PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
FERDINANDO ADORNATO, legge il processo verbale della seduta del 24 luglio 2015.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baretta, Basilio, Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Casero, Castiglione, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Luigi Di Maio, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Migliore, Orlando, Pes, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scanu, Scopelliti, Scotto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’ al resoconto della seduta odierna allegato A .
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2798-A: Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena; e delle abbinate proposte di legge: Ferranti ed altri; Ferranti ed altri; Ferranti ed altri; Caparini ed altri; Fratoianni e Daniele Farina; Di Lello; Ermini ed altri; Gullo; Gullo; Bruno Bossio ed altri nn. 370-372-373-408-1285-1604-1957-1966-1967-3091.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 24 luglio 2015.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà dunque di intervenire la relatrice per la maggioranza, presidente della Commissione giustizia, onorevole Donatella Ferranti.
DONATELLA FERRANTI, . Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame costituisce uno dei diversi interventi attraverso i quali, in questa legislatura, viene affrontato dal Parlamento il tema della giustizia in un'ottica di riforma. La complessità della giustizia italiana è tale da non poter essere affrontata con un unico intervento riformatore; cercare di riformare la giustizia significa dover affrontare sia questioni strutturali e organizzative, che attengono all'adeguatezza numerica e qualitativa dei mezzi ma anche del personale togato ed amministrativo, sia questioni normative, processuali e sostanziali. Questi diversi aspetti presentano poi peculiarità proprie a seconda della materia (civile, penale, amministrativa) alle quali si riferiscono. All'interno di queste materie vi sono poi delle sottocategorie, che presentano ulteriori specificità.
Nella materia penale, ad esempio, quella che riguarda il disegno di legge al nostro esame, vi è il settore relativo all'ordinamento penitenziario, che ha caratteristiche del tutto proprie. Dicevo che sono diversi gli interventi legislativi che compongono, come un mosaico, la riforma della giustizia italiana. Non si tratta unicamente di atti di iniziativa governativa ma vi sono stati importanti atti di iniziativa parlamentare, come, ad esempio, quelli che hanno introdotto istituti quali la messa alla prova, la particolare tenuità del fatto, che hanno modificato la disciplina di istituti particolarmente importanti quali la custodia cautelare, la prescrizione (il testo approvato dalla Camera è ora all'esame del Senato), ovvero sono intervenuti su reati (reati contro la pubblica amministrazione, falso in bilancio, autoriciclaggio) che minano gravemente l'economia italiana. Questa precisazione iniziale mi consente di collocare il disegno di legge in esame, che interviene nella materia penale, nell'ambito degli innumerevoli interventi legislativi che in materia di giustizia si stanno susseguendo dall'inizio della legislatura e serve a comprendere alcune scelte effettuate dalla Commissione in merito ad importanti disposizioni del disegno di legge.
In sede referente, ad esempio, sono state soppresse – non per motivi di merito – le disposizioni relative alla confisca allargata, alla riforma della prescrizione, al patteggiamento, alla corruzione propria, in quanto quelle norme sono contenute in provvedimenti di iniziativa parlamentare, alcuni dei quali in corso di discussione e altri già divenuti legge. Inoltre, vorrei segnalare le disposizioni in materia di giustizia riparativa, previste dai primi due articoli del testo, che si collocano in un settore, quello riparativo, che sta prendendo sempre più corpo nell'ambito del diritto penale e che ha come caposaldo la messa alla prova, altra forma di estinzione del reato, che è caratterizzata proprio dalla riparazione del danno subito dalla vittima del reato, oltre che dai lavori di pubblica utilità, e che vede anche specifiche forme di applicazione nella riforma dei reati ambientali, che abbiamo approvato qualche mese fa, e in quelli contro la pubblica amministrazione.
Le proposte contenute nell'atto Camera n. 2798-A mirano principalmente a semplificare e rendere spedita la celebrazione dei processi penali, dando attuazione al principio della ragionevole durata del processo, senza tralasciare le istanze di garanzia degli imputati, le indicazioni che provengono dalle convenzioni e dalle direttive europee, così come dalla giurisprudenza internazionale, il dialogo ed il coordinamento con le nuove misure sostanziali e processuali recentemente introdotte in campo penale.
Con lo strumento della delega invece si è voluto affidare al Governo la necessaria regolazione degli equilibri tra le opposte istanze di finalità rieducativa della pena e di sicurezza sociale per quanto attiene all'ordinamento penitenziario e le misure di sicurezza, e tra diritto alla riservatezza delle comunicazioni e diritto all'informazione per quel che attiene alle intercettazioni telefoniche. Per la realizzazione degli obiettivi il Governo ha recepito preziosi lavori provenienti dall'esperienza delle commissioni ministeriali che più di recente hanno concluso i propri lavori, la commissione Canzio, la commissione Riccio, la commissione Fiorella, la commissione Giostra, in materia sia processuale sia penale sostanziale che di ordinamento penitenziario. Ha tenuto conto anche delle proposte di legge che su questi temi erano state avanzate anche nelle precedenti legislature dai vari gruppi. Il lavoro poi, devo dire con orgoglio anche come presidente della Commissione giustizia, si è arricchito notevolmente grazie al lavoro della Commissione e alle fruttuose indagini conoscitive e audizioni di esperti che sono stati via via ascoltati.
Lo spirito della proposta è guidato da un autentico intervento riformatore, che porta a rivedere tecnicamente le disposizioni in modo da rendere il rito penale di maggiore e più affidabile efficienza. In chiave di economia processuale e di deflazione dei carichi che affliggono procure e tribunali si devono leggere gran parte delle innovazioni. Senza pretesa di esaustività, perché poi l'analisi nella relazione sarà più dettagliata, si indicano ad esempio: la giustizia riparativa, i rimedi per le nullità dei provvedimenti di archiviazione, la riserva di incidente probatorio nell'accertamento tecnico non ripetibile, l'incentivo al decreto penale di condanna ed abbreviato, l'abbassamento del valore di ragguaglio della pena detentiva con la pena pecuniaria, le limitazioni dell'impugnabilità delle sentenze di patteggiamento in Cassazione, l'impugnazione davanti alla corte di appello del non luogo a procedere, l'esposizione introduttiva, la partecipazione a distanza, la tipizzazione della sentenza, il nuovo paradigma dei motivi di appello, scrutinio di inammissibilità del giudice concordato in appello, soppressione del ricorso personale in Cassazione, aumenti delle sanzioni per i ricorsi in Cassazione inammissibili, ampliamento dell'accoglimento del ricorso senza rinvio, limite al ricorso in Cassazione in caso di doppia conforme, controllo sui tempi dell'esercizio dell'azione penale o sulla richiesta di archiviazione, nonché sulla tempestività dell'iscrizione nel registro degli indagati.
Molte misure contenute nella proposta rispondono anche alle finalità di aggiornare il sistema di garanzia dell'imputato, vedi l'abbreviato condizionato con possibilità di scelte in subordine, l'udienza camerale per la valutazione di richiesta di abbreviato condizionato a seguito del decreto di immediato, rinnovazione obbligatoria in appello della prova dichiarativa, limite al ricorso in caso di doppia conforme assolutoria. Come detto, nel percorso riformatore si sono tenute in considerazione le indicazioni provenienti dalle istituzioni politiche e giudiziarie europee, mi riferisco in particolare alla giustizia riparativa su cui è stata conferita anche una delega al Governo e all'ampliamento delle facoltà di controllo di informazione della parte offesa, che sono state recepite dalla direttiva n. 29 del 2012, in corso di attuazione, così come l'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria in appello post sentenza di proscioglimento, che è il recepimento della giurisprudenza della CEDU.
Si è poi avvertita la necessità di coordinare il testo con gli altri interventi riformatori della corrente legislatura, così l'aumento delle pene minime per i reati di furto in abitazione e rapina sulla falsariga dell'anticorruzione, condotte riparatorie che si pongono in continuità con la messa alla prova e la tenuità del fatto, rescissione del giudicato che segue le disposizioni in tema di procedimento in assenza, rimodulazione della pena del reato di scambio elettorale politico-mafioso a seguito della recente rimodulazione delle pene per i delitti di cui all'articolo 416-.
Viene inoltre affrontata la questione penitenziaria attraverso una delega fortemente incisiva che comunque è stata preceduta in questa legislatura da una serie di interventi legislativi che hanno cercato in primo luogo di far fronte al sovraffollamento delle carceri, sempre tenendo conto dei principi costituzionali che caratterizzano la funzione della pena. Ora con la delega, che arriva dopo quaranta anni dall'approvazione della legge del 26 luglio del 1975 sull'ordinamento penitenziario si ha l'obiettivo ambizioso di una risistemazione organica della materia, che tra l'altro promuova le misure alternative. Sempre, però, tenendo conto che alcuni reati di particolare e specifico allarme sociale, quali quello di mafia e terrorismo, comportano delle riflessioni e una normativa in concreto differenziata e che i lavori in carcere e, quindi, il recupero del condannato alla convivenza civile è l'unica soluzione per evitare la recidiva.
Per quanto l'attenzione dell'opinione pubblica si sia concentrata solo negli ultimi giorni su questo importante disegno di legge – sull'infondatezza delle polemiche relative al cosiddetto bavaglio alla stampa mi occuperò a breve –, la Commissione giustizia si dedica ad esso dall'inizio dell'anno, non appena presentato alla Camera ed assegnato alla nostra Commissione. Il cuore dell'istruttoria è stata, come ho già detto, un'indagine conoscitiva estremamente articolata ed esaustiva che ha visto accolte tutte le richieste dei gruppi di opposizione e in primo luogo del gruppo del MoVimento 5 Stelle che ha, a un certo momento dell'istruttoria e in maniera consapevole, richiesto anche di riaprire l'indagine già chiusa per affrontare il tema delle intercettazioni con i giornalisti. E in ordine cronologico (non sto qui a rubare tempo su questo punto ma risulta dalla relazione di cui chiederò poi l'acquisizione) sono indicate tutte le associazioni, tutti gli esperti e tutti gli organismi che sono stati sentiti e che hanno consentito di migliorare sicuramente il testo e a cui va anche il ringraziamento della Commissione.
Rileggendo le audizioni svolte, mi vengono in mente in particolare due temi trattati dal disegno di legge. Uno riguarda le intercettazioni (su questo tema e sulle polemiche di questi giorni mi soffermerò tra poco) e l'altro è il tema dei tempi dell'iscrizione nel registro degli indagati. Si tratta di un tema, quest'ultimo, strettamente delicato che ha dirette ricadute sul diritto di difesa e sulla durata ragionevole del processo del quale si è poco parlato sui quotidiani in questi giorni, sembrando quasi una questione meramente tecnica riservata agli addetti ai lavori. Invece su questo tema, la Commissione giustizia ha addirittura svolto una sessione specifica dell'indagine conoscitiva, sentendo a completamento anche i procuratori e i presidenti delle sezioni GIP di tre grandi distretti quali Roma, Milano e Palermo.
La Commissione, attraverso l'approvazione di alcuni emendamenti, ha reso ancora più cogenti le disposizioni in materia del disegno di legge con l'obiettivo di evitare lungaggini processuali e rendere reali ed effettivi i tempi delle indagini preliminari a garanzia dell'indagato e della persona offesa. L'obiettivo è porre fine ad una patologia del processo dovuta non tanto a carenze normative quanto invece ad alcuni comportamenti che imputerei da un lato a carenze di personale e di organizzazione, dall'altro al consolidamento di prassi che hanno fatto perdere via via la del modello di processo delineato dal legislatore del 1989, per cui alla ricezione della notizia di reato seguono le indagini ma non sempre la contestuale e tempestiva iscrizione dell'indagato nell'apposito registro, con ciò venendosi ad alterare il regime del termine massimo di durata delle indagini, che decorre solo dal momento dell'iscrizione. Le ricadute sui tempi di prescrizione sono poi consequenziali. Quindi, ci siamo fatti carico di alcune modifiche proprio perché ci siamo già fatti carico della riforma della prescrizione che ora è al Senato.
Si sarebbero potute adottare altre soluzioni, tra cui quella elaborata dalla Commissione Canzio, le cui conseguenze però, comportando la inutilizzabilità degli atti compiuti a seguito di un'iscrizione tardiva accertata dal giudice, sarebbero state devastanti, proprio per la funzionalità del processo e dell'accertamento della verità processuale. Si è mantenuta, quindi, la impostazione del disegno di legge governativo rafforzando il potere-dovere di controllo del procuratore generale e del procuratore della Repubblica sull'esatta applicazione della normativa processuale relativa all'iscrizione del registro degli indagati.
L'attenzione dell'opinione pubblica si è concentrata in questi giorni su una disposizione del testo introdotta a seguito dell'approvazione di un emendamento in Commissione che è stata definita, a mio avviso, soprattutto dalle prime battute nei primi interventi, erroneamente come il bavaglio alla stampa. Mi riferisco alla norma che introduce un principio di delega per prevedere la punibilità della diffusione allo scopo di ledere la reputazione altrui delle riprese tra presenti effettuate fraudolentemente tra privati. Secondo alcuni con questo divieto si prevederebbero le manette nei confronti di giornalisti, soprattutto d'inchiesta, che svolgono il proprio lavoro utilizzando riprese effettuate all'insaputa del soggetto interessato. Trattandosi di un tema estremamente delicato ritengo opportuno fare alcune precisazioni che chiariscano le ragioni per le quali ho espresso parere favorevole unicamente al Governo previa riformulazione sulle disposizioni in esame dell'emendamento Pagano. Ritengo con assoluta certezza che già il testo in Aula, anche grazie alla riformulazione che, d'intesa con il Governo, ho chiesto in Commissione, non sia applicabile a coloro che effettuano un'inchiesta giornalistica, in quanto da un lato l'attività giornalistica quando è svolta nel rispetto del codice deontologico non è mai fraudolenta, ma è sempre pienamente legittima.
