare ad oggi. Grazie naturalmente, con tutta la nostra considerazione e gratitudine, per quello che ha fatto e farà anche il nostro Presidente del Consiglio. Dopo anni di violenza e di guerra, nei giorni scorsi è finalmente venuto un atto di pace, un atto ispirato da fuori, dal Presidente degli Stati Uniti d'America, ma anche un atto sviluppato da un gruppo di Stati e questo è il punto politico essenziale. Quello che vediamo oggi è, infatti, il ritorno sulla scena politica degli Stati; non Stati canaglia, non canaglie senza Stato, ma Stati senza aggettivi, con il Mediterraneo che torna così ad essere un sistema dove tutto si mischia e si ricompone, proprio come per secoli è stato il Mediterraneo di Braudel. Oggi si può, dunque riprendere a credere e a pensare che il Mediterraneo non sia più un luogo fatale per lo scontro delle civiltà, ma un luogo di pace e di progresso, un punto essenziale nell'equilibrio tra diverse civiltà.
Altri hanno interesse a sviluppare la logica perversa dello scontro di civiltà, certo non noi. Noi pensiamo, infatti, che la pace sia sempre meglio della guerra, perché in pace sono i figli che seppelliscono i loro genitori e in guerra sono i padri che seppelliscono i loro figli Certo, molto resta ancora da fare, molto, perché è ben chiaro che una tenda non è una casa, una tregua non è una pace, una Striscia non è uno Stato. È dunque proprio tutto questo che va fatto e che da oggi può e deve essere fatto. Dunque, possiamo cominciare a guardare quanto il nostro Paese, su questo scenario, può fare. L'Italia può e deve fare molto; molto per l'assistenza ai bisognosi e molto per la sicurezza, perché, vedete, tutti i soldati di pace hanno il fucile, ma i soldati italiani a volte appoggiano il fucile e ti danno la mano e questo è il punto essenziale che li distingue dagli altri.
Per finire, io credo che possiamo, a questo punto, ricordare le parole di San Francesco, quando dice: “Cominciate con il fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile”
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Provenzano. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE PROVENZANO(PD-IDP). Grazie, Presidente. Colleghi, signor Ministro, in questi giorni abbiamo condiviso il sollievo e la speranza, senza illusioni, come ha detto lei. Abbiamo guardato quelle immagini di bambini affamati fino allo stremo, che da Gaza ci chiedevano aiuto, e che finalmente ballavano; quel giovane che si aggirava di notte, tra le macerie, ad annunciare la tregua agli sfollati, poi rimasto ucciso; le famiglie degli ostaggi raccolte nella piazza di Tel Aviv, che ha preso il loro nome; poi, gli abbracci. Questa tregua l'abbiamo attesa a lungo, troppo a lungo. Noi, in quest'Aula, l'abbiamo chiesta all'indomani del 7 ottobre e solo nel febbraio del 2024 vi siete uniti a noi, in Parlamento.
Vedete, dopo aver chiesto tutti i giorni, per due anni, il cessate il fuoco, non potevamo che gioirne il giorno in cui è arrivato, chiunque lo avesse portato, senza il problema di ringraziare gli Stati Uniti, che pure hanno coperto le azioni criminali di Netanyahu, o mediatori come il Qatar, che aveva finanziato Hamas, o l'Egitto o la Turchia. Fermare la carneficina è sempre stata la priorità assoluta. È una tregua drammaticamente tardiva, anche questo va detto; è arrivata dopo che ogni crimine è stato consumato, persino quello che una Commissione delle Nazioni Unite ha chiamato genocidio. Tutto il dolore, Ministro, non si cancella in un giorno. Migliaia di violati, mutilati, orfani, chi dovrà piangere i propri morti o cercarli in mezzo alle rovine. Questo accordo poteva essere raggiunto mesi fa e anche questo va detto. Una tregua era arrivata a gennaio - ricordiamolo -, ma è stata violata da Netanyahu con altre migliaia di vittime innocenti. La fame è arrivata come arma di guerra e il mondo è arrivato sull'orlo di una guerra grande. Contro tutto questo si sono mobilitate le opinioni pubbliche del pianeta. Una classe dirigente responsabile o priva di sensi di colpa le avrebbe ringraziate, non denigrate o criminalizzate
Non puoi continuare una guerra contro tutto il mondo, avrebbe detto Trump a Netanyahu. Lui lo ha capito, qualcuno in quei banchi ancora no. È una tregua fragile, difficile, anche solo da mantenere. Dobbiamo lavorare affinché tutti la rispettino, perché gli ostacoli sono a ogni passo - lo ha ricordato anche lei - e sono troppe le incognite. Allora, voglio dirlo subito, Ministro: se per preservarla servirà una missione internazionale a Gaza di su mandato delle Nazioni Unite, con un protagonismo dei Paesi arabi che si impegnano nella ricostruzione, noi non solo siamo pronti a discuterne, ma vi diciamo che dobbiamo esserci. L'abbiamo proposto nel novembre 2023. Qui si è aperta una breccia; dobbiamo impedire che si richiuda, perché ora devono passarci la diplomazia e la politica.
Ministro, lei qui continua a parlarci di . Sa perfettamente che, al momento, da quella breccia non stanno passando nemmeno gli aiuti a sufficienza verso la popolazione palestinese martoriata. Speriamo che oggi si riapra il valico. Lei sa benissimo, Ministro, che la vicenda delle centinaia di tonnellate di aiuti raccolti da che dovrebbero arrivare via terra, è ancora lì, irrisolta, soggetta all'arbitrio e all'infamia - aggiungo - delle Autorità israeliane , che impediscono il passaggio dei cibi troppo energetici da quella breccia. Qui c'è la Ministra dell'Università: stanno passando i vincitori di borse di studio. Ma con quale crudeltà si può chiedere a una madre, vincitrice di borsa di studio, di scegliere se lasciare i figli a casa o venire a studiare in Italia Lo dico perché c'è ancora molto lavoro da fare, perché la tregua non è la pace, come ricordava adesso l'onorevole Tremonti. Tra l'una e l'altra ci sono molti passi da compiere.
Noi vogliamo discutere qui di quali possano renderci protagonisti del percorso o almeno partecipi, perché qui - raccontatevi quello che volete - non lo siamo stati. I europei a Sharm-el-Sheikh - e parlo di tutti, non solo di Giorgia Meloni, non c'è il Melonicentrismo - erano comparse a seconda dell'inquadratura, peraltro. A noi non fa piacere, ma è così. Non è sempre stato così: nel 2006 fummo noi a spingere l'Europa e le Nazioni Unite alla pace in Libano. Non è detto che sarà così in futuro, ma dipende dalle scelte che faremo sulla questione palestinese, sul riassetto degli equilibri regionali in Medio Oriente. Vorremmo discutere di quest'idea del Mediterraneo, del ritorno degli Stati. Si apre una fase nuova: l'Italia come ci sta? C'è chi vuole affermare l'idea, estremizzata fino al parossismo, della pace attraverso la forza. Noi crediamo, invece, che la pace abbia bisogno soprattutto di politica e di giustizia . Della giustizia dovremmo tornare a parlare, perché i crimini compiuti in questi due anni non possono restare impuniti. Perché abbiamo bisogno di costruire, ricostruire l'integrità, la credibilità del diritto internazionale.
Ma parliamo ora di politica, del coraggio della politica. C'è un grande assente nel dibattito di questi giorni: il popolo palestinese, il suo diritto all'autodeterminazione. Vorrei dire che, mai come oggi, non possiamo permettere che la questione palestinese ricada nell'oblio. E non avverrà. Non si tratta soltanto della ricostruzione di Gaza che non è un affare, è un dovere. Alla soluzione dei due Stati non si arriva per inerzia. È quella la meta? Nel Piano Trump è avvolta nella nebbia, c'è solo un modo per diradarla: riconoscere lo Stato di Palestina . Andava fatto ieri, oggi ci dice che il tempo si avvicina, però, non è ancora il momento. Io vi informo che nel mondo più di 150 Paesi lo hanno fatto. Voi volete davvero insegnare al mondo come si sta al mondo? È un processo irreversibile. Volete che l'Italia arrivi per ultima. Davvero, basta alibi su questo, basta sciocchezze! Non ci saranno Accordi di Abramo senza lo Stato di Palestina. Riconoscere la Palestina significa dare forza all'ANP che la comunità internazionale dovrebbe accompagnare a Gaza, se non vogliamo vedere quelle immagini delle esecuzioni forzate di Hamas. Significa condannare l'occupazione illegale dei territori palestinesi, tutto quello che l'attuale israeliana ha negato. E, a proposito di politica, di Stato democratico, di visione, non radicalizzazione, che errore lasciare in prigione Marwan Barghuthi, il Mandela palestinese ! L'unica personalità che può rigenerare l'ANP, rincarnare una Palestina laica. Non lo vuole Netanyahu, perché ha paura degli estremisti, perché ha paura della pace, perché nella pace lui non ha posto. Non è il suo interesse. Ma il nostro interesse qual è? Liberate l'Italia da questo vincolo con Netanyahu. Agli applausi della Knesset rispondevano i fischi nella piazza a Tel Aviv…
GIUSEPPE PROVENZANO(PD-IDP). … lo giudicherà la storia. L'ha già giudicato, forse una Corte israeliana, forse persino il popolo israeliano lo condannerà. Noi scegliamo da che parte stare. Se scegliamo la pace, bisogna stare con chi la pace vuole farla davvero .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Formentini. Ne ha facoltà.
PAOLO FORMENTINI(LEGA). Grazie, Presidente. Ho appena sentito dire in quest'Aula che, se si vuole la pace, bisogna stare con chi la pace la vuol fare davvero. Noi della Lega siamo sempre stati con il Presidente Trump, perché in quella pace ci abbiamo creduto sempre e sapevamo che c'era una visione Una visione chiara di pace e stabilità per il Medio Oriente, una visione che parte da quel 2020 con la sottoscrizione degli Accordi di Abramo, ovvero gli Accordi tra i Paesi arabi e Israele di riconoscimento e stabilimento di relazioni diplomatiche. È qualcosa di innovativo, qualcosa che davvero, sin da allora, ha segnato quella che oggi diviene l'alba del nuovo Medio Oriente.
Non è con le chiacchiere, non è con l'ideologia, non è incitando le piazze, e lo abbiamo sentito anche adesso citare le piazze, i fischi, sì, ma qui non ci viene detto che in Israele c'è anche un'opposizione che invece ha fatto appello a tutto l'Occidente perché capisca, capisca cosa è successo a Gaza, capisca cos'è successo intorno ad Israele. Israele era accerchiato da terroristi e ha combattuto, ancora una volta, per la propria esistenza, per il proprio diritto a vivere in pace e serenità. Questo è successo e bisogna avere la forza e il coraggio di dirlo. Non è incitando le piazze , non è con quello che è successo, di nuovo, ieri sera a Udine - i nostri poliziotti e le nostre Forze dell'ordine attaccati e giornalisti feriti -, non è questo che porta la pace . La pace viene con un progetto, viene con una visione, viene con le istituzioni, viene con i Governi. Non viene con le barchette della . Lo diciamo chiaro . E, allora, consapevoli che questo sia il percorso, condanniamo, ancora una volta, le parole d'odio di Francesca Albanese e ci chiediamo in quest'Aula come possa l'ONU tollerare che ancora Francesca Albanese la rappresenti. Ce lo chiediamo perché è qualcosa che segnala un declino di quelle istituzioni che dovrebbero tutelare la pace, la stabilità, il rispetto delle regole e che invece così si schierano da una parte, una parte che si cerca di giustificare, quella di Hamas. Noi, invece, ci schieriamo con il popolo palestinese, quello vero che soffre soffre l'egemonia di Hamas e che in questi giorni conta i morti, i morti per mano di Hamas. Conta i morti perché quel regime, quei terroristi cercano di ristabilire il pieno controllo sulla Striscia. E, allora, qui, ancora, bisogna chiarirsi: o si sta con Hamas o si sta con il sogno di libertà e di pace. Noi stiamo con la pace, noi da sempre con Matteo Salvini Vicepremier abbiamo lavorato per questo.
Allora, l'impegno per la ricostruzione dell'Italia, per Gaza, il programma di aiuti , queste sono le cose concrete, la concretezza che piace a noi della Lega. Tutto il resto sono chiacchiere, chiacchiere pericolose che, come vediamo in continuazione, spesso purtroppo portano anche alla violenza e .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Bergamini. Ne ha facoltà.
DEBORAH BERGAMINI(FI-PPE). Grazie, Presidente. L'accordo tra Israele e Hamas sull'attuazione della prima fase del Piano di pace di Donald Trump ha segnato la riconquista da parte della politica della propria funzione, cioè quella di avere la capacità di fissare obiettivi graduali, possibili per costruire la pace, compiere il primo passo, cominciando dal salvare molte vite, restituire la dignità ad altre, far tacere le armi. Ed è quello che abbiamo visto in questi ultimi giorni: l'esercito israeliano che si ritira dalla prima linea, gli ostaggi israeliani ancora vivi che sono liberati, i primi aiuti trasportati nella Striscia di Gaza.
A Sharm-el-Sheikh, dal lavoro di mediazione delle delegazioni alla Conferenza di lunedì, abbiamo assistito a una convergenza verso un risultato che rappresenta il bene comune, una convergenza fra Governi che sono espressione sia di democrazie che di autocrazie. È emersa una volontà internazionale corale, coesa, per quanto proveniente da protagonisti che sono politicamente e ideologicamente non compatibili. In questo scenario, l'Italia, per impegno della Presidente Meloni e del Ministro Tajani, si è distinta nella sua capacità di svolgere un accompagnamento diplomatico, attraverso contatti costanti con gli attori in campo verso l'accordo che si andava a comporre. La politica è stata, dunque, in grado di disegnare prospettive e di interrompere parzialmente un ciclo partito con l'invasione dell'Ucraina nel 2022, in cui costantemente la soluzione bellica ha prevalso negli scenari di crisi.
Ora, però, in Medio Oriente bisogna entrare nella fase della costruzione. Abbiamo visto nelle ultime ore quanto il filo allacciato verso la pace sia un filo fragile, delicatissimo. Lo dimostrano i problemi creati da Hamas nella restituzione dei corpi degli ostaggi israeliani morti durante questi anni di sequestro e la conseguente scelta di Tel Aviv di limitare l'ingresso degli aiuti. Criticità delle ultime ore che sembrano superate. Lo dimostrano anche le documentate esecuzioni perpetrate da Hamas dopo il ritiro dell'esercito israeliano, esecuzioni di cui sono state vittime quanti ritenuti non allineati o ribelli.
Tutto questo ci definisce molto chiaramente la complessità di quel percorso verso la vittoria finale della politica che si potrà determinare con il disarmo di Hamas, invocato ancora ieri dal Presidente Trump, con la riforma dell'Autorità nazionale palestinese e con la ricostruzione civile, economica e sociale a Gaza.
Insomma, libertà e dignità per il popolo palestinese. Sono obiettivi cui siamo chiamati anche noi e in cui noi, come Italia, dobbiamo fare molto. Le iniziative durante la guerra coordinate da lei, Ministro Tajani, hanno connotato l'Italia come attore umanitario pieno e centrale: il piano; l'assistenza ai tanti minori, che lei ha ricordato nella sua informativa, presso i nostri ospedali pediatrici, con l'accoglienza anche dei loro cari; l'avvio di un corridoio accademico, su iniziativa anche del Ministro Bernini, per salvaguardare il valore universale della conoscenza, consentendo a molti giovani gazawi di continuare i loro studi e le loro ricerche in favore di un'educazione che non sia all'odio ma alla pace .
Questo spinge e proietta il nostro compito anche nel futuro. Confido che per questo grande obiettivo il quadro politico italiano si ponga, almeno nella ricerca della pace, in modo inedito e del tutto diverso rispetto a quanto avvenuto in questi anni di guerra, anni in cui troppe smanie ideologiche hanno distolto da una corretta lettura sugli sforzi umanitari oggettivi del Governo, riconosciuti anche dall'Autorità nazionale palestinese, e in cui si sono collocate in posizioni di collateralismo con chiare pulsioni antisemite.
Ora serve un nuovo inizio, anche nel nostro confronto politico. Speriamo di avere la capacità, tutti noi, di compiere questo inizio, altrimenti non saremo all'altezza della pagina che è stata tratteggiata a Sharm el-Sheikh. È necessario uno scenario in cui ogni singola forza politica si senta chiamata a guardare davanti a sé verso quell'obiettivo unitario di restituire vita, dignità e libertà ai nostri fratelli lontani, che oggi abbiamo il compito e il dovere storico e politico di raggiungere.
Lei, Ministro Tajani, ha illustrato quello che l'Italia si sta apprestando a realizzare o potrà realizzare nell'ambito della tutela della salute, della dotazione alimentare, della sicurezza e addirittura della formazione di quella che dovrà essere la classe dirigente di domani. L'essenza storica e culturale dell'Italia, Paese mediterraneo, ci proietta inevitabilmente verso l'incontro con l'altro, pur mantenendo piena consapevolezza di noi stessi e della nostra identità. Forse è per questo che nei due anni appena trascorsi abbiamo tracciato, con il nostro sforzo, un chiaro solco verso la solidarietà. Lo conferma l'elezione di ieri dell'Italia al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che rende oggettivo, chiaro, inevitabile e ineludibile il nostro impegno verso la tutela dei diritti umani.
È continuando su questo percorso, in collaborazione con i nostri interlocutori e internazionali, che potremo finalmente contribuire a costruire le condizioni per giungere alla compresenza di due popoli e due Stati e riconoscere così la Palestina. Si tratta di uno scenario che fino a pochi giorni fa sembrava inimmaginabile e impossibile. Ora lo vediamo lontano, sì, ma fattibile. È un obiettivo da raggiungere e da costruire giorno dopo giorno. Dopo troppi anni in cui l'Occidente si è dimostrato inerte o rinunciatario, ora possiamo raggiungere il nostro riscatto .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Riccardo Ricciardi. Ne ha facoltà.
RICCARDO RICCIARDI(M5S). Grazie, Presidente. Sulle miserie e l'inadeguatezza di questo Governo ci soffermeremo proprio poco, perché davvero fate tutto voi e credo che non meritiate neanche un commento. Lei, Ministro, la scorsa settimana pubblica una foto con un ragazzo con la bandiera italiana e palestinese dicendo: vedete come ci ringraziano i palestinesi. È stato smentito un'ora dopo dicendo: guardi che quella foto è per ringraziare il popolo italiano che ha manifestato contro il suo Governo .
Salvini dice che Netanyahu è il più grande costruttore di pace e fautore della pace. È commentabile questa cosa? Io credo di no. C'è la Meloni che elemosina un posto nella “Ma vergognati!”. Davvero è miserevole il vostro ruolo e la vostra ignavia, ma siete e sarete nella storia come i protagonisti, insieme ai vostri europei, del suicidio politico dell'Europa, perché l'Europa si è suicidata politicamente. È un soggetto morto clinicamente, dal punto di vista politico, ed è moralmente vigliacco e ignavo. Questo siete e ci state benissimo in questa Europa
Quindi, parliamo del piano Trump, perché poi questo è il tema. Allora, noi lo chiariamo subito: qualsiasi atto, come questo, che ha fatto smettere le bombe e ha riportato a casa gli ostaggi israeliani e molti palestinesi detenuti illegalmente, perché di quelli non si parla mai, va celebrato e festeggiato. Ma noi abbiamo il dovere, però, di analizzare politicamente cosa succede e cosa accadrà. Allora, innanzitutto, il piano Trump non è un piano di pace, perché lì non c'era una guerra: lì c'era un'aggressione di un esercito nei confronti di una popolazione inerme , e questo è il primo punto.
In secondo luogo, quando inizia il piano Trump? Quando sono morte decine di migliaia di palestinesi? Quando si è sparato sull'ONU? Quando è che si decide che si è raggiunto il limite? Quando Israele decide, per eliminare i negoziatori di Hamas, di bombardare il Qatar. Quindi, decine di migliaia di poveracci palestinesi non fanno fermare nulla; l'attacco al potente alleato ricco del Qatar fa fermare tutto . Questo è il motivo per cui si è deciso di dire basta a un massacro iniziato con la complicità degli Stati Uniti di Biden e al momento terminato dagli Stati Uniti di Trump, perché qui nessuno è innocente rispetto a tutto quello che è accaduto lì.
Questo piano dà due visioni e onestamente io non so se siano conciliabili, perché vedere ieri l'altro al Parlamento israeliano esaltare il Presidente Trump che, mentre sghignazzava sulle armi che ha regalato all'amico Bibi e non sapendo neanche quali armi erano, diceva: caro Bibi, le hai usate bene, con tutto il Parlamento che rideva, per noi è un'immagine terrificante , è un'immagine inaccettabile.
Chi esalta questo piano non può non pensare che in questo piano non si parli dei 700.000 coloni che occupano brutalmente e illegalmente la Cisgiordania protetti dall'esercito israeliano . Chi lo esalta non può non pensare che è già stato creato un fondo da 53 miliardi di dollari e che il negoziatore degli Stati Uniti non è un diplomatico, è Steve Witkoff. Chi è Steve Witkoff? È un immobiliarista specializzato in grandi alberghi e nel recupero di aree degradate. Il figlio di Witkoff lavora con i fondi sovrani di Abu Dhabi nel settore delle criptovalute. Quello è un di finanzieri, non è un corpo diplomatico. Chi lo esalta pensa sia giusto prendere uno dei protagonisti della destabilizzazione di quell'area, Tony Blair, che ha avallato un massacro fatto con le prove false fabbricate all'ONU - se ce le ricordiamo - e bombardando l'Iraq. Lo prendiamo come un viceré e lo portiamo nel territorio da governare a decine di migliaia di chilometri di distanza.
Allora, su questo piano o noi ci lavoriamo e ci interveniamo o creerà i palestinesi come i pellerossa del ventunesimo secolo, perché nessuno si illuda che ci sarà uno Stato palestinese. Ci saranno dei palestinesi che vivranno come i pellerossa nelle riserve e saranno forza lavoro per i casinò di Gaza . Questo saranno! Allora, cosa è che può evitare questo? Lo può evitare la politica che si è mobilitata contro questo, la politica che si è mobilitata, partendo da Gaza, per sognare un mondo diverso, una politica che deve restituire dignità all'Italia e all'Europa, perché altrimenti la direzione è quella, perché Gaza ha tolto la maschera a tutti quanti. Ha creato uno spartiacque: da una parte c'è chi vuole un mondo dove i popoli si autodeterminano, dall'altra c'è un mondo che vuole che i popoli vengano abusati e ci siano dei soprusi continui; da una parte c'è un mondo per cui il profitto è da rincorrere a ogni costo, dall'altra c'è un mondo per cui è la giustizia sociale da rincorrere a ogni costo. Gaza è lo spartiacque di tutto questo e sta a noi evitare che finiscano nelle riserve i palestinesi.
Nel mio paese, a Forno, tra le Apuane, c'è uno striscione, ogni volta, che ricorda una strage nazifascista - ed è rivolto a quelle vittime e vale per le vittime di Forno come per le vittime di Gaza, come per le vittime di tutti gli eccidi -, che dice: “ci avete seppellito tutti, ma non sapevate che eravamo semi”.
Ecco, questo vale per Gaza e sta a noi far sì che questi semi non muoiano nuovamente e che crescano e crescano in modo diverso perché quella di oggi - per dirla come De André, perché le parole le ha sempre trovate - è davvero la domenica delle salme dove ci sono i segni di una pace terrificante .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Signor Ministro, colleghi, bisogna dire che attendevamo questo giorno di informativa. Su questo tema ne abbiamo fatte tante, troppe, tutte volte a registrare la drammatica situazione che dal 7 ottobre si è sviluppata in quel pezzo martoriato del mondo dove dovrebbero convivere due popoli, che non riescono a convivere.
Questa pace, questa tregua, intanto, ha portato finalmente alla liberazione di ostaggi che erano detenuti in condizioni terribili da oltre due anni, ma ha consentito la liberazione anche di altre centinaia di migliaia di ostaggi; che erano ostaggi di una risposta che abbiamo condannato più volte, da parte di Israele, dimensionata in maniera inaccettabile; ed erano ostaggi dei terroristi di Hamas che li hanno utilizzati per mesi come scudi umani. E bisogna riconoscere al Presidente Trump, che è stato artefice di questo accordo, il lavoro che ha svolto. Lo faccio da parte di chi non è un sostenitore di Trump o un suo ammiratore; tutt'altro, ma credo che il lavoro che ha messo in campo sia stato veramente fruttuoso; è stato fruttuoso perché ha saputo costruire un rapporto con attori di quell'area, a cominciare dall'Egitto, dal Qatar e dalla Turchia, che hanno contribuito in maniera determinante a questo risultato.
Il multilateralismo, la capacità di convivenza, la capacità di collaborazione nell'ambito dei Paesi del mondo vengono misurati proprio da questo: dalla capacità di mettere insieme anche Paesi che hanno esperienze e livelli di democrazia e di Governo molto diversi, ma che alla fine si sanno ritrovare su un accordo, questo sì, che potrebbe - vedremo come si sviluppa in queste giornate - essere storico e che per noi deve contenere naturalmente il riconoscimento di quel principio di “due popoli, due Stati” che abbiamo sempre affermato in quest'Aula e sicuramente non da soli.
Mi permetto anch'io un ringraziamento particolare anche al lavoro che ha svolto la Santa Sede, con il cardinale Pizzaballa e con chi in quella parrocchia di Gaza è restato, con quella voce che ha sempre sostenuto la necessità di una tregua, di una pace, di un accordo che portasse al riconoscimento dei diritti di chi in quella piccola lingua di terra viveva.
Io penso che avremmo tante cose da dire, ma ne voglio dire cinque principali, che ci aspettano nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. La prima: la ricostruzione di Gaza, a cui deve corrispondere il riconoscimento della Palestina, la costruzione di questo Stato; e non è solo una ricostruzione economica, non è solo una ricostruzione materiale e infrastrutturale, ma è prima di tutto una ricostruzione politica e sociale. Ci sono bambini che sono nati - e che sono oggi ragazzi - senza mai poter uscire da quel territorio, perché non ne avevano il diritto. E io credo che, se non consideriamo come una ricostruzione non solo materiale sia indispensabile in quel pezzo di terra, non facciamo la cosa giusta.
Così come le immagini dei terroristi di Hamas, che ancora in queste ore uccidevano nelle piazze quelli che erano stati a loro dire loro oppositori, ci ricordano che non ci sarà mai pace fin quando il terrorismo non verrà completamente sconfitto in quella terra. E avendo sottoscritto un accordo con Hamas… Questo accordo prevede il loro disarmo. Questo disarmo è quanto mai indispensabile, rappresenta un elemento centrale rispetto a quell'accordo. Perché se noi consentiremo che i terroristi continuino a gestire quel pezzo di terra, la pace non arriverà mai.
E il terzo punto - e voglio evitare di dimenticarlo - è quello che succede in Cisgiordania perché, altrimenti, tra qualche tempo discuteremo qui della Cisgiordania come abbiamo discusso di Gaza. In Cisgiordania c'è un'intollerabile aggressione da parte di coloni che vanno contro tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite. Li abbiamo condannati tutti ma su questo mi permetto di dire che l'Unione europea e il Governo italiano devono essere ancora più precisi sulle sanzioni individuali e sulle sanzioni collettive a tutti coloro che non rispettano quelle risoluzioni delle Nazioni Unite. Perché la pace lì ci sarà solo quando Cisgiordania e Gaza, che devono costituire lo Stato della Palestina, avranno la libertà di autodeterminarsi.
Così come - è il quarto punto che voglio toccare - noi continuiamo a vedere un antisemitismo dilagante. Lo vediamo in Europa, lo vediamo in Italia. Lo vediamo anche in giro per il mondo, ma qui in Italia… Mi riferisco anche all'episodio che è stato ricordato giustamente anche dal Ministro; ieri sera, in una partita di calcio, che dovrebbe essere un avvenimento che serve per ricucire, non per alimentare, abbiamo visto dei violenti che si immedesimano in battaglie politiche, ma che fondamentalmente sono dei violenti. E i violenti vanno isolati con forza e con determinazione prima di tutto dalla politica. La politica deve avere questo compito. Io ricordo che nel passato, qui, la politica aveva il compito di calmare le piazze, di dire nelle piazze che i violenti dovevano essere allontanati. Oggi questo senso di responsabilità lo vedo molto meno e questo è un problema di cui dobbiamo farci carico tutti quanti. E comunque sull'antisemitismo, signor Ministro, abbiamo bisogno di fare un lavoro culturale molto profondo - molto profondo - non solo tra i nostri giovani ma anche nell'ambito della nostra classe dirigente, perché c'è un problema profondo di…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
ETTORE ROSATO(AZ-PER-RE). …carenza di cultura.
Grazie, signor Ministro. Concludo dicendo che i nostri militari è giusto che vadano e vorrei riprendere il messaggio del collega Tremonti: i nostri militari hanno la capacità di posare il fucile; utilizziamola quella capacità, perché quella capacità ha reso possibile tanti interventi di pace, resi tali proprio dalla capacità dei nostri militari .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fratoianni. Ne ha facoltà.
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, signora Ministra, colleghe e colleghi, sollievo e gioia, sì, signor Ministro, anche noi abbiamo provato questi sentimenti nel giorno in cui la tregua ha interrotto il ciclo della morte e ha fermato il genocidio.
Abbiamo provato sollievo e gioia guardando gli occhi felici dei bambini di Gaza, di nuovo illuminati dopo mesi in cui la luce li aveva abbandonati. Abbiamo provato sollievo e gioia guardando il pianto liberatorio dei familiari degli ostaggi; e abbiamo provato sollievo e gioia guardando l'attesa silenziosa, emozionata, della piazza di Ramallah per i prigionieri illegalmente detenuti da Israele. Quella piazza a cui, pure, l'autorità d'occupazione ha incredibilmente vietato la festa. È bene ricordarlo, signor Ministro, perché anche questo dice qualcosa sulla difficoltà che ci si para di fronte.
Abbiamo provato sollievo e gioia per la tregua e la fine - speriamo - del genocidio, della strage, della carestia, ma perché la tregua si tramuti nella pace mancano oggi ancora troppe cose.
Signor Ministro, è in questa assenza che si sviluppa il territorio della politica. Ed è qui, signor Ministro, che - me lo faccia dire senza alcuna acrimonia e senza alcun gusto di polemica - la sua informativa oggi è stata più debole, più fragile. Si è concentrato molto, ancora una volta, sul racconto di ciò che è stato fatto, sul terreno umanitario, sul nostro protagonismo nell'aiuto ai bambini e alle bambine ferite di Gaza, ed è un protagonismo che noi abbiamo sempre riconosciuto e di cui vi abbiamo ringraziato.
Ma quello che avremmo voluto sentire, nei mesi scorsi e nei due anni in cui lo sterminio dei palestinesi si è consumato di fronte all'immobilismo della comunità internazionale ed anche del nostro Governo, quello che avremmo voluto ascoltare oggi di fronte alla sfida grande che abbiamo davanti - lo ha detto lei: la tregua è appesa a un filo e bisogna dare forza a quel filo perché la tregua si tramuti in pace - è che cosa intendete fare nella comunità internazionale, quale iniziativa politica intendete mettere in campo perché quel filo si rafforzi e perché, appunto, la tregua possa tramutarsi finalmente nella pace o, almeno, nella sua prospettiva, nella sua speranza.
Signor Ministro, perché la tregua si tramuti in pace mancano innanzitutto i palestinesi, il popolo palestinese, il loro protagonismo. Umiliati ancora una volta, esclusi nella definizione dell'architettura di questo piano e, ad oggi, ancora esclusi persino dall'immaginazione di una possibile , che metta, però, il loro diritto all'autodeterminazione al primo posto .
Signor Ministro, perché la tregua si tramuti in pace, manca lo Stato palestinese. Allora, glielo diciamo ancora una volta: che cosa aspetta il Governo della Repubblica italiana a riconoscere lo Stato palestinese ? Che cosa aspettate? Non può esserci, ogni volta, un domani, un dopodomani, non ci siamo ancora, manca ancora qualcosa. Come fate a non capire che il riconoscimento dello Stato palestinese oggi più che mai - e se non lo era ieri, oggi più che mai - è condizione essenziale affinché il protagonismo di quel popolo possa svilupparsi appieno anche nella costruzione concreta di un percorso di pace?
Perché la tregua si tramuti in pace serve la fine dell'occupazione illegale , serve la fine del regime di . Che cosa volete fare per aiutare questo processo? È arrivato il momento di sanzionare non soltanto i singoli coloni violenti, i quali, lo abbiamo ripetuto mille e mille volte in quest'Aula, non agiscono perché sono monadi o cellule impazzite; agiscono in quel modo perché hanno il sostegno esplicito di un Governo e di un esercito che coprono i loro crimini e che consentono, pianificano e progettano lo sviluppo di un'occupazione illegale che si mangia, ogni giorno che passa, il futuro possibile di uno Stato palestinese, quello a cui anche voi, ogni volta, fate riferimento, ripetendo che l'unica possibilità è quella di due Stati per due popoli.
