CLAUDIA MANNINO, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Bellanova, Bindi, Brunetta, Caparini, Catania, De Girolamo, Dellai, Di Lello, Epifani, Faraone, Fedriga, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Losacco, Manciulli, Pes, Pisicchio, Rampelli, Realacci, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Speranza, Tabacci, Vargiu e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente novantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della questione pregiudiziale Sibilia ed altri n. 1 presentata al disegno di legge n. 2727: Conversione in legge del decreto-legge 18 novembre 2014, n. 168, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative concernenti il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero e gli adempimenti relativi alle armi per uso scenico, nonché ad altre armi ad aria compressa o gas compresso destinate all'attività amatoriale e agonistica.
Avverto che a norma del comma 3 dell'articolo 40 e del comma 3 dell'articolo 96- del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
L'onorevole Sibilia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
CARLO SIBILIA. Signor Presidente, io sono qui ad illustrare questa questione pregiudiziale su un decreto-legge che porta come titolo: «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative concernenti il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero e gli adempimenti relativi alle armi per uso scenico, nonché ad altre armi ad aria compressa o gas compresso destinate all'attività amatoriale e agonistica».
Ci ho tenuto a leggere queste tre-quattro righe per il semplice fatto che sembra veramente imbarazzante oggi doverci preoccupare delle armi ad aria compressa destinate all'attività amatoriale e agonistica, quando il Paese è distrutto e dilaniato dalle peggiori tragedie del dissesto idrogeologico Avremmo potuto utilizzare questi decreti-legge in mille altre maniere.
Inoltre, noi sostanzialmente pensiamo che questo articolato – due o tre articoli di decreto – serva semplicemente per tappare un buco che si era creato per leggi fatte dallo stesso Governo, che propone questo decreto per risolvere i problemi che ha creato con le leggi che esso stesso aveva fatto. In sostanza in due articoli si riesce a fare un concentrato di illegittimità costituzionali veramente da record. Infatti, questo sarà il Governo dei record anche per questo: uno dei record che avrà il Governo Renzi sarà proprio quello di essere riuscito a condensare in due articoli una quantità infinita di illegittimità costituzionali e, oltre ad essere il Governo con il più alto debito pubblico della storia, oltre ad essere il Governo con il più alto tasso di disoccupazione della storia dopo la seconda guerra mondiale, avrà anche questo tipo di primato.
Dunque, entrando un attimo nel merito di questo decreto-legge, se proprio dobbiamo farlo, perché naturalmente crediamo sia giusto, riteniamo sostanzialmente che ci siano dei profili di incostituzionalità, perché quello che descrive questo decreto-legge consolida anche un'infausta e sistematica utilizzazione di uno strumento che per sua natura è temporaneo e straordinario per correggere disposizioni legislative in vigore, quindi cogliendo l'occasione di modificare i termini e le scadenze delle medesime ...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Sibilia... Colleghi... Grazie. Prego, onorevole Sibilia.
CARLO SIBILIA. ...quindi, quasi sempre, come nel caso specifico, a causa di inadempienze e ritardi della pubblica amministrazione.
Secondo noi, quindi, con questo decreto si inaugura anche una pratica molto particolare, che è un sottoinsieme che va nell'alveo della consolidata fattispecie di fine d'anno, meglio conosciuta come il «mille-proroghe». Praticamente noi abbiamo fatto, o meglio, il Governo si è fatto un decreto composto di due articoli, che si va a sommare a questa nuova pratica. Noi già conosciamo bene i decreti di fine anno conosciuti come «mille-proroghe», adesso abbiamo aggiunto una nuova pratica, che praticamente dà una nuova possibilità a chiunque, magari per qualsiasi problematica riscontrata in qualche legge approvata dallo Stato: il Presidente del Consiglio firma oppure adotta un decreto-legge, che viene firmato dal Presidente della Repubblica e, quindi, si va avanti, magari risolvendo i problemi degli amici degli amici oppure per qualche sciocchezza fatta semplicemente durante il proprio mandato.
Inoltre, si consolida altresì un nuovo requisito per il ricorso alla decretazione d'urgenza. Potendo cogliere la ghiotta e contestuale occasione offerta dal disegno di legge di riforma costituzionale in questo ramo del Parlamento, quindi alla Camera, all'articolo 77 della Costituzione potrebbe essere introdotto il requisito dell'occasionalità, per cui oltre all'urgenza si potrà anche inserire questo nuovo termine: l'occasionalità, perché effettivamente questo decreto non ha i profili di urgenza, come abbiamo già detto.
Ma la cosa più bella, il primato assoluto, è anche quest'altra singolarità: l'articolo 1 di questo decreto-legge sta per trasbordare nel disegno di legge di stabilità 2015. Praticamente, che cosa ha fatto il Governo ? Per essere sicurissimo che la proroga dei COMITES venisse inserita comunque, non solo ha emanato un decreto-legge (quindi, urgenza massima secondo il Governo), ma successivamente ha preso il primo articolo del decreto e l'ha proposto come emendamento al disegno di legge di stabilità, che sicuramente entrerà in vigore entro il 1o gennaio 2015.
Signori, secondo me, qui siamo arrivati ai limiti dell'assurdo, perché non si può pensare che questa sia la priorità assoluta del Governo, allorché emana un decreto-legge e poi, per essere certo, con un emendamento riprende il primo articolo di quel decreto-legge e lo inserisce nella legge di stabilità 2015. Signori, siamo alla follia legislativa, veramente vi state accartocciando ! Caro Governo, fai qualcosa ! Io veramente prenoterei una visita d'urgenza dallo psichiatra o dallo psicologo, perché bisogna veramente guardarsi dentro per capire qual è la difficoltà che vi spinge a fare questo tipo di azioni
Poi, non ho mai visto questa solerzia quando, invece, si tratta, ad esempio, di parlare dei diritti dei lavoratori; mai vista questa solerzia. Non ho mai visto questa solerzia quando si parla di persone e lavoratori vittime dell'amianto. Non ho mai visto emanare un decreto-legge a favore di quelle persone affette da asbestosi, che oggi stanno lavorando ancora, vista l'annosa e grave «legge Fornero», che impone di lavorare anche alle persone affette da asbestosi (alcune di queste con malattie chiaramente legate alle conseguenze del lavoro con l'amianto). Mai che il Governo si prendesse la briga di emanare un decreto per risolvere il problema dei lavoratori che hanno contratto malattie asbesto correlate. Questo non succede mai, però ci permettiamo di fare un decreto sulla proroga dei COMITES e poi di inserire il primo articolo, come emendamento, nella legge di stabilità.
Dovete sapere che l'emendamento 11.20 potrebbe risolvere il problema dei lavoratori che sono affetti da malattie asbesto correlate; ebbene, quell'emendamento è stato accantonato. Noi emaniamo un decreto-legge per le armi per uso scenico destinate all'attività amatoriale e agonistica e non ci preoccupiamo, invece, di queste situazioni ben più gravi, ben più gravi !
Allora, in questi primi venti mesi della legislatura in corso, abbiamo assistito ad un'impressionante sequela di deroghe alle procedure ordinarie di formazione delle leggi. Le deroghe hanno assunto la forma del ricorso sistematico alla decretazione di urgenza, alla pratica dei decreti alla fiducia, alla decretazione d'urgenza coniugata ad una legge-delega, come sta succedendo per il alla decretazione d'urgenza coniugata alla posizione della questione di fiducia. Ciò lede le prerogative del Parlamento e altera gli equilibri costituzionali, viola, in maniera palese o latente, il dettato costituzionale, l'ordinamento democratico-parlamentare e i pronunciamenti della Corte costituzionale. In termini meno aulici, a nostro avviso, ad avviso del MoVimento 5 Stelle, nei decreti-legge, svincolati o deviati dalle norme costituzionali, confluiscono, molto semplicemente, le questioni sulle quali il Governo non intende perdere tempo o, come peculiarmente in questo caso, l'amministrazione pubblica è chiamata agli adempimenti, proprio perché ha perso del tempo.
Allora, siccome abbiamo votato tante questioni pregiudiziali di costituzionalità e, da quello che mi ricordo, almeno in questa legislatura, non c’è stata mai una bocciatura di un decreto-legge per questioni di incostituzionalità, mi verrebbe da dire quasi, ovviamente, dal momento che la pratica...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Sibilia. Per favore, colleghi, dovete lasciare libero il tavolo del Governo.
CARLO SIBILIA. Dicevo che non mi sembra che sia mai stato bocciato un decreto-legge per motivi di incostituzionalità, anche perché un Governo che vuole stravolgere la Costituzione figuriamoci se si preoccupa di rispettarla quando si fa un decreto . Però vorrei invitare quest'Aula alla riflessione solo su questa fattispecie (non lo farei se stessimo parlando di qualcosa di differente), in cui abbiamo lo stesso decreto-legge inserito, con un emendamento, all'interno della legge di stabilità.
Quindi già c’è la possibilità di risolvere questo problema, magari votando a favore di questa porcata, ossia di questo emendamento al disegno di legge di stabilità; mettete questo provvedimento all'interno della legge di stabilità. Sicuramente entrerà in vigore il 1o gennaio 2015, però fatemi la cortesia: bocciamo questo decreto-legge per dignità parlamentare, perché non è possibile ! Veramente vi chiedo uno sforzo. Lo so benissimo che dovete sostenere il Governo, però chiedo uno sforzo a tutti i parlamentari che magari hanno un minimo di indecisione. Il contenuto di questo stesso decreto-legge è presente in un emendamento al disegno di legge di stabilità.
Pensateci, perché questo nelle statistiche andrà a finire tra i decreti-legge adottati dal Governo Renzi. Quindi, vi facciamo anche un favore, cerchiamo di abbassare un po’ questa statistica. Fateci questa cortesia: bocciamo questo decreto-legge per motivi di incostituzionalità e votate a favore della questione pregiudiziale .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Picchi. Ne ha facoltà. Colleghi, vi pregherei sempre di abbassare un po’ il tono della voce, per favore. Prego, onorevole Picchi.
GUGLIELMO PICCHI. Signor Presidente, la questione pregiudiziale di costituzionalità presentata dal MoVimento 5 Stelle, per quanto scritta con attenzione, in realtà lascia molto a desiderare e anche quanto ha affermato l'onorevole Sibilia non è propriamente corretto.
Ci sono la necessità e l'urgenza di rinviare le elezioni dei Comites, che erano state già indette il giorno 19 settembre e che sarebbero avvenute il giorno 19 dicembre, e quindi o si adottava un decreto-legge o queste elezioni non si potevano rinviare. Infatti, c'era una previsione normativa precedente, approvata qualche anno fa, che prevedeva che queste elezioni dovessero avvenire entro la fine del 2014.
Il punto su cui ci sarebbe veramente da discutere non è tanto la costituzionalità o meno di questo decreto-legge, che ritengo sia assolutamente legittimo e un atto dovuto. Piuttosto dovremmo interrogarci sul perché siamo arrivati a dover adottare un decreto-legge, sul perché il Governo ha dovuto adottare un decreto-legge per rinviare le elezioni dei Comites. È una questione estremamente politica, ossia con questo decreto-legge, di fatto, il Governo ammette la propria incapacità nell'effettuare le elezioni dei Comites.
Il punto politico e, magari, di costituzionalità è, più che altro, come sia possibile che questo Parlamento abbia votato a favore di una legge che prevede l'istituzione di un registro elettorale per poter esercitare il proprio diritto di voto e che questo registro elettorale produca, di fatto, l'esclusione del 96,7 per cento degli aventi diritto.
Ora, l'esempio dell'Emilia Romagna di ieri ci dice che c’è già una grande disaffezione dei cittadini nei confronti della politica. Se poi noi rendiamo ancora più difficoltoso l'esercizio del voto, allora questa disaffezione diventa totale.
Quindi, il punto della discussione che dovrà avvenire – non è questa la sede, ma vi arriveremo quando dovremo poi iniziare la discussione del decreto-legge vero e proprio – sarà quello di mettere in evidenza come il Partito Democratico abbia fatto un vero e proprio pasticcio su queste elezioni dei Comites e il Governo gli è andato dietro. Si sono volute fare in tutta fretta, secondo modalità, direi, incostituzionali. Infatti, vi immaginate se avessimo dovuto istituire un registro elettorale per far votare alle elezioni regionali ? L'affluenza sarebbe stata anche in quel caso del 4, 5 o 6 per cento. Tanto più che si limita ancora di più il diritto di voto perché impediamo e limitiamo la possibilità di iscriversi al registro elettorale a trenta giorni prima della data delle elezioni.
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Picchi. Per favore, liberate i banchi del Governo. Per favore, onorevole Giorgis... Onorevole Giorgis... Onorevole Giorgis, per favore. Prego, onorevole Picchi.
GUGLIELMO PICCHI. Quindi, la questione della costituzionalità risiede altrove.
Sulla necessità e sull'urgenza di questo decreto-legge non possiamo che concordare. Quindi, voteremo contro la questione pregiudiziale presentata dal MoVimento 5 Stelle. E la necessità e l'urgenza, almeno sulla parte delle elezioni dei Comites, ci sono, perché queste elezioni si sarebbero dovute tenere il 19 dicembre e aspettare la legge di stabilità, senza avere la certezza della sua approvazione entro il 19 dicembre, avrebbe fatto sì che ci saremmo trovati in un processo elettorale iniziato, provocando altri disastri.
Sulla seconda parte, sulle armi sceniche, preferisco non intervenire, perché lì qualche dubbio sulla necessità e l'urgenza ce l'abbiamo.
Comunque, come gruppo di Forza Italia, voteremo contro le questioni pregiudiziali presentate dal MoVimento 5 Stelle.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marcolin. Ne ha facoltà.
MARCO MARCOLIN. Signor Presidente ed onorevoli colleghi, è chiaro che riteniamo del tutto infondata la questione pregiudiziale sulla costituzionalità dell'atto Camera 2727, di cui oggi siamo chiamati a discutere e su cui dovremo anche decidere.
È un fatto obiettivo che il ricorso alla decretazione d'urgenza abbia da tempo superato i suoi limiti fisiologici, per diventare qualcosa d'altro: uno strumento di cui i Governi si avvalgono non per fronteggiare un'emergenza effettiva, ma solo per beneficiare dei vantaggi regolamentari che rendono più veloce l'esame dei decreti-legge, in ragione della tagliola del termine di 60 giorni per convertirli in legge.
Esaminiamo i fatti spassionatamente: il decreto-legge in questione, che reca la data del 18 novembre, è il centosessantottesimo varato quest'anno. Praticamente se ne emana uno ogni giorno pari dell'anno, o dispari se preferite, ed anche di più, se escludiamo dal computo i sabati, le domeniche, il mese di agosto, la pausa natalizia e quella pasquale. Siamo giunti ad un punto tale che l'azione legislativa del Governo si identifica ormai con la decretazione d'urgenza e quella nostra prevalentemente nell'esercizio del potere di emanarla, il che vuol dire due cose: o che lo strumento è stato snaturato, come riteniamo probabile, o che l'emergenza in cui ci troviamo è diventata strutturale, a causa di problemi che hanno a che fare con la stessa architettura del nostro regime parlamentare, cosa che neanche può essere esclusa.
Nello specifico, il contenuto del provvedimento pare confermare la nostra interpretazione. Dobbiamo infatti convertire un decreto-legge che consta di due soli articoli, che concernono rispettivamente il rinnovo dei Comites, per i quali peraltro si sta provvedendo anche attraverso l'inserimento di norme appropriate nella legge di stabilità, e la proroga del termine di alcuni adempimenti relativi alle armi destinate ad uso scenico, nonché ad altre armi ad aria compressa o a gas compresso, destinate all'attività amatoriale ed agonistica. Non parliamo di guerre, catastrofi naturali od altri eventi imprevedibili e drammatici, onorevoli colleghi, ma di altri fatti e di scadenze per cui si sarebbe potuto provvedere in modo diverso da questo.
Specialmente nel caso dei comitati degli italiani all'estero, gli interventi e le proroghe stanno diventando talmente frequenti e numerosi da far pensare che ci sia qualcosa di più profondo e strutturale da correggere, mentre nel caso delle armi sceniche siamo alle prese con un regime di verifiche che gli operatori ancora non conoscono perfettamente. Capiamo anche poco l'accostamento operato tra materie tanto diverse, una cosa che ricorda davvero i vecchi «milleproroghe», come ci viene detto.
Diamo quindi ragione ai nostri colleghi: questo metodo non va, è estraneo allo spirito della Costituzione e va corretto, se serve anche modificando le regole che disciplinano il procedimento legislativo, come tentammo di fare tra il 2001 ed il 2006, durante la XIV legislatura. Ovviamente questa posizione concerne la costituzionalità del decreto-legge al nostro esame.
Sul metodo stesso dell'azione legislativa nulla dice e vuol dire a proposito del merito del provvedimento, sul quale ci sarà tempo e modo di discutere, perché, ad esempio, mentre abbiamo delle riserve sulle norme che riguardano il rinnovo dei Comites, la proroga dei termini per gli adempimenti sulle armi sceniche la consideriamo importante, anche per salvare dei posti di lavoro, visto che si stanno fermando i cinematografici. Siamo stupiti, semmai, che si sia aspettato così tanto e si sia fatto così tanto tardi da dover correre ai ripari con un decreto.
In base a queste considerazioni, la Lega voterà a favore della questione pregiudiziale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.
LAURA GARAVINI. Signor Presidente, con la pregiudiziale di costituzionalità oggi all'ordine del giorno si cerca di contestare la decisione del Governo volta a salvare il rinnovo delle elezioni di questi importanti organi di rappresentanza. Si tratta di una decisione che non avrebbe potuto essere altra, non avrebbe potuto essere altrimenti e mira a garantire la realizzazione delle normali basi democratiche così da favorire una più alta partecipazione al voto. Bisogna innanzitutto rimarcare il fatto che per la prima volta si è introdotto un nuovo meccanismo, un nuovo obbligo, in virtù del quale si prevede l'inversione dell'opzione. In altre parole, per la prima volta – in Italia non si è mai avuto questo meccanismo – si prevede che potranno votare a queste elezioni soltanto coloro i quali abbiano preventivamente provveduto a rendere nota al consolato di riferimento l'intenzione di partecipare al voto per corrispondenza. Si tratta di un nuovo meccanismo, di un obbligo poco noto che, tra l'altro, concerne un appuntamento elettorale che, non coincidendo con altre scadenze elettorali a livello nazionale, è anche poco conosciuto. Allora tutti questi motivi inducono al fatto che ci sia stata una partecipazione in termini di pre-registrazione molto risicata, molto bassa.
Inoltre, non dobbiamo dimenticare un altro aspetto e mi preme sottolinearlo. Noi usciamo da un decennio buio in materia di politiche di rappresentanza per gli italiani all'estero, nel quale i diversi Governi di destra che si sono succeduti hanno previsto ben tre rinvii di questi importanti organi di rappresentanza che sono equiparabili ai consigli comunali, il che significa che per la bellezza di dieci anni i nostri concittadini all'estero non sono stati affatto confrontati con l'appuntamento di rinnovo delle elezioni dei Comites. Significa che si è fondamentalmente ucciso l'argomento dei Comites per la bellezza di dieci anni. Si è avuto un basso tasso di pre-registrazione, nonostante il Governo si sia impegnato e abbia inviato 2 milioni e 600 mila lettere alle famiglie degli aventi diritto al voto. Ciononostante ci trovavamo in una situazione di difficoltà in virtù della quale il tasso di pre-registrazione era troppo basso per garantire invece un democratico esercizio del diritto di voto. Allora, bene aveva fatto il Governo Renzi a prevedere il rispetto dei limiti previsti dalla legge affinché si provvedesse al rinnovo nei termini, vale a dire entro il dicembre di quest'anno. Così come molto opportuna era stata la decisione di prevedere l'inversione dell'opzione, proprio finalizzata a garantire una maggiore legalità dell'esercizio del voto volta ad evitare brogli, volta ad evitare abusi dei plichi e dunque dell'esercizio del voto per corrispondenza.
Ma questo nuovo meccanismo introdotto, che è pane quotidiano in altri Paesi, come ad esempio in Francia, rappresenta una novità per i nostri connazionali, per gli elettori. Ben venga dunque il rinvio, pensato proprio per evitare una troppo scarsa partecipazione al voto. È vero ciò che fanno rilevare i colleghi del MoVimento 5 Stelle circa il fatto che si proceda al recepimento e alla conversione di questo decreto-legge durante la legge di stabilità.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Garavini, gentilmente il Governo deve essere messo nelle condizioni di ascoltare, grazie. Prego.
LAURA GARAVINI. Lo stesso vale anche per l'altro aspetto trattato dal decreto-legge relativo al rinvio al dicembre dell'anno prossimo della verifica del Banco nazionale di prova per le armi ad uso scenico, oltre che per le armi ad aria compressa. Torno a ribadire, però, che il decreto-legge che qui oggi viene contestato è lo strumento attraverso il quale si possono salvare le elezioni dei Comites. Allora, non abbiamo di certo bisogno di dibattiti sterili, anzi posso tranquillizzare i colleghi rispetto al fatto che il decreto-legge in questione è del tutto legittimo e anche la prassi di recepimento in sede di legge di stabilità è del tutto congruo e non sono presenti vizi di incostituzionalità. Credo invece che ci debba essere l'impegno di tutti, a partire dalle forze politiche. Ci sono state fino ad ora responsabilità. Magari anche all'interno delle fila del mio partito non c’è stato un impegno sufficiente affinché si possa promuovere al massimo questa partecipazione al rinnovo dei Comites.
Io mi auguro che adesso, invece, non ci siano scuse, non ci siano alibi, che ci sia un impegno congiunto collettivo proprio per far sì che si abbia la massima partecipazione possibile a questo importante appuntamento.
E nel ringraziarla, Presidente, comunico dunque il voto contrario del mio gruppo alla questione pregiudiziale di costituzionalità all'ordine del giorno .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garofalo. Ne ha facoltà.
VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, il Nuovo Centrodestra voterà contro la questione pregiudiziale presentata su questo decreto-legge. Il provvedimento infatti, pur contenendo delle norme diversificate, ha i requisiti di necessità e di urgenza di cui all'articolo 77 della Costituzione.
L'intervento normativo in primo luogo incide sulle procedure di rinnovo dei Comites, i Comitati degli italiani all'estero, e del Consiglio generale degli italiani all'estero che avrebbero dovuto svolgersi alla naturale scadenza. Tali procedure sono state più volte rinviate e da ultimo, con il decreto-legge n. 67 del 2012 che è stato convertito con la legge n. 118 dello stesso anno, il termine per lo svolgimento delle elezioni è stato stabilito entro la fine del 2014. Il decreto-legge n. 109, convertito con modificazioni dalla legge n. 141 del 2014, ha modificato il sistema di voto ponendo sull'elettore l'onere di manifestare la propria volontà a votare almeno 30 giorni prima della data stabilita per le votazioni. Con decreto del Ministro degli affari esteri sono state fissate le elezioni per il prossimo 19 dicembre.
Tuttavia per assicurare la partecipazione al voto di tutti i cittadini residenti all'estero è necessario accordare un termine congruo perché possano esprimere la volontà di votare in tempo utile per le elezioni. Lo strumento, quindi, del decreto-legge si rivela l'unico adeguato a garantire l'effettiva partecipazione al voto con l'unica modalità possibile: rinviare le elezioni al 2015. Infatti ad oggi risulta che poco più di sessantamila elettori abbiano effettuato la cosiddetta opzione per partecipare al voto. Con ogni probabilità il poco tempo a disposizione per informare l'elettorato sul nuovo sistema introdotto è la causa del disinteresse per le elezioni. Una così bassa partecipazione al voto solleva non poche criticità sul rispetto del diritto di voto degli elettori, sull'effettiva rappresentatività dei Comites eletti da una minima percentuale del corpo elettorale e sull'opportunità di sostenere costi importanti in termini di risorse economiche, umane e strumentali. Si vuole pertanto in questo modo garantire la piena partecipazione al voto degli italiani residenti all'estero.
L'articolo 2 differisce, invece, al 31 dicembre 2015 il termine entro il quale i diversi soggetti interessati avrebbero dovuto sottoporre alla verifica del Banco nazionale di prova tutte le armi per uso scenico, destinate ad essere utilizzate nelle produzioni cinematografiche nonché le armi ad aria compressa o gas compresso, destinate al lancio di capsule sferiche marcatrici. La criticità che si vuole superare è quella di risolvere le difficoltà operative segnalate dai soggetti destinatari della norma e consentire la prosecuzione dell'attività dei settori interessati. Pertanto si differisce al 31 dicembre 2015 il termine entro il quale i soggetti interessati dovranno sottoporre la verifica del Banco nazionale di prova le armi per uso scenico destinate ad essere utilizzate nelle produzioni cinematografiche nonché le armi ad aria compressa o gas compresso destinate al lancio di capsule sferiche marcatrici.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Garofalo. Colleghi, per favore, possiamo abbassare un po’ il tono della voce ?
VINCENZO GAROFALO. Le cause di tale differimento sono da rinvenirsi, per quanto riguarda le armi ad uso scenico, per consentire – lo vorrei sottolineare all'onorevole Sibilia – la prosecuzione dell'attività del comparto interessato, evitando i gravi pregiudizi che altrimenti ne deriverebbero. Invece per le armi ad aria compressa o gas compresso destinate al lancio di capsule sferiche marcatrici, il differimento è dovuto all'esigenza di completare l'iter istruttorio, ancora in corso, finalizzato all'adozione di un decreto del Ministro dell'interno con il quale dovranno essere definite le disposizioni per l'acquisto, la detenzione, il porto e l'utilizzo di detti strumenti da impiegare nell'attività amatoriale e in quella agonistica. Questa norma pertanto persegue l'obiettivo di scongiurare l'aumento del blocco della produzione cinematografica che comporterebbe – sottolineo: comporterebbe – ingenti danni economici al comparto, consentendone la prosecuzione. Si tratta pertanto di norme che rivestono particolare urgenza e per le quali risulta necessaria l'adozione del decreto-legge per le motivazioni rilevate precedentemente, ovvero per quella di migliorare i rapporti con la collettività italiana all'estero che, quindi, potrà essere adeguatamente informata su come scegliere i propri rappresentanti e per quella di soddisfare l'esigenza rappresentata dal comparto dell'industria cinematografica nazionale.
Per questi motivi confermo quanto detto all'inizio: il Nuovo Centrodestra voterà contro la questione pregiudiziale al decreto-legge in esame.
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, abbassiamo il tono della voce.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.
ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, egregi colleghi, con l'articolo 1 di questo decreto-legge del 18 novembre si sposta il termine per le votazioni per il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero. Il termine scadeva, cioè si sarebbe dovuto votare, a dicembre: ora si voterà, invece, a maggio, il 18 maggio 2015.
Perché si è fatto questo ? È stato candidamente dichiarato che questo si è fatto, perché ci si è resi conto che le preiscrizioni per votare avevano raggiunto un livello minimo, mi sembra il 3 o il 4 per cento. Questa soglia è stata ritenuta insufficiente, per cui si interviene addirittura con un decreto-legge per spostare la data dell'elezione e tutti gli adempimenti propedeutici.
Egregi colleghi, per fare un esempio e capire meglio di cosa si tratta, voi immaginate se il Governo Renzi, con un decreto-legge, consultati i sondaggi e avvertito che a Bologna avrebbe votato il 37 per cento dei cittadini e che il futuro sindaco avrebbe avuto il consenso di appena diciotto cittadini su cento, decidesse di spostare la data delle elezioni. In quest'Aula stiamo assistendo...
PRESIDENTE. Attenda, onorevole Sannicandro, che in quest'Aula è impossibile... Colleghi, per favore. Scusate, il capannello che c’è anche lì... Prego, onorevole Sannicandro.
ARCANGELO SANNICANDRO. Dicevo che in quest'Aula, ormai, abbiamo assistito a tutto e di più. L'uso dei decreti-legge è la prassi – è stato già ricordato –, la legislazione ordinaria da parte del Parlamento è una rara occasione, un prodotto raro.
Non mi era mai accaduto di assistere ad un decreto-legge che incidesse su una data delle elezioni: per me la cosa è di una gravità inaudita. Perché il Governo decide che i preiscritti erano pochi ? Spetta al Governo decidere la quantità dei preiscritti per l'elezione dei Comites ? Questa è la domanda. Chi dà questo potere al Governo Renzi ? Vuole, addirittura, questo Governo innovare fino al punto che decide chi deve vincere le elezioni, chi deve partecipare alle elezioni, quando si può partecipare alle elezioni ? Ma ci rendiamo conto dove questo signore ci sta portando ? Non è questione soltanto di insussistenza delle condizioni per emanare un decreto-legge: qui siamo ad un vero e proprio atto di sovversione della normale logica costituzionale.
E questo viene detto e narrato non soltanto dai colleghi, viene illustrato in modo disinvolto e sereno, ma basta leggere la relazione. Non c’è pudore. Nella relazione che accompagna il decreto-legge è scritto candidamente che bisognava iscriversi entro una certa data. Constatato che gli iscritti erano pochi, qualcuno ha deciso che erano troppo pochi e che così non andava; e si rinvia la data di preiscrizione e la data delle elezioni.
È evidente, pertanto, che noi voteremo a favore della questione pregiudiziale, nella speranza che quest'Aula si riappropri dei propri poteri e che insegni il diritto costituzionale al Presidente Renzi o, perlomeno, che lo mandi alle scuole serali, con tutto il rispetto per i frequentatori e gli istitutori delle scuole serali .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bueno. Ne ha facoltà. Colleghi, rinnovo l'invito ad abbassare un po’ la voce, per favore, grazie. Prego.
RENATA BUENO. Signor Presidente, noi che siamo i parlamentari eletti all'estero conosciamo bene la realtà di questi Comitati degli italiani all'estero, però purtroppo le comunità e i cittadini non li conoscono così tanto, perché, per dieci anni, questi Comites sono stati bloccati, con le attività molto ferme nel senso di guardare al futuro, di guardare ad azioni importanti per i cittadini di oggi.
Questi Comites ancora guardano alle esigenze dei cittadini di tanti anni fa, degli italiani che hanno lasciato l'Italia, che sono andati all'estero, ma non guardano più alle nuove generazioni. Pertanto, nel discutere delle elezioni dei Comites, dobbiamo guardare non soltanto alla tempistica, ma dobbiamo guardare anche allo scopo dei nuovi Comites.
Parlare di rinnovo significa davvero guardare ai nuovi obiettivi di questi Comitati degli italiani all'estero, anche perché stiamo vivendo un momento di crisi in Italia e non possiamo più lasciare un grande per finanziare questi consigli all'estero, ma finanziare i progetti che davvero guardano ai nuovi italiani, ai cittadini che tengono molto alla patria Italia.
Già all'inizio avevo detto che non mi sembrava molto democratico il modo in cui era stato fatto il primo decreto, perché c'erano le elezioni per il 19 dicembre con scadenza già a novembre per le iscrizioni. Si sapeva pure che era un'esigenza, una necessità urgente, però le persone, i cittadini, non erano stati informati di queste elezioni e l'informativa che il Governo ha mandato a tutti i nuclei familiari è arrivata dopo il periodo di presentazione delle liste. Ossia, i cittadini italiani all'estero che volevano partecipare non hanno più avuto tempo di iscriversi in una lista.
Quindi, adesso dobbiamo non solo rinviare la data delle elezioni ma anche pensare ad un nuovo periodo di iscrizione e riorganizzazione di queste liste, perché dobbiamo guardare sempre alle nuove generazioni e ai nuovi obiettivi di questi comitati.
Per noi che siamo rappresentanti eletti all'estero è molto importante avere il supporto di questi consigli e di altre organizzazioni, anche di associazioni all'estero, perché per noi non è facile seguire un collegio elettorale. Faccio l'esempio della mia circoscrizione, il Sudamerica, dove solo il Brasile è grande quattro volte il territorio dell'Europa: noi dobbiamo girare ed essere presenti in tutte le comunità e anche portare loro tutte le informazioni della patria Italia. Quindi per noi è fondamentale che esistano questi Comites, però devono essere organizzati bene e anche controllati bene dal Governo, di modo che gli obiettivi vengano raggiunti.
Ribadisco ai colleghi l'importanza di avere i Comites e di portare avanti queste elezioni, però in modo che il Governo davvero gli dia il suo giusto valore. Faccio anche l'esempio delle elezioni che si sono appena tenute in Emilia Romagna, questo fine settimana, per le quali solo il 37 per cento dei cittadini ha votato; nelle ultime elezioni parlamentari, anche in Brasile ha votato il 37 per cento; si può allora paragonare l'interesse dei cittadini che stanno all'estero, anche molto lontano, a 15 mila chilometri di distanza, alla patria Italia. Quindi, ripeto l'importanza non solo del nostro mandato di eletti all'estero ma pure di queste istituzioni, i Comites.
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulla questione pregiudiziale.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale Sibilia ed altri n. 1.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2660-A: Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato da ultimo respinto l'emendamento Palese 1.139.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico e dell'ultimo emendamento ad esso riferito Passiamo quindi all'emendamento Ciprini 1.141.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciprini. Ne ha facoltà.
TIZIANA CIPRINI. Signor Presidente, con questo emendamento 1.141 intendevamo rendere un po’ più vincolante e fattivo il ruolo delle Commissioni. Infatti, allo stato attuale, si afferma che le Commissioni, una volta che arriveranno i decreti legislativi, dovranno dare un semplice parerino non vincolante di cui il Governo potrà fottersene allegramente dato che si legge: «decorso tale termine di 30 giorni i decreti saranno emanati anche in mancanza dei pareri».
Quindi, con questo emendamento volevamo rendere un po’ più vincolanti e fattivi questi pareri prevedendo un doppio passaggio, ovvero: qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni, con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. I pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia sono espressi entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque adottati.
PRESIDENTE. Attenda, onorevole Ciprini. Colleghi, per favore abbassiamo la voce.
TIZIANA CIPRINI. Ricordo che questo doppio passaggio un po’ più vincolante era già stato approvato per la delega fiscale, quindi si chiede all'Aula di votarlo favorevolmente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Airaudo. Ne ha facoltà.
GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, intervengo per dire che noi voteremo questo emendamento perché il provvedimento in esame – come vi abbiamo detto in tutti i modi, cercando di non indurvi nell'ennesimo errore che determinerà enormi ricorsi, anche dal punto di vista legale e costituzionale secondo noi, indipendentemente da come il Parlamento, secondo noi sbagliando, ha valutato l'incostituzionalità – ha una delega amplissima. Che almeno queste Camere chiedano di poter vedere quei decreti, di poterli giudicare, visto che molti di voi voteranno a favore di questo provvedimento, se non avranno un ravvedimento nelle prossime ore, sulla base del fatto che si fidano di cosa il Governo scriverà.
Ma gli italiani non possono fidarsi di tutti noi, se noi ci fidiamo per conto terzi. Facciamo il nostro lavoro, riportiamo quei decreti attuativi nelle Camere e nelle Commissioni, e allora vedremo se questa «cambiale» che voi oggi proponete al Paese verrà onorata o subirà altre deviazioni. Quindi, noi voteremo a favore.
PRESIDENTE. Vi sono altri che intendono intervenire ? Non mi pare.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciprini 1.141, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza Prataviera e con il parere favorevole dei relatori di minoranza Placido e Cominardi.
Dichiaro aperta la votazione.