Dall'altro l'informazione pubblica non è finalizzata a commettere un reato contro l'onore, come si richiede espressamente nel principio di delega in esame, in quanto le notizie giornalistiche sono espressione del diritto di cronaca che di per sé rappresenta già una scriminante ai sensi dell'articolo 51 del codice penale. Per quanto sia convinta che la norma non si applica alle inchieste giornalistiche così come espressamente non si applica alle registrazioni che documentano fatti-reato o che sono utilizzabili per l'esercizio del diritto di difesa, mi farò promotrice presso il Comitato dei nove, qualora non vi fossero emendamenti sul punto, per proporre aggiustamenti nel testo che possano fugare ogni dubbio e ogni strumentalizzazione. Fatte queste precisazioni, signor Presidente, io mi riporto, avendo già descritto la linea, il filo conduttore, gli istituti innovativi che ci sono nell'ambito di questo disegno di legge che consta di ben 30 articoli, alla relazione scritta. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento .
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Ferraresi. Onorevole Ferraresi, però dovrebbe intervenire dal banco del Comitato dei nove, sarebbe più opportuno. La ringrazio.
VITTORIO FERRARESI, Signor Presidente, come è stato detto, questo provvedimento, n. 2798, non contiene di fatto solo provvedimenti che imbavagliano la stampa, ma cerca in un qualche modo che spiegherò abbastanza brevemente, visti i quindici minuti, di andare a risolvere i problemi del processo penale nella sua interezza e cerca di farlo tramite strumenti che dovrebbero in un qualche modo semplificare il processo, le procedure, e anche ridurre il carico, quindi deflazionare il carico dei procedimenti pendenti in sede penale.
Ma questo, Presidente, sarebbe da fare, questi interventi normativi semmai sarebbero da fare solo quando i giudici e il personale amministrativo dei tribunali in un successivo futuro fossero messi in grado di far funzionare effettivamente il tribunale stesso. Con le scoperture che abbiamo – oltre il 50 per cento in alcuni uffici del tribunale – sia per quanto riguarda i dipendenti amministrativi sia per quanto riguarda i giudici, questo di fatto è impossibile, è come andare a riparare un'auto... scusi, Presidente, ma qui c’è alla mia destra un rumore e non riesco a parlare.
PRESIDENTE. Colleghi, per favore. Cortesemente, presidente, per favore. Grazie.
VITTORIO FERRARESI, Grazie, Presidente. È come cercare di arrivare da Milano a Roma usando un'auto già rotta, senza magari neanche le gomme gonfie, e questo viene fatto attraverso una scorciatoia piena di buche. Questo è impossibile. Allora prima si dovrebbe mettere i giudici, il personale amministrativo e i cancellieri nelle condizioni di poter garantire al 100 per cento un processo efficace e poi semmai intervenire sul processo, perché poi si vanno a scrivere delle cose che sono fuori da ogni logica giuridica, Presidente. L'articolo 1 ne è un esempio: per cercare di ridurre e deflazionare il carico dei procedimenti penali si va a dire alla vittima, senza neanche il suo consenso, che il reato e quindi il reo ha estinto il reato semplicemente se risarcirà la vittima stessa, senza neanche il suo consenso. Quindi qui si passa da un sistema penale in cui c’è un'offesa a una persona, che è tutelata dalla legge, è tutelata tramite una querela per questi reati che sono previsti dall'articolo 1 e d'improvviso non si va più a punire quel tipo di offesa ma si va a punire il fatto che il soggetto paghi o non paghi, risarcisca o non risarcisca la vittima. Quindi, si andrà a punire di fatto il debito che una persona ha nei confronti di un'altra.
Tra i tanti altri articoli – infatti, non c’è solo il problema delle intercettazioni – c’è anche la misura ex articolo 11, che prevede, appunto, che il giudice dell'udienza preliminare non possa integrare le indagini se risultano lacunose o se risultano incomplete. Questa, di fatto, è una gravissima misura perché, appunto, se il PM non farà le indagini o le farà incomplete o le farà incomplete apposta, cioè farà indagini apparenti, non ci sarà alcun controllo sul suo operato, salvo poi pregiudicare non solo le indagini e la completezza delle stesse, ma la persona offesa dal reato, che molte volte si ritroverà a vedere una sentenza di non luogo a procedere, oppure addirittura l'imputato stesso, perché non dimentichiamoci che anche l'imputato ha diritto ad avere un quadro di indagini completo per trarre elementi anche a suo favore. Quindi, sarà veramente una riforma pericolosissima, come è la riforma introdotta di notte nella Commissione giustizia che prevede che dopo tre mesi di indagini, appunto, si dovrà concludere e che, quindi, appunto, se il pubblico ministero non concluderà l'indagine, questa sarà avocata.
Altre misure pericolose sono la restrizione dell'appello e delle impugnazioni per l'imputato, oppure il fatto che il contraddittorio, in fase di ordinamento penitenziario, sarà assolutamente ridotto e differito. Quindi, un'offesa alla persona offesa dal reato, ma anche un pregiudizio molte volte all'imputato. È così che si vogliono risolvere i problemi e le lungaggini del processo ! Per non parlare, poi, della riforma dell'ordinamento penitenziario, ex articolo 26, che prevedeva, di fatto, che i benefici potessero essere riconcessi ai mafiosi anche se non collaboravano con la giustizia. Quindi, di fatto, un'offesa e un attacco senza precedenti alla normativa che era stata sempre auspicata da Falcone e Borsellino sulla mafia e che è stata corretta in Commissione giustizia grazie, appunto, all'impulso del MoVimento 5 Stelle.
E, poi, si passa alla «legge bavaglio», perché non si può chiamare diversamente. Il Partito Democratico nel 2010 usciva con foto eloquenti per contrastare la riforma del Governo Berlusconi. Ora, nel 2015, Renzi e il Partito Democratico, in Commissione giustizia, fanno addirittura peggio: approvano un emendamento del Nuovo Centrodestra, di Pagano, che prevede che chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all'immagine... come se il soggetto di queste registrazioni non avesse mai da ridire su un eventuale danno all'immagine o alla sua reputazione. Ma qui c’è già la diffamazione. Ebbene, questo emendamento prevede che se è stato recato danno all'immagine o alla reputazione del soggetto tramite ripresa o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate... ma poi questo «fraudolentemente» non si capisce cosa voglia dire, visto che se la registrazione è illecita sarà punita come illecita e non si potrà fare non si potrà neanche utilizzare nel processo; invece, la Cassazione dice che è lecita e dice che ogni registrazione è una documentazione della propria vita e può essere anche usata e diffusa non solo a fini processuali ma, magari, al fine di difendersi dalle altrui diffamazioni, per chi offende, magari, delle persone, per chi racconta dei fatti scomodi. Dunque, per questa persona sarà importante documentare la propria vita e anche diffondere queste informazioni, come già dice la Cassazione, mentre per l'altro, il registrato ovviamente secondo la sua visione, sarà recato danno alla sua reputazione. Ebbene, chi fa queste registrazioni, giornalisti o non giornalisti, cittadini tutti, sarà punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni.
Questo è un emendamento che è stato presentato in Commissione giustizia, con il parere favorevole del Governo e con il parere favorevole dei colleghi del PD. Ditemi voi se questa non è una «legge bavaglio». Questa non è solo una «legge bavaglio», ma è una vergogna giuridica, una vergogna che andrà a penalizzare chi si vuole documentare, chi vuole rappresentare semplicemente la verità, perché qui non viene recato danno alla reputazione; già la diffamazione prevede e garantisce il diritto all'immagine. Qui si tratta solo di registrare la verità e di usarla per il diritto di critica, per il diritto di cronaca, per il diritto a una libera informazione. Qui non si parla di «legge bavaglio» ? Allora, cosa dovrebbe essere una «legge bavaglio» ? Cosa dovrebbe rappresentare una «legge bavaglio» ?
All'articolo 25 in Commissione, quindi ex articolo 25, c’è una delega sulle intercettazioni.
Tutte le paure che noi avevamo, che avevano tutti i colleghi, PD, non PD, MoVimento 5 Stelle, quando c'era il Governo Berlusconi erano proprio che andassero a toccare le intercettazioni telefoniche e il loro utilizzo. Ebbene, centinaia e centinaia di persone sono scese in piazza, anche qua fuori al Parlamento, con Ilaria Cucchi, Lucia Uva, la madre di Federico Aldrovandi, per difendere il sacrosanto diritto all'informazione, a pubblicare informazioni vere, non false, vere. Questo tentativo è stato sventato, è stato sventato grazie anche a colleghi di centrodestra e quest'oggi si vanno a toccare i tabulati telefonici, di cui si chiede maggiore garanzia nell'utilizzo, come se fossero conversazioni, in realtà sono solo scambi di dati. Si vanno a toccare le intercettazioni con una delega addirittura, una delega pericolosissima, una delega in bianco, che prevede già quello che la legge prevede, perché la legge già dice che le conversazioni che non hanno rilevanza per il processo, non rilevanza penale, rilevanza per il processo, non possono essere utilizzate nei faldoni. E allora qual è il problema ? Il problema è che c’è qualche giornalista che pubblica queste intercettazioni, pubblica il vero e le pubblica ovviamente perché sono attinenti al processo, perché sono dietro al processo, perché sono questioni che riguardano non direttamente la sanzione penale che si vuole irrogare dopo il processo, ma riguardano direttamente fatti scandalosi della vita di poche persone e queste poche persone sono colletti bianchi, sono politici, Presidente. In Italia non c’è l'allarme perché i fatti di un cittadino vengono sbattuti in prima pagina. Nessuno sente questo bisogno, nessun cittadino sente questo bisogno, ma sente il bisogno di essere informato sulle persone che magari andrà a votare da lì a pochi giorni. Sente il bisogno di sapere la verità, sente il bisogno di sapere se il figlio di un politico prende lavori o orologi Rolex d'oro; sente il bisogno di sapere cosa c’è dietro mafia capitale, oltre ai Buzzi e ai Carminati, ai politici che ci sono dietro, alle affermazioni che fanno, perché quei politici lo dovrebbero rappresentare, quei politici poi gli chiederanno il voto. E allora non è ammissibile che un cittadino sia all'oscuro di queste informazioni e non è possibile perché c’è un'altra vergogna: non solo noi paventiamo che i giornalisti con questa delega possano essere sanzionati duramente, ma che solo alcuni che hanno dietro un gruppo editoriale forte e con risorse potranno pubblicarle e gli altri no, con pregiudizio nei confronti dell'informazione ai cittadini. Ma c’è altro: queste intercettazioni rimarranno nelle mani di pochi, pochi dipendenti dell'amministrazione giudiziaria, pochi magistrati e pochi avvocati. Questo vuol dire che queste persone avranno nelle mani dei faldoni scottanti e potranno ricattare politici e cittadini, giornalisti e imprenditori. Questo succederà: i giornalisti non li faranno arrivare alla miriade della collettività, ma poche persone avranno nelle mani degli strumenti di ricatto e di estorsione per utilizzare quelle intercettazioni vietate a loro uso e consumo. E allora se non è «legge bavaglio», se non è un attacco alla libertà di informazione, al diritto di cronaca, cosa lo può essere ? Sono usciti in tanti: Spataro, Cantone, tanti magistrati, l'ANM, tanti giornalisti che in audizione in Commissione giustizia ci hanno riferito della pericolosità di questo. E guardi, il 99 per cento dei giornalisti ci ha riferito di questa pericolosità. Tante inchieste, a partire da «Mafia capitale», a partire dalle inchieste di di di non potrebbero essere fatte con questo provvedimento, ma noi temiamo anche per la libera informazione dei cittadini, che dovrebbero registrare e documentare la propria vita, perché se qualcuno reca loro offesa non è detto che il cittadino debba usare queste registrazioni per forza nel processo penale, come difesa o come attacco. Ma perché ? Uno potrebbe utilizzarle semplicemente per difendersi nella propria vita privata senza magari querelare nessuno, senza doversi difendere da qualcuno e noi andiamo a sanzionare, in un Paese civile, che si crede civile, come il nostro, questo tipo di operazioni. Ma dove siamo ? Questo è un attacco alla democrazia, un attacco alla libertà, un attacco ai diritti fondamentali che sono stati difesi con il sangue dei nostri nonni, e noi con un Governo di pseudo centrosinistra vogliamo fare quello che Berlusconi non ha mai fatto
Invito veramente i colleghi e tutti, chi ci sta ascoltando, i giornalisti, gli opinionisti, i costituzionalisti a venire con noi, a prendere a braccetto questa battaglia, che è una battaglia per tutti, non è una battaglia del MoVimento 5 Stelle. È una battaglia per difendere quello che è un diritto che potrebbe essere infangato ed essere utilizzato da Governi che poi verranno anche come strumento dittatoriale. È questa la nostra paura e io spero che i colleghi del Partito Democratico lo capiscano e si oppongano a questa vergogna.
Presidente, noi abbiamo fatto un buon lavoro in Commissione giustizia, e parlo come MoVimento 5 Stelle. Alcuni emendamenti sono stati approvati, altri no, ma riteniamo che siano emendamenti di buonsenso, con una tecnico-giuridica e non tanto politica. Abbiamo fatto il nostro dovere, ma riteniamo che, se il provvedimento continuerà su questa strada, non ci sia altra apertura se non quella dello scontro, della forte opposizione, finché questi «provvedimenti vergogna» non verranno ritirati.
Noi ci appelliamo alla relatrice, ci appelliamo anche alla Presidenza della Camera, ci appelliamo a tutti quelli che ci stanno ascoltando per portare avanti con noi questa battaglia. Faremo una forte opposizione, senza mezzi termini e con tutti gli strumenti che ci sono stati concessi in questo Parlamento, ormai svuotato di ogni dignità, per difendere i nostri cittadini, i cittadini tutti, da una «legge bavaglio», da una legge pericolosa per la libertà di informazione, per la democrazia e per la libertà di noi tutti .
PRESIDENTE. Ovviamente, lasciamo agli atti che l'onorevole Ferraresi consegna la parte della relazione che non è riuscito a leggere per la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna.
Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia ad intervenire.
È iscritta a parlare l'onorevole Sarti. Ne ha facoltà.
GIULIA SARTI. Grazie, Presidente. Questa non è una discussione sulle linee generali come le altre; non lo è perché questo provvedimento rappresenta uno dei principali pericoli in materia di giustizia di questa legislatura. Il PD non solo sta facendo diventare realtà tutte le perversioni legislative di Berlusconi, ma sta scrivendo e realizzando nello stesso momento il papello 2.0, una sorte di Totò Riina moderno e dem. Quello che state realizzando non è solo imbarazzante: è un esempio plateale del vostro totalitarismo e imposizione del pensiero unico renziano.