Perché ci sia pace e non più solo tregua c'è bisogno di liberarsi di ogni pulsione di natura coloniale: vale per molti degli aspetti che caratterizzano, nella lettera, il cosiddetto piano Trump; vale per il modo, ormai assai insopportabile, con cui, persino nel discorso pubblico, si fa avanti l'idea che non debbano essere i palestinesi a decidere come essere governati, ma che debba essere qualcun altro al loro posto a stabilire modi, tempi e forme delle loro scelte. Tutto questo non va insieme alla natura e al senso di una pace credibile.
Perché tregua diventi pace, signor Ministro, c'è bisogno di memoria e di giustizia, perché dopo due anni di crimini di guerra, di crimini contro l'umanità, della fame e della carestia usate come armi di guerra, dopo due anni di genocidio, non può esserci impunità . Non c'è nemico più pericoloso della pace che l'impunità. E, allora, anche su questo, signor Ministro, ci aspettiamo da parte del nostro Governo qualche parola chiara, qualche sprizzo di coraggio…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
NICOLA FRATOIANNI(AVS). …perché anche questo ha a che fare - e finisco, signora Presidente - con il consolidamento di un futuro di pace. Come per la liberazione di Marwan Barghouti, se volete una palestinese con cui interloquire e in grado di costruire unità, allora battetevi per la sua liberazione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Carfagna. Ne ha facoltà.
MARIA ROSARIA CARFAGNA(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Grazie al Ministro per la tempestività della sua informativa. Io credo che il dibattito di oggi e, soprattutto, gli avvenimenti delle ultime 48 ore ci offrano finalmente un'occasione di confronto lucido, perché per due anni noi abbiamo discusso di Israele, di Gaza, di Hamas, di ostaggi e della catastrofe umanitaria in corso senza intravedere uno spiraglio di speranza, senza intravedere uno spiraglio di luce, e in quel buio il dibattito è stato spesso travolto dalle emozioni e, troppo spesso, travolto dai pregiudizi.
Ora siamo in un momento che restituisce spazio alla speranza e, quindi, alla razionalità e alla lucidità. E se vogliamo essere razionali e lucidi fino in fondo, io credo che in quest'Aula non possiamo non essere d'accordo su due questioni di fondo.
La tregua che è stata raggiunta lunedì in Egitto è - per usare le parole del Presidente Mattarella - una scintilla di speranza. Certo, è una strada in salita, è un percorso fragile, ma è una buona notizia, perché il piano di pace americano - per usare, anche qui, parole di un autorevole esponente della sinistra come Luigi Manconi, non certo uomo di destra - è una cosa buona e giusta ed è una cosa buona e giusta perché è stato accolto con esultanza e con riconoscenza da entrambe le parti in causa, palestinesi e israeliani, e perché ha già iniziato a produrre risultati concreti: la liberazione degli ostaggi, la cessazione delle ostilità a Gaza e la ripresa degli aiuti umanitari.
A qualcuno, forse, questo piano non piace, qualcuno storce il naso, perché porta il nome di Trump, ma chi ha a cuore la verità dei fatti non può non riconoscere che il ruolo di Trump è stato determinante per raggiungere un'intesa, grazie anche alla collaborazione e alla disponibilità delle potenze arabe sunnite, Turchia, Qatar ed Egitto. Chi ha a cuore la verità non può non riconoscere che il Governo italiano esce rafforzato da questo accordo di pace, proprio perché, con il Cancelliere Merz, il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è stato il più vicino a Trump e anche per questo Giorgia Meloni è stata protagonista in Egitto al per la pace: forse a qualcuno anche questo non piace, ma quello che conta è che è un bene per il nostro Paese.
La seconda cosa su cui tutti dovremmo essere d'accordo riguarda l'Italia e il ruolo di equilibrio che il nostro Governo ha giocato in questa delicatissima partita, un ruolo riconosciutole da tutta la comunità internazionale, meno che da gran parte delle opposizioni italiane. Essere lucidi e razionali significa riconoscere che la posizione del Governo italiano è stata concreta, rispettosa di tutti e ha portato risultati. Abbiamo sempre condannato con fermezza la brutalità del 7 ottobre, distinguendo tra aggressori e aggrediti. Abbiamo sempre ribadito la vicinanza al popolo palestinese e l'orrore per la catastrofe umanitaria in corso. Abbiamo criticato le scelte del Governo Netanyahu: sì, le abbiamo criticate, ma senza mai scivolare nella demonizzazione dello Stato di Israele e nella criminalizzazione di un intero popolo , cosa che, invece, molto spesso è accaduta a sinistra e che ha spalancato le porte di una pericolosa e odiosa nuova ondata di antisemitismo. Abbiamo più volte chiesto una tregua, senza mai dimenticare il dramma degli ostaggi, e abbiamo sostenuto la prospettiva di uno Stato palestinese, ma ponendo come condizioni il disarmo e l'estromissione di Hamas, senza le quali - lo vediamo anche in questi giorni che Hamas giustizia presunti oppositori politici - nessuna pace duratura può davvero esistere.
Non ci siamo fermati alle parole. Siamo stati tra i primi Paesi per aiuti umanitari a Gaza, abbiamo aperto corridoi per gli studenti e per i malati. Con abbiamo inviato tonnellate di beni di prima necessità, abbiamo protetto fin dall'inizio la missione della , inviando una scorta militare e utilizzando ogni strumento diplomatico per evitare che quella iniziativa avesse conseguenze drammatiche.
Questa è stata la linea italiana: chiara, coerente, senza ambiguità. Certo, non siamo saliti sugli spalti per unirci alle tifoserie e, forse, anche questo a qualcuno non sarà piaciuto, ma la politica estera non si fa salendo sugli spalti, si fa con la serietà e la concretezza della diplomazia . E proprio grazie alla serietà e alla concretezza della diplomazia, l'Italia esce rafforzata da questo accordo di pace; è al tavolo dove si scrive una pagina importante per la storia del Medio Oriente e avrà un ruolo determinante nella stabilizzazione, nella ricostruzione, nell'assistenza sanitaria e umanitaria della Striscia di Gaza.
Solo una minoranza di irriducibili faziosi e di irresponsabili come quelli che abbiamo visto in opera ieri a Udine, come quelli che sfasciano le città inneggiando ad Hamas, possono negare la concretezza di queste azioni e la concretezza dei risultati raggiunti. La cosa che più preoccupa è quella parte della politica che dà legittimazione e copertura a queste frange estremiste per un proprio tornaconto elettorale, esprimendo simpatia nei confronti di chi mette a ferro e fuoco le nostre città.
Io penso che oggi sia il tempo delle scelte. Siamo tutti davanti a un bivio: possiamo inseguire gli irresponsabili e restare prigionieri di chi, in nome della faziosità, è alla ricerca del conflitto permanente e della provocazione politica permanente, oppure possiamo scegliere di coltivare concretamente la fragile ma concreta prospettiva di pace che si è aperta.
L'Italia ha scelto di stare dalla parte della pace; ha scelto di contribuire a scrivere una pagina che non appartiene a un Governo, a una parte politica, ma appartiene alla storia del nostro Paese. Ed io mi auguro che possa farlo anche con il contributo delle opposizioni che sceglieranno, spero, di stare dalla parte della responsabilità, perché la coesione politica rappresenta la vera forza di un Paese
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Boschi. Ne ha facoltà.
MARIA ELENA BOSCHI(IV-C-RE). Grazie, Presidente. Signor Ministro, noi da sempre siamo convinti sostenitori del piano di pace Trump-Kushner-Blair, che segna una svolta con la liberazione degli ostaggi, con la tregua a Gaza, con il protagonismo della Lega araba e anche con il rilancio dell'unica prospettiva per noi ancora possibile, che è quella dei due popoli e due Stati. E siamo anche l'unica forza politica che ha cercato, nei giorni scorsi, di lavorare per un accordo ampio in questo Parlamento, votando sia la mozione di maggioranza che quella delle opposizioni, e proponendo un nostro testo che è stato approvato dal Parlamento. Perché pensiamo che sulle questioni internazionali sia importante unire il Paese più che creare delle divisioni, anche nelle diverse coalizioni, come spesso avviene sia a destra che a sinistra. Questo siamo noi e per questo siamo contenti, ed esprimiamo gioia per il primo passo raggiunto con la firma a Sharm el-Sheikh, lunedì scorso. Sappiamo che ci sono degli elementi di fragilità, e ci tornerò a breve.
Sicuramente non ci esalta l'atteggiamento che ha tenuto Trump anche in quel giorno storico, trasformandolo in una sorta di , più adatto ad una aziendale che al ruolo istituzionale che svolge. Eppure, non si può non riconoscere che, senza la Casa Bianca, questo accordo non ci sarebbe stato. E noi pensiamo, anzi, che la Casa Bianca debba proseguire nel ruolo di costruttrice di pace anche in altri conflitti. Credo che riconoscere il ruolo svolto dall'amministrazione americana sia un atto di onestà intellettuale, e tutti noi dobbiamo partire dal riconoscere la verità dei fatti se vogliamo essere credibili.
Al tempo stesso, però, pensiamo che chi cerca, in qualche modo, di portare avanti, propagandare, un ruolo decisivo del nostro Governo, dell'Italia, nella costruzione di questo accordo, fa un atto un po' di provincialismo, perché è evidente che noi abbiamo fatto quello che hanno fatto altri Paesi europei: siamo stati in scia, sull'onda dell'amministrazione americana, ed era anche giusto così, in questo caso, ma non ci siamo ritagliati un ruolo autonomo, come non se l'è ritagliato l'Unione europea. E allora, Ministro, noi la invitiamo ad esortare Bruxelles ad avere un ruolo da protagonista davvero nella politica estera, che manca da tempo - manca sull'Ucraina, manca su altri importanti -, più che cercare di rivendicare un ruolo per un'attività che è stata svolta a Washington o a Doha.
Adesso si apre una fase in cui, invece, possiamo fare molto, perché sappiamo che ci sono delle criticità, che ci sono delle fragilità in questo piano, e la prima cosa che dobbiamo fare è disarmare Hamas. È vero, sono stati liberati i detenuti palestinesi e sono tornati a casa gli ultimi ostaggi israeliani in mano ad Hamas. E, se qualcuno di noi ancora non l'ha fatto, invito a leggere le parole, le testimonianze dei 20 ostaggi israeliani, che hanno raccontato quello che hanno subito in questi due anni di prigionia, le condizioni disumane in cui sono stati tenuti da Hamas. Penso che nessuno possa non provare rabbia o commozione, e tutti abbiamo il dovere di riconoscere che Hamas è stato il detonatore di questa spirale di violenza, e non è pensabile giustificare in nessun modo - come è stato fatto, anche nei giorni scorsi, da qualcuno, anche nel nostro Paese - un'associazione terroristica senza scrupoli come quella di Hamas. E disarmarla è la priorità se vogliamo garantire un futuro di pace ai bambini a Gaza, perché abbiamo visto, anche in queste ore, i video delle esecuzioni sommarie di Hamas a Gaza. Sono stati uccisi sette ragazzi palestinesi, sparandogli alle spalle, dopo un processo sommario, con l'accusa di collaborazionismo.
Allora, noi dobbiamo disarmare Hamas e, per questo dico, signor Ministro, che noi siamo disponibili anche a sostenere e a votare, laddove dovesse essere scelta la strada di un impegno delle nostre Forze armate per portare la pace là. E anche noi siamo convinti che le nostre Forze armate, il contingente dei nostri Carabinieri, goda ovunque di stima internazionale per la loro professionalità, perché sono portatori di sicurezza, ma anche di valori e di umanità. Siamo orgogliosi delle nostre Forze armate, dei nostri Carabinieri e ci uniamo anche noi, come Italia Viva, al cordoglio e alla vicinanza a tutta l'Arma dei carabinieri e, soprattutto, alle famiglie dei tre carabinieri Piffari, Daprà e Bernardello, che sono morti ieri nell'adempimento del loro dovere, vicino a Verona. Noi ringraziamo loro, le loro famiglie, le famiglie delle Forze armate, delle Forze dell'ordine, per i sacrifici che compiono ogni giorno, e per questo esprimiamo solidarietà non soltanto ai giornalisti, ma anche alle Forze dell'ordine che ieri sono state aggredite, prima della partita, durante l'incontro Italia-Israele a Udine.
Quindi, se ci sarà una missione internazionale, se l'Italia deciderà di partecipare, noi sosterremo questo impegno del nostro Paese.
L'altro punto, Ministro, ovviamente, sarà chi governerà Gaza, chi prenderà, in qualche modo, le redini a Gaza da un punto di vista politico. E il terzo elemento è che cosa accadrà in Israele, perché noi che amiamo Israele, che siamo amici di Israele, pensiamo che si debba aprire una nuova stagione anche in Israele - alcuni parlamentari israeliani l'hanno definita la stagione della guarigione -, perché devono essere allontanati dal Governo quegli estremisti che hanno inneggiato alla morte dei bambini. Perché Israele resta una democrazia, per quanto malandata, l'unica presente nell'area, e difendere Israele significa difendere anche noi. Ma ci vogliono, ovviamente, dei cambiamenti fondamentali, perché non si può difendere soltanto il diritto di Israele ad esistere, dobbiamo difendere Israele anche dalle insidie interne, da chi in questi anni non solo non ha saputo tutelare i confini, ma anche la reputazione di Israele.
E allora, Presidente, vado verso la conclusione. Ci attendono settimane complicate, sicuramente non è un percorso facile. Molti, forse anche alcuni che scommettono sul fallimento di questo piano di pace, dicono che è difficile. Certo, è difficile, se fosse stato facile, sarebbe già stato fatto negli anni passati. Però è una svolta storica e noi abbiamo il dovere di crederci, e abbiamo fiducia in questa svolta storica. E proprio per questo, per quanto riguarda Italia Viva, Casa Riformista, pensiamo che sia giusto provare a lavorare insieme per sostenere questo tentativo di pace, senza provocazioni, senza critiche, senza toni eccessivi, senza provincialismo, perché siamo all'opposizione di questo Governo, continueremo ad esserlo, ma non saremo mai all'opposizione dell'Italia, delle nostre Forze armate e dei nostri diplomatici .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Magi. Ne ha facoltà, per tre minuti.
RICCARDO MAGI(MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Ministro, quella firmata a Sharm-el-Sheikh è una tregua fragilissima, ne siamo consapevoli, ma è un passo avanti enorme e ci auguriamo che regga alla prova del tempo e si possa finalmente vedere la chiusura di una pagina di sangue, e prendere forma la realtà della soluzione a due Stati che, in quest'Aula, tutti vorremmo vedere concretizzarsi.
Nei pochi minuti a disposizione, però, desidero evidenziare alcuni aspetti di portata politica, i principali. Il primo riguarda proprio la soluzione a due Stati. Vorremmo dal Governo una rassicurazione in tal senso, visto che il Presidente Trump, mentre tornava a Washington, avrebbe detto che non ha ancora deciso in merito a questa ipotesi.
Mentre sembra che quanti hanno siglato l'accordo, nonché i testimoni presenti, ma la stessa Presidente del Consiglio Meloni sembrano convinti che si vada in questa direzione. Il secondo punto, poi, è la necessità di avere rassicurazioni - immagino che su questo ci sia un impegno in prima persona della Presidente Meloni e del suo Governo - riguardo alla questione dell'espansione delle colonie illegali in Cisgiordania. Se non si troverà una soluzione a questo problema enorme, non soltanto il piano “due popoli, due Stati” si allontanerà sempre di più, ma continueremo ad avere un enorme focolaio di destabilizzazione e, virtualmente, di continui conflitti.
Questo era anche il senso di un impegno contenuto nella nostra risoluzione, che il Governo ha accettato alcuni giorni fa: oltre a ribadire il sostegno della soluzione “due popoli, due Stati”, escludere il riconoscimento di eventuali ulteriori annessioni in Cisgiordania ed espansioni ulteriori delle colonie nella West Bank. L'altro punto riguarda la missione italiana che la Premier si è detta favorevole ad inviare. La Presidente ha detto che desidera l'unanimità in Parlamento. Dico fin da ora che noi siamo d'accordo, però dobbiamo evidenziare alcune cose.
L'Italia ha da sempre goduto di un indiscusso prestigio e di una capacità ineguagliata di dialogo in Medio Oriente. È vero ed è giusto che noi ci facciamo carico di un ruolo che sappiamo che le nostre Forze armate sarebbero in grado di svolgere in maniera eccelsa. Allo stesso tempo, evidenziamo il tema della sicurezza del nostro personale, anche in virtù dei pericoli che i nostri militari, che sono inquadrati nella missione UNIFIL in Libano, hanno vissuto in questi due anni di guerra.
Concludo con una questione. Si chiede la collaborazione delle opposizioni. Bene, ma le opposizioni nelle ultime settimane, negli ultimi mesi, hanno inutilmente chiesto una presenza della Presidente del Consiglio su questo tema, qui, in Aula , e ancora oggi - lo dico con rispetto per il Ministro Tajani e per il suo lavoro - non abbiamo la Presidente del Consiglio in Aula su questo enorme tema di crisi internazionale .
PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente.
PRESIDENTE. Avverto che, con lettera in data 14 ottobre 2025, il Presidente del Senato ha comunicato di aver chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari la senatrice Gisella Naturale, in sostituzione della senatrice Barbara Guidolin, dimissionaria.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 10 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Schlein, Fratoianni, Boschi, Magi ed altri n. 1-00498, Kelany, Iezzi, Paolo Emilio Russo, Alessandro Colucci ed altri n. 1-00505 e Alfonso Colucci ed altri n. 1-00506 concernenti iniziative volte ad evitare il rinnovo del d'intesa del 2017 con la Libia, nonché a rivedere integralmente gli accordi con tale Paese per il controllo delle migrazioni, anche al fine di assicurare la tutela dei diritti umani .
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di martedì 14 ottobre 2025, sono state presentate le mozioni Kelany, Iezzi, Paolo Emilio Russo, Alessandro Colucci ed altri n. 1-00505 e Alfonso Colucci ed altri n. 1-00506, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.
PRESIDENTE. La rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire, esprimendo altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno. Prego, Sottosegretaria.
WANDA FERRO,. Grazie, Presidente. Per quanto riguarda i pareri, il parere è favorevole sulla mozione n. 1-00505, a prima firma dell'onorevole Kelany; invece, sulla mozione n. 1-00498, a prima firma dell'onorevole Schlein, e sulla mozione n. 1-00506, a prima firma dell'onorevole Alfonso Colucci, si esprime parere contrario.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare il deputato Magi. Ne ha facoltà. Onorevole, la aspettiamo, tanto dobbiamo impostare i tempi. Sono 6 minuti.
RICCARDO MAGI(MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Credo sia un fatto politico estremamente importante la discussione di oggi in merito al Italia-Libia; lo è sotto il profilo dello Stato di diritto, del rispetto del diritto internazionale e, quindi, dei fondamenti stessi di una democrazia. Questo approvato e ratificato in forma semplificata - a mio avviso, in violazione della nostra Costituzione, perché questo genere di avrebbe necessitato invece un passaggio parlamentare vero e proprio -, si basa su un enorme.
Il nasce con l'intenzione di collaborare con le autorità libiche, fornendo anche loro, poi, strumenti, risorse, assetti navali, armamenti, eccetera, per il contrasto dell'immigrazione illegale. Il problema è che la valutazione, l'attributo di immigrazione illegale che c'è in Libia non corrisponde a quella dell'ordinamento italiano, della legge italiana, del diritto italiano e del diritto europeo. Questo significa che in questi anni il nostro Paese ha contribuito materialmente oltre ad aver autorizzato, da un punto di vista giuridico, le autorità libiche a compiere atti illegali.
Sin dall'inizio, quello che le autorità libiche hanno fatto è stato venire meno agli obblighi di soccorso in mare, perché le autorità libiche non sono in grado di svolgere un'attività di ricerca e salvataggio in mare, come prevista dalle convenzioni internazionali, che sono obblighi per il nostro Paese. Sin dall'inizio, le autorità libiche hanno minacciato con le armi, con gli assetti navali e con le motovedette, che il nostro Paese aveva fornito a quelle stesse autorità, le ONG che svolgevano salvataggi in mare. Le autorità libiche hanno consentito che avvenissero torture, reiterate violazioni dei diritti umani, detenzioni illegali, violenze, stupri, su uomini, donne e bambini nei centri di detenzione per migranti, sia quelli ufficiali - diciamo pubblici - in Libia, sia quelli privati. Tutte queste sono le manifestazioni di una forma di cooperazione con poteri mafiosi.
Noi contestammo sin dall'inizio questo Accordo, lo contestammo nel 2017. Contestammo il fatto stesso che si volesse fare un accordo in un Paese in cui non c'era un'entità statale riconosciuta, ma, soprattutto, un Paese nel quale le braccia armate di questa autorità, un po' fumosa e multipla perché già all'epoca c'erano due Governi, erano 150 milizie paramilitari distinte. Questa forma di cooperazione con poteri paramafiosi, se inizialmente poteva esservi - e, ripeto, noi eravamo contrari sin dall'inizio - l'illusione che avrebbe portato a una qualche forma di stabilizzazione, oggi possiamo dirci che non c'è stata alcuna stabilizzazione e non ha favorito alcuna transizione. Anzi, quello che è avvenuto - e lo abbiamo visto da ultimo con il caso Almasri -, come era prevedibile, è che quando si fanno accordi con poteri mafiosi ci si trova sotto ricatto di questi stessi poteri. È arrivato il momento, di fronte anche ai casi recenti di cronaca gravissimi - mitragliate che partono dalle motovedette regalate dal nostro Paese alla cosiddetta Guardia costiera libica e che partono all'indirizzo di imbarcazioni che sono in acque internazionali -, e ci saremmo aspettati dal Ministro Crosetto, anche in questo caso, l'invio di qualche imbarcazione della Marina o della Guardia costiera a supporto, perché eravamo in presenza di ONG che fanno salvataggio in mare, che, in acque internazionali, vengono raggiunte da raffiche di mitra.
Questa situazione non può essere osservata dal nostro Governo; e, incredibilmente, nella mozione di maggioranza vedo che, in maniera un po' furba e devo dire molto ipocrita, si evita di guardare la realtà qual è. La realtà è una realtà in cui questa cooperazione ha fallito e il ricatto costante che noi subiamo da parte di queste entità libiche non può più sussistere. Le testimonianze che abbiamo ascoltato, ancora ieri, proprio qui alla Camera dei deputati, da parte delle vittime di queste violenze, di questi soprusi, di queste violazioni di diritti, ci riportano in maniera evidente quanto questo vada denunciato e vada sospeso immediatamente.
Perché ad essere sottoposte a violenze sono persone che non solo non hanno commesso alcun reato, ma che, in base alle convenzioni internazionali, in base alla Costituzione italiana e alla legge italiana, sarebbero meritevoli di protezione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Del Barba. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BARBA(IV-C-RE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signori del Governo, parliamo di un importante, il d'intesa Italia-Libia, e parliamo di un tema importante: il tema dell'immigrazione, il tema dei migranti salvati in mare, piuttosto che condannati in mare, a una nuova carcerazione o, peggio ancora, come ci riportano le cronache di oggi, condannati ad essere falcidiati da colpi di dopo essere stati salvati. Il tema, allora, è rilevante dal punto di vista politico e dal punto di vista umano.
E voglio, una volta tanto, ringraziare i colleghi di maggioranza, che hanno avuto il coraggio, finalmente, di prendere parte al dibattito nella discussione generale di questo e del suo eventuale rinnovo. Li ringrazio perché mi danno così modo di entrare nel merito, proprio partendo dalle loro osservazioni, che purtroppo, devo dire, non scandagliano i punti del , ma, quantomeno, affermano, come è stato costante in tutti gli interventi: perché mai non si dovrebbe procedere al rinnovo automatico? Perché mai le opposizioni che lo hanno approvato allora, nel 2017, che lo hanno rinnovato con il successivo Governo, oggi, nel gioco delle parti, si deresponsabilizzano, si defilano nel chiedere di non rinnovare un accordo che, lasciano intendere, sarebbe utile per la difesa dei nostri confini?
Allora, parto da queste labili affermazioni proprio per alimentare questa dialettica e vedere come, prima di tutto, una motivazione molto semplice, che potremmo restituire a questa maggioranza, sta nei numeri. L'accordo non funziona, basta prendere il di oggi - di oggi, pagina 21 - per andare a vedere come l'88 per cento dei migranti che arriva dal Mediterraneo parte proprio dalle coste libiche. Quindi abbiamo un problema, quantomeno, di . Ma è, soprattutto, falsa l'affermazione che vorrebbe riportare alle opposizioni un atteggiamento doppio perché, vedete, i dubbi sull'accordo da questi banchi ci sono stati fin dal primo giorno in cui l'accordo è stato proposto e suggerito.
Addirittura, se ritorniamo in quel 2017, l'allora Presidente del Consiglio e segretario del partito di maggioranza, Matteo Renzi, prima ancora che l'accordo venisse ratificato, ebbe modo di esprimere la sua contrarietà; ma successivamente, anche quando il nostro partito nacque nella legislatura successiva, se andiamo a prendere i verbali della discussione che si tenne alla Camera - questo esercizio, peraltro, colleghi ci lascia un po' di amarezza nel constatare come, di anno in anno, di legislatura in legislatura, il nostro dibattito scivoli sempre più lontano dal merito, per andare a somigliare a un dibattito tra curve che semplificano eccessivamente temi importanti come quello di oggi -, se torniamo a quella discussione, da una parte, troviamo nell'allora opposizione un intervento accorato per chiedere il blocco navale come unica modalità per difenderci dall'invasione che arrivava dalla Libia e praticare un blocco navale.
Molti di voi ricorderanno che questa idea non fu solo di quel giorno, ma venne a lungo propagandata anche in campagna elettorale, questa volta sì cambiando drasticamente posizione una volta giunti al Governo. Ma non si può dire altrettanto di noi, mi dispiace, perché il collega Migliore, intervenendo in Aula, andò a ricordare quello che oggi dovrebbe essere ancora più evidente e, quindi, che avrebbe dovuto portarci a un'analisi del merito, per cui si debba affrontare il tema della Libia con serietà, avendo ben chiaro qual è l'evoluzione di un contesto che, a stare a questa discussione, è stato solo tangenzialmente toccato da quelli che sono i fenomeni reali che in quel territorio si sono ormai provati.
Quando noi abbiamo sottoscritto questo non eravamo a conoscenza di alcuni fatti, come, per esempio, la presenza di alcuni trafficanti all'interno della Guardia costiera, così come non eravamo ovviamente a conoscenza di un'evoluzione bellica, che si è determinata dal 4 aprile di quest'anno in poi, ed eravamo nel 2019. Quindi, se già nel 2019 venivano da questi banchi portati sul tavolo degli elementi di cambiamento rispetto allo scenario del 2017, allora, colleghi di maggioranza, se aveste letto con attenzione la mozione che vi viene sottoposta da questi banchi, avreste trovato ulteriori elementi di cambiamento che motivano la nostra richiesta di non tacito rinnovo di questo accordo e la sostanziano. Mi riferisco al rapporto finale della Missione d'inchiesta indipendente delle Nazioni Unite, del quale riportiamo nella mozione parecchi stralci. Mi riferisco anche a tutta la vicenda dei porti sicuri e degli Stati sicuri, allorquando la sentenza della Corte di cassazione ha confermato la condanna del comandante della nave mercantile battente bandiera italiana, a titolo di sbarco e abbandono arbitrario di persone, abbandono di persone minori o incapaci, per aver consegnato a una motovedetta libica migranti soccorsi in acque. Mi riferisco ai dati forniti dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni e potremmo proseguire fino a citare la cronaca di oggi, fino a citare i fatti avvenuti nel mare, ad opera delle motovedette libiche, contro inermi migranti, che sono riportati proprio nei giornali di oggi.
Allora, colleghi di maggioranza, sarebbe stato utile non barricarsi dietro a una posizione ideologica, che, se proprio dobbiamo scegliere questa postura, ci tocca ricordare, vi vedeva dalla parte del blocco navale una volta che eravate all'opposizione; blocco navale che, poi, avete abbandonato per non essere ridicoli nel momento in cui siete saliti al Governo. Ma, se vogliamo rimanere ai fatti, allora io credo che purtroppo i fatti di questi anni ci abbiano mostrato, innanzitutto, come questo accordo, questo non stia producendo i risultati attesi in termini di arresto o, comunque, contenimento dell'immigrazione proveniente dalla Libia, ma, soprattutto, stia producendo orrori rispetto a come vengono trattati i migranti.
Lasciatemi concludere poi, sebbene avrei potuto farne l'elemento principale dell'intervento, che sulla vicenda Almasri avete messo, purtroppo, un elemento di ulteriore inquietudine dentro i rapporti Italia-Libia, dentro il . Avete, cioè, trasformato quelle che allora erano delle intenzioni, che vedevano anche opere di cooperazione internazionale da compiersi su quel territorio, in una relazione che vede non più protetti i migranti, ma vede protetti gli scafisti e i torturatori, che addirittura - lasciate intendere - sono in grado di minacciare il nostro Paese .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandro Colucci. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO COLUCCI(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, signore e signori del Governo, intervengo oggi per esprimere, a nome del gruppo di Noi Moderati, il voto favorevole alla mozione di maggioranza che offre un quadro equilibrato e pragmatico per continuare la collaborazione strategica con la Libia sulla gestione dei flussi migranti.
Sapete molto bene che la mozione dà un indirizzo chiaro, quello di continuare sulla linea stabilita dal del 2017, che ha prodotto risultati certamente importanti. Ad esempio, sul piano degli sbarchi pensiamo che nel 2016 avevamo come dato 180.000 sbarchi nel nostro Paese e nel 2024 ne avevamo 70.000. I dati possono essere letti in tanti modi diversi, ma credo che questo sia assolutamente inequivocabile, il fatto che ci sia stata una riduzione significativa. Se pensiamo al 2025 - abbiamo i dati ovviamente sino al 13 ottobre - parliamo di poco più di 53.000, che è il dato identico all'ottobre del 2024, dell'anno scorso, 53.000. Siamo, quindi, in linea e la riduzione, da questo punto di vista, è stata garantita ed era un elemento molto importante sul quale si puntava, creando degli accordi e delle alleanze internazionali. Allora è l'approccio che ha funzionato nel suo complesso, perché quando pensiamo alle vite umane, dobbiamo pensare anche a quante persone siamo riusciti, attraverso il , a soccorrere e parliamo, nel 2025, di 20.000 persone.
Così molto importante è il tema dei rimpatri volontari dalla Libia, sempre elemento contenuto all'interno del , che nel 2025 sono stati più di 12.000 - quasi 13.000 - e nel 2024 abbiamo superato i 16.000.
Poi, l'aspetto che a noi sta particolarmente a cuore, come Noi Moderati, cioè il tema dei corridoi umanitari per garantire ingressi regolari dall'Africa subsahariana e negli ultimi due anni il dato è di 5.000 persone.
Per non trascurare le questioni che riguardano anche i rapporti non solo con la Libia, ma con altri Paesi, perché poi un lavoro importante è stato il multilateralismo, sul quale noi insistiamo molto, sul quale Papa Leone XIV, in questi giorni, si è espresso positivamente, dando un giudizio, come il Presidente della Repubblica. Sono iniziative che hanno portato, ad esempio, alla possibilità di assistere i rifugiati. Un esempio importante sono i rifugiati provenienti dal Sudan, attraverso iniziative sanitarie e scolastiche.
Il multilateralismo ha dato, però, anche altri risultati importanti: ad esempio, nel momento in cui il Ministro Piantedosi, il Commissario Brunner, i Ministri di Grecia e Malta, in collaborazione con la Libia, hanno portato insieme risultati relativi al rafforzamento sui meccanismi finanziari e istituzionali nell'ambito del tema dell'immigrazione e delle popolazioni che fuggono dai loro Paesi, come il supporto ai rimpatri e la formazione del personale che a queste attività si deve dedicare. Ci sono stati, oltre a relazioni e rapporti con i Paesi che ho descritto, anche relazioni e rapporti con Paesi come la Turchia e il Qatar.
Allora, mi sembra che ci sia un salto di qualità, un'evoluzione importante da quando, nel 2017, si è iniziato a innescare questo rapporto con la Libia, che poi ha portato una serie di relazioni che il nostro Paese, il Governo italiano, ha voluto condurre, dando importanza alla diplomazia e al dialogo con gli altri Paesi, perché l'obiettivo era quello di creare una coesione, una collaborazione per intervenire su un'emergenza mondiale, ma combattendo i trafficanti di uomini, combattendo quelle organizzazioni criminali che di queste iniziative hanno fatto, ovviamente, un'attività criminale. Credo che sia questo l'obiettivo di un'iniziativa come quella di oggi, ovvero confermare il mandato al Governo di continuare sul del 2017, che è il contenuto della mozione di maggioranza, su cui, ovviamente, voteremo a favore e, invece, voteremo in modo contrario, come Noi Moderati, sulle altre mozioni, che partono da posizioni che, dal nostro punto di vista ideologico, non sono condivisibili.