CLAUDIO COMINARDI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CLAUDIO COMINARDI. Signor Presidente, vi sono circa cento ordini del giorno, mi dicono. Con dieci minuti, c’è una valutazione di 10 secondi più o meno a ordine del giorno. Abbiamo bisogno di una sospensione maggiore, dieci minuti non sono sufficienti.
PRESIDENTE. Onorevole Cominardi, quaranta di questi ordini del giorno sono stati già presentati ieri, questo è il tempo che ha chiesto il Governo per poter esprimere il parere. Il parere lo esprime il Governo.
CLAUDIO COMINARDI. Ce li hanno dati adesso.
PRESIDENTE. Onorevole Cominardi, il problema è del Governo. Se il Governo ha bisogno di tempo fino alle 11...
CLAUDIO COMINARDI. No, il problema è anche nostro, Presidente, visto che dobbiamo dare un parere pure noi.
PRESIDENTE. Onorevole Cominardi, lei non deve dare il parere, perché il parere sugli ordini del giorno lo dà il Governo. I relatori non danno il parere.
CLAUDIO COMINARDI. Sì, però dobbiamo conoscerne il contenuto per il gruppo, quindi vorremmo avere un tempo congruo per poterli leggere. Vogliamo lavorare in maniera corretta.
DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Onorevole Crippa, su che cosa ?
DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, sulla medesima questione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAVIDE CRIPPA. Le chiediamo una tempistica opportuna, visto che dobbiamo dare anche noi, al nostro interno, un parere per capire se votare in maniera positiva, negativa o astenerci. Credo che sia necessaria almeno una mezz'ora minimo. Credo che fino alle 11,30 sia un tempo opportuno, anche perché il fascicolo è arrivato adesso, è stato consegnato appena adesso ed è ancora caldo. Quindi, se qualcuno degli altri gruppi ce l'aveva già, è passato per via traverse. Ufficialmente è arrivato appena adesso.
PRESIDENTE. Onorevole Crippa, proporrei questo: onde evitare che adesso parliamo in quindici e occupiamo il tempo, diciamo che riprendiamo alle 11,15: c’è mezz'ora da quando sospendiamo. Sospendo la seduta che riprenderà alle 11,15.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati .
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, i seguenti ordini del giorno che recano un contenuto estraneo rispetto alle materie trattate dal provvedimento e che in taluni casi riproducono il contenuto di emendamenti già dichiarati inammissibili in sede referente per estraneità di materia: Fratoianni n. 9/2660-A/32, in materia di contenimento delle retribuzioni dei dirigenti dei settori pubblico e privato; Placido n. 9/2660-A/33, concernente l'abrogazione della legge «Fornero» sulle pensioni; Guidesi n. 9/2660-A/51, relativo all'abrogazione della legge n. 252 del 1974, in materia di regolarizzazione della posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici e delle organizzazioni sindacali; Bechis n. 9/2660-A/98, volto a prevedere la cassa unica dei lavoratori autonomi; Vargiu n. 9/2660-A/105, concernente il riconoscimento dell'attività di prostituzione.
Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere. Prego, sottosegretario Bellanova.
TERESA BELLANOVA, . Grazie Presidente. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Di Salvo n. 9/2660-A/1, purché il dispositivo venga riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare la possibilità, in fase di predisposizione dei decreti legislativi, di prevedere procedure informatiche semplici e prive di costi, volte a garantire (...)» e così via.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Burtone n. 9/2660-A/2 e Santerini n. 9/2660-A/3.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Polverini n. 9/2660-A/4, purché il dispositivo sia riformulato nel senso di inserire, dopo le parole «impegna il Governo», la locuzione «a valutare la possibilità di definire (...)» e di sostituire le parole «nel più breve tempo possibile» con le parole «in tempi congrui».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Rampi n. 9/2660-A/5, purché il dispositivo venga riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di intervenire al fine di affrontare» e così via.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Gebhard n. 9/2660-A/6, purché il dispositivo venga riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare la possibilità di prevedere a regime ulteriori forme di credito di imposta senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica».
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Sgambato n. 9/2660-A/7, mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Maestri n. 9/2660-A/8.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Albanella n. 9/2660-A/9, purché il dispositivo venga riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di assicurare, oltre alla standardizzazione delle procedure (...)» e così via, continua come da testo.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Gribaudo n. 9/2660-A/10, purché il dispositivo venga riformulato nel senso di eliminare le parole «stato e». Quindi, l'ordine del giorno risulterebbe riferito alla rappresentanza e alla difesa nei due ordini di giudizio.
Il Governo formula un invito al ritiro sull'ordine del giorno Venittelli n. 9/2660-A/11.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Paris n. 9/2660-A/12, mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno Battaglia n. 9/2660-A/13.
Il Governo formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'ordine del giorno Famiglietti n. 9/2660-A/14.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Tinagli n. 9/2660-A/15, mentre accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Giancarlo Giordano n. 9/2660-A/16.
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Zaccagnini n. 9/2660-A/17.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Zaratti n. 9/2660-A/18, purché il dispositivo venga riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di introdurre misure volte a favorire nell'ordinamento italiano (...)» e così via.
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Nicchi n. 9/2660-A/19, mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Matarrelli n. 9/2660-A/20.
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Daniele Farina n. 9/2660-A/21.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Pellegrino n. 9/2660-A/22, ma solo per la prima parte.
PRESIDENTE. Quindi, vi è una riformulazione.
TERESA BELLANOVA, Sì, si propone una riformulazione.
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Ricciatti n. 9/2660-A/23, parere favorevole sull'ordine del giorno Palazzotto n. 9/2660-A/24 e parere contrario sull'ordine del giorno Duranti n. 9/2660-A/25.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Costantino n. 9/2660-A/26, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: al primo capoverso, premettere le parole: «a valutare l'opportunità di», mentre sul secondo capoverso il parere è favorevole fino alla parola «CIGS» ed è contrario per la parte restante.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Airaudo n. 9/2660-A/27 e Paglia n. 9/2660-A/28, mentre il parere è contrario sugli ordini del giorno Piras n. 9/2660-A/29, Franco Bordo n. 9/2660-A/30 e Quaranta n. 9/2660-A/31.
PRESIDENTE. Qual è il parere sull'ordine del giorno Pannarale n. 9/2660-A/34 ?
TERESA BELLANOVA, Il parere è contrario perché vi è già la commissione consultiva. Magari, Presidente, argomento adesso o successivamente ?
PRESIDENTE. No, successivamente non avremo occasione; quindi, vale la pena...
TERESA BELLANOVA, Allora il parere è contrario perché l'impegno che viene richiesto al Governo è già previsto. Infatti, proprio in questi momenti, è riunita la commissione consultiva tripartita sulla salute e sicurezza sul lavoro.
PRESIDENTE. Ricordo che gli ordini del giorno Fratoianni n. 9/2660-A/32 e Placido n. 9/2660-A/33 sono inammissibili; per questo li abbiamo saltati.
TERESA BELLANOVA, Il Governo esprime parere contrario sugli ordini del giorno Melilla n. 9/2660-A/35 e Sannicandro n. 9/2660-A/36, mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Kronbichler n. 9/2660-A/37, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a valutare l'opportunità di attivarsi».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Marcon n. 9/2660-A/38, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a valutare la possibilità di». Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Scotto n. 9/2660-A/39 ed esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Boccuzzi n. 9/2660-A/40, Baruffi n. 9/2660-A/41, Mura n. 9/2660-A/42 e Miotto n. 9/2660-A/43. Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Calabria n. 9/2660-A/44 perché l'impegno è già previsto nella delega.
Il Governo esprime parere contrario sugli ordini del giorno Russo n. 9/2660-A/45 e Ribaudo n. 9/2660-A/46, mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Prataviera n. 9/2660-A/47, purché il dispositivo sia riformulato nel senso di sopprimere le parole: «nelle more di attuazione del provvedimento». Il Governo esprime parere contrario sugli ordini del giorno Matteo Bragantini n. 9/2660-A/48, Invernizzi n. 9/2660-A/49 e Caon n. 9/2660-A/50.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno Guidesi n. 9/2660-A/51 è inammissibile.
TERESA BELLANOVA, Il Governo esprime parere contrario sugli ordini del giorno Allasia n. 9/2660-A/52 e Rondini n. 9/2660-A/53, mentre formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'ordine del giorno Marcolin n. 9/2660-A/54, perché contrasta con il sistema solidaristico della previdenza nel nostro Paese.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Simonetti n. 9/2660-A/55, Molteni n. 9/2660-A/56 e Giancarlo Giorgetti n. 9/2660-A/57, mentre esprime parere contrario sugli ordini del giorno Caparini n. 9/2660-A/58, Gianluca Pini n. 9/2660-A/59, Fedriga n. 9/2660-A/60 e Ferrara n. 9/2660-A/61.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Iannuzzi n. 9/2660-A/62, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a valutare l'opportunità di incentivare il ricorso allo strumento del telelavoro». Il Governo esprime parere favorevole sul primo capoverso del dispositivo dell'ordine del giorno Gadda n. 9/2660-A/63, purché riformulato, e parere contrario sugli altri capoversi del dispositivo. La riformulazione del primo capoverso del dispositivo è la seguente: «a valutare l'opportunità di prestare particolare attenzione ai lavoratori delle aziende soggette a sequestro o confisca dei beni (...)».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Cuperlo n. 9/2660-A/64, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «ad adoperarsi al fine di effettuare un monitoraggio del numero di cause effettivamente avviate nel corso degli ultimi due anni sulla casistica specifica dei licenziamenti economici e disciplinari e a mettere a disposizione delle competenti Commissioni parlamentari gli esiti di tale consultazione».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Agostinelli n. 9/2660-A/65, mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Cancelleri n. 9/2660-A/66, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a valutare l'opportunità di istituire un tavolo di confronto con le parti sociali al fine di».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Pesco n. 9/2660-A/67, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a valutare l'opportunità di prendere in considerazione». Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Cozzolino n. 9/2660-A/68, purché il dispositivo sia riformulato. Il primo impegno diventa: «a promuovere il ricorso allo strumento del telelavoro (...)». Il secondo impegno diventa: «a favorire l'aumento delle competenze e delle capacità professionali dei lavoratori». Il terzo impegno diventa: «a promuovere nuove forme di organizzazione del lavoro».
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Colonnese n. 9/2660-A/69.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Carinelli n. 9/2660-A/70, a condizione che il dispositivo sia così riformulato: «ad adottare iniziative normative volte ad agevolare la conciliazione».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Dell'Orco n. 9/2660-A/71.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Chimienti n. 9/2660-A/72, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a favorire la flessibilità dell'orario di lavoro compatibilmente con le esigenze organizzative e produttive del datore di lavoro».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Rizzetto n. 9/2660-A/73, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a promuovere iniziative che prevedono un periodico monitoraggio e verifica da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dei contratti di lavoro stipulati dai soggetti privati, anche disponendo la pubblicazione di un rapporto che tenga conto dell'effettiva uguaglianza di condizioni di lavoro tra uomo e donna».
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Coppola n. 9/2660-A/74.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Mantero n. 9/2660-A/75.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Nesci n. 9/2660-A/76, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti (...)».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Gagnarli n. 9/2660-A/77, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «ad adoperarsi al fine di prevedere agevolazioni per la manodopera agricola».
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Crippa n. 9/2660-A/78.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Di Battista n. 9/2660-A/79, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a valutare l'opportunità di adoperarsi al fine di (...)».
Il Governo esprime parere favorevole sul primo capoverso del dispositivo dell'ordine del giorno Barbanti n. 9/2660-A/80; il Governo altresì esprime parere favorevole sul secondo capoverso del dispositivo dell'ordine del giorno Barbanti n. 9/2660-A/80, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a porre in essere in tempi congrui ogni atto necessario» per poi continuare così come da testo.
Il Governo esprime parere contrario sul primo capoverso del dispositivo dell'ordine del giorno Alberti n. 9/2660-A/81; il Governo altresì esprime parere favorevole sul secondo capoverso del dispositivo dell'ordine del giorno Alberti n. 9/2660-A/81, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a valutare l'opportunità di (...)».
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Cominardi n. 9/2660-A/82.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Prodani n. 9/2660-A/83, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «adoperarsi al fine di (...)».
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Artini n. 9/2660-A/84.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Cariello n. 9/2660-A/85, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a valutare l'opportunità di (...)».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Lombardi n. 9/2660-A/86, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «a valutare l'opportunità di (...)» e inserire dopo le parole: «in materia di lavoro» le seguenti: «eventualmente con».
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Brugnerotto n. 9/2660-A/87 e Busto n. 9/2660-A/88.
Il Governo esprime parere contrario sugli ordini del giorno De Lorenzis n. 9/2660-A/89, Toninelli n. 9/2660-A/90 e Dieni n. 9/2660-A/91.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Marzana n. 9/2660-A/92.
Il Governo esprime parere contrario sugli ordini del giorno Tripiedi n. 9/2660-A/93 e Ciprini n. 9/2660-A/94.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Spessotto n. 9/2660-A/95.
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Rostellato n. 9/2660-A/96.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Baldassarre n. 9/2660-A/97.
PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Bechis n. 9/2660-A/98 è inammissibile.
TERESA BELLANOVA, Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Grillo n. 9/2660-A/99, Dall'Osso n. 9/2660-A/100 e Di Vita n. 9/2660-A/101.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Silvia Giordano n. 9/2660-A/102, purché il dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «ad adoperarsi al fine di (...)».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Lorefice n. 9/2660-A/103.
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Mucci n. 9/2660-A/104.
PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Vargiu n. 9/2660-A/105 è inammissibile.
TERESA BELLANOVA, Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Marrocu n. 9/2660-A/106.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Scuvera n. 9/2660-A/107 e Covello n. 9/2660-A/108.
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Bruno Bossio n. 9/2660-A/109.
PRESIDENTE. La ringrazio, signor sottosegretario. Penso di interpretare il pensiero di tutti e ringraziarla, perché nel poco tempo che ha avuto ha fatto certamente un lavoro spedito ed utile, cosa che sarebbe utile accadesse più spesso.
A questo punto passerei alle votazioni sugli ordini del giorno, solo se finisce, ovviamente, questa riunione che abbiamo al banco del Governo. Colleghi, dobbiamo procedere ! Onorevole Calabria, onorevole Damiano, onorevole ..., mi rendo conto, però dobbiamo procedere. Bene, allora penso che possiamo iniziare. Onorevole Bruno Bossio, bisogna lasciare il banco del Governo ! Onorevole Bruno Bossio, bisogna lasciare libero il banco del Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Salvo n. 9/2660-A/1, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Burtone n. 9/2660-A/2 e Santerini n. 9/2660-A/3, accettati dal Governo.
Onorevole Polverini, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/2660-A/4 accettato dal Governo, purché riformulato ?
RENATA POLVERINI. Signor Presidente, io insisto che questa è una questione molto importante e voglio accogliere l'impegno del sottosegretario, alla quale però affido veramente la risoluzione di questo problema, perché siamo già al «valutare la possibilità di», ai tempi congrui. Io veramente, sottosegretario, la prego di seguire personalmente, perché è bene a conoscenza dei fatti, questa questione. Quindi, accetto la riformulazione e non insisto per la votazione.
PRESIDENTE. Mi pare di capire che l'onorevole Tripiedi voglia sottoscrivere l'ordine del giorno Polverini n. 9/2660-A/4; sta bene. Quindi, l'onorevole Polverini accetta la riformulazione dell'ordine del giorno e non lo poniamo in votazione.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Rampi n. 9/2660-A/5, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Gebhard n. 9/2660-A/6, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori ritirano l'ordine del giorno Sgambato n. 9/2660-A/7, sul quale il Governo aveva espresso parere contrario.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Maestri n. 9/2660-A/8, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Albanella n. 9/2660-A/9, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Gribaudo n. 9/2660-A/10, accettato dal Governo, purché riformulato.
CHIARA GRIBAUDO. Signor Presidente, chiedo solo al Governo se può rileggere la riformulazione dell'impegno.
PRESIDENTE. Onorevole Gribaudo, la prossima volta in piedi, grazie. Il Governo può rileggerla ?
TERESA BELLANOVA, Signor Presidente, il Governo chiede di cancellare nell'impegno le parole: «stato e». Quindi, l'impegno resta il seguente: «prevedendo che la rappresentanza e la difesa in ogni grado del giudizio avverso i verbali ispettivi (...).
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Gribaudo n. 9/2660-A/10, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore accede all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Venittelli n. 9/2660-A/11 formulato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Paris n. 9/2660-A/12, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole.
Prendo atto che il presentatore ritira l'ordine del giorno Battaglia n. 9/2660-A/13, sul quale il Governo aveva espresso parere contrario.
Prendo atto che il presentatore accede all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Famiglietti n. 9/2660-A/14 formulato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Tinagli n. 9/2660-A/15, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Giancarlo Giordano n. 9/2660-A/16, accolto dal Governo come raccomandazione.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Zaccagnini n. 9/2660-A/17, sul quale il Governo ha espresso parere contrario.
ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presidente, già più volte il Governo è intervenuto per indebolire l'impianto del contratto di apprendistato. Con il decreto-legge Poletti n. 34 del 2014 è stato previsto che nell'apprendistato l'obbligo della forma scritta rimane per il contratto e per il patto di prova, mentre il piano formativo individuale può essere formulato in maniera sintetica e inserito nel contratto. Lo snaturamento del contratto di apprendistato, marginalizzando il ruolo e l'importanza della formazione, che è la ragione stessa di questo contratto, è evidente. L'azienda può più facilmente sfruttare il lavoro di un apprendista, che comporta vantaggi in termini fiscali e di salario. Nel decreto Poletti è stata anche soppressa la condizione che legava la possibilità di assumere nuovi apprendisti alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato nelle aziende che occupino almeno dieci dipendenti. La condizione rimane applicabile esclusivamente e solo parzialmente alle aziende che occupano almeno trenta dipendenti, che nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione devono aver assunto almeno il 20 per cento degli apprendisti il cui contratto di apprendistato sia terminato. Sempre nel decreto Poletti si era anche tentato di sopprimere la formazione pubblica interna o esterna all'azienda che prima era obbligatoria, obbligatoria ora solo se le regioni provvedono a comunicare al datore di lavoro entro quarantacinque giorni le modalità per usufruire dell'offerta formativa pubblica. Le modifiche apportate in appena tre anni rivelano non un intento semplificatorio, ma il tentativo in atto già da tempo di trasformare tale forma di contratto nel nuovo contratto modello per lo sfruttamento del lavoro precario e non finalizzato realmente alla formazione. Dunque, le recenti riforme, dal 2011 a quelle del Governo Renzi, portano alla regolamentazione del contratto di apprendistato, che si rivela un buon punto da cui guardare alla nuova configurazione del legame fra formazione e lavoro in un regime di precarietà generalizzata. L'apprendistato ha sempre offerto la possibilità di assumere giovani ad un salario più basso di quello contrattuale, conveniente nonostante gli obblighi formativi. Nel 1997 il pacchetto Treu, oltre ad introdurre tirocini e contratti a termine, ha modificato anche la regolamentazione dell'apprendistato. In particolare, ha introdotto l'obbligo di una formazione pubblica offerta dalle regioni ed esterna all'impresa, pari a 120 ore annuali.
La formazione pubblica dovrebbe essere basilare e trasversale, e quella in azienda direttamente qualificante. La separazione di una quantità minima di formazione pubblica trasversale, e di una forma aziendale, inaugura un nuovo modello di armonizzazione tra pubblico e privato in nome dell'efficienza e dell'adeguamento alle esigenze del mercato del lavoro. Il piano formativo è affidato all'arbitrio del datore di lavoro che, interpretando a suo piacimento la sinteticità, può aggirare qualsiasi ispezione. Quale professionalità dovrebbe essere prodotta se non si riesce a stabilire preliminarmente, in forma scritta, quale sia la formazione necessaria se, in altri termini, le modalità della formazione sono immediatamente piegate alle esigenze congiunturali ? Si tratterà di un insieme di competenze adatte alla contingenza dei bisogni aziendali, presentato come formazione necessaria, poi da squalificare alla fine del periodo di apprendistato, o in corso d'opera, perché è inutile per l'azienda e per le esigenze produttive del momento. La forma dell'apprendistato si presta a diventare una componente strutturale dell'organizzazione aziendale. Da parte di chi lavora, ciò significa che sia per quanto riguarda la possibilità di essere effettivamente assunti, sia per quanto riguarda la spendibilità delle competenze acquisite, non c’è alcuna certezza. Benché siano presentate come misure di agevolazione, volte all'abbattimento della disoccupazione per preparare i giovani all'ingresso nel mercato del lavoro, l'unica condizione d'accesso a questo mercato è di adattarsi alla sua contingenza, e la disponibilità a formarsi, e riformarsi, come vuole il mercato. Ciò si traduce in una costante frustrazione dei progetti individuali, anche di breve periodo.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ADRIANO ZACCAGNINI. Si vede così che i profondi mutamenti culturali della società globale e del rischio sono anche più profondamente iscritti in un regime del salario, la cui prima regola è quella di produrre, e riprodurre, incertezza. Anche i lavoratori in mobilità, ora, possono essere assunti come apprendisti ai fini della loro qualificazione, e riqualificazione, professionale. Questo lega, ancora di più, il tentativo di incentivare l'apprendistato come forma normalizzata di passaggio dal non lavoro, al lavoro. Lascia intravedere la direzione della semplificazione. Si potrebbero fare altri esempi di come viene utilizzato l'apprendistato, ad esempio, EXPO Spa utilizzerà l'apprendistato e, addirittura, il lavoro volontario.
In questo ordine del giorno si chiede di rivedere e di ritornare agli standard precedenti del contratto di apprendistato. Non è possibile continuare in questa maniera ad utilizzare un contratto, che dovrebbe essere fondamentale per fare formazione per i lavoratori e per le lavoratrici. Chiedo, quindi, al Governo di rivedere il proprio parere sull'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Zaccagnini n. 9/2660-A/17, sul quale il Governo ha espresso parere contrario.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Zaccagnini n. 9/2660-A/17, sul quale il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
TERESA BELLANOVA, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TERESA BELLANOVA, Signor Presidente, mi scusi, ma, per la fretta, ho commesso io un errore. Volevo proporre una riformulazione all'onorevole Nicchi.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Nicchi n. 9/2660-A/19, purché il primo impegno del dispositivo sia riformulato nel seguente modo: «dalla prestatrice d'opera o dal prestatore d'opera, secondo modalità che garantiscano al contempo la data certa della effettiva manifestazione della volontà del richiedente, la certezza dell'identità del richiedente medesimo, la riservatezza dei dati personali» e il secondo impegno sia espunto.
PRESIDENTE. Onorevole Nicchi, accetta la riformulazione ?
MARISA NICCHI. Accetto la soppressione del secondo impegno, però questo richiamo ai moduli non è insignificante. Comunque, apprezzo l'impegno del Governo. Rimane fermo che per noi questa scelta dei moduli è decisiva, però mi affido al sottosegretario perché possa portare avanti fino in fondo questo percorso di certificazione certa delle dimissioni in bianco.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Matarrelli n. 9/2660-A/20, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Daniele Farina n. 9/2660-A/21, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, questo ordine del giorno interviene al comma 6, lettera di questo articolo unico, dove si prevede la revisione del regime delle sanzioni per la violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro – di questo stiamo parlando –, tenendo conto dell'eventuale natura formale della violazione e in modo da favorire l'immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita. Ecco, in quest'ambito si prevede anche la valorizzazione degli istituti di natura premiale. Questo è il punto.
Per quanto riguarda più in generale i benefici riconosciuti dall'ordinamento a seguito di una corretta applicazione delle norme antinfortunistiche da parte delle imprese, la legge ha introdotto un regime premiale, con la riduzione dei premi e dei contributi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Tale regime non va valorizzato, perché le leggi, soprattutto quelle così importanti come quelle che riguardano la materia della sicurezza sul lavoro, si dovrebbero rispettare a prescindere e non dietro la promessa di un qualche premio. Semmai, diciamo noi con questo ordine del giorno, bisognerebbe introdurre nuove ipotesi tipiche di ricorso giudiziario da parte delle organizzazioni sindacali, per la repressione delle condotte antisindacali, da rendere attivabili anche in caso di violazioni amministrative – stiamo parlando in sostanza di lavoro nero, appalti abusivi, mancata predisposizione delle misure di prevenzione e sicurezza –, con la facoltà di transigere identificando percorsi di graduale ritorno verso la legalità, che, se rispettati, evitino la comminazione delle sanzioni.
Era per questa ragione che con questo ordine del giorno si tentava, con poca fortuna devo dire, di impegnare il Governo in sede di adozione dei decreti legislativi, allo scopo di conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di regime sanzionatorio, di una valorizzazione degli istituti di tipo premiale con nuove ipotesi tipiche di ricorso giudiziario, da parte delle organizzazioni sindacali, per la repressione delle condotte...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Farina. Onorevole Rizzetto, liberi i banchi del Governo. Prego, onorevole Farina.
DANIELE FARINA. Io capisco che l'argomento sia noioso e a tratti anche poco comprensibile, ma stiamo parlando – Presidente, lo ricordo – di norme che sovrintendono alla materia della sicurezza sul lavoro e antinfortunistica, che questa delega al Governo comprende.
Dunque, dicevo, bisognava piuttosto andare – e questo era il senso dell'impegno – verso ipotesi tipiche di ricorso giudiziario, da parte delle organizzazioni sindacali, per la repressione della condotta antisindacale. Queste dovrebbero essere attivabili anche in caso di violazioni amministrative, quali lavoro nero – ribadisco –, appalti abusivi, mancata predisposizione delle misure di prevenzione e sicurezza.
Di questo stiamo parlando e, a nostro modo di vedere, sarebbe interessante che, in sede di adozione dei decreti legislativi, il Governo fosse più stringentemente portato ad una revisione della normativa in senso anche parzialmente diverso rispetto a quanto previsto al comma 6, lettera di questo articolo unico.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Daniele Farina n. 9/2660-A/21, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
LARA RICCIATTI. Signor Presidente, immagino di aver meritato un parere contrario su questo ordine del giorno, perché il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà scrive che questo testo appare molto pericoloso sia sotto il profilo della tutela e della protezione sociale dei lavoratori, sia – e conseguentemente – sotto il profilo del rilancio delle attività di sviluppo industriale del nostro Paese, perché omette di indicare in modo chiaro e preciso la via da seguire per riformare l'articolo 18 in merito alle sanzioni per i licenziamenti individuali illegittimi e neppure parla di quelli collettivi.
E non è un caso che il provvedimento in esame, di fatto, non menzioni mai espressamente l'articolo 18, ma neanche definisca i limiti specificatamente individuati per circoscrivere l'intervento su tale norma, che disciplina il quadro regolatorio delle sanzioni incombenti sui datori di lavoro per i licenziamenti nulli e illegittimi.
Andando avanti, vediamo la promozione del contratto a tempo indeterminato quale forma – riprendiamo proprio il virgolettato – «privilegiata di contratto di lavoro», con l'impegno a renderlo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto, con riferimento agli organi diretti ed indiretti.
L'Esecutivo quindi, stando a quanto previsto dal provvedimento in esame, potrà ampiamente modificare i contenuti dell'attuale articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, fino a restringere in modo particolarmente rilevante i casi di reintegrazione del lavoratore licenziato e a ridurre gli importi dovuti dal datore di lavoro a titolo di indennizzo ovvero di risarcimento.
Con tutta probabilità il provvedimento in esame, non avendo ricevuto specifiche puntualizzazioni in tema di modifiche da apportare all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori neanche durante l'esame in sede referente presso la Commissione lavoro, potrebbe produrre un pesante contenzioso costituzionale, attivabile da qualsiasi giudice che venga chiamato a valutare la legittimità di un licenziamento individuale.
Con questo ordine del giorno, quindi, chiedevamo degli impegni abbastanza semplici e, se volete, anche di buon senso a questo Governo, perché chiedevamo di adottare le opportune iniziative normative tese ad evitare il rischio di un pesante – e costosissimo, peraltro – contenzioso che la presumibile incostituzionalità del provvedimento in esame potrebbe provocare, soffocando al contempo qualsiasi iniziativa imprenditoriale ad operare nuove assunzioni.
Chiedevamo di valorizzare la conciliazione vita-lavoro come principio fondamentale che guida il datore di lavoro pubblico o privato nell'esercizio del potere organizzativo dell'azienda e chiedevamo di consentire ai lavoratori e alle lavoratrici di accrescere il proprio benessere e alle imprese di ridurre i propri costi e a beneficiare di una maggiore produttività dei dipendenti e delle dipendenti, nonché di incrementare le assunzioni e di sostenere l'occupazione.
Scusatemi, care colleghe e cari colleghi, ma non dovrebbe essere anche questo il vostro obiettivo ?
E chiedevamo una cosa un po’ rivoluzionaria, ma forse troppo di buon senso: chiedevamo di adottare ogni iniziativa normativa tesa a sostenere, in particolare, le nuove cooperative costituite da quelle lavoratrici dipendenti che intendono riscattare l'azienda subentrando nella gestione per il mantenimento della continuità produttiva, qualora si tratti di piccole e medie imprese che versano in gravi difficoltà di produzione e commercializzazione dei prodotti, con l'imminente pericolo di chiusura, oppure che abbiano avviato procedure di delocalizzazione delle attività produttive.
Vedete, non ha senso andare nelle piazze e sostenere alcune cose, quando poi non concediamo un parere favorevole a un ordine del giorno che dice di aiutare quelle lavoratrici e quei lavoratori a poter riscattare l'azienda in crisi, che poi vede in quel caso abbassare la saracinesca per andare magari a delocalizzare altrove. Non è questa l'idea di Italia che viene chiesta qua fuori .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ricciatti n. 9/2660-A/23, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, ovviamente chiedo di metterlo ai voti. Nel tentativo, però, di far cambiare idea al Governo e alla sottosegretaria Bellanova, che so molto sensibile ai temi quali quelli appunto della disoccupazione involontaria, che è il tema di cui si occupa questo ordine del giorno, proverò velocemente a ricordare quello che chiediamo.
In questo ordine del giorno ci riferiamo...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Duranti, se la interrompo. Velocemente anche perché voi avete terminato pure il tempo aggiuntivo, quindi posso darvi un minuto per ciascuno.
DONATELLA DURANTI. Velocemente, grazie.
PRESIDENTE. Lei non era stata avvisata e le darò qualcosa in più, però sappiate che adesso avete terminato il tempo.
DONATELLA DURANTI. Sarò velocissima, grazie. L'ordine del giorno si riferisce al comma 1 dell'articolo 1 del provvedimento, in cui è previsto appunto che, in via sperimentale e in tutti i casi di disoccupazione involontaria, si possa intervenire sul sistema dell'ASpI, rimodulando e omogeneizzando la disciplina di ASpI e mini-ASpI, estendendo lo strumento ai soli collaboratori coordinati e continuativi, incrementando la durata massima della prestazione, solo per quei lavoratori che hanno delle elevate anzianità contributive, e introducendo in tal modo un ulteriore elemento di conflitto generazionale – insomma, torniamo al tema del conflitto generazionale –, oltre a quello previsto per il contratto a tutele crescenti.
Riguardo a quest'ultimo aspetto, cioè alla volontà di introdurre dei massimali per la prestazione in funzione della contribuzione figurativa, vuol dire limitare le erogazioni a tutti quei lavoratori per i quali non siano stati versati dei contributi sociali effettivi, ma solo figurativi, circostanza che si verifica in caso di interruzione o riduzione dell'attività lavorativa dovuta a determinate fattispecie quali la Cassa integrazione guadagni.
Quello dell'anzianità contributiva è peraltro un parametro del quale attualmente già si tiene conto per l'accesso all'integra
Nella prospettiva generale di legare le tutele del reddito alla storia contributiva dei lavoratori si colloca la volontà di introdurre dei massimali per le prestazioni in funzione della contribuzione figurativa. Ciò significa, secondo noi, voler limitare le erogazioni nei confronti dei lavoratori per i quali non siano stati versati contributi sociali effettivi, ma appunto figurativi.
In caso di disoccupazione involontaria – e chiudo –, la tutela non deve essere legata alla storia contributiva, perché non c’è nulla di più discriminatorio che la storia contributiva di chi si trova privo di reddito e in condizione di bisogno. Inoltre, rapportare la durata della prestazione, compresa la cassa integrazione guadagni, alla storia contributiva del singolo è improprio, perché introdurrebbe dei criteri troppo rigidamente assicurativi in un ambito, quale è quello degli ammortizzatori sociali, che dovrebbe avere appunto valore solidale.
La suddetta previsione, inoltre, sarebbe fonte di problemi gestionali per l'impresa, che male si concilierebbero con la semplificazione amministrativa e burocratica più volte evocata dal provvedimento.
Chiediamo, quindi, al Governo, in sede di adozione dei decreti delegati, di prevedere che il sussidio di cui all'articolo 1, comma 1, si applichi ai lavoratori di cui alla lettera a prescindere da qualsiasi requisito di anzianità contributiva e assicurativa, per il carattere discriminatorio che abbiamo provato ad illustrare in questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Duranti n. 9/2660-A/25, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MICHELE PIRAS. Signor Presidente, francamente mi sarei aspettato probabilmente una riformulazione rispetto al testo dell'impegno che abbiamo proposto, certamente non un parere contrario. Voglio ricordare, anche se per chi parla correttamente l'inglese è una formulazione, un anglicismo abbastanza poco trasparente, che si tratta di una riforma pretesa, voluta, profonda del mercato del lavoro e del diritto del lavoro. E quindi mi chiedo come sia possibile, se questa è l'intenzione del Governo, escludere le organizzazioni sindacali dalla fase di preparazione dei decreti legislativi discendenti da questa delega.
Concludo semplicemente dicendo che, se anche molti di noi, rispetto alle dichiarazioni iniziali di questo Governo, forse avevano visto un lumicino di speranza dalla volontà di uscire dalla palude, ci sembra che nella palude ancora ci siamo, ci rimarremo a lungo e che questa fondamentalmente sia quello che abbiamo già conosciuto: la continuazione del berlusconismo con altri mezzi.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Piras n. 9/2660-A/29, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
FRANCO BORDO. Signor Presidente, una breve testimonianza: l'operaia Cinzia, signor Ministro, non Marta, ma si chiama Cinzia, mi ha detto e mi ha raccontato la sua storia: mi hanno spremuto in fabbrica con i contratti a tempo determinato nella stessa mansione. Mi hanno spremuto, perché ovviamente speravo nell'assunzione a tempo indeterminato. No, mi hanno detto: adesso passi nell'agenzia interinale. Tale agenzia è estera e ha unica sede presso la sua fabbrica in cui assume gli stessi lavoratori per farli lavorare nella stessa fabbrica, dopodiché le hanno detto: forse, se farai la brava, finiti questi contratti vedremo con il nuovo che cosa fare e se tenerti in un contratto cosiddetto a tempo indeterminato. Si parla per l'operaia Cinzia di nove-dieci anni di lavoro precario.
È per questo che nel bisogna assolutamente rivedere il «decreto Poletti», che non può essere mantenuto così com’è, ma assolutamente ripreso nella politica di normativa del lavoro.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Franco Bordo n. 9/2660-A/30, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
STEFANO QUARANTA. Signor Presidente, signor Ministro, sottosegretario, con questo ordine del giorno vorremmo dare un contributo al tema «come si crea lavoro», che non è soltanto suddividere, spesso precarizzando, il poco lavoro che c’è. La situazione del Paese la conosciamo: è quella fatta di disoccupazione e, laddove anche c’è l'occupazione, spesso è di scarsa qualità.