Prima di entrare nel merito del provvedimento, spieghiamo a chi non mastica di politichese e di intrallazzi politico-governativi il nuovo furbo metodo «ammazza Parlamento» (se non fosse scritto, sembrerebbe pura fantascienza). Il Governo ci presenta un disegno di legge in cui delega se stesso a scrivere dei decreti legislativi per riformare il codice di procedura penale e riscrivere, ad esempio, le norme sulla pubblicazione delle intercettazioni.
Perché lo stanno facendo proprio adesso ? Le risposte sono semplici: per salvare se stessi e gli amici. Hanno deciso di mettere mano alle intercettazioni dopo «Mafia capitale», l'inchiesta nella quale è finito dentro tutto il PD romano. E le indagini sono ancora in corso: dunque, chissà cos'altro potrebbe saltare fuori. Poi, ci sono state le intercettazioni di Renzi e Adinolfi, dalle quali abbiamo scoperto il complotto e l'attacco sovversivo ai danni del Governo Letta.
Non solo, abbiamo anche scoperto che Napolitano figlio a Roma è potentissimo, e chissà quanto si starà mangiando le mani il Ministro Madia, dopo averlo scoperto, anche se, in fin dei conti, a lei non è andata tanto male, dato che l'avete fatta diventare Ministro, nonostante avesse dichiarato, testualmente, che «a Roma, nel PD, ci sono vere e proprie associazioni a delinquere».
Lei aveva avvertito, ma per fare pulizia, a Roma, nel Partito Democratico, è dovuta arrivare la magistratura, con l'unico strumento che ancora le avete lasciato a disposizione: le intercettazioni, appunto. Sempre grazie alle intercettazioni, gli italiani sanno finalmente che «D'Alema» – e anche qui cito testualmente – «mette le mani nella merda, come ha già fatto con noi, e ci ha dato delle cose». Questo era Francesco Simone, il dirigente della Cpl Concordia arrestato nello scandalo della corruzione nell'ambito della metanizzazione dell'isola di Ischia. Non penso che le cose date da D'Alema fossero semplici casse di vino, altrimenti il vino fatto con quelle stesse mani riportate nell'intercettazione non avrebbe riscontrato così tanto successo.
Poi, c’è l'ultimo enorme scandalo scoppiato in Sicilia, a pochi giorni dall'anniversario della strage di via D'Amelio, con le intercettazioni tra Crocetta e il medico Tutino e quella presunta frase deplorevole e terribile pronunciata, oppure no, da Tutino, che non voglio nemmeno ricordare e che sembra finora solo un'invenzione giornalistica de Ecco, quella vicenda non può e non deve essere strumentalizzata per mettere mano alla pubblicazione delle intercettazioni, tema di ben più ampia portata che se disciplinato male andrebbe a violare l'articolo 21 della nostra Costituzione. Tuttora, in questo procedimento, il tema delle intercettazioni è disciplinato in maniera folle.
Ma andiamo per gradi. Vi dicevo che in questo provvedimento il Governo delega se stesso a riformare il codice penale, di procedura penale e l'ordinamento penitenziario, ciò significa che il Governo, dopo l'approvazione di questo suo provvedimento alla Camera e al Senato, avrà un anno di tempo per scrivere i decreti legislativi, i cosiddetti decreti delegati, che trasformeranno in articoli e norme specifiche quello che vediamo scritto oggi. Il Parlamento su quei decreti legislativi non potrà fare emendamenti, non potrà dunque apportare delle serie modifiche. Le Commissioni competenti, in questo caso le Commissioni giustizia, potranno soltanto esprimere un parere non vincolante. Dunque, il Governo potrà fare sue quelle osservazioni delle Commissioni e modificare il decreto legislativo oppure, come spesso è accaduto fino ad ora, potrà fregarsene e non cambiare nulla. Una delega dovrebbe servire a dare dei paletti ben precisi al Governo entro cui muoversi; qui, in molti casi, i paletti non esistono. Guardiamo l'articolo 7, lettera in materia di misure di sicurezza, che recita «revisione della disciplina delle misure di sicurezza, particolarmente in relazione ai presupposti di applicazione, anche con riferimento alle categorie dell'abitualità e della tendenza a delinquere» e così via. Questa è una elucubrazione mentale che non serve, perché cosa c’è da modificare nei presupposti per l'applicazione delle misure di sicurezza ? Come il Governo intende modificare le categorie dell'abitualità e della tendenza a delinquere ? Non si sa, non lo sa il Viceministro Costa, forse non lo sa nemmeno il Ministro Orlando. Allora, noi parlamentari come facciamo a proporre modifiche a queste due righe se non sappiamo nemmeno che cosa voi intendete quando vi fate le deleghe per voi stessi ? Lo dico perché quando ne abbiamo parlato in Commissione il Viceministro, dopo una rapida consultazione per dare una risposta credibile, ha affermato che il Governo chiariva meglio che cosa intende, perché in realtà, ora come ora, non si capisce. Allora io spero che arrivino dei chiarimenti e magari degli emendamenti che ci facciano capire quali sono questi paletti, come vogliamo andare ad incidere sulla riforma delle misure di sicurezza. Dato che siamo qui, spero magari più tardi, di ricevere, nella replica da parte del Viceministro, qualche delucidazione in più su questo articolo. Sempre all'articolo 7, che ora, se non sbaglio, è diventato l'articolo 8, con tutti questi cambi di articoli, il Governo vuole estendere la procedibilità a querela per i reati contro la persona e contro il patrimonio che rechino offese di modesta entità all'interesse protetto. Ma sarà il Governo che deciderà, quando scriverà il decreto legislativo, a quale reati si dovrà estendere la procedibilità a querela, dunque, non più d'ufficio. Lo avete già fatto nel comma 3, di questo articolo 7, con la violenza privata, comma 1. Ora sappiamo che la procedibilità d'ufficio è una garanzia per la persona offesa che spesso non ha il coraggio di denunciare. Estendere la procedibilità a querela è una scelta politica molto delicata, che meriterebbe una riflessione specifica sui determinati reati ai quali ci si vuole riferire anche se l'offesa recata è di modesta entità. Invece, qui abbiamo solo una delega generica.
Ma andiamo all'articolo 8, che disciplina la delega per riformare il casellario giudiziale. Ecco qui c’è una segnalazione che mi auguro il Governo possa recepire da parte del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Noi abbiamo trasformato, oggi, questa segnalazione in un emendamento, sperando che possa essere accolto qui in Aula. Tutti devono sapere che, ad oggi, per colpa di un assurdo articolo del Testo unico sul casellario giudiziale, persone del calibro di Totò Riina o Bernardo Provenzano hanno la fedina penale pulita. Sì perché al compimento degli 80 anni, tutte le iscrizioni nel casellario giudiziale vengono eliminate. Allora io mi chiedo: ma è possibile che nessuno, in tutti questi anni, se ne sia mai accorto ?
Avete fatto leggi per regolare pure l'aria che respiriamo e, su una cosa così grave, doveva arrivare Franco Roberti nel 2015 a dirvelo ? Eppure c'era stata una sentenza della Corte costituzionale, la n. 184 del 2006, la quale auspicava un intervento del legislatore per porre fine a quest'obbrobrio giuridico.
La ragione per cui la fedina penale e civile degli ultraottantenni si ripulisce è ravvisata nella mole di carta che si può risparmiare. Ma, ad oggi, tutto è ormai informatizzato. E, allora, a cosa diavolo serve mantenere questa previsione ?
Dopo la denuncia di Roberti, solo noi abbiamo presentato un emendamento per porre rimedio a questo problema, gli altri si sono defilati. Vediamo se avrete il coraggio di bocciarlo. In caso positivo, ci toccherà pensare che avete bisogno degli ultraottantenni da candidare nel Partito Democratico per abbassare la media dei condannati all'interno del partito. E posso capire che potrebbe arrabbiarsi l'amico di riforme Berlusconi, dato che è in dirittura d'arrivo per gli anni 80, ma, pazienza, vi ringrazieranno, se quest'emendamento verrà approvato, milioni di italiani; vi ringrazieranno, se ce lo approverete.
Lo abbiamo presentato in Aula proprio perché – lo chiarisco per gli altri membri della Commissione giustizia – queste segnalazioni da parte del procuratore nazionale antimafia sono arrivate dopo la presentazione in Commissione degli emendamenti e, quindi, è per questo che abbiamo potuto, noi come parlamentari, presentare questo emendamento per l'Aula e quest'aggiunta alla delega sul casellario giudiziale, cosa che poteva essere benissimo fatta dalla relatrice per la maggioranza o dal Governo stesso.
Guardiamo ora un altro paradosso di questo provvedimento. All'articolo 3 – teniamoci forte – vengono aumentate le pene del voto di scambio politico-mafioso, che passano dagli attuali 4-10 anni a 6-12 anni. A prima vista ognuno di noi farebbe i salti di gioia, invece no: quest'emendamento approvato è l'esempio classico di «emendamento marchetta» o anche di «emendamento Mastrota» e chiedo scusa a Mastrota, dato che almeno lui fa televendite per lavoro. Il nostro Mastrota parlamentare è l'onorevole Mattiello, che vorrebbe farsi bello davanti ai cittadini, dicendo di aver aumentato le pene del voto di scambio. Il problema è che ad oggi – e lo ribadiamo per l'ennesima volta – quella legge non funziona. Noi lo diciamo da quando è stata votata l'anno scorso in Parlamento e non ci avete mai preso in considerazione.
Oggi, però, a distanza di un anno dalla sua approvazione, questa legge è stata criticata: dalla suprema Corte di Cassazione con la sentenza di fine agosto 2014, che ha annullato con rinvio la sentenza di condanna nei confronti di Antonello Antinoro, politico dell'Unione di Centro che pigliava voti da Cosa Nostra, precisamente dal mandamento di Brancaccio; dal procuratore capo di Bologna; dal procuratore capo di Catanzaro; dai procuratori di Palermo Nino Di Matteo e Vittorio Teresi; dal procuratore generale della corte d'appello di Palermo Roberto Scarpinato e via dicendo.
Il motivo di queste critiche non sono gli anni di pena, ma la condotta, ovvero il fatto che per provare il voto di scambio oggi, secondo la legge vigente, bisogna provare che il voto, o la promessa del voto, siano stati acquisiti mediante l'utilizzo del metodo mafioso. Ma oggi, cari colleghi, i mafiosi i voti li portano con il sorriso sulle labbra, senza bisogno di intimidire nessuno. E, dunque, la Cassazione, a fine agosto dell'anno scorso, ha dato un messaggio al legislatore, ovvero che, se vogliamo che questa legge funzioni, dovremmo eliminare dalla norma un inciso: mediante le modalità di cui all'articolo 416-. Questo bisogna fare: eliminare e sostituire quel periodo. Ed è questo che noi abbiamo proposto nella legge anticorruzione passata due mesi fa. Risposta del Partito Democratico: proposta bocciata.
Non solo. È ovvio che noi, oltre a cambiare la condotta del 416 volevamo anche aumentare le pene, precisamente per portarle da 7 a 12 anni, emendamento a prima firma del mio collega Colletti, sempre nella legge anticorruzione approvata due mesi fa. Risposta del Partito Democratico: emendamento bocciato.
Non ci siamo arresi. In Commissione giustizia, appena abbiamo visto oggi il parere favorevole all'emendamento di Mattiello per l'aumento delle pene nel 416, abbiamo chiesto alla presidente Ferranti, nonché relatrice per la maggioranza del Partito Democratico, di ovviare al vero problema di questo 416- Speravamo in un sussulto di dignità e onestà intellettuale, vista la schiera di richieste di tutti i procuratori d'Italia sopra citati. Niente da fare, la giustificazione questa volta è che possiamo aumentare le pene per esigenze proporzionali, in modo tale da avere associazione mafiosa (416- e voto di cambio (416-) con pene adeguatamente bilanciate, ma non possiamo cambiare le condotte.
Insomma, morale della favola, anche qui, «come se fosse antani»: anche stavolta i mafiosi procacciatori di voti ringraziano e continueranno a farla franca.
E questo è niente. Ora viene il peggio. Parliamo della delega sulle intercettazioni. Io, prima di entrare in Parlamento, ho sempre pensato che le intercettazioni della magistratura fossero considerate come l'acqua santa per il diavolo da Berlusconi e i suoi sodali. Oggi sappiamo, però, che l'incubo intercettazioni spaventa molto di più il Partito Democratico e la sua banda rispetto a Forza Italia. Nella banda includiamo anche Nuovo Centrodestra e gli statisti di Scelta Civica, dato che governano tutti insieme.
Questo articolo 29, lettera è una delega in bianco identica a quella sulle misure di sicurezza. Infatti, voi non dite come intendete vietare la pubblicazione delle intercettazioni. Lo fate solo intendere, ma non specificate come volete cambiare le disposizioni del codice di procedura penale. E pensare che nel 2010, come già ricordato dal collega Ferraresi, proprio il PD si stracciava le vesti prima e dopo l'approvazione in Senato di quella legge bavaglio sulle intercettazioni targata Forza Italia, ben peggiore di questa ovviamente.
Il problema è che oggi si sta cercando di peggiorare ulteriormente la situazione, perché almeno nel 2010 c'era un testo su cui dibattere, c'era un testo su cui confrontarsi, quello approvato dal Senato. Oggi il Governo delega se stesso a cambiare le norme senza dire al Parlamento cosa e come vorrà modificarle: dittatura renziana pura.
E insieme a questa schifosa delega in bianco siete stati capaci di dare parere favorevole e di approvare l'emendamento di Pagano, targato dunque Nuovo Centrodestra, che è l'apoteosi della follia legislativa, uno dei peggiori emendamenti degli ultimi vent'anni. Rileggiamolo, perché non fa mai male ricordarsi le schifezze che fate. Noi le terremo a mente una per una e vi chiederemo il conto quando, al vostro posto, a governare ci saremo noi.
Lettera dell'articolo 29: «prevedere che chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all'immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. La punibilità è esclusa quando le riprese costituiscono prova nell'ambito di un procedimento innanzi all'autorità giudiziaria o sono utilizzate nell'ambito dell'esercizio del diritto di difesa».
Se questa norma fosse stata in vigore prima, il mio collega Vincenzo Caso rischierebbe il carcere per aver registrato il lobbista Tivelli che stava fuori dalla Commissione bilancio a chiedere marchette al PD in una delle nottate passate a votare gli emendamenti alla legge di stabilità, marchette che sarebbero state approvate se noi non ci fossimo opposti e se noi non ce ne fossimo accorti, denunciando ad alta voce quello che stava succedendo.