La mozione di maggioranza dimostra certamente come il Governo abbia trasformato la collaborazione in una grandissima opportunità concreta, nell'idea della concretezza, nel trasformare slogan nelle campagne elettorali in qualcosa che invece dà una reale risposta a un problema. La mozione punta su una strategia integrata, perché non dobbiamo dimenticarci del Piano Mattei per le cause profonde della migrazione, perché interviene esattamente con una visione totalmente diversa, visione che solo in questa legislatura, solo con questo Governo, abbiamo innescato, ovvero quella di intervenire nei Paesi di origine, o di rafforzare le capacità libiche, in collaborazione con l'Italia e gli altri Paesi, o di implementare il programma libico che ha portato tutti i risultati che ho raccontato poco fa.
Ci sono degli elementi di assoluta qualità. Certo, si può certamente migliorare, ma lo si può fare anche in un dibattito, in un confronto parlamentare che possa dare spunti importanti. Credo che la strada non sia semplicemente quella di opporsi perché c'è stata un'iniziativa innovativa che è venuta in mente a questo Governo, ma credo che sia quella di apprezzarne gli aspetti qualificanti e cercare piuttosto di contribuire a dare degli elementi di miglioramento. Il Governo Meloni ha coniugato, con questa iniziativa, ma con le altre che ho menzionato, fermezza e umanità, perché noi siamo intervenuti sulla tutela dei diritti umani, che è l'elemento principale che ci sta a cuore, ottenendo meno sbarchi, più rimpatri e maggiore integrazione.
Annuncio, pertanto, certamente il voto favorevole, come già ho fatto, perché questa mozione impegna a proseguire con la strategia nazionale di contrasto ai traffici di immigrazione e di prevenzione delle partenze dalla Libia, fondata sul 2017, e a procedere al rinnovo dello stesso come strumento di responsabilità condivisa e di vera solidarietà. Mi sembra che questa sia una strada che è stata apprezzata anche dai contesti europei e, forse per la prima volta in questo contesto, siamo diventati un esempio da replicare e può essere se non altro una soddisfazione da parte del nostro Paese.
Ringrazio, quindi, il Governo per l'impegno e, votando a favore di questa mozione, chiaramente esortiamo, come Noi Moderati, a proseguire su questa strada, che è la strada di serietà, di correttezza e che ci ha fatto diventare uno dei Paesi da considerare punto di riferimento su politiche innovative, senza fermarsi agli slogan ma arrivando a fare qualcosa che serve realmente al Paese e - credo - al continente europeo .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fratoianni. Ne ha facoltà.
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Grazie, signora Presidente. Signora Sottosegretaria, colleghe e colleghi, la storia del Italia-Libia in materia di migrazioni è la storia di un gigantesco fallimento. È la storia innanzitutto di un fallimento etico, di un fallimento morale, di un fallimento politico, perché è la storia di un che ha, progressivamente e in modo sempre più eclatante, chiuso gli occhi di fronte a una sistematica, impunita, drammatica violazione dei diritti umani fondamentali di persone fragili e inermi in Libia e nel Mar Mediterraneo.
È la storia del naufragio sistematico del diritto internazionale, ancora una volta, della nostra stessa legislazione, dei nostri principi costituzionali. È la storia della collaborazione con la cosiddetta guardia costiera libica, che di giorno veste il giubbotto pulito - e, peraltro, da noi spesso e volentieri regalato alla guardia costiera - e di notte indossa il passamontagna del trafficante di esseri umani.
È la storia dei respingimenti collettivi nel Mar Mediterraneo. È la storia delle violazioni sistematiche di norme, accordi, legislazioni e di leggi di fatto, le leggi del mare che impongono sempre, a chi in mare vive e lavora, di salvare le vite di chiunque si trovi in pericolo e di accompagnarlo - perché questo dice invece la norma, quella scritta sì - al primo, più vicino porto sicuro, dove per “sicuro”, come testimoniano le norme, come ricordano le sentenze, anche quelle recenti della Corte europea dei diritti dell'uomo, si intende non il luogo dove si attracca in sicurezza dal punto di vista della navigazione, non un porto fornito di protezione dai marosi, ma è sicuro perché è in grado di garantire interamente i diritti fondamentali degli uomini e delle donne che su quella terra ferma pongono i loro piedi.
La Libia non è un porto sicuro, e dunque, a partire da questo elemento di considerazione, un che ha al suo centro la cooperazione con un Paese al fine di consentire che le autorità di quel Paese, peraltro incerte, frammentate, indebolite, possano catturare quelle persone - perché non si parla in questo caso di salvataggi, ma, è bene ricordarlo, di catture in mare di persone che fuggono da violazioni terribili dei loro diritti fondamentali -, per riportarle in un luogo non sicuro, in cui quelle violazioni sono sistematicamente agite e perpetrate, è di per sé lo specchio del fallimento di questo progetto.
È un fallimento, signora Sottosegretaria, che noi abbiamo denunciato fin dall'esordio di questo . C'era allora un Governo di tutt'altro segno, ma anche lì, anche in quella stagione, si sono riprodotti gli errori di prospettiva che segnano il fallimento strutturale di tutte le politiche sull'immigrazione o quasi di tutte le politiche sull'immigrazione che si sono succedute nel corso degli ultimi anni. Perché qui c'è un punto decisivo per quel che ci riguarda e che va persino oltre il tema di un che, dal nostro punto di vista, però, è arrivato il momento di stracciare una volta per tutte .
Va persino oltre perché l'errore prospettico, su cui io vorrei che tutto il Parlamento, compresi voi, signore e signori del Governo, provasse a ragionare, ha a che fare con il fatto che l'immigrazione non è un fenomeno emergenziale, ma è un grande fenomeno strutturale. Se di fronte a un fenomeno strutturale si continua a fornire una risposta emergenziale, che si chiami , che si chiami blocco navale, che si chiami chiusura dei porti, che si chiami come diavolo volete voi, ad un fenomeno strutturale non daremo mai nessuna risposta in grado di misurarsi con la dimensione e la complessità di quel fenomeno.
È per questo che, quando discutiamo, certo, della complessità di un fenomeno come quello delle migrazioni, anche qui, un inciso.
A queste politiche si è accompagnata una lunghissima campagna di formazione del senso comune, un discorso pubblico iniettato spesso di parole d'odio, di xenofobia, ma soprattutto costruito attorno a una falsa rappresentazione, quella per cui si contrapponevano, per esempio, nel nostro dibattito pubblico, due punti di vista tra loro inconciliabili: quello di chi dice “chiudiamo, chiudiamo, respingiamo”, quello della destra, tipico della destra, ma in qualche altra stagione non solo della destra, come ho ricordato per onor di verità; e quello dei cosiddetti immigrazionisti, di coloro che vogliono i porti aperti, tutti dentro, senza limiti, senza nessun tipo di controllo, senza nessuna politica in grado di misurarsi con gli elementi di complessità che un fenomeno come questo produce, inevitabilmente, non solo in Italia, ma nel mondo intero.
Perché, anche qua, forse sarebbe arrivato il momento di riconoscere che noi, il Paese dell'invasione subita - in realtà siamo il Paese dell'evasione, dell'evasione dei nostri giovani, che scappano continuamente da questo Paese perché sono privi di prospettiva , comunque, questo Paese non è, nel mondo, il Paese che convive in modo più critico con un fenomeno grande come quello delle migrazioni. Ce ne sono decine che sono attraversati da flussi ben maggiori, in condizioni più difficili, con risorse minori delle nostre e che, magari, talvolta hanno trovato meccanismi di risposta più intelligenti e più efficaci.
Ma questa rappresentazione è falsa. È falsa innanzitutto perché, nei decenni che abbiamo alle spalle, non negli anni, non negli ultimi 3 anni che abbiamo alle spalle, non c'è stata una sola volta in cui strumenti di governo delle politiche migratorie siano stati orientati al cosiddetto “immigrazionismo”, non è mai successo. Che i Governi avessero un colore o l'altro, l'impianto è sempre stato quello, quello della risposta emergenziale. C'è qualcuno che vorrà, prima o poi, fare i conti con il fatto che questo impianto, oltre che inaccettabile per quel che mi riguarda, e per me questo è il primo punto, dal punto di vista etico, politico, umanitario, della dignità, è demenziale sul piano dell'efficacia?
C'è qualcuno che vorrà fare i conti con il fatto che, nel bilancio delle spese per l'immigrazione che ogni anno il rapporto Caritas fotografa in questo Paese, che è fatto di tanti soldi, tanti - questo Paese spende tanti soldi per il largo capitolo dell'immigrazione -, c'è una componente enormemente sbilanciata a favore dei capitoli legati al contrasto delle politiche migratorie, invece che a favore dei capitoli legati alla gestione, all'integrazione, alla riduzione degli elementi di difficoltà che quei fenomeni producono anche nel rapporto con le nostre comunità?
Certo che li vediamo, ma vogliamo investirci, vogliamo ragionarci, o vogliamo continuare, non solo sul piano della retorica, ma sul piano delle spese, della Borsa, dell'equilibrio di bilancio, a buttare i soldi da un'altra parte, per fare i CPR, per fare i CPR addirittura in Albania? Un miliardo di euro buttato completamente al vento . Vogliamo pensare a scelte che siano in grado di invertire una tendenza che sembra del tutto irrecuperabile?
Ma è irrecuperabile perché non c'è una politica, non c'è un pensiero. Vogliamo fare i conti con il fatto che abbiamo in questo Paese una legislazione, dopo 24 anni, immutata, che si chiama ancora Bossi-Fini e che è una fabbrica di irregolarità? Noi ci riempiamo la bocca, il dibattito pubblico si riempie la bocca del tema del contrasto all'immigrazione irregolare, dell'irregolarità, di quanto questo alimenti l'illegalità e l'insicurezza. Certo che l'irregolarità alimenta l'insicurezza: quello che non vedi non lo puoi governare, non lo puoi controllare, non puoi dargli una risposta e chiedergli il rispetto di un dovere.
Ma allora perché, qualcuno me lo spiega perché non c'è nessuno che si sia messo in testa che forse è arrivato il momento di riordinare gli strumenti di , anche ordinaria, come la nostra legislazione, e di dire che è chiusa la stagione della Bossi-Fini e forse è arrivato il momento di immaginare nuovi strumenti, il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, prendendo atto, una volta per tutte, che è inutile continuare con la retorica per cui “i migranti che scappano dalla guerra e dalle persecuzioni li accogliamo, ma quelli economici no, perché sono illegali”?
Perché ci sono, perché la diseguaglianza nel mondo cresce anche grazie alle nostre politiche, che non investono mai sulle ragioni che spingono milioni di esseri umani a fuggire e ad andarsene dai loro Paesi. Anche qui, aiutiamoli a casa loro, ma se poi le case loro contribuiamo a devastarle con il commercio delle armi, con politiche energetiche che alimentano la crisi climatica , con politiche coloniali estrattive, ma quale diavolo di politica dell'aiuto a casa loro pensate possa essere praticata?
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
NICOLA FRATOIANNI(AVS). Allora - ho concluso - la nostra mozione dice una cosa chiara, in questo caso sul : è finita questa stagione. Riconoscete che ci sono dei problemi? Vivaddio! Due giorni fa la marina libica ha sparato in acque SAR maltesi in testa a dei migranti, ci sono decine di sentenze che lo testimoniano. È arrivato il momento, almeno su questo punto, di cambiare e di farlo in modo radicale .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Onori. Ne ha facoltà.
FEDERICA ONORI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Colleghi, colleghe, Sottosegretaria, il rinnovo del d'intesa con la Libia è un tema complesso, e quindi non ci possiamo aspettare di poterlo risolvere con facili slogan. È un tema complesso perché tocca tante tematiche: tocca la sicurezza, innanzitutto, tocca la politica estera, e tocca anche, però, il rispetto dei diritti umani. E se non si può affrontare con slogan, andrebbe affrontato allora con realismo e senso di responsabilità.
È vero che il del 2017 ha mostrato limiti evidenti, e i numeri lo dimostrano, ma è altrettanto vero che sospendere ogni cooperazione con la Libia significherebbe lasciare un vuoto pericoloso, che verrebbe immediatamente colmato dalle reti criminali dei trafficanti di esseri umani. Ho voluto subito chiarire la posizione di Azione, che è esattamente questa: il con la Libia, che data al 2017 - Governo Gentiloni - risponde a delle necessità e a dei bisogni del nostro Paese ben chiari, che sono quelli della regolazione del flusso migratorio, del contrasto ai trafficanti di immigrati.
Ma questi obiettivi non possono essere perseguiti se non all'interno di una cornice, banalmente, che è quella delle convenzioni che l'Italia ha sottoscritto, tra cui le Convenzioni di Ginevra. Ecco perché la sicurezza e i diritti umani devono necessariamente stare nello stesso periodo. Secondo i dati più recenti diffusi da Frontex, andiamo a vedere cosa ci dicono le evidenze, nei primi 9 mesi di quest'anno sono arrivati in Italia 51.000 migranti partiti dalla Libia. Abbiamo osservato un aumento, checché ne dica la maggioranza, del 3 per cento degli arrivi dalla Libia rispetto al 2024, e questa è una notizia riportata dalla stampa proprio in questi giorni.
La Libia, quindi, resta il primo Paese di partenza; di questo stiamo parlando, del Paese da cui arriva il flusso maggiore di immigrazione. È un Paese che ha vissuto una guerra civile, che ha comportato una situazione molto particolare.
Un esempio: la Guardia costiera libica, che riceve gli aiuti economici dall'Italia, è anche formata da milizie locali che sono direttamente colluse con i trafficanti di migranti. Ecco il contesto difficile e complesso in cui l'Italia si trova ad agire. La stessa ONU ha certificato che i vertici della Guardia costiera libica sono criminali e trafficanti di migranti. Noi rischiamo di cooperare e collaborare, per ostacolare il traffico di immigrazione irregolare, con gli stessi trafficanti. Questo è un paradosso che noi possiamo accettare o dobbiamo riconoscere che c'è un problema? E quando riconosciamo che c'è un problema, possiamo semplicemente dire che dobbiamo prendere questo e stracciarlo o dobbiamo pensare di rivederlo ma in maniera pragmatica e realistica ? Perché se noi lo prendiamo e lo stracciamo, quello che succede è che rimane il vuoto; il vuoto viene riempito nel giro di un secondo dagli stessi criminali e trafficanti che già esistono e che, probabilmente, prendono aiuti economici dall'Italia e dai contribuenti italiani. Il motivo per cui è bene fare questo dibattito in Aula, oggi, è che, forse, qualche risposta e un dibattito pubblico trasparente sono doverosi nei confronti dei nostri cittadini che pagano le tasse, forse anche per pagare una Guardia costiera libica che tutto fa tranne che cooperare con il nostro Paese, secondo un che entrambi i Paesi hanno firmato.
L'Italia deve restare un Paese che difende i diritti, ma anche un Paese che non si volta dall'altra parte. Stracciare il oggi, senza un'alternativa pronta, vorrebbe dire girarsi dall'altra parte. Dire che va tutto bene e che il rinnovo deve essere automatico vuol dire non riconoscere un problema ingente, grande, certificato dalla Corte di cassazione italiana e dalle Nazioni Unite; vuol dire colpevolmente non voler davvero perseguire gli obiettivi indicati dal vuol dire, in entrambi i casi, fare facile propaganda. Questo non è quello che intendiamo fare noi e voteremo in accordo con questa posizione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alfonso Colucci. Ne ha facoltà.
ALFONSO COLUCCI(M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, con questa mozione riportiamo al centro del dibattito politico il tema dell'immigrazione, un tema che il Governo Meloni vuole mettere sotto il tappeto, come si fa con quella polvere che dà fastidio. Sì, l'avete notato che, ormai, di immigrazione non se ne parla più in TV e nei giornali è sparita, perché naturalmente “Tele Meloni” vuole nascondere il fallimento. Ben 290.000 migranti irregolari in Italia, un record negativo dal 2014 ad oggi; 46.000 nel solo 2025, in crescita rispetto al 2024. È un fallimento totale. Parliamo oggi del di intesa tra l'Italia e la Libia; Libia da cui arriva ben il 91 per cento dei migranti.
L'obiettivo del è il contrasto all'immigrazione irregolare, alla tratta e al traffico degli esseri umani. Si è rinnovato automaticamente di tre anni in tre anni e fino ad oggi. Già il Governo Conte 2, con un quadro libico e internazionale meno grave di quello attuale, affermò la necessità di rivederne termini e condizioni, senza interrompere la cooperazione, ed avviò, già allora, le interlocuzioni relative con l'autorità libica. Oggi, tuttavia, con la situazione libica radicalmente peggiorata, la rinegoziazione non può più essere rinviata, nonostante il Governo Meloni sia già al secondo rinnovo. Il , infatti, da strumento di contrasto alla tratta degli esseri umani si è trasformato in un dispositivo che, se non rivisto, rafforza la tratta, produce migliaia di respingimenti in luoghi di tortura, comporta ulteriore sperpero di danaro pubblico.
Le organizzazioni criminali dedite al traffico di migranti si nascondono, ormai, dietro la Guardia costiera libica - quelle stesse che, due giorni fa, hanno aperto il fuoco contro un'imbarcazione con 150 migranti; ne hanno ucciso uno, ne hanno feriti tre -, ma non solo. Parliamo anche di crimini gravissimi sui migranti e rifugiati: detenzioni arbitrarie, torture, riduzione in schiavitù, lavoro forzato, violenze sessuali, sparizioni.
La collusione della Guardia costiera libica con la rete dei trafficanti e con le milizie criminali armate è oggi certificata dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni dell'ONU che ha messo in luce gli enormi profitti illeciti da intercettazioni, da detenzioni, dalla tratta di esseri umani.
Ebbene, in forza del l'Italia finanzia, addestra, rifornisce proprio la Guardia costiera libica ed è per questo che diciamo che il deve essere modificato. Bisogna garantire ai migranti le tutele fissate dalla Convenzione di Ginevra e dall'ordinamento giuridico nazionale e internazionale e assicurare flussi migratori sicuri, regolari, sostenibili. Tutto questo costa all'Italia ben 290 milioni di euro, dal 2017 ad oggi.
Ma, colleghi, colleghe, il primo dovere di un Governo è rendere conto ai cittadini di come spende i loro soldi e del perché sottrae queste enormi risorse pubbliche alla sicurezza, alla sanità, all'istruzione degli italiani. Mi rivolgo alle destre: siete in grado di rinegoziare il con la Libia? Direi di “no”, purtroppo.
Giorgia Meloni è ormai piegata al ricatto libico di mandarci migliaia e migliaia di migranti irregolari ed è per questo che si oppone alla sua revisione Altro che blocco navale! La verità è che vi siete fatti bloccare dai trafficanti; altro che difesa dei confini, li avete consegnati al ricatto libico! È questa la vostra sovranità? Il ricatto si è visto col caso Almasri. Almasri è ritenuto uno dei capi della , la milizia paramilitare che controlla l'aeroporto di Mitiga e le carceri - quello famigerato di Mitiga - dove vengono rinchiusi migliaia di migranti, di torture, stupri, riduzione in schiavitù.
La Corte penale internazionale, che ha spiccato nei suoi confronti un mandato d'arresto, lo ritiene a capo del traffico degli esseri umani in Libia, in combutta con la Guardia costiera libica e con le reti criminali delle milizie libiche, degli scafisti, dei trafficanti di persone umane. Ebbene, se il Governo italiano fosse stato davvero autorevole e libero, con la schiena dritta, avrebbe dovuto eseguire quel mandato d'arresto e mandare Almasri a processo. Invece no, il Governo si è piegato al ricatto libico, è venuto a patti proprio con la criminalità delle milizie libiche, degli scafisti, dei trafficanti di persone umane, proprio quelle che Meloni aveva promesso di inseguire in tutto il globo terracqueo. Ha rimandato Almasri a casa sua, in Libia, con un aereo dello Stato italiano, a spese degli italiani e sotto il Tricolore. E non contenta, ha salvato i Ministri Nordio e Piantedosi e il Sottosegretario Mantovano dal processo che ne è scaturito. Sembra intanto che la Libia abbia da poco licenziato Almasri: la Libia è riuscita a fare ciò che l'Italia non ha saputo e non ha voluto fare .
Orbene, oggi con questa mozione non chiediamo di cancellare la cooperazione con la Libia, ma chiediamo di rivedere il , di rinegoziarlo adottando ogni misura utile a interrompere il rinnovo automatico. Chiediamo che la revisione avvenga con pieno coinvolgimento del Parlamento, assicurando trasparenza sull'impiego delle risorse nazionali ed europee, il monitoraggio indipendente delle condizioni nei centri libici e l'introduzione di condizionalità effettive sul rispetto dei diritti fondamentali. Chiediamo più efficace tutela dei diritti delle persone migranti; il pieno rispetto della Convenzione di Ginevra e del diritto internazionale; il pieno rispetto dell'ordinamento giuridico nazionale ed eurounitario; la garanzia di flussi sicuri, regolari, sostenibili. Chiediamo un monitoraggio effettivo delle condizioni nei centri libici, col coinvolgimento delle organizzazioni umanitarie.
Noi chiediamo di promuovere, in sede europea, una missione civile di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, sul modello dell'operazione e di attuare il nuovo regolamento europeo 2024/1350 per canali umanitari europei strutturali per chi fugge da guerre e carestie.
Chiediamo, inoltre, che l'Italia si faccia promotrice nelle sedi europee di un'azione urgente per la stabilità e la legalità in Libia, che è condizione imprescindibile per una gestione ordinata e rispettosa dei diritti lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Noi chiediamo trasparenza su come viene speso il danaro pubblico. Dovete informare regolarmente e preventivamente il Parlamento, dovete dare pieno accesso ai dati e sottoporre la cooperazione a monitoraggio indipendente . Signora Presidente, il Governo Meloni non può più fingere di non sapere. Il MoVimento 5 Stelle propone un modello di gestione dell'immigrazione legale e regolare che non rinunci ai valori di giustizia e umanità, che garantisca convivenza pacifica e sicurezza e che sia fattore di integrazione culturale e di crescita sociale per l'Italia. È questa la nostra terza via. Per questo mi rivolgo alla maggioranza: uscite dalla vostra propaganda, occupatevi seriamente del tema e votate la nostra mozione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Emilio Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO EMILIO RUSSO(FI-PPE). Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi. Se c'è una politica che non apprezziamo, che gli italiani respingono e che scredita la politica stessa è quella piegata alle convenienze del momento: una politica che approva un provvedimento quando è al Governo e lo rinnega quando passa all'opposizione, sacrificando interessi superiori come quelli internazionali a dei piccoli calcoli elettorali. Quest'opportunismo, colleghi, è ciò che ci porta oggi a discutere una mozione che non solo è incoerente, ma rischia di rivelarsi davvero dannosa per il Paese. Consentiteci di esprimere la nostra solidarietà al Presidente Paolo Gentiloni, all'allora Ministro Marco Minniti e al loro Governo, perché oggi le forze che li sostenevano chiedono di smantellare uno strumento che essi crearono per gestire i flussi migratori. Non si può non restare sorpresi nel vedere che chi ha sottoscritto il tra Italia e Libia nel 2017 ora vota contro il suo rinnovo.
Noi come liberali rispettiamo ogni iniziativa politica, soprattutto quando richiama temi fondamentali come i diritti umani. Tuttavia, la mozione dell'opposizione chiede di rinunciare a uno strumento essenziale per la gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo. È una proposta che appare così velleitaria che non ha trovato pieno sostegno nemmeno tra le opposizioni: né Azione né il MoVimento 5 Stelle l'hanno sottoscritta. È una strettoia nel Campo largo, per dirla con una battuta. Per questo, con la nostra mozione chiediamo al Governo di proseguire la strategia di contrasto all'immigrazione clandestina, una strategia che è fondata anche sul del 2017 sulla politica delle intese. L'iniziativa dell'opposizione è chiaramente strumentale: è un attacco, però, non al Governo, ma alla coerenza politica e della politica estera italiana. Se l'obiettivo fosse davvero rivedere i rapporti con la Libia - come ho sentito dire dai colleghi -, magari con un confronto parlamentare sui diritti umani, i tempi, allora, sono stati completamente sbagliati. Ricordarsi del a un mese dalla scadenza, senza una proposta concreta, è solo tatticismo elettorale. Poi la soluzione proposta non migliora il ma lo fa decadere, lasciando le nostre coste prive di una gestione degli arrivi.
Da mesi l'opposizione, anche giustamente, occupa le sedute con richieste di informative su tutto, ma sul si è mossa in. È una proposta irricevibile che respingiamo con forza. Ci sono strategici come i rapporti con gli Stati nordafricani che non dovrebbero mutare con il colore politico di un Governo. Gli interessi di lungo periodo dell'Italia non cambiano certo con le elezioni.
I numeri confermano - li citavano i colleghi -, i numeri del sono positivi: nel 2025 gli sbarchi sono calati del 62 per cento rispetto al 2023, grazie a una gestione più efficace dei rapporti con i Paesi nordafricani. La cabina di regia con la Libia, Tunisia e Algeria ha favorito rimpatri volontari assistiti e con programmi di reintegrazione socio-economica. A luglio, il Commissario europeo Magnus Brunner ha riconosciuto i progressi libici durante il viaggio a Tripoli con il Ministro Matteo Piantedosi e con i colleghi di Grecia e Malta. L'Europa è coinvolta, garantendo cooperazione e attenzione ai diritti.
È evidente che dal 2017 ad oggi molte cose sono avvenute in Libia. Siamo consapevoli, perfettamente consapevoli, che alcune zone di quel Paese sono fortemente influenzate, per non dire governate, da milizie locali. Chiariamoci: non ci può mai essere e mai ci sarà alcuna tolleranza per le violazioni di diritti umani, per la violenza e per la barbarie.
L'Italia - e noi per primi - non può certo voltarsi dall'altra parte. È una garanzia a questo proposito il lavoro instancabile di Antonio Tajani al Ministero degli Affari esteri. Ma è proprio per gli elementi di criticità e di parziale debolezza che connotano la lunga transizione libica che l'Italia non può permettersi il disimpegno da un Paese che, come dicevamo, è strategico per diversi aspetti per l'Italia come quelli, per esempio, dell'energia oltre che della sicurezza.
Il nasceva come uno strumento flessibile e, infatti, nel corso degli anni ha subito delle evoluzioni positive con un apporto italiano che oggi è orientato sulla formazione, il , il supporto tecnico nei confronti della Libia, sempre con un occhio attento proprio ai diritti umani. Una revoca del non fermerebbe le partenze, ma complicherebbe la gestione dei flussi, mettendo a rischio vite in mare e la nostra sicurezza. L'opposizione può permettersi mosse politiche, ma noi abbiamo il dovere di governare con pragmatismo. Il mancato rinnovo danneggerebbe l'Italia, le sue coste e le sue città. Per questo Forza Italia voterà convintamente la mozione di maggioranza per rinnovare il .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Iezzi. Ne ha facoltà.
IGOR IEZZI(LEGA). Grazie, Presidente. Sottosegretario, colleghi e colleghe, devo dire che il dibattito mi sembra stia procedendo in maniera un po' stantia e ripetitiva. Soprattutto mi sembra che questo dibattito sia speculare a un altro dibattito che attraversa i palazzi della politica, i dibattiti televisivi e il Paese, cioè quello sulla legge sull'immigrazione Bossi-Fini.
In questi casi, sulla Libia e legge sull'immigrazione Bossi-Fini, il Partito Democratico, poi seguito a ruota, con qualche piccola differenziazione, dal MoVimento 5 Stelle, si comporta come un sommergibile, cioè viene a galla nel momento in cui sta all'opposizione, urla, strepita dicendo che questi accordi vanno stracciati e vanno rifatti, poi, quando va al Governo, si inabissa, scompare dai e non si sa più cosa pensi il Partito Democratico su questi due temi -, per poi risollevarsi nel momento in cui torna all'opposizione.
È stato detto da più esponenti che questo , di cui stiamo parlando, è nato grazie al Partito Democratico, è nato quando il Presidente del Consiglio era Gentiloni del Partito Democratico e Ministro era Minniti del Partito Democratico. Ma non solo. È stato difeso a più riprese negli anni successivi, a differenza di quello che è stato detto.
Io mi sono preso la briga di andare a prendere alcuni resoconti stenografici di quando era Ministro degli Affari esteri, Di Maio, del MoVimento 5 Stelle, e Ministro dell'Interno, la Lamorgese, sostenuta dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle. Vediamo cosa hanno detto - quando avevano la possibilità di cambiarlo - per difendere questo .
Inizierei citando il fu Ministro degli Esteri, Di Maio, che ci disse che “Il documento può essere modificato e migliorato, ma è innegabile come abbia contribuito, attraverso il rafforzamento delle capacità operative delle autorità libiche, a ridurre in maniera rilevante gli arrivi dalla Libia (…) e, conseguentemente, le morti in mare nel Mediterraneo centrale. L'Italia è, ad oggi” - questo lo diceva qualche tempo fa - “l'unico effettivo delle autorità libiche nella lotta al traffico di esseri umani. Una riduzione dell'assistenza italiana potrebbe tradursi in una sospensione delle attività della Guardia costiera libica, con conseguenti maggiori partenze, tragedie in mare e peggioramento delle condizioni dei migranti nei centri. Un'eventuale denuncia di questa intesa (…) rappresenterebbe un politico in una fase già delicata di conflitto militare”. Da qui in poi non ci fu nessun tipo di modifica. Tant'è che in quello stesso dibattito l'esponente che intervenne per il Partito Democratico, la collega Lia Quartapelle Procopio, iniziò il suo intervento dicendo così: “Grazie Ministro, lei ha ragione”. Ma non solo.
Una settimana dopo intervenne il Ministro Lamorgese, sempre sostenuto da un Governo PD-5 Stelle, che ci tenne a dirci che: “Oggi (…) sarebbe ingiustificabile un calo di attenzione sulle dinamiche migratorie che continuano a interessare il nostro Paese nonché sui connessi rischi di natura umanitaria (…) si può agevolmente verificare che le partenze dalla Libia hanno subito il calo più marcato. Devo poi anche osservare la forte riduzione del numero delle vittime in mare nella specifica rotta del Mediterraneo centrale (…). Sono convinta” - diceva la Lamorgese - “che il abbia contribuito a tali risultati. Sarebbe, però, riduttivo ricondurre le molte opportunità offerte dallo strumento negoziale alle mere risultanze statistiche. La sottoscrizione del ha infatti svolto” - diceva il Ministro sostenuto dal PD - “un ruolo importante per evitare l'isolamento delle autorità libiche e per coinvolgerle in comuni strategie per il contrasto al traffico di esseri umani. L'Italia rappresenta oggi il principale della Libia nella lotta a tale traffico”. E concludeva sempre il Ministro Lamorgese: “Ritengo che il possa essere sviluppato attraverso ulteriori interventi rafforzando, in primo luogo, le iniziative volte alla tutela dei diritti umani (…)”.
Ci fu qualche cambiamento? No, e in quell'occasione il MoVimento 5 Stelle, attraverso un suo esponente, replicò al Ministro Lamorgese in questa maniera: “Per la Repubblica italiana, la Libia è un test permanente di pazienza diplomatica, di duttilità, di attenzione minuziosa agli scenari globali e locali. Ogni azione in questo campo si misura non con il raggio corto delle polemiche domestiche” - ascoltatelo - “ma con le leve lunghe delle relazioni internazionali. Questo vale tanto più per il tra Italia e Libia, ben illustrato dalla Ministra; esso non ha esaurito la sua funzione storica e politica e, quindi, rimane come una base necessaria a evitare un vuoto politico militare pericoloso, in relazione a quel grande vettore di destabilizzazione rappresentato dal traffico di esseri umani (…). Il bilancio” - diceva il MoVimento 5 Stelle - “del ricomprende però, in positivo, il calo delle traversate in mare nella rotta centrale mediterranea dei migranti (…). Il numero dei morti in mare è diminuito drasticamente”.
Allora, probabilmente recitare troppe parti in commedia rende ridicole determinate argomentazioni e a me sembra che il ridicolo sia stato abbondantemente superato, anche perché il tema è davvero serio ed è davvero delicato. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni 2-3 giorni fa, nel suo ultimo rapporto trimestrale, ci ha detto che in Libia in questo momento ci sono poco meno di 900.000 immigrati che arrivano da 45 Paesi. La Libia - ci dice l'Organizzazione internazionale per le migrazioni - svolge un ruolo centrale per l'emigrazione regionale, fungendo sia da destinazione di lavoro - quindi, immigrati che vanno in Libia per lavorare in Libia - sia da punto di transito verso l'Europa. Quindi, parliamo di 900.000 immigrati che potrebbero - lo dice l'Organizzazione internazionale dei migranti - trasferirsi in Europa. Questa organizzazione, appunto, ribadisce l'importanza di rafforzare la cooperazione tra le autorità libiche e i internazionali per promuovere una migratoria basata sui diritti, favorendo l'accesso ai canali legali di lavoro e protezione. È esattamente quello che fa questo sia in termini di risultati sia in termini di presenze delle organizzazioni internazionali. Se noi andiamo a guardare i risultati, come è stato citato già da alcuni miei colleghi, il numero dei rimpatri volontari, ottenuti anche grazie a questo , è passato dai 9.000 del 2023 ai 12.000 di oggi e soprattutto il numero dei salvataggi in mare, fatto dalle autorità libiche - dalle autorità libiche, altro che le ONG -, è salito a 20.000 nel 2025 . Quindi, 20.000 persone salvate dalle autorità libiche e questo ha portato, in linea con le politiche dell'immigrazione del nostro Paese, anche a una diminuzione, rispetto al 2023, del numero degli immigrati che arrivano nel nostro Paese.