Noi pensiamo che serva, a questo punto, mettere in campo un piano in cui lo Stato sia il datore di lavoro di ultima istanza. Oltre 3 milioni di disoccupati non si sconfiggono con interventi così marginali e non di sostanza. Noi pensiamo che questa sia anche una grande occasione per provare a cambiare il nostro modello di sviluppo, una sorta di «», tra l'altro, molto di attualità rispetto a tutte le cose che sono successe in questo periodo.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
STEFANO QUARANTA. Servirebbero investimenti sulla cura del territorio, contro il dissesto idrogeologico: le risorse si possono trovare. Noi vi abbiamo fatto una proposta che è positiva, non negativa, e pensiamo che sarebbe utile per questo Governo, se vuole davvero «cambiare verso», accoglierla, perché ne va del futuro del nostro Paese .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Quaranta n. 9/2660-A/31, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
ANNALISA PANNARALE. Signor Presidente, io vorrei provare ad interloquire con la sottosegretaria Bellanova, oltre che con il Ministro, perché credo che dovremmo, quanto meno, provare a salvare il principio che è contenuto in questo ordine del giorno, cioè quello della preminenza della prevenzione in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro. Noi stiamo dando al Governo una delega per la razionalizzazione e la semplificazione in materia di igiene e di sicurezza del lavoro e lo stiamo facendo senza alcun principio né criterio direttivo.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANNALISA PANNARALE. Ci preoccupa la possibilità che vi siano delle manutenzioni al testo unico, al decreto legislativo n. 81 del 2008, che possano andare ad indebolire il principio della prevenzione.
La sottosegretaria prima ci diceva che, probabilmente, un tavolo c’è già: ci piacerebbe sapere dove e, soprattutto, su quali obiettivi, perché quello che chiediamo in questo ordine del giorno è verificare lo stato di attuazione...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Pannarale.
ANNALISA PANNARALE. ... del testo unico prima di intervenire. Allora, forse, una riformulazione ci consentirebbe almeno di salvaguardare il principio contenuto in questo ordine del giorno .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pannarale n. 9/2660-A/34, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
GIANNI MELILLA. Presidente, parliamo, in questo ordine del giorno, dei patronati. Come per la Resistenza occorre andare sulle montagne, per capire qual è oggi la situazione di una parte consistente del nostro popolo basta andare una mattina in una sede di un patronato, all'INCA, all'INAS, all'ITAL, e vedere tante persone, che appartengono alla parte meno abbiente di questo Paese, che vanno a chiedere informazioni sulle pensioni, l'invalidità, le contribuzioni, i permessi per i disabili e via discorrendo. Bene, un atto ambizioso, che vuole unificare tutta la normativa in materia di rapporti di lavoro, non può escludere i patronati. Anzi, non può emarginare i patronati, che invece hanno una dignità costituzionale essendo citati all'articolo 38 della Costituzione. Sottosegretario, sono anche disponibile a togliere nel dispositivo il riferimento all'incremento delle risorse finanziarie disponibili, – anche se i patronati non sono a carico dello Stato ma del Fondo previdenziale – per chiederle di riformulare il suo parere negativo.
PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non intende intervenire.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Melilla n. 9/2660-A/35, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
ARCANGELO SANNICANDRO. Presidente, l'articolo 39 della Costituzione dice che i sindacati possono stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce, i cosiddetti contratti . Ma perché ciò possa accadere, la Costituzione ricorda che i sindacati devono essere rappresentativi dell'intero mondo del lavoro. Ora, sono quaranta, cinquant'anni che manca una legge su tale materia e sappiamo qual è stata l'evoluzione dell'articolo 19 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, che la prassi ha rivoltato contro i sindacati maggiormente rappresentativi. Noi chiediamo al Governo di intervenire su questa materia e assumere un'iniziativa legislativa. Purtroppo, prendo atto che il Governo è sordo a questa intenzione, però devo anche dare atto che questo parere contrario è un contributo alla chiarezza, perché si capisce ancora una volta da che parte questo Governo sta.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Sannicandro n. 9/2660-A/36, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
GIULIO MARCON. Presidente, non accettiamo questa riformulazione, anche perché il nostro ordine del giorno dice una cosa abbastanza scontata, che il Governo debba mettere, nel primo provvedimento possibile, le risorse necessarie per politiche attive del lavoro. Noi siamo in questa situazione: che il Governo ci propone di inserire l'espressione «valutare la possibilità», ma, mentre abbiamo una legge stabilità che in tre anni darà 21 miliardi di euro di sgravi alle imprese, abbiamo lo stesso provvedimento che praticamente non dà niente per le politiche attive del lavoro, e il Governo ci propone di valutare la possibilità.
Nel primo caso per le imprese si danno 21 miliardi, nel secondo caso si valuta la possibilità. È anche questo il segno che indica da che parte state.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del Marcon n. 9/2660-A/38, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
TERESA BELLANOVA, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TERESA BELLANOVA, Si scusi, signor Presidente, devo rettificare perché ho fatto un errore. Tra l'altro in corso di dibattito avevo l'assunto l'impegno a dare parere favorevole su questo ordine del giorno Calabria n. 9/2660-A/44.
PRESIDENTE. Bene, allora sull'ordine del giorno Calabria n. 9/2660-A/44 c’è un parere favorevole e, a questo punto, è accolto senza votarlo.
Onorevole Russo, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2660-A/45, con parere contrario del Governo ?
PAOLO RUSSO. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, mi consentirà di esprimere il mio disappunto e la mia meraviglia per il parere contrario a questo ordine del giorno. Questo ordine del giorno non esprime un giudizio critico nei confronti della politica del Governo, eppure ce ne sarebbe ragione, né valuta la strafottenza di questo Governo nei confronti delle politiche del Mezzogiorno e del lavoro in quella parte del Paese. Semplicemente invita ad una razionalizzazione circa le convenzioni in essere con gli LSU e guai se il Governo non stesse già facendo questa opera di razionalizzazione.
Prosegue ulteriormente invitandolo a continuare gli interventi in essere, ed anche in questo caso mi meraviglierei non poco che il Governo non si stesse già adoperando in questa direzione. Un elemento di chiarezza mi pare sia necessario su questa posizione del Governo; i lavoratori socialmente utili di Napoli e di Palermo che in queste ore tribolano per l'assenza di una azione del Governo, sanno però qual è il pensiero del Governo.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al sottosegretario, salutiamo anche gli studenti e i docenti dell'Istituto tecnico e tecnologico Alessandro Volta di Piscille, in provincia di Perugia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune .
Sottosegretario Bellanova a lei la parola.
TERESA BELLANOVA, Signor Presidente, siccome questo è un tema di una certa delicatezza e purtroppo la fretta ci ha indotti anche a commettere qualche grossolano errore, io vorrei riformulare e ne approfitto, se lei permette, per riformulare il parere anche su quello successivo.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Russo n. 9/2660-A/45, purché così riformulato: «impegna il Governo a valutare nelle more di una razionalizzazione». Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Ribaudo n. 9/2660-A/46, espungendo dall'impegno la frase «che nascondono rapporti di tipo subordinato».
PRESIDENTE. Quindi entrambi sono accolti come raccomandazione, ma con riformulazione. Onorevole Russo, per lei va bene ?
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, accolgo l'atto di resipiscenza.
PRESIDENTE. Grazie, credo che veramente l'onorevole Bellanova ha fatto un lavoro complicato, quindi non possiamo che esserle grati. Onorevole Ribaudo, per lei va bene ?
FRANCESCO RIBAUDO. Signor Presidente, con un chiarimento. Certamente accoglierò la raccomandazione, ma l'ordine del giorno non fa altro che ricalcare quanto è previsto dal comma 7, lettere e l'unica cosa – ci tengo, questa raccomandazione dovrebbe avere questo senso, sottosegretario – è che prima di chiederlo a tutti gli altri, ai privati per esempio la trasformazione dei contratti, visto che supereremo queste forme anomale di contratto di lavoro, i Co.co.co e i Co.co.pro non ci saranno più e questo è un punto di battaglia importante in questa legge, per prima cosa dovremmo iniziare dalla pubblica amministrazione. Questo è quello che si chiede con questo ordine del giorno, iniziamo con lo Stato, quindi con gli enti locali, dove ci sono tanti contratti che sappiamo bene sono Co.co.co ma in realtà non sono Co.co.co ma sono contratti di lavoro dipendente. Quindi accetto a questo punto la riformulazione, perché la raccomandazione ha un senso se poi verrà attuata.
PRESIDENTE. Ne approfitto per il terzo saluto di oggi e saluto gli studenti e i docenti dell'istituto comprensivo statale Ferrucci di Larciano, in provincia di Pistoia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune .
A questo punto è quindi accolta la riformulazione e l'accoglimento come raccomandazione dell'ordine del giorno Ribaudo n. 9/2660-A/46.
Onorevole Prataviera, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/2660-A/47, accettato dal Governo, purché riformulato?
EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, sì accettiamo la riformulazione del Governo. Questo di fatto è un palliativo rispetto alla bocciatura dell'emendamento di ieri, che andava a tutelare i malati oncologici, non solo dipendenti ma anche autonomi. In questo caso l'ordine del giorno, anche se viene riformulato e viene eliminato o stralciato il passaggio che viene previsto nelle more di attuazione di questo provvedimento, quindi verrà valutato in un successivo atto, noi saremo ovviamente più che collaborativi con il Governo anche per rilanciare in questo eventuale ulteriore atto, una volta che saranno quantificabili le coperture per un eventuale fondo a garanzia dei malati oncologici dipendenti e autonomi, perché si arrivi a questa che è di fatto una proposta di civiltà.
PRESIDENTE. Quindi mi pare di capire che è accolta la riformulazione.
Onorevole Matteo Bragantini, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2660-A/48, con il parere contrario del Governo ?
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, sapete, non riesco a capire la del perché ci è stato dato un parere negativo a questo ordine del giorno, che semplicemente – leggo il testo – «impegna il Governo a valutare, nelle more di attuazione del provvedimento ed in fase di stesura dei decreti delegati, il riordino e la razionalizzazione dei Centri per l'impiego, procedendo alla soppressione di quelli che nell'arco solare non abbiano collocato ovvero ricollocato una percentuale di lavoratori pari alla media nazionale ridotta dell'1 per cento, con relativo accorpamento di strutture e di personale a quello territorialmente più vicino». Dunque noi semplicemente diciamo, riguardo ai Centri per l'impiego, gli ex uffici di collocamento – adesso c’è questa Agenzia nazionale per l'occupazione – valutiamo se ce ne sono alcuni che non funzionano, per mille motivi, e valutiamo di accorparli con quelli territorialmente più vicini.
Stiamo facendo una discussione, ormai dall'inizio di questa legislatura, o meglio già dalla fine della legislatura scorsa, sul riordino di tutti gli uffici territoriali del Governo, partendo dalle prefetture e arrivando ai vari uffici per fare una dimensione ottimale. Perché non volete accogliere questo ordine del giorno ? Questo dice semplicemente: valutiamoli, guardiamo, guardiamo se sono funzionali in quella dimensione, in quel luogo, se bisogna accorparli o se bisogna magari in alcuni casi e in alcune zone farne più di uno.
Dunque, veramente non si comprende la volontà. Forse perché questo ordine del giorno è stato presentato da un uomo della Lega, ma spero di no. È un provvedimento semplice di buonsenso che vuole andare incontro alle esigenze di risparmio per lo Stato, di efficienza e di efficacia per i cittadini, soprattutto in un momento di crisi.
Dunque, veramente chiedo al Governo di rivedere il parere e di valutare la possibilità di accogliere questo ordine del giorno in modo costruttivo, perché altrimenti veramente sembra che abbiate già deciso tutto, abbiate già fatto la delega e il passaggio parlamentare sia un .
Almeno gli ordini del giorno valutateli, guardateli bene ! Io guardo il Ministro e vedo che, per certi versi, continua a far segno di «sì» con la testa; non so se è un tic o se sta ascoltando veramente. Mi sembra di aver spiegato che non è un ordine del giorno che sembra semplicemente ostruzionistico.
Noi vogliamo fare le riforme, vogliamo fare interventi costruttivi, stiamo ragionando – come ho detto – addirittura del riordino di tutti gli uffici tipo le prefetture, di fare ambiti ottimali per le questure, per le agenzie delle entrate e via dicendo; invece per gli uffici di collocamento che abbiamo voluto levare alle province o alle aree vaste, come si vuole chiamarle – perché adesso c’è questo nuovo termine – non si vuole cominciare anche da questi punti; anche perché «valutare l'opportunità» non è un impegno così stringente, ma è un impegno abbastanza lasco con cui voi veramente potete fare un ragionamento generale e complessivo. Poiché dobbiamo tagliare e dobbiamo avere dei risparmi pubblici, cominciamo a farlo.
Vede, noi non facciamo interventi solo per fare ostruzionismo, ma facciamo interventi costruttivi. Fate veramente una valutazione e mettetevi non dico una mano sul cuore, perché la mano sul cuore si mette per interventi più importanti e più di valenza sociale, ma fate un ragionamento serio e valutate se c’è la possibilità di rivedere il parere su questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Onorevole Bragantini, vediamo se vi è la possibilità, ma temo che quello del Ministro Poletti fosse un tic.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Matteo Bragantini n. 9/2660-A/48, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MARCO RONDINI. Signor Presidente, semplicemente per chiedere al Governo di rivedere il suo parere, perché i dubbi che stanno a monte di questo ordine del giorno, esplicitati nella premessa, trovano conferma nel parere del Governo. Infatti, noi temiamo semplicemente che dietro la parola «armonizzazione», che utilizzate in un passaggio del provvedimento in esame, si nasconda, in realtà, la volontà di procedere all'abrogazione della detrazione per il coniuge a carico, come peraltro era esplicitato, fra parentesi, in una primissima bozza del disegno di legge delega.
Ricordiamo, poi, che l'abolizione della detrazione significa un taglio dello stipendio o della pensione di circa mille euro annui per chi ha un reddito compreso fra gli 8 e i 20 mila euro annui e di circa 700 euro per chi ha un reddito dai 21 ai 25 mila euro all'anno, il che significherebbe una batosta – lo diciamo in premessa e ne siamo convinti – per tutte le famiglie di lavoratori e pensionati monoreddito.
Quindi, noi chiediamo veramente al Governo di rivedere il parere su questo ordine del giorno, forti anche delle preoccupazioni che sicuramente non trovano una risposta nel parere, che dovrebbe, in questo momento, se non altro, andare incontro a quelle famiglie monoreddito che si troverebbero veramente a vivere momenti di difficoltà. Mi auguro che il Governo provi a ripensare il parere, ma ne dubito.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo sull'ordine del giorno Rondini n. 9/2660-A/53, perché, ovviamente, la valutazione che è stata fatta dal nostro gruppo, e non in ultimo dall'onorevole Rondini, è per cercare di calmierare la pressione fiscale dopo che la legge sarà approvata; una legge che non è a costo zero per i cittadini e per le imprese.
Anche l'ordine del giorno precedente, che ha la mia firma e quella del collega Busin, era per cercare di calmierare e di fare una valutazione oggettiva per evitare che aumentasse la pressione fiscale.
Questa aumenterà, perché se ci sarà compartecipazione per gli ammortizzatori sociali, già pagati dalle imprese, indubbiamente non è che si può pagare due volte la stessa cosa.
La nostra richiesta, per le imprese e per i cittadini, è cercare di fare in modo che il Governo si impegni, con degli ordini del giorno, ad evitare che aumenti la pressione fiscale e che aumenti il costo giornaliero per evitare un ulteriore aggravio della crisi sui cittadini, perché purtroppo con questa riforma, come con tutte le riforme che state svolgendo, e questa non è da meno, ci sarà un aumento della pressione fiscale e un aumento dei costi. Perciò, indubbiamente c’è da fare una valutazione sull'ordine del giorno.
Il mio ordine del giorno n. 9/2660-A/52 in precedenza è stato bocciato dal Governo e successivamente dall'Aula. L'ordine del giorno Rondini n. 9/2660-A/53 chiede esclusivamente, come ha detto Rondini, di evitare che ci sia un ulteriore aggravio e un ulteriore ammanco nelle casse delle famiglie in questo momento in cui sta arrivando il periodo natalizio, per fare in modo che anche nelle famiglie meno abbienti ci sia maggior sollievo e maggiore possibilità di trascorrere anche un periodo natalizio più agevole per tutti.
Abbiamo già visto che la valutazione del Governo è stata negativa. Indubbiamente, abbiamo la speranza che, non come nel precedente ordine del giorno, almeno l'Assemblea si metta, diciamo, una mano sulla coscienza e possa votare positivamente su questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Prataviera. Ne ha facoltà.
EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, intervengo per unirmi anch'io alla richiesta di buon senso avanzata con l'ordine del giorno Rondini n. 9/2660-A/53, perché questo è un ordine del giorno di buon senso. Dice semplicemente di tutelare le nostre famiglie monoreddito, che sono cinque milioni – anche pensionati, in cui ovviamente l'unica forma di reddito è la pensione – e di salvarle grazie alla possibilità che dà una parola contenuta all'interno del disegno di legge delega, la parola «armonizzazione», all'interno della lettera del comma 9, in modo che queste famiglie siano tutelate, appunto, e si faccia in modo che non ci sia la possibilità, da parte del Governo, di eliminare la detrazione per il coniuge a carico.
Si tratterebbe, di fatto, di una tassa, di una nuova tassa, perché nel momento in cui non si dà più la possibilità di detrarre il coniuge a carico di fatto si chiede di rinunciare da 65 a 90 euro – dipende dal reddito lordo annuo – a carico, appunto, di questi cinque milioni di famiglie. È una cosa di buon senso.
Noi non chiediamo qualcosa di strano. Impegniamo il Governo semplicemente a far salvo, nelle more di attuazione del provvedimento, con l'emanazione, conseguente ovviamente, dei decreti delegati, il vigente regime. Non chiediamo qualcosa di più, ma quello che c’è già adesso sulle detrazioni dei coniugi a carico. Questo anche per salvaguardare la tenuta sociale di molte famiglie, la tenuta stessa di molte famiglie. Anche l’ l'ha messa su questo piano e noi condividiamo in pieno questa visione.
È una misura di salvaguardia della dignità di molti nostri concittadini, appunto di cinque milioni di famiglie – lo ripeto, onorevoli colleghi – che metteremmo in salvo da questa possibilità, facendo ovviamente seguito all'approvazione di questo ordine del giorno. Quindi, se ci sbagliassimo, il Governo potrebbe tranquillizzarsi e mettersi di fronte all'opinione pubblica, mettere questa pietra miliare e dire: «Non toccheremo le detrazioni a carico, non toccheremo il regime già vigente».
Questo è il senso del mio intervento e spero che ne seguano anche altri, perché ciò darebbe una garanzia e non offrirebbe nessun tipo di speculazione successiva all'eventuale bocciatura di questo nostro ordine del giorno in ordine alla possibilità concreta che il Governo, anche per finanziare gli 80 euro promessi da Renzi, vada a togliere a chi è più svantaggiato, a chi è veramente più sfortunato e a chi non riesce a garantire una condizione sufficiente alla propria famiglia, addirittura togliendo, da parte vostra, di fatto, dai 65 ai 90 euro a questi cinque milioni di nuclei familiari.
Quindi, è un appello il nostro – ripeto – di buon senso e basterebbe una parola del Governo per sotterrare il rischio di un'eventuale nostra speculazione politica su questo aspetto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Rondini n. 9/2660-A/53, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MARCO MARCOLIN. Signor Presidente, chiedo al Governo che i fondi della maternità che questo ordine del giorno prevede siano destinati proprio alle politiche di sostegno alla genitorialità, tenendo in considerazione che il dato demografico della natalità nel 2013 è di 8,6 per mille, rispetto ad un tasso di mortalità del 10,1 per mille, quindi con un netto incremento. Quindi, penso che il Governo debba tener conto di dare sostegno alle famiglie e alla genitorialità, un tema così caro e così di attualità anche di questa legislatura, e provvedere affinché questi fondi siano destinati e non siano distolti per poterli impiegare magari in altre parti e, quindi, messi in un calderone dove non andrebbero a beneficio di nessuno.
PRESIDENTE. Prendo atto che si insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Marcolin n. 9/2660-A/54, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
MATTEO BRAGANTINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, solo per farle notare che, prima, ha dato la parola ad un collega, il cui ordine del giorno aveva un parere favorevole purché riformulato e lo ha lasciato intervenire lo stesso, invece di dire semplicemente se accettava...
PRESIDENTE. Onorevole Bragantini, vorrei dirle che è previsto dal Regolamento che, per dire se si accetta o meno una riformulazione, si può parlare cinque minuti. Per questo ha parlato, non perché vi era un parere favorevole. Vi era una richiesta di riformulazione e il deputato deve dire se la riformulazione è accolta o meno e, per dirlo, ha cinque minuti. Se vi è un parere favorevole l'unico modo per poter parlare è chiedere che si metta ai voti. Però, questo lo affrontiamo dopo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/2660-A/57, con il parere favorevole del Governo.
Passiamo all'ordine del giorno Caparini n. 9/2660-A/58, sul quale vi è un parere contrario.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, la ringrazio per i consigli sempre opportuni. Non intervengo sull'ordine del giorno del collega Caparini, e ovviamente chiedo che venga posto ai voti, ma intervengo semplicemente per ringraziare il Governo sull'ordine del giorno precedente, perché credo che il tema che trattavamo nell'ordine del giorno, a mia firma, n. 9/2660-A/56, riguarda una categoria di lavoratori che merita tutela. Dopo che il Governo, e la sinistra, hanno creato questa ulteriore forma di precari, mi riferisco ai cosiddetti precari della giustizia (parliamo di 2.800 persone a cui è stata data la possibilità di poter svolgere un tirocinio), questi oggi sono a rischio di perdere questo tipo di attività, proprio perché il tirocinio sta cessando. Abbiamo 2.800 persone che vorrebbero continuare a contribuire al miglior funzionamento del sistema giustizia nel nostro Paese, in modo particolare per affrontare il tema (peraltro è il tema che è stato oggetto di un decreto-legge votato dal Parlamento pochi giorni fa) dell'arretrato, in modo particolare, nella giustizia civile. Poche settimane fa, questi, impropriamente definiti, precari della giustizia, comunque soggetti che hanno perso il lavoro e sono stati impiegati attraverso l'attività di tirocinio nella giustizia, hanno chiesto di poter avere una sorta di stabilizzazione della propria attività. Proprio perché questo disegno di legge tenta, anche se non riesce nei fatti, a superare le forme di precariato, l'attenzione da parte del Governo, è un'attenzione sicuramente importante. Non basta ovviamente un semplice ordine del giorno, che è una semplice manifestazione di interesse e di volontà da parte del Governo di affrontare il problema. Io credo che nelle prossime settimane, o nei prossimi mesi, arriveranno disegni di legge, o decreti, attraverso i quali potrà essere affrontata questa vicenda, la vicenda di 2.800 persone che, tra l'altro, anche domani manifesteranno davanti alla Camera, proprio per poter ottenere la cessazione di questo stato di precarietà. Invito il Governo, e in modo particolare le forze politiche di maggioranza, ad attuare tutte le tutele possibili anche nei confronti di queste circa 2.800 persone che, ad oggi, cessato il tirocinio, rischiano di non essere più utili, laddove la necessità, sicuramente evidente, è quella di migliorare il buon funzionamento del sistema giustizia. Quindi, ringrazio il Governo, e che questa buona volontà non si limiti solo, ed esclusivamente, all'approvazione di questo ordine del giorno.
EMANUELE PRATAVIERA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Prataviera, non può più intervenire perché ha già parlato due volte, ha parlato sul suo ordine del giorno e, poi, su quello dell'onorevole Rondini.
Passiamo ai voti
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Caparini n. 9/2660-A/58, sul quale il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, non mi meraviglio, onestamente, del parere contrario del Governo su questo ordine del giorno, perché effettivamente, se non altro, ogni tanto, si comporta in maniera coerente con le politiche assolutamente folli in materia di immigrazione.
È preoccupante, però, notare come le politiche – ripeto – folli in materia di immigrazione poi riverberano in qualche modo anche sulle politiche socio-assistenziali. Infatti, soprattutto in una fase in cui la società vive – e lo vediamo tutti i giorni – una profonda crisi e profonde tensioni sociali, risulta veramente agghiacciante avere l'ardire di togliere – come abbiamo preso atto –, tra i vari criteri e principi direttivi cui il Governo deve attenersi nell'esercizio della delega per riformare gli strumenti di sostegno in caso di disoccupazione involontaria, lo stato di disoccupazione come requisito per l'accesso a servizi di carattere assistenziale.
Questo ci sembra, non ci sembra, questo purtroppo è – perché se fosse solo una valutazione soggettiva, magari qualcuno potrebbe intervenire e dire che ci sbagliamo e quindi noi saremmo più che felici – in realtà un ulteriore tassello per favorire gli immigrati, magari gli immigrati che arrivano – come quasi tutti – in maniera clandestina nel nostro Paese, ma che qualcuno per pudore chiama semplicemente migranti, dimenticandosi che poi questi flussi migratori clandestini non fanno altro che foraggiare le mafie internazionali e mettono a rischio – guarda caso – la vita delle stesse persone che foraggiano questi flussi. Però, ripeto, questo è un tema di carattere più legato alla sicurezza.
Parlando dell'assistenza, ci risulta incredibile come, di fatto, si sia rinviato il reperimento di risorse per la soluzione della vicenda esodati e di quella dei cosiddetti «quota 96», ma si siano contemporaneamente stanziati nella legge di stabilità ben 187 milioni di euro e rotti (quasi 188 milioni di euro), aggiuntivi alle risorse già assegnate a legislazione vigente, in favore – guarda caso – delle politiche assistenziali per gli immigrati.
Temiamo, quindi, che questa eliminazione possa costituire un ulteriore canale privilegiato per la popolazione extracomunitaria, in totale spregio e danno ai cittadini e ai lavoratori italiani, soprattutto a quelli che hanno una famiglia, soprattutto a quelli che hanno perso il lavoro, soprattutto a quelli che fanno fatica. Vi sono casi di persone a cui il comune, o chi deve in qualche modo sopperire con interventi socio-assistenziali, non paga assolutamente nulla, anzi li costringe a esporsi volentieri al suicidio e contestualmente paga le bollette per i campi nomadi e magari a chi viene qua paga addirittura le sigarette, la tessera telefonica, il telefonino e tutto il resto. Infatti, noi siamo assolutamente caritatevoli con chi viene da fuori, ma ci dimentichiamo dei nostri figli.
Allora, non faccio neanche un appello al Governo perché, al di là della distrazione con cui la rappresentante del Governo tratta questo nostro intervento – assolutamente legittimo, è presente in Aula, quindi è tutto regolare –, le faccio presente che la nostra voce non è solo la voce di 20 parlamentari presenti in Aula adesso. Le posso garantire che è la voce di milioni di cittadini italiani assolutamente arrabbiati – uso questa espressione –, nei quali sta crescendo una rabbia sociale che voi state sottovalutando. Questa sottovalutazione potrebbe portare a qualcosa di molto più grave.
Quindi, prima di continuare con mosse assolutamente suicide da un punto di vista etico, morale, ma anche da un punto di vista proprio politico, vi chiediamo di fermarvi e di fare un passo indietro, perché questo è veramente un ulteriore schiaffo nei confronti dei lavoratori italiani e un ulteriore regalo, invece, a quelli che vivono e godono a vivere nell'illegalità.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Gianluca Pini n. 9/2660-A/59, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
CRISTIAN IANNUZZI. Signor Presidente, gradirei risentire la riformulazione, se fosse possibile, per cortesia.
PRESIDENTE. Sottosegretario Bellanova, potrebbe rileggere la riformulazione dell'ordine del giorno Cristian Iannuzzi n. 9/2660-A/62 ?
TERESA BELLANOVA, . Sì: a valutare l'opportunità di incentivare il ricorso allo strumento del telelavoro.
PRESIDENTE. Onorevole Iannuzzi, ci illumini.
CRISTIAN IANNUZZI. Scusi, soltanto per capire: l'impegno era «a introdurre incentivi di natura fiscale e contributiva a favore delle aziende che facciano ricorso allo strumento del telelavoro». Adesso quindi lo strumento del telelavoro già esiste, non è che deve valutare il Governo l'opportunità. Dobbiamo capire soltanto se il Governo vuole incentivarlo. Non capisco la riformulazione.
TERESA BELLANOVA, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Sì, cerchiamo però di dare una spiegazione esauriente, in maniera che evitiamo di stare 5 ore su questo. Ne ha facoltà.
TERESA BELLANOVA, . Sì: «a valutare l'opportunità di introdurre incentivi di natura fiscale – questo mi sembrava di averlo già detto prima, mi scusi – e contributiva a favore delle aziende che facciano ricorso allo strumento del telelavoro». Si mette un punto e viene meno «per almeno il 20 per cento dei propri dipendenti assunti a tempo indeterminato».
PRESIDENTE. Bene, a questo punto questa è la riformulazione. Onorevole Iannuzzi, ci dica.
CRISTIAN IANNUZZI. Presidente, guardi, onestamente non si capisce se il Governo è d'accordo sul fatto di incentivare il telelavoro. Che debba valutare l'opportunità non lo comprendiamo, non lo comprendo. Considerato che comunque i benefici del telelavoro dal punto di vista economico, sociale, ambientale ed anche della salute del lavoratore sono noti – e sono noti immagino anche al Governo – io chiederei, farei la preghiera al Governo ed all'Aula di dare parere favorevole o comunque di votare favorevolmente sull'ordine del giorno così com’è, quindi lo mettere in votazione.
PRESIDENTE. Avverto che il gruppo della Lega Nord e Autonomie ha esaurito anche i tempi aggiuntivi concessi dalla Presidenza. La Presidenza consentirà ai deputati appartenenti a tale gruppo lo svolgimento di brevi interventi della durata di un minuto da imputare ai tempi previsti dal contingentamento per gli interventi a titolo personale. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cristian Iannuzzi n. 9/2660-A/62, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
DANIELE PESCO. Signor Presidente, oggi si sta chiudendo uno dei giorni peggiori, più tristi e più vergognosi dei lavori svolti in quest'Aula e in questa Camera in questa legislatura. Il Governo e la maggioranza hanno dimostrato, con questa delega in bianco, di potersi piegare allo strapotere dei poteri forti della finanza internazionale e della BCE, a svantaggio di tutti i cittadini italiani. Nello specifico, l'approvazione del non è altro che la realizzazione di una parte di quanto richiesto nell'ormai lontano 5 agosto 2011, giorno in cui il comitato direttivo della BCE inviò quella famosa lettera all'allora Presidente del Consiglio, oggi condannato per frode fiscale, Silvio Berlusconi, chiedendo di attuare una credibile strategia di riforme che comprendesse diversi punti. Innanzitutto, una piena liberalizzazione dei servizi pubblici, da applicarsi al sistema di fornitura dei servizi locali e professionali, attraverso privatizzazioni su larga scala. E questo lo state attuando, giorno dopo giorno, svendendo pubblici e strategici per i diritti dei cittadini. Lo state attuando vendendo ENI, Poste, Rai Way, FS, consentendo alle partecipate degli enti locali di indebitarsi fino al collo in modo che più facilmente potranno essere vendute e accorpate per due soldi dalle multinazionali straniere. Foraggiando i vostri membri, state agevolando queste strategie. I vostri membri di partito trombati dalla politica e riciclati come inadeguati ed opportuni. Grazie, i cittadini vi ringraziano ! Rappresentate la peggiore politica degli ultimi tempi !
Ma non è finita e arriviamo alla discussione di questi giorni. C’è anche l'esigenza, continuava la lettera della BCE, di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione collettiva salariale permettendo accordi a livello di impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende. Ebbene, cari amici della maggioranza, cari colleghi che state al Governo, voi siete andati oltre. Con il quelle condizioni di lavoro e quei salari li state direttamente e indirettamente modificando a livello globale, nazionale, a favore delle multinazionali e contro i diritti costituzionali di tutti i cittadini e di tutti i lavoratori, prevedendo vergognosi strumenti come il telecontrollo, il demansionamento e il contratto a tutele crescenti che renderanno i lavoratori, compresi i vostri figli, quelli che non riuscirete a piazzare da altre parti, quelli che non riuscirete a piazzare dagli amici, precari fino al giorno del non percepimento dell'attenzione...
PRESIDENTE. Onorevole Pesco, siccome sta andando di fretta, ho sbagliato io a scampanellare e le dico che ha ancora un paio di minuti e, quindi, può andare più piano.
DANIELE PESCO. Grazie. Presidente, Ministro, per non parlare della grande assenza in questa delega, ovvero del vero e unico ammortizzatore sociale che dovrebbe esserci, che dovrebbe esistere nel nostro Paese, e mi riferisco al reddito di cittadinanza, l'unico strumento capace di sottrarre i lavoratori e i cittadini al ricatto della povertà e del lavoro nero . Questo non c’è in questa delega ! Me lo tengo questo ordine del giorno, Presidente, Ministro, perché anche se alleggerito e riformulato vi impegna, vi impegna anche parzialmente ad ascoltare le Commissioni parlamentari che sono l'espressione della voce dei cittadini, o almeno dovrebbero esserlo, anche dopo la formulazione o riformulazione degli schemi di decreto legislativo .
PRESIDENTE. Mi scuso per averle scampanellato, ma ho sbagliato, onorevole Pesco.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pesco n. 9/2660-A/67.
Dichiaro aperta la votazione...
Ha accettato la riformulazione ? Chiedo scusa, avevo interpretato male il senso dell'intervento. Quindi è accolto, revoco l'indizione della votazione.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Cozzolino n. 9/2660-A/68, accettato dal Governo, purché riformulato.
PRESIDENTE. Rinviamo a questo punto il seguito dell'esame alla ripresa pomeridiana della seduta.
PRESIDENTE. Colleghe e colleghi, come preannunciato ai gruppi, a questo punto sospenderei l'esame del provvedimento, che riprenderà a partire dalle ore 15. Ma prima che vi allontaniate da quest'Aula, vorrei attirare la vostra attenzione su una data, quella di oggi, che scandisce anche una ricorrenza importante .
Care colleghe e cari colleghi, ricorre oggi il 25 novembre, che è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita nel 1999 dalle Nazioni Unite. Secondo i dati diffusi recentemente dall'EURES, nel 2013, in Italia, vi sono state 179 donne uccise contro le 157 dell'anno precedente. Quindi 179 contro 157. Gli ultimi dati forniti dal Governo fanno intravedere una qualche inversione di tendenza: negli ultimi 12 mesi le donne uccise sarebbero state infatti 152 con una diminuzione dell'8 per cento. Rimangono comunque dati impressionanti, rimane una strage, perché di questo si tratta, che prosegue inesorabile, prosegue metodica, quasi sempre indisturbata e che si consuma spesso all'interno di un contesto familiare, di un contesto affettivo. Una strage che dimostra come il fenomeno della violenza di genere abbia carattere strutturale e dunque culturale che affonda le sue radici in antichi ma persistenti pregiudizi e stereotipi. In mancanza di un profondo cambiamento del nostro modo di pensare, del nostro modo di parlare, del nostro modo di guardare, nulla, nulla potrà fare neanche la normativa più repressiva. Non vi sarà un reale cambiamento finché non si comprenderà che la sottorappresentazione e la rappresentazione offensiva della donna hanno una dimensione di educazione al rispetto che riguarda in primo luogo gli uomini, educazione al rispetto. Occorre, quindi, un loro maggiore coinvolgimento senza il quale non si faranno sostanziali progressi.
