FERDINANDO ADORNATO, legge il processo verbale della seduta dell'11 maggio 2015.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amici, Baldelli, Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sisto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’ al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2977-A: Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2014.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 5 giugno.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore e presidente della Commissione politiche dell'Unione europea, onorevole Michele Bordo.
MICHELE BORDO, . Signor Presidente, onorevoli colleghi, nonostante quella all'attenzione dell'Assemblea della Camera di oggi sia la terza legge europea dall'inizio di questa legislatura, purtroppo sono ancora molte le procedure di infrazione pendenti nei confronti dell'Italia: 97 quelle attualmente aperte, a fronte delle 91 che avevamo alla data di presentazione di questo provvedimento. È il segno del ritardo che spesso accumuliamo nel recepimento del diritto comunitario, degli interventi che qualche volta facciamo quando adeguiamo il nostro ordinamento, ma soprattutto della difficoltà del nostro Paese ad incidere nella fase ascendente, ossia nella fase in cui nascono le norme europee. Così facendo, però, non solo esponiamo l'Italia a condanne pecuniarie di ingente entità, ma contribuiamo a logorare spesso la nostra immagine e credibilità a livello comunitario, con il rischio di vanificare gli stessi risultati dello sforzo di cambiamento avviato dal Governo, volto non soltanto a garantire un rilancio dell'economia e del tessuto produttivo nel nostro Paese, anche in linea con le indicazioni europee, ma anche a fargli mantenere un alto profilo di affidabilità, assolutamente necessario per essere protagonisti nei processi decisionali europei.
La legge oggi all'attenzione dell'Aula, che il Governo ha presentato lo scorso 19 marzo, si inserisce, tuttavia, nel percorso virtuoso portato avanti fino a questo momento dal legislatore italiano per risolvere il più ampio numero di contenziosi pendenti. C’è obiettivamente un'inversione di tendenza in questa legislatura per quanto riguarda l'adeguamento del nostro diritto interno a quello comunitario rispetto a quanto avveniva negli anni scorsi. C’è ancora tanto da fare, come dimostrano le decine di contenziosi ancora aperti tra l'Italia e la Commissione europea, ma siamo sulla buona strada e abbiamo fatto, rispetto al passato, molti passi avanti.
Con l'approvazione di questa legge europea, in particolare, chiudiamo quattordici procedure di infrazione e nove casi di precontenzioso e diamo tempestiva e diretta attuazione a due decisioni e ad una direttiva dell'Unione europea, prevenendo l'insorgere di eventuali nuovi contenziosi.
Vorrei ricordare che in sede referente sono stati presentati oltre cinquanta emendamenti e che, grazie allo sforzo congiunto di tutte le Commissioni parlamentari, il disegno di legge è stato oggetto di significative modifiche e numerose integrazioni, che hanno arricchito il testo inizialmente presentato dal Governo, che conteneva ventuno articoli e mirava alla chiusura di diciotto casi di contenzioso e precontenzioso, per renderlo più idoneo a superare i rilievi formulati dalla Commissione europea.
Nel merito, il testo sottoposto all'attenzione dell'Assemblea si compone di ventotto articoli relativi a disposizioni eterogenee, che investono ambiti di competenza diversi. L'articolo 1 interviene in materia di libera circolazione delle merci, abrogando la disciplina relativa alla commercializzazione degli apparecchi ricevitori per la televisione in tecnica analogica.
Numerose disposizioni riguardano la libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali. L'articolo 2 interviene in materia di importazione di prodotti petroliferi da Paesi terzi, abrogando la prevista autorizzazione del Mise.
L'articolo 3 modifica il codice delle comunicazioni elettroniche per semplificare il regime autorizzatorio per la fornitura dei servizi di connettività a banda larga a bordo delle navi.
L'articolo 4 novella il testo unico dei servizi di audiovisivi e radiofonici, consentendo l'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze radio analogiche in onde medie anche a soggetti nuovi entranti.
L'articolo 5 interviene in materia di diritti amministrativi nel settore delle comunicazioni elettroniche, introducendo l'obbligo per il Mise e per l'Agcom di presentare un rendiconto annuale dei costi amministrativi sostenuti e dei diritti amministrativi riscossi, modificando la disciplina normativa e la misura dei diritti amministrativi dovuti dalle imprese all'Agcom e al Mise.
L'articolo 6 rivede i criteri di esclusione dai limiti di affollamento pubblicitario dei cinematografici di origine europea.
L'articolo 7, con riferimento alle domande di brevetto o di marchio, abolisce la necessità di indicare o eleggere un domicilio in Italia.
L'articolo 8 disciplina le scadenze degli affidamenti diretti di servizi pubblici locali non conformi alla normativa europea.
In materia di giustizia e sicurezza, l'articolo 9 apporta modifiche alla disciplina dell'immigrazione e dei rimpatri. In particolare, prevede che il cittadino extracomunitario in possesso di un regolare permesso di soggiorno rilasciato da un altro Stato dell'Unione europea che si trattiene nel territorio nazionale oltre i tre mesi consentiti dalla legge, se non ottempera immediatamente all'ordine di ritornare nello Stato membro, viene espulso forzatamente nello Stato d'origine o provenienza, e non nello Stato che ha rilasciato il permesso di soggiorno.
In materia di trasporti, l'articolo 10 interviene sui requisiti per il rilascio delle patenti di guida e sui requisiti richiesti agli esaminatori, nonché provvede all'eliminazione di alcune limitazioni alla guida dei minorenni titolari di patente.
Numerose sono le disposizioni in materia di fiscalità, dogane e aiuti di Stato. L'articolo 11 interviene sulla disciplina dell'IVA all'importazione su merci di valore modesto.
L'articolo 12 modifica la disciplina IVA degli acquisti e delle cessioni intracomunitarie per consentire la corretta determinazione del luogo di imposizione.
Al fine di dare piena esecuzione alle disposizioni europee e nazionali in materia di monitoraggio, pubblicità e trasparenza degli aiuti di Stato, l'articolo 13 istituisce un Registro nazionale degli aiuti, per raccogliere informazioni e consentire i necessari controlli in ordine agli aiuti di Stato e agli aiuti concessi alle imprese a valere su risorse pubbliche.
L'articolo 14 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri l'adempimento degli obblighi di monitoraggio e informazione alla Commissione europea in materia di servizi di interesse economico generale, intendendosi come tali le attività commerciali che assolvono missioni di interesse generale.
Alcune disposizioni, poi, intervengono in materia di lavoro e di politiche sociali. L'articolo 15 dispone in merito alla salute e sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili.
L'articolo 16 interviene sulla disciplina dei lavoratori marittimi, modificando la nozione di «armatore» e individuando, nel settore marittimo, i lavori vietati ai minori.
L'articolo 17 consente ai cittadini dell'Unione europea e ad altri soggetti specificamente individuati di cumulare i periodi assicurativi maturati presso le organizzazioni internazionali.
In materia di salute pubblica e sicurezza alimentare, l'articolo 18 interviene sul sistema di identificazione degli animali della specie bovina negli scambi intracomunitari, traspondendo nell'ordinamento nazionale la direttiva 2014/64/UE.
Gli articoli da 19 a 21 contengono disposizioni in materia ambientale. L'articolo 19 modifica la disciplina relativa alla cattura di uccelli a fini di richiamo, che potrà essere svolta solo con mezzi o metodi di cattura non vietati dalla direttiva 2009/147/UE. L'articolo 20 prevede che il divieto di commercializzazione di specie di uccelli viventi riguardi gli esemplari di tutte le specie di uccelli europei tutelati dalla direttiva 2009/147/UE e non solo di quelle presenti in Italia, anche se importate dall'estero.
L'articolo 21 contiene una serie di modifiche puntuali alla disciplina degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio contenuta nel codice ambientale, ampliando l'ambito di applicazione della disciplina, che ricomprende tutti i produttori o gli utilizzatori di imballaggi o rifiuti di imballaggio. Inoltre, la disciplina relativa alle modalità di progettazione e di produzione degli imballaggi si applica a tutti gli imballaggi immessi sul mercato dell'Unione europea.
Si garantisce l'immissione sul mercato nazionale degli imballaggi conformi alla disciplina dettata dal codice ambientale dalla direttiva o da altre disposizioni della disciplina europea. Infine, si modificano le norme in materia di presunzione di conformità ai requisiti essenziali per gli imballaggi.
È stato inserito un nuovo capo dedicato alle disposizioni in materia di energia. L'articolo 22 interviene sul decreto legislativo n. 102 del 2014 di recepimento della direttiva europea sull'efficienza energetica, per integrarne le definizioni e introdurre una disposizione a tutela dei consumatori di energia.
L'articolo 23 interviene sull'obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio greggio o di prodotti petroliferi, posto dalla direttiva 2009/119/UE e recepito con il decreto legislativo n. 249 del 2012, che introduce il vincolo aggiuntivo della detenzione sul territorio italiano di alcuni tipi di scorte, contestato dalla Commissione europea.
L'articolo 24 apporta numerose modifiche al decreto legislativo n. 93 del 2011, di recepimento del cosiddetto «terzo pacchetto energia» con riguardo al rafforzamento dei poteri dell'Autorità per l'energia e alla sua indipendenza dal Ministero dello sviluppo economico, nonché alla tutela dei consumatori che cambiano fornitori di energia elettrica e gas naturale.
In tema di protezione civile, l'articolo 25 reca disposizioni concernenti il meccanismo unionale di protezione civile per assicurare la partecipazione dell'Italia all'organizzazione della capacità europea di risposta emergenziale.
Tra le altre disposizioni vi sono l'articolo 26, che è volto alla costituzione di un fondo finalizzato a consentire il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea, e l'articolo 27, che modifica in più punti le disposizioni della legge n. 234 del 2012, intervenendo sulle norme relative ai criteri di nomina del segretario del comitato interministeriale per gli affari europei, ai termini per l'esercizio delle deleghe legislative conferite con legge di delegazione europea e alla procedura di attuazione di atti di esecuzione dell'Unione europea contenenti norme di adeguamento tecnico.
Infine, l'articolo 28 reca la clausola d'invarianza finanziaria, fatta eccezione per gli articoli 17 (relativo al cumulo dei periodi di assicurazione svolti presso organizzazioni internazionali) e 26 (relativo al Fondo per il recepimento della normativa europea).
Voglio richiamare, in conclusione, l'intenso lavoro che è stato svolto da tutte le Commissioni in sede consultiva e dalla Commissione politiche dell'Unione europea, in particolare, che si è incentrato sull'esigenza di garantire la coerenza dei testi e delle modifiche ad essi apportate, con i contenuti propri dello strumento legislativo in questione, così come definito dalla legge n. 234 del 2012. Questo impegno per il quale, ovviamente, intendo ringraziare tutti i colleghi deputati, i funzionari della Camera, in particolare quelli che lavorano con la XIV Commissione, si è concretizzato nel rigore con il quale sono state valutate le proposte emendative, al fine di non consentire che nel provvedimento potessero essere inserite disposizioni estranee al suo contenuto proprio, come troppe volte è avvenuto in passato nell'esame parlamentare delle leggi comunitarie.
Non abbiamo, quindi, ritenuto di dover approvare quelle disposizioni che andavano oltre l'esigenza di dare soluzioni alle specifiche contestazioni mosse all'Italia dalla Commissione europea, che utilizzano lo strumento della legge europea per rispondere ad ulteriori esigenze e finalità. Confido che a queste esigenze di rigore si possa accompagnare una celere approvazione del provvedimento, che – sottolineo – contiene misure che forniscono un quadro soddisfacente dell'impegno assunto dal nostro Paese con la legge europea 2014.
Auspico, pertanto, una rapida approvazione da parte della Camera della legge europea 2014, che oggi cominciamo a discutere, che assume carattere di particolare importanza ed urgenza per definire una serie di procedure già aperte e per prevenirne l'apertura di nuove, ma soprattutto rappresenta un segnale dell'impegno del nostro Paese nel rispondere con efficacia e rapidità ai propri doveri quale Stato membro dell'Unione europea.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
È iscritta a parlare l'onorevole Elvira Savino. Ne ha facoltà.
ELVIRA SAVINO. Grazie, Presidente. Il disegno di legge governativo al nostro esame è uno strumento normativo che, in particolare, contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea che hanno dato luogo a procedure di pre-infrazione, avviate nel quadro del sistema di comunicazione EU PILOT, e di infrazione, laddove il Governo abbia riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi dalla Commissione europea.
Il disegno di legge europea 2014, presentato il 19 marzo 2015 alla Camera dei deputati, conteneva ventuno articoli ma, dopo l'approvazione di una serie di emendamenti di relatore e Governo, è arrivato a contarne ventotto, come ci ha illustrato il relatore.
Certo, siamo lontani dal carrozzone che si creava prima del varo nel 2012 della legge n. 234 sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa delle politiche dell'Unione europea. Tuttavia, se pensiamo che ora sono due gli strumenti a disposizione del Governo per recepirle, di cui uno addirittura ripetibile nel corso dell'anno nel caso in cui vi siano appunto nuove procedure di infrazione da sanare, non si capisce come mai sia necessario ogni volta inserire nuove disposizioni da parte del Governo e della maggioranza, a neppure due mesi dal varo del provvedimento in Consiglio dei ministri.
Quest'anno, per la prima volta, i disegni di legge governativi di recepimento della normativa europea e quello di delega sono stati presentati separatamente, uno alla Camera e uno al Senato, togliendo la possibilità di procedere in un modo più razionale ed evitando sovrapposizioni tra la fase ascendente e quella discendente, o meglio impedendo, di fatto, un coordinamento tra i due atti.
Ritengo sia esemplificativo il fatto che il provvedimento al nostro esame prevede all'articolo 9 – come ci ha poco fa illustrato il relatore – che lo straniero, cittadino di uno Stato extra-UE, in possesso di un regolare permesso di soggiorno rilasciato da un altro Stato dell'Unione europea, che si trattiene nel territorio nazionale oltre i tre mesi consentiti dalla legge, se non ottempera immediatamente all'ordine di ritornare nello Stato membro, viene espulso forzatamente nello Stato di origine o provenienza e non nello Stato che ha rilasciato il permesso di soggiorno, come attualmente prevede la legge.
Il rimpatrio forzato dello straniero verso lo Stato membro dell'Unione che ha rilasciato il titolo di soggiorno e non verso il Paese terzo di origine dell'interessato è possibile solo in caso di intese o accordi bilaterali di riammissione già operativi prima del 13 maggio 2009, ossia alla data di entrata in vigore della direttiva 2008/115/UE (cosiddetta direttiva rimpatri).
In contemporanea al Senato veniva approvato il disegno di legge di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione degli altri atti dell'Unione europea – la legge appunto di delegazione europea 2014, che arriverà in Commissione presso la Camera dei deputati alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) nei prossimi giorni – che reca tra le direttive da attuare la direttiva 2014/66/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intra-societari, il cui termine di recepimento è il 29 novembre 2016. Mi chiedo: non era possibile risolvere la questione direttamente e organicamente con la delega, visto che la direttiva 2008/115/UE, cosiddetta appunto direttiva rimpatri, è ancora nella fase di messa in mora ?
A livello di metodo non ritengo opportuno poi l'inserimento, dovuto all'approvazione di un emendamento del relatore – ma molto più probabilmente si dovrebbe dire del Governo – dell'articolo 27, introdotto durante l'esame in Commissione, che modifica in più punti le disposizioni della legge n. 234 del 2012, sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
In particolare, il comma 1 interviene sulle norme contenute all'articolo 2 (Comitato interministeriale per gli affari europei), all'articolo 31 (Procedure per l'esercizio delle deleghe legislative conferite dal Governo con la legge di delegazione europea) e all'articolo 36 (Attuazione di atti di esecuzione dell'Unione europea) della legge n. 234 del 2012.
Più specificamente, la lettera introduce anche criteri per la nomina del segretario del CIAE (Comitato interministeriale per gli affari europei).
Il nuovo comma 9- dell'articolo 2 ne prevede la nomina con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari europei, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, con riferimento agli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, e dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 303 del 1999, tra persone di elevata professionalità e di comprovata esperienza, introducendo un ulteriore ambito discrezionale a quelli che ormai si arroga autonomamente il Presidente del Consiglio.
Peraltro, in base alla disciplina vigente, il Comitato opera al fine di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione di atti dell'Unione europea e di consentire il puntuale adempimento dei compiti di cui alla legge n. 234 del 2012, tenendo conto degli indirizzi espressi dalle Camere.
La lettera modifica il termine per l'adozione dei decreti legislativi di attuazione delle direttive oggetto di delega, conferite con la legge di delegazione europea. Viene stabilito, in particolare, un termine di quattro mesi, antecedenti quelli di recepimento indicati in ciascuna delle direttive, in luogo dell'attuale termine di due mesi, anche se questo serve per consentire il completamento delle procedure relative all'espressione dei pareri previsti e la pubblicazione del decreto legislativo entro i termini di scadenza per l'attuazione delle direttive nell'ordinamento nazionale, anche al fine di evitare l'avvio di procedure di contenzioso da parte della Commissione europea per mancato recepimento.
La lettera numero 1), estende, agli atti dell'Unione europea contenenti adeguamenti tecnici, la disciplina di attuazione in via regolamentare prevista attualmente dall'articolo 36, comma 1, per gli atti di esecuzione non autonomamente applicabili.
La lettera numero 2), introduce, per gli atti dell'Unione europea contenenti adeguamenti tecnici e per gli atti di esecuzione, l'esercizio del potere sostitutivo statale nei confronti delle regioni e delle province autonome. Si tratta del nuovo comma 1- dell'articolo 36. Sebbene l'intervento statale in questo caso sia previsto al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia di questi enti, regioni e province autonome, nel dare attuazione a norme dell'Unione europea e si attivi a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della pertinente normativa europea e nonostante questi atti statali perdano comunque efficacia alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione o provincia autonoma e abbiano, appunto, un carattere cedevole, in queste norme si toccano alcuni passaggi molto delicati della nostra Costituzione ed in particolare quelli relativi all'articolo 117, sulla ripartizione delle competenze tra Stato e regioni.
Devo, inoltre, sottolineare come io ritenga assolutamente non pertinente l'inserimento di tale articolo in un disegno di legge che si dovrebbe occupare, in particolare, di disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea per il 2014 e, comunque, nella fase discendente del processo di implementazione delle direttive comunitarie e non della legge che ha riformato l'adeguamento della normativa italiana a quella comunitaria dopo un lungo ed adeguato esame parlamentare .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tancredi. Ne ha facoltà. Non vedo in Aula l'onorevole Tancredi, quindi presumo che vi abbia rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Battelli. Ne ha facoltà.
SERGIO BATTELLI. Grazie Presidente, come è stato precedentemente ricordato dai miei colleghi, la legge che ci apprestiamo a discutere contiene 28 diversi articoli, volti ad incidere su 15 procedure di infrazione e 9 di pre-infrazione e che coprono tematiche variegate e dissimili tra loro come, ad esempio, le importazioni di petrolio finito, lo stoccaggio delle riserve petrolifere, l'utilizzo di richiami vivi, la protezione dei lavoratori, il cumulo dei periodi assicurativi svolti presso organizzazioni internazionali a fini pensionistici e molto altro sul quale non vorrei dilungarmi per non ripetere quanto già detto.
Si tratta di norme di diretta attuazione, volte a garantire una corretta rispondenza dell'ordinamento nazionale con le normative europee. L'obiettivo è – o almeno dovrebbe essere nella del provvedimento – sanare i casi di parziale o non corretto recepimento della normativa europea, per cui sono state avviate procedure di infrazione o di pre-infrazione, denominate EU pilot.