Ma, oltre a Vincenzo Caso, qui rischiano tutti quei cittadini che fanno riprese per denunciare fatti, che spesso magari non sono reati, ma che sono comunque casi da portare all'attenzione dell'opinione pubblica. Ed è inutile che oggi si corra ai ripari cercando di presentare emendamenti per escludere i bravi giornalisti di inchiesta, che sarebbero anch'essi colpiti dall'applicazione di questa norma. Infatti, il problema non sono solo i giornalisti o i parlamentari, ma tutti i cittadini di questo Paese. E la nostra protesta è avvenuta perché, senza di noi, gli organi di stampa lo scorso venerdì neanche si sarebbero accorti della porcata che si stava combinando.
Durante i Governi Berlusconi bastava una minima cosa – chiamiamole porcate, chiamiamole norme strampalate, chiamiamole come vogliamo – per fare indignare tutti, per innalzare le barricate. Oggi voi governate con Angelino Alfano, date parere favorevole a emendamenti di NCD e ci venite a dire che è tutto normale e che noi stiamo esagerando. Siete voi che state esagerando, perché avete pure l'ipocrisia di difendere le porcate come questo emendamento Pagano.
Io vi invito a leggere l'articolo uscito ieri mattina su ed evitiamo di ricordare tutti gli articoli che si sono susseguiti in questi giorni, con le critiche a questo emendamento. Cito quello di ieri mattina perché è particolarmente importante per quanto mi riguarda, dato che si ricorda un caso di criminalità organizzata non da poco e un omicidio non da poco. Quell'articolo parlava di Graziella Campagna. Graziella era una ragazza di 17 anni, quando venne uccisa con cinque colpi di lupara nel dicembre del 1985, perché aveva scoperto l'identità del latitante di Cosa nostra Gerlando Alberti. Graziella Campagna lavorava in una lavanderia di Villafranca, dove il mafioso Alberti, latitante insieme al cugino Gianni Sutera, portava a lavare i vestiti presentandosi sotto falso nome.
Graziella trovò un'agendina nella giacca del latitante, che svelava la sua vera identità. Alberti e Sutera, preoccupati del fatto che la ragazza avesse un fratello carabiniere, Pietro Campagna, la fecero rapire e poi la uccisero. Su quell'omicidio, come spesso è accaduto in Sicilia, vi furono tanti tentativi di depistaggio.
Volevano farlo passare come omicidio passionale. Solo grazie alla forza e alla costanza del fratello di Graziella, Pietro Campagna, nel 2009 si arrivò alla sentenza di condanna all'ergastolo per Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera.
Cosa c'entra questa storia con l'emendamento Pagano ? Ebbene, Pietro Campagna, per riuscire ad avere prove tali da portare in processo per combattere i continui depistaggi, fece indagini per conto suo, portando sempre con sé un registratore e riuscì a registrare una conversazione con la cognata di un che copriva i latitanti ed anche una collega di lavoro di Graziella, della sorella uccisa, che gli riferì di alcuni pranzi fra i latitanti e un ufficiale dell'Arma dei carabinieri. Pietro Campagna portò quella registrazione alla caserma dei carabinieri di Villafranca e sparirono; un'altra copia la portò al suo legale, e alla fine fu determinante nel processo per arrivare alla condanna dei Si dice, in questo emendamento approvato, che, in sostanza, se qualcuno trova la prova di un reato con una registrazione non dovrebbe correre rischi, ma guardiamo in faccia la realtà: questo può avvenire quando c’è un processo in corso, ma se l'autorità giudiziaria non si convince che ci sia abbastanza materiale per avviare un processo, o magari per riaprire un vecchio caso, cosa ne sarà della persona che ha registrato di nascosto ? Rischierà da sei mesi a quattro anni di carcere ! Ecco la follia totale di questo emendamento. Noi abbiamo tentato di presentare per l'Aula degli emendamenti migliorativi, ad esempio per eliminare questa parola – «fraudolentemente» – ma la verità è che questa lettera è semplicemente da cancellare, da eliminare e da non riproporre mai più. Così come è da cancellare la delega in bianco contenuta nella lettera .
E c’è un'altra lettera di questo articolo 29 che sarebbe da stralciare immediatamente, anzi sono due: la lettera e la lettera . La lettera recita: «prevedere che il procuratore generale presso la corte di appello possa appellare soltanto nei casi di avocazione e di acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice di primo grado». Con una norma del genere noi non avremmo mai potuto avere uno dei processi più importanti della storia di questo Paese, che si sta tuttora celebrando. Parlo del processo di appello al generale Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nell'ottobre del 1995, in quanto l'appello è stato presentato proprio dal procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, a seguito dell'autonoma impugnazione del PM di primo grado, Nino Di Matteo. Questa norma sembra un della legge Pecorella, quella volta ad impedire l'appello contro le sentenze di primo grado.
Ora, io spero che qui ci sia solo dell'ignoranza, perché non si conoscono la maggior parte dei processi antimafia tuttora in corso, ma sta di fatto che questa ignoranza – e, ripeto, io spero che sia solo ignoranza – rischia di rovinare drasticamente il lavoro di quei magistrati e di quegli operatori del diritto che saranno costretti ad applicare queste norme terrificanti. Fermatevi finché siete in tempo !
Non ho ancora terminato, perché dentro questo provvedimento c’è, proprio sul finale, una delle peggiori deleghe mai scritte negli ultimi venti anni: quello che originariamente era – ed in parte lo è ancora, e andrò a spiegare perché – il vero regalo alle mafie e ai terroristi. La lettera dell'articolo 30 originariamente recitava: «eliminazione di automatismi e di preclusioni che impediscono o rendono molto difficile, sia per i recidivi sia per gli autori di determinate categorie di reati, l'individualizzazione del trattamento rieducativo e revisione della disciplina di preclusione dei benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo»: righe che, apparentemente, per molti, non significano nulla. Spieghiamole, queste righe. Il nostro ordinamento penitenziario si basa, attualmente, su un impianto molto ferreo e duro nei confronti dei detenuti condannati per più gravi reati: di mafia, di omicidio, di terrorismo, di traffico internazionale di stupefacenti. Questo impianto prevede, secondo l'articolo 4-, che i condannati per questi gravi reati, se vogliono avere accesso ai benefici penitenziari, devono collaborare con la giustizia: o collabori, o niente benefici, a meno che non ci sia la prova che i tuoi collegamenti con l'organizzazione mafiosa o terroristica di appartenenza non sussistano più, oppure, ad esempio, che vi sia stata una limitata partecipazione al fatto criminoso; in quel caso, i benefici te li diamo, e tutti i casi sono riportati dal comma 1- dell'articolo 4-. Ma l'impianto è congegnato in modo tale da punire con un regime di carcere duro, che è l'articolo 41-, e incentivare, d'altra parte, le collaborazioni con la giustizia, utilissime nella maggior parte dei processi degli ultimi venti anni, per colpire il cuore delle organizzazioni mafiose e, soprattutto, gli agganci tra politica, istituzioni e mafie.
Con quelle righe si vorrebbe scardinare completamente questo impianto, magari garantendo l'accesso ai benefici senza bisogno della collaborazione; allora, ad esempio, un mafioso, condannato all'ergastolo, che interesse ha a parlare se i benefici gli vengono dati lo stesso ? Sarebbe stata la fine completa della lotta alle mafie ! Sarebbe stato come dare seguito alle richieste del «papello» di Riina. Ora, in fase emendativa, in Commissione giustizia, si è cercato di porre rimedio a questo «schifo» perché non posso chiamarlo in altro modo e mi vergogno a chiamarla norma, togliendo dall'applicazione di queste ultime righe i reati di mafia e di terrorismo, anche internazionale, ed i casi di eccezionale gravità e pericolosità.
Per fortuna, c’è stata questa gentile concessione di riformulazione ma io vorrei leggere, dato che non penso si sia prestata la giusta attenzione a questo articolo, ciò che ci ha scritto Franco Roberti, a proposito della lettera dell'articolo 29.
Franco Roberti, nella lettera che gli avevamo inviato come Commissione giustizia, ci ha detto: per quanto riguarda la criminalità organizzata di tipo mafioso è copiosa non solo la letteratura ma la giurisprudenza che dimostra che lo stato detentivo, di regola, non modifica minimamente la posizione che il detenuto rivestiva in precedenza all'interno dell'organizzazione e che riprenderà allorché tornerà libero; il che conferma la necessità che egli possa godere dei benefici soltanto in via eccezionale e quando emergano con assoluta certezza le condizioni che escludano ogni pericolo derivante da una sua maggiore o anticipata libertà così come è oggi previsto dal vigente testo dell'articolo 4- dell'ordinamento penitenziario. La conoscenza ormai approfondita del fenomeno mafioso, per altro verso, consente anche di considerare indiscutibile la necessità che egli, in stato di detenzione, sia messo nell'impossibilità di mantenere quei collegamenti, all'interno e all'esterno del carcere, con l'organizzazione criminale, che costituiscono storicamente e attualmente la regola del comportamento di tali soggetti che ha indotto l'ordinamento ad apprestare, con l'articolo 41- dell'ordinamento penitenziario, un trattamento differenziato che si è rivelato estremamente opportuno ed è stato giudicato legittimo ogniqualvolta sia stato sottoposto al giudizio della Corte costituzionale. Ne discende, pertanto, la mia assoluta contrarietà ad ogni futura modifica normativa che possa anche solo attenuare (nel DDL si parla addirittura di «eliminare» gli automatismi), nei casi anzidetti, le previsioni di cautela oggi vigenti e ciò anche con riguardo ai detenuti per reati di terrorismo nazionale ed internazionale, il cui approccio al rispetto delle regole giuridiche dello Stato è, se possibile, ancor più negativo di quello degli appartenenti alle organizzazioni criminali mafiose.
Io non so cosa significhi per voi «assoluta contrarietà»: a casa mia significa che questa lettera non va riformulata, ma cancellata immediatamente. Vi porto altri esempi concreti per farvi rendere conto della gravità di queste righe. Chi sono i detenuti all'ergastolo cosiddetto ostativo preclusivo oggi ? Ce lo dice il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Santi Consolo: sono quei detenuti con condanna per omicidio aggravato secondo l'articolo 7 della legge 203 del 1991, l'aggravante mafiosa. Noi abbiamo escluso dall'applicazione di quelle righe i reati di mafia e di terrorismo, anche internazionale, e va bene, ma, prima del 1991, come venivano puniti gli omicidi di mafia ? Semplice: erano puniti come omicidi ed è capitato spesso che chi commetteva omicidi di mafia prima del 1991 magari non fosse condannato anche come appartenente all'organizzazione mafiosa; dunque, vi era solo condanna secondo l'articolo 575 (non 575 più 416-. Ora, se noi concediamo i benefici penitenziari ad un condannato per omicidio commesso prima del 1991 e pensiamo, ad esempio, a chi non è stato ancora condannato, in realtà, rischiamo di dare benefici a chi ha commesso omicidi di mafia perché, per ragioni temporali, non si può dare l'omicidio aggravato secondo l'articolo 7 della legge del 1991 per fatti commessi prima del 1991. Pensate all'omicidio di Bruno Caccia oppure a quello dell'agente Nino Agostino, per cui vi sono ancora indagini in corso, dato che l'omicidio aggravato non si prescrive mai. È un rischio che non possiamo correre; ripeto, cancelliamo questa lettera : è l'unica cosa da fare, non serve riformulare, serve solo eliminare. Da questo momento in poi, non potete dire che non lo sapevate o che non ve ne siete accorti. Se porterete avanti questo provvedimento così come è, sarete dei complici, complici di quei sistemi criminali che dite di voler combattere.
Se, invece, siete disposti a lavorare per il bene del Paese, per una giustizia equa e soprattutto per mettere in condizione la nostra magistratura di perseguire i reati con strumenti validi ed efficaci, prendete le nostre proposte, fatele vostre, attuatele, non ci interessa, basta apporre le modifiche che servono a questo provvedimento per renderlo decente, perché, così com’è – e ho evitato di parlare della maggior parte delle norme in tema di procedura penale, che sono già state condannate dalla maggior parte delle interviste e delle dichiarazioni di questi giorni – questo provvedimento è inaffrontabile, è invotabile ed è soprattutto impresentabile.
Abbiate un briciolo di dignità e di rispetto per chi rischia la vita tutti i giorni solo per fare il proprio dovere e che sta cercando in tutti i modi di far capire tutto quello che non va in questo procedimento. Noi cerchiamo di portare qui la voce di quegli operatori del diritto – come ho detto – che lavorano ogni giorno e che capiscono quali sono e quali saranno le difficoltà derivanti dall'approvazione di queste norme; se voi non volete capirlo, ebbene, vorrà dire che questa non sarà una settimana facile per questo Parlamento .
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.
PAOLA BINETTI. Presidente, a volte mi sembra che leggiamo dei disegni di legge diversi, perché devo dire che queste ultime parole di condanna totale ed assoluta del disegno di legge da parte della collega del MoVimento 5 Stelle mi dà la sensazione che non ci sia stata nemmeno quella lettura critica, positiva, che distingue tra aspetti ancora problematici del disegno di legge, aspetti che può essere totalmente condivisibile sottoscrivere come migliorativi del disegno di legge e aspetti che possono rientrare in quella prospettiva di diversità di vedute che fanno sì che il Parlamento sia costituito da una maggioranza e da un'opposizione.