In questa legislatura il Parlamento si è molto impegnato sul tema: ha ratificato all'unanimità già nel giugno 2013 la Convenzione di Istanbul che stabilisce un principio fondamentale secondo cui la violenza di genere è da considerarsi come una violazione dei diritti umani fondamentali e che come tale va trattata. Ciò significa che non è un fatto privato ma un fatto pubblico che coinvolge l'intera società, un fatto che non può e non deve restare chiuso tra le mura domestiche, un fatto che, come ci mostrano i dati, ha anche un costo economico perché una donna che subisce violenza non potrà recarsi sul posto di lavoro, avrà bisogno di cure mediche, di assistenza legale e di assistenza psicologica. Le Camere poi, come sapete, hanno approvato nel 2013 un decreto-legge che ha introdotto nuove norme per la repressione di tali odiosi reati, inserendovi nel corso dell'iter parlamentare, quindi anche qui alla Camera, ulteriori e significative disposizioni.
Colleghe e colleghi, dobbiamo proseguire nella direzione indicata dalla Convenzione sul piano della prevenzione, innanzitutto a partire dall'educazione al rispetto di genere che deve iniziare già nelle scuole, tra i nostri figli, tra gli adolescenti e le adolescenti. I dati, infatti, ci dimostrano, in maniera incontrovertibile, come tutte le istituzioni – noi, il Parlamento, il Governo, le regioni, gli enti locali – siano chiamate ad un ulteriore salto di qualità nel contrasto a questo fenomeno.
Servono sforzi sul piano del reperimento delle risorse, su quello del sostegno alle associazioni impegnate – a tutte le associazioni impegnate – su questo fronte e sul piano del coordinamento delle azioni e delle iniziative. È fondamentale, infatti, agire in maniera strategica, in maniera coordinata e sinergica, proprio come indicato dalla stessa Convenzione di Istanbul. Vi ringrazio .
Ha chiesto di parlare la deputata Fregolent. Ne ha facoltà.
SILVIA FREGOLENT. Buongiorno, grazie signora Presidente, le rivolgo anche un ringraziamento non formale da parte del Partito Democratico per il suo intervento appassionato ed accorato. Nel giorno in cui in tutto il mondo si riflette sul tema della violenza sulle donne, io vorrei iniziare il mio intervento portando un saluto a Samantha Cristoforetti, prima donna italiana nello spazio . Samantha è la migliore risposta a tutti coloro che, ancora oggi, nel 2014, pensano, ma, soprattutto, dichiarano pubblicamente, che, essendo le donne diverse dagli uomini, non possono ricoprire le stesse posizioni. Esempi di donne forti, competenti e determinate non possono, però, far dimenticare quanto ancora debba ancora fare il nostro Paese sul tema della violenza.
Questo Parlamento, come più volte è stato ricordato in questi mesi, è il Parlamento con la più alta presenza femminile nella storia della Repubblica e ha impegnato importanti passi formali che lei prima ha ricordato. Essere stato uno dei primi paesi in Europa a ratificare la Convenzione di Istanbul è un elemento importante per le nostre istituzioni; come importante è stata l'approvazione del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito nella legge n. 119 del 2013. Questi atti sono stati importanti sia sul versante sanzionatorio-repressivo, modificando le vigenti disposizioni del codice penale – ricordiamo tra tutti le aggravanti generiche per la commissione di alcuni delitti, quali percosse, mutilazioni genitali femminili, violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia in danno o in presenza di minori o se commessi in stato di gravidanza dal coniuge separato o divorziato –, sia sul piano della prevenzione attraverso la previsione di un Piano straordinario di azione contro la violenza.
Abbiamo appreso oggi sui giornali dalla parole della consigliera per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, Giovanna Martelli, come il piano sia in dirittura d'arrivo e come questo abbia visto la partecipazione delle regioni e delle associazioni femminili. Bene: era la notizia che oggi avremmo voluto sentire. Come desta soddisfazione la previsione dei 19 milioni e 100 mila euro per l'attuazione del Piano antiviolenza per il 2015.
Non possiamo che chiedere con forza, come gruppo del Partito Democratico, che siano stabiliti al più presto i criteri per la ripartizione di questi fondi, perché sappiamo come queste risorse siano fondamentali per i centri antiviolenza e per le case rifugio. Non ci possono essere intoppi burocratici che impediscano la creazione di queste strutture, che sono essenziali per la salvaguardia della vita e della salute delle donne, per evitare che ogni anno, in questo giorno, venga aggiornato in negativo l'elenco delle vittime di maltrattamenti.
Il mancato stanziamento di fondi previsti nel 2013-2014 deve essere un monito, perché non solo questo non accada più, ma come debba essere rivista in maniera unitaria la ripartizione attraverso le regioni.
Ma non c’è migliore prevenzione, come diceva lei, signora Presidente, dell'educazione e dell'investimento sulle nuove generazioni. «La Buona Scuola», che è in fase di discussione, deve tenerne conto. Ha ragione il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a ricordare come il principale terreno sul quale operare resti quello dell'educazione alla parità dei sessi e al reciproco rispetto.
Ancora tanto occorre fare su questo tema, troppi stereotipi negativi sono rivolti al mondo femminile dai tradizionali come dalle nuove forme di comunicazione. Questo non giustifica la violenza, vorrei sottolinearlo – niente può giustificare la violenza sulle donne –, ma aiuta ad alimentare il discredito verso il genere femminile. Un esempio banale: tutti i quotidiani oggi analizzano la scarsa affluenza elettorale alle recenti elezioni di Emilia Romagna e Calabria; solo uno sottolinea come, nel duro mondo delle preferenze, in Calabria sia stata eletta una sola consigliera donna . Non si preoccupino gli amici calabresi: quando c’è la competizione elettorale con preferenza unica, come avviene nelle elezioni regionali, il divario tra eletti ed elette, purtroppo, è molto alto in tutte le regioni. Forse, visto che ci accingiamo a riformare le istituzioni e a cambiare la legge elettorale, mi sarei aspettata che questa fosse la notizia di apertura di gran parte dei quotidiani, come attenzione, in questi giorni di discussione sulla «delega lavoro», dobbiamo prestare al rilancio dell'occupazione femminile, dipendenza economica e dipendenza psicologica. Permettere alle donne di trovare e mantenere un lavoro è il più importante atto di prevenzione che possiamo attivare. Ricordiamo come in questo disegno di legge di delega sia stato previsto, per la prima volta, il congedo rivolto alle donne inserite nei percorsi di protezione.
Spetta alle nuove generazioni presenti in Parlamento, con l'aiuto delle amiche che in passato hanno molto fatto per cambiare e migliorare le condizioni femminili, pretendere di veder realizzato quanto ci spetta, farci interpreti di un reale cambiamento culturale, non delegando a nessuno la realizzazione dei sogni e delle nostre speranze, quelle nostre e quelle di milioni di italiane e di non italiane, ma donne, che fuori da questo Parlamento hanno delle grosse aspettative nei nostri confronti .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Mara Mucci. Ne ha facoltà.
MARA MUCCI. Presidente, mi aspettavo un ordine diverso.
PRESIDENTE. Allora possiamo anche procedere, le darò la parola dopo.
PRESIDENTE. Procedo, le darò la parola dopo. Ha chiesto di parlare la deputata Mara Carfagna. Ne ha facoltà.
MARIA ROSARIA CARFAGNA. Presidente, colleghi, anche quest'anno, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, sono numerose le manifestazioni e le iniziative di sensibilizzazione promosse su tutto il territorio nazionale da partiti, associazioni, organizzazioni. E questo, devo dire, ci conforta. Ci conforta molto perché sappiamo quanto sia importante sensibilizzare l'opinione pubblica riguardo alla vastità e alla drammaticità del fenomeno di cui stiamo parlando. Ci conforta un po’ meno, onestamente, pensare che quest'oggi, in quest'Aula, si possa consumare l'ennesimo esercizio retorico quando si richiama l'attenzione dell'Assemblea su di un fenomeno che dovrebbe essere sempre, tutti i giorni, sotto i riflettori delle istituzioni e del Governo, e che ogni anno rende schiave della paura e della violenza milioni e milioni di donne in Italia e nel mondo e che miete più vittime di quante non ne lasci sul campo, per esempio, la mafia. Negli ultimi giorni sono stati pubblicati numerosi studi e statistiche, cui lei stessa ha fatto riferimento, che ci aggiornano sull'evoluzione e sulle dimensioni di questo fenomeno.
Tutti i numeri che abbiamo a disposizione ci dicono una sola cosa e cioè che è sbagliato pensare di interrompere un percorso che era stato virtuosamente avviato, anche con grande fatica e con tante difficoltà, con l'aiuto e la collaborazione di tutte le forze politiche presenti in Parlamento e col sostegno e l'aiuto prezioso dei membri del mondo dell'associazionismo dei centri anti-violenza e che aveva portato il contrasto alla violenza sulle donne ad essere una priorità assoluta nella agenda politica nazionale ed internazionale, portando a promuovere e a realizzare strumenti utili per prevenire, contrastare e aggredire questo fenomeno sotto tutti i punti di vista. Sotto il punto di vista della prevenzione, attraverso azioni e campagne di comunicazione e di sensibilizzazione anche nelle scuole italiane; sotto il profilo della protezione delle vittime, attraverso il finanziamento ai centri anti-violenza reperendo fondi importanti e significativi in una fase drammatica della nostra crisi economica e finanziaria; sotto il profilo della persecuzione dei reati attraverso il varo di leggi importanti come ad esempio quella sulla .
Ecco perché in una giornata come questa, in una giornata così importante, non ci interessano le celebrazioni fini a se stesse, non ci interessa la retorica, non ci interessano gli annunci, le promesse, le buone intenzioni. Ci interessa sapere cosa realmente sta facendo il Governo, o meglio: cosa sta aspettando il Governo a considerare questa come una priorità per mettere in campo azioni, strumenti e soldi per assicurare alle donne italiane libertà, dignità e sicurezza ? Cosa si aspetta a dare attuazione, attuazione concreta non formale, alla Convenzione di Istanbul ? Stiamo ancora attendendo di conoscere lo stato dell'arte della interministeriale, un organo elefantiaco composto da dieci ministeri, da rappresentanti degli enti territoriali, dal mondo dell'associazionismo. È più di un anno che questa sta lavorando per attuare il piano di azione straordinario.
Come dice la stessa collega del Partito Democratico, dai giornali, noi oggi, dai giornali, ripeto, apprendiamo che forse, probabilmente, questo piano di azione straordinario che dovrebbe contrastare in maniera sinergica e coordinata questo grave e drammatico fenomeno, vedrà la luce a gennaio. Non lo sappiamo qui in Parlamento o nelle Commissioni parlamentari, lo apprendiamo dai giornali e questo è indicativo dell'importanza che il Governo dà a questo fenomeno. È più di un anno che aspettiamo, Presidente, e non vorremmo sinceramente, visto il malcostume di questo Governo, trovarci di fronte ad un'altra data disattesa e di fronte ad un'altra promessa non mantenuta perché in questo caso si tratterebbe di un gioco fatto sulla pelle delle donne italiane, una pelle che porta già troppe cicatrici, alcune delle quali difficilmente rimarginabili.
Tutto questo mentre i centri anti-violenza rischiano di chiudere, lamentano la carenza di fondi; è di oggi un articolo pubblicato su in cui si descrive come sia drammatica la situazione dei centri anti-violenza e tutto questo mentre la legge di stabilità per il 2015 non prevede il rifinanziamento delle politiche di genere, tutto questo mentre il Governo voleva far passare una norma per abolire la carcerazione preventiva per il reato di . Tutto questo mentre ancora langue senza risposta la richiesta pressante, fatta da Forza Italia, affinché questo Governo si doti di un interlocutore istituzionale per affrontare questo problema e cioè di un Ministro per le pari opportunità.
E allora, Presidente, e concludo, in questo giorno così importante, noi chiediamo risposte concrete, non annunci e neanche promesse di consultazioni ; chiediamo che il Governo non prenda più in giro le donne italiane, chiediamo che il Governo non prenda più in giro il mondo dell'associazionismo, chiediamo che siano rifinanziati i centri anti-violenza, che oggi costituiscono l'unico presidio a tutela della sicurezza e della libertà delle donne italiane. Ma soprattutto chiediamo rispetto per le tante vittime di questo Paese, non solo nelle ricorrenze come quelle di oggi, ma tutti i giorni con fatti concreti e non con promesse .
PRESIDENTE. Grazie deputata Carfagna. Adesso do di nuovo la parola alla deputata Mara Mucci che aveva chiesto di parlare. Prego, ne ha facoltà.
MARA MUCCI. Grazie signora Presidente. Grazie anche per averci concesso questo spazio oggi, in questa Aula, per ribadire tutto il nostro lavoro attorno al tema del femminicidio. Purtroppo però lei ha parlato giustamente di azioni portate avanti da questo Parlamento, in realtà però le azioni che maggiormente noi attendevamo erano quelle del Governo, ovvero quelle relative all'emanazione del piano anti-violenza e alle linee guida.
Dall'altra parte noi oggi potevamo utilizzare questo spazio per parlare anche dei risultati ottenuti, se questo fosse stato fatto ai tempi; quindi è grave che ancora si sia in ritardo su temi che comunque vediamo che anche da parte dell'opinione pubblica in questo momento siamo riusciti ad attenzionare e che prima effettivamente erano per lo più sconosciuti.
Per cui l'impegno qui oggi è sì di ribadire alcuni concetti e alcune questioni che noi vorremmo fossero davvero compiute da questo Governo, però ciò non deve rimanere una mera lettera morta, ma dovrà essere un nuovo inizio.
Quindi, da oggi fattivamente azioni concrete da parte di questo Governo, altrimenti veramente siamo qui a commemorare una giornata che è sì mondiale, alla quale va veramente tutta la nostra concentrazione, la nostra attenzione; i nostri sforzi possono essere messi su questo tema, ma se effettivamente non ci sono azioni concrete sono tutti sforzi inutili.
La questione del femminicidio, lei lo ha detto giustamente, concerne un problema strutturale che ha determinate cause che partono ad esempio dal lavoro, dal dal fatto che comunque una persona che non è indipendente dal punto di vista lavorativo chiaramente rimane incastrata in una situazione di violenza da cui invece si vorrebbe divincolare.
È una situazione altresì culturale, perché ancora la donna stessa pensa addirittura di non subire violenza perché si ritrova nell'ambito del rapporto familiare, affettivo, una situazione in cui dovrebbe essere al sicuro, e quindi spesso si sente anche sbagliata.
Dal punto di vista culturale è oltremodo l'immagine, lo stereotipo cattivo che continua a perdurare in questo Paese e che vede addirittura un esempio concreto: lo IAP, l'Istituto di autodisciplina pubblicitaria, impiega, colleghi, due settimane di tempo per bloccare le campagne sessiste e che sviliscono la figura femminile. Due settimane sono un tempo eccessivo, perché in quelle due settimane un'azienda comunque ha fatto passare un messaggio, è comunque un messaggio che arriva alla collettività e che tu non riesci a modificare.
Queste sono cose che possono sembrare piccole ma che in realtà vanno a cambiare e vanno a sradicare quel concetto che culturalmente è sbagliato e che comunque è all'interno di questa società ed esiste ancora, una politica che è poco rappresentativa e la situazione emblematica è davanti agli occhi di tutti adesso, in seno a queste elezioni regionali: in Calabria un consigliere regionale donna. Questo non è accettabile. Se non ci sono figure femminili che rappresentano la parte femminile di questo Paese, è chiaro che anche le politiche che si nascondono dietro la voglia di cambiare questo Paese, anche da questo punto di vista, non verranno mai alla luce. Queste sono cose che vanno modificate.
Lei ha parlato di numeri, perché i numeri sono emblematici e sono numeri che nascono da una situazione che è strutturale: 179 femminicidi nel 2013, 100 in questo anno, sono quasi 1 ogni due giorni. Questa è una situazione che è emergenziale, che è strutturale e da risolvere.
È un tema di cui ultimamente abbiamo parlato, da un anno a questa parte, ma è un tema che probabilmente andava discusso anche nelle sessioni precedenti e che effettivamente non è stato risolto con il decreto sul femminicidio, che era un decreto piuttosto punitivo.
È stato detto che bisognava fare questo piano anti-violenza. Non a caso il piano anti-violenza è la cellula base da cui si risolve questo problema, perché dà dei finanziamenti ai centri anti-violenza, che lavorano sul territorio e che devono essere messi in rete. Tutta l'azione parte però da un serio monitoraggio. Noi abbiamo una rappresentanza in Consiglio d'Europa, la collega Spadoni, che ha portato una risoluzione che impone ai Paesi membri dell'Unione europea un costante monitoraggio rispetto a questo fenomeno. Se noi non sappiamo esattamente i numeri e non capiamo l'entità di questa emergenza è chiaro che anche le soluzioni che possiamo portare per risolverla saranno sempre inadeguate. Quindi, conoscere per deliberare, non è una cosa detta a caso, ma è una cosa concreta e fattiva per migliorare questo problema.
Sono stati stanziati dei fondi, 2 milioni e mezzo per le case rifugio e i centri anti-violenza. A quanto ne sappiamo noi, questi fondi sono arrivati effettivamente alle regioni questo settembre, ma questi fondi dalle regioni sono arrivati ai centri anti-violenza ? Queste sono le domande che noi ci poniamo, altrimenti stiamo parlando di nulla.
Abbiamo depositato una proposta di legge per l'educazione all'affettività, so che anche altre colleghe l'hanno fatto; questa è la base, perché se non si lavora dal punto di vista culturale è chiaro che questo Paese non lo si cambia.
Abbiamo chiesto a gran voce – e anche altre forze politiche l'hanno fatto – un Ministro per le pari opportunità. Non è una poltrona data in più senza un significato, noi vogliamo capire di chi sono le responsabilità per una mancata attuazione e un mancato interesse esecutivo. Questa figura chiaramente dovrà lavorare di concerto con gli altri Ministeri, perché sarà poi senza portafoglio.
Adesso sarà in discussione una mozione in Aula, però è chiaro che, se non lo fa l'Esecutivo, se Renzi non nomina questa figura, come al solito il Parlamento fa un'azione che però non porta a niente.
Per quanto riguarda le linee-guida, a quanto ci dicono, la collega Martelli le avrebbe predisposte, ma noi non ne siamo a conoscenza.
Soprattutto – concludo – sappiamo che sono in atto dei tavoli interministeriali sul tema del femminicidio: ebbene, perché non vengono coinvolti anche i parlamentari su questo tema, ma soprattutto che risultati stanno dando questi tavoli interministeriali ? La Convenzione Sidao aveva detto esplicitamente – si tratta di una convenzione ratificata – che il contrasto al femminicidio e le azioni...
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
MARA MUCCI. ... di contrasto – e concludo – devono essere fatte di concerto con tutti gli attori che ruotano attorno a questo tema. Quindi, coinvolgeteci e fateci sapere a che punto stanno i lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.
ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente, colleghi, quello della violenza sulle donne è un fenomeno drammatico, che ha segnato e segna la nostra società in termini tali da costituire, senza ombra di dubbio, una vera e propria piaga sociale.
Oggi che ricordiamo questa Giornata, istituzionalizzata nel 1999 dall'Assemblea generale delle Nazione Unite, desidero sottolineare un elemento importante, ma purtroppo difficile da ravvisare nella nostra quotidiana attività politica e parlamentare, cioè la grande comunione di intenti e di spirito, l'avvertita sensibilità delle donne e degli uomini di questo Parlamento nell'affrontare, finalmente uniti, un tema così complesso e rilevante. Un fatto concreto e positivo che ha già portato il Paese a compiere significativi passi in avanti su un terreno così delicato, complesso e determinante per lo sviluppo della nostra società.
Mi riferisco, in particolare, all'approvazione della Convenzione di Istanbul da parte di questo Parlamento, il 28 maggio 2013, un atto ratificato dalle Camere in una discussione approfondita e appassionata, che ha portato alla conclusione del suo iter in tempi brevissimi e con la convergenza di tutti i gruppi parlamentari e, ancora, ad altri atti adottati, come quello dell'introduzione nel nostro ordinamento del reato di e provvedimenti che arricchiscono il panorama degli strumenti utili per tutelare le donne contro qualsiasi forma di violenza.
Uno sforzo unitario, senza distinzioni politiche o di genere, che ha iniziato con coraggio la lunga e dura battaglia contro un fenomeno odioso e drammatico che presenta dati allarmanti. In Europa, una donna su tre ha subito una qualche forma di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica. Nel nostro Paese, ogni tre giorni, una donna viene uccisa da un marito o un fidanzato, spesso compagno o ex compagno di anni di vita e padre di figli cresciuti insieme.
L'anno 2013, ad esempio, con 179 donne uccise è stato l'anno nero per il femminicidio in Italia, il più cruento degli ultimi sette, con un incremento del 14 per cento rispetto al 2012.
Il fenomeno sta diventando, quindi, ogni giorno più grave e consistente e occorre risalire alle sue radici per meglio comprenderlo ed affrontarlo con maggiore consapevolezza e maggiore vigore. È necessario, infatti, indagare sugli stili di vita della nostra società, sui rapporti tra donne e uomini, sugli ambiti familiari e sulla stessa educazione genitoriale, per meglio comprendere le radici di tale drammatica e odiosa violenza, una violenza che va debellata e che incide pesantemente sulla nostra società, che troppo spesso sembra incapace di reagire a tali situazioni.
Sicuramente, oltre all'intervento delle istituzioni, c’è bisogno che i cittadini, gli uomini e le donne cambino i loro comportamenti e i loro atteggiamenti spesso superficiali o scettici nei confronti di questo fenomeno. È, infatti, indispensabile che la violenza sulle donne venga riconosciuta e sopratutto contrastata nel vivere quotidiano. Solo così le leggi, le politiche e le attività relative alla prevenzione e al contrasto potranno prendere forma e diventare realtà sino a cancellare quei numeri allarmanti che le statistiche ci propongo in termini sempre più pesanti.
La violenza sulle donne è un dramma, un dramma che investe ogni Paese e lo fa in modo sistematico, strutturale e profondo ed è per questo che richiede misure adeguate, coordinate e profonde per essere finalmente fermato.
Mi viene in mente una questione che di sicuro non rappresenta interamente il problema, certo, ma costituisce un elemento emblematico da tenere sempre presente: troppo spesso, infatti, si sottovaluta la violenza domestica e si ritiene che gli abusi debbano essere risolti in famiglia, un dato che indica chiaramente come debba essere cambiato l'approccio culturale a un problema tanto grave e complesso. Ed oggi abbiamo i migliori strumenti per intervenire sulla questione: non è più il momento del silenzio.
Una questione che richiede tempo, pazienza, ma anche immensa e determinata volontà da parte delle istituzioni; istituzioni che, ancora prima di reprimere, punire e varare leggi, debbono intervenire in termini più profondi e complessi, partendo dalla scuola, proponendo campagne di sensibilizzazione e sostenendo in ogni campo la parità di genere, a partire soprattutto dal mondo del lavoro, il lavoro che assicura dignità, attribuisce maggior vigore e favorisce il superamento delle fragilità.
La partita, dobbiamo ricordarlo, si gioca soprattutto sul terreno delle pari opportunità: è questo il punto su cui dobbiamo insistere e lavorare con il massimo impegno, e le istituzioni debbono fare ancora di più e ancora meglio.
In questa circostanza, oggi, non desidero citare le statistiche, che pure segnano e danno corpo alla gravità del fenomeno. I numeri sono spaventosi, terribili, e purtroppo sono in progressivo aumento.
È evidente, pertanto, che le istituzioni debbano intervenire per reprimere e punire i colpevoli, e il nostro Paese ha approntato leggi che sono risultate molto utili sotto questo profilo. A un anno dall'approvazione del decreto contro il femminicidio sono stati ottenuti risultati positivi: sono aumentati in maniera esponenziale gli interventi delle forze dell'ordine, arrestati i colpevoli, aumentate le denunce e sono state accresciute le tutele per chi denuncia gli autori di questi tipi di reato.
Dati positivi che incoraggiano a continuare su questa strada, ma sollecitano anche altre riflessioni. Sul tema della protezione e assistenza delle vittime, per esempio...
PRESIDENTE. Deputata, la prego di concludere.
ROSANNA SCOPELLITI. ... dovrebbero essere concentrati maggiori investimenti. Ci rendiamo conto delle difficoltà che oggi segnano la vita del nostro Paese, ma è necessario uno sforzo maggiore per reperire risorse che consentano un'estensione e un finanziamento della rete dei centri antiviolenza, che svolgono un lavoro estremamente utile sul territorio.
Per concludere, Presidente, colleghi, auspico che la battaglia contro la violenza sulle donne continui e coinvolga sempre di più, con l'unità di spirito e di intenti che registriamo oggi in quest'Aula, istituzioni e cittadini.
Presidente, auspico che le donne, prime fra tutti, abbiano il coraggio e siano supportate ad avere il coraggio di denunciare e di ricominciare a vivere, perché da oggi non si parli più solo delle donne uccise, ma anche di chi ha avuto la forza e il coraggio di ribellarsi e di vincere sulla paura e sulla violenza, e l'esempio di Lucia Annibali...
ROSANNA SCOPELLITI. ... segna la strada a tutti quanti noi. Il suo volto è il volto della forza che ogni donna ha dentro di sé, è la forza di reagire e di essere finalmente libera .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Celeste Costantino. Ne ha facoltà.
CELESTE COSTANTINO. Signora Presidente, grazie per la sensibilità che esprime ogni giorno su questo tema e grazie per averci dato la possibilità di poter discutere in questa giornata. Cinque minuti sono pochi, ed è anche questo il motivo per cui preferiamo occupare questo spazio per non perderci in retoriche autoassolutorie, ma dovremmo, invece, provare a fare un bilancio di quello che è stato un anno e mezzo di questo Governo; un Governo che più volte ha anche ricordato in quest'Aula il «bollettino di guerra» che si consuma e rispetto al quale bisogna, però, essere conseguenti, cercare di dare delle risposte e assumersi delle responsabilità.
Non siamo qui a fare delle commemorazioni. Per noi, questo terreno, quello della violenza maschile sulle donne, è un terreno di battaglia politica, ed è così che lo vogliamo affrontare anche in questa giornata. Il Governo Renzi è stato un Governo degli e purtroppo lo ha fatto anche sul corpo delle donne. Lo ha fatto nel momento in cui ha deciso di non dare la delega alle pari opportunità.
Lo ha fatto quando, nel momento in cui questo Parlamento si era contraddistinto perché aveva votato all'unanimità la ratifica della Convenzione di Istanbul – dal 1o agosto, lo vorrei ricordare perché sembra che qualcuno lo abbia dimenticato, questa Convenzione si deve applicare, deve essere attuata, perché anche gli altri Paesi europei lo hanno fatto, l'hanno ratificata –, rispetto agli impegni che ci siamo assunti in quella Convenzione di Istanbul, non vi è, allo stato attuale, un solo provvedimento che tenga conto di quella Carta europea.
Lo dico anche perché – visto che è stato citato, perché è molto facile esprimere delle belle intenzioni –, rispetto all'educazione da inserire all'interno delle scuole e degli istituti scolastici, come è stato detto anche dalla collega del Partito Democratico in quest'Aula, e quindi l'educazione di genere, l'educazione all'affettività, articolo 14 della Convenzione di Istanbul, vi è una nostra proposta di legge, che è stata depositata più di un anno fa, sull'educazione sentimentale.
Non abbiamo avuto l'opportunità, nonostante le numerose pressioni, nemmeno di riuscire a calendarizzarla, cioè di riuscire almeno ad aprire una discussione dentro quest'Aula parlamentare, in cui ci avreste potuto dire che era carta straccia, che era scritta male, che andava modificata, che questo Paese non ne aveva bisogno. Però, guardate – giusto per curiosità, ve lo dico – che l'Italia, insieme alla Grecia, è l'unico Paese europeo a non avere una forma di educazione sessuale o all'affettività all'interno del proprio ordinamento scolastico.
Ma andiamo avanti. Come si fa a citare minimamente quello che è successo nelle elezioni calabresi, quando qui abbiamo fatto una battaglia sulla legge elettorale, chiedendo che almeno venisse rispettata la percentuale antidiscriminatoria all'interno della legge elettorale ? E ora ci stupiamo e magari cerchiamo anche di dare lezioni alle regioni, quando qui non si è stati capaci di assumersi una responsabilità a livello nazionale, sulla legge che impone a noi di avere un'apertura e un'attenzione nei confronti delle donne.
E andiamo avanti. Quello che voi continuate a sbandierare come uno strumento di vittoria, cioè quello che avete chiamato «legge contro il femminicidio», il pacchetto sicurezza, quello che conteneva in sé dalla TAV al furto di rame alla violenza negli stadi, perché noi non l'abbiamo dimenticato, forse quel provvedimento solo una cosa aveva di positivo ed era il fatto che si individuavano dei finanziamenti da dare ai centri anti-violenza.
Allora, stamattina – perché, appunto, le giornate non sono neutre e, dunque, quando si tratta di fare propaganda cerchiamo di raccontare e di dire anche la questione dei finanziamenti – io sono andata a guardare quella tabella. Avevamo chiesto che almeno fossero individuati dei criteri di trasparenza nell'individuare i centri a cui dare i finanziamenti, quei pochi finanziamenti che sono inseriti all'interno di quel pacchetto sicurezza. Io i calcoli sono andata a farli e non solo ho notato che «fioccano» centri anti-violenza che non sono mai esistiti, mai esistiti che, però, in quelle tabelle risultano, ma, dovendo fare un calcolo, quello che verrà dato da questo Governo ai centri anti-violenza è 5.000 euro all'anno. Ma non vi vergognate ? Ma di quale contrasto alla violenza sulle donne state parlando ? Ma di che cosa state parlando, con 5.000 euro all'anno ? Non si pagano le operatrici, i centri stanno chiudendo e voi ci venite a raccontare che sono i passi in avanti che ha fatto questo Governo !
Allora, concludo. Io penso che le responsabilità siano molteplici, però mi rivolgo soprattutto alle donne del Partito Democratico perché, secondo me, voi avete una responsabilità in più e ce l'avete perché quei centri anti-violenza li conoscete, come li conosco io, perché in questi anni li avete attraversati, avete parlato con quelle operatrici e l'idea che in questo momento li state abbandonando e guardate così, ferme e immobili, magari per una disciplina di partito, al fatto della loro chiusura io la considero veramente drammatica.
Noi oggi non indossiamo giacche rosse e anche questo è un segno. È il segno di chi quotidianamente si occupa di questi temi e che ha deciso, anche in questo caso, di rimanere da una parte. Spero che vi rendiate conto che la parte in cui state adesso è quella sbagliata .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Valentina Vezzali. Ne ha facoltà.
MARIA VALENTINA VEZZALI. Presidente, colleghi, oggi si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Presidente, mi permetta di ringraziarla per avere accolto la richiesta dei rappresentanti di ciascun gruppo di poterlo fare oggi, anche e soprattutto in questa sede. Ma, nonostante ciò, una celebrazione per arginare il costante aumento delle vittime di violenza e del femminicidio non basta.
La politica, nonostante il recepimento delle linee guida tracciate dalla Convenzione del Consiglio europeo sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, redatta ad Istanbul l'11 maggio 2011, unitamente al decreto approvato in materia di contrasto alla violenza di genere, deve prendere atto che necessita una coscienziosa legislazione per tutelare le discriminazioni di genere, perché non basta inasprire le pene per i reati commessi sulle donne.
Oggi, invece, occorre perseguire alcuni obiettivi: prevenire la violenza di genere, punire in modo certo, proteggere le vittime e dare criteri certi di distribuzione dei fondi ai centri anti-violenza e alle case rifugio. Questi ultimi fino ad oggi, nonostante il finanziamento di 17 milioni di euro previsti dalla legge n. 119 del 2013, non hanno ancora visto un euro. Se salviamo e proteggiamo qualche donna è grazie alle volontarie.
Infine, è urgente l'atteso piano nazionale antiviolenza interministeriale per il coordinamento di risorse e progettualità. Quante morte ammazzate dobbiamo ancora piangere affinché ciò avvenga ? Il decreto sul contrasto alla violenza di genere ci restituisce una piccola speranza, ma siamo solo all'inizio di un percorso che deve essere sistemico e corale, dove nessuno di noi può sentirsi meno coinvolto. Uscire dal silenzio: è questo che dobbiamo fare, così come è fondamentale il coinvolgimento di scuole ed università che, attraverso l'introduzione di vere e proprie discipline, possano trasmettere messaggi volti ad educare e sensibilizzare. Ci vuole più attenzione all'uso che i mezzi di comunicazione fanno del corpo femminile per pubblicizzare prodotti. L'azione politica del Governo deve essere anche quella di indirizzare i verso il rispetto delle donne. Purtroppo, questo dramma trova le sue radici anche in responsabilità imputabili all'intero mondo politico, pensiamo alle differenze dei salari, alla mancanza di un apparato solido, alle condizioni di disuguaglianza ed equità sociale fra uomo e donna. Ed è questa la grande sfida che una politica moderna deve sapere interpretare. Per quanto riguarda Scelta Civica, sarà nostra premura tenere alta l'attenzione sempre, auspicando serie politiche di contrasto alla violenza di genere che il Governo vorrà mettere in atto per reprimere tali tragedie, tragedie che sono figlie del costante aumento della mancanza di informazione, di paura, di crisi economica e di abbandono da parte delle istituzioni. Ci sentiremo soddisfatti solo quando i femminicidi e le violenze sulle donne cesseranno di riempire i giornali, un giorno ogni tre, purtroppo. Mi avvio alla conclusione, Presidente, richiamando la dichiarazione del Segretario generale delle Nazioni Unite fatta in occasione dell'8 marzo: «la violenza contro le donne e le ragazze continua con la stessa intensità in ogni continente, Paese, cultura. Questa impone un devastante dazio sulla vita delle donne, sulla loro famiglia e sull'intera società. La maggior parte delle società proibisce questo genere di violenza, in realtà questa è ancora troppo spesso coperta o tacitamente condonata»
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Grazie Presidente, innanzitutto mi permetta la polemica: mi dispiace che in una discussione così pregnante di diritti sociali e civili per le donne l'Aula sia così vuota e non ci siano tutte le forze politiche e soprattutto la parte femminile ad ascoltare e a dibattere sulla giornata internazionale sulla violenza sulle donne. Ma i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali, in cui si riconoscono le moderne società democratiche. È per questa ragione che voglio sottolineare sin da subito come è ora di dire basta alle provocazioni di alcuni gruppi che strumentalizzano la questione dei diritti dietro i lauti compensi attraverso volgari forme di manifestazione, umiliando i cittadini tutti e, in primo luogo, le donne. È ovvio a chi mi riferisco e aggiungo che è intollerabile che a questi fenomeni da baraccone si dia spazio anche in televisione. È ingiustificabile che, nella ricerca spasmodica degli ascolti, si violentino la nostra cultura, le nostre tradizioni e la nostra religione. Le cronache riportano con puntuale periodicità episodi di violenza commessi nei confronti di donne molestate, minacciate, violentate, stuprate e uccise. Nonostante le dichiarazioni e il riconoscimento dei fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale rappresenta ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e diffusa nel mondo, commessa nei confronti delle stesse, che ha effetti devastanti nella loro vita. La violenza contro le donne è il primo problema da affrontare per il raggiungimento degli obiettivi di libertà, uguaglianza, non discriminazione e difesa dei diritti umani. La violenza contro le donne, quale risulta caratterizzata a seconda della sua dislocazione geopolitica, assume molteplici manifestazioni, quali la violenza domestica, non solo fisica, ma anche intesa come forma di coercizione della libertà personale, la violenza sulla salute, che vede le donne quali soggetti più esposti ai rischi di contagio e alla morte per parto a causa della mancanza di assistenza medica e alimentare.
