PRESIDENTE. La seduta è aperta.
ANNA MARGHERITA MIOTTO, legge il processo verbale della seduta del 24 marzo 2017.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Alli, Artini, Baretta, Bernardo, Cicchitto, Coppola, Damiano, De Menech, Epifani, Fico, Giorgis, Mazziotti Di Celso, Meta, Pes, Piccoli Nardelli, Francesco Saverio Romano, Scanu, Sereni e Sottanelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.
PRESIDENTE. Passiamo alle prime interrogazioni all'ordine del giorno Tentori n. 3-02904 e n. 3-02905 .
UMBERTO DEL BASSO DE CARO,. Grazie, Presidente. Rispondo congiuntamente alle interrogazioni dell'onorevole Tentori in quanto vertono su analogo argomento.
PRESIDENTE. L'onorevole Tentori ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.
VERONICA TENTORI. Grazie, Presidente. Io ringrazio il sottosegretario per la risposta. Non me ne voglia, ma non posso dichiararmi soddisfatta, anche perché, occupandomi di questo caso dal 2013, ovvero da quando ho cominciato il mio mandato parlamentare, e avendolo sottoposto già per quattro volte con atti di sindacato ispettivo al Governo, apprendere oggi che ancora non ci sia una soluzione a questo problema e che ancora, dopo otto anni dall'inizio dei lavori, quest'opera non ha una prospettiva di chiusura e dei tempi certi per il completamento dei lavori, logicamente io non posso dichiararmi soddisfatta.
PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Spessotto ed altri n. 3-02906 e Mucci ed altri n. 3-02909 .
UMBERTO DEL BASSO DE CARO,. Grazie, Presidente. Rispondo congiuntamente alle interrogazioni dell'onorevole Mucci e dell'onorevole Spessotto in quanto vertono su analogo argomento.
PRESIDENTE. L'onorevole Paolo Nicolò Romano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interrogazione Spessotto n. 3-02906, di cui è cofirmatario.
PAOLO NICOLO' ROMANO. Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro, per la risposta. Noi, purtroppo, non possiamo assolutamente ritenerci soddisfatti della risposta. In Italia, purtroppo, non si vendono auto elettriche perché è difficile trovare centraline per la loro ricarica. Solo lo 0,1 per cento delle auto immatricolate nel 2016 sono elettriche, infatti. Un dato irrisorio rispetto a tutti gli altri Paesi europei. Continuiamo, quindi, a comprare auto a benzina o diesel perché non abbiamo alternative, non esistendo un'infrastruttura capillare e uniforme per la ricarica delle auto elettriche. Eppure, un piano infrastrutturale esiste da tempo, come da tempo sono state stanziate le risorse, che, però, non sono mai state impegnate. Dal 2013 al 2015 sono stati stanziati ben 50 milioni di euro e il Governo del fare, il Governo dell'iperdinamico Renzi è stato capace di utilizzare solo 6 mila euro: non 6 milioni di euro, proprio 6 mila euro, su 50 di milioni di euro stanziati. Quando si verifica un divario così clamoroso, il problema non è attribuibile solo alla burocrazia, ma è una chiara volontà politica, che è quella di ostacolare un piano infrastrutturale per le ricariche elettriche, così da disincentivare l'acquisto di auto alimentate da questa energia.
PRESIDENTE. L'onorevole Mara Mucci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione n. 3-02909.
MARA MUCCI. Grazie, Presidente. Ringrazio il Governo per la risposta. Diciamo che, nella vostra risposta, avete snocciolato tutta una serie di problemi dovuti principalmente alla burocrazia, a quanto sembra, però è del tutto evidente che facciamo fatica a raccontarla ai cittadini, perché la norma che stanzia le risorse, e che comunque definisce il Piano nazionale e infrastrutturale, è del lontano 2012. Siamo nel 2017, quindi lei si renderà anche conto che, comunque sia, ci si aspettava di più dal Governo in questo senso.
PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Gelmini n. 3-02722 .
GIUSEPPE CASTIGLIONE,. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, in premessa vorrei ribadire il totale impegno del Ministero nella tutela e valorizzazione di una filiera, quella risicola, molto fondamentale per l'agricoltura italiana. Mi preme sottolineare come sia stato proprio il Governo ad evidenziare gli squilibri di mercato provocati dall'azzeramento dei dazi sull'importazione del riso dalla Cambogia e Myanmar. Un accordo che, se, da un lato, danneggia i nostri produttori, dall'altro, non sembra avvantaggiare i piccoli produttori locali, ma, al contrario, alcuni investimenti speculativi. Proprio per questo già nel 2014 il Governo ha richiesto l'attivazione della clausola di salvaguardia prevista dalla normativa comunitaria, fornendo alla Commissione dell'Unione europea un con le problematiche del settore risicolo con riferimento mirato a quello europeo e a quello italiano in particolare.
PRESIDENTE. L'onorevole Gelmini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.
MARIASTELLA GELMINI. Grazie, Presidente. Io do atto al sottosegretario Castiglione di essersi battuto per l'introduzione della clausola di salvaguardia, ahimè, però, senza che questo si sia tradotto in un fatto concreto. Di tavoli, di incontri, di riunioni e di documenti, ormai, sottosegretario, si muore. Lo stato di crisi in cui versa la risicoltura italiana ed europea è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo avuto, a seguito della scelta scellerata dell'abolizione dei dazi sulle importazioni dai Paesi asiatici, un dato pesantissimo: il 50 per cento del consumo di riso ormai proviene dall'importazione e c'è stata una pesante riduzione della produzione europea.
PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Fiorio n. 3-02097 e Taricco ed altri n. 3-02908 . Avverto che le interrogazioni, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente.
GIUSEPPE CASTIGLIONE,. Presidente, onorevoli colleghi, rassicuro, innanzitutto, gli interroganti che stiamo seguendo con attenzione le problematiche che riguardano le produzioni coricole nazionali di qualità.
PRESIDENTE. L'onorevole Fiorio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.
MASSIMO FIORIO. Grazie, Presidente. Dalla risposta del sottosegretario apprendo dell'operatività del Governo in merito alla questione che ha suscitato molta amarezza da parte di un territorio, il Piemonte, che è uno dei principali produttori italiani, insieme alla Campania, di nocciole.
PRESIDENTE. L'onorevole Taricco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.
MINO TARICCO. Grazie, Presidente. Anch'io voglio esprimere apprezzamento per il lavoro che il Ministero ha portato avanti su questo tema, che, come diceva il collega, è fonte di grande preoccupazione per un territorio, proprio perché già nell'anno passato si erano verificate, sia all'interno del territorio nazionale che all'esterno dello stesso, dei tentativi di recuperare l'utilizzo del vecchio nome della Tonda gentile delle Langhe; fatto che, oltre a danneggiare i produttori dello specifico territorio delle Langhe, rischia di creare e di ingenerare confusione presso i consumatori.
PRESIDENTE. Saluto studenti e insegnanti dell'Istituto tecnico statale “Francesco Viganò” di Merate, in provincia di Lecco, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna .
PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Losacco n. 3-02587 .
ILARIA CARLA ANNA BORLETTI DELL'ACQUA,. Grazie, Presidente.
PRESIDENTE. L'onorevole Losacco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.
ALBERTO LOSACCO. Presidente, ringrazio il Governo, e ovviamente in modo particolare la sottosegretaria Borletti Dell'Acqua Buitoni per la risposta, la puntuale risposta a questa interrogazione, che nasce dai dati in chiaroscuro sullo stato dell'editoria in Italia per l'anno 2016: dati che purtroppo collocano la Puglia in una drammatica posizione per il numero dei lettori, il 27,5 per cento - nonostante nell'ultimo anno si sia registrato un incremento significativo, ma siamo comunque molto lontani rispetto alla media nazionale. Inoltre per l'intero Mezzogiorno, secondo un'altra indagine presentata alla Fiera della piccola e media editoria dello scorso dicembre a Roma, al Sud due comuni su tre non hanno una libreria: è un dato che invita tutti i soggetti istituzionali ad una approfondita riflessione, anche perché al basso numero di lettori fa da contraltare, per fortuna, il dinamismo delle case editrici pugliesi, che hanno effettuato nell'ultimo anno una produzione di oltre 3.100 titoli.