Ma non solo. Nella nostra mozione, che è agli atti e tutti possono leggere, è riportato, in maniera precisa, l'elenco delle attività e dei finanziamenti delle attività di monitoraggio e di formazione del personale fatto dalle organizzazioni internazionali in Libia, dalle agenzie dell'ONU, a cominciare dall'Agenzia per i rifugiati, e dall'Unione europea, perché non è vero che non si sta entrando in Libia per collaborare su questo fronte. E non solo: sempre sull'onda di questo , qualche mese fa il Ministro Piantedosi è andato in Libia, a Tripoli, e ha iniziato a ragionare con le autorità libiche sulla costituzione di 70 centri di accoglienza dentro i quali ci saranno proprio le organizzazioni internazionali, che verrebbero meno nel momento in cui questo non si riapprovasse e non si continuasse sulla linea di questo .
Quindi, io vi dico: facciamo attenzione a demonizzare la guardia costiera libica perché, se non ci fosse la guardia costiera libica, quei 900.000 immigrati che oggi sono in Libia, di cui ci racconta l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, verrebbero tutti nel nostro Paese, con seri danni per tutti. Questo vuol dire che va tutto bene? No, non vuol dire che va tutto bene. Bisogna andare avanti nel processo di stabilizzazione e di pacificazione della Libia, bisogna implementare la presenza delle organizzazioni internazionali e aumentare i fondi dell'Unione europea.
Per tutti questi motivi, noi voteremo a favore, perché per noi, prima di tutto, viene la sicurezza del nostro Paese e dei nostri cittadini .
PRESIDENTE. Saluto studenti, studentesse e docenti del liceo scientifico “Stanislao Cannizzaro” e dell'Istituto comprensivo “Via Volsinio” di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune .
Ha chiesto di parlare il deputato Orfini. Ne ha facoltà.
MATTEO ORFINI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Io credo che noi dovremmo avere maggior consapevolezza della drammaticità di questa discussione. È normale che abbiamo ovviamente posizioni diverse. È uno dei temi più divisivi in questo Parlamento, ma direi in tutte le società occidentali, tra destra e sinistra. Però, noi stiamo qua parlando di qualcosa che produce migliaia di morti - il Mediterraneo è diventato un cimitero - e disperazione. Al di là - ripeto - di come la si pensa, quei flussi migratori sono attivati da disperazione, da povertà, da guerre, da carestie e producono la sistematica e ripetuta violazione dei diritti umani. A me - lo dico veramente senza polemica - dispiace che nella mozione di maggioranza, e anche negli interventi dei colleghi di centrodestra, non si sia, su questo, trovato il tempo di spendere una sola parola per ricordare che noi stiamo parlando di una tragedia umanitaria che avrebbe bisogno di una gestione appunto più consapevole.
Se noi oggi discutiamo di questo è per un'iniziativa delle opposizioni, perché altrimenti avremmo prodotto il tacito rinnovo senza nemmeno, appunto, una discussione. Ora, io mi chiedo e vi chiedo: davvero va tutto bene, come adesso ha raccontato il deputato Iezzi? Certo, io lo riconosco. C'è stato intorno a queste politiche un consenso trasversale. Alcuni di noi erano contrari già allora, ed è giusto almeno metterlo a verbale, però non c'è alcun dubbio che queste politiche hanno avuto consenso nell'opinione pubblica e un consenso largo e trasversale dentro questo Parlamento. Sono state inaugurate da un Governo di centrosinistra, proseguite e rinnovate per la prima volta dal Governo Conte e oggi siamo alla vigilia di un ulteriore rinnovo.
Il problema qual è? Perché torniamo a parlarne oggi? Perché oggi, come ha spiegato bene l'onorevole Fratoianni poco fa, quell'impianto è fallito e lo dimostrano i fatti. È fallita la strategia cosiddetta di esternalizzazione delle frontiere, che significa una sola cosa: violare i diritti umani per procura, cioè chiedere ad altri di fare quello che, se lo facessimo noi, sarebbe un atto illegale .
Onorevole Iezzi, quelli fatti dalla cosiddetta guardia costiera non sono salvataggi ma sono deportazioni, perché, se quelle persone fossero raccolte da una nave europea e salvate da una nave europea, il diritto internazionale vieterebbe di riportarle in Libia, perché la Libia non è un porto sicuro. Quindi, rivendicare i numeri di quei cosiddetti salvataggi significa rivendicare delle deportazioni , perché quelle persone vengono riportate in Libia dove vengono chiuse non in dei centri, come scrivete nella vostra mozione, ma in dei dove vengono uccise, violentate, stuprate e torturate, donne, uomini, bambini e cristiani che di solito vi stanno tanto a cuore giustamente È questo ciò di cui noi stiamo parlando e questo è ciò che è successo in questi anni.
Tutto questo avviene perché noi addestriamo e finanziamo la cosiddetta guardia costiera libica. Questa era la grande scommessa. Capisco che aveva forse anche un senso allora immaginare che questo rapporto di cooperazione avrebbe prodotto un'evoluzione della statualità libica e una stabilizzazione di quel Paese.
Ma, oggi, a tanti anni di distanza, possiamo almeno riconoscere che questa roba non ha funzionato? Che oggi la Libia non è un Paese stabile, non è diventato magicamente un Paese sicuro, che quella strategia che c'era nel … voi dite: “nel ci sono le garanzie del rispetto dei diritti umani”; ma c'è anche l'articolo 5 che dice che, se non vengono rispettati, si dovrebbe bloccare la cooperazione. Possiamo tutti riconoscere che oggi quei diritti umani in Libia non vengono rispettati e che quindi quella strategia è fallita anche da questo punto di vista? Non ha funzionato a stabilizzare la Libia, non ha funzionato per la garanzia dei diritti umani, non ha nemmeno contenuto i flussi. Guardate, visto che siete tutti oggi innamorati dell'ex Ministro Minniti, leggetelo Minniti, perché, qualche mese fa, lui stesso ha detto che oggi non ha senso riproporre quella strategia e che bisognerebbe cambiarla completamente. Noi siamo in questa situazione, se possibile, peggiorata, perché sono cresciute le violenze della cosiddetta guardia costiera libica, come è stato già ricordato. Per voi il fatto che chi dovrebbe occuparsi di salvare i migranti gli spara alla testa è normale? Il fatto che quella cosiddetta guardia costiera spari sulle ONG, dove, segnalo, ci sono anche italiani che lavorano o che operano su quelle navi - e spari ad altezza d'uomo, non è che spari in aria, come è successo recentemente nel caso della -, è o non è un problema? E perché noi non abbiamo sentito una parola da parte del Governo a tutela di quelle imbarcazioni che stanno lì solo a salvare vite? Nulla, nulla, non una condanna per la cosiddetta guardia costiera, che peraltro quei colpi li sparava da motovedette donate dall'Italia, perché questo noi stiamo producendo. E quelle navi sono lì esclusivamente perché non ci siamo noi, perché non ci sono gli assetti navali statali. Non volete le ONG? Rimandiamo le nostre navi nel Mediterraneo a fare quello che si faceva ai tempi di , cioè salvare vite e cercare anche di gestire in modo più ordinato queste operazioni. Ma voi non lo fate, perché in questi anni è cresciuta una campagna a tutela di questo fallimento, che è stata fatta di tante cose: della criminalizzazione delle ONG, che sono state accusate, denunciate, perseguitate in ogni modo; e non c'è una sentenza che abbia dato loro torto, lo metto semplicemente a verbale… Con ogni decreto voi avete provato a ostacolarne il lavoro, cercando di mandarle a sbarcare i naufraghi nel porto più lontano possibile, producendo blocchi amministrativi, rendendo impossibili i salvataggi multipli. Addirittura, gli attivisti che operano su quelle navi sono stati spiati illegalmente. Noi ancora non riusciamo a sapere da voi chi ha usato Paragon per perseguitare persone che hanno - giornalisti e attivisti - l'unica colpa, secondo voi, di raccontare quello che succede nel Mediterraneo.
Questo mostro ostile che è cresciuto negli anni è quello a cui noi abbiamo provato a ribellarci e che stiamo provando a contrastare anche con questa risoluzione, semplicemente cercando di dialogare con chi prova a fare quello che in una democrazia matura dovrebbe essere normale. Io non ho capito… Anche questa cosa che oggi salvare vite è una colpa, guardate che è francamente difficile da spiegare . Io non so quando tornate a casa e parlate con i vostri figli come fate a spiegargli che uno che tende la mano a una persona che sta per annegare è cattivo.
E vi è anche un altro argomento. All'amico Colucci voglio dire che non capisco quale sia la terza via, perché non ho capito quale sia la seconda e non penso che ne serva una terza. Serve una strategia politica di contrasto all'immigrazione; non è che se leviamo il non c'è nulla. Anche la collega Onori, che diceva: “se leviamo il ci sono i trafficanti”… Ma oggi ci sono i trafficanti, perché nella guardia costiera libica ci sono i trafficanti di esseri umani , ma nessuno propone di non rinnovare il e sostituirlo con il vuoto. Si può gestire un fenomeno che è strutturale e non emergenziale, come veniva ricordato. Lo si fa con la cooperazione internazionale che è una cosa che, a differenza del Piano Mattei, esiste e voi avete definanziato. Lo si fa con una missione internazionale, europea, di salvataggio nel Mediterraneo. Lo si fa con quello a cui, per viltà, nel rapporto con i vostri alleati della destra europea, avete rinunciato, cioè la richiesta di redistribuzione: chi arriva in Italia, arriva in Europa e gli altri Paesi dovrebbero darci una mano a gestire i flussi migratori. Lo si fa aprendo canali legali di immigrazione, cioè superando finalmente l'orribile Bossi-Fini, lo si fa con l'accoglienza diffusa, lo si fa con l'integrazione, che è quella che consente di riconoscere che esistono diritti e doveri per chi arriva in questo Paese. Ora, tra tante cose, a proposito, onorevole Iezzi, di senso del ridicolo, la mozione di maggioranza si conclude con un impegno al Governo abbastanza scarno, ossia proseguire la strategia nazionale di contrasto ai trafficanti di migranti e di prevenzione delle partenze dalla Libia. “Proseguire la strategia di contrasto ai trafficanti”: io rispondo con una sola parola, anzi con un solo nome: Almasri . Voi avevate il capo dei trafficanti di esseri umani e lo avete rimandato in Libia e infatti oggi ci proponete esattamente di continuare su questa strada. Rinnovare questo significa questo: cedere una parte della nostra sovranità a chi tortura, stupra, uccide…
MATTEO ORFINI(PD-IDP). …e viola i diritti umani, ma anche a chi in questo momento sta ricattando il nostro Paese.
Per questo noi non possiamo essere d'accordo e per questo continueremo a fare di tutto per superare questa pagina orribile della storia del nostro Paese .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Urzi'. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO URZI'(FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sul rinnovo del Italia-Libia abbiamo il dovere della verità di fronte a un tema che in quest'Aula ci viene posto sotto l'insegna o il monito del rispetto dei diritti umani; il primo vincolo morale a cui ogni civiltà, che si riconosca nei valori dell'Occidente e della libertà, ha il dovere di uniformarsi e garantire; abbiamo il dovere della verità per contrastare una colossale opera di disinformazione che mina alle basi il difficile lavoro di costruzione di un pur sempre sfidante percorso di relazioni fra Italia e Libia, fondato su legalità, sicurezza sociale, stabilità, in un'unica parola: “regole”, Presidente. Anche i diritti umani sono figli del rispetto delle regole, così come lo è il dialogo fra Paesi e istituzioni, che la sinistra ci chiederebbe qui oggi di spezzare.
E allora, Presidente e onorevoli colleghi, alcuni dati sommari ma essenziali, con una premessa, però, d'obbligo, scontata. Non sufficientemente scontata, evidentemente, per molti dei firmatari della mozione n. 1-00498, sottoscritta dall'onorevole segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein e di seguito - non ci sfugge - da altri colleghi rappresentativi dei gruppi della sinistra; il PD, ovviamente, ma anche Italia Viva attraverso l'onorevole Boschi, ossia proprio quell'arco di forze politiche che, nel 2017, come è stato ricordato e lo ricordiamo anche noi, sottoscrisse quel . Era Presidente del Consiglio dei ministri l'onorevole Gentiloni, Ministro dell'Interno Marco Minniti; e lo ricordo anche alla stimata onorevole Maria Elena Boschi che, in quel febbraio del 2017, era Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri; insomma, tutt'altro che figura di secondo piano nella cabina di regia della politica del Governo sui temi dell'immigrazione.
E vale la pena, signor Presidente, citare per esteso il titolo del , perché lo stesso ne costituisce l'indice del suo campo di azione: “ d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica italiana”.
Oggi può darsi che vi sentiate, a sinistra, di avere sbagliato nel tentare di creare le premesse per la prima e più autorevole azione che un Governo legittimo ha il dovere di mettere in campo, ossia proteggere i propri confini e difendere gli interessi della propria Nazione, che passa anche dall'accordo spesso non facile con i vicini.
Ci aspetteremmo però in questo caso - se ritenete di avere sbagliato nel porre i temi della sicurezza nazionale e del freno all'immigrazione clandestina con il Governo Gentiloni - le vostre scuse postume. Perché se vi siete pentiti di aver intrapreso una volta tanto la strada giusta, impegnando una buona dose di realismo politico, ed oggi invece decidete di sposare una deriva in politica estera che si fonda sul sostegno a tentazioni di pirateria marittima o, di fronte alla speranza di pace e alla prospettiva di ricostruzione in Palestina, avete scelto di mantenere i toni dell'integralismo, accarezzando anche le piazze degli estremisti ad Udine, avreste un solo dovere: scusarvi della diplomazia internazionale, la cui strada avevate imboccato, e decidere di dedicarvi alla protesta permanente .
Questo è il destino cui avete condannato la sinistra. Noi, Presidente, crediamo nello strumento del dialogo e del confronto permanente, nell'allestimento di accordi anche fragili, a cui aggrapparsi nello sforzo per mantenerli, e continueremo a lavorare - come l'Italia ha lavorato, grazie a Giorgia Meloni, sulla crisi mediorientale - anche nella relazione con la Libia. E, quando c'è l'interesse nazionale da difendere, noi siamo pronti a raccogliere anche uno strumento creato dalla sinistra, dagli onorevoli Gentiloni, Renzi, Boschi. Noi non abbiamo pregiudizi, segretaria Schlein, perché noi abbiamo deciso di usare ogni opportunità per tutelare l'interesse nazionale. Voi siete capaci anche di scaricare i vostri cavalli di battaglia, in cui, evidentemente, non avete mai sinceramente creduto, per opporvi a questo Governo.
Ora, Presidente, onorevoli colleghi, rimane un tema: il ha garantito risultati concreti? I numeri dimostrano che disincentivare le partenze irregolari gestite dai trafficanti - sono 236.000 quelle bloccate dalla Libia e dalla Tunisia, grazie all'azione di questo Governo, dal 2023 al luglio 2025, sono dati del Viminale - è il modo più efficace per ridurre le morti in mare. Non ne esistono altri. Rinunciarvi, come vorrebbe l'opposizione, è pericoloso. È irresponsabile lasciare il nostro Paese a mani nude di fronte all'emergenza.
Per quanto riguarda il tema centrale della promozione e tutela dei diritti umani, il fornisce la cornice imprescindibile. Toglierla farebbe franare ogni progresso sinora ottenuto. Ce lo possiamo permettere? No, semplicemente non ce lo possiamo permettere.
Sul piano operativo, la quasi totalità delle iniziative di assistenza tecnica, compresa la formazione del personale, condotte dal Governo a favore delle autorità libiche responsabili della gestione delle frontiere e delle attività di ricerca e soccorso in mare, è riconducibile al progetto finanziato dall'Unione europea e curato dal Ministero dell'Interno. Obiettivi: il graduale rafforzamento della capacità della Libia nei settori della gestione delle frontiere e dell'immigrazione, inclusa la lotta al traffico di migranti, e la ricerca e il soccorso in mare. È previsto, d'intesa con la delegazione dell'Unione europea a Tunisi, un costante monitoraggio delle modalità di impiego dei mezzi ceduti, nonché delle attività operative, al fine di garantire la conformità agli impegni assunti e agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, con particolare riferimento al rispetto dei diritti fondamentali delle persone migranti e richiedenti protezione. Con le agenzie ONU di settore, come OIM e UNHCR, attraverso la cabina di regia quadrilaterale dei Ministeri dell'Interno di Italia, Libia, Tunisia e Algeria, lanciata dal Ministro Piantedosi, d'intesa con il Ministro degli Affari esteri, si sta sviluppando una forte attività di ritorno, di gestione dei flussi migratori, con la possibilità di garantire il rientro di immigrati clandestini nel proprio Paese d'origine.
Abbiamo fame di numeri: sono stati rimpatriati, su base annua, con adesione volontaria, 12.400 immigrati, che sarebbero altrimenti sbarcati in Italia, ossia in Europa. Ma si mira molto più in alto, Presidente. delle più recenti missioni europee sono anche i previsti 70 centri di accoglienza, con la collaborazione e presenza di OIM e UNHCR, da realizzare in aree prossime ad aeroporti, da dove poter effettuare i rimpatri, e la formazione del personale, per una gestione conforme agli standard internazionali.
Insomma, Presidente, è in atto tutta un'azione che mira al rafforzamento delle capacità delle autorità libiche su questo terreno, che ha consentito il recupero e il soccorso in mare di oltre 20.000 persone nel corso del 2025. Ciò appartiene alla nostra filosofia di sempre: spetta alle autorità svolgere questa funzione, senza azioni di indiretto sostegno al traffico di migranti messe in campo dalle iniziative autoreferenziali e non coordinate delle ONG, che favoriscono i traffici illeciti di migranti.
Di fronte a tutto ciò, quale alternativa è proposta dalla sinistra? Interrompere ogni forma di relazione con le autorità libiche, abbandonare definitivamente i migranti nelle mani dei trafficanti di uomini, donne e bambini, senza più alcuno strumento di intervento possibile. Cito testualmente, per comprenderne lo spirito, il punto 1) della mozione Schlein: “(…) sospendendo immediatamente ogni forma di cooperazione tecnica, materiale e operativa che comporti il ritorno forzato di persone verso il territorio libico (…)”. È tutto chiaro, Presidente: è un inno all'immigrazione clandestina. Questo atto è la dichiarazione di guerra della sinistra contro ogni politica di contenimento dei flussi di immigrati clandestini. Ha prevalso, rispetto all'approccio pragmatico del Presidente Gentiloni, la visione ideologica permissivista verso la clandestinità. Il richiamo, al punto 2) della mozione, alla chiusura indistinta di tutti i centri di detenzione in Libia trasforma questo dramma in un involontario - voglio sperare involontario - promozionale verso i trafficanti di umanità. È il vuoto di regole, destinato ad essere riempito dalle associazioni criminali. Mi consenta, signor Presidente: questo non lo possiamo permettere.
Mi avvio al termine, con un'ulteriore constatazione: anche oggi l'opposizione è liquefatta, anche plasticamente liquefatta. Abbiamo sul tavolo tre documenti di minoranza: il primo firmato dall'onorevole Schlein; poi ce n'è uno del MoVimento 5 Stelle. È già finito il Campo largo: la “gioiosa macchina da guerra” che ha sostenuto in Toscana il presidente del PD, dalle benevole mire espansionistiche sulla Lombardia, oggi si trova già dissolto in quest'Aula, dove deve distinguersi, deve marcare le differenze, deve presentare documenti diversi, perché, Presidente, non sono uniti neanche sul tema dei diritti umani e, tantomeno, sui temi dell'immigrazione clandestina.
ALESSANDRO URZI'(FDI). Noi, Presidente, questa differenza, la marchiamo e la rivendichiamo con un velo di orgoglio, perché ogni giorno non solo siamo chiamati a guardare tutti gli italiani negli occhi, ma anche noi stessi, allo specchio, la mattina. E ogni giorno la nostra maggioranza, noi di Fratelli d'Italia, Presidente, non abbiamo bisogno di abbassarli, questi occhi .
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Saluto studenti, studentesse e docenti dell'Istituto comprensivo “Natale Prampolini” di Latina, che assistono ai nostri lavori dalle tribune
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Schlein, Fratoianni, Boschi, Magi ed altri n. 1-00498, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Kelany, Iezzi, Paolo Emilio Russo, Alessandro Colucci ed altri n. 1-00505, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Passiamo alla votazione della mozione Alfonso Colucci ed altri n. 1-00506.
Avverto che, a seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Kelany, Iezzi, Paolo Emilio Russo, Alessandro Colucci ed altri n. 1-00505, risulta precluso il primo capoverso del dispositivo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Alfonso Colucci ed altri n. 1-00506 per la parte non preclusa, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Molinari, Castiglione, Bignami, Romano ed altri n. 1-00479 Caramiello ed altri n. 1-00500, Manes ed altri n. 1-00503, Forattini ed altri n. 1-00504 e Benzoni ed altri n. 1-00507 in materia di politica agricola comune.
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di martedì 14 ottobre 2025, sono state presentate le mozioni Benzoni ed altri n. 1-00507 e una nuova formulazione della mozione Molinari, Castiglione, Bignami, Romano ed altri n. 1-00479, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.
Avverto che, in data odierna, è stata presentata la mozione Gadda ed altri n. 1-00510 . Il relativo testo è in distribuzione.
PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire, esprimendo altresì il parere sulle mozioni presentate. Prego Sottosegretario.
LUIGI D'ERAMO,. Grazie, Presidente. In riferimento alla mozione unitaria sulla PAC Molinari, Castiglione, Bignami, Romano ed altri n. 1-00479 il parere è favorevole sulle premesse e sugli impegni.
LUIGI D'ERAMO,.
Per quanto riguarda la mozione Schullian…
PRESIDENTE. No, io ho la mozione Caramiello ed altri n. 1-00500.
LUIGI D'ERAMO,. Sì, grazie. Per quanto riguarda la mozione Caramiello ed altri n. 1-00500, sulla prima premessa, il parere è favorevole, con la seguente riformulazione: “la proposta della Commissione per il prossimo Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 prevede una struttura radicalmente riorganizzata, sia nella composizione dei fondi, sia nella modalità di allocazione degli stessi; rispetto ai precedenti 52 programmi, la nuova architettura prevede infatti 16 strumenti finanziari, raggruppati in 4 pilastri principali: i piani di partenariato nazionale e regionale per investimenti e riforme, il Fondo per la competitività, lo strumento amministrazione”.
Per quanto riguarda la seconda premessa, il parere è favorevole.
Per quanto riguarda la terza premessa, il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “per le sue ricadute nel settore agricolo, preoccupa la sparizione del Fondo della politica agricola comune PAC, che sarà unito ai Fondi di coesione in un unico Fondo nazionale, creando di fatto una situazione di concorrenza tra i due settori e il rischio di compromettere le specificità di entrambi gli strumenti”.
Per quanto riguarda la quarta, la quinta, la sesta, la settima, l'ottava, la nona, la decima e l'undicesima premessa, il parere è favorevole. Per quanto riguarda la dodicesima, la tredicesima e la quattordicesima premessa, il parere è contrario. Sulla quindicesima premessa, il parere è favorevole, mentre sulla sedicesima premessa il parere è contrario. Infine, per quanto riguarda la diciassettesima, la diciottesima, la diciannovesima e la ventesima premessa, il parere è favorevole.
Per quanto riguarda gli impegni, il parere è favorevole sul primo punto, con la seguente riformulazione: “a continuare nelle azioni intraprese finalizzate a promuovere, nell'ambito dell'approvazione del prossimo Quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea 2028-2034, l'integrità e l'uniformità della PAC, tutelando il dedicato al settore”.
Sul secondo punto degli impegni, il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “a continuare nell'azione di promozione e altresì nelle opportune sedi istituzionali, nazionali ed europee, azioni di sostegno di un'agricoltura dell'Unione europea resistente alle crisi”.
Per quanto riguarda il terzo punto degli impegni, il parere è contrario.
Sul quarto punto degli impegni, il parere è favorevole con la riformulazione: “a promuovere una politica agricola che non disperda gli sforzi fatti finora dagli agricoltori, anche italiani, per assicurare una transizione sostenibile, ma che non sia a danno delle imprese europee, favorendo le imprese di Paesi extra UE che tali sforzi non conoscono”.
Sul quinto punto degli impegni, il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “a proseguire iniziative di competenza volte a scongiurare il rischio che, nell'ambito delle interlocuzioni in corso sul riordino del Quadro finanziario pluriennale dell'Unione, le risorse a valere su un futuro Fondo unico europeo, al posto delle otto linee di finanziamento che compongono i Fondi di coesione, i Fondi strutturali e i Fondi per la politica agricola comune perdano la loro importanza”.
Sul sesto punto degli impegni, il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “a mantenere un dialogo continuo con il Parlamento in merito agli sviluppi del negoziato in corso, in merito alla definizione del prossimo Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 e alle azioni intraprese dal Governo italiano nell'ambito dei negoziati in corso, con specifico riguardo alle prospettive future della PAC”.
PRESIDENTE. Bene. Passiamo alla mozione Manes ed altri n. 1-00503.
LUIGI D'ERAMO,. La mozione Schullian ed altri n. 1-00503, giusto?
PRESIDENTE. Sì. È Manes la prima firma, ma va bene. È quella.
LUIGI D'ERAMO,. Allora, sulla prima e sulla seconda premessa, il parere è favorevole. Per quanto riguarda la terza e la quarta premessa, il parere è contrario.
Per quanto riguarda la quinta, la sesta, la settima, l'ottava, la nona, la decima, l'undicesima, la dodicesima e la tredicesima premessa, il parere è favorevole.
Sulla quattordicesima premessa, il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “questa la sintesi degli elementi contenuti nella proposta della Commissione, attualmente in fase di negoziazione con i legislatori europei e che, pertanto, saranno soggetti ad ampie modifiche”…
PRESIDENTE. Scusi, Sottosegretario, quello che sta leggendo è la quindicesima premessa. La quattordicesima inizia con: “il Fondo europeo per la competitività dispone” eccetera. Quindi, forse è la quindicesima premessa che è riformulata? Ho fatto una domanda difficile, però, la quindicesima inizia con “questa la sintesi degli elementi” eccetera, come ha iniziato lei.
LUIGI D'ERAMO,. Invece, l'ho chiamata quattordicesima?
PRESIDENTE. Sì. Quindi, sulla quattordicesima, dovrebbe dirmi qual è il parere e poi questa credo sia la riformulazione della quindicesima. La quattordicesima è quella che inizia con “il Fondo europeo per la competitività dispone una dotazione indicativa complessiva…”
LUIGI D'ERAMO,. “Il Fondo europeo per la competitività dispone di una dotazione indicativa complessiva di 20,4 miliardi di euro”, giusto?
PRESIDENTE. Esatto. Quella è la quattordicesima. Su quella, il parere?
LUIGI D'ERAMO,. C'è un errore nella numerazione. Su questa, c'è il parere favorevole.
PRESIDENTE. Bene, andiamo avanti.
LUIGI D'ERAMO,. Quindi, a questo punto, questa sarebbe la quindicesima…
LUIGI D'ERAMO,. …che inizia con le parole “questa la sintesi degli elementi”. Il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “questa è la sintesi degli elementi contenuti nella proposta della Commissione, attualmente in fase di negoziazione con i legislatori europei e che, pertanto, saranno soggetti ad ampie modifiche nel corso dei prossimi mesi, ed è per questo che i firmatari del presente atto chiedono al Governo di intervenire per vigilare attentamente, e, nel caso, attivarsi, per modificare i punti critici della proposta della Commissione”. È sbagliata?
PRESIDENTE. No, Sottosegretario è che lei ha riletto esattamente la quindicesima premessa com'è scritta nella mozione. Cioè non è riformulata, è uguale. Forse, ha tolto “negativi e positivi” “C'è una virgola, ha aggiunto una virgola!”? Scusi, onorevole Giachetti, già è complicato. Questa è la sintesi degli elementi, lei ha tolto “negativi e positivi”? Ok. Adesso ci siamo. Allora, la premessa 16). Se mi legge solo le modifiche, forse facciamo ancora meglio.
LUIGI D'ERAMO,. Ok “Se evita le modifiche alle premesse è ancora meglio!”…
PRESIDENTE. Quello, onorevole Faraone, sa che…
LUIGI D'ERAMO,. Sulle premesse 16), 17) e 18) il parere è favorevole.
Sulla premessa 19) il parere è favorevole con riformulazione: “perplessità profonde risultano anche sulla base del metodo utilizzato dalla Commissione”.
Per quanto riguarda invece gli impegni, sull'impegno 1) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare nell'azione di promozione, in tutte le sedi di competenza, delle iniziative necessarie a mantenere ferme le risorse destinate al settore agricolo nel prossimo Quadro finanziario pluriennale 2028-2034”.
Sull'impegno 2) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare nell'azione di tutela della gestione decentrata dei programmi affidati alle regioni che è da sempre di fondamentale importanza”.
Sull'impegno 3) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare nelle iniziative finalizzate a difendere con convinzione, durante le trattative, la vigente distinzione tra gli strumenti di sostegno al reddito (Feaga) e quelli dello sviluppo rurale (Feasr)”.
Sull'impegno 4) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare nelle iniziative di competenza affinché le nuove modalità di calcolo e ripartizione del sostegno al reddito non penalizzino le aziende sulla base della loro dimensione, sia le grandi che le piccole, ambedue fondamentali per il comparto agroalimentare nazionale”.
Sull'impegno 5) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare nelle iniziative di competenza volte a monitorare la situazione delle aziende site nei territori montani e nelle aree svantaggiate affinché vengano sempre salvaguardate e tutelate come parte essenziale delle aree rurali, custodi del paesaggio, delle peculiarità locali e della biodiversità di cui il Paese è orgogliosamente ricco”.
PRESIDENTE. Passiamo alla mozione Forattini ed altri n. 1-00504.
LUIGI D'ERAMO,. Per quanto riguarda la mozione Forattini ed altri n. 1-00504, sulle premesse 1), 2), 3), 4), 5) e 6) il parere è favorevole.
Sulla premessa 7) il parere è favorevole con riformulazione: “il mantenimento di un adeguato livello di risorse europee destinate alla PAC è condizione essenziale per assicurare la stabilità e la continuità degli interventi, rafforzare la competitività delle imprese agricole e promuovere pratiche produttive sostenibili, coerenti con i principi della nuova programmazione”.
Sulle premesse 8) e 9) il parere è favorevole; sulla premessa 10) il parere è contrario.
Per quanto riguarda gli impegni, sull'impegno 1) il parere è favorevole.
Sull'impegno 2) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare nelle iniziative rivolte a preservarne un'adeguata dotazione finanziaria nel quadro del futuro bilancio pluriennale dell'Unione europea 2028-2034, esprimendo al contempo contrarietà rispetto all'ipotesi di accorpamento della PAC in un fondo unico, che rischierebbe di indebolirne le finalità specifiche e l'efficacia territoriale”.
Sull'impegno 3) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare a rappresentare, in tutte le sedi opportune, la necessità che le eventuali scelte di revisione del Quadro finanziario pluriennale non pregiudichino il contributo fondamentale delle politiche agricole e di coesione allo sviluppo dei territori rurali, in particolare quelli interni e montani”.
Sull'impegno 4) il parere è contrario.
Sull'impegno 5) il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo alla mozione Benzoni ed altri n. 1-00507.
LUIGI D'ERAMO,. Allora, per quanto riguarda la mozione Benzoni ed altri n. 1-00507, sull'impegno 1)…
PRESIDENTE. Le premesse, scusi?
LUIGI D'ERAMO,. Sì, chiedo scusa.
Sulla premessa 1) il parere è favorevole con riformulazione: “la Camera, premesso che il 16 luglio 2025 la Commissione europea ha presentato la proposta per una nuova politica agricola comune (PAC) orientata al futuro per il periodo successivo all'anno 2027”.
Sulle premesse 2), 3), 4), 5), 6), 7), 8), 9), 10), 11), 12) e 13) il parere è favorevole.
Per quanto riguarda gli impegni, sull'impegno 1) il parere è favorevole con riformulazione: “a proseguire nelle iniziative finalizzate a far sì che la PAC sia ben finanziata e solida, in ragione del suo ruolo centrale nella produzione alimentare europea, nella bioeconomia e nel settore energetico, garantendo il mantenimento di fondi specificamente destinati al settore agricolo nel prossimo Quadro finanziario pluriennale 2028-2034, in misura almeno pari all'attuale dotazione, anche tenendo conto dell'andamento inflazionistico”.
Sugli impegni 2), 3), 4), 5), 6) e 7) il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo all'ultima mozione n. Gadda ed altri n. 1-00510.
LUIGI D'ERAMO,. Per quanto riguarda la mozione Gadda ed altri n. 1-00510, su tutte le premesse il parere è favorevole.