La violenza contro le bambine che si manifesta anche attraverso il turpe fenomeno della prostituzione minorile. La violenza dei conflitti armati che provoca, proprio tra le donne, un enorme numero di vittime, anche di reati commessi in occasione di conflitti che vedono le donne assenti ai tavoli negoziali ove si trattano i temi della guerra e della pace. La violenza del lavoro che si realizza attraverso la discriminazione estrema o multipla che può assommare, agli ostacoli dell'accesso al mercato del lavoro, la disparità di trattamento delle condizioni di occupazione. La crisi economica internazionale, con l'aumento della disoccupazione e della responsabilità delle donne sul luogo del lavoro e della famiglia, induce, insieme con la diminuzione del reddito e il potenziale aumento della violenza domestica e sociale contro le donne, una loro maggiore vulnerabilità nelle condizioni del mercato del lavoro. È necessario che gli Stati, sotto la Presidenza italiana del semestre europeo, si pongano come obiettivo la promozione della libertà delle donne da ogni forma di violenze, e il rispetto della dignità umana delle donne stesse.
In conclusione, voglio affrontare un tema che spesso viene tralasciato quando si tratta la questione della violenza sulle donne. In questi anni, il nostro Paese ha visto aumentare, progressivamente, gli ingressi legali, e illegali, di immigrati sul proprio territorio nazionale. Il fenomeno dell'immigrazione inevitabile ci ha portato a confrontarci con differenti modi di pensare, e stili di vita, completamente alieni alle nostre radici culturali e religiose. Dobbiamo necessariamente fare i conti con l'Islam che, favorito dal diffuso atteggiamento multiculturale e buonista, si sta radicando anche nel nostro Paese, L'Islam umilia e offende la donna, la considera sottomessa all'uomo, dal quale può essere ripudiata, e non viceversa, la obbliga a celare il viso e il corpo, le impone l'infibulazione.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
STEFANO ALLASIA. Ma la differenziazione sostanziale, più che nella caratterizzazione esteriore, sta nella concezione stessa che la donna ha di se. Così come l'Islam in quanto sistema rifiuta la mediazione l'integrazione, la modernità, così la donna islamica, sottomessa, velata, rinchiusa, privata di potestà genitoriale e di qualsiasi autonomia, giustifica e, addirittura, difende questo stato. Non può esserci alcuna evoluzione, se le principali protagoniste non vogliono modificare la propria condizione. A tale proposito cito le frasi del Presidente turco, Erdogan (la Turchia, proprio il Paese dove c’è stata la Convenzione di Istanbul, città dove c’è stato negli ultimi dieci anni un aumento del 400 per cento dei reati sessuali). Proprio il Presidente, oggi, dichiara: «le donne non sono uguali agli uomini, il grande che riserva loro l'Islam è l'essere madri e, per di più, considera le donne non alla stessa stregua degli uomini, perché riconosce che non possono essere nella stessa condizione, e nella stessa posizione sociale, degli uomini». Questo è quello che avete intenzione di portare avanti voi, perché da un lato non applicate...
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
STEFANO ALLASIA. ... le leggi sul femminicidio, le rendete inapplicabili, e dall'altro approvate lo «svuota carceri», rilasciando stupratori e . Questa è una pura ipocrisia che questa maggioranza sta portando avanti a discapito delle donne
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Binetti. Ne ha facoltà.
PAOLA BINETTI. Grazie Presidente per la sensibilità con cui sempre si schiera dalla nostra parte, quando si tratta di stare dalla parte delle donne. In questo caso specifico, io credo che il nostro no alla violenza – vorrei sottolinearlo – è sempre, e comunque, contro chiunque la commetta, e lo affermiamo oggi nel giorno in cui ricordiamo quanti e quali siano le forme di violenza contro le donne. Il no alla violenza è un no che abbraccia tutti: gli uomini, gli anziani, i bambini, i malati, i disabili, è un no fondamentale. Certamente, partiamo dalla violenza contro le donne perché assume una caratteristica paradigmatica che può aiutarci a riflettere tutti quanti sulla necessità di espungere dal nostro cuore ogni sentimento di violenza, di ira, ogni sentimento che porta a distruggere una vita umana. Oggi, come giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, ancora una volta, l'Aula di Montecitorio si interroga su questa piaga che vede ogni giorno nuove forme di aggressione contro le donne. Non basta una legge come quella recentemente approvata all'unanimità, non basta un trattato internazionale come quello di Istanbul, non basta l'orrore che suscita in ognuno di noi la morte, largamente annunciata, di donne vittime di stupro in scenari di guerra, ma anche nell'intimità della propria casa.
Paradossale: la violenza è aumentata del 14 per cento rispetto all'anno precedente, non sono aumentati gli omicidi, ma sono – sì – aumentate le forme di stupro, sono aumentate forme più sottile e, in qualche modo, più pervasive di violenza.
Per questo, come è stato detto anche dalle colleghe che mi hanno preceduto, serve un'autentica rivoluzione culturale, che dia alle donne maggiori strumenti per difendersi sul piano socio-culturale e sul piano affettivo ed economico. E questo significa cultura e riconoscimento sociale. Questo significa ribadire davvero come la dignità della donna è parte integrante della dignità che un Paese riconosce a se stesso in quanto Paese.
Forse la rivoluzione culturale sarebbe facilitata, infatti, se sul piano terminologico parlassimo più spesso di violenza contro le donne che non di violenza di genere. Sono le donne concrete sotto la minaccia della violenza e non un generico termine «di genere». A volte quando si parla di violenza di genere ci si chiede di genere quale ? Genere maschile ? Genere femminile ? E noi diciamo che la violenza contro le donne è quella che stiamo denunciando oggi, in questo momento e in questo Parlamento, non perché siamo indifferenti alle altre forme di violenza, ma perché oggi è il giorno in cui tutti insieme ricordiamo la violenza contro le donne.
Paradossalmente, il tema della violenza alle donne è un problema degli uomini. E una cultura atavica non riesce a smaltire questa falsa pretesa di superiorità o di possesso nei confronti della donna, della loro donna e di qualsiasi altra donna. Ed è di oggi l'assurda affermazione di Erdogan che, proprio a Istanbul, è intervenuto a un convegno su donne e diritto e ha ribadito una sorta di subordinazione della donna all'uomo, relegandola nel contesto della vita domestica non come un fatto di libera scelta, ma come una soluzione compiacente verso le aspirazioni maschili che vogliono ribadire una strumentalizzazione della donna. Da Istanbul, in poche parole, oggi arriva la negazione del Trattato di Istanbul.
Occorre che le donne imparino fin da piccole a difendersi, a denunciare anche i piccoli attacchi di prepotenza, ma per questo è fondamentale che siano «credute» e che non si minimizzi la microviolenza, perché inevitabilmente sfocerà in forme più pesanti. Occorre spezzare il muro del silenzio. Non c’è nessuna macroviolenza che non sia stata precedentemente annunciata da un'infinita serie di piccoli segni di violenza, che sono stati sottaciuti con una sorta di complicità da parte non solo dell'ambiente familiare, ma spesso anche da parte dell'ambiente dei pronto soccorso e da parte dell'ambiente delle questure.
Auspichiamo che ci siano donne più sicure e più solidali, più autonome e più coraggiose, per un «no» sempre più deciso alla violenza, un «no» che cominci con la prevenzione, che accolga con serietà la denuncia, anche quella informale, e che offra alternative concrete alle donne che hanno subito violenza e debbono curarsi dalle cicatrici fisiche e psicologiche della violenza subita. Servono luoghi intesi come spazi culturali, prima ancora che come luoghi fisici, luoghi di formazione forte per le donne, pensati in modo da poter aiutare a recuperare autostima, fiducia in se stesse e coraggio.
Occorre imparare a stare nella società in tutti gli ambienti da donne, pensando da donne, con tutta la loro ricchezza e complessità, accettando una dialettica positiva di confronto con il pensiero maschile, ma rifiutando ogni forma di violenza, anche quella verbale, e rifiutando ogni forma di sottomissione passiva che, di fatto, non tutela e non difende nessuno, nemmeno gli uomini.
Chiudo, Presidente, mi conceda questa ultima battuta. Peccato che, come sempre, quando si parla di donne in Aula ci siano soprattutto donne. E se si parla di violenza contro le donne, gli uomini abbiano la spiacevole sensazione del del già sentito, che suscita un po’ di noia, come se si trattasse di una questione di donne e non di una questione di uomini .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gaetano Nastri. Ne ha facoltà.
GAETANO NASTRI. Grazie Presidente. Gentili colleghe e colleghi, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne il gruppo di Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale si associa all'impegno delle istituzioni per promuove azioni di sensibilizzazione e di prevenzione a tutela delle donne. Una tutela che deve trasformarsi da petizione di principio a vere e proprie politiche a sostegno delle donne, non soltanto quando sono vittime di violenza fisica tra le mura domestiche, ma anche quando sono vittime di violenze psicologiche, discriminazione nel mondo del lavoro, negazione di opportunità, utilizzo del corpo femminile. Lo avevamo sostenuto in una nostra mozione nel maggio del 2013 e ci siamo attivati, come Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale, affinché l'Italia ratificasse la Convenzione di Istanbul.
I dati statistici testimoniano come le donne siano sistematicamente sottoposte a violazioni fisiche, violenze sessuali, privazioni della libertà, mutilazioni genitali, oscuramenti del volto e scarsa scolarizzazione.
Nel mondo, più di 100 Paesi sono privi di una legislazione specifica contro la violenza domestica e più del 70 per cento delle donne nel mondo sono state vittime, nella loro vita, di violenza fisica da parte degli uomini.
Questo stato di deprivazione della propria dignità influisce in modo determinante sulla libertà delle donne, allontanandole dal raggiungimento della piena soggettività individuata dall'autodeterminazione.
L'uguaglianza di genere, obiettivo sul quale l'Italia ha ancora molto da imparare e sul quale siamo chiamati a riflettere, resta un obiettivo lontano.
Sul fronte internazionale, siamo purtroppo costretti ad assistere ad un complice silenzio da parte dell'Occidente, liquidando le condizioni di marginalità e di violenza materiale e psicologica nelle quali sono costrette a vivere le donne, come pura espressione del carattere culturale di quella nazione. Manca una voce forte e corale, che si alzi contro le condizioni di asservimento nelle quali le donne sono costrette a vivere in molti Paesi nel mondo.
In Italia la situazione è diversa, ma è ben lontana dal poter essere considerata un esempio di legislazione a tutela delle donne. Abbiamo il problema dell'inclusione sociale delle donne, la labilità di una rete sussidiaria che consenta di accompagnarla nel percorso psicologico e materiale post violenza.
Il femminicidio è tragicamente aumentato in questi anni, ma chiediamoci anche quanto sia stato determinante creare una fattispecie di reato, per poi però non perseguire realmente le politiche a sostegno dei centri antiviolenza, costretti a sopravvivere con grande fatica e grazie allo sforzo degli operatori ai tagli imposti dai Governi.
È notizia di oggi la protesta della Casa delle donne di Milano, primo centro antiviolenza in Italia, contro le linee guida elaborate dal dipartimento per le pari opportunità di palazzo Chigi.
Il documento redatto dal dipartimento delle pari opportunità prevede, infatti, criteri che non solo rischiano di escludere chi già opera sul campo, ma che rispecchiano una metodologia del tutto diversa da quella con la quale da anni lavorano i centri.
Attraverso questi centri, il Governo impone una logica che appiattisce ed istituzionalizza l'intervento, lo riduce ad un servizio.
Ma la violenza sulle donne non è un fatto psicologico, ma è un problema culturale, sociale ed anche politico.
A questo si aggiunge la scarsezza dei fondi destinati ai centri antiviolenza: circa 6 mila euro per due anni per ogni struttura, a fronte di oltre 100.500 telefonate arrivate nel 2014 al numero 1522, istituito da palazzo Chigi, chiamate arrivate per il 25 per cento per segnalare la violenza, per il 35 per cento dei casi per le richieste di informazioni su sportelli territoriali.
Un'emergenza vera, che non considera le statistiche di associazione di settore.
Nonostante i progressi fatti in Italia, la legge antistalking e la legge contro il femminicidio, resta comunque la necessità di razionalizzare e semplificare il quadro giuridico, affinché la violenza contro le donne possa essere perseguita in modo efficace e tempestivo.
Resta, in tutta la sua attualità, l'applicazione effettiva della Convenzione di Istanbul per quanto riguarda il fattore culturale, strettamente connesso alla prevenzione dei reati ed alla lotta agli stereotipi.
Se la cultura è importante per rimuovere gli stereotipi, embrione di tutte le violenze, non di meno lo sono le risorse economiche, utili a creare un sistema di monitoraggio che consenta di approntare le misure necessarie a combattere il fenomeno della violenza contro le donne su tutto il territorio nazionale ed a prevedere un sistema di monitoraggio che consenta di creare un collegamento tra tutte le iniziative, sotto il profilo della prevenzione e del primo aiuto alle vittime.
Concludo, Presidente: ci auguriamo che il Governo possa, con la legge di stabilità, individuare le risorse per questo fine, altrimenti rischiamo solo di fare petizioni di principio e non ne abbiamo più bisogno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.
PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, anch'io la ringrazio per averci offerto questa opportunità. Purtroppo un'opportunità che non molto conta e condivido i giudizi del collega Allasia, solo che se ne è andato anche lui, con tutto il suo gruppo...
EMANUELE PRATAVIERA. Ci sono !
PIA ELDA LOCATELLI. ... che è sempre e solo maschile, permanentemente.
La ringrazio e le chiedo un momento di generosità sui tempi, perché a parlare di violenza in 2 minuti mi manca il respiro.
Cercherò di essere sintetica: da 15 anni celebriamo questa giornata per eliminare la violenza. Ma è cambiato qualche cosa in questi 15 anni ? Ce lo auguriamo, lo speriamo. E intanto un fatto positivo: la parola femminicidio, che fino a poco tempo fa non c'era, nomina un tragico fenomeno, quello delle donne uccise in quanto donne. E le cose, se non sono nominate, è come se non esistessero. Ecco, se ora diciamo «femminicidio», tutti sanno di quale tragedia parliamo.
Qualcuno dice che la violenza sulle donne è aumentata, forse anche a causa del tanto parlarne.
È difficile dire se i numeri che crescono siano dovuti davvero ad un aumento dei casi di violenza o ad una maggiore consapevolezza che aiuta l'emersione di un fenomeno sinora tenuto quasi completamente nascosto. Quante cadute dalle scale hanno nascosto drammi ben diversi ! Continuiamo ad interrogarci sulle cause della violenza e se si va al nocciolo, all'essenza, vediamo che le cause sono radicate nelle reazioni storicamente ineguali tra uomini e donne e nel pregiudizio culturale della superiorità del maschio sulla femmina (leggi Erdogan). Questo disequilibrio radicato nei secoli ora sta saltando perché c’è uno sfasamento tra il desiderio di libertà delle donne e la difficoltà degli uomini ad accettare questa libertà. Perché le donne camminano più rapidamente degli uomini nel percorso di libertà, un percorso che gli uomini fanno fatica ad accettare. Ma, forse, noi donne non li abbiamo aiutati a capire che liberamente insieme è meglio che insieme per forza o con la forza.
Non vogliamo una giornata celebrativa, così come non vogliamo accusare gli uomini violenti e basta, ma una giornata utile alla causa. E facciamo un brevissimo bilancio. Certo, abbiamo ratificato la Convenzione di Istanbul, strumento preziosissimo, se usato. Ma l'abbiamo usato ? Abbiamo approvato all'unanimità una mozione ricca di impegni, ben quindici. Ma cosa abbiamo fatto per dare loro concretezza ? Abbiamo approvato la legge contro il femminicidio trasformando un testo soprattutto punitivo in un testo più completo. Ma il piano contro la violenza in esso contenuto, pur con tutti i suoi limiti, anche finanziari, che fine ha fatto ? Dovevamo «vestire» la ratifica della Convenzione di Istanbul adeguando l'ordinamento interno alle sue prescrizioni. Ma a chi spettava prendere l'iniziativa ? Dovevamo «dare le gambe» agli impegni della mozione votata, ma a chi spettava occuparsene ? Dovevamo preparare il piano antiviolenza, ma a chi spettava predisporlo ? Il fatto è che manca una figura di riferimento nel Governo, pur ricco di presenze femminili certamente, ma ciascuno con dei compiti e delle deleghe specifiche.
E chiudo: c’è bisogno di una Ministra dedicata, con proprie deleghe, senza la quale viene inevitabilmente a mancare quell'attenzione necessaria per portare avanti efficaci e continuative politiche per promuovere la parità e prioritariamente per contrastare la violenza in tutte le sue forme. E c’è bisogno di un'alleanza pro donne, che coinvolga tutti e tutte, uomini e donne, che promuova la consapevolezza che insieme per scelta è meglio, molto, molto meglio che insieme per forza o con la forza .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Gebhard. Ne ha facoltà.
RENATE GEBHARD. Grazie Presidente, colleghe e colleghi, il tema della violenza sulle donne è la realtà più critica e difficile che siamo chiamati ad affrontare perché chiama in causa l'affermazione dei diritti, i valori di libertà, le scelte di tutela e di garanzia della donna. Assistiamo, anche come legislatori, a comportamenti profondamente contraddittori e inadeguati che non incidono e semmai aggravano situazioni di discriminazione nei confronti delle donne. La violenza sulle donne a tutt'oggi è infatti un tema che viene affrontato con difficoltà in ragione dei pregiudizi e di un sistema sociale nel quale i diritti e il ruolo delle donne sono diffusamente negati. Per questo la giornata di oggi è necessaria per sensibilizzare, per prevenire e per tutelare.
Nonostante l'approvazione della legge sul femminicidio circa un anno fa, c’è ancora tanto da fare. Ogni tre giorni in Italia una donna viene uccisa dal partner, dall'ex o da un familiare e solo il 7,2 per cento delle donne che subiscono violenza trova la forza di sporgere querela. In questa situazione, negata anche dal silenzio delle mura domestiche, in un solo anno più di un milione di donne sono vittime indifese e isolate di soprusi maschili che si ripetono più volte, arrivando alla drammatica cifra di 14 milioni di atti di violenza, a partire dagli schiaffi per finire agli stupri. E ogni giorno ci si sono 25 casi di . Quello che emerge da questi dati è che l'Italia ha un percorso ancora lungo da fare per contrastare la violenza in tutte le sue forme. Ripeto: c’è ancora tanto da fare .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bueno. Ne ha facoltà.
RENATA BUENO. Grazie Presidente, vorrei anzitutto farle i complimenti per il suo impegno, già fin dall'inizio, sul tema del femminicidio anche in occasione della ratifica della Convenzione di Istanbul e vorrei anche ringraziare i miei colleghi del gruppo misto che hanno già appoggiato un nostro progetto che si chiama «Il bottone del panico». Noi sappiamo che la violenza contro le donne non è soltanto una realtà in Italia, ma anche in Europa e non riguarda solo le donne europee ma soprattutto le donne straniere che qui arrivano e di queste straniere le statistiche dimostrano che la maggior parte sono sudamericane. In Sudamerica sappiamo che la violenza sulle donne è una realtà molto grave e in Brasile abbiamo, già un anno e mezzo fa, avviato, nella capitale nella quale è più grave la situazione della violenza sulle donne, che è Vitória, capitale dello stato brasiliano di Espírito Santo, un programma di prevenzione, appunto con questo progetto chiamato del «Bottone del panico», che ha ridotto in pochi mesi del 70 per cento questo tipo di violenza. Questo è un progetto che abbiamo depositato qui nella stessa giornata sulla violenza sulle donne, il 25 novembre dello scorso anno, e che da allora è fermo in Commissione giustizia. Quindi vorrei chiedere l'impegno dei colleghi e anche della nostra Presidente su questo progetto, che sappiamo che non è soltanto un investimento economico, che è molto basso, ma che sicuramente anche qui ci porterà ad un risultato positivo soprattutto nella prevenzione di questa violenza sulle donne. È un progetto, il «Bottone del panico», che ormai è un programma nazionale in Brasile, che funziona bene e che qui sicuramente ci aiuterà molto.
PRESIDENTE. La ringrazio anche del suggerimento.
Ha chiesto di parlare il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Ivan Scalfarotto. Ne ha facoltà.
IVAN SCALFAROTTO, . Grazie Presidente, la ringrazio molto della parola. Per cominciare devo dire che proprio il rispetto delle 179 vittime, delle 179 donne uccise lo scorso anno, mi richiede di provare a fare, sebbene nei tempi molto contenuti che mi sono stati concessi, una riflessione un pochino più «alta», nel senso che credo che noi dovremmo sottrarre questa occasione all'occasione della polemica politica spicciola perché penso che questo non sia rispettoso anche delle persone che hanno perso la vita e che credo non abbiano perso la vita soltanto per l'assenza di un piano antiviolenza, ma perché il problema del ruolo della donna nella nostra società, mi perdoni, è un problema ben più sostanzioso, ben più pesante, ben più importante e io non posso francamente, lo dico da persona prima che da rappresentante del Governo, da cittadino di questo Paese, che essere gravemente preoccupato per il vuoto pneumatico di quest'Aula, per il fatto che non ci sono uomini, che gli uomini che hanno parlato su questo tema sono pochissimi, tra cui uno in particolare di un gruppo che è formato soltanto da uomini e che qui non ci rendiamo conto che il problema del femminicidio, il problema della violenza sulle donne, non è un problema delle donne. Anche l'onorevole Costantino che ha detto alle donne del Partito Democratico che hanno un problema, sbaglia, sbaglia nel metodo radicalmente perché questo non è un problema delle donne del Partito Democratico o delle donne italiane, questo è un problema dell'Italia, un problema di tutti noi, di tutti noi cittadini. Mi sarebbe piaciuto dirlo anche all'onorevole Carfagna che ha attaccato pesantemente il Governo, ma che nel «vuoto pneumatico» è vuota anche lei nel senso che non c’è, per cui non potrà ascoltare le mie risposte. Ritengo che fintanto che noi come comunità nazionale continueremo a sottovalutare questo problema, che è un problema fondamentale della nostra società – e qui stiamo parlando dei proprio dei mattoni base del nostro Paese – questa discussione in questa sede, in questa situazione, secondo me non rende onore al problema, non ci consente di andare alle analisi delle radici del problema e in qualche modo non rende giustizia al sacrificio delle 179 nostre concittadine, che sono venute a mancare.
Vado direttamente ai punti fondamentali. Credo che noi dobbiamo agire sullo stereotipo di genere in particolare, renderci conto che un luogo, un Paese in cui tutti i cittadini, indipendentemente dal loro genere, siano già inclusi e rispettati è un interesse di tutti. Io sono orgoglioso come uomo di prendere la parola oggi in quest'Aula perché, ripeto, questo è un problema anche mio, è un problema che tutti abbiamo di costruire una società migliore, una società nella quale ciascuno ha il suo ruolo e le donne in particolare, perché il ruolo delle donne nella società è un ruolo fondamentale, importantissimo.
Riuscire a collocare il talento delle nostre madri, delle nostre mogli, delle nostre compagne, delle nostre sorelle nel luogo giusto significa fare di questo Paese un Paese migliore. La collega Fregolent ha parlato di Samantha Cristoforetti. Ebbene, ne voglio parlare anch'io. Io penso che quello sia un modello: un ufficiale dell'Aviazione, un ingegnere, tutto ciò che può rifuggire dallo stereotipo di genere è oggi l'italiano, anzi, l'italiana a cui tutti oggi guardiamo con maggiore orgoglio. È la spiegazione di come si prova a cambiare il paradigma, e lo dovremmo vedere nelle famiglie.
Io oggi sono stato, con il Ministro Boschi, con i ragazzi romani, e ho detto ai ragazzini: cominciate a pensare che il letto ve lo fate anche voi.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
IVAN SCALFAROTTO, Cominciate a trovare che sia strano che, alla fine di una cena, tutte le donne improvvisamente diventano come un formicaio impazzito e si muovono, mentre gli uomini stanno comodamente seduti a tavola a bere il loro «ammazza caffè».
Ecco, io penso che anche da lì bisogna iniziare, cominciando a vedere, per esempio, che la maternità e la paternità non hanno il medesimo ruolo nei nostri luoghi di lavoro; che, alla fine, in un colloquio di lavoro, la candidata si viene spesso a sentir chiedere quali sono i suoi programmi futuri, e il candidato no; o che i dirigenti maschi hanno tutti figli e le dirigenti donne – dicono le statistiche – hanno molti meno figli, perché sono sempre davanti a quella drammatica scelta tra la proprie aspirazioni, i propri sogni di vita e la propria realtà.
Allora, tutto questo deve essere cambiato, perché è possibile: è possibile avere un Paese dove uomini e donne contano allo stesso modo. È possibile anche, per esempio, avendo un Governo nel quale ci sono persone come Ministro della difesa: non ci sono Misteri da donne e Ministeri da uomini, come esistevano i lavori da uomini e i lavori da donne.
PRESIDENTE. Deve concludere.
IVAN SCALFAROTTO, Noi abbiamo il Ministro della difesa, abbiamo avuto una serie di presidenti di aziende pubbliche importantissime, il Partito Democratico ha scelto di avere soltanto capilista donne.
Ecco, io penso che il messaggio forte, fortissimo, di una sostanziale uguaglianza che viene raggiunta sia il modo più chiaro per evitare che si ricada in quello stereotipo per cui, come dice Erdogan – con il quale io, evidentemente, ho una profondissima e radicale differenza di opinioni –, la donna sia differente dall'uomo. Qui, in questo Paese, uomini e donne sono, insieme, corresponsabili nel fare la grandezza del nostro Paese.
Vengo soltanto alla fine, perché è giusto che io non mi sottragga...
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
IVAN SCALFAROTTO, . .. alle domande che sono state poste, anche da persone che, ripeto, mi hanno posto domande e, poi, se ne sono andate, quindi, dimostrando di essere meno interessate alle risposte di quanto fossero a mostrare che facevano delle domande.
Vorrei dire che, proprio oggi, il consigliere della Presidenza del Consiglio dei ministri, onorevole Giovanna Martelli, che coordina le politiche per le pari opportunità, nel momento in cui il Presidente del Consiglio tiene una delega per sé, a dimostrazione dell'importanza strategica di quella politica, ha presentato le linee guida, che saranno soggette, sottoposte ad una consultazione e adottate all'inizio del 2015, ma da oggi saranno consultabili sul sito e vi si potrà, appunto, contribuire.
PRESIDENTE. Deve concludere.
IVAN SCALFAROTTO, Le risorse economiche sono state con confermate: sappiamo che l'anno scorso, nel 2013 e 2014, abbiamo avuto 17 milioni per i centri antiviolenza e 10 milioni per il Piano antiviolenza, rispettivamente...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Scalfarotto, purtroppo la devo fermare, mi dispiace.
IVAN SCALFAROTTO, Allora, mi fermo.
PRESIDENTE. Avremo altre occasioni per andare ad esporre i fatti.
IVAN SCALFAROTTO, Testimone mi è l'Aula semivuota che non mi sono sottratto al dibattito.
PRESIDENTE. La ringrazio della disponibilità.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito della discussione del disegno di legge n. 2660-A. La seduta è sospesa.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Bellanova, Michele Bordo, Brunetta, Dambruoso, De Girolamo, Dellai, Di Lello, Epifani, Gregorio Fontana, Fontanelli, Manciulli, Portas, Rampelli, Realacci, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Speranza, Valeria Valente, Vargiu e Villarosa sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente novanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato da ultimo esaminato l'ordine del giorno Emanuele Cozzolino n. 9/2660-A/68.
EMANUELE PRATAVIERA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, ci sono ancora le Commissioni in piena operatività. In particolare, mi segnalano la Commissione bilancio e la Commissione affari costituzionali ancora riunite nell'esame dei relativi provvedimenti. Siccome non è assolutamente la prima volta, si continua e si reitera con questa chiediamo, Presidente, di sospendere la seduta fintanto che tutti i colleghi saranno presenti.
PRESIDENTE. La ringrazio, collega. Abbiamo appena sconvocato le Commissioni come lei ci ha sollecitato a fare. Sospendo la seduta per 10 minuti; riprenderà alle 15,15.
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato da ultimo esaminato l'ordine del giorno Emanuele Cozzolino n. 9/2660-A/68. Passiamo all'ordine del giorno Vega Colonnese n. 9/2660-A/69, sul quale il Governo ha espresso parere contrario. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rosato. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo semplicemente per ribadire il ringraziamento per il lavoro svolto dalla Commissione e dal Governo – con la collaborazione anche di tutti i gruppi di opposizione – su questo provvedimento, che ha portato indubbiamente a migliorarlo in maniera consistente, dal punto di vista della sua leggibilità, e che ha dato modo anche a quest'Aula di entrare nel merito di una riforma che ha una valenza epocale, rispetto alle questioni che stiamo trattando. Ringrazio anche il Governo rispetto all'esame e l'analisi fatta degli ordini del giorno, dimostrando un'attenzione anche alle diverse segnalazioni, le diverse questioni che sono state portate all'attenzione dell'Aula da parte dei gruppi parlamentari, attenzione che ha consentito di entrare nel merito di molti aspetti. È evidente che su alcuni di questi aspetti le risposte che il Governo ha potuto dare hanno trovato soddisfazione e sono soprattutto compatibili con il disegno generale che, comunque, all'intero della delega, è stato disegnato. Su altre questioni, invece, questo disegno generale non trova compatibilità con gli ordini del giorno presentati.
Però, accanto a questo c’è un lavoro che noi sappiamo che la Commissione deve svolgere, in particolare sui decreti attuativi, che da qui alle prossime settimane il Governo si appresta a predisporre, dopo l'approvazione definitiva al Senato della delega. Io credo che quella sarà un'ennesima occasione di confronto parlamentare su temi, come quello proposto dalla collega Colonnese, che consentirà un approfondimento di tipo sistematico, anche su questioni assolutamente importanti come quella che la collega ha posto. Detto questo, mi auguro veramente che di questo dibattito resti non solo un buon testo di legge approvato ma anche una sensazione che deve accomunare tutti i colleghi e tutti i gruppi parlamentari, cioè che il lavoro svolto in questo ramo del Parlamento è stato un lavoro proficuo, che ha visto veramente una forte collaborazione tra tutti i gruppi parlamentari e che questo lavoro è propedeutico anche per la risoluzione di molti problemi che sono connessi, legati, al mercato del lavoro. Un buon mercato del lavoro è una premessa indispensabile; strumenti adeguati del lavoro sono uno strumento indispensabile, una premessa per rilanciare anche l'economia del nostro Paese. Credo che il lavoro che abbiamo fatto in queste settimane vada in questa direzione .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Colonnese n. 9/2660-A/69, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
TERESA BELLANOVA, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TERESA BELLANOVA, Signor Presidente, cambio il parere e lo accolgo come raccomandazione.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Coppola n. 9/2660-A/74, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Mantero n. 9/2660-A/75, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Nesci n. 9/2660-A/76, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Gagnarli n. 9/2660-A/77, accettato dal Governo, purché riformulato.
FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, accettiamo la riformulazione, ma mi piacerebbe far capire all'Aula e anche al Governo..., ora, questa mattina c'era il Ministro: perché ci siamo visti, lui veramente era un ospite al convegno di Agrinsieme; è stato il primo Ministro tra i cinque intervenuti al quale sono stati chiesti dei chiarimenti, delle domande specifiche sul lavoro in agricoltura. In quanto di per sé e di concetto il lavoro in agricoltura, soprattutto in campo, è un lavoro stagionale, è un lavoro che dipende dalle stagioni, dipende dalle condizioni meteorologiche: quindi è chiaro che una flessibilità sui lavori agricoli va prevista, va prevista anche una serie di tutele per il lavoratore agricolo, che purtroppo non può neanche in qualche maniera essere un lavoro continuativo.
Un altro problema, che anche le cronache di giornali e le televisioni...
PRESIDENTE. Collega Gallinella, chiedo scusa: siccome lei ha accettato la riformulazione, io le lascio esprimere la motivazione per cui la accetta, però con tempi ragionevoli. Quindi, se può concludere, la ringrazio.
FILIPPO GALLINELLA. Mi dia 30 secondi e concludo, Presidente.
FILIPPO GALLINELLA. Perché chiaramente bisogna fare in modo, vista la tipologia del lavoro, di puntare proprio su una risoluzione della problematica, in modo tale da combattere anche il lavoro nero. E aggiungo solo che purtroppo l'unica soluzione per l'agricoltura è andare a fare controlli in campo: io spero che il Ministro del lavoro ascolti le mie parole.
PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Crippa n. 9/2660-A/78, non accettato dal Governo.
DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, chiedo di metterlo in votazione, anche perché la tematica espressa all'interno di questi ordini del giorno segnala un principio, che è quello dove il TFR, nella parte del contratto determinato, debba essere alla fine in qualche modo di una cifra superiore rispetto allo stesso TFR maturato per un contratto a tempo indeterminato: questo per un principio per cui sia più conveniente. Se era questa l'ottica con cui era stata chiesta questa delega in ambito lavorativo, allora avete detto che serviva per diminuire la precarizzazione, allora forse un ordine del giorno che impegna il Governo a differenziare i criteri di TFR, e quindi rendendo in qualche modo meno conveniente per un'azienda il fatto di ricorrere a tempistiche lavorative come il contratto determinato più corte, perché in quel caso il TFR maturato sarebbe dal punto di vista dell'impegno economico maggiore, secondo me era nell'ottica che ci avete raccontato ieri, cioè quella che questa delega dovesse andare a sistemare un concetto di precarizzazione.
Secondo noi gli strumenti per rilanciare il mercato del lavoro sono tutt'altri, non sono all'interno di questa legge delega, quindi andando incontro alla vostra linea che avete raccontato ieri ovvero di diminuire la precarizzazione stiamo dicendo che i contratti a tempo determinato debbano avere una questione riferita al TFR che sia in qualche modo economicamente superiore rispetto allo stesso TFR maturato per un contratto a tempo indeterminato. Questo potrebbe incentivare un datore di lavoro a fare delle scelte in una visione di politica aziendale che magari vada oltre il giorno dopo rispetto alla visione che ha questo Governo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Crippa n. 9/2660-A/78, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
DIEGO DE LORENZIS. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIEGO DE LORENZIS. Presidente, il parere del Governo manifesta una volontà politica chiara ed evidente, a tal punto che il Ministro del lavoro, lo stesso Renzi e tutto il Partito Democratico hanno dovuto sbugiardare negli ultimi mesi sé stessi. L'ordine del giorno che ho presentato chiede di ripristinare la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro secondo quanto previsto dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Non è una visione ideologica, molti imprenditori italiani si sono già pronunciati sull'inutilità dell'abolizione dell'articolo 18, sconfessando quindi l'azione del Governo. Quando le segreterie dei partiti licenziavano e rottamavano in qualche consiglio di amministrazione gli onorevoli che non erano ricandidabili quindi nelle liste elettorali, costoro erano avvezzi a prendere il vitalizio, una somma di denaro proporzionale al numero di legislature. Quindi si comprende con che mentalità molti onorevoli oggi sono a mistificare il significato del «». Non è una tutela essere licenziato senza giusto motivo, con una compensazione economica .