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza Centemero n. 2-01553 ma su richiesta della presentatrice e con l'accordo del Governo è stata rinviata ad altra seduta.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Boccia, Ferrara, Fraccaro, Lorenzo Guerini, Rossomando, Speranza, Tabacci, Tofalo e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 1142-1298-1432-2229-2264-2996-3391-3561-3584-3586-3596-3599-3630-3723-3730-3970-A: Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato delle proposte di legge e degli emendamenti presentati, nel testo della Commissione.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate .
NICOLA FRATOIANNI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICOLA FRATOIANNI. Presidente, intervengo solo per chiedere, per suo tramite, che il Governo venga il prima possibile in Aula, in Parlamento, a riferire in merito al fatto che questa mattina, a San Foca, in Salento, in provincia di Lecce, nel cantiere della TAP, di fronte e durante una manifestazione del tutto pacifica piena di amministratori pubblici, sindaci, cittadini e cittadine, c'è stata improvvisamente e senza alcun motivo, mentre il sindaco di Melendugno stava parlando al telefono con il presidente della regione, una violenta carica della polizia, con feriti. Mi risulta che ci sono ancora oltre trenta persone fermate senza alcuna ragione. Allora, al netto di quello che ognuno può pensare…
PRESIDENTE. Onorevole Fratoianni, la richiesta è stata raccolta, anche se andava fatta, come lei sa, a fine seduta…
ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Palese, non dovevo dare la parola all'onorevole Fratoianni, se è per la stessa cosa, la pregherei…
ROCCO PALESE. Presidente, per domani è convocata la Conferenza dei presidenti di gruppo, e lì si deciderà, quindi è inutile stare a discutere adesso.
ALESSANDRO DI BATTISTA. Se apre, interveniamo anche noi.
PRESIDENTE. Onorevole Di Battista, non ho aperto alcuna discussione. Infatti, come ha visto, ho tolto la parola all'onorevole Fratoianni. Non sapevo di cosa volesse parlare, ma appena ha spiegato il motivo ho tolto la parola. A fine seduta possiamo sicuramente continuare. La ringrazio per la collaborazione.
PAOLA BINETTI. Presidente, vorrei iniziare quest'intervento con una citazione da un testo molto conosciuto da tutti, che sono le . Dice Adriano, nel romanzo della Yourcenar: “Mio caro Marco, sono andato stamattina dal mio medico, recentemente rientrato in villa da un lungo viaggio in Asia. Bisognava che mi visitasse a digiuno ed eravamo d'accordo per incontrarci di primo mattino. Ho deposto mantello e tunica; mi sono adagiato sul letto. Ti risparmio particolari che sarebbero altrettanto sgradevoli per te quanto lo sono per me, e la descrizione del corpo d'un uomo che s'inoltra negli anni ed è vicino a morire di un'idropisia del cuore. Diciamo solo che ho tossito, respirato, trattenuto il fiato, secondo le indicazioni di Ermogene, allarmato suo malgrado per la rapidità dei progressi del male, pronto ad attribuirne la colpa al giovane Giolla, che m'ha curato in sua assenza. È difficile rimanere imperatore in presenza di un medico; difficile anche conservare la propria essenza umana; l'occhio del medico non vede in me che un aggregato di umori, povero amalgama di linfa e di sangue. E per la prima volta, stamane, m'è venuto in mente che il mio corpo, compagno fedele, amico sicuro e a me noto più dell'anima, è solo un mostro subdolo che finirà per divorare il padrone. Basta... Il mio corpo mi è caro; mi ha servito bene, e in tutti i modi, e non starò a lesinargli le cure necessarie.”
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Binetti. Colleghi, pregherei chi non è interessato al dibattito di uscire dall'Aula e chi è in Aula, per favore, di stare in silenzio. Prego, onorevole Binetti.
PAOLA BINETTI. In realtà, il ruolo del medico è strutturalmente un ruolo di garanzia e appare quantomeno sorprendente che si possa sottoscrivere un consenso informato e, ancor più, successivamente lo vedremo, redigere delle DAT, prescindendo dalla presenza di un medico di cui ci si fida e a cui ci si affida. È importante sottolineare che il consenso io lo do al medico, su ciò che lui può fare o non può fare, sulla base di un'informazione che mi viene fornita in parte da lui, ma non soltanto da lui, e che riguarda una serie di azioni concrete che saranno fatte. Senza il medico, il consenso informato non ha senso, perché io non so a chi do il consenso e non so neppure su che cosa sto dando questo consenso. Il recupero di questa dignità della professione del medico va, ovviamente, di pari passo con il recupero della dignità della persona, del paziente, e della sua capacità di discernimento, che gli permette di cogliere, con la maggiore aderenza possibile ai suoi sentimenti, ai suoi stati d'animo, alle sue paure e ai suoi timori, la speranza di poter guarire o di poterne venire fuori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sberna. Ne ha facoltà.
MARIO SBERNA. Grazie, signor Presidente. La ricerca e la promozione del benessere psicofisico costituiscono di sicuro un dovere da perseguire, ma quando assumono valore di assolutezza, non lasciano spazio per una considerazione in termini di valore di quelle esperienze umane problematiche come la fatica, la sofferenza, la vecchiaia, il morire. Eppure, proprio dal modo con cui l'uomo nel suo cammino si confronterà con queste esperienze, dipenderà tutto il senso e la qualità dalla sua vita. Certo, non può essere trascurata la volontà del malato, ma questo non deve equivalere a lasciare il malato in condizione di isolamento nelle sue valutazioni e nelle sue decisioni, secondo una concezione del principio di autonomia che tende erroneamente a considerarla come assoluta. Anzi, è responsabilità di tutti accompagnare chi soffre soprattutto quando il momento della morte si avvicina. L'assistenza deve continuare, commisurandosi alle effettive esigenze della persona, assicurando, per esempio, la sedazione del dolore e le cure infermieristiche. Proprio in questa linea si muove la medicina palliativa, che riveste, quindi, una grande importanza per alleviare inutili e talvolta terribili sofferenze. Se questo è vero, allora perché, prima di volgere il nostro sguardo sul cosiddetto testamento biologico, non abbiamo guardato alle grandi e gravi priorità che ci interpellano, come, appunto, quale assistenza sanitaria siamo in grado oggi di garantire a chi soffre? Non possiamo non considerare come una certa malasanità sia un problema che affligge da anni il nostro Paese, in modo particolarmente pesante, quasi senza speranza, in alcune nostre regioni, in particolare del Sud, ma non solo, che costringono i cittadini a lunghi, costosi e dolorosi pellegrinaggi in altre strutture, e spesso non per alleviare il dolore, ma per potersi curare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mucci. Ne ha facoltà.
MARA MUCCI. Presidente, gentili colleghi, oggi parliamo di dichiarazione anticipata di trattamento. Tanti sono gli iscritti a parlare sul complesso degli emendamenti, non in risposta alle polemiche dei giorni scorsi sulla scarsa attenzione alla Camera su questo tema, ma perché così funzionano i nostri lavori parlamentari: undici mesi in Commissione, ed ora qui a discutere e votare articolo per articolo, e spero che anche di questo si parli domani.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Mucci, colleghi non è proprio il caso.
MARA MUCCI. Dicevo che l'80 per cento degli italiani è favorevole al bio-testamento. Carlo Alberto Defanti, primario emerito dall'ospedale Niguarda di Milano, membro della Consulta di bioetica e medico di Eluana Englaro, ricordando che la prima legge sul biotestamento risale al 1976 nello Stato della California, dichiara incredibile che in tutta Europa vi sia e da noi ancora no. Non è solo una questione di ascoltare il sentire comune e l'opinione dei cittadini: vi è l'atteggiamento mutato di parte della Chiesa cattolica.