Per quanto riguarda gli impegni, sull'impegno 1) il parere è favorevole.
Sull'impegno 2) il parere è favorevole con riformulazione: “a continuare nell'azione di promozione in sede europea, anche per il tramite del Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, di una posizione volta a preservare l'autonomia e l'identità della PAC”…
PRESIDENTE. Sottosegretario, credo che lei abbia una vecchia versione. È: “in raccordo con il Commissario europeo per la coesione e le riforme, Raffaele Fitto”, perché c'era un errore nella prima versione. Comunque è così, perché nel frattempo…
LUIGI D'ERAMO,. È arrivata una versione ultima?
PRESIDENTE. Esatto. Prego, prego, vada avanti. Ma, insomma, Raffele Fitto nel frattempo è Commissario.
LUIGI D'ERAMO,. …e l'identità della PAC come politica realmente comune, autonoma e adeguatamente finanziata, mantenendo la distinzione tra strumenti di sostegno al reddito (Feaga) e strumenti di sviluppo rurale (Feasr), ed evitando che l'accorpamento dei fondi agricoli nel nuovo “Fondo europeo per la prosperità e la sicurezza sostenibili” comporti una perdita di risorse o una riduzione della visibilità del settore agricolo nel bilancio europeo”.
Sugli impegni 3), 4), 5), 6), 7), 8), 9), 10) e 11) il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare il deputato Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA(MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Stavo cercando di riprendermi, dopo questa sessione di riformulazioni. Non me ne voglia il Sottosegretario, ma, insomma, forse si potrebbe anche semplificare questa fase con dei “sì” e con dei “no”. Intervengo volentieri per alcune ragioni.
La prima è che magari poteva essere l'occasione - forse non questa, ma ci dovrebbe essere un'occasione - anche per fare una riflessione complessiva sulla PAC da parte del Parlamento, magari anche un po' svincolata dalla grande abilità delle organizzazioni di rappresentanza di influenzare la discussione, indirizzarla e tenerla legata, diciamo così, agli aspetti molto più quotidiani e concreti.
Il secondo punto è che, attraverso questa discussione, magari, riusciamo a iniziare ad aprire una discussione più complessiva sul bilancio europeo.
Ciò anche per capire quale sia la posizione del Governo italiano - se ce n'è una - rispetto al quadro finanziario pluriennale, sia in termini di modalità con cui viene composto - e qui veniamo al tema specifico delle mozioni -, sia anche per quanto riguarda le quantità. Perché noi abbiamo, negli ultimi anni e poi negli ultimi semestri, investito di aspettative l'Unione europea, signor Sottosegretario, e abbiamo avanzato proposte, che sono state avanzate anche da autorevoli rappresentanti italiani, penso al Piano Letta, al Piano Draghi. Abbiamo tutti, grosso modo, applaudito - certamente, noi lo abbiamo fatto - il Piano Draghi e i famosi 800 miliardi di investimenti annui, e noi ci ritroviamo - si ritrovano le istituzioni europee, si ritrova il Governo italiano nell'ambito del Consiglio - a discutere di un bilancio complessivo dell'Unione europea composto da cifre irrisorie. E, quindi, rispetto alle roboanti dichiarazioni che riguardano l'intelligenza artificiale, la difesa, temi vitali per i cittadini e le cittadine europee, noi ci ritroviamo a discutere di un bilancio esiguo, nel quale, storicamente, la parte del leone, ancora oggi, tutto sommato, continua a farla la politica agricola comune.
Nelle mozioni che i colleghi hanno presentato, il tema che viene proposto prima è quello del far salvo l'ammontare complessivo dei fondi delle dotazioni della PAC e successivamente, quindi, il “no” a quella che io chiamo la rinazionalizzazione o la nazionalizzazione delle politiche agricole comuni e delle politiche di coesione attraverso la riunione dei due temi e dei due fondi, sapendo benissimo che questo sarebbe, a mio avviso, un grave errore per due ragioni. La prima è che scomparirebbero - e sarebbe un errore gravissimo, a mio avviso - due politiche europee, che responsabilizzano le regioni in vari modi, ma che sono politiche europee: la politica agricola e la politica di coesione.
Quest'idea di usare il meccanismo del PNRR, cioè, sostanzialmente, garantire i fondi e, poi, gli Stati decidono cosa farne, penso che sarebbe un grave errore; penso che poi porterebbe, in un Paese come l'Italia, immediatamente alla competizione tra le due destinazioni di un unico fondo e sarebbe prodromico, inevitabilmente - ma su questo si potrebbe discutere poi -, a ridurre i fondi a favore di altri capitoli del bilancio europeo che sono più decisivi per il futuro economico, di sicurezza e di prosperità dell'Unione europea, nel momento in cui le economie di scala sono necessarie - e questo Draghi l'ha spiegato in modo esemplare e, a mio avviso, definitivo - se si parla di mercati finanziari, se si parla di intelligenza artificiale ed altro. Quindi “no“ alla rinazionalizzazione della PAC sotto mentite spoglie e la richiesta alla Commissione e al Consiglio di rafforzare il bilancio comune, non di devolverlo agli Stati.
E poi credo che, se questo serve a mantenere la politica agricola comune…
BENEDETTO DELLA VEDOVA(MISTO-+EUROPA). …così com'è dal punto di vista quantitativo, va bene. Dovremo discutere dell'efficienza con cui vengono spesi i fondi, ma dovremmo anche, probabilmente, aprire una discussione - dall'Italia, perché no? - sulla ridefinizione di una politica agricola comunitaria pensata decenni fa in un mondo completamente diverso, questioni commerciali incluse, ma non solo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Gadda. Ne ha facoltà.
MARIA CHIARA GADDA(IV-C-RE). Presidente, Sottosegretario D'Eramo, 20 milioni di persone, 20 milioni di cittadini europei sono impiegati nella filiera agricola, nel settore primario, determinando 400 miliardi di euro di valore aggiunto ogni anno. Questi numeri non sono avvenuti per caso, sono dati dall'impegno, dalla determinazione, dalla fantasia dei nostri agricoltori e dall'indotto che l'agricoltura ha generato attraverso il suo sistema agroalimentare, italiano ed europeo, ma sicuramente questi numeri sono anche effetto, sono frutto della prima politica comune che l'Europa ha avuto. La PAC, la politica agricola comune, è infatti una delle politiche più longeve, in cui i nostri padri fondatori decisero, congiuntamente, di puntare, di dare rilevanza a un elemento che oggi è ancora più strategico: quello della resilienza, della sostenibilità, della sovranità, della capacità dei nostri sistemi produttivi, da un lato, di garantire la giusta remunerazione a chi produce, e, dall'altro lato, anche di garantire equi prezzi, eque opportunità per i cittadini che acquistano un bene primario, come lo è il cibo.
Quindi la politica agricola comune ha avuto tante evoluzioni in questi anni e le proposte che il commissario Hansen ha recentemente fatto destano preoccupazioni, non tanto perché la politica agricola comune debba avere anche un giusto ripensamento rispetto alle evoluzioni di mercato, alle condizioni climatiche, ai tanti elementi che sono sotto gli occhi di tutti - che determinano, da un lato, le opportunità e, dall'altro, le fragilità del mondo agricolo -, ma perché le riforme, le modifiche si fanno insieme a chi produce, si fanno anche insieme a chi decide nei Parlamenti nazionali e nel Parlamento europeo. E quindi io credo che in queste settimane, in Europa, sia mancato con la Commissione questo dibattito.
Quindi le mozioni di oggi - Italia Viva ne ha presentata una, annuncio che noi accetteremo la riformulazione che è stata proposta - sono importanti perché noi, in Europa e, soprattutto, alla Commissione von der Leyen e al commissario Hansen, dobbiamo dare un messaggio molto chiaro come Paese, come sistema Paese, rispetto al fatto che alcuni elementi della nuova proposta rispetto alla nuova programmazione del Quadro finanziario pluriennale non sono accettabili, non soltanto per gli interessi del nostro Paese, non sono accettabili per lo sviluppo che l'agricoltura e l'agroalimentare devono avere nel nostro continente europeo.
L'Europa ha investito tantissimo in questi anni in controlli, in qualità, nel fatto che l'agricoltura potesse unire aspetti ambientali, sociali, economici, declinando la sostenibilità nei suoi diversi volti. E queste modifiche, questi tagli, ma, soprattutto, questa intenzione di razionalizzazione non pensata - come ricordava anche il collega Della Vedova -, riportare alcune scelte, rinazionalizzare alcune politiche non è la direzione giusta in un contesto internazionale che è sempre non soltanto più complesso, ma è sempre più dinamico. Pur riconoscendo - come ho detto all'inizio - i risultati del nostro e anche del nostro , non possiamo però, allo stesso tempo, non riconoscere che in altre parti del mondo si producono beni - dal grano ad altri beni di consumo che anche in altre parti del mondo si trasformano - concorrenziali con i nostri prodotti e che vengono prodotti anche con standard, con requisiti nettamente diversi.
Quindi io credo che la nostra voce debba essere univoca, presentando le nostre richieste e la nostra visione su un'Europa che deve continuare a scegliere di essere un continente dove si condividono sì le regole, ma, soprattutto, le opportunità. E questo anche alla luce di eventi che necessariamente accadranno in futuro. Ieri, il senatore Renzi ha ricordato, durante un convegno, che sicuramente l'Ucraina entrerà in Europa. Noi ne siamo contenti, favoriremo questo processo, però, allo stesso tempo, i fenomeni importanti della storia vanno gestiti, perché questo processo non sarà così irrilevante per gli agricoltori europei.
E quindi a maggior ragione dovremmo avere una PAC, una politica agricola comune più solida, più resiliente, meno burocratica, con meno risorse a pioggia, una politica agricola comune meno assistenzialistica. Noi di Italia Viva non siamo per una politica agricola comune che procrastina nel tempo fenomeni di assistenzialismo che determinano fragilità. Noi siamo per una politica comune che riconosca, sia alle grandi che alle piccole imprese agricole e all'intera filiera agroalimentare, quegli strumenti che sono in grado di superare le difficoltà che l'agricoltura sta incontrando, a partire dagli effetti dei cambiamenti climatici, perché nell'arco temporale 2021-2023 le perdite per gli eventi estremi in Europa hanno causato un impatto per oltre 162 miliardi, una cifra che corrisponde al 22 per cento del totale se prendiamo l'orizzonte temporale dal 1980 al 2023.
Quindi, è chiaro che noi abbiamo bisogno di sostenere i nostri agricoltori attraverso la politica agricola comune, attraverso le misure con cui la politica agricola comune è declinata a livello nazionale e a livello regionale, perché questo è un altro elemento importante, il coordinamento nella fase attuativa con le regioni. Però, noi dobbiamo dotare gli agricoltori, a partire da quelli più piccoli, di strumenti di protezione attiva e passiva in grado di proteggersi dagli effetti sempre più forti, sempre più importanti, dei cambiamenti climatici, che determinano non soltanto perdite di produzione, fragilità del sistema agroalimentare, ma anche perdite di quote di mercato nel panorama internazionale.
Ci sono poi, ovviamente, anche quegli effetti contingenti esterni che, a partire dalle politiche commerciali aggressive e dannose, la politica dei dazi di Trump, le barriere non tariffarie, hanno creato in questi mesi grande fibrillazione e grande instabilità non soltanto nel mondo agricolo, ma in tutta la filiera agricola e agroalimentare e anche su questo aspetto credo che il nostro continente e il nostro Paese debbano lavorare molto di più nella direzione di politiche in grado di favorire le aggregazioni all'interno della filiera, perché dividere il mondo agricolo dalle fasi successive di produzione, trasformazione e distribuzione non è la scelta giusta. Bisogna creare alleanze, bisogna creare quelle alleanze che poi evitano di determinare anche pratiche commerciali sleali che rendono ancora più fragili le nostre filiere.
Come dicevo, sulle barriere e sui dazi Italia Viva è sempre stata favorevole agli accordi commerciali e sempre lo sarà, incluso il Mercosur, incluso l'accordo con il Sud America. Ma è chiaro che, anche in questo caso, l'Europa, con le risorse opportune, deve far sì che quei settori e quelle filiere, che saranno eventualmente danneggiati, vengano accompagnati in questo percorso.
Mi avvio, quindi, verso la conclusione. Cosa dice la nostra mozione? Cosa chiediamo come Italia Viva al Governo? Quale posizione va portata? È chiaro che non può andare bene il taglio del 24 per cento alle risorse destinate all'agricoltura, tanto meno il taglio da 6,2 miliardi a 2 per la pesca, una delle filiere e dei settori più fragili. Il Fondo unico, che è stato proposto dal Commissario Hansen, non accorperebbe soltanto i due pilastri della PAC, quindi legati agli aiuti diretti e ai pagamenti diretti allo sviluppo rurale, ma accorpando anche altri fondi, che hanno altre finalità, creerebbe quell'effetto distorsivo, quell'effetto, appunto, che non sarà sicuramente in grado di accompagnare quello che serve, da un lato, all'accompagnamento e al riconoscimento di politiche di aggregazione. Un'altra cosa che desidero e che chiedo al Sottosegretario D'Eramo è data dal fatto che il nostro Paese deve opporsi a misure di , di “degressività”, che vanno nella direzione, appunto, di mortificare l'impegno che tante imprese hanno fatto nella direzione dell'aggregazione e penso a quello che ha fatto il mondo cooperativo. Dall'altro lato, i fondi previsti per le piccole imprese, quelle sotto i 10 ettari, con la proposta Hansen saranno - come dire - neanche minimamente accettabili.
La politica agricola comune - e torno a quello che ho detto all'inizio, concludendo - è stata veramente una politica comunitaria. I nostri padri fondatori hanno scelto e anche noi scegliamo di accompagnare questo cambiamento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pisano. Ne ha facoltà.
CALOGERO PISANO(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Noi siamo a favore della mozione di maggioranza e consegno il testo.
PRESIDENTE. È autorizzato, grazie onorevole.
Ha chiesto di parlare il deputato Borrelli. Ne ha facoltà.
FRANCESCO EMILIO BORRELLI(AVS). Grazie, Presidente. Ci fa piacere parlare in quest'Aula della PAC, ma, più in generale, dell'agricoltura. Abbiamo sentito, anche da importanti rappresentanti del Governo e di questa maggioranza, un qualcosa che noi diciamo da tempo e cioè che, attorno all'agricoltura e alla produzione alimentare, bisogna fare un fronte comune. Per fare un fronte comune bisogna avere una visione locale, nazionale, europea e mondiale e, soprattutto, guardare in prospettiva, anche al di là della nostra presenza nelle istituzioni.
Perché facciamo questa premessa? Perché sembra sempre che la visione non vada oltre il proprio naso. Vogliamo fare un esempio? Si è fatta una battaglia, con grande furore ideologico, contro l'ipotesi che ci possa essere la carne coltivata, che porterebbe a una riduzione notevolissima di spreco di energia e anche di uccisioni di animali con relativo inquinamento anche di carattere atmosferico, mentre invece è una delle cose sulle quali noi abbiamo invitato una piena riflessione.
Noi leghiamo l'agricoltura anche in una prospettiva connessa alla demografia: il nostro pianeta sta andando verso un super-popolamento, ma non l'Europa, stando almeno ai dati che abbiamo fino al 2100. Qualcuno ogni tanto, quando noi parliamo del 2100, dice: ma che ve ne importa, non ci saremo più. Ma come si può pensare di fare una politica immaginando soltanto il proprio momento? Noi abbiamo avuto i padri fondatori dell'Europa che hanno immaginato quello che sta avvenendo oggi, sapendo che non ci sarebbero stati e lo stesso vale per l'agricoltura. Noi riteniamo che sia un gravissimo errore ridurre i fondi e soprattutto separarli.
Inoltre, continuiamo a essere meravigliati rispetto a una cosa: sembra che per risorse fondamentali come l'energia, l'acqua e il cibo ci siano continuamente possibilità di riduzione, mentre invece l'unica cosa - e ovviamente non è un attacco, lo voglio dire soltanto come provocazione generale - per la quale si trovano sempre le risorse in sono le armi, gli armamenti. Siamo in una direzione completamente opposta anche per un motivo: se c'è benessere diffuso, le guerre, la criminalità e la violenza si riducono . Più, invece, noi insistiamo nella violenza, nelle guerre, nella sopraffazione, più affameremo le persone e più ci sarà violenza. Le guerre avvengono adesso prevalentemente per motivi energetici - guardiamo l'Ucraina -, ma sappiamo benissimo che nella prospettiva avverranno sull'acqua e sul cibo.
Abbiamo ancora una visione sbagliata rispetto a certe produzioni. Facciamo un esempio concreto. Come dicono già molti agricoltori, è mai pensabile che noi utilizziamo ettari ed ettari, spazi immensi, per produrre cibo per gli animali che poi, a nostra volta, dovremo mangiare? Quel cibo dovrebbe andare direttamente all'uomo, riducendo notevolmente anche l'utilizzo del territorio e del terreno. Sono visioni non di ambientalisti, che pensano in modo bucolico al futuro, ma semplicemente sono più pragmatiche: otto miliardi di persone devono potersi sfamare. Qualcuno dirà: ma noi non siamo così tanti in Europa. L'idea di poter avere un sistema europeo - e che poi sia un modello anche internazionale - comporta ovviamente la possibilità anche di ridurre l'immigrazione.
Le nostre soluzioni portano sempre a tre risultati: benessere sociale, uguaglianza e pace.
È questa la visione che noi insistiamo nel voler portare avanti anche in quest'Aula e anche in questo dibattito sulla politica agricola comune. Ci fa piacere renderci conto che buona parte del Governo ci stia dando ragione su una cosa che, all'inizio di questa legislatura, non sembrava scontata: che uno dei problemi dell'agricoltura è legato anche ai cambiamenti climatici. Costantemente, durante l'anno, noi verifichiamo che le associazioni agricole chiedono lo stato di crisi per l'eccesso di piogge, per le bombe d'acqua, o per l'eccesso di siccità e, finalmente, si comincia a dire che non è un caso, ma che, purtroppo, è dovuto anche ai cambiamenti climatici. È un interesse collettivo rispettare l'ambiente e vivere in equilibrio con la natura. Noi continuiamo a insistere, a dirlo in ogni luogo, in ogni momento parlamentare, per far riflettere tutti, i colleghi di minoranza, che nella gran parte dei casi sono d'accordo con noi, come quelli di maggioranza, che molte volte non sono d'accordo. Ma perché insistiamo nel dire che dobbiamo ridurre l'inquinamento per cercare di ridurre i cambiamenti climatici ? Perché è un vantaggio, è un vantaggio per tutti: è un vantaggio per l'agricoltura. È quello che insistiamo nel cercare di portare in un'altra direzione, ma un'altra direzione, guardate, che non è politica, ma di benessere collettivo.
L'Europa, tra l'altro, sta vivendo un momento molto grave. Dicevo prima della demografia: i Paesi, in generale, del Terzo mondo, l'India, in particolare, avranno un boom demografico senza precedenti; l'Europa si ridurrà mediamente ovunque. Addirittura nel 2050, quindi domani, sono previsti 53 milioni di abitanti italiani: 53 milioni non tra 2.500 anni, ma tra 25 anni. È uno studio della Oxford University e della Federico II: fa soltanto statistica. Abbiamo detto: fate più figli, ma per fare più figli c'è bisogno di una situazione di benessere generale. E qui aggiungiamo anche un'altra cosa: noi dobbiamo cercare di aumentare il più possibile produzioni sostenibili, economicamente sostenibili per i cittadini, per tutti i cittadini. E questo avviene se noi li mettiamo nella condizione di poter acquistare beni di consumo di qualità a prezzi accessibili.
Questa è una visione ed è quella che proponiamo. La proponiamo con forza, la proponiamo con determinazione, la proponiamo in tutte le sedi possibili e immaginabili. Ed è chiaro che c'è uno scontro, sicuramente c'è uno scontro su qualcosa, su grandi , che sono pronte anche a buttarlo il cibo, pur di fare soldi, e chi ritiene, come noi, che una sana politica agricola porti anche al non spreco del cibo, cosa che troppo spesso avviene . Non abbiamo una politica contro lo spreco del cibo ancora oggi: ancora oggi, chi tantissimo e chi niente. È mai possibile che, in una visione illuminata, soprattutto con gli strumenti che abbiamo oggi, non ci poniamo, con forza e con determinazione, una visione di questo tipo? È per questo abbiamo fatto una mozione unitaria in cui difendiamo con forza i fondi. Però, dobbiamo anche ben spenderli. Abbiamo visto in passato cose vergognose - una su tutte, le quote latte -, che non andavano assolutamente a favore né degli agricoltori, né degli allevatori, né tantomeno dei consumatori: era un modo per fare cassa sul cibo. E chi ha oggi la responsabilità di dover sfamare, nel senso più nobile della parola, il nostro Paese e l'Unione europea, in questo caso specifico, ha una grande responsabilità e noi la sentiamo tutta.
Per questo siamo in Aula oggi: portiamo avanti le nostre proposte e siamo pronti a fare qualsiasi percorso unitario, nell'interesse non solo del nostro Paese, ma in una visione equa di società .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Benzoni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. La PAC, la politica agricola comune, lo hanno detto i colleghi negli interventi svolti prima di me, è uno dei più importanti capitoli della politica europea. Lo è per la storicità di questo provvedimento e lo è anche per il valore economico di questo provvedimento rispetto alle politiche europee.
Sono due i documenti che, in realtà, il 16 luglio, sono stati presentati: non solo il documento programmatico 2028-2034, ma anche il documento finanziario, che poi sono due partite separate. E se sul primo - penso emerga da un po' da tutte le parti, l'intervento della collega Gadda l'ha citato prima, le riforme sono sempre discusse e discutibili - c'è il tentativo di migliorare l'aspetto dell'agricoltura, ci sono degli elementi che, nella teoria di questo documento programmatico, possono essere anche condivisibili, è vero anche che le riforme si fanno con i fondi e con i soldi, e su questo c'è qualche difficoltà.
Il nuovo approccio di questa politica agricola europea è in qualche modo condivisibile: lo è l'approccio più mirato, l'abbiam detto in tanti interventi, lo dicono tutte le mozioni; un approccio che sostituisce un po' quei fondi a pioggia e cerca di limitare gli sprechi nella diffusione dei fondi stessi; un approccio, più . C'è, nella pratica, la volontà di favorire i giovani agricoltori, i ricambi generazionali in un settore che, come sappiamo, fa fatica a trovare questo ricambio.
C'è il tema importantissimo del sostegno agricolo, da sostenere nelle aree interne, su cui c'è un valore davvero molto importante e su cui dovrebbe esserci una battaglia comune a tutti. E c'è anche il tentativo di cambiare approccio: un po' meno “sovvenzionistico” e un po' più come incentivo, cioè con l'idea di incentivare non solo la produzione, ma l'innovazione e la sostenibilità, con anche dei capitoli interessanti rispetto a quello che si può fare sull'allevamento e proprio sull'innovazione dell'allevamento, che è una battaglia che in tanti condividono.
Se le volontà sono chiare e c'è anche una volontà chiara di garantire la reciprocità e l'allineamento normativo, che ci consentirebbe di non avere squilibri tra i prodotti importati e quelli prodotti in Europa, se c'è anche un capitolo importante sulla semplificazione, che è uno dei grandi problemi delle norme europee, sulla PAC in sé, come documento programmatico, ci sono tanti dubbi sulla possibile contrattazione che avverrà, sull'applicazione stessa, ma non c'è un quadro così negativo.
Il tema è che si è presentato anche il quadro finanziario pluriennale, il famoso QFP, dove emergono i problemi veri, dove il Parlamento europeo si è già espresso, peraltro con un voto contrario quasi unanime, una cosa che ha unito le Nazioni ma anche le varie anime politiche del Parlamento europeo, proprio perché va a introdurre delle novità, dal punto di vista dei fondi e della gestione degli stessi, che sono preoccupanti per tutto il settore e la filiera agricola, non solo italiana. , per la riduzione del fondo stesso, perché è evidente che le politiche agricole comunitarie hanno un di decrescita del capitolo, passato dall'essere quasi il 70 per cento del bilancio europeo negli anni precedenti ad arrivare oggi a un numero molto inferiore e che viene ridotto ulteriormente: da 387 a 300 miliardi.
È evidente che, se si vuol fare davvero un passo in avanti, un cambiamento, una riforma, un'innovazione per tutelare un settore agricolo molto importante, i soldi sono necessari. Ma forse la cosa che ci preoccupa di più è questo Fondo unico: un Fondo che unisce un po' tutto, unisce la PAC al Fondo di coesione, al Fondo sociale, al Fondo della pesca. E, da quello che in tutte le mozioni mi pare stia emergendo, sposta la centralità della politica comunitaria unica alla distribuzione dei fondi alle Nazioni che poi decidono come spenderli, limitando proprio il principio stesso di politiche europee.
Perché è importante metterci le risorse? Perché le ricadute sono due. La prima, è quella di uno dei principi fondamentali della PAC, la , la capacità di calmierare i prezzi dei prodotti agricoli; meno sovvenzioni, meno fondi per il mondo agricolo corrisponderebbe, in qualche modo, a un aumento dei prezzi per i nostri concittadini, da qui l'importanza, da questo punto di vista, della PAC. La seconda, è che, senza questi aiuti, limitare ulteriormente la produzione europea diretta e favorire invece le importazioni e la dipendenza, anche in questo settore, come in altri sta avvenendo, dalle importazioni, è un rischio molto, molto elevato.
Allora, se vogliamo un'agricoltura più forte, è evidente che vogliamo un'Europa più forte e, per farla, ci vuole una PAC più forte, europea e meno nazionale. Su questo i dubbi continuano ad aumentare, per cui va bene l'idea di fare flessibilità, ma, ovviamente, la politica agricola deve essere una politica agricola comune, che non fa differenza, che non fa concorrenza sleale all'interno degli stessi Stati e che incide negli investimenti di un settore che a livello europeo deve reggere, non solo per calmierare i prezzi sul territorio, ma per non essere dipendenti davvero su un elemento fondamentale, come quello del cibo, dalle importazioni.
Ed è così che - lo dice anche il Rapporto Draghi, che lo cita in maniera evidente - serve completare il mercato unico, che ancora non è completo, serve togliere i dazi interni, serve combattere la concorrenza sleale, ancora interna all'Europa, ma soprattutto all'esterno dell'Europa. È per quello che nei principi ci troviamo. Ecco perché mi pare che, leggendo le mozioni, ci sia una sostanziale condivisione di un impegno che chiediamo al Governo, che sia in poche direzioni. La prima è quella di mantenere il fondo autonomo, cioè di mantenere la PAC come fondo che non entra all'interno di un fondo più grande, ma che abbia le sue specificità, proprio perché questo garantisce un maggiore controllo e degli obiettivi più specifici sullo stesso. La seconda è quella importantissima del mantenimento delle risorse, perché, senza questo punto fondamentale, è ovvio che otteniamo uno dei due risultati precedenti.
C'è, poi, un tema fondamentale: chiediamo al Governo, nelle sedi istituzionali, di combattere per mantenere il carattere europeo di questo principio - quindi, di lasciare tutti gli elementi di flessibilità, ma di garantire sempre che le politiche siano costanti, europee e uniformi, perché questo è l'unico vantaggio che avranno in Europa - e di combattere per applicare davvero quelle teorie che sono state illustrate rispetto all'innovazione, rispetto all'agricoltura giovanile e al ricambio generazionale. Questo diventa molto importante rispetto agli investimenti, all'aiuto nel favorire l'agricoltura nelle aree interne, che diventa anche un tema che va oltre il tema agricolo, riguardando la sostenibilità di quelle aree che, in Italia, come sappiamo, sono fondamentali.
In tutto ciò, per noi l'ultimo elemento fondamentale - siamo felici che sia stata accolta questa indicazione - è di poter combattere affinché i fondi per la coesione possano essere utilizzati anche sulle infrastrutture idriche. È un tema che riguarda non solo il cambiamento climatico e la siccità, ma anche la possibilità di accumulo in regioni che ne hanno bisogno e, soprattutto, l'utilizzo delle acque reflue. Quindi, poter investire questi fondi anche con un investimento di lungo periodo, che aiuti non solo l'agricoltura, ma anche e soprattutto gli agricoltori, diventa un elemento fondamentale. Queste sono le ragioni per cui il nostro voto sulla gran parte delle mozioni che, in realtà, chiedono e hanno la stessa visione, sarà un voto favorevole
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Cherchi. Ne ha facoltà.
SUSANNA CHERCHI(M5S). Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi e onorevoli colleghe, oggi ci troviamo a discutere un tema di straordinaria rilevanza per il futuro dell'agricoltura europea e, in particolare, italiana: la proposta della Commissione europea sul quadro finanziario pluriennale 2028-2034. Una proposta che comporta una radicale riorganizzazione della struttura finanziaria dell'Unione, riducendo da 52 a soli 16 gli strumenti di finanziamento, raggruppati in quattro pilastri: coesione e agricoltura, Fondo per la competitività, azione esterna e riserva per la crisi.
Ma ciò che ci preoccupa maggiormente - e che dovrebbe allarmare chiunque abbia a cuore la tenuta del nostro settore primario - è la prospettiva di accorpamento dei fondi destinati alla politica agricola comune, chiamata PAC, con quelli destinati alla coesione territoriale, in un unico fondo nazionale per ciascuno Stato membro. Cioè, questo accorpamento rischia di creare una concorrenza interna tra settori strategici e di mettere in discussione sessant'anni di storia della PAC, che ha rappresentato, e rappresenta ancora oggi, la principale rete di sicurezza per milioni di agricoltori in tutta Europa.
Parliamo di un pilastro fondamentale per il sostegno del reddito degli agricoltori, la sicurezza alimentare, la qualità del cibo che portiamo sulle nostre tavole, la tutela del paesaggio, la coesione dei territori rurali. Non possiamo permettere che questi obiettivi vengano sacrificati sull'altare della semplificazione contabile o, peggio, di una redistribuzione opaca delle risorse verso altri settori, come quello della difesa; lo ribadisco, come quello della difesa . Lo ha detto chiaramente anche il Copa-Cogeca, una delle principali organizzazioni europee degli agricoltori, denunciando il rischio concreto che un fondo unico indebolisca gli strumenti specifici della PAC, rendendoli meno efficaci e meno accessibili.
Questa discussione si inserisce in un contesto già estremamente fragile. Il settore agricolo europeo - e quello italiano in particolare - sta affrontando difficoltà senza precedenti: i cambiamenti climatici, l'aumento di costi di produzione, l'instabilità dei mercati e delle forniture a causa delle crisi geopolitiche stanno erodendo la sensibilità economica e ambientale delle nostre imprese agricole.
Nel solo 2024, l'Italia ha registrato oltre 350 eventi climatici estremi: alluvioni, siccità, grandinate, ondate di calore. Rispetto al 2015, parliamo di un aumento del 485 per cento: è un dato impressionante, che mette a nudo tutta la vulnerabilità del nostro sistema agricolo. E non si tratta solo di clima: dal 2010 al 2024, in Italia, abbiamo perso oltre il 30 per cento delle aziende agricole. Purtroppo, nel nostro Paese è in corso una continua erosione del numero di piccole e medie aziende agricole, che si stanno concentrando in aziende più grandi, con la necessità di adottare tecniche e macchinari incompatibili con la conservazione del paesaggio agrario tradizionale e con un'idea di sostenibilità ambientale.
Alla luce di questo scenario, la proposta della Commissione non offre garanzie sufficienti: manca un chiaro impegno per il ricambio generazionale, il sostegno al reddito, la gestione del rischio climatico, la tutela della biodiversità e della sostenibilità ambientale. È per questo che, come Parlamento, abbiamo il dovere di chiedere al Governo italiano di farsi promotore, in sede europea, di una posizione netta, coraggiosa, ambiziosa.
Chiediamo che il Governo si opponga con fermezza all'inserimento della PAC in un fondo unico nazionale, che ne comprometterebbe l'efficacia e l'identità; che promuova un bilancio agricolo forte, stabile, vincolato; che garantisca la coerenza tra il primo e il secondo pilastro della PAC; che sostenga, con determinazione, investimenti nelle infrastrutture idriche, soprattutto nel Mezzogiorno, per fronteggiare la crescente scarsità d'acqua; che difenda la specificità dell'agricoltura italiana, che deve essere sostenuta e valorizzata, non affossata da nuovi oneri burocratici e da criteri che ignorano le nostre peculiarità territoriali, è importante ricordarlo; che eviti che le risorse agricole vengano distratte per altri obiettivi, come la sicurezza o la difesa - ripeto, la difesa -, ma che nulla hanno a che vedere con la produzione del cibo o con la cura del nostro paesaggio, perché con le armi non si mangia Infine, chiediamo che il Parlamento venga costantemente aggiornato sugli sviluppi del negoziato europeo, perché possa esercitare il proprio ruolo di controllo e di indirizzo in modo pieno e responsabile.
Concludo, colleghi, con un appello importante: difendere la PAC significa difendere il cuore dell'Europa, significa proteggere le nostre campagne, il nostro cibo, il nostro modo di vivere e produrre. Non possiamo accettare che questo venga smantellato pezzo per pezzo.