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno De Lorenzis n. 9/2660-A/89, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
GIORGIO AIRAUDO. Presidente, intervengo per dire che noi voteremo a favore, anche perché ricordo a quest'Aula che era nel programma di «Italia bene comune» abrogare l'articolo 8 della manovra finanziaria del 2011. È la norma quella che ha consentivo gli accordi separati in Fiat. Chiederei un po’ di coerenza a quest'Aula. Voteremo a favore.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Toninelli n. 9/2660-A/90, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
ALBERTO ZOLEZZI. Presidente, con questo ordine del giorno chiediamo di valutare l'introduzione del congedo di paternità obbligatorio con l'astensione dal lavoro per un periodo fino a 30 giorni, fruibili in modo continuativo o frazionato, da concordare con l'azienda durante il periodo di congedo di maternità. È abbastanza chiaro ormai che nel mercato del lavoro quello che viene visto come molto importante è la possibilità per uno Stato di garantire una continuità, di garantire la possibilità di avere figli con tranquillità, per cui una delle storture e delle bestialità di questo provvedimento è che non c’è nessuna tutela per la maternità e per la paternità, quindi è un documento assolutamente lontano dalla realtà e lontano dall'attualità.
Un'altra cosa abbiamo visto ieri, persino negli emendamenti che chiedevano un aiuto per le persone che nel corso della carriera lavorativa si trovavano con una diagnosi di malattia oncologica: neppure questo fondo è stato istituito, per cui davvero siamo a una politica che, nonostante venga definita una politica aggiornata è una politica molto antica, una politica che qualche secolo fa andava anche contro i malati di cancro e poi, qui in Aula va a votare provvedimenti come lo «Sblocca Italia» che favoriscono l'ammalarsi con certe malattie, perché vanno lontano dalle bonifiche, o come quando qui in Aula abbiamo votato contro la nostra mozione che voleva impedire di bruciare i rifiuti nei cementifici. È un Governo che favorisce il cancro, un Governo che ha una politica davvero antiquata: non è una politica nuova, ma una politica di qualche secolo fa; la faceva il marchese de Sade una politica così. Ricordiamocelo perché è vero che i vincitori possono scrivere la storia però si è visto anche nelle elezioni di domenica scorsa: nessuno è obbligato a leggerla.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Marzana n. 9/2660-A/93, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
TIZIANA CIPRINI. Presidente, l'articolo 1, comma 9, reca disposizioni in materia di flessibilità dell'orario di lavoro al fine di favorire la conciliazione tra l'esercizio della responsabilità genitoriale e l'attività lavorativa anche tenuto conto della funzionalità organizzativa all'interno delle imprese.
Il decreto legislativo n. 66 del 2003 prevede disposizioni in materia di orario di lavoro. Il lavoro, in particolare l'organizzazione del lavoro è fortemente cambiata per effetto delle nuove tecnologie.
Per molti lavoratori non sarebbe più necessario recarsi direttamente sul posto di lavoro per timbrare il cartellino, ma l'avvento delle nuove tecnologie consente al dipendente di poter svolgere la medesima prestazione lavorativa anche al di fuori dei locali dell'azienda e in orari non convenzionali, purché il lavoratore porti a termine l'obiettivo stabilito alle scadenze prefissate, anche quindi distribuendo l'orario di esecuzione della prestazione tra più lavoratori. In tali casi sì si parla di che consente una nuova modalità di esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali dell'azienda, ma anche con una flessibilità, in particolare dell'orario di lavoro, svolto e scelto liberamente e determinato dal prestatore di lavoro. Tale modalità di organizzazione dell'orario di lavoro consentirebbe anche una migliore armonizzazione tra tempi di vita e di lavoro. È dunque necessario un intervento che preveda non solo la possibilità e le modalità di esecuzione della prestazione al di fuori dei locali dell'azienda, ma anche la possibilità di organizzazione della prestazione lavorativa in termini di flessibilità dell'orario di lavoro, consentendo ad esempio ad un gruppo di lavoratori di svolgere un determinato compito obiettivo e lasciando gli stessi liberi di determinare la distribuzione oraria della prestazione.
In sostanza, noi vogliamo liberare l'individuo dalla schiavitù del lavoro. Non si può vivere per lavorare, un posto di lavoro non può essere solo un posto di reddito, un lavoratore non può essere considerato solo come un mero ingranaggio di una catena di montaggio, come un pollo di un allevamento intensivo, come di solito è il modello organizzativo cinese, che ci volete per forza imporre anche in Italia. Già – l'abbiamo ricordato ieri – accade oggi alla Foxconn, ovvero quel colosso cinese che fornisce i componenti della Apple. Ebbene, c’è stato recentemente un suicidio di questo operaio che era anche un poeta, che alla fine ha scelto di suicidarsi perché la sua vita era completamente asservita al funzionamento della fabbrica e, prima di uccidersi e i colleghi una volta che si è ucciso hanno raccolto i suoi versi e poi li hanno pubblicati. Ve li leggo: il foglio davanti ai miei occhi si ingiallisce, con una penna di ferro lo incido di nero tremulo. È il lessico dell'operaio: fabbrica, catena di montaggio, altoparlante, cartellino, straordinario, salari. Sono stato addestrato, non so urlare né ribellarmi, non so denunciare né recriminare, solo sopportare la stanchezza in silenzio. Quando sono entrato qui dentro volevo solo una grigia busta paga il 10 di ogni mese, che mi regalasse una consolazione tardiva. Per questo dovevo smussare i miei angoli e moderare le mie parole, rifiutare permessi, malattie o ferie, rifiutare di arrivare in ritardo o di andare via prima. In piedi in una catena di montaggio come fossi fatto di ferro. Le mani che si muovono come ali, quanti giorni, quante notti, è stato così che ho cominciato a dormire in piedi.
Ecco, noi crediamo che le nuove tecnologie possano finalmente far applicare una nuova visione del lavoro e liberare il lavoratore, il cittadino, dalla schiavitù del lavoro
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ciprini n. 9/2660-A/94, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
TERESA BELLANOVA, . Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TERESA BELLANOVA, Signor Presidente, io cambio il parere sull'ordine del giorno dell'onorevole Rostellato n. 9/2660-A/96 in parere favorevole come raccomandazione.
Ne approfitto, se lei me lo permette, per modificare il parere anche sull'ordine del giorno Mucci n. 9/2660-A/104 in parere favorevole come raccomandazione, sull'ordine del giorno Marrocu n. 9/2660-A/106 in parere favorevole come raccomandazione e sull'ordine del giorno Bruno Bossio n. 9/2660-A/109 in parere favorevole, purché il dispositivo venga riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a verificare la possibilità in accordo (...)».
PRESIDENTE. La ringrazio.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Rostellato n. 9/2660-A/96, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Baldassarre n. 9/2660-A/97, sul quale vi è il parere favorevole del Governo.
L'ordine del giorno Bechis n. 9/2660-A/98 è inammissibile.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Grillo n. 9/2660-A/99, sul quale vi è il parere favorevole del Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Dall'Osso n. 9/2660-A/100, sul quale vi è il parere favorevole del Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Vita n. 9/2660-A/101, sul quale vi è il parere favorevole del Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Silvia Giordano n. 9/2660-A/102, sul quale vi è il parere favorevole del Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Lorefice n. 9/2660-A/103, sul quale vi è il parere favorevole del Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Mucci n. 9/2660-A/104, accolto dal Governo come raccomandazione.
L'ordine del giorno Vargiu n. 9/2660-A/105 è inammissibile.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Marrocu n. 9/2660-A/106, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Scuvera n. 9/2660-A/107, sul quale vi è il parere favorevole del Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Covello n. 9/2660-A/108, sul quale vi è il parere favorevole del Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Bruno Bossio n. 9/2660-A/109, sul quale vi è il parere favorevole del Governo, purché riformulato.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Gebhard. Ne ha facoltà. Non vedo in Aula la deputata Gebhard, quindi andiamo avanti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, oggi, dopo un'accelerazione dei tempi sulla quale abbiamo avuto modo di discutere abbastanza in quest'Aula, ci troviamo a votare la delega per la riforma del mercato del lavoro, collegata, non è chiaro perché, alla legge di stabilità per il prossimo anno. Anche di questo abbiamo lungamente parlato e non ci avete convinto della bontà delle decisioni del Governo riguardo a queste procedure, che consentono, in questi casi, una via privilegiata da un punto di vista regolamentare; via che, peraltro, non è stata perseguita nel primo passaggio di questo provvedimento al Senato.
L'incredibile accelerazione, stando a quello che abbiamo ascoltato, avrebbe evitato la questione di fiducia, come se fosse obbligatoria. Già molto grave è il fatto che tale provvedimento sia stato approvato al Senato proprio con la posizione della questione di fiducia, esattamente come la prima parte del cosiddetto che noi chiameremo, di qui in poi, «legge sul lavoro», avendo ancora una qualche affezione rispetto alla lingua italiana, essendo questo un Parlamento della Repubblica italiana e, fino a prova contraria, anche se i sospetti a volte ci prendono alla gola, esistendo in vita un Consiglio dei ministri capitanato da un Presidente del Consiglio altrettanto italiano.
Legge sul lavoro, dicevo, le cui norme erano contenute nel decreto-legge convertito nello scorso mese di maggio, approvato con la fiducia in entrambi i rami del Parlamento. La particolare gravità è che qui stiamo parlando di una legge delega: una legge, quindi, che si limita ad individuare principi e criteri direttivi per un successivo intervento normativo del Governo, che, peraltro, in questo caso, delega se stesso, e che, proprio perché impostata in questo modo, dovrebbe godere della massima condivisione del Parlamento.
Una legge delega quasi in bianco che, comunque, lascia irrisolti tutti i principali nodi, in buona sostanza quasi equivale ad una questione di fiducia.
Ma così non è, e non lo è perché è proprio il partito di maggioranza che si è spaccato su questa legge. È stato proprio il Partito Democratico, afflitto dal timore di voti incontrollati, ad imporre la fiducia al Senato. Ed è stato sempre il Partito Democratico che si è sforzato di tenere insieme la sua, definiamola così, coalizione, con il Nuovo Centrodestra che alzava la voce davanti ad ogni tentativo di compromesso con la minoranza del PD. Compromesso che poi è stato trovato durante l'approvazione in Commissione alla Camera, con la reintroduzione dell'articolo 18 per i licenziamenti disciplinari; risultato, appunto, di una concitata riunione interna al Partito Democratico.
Ieri, lo abbiamo già detto, lo ripeto, durante la votazione degli emendamenti, il Ministro del lavoro ha brillato per il suo silenzio, così siamo rimasti inutilmente in attesa di un chiarimento su quale sia stato il punto di sintesi della discussione sulla famigerata, e incompleta, revisione dell'articolo 18, che la maggioranza ci sta propinando, di come si sia costruito il mosaico tra le richieste della parte più radicale del sindacato con la parte più moderata, con la parte del Partito Democratico più scettica, con la parte del Partito Democratico più filo-renziana e, quindi, maggiormente attratta dall'idea di abolire l'articolo 18; ma nulla è stato detto e oggi si vota sostanzialmente una delega in bianco. E dire che le norme per il rilancio dell'occupazione dovrebbero essere un tema oltremodo condiviso in una nazione che ha cifre da capogiro in termini di disoccupazione: in particolare, supera il 40 per cento la disoccupazione giovanile.
Ma veniamo al provvedimento, vediamo come il Governo intende riformare il diritto del lavoro, se di riforma possiamo parlare. Innanzitutto, vorremmo stigmatizzare il contenuto della delega di per sé, riprendendo le considerazioni che ha fatto il Comitato per la legislazione al riguardo, perché è inutile varare una legge delega, se questa è già sospetta di produrre provvedimenti suscettibili di impugnativa presso la Corte costituzionale, secondo la peggiore tradizione di questo Governo. Il Comitato, infatti, ha rilevato come «in relazione alla formulazione delle norme di delega, il disegno di legge contiene disposizioni nelle quali i principi e i criteri direttivi appaiono presentare elementi di sovrapposizione con l'oggetto della delega; disposizioni nelle quali i principi e i criteri direttivi appaiono generici; disposizioni nelle quali i principi e i criteri direttivi sono indicati in termini di finalità della delega; disposizioni che non individuano con precisione l'effettiva portata dell'oggetto della delega. In particolare, il disegno di legge con riferimento alla formulazione dei principi e dei criteri direttivi cui il Governo si deve attenere nell'esercizio della delega ad esso conferita, in molti casi, sembra limitarsi ad indicare ulteriori oggetti della delega. Inoltre, in diverse circostanze, i principi e i criteri direttivi, pur astrattamente distinguibili dall'oggetto della delega, appaiono poco definiti e sono formulati con espressioni che fanno riferimento a mere eventualità o a opzioni alternative tra loro, selezionate dal Governo delegato». Infine, il Comitato ha rilevato che ulteriori incertezze concernono la questione se oggetto della delega sia un riordino della normativa vigente o una sua riforma. Non proprio quello che definiremmo un buon inizio, insomma.
Per quanto riguarda il contenuto, è evidente che l'ampiezza della delega è tale da suscitare non poche perplessità rispetto all'uso che il Governo ne farà: la revisione dell'Aspi, che pure contiene alcuni spunti positivi, come l'estensione alle collaborazioni coordinate e continuative; l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'impiego, che sarà difficoltosa già sotto il profilo organizzativo e logistico; il pericolosissimo tema del demansionamento, madre di tutte le cause per sul luogo di lavoro; infine, l'annosa questione dell'articolo 18, rispetto al quale, già ora, si rileva una distanza sensibile tra gli annunci fatti dal Presidente del Consiglio e il testo uscito dalla Commissione e abbiamo paura a immaginare cosa succederà nelle segrete stanze del Ministero al momento di dare una forma concreta all'ipotesi di riforma.
Eppure, proprio sull'articolo 18, occorreva avere coraggio e non cedere a una qualche ibrida forma di compromesso. Ma i sindacati hanno scioperato, proprio loro che l'articolo 18 – voglio ricordarlo in quest'Aula – non lo applicano. La minoranza del Partito Democratico ha alzato la voce, ed eccoci qua.
Colleghi deputati, in questa falsa discussione parlamentare noi avevamo proposto degli emendamenti che, come quelli delle altre forze di opposizione, non hanno ricevuto la benché minima considerazione. Questo è comunque un dato negativo, perché ci rifiutiamo di immaginare che nei tanti emendamenti presentati non ci fossero idee degne di accoglimento da parte del Governo e della maggioranza che lo sostiene. Alcuni di questi erano volti ad introdurre forme di partecipazione dei lavoratori alle imprese, con l'intenzione di migliorare il livello di partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'impresa e al miglioramento delle condizioni di lavoro, in modo da rendere la comunità presso la quale si presta servizio una comunità di cui si sia parte integrante.
Emendamenti tesi ad introdurre un principio di responsabilizzazione, un principio di emancipazione dalla vecchia logica che aveva un senso nella rivoluzione industriale e nei decenni successivi, ma che oggi, in una visione moderna dello Stato, un modello dell'umanesimo del lavoro, che teoricamente un po’ tutti hanno recuperato, può aiutare a varare una stagione completamente diversa, con ricadute positive anche in termini occupazionali. Infatti, la responsabilizzazione, la partecipazione alla gestione e agli utili di un'azienda da parte di un lavoratore può rappresentare, come ha rappresentato in diverse parti del mondo occidentale, un valore aggiunto e un'evoluzione delle relazioni tra lavoratore e azienda.
Ma questi emendamenti sono stati dichiarati inammissibili e, anche quelli che hanno superato il vaglio di ammissibilità, hanno avuto il parere contrario del Governo, compreso quello relativo all'introduzione di nuove forme di agevolazione all'ingresso nel mondo del lavoro, consistenti...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
FABIO RAMPELLI. Concludo... in decontribuzione sia in favore delle imprese sia in favore degli stessi lavoratori: agevolazioni che avrebbero mantenuto una flessibilità nel mercato del lavoro, perché applicabili a ogni tipo di contratto, e che sarebbero state garantite attraverso la contestuale previsione di sanzioni a carico delle aziende che ne avessero abusato, oltre a garantire ai lavoratori almeno un primo quinquennio di serenità.
Queste le proposte che Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale ha formalizzato, ha sostenuto, ha difeso: proposte che sono tornate al mittente senza esito positivo e sono diventate anche parte integrante e decisiva per un'espressione convinta di voto contrario nei confronti del Governo rispetto a questa riforma, o presunta tale, del lavoro.
PRESIDENTE. Colleghi, per favore liberate i banchi del Governo. Collega Cassano, liberi i banchi del Governo, per favore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Gebhard, che è rientrata in Aula. Ne ha facoltà.
RENATE GEBHARD. Signor Presidente, chiedo scusa per prima. Un tasso di disoccupazione generale del 12,6 per cento e un tasso di disoccupazione giovanile del 42,9 per cento sono i dati reali sui quali interviene la presente legge delega. Anche se per la creazione di posti di lavoro serve, in via prioritaria una politica di crescita economica, oltre a questo, il mercato del lavoro chiede una semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di lavoro.
Questa è l'intenzione primaria del con disposizioni che avranno una compiuta definizione nei decreti attuativi i quali configurano una riforma che riordina le diverse forme contrattuali esistenti, in primo luogo anche con l'introduzione di un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.
È una riforma che riduce la distanza tra l'Italia e gli altri Paesi europei, che introduce regole destinate ad incentivare in particolare l'occupazione giovanile e delle donne, che dovrebbe essere di incentivo ad investimenti e ad un mercato del lavoro dinamico, in cui innovazione e forme di inclusione sono contestuali.
A tale proposito, valuto in modo positivo i criteri di delega che prevedono un ampliamento delle tutele, in particolare con ampliamento delle categorie di lavoratrici che possono beneficiare dell'indennità di maternità e l'incentivazione di forme di flessibilità dell'orario di lavoro, dal telelavoro alla possibilità di cessione, tra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro, di giorni di riposo aggiuntivi, in favore di lavoratori genitori di un minore che richieda cure costanti, alla prevista ricognizione delle disposizioni di tutela e sostegno della maternità e della paternità.
È positiva, altresì, la previsione di un credito di imposta, il cui obiettivo sia incentivare il lavoro femminile.
Importantissimi sono anche gli incentivi per aumentare la conciliazione dei tempi di vita e famiglia, anche in relazione al sistema pensionistico e contributivo, al fine di evitare condizioni di povertà in età avanzata, che è un fenomeno che colpisce in primo luogo le donne, con ulteriori spese a carico dello Stato.
Concorrono a sostenere politiche attive del lavoro gli impegni del Governo in ordine alla revisione del regime fiscale del mercato del lavoro. Il costo del lavoro si deve abbassare.
È in questo contesto che sembra condivisibile anche la nuova disciplina prevista per i licenziamenti.
La domanda che riassume i contenuti della legge delega è: sono minori o maggiori i lavoratori che potranno avere di occupazione e forme di tutela ?
Noi ritentiamo, con il Governo, che siano maggiori .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, quello che stiamo attraversando è un momento particolarmente delicato e difficile. I dati sulla disoccupazione credo che debbano far riflettere. In alcune realtà del Mezzogiorno d'Italia abbiamo raggiunto limiti insostenibili, in alcuni casi addirittura il 60 per cento della disoccupazione giovanile. E, quindi, urge di fatto una riforma del mercato del lavoro, una riforma seria, una riforma capace di fare e di intercettare quelli che possono essere i flussi di investimento e di crescita che questo Paese dovrà avere, perché, al di là di quello che può essere la riforma in quanto tale, noi crediamo che, per far crescere l'occupazione, c’è bisogno di investimento, di crescita e quindi di fare in modo che il mercato del lavoro si colleghi al momento di crescita del Paese.
Pur tuttavia riteniamo che questa delega, che noi oggi conferiamo al Governo, abbia degli aspetti positivi, come anche degli aspetti sostanzialmente negativi.
Vorrei partire dagli aspetti positivi di questa delega che noi concediamo al Governo, partendo dalla cosiddetta riforma della cassa integrazione, dove riteniamo che sia opportuno che si intervenga, si è intervenuto: nella legge di stabilità sono state inserite delle risorse, io direi poche, in virtù di quelle che sono le crisi che noi stiamo vivendo in questo particolare momento.
Riteniamo importante che si vada a definire quell'aspetto universale, che crea le condizioni per cui tutti coloro i quali perdono il lavoro, tutti coloro i quali vivono nella precarietà, possono avere questo «sussidio», come esiste in tanti Paesi a democrazia avanzata della nostra Europa.
Pur tuttavia, vi sono poche disponibilità finanziarie e nella riforma dei cosiddetti ammortizzatori sociali noi crediamo che non sia opportuno fare in modo che coloro i quali perdono il posto di lavoro, perché vi è una chiusura di un ramo d'azienda o perché vi è una chiusura di un pezzo di azienda, non abbiano la possibilità di poter accedere a questa modifica che riguarda appunto gli ammortizzatori sociali.
Come riteniamo che sia importante aver determinato la possibilità per le madri lavoratrici di avere l'estensione delle tutele che riguardano appunto il lavoro e la salute. Il lavoro per ciò che riguarda le madri lavoratrici e per ciò che riguarda la loro possibilità di essere madri, sia per coloro che sono lavoratrici subordinate, sia per coloro che hanno una precarietà. E riteniamo che sia altresì importante il fatto, che già esiste in altri Paesi d'Europa, come per esempio la Francia, che nella stessa attività lavorativa ci sia la possibilità di poter mettere insieme le cosiddette ore che vengono attribuite per un lavoro in più e, quindi, di poterle fare utilizzare a coloro i quali hanno la necessità di dover accudire i propri figli, che hanno difficoltà e che si trovano in difficoltà e in disagio.
Quindi, vi sono aspetti importanti in questa delega, come dicevo precedentemente, come, per esempio, la questione di poter inserire a livello legislativo il cosiddetto minimo contrattuale e come, per esempio, in un momento in cui si chiude un'attività lavorativa e quindi se ne apre un'altra, la possibilità che il lavoratore abbia un demansionamento della sua attività e del suo posto di lavoro. Ma vi sono aspetti negativi e io credo sia giusto sottolinearlo con grande determinazione e forza. Prima questione: ma è mai possibile che si possono accentuare i problemi che riguardano ...
PRESIDENTE. Chiedo ai commessi di allontanare i soggetti che in questo momento sono...
LELLO DI GIOIA. ...la vigilanza...
PRESIDENTE. Aspetti, deputato Di Gioia, aspetti, per favore ! Chiedo ai commessi di allontanare... no, non si possono ostentare simboli, per favore ! Chiedo ai commessi di allontanare...vi ringrazio. Prego deputato Di Gioia, andiamo avanti.
LELLO DI GIOIA. Al di là adesso di sventolare simboli, mi sembra che abbiano alcune ragioni i lavoratori che rappresentano il mondo del lavoro. Dicevo che mi sembra quanto mai assurdo che si possano accentuare i controlli, anche se sono definiti sugli impianti. E mi sembra quanto mai inopportuno che, in un momento in cui si va a definire la questione della cosiddetta garanzia progressiva, non si vada a chiarire con puntualità quelli che sono in buona sostanza, come tutti quanti abbiamo sempre definito, i problemi del cosiddetto articolo 18.
Vede, signor sottosegretario o signora sottosegretaria, non è una questione di poter dire: noi passiamo a garantire i cosiddetti contratti a tempo indeterminato. Certo, è un fatto importante, per carità, nel momento in cui vi è una grande precarietà, ma io le chiedo: è possibile in questo Paese, nel momento in cui vi è mancanza di diritti, diminuire le garanzie per i lavoratori ? Io credo che questo non sia possibile. Io credo che voi dovete rivedere, all'interno della delega, quelle che sono le garanzie progressive per i lavoratori, che vengono ad essere date nel momento in cui il lavoratore oggettivamente può essere vessato all'interno di una realtà lavorativa.
Perché, anche quello che è il cosiddetto licenziamento da un punto di vista disciplinare è già previsto dalla legge Fornero, quando ci dice che si può essere licenziati o non si può essere licenziati semplicemente quando il licenziamento è nullo o nel momento in cui vi sono i cosiddetti provvedimenti disciplinari previsti da contratto. Ma come si fa a dire: «vogliamo la delega per quanto riguarda l'articolo 18». quando già vi sono dei parametri definiti ? La mia preoccupazione è che si vanno ancora a diminuire le garanzie per un lavoratore e le cosiddette tutele progressive vengono a determinare comunque dei contratti non a tempo indeterminato ma dei contratti di precarizzazione del mondo del lavoro. Come, d'altronde, anche per quanto riguarda le questioni della discriminazione, credo vi sia bisogno di rinnovare con forza il mercato del lavoro ma dobbiamo costruire le garanzie per i lavoratori in una società che ha sempre meno diritti. Io credo che questo debba essere il presupposto su cui si avvia un ragionamento e su cui vi deve essere una riflessione di fatto da parte del Governo perché, come dicevo in premessa, certo il mercato del lavoro bisogna modificarlo, certo c’è bisogno di adeguare anche lo Statuto dei lavoratori, ma, per far crescere e per avere l'occupazione in questo Paese, c’è bisogno di investimenti, c’è bisogno di una politica industriale che oggi non vediamo all'orizzonte per ciò che riguarda gli impegni del Governo.
Il gruppo socialista ha sollevato queste critiche come d'altronde ha esaltato – mi avvio alle conclusioni – le parti positive di questo provvedimento. Noi vogliamo ancora dare fiducia al Governo. Vogliamo dargli fiducia, sapendo ed essendo convinti che vi è bisogno di modificare il mercato del lavoro, sapendo che vi è bisogno di fare investimenti per fare crescita, sapendo che vi è bisogno di una politica industriale che oggi non c’è; ma siamo profondamente convinti che, se il Governo accetta le idee, i progetti, i programmi, le iniziative che il Partito Socialista ha messo in piedi in questi mesi, credo si possa avviare un grande processo di rinnovamento e anche di sviluppo e di occupazione. Vi diamo credito e votiamo a favore di questa delega.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, abbiamo ascoltato con grande attenzione il dibattito a tratti appassionato che si è svolto in quest'aula e credo di poter dire di aver capito e anche di condividere molte ragioni dell'opposizione. Vorrei dire ai colleghi della sinistra e anche ai colleghi del MoVimento 5 Stelle: avete molte ragioni ma non avete ragione e cercherò di dirvi perché. L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è stato a suo tempo una grande conquista di civiltà. Marx ha spiegato già nel 1848 nel Manifesto del Partito Comunista che, nel sistema capitalista, il lavoratore salariato è separato dai mezzi di produzione e la sua esistenza è una variabile dipendente dal sistema di produzione. Se di lui non c’è bisogno, può essere licenziato, emarginato e può anche morire di fame. Al centro del sistema capitalistico non c’è l'uomo con i suoi bisogni ma il capitale con la sua domanda di profitto.
T. S. Eliot ha dato un'espressione poetica insuperabile a questa situazione di alienazione nel suo : con le mani in tasca, le teste abbassate ci aggiriamo nelle piazze o rabbrividiamo in stanze senza luce. Solo il vento si muove sui campi vuoti, incolti, dove l'aratro è fermo, ad angolo con il solco. In questa terra ci sarà una sigaretta per due uomini, per due donne mezza pinta di birra amara. In questa terra nessun uomo ci ha dato un lavoro. Il Corriere della Sera non annuncia la nostra nascita e non dà notizia della nostra morte. È il ritratto dell'alienazione.
L'articolo 18 afferma, in qualche modo, una proprietà del lavoratore sul posto di lavoro e ricostruisce quel legame tra il lavoratore e il lavoro che il capitalismo aveva spezzato. È questo il significato simbolico dell'articolo 18 e questo spiega sia la passione con cui è stato difeso, sia l'amarezza con la quale noi ci apprestiamo a votare – perché questa è la sostanza delle cose – la sua abolizione. In un certo senso, in una certa visione simbolica, l'articolo 18 era il centro dello Statuto dei lavoratori: l'affermazione del fatto che il lavoratore non è una merce.
Perché, allora, ci apprestiamo a votare questo provvedimento ? Il mondo è cambiato, cari amici, e fondamentalmente per due ragioni. La prima è che si è accelerato drammaticamente il ritmo del cambiamento tecnologico e questo fa scomparire interi mestieri e settori produttivi. La seconda è che sono entrati nel mercato mondiale i popoli poveri, che prima erano rassegnati a morire di fame, al margine del mercato mondiale o fuori di esso. I lavoratori di quei Paesi accettano di lavorare per salari di molto inferiori a ciò che noi consideriamo come accettabile.
Se molte cose oggi si fanno con l'alluminio e non con l'acciaio, è inevitabile che molti posti di lavoro dell'acciaio scompaiano: non c’è cassa integrazione che li possa far rivivere. La cassa integrazione serviva ad un'altra cosa: per le oscillazioni periodiche del mercato. Noi abbiamo tanti posti di lavoro che non torneranno, sono scomparsi: il cambiamento tecnologico li ha fatti scomparire.
Se i cinesi fanno le magliette a costi molto più bassi dei nostri, la produzione delle magliette si farà in Cina e non in Italia, non c’è nessuno che lo possa impedire. Forse, si potrebbe impedire alle magliette cinesi di essere vendute in Italia, ma non possiamo impedire agli americani, che prima compravano magliette italiane, di comprare adesso magliette cinesi.
Il problema, oggi, non si può più porre in termini di difesa del posto di lavoro: il problema è di difendere i lavoratori, accompagnandoli da un posto di lavoro ad un altro posto di lavoro. Per questo serve orientamento professionale per dire dove nascono i posti di lavoro nuovi, formazione professionale per imparare a svolgere nuove mansioni lavorative, un sostegno economico per vivere il tempo di questo passaggio da un posto di lavoro all'altro posto di lavoro.
Ecco, mi sembra che il dibattito si sia concentrato, forse, troppo sulla difesa del vecchio sistema di protezione del lavoro e troppo poco su di un'analisi effettiva delle garanzie, delle caratteristiche del nuovo sistema di protezione, che è problematico. Orientamento e formazione costano: saranno sufficienti le risorse dedicate a questo scopo ? È considerato in modo adeguato il nuovo sistema di protezione dei lavoratori e non più del lavoro ? Sapremo gestire la transizione da un sistema all'altro ?
C’è del vero nella critica dell'opposizione ad un eccesso di deleghe nel provvedimento che ci accingiamo ad approvare, però, sommessamente, mi permetto di osservare: voi pensate che sia possibile discutere ed approvare in Parlamento un provvedimento complesso, quando l'opposizione fa dell'ostruzionismo non uno strumento estremo, ma il metodo ordinario della sua azione nell'Aula ? Non è possibile. È evidente che questa scelta dell'opposizione forza il Governo all'uso della delega; ed è ancora andata bene che ha usato solo la delega e non il voto di fiducia.
Se vogliamo un'altra modalità di fare le leggi, occorre che tutti quanti facciamo un passo l'uno verso l'altro. Adesso non voglio dire se è stato prima il Governo o prima l'opposizione, ma, in ogni caso, se andiamo avanti in questo modo, l'unica possibilità è quella della delega e del voto di fiducia.
Un grande economista tedesco-americano Gunther Briefs ha spiegato una volta che ci sono due modi per far crescere la competitività; perché, vedete, la prima questione è quella della competitività, il primo diritto del lavoratore è di lavorare, di avere un lavoro. È inutile rivendicare i diritti del lavoro, i diritti dei lavoratori se i mercati non comprano le merci che il lavoro produce e, perché i mercati comprino le merci che il lavoro produce, dobbiamo essere produttivi. Ci sono due modi di essere produttivi, uno è quello di investire in innovazione, ricerca tecnologica, innovazione di processo, innovazione di prodotto, fare cose che gli altri non sanno fare oppure fare le cose che fanno tutti, ma con metodologie tali che gli altri non le sanno applicare. Allora, non c’è la competizione sul prezzo, chi vuole comprare quelle cose da te deve venire o, almeno, puoi cercare di collocarti in una competizione con i livelli alti del mercato del lavoro mondiale, con gli americani; anche se ti paghiamo un salario un po’ più basso degli americani, si vive bene lo stesso. L'altro modo è quello di diminuire i salari e le protezioni del lavoro, quando finisci col fare la competizione con i cinesi. È ovvio che il primo modello vince sempre, il secondo non dura, il secondo può durare per un po’, può dilazionare la sconfitta, ma alla lunga è un modello perdente.
Ecco, ho il sospetto che i Paesi che non investono tempestivamente sull'innovazione possono trovarsi costretti a comprimere i diritti del lavoro. Voglia Dio che non venga quel giorno per l'Italia, voglia Dio che non sia già venuto quel giorno per l'Italia, perché io non nego che alcune cose che voi avete detto non sono sbagliate, nel senso che noi rischiamo di costruire un nuovo sistema di protezione dei lavoratori – che va costruito comunque – ma che potrebbe non dare tutte le garanzie che sarebbero necessarie o potrebbe dare non più, ma meno garanzie del vecchio sistema che comunque non può essere salvato.
Ecco, non è possibile discutere in quest'Aula di questi problemi, ignorando la situazione drammatica della nostra economia, invocando più diritti, come se il dare più diritti fosse qualcosa che dipende dalla buona volontà del Governo o non so di chi, dalla buona volontà del Parlamento; votiamo leggi che diano più diritti ma se poi non siamo in grado, con le leggi che danno più diritti, di vendere di più sui mercati mondiali, questi diritti significano più disoccupazione e rimangono scritti sull'acqua. È questo il problema drammatico che sta davanti a noi; non è possibile sottrarsi a questa situazione, aumentando la domanda interna. Rilanciamo la domanda interna; come ? Facendo più debiti ? E non è l'Europa che ci impedisce di fare più debiti. Guardate, gli ammonimenti della Commissione europea sono come i cartelli «attenti al cane» che trovate sul cancello di una casa, di una villetta. Se vi fermate non è perché avete paura del cartello, è perché avete paura del cane, e il cane sono i risparmiatori. Con un debito alto come quello che abbiamo, se andiamo a chiedere ancora più soldi in prestito ai risparmiatori – non ai mercati, i mercati sono i risparmiatori, i mercati siete voi, siamo noi quando andiamo a comprare o non andiamo a comprare i titoli di Stato – se chiediamo ancora più denari, non ce li danno, al di là di qualunque discussione teoretica sul funzionamento dei modelli keynesiani o il non funzionamento dei modelli keynesiani.
Il dato di realtà è questo: dato il nostro elevato debito pubblico – e anche per altre ragioni naturalmente, ma anche soltanto per questa – l'unico cammino che ci è aperto davanti è quello del miglioramento della competitività e dell'attrazione di capitali e allora noi votiamo con convinzione, ma anche con una certa amarezza questo provvedimento e attendiamo misure, le quali migliorino la competitività di sistema...