Vorrei iniziare proprio soffermandomi su quest'ultimo elemento. In effetti, sarebbe auspicabile che presto, il prima possibile, non ci sia più necessità di discutere e approvare leggi europee in questo Parlamento. Infatti, se il Governo facesse il proprio dovere in modo efficace ed efficiente e recepisse correttamente, nei tempi giusti le direttive europee, potremmo non avere alcuna necessità di esaminare leggi come quella attuale.
Ed invece ci troviamo nella situazione in cui l'Italia ha attualmente aperte ben 97 procedure di infrazione, di cui 74 per violazione del diritto dell'Unione e 23 per mancato recepimento delle direttive. E si ricordi che questi dati non tengono in considerazione le già ricordate procedure di pre-infrazione EU pilot, sulle quali mi soffermerò tra poco. Questo Governo, che si è impegnato a ridurre drasticamente il numero delle procedure, non sembra invece essere molto efficiente in tal senso, dato che la sussistenza di 97 procedure aperte ci posiziona indubbiamente nella europea e che anche il e la velocità di risoluzione non sono certo invidiabili.
Il nostro interesse, come Movimento, nel sanare procedure di infrazione ed evitare l'apertura di nuove procedure non deriva certo dalla voglia di fare i bravi scolaretti. In questo i Governi che si sono succeduti sino ad oggi hanno dimostrato di essere sin troppo bravi, anche dove sarebbe stato auspicabile fare diversamente.
Ricordiamo, perché non è mai superfluo e ridondante farlo, il l'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, i tagli e le politiche economiche restrittive quando si necessitava esattamente di fare il contrario. Perché quando ci sono norme favorevoli a cittadini, imprese, consumatori, ambiente, recepiamo le stesse in forte ritardo o non correttamente e, come detto, quando c’è da strozzare un Paese invece si è sempre pronti ad adeguarsi alle posizioni della Merkel ? Qual è, quindi, in questo contesto l'interesse reale del cittadino ? Evitare sprechi di denaro pubblico, che dovrebbero andare ad incrementare i servizi al cittadino e migliorare il livello dello Stato sociale di questo Paese o vivere in un Paese che non fa altro che favorire le banche, azzoppare i servizi, sperperare denaro pubblico e cancellare i diritti con un tratto di matita ? Oppure continuare a spendere i soldi pubblici in sanzioni dell'UE, ovvero in nuovi e del tutto inutili esborsi da versare alle casse dell'Europa ? Un esempio su tutti è la sentenza con cui la Corte di giustizia dell'UE ha inflitto al nostro Paese, per la non attuazione di una sentenza del 2007 sui rifiuti in discarica, una sanzione pecuniaria consistente in una somma forfettaria di 40 milioni di euro a cui si deve aggiungere una penalità di poco più di 42 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla citata sentenza.
Da anni ormai in Europa il ciclo dei rifiuti prevede una gerarchia di trattamento che lascia solo come ultimissima soluzione l'incenerimento e l'interramento in discarica, mentre in questo Paese queste ultime sembrano rappresentare invece la priorità massima, come testimonia lo «sblocca Italia» che vi siete votati, dove gli inceneritori diventano la panacea di tutti i mali. E la nostra politica dei rifiuti è in netta antitesi con le politiche comunitarie in materia, politica da cui discende la già citata sentenza della Corte di giustizia. Il MoVimento si impegna ogni giorno, sia sul territorio, contribuendo ad eliminare alla radice le cause di inadempienza, e, contemporaneamente, in quest'Aula, cercando di far quanto in suo potere per sanare le procedure di infrazione e non dover vedere moltiplicarsi le condanne come quella precedentemente ricordata.
Parrebbe evidente e di buonsenso, quindi, che un provvedimento come quello in esame dovrebbe essere il più possibile condiviso, perché gli obiettivi sono comuni. Un esempio su tutti spiega la situazione in cui dobbiamo lavorare come opposizione. Come si può contribuire efficacemente su questo provvedimento senza avere la piena e totale disposizione delle spiegazioni e delle analisi che la Commissione europea invia all'Italia per descrivere le stesse infrazioni ? Il Governo ha sì, come suo obbligo, trasmesso le procedure di infrazione e pre-infrazione alla Camera, ma ha utilizzato per tutte la possibilità di segretarle, il che significa per poterle consultare noi dovevamo andare in XIV Commissione, rendendo estremamente complicato lavorare su queste cose. Era molto complicato. Trasparenza, questa sconosciuta: cosa avete da nascondere voi, Governo, che siete lì perché vige un rapporto fiduciario con le Camere, a noi rappresentanti del popolo e organo sovrano dell'Italia ? Abbiate il coraggio delle vostre azioni. Queste carte devono essere pubbliche; tutti i cittadini hanno il diritto di sapere che cosa vi dite con l'Europa e per quale motivo ci tirano le orecchie come se fossimo bambini disobbedienti. Sappiamo che non darete mai una risposta seria a questo, perché voi risposte serie siete abituati a non darle quasi mai. Eppure non si chiede molto; si chiede di collaborare tra legislatore ed esecutivo, tra cittadini e Governo, per risolvere queste controversie. A maggior ragione risulterebbe importante un clima collaborativo dato che è da sottolineare il crescente rilievo assunto dal sistema EU Pilot.
Nel nostro Paese le domande e i dubbi sollevati dalla Commissione europea vengono indirizzati al Dipartimento per le politiche europee e, pertanto, gestite direttamente dal Governo che dovrebbe coinvolgere, come previsto dalla legge n. 234 del 2014, anche il Parlamento e dovrebbe riferire a questo in merito agli sviluppi di queste procedure, ma nella pratica questi obblighi di collaborazione tra Governo e Parlamento non vengono rispettati. E proprio in questo contesto sarebbe opportuno ricordare come è auspicabile potenziare l'azione di coordinamento delle amministrazioni nazionali, centrali e territoriali, e la vigilanza nei confronti delle amministrazioni competenti per materia, favorendo la collaborazione con la Commissione europea, anche nella fase di predisposizione dei progetti normativi di adeguamento, informando e coinvolgendo in senso attivo il Parlamento delle questioni su cui intenda contestare le argomentazioni addotte dalla Commissione europea, al fine di avviare un negoziato, al termine del quale recepire in tempi rapidi e con adeguati decreti legislativi le normative.
Come se questo clima poco trasparente non fosse sufficiente a rendere disagevole il nostro lavoro, addirittura i rappresentanti del Governo pensano di poterci abbindolare. Durante la discussione sull'articolo 23 (Disposizioni relative allo stoccaggio di scorte petrolifere), che ricordo è un aggiuntivo del Governo e, perciò, presentato solo successivamente al testo, senza alcuna spiegazione di sorta, con il sottosegretario presente avevamo dei dubbi come MoVimento perché secondo noi non andava a sanare una procedura di infrazione.
Quindi, io chiesi tranquillamente al sottosegretario, che non era il sottosegretario presente qui in Aula, ma l'altro... . No, non ce l'ho con lei, era l'altro, sì. Gli chiesi se mi poteva dare delle spiegazioni perché il Governo era lì presente, quindi io come opposizione volevo delle spiegazioni in merito ad un emendamento presentato dal Governo e, dopo la mia domanda, questi, che obiettivamente era in difficoltà perché non sapeva assolutamente che cosa rispondere, mi disse: voi dovete fare un atto di fede al Governo tant’è che, ho alzato le mani, mi sono girato dal mio collega e gli ho detto: ha veramente detto atto di fede il Governo ? E mi hanno confermato che veramente aveva detto così e quindi questo fa capire un po’ in che ambiente stiamo lavorando. Nonostante tutto questo, quello che auspico in questa sede, il mio invito al Governo, è di stabilire una collaborazione più stretta, di iniziare a lavorare veramente di comune accordo per il bene dei cittadini, per evitare l'apertura di ulteriori procedure...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Battelli. Per favore...
SERGIO BATTELLI. Vorrei poi concludere con l'ulteriore auspicio: poter, come Camera e come Parlamento, ossia come rappresentanti dei cittadini, contribuire più efficacemente alla formazione delle norme europee. L'Europa, almeno quella che vogliamo come MoVimento, non è un'entità separata, ma è quella che ognuno di noi, come cittadino, costruisce. L'Europa che desideriamo, quella dei cittadini e a servizio di questi ultimi, dobbiamo costruirla insieme. E per far ciò è arrivato il momento di smettere di vivere l'UE come una macchina burocratica che fa calare norme dall'alto.
A quelle norme dobbiamo contribuire con molta più forza, a scriverle, per colmare il democratico di cui tutti parlano, ma che pochi sembrano aver davvero compreso, e per far sì che questa diventi davvero l'Europa dei popoli, e non l'Europa delle banche, nella quale si sta trasformando. Un'Europa dei popoli, dove la Grecia e l'Italia non siano al centro del dibattito solo quando si parla di debito pubblico, di inadempienze, di ma siano i promotori del dibattito e delle politiche volte ad affrontare l'imprescindibile necessità di incrementare la produttività e la competitività delle aziende, soprattutto PMI, che sono la colonna portante del nostro Paese, come è bene ricordare sempre, e di migliorare il livello del . Un'Europa in cui l'Italia non venga mai più lasciata sola a gestire l'emergenza immigrazione, dove i diritti umani vengano prima dei bisogni delle banche. Un'Europa dei popoli che si fonda sui capisaldi della solidarietà, cooperazione, e democrazia diretta.
I cittadini devono assumere un ruolo da protagonisti sulla scena europea, che ci renda capaci di dare questa svolta di cambiamento all'Europa, devono sentirsi parte di una comunità e non utenti di un sistema bancario e finanziario che controlla i nostri Paesi.
La possibilità di essere promotori di questo cambiamento passa, però, anche dalla capacità del nostro Paese di essere al passo con il processo di adeguamento interno alla normativa europea, dimostrando di essere in grado di compiere una svolta anche sul versante del numero di procedure di infrazione, di contenzioso e di precontenzioso con la Commissione europea.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Kronbichler. Ne ha facoltà.
FLORIAN KRONBICHLER. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, Viceministro, pudore vorrebbe che come prima cosa di fronte a questo provvedimento ci vergognassimo un po’ e compissimo un atto di penitenza: siamo la pecora nera nella famiglia dei Paesi dell'Unione europea, ovvero i primi per infrazioni e omissioni di norme europee, quindi teniamo il primato, ormai cronico, in negativo.
Premesso questo, affrontiamo con questo provvedimento l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2014. Ricordo che la legge europea è stata introdotta nel 2012 dalla legge n. 234, sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. Si tratta – mi rendo conto di essere un po’ ripetitivo in questo – dello strumento normativo che ha sostituito la legge comunitaria annuale, unitamente al disegno di legge di delegazione europea. La legge europea, in particolare, contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea che hanno dato luogo a procedure di pre-infrazione, avviate nel quadro del sistema di comunicazione EU Pilot, e di infrazione, laddove il Governo abbia riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi dalla Commissione europea.
Ad oggi sono state emanate due leggi europee, entrambe riferite all'anno 2013; si tratta della legge europea 2013 e della legge europea 2013-. Il disegno di legge europea 2014 è stato presentato il 19 marzo 2015 alla Camera dei deputati e oggi, dopo la trattazione nelle Commissioni, inizia il suo iter in Assemblea. Il disegno di legge di delegazione europea per l'anno 2014, invece, è stato presentato il 5 febbraio scorso al Senato e nei prossimi giorni inizierà, a sua volta, l'iter nelle Commissioni.
Vado ad evidenziare che il disegno di legge europea per l'anno 2014 mira a chiudere ben 11 procedure di infrazione e 7 casi di pre-infrazione (EU Pilot). Qui mi rendo conto che i conteggi fra di noi che interveniamo qui variano un po’, ma come succede con tutte le statistiche. Con riguardo allo stato del contenzioso europeo, dopo l'approvazione di questa legge europea, di procedure d'infrazioni pendenti a carico dell'Italia ne rimangono altre 91, di cui 75 per violazione del diritto dell'Unione europea e 16 per mancato recepimento di direttive.
Proprio il tema delle procedure di infrazione e i relativi costi sono oggi all'attenzione della politica che vuole ridurre le spese e migliorare l'efficienza dello Stato nel suo complesso e nel suo cammino verso l'integrazione legislativa e, di conseguenza, reale con il resto dei Paesi europei. Queste spese rappresentano un vero freno allo sviluppo di quelle politiche che mirano a creare le condizioni per uscire dalla crisi economica che ormai è considerata dai cittadini una specie di voragine che tutto inghiotte.
Oltremodo utile sarebbe, oltre uscire dalle procedure di infrazione in corso, evitare con tutti gli sforzi possibili di non entrare in quelle che si profilano dietro l'angolo e che nel disegno di legge che andiamo ad affrontare sono denominate con la sigla EU Pilot che, appunto, sta a indicare la loro imminente applicazione sotto forma di sanzione economica. EU Pilot significa non ancora infrazione, ma è il campanello di allarme che ci segnala il rischio di una infrazione. La Commissione UE ci chiede chiarimenti su situazioni sofferenti. I cittadini ci chiedono di fare presto, e di dare risposte ai problemi reali della vita quotidiana: questo ne è un esempio. Non possiamo e non vogliamo più permetterci di spendere tanti soldi in multe. Nessun imprenditore né alcuna famiglia di buon senso lo farebbe.
Questo Governo si vanta tanto di fare tutto presto e questa sarebbe appunto l'occasione giusta per dimostrarsi solerte, anche se l'impressione che sorge spontanea è che sulla legge elettorale, per esempio, si sia votato in seduta notturna, per la riforma della scuola i tempi sono stati strettissimi e, invece, per rimediare allo spreco delle multe per infrazione, in essere e venture, non regni la stessa frenesia. Si nota tutt'altro che fretta.
Per evitare di trovarci in futuro nella ormai nota, perché cronica, situazione di ritardi e costrizione di tempi, è fondamentale che Parlamento e Governo siano attori molto più presenti e attivi, non solo nella fase discendente di recepimento delle normative comunitarie, ma già nella fase ascendente di predisposizione degli atti e delle politiche dell'Unione europea. La legge n. 234 del 2012 ha definito strumenti importanti in questo senso. Le sue potenzialità è importante siano attuate in modo pieno e sistematico, a partire dall'obbligo, per esempio, per il Governo di assicurare che le posizioni rappresentate in sede di Consiglio siano coerenti con gli indirizzi delle Camere. Ciò vale dall'obbligo di consultazione delle Camere su accordi in materia finanziaria e monetaria, fino all'obbligo che il Governo informi le Camere sulle proposte di nomina o sulla designazione di membri italiani in istituzioni, organi e varie agenzie dell'Unione europea.
Siamo qui, a quasi metà giugno 2015, ad affrontare la legge europea per l'anno 2014 e, a seguire, ci occuperemo, già nei prossimi giorni, in Commissione, della legge di delegazione europea. Cioè, a metà del 2015 ci occupiamo della legge dell'anno scorso e quella di quest'anno è di là da venire: anche questo può essere molto migliorato e i margini sono ampi.
Il Governo deve lavorare, più convinto e fin da subito, su questo problema, per recepire entro febbraio, massimo marzo dell'anno prossimo, la prossima legge europea in maniera che le opposizioni possano costruttivamente apportare il proprio contributo emendativo.
Abbiamo ora davanti un testo, modificato in parte e anche migliorato, dal lavoro delle Commissioni, della nostra, la XIV, la Commissione per le politiche dell'Unione europea, in modo speciale.
Di questo va dato atto al presidente della Commissione, il collega Michele Bordo e alle sue collaboratrici di Commissione, nonché al sottosegretario Gozi qui presente, che ha sempre dimostrato grande disponibilità.
Cercheremo di migliorarlo ancora, a partire dai temi ambientali, ripresentando in Aula alcuni emendamenti che non hanno trovato l'assenso delle Commissioni. Essi necessitano di una riflessione corale perché non trattano solo di problematiche ristrette alla Commissione ambiente, ma della tutela del territorio comune in cui tutti viviamo.
In conclusione, gli atti in discussione vanno nella direzione dell'allineamento dell'Italia all'Europa, ma non consentono di recuperare il tempo perduto. Sta a questo Parlamento chiedere al Governo di recuperare un protagonismo positivo sin dalla fase ascendente in sede europea. Deve dare risposte adeguate ad un Paese che l'Europa ha voluto. In Europa noi ci vogliamo stare. E ci dobbiamo stare da protagonisti.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Camani. Ne ha facoltà.
VANESSA CAMANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il disegno di legge in esame, così come previsto dalla legge n. 234 e come specificato anche dal presidente Bordo, contiene una serie di norme di diretta attuazione volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea.
È un insieme normativo complesso ed articolato che si sostanzia in interventi diversi, in settori diversificati ed eterogenei, ma che si propone come finalità principale quella di offrire una risposta efficace alle procedure di infrazione, o almeno ad alcune di esse, che sono attualmente a carico del nostro Paese.
Questo provvedimento, dunque, si inserisce pienamente nello sforzo che Governo e Parlamento stanno cercando di portare avanti di concerto per una riduzione significativa e continua delle procedure di infrazione aperte nei nostri confronti dalla Commissione Europea accumulati in anni ed anni di immobilismo.
Seppure è vero, infatti, come ricordava il sottosegretario in audizione alla XIV Commissione, che la questione delle infrazioni vive di accelerazioni al rialzo ed al ribasso dovute alla consuetudine di aprire e chiudere procedure a pacchetto, è altrettanto evidente che il nostro Paese abbia avuto, ed ha ancora, la necessità di impiegare il massimo sforzo per rispondere con sempre maggior celerità e maggiore efficacia ai rilievi della Commissione Europea.
È perciò importante rilevare, in questo senso, come gli ultimi due Esecutivi si siano fortemente impegnati nel presentare in modo puntuale i disegni di legge in Parlamento in modo tale da contribuire in maniera significativa alla riduzione sistematica del contenzioso europeo.
Secondo l'ultimo aggiornamento fornito dal Dipartimento delle politiche comunitarie, infatti, il numero di procedure di infrazione pendenti a carico dell'Italia si attesta a 97 casi, di cui 74 per violazione dei diritto dell'Unione e 23 per mancato recepimento di direttive. Il numero in termini assoluti rimane oggettivamente ancora molto alto, ma analizzando il degli ultimi anni emerge chiaramente la tendenza alla riduzione.
Anche il fatto di aver scelto di utilizzare pienamente le novità introdotte in questo senso dalla legge n. 234 del 2012 rappresenta una decisione certamente faticosa ma, a nostro avviso, molto produttiva.
Mi riferisco, da un lato, alla scelta di utilizzare sia la legge europea sia la legge di delegazione allo scopo di dividere il momento del recepimento delle direttive da quello più stringente relativo al superamento delle procedure di infrazione o della fase pre-contezioso di U-Pilot e, dall'altro, alla volontà di avvalersi di due medesimi provvedimenti nel medesimo anno.
Non possiamo, dunque, a tale proposito che esprimere un profondo apprezzamento per la volontà del Governo di voler procedere anche per il 2014 alla presentazione di altri due provvedimenti di delegazione europea e di legge europea per il secondo semestre del 2014.
Se, dunque, la progressiva riduzione del contenzioso europeo rappresenta una finalità strategica del Governo per il Paese, da questo punto di vista la legge europea non può, e non deve, essere considerata limitatamente come un semplice intervento tecnico, ma anche come un efficace strumento politico attraverso cui gli obiettivi, i principi, i valori che stanno alla base del processo di integrazione europea si traducono in misure concrete.