Il mio appello è di votare favorevolmente sulla mozione del MoVimento 5 Stelle, perché è una questione di buonsenso, nonostante abbiate riformulato alcune premesse e modificato in maniera inconcepibile e inaccettabile alcuni impegni che prevedevano lo stanziamento di eventuali investimenti per la modernizzazione e lo sviluppo delle infrastrutture e, in particolare, di quelle idriche.
Signori miei, votate per la nostra mozione .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Castiglione. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CASTIGLIONE(FI-PPE). Grazie, Presidente. Signor Sottosegretario, grazie per l'attenzione che ha prestato a questo dibattito. Sia nella discussione generale, sia oggi, nel corso delle dichiarazioni di voto, si è avuto modo di ascoltare quanto centrale sia l'argomento che stiamo affrontando: la Politica agricola comune. A seguito della costituzione delle Comunità nel 1953 e dei Trattati istitutivi, è stata istituita la politica agricola comune. Una delle prime politiche è la politica agricola, varata nel 1962. È stata attraversata, nel tempo, da diversi interventi, da diverse riforme, alcune storiche e importanti, come la riforma MacSharry del 1992: siamo passati da interventi sul mercato a interventi sui produttori. C'è stata poi l'introduzione del tema della politica dello sviluppo rurale. Quindi, è una grande idea, è una delle più grandi intuizioni che l'Europa ha avuto, quella di una politica agricola europea unica. E, oggi, la presentazione della Commissaria von der Leyen ha fatto scaturire questo dibattito, oltremodo interessante.
Noi sappiamo che, per arrivare alla conclusione del Quadro finanziario pluriennale, passeranno alcuni anni, almeno un paio d'anni, e che ci sarà un lunghissimo dibattito. Ma questo Parlamento ha avvertito la necessità di affrontare questo tema, perché alcuni elementi presenti all'interno di questa strategia non ci hanno convinto. Infatti, demoliamo l'unica strategia europea, l'unica politica che ha permesso in questi anni di far crescere il reddito dei nostri produttori agricoli, di far crescere la consapevolezza che non è solo un tema di produttività e che parlare di agricoltura, parlare di politica agricola significa parlare non solo di produttività, ma anche di ambiente, di sostenibilità ambientale , di sostenibilità sociale ed economica.
Allora, per noi è oltremodo importante che si sia affrontato questo argomento. Certo, tutti avremmo potuto dare una prova di maggiore maturità, far arrivare un messaggio alla Commissaria europea, al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, ai Ministri dell'Unione europea, un messaggio forte, una mozione unitaria per dire cosa pensa il Parlamento italiano, come il Parlamento italiano e le forze politiche vogliono affrontare un atto che, a nostro avviso, mina profondamente quella che non solo è una grande intuizione, ma che è stata anche una grande politica. Basti pensare, per un attimo, cari colleghi, che ci sono stati momenti del bilancio dell'Unione europea, dove il 50 per cento del bilancio veniva destinato alla politica agricola. Oggi le risorse sono meno sufficienti, la dotazione finanziaria è inferiore, ci sono tante altre politiche che si affacciano, ci sono tante altre esigenze. I Paesi vogliono dare sempre meno all'Europa e vogliono avere sempre più politiche per l'Europa.
Allora, non demoliamo l'unica vera politica che c'è oggi in Europa. L'auspicio per tutte le forze politiche è che questa possa essere la prima occasione per riflettere - diceva qualcuno - assieme alle organizzazioni di categoria, agli imprenditori agricoli, per alimentare un grande dibattito, portare una proposta in Europa e soprattutto per dire che la politica agricola comune non può essere demolita, non può essere derogata, non può essere cambiata rispetto all'impostazione originaria dei due fondi: da un lato, il sostegno al reddito, dall'altro lato, il sostegno allo sviluppo rurale, alla competitività delle nostre imprese, alla capacità di fare ricerca, di fare innovazione, alla capacità del nostro Paese, oggi, non solo di fare produzione di qualità, di eccellenza, ma anche di far emergere il nostro Paese, di portare il nostro Paese come vanto nella produzione mondiale.
Non dimentichiamo che, quando parliamo di politica agricola, parliamo di un settore - se pensiamo al settore dell'agroalimentare - che ha più di 4 milioni di addetti, più di 1 milione di aziende agricole; 700 miliardi di euro è il volume complessivo del PIL nel settore dell'agroalimentare. Parliamo di produzione, certamente, parliamo di raccolta, parliamo di trasformazione, parliamo di logistica, parliamo di grande distribuzione. È chiaro che è un grande indotto che ha fatto sì che il nostro Paese potesse vantare, potesse avere sempre questo fiore all'occhiello. Questo significa avere una politica, significa dare forza a tutti coloro che oggi hanno creduto e hanno investito nell'agricoltura.
Poter avere una politica agricola comune significa poter competere con i grandi produttori mondiali di materie prime, con gli Stati Uniti, con il Brasile, con la Cina, con l'India, significa poter competere anche con i Paesi emergenti. Per esempio, cari colleghi, in occasione della crisi in Ucraina, abbiamo scoperto che la quasi totalità della produzione mondiale di olio di girasole, fondamentale per l'impresa agroalimentare, era prodotta in Ucraina. Allora, ci sono questi temi. Questa occasione deve essere una grande occasione per farci riflettere, per pensare su come poter competere. Infatti, la PAC è quella politica agricola che garantisce la sicurezza alimentare, che ha garantito la sicurezza alimentare. È quella politica che garantisce e ha garantito la qualità dei nostri prodotti, oggi apprezzati da tutti, nel mondo. La politica agricola è quella politica che supporta e ha supportato il reddito degli agricoltori, che promuove la sostenibilità ambientale e sociale. La politica agricola significa sempre più resilienza, significa sempre più produttività. Oggi, ne hanno fatto cenno tutti: quando si parla di politica agricola, si parla, sì, di produttività, ma sicuramente si parla anche di assicurare uno sviluppo sostenibile, di assicurare la lotta ai cambiamenti climatici, da tutti invocati, da tutti ricordati.
Nel recente passato, abbiamo avuto una stagione lunghissima, siamo passati dai periodi di siccità alle inondazioni. Oggi, il tema dei cambiamenti climatici è tutto riassunto all'interno della politica agricola comune. Significa migliorare la struttura del nostro suolo, della nostra base produttiva, significa tutelare la biodiversità, significa una corretta pianificazione del territorio, una pianificazione del paesaggio, significa un uso efficiente della risorsa idrica. Oggi, tutti parliamo di risorsa idrica, di quanto ci sia bisogno di investire nell'utilizzo efficiente della nostra risorsa idrica. Quindi, significa, in sostanza, salute pubblica, produzione di energia. Tutto il nostro Paese è investito da un impegno fondamentale nella produzione di energie rinnovabili. E ritengo che non sia l'ultimo degli obiettivi quello di avere anche prezzi ragionevoli per i nostri consumatori.
Tutto questo significa politica comune. Senza politica agricola comune avremmo certamente agricoltori più vulnerabili, più deboli alle fluttuazioni di mercato; soprattutto avremmo un settore che rischia di avere un declino e, invece, merita di avere un investimento ulteriore per competere sui mercati nazionali, internazionali e globali
Certamente, oggi, cari colleghi, non possiamo non dire che il finanziamento della politica agricola comune, questo Fondo unico, che porta le risorse da destinare al settore agricolo da 380 miliardi a 300 miliardi - quindi, una riduzione significativa -, è assolutamente inaccettabile per il riflesso economico che avrebbe nel nostro Paese.
Ma è l'occasione anche per dire ciò che ha fatto il Governo oggi per sostenere un settore agricolo così importante: il settore agroalimentare. Non dimentichiamo l'ultima rimodulazione del PNRR, dove sono stati investiti ulteriori 2 miliardi nei contratti di filiera, risorse spendibili con aggregazioni spendibili, soprattutto con risorse da utilizzare in maniera proficua.
I 2 miliardi si sommano ad altri 2 miliardi e al miliardo iniziale, quindi, 5 miliardi ai contratti di filiera.
Soprattutto negli ultimi tre anni il Governo nazionale, oltre alle risorse europee, ha investito ben 15 miliardi di euro.
GIUSEPPE CASTIGLIONE(FI-PPE). Penso sia un grande risultato e un grazie per questo all'attività del Ministro Lollobrigida e, soprattutto, sui mercati internazionali, anche al nostro Ministro degli Esteri Tajani .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Molinari. Ne ha facoltà.
RICCARDO MOLINARI(LEGA). Grazie, Presidente. Diciamo che è noto il fatto che il nostro partito, il nostro gruppo parlamentare, in diverse sedi abbia spesso contestato le politiche di Ursula von der Leyen sia nella Commissione passata che in questa. Infatti, il nostro gruppo non ha mai votato la fiducia a questa Commissione e si è fatto anche promotore di mozioni di sfiducia di questa Commissione europea. Il motivo è semplice: noi abbiamo contestato le politiche soprattutto sul settore economico.
Le politiche che sono state fatte, dal nostro punto di vista, mettono un freno alle attività produttive europee. Per questo siamo sempre stati contrari, ogni volta che si è aperto il dibattito, a ulteriori delegazioni di sovranità alla Commissione europea. Questo non per un senso di antieuropeismo, ma semplicemente per la precisa consapevolezza che l'Europa, per come è strutturata oggi e con questa Commissione europea per le politiche che ha scelto di fare, sta già esercitando male le poche competenze che ha e quindi sarebbe molto sbagliato attribuirgliene altre .
Oggi ci troviamo a discutere proprio di un caso di specie. Oggi ci troviamo a discutere di agricoltura, cioè di quella che è stata storicamente, dalla fondazione della Comunità economica europea e poi dell'Unione, la competenza principale di cui si è occupata questa sovrastruttura europea. Parliamo del fatto che Ursula von der Leyen, con 2 anni di anticipo, ha presentato il Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 dove è previsto, per quanto riguarda le politiche agricole, un taglio lineare dei fondi: un taglio lineare che ci porterebbe da 386 miliardi di investimenti sull'agricoltura a 300 miliardi, che vuol dire - 24 per cento. Tradotto: calcolando l'inflazione, sarebbe un taglio superiore al 30 per cento. Già questo dovrebbe essere un valido argomento per opporsi con forza a questo nuovo quadro pluriennale, perché vediamo come una competenza, che una volta cubava l'80 per cento del bilancio della Comunità economica europea, oggi si ridurrebbe ad essere solo il 14 per cento dei fondi investiti dall'Europa in un contesto peraltro in cui questa nuova proposta di bilancio europeo prevede un allargamento del bilancio europeo; prevede una contribuzione maggiore da parte degli Stati e prevede la possibilità di entrate proprie e di una tassazione diretta dell'Europa. Quindi, è una contraddizione evidente quella per cui su una competenza storica dell'Europa, a fronte di un bilancio allargato, in realtà, si vada a tagliare ulteriormente il contributo agli agricoltori.
Ma non è solo questa la preoccupazione che noi abbiamo: è anche il modo in cui questo taglio viene fatto, perché i due pilastri, su cui si è sempre sostenuta la PAC, non saranno più autonomi ma verranno accorpati in questo nuovo Fondo. Questo Fondo sarà un Fondo nominato per la prosperità e la sicurezza economica, territoriale, sociale, rurale e marittima sostenibili che rientra in un programma di accorpamento di 540 programmi europei. All'interno di questo Fondo, appunto, oltre ai due pilastri storici della PAC, quindi delle politiche agricole, dovrebbero rientrare anche i Fondi di sviluppo e coesione, i Fondi di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, la politica della pesca e il Fondo sociale per il clima.
Qual è il problema di questa scelta che può suonare tecnica per chi non mastica di questi argomenti, ma che ha delle ricadute molto concrete? Prima di tutto si andrebbe a estromettere il ruolo delle regioni, perché viviamo in un contesto in cui il Parlamento italiano ha approvato la legge sull'autonomia; la Lega auspica con forza che, prima della legge di bilancio, le quattro pre-intese delle regioni, che hanno chiesto maggiori forme di autonomia, siano approvate e sottoscritte ; e con questa scelta invece quella poca autonomia che le regioni già hanno - ad esempio, nella gestione, come enti di gestione, dei fondi agricoli - verrebbe meno. Perché con questa struttura di questo fondo, dove c'è dentro praticamente di tutto, il rischio reale è il fatto che la gestione di questi fondi sia una gestione gestita dal Governo di Roma, estromettendo le regioni e quindi togliendo quel poco di autonomia che c'è, anche qui andando in palese contraddizione con quelle che sono state le scelte del Parlamento e del Governo italiano.
Questo non lo potremo mai accettare, perché da autonomisti e federalisti convinti siamo dell'idea che le competenze delle regioni debbano essere sempre di più. Noi vogliamo aumentare sempre di più il potere decisionale e avvicinarlo ai cittadini. Certamente le politiche agricole necessitano di differenziazione in base alle esigenze dei vari territori, perché sappiamo che i territori non sono tutti uguali.
L'altro problema è che per questi nuovi fondi si utilizzerebbe la logica gestionale del PNRR. A cosa mi riferisco? La logica del PNRR la conosciamo tutti qui dentro. È una logica vincolata. Noi abbiamo ottenuto questi fondi, dopo l'emergenza del COVID, impegnandoci a rispettare un , un'agenda prescritta dall'Unione europea e su questo siamo sempre stati molto chiari noi della Lega. Abbiamo sempre detto che si trattava di fatto di un commissariamento delle politiche economiche del nostro Paese. Ma, se questo era accettabile per un contributo , emergenza COVID, diventa inaccettabile nel momento in cui si parla di fondi strutturali come quelli per l'agricoltura.
Non è possibile pensare che un domani - per fare un esempio - se non viene portata a termine la riforma della liberalizzazione dei balneari, come chiede la Commissione europea, non ci siano più i soldi per gli agricoltori. Perché questo vorrebbe dire seguire questa strada: condizionare il Governo, perché diversamente, se non si eseguono le riforme volute da Bruxelles, non ci sarebbero i fondi per gli agricoltori. Anche questo riteniamo sia assolutamente inaccettabile, come è inaccettabile la risposta che Ursula von der Leyen e la Commissione danno sul tema del taglio lineare dei fondi; perché la risposta è che questo nuovo piano permetterà ai singoli Stati di integrare le risorse con risorse proprie. Questo sarebbe possibile se non ci fosse il Patto di stabilità. Noi sappiamo tutti che discuteremo nelle prossime settimane di una legge di bilancio di circa 18 miliardi, perché il Governo vuole rientrare nei tempi nel rapporto deficit-PIL del 3 per cento, come previsto dal Patto di stabilità.
Allora, capite bene che Paesi come il nostro, che hanno un problema di indebitamento, e Paesi come quelli in generale del Sud Europa, che hanno questo problema, non avranno questa libertà di aggiungere risorse per gli agricoltori, a differenza dei Paesi del Nord Europa che questa possibilità ce l'avranno. Quindi, questa scelta andrebbe a creare, in campo agricolo, un'Europa a due velocità; e anche questo non è assolutamente accettabile, visto che le politiche di coesione agricola sono quelle sulla base delle quali si pensava all'inizio di creare l'Unione europea e l'unione delle economie europee.
Altro problema, ancora più evidente, è che non ci sarebbe una deroga al Patto di stabilità per i fondi europei, mentre invece la Commissione è la stessa che la deroga al Patto di stabilità la propone per l'acquisto delle armi. Ecco, noi pensiamo che sarebbe più utile derogare al Patto di stabilità per aiutare gli agricoltori piuttosto che comprare armi .
Altro elemento tecnico, ma importante, è che - ricordiamo tutti le manifestazioni degli agricoltori di un anno fa e gli impegni che tutti i partiti hanno preso con le associazioni agricole e con gli agricoltori di far sentire la loro voce in Europa - se passasse questa proposta, verrebbe meno anche questo minimo di democrazia nelle scelte politiche della Commissione. Perché questo Fondo, essendo un Fondo che ricomprende tutto, non sarebbe più seguito e gestito dalla Commissione agricoltura del Parlamento europeo. Quindi, quella sede, in cui le associazioni agricole, gli agricoltori e i partiti politici possono avere voce e dire la loro, li vedrebbe completamente estromessi. Quindi, anche qui andiamo verso un ulteriore taglio di democrazia rispetto alle decisioni dell'Europa.
È una politica completamente sbagliata quindi ed è una politica completamente sbagliata che segna una discontinuità con la storia dell'Europa. Lo dicevamo prima. Si è partiti dall'80 per cento del bilancio della Comunità economica europea. Inizialmente i fondi per l'agricoltura erano fondi pensati, perché? Perché si voleva sostenere il reddito degli agricoltori nel momento in cui si creava il mercato unico e nel momento in cui il mercato unico veniva difeso dalle istituzioni europee, anche perché le istituzioni europee avevano il potere di fissare i prezzi. Come tutti sappiamo, dagli anni Novanta, con la liberalizzazione, questa possibilità di fissare i prezzi non c'è più e i contributi dell'Europa sono diventati non contributi al reddito, ma contributi alle buone pratiche delle aziende agricole. Quindi, sono legati al fatto di portare avanti determinati piani di sviluppo indicati dalla Commissione europea.
Oggi, come dicevo, siamo a un passo ulteriore. Oggi invece rischiamo che, addirittura, non solo non si controllino i prezzi e non si tutelino i prezzi, ma che i fondi siano vincolati alle riforme che fanno i Governi. Questo - ripetiamo - non è accettabile, ancor di più in un momento in cui l'Europa taglia i fondi, mentre invece i nostri , in particolare USA e Cina, investono 1.400 miliardi di risorse per l'agricoltura. Allora, invece che lamentarci dei dazi di Trump, cerchiamo di sostenere gli agricoltori e magari cerchiamo di far sì che l'Europa i dazi per difendere gli agricoltori li metta su quei Paesi che fanno . Uno su tutti è la Cina che detiene il 60 per cento delle risorse cerealicole, determinandone i prezzi, per il 18 per cento della popolazione.
Allora, anche qui, se vogliamo aiutare gli agricoltori, mettiamo noi i dazi sui prodotti della Cina, mettiamo una clausola sul riso che arriva dalla Cambogia e che blocchi le importazioni quando c'è . Non tagliamo i fondi agli agricoltori come si vuole fare. E soprattutto rivediamo il , perché il è una politica che oggi paga i nostri agricoltori per produrre di meno.
In momento in cui c'è un problema di sovranità alimentare tagliamo i fondi, li diamo agli agricoltori per produrre di meno e non regoliamo i prezzi. Questo - e chiudo, Presidente - significa che cosa?
Significa che, come sul settore dell'auto, qui rischiamo che le scelte scellerate dell'Europa non solo affossino l'industria pesante europea, come sta succedendo sull', ma che ci sia una scelta deliberata di affossare anche il settore primario, e non possiamo permettercelo affatto .
PRESIDENTE. Saluto studenti, studentesse e docenti del liceo “Gaetano De Santis” di Roma e del liceo “Rosario Livatino” di San Marco dei Cavoti (Benevento), che assistono ai nostri lavori dalle tribune .
Ha chiesto di parlare la deputata Forattini. Ne ha facoltà.
ANTONELLA FORATTINI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Oggi discutiamo della politica agricola comune, uno dei pilastri fondanti dell'Unione europea. Un pilastro che per decenni ha garantito sicurezza alimentare, coesione territoriale e sviluppo rurale, e che oggi rischia di essere smantellato nel silenzio generale.
E rischia di esserlo anche per responsabilità di chi in Europa avrebbe dovuto difendere gli interessi del nostro Paese e non l'ha fatto. Mi riferisco, ovviamente, al vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Raffaele Fitto, che ha la responsabilità di coordinare i rapporti con gli Stati membri e di promuovere la coesione e le riforme. Fitto non ha mosso un dito per impedire che l'agricoltura, in particolare quella italiana, tornasse ad essere ai margini delle priorità europee, anziché lavorare per metterla al centro di un nuovo modello di sviluppo incentrato sulla sostenibilità.
Non abbiamo visto una sola sua iniziativa per contrastare il taglio di 8 miliardi di euro del destinato all'Italia, e non un solo intervento per evitare la costituzione di un fondo unico che, di fatto, demolisce il concetto stesso di politica agricola comune, cancellando la logica dei due pilastri e, con essa, la certezza che le risorse per gli agricoltori ci fossero. È più facile prendersela con l'Europa, con la sola von der Leyen che con i propri referenti politici, salvo, come abbiamo sentito prima, che non si pensi che l'opposizione conti più della maggioranza.
E mentre l'Europa si interroga sul futuro della PAC 2027 e le organizzazioni agricole protestano, il Governo cosa fa? Solo propaganda e annunci. Con un annuncio roboante, lo scorso luglio, il Ministro Lollobrigida ha presentato un provvedimento che prevederebbe un miliardo per l'agricoltura. Lo ha fatto con un titolo accattivante, “ColtivaItalia”, trasformando un tema cruciale in un altro manifesto pubblicitario. Senza un euro vero, senza un atto concreto, senza un cronoprogramma reale. Quel provvedimento, infatti, è fermo alla Ragioneria dello Stato, e quindi sarebbe utile sapere il perché.
Intanto, sappiamo cosa significa: che nessuna risorsa è arrivata agli agricoltori, nessun sostegno alle aziende in crisi, nessuna risposta concreta a chi, tra burocrazia e rincari, oggi lotta per mantenere in vita la propria attività .
E anche nel documento programmatico inviato in Europa, di ColtivaItalia c'è solo il titolo, un titolo vuoto. Un documento che non ha tenuto conto delle diverse criticità che il mondo agricolo dovrebbe affrontare, una su tutte quella sui dazi, tanto che nella nostra mozione il punto relativo ai dazi è stato stralciato.
È la fotografia impietosa di un Governo che parla di sovranità alimentare ma dimentica che la sovranità si regge sulle spalle di chi ogni giorno lavora nei campi con fatica, competenza e prospettive sempre più ridotte.
Un Governo che ha trasformato le difficoltà del settore agricolo in un tema da campagna elettorale permanente mentre migliaia di imprese chiudono, i giovani rinunciano a investire e le aree rurali si spopolano.
Noi invece oggi proponiamo, con questa mozione, un'altra idea di agricoltura per un'altra idea di Europa: una PAC forte, giusta e finanziata, che rimetta al centro il reddito degli agricoltori, la dignità del lavoro, la sostenibilità ambientale e sociale, la sicurezza del lavoro e la lotta al caporalato. Perché la PAC non può essere svuotata nel bilancio pluriennale europeo, né ridotta a una voce residuale dentro un fondo unico che mette tutto insieme e non garantisce più nessuno.
Noi chiediamo di preservare la struttura a due pilastri che ha garantito stabilità e coesione del settore. Chiediamo una PAC che premi chi produce davvero, chi innova, chi assume con contratti regolari, chi investe nella qualità delle produzioni e nel benessere animale.
Chiediamo pagamenti diretti mirati agli agricoltori attivi, con un tetto massimo per evitare le rendite parassitarie, e più risorse a chi vive del proprio lavoro e non delle superfici possedute.
Chiediamo una condizionalità sociale vera, che riconosca i diritti di chi lavora nei campi, italiani e migranti, donne e uomini, perché non può esistere transizione ecologica senza giustizia sociale.
E chiediamo investimenti nel ricambio generazionale, nel sostegno alle giovani imprese agricole, nell'accesso al credito e alla terra per chi vuole costruire il proprio futuro in questo settore.
La verità è che senza una PAC ambiziosa e ben finanziata, l'Italia e l'Europa perdono insieme. Perdiamo sicurezza alimentare, presidio territoriale, tutela ambientale, identità. E mentre Fitto e Fratelli d'Italia continuano a parlare di sovranità, stanno svuotando di contenuto proprio le politiche che la rendono possibile.
Noi non accettiamo che l'agricoltura italiana sia trattata come un terreno di propaganda continua. Difendiamo un'agricoltura fatta di persone, di comunità, di lavoro vero e di qualità. Difendiamo il ruolo delle regioni nella programmazione, la partecipazione delle organizzazioni agricole, la trasparenza nella gestione dei fondi e l'integrazione tra consulenza, formazione e innovazione. Perché, e lo diciamo con tanta forza, la transizione ecologica non si annuncia ma si costruisce, e si costruisce solo se agli agricoltori si danno strumenti, certezze e reddito. E oggi in Italia non c'è nulla di tutto questo.
Per questo abbiamo presentato una nostra mozione e la sosteniamo convintamente, perché chiede appunto di cambiare rotta, di restituire dignità e prospettiva al mondo agricolo e di riportare l'Italia al centro del dibattito europeo, con una proposta seria e non solo con slogan. E sarà anche un voto di ferma condanna politica verso chi aveva la responsabilità di agire e ha scelto di non farlo.
Vedete, la propaganda non paga le bollette delle aziende agricole, e il vostro ColtivaItalia oggi è solo letteralmente un campo lasciato incolto .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cerreto. Ne ha facoltà.
MARCO CERRETO(FDI). Grazie, Presidente. Onorevole Sottosegretario, oggi il dibattito in Aula, grazie alle mozioni presentate, ci porta a parlare della politica agricola comune e del futuro della politica agricola comune che, come sappiamo, fu oggetto dei negoziati dei Trattati di Roma del 1957. Lo sottolineo: dei Trattati di Roma. Ma nacque di fatto, per trovare poi il proprio incardinamento nei Trattati istitutivi: nacque a Stresa su iniziativa italiana nel 1958, ed è bene che in questo Parlamento si rivendichi il ruolo dell'allora Ministro dell'Agricoltura Mario Ferrari, che più di altri pose l'accento su quella che poteva essere in Europa e per l'Europa comunitaria l'importanza di avere una politica agricola comune, un'organizzazione comune di mercato. Perché? Per concedere un privilegio a una parte sociale piuttosto che a un'altra? Certamente no.
La PAC nacque per fare due cose fondamentali: incrementare la produzione nel continente europeo e salvaguardare e garantire il reddito degli agricoltori. Senza queste due visioni fondamentali che hanno permeato in questi settant'anni la politica agricola comune e le sue evoluzioni, come ricordava il collega Castiglione, non saremmo riusciti sostanzialmente a competere e a conquistare primati che nessun altro continente al mondo può vantare. Non sarebbe stata la stessa Europa, se non ci fosse stata la politica agricola comune. Non ci sarebbe stata assolutamente la qualità che noi oggi possiamo vantare.
Il nostro Paese vanta la migliore biodiversità del mondo e vanta il primato sui prodotti della qualità. Non ci sarebbe stata la possibilità di detenere una politica agricola sostenibile da un punto di vista ambientale, sociale ed economico, valori che non albergano in altre realtà produttive a livello extra europeo. Non ci sarebbe data la possibilità di discutere di sovranità alimentare e di sicurezza alimentare se non fosse stato per la politica agricola comune, per quel primo pilastro verticale che assicurava il sostegno alle organizzazioni comuni di mercato e il secondo pilastro che, invece, andava ad intervenire a livello orizzontale sulle politiche regionali. Ebbene, tutto questo, oggi, si presenta un paradosso, che non è un paradosso solo politico ma è un paradosso anche sociale, in una versione di controtendenza rispetto a quanto invece gli Stati stanno facendo a livello interno.
Vorrei ricordare, per suo tramite, all'onorevole Forattini, che non si ricorda nella storia della Repubblica italiana una iniezione finanziaria di 14 miliardi e mezzo di euro che questo Governo, il Governo Meloni, ha introdotto nel sostegno alle filiere agroalimentari, al di là del decreto Coltiva Italia (poi andremo a vedere se c'è o non c'è questo miliardo, ma io sono sicuro che c'è). Ma, al di là del miliardo al quale si riferiva la collega, noi abbiamo investito 14 miliardi e mezzo di euro, prova ne è il fatto che oggi - non lo dice Fratelli d'Italia, lo dice l'Eurostat - siamo il primo Paese in Europa per valore aggiunto sul reddito agricolo, che siamo il Paese dove il reddito degli agricoltori è tornato a crescere dopo la pandemia .
Non penso, quindi, che il nostro Paese sia in ritardo sul fronte delle politiche interne. È appunto il paradosso che è sotto gli occhi di tutti e che è oggetto di questo dibattito parlamentare.
Com'è possibile che se i Paesi si accorgono che, alla luce dei deficit che sono stati portati all'evidenza, ritenuti tali dall'avvento delle pandemie, dagli scenari di guerra, che hanno comportato questioni che fino ad allora sembravano scevre dalla nostra cultura sociale e politica - penso all'approvvigionamento, alla sicurezza alimentare, a quanto ci ricordava l'onorevole Gadda per quanto riguarda la mangimistica in Ucraina -… quanto è stato difficile per noi svegliarsi la mattina e, alla luce dei teatri di guerra che confinano con il nostro Paese, ci siamo resi conto che il principio di sicurezza alimentare e che il principio dell'approvvigionamento non sono concetti lontani ed estranei alla civiltà occidentale e, quindi, all'Europa.
E, in questo contesto, il paradosso è che la Commissione europea presenta, tramite il proprio Commissario dedicato, Hansen, un quadro finanziario pluriennale dove si vede la scomparsa della politica agricola comune, che viene non solo inserita nel quadro finanziario pluriennale come strumento orizzontale e, quindi, di fatto, c'è l'estinzione della politica agricola comune così come fu concepita a Stresa nel 1958 ma, addirittura, in un contesto in cui la Commissione europea propone un innalzamento di bilancio da 1.270 miliardi a 2.000 miliardi di euro per venire incontro a tutta una serie di giuste esigenze, il bilancio dedicato all'agricoltura paradossalmente scende da 386 miliardi di euro, che hanno riguardato il sessennio 2021-2027, a soli 295,5 miliardi di euro che, invece, saranno dedicati alla prossima politica agricola comune 2028-2034.
Riteniamo che questo sia assolutamente inaccettabile. Riteniamo che con questo provvedimento che è stato - lo voglio ricordare al Parlamento - osteggiato in Consiglio Agrifish nel maggio 2025 quando i Ministri dell'Agricoltura di tutta l'Unione si sono riuniti nell'organo dedicato e 16 Paesi su 27, e su iniziativa italiana, abbiamo respinto la proposta della Commissione europea. Non come ha detto qualche collega che ci limitiamo a fare propaganda interna, noi abbiamo respinto in sede europea questa proposta, conquistando la maggioranza dei Paesi. Sedici Paesi su ventisette hanno respinto quella proposta, così come la maggioranza del Parlamento europeo ha espresso un parere negativo sulla proposta della Commissione europea.
È chiaro, quindi, che Fratelli d'Italia ritenga che esista un favore rispetto a questo dibattito, perché questo dibattito, soprattutto se come mi auguro porterà un'unanimità nell'espressione di voto sulle diverse mozioni per quanto riguarda gli impegni, darà ovviamente la forza necessaria al Governo italiano per poter continuare a fare la pressione necessaria nei confronti della Commissione.
È chiaro che questa partita - collega Forattini, sempre per il tramite del Presidente - non si gioca in Commissione. È inutile che provate a fare i giochi di prestigio perché esprimiamo un Commissario su 27. Questa è una partita che si gioca in Consiglio, questa è una partita che si gioca nel Parlamento europeo. È lì che dovremo misurarci, è lì che come Italia dovremo rivendicare l'orgoglio di difendere un impianto che è necessario poter preservare, ed è per questo che nelle nostre mozioni prevediamo degli impegni chiari nei confronti del Governo. Chiediamo, in particolare, al Governo di preservare innanzitutto il agricolo. Noi non possiamo permetterci, alla luce di tutto questo scenario, di poter avere per i prossimi sei anni il 20 per cento in meno di quello che abbiamo avuto sei anni fa. Noi non possiamo permetterci di andare a confondere il quadro finanziario pluriennale in uno strumento di oltre 540 programmi che non sono dedicati all'agricoltura e che, chiaramente, porteranno l'Italia a doversi muovere in sabbie mobili negoziali incredibili, anche con le regioni, per capire chi fa cosa. Non ce lo possiamo permettere. Ed è per questo che io ritengo che oggi, non solo Fratelli d'Italia, non solo il centrodestra, ma tutte le forze politiche, debbano votare all'unanimità questo impegno che noi chiediamo al Governo italiano. Non vorremmo più vedere le scene di agricoltori italiani che partono con i loro trattori e vanno sotto i palazzi europei. Deve essere la politica a doverli difendere, a dover difendere le loro ragioni, la loro dignità, perché da essa passa il futuro del nostro popolo, il futuro dell'Italia .
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Per quanto riguarda le votazioni per parti separate, faccio presente che i presentatori delle mozioni - ove necessario - hanno prestato il consenso previsto a seguito delle riforme regolamentari.
Avverto che sono state avanzate richieste di votazioni per parti separate della mozione Molinari, Castiglione, Bignami, Romano ed altri n. 1-00479 ( nel senso di votare: dapprima, il dispositivo, ad eccezione del 7° capoverso; a seguire, il 7° capoverso del dispositivo; in fine, qualora il dispositivo venga in tutto o in parte approvato, la premessa.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della mozione Molinari, Castiglione, Bignami, Romano ed altri n. 1-00479 , ad eccezione del 7° capoverso. Il parere del Governo è favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul 7° capoverso del dispositivo della mozione Molinari, Castiglione, Bignami, Romano ed altri n. 1-00479 . Il parere del Governo è favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla premessa della mozione Molinari, Castiglione, Bignami, Romano ed altri n. 1-00479 . Il parere del Governo è favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Passiamo alla votazione della mozione Caramiello ed altri n. 1-00500.
Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, pertanto, il parere deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Caramiello ed altri n. 1-00500, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione della mozione Manes ed altri n. 1-00503.
Avverto che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo, ivi compresa l'espunzione dei capoversi della premessa su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Manes ed altri n. 1-00503, come riformulata, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Passiamo alla votazione della mozione Forattini ed altri n. 1-00504.
Avverto che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, contestualmente, hanno richiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare: dapprima la mozione nella sua interezza, ad eccezione del 10° capoverso della premessa e del 4° capoverso del dispositivo; a seguire, congiuntamente, il 10° capoverso della premessa e il 4° capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Forattini ed altri n. 1-00504, come riformulata, ad eccezione del 10° capoverso della premessa e del 4° capoverso del dispositivo, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul 10° capoverso della premessa e sul 4° capoverso del dispositivo della mozione Forattini ed altri n. 1-00504, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge .
Passiamo alla votazione della mozione Benzoni ed altri n. 1-00507.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Benzoni ed altri n. 1-00507, come riformulata, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Passiamo alla votazione della mozione Gadda ed altri n. 1-00510.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gadda ed altri n. 1-00510, come riformulata, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva .
Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
La seduta è sospesa.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della Giustizia, il Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie.
Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Serracchiani ed altri n. 3-02240 Chiedo al deputato Gianassi se intenda illustrare l'interrogazione di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.
FEDERICO GIANASSI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Signor Ministro, abbiamo letto che il Governo ha adottato uno schema di decreto che prevede la riorganizzazione del Ministero della Giustizia, in particolare introducendo ulteriori 20 unità presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro, presso il gabinetto, e con l'introduzione del Capo della segreteria del Capo di gabinetto, riducendo altresì, sempre di 20 unità, il personale presso l'Ispettorato generale, che svolge un ruolo così importante e delicato, e che vi sarebbe anche un trattamento stipendiale molto significativo in relazione a questa riorganizzazione.
Noi pensiamo che la giustizia abbia bisogno, sì, di investimenti ma non nell'ufficio di gabinetto, quanto negli uffici giudiziari per ridurre i tempi del processo e migliorare la digitalizzazione. È tutto vero questo, signor Ministro? E se sì, perché ?
PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha facoltà di rispondere.
CARLO NORDIO,. Grazie, Presidente. Grazie, collega. Per prima cosa, ricordo che anche nelle precedenti legislature sono state introdotte misure analoghe, persino con procedure semplificate e accelerate che, proprio per ragioni di celerità, non sono neanche state sottoposte al parere del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari. Questo perché la formazione di un nuovo Governo rende del tutto fisiologico che si proceda a una revisione degli assetti organizzativi degli uffici di diretta collaborazione e delle varie articolazioni ministeriali, proprio in una logica di maggiore efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa.
Con questa , dall'avvio dell'attuale legislatura sono stati ben 8 i Ministeri che hanno adottato provvedimenti di riorganizzazione, su un totale di più della metà dei 15 Ministri con portafoglio. Il regolamento, peraltro già munito di bollinatura della Ragioneria generale dello Stato, del parere favorevole del Consiglio di Stato e del concerto del Ministero per la Pubblica amministrazione, ha ottenuto, nella giornata di ieri, il parere favorevole della Commissione giustizia del Senato.
Ciò premesso, i colleghi interroganti dovrebbero sapere che l'articolo 3 del regolamento in questione non istituisce una struttura di missione e che, al contrario di quanto è stato paventato, è stata finanziata con legge di bilancio del 2023. Si tratta, quindi, di una mera attuazione di una previsione contenuta nella legge di bilancio del 2023 e del decreto-legge n. 75 del 2023, adottata nel quadro di potenziamento di ciascun Ministero e delle strutture di supporto all'organo di indirizzo politico. Quindi, nessun onere aggiuntivo per il bilancio dello Stato e nessun rischio di determinazione di un aggravio indiretto dei costi, come è stato paventato dagli interroganti.
L'incremento, poi, di 20 unità della dotazione organica di personale amministrativo della struttura di valutazione della spesa è compensato dalla riduzione dell'organico dell'Ispettorato generale, con una misura di riorganizzazione dei due uffici che tiene conto del reale fabbisogno in funzione dei diversi carichi di lavoro riscontrati in concreto, senza mutare la dotazione organica complessiva.
Finisco. Sulla figura del Capo di gabinetto della segreteria, va rimarcato che questo è un contesto lavorativo connotato da plurime emergenze e che la persona in questione, dotata di indiscussa professionalità e affidabilità, è passata attraverso il consigliere Melillo, il consigliere Cesqui, il consigliere Baldi, il consigliere Piccirillo e il consigliere Rizzo. Questo funzionario, peraltro, avrà uno stipendio che ammonterà a circa 45.000 euro netti all'anno e non certamente pari a quello di ben 6 dirigenti, come erroneamente è stato dichiarato dagli onorevoli interroganti nell'interrogazione depositata.
PRESIDENTE. La deputata Serracchiani ha facoltà di replicare.
DEBORA SERRACCHIANI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Ministro, purtroppo, come spesso accade quando lei viene in quest'Aula, non racconta tutto o racconta soltanto una parte e la racconta sempre con una narrazione che quasi mai corrisponde, purtroppo, ai fatti. Glielo dico, guardi, con grande rammarico, perché lei per primo dovrebbe sapere che è vero che i Ministeri hanno fatto riorganizzazioni, le hanno fatte in passato come le hanno fatte anche in questa legislatura - anzi, devo dire che in questa legislatura lo strumento è stato utilizzato decisamente di più -, ma come per quello che non è mai accaduto nella storia della Repubblica - Ministro, lei con la storia della Repubblica fa sempre i conti e come ha fatto una riforma costituzionale che nella storia della Repubblica non è stata modificata in prima lettura da nessuno mai, perché, come lei stesso ha detto, era blindata - anche qui lei sta scrivendo un'altra pagina della storia della Repubblica che mai prima qualcuno aveva scritto.
Vede Ministro, il Ministro della Giustizia non ha mai avuto una segreteria del suo Capo di gabinetto, ma soprattutto nessun Ministero della Repubblica ha una segreteria del Capo di gabinetto: non ce l'ha Giorgetti, non ce l'ha Piantedosi, non ce l'ha nessuno dei Ministri. Allora, la domanda è questa: perché lei ha sentito la necessità di avere la segreteria del Capo di gabinetto? E quanto è importante la sua Capo di Gabinetto? Perché a questo punto la domanda che ci viene spontanea è, Ministro: ma lei è il Ministro o il Ministro è la dottoressa Bartolozzi? Perché ci viene il dubbio che questo sia l'obiettivo, perché quando una Capo di gabinetto si costruisce anche una segreteria, si assume delle funzioni proprie e, addirittura, toglie delle persone dall'Ispettorato generale per portarle sotto la propria dipendenza, a noi viene il dubbio, come le abbiamo detto più volte, che il Ministro ombra del Ministro della Giustizia sia proprio la sua Capo di gabinetto.
Ma fosse soltanto questo, Ministro, perché quando si parla di invarianza finanziaria …
PRESIDENTE. Grazie, deputata Serracchiani.
PRESIDENTE. L'onorevole Giachetti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Boschi ed altri n. 3-02241 di cui è cofirmatario.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Grazie, Presidente. Signor Ministro, il sistema penitenziario verte in uno stato di crisi strutturale sia per il sovraffollamento che per le gravi carenze edilizie, che compromettono la tutela della dignità umana, la sicurezza, la salute e la rieducazione dei detenuti, tutelate dall'articolo 27 della Costituzione.
Al 30 settembre i detenuti sono 63.198, a fronte di 46.700 posti effettivi: sovraffollamento nazionale al 135 per cento; a Lucca il 236 per cento, a Foggia il 218 per cento, a San Vittore il 208 per cento e a Brescia il 202 per cento. Era il 200 per cento circa anche a Regina Coeli, ma il crollo del tetto... e solo qualche settimana fa con Nessuno tocchi Caino avevamo fatto una formale diffida sulla fatiscenza delle strutture e una parte dei 300 sfollati è finita in padiglioni adiacenti, facendo certamente salire la percentuale. Quelli trasferiti ad Alghero hanno mandato letteralmente in l'organizzazione del carcere.
Insomma, le carceri sempre più sono al collasso e manifesta evidenti falle la sua teoria secondo la quale il sovraffollamento aiuta ad evitare i suicidi: siamo a 67. Ministro, ci dica cosa intende fare…
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giachetti.
Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha facoltà di rispondere.
CARLO NORDIO,. Grazie, Presidente. Grazie anche agli onorevoli colleghi perché per la prima volta si riconosce, nel testo dell'interrogazione, appunto, che il sistema penitenziario italiano versa in uno stato di crisi strutturale. È una crisi, abbiamo detto, che si è sedimentata nei decenni. Diamo anche alcune cifre: con il Governo Renzi, nel 2014, il dato del sovraffollamento era pari al 108 per cento; nel 2015 al 105 per cento; nel 2016 al 109 per cento e, a seguito delle politiche dello stesso Governo messe in atto nel solo 2017, il dato del sovraffollamento è aumentato al 114 per cento e al 118 per cento nel 2018. Quindi, non c'è molta differenza rispetto a quello attuale.
Del resto, è stata la stessa Corte dei conti, con la relazione del 18 aprile 2025, a certificare che la mancata attuazione del vecchio piano programmato con il decreto interministeriale del 2014 ha determinato la cronicizzazione dei problemi del sistema carcerario perché non adeguatamente affrontati nel corso dell'ultimo ventennio. Quindi, come si vede e come abbiamo ripetuto varie volte, è una situazione sicuramente molto difficile che però si è sedimentata non negli anni, ma nei decenni, e di questo parlano le cifre. Cosa stiamo facendo? Beh, intanto abbiamo, come sapete, istituito il nuovo commissario per l'edilizia carceraria. Faccio alcuni nomi: interventi in corso di realizzazione e di prossima ultimazione si annotano tra gli istituti di Cagliari, Milano Opera, Milano Bollate, Roma Rebibbia, Bologna, Gorizia e Agrigento. Inoltre, sono stati affidati gli appalti integrati di nuovi padiglioni di Vigevano, Rovigo, Ferrara, Viterbo, Perugia, Civitavecchia e Santa Maria Capua Vetere, la cui realizzazione dovrà essere ultimata entro il 2026. Attraverso tali interventi saranno creati 2.574 nuovi posti detentivi. A questi si aggiungono altri 524 posti recuperati in interventi in corso nelle strutture di Napoli Poggioreale, Udine, Brindisi, Potenza e altro.
Non mi dilungo sul fatto, perché il tempo è scaduto, che però stiamo anche intervenendo per ridurre la popolazione carceraria, nel ridurre la carcerazione preventiva e nel tentativo di far espiare la pena di detenuti extracomunitari nei Paesi di origine, oltre a quella ben nota di una detenzione differenziata per tossicodipendenti.
PRESIDENTE. L'onorevole Giachetti ha facoltà di replicare.
ROBERTO GIACHETTI(IV-C-RE). Signor Ministro, i soliti proclami, le chiacchiere, i numeri al lotto. Avete un anno fa detto di “no” alla liberazione anticipata speciale - poi un giorno mi spiegherà, Ministro, perché 45 giorni non sono una resa allo Stato e 75 invece sì, ma me lo spiegherà - e per farlo l'anno scorso avete fatto il decreto Carceri, un provvedimento fuffa che non aveva alcun strumento concreto contro il sovraffollamento. Però aveva l'istituzione, che lei ha ricordato, del commissario straordinario per l'edilizia carceraria. E che doveva fare questo commissario straordinario? Doveva costruire nuove carceri, ma poi lei ci ha detto che le nuove carceri non si possono fare perché costano troppo e i residenti non vogliono; doveva utilizzare le caserme dismesse, ma anche questa è stata una bufala totale perché non erano a norma e perché, ovviamente, non risolveranno il problema. Avete poi spiegato che la soluzione erano i prefabbricati: qualche centinaio di posti tra tre anni a fronte di 16.500 detenuti in più.
Ebbene, avete fatto il bando della gara a marzo e ad agosto l'avete dovuto annullare perché avete sbagliato le stime. Siete anche incapaci, avete messo un commissario che sbaglia le cifre: l'importo, infatti, è lievitato di 13 milioni, dai 32 iniziali a 46,6, cioè 119.000 euro a posto, non so se mi spiego, signor Ministro. E adesso dovete ricominciare tutto da capo. Le carceri scoppiano, detenuti, operatori e Polizia penitenziaria sono allo stremo e voi siete solo capaci di dire “no” a tutto. Anche avete affossato il generoso tentativo del Presidente del Senato La Russa e ignorato gli appelli che sono arrivati dalle denunce di Alemanno. Come le dissi in altra occasione, signor Ministro, voi non solo dimostrate di non voler fare nulla contro il sovraffollamento, ma agite con l'intento, prima o poi, che la situazione diventi incandescente e mi creda ci siamo arrivati, Ministro.
PRESIDENTE. L'onorevole Pittalis ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02242 .
PIETRO PITTALIS(FI-PPE). Signor Ministro, il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado - riforma introdotta dall' Guardasigilli Bonafede in tempi di assoluto oscurantismo giuridico - ha sollevato rilevanti criticità sul piano delle garanzie costituzionali perché in palese contrasto con il principio della ragionevole durata del processo. L'ulteriore intervento del Ministro Cartabia, con cui si è introdotta l'improcedibilità dell'azione penale per il superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, ha cercato in qualche modo di porvi rimedio senza, però, tenere conto della natura e del fondamento sostanziale dell'istituto in parola.
Chiedo pertanto di conoscere quali siano gli intendimenti del Ministro della Giustizia per una riforma della prescrizione che possa coniugare le esigenze di rapidità dei procedimenti con quelle di certezza del diritto, garantendo il rispetto di principi costituzionali e sovranazionali in materia di giusto processo.
PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha facoltà di rispondere.
CARLO NORDIO,. Grazie Presidente, grazie collega. In effetti, l'istituto della prescrizione è nato come giustificazione del principio che lo Stato perde interesse a punire, una volta decorso un termine ragionevole di tempo. A questo però, poi, si è affiancato il secondo principio costituzionale della ragionevole durata del processo, per cui vi è un interesse soggettivo da parte dell'imputato a vedere definita la propria posizione al termine di un percorso che può concludersi con l'estinzione sostanziale del reato, laddove appunto questo decorso sia intollerabile. Le riforme precedenti hanno trasformato questa forma di estinzione sostanziale in estinzione procedurale e questo è stato, secondo noi, un gravissimo errore. Ora siamo arrivati al paradosso che il decorso del tempo necessario ad estinguere il reato è stato bloccato proprio con la riforma Bonafede dopo la condanna di primo grado e, al contrario, è diventato irrilevante con la riforma Cartabia che, con il meccanismo della improcedibilità, fa decadere il giudizio di impugnazione qualora vengano sforati i limiti per ciascuna fase processuale, indipendentemente dal termine di prescrizione.
Il nostro intendimento è quello di procedere a una revisione totale di questo istituto. Quindi, dobbiamo riprendere il percorso riformatore già avviato necessariamente e - per quanto possiamo esprimerci in termini molto sintetici oggi - riportare la forma della prescrizione alla sua originaria natura di estinzione sostanziale del reato, non quella di estinzione dell'azione penale, quindi dal campo procedurale a quello sostanziale .
PRESIDENTE. L'onorevole Pittalis ha facoltà di replicare.
PIETRO PITTALIS(FI-PPE). La ringrazio, signor Ministro, mi dichiaro pienamente soddisfatto della sua risposta e anche per aver ricordato che la riforma sulla prescrizione è stata inserita nel programma di Governo come uno dei capisaldi della riforma complessiva della giustizia.
Forza Italia, sin dall'avvio di questa legislatura, ha presentato una proposta di legge a mia prima firma, già approvata dalla Camera un anno e mezzo fa e ora all'esame del Senato, che ha recepito proprio le modifiche proposte dal Governo per un ritorno alla prescrizione sostanziale; e mi auguro che, grazie ai suoi buoni uffici, possa essere esitata anche da quel ramo del Parlamento in tempi rapidi al fine di ripristinare un istituto di civiltà giuridica, qual è appunto la prescrizione del reato; anche perché si tratta di una riforma volta non tanto a soddisfare l'avvocato o il magistrato, ma di un nuovo passo per garantire, da un lato, l'efficienza della macchina giudiziaria e, dall'altro, tutelare i diritti degli imputati che non possono restare in eterno in balia della pretesa punitiva dello Stato.
Se il processo non è celebrato nei tempi fisiologici, la prescrizione diventa giusta e necessaria perché non si può scaricare sull'imputato e sulla difesa il ritardo o le inefficienze della macchina giudiziaria.
Signor Ministro, approfitto dell'occasione per ringraziare lei, ringraziare il Governo e questa maggioranza perché è stato possibile in questa legislatura inaugurare una stagione di riforme autenticamente liberali e garantiste. La riforma sulla prescrizione è un ulteriore importante tassello per completare questo processo riformatore e contribuire a restituire, nel contempo, fiducia ai cittadini sottoposti spesso, anzi molto spesso ad inutili quanto tristi e dolorosi calvari giudiziari. Grazie, signor Ministro .
PRESIDENTE. La deputata Cavo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lupi ed altri n. 3-02243 di cui è cofirmataria.
ILARIA CAVO(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Signor Ministro, questa interrogazione si basa sull'articolo 27 della Costituzione che dispone che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Abbiamo dei dati chiari, presentati al Parlamento, del dicembre scorso, che ci dicono che i detenuti tossicodipendenti sono oltre 19.000, in aumento di oltre 4.000 unità rispetto al 2023 e rappresentano il 32 per cento della popolazione detenuta.
Lo scorso luglio, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che consente un regime di detenzione domiciliare per i condannati tossicodipendenti o alcoldipendenti, consentendo l'espiazione della pena fino a 8 anni in comunità terapeutiche. La stessa Premier ha definito molto significativo il provvedimento, perché tende a un reale, concreto e verificabile percorso di recupero. Le chiediamo quali effetti prevede nell'applicazione di questo provvedimento nel momento in cui entrerà in vigore…
PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha facoltà di rispondere.
CARLO NORDIO,. Grazie, signor Presidente. Grazie alla collega. In effetti, come ho avuto occasione di dire pochi minuti fa, in risposta a un altro quesito, la detenzione differenziata dei tossicodipendenti non ubbidisce soltanto all'esigenza di ridurre il sovraffollamento carcerario - che peraltro è un effetto, sarà un effetto secondario, ma importante -, ma proprio a quella di attuare il principio, che lei ha giustamente enunciato, della tendenza alla rieducazione del detenuto, tenendo presente che molti detenuti tossicodipendenti, più che essere dei criminali da punire, sono dei malati da curare, anche se questo deve avvenire sotto forma di controllo e anche come forma di prevenzione.
Noi, quindi, cerchiamo di ampliare la platea di soggetti condannati tossicodipendenti o alcoldipendenti che possono accedere a programmi di trattamento, disintossicazione e recupero e, per conseguire tali obiettivi, è stata prevista, appunto, l'applicazione - che lei ha citato - della detenzione domiciliare.
Veniamo all'impatto di queste due misure sul sistema carcerario. Alla data del 30 giugno 2025, a fronte di un totale di 62.000 detenuti, 19.534 erano tossicodipendenti. In questo contesto, l'entrata in vigore del nuovo regime di detenzione, che costituisce una valida alternativa, può riguardare numeri che adesso non siamo ovviamente in grado di definire, ma possiamo pensare, quantomeno, a una riduzione di un terzo del sovraffollamento carcerario nei confronti di queste persone.
Ripeto: sono casi che vanno valutati - scusate il bisticcio di parole - caso per caso. Si può essere detenuti tossicodipendenti perché si sono commessi altri reati gravissimi in uno stato di tossicodipendenza, ci possono, invece, essere detenuti tossicodipendenti condannati per reati di spaccio di sostanze stupefacenti. Qui va fatta un'ulteriore differenziazione: se lo spaccio è avvenuto per procurarsi la dose o i denari per potersi procurare la dose, versiamo in uno stato essenzialmente di malattia, e qui è possibile la detenzione differenziata. Se si tratta, ovviamente, di grande spaccio di stupefacenti per ottenere del profitto, la situazione è diversa e, in questo caso, non c'è alternativa alla detenzione ordinaria.
PRESIDENTE. L'onorevole Lupi ha facoltà di replicare.
MAURIZIO LUPI(NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, signor Presidente. Grazie, signor Ministro. Ovviamente ci riteniamo soddisfatti della risposta che il Ministro della Giustizia ha voluto dare al gruppo di Noi Moderati su questo tema. Vedo anche il Ministro Lollobrigida e sa quanto il tema della riforma della giustizia per il centrodestra sia un tema fondamentale per riformare l'Italia, cambiarla e proiettarla verso il futuro. Anche questo disegno di legge entra nel disegno complessivo di riforma che noi stiamo approvando. Ed è per questo che abbiamo sottolineato come il disegno di legge, presentato, tra l'altro, con coraggio da un Governo di centrodestra, dica che quell'articolo 27 della Costituzione va applicato, e questo non va in contraddizione con la certezza della pena e la possibilità, ovviamente, di “chi sbaglia paga”. Ma la sfida che noi abbiamo è esattamente quella.
I dati che lei ha sottoposto sono alla luce del sole, così come un disegno di legge che è poco conosciuto, perché è stato approvato dal Consiglio dei Ministri. La stessa Presidente del Consiglio, Meloni, ha indicato che questa è una strada importante al fine di far scontare la pena, ma di essere anche attenti alla dignità della persona e, ovviamente, quando lei ha detto che un tossicodipendente è innanzitutto un malato da curare, noi dobbiamo tenerne conto.
L'invito che facciamo in questo caso al Governo nella sua complessità e al Ministro per i Rapporti con il Parlamento, proprio nell'ambito delle sfide della riforma della giustizia, su cui noi vogliamo andare avanti e che vogliamo attuare - è bella la notizia che, finalmente, il 28 ottobre si concluderà la riforma sulla separazione delle carriere, per noi oggi questa è una notizia molto importante -, proprio in questo contesto, è di accelerare l'approvazione in Parlamento di questo disegno di legge, perché in questo modo si completa il nostro disegno e si vede quanto è fondamentale che la giustizia torni ad essere al servizio dei cittadini, una giustizia giusta.
PRESIDENTE. Il deputato Dori ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02244 .
DEVIS DORI(AVS). Grazie, Presidente. Signor Ministro, pochi giorni fa, la regione Lombardia ha approvato la legge regionale n. 16 del 2025, che autorizza la caccia nei valichi montani attraversati dalle rotte di migrazione della fauna e avifauna selvatica. I valichi montani individuati sono 23, corrispondenti a 90.000 ettari di territorio, coinvolgendo ben sei province lombarde. In questo modo, è stata fatta carta straccia della sentenza del TAR che, a maggio, aveva vietato la caccia in tutti i valichi montani lombardi.
Chiedo, quindi, al Ministro una sua posizione circa questa grave iniziativa a favore della caccia della regione Lombardia, soprattutto nelle more dell'emanazione del decreto attuativo della recente legge n. 131 del 2025 .
PRESIDENTE. Il Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, ha facoltà di rispondere.
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA,.
Grazie, signor Presidente. Onorevoli deputati, preliminarmente, voglio chiarire che, contrariamente a quanto fa intendere l'interrogante, la normativa unionale non ha stabilito alcun divieto generale di esercizio dell'attività venatoria sui valichi montani interessati dalle rotte migrazione. La direttiva Uccelli impegna gli Stati membri alla tutela dell'avifauna, specie durante i periodi di migrazione, ma non menziona la nozione di valichi montani, che è stata introdotta dal legislatore nazionale, dando adito, anche a causa di una certa indeterminatezza normativa, a una perimetrazione delle zone interdette alla caccia frammentaria, non sempre basata su dati scientifici aggiornati e, spesso, informata a criteri disomogenei.
Aggiungo che la previsione di un divieto generale di caccia in tali passaggi, come è sancito dal previgente articolo 21, comma 3, della legge n. 157 del 1992, poteva trovare una giustificazione allorquando fu introdotta, ovvero all'epoca di una pressione venatoria altissima di caccia generalista e poco specializzata, per la maggior parte orientata sulla piccola avifauna migratoria. Oggi, non è più così. Attualmente il quadro ambientale è cambiato, la pressione venatoria è calata, le specie cacciabili sono state ridotte; sono aumentate, invece, le esigenze di gestione e controllo della fauna e, in quest'ottica, la caccia è divenuta anche strumento di bioregolazione, utile a fronteggiare l'aumento delle popolazioni di ungulati, una vera e propria emergenza ambientale con costi altissimi anche per il bilancio dello Stato nelle sue diverse diramazioni.
L'iniziativa parlamentare, che ha portato all'introduzione dell'articolo 15 all'interno della legge delle zone montane, risponde proprio a tali criticità. Da un lato, provvede a definire meglio i valichi montani nei quali, per le specifiche caratteristiche morfologiche, la caccia va limitata; dall'altro lato, nell'ottica della massima certezza e trasparenza, prevede che, con decreto interministeriale, si proceda all'individuazione cartografica dei medesimi. A questo proposito, viene ovviamente consultato l'ISPRA e il Comitato tecnico faunistico-venatorio, nel quale sono rappresentate tutte le organizzazioni di riferimento. Il decreto sarà, poi, oggetto di intesa in Conferenza Stato-regioni, nelle quali, ovviamente, la vostra forza politica è rappresentata e può assumere posizioni diverse da quelle che finora hanno assunto anche le maggioranze di centrosinistra rispetto a questi problemi.
Nei valichi così individuati sono istituite zone di protezione speciale e la caccia è consentita nei limiti e alle condizioni stabilite dalle regioni, in un'ottica di tutela dell'avifauna migratrice e stanziale. Riteniamo che sul profilo costituzionale, che è stato alla base della sentenza del TAR, ci sia un oggettivo superamento dato proprio dalla modifica della normativa nazionale voluta da questo Parlamento, secondo le regole che la nostra Costituzione impone.
PRESIDENTE. L'onorevole Dori ha facoltà di replicare.
DEVIS DORI(AVS). Grazie, Presidente. Signor Ministro, sappiamo benissimo che il Governo Meloni e la giunta lombarda di centrodestra sono convinti sostenitori della della caccia e deve essere, però, altresì noto a tutti i cittadini italiani che la destra italiana interpreta la fauna e l'avifauna selvatica come oggetti di predazione per il sadico divertimento di qualche cacciatore. Si preferisce il fucile dei cacciatori alla tutela della biodiversità degli ecosistemi e della tutela degli animali. Tutto ciò - anche se il Ministro non è d'accordo - in spregio alla normativa europea.
I valichi montani sono veri e propri imbuti migratori. Durante le migrazioni stagionali, l'avifauna si concentra in questi passaggi obbligati per evitare le alte vette, sfruttare le correnti ascensionali e risparmiare energia. In questi punti, volano più in basso, sono stanchi e rallentati e, quindi, diventano facili bersagli per i fucili, anche quelli illegali. La giustificazione secondo cui si tratterebbe - abbiamo sentito anche il Ministro - di contenere i danni all'agricoltura è del tutto infondata. L'unico vero obiettivo è permettere ai cacciatori di colpire gli uccelli migratori nei momenti di massima vulnerabilità. Il vostro è un regalo alla venatoria che mette a rischio la biodiversità già fortemente minacciata dai cambiamenti climatici. I valichi montani, invece, devono essere e restare zone franche, senza caccia, mentre voi continuate a svendere il patrimonio naturale di tutti per compiacere pochi .
PRESIDENTE. Il deputato Davide Bergamini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02245 .
DAVIDE BERGAMINI(LEGA). Grazie, Presidente. Signor Ministro, oggi siamo qui, come gruppo Lega, a chiedere quali azioni intenda intraprendere, nei confronti della notizia che è apparsa sulla stampa nei giorni scorsi, in cui, a seguito di un'indagine eseguita dal Dipartimento del commercio statunitense, emergerebbe questa situazione di da parte di alcune aziende italiane, che andrebbe a penalizzare fortemente i nostri produttori, passando dalla percentuale attuale del 15 per cento dei dazi, attualmente applicata alla pasta, fino al 107 per cento, con un effetto addirittura retroattivo. Quindi, chiediamo a lei quali azioni intenda mettere in campo per la tutela del comparto.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, ha facoltà di rispondere.
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA,.
Grazie, Presidente. Grazie, collega Bergamini, per avermi dato la possibilità di illustrare quanto il Governo Meloni sta facendo per la filiera della pasta italiana e, di conseguenza, anche per i produttori di grano, che è alla base della maggior parte della produzione italiana, anche con riferimento ovviamente al grano prodotto in Italia, oltre a quello importato.
Non a caso, la pasta, dopo il vino, è il secondo prodotto agroalimentare più esportato in valore dall'Italia. Le esportazioni sono cresciute dell'81,3 per cento in valore, raggiungendo i 4,3 miliardi nel 2024; di questi, oltre il 70 per cento è rappresentato dalla pasta di semola secca. Il mercato degli Stati Uniti è il secondo mercato di riferimento per la pasta italiana, dopo la Germania, e per tale motivo seguiamo con grande attenzione i legati alle azioni dell'amministrazione americana, che potrebbero imporre gravi penalizzazioni ai nostri produttori.
Insieme al collega Tajani e alla attivata presso la Farnesina, stiamo lavorando per sostenere le imprese nella procedura di opposizione e per coordinare i negoziati con il Dipartimento del commercio americano, coinvolgendo anche la Commissione europea.
Oltre ad affiancare il Ministero degli Esteri in questa attività diplomatica, prosegue l'impegno del Ministero dell'Agricoltura per rafforzare complessivamente la filiera grano-pasta. Ricordiamo, ovviamente, gli interventi per 32 milioni assicurati nel 2024, gli ulteriori 20 milioni nel 2025 e anche l'ulteriore previsione di investimento nell'annualità successiva, che andremo a quantificare rispetto anche agli esiti dell'analisi dei mercati. Investiamo 4 miliardi nei contratti di filiera, che incidono anche sul settore direttamente. Abbiamo destinato 300 milioni di euro per sostenere anche le filiere cerealicole e rafforzare la sovranità alimentare con il Coltiva Italia, che è in fase di approvazione proprio qui in Parlamento.
L'istituzione della Commissione unica nazionale, dopo aver sentito le parti, verrà attuata, dopo una fase sperimentale, dal 1° gennaio 2026, per stabilire il corretto prezzo del grano italiano, che, ovviamente, per quanto riguarda il mio settore, è la questione principale. L'ISMEA ha recentemente pubblicato i dati sui costi medi di produzione del grano duro. Si tratta di un dato che orienta ovviamente il mercato, perché è evidente che, in alcune aree, si arrivava a pagare il grano meno del costo di produzione.
In ultimo, ricordo la campagna, con le nazionali maschili e femminili di , che ha suscitato grande interesse, soprattutto per il grandissimo risultato dei nostri ragazzi e ragazze, ai quali rivolgo nuovamente i complimenti per i titoli internazionali raggiunti.
PRESIDENTE. Il deputato Davide Bergamini ha facoltà di replicare.
DAVIDE BERGAMINI(LEGA). Grazie, Presidente. Voglio ringraziare il Ministro, perché credo che, ancora una volta, in quest'Aula, questo Governo dimostri una grande sensibilità verso il settore primario: il settore agricolo.
Vogliamo chiedere, come Lega, di continuare su questa strada, perché sono passi importanti che sono stati fatti anche a livello internazionale, ma soprattutto, con i numeri che lei ha riportato, ricordando quanto è stato fatto per la filiera dei cereali, che credo sia un comparto fondamentale, perché poi dà vita a questo mercato della pasta.
Le chiediamo comunque di continuare un'azione incisiva, come abbiamo fatto insieme ai gruppi di maggioranza anche in questi anni di Governo proprio per il settore agricolo, portando avanti quelle istanze che spesso andavano a penalizzare la nostra agricoltura. Voglio ricordare, ad esempio, la carne sintetica. Quando l'Europa ci voleva imporre quello, questo Governo si è fatto promotore di azioni importanti a difesa del comparto.
Le chiediamo, anche qui, di continuare su questa azione su tutti i tavoli interessati, perché oggi difendere la pasta significa difendere anche un simbolo dell'Italia all'estero. Lei ha ricordato che il mercato statunitense è il secondo mercato, dopo quello tedesco, come consumatore di pasta. Perdere quel mercato significherebbe mettere a repentaglio migliaia di posti di lavoro, con un che oggi vale circa 3,8 miliardi all'anno. Solo il mercato statunitense pesa per circa 600 milioni all'anno di esportazione.
Quindi, a difesa di quel comparto, le chiediamo, comunque, di portare avanti - come Lega, glielo chiediamo veramente -, di continuare questa azione incisiva, sperando che quello del Dipartimento americano sia stato un errore, come già ci ha abituati in passato in alcune situazioni, che poi è stato rivisto e corretto .