PRESIDENTE. Onorevole Pagano… onorevole Pagano… scusi, onorevole Mucci… onorevole Pagano…
MARA MUCCI. …libertà che solo lo Stato può garantire. Dobbiamo poi avere la libertà di riflettere e chiederci senza condizionamenti cos'è la cosa più giusta da fare, sospendere le nostre certezze, certi insegnamenti ancestrali, lasciar perdere le dottrine e riflettere nella solitudine del nostro personalissimo vissuto. Una nota positiva che fa ben sperare su un dibattito non monopolizzato da posizioni precostituite è rappresentata dalla libertà di coscienza data da ciascun gruppo parlamentare ai deputati perché, almeno quando si parla di diritti civili, le scelte giuste sono quelle che sentiamo dentro di noi ma sono sicura che queste domande in maniera più urgente e profonda, prima che noi, toccano a chi soffre, a chi deve prendere una decisione così forte nel rispetto del proprio cammino e della propria volontà, a chi deve farlo ora, oggi. Chi ci chiede questa libertà di scegliere sono donne e uomini che non si sentono probabilmente più tali, sono pazienti senza alcuna possibilità di migliorare, persone che sanno meglio di noi cosa vuol dire soffrire. Come possiamo noi nella pienezza delle nostre capacità e facoltà far attendere questa risposta, decidere per altri? Come possiamo impedirgli di scegliere? Questa è la vera ipocrisia intellettuale: ipocrisia di Stato, e bene dice Saviano quando parla dei martiri e dell'impossibilità di vederli anche quando ce li troviamo di fronte. Buon voto libero a tutti quindi: è una piacevole rarità che oggi ci dobbiamo necessariamente concedere
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bersani. Ne ha facoltà.
PIER LUIGI BERSANI. Grazie, Presidente. A me e a noi le norme così come sono arrivate fin qui vanno bene, tenteremo di migliorarle con emendamenti dal lato della dignità e della libertà della persona; non potremmo accettare deragliamenti dagli assi fondamentali di questo testo. Detto questo, vorrei aggiungere un paio di cose a proposito delle potenzialità e dei limiti dell'iniziativa legislativa, osservazioni che ritengo semplicemente di buonsenso. La prima è la seguente: attorno agli anni Settanta del secolo scorso - si può controllare - ci fu nell'editoria un inedito proliferare di titoli sulla morte, titoli dentro le diverse scienze umane, titoli di letteratura. Erano gli stessi anni nei quali il morire usciva totalmente e definitivamente dalle mura domestiche per trasferirsi nei servizi collettivi. Dunque si corteggiava la morte mentre si rimuoveva il morire. Io dico che siamo ancora lì. Per dirlo più brutalmente, l'accompagnamento al morire è l'unico servizio collettivo di cui non si parla se non a ridosso di vicende drammatiche ed estreme. Prevale l'eccezionalismo. Eppure semplicemente, così come si nasce tutti, si muore tutti. C'è una quotidianità, un'ordinarietà che la discussione politica rimuove. Preferiamo tutti - comincio da me - vestirci da filosofi o da teologi piuttosto che da governanti e da riformatori. O pensiamo forse che in quell'accompagnamento che avviene normalmente ogni giorno in Italia tutto vada bene? Magari solo perché nessuno può tornare a lamentarsene? Il nostro dovere è quello di passare dal corteggiamento filosofico della morte all'umanizzazione. Umanizzare . Certo, servizi sociali e sanitari si muovono necessariamente per formalizzazioni (leggi, linee-guida, deontologie), ma che senso diamo, che direzione diamo a queste formalizzazioni? Che vuol dire precisamente, in questo caso, umanizzazione? Ecco la seconda cosa che voglio dire: abbiamo una traccia per rispondere a questa domanda. Il presidente Marazziti, in sede di discussione sulle linee generali, ha già egregiamente ricordato nel suo intervento i contributi illuminanti della storiografia, Philippe Ariès, in particolare, a questo proposito. Fino a un secolo fa, il modello del morire - per dir così - è stato quello di un rito domestico di vicinato, con il moribondo protagonista, con una trasmissione di valori, con la presenza di una rete familiare e amicale a servizio del protagonista, secondo la sua volontà, espressa o interpretata. Questo ci dice l'indagine storica e sociale. Da un secolo circa, progressivamente, c'è stata l'espulsione dall'ambiente domestico, il ruolo del protagonista è diventato marginale, il modello si è ribaltato. Qui è inutile perder tempo a descrivere tutti i passaggi, basterà ricordare che per secoli e secoli, in Occidente, la morte maledetta e temuta è stata quella improvvisa e notturna. Solo da qualche decennio è l'opposto: la morte temuta non è quella improvvisa, è quella irta di tubi, quella che non vuole arrivare mai, quella che ti imprigiona. Questa è la morte temuta oggi, è inutile negarlo. Non solo la tecnica, ma l'incrocio fra tecnica e mercato e l'incrocio fra tecnica, mercato e formalizzazione e standardizzazione delle procedure ci hanno preso la mano, hanno cambiato le carte in tavola e hanno cambiato il nostro stesso modo di discutere e di pensare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LUPI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che questo sia il momento più alto del valore di un'istituzione. Quello che stiamo facendo in questo momento valorizza il ruolo laico, fino in fondo laico, del Parlamento, ma ad una condizione: proprio perché questo è il luogo del confronto, della sintesi, dell'ascolto, del raccogliere drammi, del raccogliere domande, del raccogliere giudizi, non ci siano pregiudizi, da una parte e dall'altra, ma ci sia il tentativo di capire e di comprendere per arrivare ad una sintesi.
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, dovete abbassare la voce, perché è esattamente come quando parlavano i vostri rappresentati.
MAURIZIO LUPI. E come garantiamo a quella stessa dignità della persona, a quella volontà di quel paziente, a quella volontà complessiva della famiglia che fra cinque anni, fra dieci anni - noi oggi facciamo disposizioni ora per allora -, quindici anni, vent'anni, il più tardi possibile, magari, su quella malattia la scienza ha fatto talmente tanti progressi che ha individuato una cura che non solo dà dignità all'accompagnamento della fine della vita, ma che permette la guarigione di quella malattia, la possibilità che quella vita ritorni ad avere, nella sua pienezza, una dignità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Castiello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPINA CASTIELLO. Grazie, Presidente. Così come è stato già detto dagli interventi che mi hanno preceduta, oggi in quest'Aula arriva un provvedimento di legge tanto discusso. Arriva trattando un tema delicato, fondamentale e importante, a cui il nostro gruppo, quello della Lega, intende partecipare - e lo fa in maniera seria, convinta, sicuramente responsabile e non demagogica, come qualcuno ha avuto modo di dire qualche giorno fa - quello del fine vita.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Castiello. Colleghi, abbassiamo, per favore, il tono della voce? Grazie.
GIUSEPPINA CASTIELLO. …di un intervento medico da parte di un paziente che al momento dell'intervento non è in grado di esprimere la sua volontà, e questo è un dato per noi importantissimo, saranno sicuramente tenuti in considerazione. Questo dato è implicitamente in contrasto, chiaramente, con quelle che sono le disposizioni che, invece, si trovano all'interno del dispositivo di legge di cui all'articolo 3 della presente legge. Il modello prescritto dalla Convenzione di Oviedo, invero, è alternativo rispetto a quello delle disposizioni anticipate per la semplice e fondamentale ragione che usa il termine “desideri” e non “volontà” o “decisioni”, come, appunto, fate voi, per contrassegnare il tipo di atto umano di cui il medico deve tenere conto nelle sue determinazioni circa le cure da praticare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà; prendo atto che rinunzia.
RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, questi sono temi assai delicati, e spesso li si brandisce con facili slogan, e a volte anche con punte ideologiche che certo non aiutano il dibattito. E nessuno, a cominciare da me, ha il diritto evidentemente di giudicare situazioni drammatiche, cercando di tirarle dal suo punto di vista, favorevole o contrario che sia. E quando i toni sono quelli del dibattito attuale, come ricordava prima il presidente Lupi, personalmente io provo un grande disagio: ad esempio, faccio fatica ad accettare, dal punto di vista della ragione, quando si parla di queste cose come la vittoria, la conquista di un diritto. Un medico, Giancarlo Cesana, pochi giorni fa su un settimanale ha scritto: “Diritto di che? Di scomparire? Di eliminare la sofferenza a prezzo di se stessi? E questa sarebbe autonomia e indipendenza? In realtà è la resa di una creatura che, non facendosi da sé, quando la vita appare definitivamente insopportabile, non può cambiarla, ma solo togliersela. Tutti “prosegue” ci dibattiamo nella necessità di donare e ricevere noi stessi in un'esistenza che, anche quando sembra piatta, è drammatica e a volte altamente drammatica. Ognuno arriva, arriverà in fondo a suo modo, cadendo e rialzandosi, infine cedendo. La vita non è un valore assoluto: si può per l'appunto darla per Dio o per la patria, per i propri cari, ma è un valore fondamentale, è il fondamento di tutti i diritti, e rinunciare ad essa, più che affermare un diritto, è rinunciare a tutti. Gridare questo come conquista civile non aiuta, spegne, e noi ci stiamo ritrovando in una società sempre più spenta e sterile: soprattutto il nostro Paese appare intossicato da una nube di proclami e norme, che invece di chiarire, rendono più oscura la vista e la strada. La parola più giusta di fronte a scelte come quelle oggi in discussione, come le disposizioni di fine vita, non è diritto, ma pietà: pietà come compassione, esigenza e disponibilità di qualcuno che patisca con te, in quella che alcuni definiscono zona grigia, non chiaramente definibile dell'esistenza”.
PRESIDENTE. Grazie a lei. Ne approfitto per salutare gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale “Erasmo da Rotterdam” di Cisliano in provincia di Milano. Grazie di seguire i nostri lavori ().
FEDERICO GELLI. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi siamo qui ad affrontare un argomento particolarmente difficile e delicato ma il Parlamento di questo Paese è chiamato a fare una scelta importante, una scelta su un provvedimento, su un testo unificato che, insieme ad una recente legge che abbiamo approvato in maniera definitiva qualche giorno fa, una legge sulla sicurezza delle cure e il rischio dell'esercente la professione sanitaria, comprendono, nella loro dimensione totale, un passo in avanti fondamentale per una relazione di cura tra medico e paziente, in una rinnovata alleanza terapeutica di cui tutti sentono il bisogno: i professionisti, gli operatori della sanità e soprattutto i pazienti. Nel testo in esame ci sono due cardini fondamentali sui quali occorre riflettere con grande attenzione. Sul primo non ho sentito le affermazioni eccessive che invece sono state utilizzate sulla parte successiva del provvedimento riguardante le disposizioni anticipate di trattamento, in cui, addirittura, si fa riferimento all'eutanasia, a dare la morte e ad espressioni molto simili. Il consenso informato è una parte fondamentale che, nel nostro ordinamento, non è mai stata disciplinata. È quella che definisce un nuova alleanza, un nuovo rapporto tra il medico e il paziente ed è una scelta fondamentale che il Parlamento vada a disciplinare questa materia dopo anni e anni di atteggiamenti incerti, indecisi, di responsabilità non mai definite e lasciate all'ombra sempre di un giudizio finale che è in capo alla magistratura o al giudice di turno. L'altra parte importante è quella della possibilità - voglio sottolinearlo nuovamente: della possibilità! -, non dell'obbligo, della possibilità per la persona di esprimere la propria volontà con riferimento al momento in cui non sarà più in grado di autodeterminarsi, quello che noi abbiamo definito, in maniera sintetica, disposizioni anticipate di trattamento. Le disposizioni anticipate di trattamento - lo dice molto bene il testo della legge - non sono un provvedimento irreversibile, non sono una scelta sulla quale non si può più intervenire: piena e totale libertà del paziente, del cittadino, di poter revocare in qualunque momento, in qualunque situazione, la sua volontà e la sua scelta, con le stesse modalità con la quale l'ha definita. Lo stesso vale per la nomina del fiduciario, quella persona fondamentale che interviene quando il paziente non è più in grado ovviamente di esprimersi. Anche la nomina del fiduciario può essere revocata dal disponente, in qualsiasi momento; giusto per sottolinearlo, giusto per evidenziarlo e per enfatizzarlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garofalo. Ne ha facoltà.
VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, la complessità e la delicatezza di questo provvedimento sollecitano in me sentimenti contrastanti. Pur apprezzando le modifiche che sono state apportate al testo originario, non credo che il testo attuale sia soddisfacente. Ritengo, infatti, siano indispensabili ulteriori ed essenziali modifiche per consegnare all'altro ramo del Parlamento un testo migliore. Affronto, però, volentieri, un dibattito anche politico che si incentra su una tematica che coinvolge i nostri sentimenti, le nostre emozioni, prima ancora che elementi di carattere legislativo, ma ho il desiderio forte, però, di rifuggire da un confronto in cui insolite alleanze politiche ci riportano sul terreno della prevalenza dei numeri rispetto alla condivisione, alla partecipazione attiva a temi che riguardano l'essere umano e il suo rapporto con la società in cui vive, con lo Stato che deve fissare regole le quali incidono direttamente sui suoi sentimenti più intimi e profondi. Accetto consapevolmente un dibattito sul tema in questione, chiedendomi, rivolgendomi soprattutto a me stesso, se siamo pronti per legiferare su una materia così complessa e coinvolgente, ma ho la sensazione che non siamo ancora in grado di approvare definitivamente questo testo, arrivato in Aula a seguito di una forzatura che mi pare sbagliata e cattiva consigliera. So bene che chi intende approvare il provvedimento ad ogni costo sostiene come esso sia stato ampiamente e sufficientemente dibattuto in Commissione, che chi vuole ancora confrontarsi lo fa per allontanare il più possibile il momento della decisione finale, che recenti avvenimenti hanno fortemente emozionato la pubblica opinione e che, dunque, il Parlamento è chiamato a varare un testo definitivo sulla materia. Devo ancora ricordare che i recenti, dolorosi avvenimenti che hanno toccato tutti noi, nulla hanno a che vedere con il testo in discussione, riguardando essi una sola questione: l'eutanasia. Anche se in proposito capisco bene le ragioni di quanti sostengono il punto, perché, in effetti, in questo provvedimento si introduce artificiosamente una forma sostanziale di eutanasia passiva, un atto che riteniamo eticamente non condivisibile, certamente incostituzionale. Per questi ed altri motivi chiedevamo di discutere più approfonditamente in Commissione un testo che, nonostante i miglioramenti apportati, contiene ancora gravi lacune.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.
PIA ELDA LOCATELLI. Grazie Presidente. Questo provvedimento è frutto di un lavoro, direi, tutto parlamentare, senza nessuna interferenza governativa, un atteggiamento giusto del Governo attuale e del precedente, perché su temi definiti eticamente sensibili il Parlamento non deve subire condizionamenti.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Locatelli... Grazie.