La scelta fondante del Governo, fortemente sostenuta dal Partito Democratico, di impegnarsi con rigore e determinazione in questo percorso, come dimostra l'annunciata doppia presentazione di legge europea e di legge di delegazione, rappresenta uno strumento decisivo per la piena ed effettiva attuazione delle politiche europee.
L'impegno dell'Italia nel percorso di legittimazione delle istituzioni comunitarie si traduce anche nel rendere tangibile la capacità dell'Europa di rispondere meglio dei singoli Stati membri alle aspettative dei cittadini.
Questo provvedimento ha, dunque, anche la funzione di consentire ai cittadini italiani di poter beneficiare dei maggiori diritti e delle migliori garanzie che le normative europee prevedono. In questo senso, la capacità delle istituzioni nazionali di dare attuazione alla normativa o agli indirizzi europei risulta fondamentale per la costruzione della Comunità europea, elemento imprescindibile nel percorso di integrazione comunitaria.
La volontà di voler definire con sistematicità il contenzioso europeo è confermata anche dalla decisione di intervenire con questo provvedimento non solo sui casi di infrazione, in cui il Governo ha riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi dalla Commissione europea, ma anche sui casi di procedure di pre-infrazione, cioè all'interno di quel sistema di comunicazione e cooperazione tramite il quale la Commissione trasmette le richieste di informazione agli Stati membri al fine di assicurare la corretta applicazione della legislazione europea, senza dover necessariamente ricorrere all'apertura di una vera e propria procedura di infrazione. La decisione, dicevo, di intervenire per via normativa in questa fase di confronto conferma l'approccio collaborativo del Governo nei confronti delle istituzioni comunitarie.
Nello specifico, il provvedimento in questione affronta e si propone di risolvere un numero rilevante di procedure aperte e, cioè, giusto per riportare i dati effettivi sulla base dell'ultimo testo uscito dalla Commissione, in particolare 14 procedure di infrazione e 9 casi U-Pilot, per un totale di 28 casi di contenzioso.
In particolare: al capo I si interviene in materia di libera circolazione delle merci con disposizioni che favoriscono la libera concorrenza nel mercato unico europeo e con disposizioni di politica commerciale; al capo II si interviene in materia di libera circolazione di persone, servizi e capitali, introducendo principi per la semplificazione e la trasparenza; al capo III si interviene in materia di giustizia e sicurezza, precisando alcune previsioni previste relative alla cosiddetta direttiva rimpatri; al capo IV si interviene in materia di trasporti; al capo V si interviene in materia di fiscalità e aiuti di Stato, intervenendo in riferimento alla disciplina dell'IVA e per garantire una maggior trasparenza in riferimento al monitoraggio degli aiuti di Stato; al capo VI si novella la disciplina in materia di lavoro e di politiche sociali, estendendo alcune tutele ai lavoratori, per esempio a quelli dei cantieri temporanei e mobili o al lavoro marittimo e, dall'altro, intervenendo sulla disciplina del cumulo dei periodi assicurativi; al capo VII si interviene in materia di salute pubblica e di sicurezza alimentare; al capo VIII si interviene in materia ambientale.
In questo senso, si torna a quell'auspicio di risolvere definitivamente le relative procedure di contenzioso sulla disciplina relativa alla cattura di uccelli a fini di richiamo, vietando l'utilizzo delle reti, e sulla questione relativa al commercio di specie di uccelli viventi, prevedendo che il divieto di commercializzazione riguardi gli esemplari di tutte le specie di uccelli europei tutelate dalla direttiva 2009/147.
Al capo IX si interviene in materia di energia e, in particolare, da un lato, in materia di stoccaggio di scorte di prodotti petroliferi e, dall'altro, con alcune disposizioni finalizzate alla corretta attuazione del terzo pacchetto energia.
Inoltre, a questo proposito, preme segnalare che, in fase di discussione in Commissione, è stato accolto un emendamento proposto dal MoVimento 5 Stelle volto a superare la procedura di infrazione n. 2014/2284, che concerne l'incompleto recepimento della direttiva 2012/27 sull'efficienza energetica.
Voglio sottolineare questo episodio perché evidentemente anche il MoVimento 5 Stelle, quando non è preso dalla polemica dell'Aula, e cioè all'interno della Commissione, riesce tranquillamente e senza grosse difficoltà a fornire dei suggerimenti utili alla discussione e ai contenuti del provvedimento.
In questo caso in particolare, pur riconoscendo che le disposizioni previste dal testo emendativo corrispondono alle richieste della Commissione europea nella procedura di infrazione, va ricordato l'impegno del Governo, assunto appunto in Commissione, di voler predisporre un decreto legislativo per poter corrispondere più compiutamente ai rilievi della Commissione a tale riguardo.
Il capo X è in materia di protezione civile e, infine, il capo XI contiene importanti provvedimenti che modificano la legge n. 234.
Un provvedimento, dunque, come sottolineato in precedenza, complesso e articolato che arriva oggi in Aula a seguito di un lavoro approfondito e rigoroso avvenuto nella Commissione referente e in tutte le Commissioni chiamate ad esprimersi; un lavoro, dicevo, che ha prodotto un testo certamente migliorato rispetto alla formulazione iniziale, arricchito dal contributo costruttivo di molte forze politiche, dal gruppo del Partito Democratico certamente, ma anche dagli interventi del MoVimento 5 Stelle, di Sinistra Ecologia Libertà, che ha prodotto un risultato certamente positivo anche grazie alla disponibilità del Governo e del sottosegretario Gozi in particolare di voler sempre ricercare insieme a tutti le soluzioni migliorative.
Ho già citato, a questo proposito, l'intervento emendativo in riferimento all'articolo 22 sull'efficienza energetica, ma vorrei ricordare anche il lavoro di confronto concertato tra Governo e Parlamento in riferimento all'articolo 5, relativo ai costi amministrativi a carico dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica. Un lavoro che ha condotto ad un ottimo livello di mediazione pervenendo a modifiche migliorative del testo con particolare riferimento alla questione dei diritti d'uso delle radiofrequenze AM e la rimodulazione dei relativi contributi.
Con questo atto dunque, nella cornice politica descritta, si prosegue nel percorso di recupero di credibilità e di affidabilità in sede europea intrapreso dal nostro Paese.
La serietà, la velocità e la costanza con cui l'Italia gestisce il contenzioso comunitario rappresentano un elemento fondamentale per aumentare la nostra influenza nei rapporti della Comunità europea. Sono, infatti, numerosi i fronti aperti sui quali l'Unione è chiamata oggi a misurarsi e la capacità dell'Italia di esercitare in questa fase un ruolo da protagonista sarà determinante.
Appare evidente che la domanda di forte cambiamento che si leva dai cittadini europei, incrociata con la violenta crisi economica e con lo scenario internazionale caratterizzato da forte instabilità, impongono alle istituzioni europee un radicale cambiamento.
L'impegno del nostro Paese, cominciato con la Presidenza italiana, per cercare di tradurre le tensioni in atto in una comune e positiva volontà di riscatto è stato ed è tanto più efficace quanto più saremo in grado di rafforzare la nostra credibilità e la nostra affidabilità in Europa.
Crescita ed investimento stanno diventando le nuove parole chiave del dibattito europeo. Anche grazie all'impulso italiano, è stato possibile trovare un vasto concorso su una nuova strategia e un nuovo approccio nella politica economica dell'Unione europea. Ma la ripresa non è ancora consolidata e il rilancio della crescita e dell'occupazione in Europa può realizzarsi solo attraverso una serie di misure rigorose su cui si impegnano tutti gli Stati membri.
L'Italia intende continuare a fare la sua parte e l'approvazione di questa legge europea, così come il percorso fatto di riforme strutturali, di incentivi al lavoro, di politiche di sostegno agli investimenti, sono gli strumenti con cui l'Italia vuole dimostrare tutta la sua serietà e la sua determinazione.
Non è un caso, infatti, che molti dei settori sui quali si interviene con questi provvedimenti siano anche gli ambiti nei quali l'Italia in questi mesi ha speso le maggiori energie. In primo luogo, con l'impegno sistematico per reindirizzare l'Unione europea verso l'economia reale, al fine non soltanto di aumentare la competitività, ma anche per combattere l'esclusione rafforzando la dimensione sociale dell'Unione monetaria europea. E da qui, il contributo alla revisione della strategia Europa 2020 e la promozione di una politica industriale che privilegi la piccola e media industria, la tutela della proprietà intellettuale e la valorizzazione della qualità dei prodotti.
In secondo luogo, l'Italia ha garantito un sostegno politico forte per migliorare la capacità di risposta e di intervento dell'Unione su tutti i principali teatri di crisi del vicinato europeo, con uno sguardo attento e preoccupato sul versante orientale.
E ancora: in tema di politica economica e finanziaria, con il protagonismo dell'Italia nel garantire un giusto equilibrio tra la disciplina di bilancio, da un lato, e le esigenze di crescita, occupazione e coesione dall'altro. Con la consapevolezza che le possibilità di ripresa passano anche attraverso la capacità degli Stati membri di rafforzare la competitività e il mercato unico europeo per costruire un clima più favorevole alle opportunità di investimento.
Da questo punto di vista, sono fondamentali gli interventi volti ad armonizzare la fiscalità europea, con particolare riguardo al miglioramento del sistema dell'IVA, al fine di renderlo più solido e più semplice per gli operatori economici. E poi, vi è il grande tema del Mediterraneo e dei fenomeni migratori, in cui, proprio in questa settimana, l'Italia sta giocando una partita fondamentale, con la necessità di investire per un coinvolgimento pesante dell'Unione all'interno di un approccio integrato, che ne affronti le cause nei Paesi di origine e di transito e che ne sostenga le implicazioni in termini di politica estera e di sicurezza.
Infine, il grande tema dell'inclusione. Oggi è fondamentale che le istituzioni comunitarie mantengano alta l'attenzione rispetto agli aspetti sociali delle riforme in campo. Questa, dunque, è la posta in gioco: la sfida sulle politiche per la crescita, la necessità di aumentare le risorse europee per l'occupazione, le politiche in favore di una comune politica estera e di difesa, le politiche per il Mediterraneo e l'agenda europea per l'immigrazione. Questi sono i tavoli su cui l'Italia dovrà misurarsi nei prossimi mesi.
La nostra volontà è che a questi appuntamenti l'Italia arrivi forte della credibilità che merita, una credibilità che risulterà fondamentale proprio per incidere in maniera determinante nella fase ascendente della formazione della decisione e che ci guadagneremo se riusciremo ad approvare velocemente ed efficacemente questa legge in discussione oggi.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, se lo ritiene, in modo fulmineo, il relatore Bordo. Prendo atto che l'onorevole Bordo, rinuncia alla replica anche perché ha finito il tempo a sua disposizione.
Ha facoltà di replicare per il Governo, l'onorevole sottosegretario Gozi. Prego, onorevole Gozi.
SANDRO GOZI, . Grazie, Presidente. Pensavo che il relatore volesse replicare. Utilizzerò qualche minuto perché mi sembra importante rispondere ai vari interventi che sono stati fatti.
Innanzitutto, voglio ringraziare il relatore, voglio ringraziare la Commissione XIV, tutti i gruppi compresi, perché credo che anche questa volta ci siano stati un buon dialogo, una buona cooperazione e un buon lavoro di concerto. Voglio confermarlo – soprattutto hanno insistito su questo il rappresentante del MoVimento 5 Stelle e i rappresentanti di SEL – da parte del Governo c’è pienamente la volontà di rafforzare questa cooperazione e questo lavoro di concerto perché crediamo che sia fondamentale per aumentare la credibilità e l'influenza dell'Italia in Europa e questo è dovere – non solo prerogativa – della Repubblica italiana in quanto tale e, quindi, certamente anche del Parlamento nei suoi rapporti con il Governo.
Avete detto che chiudiamo, diciamo così, quasi una trentina tra infrazioni e EU Pilot, per noi prioritario. Come ho detto in Commissione, e lo confermo, la tendenza – l'onorevole Camani l'ha ricordato – di questo Governo, dall'inizio, dal momento in cui si è insediato, è al ribasso: le infrazioni continuano a ridursi. Poi c’è la questione di come vengono trattate. La Commissione le apre a pacchetti in maniera regolare e, quindi, nel momento in cui si aprono procedure di infrazione c’è un certo numero che aumenta; non le chiude però con la stessa celerità e tempestività. Io ho scritto alla Commissione, in particolare al Segretario generale della Commissione, Catherine Day, dicendo che a noi questa contabilità aiuta molto, nel senso che sentire in Aula che tutti siamo d'accordo sul fatto che novantasette infrazioni sono troppe – avevamo raggiunto le ottantanove, ma adesso nelle more dell'approvazione di questi provvedimenti sono inevitabilmente aumentate e diminuiranno in maniera abbastanza rilevante e significativa ovviamente nel momento in cui la legge europea e la legge di delegazione europea verranno adottate – ma dicevo è importante avere come incentivo il fatto che siamo tutti d'accordo sul fatto che novantasette o anche ottantanove infrazioni siano troppe. Quindi, questa contabilità, questi quadri, che la Commissione europea avvia e pubblica sono importanti. Bisognerebbe che ci fosse la stessa tempestività nel momento in cui si chiudono le infrazioni, nel senso che nella realtà ci sono varie infrazioni che sono già chiuse e che non sono contabilizzate dalla Commissione europea perché – per una ragione che non ho mai capito – questa è molto meno solerte nel certificare il fatto che la legge è stata adottata o il decreto è stato adottato. È un problema amministrativo interno alla Commissione, problema però che è giusto sollevare perché sarebbe importante, proprio perché vogliamo continuare in maniera efficace a ridurre le infrazioni, avere sempre e costantemente il quadro reale della situazione, non con dei ritardi di tre o sei mesi nella valutazione. Mi sembrava importante posto che – ripeto – anche un'infrazione, se è per violazione di diritto o per mancato recepimento di un'infrazione di troppo, ed è per questo – l'ho detto sin dall'inizio di questo Governo – che voglio continuare a lavorare nel modo in cui abbiamo cominciato, però c’è anche questo aspetto che è bene voi sappiate.
Ci sono poi delle infrazioni – io lo voglio dire anche in Aula, mi sembra che l'abbia detto in Commissione – dietro le quali ci sono delle battaglie politiche, e su quelle siamo disposti a volte ad arrivare sino alla Corte di giustizia. Faccio un esempio, così ci capiamo, che è fuori dall'oggetto della legge europea, però che è stato dentro i nostri dibattiti. Sui libri elettronici, sugli noi siamo convinti che questi debbano essere tassati al 4 per cento di IVA, come i libri normali. Sappiamo che oggi nel Consiglio Ecofin non c’è questa opinione, però abbiamo comunque proceduto in questa battaglia, perché ci sembra una battaglia importante. Quindi anche su questo voglio dirvi che ci sono delle infrazioni che sono lì perché corrispondono a delle battaglie politiche che noi stiamo facendo e anche questa è una scelta di politica europea di questo Governo – in passato non sempre era accaduto – ed è una scelta di trasparenza che questo sia messo agli atti di fronte a questa Camera, perché è qualcosa che mi sembra corrisponda al comune sentire che è stato espresso anche dai vostri interventi. Ci sono anche delle norme europee che bisogna impegnarsi a cambiare perché hanno degli effetti negativi. Questo è un esempio di questo aspetto. Quindi vi è la necessità certamente di mantenere il ritmo.
Vi siete soffermati sul fatto che c’è una legge 2014. La ragione è molto semplice: quando questo Governo ha iniziato a lavorare era stata appena presentata, ma era già avanzata nell'iter, la legge 2013-, anziché rinunciare e fare andare in un vicolo morto la legge 2013- che era stata presentata dal Governo precedente, abbiamo preferito utilizzare quel veicolo che era già alla vostra attenzione e riempirlo di norme che erano state introdotte dal nuovo Governo. Per questo oggi siamo al 2014. Se noi avessimo rinunciato e avessimo messo in un binario morto la 2013- e avessimo presentato una 2014, oggi saremmo alla 2015. Però questa è la forma, la sostanza è quella che avete sottolineato, che noi siamo fortemente impegnati a procedere con almeno quattro leggi, almeno quattro leggi, due di delegazione europea e due leggi europee, all'anno. E se – voglio ringraziarvi di nuovo per il vostro lavoro – riusciremo ad approvare questa legge europea in via definitiva prima della pausa estiva e se riusciremo ad approvare – e questo dipenderà da voi – la legge di delegazione europea approvata dal Senato in via definitiva prima della pausa estiva, in autunno il Governo presenterà altre due leggi, una legge di delegazione europea e una legge europea, perché vogliamo mantenere questo ritmo di riduzione delle infrazioni.
Poi sono state evocate alcune norme che sono volte a migliorare il nostro lavoro di recepimento, a migliorare il nostro lavoro di riduzione delle infrazioni, che abbiamo voluto introdurre in questa legge perché, in seguito all'esperienza di un anno e più di Governo, e anche della prima fase di attuazione della nuova legge n. 234 del 2012 – che stiamo, in realtà, adesso utilizzando appieno per la prima volta, perché noi siamo impegnati a sfruttare, utilizzare e attuare pienamente la legge n. 234: non era questa la situazione quando questo Governo ha iniziato a lavorare – abbiamo visto che è necessario, ad esempio, costituire un fondo per il recepimento della normativa europea.
Infatti, a volte il tema delle coperture finanziarie è uno dei grossi problemi che dobbiamo affrontare e, certamente, avere un fondo per le infrazioni ordinarie che è lì, pronto, ogni anno, con un minimo di risorse, è qualcosa che abbiamo ritenuto fosse utile introdurre. Così come abbiamo ritenuto fosse utile introdurre l'anticipo del termine di esercizio della delega, da due a quattro mesi, perché, obiettivamente, spesso andiamo in infrazione per mancato recepimento perché, per ritardi amministrativi, si comincia a due mesi dal termine di scadenza e, in realtà, poi, il decreto arriva scaduti quei due mesi.
Se, invece, cominciano quattro mesi prima, se si dà l'obbligo, come noi proponiamo in questa legge europea, di fare questo lavoro a quattro mesi dal termine di scadenza, questa è un'altra norma sistemica che può aiutarci a ridurre quelle infrazioni, che sono – continuo a dirlo – assolutamente inaccettabili, da mancato recepimento per inerzia, per ritardi, per mancanza di sensibilità, spesso, che si ritrova all'interno delle amministrazioni, soprattutto per certi tipi di infrazione.
Quindi, ci sembra anche questo un miglioramento importante per raggiungere l'obiettivo comune. Così come è assolutamente fondamentale poter – e non lo possiamo fare: per questo lo proponiamo nella legge – recepire quelle direttive che hanno un contenuto esecutivo, che hanno un contenuto tecnico, in via amministrativa. Questo, certamente, accelera anche il lavoro di attuazione ed evita altri tipi di infrazioni. Così come, per gli atti di esecuzione della Commissione, è assolutamente irrazionale dover recepire degli atti esecutivi a livello comunitario con atti legislativi a livello nazionale. Quindi, abbiamo voluto indicare chiaramente che anche gli atti esecutivi della Commissione possono essere attuati in via amministrativa.
Penso di avere risposto – non è rimasta ad ascoltare la replica, ma la leggerà – all'onorevole Savino: mi sembra evidente, quindi, perché abbiamo sdoppiato la legge europea e la legge di delegazione europea. Credo anche che sia importante ricordare alcuni contenuti particolarmente importanti che avete evocato. È vero, questa legge europea si collega anche ad alcuni temi di grande attualità e vuole contribuire anche a rafforzare la posizione negoziale italiana in questo momento, in vista anche del vertice europeo di giugno, su certi temi di grande attualità, e chiudere l'infrazione rimpatri.