Ma quando la condanna è assoluta, totale e radicale, fortunatamente questo ci esonera dal dover rispondere punto per punto a una serie di provocazioni che sono state poste, anche se su una di queste mi piacerà ritornare. Il provvedimento oggi all'esame dell'Assemblea è composto da 34 articoli, anche se sembra quasi che sia composto solo da un articolo, quello che riguarda le intercettazioni. Ebbene, no. È fondamentale recuperare la visione di insieme del disegno di legge, è fondamentale metterne a fuoco tutta una serie di proposte diverse e che vanno esattamente nella direzione in cui recita: il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi. Sono due punti chiave estremamente importanti. Tutti noi sappiamo quanto sia lunga in Italia la durata dei processi, sappiamo anche come questo ci abbia reso molte volte oggetto di critiche, anche a livello internazionale; sappiamo che ci sono delle tabelle che ci dicono come la durata del processo sia, attraverso il suo passaggio in procura, di circa 380 giorni, in tribunale quasi altrettanto, in Corte d'appello di 844 giorni e in Corte di Cassazione di 220 giorni, per arrivare a un totale di 1.800 giorni. Non c’è chi non potrebbe non condividere l'affermazione del Commissario europeo quando dice che una giustizia lenta è una giustizia negata. Questo disegno di legge prende atto di questo punto, prende atto del fatto complesso del perché in Italia tutta la giustizia sia talmente lenta da porci al terzultimo posto. Più lunghi di noi sono soltanto i processi che si celebrano a Malta e a Cipro e ancora non ho capito perché in territori così limitati possano in qualche modo andare incontro a processi così prolungati. Tuttavia, è un fatto che questa è un'anomalia italiana che va assolutamente corretta. Ben venga, quindi, un disegno di legge che si pone con serietà il tema e la sfida positiva per difendere e tutelare i cittadini quale quella di assicurare loro un processo ragionevole nella sua durata.
Vorrei soffermarmi su alcuni passaggi che probabilmente sono rimasti un po’ nell'ombra perché meno mediatici. Di fatto, anche la stampa di oggi – per tutti noi che probabilmente, anche nella voglia e nella prospettiva di dovere intervenire, abbiamo voluto scorrere la stampa di oggi –, quasi tutta la stampa di oggi è esclusivamente concentrata sul famoso «emendamento Pagano». Viceversa, credo che nel momento in cui noi applichiamo un dibattito generale a questa legge valga la pena anche soffermarsi su qualche altro passaggio. Ne cito qualcuno, che ha in qualche modo colpito maggiormente la mia attenzione.
Effettivamente, il primo punto nell'articolo 1, quando in un certo senso si prende atto che la querela che l'offeso ha subito può essere estinta se il magistrato giudica che vi sia stata una riparazione adeguata, a me sembra un buon modo per accorciare la durata dei processi, soprattutto perché evita quella sorta di accanimento con cui una persona vuole sicuramente avere giustizia di cui ha tutto il diritto, e che tuttavia ha il dovere di riconoscere che riparazione vi è stata. Certo, a voler pensar male uno potrebbe dire che il magistrato non tiene adeguatamente conto della complessità dell'offesa subita, oppure che è eccessivamente di parte e, quindi, è un magistrato che non fa giustizia ma ingiustizia. Viceversa, se dovessimo assumere l'ipotesi, la prospettiva di un magistrato che davvero tra querelante e querelato riesce a cogliere le ragioni dell'uno e dell'altro e riesce a venire incontro, ad offrire un'opportunità positiva di riparare e questo estingue il reato, mettendo in qualche modo ad una coda eccessivamente lunga, questa può essere una cosa positiva che io non voglio far passare sotto silenzio.
Si cerca di mediare, di trovare il punto di incontro, di considerare la giustizia come una struttura che non ha come obiettivo soltanto la punizione, ma anche la riparazione come obiettivo importante, quindi qualcosa che guarda ad una riscoperta della dignità dell'uno e dell'altro e ad una voglia di restituire al senso di giustizia un significato più profondo e più orientato al riconoscimento della dignità di tutte le persone che sono parte del processo.
Certo penso poi a quello che si dice nell'articolo 3, sull'aumento della pena per i reati di scambio politico-mafioso. Siamo tutti d'accordo, io non capisco perché la collega intervenuta prima non abbia voluto riconoscere la forza positiva e propositiva, che dovrebbe permettere di porre un freno, un limite e comunque un contenimento al rischio della corruzione che tutti noi intravediamo, perché è proprio dallo scambio politico-mafioso che nasce il maggior rischio per il dilagare della corruzione che sta diventando una patologia sistematica nel nostro Paese.
Ben venga quindi il riconoscimento dell'accentuazione di questa pena, anche se su questo tema noi eravamo intervenuti pochi mesi fa. Si è visto evidentemente che non è abbastanza e che questo ha richiesto una sottolineatura, ma è una garanzia della qualità e dell'oggettività con cui questa maggioranza intende affrontare questa piaga, non è sicuramente una forma di connivenza. Nessuna connivenza con i mafiosi, ma soprattutto nessuna concessione a queste associazioni in cui il politico svende se stesso – invece di pensare al bene comune – a quello che è esclusivamente un interesse di parte. È questo un altro aspetto che potremmo ascrivere alle cose positive di questo disegno di legge. Vi è poi anche l'aumento della pena per i reati contro il patrimonio e, in modo particolare, sulla disciplina del furto in abitazioni. Noi abbiamo discusso pochi giorni fa, proprio in questa Aula, una mozione che contemplava il riconoscimento del diritto alla casa.
PRESIDENTE. Mi perdoni onorevole Binetti. Onorevole Sarti, per cortesia ! Se dovete riunire il Comitato dei nove, lo fate fuori. Per favore, sta parlando la collega Binetti ! Prego, continui, onorevole Binetti.
PAOLA BINETTI. Noi consideriamo il valore casa, e quindi il valore intimità, talmente forte che il furto in un domicilio non è misurato soltanto dall'entità del furto stesso, ma è misurato dalla profanazione dell'intimità che avviene in questi casi, perché le persone vengono ferite in quanto hanno di più sacro, in quanto in fondo tocca non solo la profondità degli affetti ma tocca soprattutto quel principio fondamentale rappresentato dalla sicurezza e anche la responsabilità di chi governa quella casa di garantire sicurezza alle persone che ci vivono, ai figli, ai genitori più anziani, alla moglie, a chiunque vi sia.
Però in un contesto per cui veramente vi sia la capacità di dire non si tocca la casa, non solo perché non la si espropria, ma non si tocca nemmeno perché non è tollerabile. Abbiamo visto poche settimane fa pubblicato sui giornali un indice sui furti domestici talmente frequente da dire che ogni minuto avviene un furto in appartamento. Ebbene, questa norma ricorda la necessità di rispettare le radici stesse della vita privata e questo non è poco conto, questa sottolineatura della tutela della vita privata è un valore a cui poi attingeremo ancora nel momento di riprendere il dibattito sul rispetto della .
Ci sono poi gli articoli dal 7 al 10 che riguardano la revisione del casellario giudiziale, quello per cui, per esempio, in tema di violenza privata, si stabilisce che il reato sia perseguibile a querela della persona offesa e non con una sorta di automatismo. Si è voluto sottolineare in questo senso, in modo molto preciso e molto concreto il diritto all'autodeterminazione per cui sono io che ho subito l'offesa che in qualche modo mi faccio protagonista della querela e, quindi, sono io che decido se in qualche modo andare ad accedere a una voglia di restituzione dell'onore e della dignità che mi è stata tolta. Anche questo passaggio non è indifferente, ma si ricolloca nel rispetto della dignità delle persone, nella loro capacità di esprimersi, con libertà e con responsabilità, e restituisce alla legge la sua dimensione di servizio e di tutela della persona stessa.
Sempre nell'ambito di questi articoli, c’è un altro passaggio particolarmente interessante, che non mi sembra sia venuto fuori finora nel dibattito, e che riguarda quel complesso tema dell'infermità mentale.
PRESIDENTE. Mi perdoni onorevole Binetti. Per favore, chiedo al Comitato dei nove ... Onorevole Sarti, per favore ! Potete discutere ovunque ma non qui; sta intervenendo una collega e con voce non così alta. L'Aula è vuota, quindi, qualsiasi cosa si sente. Date fastidio a una collega che sta parlando. Quando siete intervenute voi non ha parlato nessuno.
Prego, onorevole Binetti.
PAOLA BINETTI. Il tema dell'infermità mentale pone dei problemi molto importanti da un punto di vista anche strettamente della salute mentale. È un dato di ieri che non compete al dibattito su questo argomento ma l'OMS ci dice che per le malattie mentali si spende in assoluto di più nel mondo di quanto non si spenda per le patologie oncologiche e cardiovascolari, che sono tra le patologie più diffuse. Il che significa semplicemente una cosa, che la sofferenza e il disagio psichico e mentale sono talmente diffusi e le persone vivono un livello di tensione costante e sistematica per cui è possibile che ci siano dei momenti di in cui l'infermità mentale definisce un quadro reversibile, è legato a quella provocazione, a quel contesto, a quell'offesa, oppure è legato comunque a quello squilibrio particolare a cui quella persona va incontro.
L'aver voluto prevedere un articolo apposta che va a toccare il tema dell'infermità mentale nella sua irreversibilità, quindi lo sottrae a quella della ragione di contesto, a me sembra molto interessante. Abbiamo visto soprattutto tantissimi omicidi degli ultimi tempi che in qualche modo si cerca di ricollocare nell'ambito dell'infermità mentale anche perché si cercano in questo modo di guadagnare una serie di attenuanti per il soggetto. Ebbene, avere il coraggio di ragionare sull'infermità mentale e di distinguere tra il quadro della reversibilità e quello dell'irreversibilità, capire che ci possono essere delle provocazioni in un senso e nell'altro, tenerne conto all'interno del processo, in un momento in cui stiamo rivedendo tutto il processo, a me sembra un fatto anche che tiene conto di una variabile importante del tempo e dei luoghi in cui viviamo. Tutti i giorni la cronaca ci offre spunti di questo tipo, drammatici, però tutti i giorni ci obbliga a pensare cosa può avere indotto quella persona ad avere quella reazione così particolare. Non voglio citare casi, ma insomma ne abbiamo conoscenza tutti: dalla tabaccaia, al ragazzo sull'autobus dell'altro giorno. Insomma, ogni giorno basterebbe semplicemente sfogliare il giornale. Tuttavia, ragionare di salute mentale oggi è ragionare anche poi successivamente non solo di giustizia penale ma anche in termini di recupero, di cura e di restituzione di una persona al contesto sociale in cui vive.
Ci sono poi alcuni articoli che riguardano anche tutte le indagini preliminari, i processi di archiviazione. Ho sentito prima utilizzare delle espressioni molto forti, molto dure, molto critiche nei confronti, diciamo fra virgolette, di questo disegno di legge, in particolare anche di questo articolo. La disposizione che obbliga il pubblico ministero ad assumere una posizione netta rispetto alla notizia del reato e gli assegna un tempo, un tempo di tre mesi, che non è un tempo in astratto, è un tempo che segue, che segue un processo abbastanza lungo, che segue tutta una dimensione in cui peraltro lui recupera il suo ruolo prioritario nella scelta delle indagini da compiere, prioritario anche rispetto alle altre parti che sono in qualche modo coinvolte.
Questo aiuterà a prendere delle decisioni; è chiaro che poi spetterà al magistrato stabilire se in quel contesto concreto quei tre mesi possono rappresentare davvero un tempo reale per concludere un'indagine o se la complessità dell'indagine davanti alla quale ci troviamo è tale da dover chiedere un tempo aggiuntivo, ma che ci sia un tempo, che ci si possa muovere per capire cosa significa «durata ragionevole di un processo», che si possano stabilire delle coordinate temporali e che all'interno di queste coordinate temporali, in linea di massima ci si debba muovere, mi sembra che questo vada nello spirito della norma che è quello di dire attenzione, una giustizia troppo lenta è una giustizia negata.
Voglio poi dopo arrivare a questo tema, che è diventato un po’ l'emblema di questo dibattito: il tema dell'intercettazione. Intanto il caso citato prima con ricchezza di dettagli dalla collega del MoVimento 5 Stelle e devo dire l'appassionata difesa in cui questo fratello si è impegnato per fare chiarezza su sua sorella e, quindi, ha utilizzato lo strumento delle intercettazioni più da privato cittadino che da qualunque altro ruolo, è evidente che questa persona non si muoveva affatto nel senso previsto dal famoso emendamento, che effettivamente anch'io ho voglia di rileggere per amore di giustizia e anche per amore di obiettività.
Il famoso emendamento dice: riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza fraudolentemente effettuate. Ma qual è la ragione ? La ragione di tutto questo è esattamente arrecare danno alla reputazione e all'immagine altrui. È evidente che quel fratello non aveva nessuna intenzione di arrecare danno alla reputazione della persona altrui, aveva il solo desiderio di ritrovare la verità dei fatti, di ristabilire una giustizia che riguardava sua sorella. Non c'era una volontà di nuocere alla persona per nuocere alla sua immagine, è molto diverso il fatto che io stia ricercando la verità dei fatti o che io mi muova in una prospettiva di alterazione della distorsione dei fatti, perché attraverso la distorsione dei fatti voglio arrecare danno ad una persona. Chiaramente, con tutto rispetto, l'esempio tanto umanamente significativo è però sconnesso da quella che è la proposta dell'emendamento, totalmente sconnesso perché in quel caso, insisto, non c'era; non avrei detto nemmeno fraudolentemente in quel caso, perché non c'era una frode, c'era sicuramente quell'ingegno che ti porta a cercare la soluzione possibile, ma è certo che il fine, che la dei fini è fondamentale anche rispetto ai mezzi. La ragione di fine rispetto a una cosa è importantissima e non può essere sostituita dalla ragione di mezzo. In questo caso il fine era ristabilire una verità, il fine era, probabilmente da parte di questo ragazzo, quello di toccare con mano anche il muro di gomma contro cui si scontrava, la necessità. Probabilmente, lui le avrà anche chieste delle intercettazioni e chissà, per una serie di complessità, di complicità, non gli sono state concesse, ma lui aveva un altro obiettivo e la ragione è diversa, esattamente come quando noi pretendiamo giustamente di distinguere tra un giornalismo d'inchiesta e quello che invece è un rimestare nel torbido.
Del giornalismo d'inchiesta sappiamo bene, tra l'altro, perché sappiamo con quanta attenzione i giornalisti d'inchiesta di alto profilo penso svolgano il loro lavoro. Per esempio, penso alle inchieste che fa la Gabanelli e penso con quanta precisione e con quanta puntualità lei poi vada a verificare l'informazione. Non basta avere raccolto un dato per considerarlo in automatico credibile. Lei lo fa anche per tutelare se stessa, ovviamente, per tutelarsi da possibili aggressioni...
PRESIDENTE. Onorevole Rabino, per favore.
PAOLA BINETTI. ... ma è certo che c’è una ricerca, anche lì, della verità. La giustizia è prevalentemente ricerca di verità sui fatti, perché non c’è giustizia senza verità, non c’è giustizia senza rispetto delle persone.