PRESIDENTE. La deputata Pavanelli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Caramiello ed altri n. 3-02246 di cui è cofirmataria.
EMMA PAVANELLI(M5S). Grazie, Presidente. Ministro, pochi giorni fa, il Presidente Trump ha deciso di colpire di nuovo il imponendo nuovi dazi sulla pasta e arrivando al 107 per cento: un attacco diretto alle nostre imprese, come Garofalo, la Molisana e altre, ma anche all'intera filiera, con migliaia di lavoratori che rischiano di pagare un prezzo altissimo per scelte protezionistiche arbitrarie degli Stati Uniti. Mesi fa il suo Governo aveva promesso 25 miliardi per sostenere filiere strategiche e difendere il nostro agroalimentare. Allora, Ministro, le chiediamo quando il Governo passerà dalle parole ai fatti, visto che, ad oggi, questi soldi non sono arrivati .
PRESIDENTE. Il Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, ha facoltà di rispondere.
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA,. Grazie, Presidente. Grazie, collega. Il Governo Meloni è impegnato nella difesa della filiera della pasta nazionale: un comparto fondamentale per l'agroalimentare italiano.
La produttiva e del commercio mondiale della pasta italiana è indiscussa. L'Italia è il primo produttore, con una quota del 24 per cento, seguita da Stati Uniti e Turchia, entrambi con il 12. Il fatturato dell'industria pastaria italiana è in netta crescita negli ultimi anni e ha raggiunto gli 8,7 miliardi di euro nel 2024. Gli Stati Uniti svolgono un ruolo di primo piano in questo contesto, essendo il secondo mercato di sbocco per la pasta di semola secca italiana, con una quota del 13 per cento sui volumi complessivi, dopo la Germania.
Nel 2024, le esportazioni italiane di pasta di semola secca verso gli Stati Uniti hanno raggiunto un valore di 492 milioni di euro, in crescita del 19 per cento rispetto al 2023, e sono più che raddoppiate rispetto al 2015. I buoni risultati sono confermati dai dati del primo semestre 2025, che evidenziano un ulteriore incremento del 12,2 per cento in volume e dell'8,8 per cento in valore. Questi numeri confermano la presenza di una domanda in costante espansione nel continente americano.
Per quanto riguarda la vicenda dei dazi imposti alle nostre esportazioni, occorre fare chiarezza per evitare facili strumentalizzazioni. L'accordo quadro tra gli Stati Uniti e l'Unione europea, siglato il 27 luglio e vigente a partire dal 7 agosto, prevede l'applicazione di un'aliquota del 15 per cento. Gli ulteriori dazi, ai quali si fa riferimento, non hanno nulla a che fare con la riforma dei dazi voluta dal Presidente Trump. L'applicazione dei dazi punitivi del 91,74 per cento alla Molisana S.p.A. e al pastificio Garofalo, che noi non condividiamo, è la conseguenza di presunte risposte incomplete e di criticità riscontrate sui dati nell'ambito di un'indagine condotta dal Dipartimento del commercio americano, su richiesta di altri produttori. È un'azione legale. Il procedimento è stato poi esteso agli altri esportatori italiani di pasta non direttamente interessati all'indagine. Questo tipo di indagine non è una novità, ma è un meccanismo in atto da almeno vent'anni, che ha visto le nostre aziende condurre impegnative battaglie legali per dimostrare la correttezza del loro operato.
Ne abbiamo ridiscusso al Tavolo della filiera della pasta il 31 luglio e, insieme al Ministero degli Affari esteri che evidentemente è competente per il commercio estero, stiamo lavorando insieme al nostro ambasciatore Marco Peronaci, con il quale ho avuto modo di confrontarmi proprio sul tema a Chicago, che sta assicurando il massimo sostegno alle nostre aziende.
Ovviamente, come su altri settori, cercheremo di raggiungere con gli Stati Uniti ulteriori accordi che possano garantire non solo il settore della pasta, ma anche quello del vino, del pecorino romano e dell'olio extravergine, toccati da dazi, quelli del 15 per cento, che invece non hanno convenienza ovviamente per noi ma nemmeno, a nostro avviso, per gli statunitensi.
PRESIDENTE. L'onorevole Caramiello ha facoltà di replicare.
ALESSANDRO CARAMIELLO(M5S). Grazie, Presidente. No, Ministro, la sua risposta non ci soddisfa minimamente. Oggi sono qui a portare la voce di chi produce, di chi investe, di chi crede che l'Italia debba essere protagonista senza dover chinare la testa.
I nostri produttori di pasta, come Rummo, la Molisana, gli unici che si sono ribellati, eccellenze italiane nel mondo, eccellenze meridionali, saranno colpiti dai dazi americani - o tariffe integrative, come le vogliamo chiamare - fino al 107 per cento, con una perdita di quasi un miliardo di euro.
È evidente, Ministro, che questo 107 per cento è un'arma di ricatto e di colonialismo. La stampa di regime, questo novello Istituto Luce, ovviamente si sta preoccupando di amplificare le pacche sulle spalle della Meloni da parte di Trump, e non dei danni che gli Stati Uniti stanno riservando agli italiani e ai produttori di pasta.
E qual è la sua risposta, la sua azione politica, Ministro? Lei cosa sta facendo veramente per affrontare la questione? Ha pubblicato soltanto un su in cui rassicurava di tessere rapporti diplomatici con gli uffici governativi americani per garantire rapporti commerciali sempre più proficui. Ministro, ho letto bene: “rapporti sempre più proficui”. E meno male che erano proficui! Se non lo fossero stati, i dazi oggi sarebbero al 150 per cento . Lei sta seguendo con attenzione i ? Lei deve fare veramente qualcosa per difendere i nostri produttori. In caso contrario, contatti il Ministro Urso e chieda di rinominare il suo Ministero da in . Lei non difende la pasta, lei difende la casta .
PRESIDENTE. La deputata Caretta ha facoltà di illustrare l'interrogazione Bignami ed altri n. 3-02247, di cui è cofirmataria.
MARIA CRISTINA CARETTA(FDI). Grazie, Presidente. Colleghi, il Governo Meloni, col Ministro Lollobrigida, ha segnato una svolta storica per l'agricoltura italiana, investendo 15 miliardi di euro in quasi tre anni. Risorse per l'agricoltura mai viste nella storia repubblicana.
Significativo in questo cambio di passo è l'aumento dei fondi PNRR: siamo passati da poco più di 3 miliardi previsti dal Governo precedente ad oltre 8 miliardi, grazie alle revisioni che hanno portato ulteriori 2 miliardi. Un risultato che sconfessa ogni scetticismo. Questa straordinaria attenzione ha già portato a risultati positivi oggettivamente innegabili: l' cresce, il reddito degli agricoltori è in aumento e il valore aggiunto del comparto si rafforza.
Ministro Lollobrigida, in un contesto così positivo, quali ulteriori misure e azioni intende mettere in campo per consolidare e capitalizzare questo slancio, a garanzia della piena valorizzazione di questi risultati ?
PRESIDENTE. Il Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, ha facoltà di rispondere.
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA,. Grazie, Presidente, grazie, onorevole Caretta e ringrazio il gruppo di Fratelli d'Italia per aver posto un argomento sottolineando anche quanto il Governo Meloni ha messo in campo in termini di risorse, risultando essere il Governo che nella storia repubblicana ha investito di più nel settore dell'agricoltura.
Come lei ha ricordato, l'Istat ha certificato che la produzione e il valore aggiunto del settore agricolo sono cresciuti, in termini reali, rispettivamente, dello 0,6 per cento e del 2 per cento. L'occupazione è aumentata dello 0,7 per cento e la nostra Nazione si è posizionata prima in Europa per valore aggiunto, con un incremento del 9 per cento rispetto al 2023, superando per la prima volta le economie di Francia e Germania. Il reddito medio degli agricoltori è cresciuto del 12,5 per cento e, in termini assoluti, è il primo in Europa come crescita. Le esportazioni del settore agroalimentare hanno raggiunto la quota di 70 miliardi di euro. Il merito di tali risultati va attribuito in primo luogo alle imprese, ai nostri agricoltori, che riescono a primeggiare con straordinaria capacità e resilienza in un contesto internazionale geopolitico assai complesso.
Come è riconosciuto però nello stesso rapporto Istat, i risultati positivi sono anche il frutto del più significativo stanziamento di risorse a favore del settore agricolo che la storia repubblicana ricordi.
Voglio solo citare alcuni esempi di investimenti strategici che hanno ridato slancio alle attività del settore agroalimentare.
Ha richiamato i miliardi per il PNRR aggiuntivi a quelli previsti dal Governo precedente. Nel quinto bando, il bando filiere, passiamo da 690 milioni di euro a 4 miliardi e 690 milioni di euro. Questo significa avere già chiuso contratti per 2 miliardi di euro di agevolazioni, finanziando 1.700 imprese per un investimento generato che supera i 3,4 miliardi di euro. Al termine, contiamo di finanziare 5.000 imprese con un indotto che potremmo stimare intorno ai 7 miliardi di euro.
Ricordo, poi, la misura agrisolare con la quale abbiamo già ad oggi finanziato, con contributi a fondo perduto, 23.000 imprese che installeranno pannelli non sul suolo agricolo ma sui tetti dei fabbricati rurali, sulle infrastrutture, senza sacrificio di terreni produttivi che servono a garantirci cibo di qualità. Circa 12.000 aziende hanno già concluso l'investimento, con una capacità installata di 700 megawatt, il doppio di quanto inizialmente previsto dal PNRR, e contiamo di arrivare a 1,7 gigawatt.
Con il Fondo innovazione per l'agricoltura abbiamo investito 400 milioni di euro e consentito a 4.000 imprese di ricevere un finanziamento, aggiungendosi alle altre 10.000 già finanziate con la misura innovazione e meccanizzazione. Si vanno ad aggiungere altri 90 milioni di euro per garantire mezzi di produzione più sicuri per i nostri agricoltori, così come i fondi per lo sviluppo della logistica e i fondi garantiti con 450 milioni di euro alla sovranità alimentare per garantire la resilienza del settore. Sarebbe ancora lungo, ma ragioni di tempo mi impediscono di continuare …
PRESIDENTE. L'onorevole Mattia, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.
ALDO MATTIA(FDI). Grazie, Presidente. Bene, bene e ancora bene. Tre volte bene, signor Ministro. Solo gli stolti dediti alla strumentalizzazione seriale possono negare l'evidenza. L'Istat non è certo un ente di parte, è un'istituzione. Se ha dato - scusate il gioco di parole - quei dati, un motivo c'è.
Sicuramente vi è la capacità degli imprenditori italiani, ma senza le idee, le progettualità, le coperture finanziarie del Governo Meloni e del Ministro Lollobrigida non saremmo andati avanti . Quindici miliardi di euro investiti in agricoltura. Io, che da cinquant'anni lavoro in questo settore, in questi cinquant'anni non ho mai visto un intervento del genere di nessun Governo. Bene. Il primo bene.
Direi anche che i progetti di filiera sono stati determinanti. C'è un'attesa incredibile per l'esaurimento di questi progetti di filiera con fondi che, costantemente, il signor Ministro sta cercando - vedi PNRR - per tentare appunto di saldare tutti gli investimenti di tutte le imprese, e questo è commovente. Pertanto, il secondo bene.
Senza parlare, appunto, del fatto che il Parco Agrisolare considera oggi l'agricoltura nel ruolo di protagonista per il raggiungimento dell'obiettivo della parità ambientale del 2050, e intesa non più come un'attività produttiva inquinatrice. E questo è un altro elemento importante per lo sviluppo della nostra agricoltura.
Per non parlare della sovranità alimentare. La sovranità alimentare, che è stata tanto derisa quando è stata declinata all'interno dell'acronimo MASAF, oggi dà delle risposte certe e concrete. E, allora, benissimo !
PRESIDENTE. L'onorevole Benzoni ha facoltà di illustrare l'interrogazione Bonetti ed altri n. 3-02248 di cui è cofirmatario.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Ministro, la Sicilia non può essere figlia di un dio minore. Oggi è la dimostrazione paradigmatica di come la cosiddetta autonomia sia stata l'alibi, semplicemente, di fenomeni intollerabili di sperpero finanziario. La Sicilia è oggi ultima tra le regioni italiane per qualità della rete ferroviaria, della rete idrica, della rete fognaria; l'ultima per passeggeri trasportati dalla rete di trasporto pubblico; è penultima per tasso di disoccupazione, per efficienza del sistema sanitario e per il reddito medio; è prima, invece, per l'uso di discariche e per numero di NEET.
Pochi giorni fa in Sicilia è morta una donna che ha aspettato 8 mesi un esame istologico a seguito di un intervento; l'esito è arrivato quando era troppo tardi per intervenire. Non è un caso isolato, è la quotidianità della sanità in Sicilia. L'articolo 120 della Costituzione prevede che il Governo possa sostituirsi agli organi territoriali in caso di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza.
PRESIDENTE. Il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, ha facoltà di rispondere.
ROBERTO CALDEROLI,. Grazie, Presidente. Non posso che dolermi per la drammatica vicenda di malasanità che ha portato al decesso di una povera donna; lo faccio come uomo, come politico, come medico e, ahimè, come paziente oncologico. Esprimo la sentita vicinanza del Governo e la solidarietà mia personale alla famiglia. Io stesso ho subìto, in altra regione, una vicenda dai contorni analoghi. Tutti noi, a tutti i livelli di Governo, ci dobbiamo impegnare affinché tali casi, per fortuna isolati, non abbiano a ripetersi mai più.
Con riferimento al caso richiamato, risulta che il direttore generale dell'Azienda sanitaria provinciale di Trapani si sia dimesso e che sia in corso un procedimento penale che chiarirà le eventuali responsabilità della struttura e personali. Circa le iniziative assunte dalla regione siciliana, l'amministrazione regionale ha informato che, appena venuta a conoscenza del ritardo diagnostico, si è subito attivata per risolvere tali criticità e ha avviato un'indagine interna, che ha portato all'adozione delle conseguenti azioni. Segnalo, inoltre, che il Ministro della Salute aveva già tempestivamente disposto l'avvio di un'ispezione sul territorio per verificare la gestione effettiva del campione di anatomia patologica dal prelievo fino alla consegna del referto.
All'esito dell'iniziativa la regione siciliana è stata invitata a porre in essere azioni correttive delle criticità rilevate, articolate su più livelli e ambiti prioritari, e a fornire un riscontro al Ministero. Quanto all'attivazione dei poteri sostitutivi di cui all'articolo 120 della Costituzione, chiesta dagli interroganti, rilevo che, pur in un quadro che mostra criticità nelle altre due aree di assistenza, la vicenda richiamata afferisce a un'area, quella ospedaliera, che, sulla base dell'ultimo monitoraggio dei LEA, registra un progresso costante degli indicatori monitorati e punteggi superiori alla soglia di sufficienza. In tale contesto, pertanto, il drammatico, ma episodico, fatto in questione non può costituire elemento per l'esercizio dei poteri sostitutivi ai sensi dell'articolo 120 della nostra Costituzione.
PRESIDENTE. La deputata Bonetti ha facoltà di replicare.
ELENA BONETTI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Ministro, siamo piuttosto sconcertati dalla sua risposta, perché il fatto che ci siano altri episodi, che lei ha definito isolati, come quello che è accaduto in Sicilia non sono certamente giustificazioni del fatto che il Governo si fermi a dolersi di questi accadimenti e non operi perché, invece, questi non accadano in nessuna regione d'Italia. Però, Ministro, noi abbiamo dei dati che sono incontrovertibili. Il collega Benzoni ha già evidenziato i record negativi della Sicilia, ma sulla sanità vorrei richiamarle e richiamare a quest'Aula due record negativi.
Negli ultimi 20 anni il tasso di aspettativa di vita in Sicilia è più basso rispetto all'Italia, con un divario che è stato più che moltiplicato; quello della mortalità evitabile, sempre negli ultimi 20 anni, tra la Sicilia e il resto d'Italia è più che triplicato. Allora, Ministro, lei, che è un paladino del regionalismo e dell'autonomia - cosa che, invece, noi riteniamo essere una grande criticità per il nostro Paese - dovrebbe essere il primo in pista a imporre un elemento di commissariamento, perché o lei dice a quest'Aula che questi dati negativi sono la diretta conseguenza dell'autonomia nell'ambito della sanità, e allora vuol dire che lei porta la sanità italiana a un disastro totale, o dovrebbe essere il primo a dire che quell'autonomia e quella sanità è stata gestita male, e, quindi, necessita di essere commissariata non solo per la sua conferma del suo disegno di legge, ma, soprattutto, per tutelare i cittadini e le cittadine siciliani ,che hanno diritto ad avere un accesso alla salute e aspettative di vita alla pari del resto dell'Italia .
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 102, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'al resoconto stenografico della seduta in corso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, l'onorevole Carotenuto. Ne ha facoltà.
DARIO CAROTENUTO(M5S). Sì, Presidente, grazie. Io intervengo per chiedere che la Ministra del Lavoro e delle politiche sociali riferisca con urgenza in quest'Aula sui nuovi dati Istat sulla povertà, perché nel nostro Paese ci sono - apprendiamo - 1,5 milioni di bambini in povertà assoluta. Allora mi domando: come si fa a restare indifferenti davanti a questi numeri, che sono un dramma, un dramma vero e proprio? Io vi chiedo di provare a pensare ai vostri bambini, di immaginarli nella difficoltà di sfamarli, di curarli; di mettervi nei panni di quelle famiglie, di milioni di famiglie che non riescono a crescere dignitosamente questi bambini, che non riescono a riempire il carrello della spesa, che devono scegliere se pagare l'affitto o se curarsi.
La povertà nel nostro Paese è un dramma, è una condanna. Questo è un Paese che non si occupa dei bambini, non si occupa dei poveri, degli anziani e dei malati che hanno diritto a curarsi e non ci riescono, e non può dirsi civile. Cito Pertini con parole che sono dure come pietre, ma, purtroppo, mentre il Paese scivola in basso, scivola in queste condizioni, il Governo sembra impegnato piuttosto a rifornirsi di armi, di armi per una guerra che è assolutamente immaginaria verso un Paese lontano, come la Russia, che non ha mai attaccato il nostro Paese.
E allora trovo assurdo che si trovino miliardi per comprare armi, ma non per aiutare chi è in difficoltà; si trovino fondi per i droni militari, ma non per la sicurezza sui luoghi del lavoro; si trovino quattrini per una guerra immaginaria, lo dicevo, ma non per la scuola, la sanità e la dignità dei cittadini. Tutte queste armi che acquistiamo chi finanzieranno? Qualche speculatore americano, quelle aziende israeliane che, dopo avere testato sui palestinesi quanto fossero micidiali le loro armi, adesso magari le vengono a vendere alla nostra Difesa. Ma ci rendiamo conto dell'abisso morale verso cui stiamo andando?
Come è possibile comprare armi quando sappiamo che, intanto, ci sono persone in condizioni di miseria? Come è possibile investire in armamenti, consapevoli che queste armi non sfameranno nessuno? E i dati pubblicati ieri dall'Istat ci indicano che ci sono chiaramente delle altre priorità. Sono dati inequivocabili, che ci dicono che, da quando è stato cancellato il reddito di cittadinanza, abbiamo ottenuto solo record negativi da questo punto di vista: altri 70.000 nostri concittadini in povertà assoluta, 37.000 nuclei familiari. Ecco, questo è il risultato che avete ottenuto per avere cancellato quella misura, e, ogni volta che Giorgia Meloni ne parla per vantarsi, dovrebbe pensare a tutte queste persone e chiudere la bocca, dal nostro punto di vista.
Noi ci batteremo per riattivarlo fin dalla prossima legge di bilancio, perché questo Paese ha fame di giustizia sociale e di redistribuzione della ricchezza, dove invece voi state portando disuguaglianza a livelli record e in cui sempre più persone rinunciano perfino a curarsi perché non possono permettersi le cure.
Allora, signor Presidente, questa informativa è urgentissima, perché non c'è sicurezza nazionale senza giustizia sociale, perché la vera difesa del Paese è difendere chi lo manda avanti, non chi vende armi, perché i proiettili non sfamano e al massimo servono a zittire chi ha fame, come purtroppo abbiamo visto a Gaza .
PRESIDENTE. Avverto che, con lettera in data odierna, il presidente della Commissione cultura ha rappresentato l'esigenza - sulla quale hanno convenuto i rappresentanti dei gruppi della Commissione medesima - di rinviare al prossimo calendario l'esame in Assemblea della proposta di legge n. 1367, recante Disposizioni per il sostegno del diritto allo studio e per la prevenzione della dispersione scolastica, la cui discussione generale in Assemblea è prevista dal vigente calendario dei lavori per la seduta di lunedì 20 e, il relativo seguito, a partire dalla seduta di martedì 21 ottobre.
Conseguentemente, secondo le intese intercorse tra i gruppi, tale provvedimento non sarà iscritto all'ordine del giorno delle sedute previste per la prossima settimana.
Avverto inoltre che nell' al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame della mozione in materia di politiche di coesione.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pellicini. Prego… allora passiamo all'onorevole Loperfido, che mi pare non ci sia. C'è l'onorevole Baldelli. Prego, onorevole Baldelli.
ANTONIO BALDELLI(FDI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema delle fusioni tra comuni merita una riflessione attenta e serena. Si tratta di uno strumento pensato per razionalizzare la spesa e migliorare l'efficienza amministrativa che in alcuni casi, soprattutto per le municipalità di dimensioni minori, ha prodotto effetti contrari rispetto agli obiettivi. Ne è un esempio la fusione fra Monteciccardo e Pesaro, nella provincia di Pesaro e Urbino, un processo avviato con l'impegno di garantire una dotazione finanziaria adeguata, il mantenimento di servizi e una reale autonomia decisionale per la nuova municipalità. Impegni che, tuttavia, non hanno mai trovato piena attuazione. Tutto ciò ha comportato una condizione di marginalità amministrativa e ha compromesso l'identità di un territorio e di una comunità e questo non è l'unico esempio.
È quindi necessario che il Parlamento valuti strumenti idonei a tutelare le municipalità nate da fusioni, soprattutto le più piccole, assicurando loro risorse effettive, rappresentanza effettiva e soprattutto adempimento degli obblighi assunti con l'accordo di fusione. Occorre, infine, affrontare la questione degli amministratori locali delle municipalità, che non dispongono nemmeno di permessi lavorativi, trovandosi così nella impossibilità di partecipare concretamente alla gestione della cosa pubblica. Per tutto questo annuncio di aver presentato una interrogazione presso i Ministeri competenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Loperfido. Ne ha facoltà.
EMANUELE LOPERFIDO(FDI). Grazie, Presidente. Nella giornata di ieri, nella città di Udine, nella stessa giornata in cui in mattinata erano appena morti tre carabinieri durante lo svolgimento del loro operato nell'interesse della comunità, come sempre quotidianamente fanno le nostre Forze dell'ordine e le Forze armate, ebbene nella giornata di ieri in occasione di un evento sportivo la città di Udine è stata messa a ferro e fuoco da facinorosi e violenti con la scusa di sostenere la popolazione di Gaza. Abbiamo trovato una città devastata, una città con profonde lacerazioni, ferite non soltanto fisiche. I cittadini mi hanno contattato - non soltanto il sottoscritto - per dire che hanno paura di questo clima di odio e di questo linguaggio violento che stanno continuando a sentire e hanno iniziato a sentire anche nelle loro strade; una città normalmente tranquilla, ben amministrata, in cui i friulani svolgono la loro attività e cercano di godere di un evento sportivo. Ebbene, in questa stessa giornata poliziotti feriti, città devastata e scritte con linguaggio d'odio pericoloso e vergognoso: “Trump muori, Meloni pure”.
Allora, nel momento in cui l'Aula stessa si stringe attorno ai nostri carabinieri, è giusto che anche dall'Aula parta un messaggio di condanna degli atteggiamenti violenti, di presa di posizione contro i facinorosi, condannando gli estremisti per prendere le distanze, perché altrimenti chi non prende le distanze vuol dire che strizza l'occhio a tutto questo, perché nei confronti della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del Governo Meloni tutto è consentito .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Girelli. Ne ha facoltà.
GIAN ANTONIO GIRELLI(PD-IDP). Grazie, Presidente. Desidero ricordare oggi in quest'Aula la figura di Franco Castrezzati, scomparso lunedì sera a 99 anni. Partigiano, sindacalista, uomo di fede e di libertà, Castrezzati ha attraversato quasi un secolo di storia italiana, restando sempre fedele agli ideali che avevano animato la sua giovinezza.
Nato a Cellatica nel 1926, da giovanissimo conobbe il mondo dell'antifascismo cattolico e democratico, durante la sua esperienza di operaio alla Morcelliana. Quando la Repubblica di Salò tentò di arruolarlo, scelse la via più difficile: quella della disobbedienza. Arrestato e destinato alla deportazione, riuscì a fuggire da un treno e a unirsi ai partigiani operanti in Val Camonica.
Con la liberazione, il suo impegno non si esaurì. Continuò a battersi per la giustizia sociale, trovando nel sindacato il luogo in cui tradurre in azione quotidiana i valori della Resistenza. Fu tra i protagonisti della nascita e dello sviluppo della CISL, portando nella formazione e nella comunicazione sindacale la sua passione per la libertà, la responsabilità e la dignità del lavoro.
Il 28 maggio 1974 era in Piazza della Loggia a Brescia e stava parlando dal palco, quando la bomba neofascista esplose causando 8 morti e 102 feriti. Il suo discorso fu interrotto dallo scoppio di quella bomba. Quel giorno segnò per sempre la storia della nostra città e del Paese. Da allora, Franco Castrezzati divenne uno dei testimoni più lucidi e coerenti della battaglia per la verità e la memoria, senza mai cedere alla rassegnazione e all'odio. Non mancò mai alla cerimonia commemorativa di quella strage.
La forza mite della ragione ha insegnato a intere generazioni che la democrazia va difesa ogni giorno e Franco Castrezzati ne è stato un esempio. Brescia perde uno dei suoi protagonisti. Brescia saprà raccogliere il testimone della sua esperienza .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benzoni. Ne ha facoltà.
FABRIZIO BENZONI(AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Mi unisco al collega nel ricordo di Franco Castrezzati, una figura che ha segnato profondamente la storia civile e democratica del nostro Paese e della nostra città, Brescia.
Partigiano, sindacalista, uomo delle istituzioni, Castrezzati ha dedicato tutta la sua vita alla difesa dei diritti dei lavoratori, alla costruzione della democrazia, alla tutela dei valori costituzionali. La sua è stata una testimonianza di impegno costante e coerente, portata avanti sempre con passione, senso del dovere e profondo rispetto per le persone e per le istituzioni. Ricordarlo oggi, in quest'Aula, significa ribadire l'importanza di quella generazione che ha ricostruito l'Italia sulla base della libertà e della giustizia sociale.
La sua voce è quella che ricordiamo nell'audio della strage di Piazza della Loggia, quella voce che, scossa dal boato, reagisce cercando di mantenere la calma in una piazza dilaniata da un attentato vile. Una voce che non ci lascerà mai, perché continuerà per sempre a ricordare quella giornata e la battaglia per la verità che essa rappresenta. Alla sua famiglia e alla città di Brescia le condoglianze del nostro gruppo parlamentare .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Tenerini. Ne ha facoltà.
CHIARA TENERINI(FI-PPE). Presidente, intervengo oggi, a nome mio come responsabile nazionale del dipartimento lavoro di Forza Italia, a nome del collega bresciano Casasco e di tutto il gruppo parlamentare di Forza Italia per ricordare Franco Castrezzati, storico dirigente della CISL, testimone diretto della strage di Piazza della Loggia a Brescia.
Era il 28 maggio 1974, stava parlando da quel palco quando la bomba esplose. Quel giorno avrebbe potuto chiudersi nel silenzio e nella paura e, invece, Castrezzati scelse la strada opposta, quella dell'impegno, della memoria, della parola che non arretra.
Con la sua vita ha rappresentato una parte nobile del sindacato italiano: quella che non grida per mestiere, ma difende il lavoro con responsabilità, misura e coraggio. Alla CISL, che fu la sua casa e la sua famiglia ideale, va un pensiero sincero e riconoscente, perché la CISL, in tanti momenti della storia repubblicana, è stata un presidio di democrazia e libertà, una forza sociale capace di coniugare la tutela dei lavoratori con la difesa delle istituzioni.
Franco Castrezzati ha attraversato una stagione di piombo senza mai smarrire la fede nella democrazia e nel dialogo. La sua testimonianza ci ricorda che il sindacato, quando è autentico, non divide, ma unisce, e che la politica, quando è degna, non dimentica. Alla sua famiglia, alla CISL e a tutta la comunità bresciana il nostro grazie e il nostro rispetto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Scarpa. Ne ha facoltà.
RACHELE SCARPA(PD-IDP). “Con tanto silenzio può sparire anche un uomo”, sono le parole di Armanda, la mamma di Alberto Trentini, cooperante italiano che, esattamente undici mesi fa, è stato fermato e arrestato in Venezuela. Undici mesi durante i quali non abbiamo avuto praticamente nessun contatto con Alberto, nessun contatto di tipo consolare, non c'è stato modo di interloquire con il suo avvocato, non c'è stato modo di parlare con i familiari. Questo è cambiato leggermente solo nelle ultime settimane: ci sono stati due contatti telefonici, uno il 15 maggio e uno il 26 luglio, molto brevi.
Seguiamo con attenzione il lavoro diplomatico in corso, il dialogo tra il Vice Ministro Cirielli e la sua omologa venezuelana, così come prendiamo atto dell'impegno pubblico che ha assunto la Presidente Meloni per liberare Alberto il prima possibile.
Oggi siamo qui per far sì che questo silenzio non continui, in alcun modo, per non far sentire Alberto abbandonato. Noi speriamo che non si sia sentito solo, non abbiamo smesso di pensarlo e di chiedere la sua liberazione nemmeno per un minuto in questi mesi e lo ribadiamo anche oggi.
È importante che il lavoro per riportarlo in Italia continui e si intensifichi perché Alberto era un cooperante, un vero esempio di cittadino italiano, una persona che lavorava per aiutare gli altri e chissà quanto bene avrebbe potuto fare negli undici mesi in cui non è stato qui, insieme a noi. Lo chiediamo ancora una volta: massimo impegno per la liberazione di Alberto Trentini .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borrelli. Ne ha facoltà.
FRANCESCO EMILIO BORRELLI(AVS). Grazie, Presidente. Parliamo oggi dell'ennesimo omicidio di una donna, Pamela Genini, 29 anni, uccisa a coltellate da quello che doveva essere un uomo che, anche se lasciato, avrebbe dovuto amarla. Sono troppi e incredibilmente sempre più numerosi i casi di donne uccise in modo violento, barbaro, davanti a tutti. Oramai sembra che questi soggetti non temano niente e nessuno. A proposito di questo, voglio segnalare la vicenda di una donna che sta urlando ogni giorno - per fortuna c'è una trasmissione che si chiama condotta da Eleonora Daniele su Rai Uno, che sta dando voce a questa donna -, che è stata picchiata selvaggiamente dal suo ex compagno, che vive a 200 metri da casa sua e non ha avuto alcuna misura restrittiva. Lei vive nel terrore e chiede aiuto. Allora, lo chiede in televisione e credo che anche in Parlamento dobbiamo aiutare le donne che rischiano la vita perché non è possibile, ancora oggi, che una donna torni a casa o cerchi di tornare a casa e venga uccisa dal suo attuale o ex compagno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Barzotti. Ne ha facoltà.
VALENTINA BARZOTTI(M5S). Grazie, Presidente. Venerdì scorso siamo stati con una delegazione del MoVimento 5 Stelle davanti ai cancelli della fabbrica Iveco, in particolare a Suzzara, lo stabilimento di Suzzara in provincia di Mantova. Abbiamo incontrato i lavoratori, abbiamo parlato con loro, Presidente, perché? Perché l'annunciata cessione di Iveco a Tata Motors è un qualcosa di cui i lavoratori sono molto preoccupati. C'è un silenzio assordante e i lavoratori vogliono sapere che cosa ne sarà di loro nel medio e nel lungo periodo. Che questo Governo non abbia un piano industriale, non abbia una visione di lungo periodo sulle nostre eccellenze italiane è un fatto, ma non per questo devono pagare i lavoratori.
Come MoVimento 5 Stelle, in comune, a Suzzara è stata depositata anche un'istanza per un consiglio comunale aperto, a cui hanno aderito anche tutte le altre forze, come PD e AVS, ma in ogni caso quello che serve ai lavoratori è sapere che cosa ne sarà di loro.
Ma non soltanto questo. È importante anche capire cosa ne sarà dell'indotto. Un territorio come quello di Suzzara, per esempio, soffrirà tantissimo, se non ci sarà un futuro per questa azienda. E, chiudo, Presidente: Iveco è un'eccellenza, un'azienda storica del nostro Paese; ha sedi in tutta Italia - penso a Torino, penso a Brescia - e non è normale che non ci sia una visione per questa società da parte di questo Governo .
PRESIDENTE. Sono così terminati gli interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
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