Nel momento in cui noi lavoriamo su un pacchetto dell'Agenda europea per l'immigrazione in cui vi è anche la parte rimpatri e vi è anche l'impegno da parte di tutti gli Stati membri a migliorare l'attuazione della direttiva rimpatri, mi sembra un elemento che è, oltre che un obbligo legislativo, squisitamente politico, perché è chiaro che noi saremo efficaci nel negoziato se dimostreremo di fare tutto quanto possiamo per rafforzare e migliorare il modo in cui noi, da una parte, identifichiamo, direttive e procedure di accoglienza, dall'altra, anche eseguiamo la direttiva rimpatri per coloro che non hanno alcun titolo a rimanere nello spazio dell'Unione europea.
Così come mi sembrano norme importanti dal punto di vista dei diritti quelle sull'estensione delle norme sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro anche ai cantieri temporanei o mobili. È uno di quegli aspetti dell'Europa dei diritti su cui noi dobbiamo perseguire di più e meglio, ed è per questo che ci stiamo lavorando. E, del resto, anche in tema di energia, l'obbligo di inviare all'utente il conguaglio definitivo non oltre sei settimane dall'effettuazione del cambio di operatore è una questione che mette al riparo i consumatori dalla spiacevole prassi, invalsa soprattutto ultimamente tra gli operatori dell'energia, di inviare, a distanza di anni, bollette elevatissime del gas e della luce.
È questo il vero senso della legge europea, non solo mettersi in regola con le questioni europee, ma sfruttare al massimo l'Europa e le leggi europee per migliorare, incidere in maniera positiva sulla vita dei cittadini, sulla vita di consumatori. È questo il modo in cui noi dobbiamo affrontare le questioni europee, perché è questa l'Europa su cui noi siamo impegnati a lavorare e a migliorare, un'Europa delle opportunità, un'Europa dei diritti che, quando sono riconosciuti, vanno però recepiti ed attuati in maniera tempestiva. Questa è una procedura di infrazione che noi abbiamo ereditato e che riteniamo vada cancellata il prima possibile.
Sono stati evocati anche altri aspetti. Io penso di avere risposto a tutti, c’è una cosa che lega gli interventi di Camani e Kronbichler in particolare, e su questo chiedo il vostro aiuto e il vostro sostegno: fare una battaglia che è ancora prima culturale, che politica e legislativa sul costo. Questa è una battaglia contro i costi. Questa legge europea è un altro strumento nella battaglia contro i costi. Di quali costi parlo ? Parlo dei costi economici, di quanto noi dobbiamo pagare ogni qual volta una procedura di infrazione va avanti e diventa una condanna per l'Italia. Anche all'interno del Parlamento, all'interno dell'amministrazione, a chi pensa che ci sia sempre qualcosa di più importante rispetto alla normativa europea, o pensa sempre che ci siano degli obblighi finanziari più importanti, dobbiamo dire che sbagliano doppiamente. Primo perché non si scappa, questi costi dobbiamo pagarli. La differenza è che se li paghiamo nel giorno uno, paghiamo cento, se, perché c’è sempre qualcosa di più importante a livello di coperture finanziarie, lo paghiamo nel giorno cento, paghiamo uno più cento. Quindi, non solo ai costi non si sfugge, ma rischiano solo di aumentare, se li rimandiamo sempre. Questo è il primo costo che paghiamo ed è un qualcosa su cui dobbiamo lavorare, voi all'interno del Parlamento, nelle varie Commissioni, noi come Governo, per quanto riguarda le amministrazioni.
Il secondo costo che è importante quanto il primo è il costo in termini di credibilità. Noi vogliamo proseguire nella nostra battaglia contro le infrazioni, perché è una battaglia per aumentare la credibilità e l'influenza dell'Italia. Visto che noi tanti aspetti dell'Unione europea e dell'Europa li vogliamo cambiare, e visto che mi sembra che, da questo punto di vista, l'analisi in questo Parlamento, anche tra forze di maggioranza e di opposizione non mi sembra così distante per certi aspetti, allora proprio per avere più influenza, più credibilità e più forza nel cambiare aspetti dell'Europa che non corrispondono all'idea dell'Europa che abbiamo in mente, non paghiamo questo costo di credibilità che è legato ad un Paese che negozia, approva, le norme europee e poi si fa sempre cogliere in fallo nel momento in cui le deve recepire ed attuare.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 423-608-871-1085-1126-1177-1263-1386-1512-1537-1616-1632-1711-1719-2063-2353-2379-2662-2736-2913-3029-A: Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
Avverto, altresì, che la Commissione trasporti si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, presidente della Commissione, onorevole Meta.
MICHELE POMPEO META, . Grazie, Presidente. Io chiedo a lei di essere autorizzato a depositare la relazione introduttiva.
PRESIDENTE. È autorizzato.
MICHELE POMPEO META, . Lo dico per rispetto dell'Aula, ma anche perché – parto con una premessa – devo un'informazione formale sull'iter che sulle stesse materie è stato avviato al Senato.
In Commissione giustizia al Senato è stato completato l'esame di un provvedimento di legge che introduce nel codice penale il reato di omicidio stradale e introduce di fatto nel codice stradale il reato di ergastolo della patente, anche se nel codice penale viene, per così dire, veicolato attraverso la fattispecie delle aggravanti.
Ora io devo all'Assemblea un'informazione di ordine generale. Il contesto in cui noi avviamo la riflessione sulla riforma del codice della strada è un contesto molto noto. Nel mese di luglio 2014 in quest'Aula abbiamo licenziato la delega al Governo per rivedere l'insieme dell'apparato normativo e le attuali trecento norme del codice della strada. La Camera ha fatto un eccellente lavoro e questo provvedimento è tuttora in esame nella Commissione lavori pubblici del Senato.
Nel contempo noi abbiamo agito su un percorso parallelo. I tempi della delega superano i dodici mesi e facemmo, mi pare, un ragionamento molto utile e molto semplice: sulla base anche dell'insorgere di fenomeni ricorrenti di delitti stradali, di omicidi stradali, anticipiamo alcuni provvedimenti puntuali per inasprire le pene e anche tentare di aumentare i controlli. Allora, da qui, l'esistenza di un provvedimento di legge che anticipava quattro o cinque norme contenute nella delega che allora abbiamo dato al Governo.
Lo dico con più semplicità. Rimangono fermi tutti i punti della delega al Governo per avere un codice di rango europeo e questo è possibile. Il codice stradale nostro, oltre ad essere un codice che contiene circa trecento norme – che sono delle sorti di strati che nel corso degli anni si sono sovrapposti –, è un codice che viene snellito, ma è un codice che guarda anche alle innovazioni tecnologiche, guarda anche agli altri Paesi, guarda anche alla normativa che è cambiata nel contesto europeo.
Ora, ferma restando la validità di quel testo e di quel lavoro che si sta facendo, noi avevamo l'esigenza di anticipare l'efficacia di alcune norme, prima di tutte una severità maggiore nei confronti degli automobilisti che si fossero resi responsabili per i comportamenti scorretti alla guida, di omicidi stradali, automobilisti che sotto l'effetto di droghe, di alcool e quant'altro avessero procurato, come purtroppo succede spesso, morti sulle nostre strade. L'avevamo chiamato ergastolo della patente.
Poi l'altra norma prevista in questo testo era la lotta senza tregua agli oltre 4 milioni di automobilisti che girano sprovvisti di assicurazione e che recano un danno incredibile al nostro Paese. È un danno all'erario, è un danno non solo alla legalità, è un danno anche all'esistenza di alcuni fondi dai quali attingono le vittime della strada e dai quali attingono anche gli organi di polizia per aumentare i controlli stradali.
Vi sono poi altre norme, come quella che con brutto termine si chiama fenomeno della «esterovestizione», che non è altro che un traffico di automobili tra l'Italia, soprattutto, e i Paesi dell'est.
Poi altre norme ancora, tra cui una (mi dispiace, non compresa dalla Commissione bilancio e dal MEF) che, nella sostanza, affermava che una parte, non molto percentualmente sostenibile, di risorse provenienti dalla multe deve essere destinata ad aumentare i controlli degli organi di polizia, ossia la prevenzione. Infatti, è nostra convinzione che sia giusto accelerare la risposta sulla severità delle pene (l'ergastolo della patente, i trent'anni, l'omicidio stradale), ma, se in Italia si continua a fare, a fronte di un parco veicoli di 40 milioni di macchine, un milione di controlli all'anno, vedete voi qual è il rischio statistico. In Germania e in Francia se ne fanno tra i 7 e gli 8 milioni e la possibilità di essere fermati e controllati è molto più ampia che non da noi.
Certo, allora, in questo caso noi dobbiamo combinare l'appesantimento delle pene anche con l'elevamento del meccanismo della prevenzione e dei controlli. Questo significa avere più risorse. Avere più risorse significa prenderle anche dai proventi delle multe, quelli che vanno all'erario nazionale e dare una parte di quelle risorse agli organi di polizia, alla polstrada, ai carabinieri e quant'altro per avere più pattuglie e più risorse per gli straordinari del personale.
Questa era un po’ la filosofia, la struttura del nostro provvedimento. A questo punto – a me la cosa ha sorpreso moltissimo –, mentre da noi da mesi vi era l'esame di questo provvedimento, al Senato, in un'altra sede, signor Presidente, è iniziato, anche sull'onda di tanti fatti che settimanalmente si verificano, l'esame del provvedimento sull'omicidio stradale in Commissione giustizia. È giusto che lo svolga la Commissione giustizia, perché è una norma da reato penale, però in quella sede hanno introdotto anche il tema dell'inserimento di una norma che, invece, deve stare nel codice della strada, ossia l'ergastolo della patente e le pene per la patente.
Ora, io non so cosa sia successo. Non c’è stata una comunicazione elementare tra le strutture di Camera e Senato. Infatti, io so che i Regolamenti dicono che se una materia inizia l'esame in una Camera non si può fare nell'altra. Noi avevamo iniziato l'esame qui e con una velocità supersonica siamo stati superati dal Senato. Adesso, per mettere una pezza nella fase di transizione del superamento del bicameralismo, io propongo domani – domani, dopodomani ci sono la discussione in Aula e il voto al Senato – di fare licenziare il provvedimento. Quel provvedimento arriverà qui e propongo di fermare un attimo questo provvedimento e di rifarci su quel provvedimento. Altre norme che non possono andare in quel provvedimento noi le metteremo evidentemente nella delega, o comunque ci riserviamo la titolarità, a quel punto, risolta questa contraddizione, di fare quello che vogliamo.
Pertanto io le anticipo, signor Presidente, che ho fatto delle consultazioni con il Comitato dei nove e con gli altri gruppi e secondo me è più ordinato e anche più sano – lo decideremo domani o dopodomani, quando continueremo l'esame del provvedimento – chiedere che questo provvedimento sia rinviato in Commissione in attesa dell'altro materiale.
Io consegno il testo riguardante il merito dei contenuti e concludo qui il mio intervento. Pertanto, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del testo del mio intervento .
PRESIDENTE. La ringrazio, presidente Meta. Mi sembrano parole ragionevoli. Vedremo come si sviluppa la situazione.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Catalano. Ne ha facoltà.
IVAN CATALANO. Grazie, Presidente. Mi ritrovo nelle parole del presidente Meta riguardo a come è stato trattato il provvedimento anche al Senato, alla luce delle osservazioni che ha fatto. Anch'io condivido il fatto che, soprattutto per quanto riguarda il tema dell'ergastolo della patente e dell'omicidio stradale, si è un po’ andati dietro all'emotività e a quello che la cronaca ci porta all'attenzione ogni giorno, anche un po’ – credo – in maniera abbastanza anomala, un po’ come quando la stampa vuole attirare la nostra attenzione su determinati argomenti ce li ripropone tutti i giorni. Quindi, questo causa nella politica un impegno quasi emergenziale per definire un tema che, invece, andrebbe trattato in maniera più ragionevole e con maggior tempo.
Anch'io chiedo al Presidente la possibilità di depositare il mio intervento che entrava un po’ più nel merito per la pubblicazione in calce al resoconto.
PRESIDENTE. È accordata anche a lei .
IVAN CATALANO. Alla luce di quanto ha esposto il presidente, mi soffermo solamente su un'osservazione. Io intendo portare un ulteriore contributo al testo, che consiste in tre emendamenti nati da una discussione con diverse parti sociali e anche con il Governo in merito alla logistica urbana. Porterò, appunto, all'attenzione del presidente questi tre emendamenti, nel Comitato dei nove, affinché si possa magari prevedere la possibilità di inserirli nel testo. Condivido anche la necessità esposta da parte del presidente di non creare un testo troppo voluminoso: come si sa, anche nella passata legislatura, la legge di modifica del Codice della strada è giunta all'esame con pochi articoli, per poi uscirne con un testo più esteso rispetto al primo. Quindi, cerchiamo di evitare questa situazione. La sede legislativa è a mio avviso importante. Non per fare polemica, ma la Commissione intera, quasi all'unanimità, era d'accordo sulla sede legislativa, tanto da raccogliere oltre il numero necessario per la presentazione della domanda, e, invece, abbiamo avuto un diniego da parte alcuni Dicasteri del Governo che, in prima battuta, se non ricordo male, avevano dato un assenso ufficioso alla trattazione in sede legislativa. A me personalmente e ad altri membri della Commissione questo ha generato un po’ di malumore. Quindi, vorremmo che questa situazione venga chiarita anche dal Governo. Per concludere, Presidente, mi unisco alle parole del presidente Meta e anch'io sono d'accordo per un eventuale rinvio in Commissione nell'attesa che il provvedimento riguardante la legge delega arrivi dal Senato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.
MARCO RONDINI. Grazie Presidente, molto brevemente, non mi soffermerò sugli aspetti toccati in generale dal presidente Meta. Condividiamo anche noi le preoccupazioni del presidente della Commissione. Riteniamo che sui temi e in particolare sulle sanzioni che noi avevamo previsto già anche nella legge delega al Governo, ma anche in questo testo, la Commissione trasporti della Camera debba poter avere il tempo e la possibilità di potersi esprimere. E riteniamo che forse l'avvio dell'iter sull'introduzione del cosiddetto omicidio stradale al Senato sia da ricondurre a un cattivo confronto tra Camera e Senato, che ha permesso l'avvio di quel provvedimento, sebbene ne condividiamo anche in buona parte l'obiettivo. Quindi, mi soffermo solo su alcuni aspetti del testo che oggi abbiamo in esame. Riteniamo che, comunque, il testo licenziato dalla Commissione giustizia del Senato, quello che introduce il cosiddetto omicidio stradale, e la proposta di legge di modifica del Codice della strada, in particolare ciò che è previsto all'articolo 10, che è oggi in Aula, rappresentano comunque un'occasione con la quale si può dare una risposta concreta che mira a punire una condotta criminale, un reato che desta grave allarme sociale presso l'opinione pubblica e che ha sin qui registrato pene lievi o nulle comminate a chi si dimentica troppo spesso che il veicolo a motore è un'arma che uccide se a porsi alla guida è una persona in stato di alterazione psicofisica. Uno stato che spesso è associato a una guida ad alta velocità e che vede gli autori fuggire dopo l'incidente. Ricordo che sono 119 i morti e 1.224 i feriti da ricondurre agli atti di pirateria stradale nel solo 2014. Spesso i pirati della strada riescono, secondo i dati di cui siamo in possesso, a farla franca. Solo il 57 per cento degli autori sono stati identificati e, in calo, gli arresti sono stati convalidati solo nel 20 per cento dei casi.
All'origine degli atti di pirateria stradale – queste materie sono oggetto anche del provvedimento che è oggi all'esame dell'Aula e che è frutto del lavoro fatto in Commissione – spesso c’è il fatto che i veicoli sono privi di copertura assicurativa e per questo nel testo abbiamo previsto un inasprimento delle pene e un controllo maggiore per evitare, per prevenire il fatto che qualcuno possa circolare liberamente senza copertura assicurativa. Sfugge naturalmente, invece, il dato relativo ad alcool e droga. D'altronde noi sappiamo che chi scappa dopo aver ucciso viene rintracciato magari dopo diversi giorni e questo rende praticamente impossibile rintracciare la presenza di alcool o droga nel sangue ed è per questo che deve essere applicata la pena accessoria dell'ergastolo della patente anche ai pirati della strada, autori di un omicidio, a prescindere dalle analisi che possono provare la presenza di sostanze nel sangue atte ad alterare lo stato del conducente di un veicolo. Questo perché l'opinione pubblica vuole risposte certe ed in particolare vuole che sia garantita la certezza delle pene che vengono comminate agli autori di questi crimini. Non vogliono più affidarsi magari al coraggio di alcuni, forse pochi magistrati, che hanno inferto fino ad ora pene esemplari ma che, come dicevo, rimangono comunque una minoranza perché oggi, tra patteggiamenti e sconti di pena, buona parte degli autori di questi atti non scontano neppure un giorno di carcere e tornano presto, troppo presto in circolazione alla guida di un veicolo. La politica – è questo ciò che ci ha mosso soprattutto nel lavoro che abbiamo svolto in Commissione Trasporti – non può più permettersi di non ascoltare chi non vuole più leggere il resoconto di vicende – ne citerò soltanto una ad esempio – come quella che ha visto vittima Gionatan La Sorsa, un bambino che non aveva ancora tre anni, falciato a Ponte Nuovo, in provincia di Ravenna, da Krasimir Dimitrov che, alterato dall'alcol, dopo aver bevuto dieci birre e diversi come risulterà, si trovava alla guida dell'auto che nelle sue mani si è trasformata in un'arma letale. Dimitrov è stato rintracciato diverse ore dopo l'omicidio e, quando le forze dell'ordine lo hanno arrestato, era nuovamente ubriaco. Lo scorso dicembre l'omicida ha patteggiato una pena di due anni e nove mesi e va rilevato che la sentenza ha segnalato il più totale disprezzo per la vittima da parte dell'autore di questo crimine. Noi abbiamo sentito anche l'intervento di alcuni parlamentari che pensano che la pena dell'ergastolo della patente, prevista nel provvedimento oggi all'esame dell'Aula, sia eccessiva, draconiana. Dovrebbero avere il coraggio magari di andarlo a dire ai parenti delle vittime. Noi sappiamo che spesso gli autori di questi fatti, soprattutto quelli più eclatanti di cui ci racconta la cronaca, trovano quale responsabile una persona che più volte si è resa responsabile di violazioni di norme sulla sicurezza stradale. È stato così, ad esempio, per l'autore dei quattro omicidi a Sassano che ha ucciso guidando a 140 all'ora, che era già stato protagonista di un omicidio stradale dal quale era uscito senza alcuna conseguenza e così anche il rumeno che ha travolto due ragazzi di Velletri investiti sulla via Appia mentre viaggiavano su uno . Era senza patente ed ubriaco e la patente gli era stata naturalmente sequestrata la sera prima per stato di ebbrezza. Quindi, la recidiva rimane una costante soprattutto nei casi più eclatanti e pertanto noi abbiamo il dovere – concludo – di cambiare rotta ed è un dovere verso quella comunità che dovremmo rappresentare e alla quale dobbiamo dare risposte chiare non cedendo ai richiami di chi continua anche in questo ambito a difendere i criminali dimenticandosi troppo spesso delle vittime.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piso. Ne ha facoltà.