PIA ELDA LOCATELLI. Siamo partiti da sedici proposte di legge molto diverse fra di loro. Abbiamo fatto molte sedute di Commissione, votato per decine di ore, 288 emendamenti segnalati, un testo uscito dalla XII Commissione all'unanimità, anche per l'assenza di chi non ne ha condiviso l'impostazione di fondo, caratterizzata da un profondo rispetto per la volontà della persona autrice delle disposizioni anticipate di trattamento. Un lavoro rigoroso da parte di tutti – beh, forse è meglio dire di quasi tutti -, a partire dalla relatrice Lenzi, che ha guidato con prudenza e fermezza i lavori, ascoltando e svolgendo insieme il ruolo di chi deve fare sintesi delle diverse posizioni, tenendo ferma la barra su alcuni punti fondamentali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Grazie, Presidente. Non mi pare una buona legge; non lo è sul piano squisitamente tecnico e non lo è nemmeno sul piano più propriamente etico. Non rende un servigio né ai pazienti né alle famiglie né ai credenti e nemmeno a chi non crede, ma, soprattutto, non aiuta il medico nel difficile compito di adempiere alla cura della persona nel rispetto di questa, dei suoi valori e della sua autonomia; anzi, con questa norma il medico diventa una sorta di esecutore testamentario. Vogliamo tradurlo diversamente? Una specie di quelle macchinette che dispensano merendine e bottiglie d'acqua a gettone, a chiamata, e pronto, oserei dire obbligato, a non consentire, d'un tratto, d'un colpo, che quelle merendine e quella bottiglia d'acqua possano essere utilizzate. Il medico, in quanto esecutore testamentario, viene anche sollevato dalla sua responsabilità nei confronti del giuramento, nella responsabilità penale: quindi. E perché ci preoccupiamo di questo? Perché evidentemente abbiamo la consapevolezza che sta commettendo un reato!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marzano. Ne ha facoltà.
MICHELA MARZANO. Presidente, è durata 5.750 giorni e 5.750 notti la battaglia di Beppe Englaro, nel nome e nella dignità della figlia Eluana: quindici anni e nove mesi, signor Presidente, per - e cito Beppino - “intravedere la possibilità di strappare Eluana a quell'inferno che lei non voleva”. Ecco, vorrei ricordarlo ad alcuni colleghi che mi hanno preceduto e che non hanno esitato a parlare di assassinio, non hanno esitato a dire che si sarebbe tolto il pane agli affamati e l'acqua agli assetati, non hanno esitato a dire che, con questa legge, si sarebbe cancellata la compassione e la carità. Di quale compassione e di quale carità stiamo parlando? Di cosa si sta parlando in questo provvedimento? La difesa di questo testo che è buono ma non ancora sufficiente, come è stato ricordato dalla collega Pia Locatelli... Ma dicevo che la mia presenza in Parlamento è legata anche a questo tipo di leggi. Quando mi fu chiesto di accettare la candidatura per il Partito Democratico era per portare avanti la battaglia dei più fragili, dei più deboli, dei più demuniti. Io lo insegno ai miei studenti a Parigi, insegno filosofia morale, insegno l'etica e racconto loro come l'Italia è praticamente l'ultimo Paese anche del blocco continentale - quindi non sto parlando del blocco dei Paesi anglosassoni che hanno una tradizione diversa dalla nostra - a non aver ancora approvato una legge chiara, certa, precisa sul concetto di consenso informato cioè è ancora l'ultimo Paese a difendere una forma di paternalismo. Certo anche in Francia c'è voluto del tempo per arrivare al riconoscimento giuridico del concetto di consenso informato. Certo si è dovuto aspettare il 2003 per la legge sul diritto dei malati; in seguito il 2005 per avere la legge sul fine vita, modificata poi nel 2011 e ancora modificata nel 2016 introducendo la sedazione prolungata e profonda ma ci si è arrivati. Signor Presidente, posso avere un minimo di attenzione? C'è un litigio in atto. Niente, il consenso informato evidentemente non ha molto successo nel nostro Paese. Dicevo che c'è voluto del tempo prima che anche in Francia si arrivasse a riconoscere questo principio, nonostante già negli anni Settanta negli Stati Uniti…
PRESIDENTE. Colleghi, gentilmente se abbassiamo il tono della voce così possono parlare tutti quanti, un po' tutti. Grazie. Prego, onorevole Marzano.
MICHELA MARZANO. Grazie, Presidente. Negli anni Settanta, negli Stati Uniti, si era raggiunto un accordo da parte dei più grandi studiosi di bioetica ed etica medica. Mi permetto di ricordare quella che è diventata la bibbia di studi di etica medica: 1979, in cui gli autori precisavano che accanto al principio di ossia di ossia il famoso che è presente nel sermone di Ippocrate, ebbene accanto a questi due principi si dovevano necessariamente introdurre anche il principio di giustizia e il principio di autonomia. E per quale motivo? Veniva spiegato giustamente che il principio di autonomia è l'unico modo per difendere fino in fondo la dignità della persona. Mi permetto di ricordarlo perché si è sentito parlare di principio di dignità, da un lato, di autonomia e di fare quello che si vuole, dall'altro, mentre in realtà - ricordiamolo - il principio di autonomia è il principio attraverso il quale si prende in considerazione e si difende la dignità di ognuno di noi tant'è vero che, quando si parla di consenso informato che viene dato agli atti medici, si dice che ogni persona, ogni paziente prende con il personale medico le decisioni che lo riguardano indipendentemente da quali siano questi decisioni e indipendentemente dalle conseguenze delle decisioni una volta che siano stati informati in maniera corretta ossia nel momento in cui abbiano ricevuto un'informazione chiara, un'informazione veritiera e un'informazione appropriata. Quindi si tratta di decidere con il medico senza che per questo il medico si senta naturalmente deresponsabilizzato come ho sentito ripetere più volte. Ora finalmente ci dovremmo arrivare anche in Italia dopo che per anni si è discusso e tutte le volte la legge è tornata poi nel dimenticatoio affossata da tutti coloro che non avevano alcuna intenzione di riconoscere il consenso informato, l'autonomia del paziente e quindi di fatto anche di rispettarne la dignità.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Marzano. Colleghi, dobbiamo gentilmente tutti abbassare il tono della voce.
MICHELA MARZANO. …di poter evolvere, di potersi risollevare, di poter ricominciare almeno fino a quando il nostro corpo ce lo permette e non ci si scontra con l'irreparabile di un incidente o di una malattia incurabile e allora perdiamo per questo il nostro diritto a dire “io”? Dobbiamo per questo rinunciare ad essere soggetti della nostra vita fino in punto di morte? Chi lo pensa, signor Presidente, colleghi, colleghe, non solo non ha capito molto dell'esistenza ma non ha capito soprattutto nulla dell'etica e dell'etica della cura. Prendersi cura non significa imporsi, ignorare, far finta di nulla. Prendersi cura significa accompagnare fino alla fine seguendo i desideri di chi ci è accanto anche quando non li capiamo o vorremmo che fossero diversi. Compito del medico - ce l'ha spiegato qualche settimana fa il professor Sabatelli, citando Pio XII, cari colleghi - significa lenire le sofferenze anche quando i farmaci possono accelerare la morte di un paziente. È la celebre o, almeno, credevo che fosse celebre teoria del doppio effetto, nota ai filosofi sin dall'epoca di San Tommaso e che permette di distinguere chiaramente tra il far morire e il lasciar morire, l'eutanasia attiva e l'eutanasia passiva, l'eutanasia diretta e l'eutanasia indiretta, senza mai dimenticare che questo termine così controverso, eutanasia, significa letteralmente solo “buona morte” e che morire bene è ciò a cui ognuno di noi anela, ha tendenza a volere arrivare, aspira e spera. Lo sa bene chi conosce la sofferenza, chi la sofferenza la vede, la tocca, la sente, la vive direttamente o indirettamente sulla propria pelle o immedesimandosi con compassione nel dolore di chi ci è caro o di chi attende le nostre cure. Lo sanno i pazienti, lo sanno i medici, lo sanno i familiari dei pazienti, lo sanno le infermiere, lo sanno in fondo tutti coloro che l'umanità l'attraversano, evitando di giudicarla. E vorrei concludere questo mio intervento, citando ancora una volta Beppe Englaro, che ci ha mostrato quanto coraggio ci voleva per portare avanti - lo ripeto - per 5.750 giorni e notti la battaglia del ben morire nel nome e della dignità della sua bambina. Lo avrebbe fatto chiunque - mi ha detto Beppino quando l'ho incontrato qualche tempo fa -, lo avrebbe fatto anche tuo padre. No, Beppino - gli ho risposto -, non chiunque lo avrebbe fatto, per farlo bisogna essere degli eroi. Lui adesso ha ricominciato a dormire la notte, ha detto; è difficile, prima non poteva, non doveva, doveva difendere Eluana; me lo ha ripetuto guardandomi negli occhi e dicendo: Eluana oggi avrebbe avuto la tua età, porta in Parlamento, Michela, la voce di Eluana. Io porto la voce di Eluana e di tutti coloro che non hanno più la possibilità di battersi. Grazie però al loro sforzo e al loro atto di eroismo dico che questa legge va votata, va votata subito; andrebbe forse migliorata, ma soprattutto basta parlare di fretta, perché di fretta non ce n'è stata, di tempo se ne è perso tantissimo, ed è arrivato il momento oggi per tutti che la legge riesca a sancire il rispetto della propria umanità
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.