PRESIDENTE. Collega, dovrebbe concludere.
ROCCO BUTTIGLIONE. Mi avvio a concludere, Presidente. Attendiamo misure che annuncino investimenti sulla ricerca scientifica, sull'innovazione, sulla logistica, investimenti sull'attrazione di capitali. Saranno sufficienti le risorse che sapremo mobilitare per questo ? Perché indubbiamente non sarà questo provvedimento a riportare il lavoro; il lavoro viene se ci sono investimenti, se ci sono iniziative, se siamo competitivi sui mercati internazionali.
PRESIDENTE. Collega, deve concludere.
ROCCO BUTTIGLIONE. Questo provvedimento elimina alcuni ostacoli, offre protezione in un mondo che è cambiato. Per fare tutto questo, occorre uno sforzo corale di tutti e anche un dialogo diverso tra maggioranza e opposizione. Questo mi auguro che possa essere nello sforzo, nelle intenzioni e nell'impegno di tutti noi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Prataviera. Ne ha facoltà.
EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, Ministro, sottosegretari, onorevoli colleghi, eccoci finalmente all'esame finale del cosiddetto così chiacchierato in TV, radio e giornali da diventare di fatto un mantra per le orecchie dei nostri concittadini. Eppure, se chiedessimo cosa c’è veramente scritto all'interno di questo provvedimento, oltre all'articolo 18, che, tra l'altro, non è neppure citato e nemmeno contenuto all'interno di questo disegno di legge delega, nessuno saprebbe rispondere. In realtà, è un assegno in bianco al Governo, questo è sicuro. Un assegno che state per regalare ad un Governo e ad un Ministro, qui presente, che in Aula ha talmente contribuito al confronto parlamentare, senza nemmeno proferire una parola, che si potrebbe definire la sua presenza come quella di una braciola ad una cena di vegani. Quello che è sicuro è che, grazie al Presidente del Consiglio, si è svegliato Frankenstein: si è svegliato il sindacato, proprio quel sindacato che sembrava bell'addormentato tre anni fa, mentre una parte di voi approvava la cosiddetta riforma Fornero. Un sindacato che è tornato forte in piazza, usando anche toni forti, come quelli usati da Landini pochi giorni fa, salvo poi ritrattare e ritornare sui propri passi, perché, certo, in gioco ci sono 150 milioni di euro – che usate proprio come ricatto verso il sindacato – di mancati trasferimenti ai patronati e ai CAF. Perché questo è ormai il mondo in cui viviamo, in cui, grazie anche ad un'opinione pubblica che è stata addomesticata dai è più facile credere che, eliminando una norma a garanzia del posto di lavoro, si creino automaticamente centinaia di migliaia di posti di lavoro. Questa è la vera demagogia e questa è la demagogia di Renzi, lo stesso Renzi che, pochi mesi prima di presentare questo provvedimento, aveva affermato che, di fatto, l'articolo 18 non serve a nulla per rilanciare l'occupazione e che i veri problemi sono altri, per chi assume. Eppure, la verità è che l'articolo 18 è di fatto un'arma di distrazione di massa ma anche un grande regalo per Confindustria. Un grande regalo per Confindustria, che però non aiuterà i nostri imprenditori, non aiuterà gli artigiani, non aiuterà i professionisti, e questo perché è mancato il coraggio di cancellare la riforma Fornero, anche se noi ci proveremo comunque, portando la gente a votare il nostro referendum. Non avete voluto liberare le energie dei nostri imprenditori, eliminando gli studi di settore e soprattutto stanando i veri evasori fiscali, che non sono i baristi che non battono lo scontrino del caffè e neppure gli artigiani, sempre più abbandonati a loro stessi. Se Renzi pensa di rilanciare i consumi con questo provvedimento, facendo in modo che vengano assunti dei nuovi giovani a tempo indeterminato con questa famosa clausola delle tutele crescenti, di fatto, diciamo fin da subito che il compromesso del nuovo contratto a tutele crescenti, con questa clausola, non avrà come frutto il rilancio dell'economia, perché, se un giovane verrà assunto con questo contratto e andrà in banca a chiedere un mutuo, questo non gli verrà concesso, perché di fatto si precarizza ancora di più rispetto agli attuali sistemi contrattuali. Per i nuovi ammortizzatori sociali avete bocciato completamente la nostra proposta di dare diritto di accesso prioritario ai nostri concittadini e avete votato anche contro i nostri emendamenti per l'eliminazione delle pensioni d'oro a favore degli esodati, che sono delle persone, persone che voi avete deciso di dimenticare. Altro che giustizia sociale; non avete neppure voluto scrivere nero su bianco che i nuovi ammortizzatori sociali siano almeno pari agli attuali, come importi. E vogliamo parlare dei cinque milioni di famiglie monoreddito, anche pensionati, che rischiano di perdere fino a 1.000 euro all'anno di sgravi fiscali per il coniuge a carico ? Queste sono nuove tasse, però regalate il bebè agli immigrati. Sì, da qualche parte bisogna pur togliere, per dare ai nuovi italiani, e intanto il «polentone» paga. E mentre vediamo cadere in prescrizione le responsabilità verso le oltre tremila vittime dell'amianto dell'Eternit, avete bocciato il nostro emendamento per sostenere economicamente i lavoratori malati di cancro e di tumore, sia dipendenti che autonomi, senza alcuna vergogna.
Così come non mostrate vergogna con il compromesso fatto, per cui i nuovi neoassunti avranno di fatto meno tutele di quelli che oggi chiamate precari. Eppure non sono l'unico, ed ero pure sobrio, un anno e mezzo fa, solo un anno e mezzo fa in campagna elettorale, quando eravate voi del PD che dicevate che bisognava eliminare il precariato.
Non si creano posti di lavoro mescolando le carte: la tassazione nelle nostre aziende è al 70 per cento. Siamo i primi della classe in questo in Europa ! Come volete che si creino dei posti di lavoro, se chi deve assumere paga il 70 per cento delle tasse rispetto a quello che guadagna ? Ah no, già, beh, voi considerate gli imprenditori inadeguati – come avete avuto modo di dire più di qualche volta anche in incontri pubblici – a competere nel mercato globale. Eppure io ho visto e ho vissuto con persone che con la terza media, non con lauree o master o specializzazioni internazionali, hanno dato lavoro a centinaia di persone.
E stiamo assistendo tutti, tutti ad un dramma: imprenditori che piuttosto di lasciare a casa i propri dipendenti si suicidano all'interno delle proprie fabbriche. E la risposta a questi drammi è la campagna elettorale permanente di Renzi ! E così continua a favorire anche la fuga dei cervelli, l'emigrazione di tanti giovani: che uno su due sono a casa, e molti di questi non si svegliano neppure la mattina con la voglia di aggredire la vita, di andare in cerca di un posto di lavoro per realizzarsi, condannati a non potersi realizzare, a non potersi fare una famiglia, a non poter fare figli per i problemi economici. Onorevoli colleghi, che futuro ha una società che permette che i propri figli non generino a loro volta figli ? È una società che non ha futuro, quantomeno non ha futuro così come l'abbiamo conosciuta fino adesso, e come noi della Lega vorremmo continuare a difendere !
3 milioni 240 mila disoccupati aspettavano risposte concrete. Molti hanno sicuramente votato Renzi; ma hanno aspettato invano e hanno confidato invano, perché in questo provvedimento non troveranno di fatto nessun aiuto alla loro condizione di instabilità.
Noi ci avevamo provato, Ministro, Presidente e colleghi: ci avevamo provato con serietà a collaborare e migliorare il testo, sia in Commissione che fuori Commissione, nelle chiacchierate informali, che qui in Aula, con un atteggiamento più che responsabile, perché questo è un tema che merita responsabilità. Ma voi di fatto ce lo avete impedito: ce lo avete impedito perché in questo provvedimento ha prevalso di fatto il senso di onnipotenza di Renzi e del suo Governo, e quello che è ancora più grave, ha prevalso il senso di inciucio, la pratica dell'inciucio, per mantenere il sedere di Alfano bello stretto alla sua sedia di Governo. È stata un'occasione persa, onorevoli colleghi: noi lo denunciamo, lo denunciamo con forza, ed è per questo che voteremo contrario .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Airaudo. Ne ha facoltà.
GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, guardate, c’è una distanza enorme tra la discussione che stiamo svolgendo in quest'Aula sul lavoro, sui suoi diritti, sui suoi doveri, su come si contribuisce a costruire e a creare lavoro e su come si evita di distruggerlo. È il Paese reale, che è fuori da qui a difendere le fabbriche, a difendere i posti di lavoro, financo a difendere le compagnie aeree e il lavoro che esse danno; e il mio pensiero va tra i molti al comandante Mascia, che da 42 giorni è su una torre-faro di 35 metri, mentre noi parliamo .
Il Paese reale si unisce nelle piazze, e unisce i giovani precari. A proposito, vi siete dimenticati di dire, e avete perso per strada quella retorica giovanilista, che non veniva dalle culture della sinistra, ma da ben altre culture e che divideva i giovani dagli anziani. Il Paese si unisce, i giovani precari, i lavoratori; e si unisce sul fatto che si vogliono più diritti e più lavoro per tutti, e non meno lavoro e diritti a pochi, pochi diritti a tutti.
Questa è una distanza che ormai si misura tra la nostra discussione e il Paese e si misura ormai di elezione in elezione in centinaia di migliaia di astensioni che solo il delirio di onnipotenza del Premier confonde come effetto secondario, effetto collaterale quando per il Paese, per i lavoratori è l'azione di questo Governo che è secondaria, che è un effetto collaterale perché non risponde ai problemi del Paese e dei lavoratori. Il plagio che si sta compiendo inizia dalla campagna nominalistica sul che richiamava i propositi delle politiche pubbliche nordamericane per creare lavoro, immaginate dal presidente Obama nel 2011, politiche che immaginavano un intervento pubblico, pesante, significativo un vero e proprio ricordando quello di Roosevelt, politiche purtroppo incompiute e non realizzate.
In Italia voi invece lo utilizzate per dare alle imprese il massimo di messa a disposizione della forza lavoro, il massimo di messa a disposizione del singolo lavoratore; questo provvedimento che ci accingiamo a votare si carica della responsabilità di rendere possibile il demansionamento, il controllo a distanza senza il consenso dei lavoratori, di sterilizzare una buona proposta di legge contro le dimissioni in bianco già approvata da questa Camera, che questa Camera non ha neanche l'orgoglio e la dignità di difendere perché l'abbiamo approvata a larghissima maggioranza in questa parte del Parlamento.
Tutti i provvedimenti che non servono a creare lavoro ma che mandano nella crisi un messaggio preciso: il lavoro umano deve contare meno delle merci che produce. L'impresa deve avere più peso, più autorità del lavoro fino all'articolo 18 reso definitivamente inutilizzabile. Molti di voi o almeno tutti quelli di voi che hanno visto il lavoro dalla parte delle radici, quella dei lavoratori, sanno che nessuno licenzia con argomenti discriminatori o disciplinari, se può per motivo economico collocare un lavoratore o una lavoratrice in un ramo d'azienda in crisi o su un prodotto obsoleto.
I licenziamenti, Ministro Poletti, come l'acqua, scelgono la via più facile non vanno in salita. Voi sperate che di fronte a questa riduzione di cittadinanza del lavoro, una cittadinanza già fragile perché storicamente con poche leggi è a favore del lavoro il nostro Paese, arrivino gli investimenti quelli nostrani e quelli esteri, arrivi il lavoro da questi investimenti, quel lavoro e quegli investimenti già mancati dal Governo Monti e spero che l'onorevole Tinagli si giustifichi nell'intervento che seguirà perché lei sa che quella politica ha già fallito e ci riprova anche con voi.
Il Governo Monti aveva già sterilizzato l'articolo 18, voi proseguite e andate oltre su quella stessa strada; vantate, dopo il decreto Poletti che ha cancelletto le causali e ha reso ripetitivo il contratto a termine aumentando la precarietà, un aumento di occupazione ma come ha notato pochi giorni fa su di Torino un vostro ex esegeta, il professore Ricolfi, i vostri dati vanno ridotti dai 153 mila a, forse, 70 mila visto che come dice lui avete scelto il frutto migliore e cioè avete usato e presentato solo i dati che vi danno ragione. Ovviamente bisognerebbe anche tener conto dell'aumento della disoccupazione – 48 mila persone in più, ci ricorda il professor Ricolfi su di Torino, sempre fra agosto e settembre – e l'esplosione delle ore di cassa integrazione che sta continuando.
Piangono 145 mila posti di lavoro in meno e voi invece di intervenire in modo selettivo incentivando chi mantiene l'occupazione, chi rinuncia a licenziare, chi assume in Italia, immaginate 6 milioni di riduzione sull'IRAP a pioggia senza nessun vincolo. Immaginate un contratto a tutele crescenti che di crescente ha solo l'indennizzo per il licenziamento che crescerà con l'anzianità, non le tutele perché non si sa quali sono quelle di partenza e non ce ne sono all'arrivo, perché l'articolo 18 quello decapitato da Monti non l'avrà progressivamente più nessuno.
Io non posso non chiedere, non ce la faccio Guglielmo, non posso non chiedere a te Guglielmo Epifani, mio segretario della CGIL, cosa è cambiato dal 23 marzo 2002 quando tu eri sul palco insieme a Cofferati ? O hai sbagliato allora o sbagli oggi
E a Damiano, anche lui sindacalista, anche lui Ministro del lavoro e quindi per la nostra cultura dei lavoratori, sindacalista con cui condivido non solo la stessa città e la stessa categoria di militanza e di precedente esperienza sindacale, non posso non ricordare che se lui ha potuto fare il Ministro e siede in questo Parlamento è perché alcune centinaia di migliaia di operai, metalmeccanici, comunisti spesso, comunisti, hanno lottato e si sono battuti per quei diritti. Lui non sarebbe mai arrivato come me in questa Camera se non ci fossero stati quei lavoratori che quell'articolo 18 l'hanno conquistato scioperando e battendosi e non posso non ricordare uno di questi lavoratori che negli anni Ottanta, quando si è cominciato ad arretrare, a ritirarsi scambiando diritti, diceva in dialetto piemontese «» prorogato nel tempo. È meglio non chiedere niente ogni tanto, onorevole Damiano, se poi si ottiene una scrittura sui licenziamenti peggiore di quella uscita dal Senato, se poi si sanciscono i licenziamenti in quel testo. Allora, mentre voi annunciate l'allargamento degli ammortizzatori, ci sono nel Paese reale lavoratori che sono costretti, per l'effetto delle norme Fornero, sempre quelle di Monti che voi proseguite, a dover scegliere se andare in mobilità entro il 31 dicembre con tre anni o se andarci dal 1o gennaio con due. C’è una specie di riffa in molte aziende, con gli imprenditori che aspettano e che offrono: ti licenzi adesso e hai tre anni, che non ti serviranno a raggiungere la pensione che scappa, o ti licenzi fra un anno. Perché non avete sospeso quella norma ? Dov’è l'allargamento degli ammortizzatori per questi lavoratori nella crisi ? Dove sono i soldi ? Lo scopriremo nella legge di stabilità, forse fra qualche giorno, perché volete farci un regalo di Natale. Spero lo facciate davvero ai lavoratori, perché servono molti di più dei 200 milioni che avete aggiunto fino adesso in Commissione e ne servono molti di più per tutelare chi oggi è in difficoltà. E ne serviranno di più perché la cassa integrazione è in aumento, quando sarebbe bastato estendere la cassa a tutti, facendolo pagare a tutte le imprese e a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici. Ieri vi abbiamo ricordato – sto finendo, Presidente – che il 20 maggio del 1970, giorno in cui veniva approvato lo Statuto dei lavoratori L’ salutò quell'evento dicendo che la Costituzione entrava in fabbrica. Oggi con questo voto, ripensateci, non fatela uscire dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro, lasciatela in eredità ai giovani che cercano un lavoro stabile con buoni diritti. Abbiamo molte ragioni – ha ragione l'onorevole Buttiglione – bisognerà trovare la forza – su questo ha proprio ragione – per far rientrare questa ragione da fuori il Parlamento a dentro il Parlamento, perché da oggi inizia una nuova battaglia se approverete questa norma, quella per ricostruire il diritto del lavoro, il diritto dei lavoratori perché può esserci un lavoro con buoni diritti, perché se ci si arrende all'idea che l'unico lavoro possibile è quello che c’è, è quello che resta, quello che ti consegna al mercato se vali meno dei prodotti che produci, c’è un problema che riguarda la libertà, la dignità e noi a questo non rinunceremo mai .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Tinagli. Ne ha facoltà. Colleghi, abbassate i cartelli, per favore. Chiedo ai commessi di intervenire, rimuovete questi cartelli. Per favore, colleghi, abbassate i cartelli Mi pare che siano stati rimossi tutti. Prego, deputata Tinagli.
IRENE TINAGLI. Signor Presidente, la legge delega che ci accingiamo a votare segna un cambiamento molto importante per il nostro Paese, perché finalmente dopo un dibattito di quasi trent'anni – perché di tanto si sta parlando – si creano le condizioni per un mercato del lavoro più snello, dinamico e più flessibile per le imprese da un lato ma più sicuro anche per milioni di persone che fino ad oggi sono rimaste ai margini, escluse da ogni forma di tutela, di protezione, di supporto nella ricerca di nuovo lavoro.
Una legge delega che mette mano non ad un singolo aspetto del mercato del lavoro, come purtroppo alcuni hanno cercato di far credere all'opinione pubblica, e di questo mi sono dispiaciuta e mi dispiaccio ancora oggi perché si è ridotta una riforma di amplissima portata ad una o due righe che rappresentano solo un piccolo tassello.
Questa invece è una riforma che si propone di cambiare profondamente molteplici aspetti del nostro mercato del lavoro, proprio quelli che sono stati più disfunzionali, che hanno creato più problemi ai lavoratori e anche alle imprese. Penso, per esempio, in primo luogo, alla semplificazione delle migliaia di norme che nel tempo si sono stratificate, rendendo il diritto del lavoro italiano intricato e incomprensibile persino ai nostri esperti, figuriamoci per gli investimenti stranieri e per le imprese che avrebbero voluto venire a investire, ma che sono state allontanate da una normativa del lavoro così complicata, così burocratica, così incomprensibile, una normativa anche vulnerabile perché piena di appigli per interpretazioni e contenziosi che hanno generato nel tempo ritardi e incertezze per tutti gli operatori, per le imprese e anche per i lavoratori, una semplificazione che, grazie a questa legge delega, sarà resa possibile attraverso l'adozione del cosiddetto codice semplificato del lavoro che, con poche decine di articoli, possa sostituire le migliaia di norme che oggi si sovrappongono, che possa essere facilmente traducibile in inglese e quindi rappresentare un riferimento stabile, sicuro e certo per chi voglia venire ad investire in Italia, a generare crescita e a generare lavoro. È o non è questa la priorità del nostro Paese ? Io credo che sia e debba essere anche questa.
In secondo luogo, l'informatizzazione di molte procedure, il rendere snelle, più semplici e più veloci le procedure per le assunzioni e per l'erogazione degli ammortizzatori sociali; anche questo è un passaggio importante per rendere più efficiente il nostro mercato del lavoro e il nostro . E poi la riorganizzazione di tutti gli ammortizzatori sociali, in un modo che consentano, da un lato, di limitare gli abusi e le distorsioni che purtroppo nel tempo hanno caratterizzato – lo dobbiamo riconoscere perché tutti l'hanno riconosciuto nel corsa degli anni – il ricorso agli strumenti, come per esempio la Cassa integrazione o la Cassa in deroga, che sono state a volte utilizzate anche quando di fatto l'azienda non aveva più speranza di continuare la propria attività, dando quindi solo l'illusione di un posto di lavoro, l'illusione di avere dei lavoratori laddove di fatto avevamo persone senza lavoro, pagate per non fare niente, se non aspettare che le proprie competenze deperissero, sperando che il sussidio venisse rinnovato un altro anno e un altro anno ancora. Questo è il sistema perverso che abbiamo creato: rendere le persone più fragili nel mercato del lavoro, dando loro un sussidio, ma senza dare nessuna speranza di vero lavoro, di vera occupabilità e di vera qualificazione. Questo è stato il danno che abbiamo fatto, mentre, dall'altro lato, questa riforma dà la possibilità di potenziare invece quegli ammortizzatori che intervengono quando davvero si ha una cessazione del rapporto di lavoro, nei veri casi di disoccupazione, ampliandone la platea a persone che non ne hanno mai beneficiato e prevedendo anche speciali integrazioni su archi temporali più lunghi, per quei casi di oggettiva difficoltà economica. Questo significa superare un'ipocrisia ed una discriminazione: l'ipocrisia che un lavoratore possa o debba restare aggrappato ad un posto di lavoro anche quando quell'azienda e quel posto non hanno più le condizioni economiche per esistere e possono solo esistere se sussidiati dalla collettività e quindi in un modo che purtroppo non è sostenibile ed è senza futuro e, dall'altro lato, la discriminazione che per troppi anni ha segnato il nostro mercato del lavoro, la discriminazione delle persone protette e blindate al proprio posto, a volte anche in maniera ipocrita – come si diceva prima – e secondo questa concezione della per la quale il lavoro è qualcosa che si possiede a vita – in alcuni casi abbiamo visto persino trasmesso ai propri figli – e, dall'altro lato, quella delle persone escluse da ogni forma di aiuto o di supporto, come lo sono stati per anni milioni di nostri giovani, che oggi purtroppo non sono più neanche tanto giovani perché la mia generazione che non è più giovane in pochissimi casi ha conosciuto quelle protezioni e quei diritti che ho sentito evocare oggi in quest'Aula. Quindi, soprattutto poi una riforma degli ammortizzatori che passa attraverso un collegamento più forte tra i benefici e gli effettivi servizi per l'impiego e un'effettiva ricerca di lavoro.
La condizionalità degli ammortizzatori ad attività di utilità sociale o di ricerca di lavoro è un elemento fondamentale di questa riforma ed è un elemento che noi vogliamo valorizzare, noi in particolare di Scelta Civica che su questi temi abbiamo presentato varie proposte di legge ed emendamenti sia alla Camera che al Senato e ci auguriamo che sia scrupolosamente e attentamente sviluppata nei decreti delegati. Questa condizionalità, che per troppi anni è stata guardata con superficialità ed è stata sottovalutata, in realtà è l'unico criterio, l'unico modo, che ci consentirà non solo un utilizzo migliore delle risorse pubbliche. Ci tengo a sottolineare infatti che noi oggi comunque, pure in tutta l'inefficienza, spendiamo 24 miliardi l'anno di integrazione salariale, di cassa integrazione e di sussidi di disoccupazione. Quindi, anche quando si parla di mancanza di risorse, in realtà dovremmo fare un ragionamento più ampio su come noi stiamo utilizzando oggi queste risorse e sul come e quanto male le abbiamo utilizzate in questi anni. Quindi, riuscire ad utilizzare queste risorse, vincolandole e legandole a delle attività di formazione, di riqualificazione e di ricerca attiva di lavoro, ci consentirà di utilizzare meglio i denari pubblici e soprattutto di dare una vera speranza e una vera occupabilità ai lavoratori
E io credo che sia questo quello che i giovani oggi chiedono. Non conosco un solo giovane, un solo giovane, che sogni cassa integrazione o che sogni sussidi. Io vedo giovani che chiedono servizi, una formazione che funzioni, luoghi dove possono rivolgersi per mettersi in gioco, ma questi luoghi oggi non ci sono e la possibilità di mettersi in gioco manca. In questa legge delega si cerca di porre le basi per questo tipo di riforma e noi staremo molto attenti perché i decreti delegati poi riescano a mantenere le promesse che ci siamo prefissi con questa legge delega. Quindi, in sintesi, questa opera di riforma ci aiuterà se saremo capaci di attuarla correttamente senza cedimenti ideologici e senza approssimazioni nella fase di definizione dei decreti delegati. Ci aiuterà a creare delle situazioni più favorevoli per le imprese, per gli investimenti per cambiare davvero questo Paese, perché è quello che ci chiede il Paese, è quello per cui siamo qui, anche quando questo comporti fare delle scelte difficili, delle scelte scomode e delle scelte coraggiose, ma questo è il motivo per cui siamo qui e questo, secondo noi, deve essere l'obiettivo fondamentale e prioritario dell'azione politica di questo Governo.
Abbiamo un solo rammarico, quello legato alla tempistica, perché quando il nuovo Governo si è insediato le nostre proposte, per esempio sul codice semplificato del lavoro, sul contratto a tutele crescenti, sulla riforma degli ammortizzatori sociali, sulla loro condizionalità e molte altre, ancora erano già tutte depositate sia alla Camera che al Senato pronte, scritte, secondo gli stessi criteri esplicitati in questo disegno di legge. Si sarebbe potuto calendarizzare quelle proposte subito o anche solo utilizzarle come base per uno o più decreti da far passare subito al vaglio del Parlamento, e noi più volte abbiamo chiesto questa soluzione, che ci avrebbe consentito di arrivare alla riforma pienamente attuata già prima dell'estate. Quindi, questo un po’ ci dispiace, ma non è tempo di recriminazioni, è tempo di cambiare e, quando c’è da cambiare per rendere il nostro Paese più moderno e più dinamico, Scelta Civica c’è, e oggi voterà a favore di questo provvedimento
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Pizzolante. Ne ha facoltà.
SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, questa è una riforma fondamentale perché forse le regole non creano posti di lavoro, come dice qualcuno, anche se io non sono d'accordo, perché la riforma Biagi ha creato posti di lavoro, ma è certo che le cattive regole distruggono lavoro. Noi rimuoviamo le cattive regole per crearne di nuove e più moderne. Questa è la sostanza del provvedimento. Noi riformiamo gli ammortizzatori sociali che diventano forme di integrazione al reddito universali, per tutti. Oggi c’è chi ha molto e per molto tempo e chi nulla, una grave ingiustizia. Riformiamo le politiche attive del lavoro per rispondere ad un principio: il massimo di investimento sul futuro deve essere sulla occupabilità delle persone, percorsi scuola-lavoro, formazione continua, accompagnamento da posto di lavoro a posto di lavoro.
E qui è necessario vincere alcuni tabù: primo, non esiste più il posto fisso a vita. Ci piacerebbe, ma la realtà dei mercati e delle imprese oggi è diversa dal passato. Allora dobbiamo costruire nuove reti di protezione e di avviamento al lavoro. Conservare vecchi tabù significa rendersi corresponsabili degli alti tassi di disoccupazione.
Secondo tabù: la scuola e le aziende non sono nemici, anzi, le aziende sono i luoghi di formazione che più garantiscono posti di lavoro. Poi vi è la riforma del sostegno alla maternità e alla malattia, estesa a tutte le forme di lavoro. Se le forme di lavoro non sono più rigide e statiche, devono cambiare anche le forme di protezione.
Poi vi è la riforma della burocrazia del lavoro: porre fine ad un groviglio di norme significa che assumere e lavorare deve essere più semplice. Qui vi è un principio: dobbiamo creare regole capaci di aiutare chi crea buona impresa, lavoro e buon lavoro, e dobbiamo dotarci di strumenti per contrastare le distorsioni, che pure ci sono, che diventano patologie.
Se, invece, legiferiamo prendendo a riferimento, come parametro, le patologie, noi non complichiamo la vita delle cattive imprese, ma complichiamo la vita di tutti, ingessando il mercato e le imprese. Vi è la riforma fondamentale delle procedure di ingresso e uscita dal lavoro. Penso – lo dico con chiarezza – che l'articolo 18 sia il principale freno per le assunzioni a tempo indeterminato e ostacolo agli investimenti nazionali e internazionali: produce nanismo imprenditoriale, divide i lavoratori fra chi ha protezioni e chi non ne ha, crea ingiustizie evidenti fra chi lavora, si impegna e studia e chi non ha voglia di lavorare, di impegnarsi e studiare, ma ha le stesse protezioni.
Crea precariato: bisogna riflettere sul fatto che soltanto il 17 per cento delle assunzioni siano a tempo indeterminato. Vuole dire che quello strumento, così com’è, non funziona; non lo rendiamo più moderno e meno costoso. E ancora, crea rigidità, che un'impresa, in questo mercato globale e ipercompetitivo, non può più permettersi. Se il mercato è flessibile e fluttuante, il lavoro non può essere rigido. Mercato flessibile e mobile con lavoro rigido e immobile produce meno imprese e meno lavoro.
Queste idee e queste convinzioni vengono definite da alcuni, anche in quest'Aula, ultraliberiste, ieri qualcuno ha detto anche di origine fascista. E invece appartengono al filone storico del riformismo italiano, laico e cattolico, da Nenni a Brodolini, da Donat-Cattin a Gino Giugni, a Marco Biagi. La riforma del 1970 era adatta a quei tempi, quando non solo non vi era l'iPhone, caro Renzi, ma nemmeno i gettoni.
Vi erano le ferriere, il sindacato non trovava diritto di cittadinanza nelle fabbriche, ma già allora l'articolo 18 non doveva essere così com’è, a parte il pasticcio della Fornero. Non vi era la norma sui licenziamenti disciplinari e Brodolini disse a Giugni: lo Statuto deve essere per i lavoratori, e non per i lavativi. Vi era il limite dei 35 dipendenti oltre il quale far scattare l'articolo 18.
Già allora ci si poneva il problema del nanismo imprenditoriale. Il PCI, come sappiamo, esercitò un diritto di veto e non lo votò, insieme all'MSI; il PCI non lo votò. Dico all'amico Airaudo, che afferma che l’ titolò che la Costituzione entrò le fabbriche: quell'ingresso nelle fabbriche il PCI non lo votò !
Inoltre, nessuno dei protagonisti di allora pensava che quella dovesse essere una riforma per sempre. I riformisti autentici non pensano mai che le riforme siano per sempre. È paradossale: chi lo votò ha sempre pensato che, con il tempo, doveva cambiare; chi non lo votò ha sempre pensato fosse immodificabile.
Mi riferisco anche ai figli di chi non la votò allora, presenti in quest'Aula, la sinistra non riformista, la cosiddetta destra sociale, o sindacale, che vive anche in Forza Italia, e la destra lepenista, uno strano intergruppo della conservazione. Gino Giugni che era il padre dello statuto invece, nella conferenza programmatica di Rimini del PSI del 1982, proponeva già allora una radicale riforma; dodici anni dopo il 1970, trentadue anni prima di oggi. Nel 2003, Giugni intervistato dall’dice: non riscriverei uguale l'articolo 18, d'altronde non lo avevo scritto così nemmeno allora. E sull'iniziativa di allora di Bertinotti, che oggi è di Landini, di estendere l'articolo 18 alle aziende sotto i quindici dipendenti, disse: va bloccata, respinta, perché insensata, produce pulsioni anacronistiche e massimaliste, ed è quello che oggi sta succedendo nelle piazze mediatiche e nelle piazze fisiche. E aggiunse: non bisogna restare impigliati nelle vecchie ragnatele. Gino Giugni fu gambizzato dalle BR per queste idee, ed altri riformisti, sino a Biagi, hanno perso la loro vita per aver rotto le ragnatele del mercato del lavoro. Si può non essere d'accordo, ma non è consentito a nessuno di dire che sono idee e azioni contro i lavoratori, o idee e azioni disoneste, come dice Landini. Si dice, inoltre, Renzi, ed altri qui in quest'Aula, hanno cambiato idea. Bene, meglio cambiare idee e rompere le ragnatele, perché convinti della forza delle idee e della realtà, rispetto a chi ha le stesse idee fisse da cinquant'anni, e pensa di avvolgere tutto il Paese nella proprie ragnatele.
Una delle critiche più importanti alla riforma, emersa in quest'Aula, è stata che con questa riforma si toglie potere al lavoratore e al sindacato in azienda. Per noi il problema non è il potere, ma il lavoro. Noi vogliamo più lavoro, non più potere per il sindacato in azienda. Il potere del lavoratore sta nella sua capacità, nella sua volontà di essere più forte nelle sue competenze, nel suo diritto di associarsi con altri e che si fa valere nella contrattazione con le proprie regioni. Non è una norma che può stabilire da che parte devono pesare gli equilibri dentro l'impresa. È una grande riforma e noi voteremo a favore. Colgo l'occasione per ringraziare il Ministro Poletti e il sottosegretario Bellanova, per l'eccellente lavoro fatto
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Calabria. Ne ha facoltà.
ANNAGRAZIA CALABRIA. Egregio Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge delega che ci apprestiamo a votare in quest'Aula, non solo non è la grande riforma del lavoro annunciata da mesi, non solo è una scatola vuota di contenuti e, soprattutto, di soldi, il cosiddetto è anche, e soprattutto, una scatola ricca di inutili compromessi. Compromessi frutto di vecchie ideologie e corporativismi che hanno prodotto come unico risultato quello di far convergere i partiti che compongono la variegata maggioranza del Governo Renzi. Partiti che storicamente non hanno, e non possono avere, la stessa posizione su un tema così delicato come quello del mercato del lavoro. Una legge che va bene un po’ a tutti, infatti, non può essere buona legge, e nasconde, sicuramente, confusione e incertezza e in ogni caso nulla di buono.
L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, con tutte le sue rigidità, non è stato superato. L'articolo 18, come riportato egregiamente da una vignetta di Giannelli, in una recente edizione del esce dalla porta e rientra dalla finestra, e la regolazione di questo compromesso è delegata alla redazione di decreti legislativi che al momento nessuno conosce, decreti legislativi che potrebbero contenere tutto e niente, dato che partono da una delega lacunosa e incerta, disomogenea e approssimativa, una sorta di delega in bianco in stridente contrasto con le norme costituzionali che richiedano di legiferare, indicando criteri certi e precisi.
Date le premesse, ciò che con tutta probabilità verrà fuori è un pasticcio contro i lavoratori, contro le imprese, contro i giovani, contro il mercato del lavoro e anche contro il buon senso: un imbroglio che tradisce le aspettative degli italiani e che rischia di avere come effetto a lungo termine quello di affossare definitivamente una generazione. Un pasticcio confuso e incerto, come d'altronde è il contratto a tutele crescenti, valido solo per i neoassunti: un'approssimazione, come tutte le promesse e gli annunci del Governo Renzi. Già, Renzi, un Presidente del Consiglio che appena insediatosi aveva annunciato, già nella presentazione delle «La volta buona», una riforma del mercato del lavoro entro marzo. A parole disse: «Abolirò l'articolo 18, è un residuo del passato». Un po’ come Monti, che, prima di presentare la riforma del mercato del lavoro, legge Fornero, disse: «Questa riforma non presenterà un retaggio del passato, una mentalità consociativista, tipica di un tempo. Sarà una riforma per i giovani e per il Paese».
Ebbene, Renzi come Monti. Una riforma con due pilastri che hanno fatto una brutta fine: il decreto-legge Poletti, annacquato nel corso dei passaggi parlamentari, segnati da scontri all'interno tra le stesse forze di maggioranza e all'esterno con i sindacati e da ben 4 fiducie, e un disegno di legge delega che, da marzo, giunge solo ora all'approvazione in seconda lettura alla Camera, dopo aver incassato una fiducia al Senato lo scorso ottobre su un testo che già si sapeva zoppo ed incompleto e dopo aver subito mille a causa delle incomprensioni tra le diverse correnti che animano il partito di maggioranza e l'intera coalizione che sostiene l'Esecutivo.