VINCENZO PISO. Grazie Presidente, esordisco dicendo che anche io consegnerò il mio intervento, non prima però di aver sviluppato alcune rapide considerazioni. Innanzitutto, sono assolutamente d'accordo con il presidente della Commissione per quanto riguarda i lavori d'Aula; io credo sia opportuno attendere che il Senato ci faccia comprendere bene come ha intenzione di muoversi rispetto a uno degli aspetti più spinosi di questi provvedimenti che si stanno prendendo in relazione alla sicurezza stradale, ovvero quello relativo, appunto, all'inasprimento delle pene nel caso in cui un comportamento in violazione del codice della strada comporti la perdita di vite umane.
Rispetto a questo tema, oggi, noi siamo in questa situazione essenzialmente perché ci siamo trovati, nel corso degli ultimi anni, dinanzi a una serie di comportamenti, di situazioni che, non trovando mai un punto di equilibrio nel momento sanzionatorio, hanno portato a una esasperazione dell'opinione pubblica che, purtroppo, ha prodotto – da parte della politica che troppo spesso, in alcune situazioni, insegue, invece di precedere con atteggiamento serio, perché è questo quello di cui ci sarebbe bisogno: comportamenti ed atteggiamenti seri – situazioni paradossali e guerre rispetto a un tema importante quale dovrebbe essere quello di come sanzionare chi si rende protagonista di atti di questo tipo.
Credo che dovremmo avere la capacità – come persone che sviluppano una funzione importante quale è, appunto, quella della politica, la funzione principe, la funzione decisionale – di saper capire e comprendere che, con l'emotività, non si va da nessuna parte. Bisogna essere capaci di entrare nel merito di alcuni argomenti con estremo rigore, con estrema serietà, perché, quando si parla di diritto penale, si parla di un complesso di norme che hanno, al proprio interno, una serie di equilibri; dobbiamo stare attenti a non trovarci in una situazione per cui, rispetto ad alcuni reati, ci troviamo con pene edittali minime e massime, ormai, che stanno arrivando a livelli incredibili e per altri, invece, ci troviamo dinanzi a situazioni paradossali, come è stato poc'anzi descritto dal collega della Lega. Per cui, quello che è importante, è cercare di trovare un punto di equilibrio.
D'altra parte, alla base della del provvedimento sul quale noi, oggi, stiamo discutendo vi è, anche, l'Unione europea e le conclusioni che sono state tratte dall'Unione europea nel libro bianco sui trasporti; cito quelli che sono gli obiettivi: il dimezzamento del numero delle vittime degli incidenti entro il 2020, il miglioramento dell'educazione stradale, il rafforzamento dei controlli e il miglioramento della sicurezza delle infrastrutture stradali, ovvero tutta una serie di obiettivi che, nel loro insieme, pongono i presupposti per il raggiungimento del fine principale, la sicurezza, non immaginando soluzioni ad esclusivo carico del sistema sanzionatorio.
Che cosa intendo dire con questo ? Che questa nostra capacità di dare certezza sul piano sanzionatorio, lo ricordava poc'anzi il collega, il presidente Meta, deve essere accompagnata dalla capacità di incidere sugli altri temi relativi alla sicurezza e che non possono essere messi in secondo piano, perché parliamo, come dicevo prima, di un complesso di norme che devono avere una loro organicità, sia per quanto attiene il diritto penale che abbiamo poc'anzi ricordato, sia per quanto riguarda questa materia specifica. Per cui, sicuramente, occorre avere la capacità di incidere pesantemente su fatti che stanno in concreto destabilizzando l'opinione pubblica italiana, ma nel contempo occorre avere anche la capacità di inserire queste norme nel contesto del nostro codice di procedura penale e codice penale con equilibrio.
Un altro tema che mi premeva sottolineare, proprio perché cito i temi sui quali ho una posizione critica, è quello relativo all'articolo 9 di questo provvedimento ovvero la possibilità per i ciclisti di potere, in determinate condizioni, percorrere le strade contromano.
Sono molto preoccupato rispetto a questa norma perché la immagino nella città in cui vivo: Roma, le grandi aree metropolitane, un traffico caotico, automobilisti che spesso e volentieri sono distratti.
Sì noi possiamo farlo nel momento in cui apponiamo una segnaletica verticale, orizzontale, dirigibili che girano sulla città. Temo però che questa norma sarà foriera di problemi e di conseguenza invito, anche approfittando magari di questo tempo che abbiamo in più, a fare un'ulteriore riflessione.
Qui veramente concludo il mio intervento ricordando semplicemente una cosa: noi siamo qui per dare, appunto, una risposta complessiva sul piano della sicurezza stradale. Molto c’è da fare in un complesso di azioni che devono considerare la mobilità e gli aspetti che le attengono alla pari – e questo non lo dico per compiacere il presidente della mia Commissione, ma è un dato importante – di un diritto costituzionalmente garantito e protetto perché direttamente interfacciata con aspetti fondamentali della vita dei cittadini sia sul piano sociale che, appunto, della sicurezza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, dopo la dichiarazione secondo la quale il provvedimento necessita di essere rinviato in Commissione chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
Lo ritengo oltremodo necessario alla luce di queste considerazioni che sono state espresse dal presidente della Commissione e relatore.
Come al solito bisogna evitare di agire sempre sulla spinta emotiva in riferimento all'argomento e non c’è dubbio che rispetto ai pirati della strada sia necessario un intervento legislativo anche in riferimento alle procedure di sospensione a vita della patente.
Si tratta però anche di un provvedimento, necessario sì, ma delicato che va soprattutto collegato all'altro provvedimento, di carattere esclusivamente penale, sull'omicidio stradale. Sicuramente da evitare è questo conflitto di competenza tra le due Camere, ma anche tra il provvedimento della Commissione giustizia di carattere penale e questo, come poco fa diceva il presidente, della Commissione trasporti rispetto alla situazione del codice della strada.
Occorre però fare presto e bene. Per questo motivo riteniamo utile e necessario che il provvedimento ritorni in Commissione, ma anche altrettanto necessario che in tempi ragionevolmente brevi si proceda a legiferare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cristian Iannuzzi. Ne ha facoltà.
CRISTIAN IANNUZZI. Signor Presidente chiedo anch'io che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
Devo dire che prendo atto in questo momento, pochi minuti fa, dal relatore, il presidente della Commissione, della richiesta di rinviare il provvedimento in Commissione. Pur facendo parte del Comitato dei nove non ne sapevo niente comunque non è un problema.
Se fosse stato messo in discussione questo provvedimento avrei portato l'attenzione sui due articoli che incentivano la mobilità ciclistica.
L'articolo 8 si rifà ad una mia proposta di legge sulla possibilità dei ciclisti di parcheggiare le bici sui marciapiedi e sulle aree pedonali, mentre l'articolo 9 permetterebbe ai ciclisti, con un limite massimo di 30 chilometri orari, di andare in alcune zone in senso contrario con una opportuna segnaletica e un'autorizzazione dell'amministrazione.
Con questo testo ci sarebbe stato e ci sarebbe un incentivo alla mobilità ciclabile che mi avrebbe fatto propendere ad un voto positivo su questa proposta, purtroppo prendo atto che viene ritirata a causa di conflitti tra le due Camere.
PRESIDENTE. Ovviamente, tutti i colleghi che hanno chiesto di consegnare i propri interventi per la pubblicazione in calce al resoconto, sono autorizzati È iscritto a parlare l'onorevole Melilla. Ne ha facoltà.
GIANNI MELILLA. Grazie, Presidente. Anche io naturalmente consegnerò il mio intervento, vorrei soltanto chiedere al relatore e al Presidente della Commissione di prendere in esame una questione forse particolare ma di grande impatto, soprattutto dopo quanto accaduto ultimamente a Vicenza. Del resto questa è una legge su cui il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà esprime un voto positivo, a parte soltanto la questione, su cui noi vorremmo si riflettesse maggiormente, del cosiddetto ergastolo della patente di guida e della necessaria armonizzazione tra i vari provvedimenti che sono all'esame della Camera e del Senato.
La questione su cui volevo porre invece l'attenzione è oggetto di una proposta di legge abbinata, di cui sono primo firmatario, che abbiamo trasformato in un emendamento alla proposta di legge in discussione, che introduce nuove disposizioni del codice della strada per rendere obbligatorio adottare un sistema di allarme che segnali la presenza del bambino nel seggiolino all'interno del veicolo. L'obiettivo è quello di evitare episodi drammatici e scongiurare possibili e inspiegabili tragedie come quella accaduta pochissimi giorni fa a Vicenza, dove una bambina di soli 17 mesi è morta dopo essere stata dimenticata in auto dal genitore. Episodi agghiaccianti, causati nella stragrande maggioranza dei casi da errori di memoria, da stress, che devono essere assolutamente evitati con degli accorgimenti tecnologici.
Il lancio della petizione promossa dal medico Maria Ghirardelli su che oggi ha raccolto quasi cinquantamila firme per un caso analogo accaduto nel 2013, potrebbe finalmente ricevere, dopo più di due anni di sensibilizzazione da parte dell'opinione pubblica, una prima risposta a livello nazionale. Del resto, sistemi di allarme antiabbandono già esistono, ma bisogna renderli obbligatori per legge, la nostra proposta di legge evidenzia ad esempio l'esistenza di un brevetto italiano, frutto della straordinaria capacità di ricerca del nostro Paese, premiato dal CNR e messa a punto, badate bene, dagli studenti dell'Istituto tecnico di Bibbiena in provincia di Arezzo. Il dispositivo si chiama «Seggiolino salvabambini» e segnala la presenza del bambino quando si spegne il motore e si chiude la portiera dell'automobile. Tutto questo potrebbe sembrare ad alcuni una questione di poco conto, in realtà non lo è affatto, perché un semplice dispositivo potrebbe essere sufficiente a prevenire la morte di un bambino. Non si pensi che si tratta di casi assolutamente rari o eccezionali, purtroppo i dati riportati dalla stampa nazionale dicono che molti di questi episodi si verificano in particolare negli Stati Uniti, dove ogni anno muoiono 36 bambini a causa dell'ipertermia per essere stati lasciati in auto, per un totale di 468 morti negli ultimi dodici anni. Esiste una casistica rilevante anche in Francia, dove la commissione per la sicurezza dei consumatori ha rilevato che tra il 2007 ed il 2009 vi sono stati ben 24 casi di ipertermia di bambini.
Quanto purtroppo sta accadendo in questi ultimi anni in Italia è la dimostrazione pratica che una cosa del genere purtroppo può capitare a chiunque, a qualunque genitore, anche al più amorevole, perché divorato dalla fretta, oberato dagli appuntamenti, dallo stress e da altre ragioni legate allo stile di vita. La giornata di lavoro, la mancanza di sonno, l'attenzione vigile di un padre e di una madre va nel retro della memoria, poi qualcosa la riaccendere ma la tragedia è già lì sotto i loro occhi. Per questo io, Presidente e relatore, voglio chiedervi in questo riesame che la Commissione fa la vostra attenzione, sono certo della vostra sensibilità nei confronti di questa proposta che avanzo a nome del gruppo dei deputati di Sinistra Ecologia Libertà.
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento .
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore Meta. Prendo atto che vi rinuncia. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
SANDRO GOZI, Signor Presidente, il Governo intende replicare solo per dire che condivide la proposta del presidente Meta e le valutazioni che la presidente e tutti coloro che sono intervenuti sono state fatte su un tema di così grande rilevanza di società ben oltre la rilevanza legislativa e finanziaria che è stata giustamente anch'essa evocata.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle linee generali della mozione Scotto ed altri n. 1-00719 concernente iniziative in materia di trascrizione dei matrimoni contratti all'estero tra persone dello stesso sesso .
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Bechis ed altri n. 1-00885 e Lupi ed altri n. 1-00887 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Melilla, che illustrerà anche la mozione Scotto ed altri n. 1-00719, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
GIANNI MELILLA. Signor Presidente, si tratta di una mozione molto importante, naturalmente i tempi sono stati un po’, rispetto all'attualità del problema, bypassati per tante altre questioni che nel frattempo sono intervenute, però si tratta di una mozione ancora attuale, importante e significativa per capire il livello dei diritti civili del nostro Paese e su cui è importante secondo me che ci sia una riflessione. Tutto parte dalla notizia della procura della Repubblica di Milano che aprì un fascicolo contro ignoti a seguito della presentazione di un esposto sulla vicenda delle trascrizioni nella città di Milano dei matrimoni contratti all'estero da persone dello stesso sesso. Si tratta di una questione importantissima che peraltro coinvolge altri municipi in cui ci sono stati sindaci che si sono assunti questa responsabilità, è intervenuto il Ministero dell'interno con violenza e secondo noi con un comportamento che viola la legge. Quindi non sono secondo noi i sindaci ad aver violato la legge ma il Ministero dell'interno, tramite le prefetture, che invece ha creato le condizioni per un grave abuso di legge. Il Governo ha affermato di non voler tenere in considerazione le motivazioni, peraltro molto giuste secondo noi, espresse dalla procura della Repubblica di Udine che invece ha portato avanti una tesi completamente diversa da quella di Milano. Ha ribadito che i prefetti avrebbero il potere di cancellare le trascrizioni in virtù del fatto che le funzioni di stato civile sono attribuite dallo Stato e sono esercitate solo in via indiretta e subordinata dal sindaco nell'ambito del comune.
Il Governo infatti, secondo questa tesi, ritiene che il potere di annullamento da parte del prefetto sia una tipica manifestazione di una sovraordinazione gerarchica e concreta, un rimedio di ordine amministrativo. A tale proposito, ha fatto riferimento la sentenza del Consiglio di Stato n. 3076 del 2008, relativa a provvedimenti sindacali in materia di sicurezza urbana che il Governo definisce «analoghe fattispecie». Tuttavia, non può non essere rilevato che tale conclusione non appare a noi di Sinistra Ecologia Libertà di indirizzo corretto, dal momento che non si tratta affatto di analoghe fattispecie. Il caso citato dal Governo nella risposta ad una nostra interpellanza, infatti, riguarda ordinanze aventi carattere di natura provvedimentale, mentre le trascrizioni sono evidentemente atti dichiarativi, per i quali la legge prevede esclusivamente il ricorso giurisdizionale, di cui all'articolo 95 del Regolamento di stato civile. A rafforzare tale certezza vi è l'articolo 12 del Regolamento di stato civile, il quale recita: «Gli atti di stato civile sono chiusi con la firma dell'ufficiale dello stato civile competente. Successivamente alla chiusura, gli atti non possono subire variazioni». Non avrebbe rilievo quindi il profilo della subordinazione, o meno, del sindaco quale ufficiale di stato civile essendo chiaro il dettato legislativo. Inoltre, l'articolo 100 del Regolamento dispone: «I tribunali della Repubblica sono competenti a disporre le rettificazioni e le correzioni di cui ai precedenti articoli anche per gli atti dello stato civile ricevuti da autorità straniere trascritti in Italia e a provvedere per la cancellazione di quelli indebitamente trascritti». È paradossale, peraltro, che venga ignorato il corretto dato normativo, in quanto nel massimario per l'ufficiale di stato civile del Ministero dell'interno, adottato con decreto ministeriale del 2012 compare, al paragrafo 15, «cancellazione di un atto»: «quando si voglia procedere alla cancellazione di un atto indebitamente registrato negli archivi dello stato civile, considerato che non può esserne effettuata la materiale cancellazione, la legge prescrive che si faccia ricorso ad iniziativa del pubblico ministero, alla procedura di rettificazione di cui agli articoli 95 e 96 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, rimettendo la competenza a decidere esclusivamente all'autorità giudiziaria».
A fugare ulteriormente ogni dubbio, soccorre il decreto ministeriale del 5 aprile 2002, il quale, nel prescrivere le formule tassative di annotazione così recita: «Con provvedimento del tribunale, l'atto di cui sopra è stato così rettificato, inserendo specificamente le rettificazioni, così come sono disposte». Non compare cioè in alcun modo un potere costituito in capo al Ministro, al prefetto o a qualsiasi altro ufficiale di stato civile di intervenire sopra i registri, manomettendone così l'autenticità. È evidente dunque che la circolare del Ministero dell'interno, prima, e l'intervento dei prefetti, poi, a Milano, come in altri comuni, non appaiono corretti sotto il profilo giuridico perché violano la legge e vanno a ledere prerogative e compiti propri della procura della Repubblica, ex articolo 75 dell'ordinamento giudiziario.
Rispondendo all'interpellanza urgente sopra citata, il Governo ha anche concluso di non rinvenire i presupposti per il ritiro della circolare famigerata, di cui noi invece chiediamo l'immediato ritiro.
Tuttavia, alla luce degli inconfutabili elementi di diritto evidenziati, la circolare appare ai firmatari del presente atto di indirizzo del tutto illegittima e dunque lo è ancora continuare a mantenerla in vigore.
Con tale circolare, viene integrata una grave violazione della Costituzione, competenze dell'ordinamento giudiziario, nonché della legge, ordinamento dello stato civile, in sede di applicazione di norme, con riferimento alle sole persone omosessuali.
I sindaci hanno applicato quindi, secondo noi in maniera corretta, il Regolamento di stato civile che prevede la trascrizione come atto di pubblicità e certificazione e non come atto costitutivo.
Appare altresì assolutamente lecita la condotta dei sindaci che, nel rispetto della legge, non si sono attenuti alla circolare ministeriale, in quanto, come insegna la costante giurisprudenza, l'interpretazione delle disposizioni contenute nelle circolari non vincola né i sindaci né i giudici e, cosa più importante, non costituisce fonte di diritto. Per questo noi chiediamo al Governo di ritirare con urgenza la circolare ministeriale n. 40o/ba-030/011 del 7 ottobre 2014, emanata dal Ministro dell'interno.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti, che illustrerà la mozione Lupi n. 1-00887, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.
PAOLA BINETTI. Signor Presidente, non si può illustrare una mozione che ha per oggetto iniziative in materia di trascrizione dei matrimoni contratti all'estero tra persone dello stesso sesso, prescindendo dal suo contenuto specifico, che presenta forti implicazioni sul piano delle convinzioni politiche e personali: cosa sia realmente il matrimonio e, sul piano della contestualità politico-parlamentare, tenere conto che domani in Senato inizia in Aula il dibattito sul DDL Cirinnà.
Sempre domani al Parlamento europeo si voterà la risoluzione sulla strategia dell'Unione europea per la parità tra uomini e donne. Il testo è stato approvato dalla Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere lo scorso 6 maggio e, pur emendata dalle proposte più controverse della relazione originale, appare ancora fortemente destabilizzante rispetto alla famiglia e alle sue prerogative specifiche.
Non credo che sia un caso che tutto ciò converga in uno stesso strettissimo arco di tempo, in cui bisogna anche ricordare la nascita del Comitato «Difendiamo i nostri figli» e la sua presa di posizione pubblica a favore della famiglia, volta a fermare la colonizzazione ideologica della teoria del nelle scuole. Anche Papa Francesco, proprio oggi intervenendo, ha voluto ribadire il suo «no» alla teoria del dicendo il suo sì alla difesa della complementarità tra uomo e donna, messa in discussione dalla cosiddetta ideologia in nome di una società più libera e più giusta.
Troppi elementi di diverso valore morale, politico e culturale, tutti in uno stesso momento convergenti, che non permettono di affrontare il dibattito sulla trascrizione delle unioni civili senza tenerli contestualmente presenti.
Quando nel mese di ottobre 2014 il Ministro dell'interno ha emanato la circolare sul tema della trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni celebrati all'estero tra persone dello stesso sesso, ha certamente tenuto conto di due fatti essenziali: in Italia non esiste il matrimonio tra persone dello stesso sesso e, nonostante la stessa legge Cirinnà faccia una sorta di copia-incolla tra il suo DDL e la disciplina sui matrimoni, lei stessa si affanna a spiegare come si tratti di un istituto, diverso, nuovo, non riferibile al matrimonio.