BARBARA SALTAMARTINI. Presidente, mi permetta, all'inizio del mio intervento, di salutare gli amici romagnoli di Fusignano, che oggi stanno assistendo ai nostri lavori e con i quali spesso abbiamo dibattuto e ci siamo confrontati proprio sul tema che stiamo affrontando. Presidente, noi voteremo contro questo testo, e lo faremo per due ordini di motivi. Il primo è di merito, entrando proprio nel merito del testo che oggi è in discussione in Aula, perché a nostro giudizio il testo, malgrado il lavoro di tantissimi colleghi che hanno cercato di migliorarlo, purtroppo, secondo noi, ad oggi, così com'è uscito dalla Commissione, non è un testo che va nella direzione che noi ci saremmo auspicati. Ricordo quando approvammo, nella XVI legislatura, alla Camera - purtroppo non riuscimmo a fare lo stesso al Senato -, il testo sul fine vita. Ricordo benissimo quegli attimi, quei momenti: eravamo in quest'Aula, c'era stato il caso di Eluana Englaro, e in quell'occasione si decise - credo giustamente - di arrivare alla predisposizione di un testo che prevedeva, sulla scorta del decreto che aveva fatto il Governo e che il Presidente Napolitano si rifiutò di firmare, soltanto una cosa, ossia che idratazione ed alimentazione non erano cure, quindi non potevano essere sospese. Secondo me quello doveva essere il testo, ossia non serviva legiferare su un tema così delicato. Sono convinta, Presidente, che ci sia una zona grigia nella quale lo Stato non deve entrare, nella quale lo Stato non può arrivare a dire che concede la morte, lo Stato o il magistrato di turno a cui questa legge inevitabilmente arriverà sul suo tavolo per decidere le controversie che ci saranno nelle discussioni che seguiranno l'approvazione - mi auguro di no, ma purtroppo i numeri li avete - di questo testo. Perché dico che lo Stato non deve entrarvi, ma soprattutto non vorrei mai che a decidere della mia vita sia un magistrato, come purtroppo troppo spesso accade e come purtroppo troppo spesso accade in tante di quelle leggi che sono state approvate da questo Parlamento, dove abbiamo visto che qualcuno, il cui potere è ben diviso e distinto nonché distante da quello legislativo, è intervenuto a gamba tesa, modificando totalmente, attraverso l'alibi di un vuoto legislativo che non è vuoto legislativo, ma decisione di un Parlamento di non normare, ribaltando totalmente alcune delle leggi che abbiamo approvato in quest'Aula, a maggioranza o all'unanimità che sia, e di fatto è intervenuto dall'esterno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.
WALTER RIZZETTO. Presidente, Governo, colleghi, come detto all'epoca è veramente difficile, è piuttosto difficile parlare di argomenti di questo tipo, ma dobbiamo prenderci la responsabilità di farlo in quanto legislatori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marotta. Abbiamo il seguente problema, che dobbiamo risolvere insieme: io, alle 18,45, per un'intesa che c'è tra i gruppi, devo passare a un altro argomento all'ordine del giorno. Lei avrebbe diritto a venti minuti; quindi, se lei pensa di riuscire a stare in un quarto d'ora, le do la parola. altrimenti dobbiamo rinviare il suo intervento alla prossima seduta. Ci siamo intesi? Lei pensa di riuscire a stare nei quindici minuti? Mi risponda al microfono, onorevole Marotta, non sento quello che dice.
ANTONIO MAROTTA. Mi fermo dove arrivo nel quarto d'ora.
ANTONIO MAROTTA. Grazie, Presidente. Già abbiamo trattato abbondantemente questo argomento che oggi ci occupa, rispetto al quale, peraltro, devo ritenere che bisogna inquadrarlo da un aspetto tecnico e giuridico, perché qualsiasi legge deve avere la copertura non solo sul piano costituzionale, ma anche per quanto riguarda gli aspetti relativi alla normativa, al contenuto della stessa, al tessuto nel quale vanno a inserirsi e, soprattutto, con riferimento alla compatibilità con la norma costituzionale che sovrintende l'architettura, che sovrintende tutta la nostra struttura legislativa. Benissimo, allora, se questo è il principio che ci guida, devo dire immediatamente che c'è un aspetto che immediatamente voglio sollevare, che è quello nel quale si articolerà tutto il mio intervento, ed è quello contenuto nell'articolo 13 della Carta costituzionale, la quale che cosa tutela? Tutela la libertà personale dell'individuo. Bene, e allora lì abbiamo una tutela garantita, garantita dal sistema costituzionale e garantita dalla legge.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONIO MAROTTA. Immaginate qual è - e concludo - la differenza di un soggetto che, di fronte ad un povero cittadino che sta in condizioni di vita assolutamente pessime, in uno stato terminale, e implora l'amico di spingerlo giù dalla finestra, la differenza di quel soggetto che sta lì in presenza di una malattia, il quale… È la stessa cosa! Cioè se gli toglie quello che è la nutrizione, che non è una cura, ma è solamente la possibilità di sostenere la vita di un individuo, allora automaticamente ci troviamo in un'ipotesi di reato, che è quella di omicidio del consenziente, perché sulla richiesta di una persona, e in base ad una normativa che non è assolutamente disciplinata in maniera autorevole e in maniera precisa dal legislatore, si trova a voler determinare la morte di un individuo.
PRESIDENTE. Colleghi, risulta alla Presidenza che si sia raggiunta un'intesa tra i gruppi nel senso di interrompere a questo punto l'esame del provvedimento, per rinviarlo alla seduta di martedì 4 aprile. Tale calendarizzazione potrà essere confermata nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, già convocata per domani per la predisposizione del calendario dei lavori del mese di aprile.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della questione pregiudiziale Simonetti ed altri n. 1 presentata al disegno di legge n. 4373: Conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2017, n. 25, recante disposizioni urgenti per l'abrogazione delle disposizioni in materia di lavoro accessorio nonché per la modifica delle disposizioni sulla responsabilità solidale in materia di appalti.
PRESIDENTE. L'onorevole Simonetti ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
ROBERTO SIMONETTI. Presidente, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale favorevole all'ammissibilità di due requisiti referendari promossi da un sindacato importante, dalla CGIL, riguardo all'abolizione dei e sulla responsabilità solidale delle imprese in caso di appalti, questo decreto-legge è un “copia incolla” dei testi del referendum, dei quesiti referendari, per ovviare e togliere la possibilità di voto ai cittadini. Di fatto, nel “copia incolla” c'è stato anche un refuso da parte del Governo, grave soprattutto nella parte legata ai quando si dà la proroga per i già staccati ante decreto, ante la data del decreto-legge, del 17 marzo, che vengono ad essere utilizzati, probabilmente utilizzati in una cornice normativa che non è bene delineata.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Simonetti.
ROBERTO SIMONETTI. Di fatto noi troviamo davvero patetico che il decreto-legge sia stato ritenuto costituzionale e pertanto chiediamo di votare a favore della questione pregiudiziale di costituzionalità.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame della questione pregiudiziale.