Non è stato citato, ma io credo che valga la pena citare un intervento, peraltro di una persona assolutamente discreta, come non potrebbe essere diversamente, come quello del Garante della Antonello Soro, che è stato per molto tempo anche nostro collega in quest'Aula. Antonello Soro, nella sua qualità e nel suo ruolo di Garante della dice sostanzialmente come questo emendamento non vada letto nella dimensione di «un'iniziativa bavaglio», ma vada letto nel senso del rispetto della persona.
È chiaro che noi ci troviamo davanti come sempre a un bilanciamento. Il nostro secolo sarà ricordato per essere il secolo delle grandi battaglie per i diritti umani, ma sarà anche ricordato come il secolo in cui la difesa di un diritto umano è sostanzialmente la difesa del bilanciamento tra due diritti umani. In questo caso, il bilanciamento che va ricercato è il bilanciamento tra il diritto all'informazione e il diritto alla . Dove si pone il punto di equilibrio ? Chi è che decide dove sta il punto di equilibrio ? A mio avviso, molte volte lo decide la dei fini, il perché. La ragione per cui io sto facendo una cosa la dice molto lunga su dove devo mettere il punto di equilibrio, perché sappiamo anche che il fine non giustifica i mezzi ma certamente i mezzi non possono assumere ragione sui fini e noi ci dobbiamo muovere, sempre di più, verso una dimensione di complessità.
Di questo emendamento è stato detto che sarà limato e che, in qualche modo, come dire, saranno tolte quelle scorie che potrebbero fare pensare al bavaglio. Nessuno vuole mettere bavagli alla verità, nessuno si vuole rendere complice della corruzione di sistema, nessuno di coloro che sono in questo Parlamento. Non lo vuole fare nessuno di coloro che è totalmente convinto che la principale crisi economica, politica, sociale che attraversiamo è, sostanzialmente, una crisi di etica pubblica. Nessuno vuole coprire situazioni che sono situazioni sudice. Tutti noi vogliamo chiarezza, tutti noi vogliamo limpidezza, altrimenti non avremmo istituito nuovamente, qui dentro, la famosa Commissione di inchiesta parlamentare sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Non lo avremmo fatto se non avessimo voluto la chiarezza, se non la volessimo con intensità, se non la volessimo con passione. E questo è il senso di una giustizia che vogliamo perseguire in tutti i modi.
L'ultimo passaggio – per me ultimo, ma non ultimo – è proprio quello che riguarda la riforma del diritto penitenziario. Anche sul diritto penitenziario siamo intervenuti molte volte, in questa legislatura in quest'Aula. Siamo intervenuti parlando di pene alternative, siamo intervenuti, in un certo senso, prendendo in considerazione l'ipotesi di poter fare uscire prima dal carcere persone che ne avevano le condizioni, per facilitare il loro reinserimento nella società. Abbiamo tutti chiarissima l'idea che non basta punire se non si mette la persona in condizione, in qualche modo, di affrontare un processo, chiamiamolo così, di rieducazione e di reinserimento. Le recidive sono carissime nel sistema e sappiamo tutti che recidivano di più coloro che sono stati trattati peggio. Recidivano di più coloro che non hanno trovato un'opportunità per riconciliarsi nella loro società, che è anche la nostra.
Quindi, auspichiamo che tutte le misure a proposito della riforma del diritto penitenziario, vadano nella logica di una umanizzazione della vita nelle carceri. Umanizzare la vita nelle carceri sappiamo tutti che significa ridurre il numero delle persone che ci sono, valutare davvero se è proprio necessario che quella persona sia in carcere, se davvero debba sempre prevalere la cultura del sospetto, se non ci sia, molte volte, la possibilità davvero di ricorrere a mezzi alternativi, anche solo per fare chiarezza.
Dobbiamo veramente prendere in considerazione in che misura soprattutto anche i minori oppure quella parte di persone che Papa Francesco considererebbe parte di quella cultura dello scarto... È chiaro che se una persona si sente, come dire, imprigionata in un giudizio che fa di lui uno scarto della società non potrà avere la forza, la forza intellettuale, la forza morale, la forza delle sue capacità, delle sue competenze, per rimettersi in gioco in modo diverso. Facilmente sarà nuovamente adescato. Allora, ben venga nella riforma del diritto penitenziario tutto ciò che noi vogliamo spendere in termini di riconoscimento della loro dignità, ma anche in termini di riconoscimento concreto, e saranno le cooperative di lavoro, di lavoro in carcere e di lavoro fuori dal carcere, saranno le iniziative che restituiscono una possibilità di rielaborare il loro disagio e saranno le iniziative, che so io, di teatro, di cui abbiamo visto recentemente anche dei frutti molto interessanti... Saranno iniziative che si svolgono fuori dal carcere in collaborazione con il carcere, ma non possiamo rinunciare a sperare che la gente possa ritrovare il senso stesso di una vita che non sia ai margini della società, ma che voglia rioccupare all'interno della società il ruolo che gli compete. Quindi, io penso che questo disegno di legge potrà godere ancora, attraverso il dibattito sugli emendamenti, di occasioni di limature, di occasioni di miglioramento. Mi dispiacerà molto quando l'ostruzionismo sarà uno ostruzionismo radicale, totale e assoluto, che non salva nulla del disegno di legge, perché questo già destituisce, ne fa appunto un ostruzionismo, ma non ne fa un'opposizione, chiamiamola così, creativa e costruttiva. Ma io credo che i cittadini si aspettino di avere una giustizia in tempi certi e se hanno fatto qualcosa che in qualche modo li ha posti in una struttura carceraria si aspettano di ritrovare la possibilità di vivere proiettati nel momento in cui usciranno dal carcere. Non è la logica di chi corre il rischio di ritornarci velocemente. Quindi, mi auguro davvero che il dibattito possa essere costruttivo, perché i problemi ci sono e ci sono tutti esattamente come c’è il problema – insisto – della difesa della c’è il diritto a distinguere tra intercettazioni rilevanti e intercettazioni irrilevanti, c’è il diritto di capire che non si possono utilizzare, come dire, esclusivamente in modo spregiativo delle intercettazioni se non hanno nulla a che vedere con la realtà dei processi, ma nemmeno del clima in cui si svolge quel processo. Abbiamo bisogno di recuperare tutti una visione che ci apra alla speranza nei confronti della giustizia, alla speranza nei confronti della magistratura e anche, in qualche modo, alla speranza in una società che può essere migliore
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il presidente Scotto. Ne ha facoltà.
ARTURO SCOTTO. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, la fretta rende i provvedimenti ciechi. E il disastro compiuto, in questi giorni, anche dal punto di vista esterno, con questo testo oggi in discussione generale va annoverato tra i maggiori di legislatura. Esame non concluso in Commissione con mandato al relatore di prendersi, come sta accadendo da giorni, le sassate dal Paese. Esame non concluso su questioni non secondarie: delega al Governo in materia di intercettazioni e delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario. Questioni non secondarie e che andrebbero affrontate in maniera molto più pacata e riflettuta. Questo disegno di legge del Governo è nato con intenti molto ambiziosi. Si proponeva di modificare il codice penale e di procedura, rafforzare le garanzie difensive, contrastare i fenomeni corruttivi, mettere mano all'ordinamento penitenziario. In origine, poiché nel frattempo ha perso numerosi rami e visto spuntare indesiderate escrescenze. Persi per modifiche già intervenute nella sede parlamentare le velleità, esclusivamente penalistiche, di contrasto alla corruzione, potato dell'articolato sulla cosiddetta confisca allargata, superato nelle cattive intenzioni di riforma dell'istituto della prescrizione, a vantaggio, va detto, di quelle ancor peggiori approvate dalla Camera dei deputati poche settimane fa, moderate le ambizioni di riforma del casellario giudiziale, è riuscito tuttavia a far salire alcune questioni propagandistiche di nessun effetto preventivo e dissuasivo alla commissione dei reati.
Ad esempio, la mattina dell'8 luglio abbiamo appreso dalla stampa l'intenzione del Governo di aumentare, fino a triplicarle, le pene in ordine ad alcune tipologie di reati; circostanza, quella annunciata, che si è puntualmente materializzata in Commissione giustizia della Camera nel pomeriggio dello stesso giorno. Certo, i furti in abitazione o gli scippi restano e sono reati odiosi, ma il punto è un altro: che all'aumento della pena corrisponda la diminuzione del corrispondente reato è relazione smentita nell'esperienza concreta come nella letteratura.
E, dunque, l'efficacia della norma è tutta nella quantità di carta stampata, di etere o di rete che il Governo le avrà saputo guadagnare; soltanto propaganda, appunto. Norme che, dicevo, non avranno effetto alcuno sull'andamento di questi reati, ma uno, diverso, lo avranno certamente. In questa legislatura si è lavorato, fino ad oggi, per rimediare a quella sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che inchiodava l'Italia alle sue disperate carceri.
Più che il Parlamento, in verità, il rimedio lo ha posto la Corte costituzionale, dichiarando la parziale illegittimità della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, principale disastro del pessimo legislatore in anni passati. E, tuttavia, il lavoro del Parlamento è stato accompagnato da coloro che falsamente quanto costantemente hanno gridato allo «svuota carceri». Ecco, qui, invece, abbiamo un vero e proprio articolato «riempi carceri», destinato a riavvicinarci alle condizioni di cui alla sentenza di condanna della Corte europea, cosa che allarma moltissimo, vista la recrudescenza di suicidi a cui assistiamo quotidianamente nelle carceri.
Il resto del provvedimento è quasi tutto un bacile di deleghe al Governo; tra queste, troviamo la disciplina delle intercettazioni. Delega al Governo che, poi, è la ragione vera per la quale questo provvedimento ha cominciato a correre in maniera disordinata; materia sulla quale il Parlamento si è cimentato tante volte e la cui delicatezza precluderebbe e sconsiglierebbe l'abuso di delega.
Ma è totalmente stravagante che alcune telefonate, pubblicate anche senza rilevanza penale, producano una delega al Governo stesso. Anche solo questa circostanza dovrebbe indurre la Camera dei deputati a negare siffatta delega al Governo. Di più: nell'incipiente caldo agostano si stanno tentando di introdurre penalità che suonano come «mordacchia» ai giornalisti piuttosto che tutela della riservatezza delle conversazioni.
E quale sia la natura della delega è ben chiarito dalla notturna approvazione dell'emendamento Pagano, chiarito oltre ogni ragionevole dubbio; poi sono venuti i distinguo, le conferenze stampa, le dichiarazioni del Ministro e cento altre toppe. Persino la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario, originale cammeo di questo provvedimento, è stata taglieggiata dal relatore e posta in contraddizione con le originali intenzioni, coerenti con il lavoro fin qui fatto, in questa parte di legislatura, e infine abbandonata a se stessa, nemmeno esaminata.
Tutto questo indica una direzione che sembra una svolta nelle politiche di giustizia del Governo Renzi; purtroppo, una pessima svolta .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giuseppe Guerini. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE GUERINI. Grazie, Presidente. Credo sia utile cominciare questo mio intervento con una ricognizione generale sulle misure che sono contenute in questa delega, anche perché chi si fosse messo all'ascolto, questa mattina, di questa discussione, dopo l'intervento della relatrice, potrebbe averne tratto un'idea quanto meno riduttiva rispetto alla portata, rispetto alle misure concrete che in esso vengono adottate, rispetto agli intendimenti del Governo e della maggioranza che lo sta sostenendo e rispetto a quali sono, poi, le ricadute pratiche di questo provvedimento, che oggi inizia il suo iter in Aula, dopo averne avuto uno molto lungo, corposo e sostanzioso in Commissione, ma su questo avremo modo di tornare più tardi.
Dicevo, quindi, che mi permetto di riassumere molto brevemente, semplicemente per titoli, il provvedimento, poi avremo tempo e modo nella discussione di ritornare su una serie di punti. Che cosa riguardano questi 34 articoli di questo disegno di legge, a cui sono stati abbinati diversi disegni di legge di riforma del codice penale e del codice di procedura penale ? Ripeto, vado per titoli, perché credo sia fondamentale fare, in qualche modo, memoria e lasciare un punto di chiarezza, di certezza, rispetto alla portata effettiva sulla quale poi legittimamente ognuno esprime le sue riserve e le sue opinioni.
Questo disegno di legge che riguarda e che contiene misure relative all'estinzione del reato per condotte riparatorie, ai colloqui con il difensore, relativamente al fatto che nel corso di indagini preliminari per reati di mafia e terrorismo il giudice possa differire il colloquio dell'arrestato per un massimo di 5 giorni. C’è il limite, in certi casi, ai poteri del giudice dell'udienza preliminare e del GIP. Ci sono a articoli sull'ampliamento dei diritti della parte offesa rispetto al fatto che ci sia la possibilità di conoscere lo stato del procedimento decorsi sei mesi dalla denuncia. Vengono messe norme relativamente ai tempi certi dell'indagine su cui poi verranno anche presentate ulteriori proposte migliorative e, in qualche modo, chiarificatrici rispetto ai veri intenti del Governo e della maggioranza, qualora non fossero ancora stati recepiti come tali.
C’è una riforma del regime delle impugnazioni rispetto alle inammissibilità decise dal giudice rispetto al concordato sui motivi di appello, rispetto all'appello contro il proscioglimento, si stabiliscono motivi di appello più rigorosi, ovviamente con l'intento di addivenire ad una deflazione dei ricorso per Cassazione, prevedendo anche una stretta sui ricorsi per Cassazione dopo il patteggiamento. Viene introdotta una norma, come veniva prima ricordato, per l'aggravamento della pena minima per il furto in abitazione, per il furto aggravato e per la rapina semplice e non certo per una qualche onda emotiva, per ascoltare ed essere, in qualche modo, proni alla richiesta della piazza sui furti e le rapine, perché direi che questo è davvero offensivo solo immaginarlo visto il grado di allarme sociale che questi reati, insieme a tantissimi altri che abbiamo ben presenti, comportano nella società italiana. C’è stato un aggravamento di pena anche per il voto di scambio politico-mafioso come è stato – vivaddio – riconosciuto anche, inevitabilmente, da chi mi ha preceduto, nonostante poi abbia ricamato delle dietrologie che sono completamente discutibili, come tutti i ragionamenti che non si basano sui fatti, ma si basano su una sorta di preconcetto che si va poi a dimostrare con le proprie argomentazioni. C’è, appunto, una delega sulle intercettazioni con la famigerata norma sulle registrazioni fraudolente. Vi sono, poi, una serie di misure sui processi a distanza. Poi gli ultimi due capitoli sono quelli che riguardano i riti alternativi rispetto all'abbreviato e ai decreti penali di condanna. Infine, vi è la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario.