Sarebbe, quindi, del tutto pretestuoso riconoscere in Italia qualcosa che in Italia non esiste e sembra almeno che neppure nella mente dei più ottimisti rispetto alla legge Cirinnà esisterà in un prossimo futuro.
Appare, quindi, del tutto coerente la richiesta del Ministro dell'interno di comunicare ai prefetti che devono rivolgere ai sindaci formale invito al ritiro di tali disposizioni ed alla loro cancellazione. In caso di inerzia da parte dei sindaci si deve procedere al successivo annullamento d'ufficio degli atti suddetti illegittimamente adottati.
Il codice civile italiano, all'articolo 107, almeno per ora e speriamo che così rimanga anche in futuro, prevede che la diversità di sesso dei nubendi rappresenti un requisito necessario affinché il matrimonio produca effetti giuridici nell'ordinamento interno. Neppure il diritto europeo contempla una soluzione diversa – mi riferisco all'articolo 9 della Carta di Nizza – che rimette ai legislatori nazionali le scelte in ordine alla disciplina del matrimonio. Occorre infatti sottolineare che il requisito della diversità di sesso, previsto dall'articolo 107 del codice civile, è tradizionalmente e costantemente annoverato dalla dottrina e dalla giurisprudenza tra i requisiti indispensabili per l'esistenza del matrimonio. Infatti, il nostro ordinamento tende a disciplinare alcuni effetti che sono diretta conseguenza di un rapporto di convivenza tra persone di sesso diverso: filiazione, diritti successori, legge in tema di adozioni e così via.
Vale, inoltre, la pena ribadire che la nostra Costituzione, all'articolo 29, primo comma, prevede che: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» e nel secondo comma aggiunge che: «il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare». L'Assemblea Costituente, a suo tempo, non prese in considerazione le unioni omosessuali, ma volle riferirsi al matrimonio nel suo significato tradizionale.
I padri costituenti, nell'elaborazione dell'articolo 29 della Costituzione, tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che stabiliva, e tuttora stabilisce, che i coniugi debbano essere persone di sesso diverso. In questo senso va anche il secondo comma della norma, che, affermando il principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, evidentemente fa riferimento alla loro diversità sul piano sessuale e alla pari dignità e all'uguaglianza di diritti nel rapporto coniugale.
La nostra Costituzione, dopo avere affrontato la natura del matrimonio, si occupa della tutela dei figli, all'articolo 30, assicurando parità di trattamento anche a quelli nati fuori dal matrimonio, sottolineando, quindi, ancora una volta, la potenziale finalità procreativa che differenzia il matrimonio dall'unione omosessuale.
Riguardo a potenziali conflitti di ruolo tra lo Stato e i comuni in materia di riconoscimento di unioni civili, il Governo, nel rispondere all'interpellanza n. 2-00794, ha chiarito come la normativa vigente attribuisca inequivocabilmente la funzione di stato civile alla competenza dello Stato, che esercita la sua competenza in ambito territoriale attraverso il sindaco quale ufficiale di Governo. Per cui, il sindaco è tenuto, ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell'interno, che si avvale dei prefetti per esercitare la necessaria vigilanza sugli uffici dello stato civile.
Quindi, il prefetto esercita un suo potere proprio in virtù delle norme previste dal nostro ordinamento e il Ministro dell'interno, con la circolare del 7 ottobre 2014, ha semplicemente sensibilizzato i prefetti a rivolgere un formale invito ai sindaci perché ritirassero eventuali direttive emanate in materia di trascrizione dei matrimoni di persone dello stesso sesso celebrati all'estero e ne cancellassero gli effetti.
Nel nostro Paese, vale la pena ribadirlo, anche sulla base delle considerazioni svolte, non è possibile che ci si sposi tra persone dello stesso sesso. Quindi, nel caso ciò avvenga in qualsiasi forma, i matrimoni contratti non possono essere trascritti nel registro dello stato civile italiano, semplicemente perché non è consentito dalla legge, ma, probabilmente, non lo sarà nemmeno consentito, in quanto matrimonio, dalla prossima legge Cirinnà, sempre nel caso che venisse approvata e non fosse fortemente rivista, rivisitata e modificata.
I diritti soggettivi di ciascun individuo, indipendentemente dal proprio familiare, devono avere un pacifico riconoscimento. La libertà di vita affettiva è per tutti e la protezione di ogni persona in tali relazioni è doverosa, ma questo non significa attribuire o estendere un presunto «diritto al matrimonio per tutti».
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Piazzoni. Ne ha facoltà.
ILEANA CATHIA PIAZZONI. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, prima di affrontare nello specifico il tema della mozione oggetto di questa discussione, vorrei fare una breve considerazione sul progresso e su come esso, grazie alle storie, alle lotte e all'impegno di donne e uomini, possa divenire motore inarrestabile di cambiamento culturale, di riconoscimento e affermazione di diritti.
Nella giornata di ieri ricorreva il 61o anniversario dalla morte di Alan Turing, una delle menti più brillanti della nostra contemporaneità, padre dell'informatica e dell'intelligenza artificiale, la cui scienza si è rivelata decisiva, in uno dei momenti più drammatici della storia recente, per le sorti dell'umanità intera e l'affermazione della democrazia contro l'oscurantismo totalitario.
Alan Turing moriva suicida all'età di 41 anni per le persecuzioni subite da parte delle autorità britanniche in ragione della sua omosessualità. Oggi, quel Paese, che discriminava le persone omosessuali, condannandole al carcere e a terribili umiliazioni, è una delle nazioni europee ad avere riconosciuto piena uguaglianza di diritti a tutte le coppie, a prescindere dall'orientamento sessuale.
Oltre al Regno Unito, Spagna, Francia, Svezia, Portogallo, Norvegia, Belgio e Paesi Bassi hanno adottato leggi che ammettono il matrimonio tra persone dello stesso sesso e non si può non ricordare il recente e storico referendum con cui l'Irlanda ha adeguato in tal senso il proprio ordinamento.
Un processo di cambiamento lento, ma deciso, dove purtroppo l'Italia sconta un colpevole ritardo e che in questi ultimi anni ha coinvolto, come detto, numerosi Paesi dell'Unione europea, gettando le basi per un futuro quadro legislativo omogeneo.
La vicenda trattata dalla mozione in oggetto ci pone davanti al fatto di come sia inammissibile per uno Stato fondatore dell'Unione europea trovarsi nella condizione di non sapere come comportarsi di fronte alla semplice presa d'atto di quanto negli altri Paesi, non solo europei, è ormai una realtà consolidata.
Credo che non sia necessario qui richiamare i tanti atti che hanno portato a un conflitto di competenza che vede coinvolti i sindaci, il Governo e l'autorità giudiziaria, in merito alla trascrivibilità nel registro dello stato civile dei matrimoni contratti all'estero tra persone dello stesso sesso.
Vale la pena qui mettere in luce come la trascrivibilità in oggetto non produca gli effetti della relazione giuridica definita «coniugio», tipico del matrimonio. La produzione di questi effetti non è legata alla trascrizione, ma è determinata dalla legge applicabile al rapporto matrimoniale.
Nel caso di matrimonio tra persone dello stesso sesso residenti in Italia, la legge è quella italiana. In base alla legge attuale del nostro Paese, due persone dello stesso sesso in nessun caso possono essere considerate coniugate e a me pare che sia questo il tema oggi all'ordine del giorno.
Non intendo ripercorre la cronologia degli impegni disattesi, delle promesse non rispettate, delle occasioni mancate o, peggio ancora, dell'indifferenza e del tatticismo sulla pelle di migliaia di cittadini italiani che ancora oggi non vedono affermati diritti basilari, mentre in Europa, come abbiamo visto, si procede a passo spedito verso una società migliore, paritaria, più giusta, perché questo Parlamento ha la responsabilità e la possibilità di rimediare.
È già stato approvato dalla Commissione giustizia del Senato il disegno di legge Cirinnà, con cui potremmo avere finalmente il riconoscimento pubblico dei diritti e doveri tra i soggetti vincolati dall'unione civile, tra persone dello stesso sesso, il riconoscimento del secondo genitore e della reversibilità, insieme a tutti i diritti sociali. Il disegno di legge interviene anche, come è giusto, sui matrimoni stipulati all'estero che saranno riconosciuti come unioni civili.
È questo l'obiettivo che dobbiamo raggiungere, a cui chiamiamo tutti i gruppi presenti in Parlamento che abbiano a cuore il superamento di un vuoto legislativo e di una violazione di diritti fondamentali che da troppi anni mette il nostro Paese in una situazione imbarazzante nei confronti dei europei. È un obiettivo fondamentale che non si è mai riusciti a raggiungere a causa di una contrarietà ideologica che sembra davvero appartenere a un tempo remoto, ma anche all'incapacità di un lavoro comune in ambito parlamentare.
È evidente che in assenza di un riconoscimento pieno, l'esistenza di un matrimonio contratto all'estero deve pur poter rilevare, sia come presupposto per chiedere la tutela di interessi omogenei a quelli delle coppie coniugate eterosessuali, in base a quanto stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 138 del 2010, sia in relazione al diritto comunitario dove queste unioni sono da considerarsi diritto civile e umano fondamentale, come da pronuncia del Parlamento europeo del marzo scorso.
Tornando al merito della trascrivibiltà, osservando le pronunce giurisdizionali appare chiaro come siano venute meno le ragioni di intrascrivibilità legate all'ordine pubblico, senza alcun dubbio. È, tuttavia, altrettanto evidente come la Corte costituzionale abbia evidenziato come spetti al Parlamento, nell'esercizio della sua piena discrezionalità politica, individuare con atto di rango legislativo le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni omosessuali, riconosciute tra le formazioni sociali di cui all'articolo 2 della Costituzione, in grado di favorire il pieno sviluppo della persona umana nella vita di relazione.
Il nostro prioritario compito, colleghi, è rendere i nostri cittadini certi dei propri diritti e doveri. Non possiamo venire meno alle nostre responsabilità e scaricare il problema (che sia chiaro, è un problema solo a causa del Parlamento, che non è ancora intervenuto) di un contrasto tra la normativa italiana e quella della maggior parte dei Paesi occidentali, sui cittadini, i sindaci, i prefetti e i tribunali.
La politica che si rifiuta di intervenire per rendere chiara la situazione giuridica dei propri cittadini, su questioni peraltro evidenti, di fatto, accettate e riconosciute ampiamente dalla società, dichiara il proprio fallimento, la propria inutilità.
Noi abbiamo la possibilità di rimediare ai tanti errori che ci hanno portato fin qui. È l'ultima chiamata per non perdere il treno del progresso della civiltà.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di parere sulle mozioni.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Lupi ed altri n. 1-00869 e Alfreider ed altri n. 1-00877, concernenti iniziative in materia di circolazione del denaro contante .
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea .
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Barbanti ed altri n. 1-00881, Paglia ed altri n. 1-00882, Boccadutri ed altri n. 1-00883, Alberti ed altri n. 1-00884 e Brunetta ed altri n. 1-00886 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Tancredi, che illustrerà anche la mozione Lupi ed altri n. 1-00869 di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
PAOLO TANCREDI. Grazie Presidente. È un argomento su cui Area Popolare ha molta sensibilità e su cui effettivamente abbiamo presentato questa mozione e siamo primi firmatari di mozioni anche in Senato.
Su questo punto, ovvero sul limite dei pagamenti in contanti e di utilizzo degli assegni bancari/postali trasferibili, nonché dei libretti al portatore, la normativa italiana è intervenuta negli ultimi anni parecchie volte, finché si è arrivati alla legge 22 dicembre 2011, n. 214, di conversione in legge del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, che ha fissato l'attuale regime al di là di alcune modifiche e integrazioni: con l'articolo 12, il limite dell'uso del contante e dei titoli al portatore, con decorrenza dal 6 dicembre 2011, è un importo inferiore a 1.000 euro.
Il divieto di violare tale limite si applica a tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato, quale che sia la loro nazionalità. I soggetti sanzionabili sono sia coloro che pagano sia coloro che riscuotono gli importi, ivi compreso il lavoratore dipendente che abbia accettato il pagamento dello stipendio superiore a 999 euro in contanti.
Tali interventi – discontinui tra loro nella modifica della legislazione – sono stati introdotti con una doppia finalità: da un lato, l'esigenza di aumentare la tracciabilità dei movimenti finanziari per contrastare il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita; dall'altro, l'obiettivo dell'amministrazione finanziaria di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale, attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti, che si prestano a coprire operazioni effettuate in nero.
Pertanto, allo stato attuale, per i pagamenti relativi a importi pari o superiori a 1.000 euro occorre rivolgersi a banche, istituti di moneta elettronica o a Poste italiane Spa. Nobilissimi intenti che però hanno portato nel sistema economico, soprattutto nel sistema economico italiano, soprattutto in alcune aree del Paese, a evidenti difficoltà. Una deroga a questo limite è stata introdotta dall'articolo 3 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, secondo il quale gli operatori del commercio e le agenzie di viaggi e turismo – naturalmente l'intento è riparare a un evidente squilibrio competitivo con altri Paesi – possono cedere i beni ed erogare i servizi a cittadini stranieri non residenti in Italia, fino alla soglia di 15 mila euro.
In tema di circolazione del denaro contante, sono, altresì, state introdotte alcune ulteriori novità recentemente. Per esempio, per la corresponsione di canoni d'affitto, si è previsto che i canoni di locazione delle abitazioni non possono più essere pagati in contanti. La norma prevede che, indipendentemente dall'ammontare mensile del canone di locazione, per il pagamento dell'affitto debbano essere utilizzati mezzi di pagamento in grado di assicurare la tracciabilità dei flussi di denaro.
C’è poi un'altra questione, che è forse ugualmente decisiva rispetto al tetto dell'utilizzo dei contanti: l'obbligo dell'adozione degli strumenti elettronici per i pagamenti per gli operatori commerciali. In termini di obbligo di adozione di strumenti POS per imprese e professionisti, il decreto ministeriale del 24 gennaio 2014 ha dato attuazione al disposto dell'articolo 15, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, ed è stato introdotto l'obbligo di accettare i pagamenti effettuati attraverso carte di debito, in favore di imprese e professionisti, per l'acquisto di prodotti o per la prestazione di servizi.
Dal 28 marzo 2014 al 30 giugno 2014, sono state obbligate ad accettare pagamenti di importi superiori a 30 euro, effettuati con carte di debito, solo le imprese e professionisti che nel 2013 hanno registrato un fatturato superiore a 200 mila euro. Dal 1o luglio 2014, tutte le imprese ed i professionisti sono obbligati ad accettare i pagamenti di importo superiore a 30 euro effettuati in maniera elettronica o comunque con carte di debito o di credito.
Con riferimento alla tracciabilità dei pagamenti, ma anche alla semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti, di cui all'articolo 7 della medesima legge n. 23 del 2014, un ulteriore passo verso l'informatizzazione del fisco si è avuta con l'operazione «730 precompilato», con cui oltre 920 mila contribuenti hanno potuto controllare la propria dichiarazione su Internet immediatamente prima di inviarla.
Secondo uno studio della CGIA di Mestre, nel nostro Paese l'ammontare di banconote in circolazione sta crescendo, paradossalmente. Nel 2014 la massa monetaria complessiva ha sfiorato i 164 miliardi di euro. Negli ultimi sette anni di crisi l'incremento percentuale è stato del 30,4 per cento, a fronte di una variazione di incidenza delle banconote sul PIL del più 2,4 per cento e di un aumento dell'inflazione che ha sfiorato il 10 per cento.
L'ISTAT, nella pubblicazione «I consumi degli italiani», segnala che il mezzo di pagamento più diffuso tra le famiglie – ahimè ! – è il denaro contante, soprattutto nel caso degli anziani, (95,9 per cento) o in coppia (92,8 per cento). Il 37 per cento delle famiglie usa il bancomat e il 10,9 per cento la carta di credito. La soglia psicologica per decidere di ricorrere a bancomat o carta di credito si assesta attorno ai 143 euro, anche se aumenta al crescere dell'età e spostandosi in aree territoriali più a meridione.
L'enorme uso del contante deriva dal fatto che in Italia ci sono quasi 15 milioni di cioè cittadini che non hanno un conto corrente e che non sono all'anagrafe di istituti di credito. Molti preferiscono ancora adesso tenere i propri soldi in casa, anziché affidarli ad una banca, considerati, soprattutto, i costi per la tenuta di un conto corrente, tra i più elevati d'Europa. Questo è un altro punto che rappresenta uno snodo decisivo e importante per la questione e per gli obiettivi che il Governo si è posto in questi anni, introducendo queste novelle normative.
Rispetto agli altri Paesi europei, infatti, in Italia i costi per le transazioni tramite pos sono più elevati in media del 50 per cento. Sono elevati anche i costi per l'installazione e la gestione dei POS, che hanno una componente fissa e una variabile. I costi fissi comprendono un fitto annuale dell'apparecchiatura pos e il mantenimento di una linea telefonica dedicata, più o meno costosa a seconda della velocità della transazione. I costi variabili sono, invece, legati al numero e all'ammontare delle transazioni effettuate dalla clientela e dipendono dal tipo di circuito utilizzato. Spesso le due componenti di costo sono tra loro collegate. A costi fissi più alti possono essere associati costi variabili più bassi. L’ rappresenta circa il 70-90 per cento dell'importo della commissione che viene applicata nel rapporto tra la banca dell'esercente e la banca del consumatore nel momento della transazione.
In ogni caso, trattandosi di un servizio bancario, agli oneri per la transazione si aggiunge poi l'IVA. Questi oneri sono integralmente a carico delle attività produttive e il loro livello è tale che il pos non viene percepito come mezzo di pagamento, ma come un ulteriore balzello e un'ulteriore tassa. Ne consegue che il migliore incentivo, in realtà, alla diffusione dei pos non è costituito dalla sua obbligatorietà né dalla riduzione dei costi del tetto per l'utilizzo dei contanti, ma dalla riduzione dei costi di gestione. Ci dovremmo muovere in questa direzione, come già hanno fatto altri Paesi.
Quanto affermato ha maggior rilievo, ove si consideri che il comma 9 dell'articolo 12 del citato decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha stabilito che le imprese che gestiscono i circuiti di pagamento e le associazioni delle imprese definissero, entro nove mesi, le regole generali per assicurare una riduzione delle commissioni a carico degli esercenti in relazione alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento. In attuazione di quanto previsto da tali disposizioni, si sono tenute riunioni tra l'ABI, le associazioni dei prestatori di servizi di pagamento, Poste italiane Spa, il Consorzio bancomat, le imprese che gestiscono circuiti di pagamento e le associazioni delle imprese maggiormente significative a livello nazionale, senza tuttavia giungere all'elaborazione di un testo condiviso secondo le modalità e nei termini previsti.
Si registrano, peraltro, positive esperienze tra alcuni istituti di credito e associazioni imprenditoriali. In tale contesto, la Commissione europea, nell'ambito della revisione della direttiva sui servizi di pagamento e tenuto conto del fatto che il mercato dei parametri dell'Unione è frammentato e costoso, ha presentato una proposta di limitazione dell’ che prevede un tetto dello 0,2 per cento delle transazioni per le carte di debito e dello 0,3 per cento delle transazioni per le carte di credito.