ANTONIO MAROTTA. Grazie, Presidente. Il gruppo parlamentare di Area Popolare voterà contro la pregiudiziale presentata sul decreto-legge recante disposizioni urgenti per l'abrogazione delle norme in materia di lavoro accessorio nonché per la modifica delle disposizioni sulla responsabilità solidale in materia di appalti. Nel merito del provvedimento anticipiamo la nostra posizione assolutamente negativa a meno che nel futuro iter della nuova normativa in questo settore non vengano accolte dal Governo proposte alternative che presenteremo nei prossimi giorni sulla totale liberalizzazione del lavoro intermittente o a chiamata. Riteniamo infatti che occorre un dibattito approfondito in questa materia che ha come fine ultimo quello di abolire le prestazioni di lavoro accessorio. Abbiamo infatti chiesto al Governo alcuni correttivi che dovrebbero essere approvati perché non si può rinunciare ad uno strumento così importante che ha fatto emergere il lavoro irregolare, vera piaga del nostro sistema produttivo. Certo, dei si è fatto alcune volte un uso non congruo, ma resta un istituto fondamentale, che può essere rimodulato o sostituito con strumenti analoghi, come, ad esempio, il per rispondere alle esigenze degli imprenditori, in particolare delle imprese turistiche ed agricole, che li utilizzano in determinati momenti del ciclo produttivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monchiero. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MONCHIERO. Presidente, interverrò molto brevemente per sostenere due tesi. La prima è che noi siamo contrari ad un uso rituale della questione pregiudiziale di incostituzionalità, perché quasi sempre i decreti-legge del Governo arrivano in quest'Aula con una pregiudiziale di incostituzionalità, e talvolta questo capita anche a delle leggi ordinarie di particolare rilevanza. Siamo contro questo strumento e quindi voteremo “no” alla pregiudiziale di incostituzionalità. Detto questo, però, desidero precisare che l'atteggiamento del nostro gruppo, nel respingere la pregiudiziale di incostituzionalità, è molto critico sul decreto-legge che dovrà essere convertito quando giungerà in Aula dopo l'esame in Commissione; molto critico perché riteniamo che l'istituto dei abbia svolto anche delle funzioni particolarmente utili. E se è vero che in qualche caso ci può essere stato un abuso nel ricorso a questa particolare forma di pagamento di retribuzione di lavoro occasionale, nella stragrande maggioranza dei casi l'istituto ha consentito intanto di pagare regolarmente prestazioni che sarebbero state comunque regolate in nero, e poi di dare una legalizzazione e anche una soddisfazione di lavoro vero a prestazioni svolte in modo del tutto occasionale, e in settori nei quali è impossibile prevedere forme di contrattualizzazione del lavoro occasionale.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Monchiero…
GIOVANNI MONCHIERO. Ma io stavo giustamente per concludere, Presidente, dicendo che oggi votiamo “no”, perché non consideriamo positivo il ricorso sistematico alla questione pregiudiziale, ma che siamo anche fortemente contrari alla revoca dell'istituto dei e su questo tema naturalmente interverremo nella discussione di merito, quando avremo all'esame il decreto da convertire.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Polverini. Ne ha facoltà.
RENATA POLVERINI. Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Forza Italia, pur non avendo presentato una propria pregiudiziale di costituzionalità, voterà a favore di quella presentata dal gruppo della Lega. Infatti, con questo voto desideriamo denunciare l'ennesima prepotenza di questo Governo su un tema fin troppo strumentalizzato. Non condividiamo, come abbiamo più volte espresso anche in quest'Aula, il dell'Esecutivo, che attraverso la decretazione d'urgenza, ha solo voluto impedire, anche questa volta, lo svolgimento di una momento democratico altissimo, quale quello del referendum, che appariva troppo scomodo per il Partito Democratico, senza essere entrato in una valutazione di merito, come invece era necessario. Così, in un sol colpo, con un decreto di soli due articoli soppressivi di norme, il Governo si è preso gioco di tanti cittadini: oltre 3 milioni sono stati coloro che hanno chiesto di arrivare appunto ad un referendum. Ma hanno spazzato via, soprattutto, il lavoro che, come Commissione parlamentare lavoro della Camera, stavamo portando avanti con grande serietà su un tema, ripeto, molto importante. Era opportuno - l'abbiamo riconosciuto tutti, da ultimo nell'ambito della discussione di quest'Aula di una mozione di fine gennaio - intervenire sulla disciplina dei in particolare alla luce degli ultimi dati, che mostravano, come abbiamo potuto vedere, un forte utilizzo, un utilizzo che direi distorto, di questi lavoro. Ma l'utilizzo sbagliato del altro non era che il frutto amaro delle politiche di questo Governo, in particolare sul tema del lavoro, come abbiamo denunciato più volte. La disciplina del lavoro accessorio introdotta dalla legge “Biagi” è stata infatti modificata, da ultimo, con il decreto legislativo n. 81 del 2015, ovvero con uno dei decreti attuativi del . Tra i cambiamenti di maggior rilievo viene in considerazione l'innalzamento da 5 mila a 7 mila euro del limite massimo annuale entro cui deve rientrare l'attribuzione perché la prestazione possa configurarsi come lavoro accessorio. E questo fattore, insieme ad altre misure introdotte dal hanno estremamente ridotto altre tipologie di lavoro flessibile e hanno determinato un aumento sproporzionato dell'uso dei da parte dei datori di lavoro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Parisi. Ne ha facoltà.
MASSIMO PARISI. Signor Presidente, questo decreto ha già conseguito un piccolissimo primato che certo non passerà alla storia, ma che mi piace sottolineare in questa circostanza, perché solitamente la nostra forza politica, la forza politica del mio gruppo di appartenenza, non ha mai votato le questioni pregiudiziali, ebbene, invece, stavolta lo faremo e lo faremo votando la questione pregiudiziale della Lega. Lo faremo per sottolineare il nostro dissenso radicale da questo provvedimento; lo faremo per due ragioni, una politica e una di merito. La prima perché siamo fortemente contrari all'abolizione dei la seconda perché lo strumento utilizzato per intervenire, il decreto-legge, è quello meno adatto o, meglio, è uno strumento, in questo caso, chiaramente illegittimo. Adesso vedremo brevemente perché. Con la sentenza n. 27 del 2017, la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibili due richieste di referendum popolare, inerenti l'abrogazione di disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti e l'abrogazione delle disposizioni sul lavoro accessorio, i cosiddetti . Il decreto-legge di cui ci stiamo occupando, ricalca i quesiti referendari ammessi dalla Corte costituzionale, realizzando, quindi, lo stesso effetto abrogativo. Ebbene, secondo l'articolo 77, comma 2, il Governo può adottare provvedimenti aventi forza di legge solo nei casi straordinari di necessità e di urgenza; secondo l'articolo 15 della legge 23 agosto 1988 n. 400, i decreti-legge sono presentati con l'indicazione, nel preambolo, delle circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che ne giustificano l'adozione. È di tutta evidenza quale fosse la vera ragione di urgenza per questo provvedimento e cioè la volontà politica di evitare la celebrazione di un referendum abrogativo. Dubitiamo, però, fortemente, che una urgenza del genere possa rientrare nei casi straordinari che giustificano l'adozione di un decreto-legge. Il Governo ha dovuto scrivere qualcosa di diverso nel preambolo per giustificare l'intervento ed è interessante andare a leggere cosa è stato scritto: la straordinaria necessità e urgenza di superare l'istituto del lavoro accessorio al fine di contrastare pratiche elusive; ma la cosa più semplice che possiamo e dobbiamo fare è andare a leggere cosa dicevano proprio gli esponenti della maggioranza e del Governo solo pochi mesi fa, proprio in quest'Aula, quando sono state votate le mozioni sul Jobs Act e, in particolare, sul referendum sul lavoro accessorio che si sarebbe dovuto celebrare a maggio. Il 23 gennaio 2017, il presidente della Commissione lavoro, il collega Cesare Damiano, ha dichiarato: noi vogliamo fare un'operazione precisa, pulita e completa che non cancelli l'utilizzo dei . Due giorni dopo, l'onorevole Rotta, esponente del Partito Democratico e componente della Commissione lavoro, ha rimarcato: che fine farebbero due percettori di su tre, cioè i lavoratori dipendenti titolari della NASpI e i pensionati? Conosciamo bene la risposta su che fine farebbero, finirebbero nel lavoro nero. Oltre alle dichiarazioni di esponenti di maggioranza, forse, basta citare la dichiarazione del Governo, ancora in data 25 gennaio, per tramite dell'onorevole Bobba, sottosegretario di Stato per il lavoro; nel dare il parere sulle mozioni di cui parlavamo, ha detto, proponendo la riformulazione del punto 1 del dispositivo della mozione n. 1-01482 del collega Capezzone, che si doveva proseguire nelle iniziative che consentano di accertare e sanzionare eventuali abusi nell'utilizzo dei cosiddetti preservando comunque questo strumento che ha mostrato risultati positivi nell'emersione del lavoro nero. Quindi, il Governo stesso diceva due mesi fa, qui, in quest'Aula, che i erano uno strumento positivo per l'emersione del lavoro nero. Evidentemente, ha cambiato idea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciprini. Ne ha facoltà.