Mi sono preso doverosamente questi cinque minuti per cercare di dare un quadro più chiaro di qual è la norma, di quale portata, di quale rilevanza, ha la norma che è oggi all'esame della Camera dei deputati, perché per il resto, in questa discussione, ho sentito concentrarsi tutti, o quasi, gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto su un aspetto singolo, o comunque, su una sorta di disegno paracriminoso che sarebbe alle spalle e che sarebbe ispiratore di queste norme che Governo e maggioranza stanno portando avanti con la finalità che è esattamente opposta a quella esplicitata. Ovviamente, queste sono norme con le quali noi, il Partito Democratico, la maggioranza che sostiene questo Governo e gli altri partiti di coalizione, intendono garantire una rapidità maggiore, un efficientamento, un'efficienza, un'efficacia maggiore del processo penale italiano, che è un nervo scoperto da decine di anni nella nostra vita civile e democratica e che è stato soggetto anche a richiami autorità internazionali e da parte dell'Unione europea.
È evidente che le mosse da cui siamo partiti, i presupposti dai quali abbiamo cominciato ad immaginare questo lavoro, siano esattamente questi che ho appena finito di dichiarare e di esplicitare, ovvero di andare verso una maggiore efficacia, una maggiore snellezza e una maggiore rapidità del processo.
Detto questo, però, vorrei concentrarmi su quello che ho sentito poco fa dire ed affermare da miei colleghi, anche rispetto all'iter di questo procedimento. Io faccio parte della Commissione giustizia da circa un anno, quindi non spetta a me sicuramente fare un resoconto o un regesto di quello che è stato il lavoro ovvero descrivere la modalità di lavoro e la modalità con cui opera questa Commissione, anche perché il relatore del provvedimento è il presidente della Commissione e qui di fianco a me sta seduto il capogruppo. Quindi non ho nessuna intenzione di dare un'interpretazione autentica di quale sia il di questa Commissione.
Mi limito semplicemente a fare memoria di alcuni aspetti e di alcuni fatti oggettivi che ho potuto vivere, per così dire, in prima persona, partecipando ai lavori della Commissione. Infatti in quest'Aula ho sentito fare diverse affermazioni, fra le quali, il fatto che vi sia questa fretta con cui adesso la maggioranza porta all'esame della Camera dei deputati il provvedimento, il fatto che vi siano stati compressioni dei tempi in Commissione e lavoro notturno, che è sempre prodromico e comunque sempre sintomatico di qualche intento fraudolento, tanto per tornare, appunto, ad una delle norme che sono in discussione.
Innanzitutto, vorrei ricordare che i lavori della Commissione giustizia si sono svolti, con riferimento a questo provvedimento come a tutti gli altri provvedimenti, con una tempistica assolutamente congrua. Questo provvedimento è stato incardinato a gennaio 2015, quindi a gennaio di quest'anno, quindi sei mesi fa, e gli emendamenti sono stati depositati quasi un mese fa. Inoltre, in questi sei mesi, si è svolta una lunghissima e davvero sostanziosa, interessantissima e proficua fase di audizioni, nelle quali sono stati auditi protagonisti del mondo della giustizia italiana, quali evidentemente l'avvocatura, la magistratura, professori universitari, giornalisti, che hanno tutti contribuito a dare la propria opinione e in qualche modo ad indirizzare i lavori della Commissione. I lavori della Commissione si sono svolti, come sempre, con un confronto estremamente aperto, schietto, a volte anche molto acceso e duro, non solo tra maggioranza e opposizione, ma anche tra maggioranza e Governo e componenti della stessa compagine che sostiene il Governo.
Detto questo e, quindi, allontanato qualunque richiamo velleitario e un po’ ipocrita a un unanimismo fine a se stesso, devo sottolineare però con altrettanta nettezza che il lavoro che abbiamo svolto riguarda ogni singolo aspetto e deve essere valutato nella sua interezza, partendo da dati oggettivi. Quando sento dire, stavolta come numerose altre volte, che sono stati presentati degli emendamenti di notte, perché di notte lavorano solo determinate categorie di persone, innanzitutto vorrei ricordare che la Commissione giustizia – spesso le accade – lavora anche fino ad orari per così dire abbastanza avanzati nel tempo e ad ore piccole della notte, perché evidentemente si prende la responsabilità e l'onere di approfondire tutto quello che è portato alla propria attenzione. In seconda battuta, mi permetto una digressione puramente personale rispetto al fatto che di notte lavorano anche i fornai. Essendo io figlio di fornaio – mio padre ha fatto il fornaio per quarant'anni – quando sento dire che di notte si fanno solo le cose più nefaste e più indicibili, mi monta sempre la rabbia di chi ha visto persone alzarsi a mezzanotte e lavorare nel corso di tutta la notte per fini invece nobili, come possono essere quelli di una serie di professioni che vengono svolte durante questo periodo.
Ma poi, soprattutto, quello che è assolutamente inaccettabile è la mistificazione dei fatti e dei dati oggettivi. Infatti, in questa Camera è più che legittimo avere opinioni diverse di tutto quello che abbiamo in discussione. Quello che non è corretto e non è giusto fare è cercare di prendere delle norme, che riguardano determinati aspetti di questo provvedimento, e collegarle con altre, dando l'idea che questo sia un Governo che si sta auto-fornendo una delega per affossare l'istituto delle intercettazioni.
Innanzitutto in questa norma – e me lo hanno confermato proprio gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto – sfido chiunque a trovare un solo aspetto, una sola norma, che riguardi l'utilizzabilità e le modalità di acquisizione delle intercettazioni perché, al limite, nell'articolo 29, lettera è prevista una delega finalizzata a disciplinare, in maniera più corretta e, per così dire, rispettosa dell'equilibrio dei diritti che le intercettazioni coinvolgono, la pubblicabilità e la diffusione delle intercettazioni, ma non certo lo strumento in quanto tale e il loro utilizzo.
Sono contento che, nei fiumi di demagogia che ho sentito riversare questa mattina dai colleghi, con accenti melodrammatici, non ci sia stato un collega che è riuscito a dimostrare che questo Governo e questa maggioranza abbiano portato all'attenzione di questa Camera un provvedimento e una delega che mirino a destrutturare, a depotenziare e a indebolire lo strumento delle intercettazioni. Al limite, si dovrebbero leggere più correttamente le norme, prima di venire a fare dei pezzi, destinati forse più a o a qualche che all'Aula. Bisognerebbe previamente leggere le norme e si capirebbe che al limite si parla di utilizzabilità e diffusione e non certo dello strumento delle intercettazioni in sé.
Ma per venire poi alla norma che tanto scalpore ha destato, preannuncio che questo gruppo ha già in animo di depositare proposte emendative in modo da fornire chiarimenti ulteriori rispetto alla portata e ai veri intendimenti, che probabilmente non sono stati chiariti a sufficienza durante il dibattito in Commissione. Anche in questo caso, è evidente che è assolutamente incongruo, come ho sentito fare più volte da colleghi questa mattina, mescolare il tema della captazione fraudolenta di dialoghi con il tema delle intercettazioni, perché ovviamente si sta parlando di due istituti completamente diversi.
Quando ci si riferisce a questa norma, che tanto scalpore ha destato, attraverso una lettura più attenta di quello che è scritto nella norma – ripeto, visto che non è stato sufficientemente chiaro, che sarà accompagnata da proposte emendative firmate dal nostro gruppo e dalla maggioranza che sostiene questo provvedimento – è chiaro che si sta parlando di conversazioni captate fraudolentemente. Quindi, anche in questo caso forse non varrebbe la pena stracciarsi le vesti e partire, lancia in resta, contro il Governo, che, come si dice, non solo non intende dare maggiore efficacia al processo penale ma anzi uno dei capisaldi della sua azione è proprio destrutturare l'efficacia del processo penale.
Ho sentito anche addirittura dire che si vuole fare un favore alla mafia, come se davvero ci si potesse prendere la libertà in quest'Aula di sostenere che qualcuno dei 630 deputati di questa Camera sia mosso dalle intenzioni non già di rafforzare la lotta contro fenomeni corruttivi, che attanagliano questo Paese da decenni, ma addirittura si ponga nell'ottica contraria di volerla favorire. Si tratta di affermazioni gravissime a cui forse non vale nemmeno la pena di replicare, perché probabilmente squalificano chi le fa più che chi le riceve, soprattutto se vengono fatte non si sa bene da quale pulpito o da quale tripode o da quale autorità autoassegnata. Sono persone che sono qui da ventiquattro mesi e che hanno ormai ottenuto il patentino di custodi dell'ortodossia, della legalità, della verità e della giustizia, quindi forniscono patenti a tutti gli altri colleghi rispetto al loro tasso di antimafia, secondo i loro canoni imperscrutabili.
Detto questo, anche sulla norma che ha fatto tanto scalpore, probabilmente era sufficiente leggerla. E se non è sufficiente leggerla, provvederemo sicuramente a chiarirla. Il fine è esattamente quello che ho sentito poco fa illustrare e descrivere dalla collega Binetti. È sufficiente fare riferimento alla terminologia che viene utilizzata e, quindi, al fatto che vengano punite le condotte di chi fraudolentemente, quindi mediante artifici, capta conversazioni che sono state effettuate alla presenza di altre persone. Oltretutto, ci sarà ovviamente una esimente di responsabilità rispetto alla pena prevista nell'articolo per chi abbia utilizzato questo strumento con la finalità poi di utilizzarlo all'interno di un procedimento penale, civile, amministrativo o giudiziario. Credo che questa ulteriore specificazione ci metta completamente al riparo da qualsiasi contestazione e da qualsiasi ulteriore polemica.
Ripeto quello ho cercato di dire poco fa: io credo che questo provvedimento sia un provvedimento che mantiene intatta la giustezza delle proprie finalità e dei propri obiettivi. E credo anche che vada tutelato in qualche modo il lavoro che è stato fatto da questa Commissione, da tutta la Commissione, vale a dire dalla maggioranza e dalla minoranza. Infatti, venire in Aula o in Commissione e travalicare il proprio diritto-dovere di critica, delegittimando il lavoro che svolge un'intera Commissione o un intero Parlamento, può essere che consenta a chi lo fa di avere qualche in più su Facebook nel breve periodo e qualche condivisione in più o qualche articoletto sulla stampa, ma a lungo andare comporta la delegittimazione di tutta l'istituzione che siamo qui a rappresentare. E proprio per la Commissione di cui faccio parte e anche per i temi che stiamo trattando sarebbe veramente un delitto per l'appunto ed è veramente assurdo che ci siano colleghi in quest'Aula che per un piatto di lenticchie e qualche articolo in più sul giornale veicolano falsità o mettono insieme mele, pere e articoli diversi per cercare di propagandare la tesi secondo la quale questo Governo sta lavorando per intenti esattamente opposti a quelli che invece sono esplicitati nel provvedimento.
Io credo che questa Commissione abbia fatto un buon lavoro. Vivaddio, anche il collega del MoVimento 5 Stelle è riuscito ad ammettere questo fatto, quasi sottovoce, in chiusura del suo intervento, dicendo che forse è stato fatto comunque un buon lavoro in Commissione, salvo poi, ovviamente, acquisirsene tutti i meriti, perché, evidentemente, quando si fa un ottimo lavoro è merito esclusivamente di altri e non certo di questa maggioranza.
Io credo davvero sia un po’ squallido barattare qualche minuto di celebrità per mandare a mare uno stile di lavoro che ha contraddistinto questa Commissione in tutti questi mesi. Spero, invece, che continui ad essere lo stile e il sistema di approfondimento e di confronto, anche acceso e molto aspro, come ripeto, ma senza nessun tipo di volontà di unanimismo, anzi anche con il desiderio di confronto veramente aperto e acceso fra tutte le compagini che compongono la Commissione. Credo che ciò continuerà a dare i suoi frutti, nonostante i tentativi demagogici e un po’ sgangherati di alcuni nostri colleghi .
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Grazie signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che giunge oggi all'esame dell'Aula racchiude interventi di modesta portata, che non possono certo dirsi propri di una vera e propria riforma del processo penale. Non solo il testo non contiene norme a garanzia e a tutela dei cittadini, ma comprende una serie di disposizioni che rappresentano, in moltissimi punti, un forte arretramento da questo punto di vista. Sembra piuttosto un provvedimento scritto a favore di una magistratura che tende sempre di più ad aumentare il proprio peso e ad essere ingerente nei processi, a totale discapito delle tutele per i cittadini.
Nell'ottica di un'evidente diminuzione delle garanzie, il disegno di legge interviene sulla disciplina dell'udienza preliminare per abrogare l'articolo 421- del codice di procedura penale, relativo all'ordinanza per l'integrazione delle indagini.
Inoltre, le disposizioni di cui articolo 14 del testo, che modifica l'articolo 438 del codice di procedura penale in materia di giudizio abbreviato, non avranno affatto un effetto deflattivo, ma scoraggeranno le richieste di procedere con rito abbreviato. È inaccettabile che dalla richiesta di giudizio abbreviato in udienza preliminare derivi, non solo la sanatoria delle eventuali nullità, ma, soprattutto, la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salvo quelle derivanti da un divieto probatorio, escludendone diverse particolarmente rilevanti, e la preclusione a sollevare ogni questione sulla competenza territoriale del giudice. Il progetto di riforma del centrodestra aveva in questo senso cercato di introdurre l'unica norma in grado di garantire deflazione vera e di incoraggiare le richieste di giudizio abbreviato, ovvero la fissazione di un limite massimo di pena. È inutile prevedere diminuzioni di pena senza correlarle ad un certo limite di massimo edittale.