Uno studio della Bundesbank del 2012 definisce il il mezzo più comodo, veloce, accettato, rispettoso della economico e trasparente. All'opposto, i dati diffusi dalla Banca d'Italia valutano in circa 8 miliardi di euro all'anno, che corrispondono allo 0,5 per cento del PIL, il costo della gestione del contante, di cui il 49 per cento sarebbe sostenuto dalle banche, mentre il restante sarebbe a carico delle imprese. Tuttavia, lo studio di Banca d'Italia non tiene conto della trasformazione dei pagamenti e del fatto che i pagamenti elettronici alle attuali condizioni comporterebbero per le imprese costi ben più alti dei risparmi. È bene dire che in Germania non c’è un limite all'utilizzo dei contanti. Diversi studi provano che non c’è una stretta correlazione tra l'uso della cartamoneta e l'evasione fiscale. I dati rilevati dall'economia reale, recentemente elaborati dalla CGIA di Mestre, mostrano che, nonostante l'Italia abbia il limite di utilizzo del contante più basso d'Europa, l'evasione fiscale non sembra averne risentito. Anzi, dagli studi emerge un dato sorprendente: c’è pochissima correlazione tra la soglia limite dell'uso di cartamoneta imposta per legge e il rapporto tra la base imponibile IVA non dichiarata e il PIL, vale a dire l'evasione fiscale. Sembra, invece, esservi la correlazione inversa, tra limitazione all'uso del contante e crescita del PIL. La Germania, che pure ha un'economia non osservata pari al 10 per cento del PIL, non prevede limiti all'uso del contante e, contestualmente, è in forte crescita economica. Tra i membri dell'Unione europea ben undici Paesi non prevedono alcun limite all'uso del contante. La Francia e il Belgio hanno una soglia di spesa con la cartamoneta di 3 mila euro e la Spagna di 2.500 euro. Sono i Paesi con la crescita economica peggiore a manifestare la situazione più restrittiva sull'uso del contante: Grecia 1.500 euro, Italia e Portogallo mille euro. Non ci sono ragioni tecniche per spiegare un rapporto del genere. È chiaro che non c’è una stretta correlazione. Ma è chiaro che l'economia e la crescita hanno bisogno di libertà, . Questa libertà non può essere limitata soltanto alla rintracciabilità. La rintracciabilità è cosa sacrosanta dal punto di vista dello Stato e del fisco, ma vi è il problema della nell'utilizzo del contante che è anche un problema relazionale, familiare a volte, che sfugge alle logiche del legislatore. La tracciabilità dei pagamenti ha una forte valenza di controllo sociale, ivi compresa l'individuazione dei comportamenti personali in ambito di consumi, alimentari, di vestiario, svago e altro, al quale i cittadini italiani, ma i cittadini in generale, malvolentieri si conformano. In tale ambito, il 6 agosto 2014 il Governo ha accolto un ordine del giorno durante l'esame del provvedimento n. 2568, nel quale si chiede di valutare l'opportunità di introdurre norme in materia di volte impedire che la tracciabilità dei pagamenti consenta alle banche e ai soggetti gestori dei dati di tracciare le vite dei cittadini e di predisporre a loro insaputa profili personali di qualsiasi tipologia, valutando se non sia opportuno introdurre una modifica costituzionale che stabilisca il diritto dei cittadini a non essere tracciati o divenire oggetto di profilazione in assenza di espressa autorizzazione.
Concludo, citando il Senato, che ha approvato alcune mozioni sull'uso del denaro contante e della moneta elettronica, contenenti diversi impegni. Nel 2015 il Presidente del Consiglio ha annunciato l'intenzione del Governo di elevare il limite all'utilizzo del contante dagli attuali 999,99 euro a 3 mila euro, condizionando il varo della misura all'adozione del decreto delegato sulla fattura elettronica, che è cosa importante e che sosteniamo con molta forza e che sarà oggetto di decreti legislativi legati alla delega fiscale. Infatti, con una transazione tracciata, con una fattura elettronica, con uno scontrino immediatamente visibile al fisco, l'eventuale incasso in contanti non dovrebbe creare problemi e sarebbe ininfluente sulla sua rintracciabilità.
Per tutti questi motivi, con questa mozione intendiamo, laddove trovassimo il voto della maggioranza dei colleghi alla Camera, impegnare il Governo ad effettuare una revisione della normativa vigente in tema di uso del contante prevedendo un innalzamento della soglia limite dai mille euro attuali ai tremila euro, ponendo così la legislazione italiana in linea con quella dei principali Stati europei che adottano restrizioni sulla circolazione della carta in moneta. In realtà con un limite a tremila euro saremmo anche nella fascia bassa dei tetti all'uso della circolazione del contante e risolveremmo anche un problema di competitività che c’è oggi. Infatti molti turisti, molti acquirenti preferiscono altre piazze perché naturalmente c’è la possibilità di spendere il contante vicino ai nostri confini, possibilità che manca, invece, all'interno dei confini italiani.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melilla, che illustrerà anche la mozione Paglia e altri n. 1-00882, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
GIANNI MELILLA. Grazie, signor Presidente. La tracciabilità è uno strumento necessario per combattere l'evasione fiscale. Il corso dei contanti è molto elevato. Non è solo un problema quindi di lotta all'evasione fiscale, ma si tratta anche di intervenire per limitare il costo sull'economia europea ed italiana del ricorso all'uso del denaro contante. Tale costo non deriva soltanto dalla stampa delle banconote e dal conio delle monete ma anche dalle spese di distribuzione e di controllo a cui si aggiungono gli oneri per la sicurezza, per il trasporto e la conservazione dei valori. Uno studio della BCE ha evidenziato che l'Europa spende ogni anno 60 miliardi di euro per il denaro e in Italia, dove il denaro cartaceo è più diffuso che altrove, i costi ammontano a circa 10 miliardi di euro...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Melilla... Prego.
GIANNI MELILLA. ... pari a metà di un punto di PIL, valore superiore tra l'altro a quello della media europea, che è lo 0,40 per cento. Questo significa che per pagare il personale, le perdite, i furti, le apparecchiature, il trasporto, la sicurezza, i magazzini, la vigilanza, le assicurazioni spendiamo ogni anno 200 euro a testa. Ogni italiano paga inutilmente 200 euro per questo costo che potrebbe essere evitato se ci fossero degli accorgimenti che adesso proporrò. C’è anche il tema del costo industriale di fabbricazione delle micromonete da 1 e 2 centesimi di euro che spesso e volentieri tra l'altro si perdono e non sono utilizzabili in alcun modo. Coniare una monetina da un centesimo costa 4,5 centesimi, mentre fabbricarne una da 2 centesimi comporta una spesa di 5,2 centesimi. È un assurdo. Lo scorso autunno Sinistra Ecologia Libertà presentò una mozione alla Camera proprio su questa questione calcolando che i costi di fabbricazione sono stati in Italia l'anno scorso per questi centesimi di euro 188 milioni di euro in dieci anni. Ripeto: 188 milioni di spreco di denaro pubblico.
La relazione esistente tra l'utilizzo del contante, strumento di pagamento di cui non è possibile seguire le tracce fiscali e l'evasione è chiara. È stata evidenziata da diversi studi di livello internazionale, europeo ed italiano. Esiste cioè una precisa correlazione tra i prelievi in contanti e l'incidenza dell'economia sommersa. La relazione tra l'importo medio unitario dei prelievo di contanti da sportelli automatici bancari nei vari Paesi europei e l'economia sommersa espressi in percentuale di PIL è chiaramente positivo: dove si utilizza più contante l'incidenza dell'economia sommersa è più elevata. In particolare Grecia e Italia sono i Paesi europei che mostrano i prelievi di contanti di importo medio più elevato e che contestualmente hanno la più alta incidenza sul PIL dell'economia sommersa.
In Italia il ricorso alla moneta elettronica, comunque, si va sempre più diffondendo; in Italia vi sono attualmente 71,2 milioni di carte per i pagamenti, una media di 1,2 per abitanti, numero cresciuto sensibilmente negli ultimi vent'anni, ma che resta inferiore alla media dell'Unione europea che è di 1,5 per abitante, per non dire dei Paesi più virtuosi, come il Regno Unito, dove vi sono 2,4 carte per abitante o la Svezia con 2,2 carte per abitante. Tuttavia, le operazioni fatte risultano ancora molto contenute nel confronto internazionale. Ogni italiano ne fa annualmente solo 24,5, contro le 57 dell'area euro e le 191 degli Stati Uniti d'America.
È dunque necessario un intervento organico che, da un lato, limiti fortemente l'utilizzo del denaro contante e, dall'altro, disponga una serie di incentivi per i consumatori e gli operatori del settore. Alcune direttive europee e norme interne spingono in questa direzione, nella convinzione che tutto il sistema economico e finanziario tragga vantaggi da questa innovazione. Per dare un impulso alla maturazione del mercato italiano dei pagamenti elettronici e avvicinarlo, così, agli standard europei, Governo e Parlamento hanno varato negli ultimi anni, accanto a una serie di misure restrittive sull'uso del denaro contante e dei mezzi di pagamento al portatore e di definizione dell'ambito di applicazione dei pagamenti mediante carte di debito, anche una norma per la quale esiste l'obbligo di accettare da privati pagamenti per acquisti di prodotti e prestazioni di servizi di importo superiore ai 30 euro a mezzo del cosiddetto POS.
In Italia, sappiamo tutti che i costi complessivi legati al mantenimento e all'uso del POS sono più alti del 50 per cento rispetto alla media europea e, quindi, è necessario intervenire per abbattere questi costi che si ripercuotono sui consumatori. Numerose indagini condotte anche da autorità antitrust hanno dimostrato che l'elevato livello delle commissioni interbancarie produce effetti anticoncorrenziali e alti costi per gli esercenti commerciali che poi li riversano sui prezzi finali, ostacolando in tal modo la diffusione di sistemi di pagamento alternativi e meno costosi in grado di rendere cioè più semplice la vita dei consumatori e di generare più transazioni per i commercianti. L'ABI, l'Associazione bancaria italiana, ha avuto modo di dichiarare, a proposito dell'approccio contrario alle CIM da parte della Commissione europea, che se per Bruxelles le commissioni sono negative per la concorrenza il costo delle carte di pagamento rischia di aumentare a discapito dei possessori, lasciando in tal mondo intendere pericolosamente che la disapplicazione delle CIM comporterà inevitabili ripercussioni sui consumatori, dato che le banche scaricheranno le minori entrate interamente sui correntisti. Una maggiore quanto auspicata diffusione della moneta elettronica deve passare necessariamente attraverso l'abolizione delle commissioni interbancarie multilaterali. Pertanto il Governo deve intervenire in materia, anche di concerto con l'ABI.
I deputati di Sinistra Ecologia Libertà vogliono impegnare il Governo: primo, a ridurre il limite dei pagamenti in contanti che oggi è fissato a mille euro, a 499 euro, contestualmente alla riduzione delle commissioni e dei costi di gestione della moneta elettronica per imprese e cittadini. In questo modo, con il limite di 499 euro, ci liberiamo anche delle 500 euro, sottolineando il nesso di questo taglio di moneta con l'evasione fiscale e la criminalità organizzata, tant’è, come sapete, che oggi le banche non accettano più monete che hanno un taglio di 500 euro.
Secondo, il Governo deve prendere opportune iniziative anche legislative per ridurre con progressione annuale l'importo massimo mensile per i prelievi delle persone fisiche e giuridiche.
Il Governo deve inoltre stabilire l'obbligo di utilizzare strumenti telematici per l'effettuazione delle operazioni di pagamento delle spese delle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dei loro enti.
Il Governo deve poi prendere le opportune iniziative per abolire le commissioni interbancarie multilaterali e prevedere per i commercianti ed i professionisti forme di defiscalizzazione che contemplino il riconoscimento di un credito di imposta a coloro che utilizzano un terminale POS.
Vogliamo anche che il Governo valuti misure di sostegno all'utilizzo della moneta elettronica con l'eliminazione delle commissioni interbancarie, il credito d'imposta per l'acquisto di POS, corsi rivolti alle persone anziane e bancomat gratuito per le persone con reddito basso da finanziare anche con i risparmi che via via deriverebbero al Tesoro, alle banche e alle infrastrutture per l'offerta dei servizi di pagamento dal minor utilizzo del contante.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccadutri che illustrerà anche la sua mozione 1-00883. Ne ha facoltà.
SERGIO BOCCADUTRI. Signor Presidente, mi ricollego a quanto hanno riportato alcuni colleghi, e da qui partirei, circa il costo del contante per rilevare che quello è un dato riportato in alcuni di Banca d'Italia: tuttavia, la Banca d'Italia stessa ci dice che avere una dimensione effettiva del costo del contante non è facile. Ciò perché non è considerato quello che noi possiamo perdere, il rischio che c’è di furti, di rapine e via dicendo, ossia quel costo di otto miliardi, citato, che attiene all'industria delle banche, di gestioni, movimentazione, distribuzione e delle imprese. Pensiamo semplicemente a cosa significa gestire il contante, gestire la carta moneta per la grande distribuzione organizzata, ma non sappiamo invece quanto impatta singolarmente per ciascuno di noi, spingendo anche alcuni a valutare addirittura in un altro 0,50 del PIL, ossia altri otto miliardi di euro, il costo del contante.
Si tratta però di un costo occulto perché il piccolo commerciante ed il consumatore non si rendono conto di quanto possono perdere quotidianamente o di quanto questi rischi si possano ribaltare.
Questa è una prima questione che, secondo me, dovremmo considerare quando parliamo di un tema così delicato ed importante ed io ritengo che l'occasione della mozione sia utile per aprire di nuovo una discussione non soltanto sul contante, ma anche sul valore dei nuovi strumenti di pagamento digitale che ci danno dei limiti. Alcuni di questi sono stati e sono oggetto di alcune misure della Commissione e del Parlamento europeo.
Vorrei ricordare a questo proposito l'ultima seduta del precedente Parlamento europeo che diede proprio l'avvio al regolamento che è stato pubblicato appena qualche giorno fa e che entra oggi in vigore, sulla riduzione delle commissioni interbancarie, ma che ci dà anche tante altre opportunità. Intanto altri elementi di chiarezza.
Il primo elemento di chiarezza è che c’è questo nuovo regolamento che da oggi è vigente, ma che lascia spazio agli Stati membri di effettuare alcune scelte. Questo ovviamente perché possa essere applicato in alcuni ambiti contestualizzandolo con la situazione in essere. Abbiamo infatti paesi come il nostro dove l'ottanta per cento delle transazioni avviene per contanti e paesi invece dove sostanzialmente il numero delle transazioni per contanti è inferiore anche al trenta per cento. Quindi a situazioni diverse bisogna anche adattare bene l'applicazione del regolamento.
La nostra mozione coglie esattamente questo punto e sollecita il Governo ad attuare e a dirimere le questioni che il regolamento lascia alla facoltà dello Stato membro.
La seconda questione riguarda il tema delle commissioni che è stato sempre portato all'attenzione quando si parla di costi del contante. È vero anche che ci sono due componenti di costo di cui una è quella delle apparecchiature il POS.
Da questo punto di vista il comunicato del MISE del 28 luglio 2014, a seguito di una analisi dei costi, ha evidenziato sostanzialmente che la riduzione dei costi di nuova generazione si è ridotta nel tempo, cioè costano di più quelli vecchi piuttosto che quelli nuovi, perché ovviamente le nuove tecnologie stanno producendo anche una trasformazione nel mondo dei pagamenti e che, sostanzialmente, il livello dei costi dei POS negli ultimi anni, in verità, perché per molto tempo sono stati molto cari, si è ridotto.
Sulle commissioni occorre dire che, in molti casi, hanno effettivamente impedito la diffusione della moneta elettronica, tuttavia vi è da valutare anche come l'industria della moneta elettronica, è uno schema economico complesso (si parla di schema a due parti e non mi riferisco alle due parti delle carte, ma allo schema economico a due versanti con i consumatori, l'industria ma ci sono anche i merchant), deve essere remunerata, perché dobbiamo ricordarci che le commissioni, oltre a remunerare il sistema, servono anche a tenere in piedi l'industria dei pagamenti digitali, che ha naturalmente dei costi, come ad esempio quello della sicurezza. In Italia, le frodi rispetto al transato sono dello 0,019 per cento nel 2013, un dato che ci consegna il Ministero dell'economia e delle finanze. Tale dato ci dice che il sistema di sicurezza sostanzialmente funziona. Ovviamente, noi possiamo anche decidere di abbattere del tutto i costi delle commissioni (il regolamento europeo interviene su una parte delle commissioni, quelle interbancarie); potremmo anche deciderlo da soli, ma a questo punto i sistemi di sicurezza sarebbero pagati dalla fiscalità generale, perché mantenere dei server in sicurezza, mantenere la gestione e lo scambio dei dati costa e noi non possiamo pensare di essere esposti a dei rischi, anche di intrusione. Sappiamo bene cosa accade quando viene catturata una carta di credito. Vi sono anche altri costi riconosciuti relativi ad altri rischi. Il regolamento è intervenuto su questa componente di costo mettendo un gap, da questo punto di vista è stata una scelta illusoria pensare sia gratis, esattamente come è illusorio pensare che il contante non costa, tanto è vero che esso costa soltanto a banche e imprese circa 8 miliardi di euro l'anno e probabilmente altrettanto anche come costo occulto che non vediamo.
Questo per dire che le operazioni di transazione costano, quelle in contanti e anche quelle non in contanti, si tratta di capire qual è il giusto prezzo. Ovviamente, aumentando il numero delle transazioni elettroniche probabilmente i loro costi si ridurranno.
La cosa interessante è che gli strumenti di pagamento digitali stanno avendo una evoluzione molto forte, che ne sta riducendo i costi, grazie soprattutto a strumenti di pagamento legati al telefono, agli smartphone, alla possibilità di utilizzare cioè pagamenti tramite anche portali, mi riferisco all’, a strumenti . Sono tutti strumenti di pagamento dove il POS si assottiglia via via, quindi sparisce anche quella parte di componente e rimane sostanzialmente la transazione.
Vi sono dei dati che ci raccontano come questi tipi di pagamento aumentano in misura maggiore, sopravanzano, rispetto a quelli più classici. Ad esempio, nel 2014 i pagamenti classici con carte di credito e carte di debito sono cresciuti dell'1,6 per cento, mentre questi nuovi tipi di pagamento sono cresciuti invece del 20 per cento e valgono ormai il 12 per cento delle transazioni con carta. In sostanza, i pagamenti, soprattutto sui piccoli importi, si stanno spostando sempre più su strumenti diversi dalla plastica che abbiamo in tasca. Anche qui, ovviamente, con riduzione di costi rispetto a livelli di infrastruttura fisica, in termini di come ho detto, ma con maggiore attenzione a livello di infrastruttura perché bisogna poi garantire che nella trasmissione di queste transazioni qualcuno non si infili, perché altrimenti il sistema crolla. Questo per dire che si tratta di un argomento molto complicato e ciò che mi interessa infine rilevare caro Presidente, riguarda il tema di che cosa sia sostanzialmente il denaro.
McLuhan, al di là delle valutazioni di carattere economico, lo definiva un sociale.