TIZIANA CIPRINI. Con questo decreto si sopprimono i e si modifica la disciplina sulla responsabilità solidale in materia di appalti che sono, guarda caso, proprio gli argomenti del referendum promosso dalla CGIL. Questo decreto, infatti, non è altro che un salto della cavallina per evitare il referendum, ma, tranquilli, perché i verranno ripristinati, magari sotto altre forme, non appena la Corte di cassazione si sarà espressa sulla decadenza del referendum. L'intervento emergenziale del Governo avviene all'indomani della fissazione della data del referendum abrogativo, fissato per il 28 maggio prossimo. Il 14 marzo scorso, infatti, il Consiglio dei ministri, dopo ben 46 giorni di attesa, approvava il decreto per l'indizione dei referendum popolari, ma la scarna e paradossale motivazione con il quale il Governo motiva il ricorso allo strumento del decreto-legge evidenzia, in maniera palese, l'inadeguatezza e l'imbarazzante urgenza, malamente celata, del Governo di spazzar via la prossima consultazione referendaria, per impedire ai cittadini di esprimere il proprio voto con il referendum e di evitare l'ennesima catastrofe politica. Il Governo, infatti, utilizza la decretazione d'urgenza al solo e unico scopo di sminare la prossima consultazione referendaria, temendo, ancora una volta, il voto e il giudizio degli italiani sulle politiche fallimentari del lavoro di questo e del precedente Governo guidato da Renzi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.
ALAN FERRARI. Grazie Presidente. Alcuni degli interventi che mi hanno preceduto, io penso che non abbiano solo messo in evidenza il maldestro uso dello strumento della pregiudiziale, ma anche tutta la strumentalità politica e, non ultimo, l'intervento della collega del MoVimento 5 Stelle, che ha tralasciato di ricordare che proprio loro hanno votato a favore della totale abolizione di questo strumento.
PRESIDENTE. Attenda, attenda un attimo.
ALAN FERRARI. Posso alzare la voce, Presidente.
PRESIDENTE. No, no, non esiste proprio. Bisogna che ci sia silenzio, esattamente come per tutti gli altri.
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Ferrari. Dobbiamo lasciare libero il banco del Governo, grazie.
ALAN FERRARI. Come dicevo, gli ambiti di necessità ed urgenza coincidono con la dichiarazione di ammissibilità di referendum popolare per l'abrogazione degli articoli 48, 49, come modificato al comma 3 del decreto legislativo n. 185 del 2016, e 50 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (la legge dei pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 28 del 2017.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà. Invito ancora una volta, per favore, ad abbassare il tono dalla voce. Prego.
WALTER RIZZETTO. Grazie Presidente, intervengo per pochi minuti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà, per due minuti.
ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor Presidente. Io, per la verità, sono andato a rileggermi l'articolo, credo, 27 della Costituzione, il quale regola appunto il tema…no, scusate, ho sbagliato, sono andato a rileggermi la Costituzione sul tema della decretazione di necessità e di urgenza. Guardate, la nostra Costituzione è estremamente scarna: dice che il Governo, in caso di necessità e di urgenza, lasciandogli il pieno apprezzamento di cosa voglia dire necessità ed urgenza, può adottare provvedimenti legislativi, che dovranno essere approvati dalle Camere nell'arco di sessanta giorni. L'ulteriore specificazione, contenuta nell'articolo 72, che rimanda ai regolamenti parlamentari, ha trovato, poi, applicazione nei regolamenti, che ci hanno dato alcuni criteri, che, ahimè, non sono criteri di contenuto.
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulla questione pregiudiziale.
PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, all'ordine del giorno della seduta di domani, mercoledì 29 marzo, il seguito della discussione della proposta di legge n. 2188, recante disposizioni in materia di candidabilità dei magistrati, con riferimento al quale la Commissione bilancio non ha ancora espresso il prescritto parere, sarà collocato quale terzo argomento, dopo il seguito dell'esame della proposta di legge n. 1658, recante disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati, e del disegno di legge di ratifica n. 4109, recante l'Accordo tra Italia e Slovenia.
MASSIMO ENRICO BARONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. Ieri è andata in onda una puntata su Questa puntata ha parlato di una grande mangiatoia che è stata scoperchiata, che si è rivelata, di fatto, un centro di affari, prebende e fatture false: il CNR. A capo del CNR troviamo Massimiliano Di Bitetto, attuale direttore generale del CNR, a cui sono state imputate ben 11 pubblicazioni false. Per quanto ci riguarda, se le accuse venissero confermate, Massimiliano Di Bitetto dovrà dimettersi subito da questa prestigiosa carica, che ci vede impegnati anche a livello internazionale per quanto riguarda la ricerca. Tutto ciò è vergognoso, così come è vergognoso che all'interno di quell'inchiesta siano state trovate le tracce, e tracce evidenti, di dove possa essere nascosto Matteo Messina Denaro. Stiamo parlando dell'ultimo boss della mafia attualmente in vita. E, ancora, ci domandiamo come sia possibile che ben tre ministri della Repubblica siano stati tra gli indicatori di questa cupola amministrativa, di questa cupola responsabile, che, di fatto, è riuscita a nascondere un vero scandalo, probabilmente il più grande scandalo della ricerca italiana, sempre a danno dei ricercatori che con onestà intellettuale…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Baroni.
MASSIMO ENRICO BARONI. …provano a fare il loro lavoro, sperando in un futuro migliore e sperando che la politica e il bene civile possa riconoscere loro qualcosa. Ebbene, dopo ieri, abbiamo levato ancora un po' di speranza a questa Italia .
ANNA MARIA CARLONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANNA MARIA CARLONI. Signor Presidente, il FAI, Fondo ambiente italiano, ogni anno organizza le Giornate di primavera, durante le quali vengono aperti al pubblico numerosi siti culturali. Durante l'edizione di quest'anno, lo scorso i comuni di Orta di Atella, Succivo e Sant'Arpino, in provincia di Caserta, hanno organizzato, in collaborazione con alcune scuole, un percorso storico-culturale per rievocare il periodo durante il quale le tre città erano unificate in un unico comune, dal 1928 al 1946. Secondo quanto riportato da diversi organi di stampa, durante una di queste manifestazioni sono stati fatti sfilare i diversi alunni vestiti in tenuta da balilla, l'organizzazione paramilitare giovanile del regime fascista. La sfilata si è conclusa con tanto di saluto romano nel cortile del comune di Orta di Atella, immortalato in diverse fotografie, diffuse, poi, sui .
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.