Anche l'articolo 16 del provvedimento, che modifica l'articolo 493 del codice di procedura penale, relativo alle richieste di prove in sede di dibattimento, cela la tendenza propria del testo a dare sempre meno spazio alle parti, e, quindi, a diminuire le garanzie per i cittadini. In particolare – e non è l'unica disposizione a prevedere un ritorno al passato – viene ripristinata la distinzione tra PM e altre parti in relazione all'esposizione dei fatti e delle prove richieste, anteriore alla cosiddetta riforma Carotti del 1999: oltre a stabilire la priorità (rispetto alle altre parti) dello stesso PM nella richiesta di prove al giudice, la riforma prevede che il pubblico ministero debba esporre concisamente i fatti oggetto dell'imputazione per consentire al giudice di valutare la rilevanza e la pertinenza delle prove di cui si chiede l'ammissione.
Anche l'articolo 17, che interviene sull'articolo 546 del codice di procedura penale, relativo al contenuto della sentenza, è da valutare negativamente dal punto di vista della garanzie per i cittadini, perché tenta di comprimere le motivazioni della sentenza.
Così come l'articolo 20, che crea problemi nell'ambito delle impugnazioni: in particolare, infatti, il testo incide sull'inammissibilità dell'impugnazione, per prevedere che la maggior parte dei vizi che determinano l'inammissibilità siano rilevabili da parte dello stesso giudice che ha pronunciato il provvedimento da impugnare: è, quindi, lo stesso giudice ad avere la possibilità di giudicare le impugnazioni stesse, senza alcuna garanzia di imparzialità.
E veniamo al vero e proprio disastro del testo, ovvero le norme contenute all'interno dell'articolo 27, che riforma la disciplina della partecipazione al dibattimento a distanza. In particolare, il disegno di legge fa della partecipazione a distanza al procedimento la regola in diversi casi, prevedendo, tra l'altro, che la partecipazione a distanza può essere disposta dal giudice anche quando, fuori dalle ipotesi obbligatorie, ravvisi ragioni specifiche di sicurezza, ovvero quando il dibattimento sia particolarmente complesso, lasciando al giudice una ampissima e discrezionale valutazione in merito a cosa sia «di particolare complessità». In linea generale, ad ogni modo, ampliare la partecipazione a distanza a discapito della presenza fisica nel processo è un chiaro intervento che non va certamente nella direzione della tutela delle garanzie degli imputati.
Sempre in tema di disastri, vorrei soffermarmi sul tema deleghe: il Governo continua a servirsi del Parlamento a suo uso e consumo, imponendo vere e proprie deleghe in bianco che rappresentano uno schiaffo al potere e al ruolo di queste Camere.
L'articolo 6, ad esempio, dispone deleghe assai ampie su materie molto delicate senza dettare adeguati principi e criteri direttivi: mi riferisco, in particolare, alla delega che riguarda la procedibilità a querela per i reati contro la persona ed il patrimonio che arrechino offese di modesta entità.
L'articolo 29, poi, è un vero e proprio capolavoro di vaghezza: mi riferisco alla delega in materia di intercettazioni, ovvero il solo tema per cui questo modesto ed inefficace provvedimento è balzato alle cronache: inserire una norma in materia di intercettazioni fa scattare subito l'allarme «bavaglio». Il risultato è che si grida al «bavaglio» senza minimamente porsi il problema della gravità dell'inserimento di una delega praticamente in bianco su una materia che vede incrociarsi fondamentali diritti costituzionali: nessuna riflessione, infatti, è stata fatta in merito alla fondamentale esigenza di contemperare le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento. Il diritto all'intangibilità della vita privata e familiare e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni o idee costituiscono, infatti, valori fondamentali della persona, espressamente tutelati nella Costituzione.
Il Governo, tra l'altro, ha annunciato lo stralcio dell'unica norma di buon senso introdotta in Commissione e di proseguire quindi per la sua cieca strada a totale discapito delle garanzie per i cittadini.
Noi vogliamo e ci batteremo per modifiche dirette del codice penale e del codice di procedura penale da discutere ed approfondire in Parlamento, in grado di contemperare e bilanciare le esigenze richiamate.
In sintesi, siamo davanti ad un provvedimento contro le persone, che noi abbiamo cercato di attenuare attraverso l'inserimento e l'approvazione di alcuni emendamenti diretti ad appesantire le pene per i reati contro il patrimonio, come la rapina, il furto in abitazione, il furto con strappo, diretto a tutelare ed alimentare il peso e l'ingerenza della magistratura.
Purtroppo, abbiamo rinunciato da tempo alla speranza di vedere questo Governo recuperare una visione strategica e di insieme in tema di giustizia e questo testo è l'ennesima prova della totale mancanza di vocazione riformatrice dell'Esecutivo. Un testo su cui comunque presenteremo emendamenti di merito e su cui ci auguriamo che il Governo recuperi buonsenso e un minimo di disponibilità almeno per limitare i danni.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Ferraresi. Constato l'assenza dell'onorevole Ferraresi.
Prendo atto che la relatrice per la maggioranza, presidente Ferranti, rinuncia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
ENRICO COSTA, . Grazie, signor Presidente. Registro che il dibattito anche oggi è stato interessante con degli spunti che immagino saranno poi tradotti in emendamenti.
L'obiettivo di questo provvedimento è un obiettivo ambizioso: accelerare il processo penale senza compromettere le garanzie. Si tratta di una serie di norme su vari istituti del codice e norme particolarmente significative: si parte dalle condotte riparatorie a interventi e adeguamenti di pena su reati di grave e gravissimo allarme sociale, interventi sulla procedibilità dei reati, interventi nell'ambito delle indagini preliminari, sull'impugnazione, sul giudizio abbreviato, sul dipartimento, sulla tutela della riservatezza. Ebbene, il Governo ribadisce che non si tratta di un testo blindato. Già in Commissione c’è stato un grande dibattito e ci sono state molte proposte emendative che sono state accolte e che hanno contribuito a migliorare questo testo. Non ci sarà un arretramento sui principi ma ci sarà una grande disponibilità a prendere in considerazione le proposte migliorative. La Commissione ha lavorato bene e sono convinto che anche il Parlamento, attraverso le proposte migliorative, potrà meglio completare questo intervento particolarmente significativo.
PRESIDENTE. La ringrazio. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. Comunico che il deputato Giovanni Palladino, proclamato in data 23 luglio 2015, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Scelta Civica per l'Italia.
Sospendo ora la seduta, che riprenderà alle ore 13,15.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 3055, 3027-A, 1924-A e 3131-A.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati per l'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 24 luglio 2015.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3055: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di libero scambio tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 6 ottobre 2010.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Vincenzo Amendola.
VINCENZO AMENDOLA, . Grazie, Presidente. Illustro la relazione e consegnerò poi il testo della relazione. L'Accordo al nostro esame, in linea con i princìpi dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, prevede la creazione di una zona di libero scambio fra l'Unione europea, i suoi Stati membri e la Repubblica di Corea, da realizzarsi attraverso la rimozione della quasi totalità degli ostacoli tariffari e non tariffari fra le aree economiche; l'adeguamento di standard e la regolamentazione di importanti settori strategici, quali quelli farmaceutici, automobilistici e di elettronica di consumo.
Anche nella nostra regione la Repubblica di Corea è presente in modo assertivo e responsabile. Non è un caso che nell'aprile scorso la sua Ambasciata a Tripoli sia stata attaccata nel quadro del conflitto interno alla Libia. Questo denota un quadro di rapporti tra l'Unione europea, il nostro Paese e la Corea di grande importanza non solo per gli scambi economici.
Quanto al tema dell'Accordo in titolo, è da tenere nel giusto conto che nel giugno scorso Cina e Repubblica di Corea hanno firmato un accordo di libero scambio che abolirà i dazi doganali su più del 90 per cento delle compravendite tra i due Paesi per i prossimi vent'anni. Analoghi accordi sono già intervenuti tra Corea da un lato e India e Stati Uniti dall'altra. Fatte queste premesse, l'Accordo punta a riaprire i rispettivi mercati nei settori dei servizi e degli investimenti, a stabilire un impegno delle parti a tutela della proprietà intellettuale, per l'apertura del mercato degli appalti pubblici, la politica di concorrenza e gli aiuti di Stato.
Sottoscritto nell'ottobre del 2010, dopo un lungo negoziato, l'Accordo è già entrato in vigore in via provvisoria nel luglio del 2011 per i settori di esclusiva competenza comunitaria: si compone di 15 capi, ciascuno dei quali suddiviso in articoli, e di tre protocolli, dedicati alla definizione dei prodotti originari, alla cooperazione amministrativa e alla cooperazione culturale, nonché di numerosi allegati relativi ai singoli capitoli.
Relativamente ai protocolli e relativamente ai capitoli che consegno in questa relazione, senza entrare in aspetti tecnici eccessivamente analitici, si evidenzia come il protocollo relativo alla definizione di prodotti originari e metodi di cooperazione legislativa preveda che gli esportatori autorizzati possano rilasciare dichiarazione di origine, in relazione a fatture, a bolle di consegna o a qualsiasi altro documento commerciale, che descrivano i prodotti esportati in maniera sufficientemente dettagliata da consentirne l'identificazione.
Per questi motivi e per gli altri che rimando alla relazione che consegno, è auspicabile una rapida conclusione dell'iter di approvazione di questo provvedimento di ratifica in questa Camera dopo l'approvazione già avvenuta al Senato.
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento .
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia ad intervenire.
Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3027-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Moldova, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Rabino.
MARIANO RABINO, . Signor Presidente, l'Accordo al nostro esame – di contenuto analogo a quello riguardante la Georgia – configura la creazione di un'area di libero scambio ampia ed approfondita tra la Moldova e l'Unione europea, definisce forme più strette di cooperazione rispetto all'Accordo del 1998, amplia la gamma di settori della cooperazione medesima e, in una prospettiva più generale, va inteso alla stregua di una vera e propria agenda per le riforme volta a stimolare l'adeguamento della Moldova agli standard normativi europei in tutti i campi.
L'Accordo – già approvato dal Parlamento europeo – ha un'indubbia rilevanza geopolitica poiché esprime da parte europea (e quindi anche italiana) la volontà di rassicurare Chisinau dopo il passaggio nell'orbita russa della Crimea ed ha avuto forti riflessi su un quadro politico interno segnato dalla conferma al potere nelle elezioni del dicembre scorso della coalizione europea, che ha guidato il Paese nei cinque anni precedenti, cercando di realizzare un percorso di graduale integrazione sia a livello economico che politico.
Tra queste prime significative realizzazioni spicca, nell'aprile 2014, l'abolizione dei visti d'accesso allo spazio Schengen e la firma di questo accordo di associazione che potrà agevolare lo sviluppo della fragile economia moldava, che resta la più povera del Continente europeo, con un terzo della sua forza lavoro residente all'estero, di cui 150.000 persone in Italia.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che vi rinuncia.
È iscritto a parlare l'onorevole Amendola. Ne ha facoltà.
VINCENZO AMENDOLA. Signor Presidente, a nome del Partito Democratico, viste le considerazioni del relatore, esprimo un parere favorevole che poi in dichiarazione di voto specificheremo.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo non intendono replicare.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1924-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Federazione russa sul riconoscimento reciproco dei titoli di studio rilasciati nella Repubblica italiana e nella Federazione russa, fatto a Roma il 3 dicembre 2009.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Vincenzo Amendola.
VINCENZO AMENDOLA, . Signor Presidente, l'Accordo al nostro esame, concluso il 3 dicembre 2009, è finalizzato a disciplinare il reciproco riconoscimento tra Italia e Federazione russa dei periodi e dei titoli di studio universitario ai fini dell'accesso e della prosecuzione degli studi nelle istituzioni universitarie dell'altro Paese. L'assenza di una normativa pattizia di questo tipo comporta oggi che i cittadini che si iscrivano presso le università dell'altra Parte contraente vi conseguano diplomi di laurea privi di riconoscimento legale da parte delle autorità del Paese di origine.
La nuova intesa – che si sostituisce ad un Accordo del 1998 ormai obsoleto – consentirà agli studenti di una delle due Parti in possesso del titolo finale degli studi secondari superiori di essere ammessi alle istituzioni universitarie dell'altro Stato contraente. L'Accordo favorirà quindi, per delle considerazioni che svolgo nella relazione e che deposito un più stretto ambito di cooperazione tra i due Paesi e soprattutto dei cittadini che usufruiscono di un titolo di studio contratto in uno dei due Paesi sottoscrivente l'Accordo, che negli articolati vengono specificati in maniera evidente.
Ricordo, inoltre, che questo è anche frutto di un lavoro di rapporti bilaterali di scambio come la visita del 10 giugno del Presidente russo Putin in Italia dove ha fatto tappa all'Expo di Milano e successivamente ha incontrato il Presidente della Repubblica, Mattarella, e il Presidente del Consiglio, Renzi: una giornata che ha rappresentato una ulteriore occasione di dialogo e rilancio delle nostre relazioni con questo imprescindibile interlocutore del nostro Paese e della comunità internazionale in un periodo in cui la cooperazione, il dialogo e la risoluzione politica può non solo superare i conflitti ma avvicinare i Paesi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che vi rinuncia.
Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica n. 3131-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Georgia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Rabino.
MARIANO RABINO, Signor Presidente, gli accordi di associazione con i Paesi del Partenariato orientale costituiscono uno degli strumenti essenziali della politica europea di vicinato, tali intese mirano alla creazione di aree di libero scambio ampie ed approfondite tra ciascuno di questi Paesi e l'Unione europea, promuovono negoziati per la facilitazione nel rilascio dei visti (nella prospettiva di una loro eventuale liberalizzazione), nonché una cooperazione energetica strutturata, allo scopo tra l'altro di fornire all'Unione europea più elevate garanzie nella regolarità dei flussi di approvvigionamento energetico.
Concludo auspicando una rapida approvazione del disegno di legge, che si affianca al provvedimento di ratifica riguardante la Moldova: tali accordi serviranno a consolidare la posizione dell'Unione Europea nel Caucaso e a consolidare le aspirazioni europee della democrazia georgiana, rinnovate con chiarezza nell'ultimo vertice di Riga, che vede nell'Europa un indiscusso punto di riferimento culturale prima ancora che politico ed economico ma che subisce anche pesanti pressioni da parte di Mosca perché entri nel blocco economico dell'Unione euro-asiatica, egemonizzato dalla Russia. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento .
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che vi rinunzia.
È iscritto a parlare l'onorevole Amendola: non è presente, prendo atto che vi rinunzia.
A questo punto, non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.