Nel mezzo vi sono stati annunci roboanti, come quello del Premier di fine settembre, ospite della trasmissione quando sostenne che il reintegro in caso di licenziamento illegittimo fosse un ferrovecchio. Disse: «Non tratto con la minoranza del partito, ma con i lavoratori. L'articolo 18 è una norma che risale a 44 anni fa e tutela solo una parte delle persone, altre sono abbandonate».
Ma, insieme agli annunci, vi sono state le discussioni nella direzione del Partito Democratico, come quella che ha visto l'approvazione di un testo che poi è stato ripreso e confermato in Commissione lavoro, che, quindi, si è limitata a ratificare una decisione presa non certo in questa autorevole sede. Proprio per questo le opposizioni hanno abbandonato i lavori della Commissione, dopo che i parlamentari hanno appreso dalla stampa i contenuti delle proposte del Governo e le modalità con cui sarebbero state votate, senza poter contribuire a migliorare il testo.
Come ha ricordato lo stesso Maurizio Sacconi qualche giorno fa, il superamento dello Statuto dei lavoratori è una battaglia storica del centrodestra. Per questo alcune clamorose marce indietro durante l'iter della legge non possono che renderci ancora più delusi per il verso assunto dalla discussione.
Ma ciò che delude di più è che ogni volta affrontiamo un dibattito che parte già vecchio, che si trascina in corsi e ricorsi storici, senza portare nulla, nulla di nuovo. La riforma del mercato del lavoro, con l'obiettivo di eliminare le rigidità strutturali che caratterizzano l'economia italiana, ci è stata chiesta con urgenza da tutti gli organismi internazionali. Anche il Governo Berlusconi, nel corso della XIV legislatura, provò ad imprimere una svolta. Dal 2000 al 2008, prima della grande crisi, le riforme del lavoro dei Governi Berlusconi hanno creato oltre 3 milioni e mezzo di posti di lavoro, con una riduzione del tasso di disoccupazione dal 10 per cento al 6,1 per cento e un aumento del tasso di occupazione regolare dal 55,5 per cento al 58,7 per cento. E del 3,2 per cento di occupazione in più, solo lo 0,3 per cento ha afferito al lavoro temporaneo, a conferma che i posti di lavoro creati sono stati prevalentemente a tempo indeterminato.
Ma la legge Biagi aveva comunque un limite, perché alla flessibilità in entrata non si associava quella in uscita, che avrebbe creato un mercato del lavoro davvero dinamico, aperto e trasparente. Con le controriforme del Ministro Fornero, prima, e con i blandi decreti dei Ministri Giovannini e Poletti, poi, la disoccupazione ha spiccato il volo e ora siamo di nuovo punto e a capo.
E mentre la discussione ideologica si consuma dietro il falso dell'articolo 18, il Governo sembra non vedere che oggi l'unica alternativa alla flessibilità, per la stragrande maggioranza degli italiani, non è un lavoro blindato a tempo indeterminato, ma la disoccupazione. E non si tratta di scegliere tra tutele fisse o crescenti, ma tra flessibilità e disoccupazione. Ammettere questo non significa arrendersi al precariato, ma guardare con realismo al problema e cercare una soluzione.
Questa è la situazione in cui versa il nostro Paese, nella morsa di una domanda stagnante e di indicatori economici tutti negativi. Questa è la situazione per cui molti giovani sono costretti ad abbandonare l'Italia alla ricerca di un lavoro in Paesi dove l'articolo 18 non c’è, perché in nessuna parte del mondo esiste una tutela come l'articolo 18. In nessuna parte del mondo, in ragione del licenziamento illegittimo, c’è la reintegra obbligatoria.
In questa delega, invece, si parla di diritto alla reintegrazione anche per specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato: in altre parole, la reintegra è obbligatoria, a seconda di come deciderà il Governo nell'elaborazione dei decreti delegati.
Con il problema del rapporto con l'articolo 76 della Costituzione, che resta aperto, dal momento che non è dato sapere quali saranno le specifiche fattispecie in cui opererà la sanzione del reintegro o, peggio ancora – se c’è limite al peggio –, decisione affidata alla discrezionalità del giudice.
La soluzione proposta da Forza Italia sarebbe stata certamente più chiara, avendo provato a definire con maggiore chiarezza i tipi di licenziamento disciplinare per cui fosse possibile il reintegro, ovvero quello di cui fosse provata la manifesta insussistenza del fatto contestato, nella misura in cui esso avesse prefigurato una lesione della dignità e della figura morale e professionale del lavoratore.
Il Governo Renzi aveva la preziosissima occasione di imprimere davvero la svolta buona, potendo contare sull'atteggiamento responsabile e propositivo di Forza Italia, che si è dimostrata pronta a dare il proprio contributo, in particolare su questo tema, per un cambiamento che fosse reale e non frutto di un compromesso al ribasso.
Ma la svolta buona non c’è stata e non ci sarà; per questo Forza Italia voterà contro una norma che creerà nuove rigidità, nuove incertezze, che non aiuterà le imprese e non favorirà nuove assunzioni.
Forza Italia voterà contro questo inaccettabile compromesso, che il Premier porterà in Europa come specchietto per le allodole, ma che non avrà il potere di smuovere i mercati finanziari e gli investitori.
ANNAGRAZIA CALABRIA. Forza Italia voterà contro questa scatola vuota, incapace di offrire una speranza a quelle giovani generazioni che oggi purtroppo l'hanno persa, in un Paese che è stanco di compromessi, ma che soprattutto è stanco di chiedere una prova di coraggio, che da questo Governo non arriverà mai .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tripiedi. Ne ha facoltà.
DAVIDE TRIPIEDI. La grande riforma del lavoro di Renzi cosa contiene ? Contiene il demansionamento, contiene il videocontrollo, contiene l'eliminazione dei diritti.
Cosa non contiene invece ? Non contiene il reddito di cittadinanza, che è il fulcro del lavoro, perché una persona che perde il lavoro deve avere un reddito, un ammortizzatore sociale, un attivatore sociale che possa garantire la propria dignità.
Non si parla di lavoratori autonomi, lavoratori autonomi abbandonati completamente da questa delega.
Non si parla di riforma delle pensioni: il Ministro Poletti aveva promesso a tutte le opposizioni che avremmo dato una risposta a tutti quei pensionati che oggi non riescono ad accedere al sistema pensionistico, perché sono stati penalizzati da quella maledetta riforma Fornero, votata all'unanimità da questo Parlamento (solo la Lega votò contro) .
Quella è la vera riforma del lavoro: abolire questa riforma Fornero, che ha creato una situazione paradossale ! In Europa siamo il secondo Paese come livello di emigrazione, quindi esportiamo giovani ed importiamo manovalanza. Questi sono i dati reali e non possono essere smentiti. Nel 2013 hanno chiuso 14.269 aziende, 6.151 aziende usano la cassa integrazione, 22.081 aziende hanno delocalizzato nel 2010 e questo dato è in netta crescita.
In Italia abbiamo 10 milioni di poveri, 6 milioni di questi vivono in povertà assoluta.
Questi dati sono bollettini di guerra, bollettini di guerra che ha creato la politica in tutti questi anni, svendendo sovranità monetaria a sovranità popolare in nome dell’ europea .
Noi siamo stufi di questa Europa, che va contro i lavoratori e contro la sovranità popolare !
In questi anni abbiamo assistito a varie riforme del lavoro, dalla legge Biagi, che ha creato esclusivamente precariato; poi abbiamo visto il DL Giovannini, che oggi non ha portato nessun risultato.
Abbiamo visto il DL n. 34 dove si precarizza definitivamente anche il contratto a termine. Infatti, questo Governo e i compagni del PD hanno inserito un sacco di precarietà togliendo la causalità dei contratti e hanno inserito cinque proroghe con un numero illimitato di rinnovi. Questi sono i piani che vuole portare avanti il Governo Renzi.
Noi con questa legge delega ci siamo trovati esautorati del nostro ruolo perché abbiamo presentato trecento emendamenti nel merito in Commissione e se è avvenuto un dibattito in Aula è perché abbiamo voluto fare un'opposizione responsabile. Quindi, abbiamo cercato di ridurre gli emendamenti per portare in quest'Aula la discussione. Ce l'abbiamo fatta, però bisogna ricordare che ieri, mentre eravamo qui a discutere di questa legge, il Ministro Poletti è intervenuto zero volte e non ha detto niente. Non ha detto niente perché non voleva farci sapere nulla su quello che accadrà all'interno di questa delega in bianco. Non ci vuole raccontare proprio cosa contengono questi decreti delegati.
Sicuramente lo saprà perché li avrà fatti insieme a Confindustria e insieme a Sacconi, quelle corporazioni e quel Ministro, perché Sacconi è stato Ministro, che hanno voluto sempre distruggere i diritti in nome della produttività. Eliminando i diritti non si crea occupazione e modificando i contratti non si crea occupazione, la storia ce lo insegna. Avete distrutto ancora di più l'articolo 18 che era l'ultima tutela rimasta per i lavoratori.
Non si vanno ad aiutare le microimprese, non si va ad aiutare il settore produttivo reale di questo Paese. Le nostre imprese pagano il 70 per cento di tasse e questo è inammissibile in un Paese normale. I nostri lavoratori vengono manganellati nelle piazze. Questi sono i risultati: le piazze si stanno scatenando, i lavoratori non ne possono più di questo sistema che se la prende sempre con loro, con la parte più debole .
Noi siamo stufi di questi accordi e accordini che sono arrivati da parte del Nuovo Centrodestra insieme al presidente Damiano. Abbiamo, però, anche un dato di fatto: si svela qual è la faccia del Partito Democratico. È la faccia più liberale del Nuovo Centrodestra perché siete diventati più liberisti di Forza Italia. Siete arrivati veramente al ridicolo ! Infatti, quei diritti che voi difendevate nelle piazze, oggi in quest'Aula li state eliminando, ammazzando, perché in quest'Aula è nata la legge n. 300 e in quest'Aula il Partito Democratico sta uccidendo definitivamente quella legge che tutelava i lavoratori.
Vogliamo cercare anche di dare un'idea al Paese. Abbiamo proposto tanti emendamenti; abbiamo proposto la flessibilità delle ore del lavoro, non la flessibilità del lavoratore, che c’è differenza . Abbiamo proposto la possibilità di un padre di stare vicino alla propria moglie nel momento in cui si avvicina il parto. Quindi, dare trenta giorni di tempo al marito per stare vicino alla moglie. Non avete voluto. Abbiamo presentato emendamenti volti a tutelare anche i lavoratori autonomi e voi non li avete sostenuti. È chiara la scelta politica di lasciare il MoVimento 5 Stelle in un angolo, neanche ascoltandolo, perché abbiamo proposto veramente emendamenti nel merito e costruttivi. Ho letto nei giornali che oggi in quest'Aula ci saranno dei voti contro, ma io voglio invitare l'onorevole Fassina e l'onorevole Civati affinché invece di fare dichiarazioni sui giornali vengano in Commissione a dare una mano .
Lavorate, venite in Commissione a lavorare . Il MoVimento 5 Stelle voterà contro questa delega in bianco perché non ha contenuti, è stata fatta insieme a Confindustria e a Sacconi, si legalizza il si vanificano diritti che nella storia si sono creati proprio all'interno di quest'aula.
Avete distrutto il diritto e state distruggendo i lavoratori. Volete semplicemente fare concorrenza ai Paesi dell'est abbassando il costo del lavoro, cioè abbassando i redditi dei lavoratori, questa è la verità ! Noi del MoVimento 5 Stelle non vogliamo lavorare, come volete fare voi, con i allargando la possibilità di precarizzare ancora di più quel sistema che oggi in Germania è fallito e non lo dico io ma l'hanno detto i parlamentari tedeschi venuti qua in quest'Aula, venuti in Commissione a spiegare un po’ cosa è successo con i . Insomma, Presidente, mi sarei aspettato da Ichino, mi sarei aspettato da Forza Italia, mi sarei aspettato una riforma del lavoro così liberale da tutte le forze di opposizione, a parte il MoVimento 5 Stelle, ma non dal Partito Democratico, quel Partito Democratico che va nelle piazze a difendere i lavoratori e, invece, oggi distrugge una storia !
Ripeto: le riforme del lavoro per le imprese devono essere fiscali perché un'impresa non può pagare il 70 per cento di tasse. I lavoratori devono essere tutelati e non devono essere né demansionati, né videosorvegliati. Devono essere...
PRESIDENTE. Concluda per favore.
DAVIDE TRIPIEDI. ...collaboratori di aziende e non servi e basta, perché voi state schiavizzando il mondo del lavoro. Il MoVimento 5 Stelle voterà contro questa «porcata» perché è l'ennesima «porcata» che sta portando avanti il PD. Saremo vicini a tutte quelle aziende e a tutti quei lavoratori che saranno in difficoltà. A differenza vostra noi siamo in mezzo alla gente e noi siamo quella gente che in quelle piazze si sta lamentando .
PRESIDENTE. Togliete questi cartelli, per favore, intervengano i commessi ! Togliete questi cartelli, colleghi, per favore ! Consegnate questi cartelli ai commessi, grazie Deputata Ciprini, per favore può collaborare ? Grazie.
Saluto gli insegnanti e gli studenti dell'Istituto comprensivo di Noventa di Piave, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune . Ben arrivati.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Martella. Ne ha facoltà.
ANDREA MARTELLA. Presidente, colleghi deputati, la strada più facile da seguire per alcuni continua ad essere quella lastricata di parole al vento, di continua delegittimazione dell'avversario...
ANDREA MARTELLA. ...di attacchi a chi la pensa in modo diverso dal proprio.
C’è questo, purtroppo, dietro l'ennesimo mediatico a cui abbiamo assistito in quest'Aula; e dico «purtroppo», perché dietro non c’è nient'altro: c’è solo una clamorosa assenza di visione e un vuoto assoluto di proposte.
Mi dispiace, ma è un lusso che proprio non ci possiamo permettere. Se prevalesse un atteggiamento così irresponsabile, il Paese precipiterebbe e a pagarne le conseguenze sarebbero milioni di italiani, milioni di lavoratori che, in questi anni, hanno fatto grandi sacrifici per consentirci di risalire la china e che oggi, finalmente, possono iniziare a vedere un ritorno per questo loro sforzo.
Lo dico non in tono roboante, ma lo dico con serena fermezza: noi non consentiremo a nessuno di riportarci indietro, noi continueremo con il nostro impegno per cambiare l'Italia. È un cambiamento che passa anche da qui: da un disegno di legge che è stato presentato dal Governo, dal Ministro Poletti, e che, a conferma del ruolo centrale del Parlamento, è stato modificato e migliorato in molte sue parti grazie al lavoro del Partito Democratico, grazie al lavoro – e desidero ringraziarli tutti quanti – delle deputate e dei deputati del Partito Democratico della Commissione lavoro . Un testo che oggi verrà approvato senza essere passati per il voto di fiducia, un disegno di legge che rappresenta una svolta culturale, oltre che politica, sul tema cruciale della regolazione del mercato e dei rapporti di lavoro.
Ma voglio entrare subito come si dice. Si è discusso molto dell'articolo 18, della sua abolizione, secondo alcuni, della sua modifica, del suo aggiornamento, per come la vedo io. Ma comunque la si pensi – vorrei dirlo all'onorevole Airaudo –, non è possibile fare mistificazioni. Per onestà intellettuale, andrebbe riconosciuto da tutti, che quella del è una pagina nuova che va letta per intero: non si può prenderne solo un pezzo a proprio piacimento. Cambiano le regole sui licenziamenti, certi, cambiano per i nuovi assunti, ma anche si dà vita ad una nuova generazione di diritti e di strumenti di tutele.
Riformare i contratti e gli ammortizzatori sociali significa occuparsi finalmente dei giovani precari e superare la distinzione insopportabile tra garantiti e non garantiti; significa tutelare più che i posti, cosa ormai impossibile, i lavoratori, cosa doverosa; significa proporre al Paese un nuovo patto per il lavoro, un nuovo compromesso fra flessibilità e sicurezza, fra impresa e lavoratori, che potrà non piacere, ma è del tutto evidente che, ormai, impresa e lavoratori sono sempre più uniti in una comunità di destino. E mi dispiace che, da questo punto di vista, senza mai aver visto fare nulla dalla Lega e da Forza Italia nel passato, sia arrivato un attacco come questo a chi sta tentando di fare dei passi in avanti sulla riforma del lavoro .
Non è semplice, lo sappiamo, e non tutto avverrà dall'oggi al domani. Sarà sempre più facile dire per qualcuno che ci voleva ben altro, che bisognava fare di più, ma io voglio ricordare le parole di un giornalista, che di lavoro ha scritto molto prima di essere barbaramente ucciso un giorno di maggio di ventiquattro anni fa, che disse: «Il gradualismo, il riformismo, l'umile passo dopo passo sono l'unica strada percorribile per chi vuole elevare davvero la condizione dei lavoratori». Così scriveva Walter Tobagi e così dobbiamo fare oggi con il coraggio, la legalità e, al tempo stesso, la concretezza che solo il riformismo può avere .
Quel riformismo che può cambiare le sorti di un Paese e, a volte, il corso della storia, quello che dà fiducia e speranza ad un popolo intero. Penso al riformismo di Roosevelt e del suo che seppe superare la crisi terribile del ’29; penso al riformismo di Willy Brandt e di Olof Palme che, mentre si adoperavano per l’ e il disarmo nucleare, facevano progredire il e le garanzie per i loro concittadini. Penso al riformismo che, negli anni Novanta, negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, è riuscito a coniugare e a tenere insieme crescita e giustizia.
Sono questi gli esempi a cui dobbiamo guardare; è questa la capacità di visione che dobbiamo avere se vogliamo che al passo che si compie oggi se ne possano compiere degli altri; se vogliamo essere davvero credibili; se vogliamo davvero aprire, finalmente, quel ciclo riformista che l'Italia non ha mai conosciuto.
Altro che thatcherismo, il riformismo, la sinistra è coraggio, è innovazione, è radicalità, è realistica possibilità, è cultura di Governo, è pragmatismo, è riconoscimento dei meriti insieme al rifiuto dell'ingiustizia. Questo è quello che noi pensiamo quando parliamo di sinistra. Certo, oggi c’è un elemento in più, questo elemento in più che dobbiamo tenere in considerazione è la velocità. Questo non significa torsione della democrazia, come qualcuno ha detto, questo significa che è la nostra società, che sono le nostre società che subiscono torsioni continue, che sono più aperte e più dinamiche che mai. Allora, può sembrare un paradosso, ma proprio per la complessità dell'epoca in cui viviamo è necessario che il fattore tempo assuma una rilevanza molto più grande rispetto a prima.
È vero, quindi, che, sulle questioni economiche e su quelle del lavoro, non è più tempo di trattative infinite, che non portano da nessuna parte; la concertazione, così come l'abbiamo conosciuta a partire dal 1993, ha permesso di raggiungere obiettivi fondamentali; oggi, però, abbiamo bisogno di una democrazia che sappia decidere di più e più rapidamente. Il punto è questo, sapendo, però, che, se da una parte non si può concertare senza decidere, non si possono neanche prendere le decisioni migliori e più efficaci senza un confronto con la società, senza un confronto con i corpi intermedi della società, anche senza un confronto con le inquietudini, le tensioni che si muovono nelle piazze. Tuttavia, deve essere chiaro: il vero confronto è quello che non prevede chiusure e atteggiamenti ideologici, è quello in cui nessun interlocutore può arrogarsi un potere di veto. Io penso che questo sia tanto più necessario in una situazione di crisi come questa che stiamo vivendo; ci vuole coraggio e responsabilità. Anche il sindacato, voglio dirlo, quando ha saputo fare così, quando ha avuto coraggio, ha scritto le pagine migliori della storia sua e di questo Paese.
La mia storia mi permette di non avere dubbi sulla legittimità di una scelta come quella dello sciopero generale, ma mi fa anche dire che le scelte più coraggiose per la vita del Paese in un passato sono state altre: penso a Bruno Trentin che, per salvare l'Italia dalla bancarotta, nel luglio del 1992 firmò l'accordo che implicava la fine della scala mobile e poi si dimise, pensando di essere andato oltre al suo mandato; penso a Luciano Lama che, nel 1978, promosse la svolta dell'Eur, dicendo, chiaro e tondo, che il salario non poteva più essere una variabile indipendente e che, per aggredire il dramma della disoccupazione, le altre rivendicazioni, comprese quelle salariali, dovevano aspettare. È di questo che c’è bisogno, di responsabilità e di coraggio; del coraggio di cambiare e di innovare, sfidando consuetudini e conservatorismo.
Noi democratici crediamo nelle riforme e ci battiamo per questo. La partita è aperta, di questa partita il è una parte; ci sarà poi la legge di stabilità che sarà il prossimo importante passaggio, una manovra a espansione qualificata, come l'ha definita il Ministro Padoan, perché prevede, tra le altre cose, importanti risorse proprio per riformare il sistema degli ammortizzatori sociali, perché è figlia della consapevolezza che creeremo davvero occupazione solo attraverso il sostegno alla crescita e la diminuzione della pressione fiscale per le imprese e perché, soprattutto, questa legge di stabilità ha l'ambizione di rimettere nel circuito la fiducia; fiducia che deve essere davvero il segno più importante quando noi guardiamo al PIL.
Ecco, è un cambiamento di rotta complessivo che riguarda anche l'Europa, un'Europa che noi vogliamo abbia sempre più un'identità politica e sociale diversa da quella dell'attualità e della rigidità dei conti. Ed è per questo, Presidente, che noi continueremo a lavorare per chi lavora, per chi fatica ogni giorno, per chi il lavoro non ce l'ha e per chi sogna di poter costruire una vita migliore per sé e per i propri figli. Continueremo a lavorare sempre per il bene e per il futuro del nostro Paese e di tutti i cittadini italiani ed è per questo che voteremo convintamente a favore di questo provvedimento .
PRESIDENTE. Colleghi, questo era l'ultimo intervento per dichiarazione di voto finale, adesso vi sono degli interventi a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Corsaro. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Grazie Presidente, il mezzo passo indietro del Presidente Renzi è l'ennesima dimostrazione che difficilmente lui riesce a far seguire alle parole i fatti.
Questo ci fa immaginare che anche in questa occasione i decreti attuativi potranno tradurre solo in minima parte quello che c’è scritto, ma sarà quello il momento in cui dovremo contestarlo. Quello che mi preme dire oggi, onorevole Presidente, in difformità rispetto a quanto è stato detto dalle altre forze di opposizione, è che l'enunciato di questo provvedimento – perché più di enunciato, in una legge delega, non si può parlare – è nient'altro che la riproposizione, parola per parola, delle tante argomentazioni che hanno costituito l'asse portante degli obiettivi elettorali del centrodestra negli ultimi vent'anni, che il centrodestra, colpevolmente, non è stato capace di realizzare. Fingere oggi di mettere la testa sotto la sabbia, non accorgersi che Renzi ci sta mettendo di fronte a uno specchio e scappare, rinnovando un'opposizione che su temi assai più scottanti non si è stati in grado di realizzare, è molto curioso. Così come trovo fortemente imbarazzante che da destra oggi si decida di votare come ce lo chiedono la CGIL e gli epigoni del comunismo nostrano. Questo è il motivo per cui io voterò a favore di questo provvedimento .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Giuseppe Civati. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CIVATI. Presidente, solo pochi secondi per affermare il mio profondo dissenso rispetto a questo provvedimento e al voto del gruppo di cui faccio parte, soprattutto nei confronti di una campagna politica e culturale di cui non ho condiviso i toni, le parole e gli obiettivi, e in riferimento, se posso, al programma elettorale, al mandato che abbiamo ricevuto dagli elettori. Quindi, non mi assocerò al voto del gruppo .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Stefano Fassina. Ne ha facoltà.
STEFANO FASSINA. Grazie Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare, senza alcuna formalità, il presidente Speranza, il presidente Damiano e tutti i componenti della Commissione lavoro, per l'impegno a dare protagonismo alla Camera dei deputati sul disegno di legge delega sul lavoro. Non era scontato e non è stato facile. Il testo arrivato dal Senato è stato migliorato, tuttavia rimangono valutazioni negative su punti decisivi. Si continuano, anche nel nostro dibattito, adesso, a celebrare interventi di allargamento delle tutele a chi non ne ha, ma il propagandato contratto unico non c’è e non c’è neanche il disboscamento della giungla dei contratti precari. Le risorse per le politiche attive e passive per il lavoro, gli ammortizzatori sociali, un punto qualificante del provvedimento, non ci sono. Con un emendamento al disegno di legge di stabilità, il Governo ha individuato 200 milioni di euro invece che il miliardo e mezzo prospettato. Sommati alle risorse già stanziate per il 2015 vi sono meno risorse che per la Cassa in deroga nel 2014. Invece, viene cancellata la possibilità di reintegro per chi viene licenziato senza giustificato motivo economico e viene prospettata la possibilità di reintegro in caso di fattispecie di licenziamento disciplinare, ma è un canale puramente virtuale, perché, come è stato ricordato, le imprese non utilizzeranno questo canale. Il demansionamento e i controlli a distanza continuano a escludere chi rappresenta il lavoro e il campo di applicazione dei rimane pericolosamente ambiguo. Inoltre, vi sono le parole del Presidente del Consiglio, che in queste settimane hanno accompagnato questo provvedimento, che certamente non aiutano a una valutazione migliorativa. Per le ragioni suddette, di merito e politiche, insieme ad una trentina di altri colleghi, non possiamo dare il nostro consenso al disegno di legge delega .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gianni Melilla. Ne ha facoltà.
GIANNI MELILLA. Signora Presidente, in questo dibattito mi sono tornate in mente tante immagini, che ho vissuto come sindacalista della CGIL. Voglio condividere con voi il sorriso oppure il pianto liberatorio o gli abbracci di tanti lavoratori che tutelavo, ricorrendo all'articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori. E siccome a Berlino c’è un giudice, questi lavoratori violati, umiliati, discriminati, venivano reintegrati. Mi dispiace che da oggi non sarà più così. Oggi si sta demolendo il cuore dello Statuto dei diritti del lavoratori, che è stato uno spartiacque di civiltà giuridica nella storia d'Italia .
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Francesco Saverio Romano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Grazie Presidente, soltanto per dire che, nel giorno in cui il gruppo di Forza Italia con molta chiarezza finalmente fa opposizione chiara a questo Governo e a questo provvedimento, rendo col mio voto, voto contrario al provvedimento, prioritaria la necessità che, in questo Paese, finalmente, ci sia una democrazia matura, dove c’è chi governa, chi propone gli atti, dove c’è un'opposizione che li contrasta e poi, senza abbandonare l'Aula, a testa alta, vota contro.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
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PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2660-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
PRESIDENTE. Comunico che, in data 13 novembre 2014, la Commissione di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti, di cui all'articolo 3 del regio decreto 2 gennaio 1913, n. 453, ha proceduto alla propria costituzione.
Sono risultati eletti: presidente, la senatrice Cinzia Bonfrisco; vicepresidenti, la deputata Raffaella Mariani e il senatore Paolo Naccarato.
DALILA NESCI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALILA NESCI. Signor Presidente, oggi i giornali locali riportano la notizia che Mario Oliverio, il nuovo governatore della Calabria, chiederà al Presidente del Consiglio Matteo Renzi i poteri di commissario per la sanità regionale. Come è noto, la Calabria è sottoposta al rientro dal debito sanitario. Su pressione del MoVimento 5 Stelle in Calabria, il Governo nominò a settembre il Commissario che non è un esponente politico e nello specifico ha una comprovata competenza per l'incarico.
La sanità della Calabria è dunque gestita dai Ministeri della salute e dell'economia, che nei mesi scorsi richiamarono a più riprese la giunta regionale, responsabile di nomine illegittime nelle aziende sanitarie in quanto avvenute in dello stesso esecutivo.
Quella Giunta si considerò quindi al di sopra del Governo e al di sopra di tutti. Se non fosse stato per il MoVimento 5 stelle, la sanità calabrese non avrebbe ripreso il cammino del rientro: infatti abbiamo anche depositato un esposto, che ha dato il via ad un'inchiesta penale.
Anni fa, la disposta commissione ministeriale d'inchiesta rilevò che la malasanità calabrese derivava dal mancato rispetto delle regole, da una gestione politicizzata e dagli interessi criminali.
Con l'interrogazione e con gli emendamenti che abbiamo presentato alla legge di stabilità abbiamo chiesto al Governo di attuare l'impegno di modificare la normativa, in modo che il governatore non sia anche il commissario per la sanità nelle regioni sotto rientro e che soprattutto non sia in conflitto di interessi. Non abbiamo avuto risposta quindi chiediamo al Presidente Renzi se vuole una sanità calabrese al servizio della politica oppure che sia la politica, per una volta, a mettersi a servizio della sanità, accettando che il rientro sia affidato a una figura competente, che sia finalmente sganciata dai partiti.
PAOLA CARINELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLA CARINELLI. Presidente, il 29 ottobre di quest'anno è avvenuto un fatto gravissimo, un bruttissimo episodio di violenza. In pieno giorno, alle ore 13, una donna di 40 anni è stata aggredita da un gruppo di sconosciuti mentre stava facendo una cosa sul naviglio grande, alle porte di Milano. I suoi aguzzini l'hanno picchiata e sfregiata con un vetro, le hanno sfregiato le braccia, le gambe, il ventre e il visto e questo purtroppo è solo l'ultimo di una serie di episodi, di una serie di aggressioni lungo quel tratto della pista ciclo pedonale che collega Milano a Corsico.
La prima aggressione risale al 2011. Da allora, sono passati più di tre anni e nulla è stato fatto. I cittadini hanno chiesto al comune di Corsico di mettere delle telecamere per la video sorveglianza. Nulla. Le forze dell'ordine dove sono ? Non ci sono: si perché per tutto il territorio che va da Corsico a Locate, quindi quasi 100 mila abitanti, buona parte del sud di Milano ci sono solo due volanti operative. Il sud di Milano è di fatto un .
Finché non si interviene su questa situazioni le aggressioni e le illegalità continueranno. Io ho presentato un'interrogazione, la n. 4-06775, alla quale ora sollecito una risposta, vista l'urgenza della situazione, un'interrogazione al Ministro dell'interno per sollecitare un maggiore stanziamento di forze dell'ordine. I cittadini, Presidente, guardano alle istituzioni per risolvere i propri problemi. E le istituzioni che risposte danno ? Le belle parole sentite oggi, oggi, giornata mondiale contro la violenza sulle donne saranno inutili se alle parole non seguiranno i fatti.
GIANNI MELILLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNI MELILLA. Signora Presidente, due anni fa moriva in Svizzera Lucio Magri. Nel 1969, Lucio Magri, dopo l'invasione sovietica della Cecoslovacchia fu tra gli animatori de insieme ad altre personalità della sinistra italiana, come Luigi Pintor, Rossana Rossanda e Aldo Natoli.
Il Partito Comunista italiano radiò il gruppo de che, nel 1971, fondò il quotidiano, che ancora oggi è presente nelle nostre edicole.
Lucio Magri fu segretario del Partito di unità proletaria per il comunismo e nel 1984, dopo un dialogo fecondo con Enrico Berlinguer, il PdUP confluì nel Partito comunista italiano.
Lucio Magri aderì a Rifondazione Comunista e, fino all'ultimo, ha dato un grande contributo culturale al rinnovamento della sinistra italiana.
A 79 anni, due anni fa, a Bellinzona, in Svizzera, Lucio Magri chiese di essere assistito nella morte volontaria e, dal 3 dicembre del 2011 è al cimitero di Recanati a fianco della carissima e amata moglie Mara.
PAOLO BERNINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO BERNINI. Presidente, domani, 26 novembre, avranno luogo numerose iniziative davanti alle ambasciate francesi in molti Paesi di tutto il mondo. Questa mobilitazione internazionale, promossa in Italia da Animal Equality, chiede la messa al bando dell'alimentazione forzata, ingozzamento, di anatre e oche per la produzione di . Cosa pensereste se qualcuno vi condannasse a vivere sotto tortura in gabbie dove più volte al giorno vi infilano un tubo di ferro in gola fin nello stomaco con violenza senza che possiate opporre la minima resistenza e sempre con violenza vi sparassero dentro un'enorme quantità di cibo iperproteico ? L'alimentazione forzata è sicuramente la forma di tortura – tra le tante di cui l'uomo si macchia nei confronti di animali difesi – più brutale, più orrenda e più vigliacca. È difficile veramente solo immaginare quanto possano soffrire questi animali. Oltretutto, per cosa ? Per produrre quello che è uno sfizio per il palato e nient'altro, quando al giorno d'oggi non manca certo il cibo nella varietà di alimenti, sapori e menù. La legge europea specifica che nessun animale può essere alimentato con cibi solidi o liquidi in una maniera che potrebbe causare sofferenza o ferite.
Dopo la California, anche l'India ha deciso di vietare la commercializzazione di nel proprio territorio da luglio 2014. In Italia abbiamo deciso di vietare la produzione di dal 2007, purtroppo non ancora la distribuzione. Il 73 per cento del venduto nel mondo proviene dalla Francia e si stima che solo in Francia oltre 40 milioni di anatre e 100 mila oche all'anno siano sottoposte a questo crudele trattamento al fine di commercializzare il loro fegato malato. Ma non abbiamo ancora capito che gli animali sono esseri senzienti, come tali soffrono esattamente come noi. Pitagora diceva: fintanto che l'uomo continuerà a distruggere senza sosta tutte le forme di vita che egli considera inferiori, non saprà mai cos’è la salute e non troverà mai la vera pace.
PAOLO PARENTELA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO PARENTELA. Presidente, quando a fine settembre ho richiesto, con un atto di sindacato ispettivo, il n. 4-06168, che colgo l'occasione di sollecitare, un intervento urgente da parte del Governo atto ad eradicare eventuali ulteriori focolai e di impedire la diffusione sul territorio nazionale del parassita aethina tumida, non potevo di certo immaginare di spingermi lì dove la lentezza elefantiaca delle politiche nazionali si fonde con l'inadeguatezza dell'azione amministrativa regionale. La giunta calabrese, apertamente in contrasto con la normativa nazionale vigente, ha disposto che si proceda alla distruzione dell'interno apiario anche in presenza di un unico coleottero all'interno di un solo alveare.
Presidente, cito solo due numeri per dare l'idea delle conseguenze delle decisioni della giunta regionale: tremila apiari bruciati ed un danno economico che supera il milione e mezzo di euro. E la situazione può solo peggiorare, considerando che l'ordinanza non prevede un termine agli interventi di distruzione, ma opererà sino alle indicazioni di revoca che saranno disposte dal Ministero della salute. Bene, sono certo che il Ministro della salute si renderà senz'altro conto della necessità di revocare gli interventi in essere e riformulare le indicazioni in merito alle procedure da attivare per contrastare la propagazione di aethina tumida, che al momento ha cominciato a diffondersi anche in Sicilia. Ben altri sono gli interventi da mettere in atto, quali la limitazione del proliferare delle popolazioni tramite, ad esempio, le trappole per il controllo degli adulti, i trattamenti larvicidi e, non ultimo, l'utilizzo della lotta integrata. Salvaguardare l'ecosistema e la sopravvivenza di apicoltori e l'apicoltura nel nostro Paese non è solo una scelta responsabile, ma genera ricadute in termini di redditi e posti di lavoro, specie in una terra come la mia, la Calabria, messa in ginocchio dalla crisi economica e dalle politiche del malaffare.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.