Un sostanzialmente sociale nasce nelle società non alfabetizzate anche con un che di magico, era incorporato sostanzialmente in una merce. Soltanto successivamente con la carta moneta perde questa componente magica, diventa trasportabile e sostanzialmente diventa una sorta di traduttore del lavoro; se ci pensiamo il denaro funge e traduce il tempo del lavoro, questo ovviamente nel tempo. Oggi probabilmente con la moneta elettronica si recupera questa dimensione magica, ma perché ? Perché la moneta elettronica rende evidente lo scambio della merce ma soprattutto incorpora in sé il movimento di informazione. Quello che dobbiamo valutare io credo appunto nella discussione che facciamo, al di là della possibilità di rivedere anche i limiti di utilizzo del contante nell'ambito di un'incentivazione degli strumenti di pagamento digitali, è la possibilità che i pagamenti digitali ci danno. In che senso ? Nel senso di poter incorporare nel pagamento – pensiamo semplicemente alla pubblica amministrazione – tantissimi servizi, incorporare già nell'avvio del pagamento digitale una serie di informazioni relative ad esempio a quello che ha consumato e mangiato mia figlia nella mensa dell'asilo o piuttosto la conservazione in maniera automatica di tantissime ricevute, che poi a questo punto la pubblica amministrazione ha già, e quindi non deve venire a richiederle. Il valore aggiunto quindi dell'incentivazione degli strumenti di pagamento digitali sta in questo, ossia nella possibilità di innestare altri dati e altre informazioni e a rendere più efficiente appunto la relazione tra pubblica amministrazione e cittadino, e non soltanto più efficiente ma anche più trasparente, perché, anche da questo punto di vista, il controllo anche delle risorse, essendo immediato ed essendo in sostanzialmente ci consente di avere trasparenza da parte del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione rispetto ai pagamenti che lui ha fatto verso la pubblica amministrazione. Questo per dire, infine, che noi chiediamo al Governo di incentivare e continuare il lavoro che ha svolto sulla delega fiscale relativamente appunto all'incentivazione di strumenti alternativi al contante e che ovviamente i limiti si possano rivedere in un ambito appunto a valle di un'incentivazione, anche considerando l'incentivazione di carattere culturale, perché questo dato che vi ho citato delle frodi probabilmente è poco conosciuto ma sostanzialmente è una delle questioni che molto spesso blocca i cittadini a utilizzare strumenti di questo tipo per la paura di perdere il controllo o comunque perdere proprio il denaro, e che qualcuno lo rubi sostanzialmente; nonché di applicare e dare attuazione veloce al Regolamento europeo che ha posto dei tetti (lo 0,3 per cento per le carte di credito e lo 0,2 per cento per le carte di debito) in Italia, rispetto anche alle questioni che vanno opzionate, e darne immediatamente attuazione anche all'estero perché anche in questo mercato sostanzialmente tutto il sistema possa avvantaggiarsi del suddetto Regolamento. Chiudo anche raccontando in quest'Aula che il trilogo ha concluso la valutazione sulla nuova direttiva dei pagamenti digitali, l'ultima appunto è stata recepita nel 2010, cinque anni fa, con un decreto legislativo, ma per i pagamenti cinque anni sono un'era, tantissimi anni addietro. C’è una nuova direttiva che accederà al trilogo, farà dei passaggi ancora formali e probabilmente verrà pubblicata in Gazzetta europea ad agosto. Da questo punto di vista si aprirà un mercato dei pagamenti digitali per i quali l'Italia è già messa bene, perché ovviamente ha una fortissima infrastrutturazione e a livello anche di studi e ricerche è molto avanti rispetto ad altri Paesi. Quello che manca probabilmente è appunto un'incentivazione anche culturale dei cittadini. Ecco io penso che un lavoro per introdurre dentro la PA una forte incentivazione dei pagamenti digitali anche da parte dei cittadini potrebbe aiutare.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ruocco, che illustrerà anche la mozione Alberti ed altri n. 1-00884, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.
CARLA RUOCCO. Signor Presidente, con la nostra mozione abbiamo voluto evidenziare una linea di demarcazione molto netta tra l'attività delle piccole e medie imprese e quella delle imprese di grandi dimensioni perché sicuramente i limiti all'utilizzo del contante devono valere sulla base proprio dei requisiti dimensionali delle imprese, come d'altronde anche la delega fiscale fa cenno.
Per cui, il primo punto della mozione è proprio quello di prevedere che questo obbligo di pagamento tramite carte di debito sia applicato agli esercenti il cui fatturato sia superiore ai 200 mila euro. Illustro prima tutti quanti i punti e poi li espongo.
Chiediamo di escludere dall'obbligo le imprese per i primi due anni di attività, quindi tutte le imprese che si trovano ad affrontare il mercato nella loro prima fase di nascita.
Inoltre, vorremmo estendere e prevedere assolutamente la gratuità delle transazioni effettuate fino a mille euro, effettuate mediante carte di pagamento. Inoltre, bisognerebbe prevedere e chiediamo di prevedere una concreta riduzione delle commissioni a carico degli esercenti, fissando dei massimali da applicare alle medesime commissioni, nei limiti individuati proprio dal Consiglio europeo e pari allo 0,2 per le carte di debito e allo 0,3 per le carte di credito.
Come dicevo, si è parlato anche qui, in sede di discussione sulle linee generali, in qualche modo di costi per la gestione del contante, quindi, significa, in sostanza, che, quando le banche risparmiano questi costi, devono, secondo il nostro punto di vista, non incamerare questo risparmio, ma riversarlo proprio sugli operatori economici ed è questo il motivo per il quale noi chiediamo che l'utilizzo delle carte di credito sia del tutto gratuito, soprattutto per le transazioni di piccole entità, fino a 1.000 euro per gli esercenti. Questo è possibile perché dicevamo che, con l'utilizzo della moneta elettronica, a risparmiare tanto sono proprio gli intermediari finanziari che possono riversare assolutamente questo risparmio sugli esercenti.
Per quanto riguarda il discorso sui massimali, sicuramente c’è da mettere un tetto che sia armonizzato con le regole europee. Le imprese italiane infatti si scontrano con un contesto europeo che le rende poco competitive. Quindi, una piccola impresa – ed è questo il motivo per il quale noi distinguiamo nettamente le piccole e medie imprese dalle imprese di grandi dimensioni – si trova a sopportare un carico fiscale assolutamente insostenibile, che viene totalmente schiacciato dalla competizione, tra l'altro anche a livello europeo.
Infatti, il tema dell'armonizzazione fiscale è un altro tema molto sentito dal MoVimento 5 Stelle perché in qualche modo sarebbe un passaggio fondamentale proprio per far recuperare alle imprese italiane la competitività. Si pensi che le imprese italiane sopportano un carico fiscale di circa il 43,3 per cento, di due punti superiore alla media europea, per cui, a livello europeo, noi troviamo dei veri e propri paradisi fiscali che vengono sfruttati – quelli sì – da un'evasione di grandi dimensioni. E qui arriviamo proprio al punto. È vero, sì, che la moneta elettronica è sicuramente un vantaggio ed un servizio per il consumatore, però bisogna distinguere nettamente la lotta all'evasione fiscale con l'utilizzo della moneta elettronica, perché le cose non vanno sempre nella stessa direzione.
Infatti, il grosso dell'evasione fiscale si annida, proprio rispetto a quello che dicevo prima, nei grandi fenomeni di evasione fiscale, portata avanti proprio dalle società di un certo tipo di dimensioni, che si possono avvalere di operazioni fiscali di esterovestizione, interposizioni fittizie oppure sedi fittizie in paradisi fiscali che, come dicevo, si possono annidare spesso all'interno della realtà europea. Quindi, per battere, per sconfiggere, i grandi fenomeni di evasione fiscale e per recuperare quel necessario gettito di miliardi di euro, che poi dà respiro all'economia italiana, bisognerebbe concentrarsi proprio su quello, nonché sui tempi della giustizia tributaria, che sono anche lì pletorici, perché si parla addirittura di circa 290 giorni soltanto per il primo grado di giudizio. Per non dire che il rapporto tra fisco e contribuenti negli anni ha visto sempre sotto scacco i soliti noti, come dicevamo, i piccoli operatori economici, e ha visto avvalersi invece di condoni massicci gli operatori economici di più grande dimensione. Infatti, in trentaquattro anni, dal 1970 al 2004, sono stati approvati ben trentadue condoni di vario genere. Questo è assolutamente devastante sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista della tutela dei contribuenti che vogliono stare sul mercato in maniera leale e sia proprio dal punto di vista della lealtà fiscale tra lo Stato e i cittadini che ne fanno parte. A pagare alla fine sono sempre i soliti noti. È questo il motivo per il quale noi chiediamo un fisco più trasparente, più leggero e che aiuti le piccole e medie imprese che si trovano ad affrontare questo sistema di mercato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese, che illustrerà la mozione Brunetta ed altri n. 1-00886, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, premesso che: negli ultimi anni si sta diffondendo sempre di più un mercato di pagamenti tramite moneta elettronica aperto all'interazione tra i diversi Paesi, conferendo dei sistemi comuni e in grado di offrire transazioni veloci attraverso qualsiasi strumento tecnologico; la diffusione della moneta elettronica sta crescendo esponenzialmente, tanto che secondo stime del centro di analisi e previsioni, se nel 2009 gli utenti che usufruivano di pagamenti elettronici erano circa 55 milioni, alla fine del 2015 saranno circa 894 milioni, registrando un aumento di circa il 60 per cento annuo; il legislatore è, dunque, intervenuto negli ultimi anni con provvedimenti volti ad introdurre una più stretta disciplina sulla circolazione del contante con la finalità di aumentare la tracciabilità dei movimenti finanziari per contrastare sia il riciclaggio dei capitali sia l'evasione fiscale; in particolare, il cosiddetto decreto «salva Italia» ha ridotto, a decorrere dal 6 dicembre 2011, da 2.500 ad 1.000 euro, la soglia dei pagamenti in contanti e di utilizzo degli assegni bancari/postali trasferibili, nonché dei libretti al portatore; ulteriori restrizioni sono state inserite anche per le corresponsioni dei canoni di affitto; in merito alla disciplina sui POS il decreto ministeriale del Ministero dello sviluppo economico del 24 gennaio 2014 ha dato attuazione alla norma dell'articolo 15, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, che prevede l'obbligo, a decorrere dal 1o gennaio 2014, per i soggetti che effettuano attività di vendita di prodotti e prestazione di servizi, anche professionali, di accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito. Il Decreto Ministeriale del MISE, all'articolo 2 specifica che l'obbligo di accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito si applica a tutti i pagamenti di importo superiore a 30 euro disposti per l'acquisto di prodotti o la prestazione di servizi.
È importante rilevare che all'interno dell'Unione europea ben undici Paesi non hanno fissato alcun limite all'utilizzo del contante, mentre oltre all'Italia soltanto 5 Paesi hanno introdotto una soglia massima. Nello specifico, la Grecia di 1.500 euro, la Spagna di 2.500 euro, il Belgio e la Francia di 3.000 euro, mentre solamente il Portogallo ha stabilito la stessa soglia massima di utilizzo di contante in 1.000 euro. A fronte di tali interventi normativi si è aperto un importante dibattito sul futuro della moneta fisica. Nello specifico, alcuni sostengono che lo sviluppo della moneta digitale soppianterà progressivamente l'uso del circolante, degli strumenti di pagamento tradizionali, nonché ad una progressiva riduzione dell'esigenza delle banche di detenere riserve in moneta della Banca centrale. Ad avviso di altri, invece, è opportuno porre l'accento sulla semplicità dell'utilizzo del contante, sulla sua minore vulnerabilità, rispetto a strumenti di pagamento più sofisticati e soprattutto sull'anonimità ad essa associata. È importante rilevare che in un mondo digitale l'uso del contante rimane un'esigenza imprescindibile per il funzionamento dell'economia e, inoltre, le evidenze empiriche non sembrano indicare una riduzione del circolante nei Paesi più industrializzati: quelli cioè che avrebbero dovuto risentire, in via principale, delle conseguenze dell'uso della moneta digitale.
Un limite stringente alla circolazione del contante, così come previsto attualmente nel nostro ordinamento, rappresenta l'ennesimo colpo ad un'economia già in forte crisi, in cui la contrazione dei consumi ha penalizzato fortemente la ripresa; senza dimenticare, infine, i costi che sostengono gli esercenti commerciali, i quali sono in tal modo costretti, loro malgrado, a cedere una fetta dei loro pagamenti agli istituti finanziari.
Se, da una parte, il passaggio ad una moneta completamente elettronica porterebbe come beneficio una considerevole diminuzione delle dimensioni dell'economia sommersa e illegale, dall'altra, porterebbe ad una diminuzione, nonché violazione, della del cittadino. Ogni movimento sarebbe dunque tracciato, senza considerare il fatto che alle compagnie che offrono servizi di carte di credito e di debito verrebbe dato un potere più grande, dovuto al possesso di informazioni molto più dettagliate sui singoli utenti.
Secondo uno studio Censis del 2014, soprattutto a fronte della crisi economica, gli italiani hanno preferito tenere i soldi liquidi, a disposizione per ogni evenienza. Infatti, il valore di contanti e depositi bancari è aumentato, secondo il Censis, di 234 miliardi di euro negli ultimi sette anni: le consistenze sono passate dai 975 miliardi di euro del 2007 a 1.209 miliardi nel 2014, con un incremento del 9,2 per cento in termini reali.
La liquidità costituisce, quindi, il 30 per cento del portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie, mentre era solo il 25 per cento nell'anno prima della crisi. L'ISTAT, nell'indagine «», segnala che il mezzo di pagamento più diffuso tra le famiglie è il denaro contante, soprattutto nel caso degli anziani, (95,9 per cento) o in coppia (92,8 per cento). Il 37,9 per cento delle famiglie usa il bancomat e il 10,9 per cento la carta di credito.
È stato rilevato che circa 15 milioni di italiani non hanno un proprio conto corrente presso una banca e questo comporta, inevitabilmente, un diffuso utilizzo di contante. Ne deriva, quindi, che, non avendo alcun rapporto con gli istituti di credito, milioni di persone non utilizzano alcuna forma di pagamento tracciabile. Un dato importante da rilevare è che non vi è una stretta correlazione tra l'utilizzo del contante e l'evasione fiscale.
Infatti, seppur nel 2010 e 2011 l'utilizzo del contante sia diminuito, l'evasione, anziché conoscere una battuta d'arresto, è aumentata. A conferma di tale ipotesi, infatti, tra il 2000 e il 2012 l'utilizzo del denaro è rimasto stabile fino al giugno del 2008, mentre l'evasione fiscale ha registrato delle oscillazioni fino al 2006, per poi decrescere fino al 2010. Tra il 2010 e il 2011, l'utilizzo del contante si è ulteriormente abbassato e l'evasione, invece, è salita al 16 per cento del PIL, per poi regredire nel 2012 sotto al 14 per cento.
In riferimento ai costi del POS, relativi, in particolar modo, all'installazione e alla gestione, risultano abbastanza elevati, considerato che hanno una componente fissa e una variabile. I costi fissi coprono la disponibilità dell'apparecchiatura POS e dipendono dalle diverse funzionalità che il terminale può offrire e dal tipo di tecnologia utilizzata per il collegamento, mentre i costi variabili sono legati al numero e all'ammontare delle transazioni effettuate dalla clientela e dipendono dal tipo di circuito utilizzato.
Dagli ultimi dati ufficiali della Banca dei regolamenti internazionali, peraltro ripresi anche nell'appendice della Relazione annuale presentata da Banca d'Italia il 31 maggio scorso, emerge che in Italia sono installati nei punti di vendita 1.501.600 terminali POS, contro un milione 834 mila della Francia e 720 mila della Germania.
Per quanto riguarda l'ammontare totale in euro delle transazioni, in Francia si attestano sui 398 miliardi, in Germania sui 174 miliardi e, infine, in Italia sui 160 miliardi. Inoltre, per l'utilizzo dei bonifici emergono differenze ancora più marcate tra i tre Paesi europei considerati, anche se in questo caso è la Germania che supera di oltre il doppio la Francia e di circa sette volte l'Italia.
All'articolo 12, comma 9, del decreto-legge «salva Italia» viene stabilito che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, l'Associazione bancaria italiana e le associazioni delle imprese rappresentative a livello nazionale avrebbero dovuto definire le regole generali per assicurare un'equilibrata riduzione delle commissioni a carico dei beneficiari delle transazioni effettuate mediante carte di pagamento.
All'articolo 12, comma 10, del decreto-legge «salva Italia» viene stabilito che, in caso di mancata definizione e applicazione delle misure definite ai sensi del comma 9, le stesse dovranno essere fissate con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentite la Banca d'Italia e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Alla luce di quanto previsto dalla normativa in vigore ed essendosi tenuti diversi incontri tra le associazioni di imprese, non è stata ancora, ad oggi, raggiunta una sintesi su un testo che preveda un'equilibrata riduzione delle commissioni nei tempi previsti.
Il Ministero dell'economia e delle finanze, con decreto n. 51 del 14 febbraio 2014, ha, invece, anche emanato un regolamento sulle commissioni applicate alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento, ai sensi dell'articolo 12, commi 9 e 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Tale regolamento non ha provveduto, anche questo, in alcun modo a dare attuazione a quanto stabilito dall'articolo 12, comma 9, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, in merito alla definizione di regole generali per assicurare una riduzione delle commissioni a carico degli esercenti in relazione alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento.
Lo scorso febbraio il Premier Renzi ha manifestato la volontà di alzare il limite di 1.000 euro, a 3.000, al fine di «allentare la briglia» in favore di una maggiore flessibilità. L'innalzamento della soglia limite per l'utilizzo del contante, ha poi precisato Renzi, sarà varato solo dopo l'adozione del decreto legislativo sulla fattura elettronica.
Il 24 aprile 2015, il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame preliminare, tre decreti attuativi della riforma fiscale che ora passano alle Camere per il prescritto parere, tra i quali vi è anche quello relativo all'introduzione della fatturazione elettronica. In particolare, quest'ultimo è volto ad introdurre misure volte ad incentivare, mediante la riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili, a carico dei contribuenti, l'utilizzo della fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi.
L'approvazione di tale decreto sancisce, quindi, la possibilità da parte dell'attuale Governo di poter rispettare l'impegno di cui lo scorso febbraio il Premier Renzi si era assunto la responsabilità in prima persona.
Pertanto, si chiede di impegnare il Governo a porre in essere ogni iniziativa normativa al fine di procedere ad una revisione della disciplina attualmente in vigore in merito alla riduzione del limite per la tracciabilità e contrasto all'uso del contante, innalzando la soglia limite dai 1.000 euro ai 3.000 euro, in armonia con quanto previsto negli altri principali Paesi principali dell'Europa e a dare piena attuazione alla disposizione di cui all'articolo 12, comma 9 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, al fine di stabilire regole generali per assicurare un'equilibrata riduzione delle commissioni a carico degli esercenti in relazione alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento, proseguendo celermente nella convocazione e nella tenuta dei tavoli tecnici presso il Ministero dello sviluppo economico, al fine di promuovere accordi fra sistema bancario e le associazioni imprenditoriali, volti all'abbattimento dei costi di gestione dei POS, prevedendo anche forme di defiscalizzazione degli oneri connessi all'installazione ed alla gestione dei dispositivi sotto forma di credito d'imposta.
Si chiede, inoltre, di impegnare il Governo a prevedere l'innalzamento dell'importo minimo oltre il quale si applica l'obbligo di accettare pagamenti elettronici o l'esclusione temporanea dal provvedimento dei settori di attività a basso margine di redditività, individuati attraverso apposito tavolo cui partecipino il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'economia e delle finanze e le parti sociali e, infine, ad assumere iniziative volte a incrementare la trasparenza delle diverse proposte commerciali delle banche, anche attraverso la pubblicazione dei valori delle commissioni interbancarie delle diverse banche.
Grazie, Presidente. Sono le 17,20, la previsione di finire i lavori alle 17,30...
PRESIDENTE. Con dieci minuti di anticipo.
ROCCO PALESE. Come vede, non mi sbagliavo.
PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Prendo atto che il Governo, come nel caso precedente, interverrà in sede di espressione dei pareri sulle mozioni.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.